Tecniche di comunicazione

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Facoltà di Agraria Università di Pisa Corso di Laurea di I livello “Gestione del verde urbano e del paesaggio” Insegnamento di Tecniche di comunicazioneDispensa di approfondimento Anno Accademico 2003/2004 Docente Dott.ssa Patrizia Mariani

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Facoltà di Agraria Università di Pisa

Corso di Laurea di I livello “Gestione del verde urbano e del paesaggio”

Insegnamento di

“Tecniche di comunicazione”

Dispensa di approfondimento

Anno Accademico 2003/2004

Docente

Dott.ssa Patrizia Mariani

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Presentazione

Perché un insegnamento di “Tecniche di comunicazione” in Facoltà di Agraria? La risposta è semplice: l’avere padronanza di saperi e competenze comunicative rappresenta una delle tante sfide della “nuova Università”. Essere capaci di comunicare, in forma scritta ed orale, significa esprimersi con chiarezza, capacità di analisi e di sintesi, presentarsi in una forma accattivante e stimolante, evitare incomprensioni, creare l’impatto adeguato alle proprie espressioni. E lo Studente di Agraria DEVE essere in grado, nel suo percorso accademico (per affrontare con sicurezza un esame spesso occorre saper coniugare una solida preparazione tecnica e scientifica con una adeguata capacità di esposizione) e poi al momento dell’inserimento nel mercato del lavoro di disporre di opportuni ed efficaci strumenti di comunicazione. E’ in tale spirito che si colloca il presente testo: si tratta di appunti preparati dalla Dottoressa Patrizia Mariani, apprezzata professionista e Docente a contratto dell’Insegnamento di “Tecniche di comunicazione” del Corso di Laurea in Gestione del verde urbano e del paesaggio della Facoltà di Agraria di Pisa: si tratta di uno strumento prezioso per iniziare l’esplorazione di questa importante disciplina, scritto in forma chiara e ricco di esempi. Sono certo che gli Studenti apprezzeranno lo sforzo, così come hanno gradito l’impostazione con la quale la Docente ha dato vita alle lezioni accademiche.

Prof. Giacomo Lorenzini Presidente del CdL Gestione del

verde urbano e del paesaggio Università di Pisa

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DISPENSA DI APPROFONDIMENTO

Dispensa 1: Gli elementi della comunicazione

Dispensa 2: La comunicazione interpersonale

Dispensa 3: La comunicazione interpersonale:

• Il colloquio di selezione del personale

• Tecniche di preparazione al colloquio di lavoro

• Il curriculum vitae

Dispensa 4: La comunicazione nelle Organizzazioni

Dispensa 5: La società dell’informazione: concetti, prospettive,

problematiche

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GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE

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INDICE

1. LA DINAMICA DELLA COMUNICAZIONE

2. COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO

3. ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA COMUNICAZIONE UMANA

3.1 EMITTENTE

3.2 RICEVENTE

3.3 CANALE

3.4 CODICE

3.5 CODIFICA E DECODIFICA

3.6 FEEDBACK

3.7 CONTESTO

3.8 MESSAGGIO

4. I MODELLI TEORICI DELLA COMUNICAZIONE

4.1 IL MODELLO TRADIZIONALE O LINEARE

4.2 IL MODELLO INTERATTIVO

4.3 IL MODELLO DIALOGICO

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1 LA DINAMICA DELLA COMUNICAZIONE

La comunicazione è un elemento essenziale di molti aspetti della nostra esperienza quotidiana ed

avviene in ogni ambito dei rapporti tra le persone, sia fra due individui sia a livello di gruppi.

La comunicazione ha molti scopi; generalmente ogni interazione comunicativa ha una combinazione di

scopi e può produrre una combinazione di risultati.

Scopi della comunicazione interpersonale:

IMPARARE Acquisire conoscenze su se stessi, gli altri ed il mondo; apprendere abilità

RELAZIONARSI Stabilire, mantenere e migliorare le relazioni interpersonali

INFLUENZARE Controllare, manipolare, persuadere e dirigere

GIOCARE Evadere, rilassarsi e divertirsi

AIUTARE Consolare, provvedere ai bisogni altrui e essere di sostegno

La comunicazione umana può essere descritta in modo schematico come un’interazione dinamica fra un

emittente di un messaggio ed un ricevente, mediata da alcuni passaggi che vanno dalla codifica del

messaggio alla scelta del canale di trasmissione da parte dell’emittente, alla decodifica del messaggio

ricevuto da parte del ricevente, alla sua interpretazione, alla ricodifica in termini di risposta e rinvio al

destinatario, il tutto seguendo la logica grafica espressa dalla figura sotto riportata.

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Gli elementi della comunicazione 4

La forma ovale che racchiude l’intero processo sta ad intendere lo stretto legame interattivo che si viene

a determinare fra emittente e ricevente: la relazione sociale. I processi vanno intesi in senso sincronico,

in quanto fra chi parla e chi ascolta i ruoli sono continuamente riscritti e nulla garantisce che il processo

segua una logica lineare.

Il messaggio è inizialmente l’idea, la visione della realtà che abbiamo dentro la nostra testa e che

intendiamo comunicare e condividere con gli altri con finalità lavorative o puramente affettive; la

codifica è la trasformazione dell’idea in segni convenzionalmente riconosciuti, ossia i codici di

comunicazione, che consentono al messaggio di strutturarsi in termini espressivi comprensibili ai

diversi soggetti coinvolti nella comunicazione.

Il codice più conosciuto è sicuramente quello linguistico. Esso attiene alla capacità che le persone hanno

di saper produrre e saper interpretare il linguaggio verbale parlato, cui si unisce un’abilità non verbale

non secondaria, la paralinguistica, che attiene ad un saper produrre e un saper interpretare in modo

efficace ed adeguato tutti gli elementi del linguaggio che concorrono a modellarlo in un senso o in un

altro, sia esso positivo o negativo; ne sono un esempio l’enfasi data ad alcune parole o frasi, l’uso delle

esclamazioni e delle pause, che insieme danno colore e senso alla comunicazione verbale.

Codifica

Interpretazione

Decodifica

Decodifica

Interpretazione

Codifica

EMITTENTE RICEVENTE

MESSAGGIO

FEEDBACK

Paralinguistica Modalità di emissione vocale come il tono, il timbro, l’altezza ed il ritmo della voce.

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Gli elementi della comunicazione 5

Accanto alle abilità linguistiche e paralinguistiche troviamo i codici di comunicazione non verbale, che

svolgono la stessa funzione della paralinguistica, ossia concorrono a modellare il contenuto di senso

della comunicazione e, in alcuni casi, a sostituirsi interamente alla stessa comunicazione verbale. Siamo

nel campo della cinesica e della prossemica. La prima attiene alla capacità di comunicare tramite la

mimica del volto, l’uso dello sguardo, il movimento del corpo, i gesti delle mani, ecc.; la seconda

attiene alle regole che governano la distanza fisica da tenere fra le persone, il contatto corporeo, ecc.

Queste abilità, seppur diversamente codificate da cultura a cultura (anche all’interno di una stessa

società), si possono ritenere patrimonio di tutti gli individui, anche se sono usate con diverso grado di

competenza e di consapevolezza da parte delle singole persone. Se a tali elementi sommiamo altre

competenze comunicative, quali la performativa, ossia la capacità di usare intenzionalmente per

determinati scopi gli strumenti della comunicazione verbale e non verbale, la pragmatica, ossia la

capacità di usare la comunicazione verbale e non verbale in modo adeguato agli scopi e alla situazione,

la socioculturale, intesa come capacità di rapportarsi correttamente ai ruoli e alle situazioni sociali, ci

rendiamo conto della complessità del processo comunicativo umano, e dell’importanza che riveste nella

vita di ogni giorno. Padroneggiare tali strumenti significa comunicare secondo una intenzionalità di

senso strutturato a nostro vantaggio.

Il mondo non è una realtà oggettiva che sta di fronte a noi, ma è qualcosa che costruiamo

quotidianamente insieme agli altri attraverso un processo simbolico e comunicativo che ci conduce

verso una possibile condivisione dei significati sugli oggetti, sui fatti e sugli eventi. Ciò, oltre a creare

un’interazione relazionale forte e positiva, consente anche di lavorare meglio insieme agli altri in un

percorso ed in un progetto di cambiamento continuo della realtà e di noi stessi.

Cinesica Espressioni del corpo come movimenti, gesti, posizioni ed espressioni del volto, intesi come mezzi di comunicazione

Prossemica

Studio dei contenuti comunicativi delle relazioni spaziali fra le persone in diverse situazioni sociali.

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Per avere comunicazione occorre una condivisione da parte dell’emittente e del ricevente dello stesso

significato attribuito alle situazioni sociali, ai fatti, agli eventi e alle condizioni relazionali oggetto della

comunicazione. Nella comunicazione interpersonale è relativamente più facile cercare di instaurare e

conservare tale forma di relazione con l’altro; l’interazione faccia a faccia consente di monitorare

costantemente gli elementi della comunicazione verbale e non verbale, messaggi e feedback, delle

persone in modo tale da mantenere un efficace scambio comunicativo con gli altri. Nella comunicazione

di massa ciò è più difficile in quanto i feedback sono indiretti, deduttivi ed eterogenei.

Il feedback è l’informazione che torna all’emittente a seguito della sua azione comunicativa. Esso è originato dal

ricevente; la sua funzione è di informare l’emittente del senso e del significato, appreso e condiviso dal ricevente,

dell’idea inizialmente comunicata. Il feedback può tornare all’emittente utilizzando gli stessi canali di codifica

attraverso cui si è strutturato il messaggio iniziale, può fare uso dei medesimi codici di comunicazione come

quelli orali, grafici, sonori, ecc., può essere immediato come nella comunicazione faccia a faccia o seguire tempi

di risposta diversi.

L’articolazione dei messaggi e dei feedback può essere più o meno dinamica e dialettica fra le persone. Quanto

maggiore sarà l’alternanza fra messaggi e feedback, tanto maggiore sarà la possibilità di giungere ad una

condivisione, fra due o più soggetti, dei medesimi significati sugli oggetti, sulle relazioni e sulle diverse

situazioni della vita quotidiana.

La comunicazione, pertanto, connota, caratterizza e struttura i rapporti con le altre persone e con la realtà

circostante. Ogni forma d’interazione è un’azione comunicativa rivolta ad altre persone, che modella il mondo

sociale e lo modifica, dando direzione progettuale all’intera azione umana.

2. COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO

Il linguaggio, il mezzo attraverso cui si interagisce con le altre persone trasmettendo informazioni,

sensazioni, stati d’animo ed emozioni, è oggetto di studio di antica tradizione nelle scienze umane, in

particolare della filosofia. Fin dalla classicità greca l’attenzione è stata prestata al linguaggio inteso

come strumento attraverso cui avviene il processo comunicativo. La stessa comunicazione, infatti, si

struttura in linguaggio, intendendo quest’ultimo quale medium o codice, o un insieme di codici verbali e

non verbali, che consente di trasmettere informazione, di conservarla nel tempo e nello spazio e di

rielaborarla.

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Il linguaggio è un insieme di segni verbali e non verbali che costituisce il veicolo principale della

comunicazione umana. Esso consente la trasmissione di significati tra uomo e uomo, in quanto,

attraverso tale facoltà, si esprimono conoscenze, sentimenti, bisogni e pensieri. Il linguaggio verbale è il

principale strumento della comunicazione umana ed è sostanzialmente fonetico/auditivo, ma si avvale

anche di una componente visiva necessaria sia per l’ambito mimico/gestuale dell’interazione

comunicativa umana sia per la scrittura. Il linguaggio può essere spontaneo, come per gli animali,

oppure convenzionale. In questo ultimo caso il linguaggio in senso stretto deve essere inteso come

specifica facoltà umana di usare segni per esprimere, comunicare e condividere con le altre persone

sensazioni, conoscenze e sentimenti.

La comunicazione è un’esperienza intersoggettiva di vitale importanza per l’uomo, diventata oggetto di

studio autonomo delle scienze del comportamento, quali la sociologia, la psicologia, l’antropologia,

solo nel corso del novecento. Tale rilevanza, registratasi in modo crescente nel corso del ventesimo

secolo, ha coinciso, da un lato, con l’aumento quantitativo delle informazioni che circolano all’interno

della società, dall’altro con la riduzione qualitativa degli scambi comunicativi fra le persone.

La comunicazione svolge funzioni di integrazione sia per i sistemi micro-relazionali (famiglia, lavoro,

gruppi informali e gruppi amicali, ecc.), sia per il sistema sociale nel suo complesso. La comunicazione

interpersonale si propone nei termini di una dinamica interattiva fra le persone in grado di rispondere a

tutta una serie di bisogni umani: bisogni di tipo fisico, bisogni di identità, bisogni sociali, bisogni di tipo

pratico o strumentale.

La presenza o l’assenza di comunicazione può determinare, nelle persone, l’insorgenza di situazioni di

vera e propria sofferenza fisica, di malattie e anche di morte prematura. Attraverso la comunicazione si

definisce il senso di identità degli individui, si impara a riconoscersi sulla base delle interazioni che si

hanno con gli altri, e soprattutto con gli “altri significativi” quali genitori, amici e persone per noi

importanti. La comunicazione soddisfa i bisogni di appartenenza delle persone ad un gruppo, una

comunità, una famiglia, una nazione, ecc., determinando il grado e la dimensione dei coinvolgimenti

emotivi, affettivi, relazionali di ciascuno e le azioni sociali conseguenti. Infine la comunicazione

soddisfa bisogni di tipo pratico o strumentale, consentendo lo svolgimento di una ordinata vita sociale.

Linguaggio Facoltà umana di esprimere e comunicare conoscenze, pensieri, bisogni e sentimenti attraverso l’uso di segni e simboli.

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Le dinamiche comunicative si sviluppano fra le persone nei diversi contesti organizzativi e relazionali:

famiglia, scuola, azienda, organizzazioni sociali in generale, società nel suo complesso, piccoli gruppi

informali, organizzati, istituzionali, lavorativi, ludici. L’indagine psico-sociale investe sia i sistemi di

comunicazione verbale, quelli che si basano sull’uso dei linguaggi naturali, sia i sistemi di

comunicazione non verbale, costituiti dai gesti delle mani, dai movimenti e dalle posture del corpo,

dalle espressioni del viso, ecc.

A seguito dello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa i sistemi di comunicazione iconica hanno

accresciuto la loro portata simbolica e strutturante per l’esperienza intersoggettiva e per

l’organizzazione della vita sociale. Nonostante ciò, i sistemi di comunicazione verbale restano di gran

lunga più importanti nel determinare i processi, le dinamiche e gli esiti delle interazioni significanti fra

le persone e le istituzioni.

La comunicazione interpersonale va analizzata come esperienza di vitale importanza per l’esistenza e

l’integrazione dei sistemi psico-sociali individuali (le persone in quanto tali) e per le organizzazioni

relazionali nel loro complesso, sia informali sia istituzionali. Un’ulteriore conferma di ciò ci viene dalla

pragmatica della comunicazione umana e dal suo intendere la relazione come interazione sistemica.

L’approccio proposto indaga prevalentemente i processi e le dinamiche della comunicazione

interpersonale, soprattutto riguardo alle interazioni faccia a faccia, senza ignorare, per estensione, la

dimensione della comunicazione mediata e di massa. La scelta parte dalla consapevolezza

dell’importanza della dimensione classica ed elementare della comunicazione, intesa come scambio di

segni e simboli significanti fra due o più persone in relazione fra loro allo scopo di realizzare una

condizione di interazione compartecipata di senso e di significato. Tale dimensione relazionale resta il

fondamento strutturale indispensabile per analizzare ogni tipo di azione comunicativa, anche quella

Comunicazione di massa Processi di comunicazione diffusi dai mass media e rivolti ad un numero di destinatari indifferenziati e potenzialmente illimitati.

Comunicazione interpersonale Processo di comunicazione verbale e non verbale tra due o più persona compresenti o mediata da telefono o computer.

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mediata dall’uso dei mass media (stampa, radio, televisione) o impostasi dall’introduzione delle nuove

forme di relazionalità comunicativa proprie dell’attuale epoca della rivoluzione elettronica e telematica.

Mass media Strumenti tecnologici che hanno determinato l’estensione della comunicazione su larga scala, riducendo od annullando la dimensione spazio temporale.

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3. ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA COMUNICAZIONE UMANA

3.1 EMITTENTE

L’emittente, o fonte, è il soggetto, l'oggetto, il gruppo o l’istituzione che emette il messaggio, dando

avvio all’azione comunicativa. L’emittente produce un messaggio che rende manifesto ad altri

conoscenze, pensieri, bisogni o sentimenti. Tale azione si struttura intorno ad un contenuto informativo

rivolto ad altri individui. Alcuni studiosi associano una forma di intenzionalità all'emittente, escludendo

dunque la possibilità che esso possa essere un oggetto, e lo definiscono come una persona che ha un

obiettivo, una ragione per entrare in comunicazione.

Sottolineare l'elemento dell'emittente all'interno del processo comunicativo, significa quasi

inevitabilmente pensare alla comunicazione come a un processo lineare, dove un soggetto produce un

messaggio e lo invia verso il ricevente che ne subirà l'effetto. È ciò che viene suggerito da alcuni dei più

classici schemi di lettura della comunicazione, come quello di Laswell, quello di Shannon & Weaver, e

anche dal più antico approccio allo studio della comunicazione, ovvero la retorica, l'arte del persuadere.

LASWELL

Alcuni affermano che il moderno studio della comunicazione sia nato quando Laswell ha coniato una descrizione dell'atto comunicativo basata sulle seguenti domande:

• chi? • dice cosa? • a chi? • attraverso quale canale? • con quale scopo?

Questo modo di leggere la comunicazione è solo apparentemente banale: in realtà riflette l'idea che un emittente strategico e avveduto possa disegnare e strutturare un messaggio a cui il ricevente non può "resistere". E' un approccio non equilibrato dal lato del ricevente. Le riflessioni di Laswell sono infatti datate poco dopo la fine della II Guerra Mondiale, e rispondono alle preoccupazioni create dall'effetto che i mass media avevano avuto nella crescita dei regimi dittatoriali della prima metà del novecento. Il rischio principale individuato da Laswell si concretizzava nel pericolo che una fonte autorevole potesse, attraverso la comunicazione, "mettere" idee o opinioni direttamente nella mente di un gran numero di persone acritiche e passive.

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SHANNON & WEAVER - La teoria dell'informazione

Più o meno negli stessi anni in cui Laswell pubblicava i suoi studi, nei laboratori della Bell Telephone Laboratories, alcuni ricercatori cercavano di comprendere come si potesse aumentare l'efficienza e la fedeltà della trasmissione del messaggio telefonico. La loro attenzione era rivolta a focalizzare l'efficienza e l'efficacia della trasmissione di un messaggio attraverso un canale, senza attenzione al contenuto del messaggio stesso. Da questi studi ha tratto origine il fortunato schema della comunicazione di Shannon e Weaver (1949), che ancora oggi rappresenta il più utilizzato punto di partenza degli studi in questo campo. Rumore è qualsiasi cosa di involontario che disturbi la decodifica di un messaggio. Il rumore si può manifestare sia a livello tecnico (i disturbi nella ricezione di una stazione radio, ad esempio) sia a livello semantico, come distorsione del significato del messaggio dovuta a differenze o incompatibilità di codici linguistici, culturali, psicologici, ecc.

