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1 Tecniche di Comunicazione – COPS 23 12 Novembre 2013 Elisa Masnaghetti LA COMUNICAZIONE È un insieme di comportamenti VERBALI e NON VERBALI manifestati in una situazione sociale Strumento essenziale per INSTAURARE e SVILUPPARE relazioni ed interazioni È un processo fisico – mentale utile per esprimere con parole IL PENSIERO che si vuole far conoscere ad altri La comunicazione è presente in ogni ambiente della vita umana, in ogni gruppo sociale e rappresenta l’elemento costitutivo dei rapporti tra le persone I MODELLI TEORICI (I) Modello Meccanico (Shannon, Weaver, 1949) Codifica Scelta del canale Emittente Scelta del canale Messaggio Destinatario Scelta del codice Scelta del codice Decodifica “Rumore” = qualsiasi forza (esterna, fisiologica, psicologica) che non favorisce una comunicazione efficace Il modello meccanico è un processo lineare, unidirezionale Modello Sistemico Introduzione del concetto di “feed-back” Emittente Ricevente Ricevente Emittente

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Tecniche di Comunicazione – COPS 23

12 Novembre 2013

Elisa Masnaghetti

LA COMUNICAZIONE

È un insieme di comportamenti VERBALI e NON VERBALI manifestati in una situazione sociale

Strumento essenziale per INSTAURARE e SVILUPPARE relazioni ed interazioni

È un processo fisico – mentale utile per esprimere con parole IL PENSIERO che

si vuole far conoscere ad altri

La comunicazione è presente in ogni ambiente della vita umana, in ogni gruppo sociale e rappresenta l’elemento costitutivo dei rapporti tra le persone

I MODELLI TEORICI (I)Modello Meccanico (Shannon, Weaver, 1949)

Codifica Scelta del canale

Emittente Scelta del canale Messaggio Destinatario Scelta del codice

Scelta del codice Decodifica

• “Rumore” = qualsiasi forza (esterna, fisiologica, psicologica) che non favorisce una comunicazione efficace

• Il modello meccanico è un processo lineare, unidirezionale

Modello Sistemico

• Introduzione del concetto di “feed-back”

Emittente Ricevente

Ricevente Emittente

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MODELLI TEORICI (II)Modello Relazionale (Scuola di Palo Alto)

• La comunicazione è influenzata dal contesto

• La comunicazione è una relazione

• La comunicazione si realizza indipendentemente dalla comprensione

Contesto

Emittente Ricevente

Feedback

Messaggio

PAUL WATZLAWICK E LA “SCUOLA DI PALO ALTO”

La “Scuola di Palo Alto” ha utilizzato le teorie della

comunicazione, in particolare della pragmatica, come sfondo teoricoper il lavoro psicoterapeutico.

Gli assiomi della comunicazione sono:

“alcune proprietà semplici della comunicazione che

hanno fondamentali implicazioni interpersonali”

P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica

della comunicazione umana, trad. it. Astrolabio, Roma, 1971

GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE

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Non si può non comunicare

Il primo assioma evidenzia che ogni comportamento che assumiamo diventa comunicazione che si riflette sugli individui che ci circondano (anche quando si sta fermi ed in silenzio si sta comunicando).

In quanto appare impossibile non assumere un comportamento è anche impossibile non comunicare.

NON COMPORTAMENTO = COMPORTAMENTO

NON COMUNICAZIONE = COMUNICAZIONE

PRIMO ASSIOMA

Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (si esprime con le parole) e un aspetto di relazione (si esprime attraverso il linguaggio non verbale o linguaggio del corpo) di modo che il secondo classifica il primo (vengono fornite

«informazioni alle informazioni»).

Il secondo assioma: la metacomunicazione (comunicazione sulla comunicazione)

Tutti i processi di comunicazione comportano sia un livello-messaggio di contenuto (la notizia, l’informazione) sia un livello-messaggio di relazione (le indicazioni per il ricevente su come interpretare il messaggio) con il quale l’emittente mette in evidenza la sua intenzione, conscia o inconscia, rispetto quali reazioni vuol far nascere nel destinatario.

SECONDO ASSIOMA

ogni tipo di comunicazione fra due o più individui può avere livelli diversi di: a. notizia

b. comando

Il primo aspetto (a) trasmette i dati , il secondo(b) il modo in cui si deve assumere tale comunicazione

Ad esempio, i messaggi“E’ importante togliere la frizione gradatamente e dolcemente”

oppure

“Togli di colpo la frizione, rovinerai la trasmissione in un momento”

recano lo stesso tipo di contenuto (aspetto di notizia), ma hanno un livello estremamente differente di relazione (aspetto di comando)

SECONDO ASSIOMA

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Gli scambi comunicativi sono digitali o analogici.

Il terzo assioma: linguaggio numerico e analogico

Viene fatta una distinzione sulle modalità comunicative: analogiche (gesti, posizioni, azioni), in genere diverse per ogni individuo, numeriche (parola, scrittura) con il quale si esprimono le conoscenze.

I messaggi non avvengono solo attraverso il linguaggio , ma spesso molte informazioni vengono trasmesse per mezzo di segnali non verbali.

TERZO ASSIOMA

Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari

Il quarto assioma: complementarietà e simmetria

In alcuni scambi interattivi può prevalere un modo di comunicare basato sull’eguaglianza quando le parti si pongono sullo stesso piano (simmetria).

In altri scambi interattivi domina un modo di comunicare basato sulla differenza dove c’è chi si pone in una posizione superiore (primaria o one-up) e chi si pone in una posizione inferiore (secondaria o one-down). In questo caso si verifica un’integrazione reciproca oppure uno squilibrio problematico (dipendenza dall’altro da parte di uno degli individui). Questo modo di relazionarsi viene definita complementarietà.

QUARTO ASSIOMA

Applicando questo concetto al campo dei mezzi di comunicazione di massa sarebbe possibile definire:

una Comunicazione simmetrica quella che avviene attraverso Internet (one ���� one)

una Comunicazione complementare quella che avviene attraverso il tradizionale medium televisivo (one ����many)

QUARTO ASSIOMA

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IN OGNI ATTIVITÀ DI COMUNICAZIONE OCCORRE TENERE CONTO DI 6 ELEMENTI:

EMITTENTE che genera comunicazione e ne determina forma e contenuto

MESSAGGIO contenuto della comunicazione (sia ciò che viene detto, sia ciò che viene

comunicato non con la voce)

CANALE attraverso cui il messaggio viene trasmesso (es. giornali, radio, tv)

CODICE linguistico/culturale il cui significato deve essere comune all’emittente e al

destinatario

DESTINATARIOpuò essere attivo o passivo a seconda che entri in relazione con

l’emittente

FEEDBACK reazione ad uno specifico stimolo

L’EMITTENTE

COSA RESTA DELLA COMUNICAZIONE

L’EMITTENTE vuole comunicare il 100%, ma riesce a comunicare il 70%

IL RICEVENTE O DESTINATARIO riceve il 50%, comprende il 20%,

ricorda il 10%

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Il significato di una buona comunicazione sta

nel responso che se ne ottiene e non nelle

intenzioni

Paul WatzlawichPaul Watzlawick Nacque in Austria nel 1921. Svolse studi di filologia, dove si laurea con una tesi sulla filosofia del linguaggio e la logica e frequentò il corso di psicoterapia al C.G. Jung Institut di Zurigo, dove ottenne il diploma di

psicanalista nel 1954. Fu ricercatore presso il Mental Research Institute di Palo Alto.

• Diventa, quindi, fondamentale imparare ad esprimersi.

• Esplicitare tale competenza, significa non solo farsi capire, ma anche saper suscitare l’interesse nell’ascoltatore.

BUON COMUNICATORE

1. prestare attenzione al destinatario

2. usare appropriati strumenti di trasmissione

3. migliorare, se necessario, il contenuto dell’informazione trasmessa, usando differenti e più efficaci mezzi di comunicazione

4. saper suscitare interesse nel destinatario

5. informare esaurientemente (per far questo si può fare riferimento alla regola giornalistica delle 5 W: Who (Chi), What (Cosa), When (Quando), Where (Dove), Why (Perché) How (Come)

6. ascoltare e valutare le reazioni del destinatario

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L’IMPORTANZA DEL DESTINATARIO

• Spesso chi comunica DIMENTICA DI ESAMINARE PREVENTIVAMENTE CHI SARÀ IL DESTINATARIO del suo messaggio: centrato completamente sul contenuto del messaggio

• Il soggetto emittente dimentica, così, di considerare come le sue parole verranno recepite o interpretate dal soggetto ricevente

• Nella vita di ogni giorno chi parla dimentica spesso uno dei principalidoveri di colui che trasmette: conoscere la persona o il pubblico alquale si rivolge, allo SCOPO DI PERSONALIZZARE IL MESSAGGIO,UMANIZZARLO E RENDERLO ADEGUATO ALLA RICETTIVITÀ DEL SUODESTINATARIO