LA TRADIZIONE RETORICA La retorica è la più antica forma di studio della comunicazione. Fino dall’antichità l'uomo è stato affascinato dalle grandi capacità comunicative che alcuni individui utilizzavano per ottenere degli effetti persuasivi su di un pubblico di ascoltatori. Più di 2000 anni fa, in Grecia, il parlare in pubblico era diventata un'attività molto importante sia per la partecipazione dei cittadini alla vita della polis, sia per curare i proprio interessi. L'arte della retorica veniva studiata, analizzata e trasmessa alle nuove generazioni. Uno dei documenti più importanti giunto fino a noi è il trattato "La retorica" (4 secolo a.C.), in cui Aristotele studia le tattiche che colui che parla utilizza per influenzare i pensieri, le idee e il comportamento di coloro che ascoltano (gli altri cittadini). Aristotele era guidato dal desiderio di conoscere i principi di una comunicazione efficace, in modo da poter distinguere i "cattivi" dai "buoni" comunicatori.

E cod dec R messaggio

rumore

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Il compito dell’emittente non si esaurisce con il processo di codifica del messaggio, ma prosegue

nell’individuazione del o dei destinatari del messaggio, nella scelta degli strumenti adatti a comunicare

determinati contenuti informativi e nell’accertamento che il ricevente abbia i mezzi (culturali, tecnici o

tecnologici) necessari alla decodifica del messaggio ricevuto. Se l’emittente e il ricevente usano gli

stessi codici e gli stessi canali, è probabile che il messaggio ricevuto e interpretato sia coerente con

quanto intenzionalmente inviato dall’emittente.

3.2 RICEVENTE

E' il soggetto o l'oggetto che riceve il messaggio. Anche nella situazione comunicativamente più

estrema, quando un solo soggetto parla e l'altro ascolta (come può essere a volte una conversazione

professore-alunno),il ricevente non è mai solamente passivo (come era considerato dai primi modelli

descrittivi dei processi comunicativi); in realtà, nella dinamica dell’azione comunicativa, il ricevente è

allo stesso tempo destinatario ed emittente. Il ricevente, infatti, è il destinatario dell’azione

comunicativa, ma è anche emittente di un messaggio di ritorno (il feedback), che informa l’emittente se

il messaggio inviato è arrivato e, in molti casi, se è stato compreso in maniera corretta.

Krippendorf ha focalizzato la sua attenzione sull’importanza del ricevente, o meglio della

"comprensione" da parte del ricevente, all'interno dell'atto comunicativo. Partendo dalla considerazione

che il significato di ogni messaggio viene interpretato da parte del ricevente sulla base del proprio

sistema cognitivo, Krippendorf sostiene che l'elemento centrale della comunicazione è proprio il modo

in cui il ricevente comprende il messaggio, comprensione che è sempre in una certa misura

imprevedibile ed incontrollabile.

Feedback Possibilità di controllo del processo di comunicazione da parte degli attori coinvolti

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SCHRAMM Schramm ha sottolineato come coloro che comunicano simultaneamente inviano e ricevono messaggi. Mentre uno dei due comunicatori sta parlando, l'altro ascolta. Il modo in cui quest'ultimo ascolta, attraverso il feedback, invia informazioni a chi sta parlando. Riconoscere l'aspetto interattivo di ogni comunicazione "reale" contraddice una visione lineare della comunicazione. Le persone, per Schramm, rispondono ai messaggi che ricevono sulla base della loro personalità, delle loro appartenenze di gruppo, e della situazione in cui avviene la comunicazione. Dunque ogni comunicazione è l'incontro di due "repertori" (quello che sappiamo e che siamo, ovvero l'insieme delle conoscenze, informazioni, convinzioni, stati d'animo, studi, esperienze e tutto quello che compone la nostra identità individuale e sociale). Ogni comunicazione riuscita, dunque, produce una "sovrapposizione", più o meno ampia, dei repertori dei due comunicanti.

3.3 CANALE

E' il mezzo attraverso cui l'emittente veicola, o attraverso cui il ricevente ottiene, il messaggio. Alcuni

studiosi lo definiscono come "il veicolo di natura fisica, sollecitato da un tramite fisiologico o

tecnologico, che costituisce il mezzo attraverso il quale i messaggi sono trasmessi nella sfera sociale".

Può essere inteso sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (principalmente udito e

vista), sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta

ecc.).

Ogni canalizzazione di un messaggio produce necessariamente una "riduzione di complessità". Quando

comunichiamo, nella nostra mente possediamo un messaggio complesso, dotato di molte sfaccettature e

molti livelli di significato; riversando questo messaggio all'esterno siamo costretti a veicolarlo

attraverso un codice, a "semplificarlo", in modo che possa passare attraverso un canale.

codifica 1

decodifica

decodifica 2

codifica

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MARSHALL McLUHAN

Parlando di canale non si può non citare la celebre frase di Marshall McLuhan, "medium is the message". Il mezzo attraverso cui arriva una comunicazione sarebbe esso stesso il messaggio. Questa osservazione suggerisce come i diversi tipi di canale si differenziano non solo sulla base dei contenuti che veicolano, ma anche sulla base del modo in cui risvegliano o alterano i pensieri e i sensi del ricevente. Il processo percettivo che una persona attiva di fronte a un libro (canale visivo), o ascoltando la radio (canale uditivo), o di fronte a uno spettacolo televisivo (entrambi), è molto diverso da quello che una persona attiva quando assiste,per esempio, ad una lezione universitaria, dove sono stimolati contemporaneamente la vista, l'udito, e tutti gli altri sensi attivi nella comunicazione interpersonale.

Ci sono dunque almeno tre modi di intendere il concetto di canale:

1. come mezzo di comunicazione utilizzato;

2. come processo percettivo interessato dal segnale;

3. come "messaggio", ovvero come un insieme di processi percettivi che ogni canale

stimola in modo diverso, i quali influenzano il contenuto del messaggio co-

determinandone il significato.

I canali comunicativi sono visivi, uditivi, cinesici (relativi ai movimenti del corpo, ossia mimico-

gestuali), olfattivi. L’elencazione appena effettuata descrive i canali non verbali. La dimensione verbale

si esprime attraverso la scrittura e l’apparato vocale. C’è poi tutta la gamma degli strumenti tecnologici

ed informatici; fanno parte di questo ambito gli apparecchi telefonici, il computer, ecc. E’ difficile

elencare tutti i mezzi comunicativi, dato che le definizioni spaziano dalla estrema generalità fisico-

ambientale (ad esempio l’aria come canale di trasmissione di segnali sonori) fino ai mezzi informatici.

Canale Supporto fisico, materiale o veicolo attraverso cui un messaggio è inviato da un emittente ad un ricevente.

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3.4 CODICE

Il codice è il sistema di segni dai significati condivisi che ci permette di comunicare. I significati,

ovvero le cose che vogliamo comunicare, sono inizialmente solo all'interno della nostra mente. Per

poter uscire all'esterno devono essere codificati, ovvero tradotti in suoni, gesti, segni, che possiedano un

significato condiviso.

Il codice più importante per la comunicazione umana è quello linguistico, costituito da segni (le lettere

dell’alfabeto) combinati secondo delle regole (la sintassi).

Se non fossimo in grado di associare a una serie di segni dei significati (ed è la società che ci porta a

conoscere questi codici insegnandoceli fin dai primi giorni di vita) non potremmo comunicare nulla, o

quasi nulla. L'uomo dispone di una complessa serie di codici di cui può fare un uso creativo, come ad

esempio il linguaggio, o i gesti, ecc.

La condivisione dello stesso codice da parte degli attori comunicativi garantisce la corretta

formulazione dei messaggi e la comprensione da parte dei destinatari o riceventi. Quando tale

condivisione viene a mancare il messaggio non è correttamente decodificato dal ricevente e possono

insorgere incomprensioni o anche conflitti.

In ogni azione comunicativa si utilizzano contestualmente sia codici propri della comunicazione verbale

sia codici della comunicazione non verbale. I codici non verbali possono essere coerenti o meno con

quelli verbali. In caso di coerenza il codice non verbale ha un effetto di rinforzo del contenuto del

messaggio, in caso contrario c’è una “collisione” tra i due codici a scapito dell’effettiva comprensione

dei significati trasmessi e ricevuti.

Codice Sistema socialmente condiviso di organizzare i segni.

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3.5 CODIFICA E DECODIFICA

Gli studiosi descrivono con l'espressione "codificare" l'attività che l'emittente compie per emettere un

messaggio che sia effettivamente significativo per l'ascoltatore. La codifica si riferisce al processo

attraverso il quale l'emittente trasforma le sue idee e le sue intenzioni in parole, o simboli di altro

genere, nel tentativo di renderle comprensibili agli altri. Dunque le idee vengono codificate in messaggi,

i quali vengono inviati al ricevente, il quale compie il corrispondente processo di decodifica.

La decodifica è la trasformazione delle parole e degli altri simboli ricevuti in un significato, che può

essere simile, esattamente uguale o anche completamente diverso rispetto al significato iniziale, quello

cioè che l'emittente aveva in mente quando ha codificato la sua idea.

L'attività di codifica è resa non banale dal fatto che il codice non è sempre condiviso, e dunque la

decodifica non è sempre corretta. Quando un medico descrive una patologia al paziente utilizzando il

suo gergo tecnico, non si rende conto che il messaggio non è correttamente decodificabile da parte del

ricevente, poiché solo l'emittente conosce il codice utilizzato.

3.6 FEEDBACK (o retrocomunicazione)

Il feedback è la retrocomunicazione che il ricevente invia all'emittente mentre la comunicazione sta

avvenendo.

È una informazione di ritorno che permette all'emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il

messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per

raggiungere il risultato che si è prefisso.

Nelle normali comunicazioni facciamo un grande uso di feedback per "aggiustare il tiro" rispetto a

quello che stiamo dicendo. Se siamo impegnati a convincere qualcuno di qualcosa, mentre parliamo

osserviamo periodicamente l'interlocutore per cercare segnali che ci assicurino che stia ascoltando, che

stia seguendo il ragionamento, che abbia capito. Se riceviamo segnali di senso contrario, ripetiamo

alcune cose, o scegliamo un altro esempio, o alziamo il tono di voce, fino a quando non riusciamo a

raggiungere il nostro obiettivo (o decidiamo di rinunciare).

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3.7 CONTESTO

E' il "luogo" (fisico o relazionale) in cui avviene lo scambio comunicativo, ovvero la "situazione" in cui

l'atto comunicativo si inserisce (e a cui si riferisce).

Il contesto è parte integrante del messaggio, e può cambiare il significato del messaggio stesso: la frase

"bene, molto bene" pronunciata da un insegnante significa cose molto diverse se detta al termine di una

interrogazione in cui lo studente ha dato buona prova di sé, oppure appena dopo che l'insegnante ha

scoperto lo stesso studente copiare durante un compito in classe.

Quando inviamo messaggi come la frase "questo mi sembra ok", è il contesto che permette di

comprendere che la parola "questo" si riferisce ad un determinato oggetto e non ad un altro. Senza

contesto, le parole e le azioni non hanno nessun significato.

In ogni situazione comunicativa reale sono coinvolti molti contesti contemporaneamente, che spesso si

sovrappongono. Questo può creare imbarazzo: è ciò che può accadere se partecipate ad una festa in cui

sono presenti sia i vostri amici (che richiederebbero da voi un certo linguaggio, un certo tipo di

contenuti ed un certo comportamento) sia i vostri genitori (che ne richiedono ben altri).

3.8 MESSAGGIO

È il contenuto di ciò che si comunica. È strettamente legato al concetto di informazione, e può essere un

dato, una notizia o più semplicemente una sensazione, veicolata attraverso segni significativi (frasi,

singole parole o suoni, gesti, espressioni, immagini, ecc.). È la parte "attiva" dell'atto comunicativo,

quella che genera l'effetto di inviare all'ambiente esterno pensieri o informazioni prima contenute solo

all'interno della mente dell'individuo che le emette.

Il concetto di "messaggio", apparentemente scontato, è in realtà difficile da afferrare. Se definiamo il

termine messaggio dal punto di vista dell'emittente, esso è il mezzo attraverso cui viene veicolata o resa

disponibile una informazione, e dunque ricercata un'influenza sociale, un effetto sul ricevente. Se lo

definiamo dal punto di vista del ricevente, il messaggio è invece l'interpretazione che il ricevente fa

dello stimolo proveniente dall'emittente. Non dobbiamo fare l'errore infatti di credere che il significato

del messaggio sia contenuto all'interno del messaggio stesso. Il significato emerge solo dalla lettura

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contestuale del messaggio e di tutti gli altri elementi della comunicazione. Lettura contestuale che è

possibile, però, solo dopo che un soggetto ha deciso di agire inviando al mondo un segnale.

Watzlawick ed i suoi collaboratori sostengono che tutto è comunicazione, anche il mero comportamento

interpersonale. Ogni comportamento, pertanto, ha valore di messaggio, anche quando evidenzia

caratteri non intenzionali. Tale posizione teorica è riassunta dagli autori nel primo assioma della

comunicazione, che afferma l’impossibilità di non comunicare. Secondo l’approccio pragmatico alla

comunicazione umana il contenuto del messaggio esula, dunque, dal puro atto linguistico intenzionale,

per comprendere ogni azione, anche involontaria, dell’attore sociale inserito in un processo relazionale.

In base a questa teoria la sfera della comunicazione coinvolge gli aspetti non verbali dell’interazione

sociale, che si esprimono attraverso la postura, il modo di porsi agli altri, l’intonazione della voce,

l’immagine estetica, l’abbigliamento, lo sguardo, il silenzio. Il messaggio è ciò che transita, sotto forma

di codici verbali e non verbali e attraverso canali acustici, visivi, olfattivi, ecc., dall’emittente al

ricevente.

4. I MODELLI TEORICI DELLA COMUNICAZIONE

4.1 IL MODELLO TRADIZIONALE O LINEARE

In questo modello la comunicazione, anche umana, è vista come un processo dove il messaggio è

codificato da un’emittente ed inviato attraverso un canale ad un ricevente che lo decodifica.

Codifica e decodifica sono due processi distinti ed autonomi (come in un messaggio parlato è diverso

produrre le parole dall’ascoltarle). Altro aspetto esaminato dal modello è il rumore, intendendo con esso

qualsiasi fonte di disturbo che interferisce con una comunicazione efficace.

Ruolo del canale. In questo modello il canale della comunicazione è il mezzo attraverso il quale

passano i segnali. Il canale lavora come un ponte fra emittente e ricevente. Di solito vengono usati

contemporaneamente più canali; per esempio in interazioni faccia a faccia si parla e si ascolta, usando il

canale vocale-uditivo, ma si fanno anche gesti o si ricevono segnali non verbali, usando il canale visivo;

oppure si tocca l’altro, usando il canale tattile. Se scriviamo una lettera o mandiamo una e-mail usiamo

canali ancora diversi.

Page 22: Tecniche di comunicazione

Gli elementi della comunicazione 19

Critiche al modello lineare. Questo modello non tiene conto degli interlocutori coinvolti e del contesto,

che possono entrambi modificare i significati. In particolare il ricevente è visto come una “macchina di

decodifica” passiva e muta (abbiamo visto invece come schemi, atteggiamenti, esperienze passate,

influenzino percezione, interpretazione, valutazione, memoria, ect). Inoltre il linguaggio naturale

umano non corrisponde ad un codice, ma ha delle ambiguità intrinseche che vengono risolte ogni volta

dalla situazione.

4.2 IL MODELLO INTERATTIVO

Questo modello supera lo schema semplicistico del modello lineare, introducendo il concetto di

feedback ed occupandosi più esplicitamente delle intenzioni comunicative di chi parla e di chi ascolta,

che vengono (e non solo il significato letterale del messaggio) fatte oggetto di codifica/decodifica per

essere sicuri di cogliere le intenzioni sottostanti e di condividere gli stessi significati. Parlante ed

ascoltatore obbediscono ad un “principio di cooperazione” e condividono uno scopo comune. Solo così

la comunicazione può dirsi efficacemente avvenuta.

Sono spesso i segnali non verbali a costituire un feedback su come un messaggio è stato recepito: con

segnali di attenzione (es. segnalando con lo sguardo che si sta ascoltando) di comprensione (es.

accennando di sì con il capo), di valutazione (es. alzando le spalle o aggrottando la fronte).

4.3 IL MODELLO DIALOGICO

In questo modello l’individuo è visto come soggetto attivo (dotato di pensieri, emozioni, status, ruoli,

capacità) che cerca di interpretare tutte le informazioni che provengono dall’ambiente. Il parlante e

l’ascoltatore sono meglio definiti come interlocutori coinvolti in una relazione complessa in cui

costruiscono il loro specifico contesto. La comunicazione non è più una semplice trasmissione di

informazioni, ma una complessa attività congiunta che genera una realtà sociale.

Questo modello sottolinea l’importanza del contesto, non più visto come semplice sfondo bensì come

elemento strutturante.

Page 23: Tecniche di comunicazione

Gli elementi della comunicazione 20

Grande importanza viene data all’analisi della conversazione come modello tipico della comunicazione.

Il modello dialogico considera, a differenza dei modelli precedenti situazioni asimmetriche, o quelle in

cui sono coinvolti più destinatari di una comunicazione (es. una lezione in classe).

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LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

Page 25: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 2

INDICE

1. LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

1.1 L’ELENCO DELLE FUNZIONI

1.2 GLI ATTI LINGUISTICI

Massime conversazionali o principi generali

Il principio di cooperazione

Massima di qualità

Massima di quantità

La massima di relazione

La massima di modo

1.3 GLI ATTIVATORI PRESUPPOSIZIONALI

1.4 LE EMOZIONI NELLE PAROLE

2. IL LINGUAGGIO CORPOREO

2.1 ANALOGICO E DIGITALE

2.2 DAL SEGNALE ALLA VERIFICA

2.3 CINQUE CATEGORIE DI SEGNALI DEL CORPO 2.3.1 L’ATTEGGIAMENTO

2.3.2 MIMICA

2.3.2.1 FRONTE

2.3.2.2 LO SGUARDO

2.3.2.3 I MOVIMENTI OCULARI

2.3.2.4 LA BOCCA

2.3.3 LA GESTUALITÀ

2.3.4 LA DISTANZA

2.3.4.1 ZONA INTIMA

2.3.4.2 ZONA PERSONALE

2.3.4.3 ZONA SOCIALE

2.3.4.4 ZONA PUBBLICA

2.3.5 IL TONO

2.4 LA RISATA

2.5 L’EFFETTO PIGMALIONE

Page 26: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 3

1. LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO NELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

Gli uomini comunicano sia con il modulo numerico (verbale) che con il modulo analogico (non

verbale). Questo vuol dire che qualsiasi comunicazione è composta da due momenti

contemporaneamente presenti: un momento verbale (espressione verbale della comunicazione) ed un

momento gestuale e quant’altro non sia solo verbale (espressione mimica, prossemica, ecc.). Per dare

luogo ad una comunicazione definita sana queste due diverse componenti devono necessariamente

essere coerenti tra loro. Nel caso contraria si assiste ad una comunicazione definita paradossale.

Il livello di contenuto è trasmesso di preferenza con il modulo numerico, il livello di relazione è

trasmesso di preferenza con il modulo analogico.