• Proprio sistema percettivo

• Concetto di sé

• Storia personale

• Bisogni e legami affettivi

• Formazione intellettuale e culturale

• Valori di riferimento

• Motivazione e aspettative

• Ruoli psico-sociali e professionali

La comunicazione è mediata da vari filtri

fisiologici, emotivi, culturali

OGNI PERSONA È CARATTERIZZATA DA:

Un giornalista visita il Pronto Soccorso di un ospedale diprovincia:

- raccoglie i dati degli accessi,

- annota i casi più gravi,

- parla con i familiari degli ammalati

Poi torna in redazione e scrive …

Vediamo insieme il frutto del suo lavoro e in particolarecome ha titolato il suo articolo

STESSA NOTIZIA: TITOLI DIVERSI

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PRONTO SOCCORSO:

GIRONE INFERNALE

L’afflusso record non giustifica la solita incapacità dell’ospedale di garantire un’assistenza degna di una struttura nuova e costata ai cittadini milioni di Euro. La gente: “E poi si parla di eccellenza Lombarda…”

STESSA NOTIZIA - TITOLI DIVERSI: TITOLO OSTILE

PRONTO SOCCORSO:

AFFLUENZA RECORD

150 persone sono state curate ieri, due i codici rossi, mentre la maggior parte delle persone (anziani) è

giunta in ospedale con sintomi influenzali

STESSA NOTIZIA - TITOLI DIVERSI: TITOLO NEUTRALE

PRONTO SOCCORSO:

PIU’ FORTE DELL’INFLUENZA

Grazie al piano straordinario messo in cantiere Regione e dalla direzione dell’Ospedale la “porta d’accesso”

del nosocomio ha retto all’ondata anomala di accessi causati dal virus. La gente: “Grande professionalità di

medici e infermieri”

STESSA NOTIZIA - TITOLI DIVERSI: TITOLO FAVOREVOLE

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IL DESTINATARIO

La natura, si dice, ha dato a ciascuno di

noi due orecchie ma una sola lingua,

perché siamo tenuti ad ascoltare più

che a parlare.

PlutarcoPlutarco è stato uno scrittore e filosofo greco, vissuto sotto l’Impero Romano. Studiò ad Atene e fu fortemente

influenzato dalla Filosofia di Platone.

L’ASCOLTO

Il processo di comunicazione non si esaurisce con una trasmissione di notizie da qualcuno a qualcun altro e viceversa, ma racchiude un altro aspetto importante che è l’Ascolto

La maggior parte delle persone vuole solo essere compresa

Quando cerchiamo di capire stiamo applicando il principio dell’empatia attraverso l’ascolto attivo

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CHE COSA VUOL DIRE ASCOLTARE?

• Ascolto passivo: comprensione del messaggio priva di indicatori

• Ascolto attivo (empatico): comprensione ed indicazione visibile della nostra partecipazione

• HA BISOGNO DI ME QUESTA PERSONA COSA POSSO FARE IO PER LEI?

L’EMPATIA

• La capacità di sentire le emozioni di un’altra persona con cui siinterloquisce; il sentire però non deve diventare un “fare proprio” chesequestra vissuti altrui, ma un temporaneo ingresso nelle emozionidell’altro al fine di comprenderne lo stato interiore, il punto di vista,i pensieri e le reazioni e poterlo aiutare, da una parte, a contenerel’emozione nella sua curva evolutiva e dall’altra a leggerla attraversola restituzione di un’altra persona.

• Da questo processo di ascolto empatico deriva un aumentodell’autostima nelle persone e quindi di conseguenza, un aumentodella motivazione e un aumento della qualità del prodotto-servizio.

ASCOLTO ATTIVO/EMPATICO

• Capacità di aiutare

• Stimolare ad assumere decisioni più ragionate (evitare lo stile prescrittivo o inquisitorio)

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QUANDO USARE L’ ASCOLTO ATTIVO

Richiede la presenza di alcune condizioni e atteggiamenti.

Ricorrete all’ascolto attivo solo quando:

1. Ricevete segnali verbali o non verbali che indicano che la persona ha un problema o un bisogno insoddisfatto.

2. Desiderate sinceramente essere d’aiuto e le circostanze sono propizie.

3. Sentite di poter accettare la persona; il suo problema non vi infastidisca e non vi indispone.

4. Vi sentite distaccati dal suo problema tanto da poter accettare la soluzione che troverà, qualunque essa sia.

5. Siete in grado di dedicare tutta la vostra attenzione alla persona.

COMPORTAMENTI TIPICI DI CHI:

Non sa ascoltare Ascolta efficacemente

Valuta subito l’altra persona; giudica troppo presto; decide subito che si tratta di aria fritta

Aspetta a giudicare e tenta di capire l’altra persona, non di impressionarla

Utilizza il tempo di ascolto per prepararsi a rispondere Ascolta tutto e poi pensa a rispondere

Si concentra nel memorizzare i dettagli piuttosto che nel cercare di capire i messaggi fondamentali

Si concentra sulle idee principali, sui principi, sui messaggi fondamentali

Tenta di ricordare tutto Non si preoccupa di ricordare ogni cosa

Finge di essere attento; trova faticoso mantenere l’attenzione, ma non si rende conto che fingere è più faticoso che ascoltare

Si sforza di rimanere attento; si concentra sul contenuto e riassume mentalmente

Si distrae; tenta di fare qualcosa d’altro mentre ascolta Mantiene il contatto visivo con chi parla

Se non capisce subito smette di ascoltare È convinto che se ascolta attentamente capirà; fa domande

Tende a farsi distrarre dai termini a valenza emotiva Avverte le sue emozioni, ma le controlla; cerca di mantenere le sue reazioni

TECNICHE DI ASCOLTO ATTIVO

1. Osservare i comportamenti comunicativi dell’interlocutore

2. Fare domande

3. Riformulare il punto di vista dell’interlocutore

4. Ricapitolare i punti principali del discorso

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OSSERVAZIONE

Dedicare attenzione ai comportamenti che esprimono le emozioni, gli atteggiamenti, le intenzioni dell’altro.

Dedicare attenzione ai continui feedback.

FARE DOMANDE

Le domande aperte sono quelle alle quali non è possibile

rispondere con un “si” o con un “no”.

Aiutano ad ottenere informazioni senza fare troppe domande, in genere iniziano con parole quali:

Come? Cosa? Quando?

La domanda aperta permette di:

• Aiutare il soggetto a cominciare a parlare

• Sollecitare esempi di comportamenti specifici

• Ottenere ulteriori informazioni

• Concentrarsi sulle sensazioni del soggetto

RIFORMULARE

Riprendere ciò che è stato detto usando esempi, concetti differenti o collegando questi a situazioni comparabili.

Serve a

• comprendere e dare importanza al messaggio,

• creare un clima di disponibilità.

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RICAPITOLAZIONE

Permette di:

• ribadire e sintetizzare i punti essenziali della comunicazione,

• chiarire le conseguenze pratiche-operative della comunicazione.

PRATICARE L’ASCOLTO ATTIVO

• L’ascolto attivo si basa almeno sui seguenti tipi di azioni:

– Parole e gesti di accoglienza verbali e non verbali (ad es. “sto ascoltando”)

– Interventi di incoraggiamento a sviluppare ed approfondire quanto viene detto (ad es. “dai raccontami meglio”)

– Interventi volti a manifestare la propria partecipazione al vissuto dell’interlocutore (restituzione e parafrasi ad es. “mi pare di capire che..”)

IL MESSAGGIO IN PRIMA PERSONA - IO

– Dicendo chiaramente ciò che suscita certe reazioni, emozioni e sentimenti (quando ti comporti così, se fai

così, in questa specifica situazione, ecc.)

– Descrivendo sinceramente sentimenti, emozioni e reazioni suscitate (io mi sento, io provo, mi sembra di

essere);

– Ricordandosi di parlare delle conseguenze e degli effetti delle reazioni descritte (dato che provo questo mi

comporto così, siccome mi sono sentito così allora

rispondo in questo modo, dai miei sentimenti nascono

queste reazioni)

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QUANDO NON USARE L’ASCOLTO ATTIVO

1. Non ci sono segni e sintomi di un problema che affligga la persona.

2. Non desiderate essere d’aiuto in una particolare circostanza: non ve ne importa, siete impegnati, andate di fretta.

3. Il comportamento della persona vi sembra inaccettabile: vi irrita o vi ferisce.

4. State cercando di spingere la persona verso la soluzione giusta. In questo caso l’ascolto attivo tenderà ad essere contaminato da suggerimenti nella “giusta” direzione.

5. Avete problemi cosi pressanti e fastidiosi da non riuscire a concentrare la vostra attenzione su quelli della persona.

6. La persona esprime il suo problema o i suoi sentimenti in modo cosi chiaro e preciso che ogni intervento da parte vostra suonerebbe superfluo o paternalistico. In questi casi è, preferibile il silenzio o il semplice riconoscimento-accettazione.