Quando comunichiamo con gli altri non passiamo solo informazioni sull’argomento trattato, altrimenti

“informeremmo” nell’accezione più tecnica del termine. Comunicare è invece molto di più.

Il linguaggio che noi adoperiamo quotidianamente, ogni nostra espressione, anche quella utilizzata in

una conversazione telefonica, non è esente dall’essere molto di più della semplice risultante dei

significati delle parole usate.

E’ lecito porsi una domanda: è possibile non comunicare?

Riflettiamo sulla situazione (una delle tante possibili) qui di seguito riportata:

immaginate un gruppo di persone in una stanza; fate uscire due di queste, possibilmente un uomo ed

una donna. Ai due dite che, una volta rientrati nella stanza, dovranno simulare un viaggio su un mezzo

pubblico, possibilmente vicini e senza parlare.

Prima di farli rientrare, chiedete alle persone rimaste dentro la stanza di provare a capire che cosa i due,

una volta rientrati, si stanno comunicano. Solitamente, il silenzio imposto ai due, viene

abbondantemente riempito dalla fantasia degli altri partecipanti.

Perché questo? Noi siamo nati e viviamo in un ambiente comunicativo. La prima comunicazione

interpersonale avviene tra madre e figlio. Tra i due si costruisce un linguaggio decodificabile soltanto

da loro due: quando il bambino piange in una data maniera ottiene una determinata cosa.

Page 27: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 4

1.1 L’ELENCO DELLE FUNZIONI

Attraverso il linguaggio naturale vengono trasmessi molti dati, alcuni che non controlliamo

consciamente, altri che possiamo simulare.

Questo rappresenta un surplus informativo, che può essere inteso come il valore aggiunto alla cruda

informazione trasmessa su un determinato oggetto; in tal modo la comunicazione diventa

effettivamente il passaggio e la messa in comune di dati, informazioni, valori, diviene strumento di

regolamentazione sociale in maniera interattiva e reciproca ed il linguaggio, anche attraverso questo

surplus di dati, svolge le seguenti funzioni:

a) Referenziale (o rappresentazionale)

Quando descriviamo un dato di realtà o uno stato di cose veicoliamo informazioni che si

riferiscono alla situazione che descriviamo.

b) Interpersonale (o espressiva)

In ogni comunicazione con l’altro, non si veicolano solo significati ancorati all’uso del vocabolario

e alla loro combinazione, ma anche ciò che noi siamo in relazione al mondo e all’interlocutore

stesso, e a ciò che l’interlocutore è per il resto del mondo e per noi, includendo in questo l’identità

personale, lo stato emotivo temporale, gli atteggiamenti abituali e le relazioni sociali.

Nella funzione interpersonale-espressiva un ruolo importante è svolto dal linguaggio non verbale

(tono dell’eloquio, linguaggio del corpo, gestione dello spazio e della distanza). Basti pensare a

quanti significati possono venire racchiusi in un semplice “ciao”: a seconda che ci rivolgiamo ad

una persona che amiamo oppure ad una persona che detestiamo, questa piccola parola, pur

pronunciata nello stesso modo, esprimerà sentimenti contrapposti ed il nostro linguaggio corporeo

difficilmente sarà capace di mentire.

c) di auto ed eteroregolazione

Noi utilizziamo il linguaggio per regolare le nostre azioni e quelle degli interlocutori, attraverso

richieste, ordini, comandi, persuasioni. Quando chiediamo qualcosa a qualcuno, interveniamo su

dati di realtà. Perfino nel linguaggio interiore ci diamo degli ordini.

d) di coordinazione delle sequenze interattive

Page 28: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 5

Nella comunicazione l’alternanza tra emittente e ricevente non dovrebbe essere casuale, ma gestita

da regole; e l’inizio della conversazione, il passaggio di ruolo emittente/ricevente e la fine della

comunicazione vengono segnalati dal linguaggio(ad esempio uno sguardo, una domanda

all’interlocutore, un “bene” sempre più veloce e accentuato in chiusura di una conversazione

telefonica).

e) di metacomunicazione

Ciò che ci distingue dagli animali sembra essere, in particolare, la metacomunicazione, ossia il

comunicare sulla comunicazione. Noi discutiamo spesso su ciò che un altro aveva detto, o noi stessi

avremmo voluto dire e non siamo stati intesi, o riusciamo per mezzo di segnali paralinguistici e del

linguaggio del corpo, a simulare e dissimulare messaggi su stati interiori o esteriori (ad esempio con

ironia, clamore o menzogna). Possiamo dire una cosa seria e renderla risibile con l’espressione,

oppure, al contrario, pronunciare una notizia allegra con tono tragico.

Questa funzione può diventare di grande utilità nel gestire situazioni di incomprensione reciproca,

nel cercare di interpretare e tradurre il messaggio che ha generato la turbativa nella comunicazione,

nello sdrammatizzare con il tono certe situazioni gravi e nel far sentire a proprio agio

l’interlocutore.

1.2 GLI ATTI LINGUISTICI

In base a quanto esaminato fino ad adesso, abbiamo visto che con il linguaggio ha molteplici funzioni.

Pensiamo, ad esempio, alle conseguenze che in qualsiasi momento può avere sulla nostra vita e su

quella degli altri una certa frase detta in una certa maniera. L’impiego energetico per proferirla è

pressoché nullo, ma possiamo produrre nella realtà una separazione, l’interruzione di un rapporto di

amicizia, una reazione violenta. Il senso di queste frasi non risiede tanto nei loro contenuti, cioè nella

loro verità o falsità, quanto su come esse andranno ad interferire sul piano della realtà.

Infatti, quando agiamo con le parole, la nostra attenzione non si pone tanto sulla verità o meno

dell’enunciato proferito, bensì su come esso andrà ad agire sulla realtà.

Esiste una categoria di verbi che danno alle parole la “forza” per agire sulla realtà: sono i verbi

performativi, per esempio “io scommetto”, “prometto”...

Page 29: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 6

Questi verbi possono essere sia espliciti che impliciti: ad esempio”Vieni qua!” può essere esplicitato

con “ti ordino di venire qua”.

Non tutte le azioni linguistiche riescono, anche se si presuppone che tutti coloro che parlano, in quanto

capaci d’intendere, di volere ed in grado di comprendere e formulare frasi di senso compiuto siano

accomunati da una competenza comunicativa.

Qui di seguito enunciamo quelle che sono le condizioni di buona riuscita di una atto linguistico, ovvero

le regole da seguire affinché un atto linguistico abbia la forza appropriata:

A 1. deve esistere una procedura convenzionale che abbia un effetto convenzionale;

2. le circostanze e le persone devono essere appropriate secondo quanto specificato dalla

procedura.

B La procedura deve essere seguita:

1. in modo corretto;

2. in modo completo.

C 1. Le persone devono avere i pensieri, i sentimenti e le intenzioni richieste dalla procedura

2. se è specificato un comportamento conseguente, esso deve verificarsi.”

Le violazioni indicate nei punti A e B originano delle azioni che non hanno esito. Le violazioni delle

regole indicate nel punto C non sempre si possono individuare; pertanto si può agire in maniera

inappropriata o insincera, in quanto entriamo nell’ambito delle certificazioni di stati e motivazioni

interiori, dei quali siamo unici giudici e testimoni.

Ovviamente le tre classi di condizioni non sono sufficienti affinché si possano avere sulla realtà le

conseguenze che ci siamo prefissati. L’imprevedibile può sempre accadere: una reazione inattesa da

parte del nostro interlocutore, o uno o più elementi inattesi, si possono aggiungere alla situazione.

Si possono pertanto individuare tre livelli per aiutarci a comprendere come dal “dire” si passa al “fare”:

• atto illocutorio (o illocuzione):

dire la frase grammaticalmente compiuta.

• atto locutorio (locuzione):

Page 30: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 7

il “fare” convenzionalmente legato ad un atto linguistico, con la forza di un comando, di un

ordine, di una condanna, avvenuti secondo le condizioni di buona riuscita.

• atto perlocutorio (perlocuzione):

ciò che consegue al “fare” convenzionale, che non è di per se convenzionale.

GLI ATTI LINGUISTICI INDIRETTI

Non soltanto attraverso l’uso di verbi performativi possiamo agire sulla realtà e formulare richieste. Le

richieste possono essere formulate anche attraverso delle asserzioni dichiarative e delle preposizioni

interrogative

Quando noi conversiamo con un altra persona è sottinteso che seguiamo delle regole, esplicitate nel

seguente elenco, al quale è meglio attenersi durante una conversazione formale, come può essere un

colloquio di lavoro.

Massime conversazionali o principi generali

• Il principio di cooperazione

Al momento opportuno fornite il vostro contributo così come è richiesto dalla situazione, dagli

scopi o dall’orientamento del discorso in cui siete impegnati.

Aderite cioè al contesto in cui vi trovate seguendo il turno della conversazione.

• Massima di qualità

Cercate di fornire un contributo vero; in modo particolare:

1. non dite cose che credete siano false:

2. non dite cose per le quali non avete prove adeguate.

• Massima di quantità

1. fornite un contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in un modo adeguato agli

scopi della situazione nella quale vi trovate.

2. non fornite un contributo più informativo del necessario.

Page 31: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 8

• Massima di relazione

Fornite contributi pertinenti

• Massima di modo

Siate comprensibili, ed in particolare:

1. evitate oscurità; siate chiari nel linguaggio e nella forma espositiva;

2. evitate le ambiguità; definite ogni significato senza margini di dubbio;

3. siate brevi;

4. procedete in modo ordinato.

1.3 GLI ATTIVATORI PRESUPPOSIZIONALI

La collaborazione conversazionale durante particolari confronti dialettici non viene meno, ma può

essere continuamente contrattata e specificata (esempio di ciò, nella memoria collettiva, è

l’interrogatorio che l’avvocato americano fa a un testimone, le cui domande vanno alla ricerca delle

maggiori informazioni possibili che attestino una data tesi e le risposte sembrano essere più succinte

possibili). Per ottenere quanti più dati possibili da affermazioni povere di informazioni esplicite, è di

grande aiuto tenere bene a mente quelle particolari parole (nomi, verbi, avverbi…) grazie alle quali,

partendo da una asserzione, si arriva a delle conclusioni su uno stato di cose (mentre, al contrario, con

le implicature conversazionali, da una asserzione su uno stato di cose si arriva al senso della

proposizione). Anziché essere legati al contesto, gli attivatori presupposizionali sono legati al

significato delle parole interne al testo e generano delle inferenze su ciò che deve essere vero affinché

un enunciato abbia senso (e rimane vero anche nella sua negazione). Tali inferenze vengono indicate

con il nome di presupposizioni, ed hanno validità universale in qualsiasi contesto vengano pronunciate

(ad esempio la frase “I figli di Marco sono biondi” ha senso solo qualora esistano Marco e i suoi figli,

sia che i figli siano biondi o mori e cioè sia vera la sua negazione. La presupposizione della frase “I

figli di Marco sono biondi” è “Marco ha dei figli”).

Ecco alcuni esempi di attivatori presuppozionali:

1. Descrizioni definite:

Ho cavalcato/non ho cavalcato Furia (esiste Furia)

Page 32: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 9

2. Verbi fattivi

Rimpiangere, essere consapevoli/non consapevoli di, rendersi conto di, sapere, dispiacere,

essere orgogliosi del fatto che, essere indifferenti al fatto che,essere contenti del fatto che,

essere tristi per (esiste l’oggetto o è avvenuta la situazione che si rimpiange, di cui si è

consapevoli...).

3. Verbi implicativi

Riuscire (cercare di fare), dimenticare (si sarebbe dovuto ricordare, si aveva intenzione di

ricordare), capitare qualcosa (non era prevista quella cosa), evitare qualcosa (si aspettava quella

cosa)

4. Verbi di cambiamento di stato

Smettere, cominciare, continuare, prendere, partire/lasciare, entrare, venire, andare, arrivare,

ecc. (esisteva già uno stato o un’azione precedente)

5. Iterativi

Di nuovo, non più, ritornare, un’altra volta, ripristinare, ripetere, (esisteva già uno stato o

un’azione precedente alla quale si fa riferimento)

6. Verbi di giudizio

Accusare di, criticare, (ciò di cui si accusa o ciò che si critica si ritiene negativo)

7. Proposizioni temporali

Prima, mentre, da quando, dopo, durante, quando nel (la situazione alla quale si riferisce la

proposizione è vera)

8. Frasi scisse

É stato Gianluca a tirare il sasso. (qualcuno ha tirato il sasso)

9. Paragoni o contrari

Anche, invece, in cambio, poi, a sua volta (l’esistenza e la qualità dello stato a cui si fa

riferimento)

10. Preposizioni relative non-restrittive

Marco, che è l’ultimo figlio di Laura, oggi è/non è andato a scuola. (Marco è l’ultimo figlio di

Laura)

11. Ipotetiche controfattuali

Se solo fossi andato piano avresti frenato in tempo, (non andavi piano)

12. Domande

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La Comunicazione Interpersonale 10

C’è una macchinetta per il caffè? (o c’è o non c’è), Monfalcone è in provincia di Trieste o di

Gorizia? (una delle due), Chi è il vostro professore di matematica? (avete un professore di

matematica)

1.4 LE EMOZIONI NELLE PAROLE

Esistono diverse immagini e sensazioni legate alle parole. Questi legami possono influenzare le disposizioni

interiori, il contesto emotivo e lo svolgersi dell’interazione. Le ancore possono essere collettive, culturalmente

condivise, di specifici gruppi o isolate alle esperienze personali.

Anche all’interno di conversazioni, citare avvenimenti o cose positive o negative può indirizzare, anche se

solamente a livello inconscio, gran parte della decodifica del messaggio.

In ogni scelta la componente emotiva è fortissima: questa è una regola che gli esperti venditori ben conoscono.

Per questo, durante una conversazione, preliminare a qualsiasi tipo di decisione, è importante sapere gestire le

sensazioni che si veicolano attraverso i messaggi.

Altre sensazioni, vengono veicolate, per lo più inconsciamente, attraverso il linguaggio corporeo.

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La Comunicazione Interpersonale 11

2. IL LINGUAGGIO CORPOREO

2.1 ANALOGICO E DIGITALE

Nell’interazione di ogni giorno non comunichiamo soltanto attraverso il contenuto espresso nelle

parole, ma veicoliamo anche emozioni, intensità e passioni attraverso la cadenza, le posizioni del corpo

e lo sguardo.

Pensiamo a quanto ci può essere in un semplice “Ciao” rivolto ad un amico. Nel proferirlo non

trasmettiamo solo il significato del saluto, ma possiamo anche esprimere un mondo di relazioni: quello

che è l’altro per noi, quello che noi reputiamo di essere per lui, il nostro stato d’animo, tutto il nostro

vissuto fino a quel momento e quello che è intercorso con l’altro.

Una parola convenzionalmente è composta da un segno finito, che può essere modificato attraverso

altri segni finiti e convenzionali (plurali, diminutivi, maggiorativi, aggettivi numerali o di qualità, che

di per sé seguono le regole della parola che modificano: grande, grandi, grandissimo…). Concetto che

la linguistica definisce come morfemi lessicali (buon, am), in unione con dei morfemi grammaticali

(buono, amo). Niente, a livello figurativo, del concetto della parola è immesso nella parola stessa,

tranne nel caso di onomatopee, che hanno un suono che per analogia ricorda il significato che evocano:

“gong”, “trillare”. Ma “casa” o “gatto”, nulla mi dicono della casa o del gatto, e “cccaaasssaaa” o

“gggaaatttooo” non mi indicano una casa o un gatto più grande, mentre “grande casa” o “grande

gatto” sì, proprio come “13” mi indica un numero di tre unità più grande di dieci.

Non si può esprimere continuità tra una grandezza e l’altra, cosa che invece si può fare per analogia,

magari con un gesto delle mani “era alto così” o con un suono “ha fatto boom!!!”. Indicheremo i primi

segni (“casa”,“13”) come segnali discreti o digitali e i secondi (“boom”) come continui o analogici.

Nei caso di segni/segnali digitali, la relazione tra segno e significato è arbitraria e convenzionale.

Ad un segno arbitrario del codice facciamo per convenzione corrispondere un significato.

Il segno predefinito non può subire variazioni al di fuori di quelle permesse dal codice: nell’insieme dei

numeri naturali, nella declinazione al plurale, nella scala degli aggettivi, si passa da un segno all’altro

senza possibilità di vie di mezzo.

Nel caso di segni/segnali analogici il significato si assume per analogia al referente, ossia sussiste

un’analogia, qualcosa che lega per similitudine il significante (il segno) al significato (il referente). La

similitudine, non essendo attuata per mezzo di un segnale definito, ma attraverso la riproduzione di una

Page 35: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 12

delle qualità dell’oggetto riferito, non è suscettibile della scalarità dei segni digitali. Io posso allargare

le mani in maniera continua per indicare una grandezza, così come posso utilizzare il tono della voce

per riprodurre un suono.

Posso usare segnali digitali per combinare dei segnali analogici. Nella poesia ad esempio, l’unione di

segni discreti, quali le parole, formano analogie con sensazioni e significati che si vogliono riprodurre.

L’oggetto della poesia, spesso ancorato all’interiorità, è di per sé maggiormente esplicabile attraverso

segnali analogici e la bravura di chi recita si valuta in gran parte per come sa riprodurre stati d’animo

attraverso il tono della voce, la velocità dell’eloquio, l’espressione del volto e i gesti del corpo.

Ecco tre esempi di poesie, che per analogie rimandano a un qualcos’altro di per se di difficile

definizione:

…finché saremo vivi

faremo nostra

tutta

la vera vita,

ma anche

i sogni:

tutti

i sogni:

tutti

i sogni

sogneremo.

(P. Neruda)

Neruda descrive la sua esperienza intima assieme ad una ragazza e poteva concludere con il dire

semplicemente “sogneremo tutto ciò che è possibile sognare”, mentre nella ripetizione di “tutti i sogni”

legato a “sogneremo” crea un’analogia con l’atmosfera soffusa ed indefinita del sogno.

…ta ta ta ta giii tumb giiii tumb ZZZANG-TUMB-TUMB (280 colpi di partenza)

srrrrrr GRANGGRANG (colpi in arrivo) coooc-craaac grida degli ufficciali

sbattacchiare come piatti d’ottone…

Page 36: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 13

(F. T. Marinetti)

Marinetti, per rievocare la battaglia, crea una forte analogia con l’ausilio delle lettere (digitali) e con

l’utilizzo delle onomatopee (segnali analogici), con il campo di scontro, in un contesto di esplosioni di

armi da fuoco.

Tu sei come una giovane,

Una bianca pollastra.

(U. Saba)

Saba qui avrebbe potuto scrivere: “donna giovane di razza bianca con probabile anemia” se avesse

voluto simulare la descrizione fatta da una persona patita di medicina, mentre ha creato un continuum,

poco onorevole raffronto, tra la giovane descritta nel testo e una gallina.

Per concludere, per capire la differenza che intercorre tra il segnale analogico e quello digitale, basta

fare i seguenti due esperimenti:

prendiamo, con il massimo rispetto per Dante, il seguente verso:

103 Amor, ch'a nullo amato amar perdona,

(Divina Commedia, Inferno, Canto V)

L’insieme di queste parole esprime più o meno il seguente significato: l’amore è una cosa così intensa,

che non può lasciare indifferenti dall’amare chi è fatto oggetto di questo sentimento.