LA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE

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LE VARIABILI DELLA COMUNICAZIONE

• gestualità

• mimica facciale

• contatto visivo

• postura

• posizione globale del corpo

• utilizzo dello spazio prossemico

• contatto fisico

• distanza orizzontale

e verticale rispetto all’altro

• angolazione

• fattori ambientali

• barriere fisiche

• timbro

• tono

• intensità/volume

• velocità/ritmo

• pause

• chiarezza della pronuncia

PARAVERBALE 38%NON VERBALE 55%

VERBALE 7%

• inflessioni verbali/cadenze/tic verbali

• correttezza grammaticale e sintattica

• ricchezza e proprietà verbale

Non è importante solo cosa diciamo, ma anche come lo diciamo

COMUNICAZIONE VERBALE

• Linguaggio

È una rappresentazione esplicita del nostro comportamento inconscio retto da regole come modello di rappresentazione.

• Parole

• Significati

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COMUNICAZIONE NON VERBALE

• Le espressioni del volto: sono i segnali più importanti circa le emozioni e gli atteggiamenti verso gli altri. Generalmente vengono riconosciute 6 emozioni di

base: felicità, sorpresa, tristezza, paura, disgusto, rabbia, alle quali sono associati determinati movimenti dei muscoli facciali che provocano espressioni universalmente riconosciute.

• Contatto visivo: molte informazioni passano attraverso gli sguardi che le persone si scambiano, la prima delle quali è sicuramente l’interesse. Il contatto visivo, manifestando l’interesse, è gratificante e induce ad atteggiamenti amichevoli

• Prossemica/Comportamento Spaziale: il contatto fisico, la distanza tra

interlocutori che viene utilizzata per regolare il grado di intimità tra le persone (zona intima, personale, sociale, pubblica), i gesti

COMUNICAZIONE PARA VERBALE

• Possiamo distinguere il VOLUME, il TONO DI VOCE, la VELOCITA’ DI PAROLA, le PAUSE, il SILENZIO e il RISO ed altre espressioni sonore.

• Il volume di voce dipende dalla distanza tra interlocutori, dai rumori presenti e può essere espressione della personalità dell'individuo. Il volume svolge una funzione comunicante molto evidente, la persona arrabbiata tenderà ad alzarlo, una persona disperata griderà i suoi messaggi, un messaggio intimo verrà sussurrato

• il tono o la modulazione intenzionale che si da alla propria voce: molto comuni sono le affermazioni, le interrogazioni, le esclamazioni; ad esempio Sei pazzo. Sei pazzo? Sei pazzo! Le variabilità del tono sono innumerevoli e molto efficaci ad esempio l'intonazione sarcastica, ironica, il modo altezzoso, il tono affabile, dispregiativo, di fastidio, di comando, di remissione

EVENTO AVVERSO

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BENCHMARKING

L’evento avverso, secondo la definizione del Ministero della Salute, è un “evento inatteso correlato al processo assistenziale che comporta un danno al

paziente, non intenzionale e indesiderabile. Gli eventi avversi possono essere

prevedibili o non prevedibili. Un evento avverso attribuibile ad errore è un

evento avverso prevedibile”.

Esso ha caratteristiche peculiari che lo differenziano da qualsiasi altro evento, e la sua gestione e comunicazione richiedono modalità specifiche. E’ un evento non intenzionale, che si verifica in un luogo in cui il paziente si sente protetto, causato da persone in cui si è riposta la massima fiducia.

L’EVENTO AVVERSO: DEFINIZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE

BENCHMARKING

• Analisi dell’evento• Azioni di comunicazione per

contenimento danno e ristoro• Raccomandazione per sostegno agli

operatori• Raccomandazione per la

comunicazione esterna

MINISTERO DELLA SALUTE

BENCHMARKING

Cosa chiedono i pazienti?

• Comunicazione onesta, chiara e trasparente • Spiegazioni e scuse • Attenzione alla relazione e agli aspetti emotivi • Rispetto e ascolto del paziente e del suo punto di vista • Risarcimento adeguato e supporto al paziente • Informazione e conoscenza • Partecipazione e collaborazione nell’analisi e nella gestione degli eventi

avversi

LA COMUNICAZIONE DIFFICILE NELLA GESTIONE DEGLI EVENTI AVVERSI: LA GESTIONE DEL PAZIENTE

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BENCHMARKING

È essenziale una comunicazione trasparente e onesta degli eventi avversi

La comunicazione trasparente e onesta degli eventi avversi rappresenta un pilastro fondamentale per la gestione del rischio clinico e per mantenere il rapporto di fiducia tra il sistema sanitario, i cittadini e i pazienti

Al verificarsi di un evento avverso è necessario che gli operatori sanitari esprimano rincrescimento per l’accaduto ai pazienti o ai loro familiari

LA COMUNICAZIONE DIFFICILE NELLA GESTIONE DEGLI EVENTI AVVERSI:

BENCHMARKING

COME...nel contenuto?

• Descrivere in fatti con chiarezza e senza ambiguità• Non attribuire colpe o responsabilità• Fornire informazioni sull’iter diagnostico-

riabilitativo• Fornire informazioni circa l’analisi• Documentazione clinica• Programmare il follow up• Fornire il nome e numero di un referente

LA COMUNICAZIONE DIFFICILE NELLA GESTIONE DEGLI EVENTI AVVERSI:

COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti formali

1. Accoglienza: luogo idoneo a garantire la riservatezza

2. Presentarsi al paziente

3. Capire se vuole essere accompagnato da un familiare

4. Fare in modo che tutti siano a proprio agio (guardarli negli occhi)

5. Congruenza tra ciò che si dice ed il linguaggio del corpo

6. Non guardare l’orologio: far capire che si ha tempo adeguato a disposizione

7. Servizio di psicologia, se il paziente è un “tipo difficile”

8. Consigliabile la presenza di un infermiere o un operatore sanitario

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COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

1. Preparare il colloquio

2. Capire cosa il paziente sa già

3. Capire cosa il paziente vuole sapere

4. Dare le informazioni vere usando con attenzione i dati statistici, non distruggere la speranza

5. Lasciare spazio alle emozioni del paziente valutandole, dare il tempo di accettare la notizia

6. Discutere-pianificare il programma

COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

1. Preparare il colloquio

Lo spazio fisico, possibilmente accogliente, non deve essere disturbato da rumori molesti o da presenze in transito.

Il tempo, non illimitato, deve consentire di affrontare con tranquillità l’argomento.

Se il tempo a disposizione è poco meglio rinviare il colloquio in un momento più favorevole.

La presenza fisica di altre persone deve essere autorizzata dal paziente stesso; è bene precisarne l’identità e il tipo di legame (parentale, amicale) col paziente.

COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

2. Capire cosa il paziente sa già

È una fase delicata, da gestire con accortezza e sensibilità.

È fondamentale capire quali sono le idee che il paziente si è fatto o cosa ha intuito, anche attraverso sguardi, espressioni o mezze frasi di chi lo circonda in funzione di quanto andremo a comunicargli.

Durente il colloquio offrire la possibilità di esprimere paure, vissuti e speranze per fornire una base comune sulla quale completare l’informazione.

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COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

3. Capire cosa il paziente vuole sapere

Occorre sintonizzarsi sulle sue emozioni, accogliere il suo desiderio totale o parziale di informazione, e rivalutarlo nel tempo.

COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

4. Dare le informazioni vere usando con attenzione i dati statistici, non distruggere la speranza

Avendo chiaro quanto il paziente sa e quanto desidera conoscere, ed il proprio obiettivo (comunicazione della diagnosi, del piano terapeutico, della prognosi oppure supporto), è possibile trasmettere nuove informazioni e osservare le reazioni del paziente.

È fondamentale procedere gradualmente nella comunicazione, allineandosi con le elaborazioni del paziente e utilizzando un linguaggio semplice e comprensibile.

COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

5. Lasciare spazio alle emozioni del paziente valutandole, dare il tempo di accettare la notizia

Quando viene comunicata una cattiva notizia, anche se ben trasmessa, può generare rabbia, silenzio, disperazione, incredulità, paura.

Se comunicata con distacco e freddezza si aggiunge inutilmente sofferenza alla sofferenza, connotando il momento con disumanità e anaffettività.

Riconoscere negli altri, ed ancor prima in noi stessi, questi sentimenti, significa essere disponibili alla comprensione dell’impatto delle nostre parole e del significato che avranno nella vita della persona a cui le comunichiamo.

La vicinanza e la comprensione delle emozioni del paziente e del medico creano le premesse per costruire il progetto terapeutico.

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COMUNICARE UN EVENTO AVVERSO

Aspetti di contenuto

6. Discutere-pianificare il programma

La centralità del paziente e della sua volontà diventano elementi imprescindibili di questa ultimo punto.

L’integrazione dell’agenda del paziente con quella del medico consente di negoziare un piano per il futuro e di assumere l’impegno a rispettarlo bilateralmente.

La continuità della cura e la possibilità di rivedere insieme, nel procedere, le decisioni, costituiscono elementi di rinforzo e valore per questa alleanza.