Prendiamo una parola a caso nel testo e facciamo quello che Neruda ha fatto con i “tutti i sogni”: per

esempio prendiamo in esame la parola “nullo” e ripetiamola due volte. Il risultato è il seguente:

Amor, ch’a nullo nullo amato amar perdona.

La ripetizione della parola “nullo” pone l’attenzione, con una tensione che potremmo definire

drammatica, sul significato di nessuno, in analogia con l’importanza che intendiamo darvi. Qualcuno

però potrebbe obiettare che l’analogia viene posta su un piano di scalarità, e che ogni “nullo” in più, un

gradino digitale, aumenta d’intensità l’analogia.

Potremmo anche provare a ridurre la parola “nullo”, e porlo su un piano di continuità con l’intera frase,

usando il seguente stratagemma:

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La Comunicazione Interpersonale 14

Amor, ch’a nullo nullo nullo nell’amato amar perdona

La preposizione “nell’” è simile a “nullo” (presenta delle analogie), lo richiama ed intensifica la sua

importanza, ma questa volta in maniera più indefinita, fondendosi con tutta la frase, in quanto “nell”

apostrofato si appoggia e si completa foneticamente e semanticamente con “amato”. Un po’ come

quando si pronuncia qualcosa, la grandezza del gesto non è di per se misurabile in maniera precisa e

neppure replicabile in maniera esatta; si pone semplicemente su un paio di continuità, come la voce, i

sorrisi, i gesti delle mani.

Supponiamo di trovarci di fronte ad una platea: utilizzando una stessa parola provocheremo esiti diversi

a secondo di come la pronunceremo. Supponiamo di individuare una persona del pubblico, e di dirgli

“attento” con tono basso e lentamente. Se ci sarà un qualche effetto, sarà del tutto impercettibile.

Proviamo poi, subito dopo, individuando un altro soggetto, a gridare velocemente la stessa parola

scattando con il corpo. L’effetto indotto sarà di panico e di agitazione. Eppure era la stessa parola. Che

cosa ha fatto la differenza? Il linguaggio del corpo.

Perché una parte così importante della comunicazione è lasciata ad un codice non strutturato e con

elementi non strutturabili ad un alto livello di complessità, quindi anche difficilmente definibile come

un codice?

Una spiegazione plausibile potrebbe essere la seguente:

un codice gestibile da molti utenti deve avere come riferimento un insieme di significati definiti,

condivisibili e finiti. Le generalizzazioni e le classificazioni riguardanti il mondo sensibile sono definite

e limitate all’interno di ogni paradigma culturale. Un codice standard, può facilmente veicolare tutte

queste informazioni. Ma quando comunichiamo, veicoliamo attraverso i messaggi molto di noi stessi,

della nostra interpretazione del mondo, delle cose, di noi stessi rispetto al mondo. Contenuti questi che

possono anche essere molto idiosincratici, diversi per ciascuno di noi, dunque difficilmente codificabili

- se lo si volesse - attraverso un linguaggio standard e per i quali è impossibile definire dei significanti

standard.

Le combinazioni possibili del linguaggio naturale (le parole) sono infinite e la lunghezza delle frasi

potenzialmente illimitata, ma la linearità del linguaggio produrrebbe una lunghezza ed una spesa di

risorse mentali spropositata semplicemente per esplicitare un battito di ciglia.

La soluzione migliore è un codice di pochi elementi graduabili in maniera pressoché infinitesima nelle

loro espressioni continue, talmente immediato da essere a volte incontrollabile.

Page 38: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 15

Ecco una tabella delle distinzioni tra digitale e analogico.

DIGITALE ANALOGICO

le parole

il quadrante dell’orologio in cifre (si passa da

un secondo all’altro)

la codifica dei computer (o è “0” o è “1”, 8 bit

formano un byte che codifica un carattere

l’uso delle mani per indicare quantità o

intensità

“ho visto miao miao” (un gatto) (onomatopee)

il tono e la velocità dell’eloquio basta!!!! (tratti

paralinguistici)

il gesticolare, le espressioni del volto, la

distanza corporea (linguaggio del corpo)

la poesia

il quadrante con le lancette (viene indicato il

passare parziale del tempo)

la vecchia linea telefonica (il messaggio viene

modulato in impulsi elettrici che riproducono

analogicamente il suono)

il modem (modulatore demodulatore) fa da tramite tra il computer (digitale) e la linea telefonica (analogica)

È importante sapere che nella comunicazione interpersonale possiamo effettuare distinzione tra “ciò

che si dice” e “come lo si dice”, ovvero tra i segnali sul piano del contenuto, espresso prevalentemente

con le parole, e i segnali sul piano della relazione. I primi veicolano informazioni, i secondi veicolano

informazioni sulle informazioni

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La Comunicazione Interpersonale 16

Tra ciò che esprimiamo con le parole (segnali digitali) e ciò che esprimiamo con il corpo (segnali

analogici) vi può essere congruenza o incongruenza. È importante sapere che la congruenza tra i due

piani (contenutistico e relazionale) convince di più, mentre l’insicurezza porta all’ incongruenza e

dunque a non essere creduti.

Ovviamente la relazione tra gli interlocutori può essere buona o cattiva ed esprimere aggressività,

incongruenza o non ascolto, e lì dove si riesce a creare una buona dinamica della relazione tra gli

interlocutori si facilita la comprensione, in quanto, se ci sentiamo in qualche modo attaccati, agisce la

parte più emotiva di noi, e subentra quella che viene definita “nebbia psicologica”, cioè un’incapacità a

razionalizzare e ad esprimere le nostre ragioni, perfino a ricordare

2.2 DAL SEGNALE ALLA VERIFICA

Poiché non sempre ad un segnale corporeo corrisponde un solo significato (o il più comune), si può

passare ad una verifica nella comunicazione per vedere se ciò che si esprime con un segnale del corpo

viene confermato o da altri segnali o dalle parole.

La verifica può essere di tre tipi:

1. la domanda aperta;

2. la domanda chiusa;

L’immagine è tratta da Vera f. Birkenbihl, “Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano, 1998

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La Comunicazione Interpersonale 17

3. il silenzio.

1. La domanda aperta è quando formulo un quesito per far parlare quanto possibile l’interlocutore,

preferibilmente su un atteggiamento interiore (es. “Cosa le sembra della proposta?”).

La risposta che ne segue non solo verifica le mie impressioni, ma mi permette anche di condurre

ulteriori analisi sui segnali dell’interlocutore, eventuali congruenze o incongruenze.

2. Alla domanda chiusa si risponde con un “sì” o con un “no”. Chiedere un’informazione in

maniera così diretta, se non si è acquisito un certo grado di fiducia nell’interlocutore, può essere

pericoloso, poiché, di fronte a delle variabili da ponderare, l’interlocutore può anche ipotizzare

conseguenze svantaggiose da una sua concessione ed interpretare la nostra richiesta esplicita

come uno stratagemma per concludere, senza farlo arrivare a percepire elementi che lo

influenzerebbero negativamente.

Il silenzio può essere un’ottima strategia, ma bisogna essere molto esercitati a praticarlo.

2.3 CINQUE CATEGORIE DI SEGNALI DEL CORPO

Non è propriamente legittimo chiamare il linguaggio corporeo “comunicazione corporea”, poiché non

sempre abbiamo padronanza di tanti segnali che partono dal nostro corpo; quindi non si può parlare di

intenzionalità. Tali segnali costituiscono però pur sempre un feedback alla comunicazione: quando

comunichiamo con qualcuno gli elementi della sua risposta possono anche essere a livello corporeo.

Conoscendo per lo meno i principi di base, si può cercare di simulare o dissimulare i segnali corporei,

in maniera da incidere con maggior chiarezza sull’interazione in corso (per esempio, con i segnali del

corpo si può caricare d’enfasi o svuotare d’importanza un messaggio, ma si può anche esprimere

imbarazzo o simpatia verso l’interlocutore, oppure disagio o serenità verso il contesto).

La pratica di questi segnali si può dire dissociata dalla loro conoscenza, in quanto, pur non conoscendo

la loro classificazione, nomenclatura e definizione, c’è chi li usa quotidianamente e li ha affinati

attraverso un lungo esercizio nelle relazioni umane. C’è anche però che ne fa un uso errato

Ecco qui elencata, rifacendosi al testo di V. Birkenbihl, una possibile suddivisione in 5 tipologie dei

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La Comunicazione Interpersonale 18

segnali del corpo.

1. L’ATTEGGIAMENTO: la postura e le sue modificazioni

2. LA MIMICA: segnali del volto

3. LA GESTUALITÀ: movimenti delle mani e delle braccia anche nell’eseguire azioni

4. LA DISTANZA: la gestione dello spazio intorno a sé e in relazione all’altro

5. IL TONO: tutti i tratti paralinguistici (velocità dell’eloquio, volume della voce, ritmo ed

eventuali espressioni sonore prive di contenuto verbale come, ad esempio, riso e sospiri)

2.3.1 L’ATTEGGIAMENTO

Secondo V. Birkenbihl, la cosa più naturale, nelle situazione nelle quali sentiamo una qualche forma di

pericolo, è proteggersi le zone vitali e, anche se minimamente, prepararsi alla fuga. Ciò vuol dire che

colui che si sente perfettamente a proprio agio in una situazione non cerca barriere o difese alla

comunicazione, ed ha una posizione, perfettamente eretta.

Colui che ritiene di avere l’autorità per dominare completamente una situazione, può avere una

posizione leggermente inclinata e flessa sulla schiena. Nel caso opposto, avrà invece il capo e il corpo

chino in avanti. Ovviamente tutte queste posizioni possono non avere nulla a che fare con il reale stato

interiore; è importante però sapere che la maggior parte delle volte vengono interpretate così e che, e

poiché siamo anche noi, con la percezione che diamo l’uno all’altra, a condurre il gioco, è inutile

pregiudicarlo con errate proiezione di quello che siamo(se non rientra in una strategia determinata).

Una breve descrizione degli esempi:

Il primo atteggiamento sulla destra fa trasparire un atteggiamento sicuro, e dunque senza timori e che

tenderà a non porre difese tra le zone più vulnerabili del corpo e gli altri, cosa che invece accade

nell’atteggiamento di chiusura (secondo disegno).

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La Comunicazione Interpersonale 19

Nel primo disegno della seconda immagine, la persona può trasmettere presunzione di superiorità.

Nella seconda posizione si comunica un’apertura equilibrata verso gli altri (“nè sopra nè sotto di te”).

Infine, nell’ultimo disegno, viene espresso un atteggiamento di sottomissione.

2.3.2 MIMICA

Il volto può venire suddiviso in tre zone espressive:

Fig 2 L’immagine è tratta da Vera f. Birkenbihl, “Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano, 1998

Frontale Mediana

Bocca

Fig 3 L’immagine è tratta da Vera f. Birkenbihl, “Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano, 1998

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La Comunicazione Interpersonale 20

2.3.2.1 FRONTE

Le pieghe orizzontali significano che l’attenzione è attratta da qualcosa mentre le pieghe verticali che ci

si sta concentrando su qualcosa.

2.3.2.2 LO SGUARDO

Non sempre una persona che non ci guarda non ci sta seguendo, ma è questa l’impressione che se ne

Riceve. Dunque per una buona conversazione, occorre guardare in direzione dell’interlocutore

2.3.2.3 I MOVIMENTI OCULARI

Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima. Senza esagerare, gli occhi sono spesso un buon

indice per sapere che tipo di zone del cervello sta utilizzando il nostro interlocutore, in quanto si

compiono dei movimenti automatici a livello oculare.

Ovvero se la persona:

• accede alla memoria visiva, dunque ricorda immagini, muove gli occhi in alto alla sua sinistra;

• crea immagini visive muove gli occhi in alto alla sua destra (e questo può voler dire che mente);

• accede a ricordi uditivi muove gli occhi alla sua sinistra;

• crea “immagini” sonore, muove gli occhi alla sua destra;

• se ha un dialogo interiore, muove gli occhi in basso alla sua sinistra;

• se pensa a sensazioni cinestetiche (sul toccare qualcosa), muove gli occhi in basso alla sua

destra.

2.3.2.4 LA BOCCA

I segnali della bocca, in base alle pieghe, agli angoli, alla chiusura delle labbra, non solo sono molto

intuitivi, e generalmente riconoscibili (anche simulabili), ma in diretta connessione con zone cerebrali.

Per esempio, se assaggio qualcosa di amaro, meccanicamente le mie labbra assumeranno l’aspetto

definito “amaro” e quando proverò una sensazione interiore di amarezza anche le labbra assumeranno

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La Comunicazione Interpersonale 21

quell’aspetto. Questo mette in evidenza una tecnica di recitazione diffusa tra gli attori professionisti:

non si recita falsificando uno stato d’animo, ma indossandolo, ovvero evocando interiormente una

situazione vissuta che ha provocato quella sensazione.

2.3.3 LA GESTUALITÀ

E’ sufficiente sapere che, nella comunicazione, più grandi saranno le emozioni ed i sentimenti (gioia,

rabbia, dispiacere, insicurezza)coinvolti, più intensi e frequenti saranno i gesti

2.3.4 LA DISTANZA

La distanza fisica tra noi e gli altri comunica la distanza sociale e relazionale, in quanto in ogni cultura

è codificato l’uso dello spazio.

Ecco la codificazione dell’uso dello spazio nella cultura europea ed americana.

Zona sociale

Zona personale

Zona intima

Zona Pubblica

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La Comunicazione Interpersonale 22

2.3.4.1 ZONA INTIMA

È la zona più privata, nella quale facciamo entrare, e non sempre, solo chi gode della nostra piùintima

fiducia.

L’invasione di questa area produce un senso di lotta o di fuga, che, se non espresso, può dare origine a

fenomeni di stress.

Maggiore è l’autorità della persona, più grande sarà lo spazio di zona intima che le verrà riconosciuto.

Quando si è costretti a subire una momentanea invasione della nostra sfera intima (es. in bus,

ascensore), tendiamo a trattare gli altri come non persone (non li si guarda, non si parla loro). Se questo

momento di invasione è forzatamente prolungato si può provare a sentirci a proprio agio trasmettendo

messaggi che nulla hanno a che fare con il loro contenuto, ma piuttosto con il loro tono rassicurante.

2.3.4.2 ZONA PERSONALE

Nella sfera personale hanno accesso quelle persone che non sono dei semplici conoscenti, ma che non

sono neppure in un rapporto tale di confidenza con noi da avere accesso alla zona più intima.

2.3.4.3 ZONA SOCIALE

È la zona deputata allo scambio formale e ai contatti superficiali con conoscenti o colleghi di lavoro.

2.3.4.4 ZONA PUBBLICA

E’ tutta la zona visibile oltre alla zona sociale

Grazie ai nuovi media è possibile che la zona pubblica di una persona entri in quella personale di altre,

per cui le seconde si sentono di diritto rientrare nella zona personale dei primi (es. i divi televisivi).

L’invasione di una sfera nella quale non abbiamo diritto d’accesso, può pregiudicare le dinamiche della

comunicazione: anche se non ce ne rendiamo conto, spesso questa invasione può incidere

negativamente sulle decisioni dell’interlocutore.

Page 46: Tecniche di comunicazione

La Comunicazione Interpersonale 23

2.3.5 IL TONO

La congruenza fra tono e contenuto è determinante per l’efficacia del messaggio.

Spesso è più importante il tono, e non il contenuto, per mettere a proprio agio l’interlocutore, per

sedurre o per convincere.

LA VELOCITÀ

La velocità dell’eloquio è un fattore importantissimo nel processo di comprensione. Purtroppo la

tendenza della velocità tra il pronunciare ciò che ci è noto e la necessità di ascoltare ciò che ci è nuovo

vanno in direzioni opposte.

Troppe volte si parla velocemente per i seguenti motivi:

perché si conosce a memoria l’argomento;

perché si preferisce mostrare piena conoscenza dell’argomento, ma non vogliamo che chi ci

ascolta si soffermi su nessun termine in particolare;

per non essere compresi anche se si dicono corbellerie.

Ecco perché invece avremmo bisogno di ascoltare qualcosa di nuovo pronunciato lentamente:

perché ogni parola ha bisogno di essere contestualizzata per assumere il giusto significato;

perché noi elaboriamo le informazioni mentre ascoltiamo, e spesso dobbiamo ricostruire

parole incomplete;

perché ci può essere una pessima acustica, per cui l’ascolto è veramente una ricostruzione

minuziosa non solo di significati ma anche di significanti;

per lasciare il tempo, le giuste pause, per fissare i concetti del discorso. Se tutto viene detto

velocemente, anche l’enfasi, le pause, saranno più brevi e dunque meno percettibili.

Ecco uno schema delle velocità contrapposte:

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La Comunicazione Interpersonale 24

Una notizia a noi nota, e da noi già ripetuta, viene da noi pronunciata in modo relativamente più veloce.

Una notizia ignota, per essere appresa, deve essere da noi pronunciata in modo relativamente più lento.

2.4 LA RISATA

E’ stato rilevato che la risata:

esprime gioia

può venire interpreta come disprezzo, sarcasmo, sfida o falsa.

può far pensare a una “gioia maligna repressa”

esprime meraviglia e sarcasmo

può essere sintomo di “paura, spavento”

2.5 L’EFFETTO PIGMALIONE

La situazione comunicativa è influenzata dall’atteggiamento di entrambe le parti attraverso la

proiezione di quella che si ritiene possa essere la reale situazione comunicativa.

VELOCITÀ INFORMAZIONE NOTA

VELOCITÀ INFORMAZIONE IGNOTA

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La Comunicazione Interpersonale 25

Esempio: se io credo che il mio interlocutore sia falso, probabilmente diventerò anch’io meno sincero;

lui avvertirà la mia simulazione e lo sarà a sua volta, e io così avrò ulteriori segnali di conferma della

mia aspettativa iniziale.

Dunque, si deve provare a trasmettete fiducia e input positivi all’interlocutore: è molto più probabile

che a nostra volta possiamo ricevere sensazioni positive.

Page 49: Tecniche di comunicazione

COMUNICAZIONE INTERPERSONALE:

IL COLLOQUIO DI SELEZIONE DEL PERSONALE

TECNICHE DI PREPARAZIONE AL COLLOQUIO DI LAVORO

IL CURRICULUM VITAE

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La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 2

INDICE

1. INTRODUZIONE

2. IL COLLOQUIO DI SELEZIONE

2.1 MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEL COLLOQUIO

2.2 POSSIBILI DOMANDE

3. IL CURRICULUM VITAE

4. LA LETTERA DI PRESENTAZIONE

Page 51: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 3

1. INTRODUZIONE

All’interno del vasto insieme chiamato comunicazione abbiamo fatto rientrare la comunicazione

interpersonale di cui consideriamo, a titolo esplicativo, il colloquio di selezione del personale,

costituito sia da elementi rientranti all'interno della comunicazione verbale sia da elementi che sono

considerati afferenti ad un tipo di comunicazione non verbale.

In questo evento comunicativo, ovvero il colloquio di selezione, emittente e ricevente sono di volta in

volta il selezionatore e il candidato; il contesto è la selezione del personale.

Consideriamo una semplificazione del tipo di comunicazione verbale che intrattengono l’addetto alla

selezione e il candidato:

COMUNICAZIONE VERBALE

COLLOQUIO DI SELEZIONE

COMUNICAZIONE NON VERBALE

COMUNICAZIONE

COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

Page 52: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 4

EMITTENTE → SELEZIONATORE che fa una domanda

RICEVENTE → CANDIDATO che ascolta e si prepara a rispondere

EMITTENTE → CANDIDATO che risponde alla domanda

RICEVENTE → SELEZIONATORE che ascolta e valuta la risposta

Naturalmente entrano a pieno titolo a far parte del colloquio anche l’insieme degli aspetti non verbali

che sottendono alla comunicazione.

Ogni comportamento umano che si verifica all’interno di un contesto interattivo implica una forma di

comunicazione.

Ogni comportamento costituisce perciò un veicolo di informazioni, per cui è possibile considerare

inesistente la variabile “non comunicazione” anche in presenza di un tipo di comunicazione non

intenzionale o inconsapevole delle singoli componenti del processo comunicativo. Sembra, inoltre, non

paradossale ritenere che perfino i silenzi siano talvolta molto eloquenti.

Entrambi gli interlocutori ricoprono il ruolo di emittente e ricevente in quanto nel colloquio

comunicano sia verbalmente sia non verbalmente qualcosa all’altro e reagiscono di conseguenza.

Scopo della comunicazione nel colloquio di selezione:

Selezionatore

Valutare se il candidato è idoneo all’incarico da

ricoprire. Raccogliere informazioni sul candidato

(supplementari rispetto a quelle contenute nel curriculum vitae e nella lettera di presentazione) così da formulare un giudizio il più possibile circostanziato.

Presentare al candidato l’azienda, fornendo informazioni, sulle condizioni e sul tipo di lavoro che dovrà svolgere, sulle prospettive di crescita interne all’azienda, sull’organizzazione nel suo complesso, sul clima, la cultura ed il modo di operare dell’organizzazione

Page 53: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 5

Candidato

Valutare se si è disposti a ricoprire l’incarico

professionale in questione (se si confà alle proprie aspettative professionali, se è interessante, se ci si sente motivati a svolgere tale mansione lavorativa, ecc.)

Il colloquio di selezione altro non è che una conversazione condotta in maniera sistematica, cioè con

metodo: si tratta di un’intervista tra due persone che ha lo scopo di permettere ad entrambe di

apprendere e valutare qualcosa sull’altra.

Il colloquio di lavoro va inteso come promozione: l’obiettivo di ogni candidato è l’assunzione, che

concretizza la volontà dei contraenti (azienda-soggetto), i quali riconoscono la reciproca convenienza

nell’allacciare stabilmente un rapporto di lavoro.

Per cui occorre saper cogliere l’occasione di valorizzare (vendere) le proprie capacità, ma anche di

essere pronti a valutare le opportunità di carriera e di crescita professionale che il datore propone.

Anche il colloquio di lavoro è dunque una forma di vendita, nel quale si è insieme il prodotto ed il

venditore. Quindi, occorre sapersi presentare al colloquio di selezione nel modo più conveniente.

Per meglio “confezionare” il colloquio di selezione occorre:

preventivamente autovalutarsi;

raccogliere preventivamente informazioni sul potenziale datore di lavoro;

informarsi sul luogo e sull’orario di lavoro;

organizzare bene il proprio tempo ed arrivare puntuali;

saper raccontare, avendolo memorizzato perfettamente, il proprio curriculum vitae;

sapere ascoltare con attenzione le domande che vengono poste;

dare sempre del lei all’interlocutore anche se è più giovane;

non confondersi dando risposte precipitose;

mostrarsi interessati;

chiedere spiegazioni;

essere chiari e concisi nelle esternazioni;

essere decisi ma non supponenti;

non esporsi ad un tono confidenziale;

Page 54: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 6

non interrompere l’interlocutore né parlargli in continuazione, bensì lasciare che si sviluppi un

dialogo equilibrato e senza interferenze;

Sappiamo che tutto il corpo comunica: perciò, sia attraverso la comunicazione non verbale (posturale)

che con l’abbigliamento, si possono trasmettere sensazioni di affidabilità e serietà.

A tal proposito, durante un colloquio di selezione, occorre:

Guardare in faccia chi ti parla. Non guardarsi intorno e non abbassare lo sguardo

continuamente; adottare un comportamento trasparente.

Sorridere, ma, soprattutto, comunicare con il corpo apertura e disponibilità. Niente braccia

conserte o pugni serrati; occorre escludere atteggiamenti di chiusura.

Assumere una postura corretta, diritti e rilassati sulla sedia. Non mettersi a giocherellare con

capelli o effetti personali, o tormentarsi le mani.

Non avere fretta e non guardare l’orologio in continuazione. Consentire all’interlocutore di

scandire il tempo.

Assumere un atteggiamento di collaborazione. Occorre dimostrare la capacità di inserirsi in

un’organizzazione complessa e competitiva qual è un’azienda.

Manifestare interesse per l’incarico che si vorrebbe ci fosse assegnato.

Evitare di dichiarare la disponibilità a fare “qualsiasi cosa”.

Riguardo al “come abbigliarsi” esiste una quantità infinita di pubblicazioni; ci limiteremo qui a fare

brevissime considerazioni:

• per le donne va evitato il casual eccessivo, accessori colori e trucco vistosi, ma anche

l’insidioso effetto kitsch, che si ottiene indossando abiti inadeguati alla propria età, alla propria

specificità lavorativa ed insieme al proprio stile naturale. Occorre evitare, nel modo più

assoluto, di voler sembrare diversi da quello che si è.

• Anche per gli uomini si deve anzitutto rispettare e rafforzare l’immagine di credibilità che si

vuole trasmettere.

Page 55: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 7

Le più frequenti reazioni emotive al colloquio:

1. L’ansia. L’ansia è generata dalla paura di perdere un’occasione importante e, forse, irripetibile.

Consigli contro l’ansia non c’è ne sono: tenetevela, vi servirà da stimolo e vi passerà a mano a

mano che il colloquio procede. Dovete però controllare quei nervosismi gestuali che sono

espressione visibile della vostra ansia (ticchettio della mano sul tavolo, arrotolamento della

cravatta, ravviarsi i capelli, etc).

2. La seduzione. La seduzione è un modo inconscio che ha come scopo quello di suscitare

l’attrazione e la benevolenza dell’intervistatore. Benché si attribuisca principalmente alle donne,

questo tipo di meccanismo è comune anche negli uomini. Cercata di farne buon uso, perché se

usata con discrezione può favorire la comunicazione. Non eccedete in atteggiamenti

reverenziali.

3. L’aggressività. A volte la timidezza fa brutti scherzi e proteste fare l’errore di mostrarvi troppo

sicuri di voi stessi fino a risultare boriosi. Attenzione a non eccedere o a dire cose non vere.

L’aggressività può essere indice di difficoltà a sostenere situazioni critiche che invece

richiedono calma, riflessività e serenità.

4. Il blocco emotivo. Il blocco emotivo vi può venire per moltissime ragioni, soprattutto se tenete

molto a quel posto. Quello che è importante è vivere il colloquio non come una questione di vita

o di morte, ma come un’opportunità fra tante. Se non è con questo colloquio sarà con il

prossimo che troverete la vostra collocazione lavorativa.

5. La noia. Se siete al vostro ottantesimo colloquio di lavoro potete rischiarlo di condurlo senza

interesse e senza determinazione. Anche se non ci credete più, l’opportunità statistica di trovare

il lavoro non dipende solo dal numero dei colloqui, ma anche, e soprattutto, dalla qualità degli

stessi. Mostrate quindi la stessa freschezza e lo stesso entusiasmo del primo colloquio in quello

che potrebbe essere l’ultimo.

Se vogliamo concentrare adesso la nostra attenzione sugli obiettivi del colloquio di selezione dal punto

di vista del selezionatore, dobbiamo necessariamente allargare la voce scopo della comunicazione, sino

a comprenderne almeno quattro:

• accertare che il candidato possieda i requisiti richiesti dalla mansione

Page 56: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 8

• fornire al candidato i dati sull’azienda e la posizione offerta

• controllare validità ed attendibilità delle informazioni già disponibili sul candidato

• creare nel candidato una buona impressione dell’azienda

Il colloquio di selezione può, quindi, essere considerato un’intervista, guidata dal selezionatore, volta a

testare una persona che si presenta, in qualità di candidato, per ricoprire un dato incarico lavorativo.

Esso può avvenire in risposta ad una domanda o ad un’offerta di lavoro, noti tramite un pubblico

annuncio o una lettera privata.

Durante il colloquio di lavoro l’esaminatore può utilizzare diverse tipologie comportamentali,

adottando diversi stili di conduzione dell’intervista:

• Seduttivo.

Il conduttore sembra affrontare il colloquio come se fosse un tentativo di conoscenza non

finalizzato alla selezione vera e propria. È molto accomodante, assertivo, fa spesso

complimenti al candidato. Attenzione a non esserne complice!

• Provocatorio.

Il conduttore risulta molto freddo e pone domande dirette; sembra che apertamente voglia

provocare il soggetto, contestando quello che dice o ponendo domane di tipo provocatorio

sui contenuti, senza cercare mai di mettere a proprio agio il candidato. Attenzione a

controllare bene l’emotività!

• Paterno.

Il conduttore tenta di mettere a suo agio il candidato, cercando di presentarsi con un’area

benevola e paterna. Il candidato, in questo clima, potrebbe sentirsi libero di dire ciò che

vuole senza paura di essere giudicato. Attenzione: ricordarsi sempre che si è in un colloquio

di selezione e alla fine viene emesso un giudizio!

• Professionale.

Il conduttore, in modo calmo e tranquillo, pone domande che mirano ad ottenere

informazioni sul soggetto, senza però creargli ansia e cercando comunque un clima

facilitante per il proseguimento del colloquio. Attenzione: occorre sempre mantenere alta la

soglia di attenzione!

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La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 9

2. IL COLLOQUIO DI SELEZIONE

2.1 Modalità di svolgimento del colloquio

Il contenuto del colloquio frontale si presenta come una discussione in gran parte incentrata sui dati

presenti nel curriculum, che, nella maggioranza dei casi, è già stato visionato dal selezionatore, e sulle

ambizioni/propensioni lavorative del candidato. Le domande poste dal selezionatore al candidato,

vertono generalmente sul percorso di studi intrapreso e sulle esperienze formative/professionali svolte

fino a quel momento, sulle ragioni che hanno indotto eventuali interruzioni di lavori precedenti, sulle

motivazioni che hanno spinto il candidato proporsi per quella specifica figura professionale

(aspettative, ambizioni), sulla propria situazione familiare, su problemi personali particolari che

secondo il selezionatore possono essere delucidati dal candidato al fine di fornire una più chiara

immagine di sé e alla propensione a quella data mansione.

Da parte del selezionatore vengono fornite informazioni sull’azienda, sulla posizione offerta,

sull’ambiente e sulle condizioni di lavoro.

E’ necessario puntualizzare che ogni colloquio è in sé diverso ed unico, in quanto cambiano, di volta in

volta, uno o più variabili (il tipo di mansione lavorativa, i candidati, i selezionatori, gli scopi sottesi a

tale comunicazione); pertanto la durata e i temi approfonditi cambiano a seconda delle circostanze.

Per la buona riuscita del colloquio si suggerisce al candidato di essere sincero e di assicurarsi di aver

detto tutto ciò che può essere utile a fornire al selezionatore una chiara immagine di sé.

Parlando del colloquio di lavoro è necessario sottolineare che esistono i seguenti stili di intervista:

• L’intervista strutturata. Impiegata frequentemente in fase di pre-selezione, presenta una

struttura codificata in cui i selezionatori scelgono temi e domande seguendo uno schema rigido

e prefissato. Con questa tecnica si ritiene possibile fare previsioni ragionate sul futuro dei

candidati solo scandagliando accuratamente il loro passato. In questo caso rispondete

brevemente, con precisione, non esitate a porre a vostra volta delle domande alla fine del

colloquio. Talora potrà essere l’intervistatore stesso ad incitarvi a porre domande, dal momento

che esse sono altrettanto rivelatrici delle vostre caratteristiche.

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La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 10

• L’intervista destrutturata. Il selezionatore tende a fare delle domande generali e senza un ordine

prestabilito; infatti il colloquio comincia generalmente con la fatidica frase:”Mi parli di lei..”.

Rispondete in maniera sintetica, evidenziando solo quelle esperienze, scolastiche e

professionali, che hanno costituito delle tappe fondamentali nella vostra carriera.

• L’intervista provocatoria (o sotto stress). Essa è usata per testare il candidato nella sua

resistenza allo stress.

• L’intervista di gruppo. Può capitare che per il numero di risposte ad una stessa inserzione, o per

il tipo di lavoro, si decida di fare un colloquio di gruppo. Si riuniscono generalmente non più di

dieci persone attorno ad un tavolo e si dà loro un argomento da trattare o un articolo di giornale

da leggere e da commentare. Da questo tipo di selezione non si vuole ricavare tanto la storia del

singolo candidato, quanto studiare la sua capacità di porsi in relazione agli altri, la sua capacità

di guidare una discussione, la capacità di resistere alla frustrazione e l’indice di aggressività

attraverso il riconoscimento stesso del gruppo. La caratteristica principale di questo tipo di

intervista è che gli esperti di selezione non intervengono mai. Sono ai bordi della stanza ed

osservano, prendono appunti e valutano ciascun candidato. La cosa più importante da fare è

stare calmi e prendersi il tempo necessario.

Abbiamo detto che i selezionatori aziendali e le agenzie che si occupano di selezione di personale

utilizzano stili diversi di intervista nei colloqui di lavoro. È bene imparare a saperli distinguere, in

quanto ciascuna modalità richiede un approccio diverso da parte dell’intervistatore e strategie di

adattamento da parte dell’interpellato. I colloqui di selezione possono essere classificati in base alla

finalità ed in base alla modalità.

In base alla finalità i tipi di colloqui più comuni sono:

• conoscitivo/motivazionale, basato sulle preferenze.

Durante un colloquio conoscitivo/motivazionale si cerca di ottenere il maggior numero di

informazioni sulle caratteristiche personali del candidato, sulla motivazione a ricoprire quel

ruolo professionale, sulle aspirazioni e sui sogni. (domande costanti in questo tipo di

colloquio risultano essere: a cosa aspira per il futuro?; Per che tipo di azienda le

piacerebbe lavorare?; Quale settore preferirebbe?;Dove intende vivere?; Mi parli dei

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La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 11

maestri/formatori che ha avuto nel passato e che hanno avuto un maggiore impatto nella

sua vita, etc.).

• comportamentale o tecnico, basato sulle competenze.

Durante un colloquio comportamentale o tecnico si cerca di ottenere il maggior numero di

informazioni sulle competenze di natura tecnico professionale del candidato.

In base alla modalità i tipi di colloqui più comuni sono:

• Colloquio semplice o normale.

Si tratta di un colloquio di durata variabile (di norma dai 30 ai 90 minuti), svolto

all’interno di un ufficio o di una sala riunioni con un unico selezionatore. È il tipo di

colloquio più diffuso; viene praticato tanto nelle piccole che nelle grandi aziende, che

nelle società di ricerca e di selezione del personale.

• Colloquio a catena.

Si tratta di un’intervista di durata media ridotta (15-20 minuti) con diversi selezionatori,

effettuata secondo la tecnica delle domande di controllo: la stessa domanda viene posta

più volte in forme diverse, per verificare la reazione emotiva e la congruità delle risposte

del candidato. Viene effettuato soprattutto nelle grandi aziende e nelle società di ricerca

e selezione del personale, dove la selezione è seguita da più intervistatori con diverse

specializzazioni.

• Colloquio deambulatorio.

Viene chiesto al candidato di passare da un ufficio all’altro per essere via via intervistato

da persone diverse. Questa forma di colloquio offre generalmente al candidato la

possibilità di visitare l’azienda e di verificarne lo spirito ed il clima. In questo caso il

candidato incontrerà i responsabili delle diverse funzioni.

• Colloquio a giuria.

Il candidato è solo di fronte a più selezionatori che lo sottopongono ad una serie di

domande. Ai selezionatori questo tipo di colloquio offre la possibilità di confrontarsi a

fine intervista senza doversi raccontare tutte le fasi del colloquio. È tipico delle selezioni

della Pubblica Amministrazione e di quelle aziende che bandiscono concorsi per le

assunzioni.

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La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 12

• Colloquio di gruppo.

E’ il caso in cui si convocano contemporaneamente più candidati, i quali prendono parte

a simulazioni di lavoro. In alcuni casi può presenziare anche più di un intervistatore.

2.2 Domande tipiche dei colloqui di selezione

Possono essere personali, ed hanno lo scopo di ottenere informazioni sulle caratteristiche personali del

candidato al fine di individuare le competenze trasversali utili a ricoprire un determinato ruolo

professionale, legate all’iter formativo, ed hanno lo scopo di ottenere informazioni sul livello di

scolarizzazione e sulle conoscenze acquisite nelle diverse esperienze formative (corsi aziendali, corsi di

formazione professionale, tirocini formativi, ecc), professionali ed extraprofessionali, ed hanno lo

scopo di ottenere informazioni sulle competenze e sui risultati ottenuti sia nel campo

professionale(esperienze di lavoro retribuite e non), sia in campo extraprofessionale (attività di

volontariato, associazionismo, gruppi formali ed informali).

Domande introduttive:

- Come è giunto ad interessarsi della nostra azienda?

- Per quali motivi ritiene che il contenuto dell'inserzione possa interessarla?

- Vuole riassumere liberamente i punti principali del suo curriculum?

Domande relative all’iter formativo:

- Quali le materie preferite a scuola?

- Quali le meno preferite?

- Quali le difficoltà ed i problemi incontrati?

- Come sono stati affrontati?

- Ha mai lavorato mentre studiava?

- Ha l’automobile?

- Ritiene che la sua formazione sia ormai completa?

Domande relative al percorso professionale ed extraprofessionale:

Page 61: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 13

- In che tipo di azienda ha operato (settore, organico, struttura)? Giudizi e valutazioni.

- Quali sono le tappe significative nello sviluppo professionale?

- Che cosa le è piaciuto di più? Che cosa di meno?

- Quali influenze della famiglia nelle scelte professionali?

- Quali sono le responsabilità che è disposto ad assumersi?

- Vuole fare un'analisi dettagliata della sua ultima occupazione?

- Perché ha lasciato i precedenti lavori?

- Di che tipo sono i rapporti con il suo ex datore di lavoro?

- Perché sta cercando un nuovo impiego?

- Quante ore lavoro di media ogni giorno?

- Preferisce il lavoro di gruppo o per lei è meglio lavorare da solo?

- Le piace l’idea di avere un posto fisso?

- È disposto a fare straordinari?

- Quanto pensa di guadagnare?

- Quali sono i traguardi lavorativi che si prefigge di raggiungere? Entro quanto tempo?

- Come preferisce trascorrere il tempo libero?

Domande personali:

- Mi parli di lei… si presenti.

- Come è composta la sua famiglia?

- Quali attività svolgono i suoi familiari?

- Si ritiene simile, o diverso, per carattere ai suoi congiunti?

- Quali ritiene siano i suoi punti di forza?

- Quali i suoi punti di debolezza?

- Quali aspetti potrebbe migliorare?

- Vuole fare una descrizione libera di sé e del proprio carattere?

- Quanto è attaccato alle proprie idee?

- È disponibile a cambiare parere?