LE REAZIONI DEL PAZIENTE

Rabbia astratta “non focalizzata”

Contro la malattia� i sintomi� la “sentenza di morte”

Contro la perdita di controllo e il sentimento di impotenza� l’incapacità di determinare il proprio stile di vita, i propri movimenti� la dipendenza dai familiari, dall’equipe medica

Contro la perdita di potenzialità di sviluppo� la perdita della possibilità di un soddisfacimento esistenziale� la perdita di speranze future e di aspettative nella carriera, nelle relazioni, nella

famiglia

Contro la legge di natura/il caso� (in base al sistema di valori del paziente) contro gli eventi biologici casuali� l’ingiustizia - una delle origini del “perché io?”

LE REAZIONI DEL PAZIENTE

Rabbia verso entità specifiche “focalizzata”

Contro di sé

� rabbia causale (se il paziente sente di aver provocato la sua malattia - il pensiero può essere appropriato o non appropriato alle circostanze)

� il corpo o la biologia (contro specifici “difetti” del corpo) � la perdita di opportunità (contro eventi o relazioni specifici)

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LE REAZIONI DEL PAZIENTE

Rabbia verso entità specifiche “focalizzata”

Contro amici e familiari

� la loro salute (risentimento dovuto al fatto che altri stanno bene) � rabbia residuale verso vecchie contese e screzi familiari � rabbia causale (si crede che amici o familiari possano aver causato la malattia, il

pensiero può essere appropriato - per esempio per l’AIDS, altre malattie socialmente trasmissibili, tumore ai polmoni in fumatori passivi ecc. - o inappropriato)

� l’abbandono e il distacco (familiari e amici che si disinteressano del malato)

LE REAZIONI DEL PAZIENTE

Rabbia verso entità specifiche “focalizzata”

Contro i medici e altri operatori sanitari

� accuse contro il messaggero della notizia � la perdita di controllo che ora risiede nel medico/infermiere � risentimento contro il team medico che gode di buona salute � la mancanza di comunicazione (non ascolto/freddezza/mancanza di sensibilità e tatto) � le decisioni di gestione del caso (avrebbero dovuto trovarlo prima/trattarlo in modo

diverso)

LE REAZIONI DEL PAZIENTE

Rabbia verso entità specifiche “focalizzata”

Contro “forze esterne”

• diretta verso il posto di lavoro/l’occupazione (appropriata o inappropriata) • l’ambiente circostante/la casa (appropriata o inappropriata) • le forze socio-economiche/politiche

Contro Dio

� l’abbandono (“Mi ha abbandonato”) � la percezione di una vendetta (castigo divino) � un’apparente povera ricompensa di anni dedicati alla fede e religiosa osservanza

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MECCANISMI DI DIFESA DELL’IO - REGRESSIONE

Vuol dire tornare indietro, ri-assumere modalità di comportamento emotivo, cognitivo e comportamentale propri di periodi precedenti di sviluppo.

La regressione assume una funzione difensiva perché permette al bambino di riconquistare la vicinanza emotiva con i propri genitori che teme di aver perduto.

Nel caso del paziente adulto, il movimento affettivo è più o meno simile la perdita di autonomia provocata dalla malattia, l’essere costretti a letto, dipendere da qualcuno determina regressione.

La regressione per certi aspetti è indispensabile in casi gravi che necessitano di cure urgenti in cui occorre che il paziente si affidi alle cure.

MECCANISMI DI DIFESA DELL’IO - NEGAZIONE

Il rifiuto consiste nel negare la realtà che è vissuta come intollerabile e spiacevole, di cui il soggetto non è consapevole.

La sua funzione, come quella di altre reazioni psicologiche, è utile e protettiva in quanto impedisce di essere sopraffatti dall’ansia.

È evidente che dietro questo atteggiamento non ci sono né tranquillità interiore, né rassegnazione, ma al contrario la difficoltà di far fronte all’angoscia scatenata dalla consapevolezza della malattia.

Sul piano comportamentale il paziente può credere che gli esiti degli esami siano sbagliati o disattendere il piano di cura.

MECCANISMI DI DIFESA DELL’IO - PROIEZIONE

Consiste nell’attribuire ad altri i propri pensieri, desideri o paure. L’utilizzo della proiezione apre la strada a quella che può essere una modalità persecutoria di reagire alla malattia.

La malattia è considerata come un attacco proveniente dall’esterno, come se qualcosa o qualcuno fosse responsabile della patologia. Anche in questo caso, il meccanismo tende ad arginare l’angoscia.