- Quali sono le sue reazioni e difese nell’affrontare situazioni frustranti o stressanti?

Page 62: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 14

3. IL CURRICULUM VITAE

Il curriculum è l’elemento chiave del colloquio di selezione, dal momento che è considerato dai

selezionatori aziendali come un vero e proprio biglietto da visita del candidato; è attraverso questo

ritratto che avviene, infatti, il primo scambio di informazioni tra lui e l’azienda in cerca di personale.

E’ il curriculum a fare la differenza. E’ indispensabile, quindi, prepararlo con attenzione, curandone

ogni aspetto: il contenuto - con le informazioni di tipo anagrafico, gli studi svolti e le esperienze

lavorative precedenti, le aspirazioni e gli interessi professionali, - così come la forma, l’impostazione

grafica ed il linguaggio.

Nel curriculum vitae il candidato espone quello che può offrire, le sue esperienze di maggiore valore,

ed illustra come queste corrispondano al profilo di cui l’azienda ha bisogno.

Un curriculum riuscito, infatti, è quello che riesce a comunicare in modo efficace le caratteristiche

peculiari di chi lo compila, le sue competenze, le sue capacità di relazione e i suoi obiettivi

professionali, ma, soprattutto, l’affinità con la mansione ricercata. Lo scopo immediato del curriculum

è motivare il selezionatore a conoscere di persona il suo autore e fissargli un appuntamento. Un

curriculum vitae interessante e ben fatto, in pratica, è la chiave che può motivare l’azienda a scegliere

proprio lui, e ad aprirgli le porte del colloquio di selezione.

Alla base di un curriculum vitae efficace c’è una fase preparatoria che riguarda l’automotivazione e

l’orientamento (Chi sono?, Che tipo di lavoro mi piace fare?).

Il primo passo da compiere per orientarsi è “sapere chi si è in relazione all’obiettivo che ci si è posti e

porsi un obiettivo in relazione a chi si è”.

Scrivere un curriculum vitae senza personalizzarlo o senza chiedersi prima quale sia l’obiettivo cui

mirare serve a poco.

L’automotivazione è dunque quella risorsa interiore che permette di affrontare i numerosi ostacoli

professionali in modo positivo e determinato. Superare gli ostacoli è meno difficile per chi è capace di

cercare dentro di sé la forza e la volontà per trovare una soluzione. Il fatto che una persona motivata

abbia più chance di riuscita rispetto ad una demotivata è evidente per tutti, dal momento che nessuna

azienda e nessun selezionatore non assumeranno mai una persona che non risulti motivata ad ottenere

quel tipo di lavoro, e perciò propositiva nello svolgerlo in seguito.

Page 63: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 15

Per aumentare dunque le possibilità di riuscita diventa perciò importante orientarsi ed automotivarsi,

oltre che qualificarsi professionalmente dotandosi di competenze e specializzazioni

Il curriculum vitae è la fotografia della situazione anagrafica e della preparazione e della professionalità

di chi lo compila. E’ un documento e non una lettera personale; dovrà, quindi, essere il più

professionale possibile per stile, forma e linguaggio. L’efficacia di un curriculum viene misurata non

solo dall’impressione generale che suscita, ma anche dall’immediatezza e dalla incisività che risultano

dalla lettura. Per questo motivo, gli elementi devono essere presentati in modo chiaro, con una struttura

semplice e di facile comprensione e consultazione. Deve essere, per questo, esauriente, sintetico e

strutturato a blocchi per permettere una facile individuazione, da parte del selezionatore, degli elementi

di suo interesse.

Chiunque sia alle prese con la stesura del curriculum vitae dovrà imparare ad applicare il principio del

self-marketing: nel marketing di se stessi l’importante è porre l’accento sui propri punti di forza e

valorizzarli con una comunicazione incisiva. Si tratta, in sostanza, di applicare la disciplina del

marketing alla propria persona. L’obiettivo è portare il selezionatore a pensare che colui che ha scritto

il curriculum che ha di fronte è il “prodotto” che fa per lui, quello che la sua azienda cerca in risposta

alle sue esigenze di personale. Nell’applicare il self-marketing non bisogna strafare, né mentire o

vantare competenze che non si possiedono; si tratta di operare un “lifting”leggero ma sapiente, che

metta in risalto i tratti migliori e i punti di forza, nascondendo per quanto è possibile i difetti e i punti di

debolezza.

Nella filosofia del self-marketing non c’è posto per i curriculum vitae in fotocopia, scritti una volta sola

e inviati uguali a tutti i destinatari. Il curriculum vitae non è uno, ma tanti quante sono le candidature

che si intendono inviare; il curriculum vitae dovrà dunque essere personalizzato e confezionato su

misura per l’azienda per la quale si è in corsa. Andrà dunque modificato a seconda del destinatario, e in

base alla posizione lavorativa ricercata, si dovranno evidenziare le competenze e i punti di forza più

appetibili.

Il curriculum vitae va sempre ripartito in alcune aree tematiche fisse o sezioni, ordinate secondo una

sequenza logica:

dati anagrafici e personali

studi compiuti

lingue conosciute

competenze informatiche

Page 64: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 16

esperienze lavorative e professionali

motivazioni e aspirazioni

hobby e attività extraprofessionali.

Nella sezione dei dati anagrafici vanno anzitutto indicati chiaramente nome e cognome, la data ed il

luogo di nascita, l’indirizzo ed i recapiti telefonici, lo stato civile, la nazionalità, l’indirizzo di posta

elettronica e, per gli uomini, l’assolvimento o meno degli obblighi di leva. Occorre sottolineare che la

fotografia va allegata solo se è richiesto espressamente, altrimenti mai. La foto va invece portata

quando si è convocati al colloquio (di solito la foto viene richiesta telefonicamente prima dell’incontro,

ma è meglio averla in tasca comunque, nel caso l’ufficio del personale se ne fosse dimenticato e perché

può essere un elemento in più che dimostra di essere preparati a sostenere il colloquio). Quando invece

la foto è richiesta, dovrà sempre essere una foto tessera a colori, recente, che ritragga il candidato nel

suo aspetto attuale, in modo professionale e con il viso in primo piano.

Per la sezione dedicata agli studi compiuti, occorre innanzitutto decidere e scegliere tra i due modelli di

elencazione possibili: quello cronologico, che parte dal diploma più lontano nel tempo, oppure quello

anticronologico, in cui si comincia dal titolo più alto.

Curriculum cronologico ed anticronologico corrispondono a due tradizioni diverse: il primo si rifà a

quella italiana, mentre il secondo è tipicamente anglosassone.

Come comportarsi? Se il curriculum vitae è diretto ad un’impresa italiana, il consiglio è di usare

l’ordine cronologico poiché, per mentalità e cultura, i nostri selezionatori, abituati al ritmo di pensiero

sequenziale, si aspettano di trovare nel curriculum i titoli messi in quest’ordine.

L’impostazione anticronologica può essere adoperata nel curriculum di chi lavora da molto tempo, e

l’esperienza del diploma può risultare ormai lontana e poco significativa (chi, viceversa, è all’inizio

della vita lavorativa, metterà subito il diploma con la votazione conseguita e la eventuale laurea). Per

ogni titolo di studio conseguito andranno specificati: l’istituto, l’anno di conseguimento e la votazione.

Se si sono frequentati corsi di specializzazione è in questa sezione che vanno indicati, utilizzando

l’ordine cronologico ed evidenziando solo quelli più importanti ed in linea con la posizione ricercata.

Nel curriculum vitae è fondamentale indicare la conoscenza delle lingue straniere, che ormai sono una

competenza richiesta per qualsiasi genere di lavoro, specificando sempre il livello. I termini da usare

per indicare il livello di conoscenza possono essere: madrelingua (se lo si è veramente); ottimo (fluente

con conoscenza e padronanza delle sfumature della lingua), buono (se lo si parla con una certa

disinvoltura), sufficiente/scolastico (se si è all’inizio dello studio di una lingua oppure se la si è studiata

Page 65: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 17

solo a scuola). È importante far sapere se si conosce più di una lingua. È importante anche dichiarare se

si sono seguiti corsi (in Italia o all’estero) o se si è lavorato o fatto stage all’estero.

Anche nel caso delle competenze informatiche, competenze ormai importantissime e trasversali, è

importante evidenziare se si ha una conoscenza solo come utilizzatori o anche come programmatori, ed

il livello di conoscenza dei singoli programmi applicativi e delle procedure. La conoscenza di internet,

del WEB, della posta elettronica e del linguaggio html vanno evidenziate.

Anche per quanto riguarda la sezione dedicata alle esperienze professionali si deve decidere se

organizzarla in ordine cronologico oppure anticronologico. È una decisione molto personale, dal

momento che non esistono regole fisse e possono essere usate entrambi. Molti selezionatori, comunque,

consigliano di optare per il curriculum cronologico, cioè quello in cui dalla prima esperienza si risale

alla più recente. Questa impostazione, infatti, rende più agevole la valutazione globale del percorso

professionale, evidenziando la crescita e la progressione di carriera (occorre sottolineare che questa

scelta dovrà essere congrua con quella effettuata nella sezione relativa agli studi compiuti).

Nell’indicare le proprie esperienze lavorative è importante descrivere non solo il ruolo svolto ma

spiegare in dettaglio di che cosa ci si è occupati specificatamente, tenendo sempre conto della

candidatura che stiamo prendendo in esame.

Nel citare le aziende presso le quali si è lavorato è necessario scrivere per esteso ed in modo completo

la ragione sociale della società e la sede di lavoro. Chi ha lavorato in nero non dovrà mai specificare il

nome dell’azienda presso la quale ha lavorato; dovrà descrivere l’esperienza di lavoro ma senza entrare

nei particolari. In questa sezione vanno anche dichiarate, se svolte, le esperienze di stage, che sono

un’esperienza di valore soprattutto per chi è alla ricerca del primo impiego. Anche per gli stage

andranno dichiarati la società che li ha organizzati, il periodo di svolgimento e le mansioni svolte.

Nella sezione dedicata alle aspirazioni e alle motivazioni, il candidato spiegherà le proprie prospettive

di sviluppo professionale e quali nuove esperienze lo interessano. Queste informazioni servono per dare

a chi sta effettuando la selezione un’idea della motivazione del candidato.

Per quanto riguarda alla sezione dedicata agli interessi extraprofessionali, non tutti sono d’accordo

sull’opportunità di inserire quest’area nel curriculum vitae. Al contrario, le aziende e chi si occupa di

selezione del personale hanno sempre più interesse a capire chi si trovano di fronte, per poter

veramente mettere “l’uomo giusto al posto giusto”; hanno bisogno di sapere se hanno a che fare con

una persona che realmente potrebbe ricoprire la posizione richiesta. Questa sezione è particolarmente

utile per chi si affaccia sul mondo del lavoro, perché fornisce molte informazioni sulla personalità del

candidato: alcuni hobby ed interessi, in particolare, possono essere significativi da un punto di vista

Page 66: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 18

professionale perché funzionali a sottolineare la motivazione e l’interesse del candidato per la

posizione che ricerca.

Il curriculum deve essere sempre datato, firmato e soprattutto contenere l’autorizzazione al trattamento

dei dati personali (Autorizzo il trattamento dei mie dati personali ai sensi della L. 675/96, anche con

modalità elettroniche e/o automatizzate, per la finalità di ricerca e selezione di personale).

La forma del curriculum vitae.

• Stile del curriculum vitae.

Il curriculum deve essere facile da leggere ed in grado di consentire, anche ad una lettura rapida

e superficiale, di cogliere gli elementi che il candidato vuole mettere in luce. Il curriculum

giusto, dunque, è quello che fa emergere le parti interessanti per il selezionatore, che è sintetico

ma non telegrafico, chiaro ma non arido ed asciutto, dettagliato, non pignolo e personale ed

efficace in modo da catturare l’interesse di chi legge. Non deve essere narrativo, ma articolato a

schemi e intervallato con neretti in modo che le notizie siano subito individuabili.

Il curriculum non va mai scritto in terza persona, ma sempre in prima persona.

• Lunghezza del testo

Molti candidati sono convinti che più si scrive e migliore sarà l’impressione che si darà al

selezionatore. Non è così. Il curriculum non deve superare le due cartelle, due pagine sono la

misura ideale. Troppe notizie distraggono chi legge e danno l’impressione di superficialità;

poche informazioni forniranno un’immagine incompleta del candidato e ridurranno le sue

possibilità di essere scelto per il colloquio di selezione.

• Linguaggio.

Un curriculum non deve mai essere anticonvenzionale. Uno stile umoristico o sopra le righe,

così come un’impostazione grafica estrosa, sono rischiosi, anche se si cerca lavoro in settori in

cui la creatività e l’originalità rientrano fra i requisiti richiesti ed apprezzati.

Il curriculum deve essere in grado di catturare l’attenzione, ma anche essere in linea con lo stile

ed il linguaggio del destinatario. Il curriculum non è una lettera, bensì un documento

professionale: non dovrà essere troppo discorsivo e colloquiale, ma piuttosto semplice e serio.

• Grafica.

Il curriculum vitae deve essere come un biglietto da visita, per cui dovrà essere chiaro, leggibile,

ordinato, completo e di giusta misura. Un curriculum ben impostato graficamente, infatti,

Page 67: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 19

trasmette subito un’impressione di ordine e di precisione. Non dovrà quindi contenere né errori

di battitura né correzioni. Non si deve mai unire al curriculum il proprio biglietto da visita, ne

andrà, inoltre, usata la carta intestata privata. Il curriculum vitae deve essere preferibilmente

scritto su carta bianca, formato A4. Il curriculum deve essere scritto usando il personal

computer, non più la macchina da scrivere. Vanno evitate assolutamente le fotocopie.

L’impostazione grafica del curriculum dovrà essere razionale e seguire un preciso schema che si

ripeterà sui due fogli del documento. I titoli saranno maiuscoli ed in neretto. Anche per

l’impostazione grafica vale quanto detto per lo stile ed il linguaggio: presentare un curriculum

vitae graficamente insolito è sempre rischioso. Meglio usare un carattere tipografico semplice,

leggibile e non troppo ricercato.Il curriculum non deve essere mai, se questo non viene

esplicitamente richiesto, scritto a mano. Oltre ad essere meno leggibile, un foglio manoscritto

potrebbe venire usato come strumento per l’analisi grafologica e fornire quindi ulteriori

elementi di valutazione all’insaputa del candidato. Se le aziende richiedono il manoscritto, il

curriculum non deve essere compilato in stampatello, ma in corsivo, con una grafia il più

possibile chiara e comprensibile e deve essere sempre scritto con una penna biro nera.

4. LA LETTERA DI PRESENTAZIONE

Quando si invia il curriculum vitae è opportuno che esso sia corredato dalla lettera di

accompagnamento. La lettera di accompagnamento ha diversi ed importanti obiettivi; essa permette di

valutare la capacità di impostare una lettera formale, di stabilire a chi e come ci si indirizza, scrivere in

italiano corretto e formulare i propri obiettivi in modo chiaro e sintetico.

La lettera sarà impostata su un normale foglio di carta A4, evitando fogli colorati o carta molto leggera

o troppo spessa; non deve contenere errori di ortografia o di sintassi ed il linguaggio usato dovrà essere

scorrevole e lineare. La lettera dovrà quindi essere scorrevole, di facile lettura e, in linea di massima,

non più lunga di circa quindici righe di testo. Anche la lettera di accompagnamento, come il curriculum

vitae, dovrà sempre essere firmata.

In linea generale una lettera di accompagnamento dovrà essere composta da tre paragrafi.

Page 68: Tecniche di comunicazione

La comunicazione interpersonale:Curriculum Vitae 20

Il primo paragrafo dovrà contenere la presentazione del candidato o, nel caso in cui si risponde ad

un’inserzione, il primo paragrafo e l’oggetto faranno riferimento all’inserzione alla quale si risponde.

Nel secondo paragrafo saranno contenuti i propri obiettivi, gli elementi di contatto tra la propria

professionalità e il ruolo che si intende ricoprire, i propri obiettivi e la ragione per la quale abbiamo

deciso di presentarci.

Il terzo paragrafo sarà dedicato ai ringraziamenti ed ai saluti.

Page 69: Tecniche di comunicazione

LA COMUNICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI

Page 70: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 2

INDICE

A. PARTE INTRODUTTIVA

1. COMUNICARE E ORGANIZZARE NELLA CONTEMPORANEITÀ

2. APPROCCIO ALLA COMUNICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI

3. AREE, FORME E TIPI DI COMUNICAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI

4. PUBBLICO E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE NELLE

ORGANIZZAZIONI

5. COMUNICAZIONE PUBBLICOISTITUZIONALE E NUOVE TECNOLOGIE

B. SCHEDE DI SPECIFICAZIONE

1. COMPLESSITÀ

2. COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE

3. LA COMUNICAZIONE IN ITALIA

4. EDITORIA

5. IMMAGINI, IDENTITÀ, POSIZIONAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE

6. COMUNICAZIONE INTERNA

6.1 COLLOQUIO

6.2 RIUNIONE DI LAVORO

6.3 LEADERSHIP

6.4 BISOGNI E COMPORTAMENTI UMANI (PIRAMIDE DI MASLOW)

6.5 CONSIGLI

7. COMUNICAZIONE ESTERNA

7.1 OPINIONE PUBBLICA

7.2 SISTEMA DELLE ISTITUZIONI

7.3 SISTEMA FINANZIARIO

7.4 SISTEMA DEI MEDIA

Page 71: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 3

7.5 SISTEMA COMMERCIALE

7.6 COMUNICAZIONE DI MARKETING

7.7 MARCA

8. COMUNICAZIONE VERBALE

9. COMUNICAZIONE FORMALE

10. COMUNICAZIONE INFORMALE

11. COMUNICAZIONE SCRITTA

12. COMUNICAZIONE FUNZIONALE

13. COMUNICAZIONE INFORMATIVA

14. COMUNICAZIONE CREATIVA

15. COMUNICAZIONE FORMATIVA

16. PUBBLICI (STAKEHOLDERS)

17. FINALITÀ INTERNE

18. PUBBLICI INTERNI

19. PUBBLICI ESTERNI

20. STRUMENTI INTERNI

21. STRUMENTI ESTERNI

22. MESSAGGIO

23. CARTE DEI SERVIZI PUBBLICI

24. CODICE DI COMPORTAMENTO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

25. CODICE DI STILE

26. RETI CIVICHE

27. URP

28. FIRMA DIGITALE

29. TELELAVORO

30. E-LEARNING

Page 72: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 4

A. PARTE INTRODUTTIVA

Page 73: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 5

1. COMUNICARE E ORGANIZZARE NELLA CONTEMPORANEITA’

Nella società postindustriale e postmoderna, il bisogno di comunicazione e di conoscenza è aumentato

assieme all’eterogeneità e all’interdipendenza dei soggetti e dei settori del sapere coinvolti nella vita

organizzativa, e assieme al ritmo delle innovazioni tecnologiche.

La crescente complessità (1) tecnologica, sociale, culturale, ha contribuito a rendere più evidente il

rapporto di stretta interdipendenza tra i processi organizzativi e i processi comunicativi.

Ogni organizzazione si trova ad operare in contesti caratterizzati da quelle tendenze socioeconomiche

che hanno condotto al fenomeno della globalizzazione: liberalizzazione, interconnessione ed

integrazione dei mercati, diffusione delle ICT (Information Communication Technologies), sono al

contempo cornici dello scenario internazionale dell’azione organizzativa, propulsori del cambiamento e

generatori di sviluppo per i soggetti pubblici e privati.