La persona tende a colpevolizzare chi la circonda, è ipercritica, aggressiva, diffidente, in questo caso una reazione difensiva dell’operatore non fa altro che attivare un circuito persecutorio

in cui il paziente finisce per trovare giustificazione della sua ostilità proprio nel comportamento di chi lo assiste.

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MECCANISMI DI DIFESA DELL’IO - AGGRESSIVITÀ

Si tratta di uno dei meccanismi di difesa più adottati.

Viene attivato per lottare contro i vari ostacoli che la quotidianità presenta.

Ad esempio un paziente può rispondere con ostilità quando gli viene posta una domanda che riguarda le sue abitudini personali come il bere alcolici, se questa costituisce un problema.

MECCANISMI DI DIFESA DELL’IO - RAZIONALIZZAZIONE

Ciò che non viene accettato sul piano affettivo lo è invece sul piano razionale.

La persona trova delle ragioni, delle giustificazioni a ciò che accade in lei o intorno a lei, cercando di dare un senso logico a eventi che invece non lo possiedono.

MECCANISMI DI DIFESA DELL’IO - FORMAZIONE REATTIVA

L’io trasforma gli impulsi, gli affetti, le idee sentiti come inaccettabili, nel loro esatto contrario.

Ad esempio il malato spaventato per l’esame endoscopico da effettuare assume un atteggiamento spavaldo e scherzoso invece di manifestare timore.

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QUALCHE CONSIGLIO …

1. Formulare i suggerimenti forniti al paziente in modo che risultino compatibili con le sue opinioni.

Nell’informare i propri pazienti, i medici dovrebbero tenere conto e adeguarsi alle convinzioni e preoccupazioni del paziente. Nel prendere in esame il sistema di convinzioni del paziente, al medico è anche richiesto di facilitare il superamento di divari di tipo culturale.

2. Informare esaurientemente i pazienti sugli scopi e gli effetti previsti degli interventi e indicare quando questi effetti sono attesi.

Se il paziente viene informato su quando prevedibilmente dovrebbero manifestarsi gli effetti benefici dell’intervento si può evitare lo scoraggiamento che può verificarsi qualora i benefici non siano immediati.

3. Suggerire piccoli cambiamenti invece che grandi cambiamenti.

Questo suggerimento si basa sui presupposti della teoria dell’auto-efficacia. Allo stesso modo, un consiglio che voglia essere convincente ed efficace non solo deve aumentare la fiducia del paziente nelle sue capacità, ma anche strutturare gli interventi di prevenzione in modo tale che il paziente abbia buone probabilità di raggiungere il traguardo.

4. Fornire indicazioni precise.

Fornendo istruzioni specifiche e documentate si ottiene generalmente una maggiore aderenza del paziente alle prescrizioni; la capacità di modificare il comportamento può essere migliorata illustrando al paziente le misure previste e le motivazioni su cui si basano.

5. Tenere presente che talvolta è più semplice introdurre nuovi comportamenti che non eliminare comportamenti abituali consolidati.

6. Sfruttare il carisma legato alla professione.

È importante tenere conto che alcuni pazienti non hanno fiducia nelle proprie capacità di cambiare il proprio stile di vita. Il medico può trasmettere il proprio sostegno e la propria empatia al paziente pur comunicandogli messaggi fermi e chiari.

7. Indurre il paziente ad assumere impegni espliciti.

Chiedendo ai pazienti di descrivere come pensano di seguire il regime designato si può sollecitarli a riflettere su come integrare il nuovo comportamento nella loro routine quotidiana.

8. Utilizzare strategie combinate.

Hanno maggiori probabilità di successo i progetti di educazione sanitaria in cui vengono integrati vari strumenti, quali la consulenza individuale e di gruppo, i mezzi audiovisivi, l’uso di documentazione scritta e delle risorse del territorio rispetto a quelli che utilizzano una sola tecnica.

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9. Coinvolgere il personale sanitario.

La responsabilità dell’intervento di informazione e consiglio al paziente dovrebbe essere condivisa fra medici, infermieri, infermieri specializzati, educatori sanitari, dietisti e altri professionisti del settore sanitario. Un approccio di squadra facilita l’informazione del paziente.

10. Indirizzare a un’altra struttura il paziente qualora non sia possibile attuare un intervento completo di informazione e consiglio.

11. Monitorare i progressi durante le visite successive.

Per aumentare l’efficacia dell’informazione e del consiglio clinico è bene programmare un appuntamento o una telefonata di follow up nelle settimane seguenti al fine di valutare i progressi, rinforzare i successi, individuare e risolvere i problemi.