Anche in Italia le organizzazioni di tipo pubblico (pubblica amministrazione, ministeri, enti locali) e le

organizzazioni di natura imprenditoriale (aziende), ritrovandosi inserite in tali scenari, stanno

rispondendo attraverso profondi processi di ristrutturazione.

Per descrivere e comprendere il contesto tecnologico, economico e sociale in cui operano individui ed

organizzazioni, e per afferrare il senso della crescente consonanza tra processi organizzativi e processi

comunicativi, risulterà utile riferirsi al paradigma della rete (network).

Reti organizzative, informatiche, civiche; negli ultimi dieci anni il modello del network ha pervaso

quasi tutti gli ambiti della vita sociale, affermandosi come caratteristica trasversale delle società

contemporanee.

Il mcluahniano villaggio globale è interpretabile come una sorta di grande rete socio-tecnica, composta

da tante sottoreti che tendono ad inter-connettersi e ad inter-operare.

Sinergie, cooperazioni, abbattimenti delle distanze geografiche e culturali si delineano dunque come

alcune delle principali direzioni intraprese dagli attori di una società dell’informazione e della

conoscenza, che produce parallelamente nuove politiche del controllo, nuove barriere di accesso

all’informazione e nuove modalità di sorveglianza.

Iniziamo ad analizzare le dinamiche comunicative di quei particolari attori collettivi rappresentati dalle

organizzazioni. Sia che esse eroghino servizi pubblici per la cittadinanza o producano beni e servizi per

generare profitto ed affermarsi sul mercato, verranno trattate come sistemi aperti in cui i confini tra

interno ed esterno tendono sempre più ad assottigliarsi.

Page 74: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 6

Le immagini riportate dai concetti di rete e sistema aperto, consentono di visualizzare il “paesaggio” in

cui si muovono le organizzazioni complesse e di individuare nella comunicazione (internodale,

interno/esterno) l’elemento centrale dei processi culturali ed organizzativi del terzo millennio.

Focalizzeremo quindi l’attenzione sulla dimensione comunicativa interna alle organizzazioni e sulle

modalità comunicative che esse attuano verso l’eterno.

Cosa si intende per organizzazioni ?

Ci si riferisce, in linea generale, a tutte quelle strutture sociali complesse basate su regole, all’interno

delle quali gruppi di individui vivono e lavorano perseguendo obiettivi condivisi.

Le organizzazioni istituzionali, i ministeri, le pubbliche amministrazioni, così come l’azienda privata

nei suoi vari dimensionamenti (piccola, media, grande) e mission produttive, sono investiti da processi

di dematerializzazione, delocalizzazione e “virtualizzazione” delle attività comunicative.

Le comunicazioni e le relazioni tra gli appartenenti ad un’organizzazione e tra essa e l’ambiente esterno

vengono sempre più affiancate dalle nuove tecnologie (reti di computers, architetture telematiche per la

videoconferenza, il lavoro collaborativo a distanza), che, oltre a facilitare gli scambi di informazioni e

ad annullare le barriere fisico-spaziali tra persone e gruppi, condizionano le modalità e (forse) l’essenza

stessa dell’interazione comunicativa, facendo emergere nuove opportunità e nuovi problemi.

Computers, reti telematiche, nuove procedure elettroniche sono i “luoghi” in cui si fondono

comunicazione, organizzazione e produzione. Attraverso i new media si attua una comunicazione

“totale”. L’apparente immaterialità dell’elaborazione e gestione elettronica delle informazioni, che

supporta l’azione organizzativa, trasferisce i suoi effetti sulla realtà materiale; ad esempio, le ricadute

in termini economici e sociali di uno scambio elettronico di informazioni in tempo reale sono sotto gli

occhi di tutti (commercio digitale, borse on-line, reti civiche, forum).

Le organizzazioni imprenditoriali e non riducono la manodopera, decentrano, sviluppano partnership

strategiche e fusioni con altri soggetti, dedicando notevoli risorse alle infrastrutture info-telematiche

per ottenere importanti vantaggi competitivi.

Oggi le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono gli strumenti delle politiche di

cambiamento di molte organizzazioni. I livelli raggiunti dal web, ed in particolare dalle reti a banda

larga, stanno risolvendo numerosi problemi connessi alla gestione della comunicazione e del controllo,

all’insegna della potenza distribuita e della facilità d’uso. L’organizzazione della conoscenza in archivi

digitalizzati e l’architettura web hanno reso possibile la diffusione della rete Internet, che rappresenta

Page 75: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 7

l’uscita della tecnologia dell’informazione dai centri di elaborazione dati e il fenomeno di massa più

importante dopo la diffusione della televisione.

Una certa concezione trasmissiva della comunicazione, che vede l’invio di informazioni e messaggi da

una fonte emittente a un ricevente (da un punto all’altro della rete), senza preoccuparsi troppo delle

dinamiche di feedback e di scambio, va oggi integrata con un approccio di tipo relazionale, che

consideri la comunicazione come un momento strategico sia per la formazione dell’immagine che

l’organizzazione offre di sé, sia per la formazione dell’identità dei membri che vi lavorano.

Comunicare (2) è sinonimo di trasmettere, informare, ma significa soprattutto mettere in comune

qualcosa. Gli uomini, attraverso la comunicazione, interagiscono, condividono valori ed esperienze,

Page 76: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 8

definendo in questo modo la loro appartenenza ad una comunità (reti e sottoreti possono essere

interpretate come comunità in comunicazione tra loro).

Attraverso le tecnologie della comunicazione si instaura quindi un nuovo modo di comunicare, un

nuovo modo di veicolare elementi culturali e di formare identità.

Nella società dell’informazione (2), dunque, da un lato l’elemento visivo, l’immagine, acquista valore

strategico e globalizzante, e dall’altro l’individuo, i cui orientamenti di gusto sono il motore del

mercato e dello sviluppo delle organizzazioni, diviene più competente e consapevole.

La conoscenza delle ricadute della buona gestione dell’immagine e delle relazioni tra persone e tra

gruppi nell’organizzazione, fa sì che oggi si investa nella comunicazione dotandosi di professionalità e

mezzi in grado di affrontare al meglio la complessità.

La dimensione collettiva dell’agire umano trova nelle organizzazioni un luogo di sviluppo, dove si

verifica una condivisione di spazi, comportamenti, simboli ed emozioni.

L’organizzazione è pertanto una rete relazionale complessa, dotata di un centro direzionale che veicola

e riceve informazioni dai nodi della rete rappresentati da singoli membri e dai gruppi di membri che

presidiano determinate funzioni.

Alla base dei processi culturali e sociali, a livello nazionale, etnico, religioso, aziendale, ci sono le

risorse fondamentali che l’essere umano utilizza per adattarsi all’ambiente e per essere partecipe di un

gruppo, tra cui l’apprendimento e la comunicazione.

Ogni organizzazione, così come ogni gruppo umano, si trova ad operare in un ambiente culturale di

riferimento, e a sua volta crea un proprio ambiente interno. Crea una propria cultura, generata

dall’insieme della filosofia che ispira l’agire organizzativo, dagli obiettivi raggiunti e da raggiungere,

dai prodotti realizzati nel corso della sua storia e di quelli che intende realizzare in futuro, dalla

tensione emotiva interna e dalle politiche di pianificazione e sviluppo.

Il “pensare” e il “sentire” di un’organizzazione vengono trasmessi attraverso simboli, convenzioni

linguistiche, pratiche e comportamenti che si formano e si acquisiscono nel tempo sulla base di

regolamenti astratti e persone-chiave (capi, responsabili) che filtrano norme e valori aziendali

attraverso la loro individualità, comunicandoli ai collaboratori e ai dipendenti.

La cultura di un’organizzazione si sviluppa nella comunicazione interna e nella comunicazione verso

l’esterno ad opera dei propri membri, secondo le dinamiche di adattamento e l’influenza che

caratterizzano l’iter formativo delle identità individuali e collettive.

Page 77: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 9

L’organizzazione tende a regolarsi e a mantenere il proprio equilibrio attraverso norme, gerarchie,

livelli di autorità, che inquadrano e pongono dei limiti alla libertà e alla soggettività di cui è portatore

qualunque essere umano quando entra e si muove in un gruppo sociale.

Tra ambiente esterno e membri che costituiscono una determinata organizzazione vi è un continuo

fluire di informazioni e forme di condizionamento; la comunicazione è la dimensione in cui avvengono

gli scambi tra sistema esterno e micro-sistemi interni.

L’organizzazione contemporanea è quindi da interpretare come un sistema aperto e non più come una

struttura burocraticamente chiusa nella difesa della propria stabilità.

Le barriere aziendali sembrano abbassarsi, facendo emergere l’organizzazione come un sistema psico-

sociale complesso nel quale convivono personalità diverse legate da un substrato culturale comune in

grado garantirne la coesione.

All’interno di tale sistema, ogni individuo può entrare in conflitto con le altre soggettività e con i valori

comunicati dall’organizzazione. A tale proposito, la struttura organizzativa prevede che vi siano

personalità investite (per merito, indole, bagaglio conoscitivo-esperienziale) di particolari ruoli e

funzioni, preposte a gestire processi produttivi, comunicativi e relazionali tra i membri

dell’organizzazione e tra l’organizzazione e l’ambiente esterno.

Unitamente al concetto di cultura, quale elemento distintivo di ogni organizzazione, risulterà utile

introdurre il concetto di clima; il clima può essere definito come l’insieme di condizioni psicologiche

che stanno alla base dell’atmosfera emozionale che connota un’organizzazione e le parti di essa (uffici,

divisioni, reparti).

Dal conflitto o armonizzazione tra sfera collettiva e sfera individuale dei bisogni e dei valori, si instaura

il clima organizzativo che viene modificato costantemente dai membri, impegnati nella costruzione e

ricostruzione del senso che ognuno di essi dà al proprio “stare nell’organizzazione”, rappresentato da

una continua negoziazione tra passato, quotidianità e percezione/progettazione del futuro.

La vita di ogni individuo, così come di ogni gruppo umano, è caratterizzata da momenti di

apprendimento all’interno di un contesto di riferimento e da momenti di apprendimento/assorbimento

di elementi provenienti dall’esterno; tali fasi, rispettivamente definite (nelle scienze sociali, in

antropologia culturale) inculturazione e acculturazione, si perpetuano proprio attraverso la

comunicazione e l’osservazione di comportamenti.

Tramite la comunicazione si costruiscono significati e si trasmettono conoscenze interagendo con altri

individui/gruppi.

Page 78: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 10

In precedenza abbiamo parlato di sistemi aperti e di rete per indicare le tendenze del “fare

organizzazione”, del “fare impresa” nell’epoca attuale. Il concetto di organizzazione adottato è riferito

a qualunque sistema produttivo con statuto giuridico avente uno scopo di lavoro (produzione di

merci/erogazione di servizi), e vuole raccogliere le varie forme e tipologie di organizzazione (profit/no-

profit, pubblico/privato) che, a seconda dell’entità (in termini di personale, fatturati, investimenti) e

della vocazione (missions, politiche di sviluppo, caratteristiche politiche dei vertici), daranno più o

meno importanza alla dimensione della comunicazione.

Con comunicazione aziendale (o d’impresa) ci si riferisce prevalentemente al settore privato, ai

tradizionali protagonisti del mercato dei beni e dei servizi.

Con l’espressione comunicazione pubblica ci si riferisce alla comunicazione attuata dalle pubbliche

amministrazioni (P.A.) e dalle istituzioni della sfera pubblica.

Si parla poi di comunicazione del terzo settore per le modalità comunicative delle associazioni di

volontariato e no-profit.

La comunicazione che definiamo organizzazionale vuole comprendere tali ripartizioni della

comunicazione applicata a specifici ambiti dell’agire umano (commerciare, amministrare la cosa

pubblica, diffondere solidarietà e assistenza). Le organizzazioni, nella loro accezione più generale, sono

soggetti collettivi costituiti da individui che “vivono” la filosofia e gli scopi del loro universo

produttivo e lavorativo. Tali soggetti sono l’organizzazione, che comunica con l’ambiente esterno, che

si muove strategicamente nell’attendere alla propria missione. La comunicazione organizzazionale è da

intendersi come integrazione tra interno ed esterno, tra macrostrategie di immagine e tecnologie per la

diffusione dei messaggi, tra teamwork e stili personali di gestione delle relazioni, tra socialità e

progettazione.

Ognuno di noi è, al contempo, cittadino, utente, cliente, vale a dire beneficiario di servizi che

rappresentano dei diritti di cui gode in qualità di appartenente ad una comunità, e soggetto-consumatore

che si muove nel mercato dei beni e dei servizi scegliendo cosa e come acquistare sulla base di

conoscenze, atteggiamenti e pulsioni personali.

L’intreccio tra pubblico e privato è sempre più pervasivo e gli utenti-clienti di imprese pubbliche,

private, miste, sono i destinatari di una comunicazione che mira ad instaurare rapporti di fiducia

finalizzati a far conoscere attività, a diffondere servizi e prodotti, a sviluppare comportamenti

d’acquisto.

Le organizzazioni (sia pubbliche che private), centrate sino a poco tempo fa sui sistemi di

programmazione e controllo per la propria autoregolazione, si manifestano oggi sempre più nella loro

Page 79: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 11

dipendenza dall’ambiente esterno, aumentando perciò i livelli di flessibilità e di accesso alle risorse

esterne, sviluppando relazioni ed attuando strategie per affrontare al meglio il cambiamento derivante

dal continuo adattamento all’ambiente.

Ogni epoca storica è caratterizzata da teorie economiche e sociali che generano modelli di

organizzazione in cui viene data importanza ad una o a più funzioni (programmazione-controllo;

informatica; comunicazione) e, parallelamente, prendono piede determinati approcci alla

comunicazione sino alla diffusione di alcuni modelli prevalenti.

Le aziende si trovano oggi ad operare in un contesto dinamico, e a convivere con una crescente

complessità interna ed esterna. Tecnologie in rapido sviluppo, variazioni economiche imprevedibili,

mutamenti imprevisti nella domanda da parte dei clienti e nell’offerta da parte dei concorrenti, la

molteplicità delle professionalità coinvolte e la tensione ad innovarsi, spingono l’organizzazione

contemporanea a diversificarsi, a delegare, a decentrare.

In queste situazioni, dove l’incertezza è fisiologica, anche l’ostilità gioca un ruolo importante nelle

dinamiche organizzative, trovando terreno fertile nella comunicazione, cioè nella dimensione in cui si

formano alleanze e si sviluppano conflitti e rotture.

La concorrenza, i rapporti con i sindacati e con il mondo politico e le modalità di approvvigionamento

delle risorse necessarie, possono contribuire a creare un ambiente ostile, caratterizzato da un alto

dinamismo e da tempi brevi di adeguamento.

L’organizzazione dovrà allora investire energie nel coordinare le sue parti basandosi su meccanismi

flessibili e meno formali.

Appare chiaro che ogni agire comunicativo è commisurato all’entità dell’organizzazione e al suo

contesto socio-culturale di riferimento. Attuare strategie di comunicazione significa quindi impegnarsi

in attività dove pianificazione e progettazione vanno utilizzate in modo “sensibile” da parte di

management, direttori d’area ed esperti. Le tecniche e gli strumenti rappresentano l’aspetto operativo di

una strategia comunicativa, che fonda invece la sua efficacia sulla capacità di comprendere, ascoltare

ed interpretare utilizzando energie creative, che attraverso la conoscenza, l’intuizione e la

programmazione consentano di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Dal 1960 ad oggi si è verificata una trasformazione dei fattori ritenuti di successo per lo sviluppo

dell’organizzazione imprenditoriale che, dai principi della produttività ad ogni costo,

dall’accumulazione del profitto e dallo sfruttamento della forza lavoro, ha condotto ad una maggiore

attenzione verso le esigenze e le aspettative dei consumatori e verso la formazione del personale

interno.

Page 80: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 12

Gli obiettivi di sedurre e manipolare i gusti del pubblico, attraverso le prime forme di pubblicità

indiscriminata, sono stati gradualmente integrati in una comunicazione pubblicitaria di tipo

informativo, ispirata da razionalità, qualità e trasparenza.

L’individuo si pone al centro delle strategie di sviluppo delle organizzazioni moderne; il cliente-

consumatore è divenuto nel tempo più esperto e più responsabile, richiedendo alle imprese maggiore

affidabilità, efficienza, sicurezza.

Le politiche produttive, che mirano ad intercettare i bisogni di un soggetto che attua pratiche d’acquisto

in modo informato e sofisticato, prevedono una comunicazione esterna più dettagliata e tarata sulla

fascia di pubblico (target), cui le organizzazioni commerciali si vogliono riferire per commercializzare

un determinato prodotto/servizio.

Al tempostesso, assumono sempre più importanza il soggetto interno all’organizzazione, l’attenzione

verso le dinamiche di gruppo, la gestione delle professionalità disponibili e la consapevolezza che la

connessione e l’integrazione tra interno ed esterno passa proprio attraverso i membri, che sono uno dei

veicoli principali di comunicazione, essendo essi stessi portatori della cultura organizzativa.

Come si è accennato precedentemente, in uno scenario caratterizzato da processi di globalizzazione dei

mercati, evoluzione delle tecnologie e crescente complessità sociale, per un’azienda moderna

interessata allo sviluppo e al miglioramento della propria cultura e del know-how dei suoi dipendenti,

assume fondamentale importanza la creazione di aree di scambio di informazioni.

Attraverso lo sviluppo della trasversalità e reticolarità comunicativa si configura la nuova azienda

policellulare, un luogo dove si vorrebbe tendere ad una reale elaborazione collettiva dell’intelligenza

organizzativa.

Page 81: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 13

2. APPROCCIO ALLA COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONALE

Parlare di Comunicazione Organizzazionale significa riferirsi all’insieme dei processi strategico-

operativi di creazione, scambio e condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle

diverse reti di relazioni, che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua collocazione

nell’ambiente.La Comunicazione Organizzazionale è utilizzata e praticata dalle aziende che operano

nei mercati nazionali, internazionali e dalle istituzioni governative, locali, associative, che

amministrano cittadinanze, categorie sociali e professionali.

Gruppi industriali, aziende di piccole e medie dimensioni, ministeri, aziende ospedaliere, pubbliche

amministrazioni, associazioni culturali, turistiche, sportive, sono organizzazioni che fanno uso della

comunicazione come strumento fondamentale per l’attuazione delle proprie strategie gestionali e

produttive.

Il modello di organizzazione prevalente è il modello aziendale, strutturato sulle categorie

dell’efficienza e dell’efficacia, sulla riduzione dei costi e la massimizzazione dei profitti,

sull’organizzazione del lavoro per obiettivi e gruppi professionali specializzati.

Oggi, nonostante nella pratica reale vi siano sensibili differenze per motivi di ordine culturale, si può

notare come, sotto l’aspetto teorico-gestionale, i soggetti imprenditoriali privati e quelli della sfera

pubblica tendano ad avere organigrammi, settori d’attività e modalità di comunicazione affini.

Sia nel privato che nel pubblico, chi opera quotidianamente sono gruppi di persone, sistemi psico-

sociali che lavorano per raggiungere determinati obiettivi, seppur basati su ragioni d’essere,

regolamenti, modalità di finanziamento e status giuridici differenti.

Il settore imprenditoriale è animato dalla cattura delle attenzioni e dalla intercettazione dei bisogni dei

consumatori, mentre quello del servizio pubblico mira a ricercare quel rapporto di fiducia, quella

soddisfazione dell’utente-cittadino che alimentano il senso di comunità socio- territoriale.

Prestazioni efficienti, informazioni puntuali e comunicazioni più dirette e meno mediate contribuiscono

ad instaurare un nuovo rapporto tra il cittadino, la pubblica amministrazione e il mondo delle aziende,

in un contesto che vede l’assottigliamento progressivo tra confini della sfera pubblica e privata, in

termini di modelli, principi, procedure e strumenti.

Il sistema amministrativo caratteristico di questo secolo, garante della continuità e dello sviluppo

organizzativo, dove ruoli e status si muovono sulla base di regole astratte è la burocrazia, modello

organizzativo che nel settore aziendale vede una tendenza al perseguimento del risultato e nel settore

Page 82: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 14

pubblico al perseguimento della norma. Nell’epoca attuale il paradigma burocratico tende a

flessibilizzarsi e ad aprirsi, sulla scia di quel paradigma della rete sociale, tecnica, professionale che

attraversa le attività delle odierne organizzazioni. Reti di conoscenze, di relazioni, di capitali, stanno

sostituendo quei modelli organizzativi strutturati sul comando, sulla chiusura all’esterno e sulla non

condivisione delle informazioni.

La gestione positiva dell’informazione, il lavoro di gruppo, l’utilizzo dei nuovi media nella

condivisione del sapere, segnano l’avvento di un’epoca che vede una maggiore libertà del membro

(dipendente) dell’organizzazione e la necessità di alimentare tale libertà con una formazione

professionale continua, basata su conoscenze aggiornate, su competenze operative e relazionali.

Ogni organizzazione opera in determinati sistemi sociali, economici e culturali. Nell’epoca

contemporanea, il progressivo abbattimento delle distanze geografiche sull’onda dello sviluppo dei

mercati internazionali, ha portato le organizzazioni a confrontarsi con nuovi livelli di complessità, che

le obbligano ad attrezzarsi per far fronte ai processi di trasformazione. La comunicazione

organizzazionale è uno degli strumenti utilizzati per attivare e accompagnare il cambiamento.

E’ utile sottolineare come la complessità esterna (ambiente) incida sui livelli di complessità interna

all’organizzazione, che sono essenzialmente correlati al suo dimensionamento complessivo (in termini

di fatturati, numero di dipendenti, aree di attività).

Generalmente l’organizzazione di grandi dimensioni richiede procedure di standardizzazione della

comunicazione più elevate rispetto alle aziende di tipo familiare che formano il tessuto economico

italiano. Ma è bene tenere presente che, al di là delle procedure e delle tecniche, la gestione dei flussi

informativi e relazionali è fortemente influenzata dallo stile personale e dalle politiche del

management. La pratica comunicativa organizzazionale è composta quindi da un substrato documentale

di procedure standardizzate (moduli da compilare, richieste, vidimazioni) che regolano i flussi

comunicativi e da un livello relazionale, formale ed informale, in base al quale i dipendenti

comunicano e fanno circolare informazioni. Tutti noi, come si è accennato, siamo membri di

organizzazioni, creatori e destinatari di messaggi, utenti, clienti, cittadini. Facciamo parte di gruppi ed

organizzazioni a vario titolo e ruolo, e possiamo renderci conto quotidianamente dei problemi di

comunicazione che caratterizzano la vita organizzativa e sociale.

Si è già accennato come la comunicazione con i processi apprendimento e di significazione sia la

caratteristica più peculiare dell’attività umana. Essa è quindi “sempre esistita”, evolvendo assieme alla

complessità tecnica e socio-culturale.

Page 83: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 15

Con lo sviluppo delle discipline sociologiche, economiche, antropologiche, psicologiche e linguistiche,

da qualche decennio si è giunti ad inquadrare la comunicazione come fenomeno, come branca del

sapere, studiandone le dinamiche, gli attori, gli strumenti ed i relativi ambiti di attuazione,

suddividendola in settori specifici, tra i quali, appunto, quello organizzativo (od organizzazionale: per

meglio intendere nella e della organizzazione).

A livello accademico sono stati istituiti dipartimenti e corsi per lo studio della comunicazione

(d’impresa, pubblica, politica, interpersonale, interculturale, scientifica, alimentare), a livello aziendale,

dagli anni ’80 in poi, vi è stata una crescente attenzione verso le problematiche della comunicazione

che ha condotto all’istituzione di aree e uffici dedicati (funzione comunicazione nelle aziende italiane)

(3): area comunicazione interna ed esterna, uffici stampa e relazioni esterne.

Anche nel settore editoriale (4) vi è stato un boom di pubblicazioni, riviste e saggistica specializzata.

Tutto ciò è conseguenza del fatto che ci si è accorti, con sempre maggiore consapevolezza, che

comunicare è problema, che comunicare è difficile, che comunicare è valore.

Progressivamente la comunicazione è passata da “servizio optional” dell’organizzazione ad area

strategica per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, da gestire ai massimi livelli di responsabilità.

Progettare soluzioni di comunicazione interna ed esterna significa incidere sui processi organizzativi e

produttivi, creando valore. Un valore, quello che si genera con la comunicazione, di tipo immateriale

(fiducia, relazioni) in grado di riversare i suoi effetti sul capitale economico, nel medio/lungo termine.

La comunicazione qui chiamata organizzazionale è “utilizzata” per definire, realizzare e condividere la

missione, la cultura di riferimento, i valori guida e per favorire la visibilità all’interno e all’esterno di

tutta l’organizzazione, delle sue attività, delle sue politiche e dei cambiamenti in atto. La

comunicazione organizzazionale imprenditoriale esterna (o comunicazione d’impresa esterna) è stata

identificata per anni con la pubblicità, strumento nato per sedurre e manipolare i gusti del pubblico al

fine di vendere prodotti e servizi. Con il tempo, con il mutare dei riferimenti teorico-economici, anche

la comunicazione esterna ha sviluppato nuovi strumenti, nuovi principi, nuove finalità.

Oggi l’attenzione della comunicazione esterna di mercato è diretta alle esigenze e alle aspettative di un

consumatore che è divenuto più informato, in grado di chiedere alle imprese sempre maggiore

affidabilità e sicurezza in ogni settore della produzione di beni e servizi.

Le organizzazioni comunicano all’esterno ispirate dai principi di razionalità, qualità e trasparenza, al

fine di creare e mantenere la fiducia che il pubblico le accorda (fidelizzare il cliente). Parallelamente, il

dipendente dell’organizzazione, il gruppo e la gestione delle diverse professionalità coinvolte (specie

nelle organizzazioni complesse) acquistano centralità nelle attività di comunicazione organizzazionale

Page 84: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 16

interna. L’acquisita consapevolezza dell’importanza dell’interconnessione tra identità, immagine (5) e

fiducia, ha condotto a concepire le attività di comunicazione in modo integrato, in modo che una buona

comunicazione interna potrà contribuire al successo di quella esterna (comunicazione integrata). I

membri dell’organizzazione rappresentano infatti essi stessi un importante vettore dell’identità

dell’organizzazione nella quale sono inseriti. Quindi immagine, consenso e fiducia vanno create,

cercate e comunicate all’interno ancor prima che all’esterno.

La Comunicazione Organizzazionale si avvale sempre più di elaborazioni teoriche, modelli e processi

di verifica dei risultati tipici del procedere scientifico. Ma non va dimenticata la sua “matrice artistica”,

che la configura come una sorta di arte interpretativa di soggetti e situazioni finalizzata ad elaborare

piani di comunicazione che possano modificare atteggiamenti e comportamenti.

La comunicazione nelle e delle organizzazioni è, quindi, un’area disciplinare, un settore aziendale che

non dipende solo dall’applicazione di tecniche e decaloghi manualistici, né dalla qualità e quantità dei

mezzi a disposizione, bensì dalla sensibilità e dalla capacità di lettura dei contesti e del pubblico verso

cui si intende rivolgersi.In questo breve excursus sono stati affrontati alcuni aspetti delle dinamiche

comunicative dell’organizzazione intesa prevalentemente come sistema produttivo con statuto giuridico

avente uno scopo di lavoro (merci, servizi). L’obiettivo di queste pagine è fornire un quadro d’insieme

e una serie di spunti teorico-pratici funzionali all’approfondimento delle comunicazioni

organizzazionali. Ma è utile sottolineare come negli ultimi anni la comunicazione sia affrontata in

modo sempre più specialistico, attraverso la formulazione di teorie e lo studio di casi, in ogni campo

della conoscenza o del business ove sussista un suo utilizzo strategico. Vediamo adesso quali sono i

momenti essenziali di ogni attività di comunicazione per qualunque tipo di organizzazione:

Page 85: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 17

3. AREE, FORME E TIPI DI COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONALE

Page 86: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 18

4. PUBBLICO E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE ORGANIZZAZIONALE

Le attività di comunicazione di un’organizzazione si rivolgono a determinate tipologie di pubblico

(stakeholder s) (16).

L’organizzazione, per veicolare informazioni ed instaurare relazioni con il pubblico coinvolto, si avvale

di strumenti di diversa natura, consistenti in un mix di mezzi tecnici, situazioni, eventi, individuati nella

fase di progettazione strategica come idonei al raggiungimento degli obiettivi. Obiettivi, espressione

delle finalità interne ed esterne (17) delle attività di comunicazione organizzazionale, che richiedono

metodi e strumenti diversi a seconda che siano di breve, medio o lungo periodo.

Tra il pubblico destinatario di una strategia comunicativa e gli strumenti prescelti per raggiungerlo vi è

la fase dell’elaborazione del messaggio (22), vale a dire il contenuto della comunicazione,

l’informazione dotata di senso che si vuol veicolare per ottenere gli effetti programmati.

Ogni forma di comunicazione presuppone l’esistenza di un linguaggio. Le parole, i segni, le immagini,

i simboli, sono gli elementi costitutivi del linguaggio, ai quali corrispondono regole codificate, il cui

rispetto e la cui applicazione condurrà alla creazione di messaggi significativi.

Abbiamo iniziato a comprendere come i processi di comunicazione siano caratterizzati da una

dimensione aleatoria, in grado di sfuggire alle più sofisticate metodologie e tecniche di progettazione,

intrinsecamente legata alla comunicazione umana. I processi comunicativi che accompagnano la

condizione umana sono quindi caratterizzati da controllabilità parziale e da situazioni di cui spesso non

si è consapevoli.

PUBBLICO INTERNO(18) ESTERNO(19)

STRUMENTI INTERNI(20) ESTERNI(21)

Page 87: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 19

Esseri umani e gruppi non possono non comunicare, non essendo isole a se stanti, ma nodi di una

grande rete relazionale.

La realtà sociale è caratterizzata da un tessuto comunicativo continuo, fatto di messaggi che vengono

emessi e recepiti più o meno consapevolmente da individui e collettività.

Il fatto che si comunichi anche senza volerlo complica molto le cose, e mette in evidenza l’importanza

dei programmi di comunicazione, volti ad eliminare disturbi e a ridurre i livelli di ambiguità attraverso

la creazione di linguaggi condivisi e messaggi significativi.

Un messaggio è allora qualcosa di più di un’informazione; individui e gruppi umani, assieme ai loro

prodotti ed attività, comunicano e trasmettono elementi di identificazione che producono effetti sulle

opinioni e sui comportamenti.

In generale, i messaggi di tipo non verbale (come ad esempio le immagini ed i segni utilizzati nel

mondo dell’arte e della pubblicità) possiedono un forza sintetica e comunicativa più penetrante e diretta

rispetto alle parole; l’immagine trasmette significati che, attraverso le parole, si sarebbero comunicati

con maggior difficoltà e dispendio di tempo e di energie.

Ad esempio, se ci riferiamo a circostanze generalmente conosciute, è comune provare un senso di

distanza e desolazione quando si interagisce con impiegati che si presentano in modi che innescano

percezioni di poca serietà e scarsa considerazione sia nei confronti dell’interlocutore sia

dell’organizzazione per la quale lavorano. Un vestiario non decoroso in relazione all’azienda o all’ente

in cui si opera, un comportamento dispersivo, un atteggiamento annoiato, sono elementi che non

agevolano la comunicazione e la relazione tra l’organizzazione e il suo esterno, in quanto rimandano ad

immagini di negatività in grado di allontanare e disgregare. Anche l’estetica e la configurazione degli

edifici e dei design interni è di per se stessa foriera di informazioni su chi li abita e sull’organizzazione

che vi opera.

la comunicazione non ha soluzione di continuità…

Page 88: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 20

5. COMUNICAZIONE PUBBLICO-ISTITUZIONALE E NUOVE TECNOLOGIE

L’organizzazione pubblica (degli enti locali, dei comuni, delle regioni), tradizionalmente basata su di

un modello burocratico monolitico e chiuso, si sta riplasmando sui modelli che ispirano l’impresa

privata.

Ci si ispira ad efficienza e ad efficacia, si informa con maggiore precisione, aprendo più canali di

dialogo con il cittadino.

E’ evidente che la ragione d’essere e le fonti di reperimento delle risorse e di finanziamento, i diritti e i

doveri dell’organizzazione pubblica ruotano attorno al bene collettivo, alla gestione di territori e

all’offerta di servizi a vantaggio delle cittadinanze contribuenti.

Ma i modelli gestionali di divisione del lavoro e le strategie di comunicazione seguono percorsi affini.

Nella Pubblica Amministrazione, come nell’azienda, l’archiviazione delle informazioni è di basilare

importanza. Le procedure di comunicazione formale scritta stanno vivendo il passaggio dal cartaceo

all’elettronico.

Da circa due decenni le tecnologie informatiche stanno supportando, affiancando e sostituendo pratiche

di registrazione, protocollazione e comunicazione da sempre basate su carta, sull’uso dell’inchiostro e

su vidimazioni mediante firme e timbrature apposte “a mano” e sulla conservazione dei documenti in

archivi fisici (stanze, scaffali).

Oggi l’uso delle nuove tecnologie in ambito organizzativo sembra aver superato la sua prima funzione

di registrazione ed elaborazione di dati, legata alla velocità ed affidabilità di processazione e al

risparmio economico e spaziale.

Grazie alle possibilità di interconnessione ed interoperabilità offerte dalle reti di collegamento tra

personal computer (attraverso servers, linee telefoniche dedicate, internet e intranet), la Pubblica

Amministrazione ha avviato una stagione di rinnovamento amministrativo e di gestione delle

informazioni.

L’organizzazione pubblica, attraverso l’uso dei new media e delle reti telematiche, ha cominciato ad

espandere la propria presenza oltre la dimensione fisica delle proprie sedi, dei propri uffici, rendendosi

visibile ed offrendo servizi erogabili elettronicamente. L’organizzazione trasferisce la propria

immagine in un ambiente parallelo a quello reale, privo di confini spazio-temporali, all’interno di un

territorio di pura informazione e comunicazione dove è possibile comunicare interattivamente.

I siti web che popolano la rete aperta Internet, (che consente l’accesso a fonti informative d’ogni

genere e l’abbattimento delle distanze tra persone e tra paesi), le banche dati, le reti interne, (che

Page 89: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 21

permettono di consultare ed elaborare dati a distanza tra i dipendenti dell’organizzazione),

rappresentano i nuovi strumenti/luoghi di sviluppo dell’organizzazione contemporanea.

Le reti composte da nodi costituiti da macchine, elaboratori, schermi, con cui operano individui, si

configurano sempre più come ambienti paralleli a quelli reali. Territori concettuali in cui è possibile

relazionarsi ed eseguire operazioni che producono effetti sulla realtà oggettiva (acquisti on line,

conferenze virtuali, ecc).

Le nuove forme di interattività e di comunicazione a distanza contribuiscono a formare un nuovo senso

di comunità, a ridefinire il concetto di cittadinanza ed appartenenza.

Parlare di comunicazione organizzazionale delle istituzioni pubbliche e di nuove tecnologie per la

promozione umana, significa affrontare i processi di modernizzazione della Pubblica Amministrazione,

spesso identificati con i termini “semplificazione” ed “informatizzazione” delle strutture pubbliche.

L’opera di modernizzazione sancita ed avviata da alcune leggi degli ultimi anni (legge Bassanini) si

sviluppa sia sul versante tecnologico sia sul versante relazionale e comunicativo, attraverso l’emergere

di nuovi principi per l’espletazione e l’organizzazione del lavoro.

Efficienza, precisione, decoro e simpatia, dovranno ispirare il comportamento di impiegati e personale

a contatto con il pubblico (sportelli informativi,ecc.) al fine di instaurare un clima positivo con il

cittadino, comunicando una buona immagine dell’organizzazione.

La comunicazione istituzionale di interesse generale ha l’obiettivo di pubblicizzare e rendere

comprensibili le attività e la produzione normativa degli enti pubblici, in nome del diritto del cittadino

ad essere informato e reso partecipe delle decisioni e dei provvedimenti che lo riguardano.

I valori della trasparenza, della semplificazione e della partecipazione sembrano sostituire la cultura

amministrativa chiusa ed accentratrice tipica dell’agire burocratico dello Stato e dei suoi organismi per

svariati decenni.

Per instaurare un rapporto più diretto col cittadino, la Pubblica Amministrazione si sta dotando di nuovi

strumenti tecnologici e si sta impegnando nella formazione dei propri dipendenti per accrescerne le

conoscenze e per stimolare atteggiamenti consapevoli.

Lo Stato diviene gradualmente sistema aperto, rete informativa e relazionale essenziale per la

cittadinanza.

L’immagine di un Comune, di un Ente Pubblico, dei progetti che gestisce e delle persone che vi

operano, diviene sempre più importante. Fare comunicazione sull’immagine significa agire sui

comportamenti, significa costruire l’immagine di un ente attraverso la formazione degli individui che vi

lavorano e attraverso la comunicazione e la pratica di nuovi principi.

Page 90: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 22

STRUMENTI E PRINCIPI DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA ISTITUZIONALE

Le tendenze del fare comunicazione pubblica e istituzionale nelle organizzazioni pubbliche

contemporanee seguono il doppio binario delle nuove tecnologie e delle attività di formazione, assi

portanti della società moderna della conoscenza e della comunicazione.

La necessità di saperi e comportamenti sempre aggiornati e mirati, indirizza le politiche di sviluppo

delle infrastrutture informative e del capitale umano.

I nuovi media, utilizzati per particolari vantaggi competitivi nel settore privato, costituiscono nel

pubblico veri e propri strumenti per la promozione umana, mezzi per l’attuazione dei principi di

semplificazione e di avvicinamento del cittadino allo Stato.

Le organizzazioni pubbliche, da un lato fanno propri i principi e gli obbiettivi dell’efficacia e

dell’efficienza che contraddistinguono l’operato imprenditoriale, dall’altro semplificano attività e

forme di comunicazione, rendendosi più trasparenti ed aprendo la strada ad una maggiore

partecipazione del cittadino.

I membri delle organizzazioni si trovano a confrontarsi con nuovi linguaggi e nuovi ambienti

informativi e comunicativi, con nuove modalità di apprendimento (e-learning) (29) e di espletamento

del lavoro (telelavoro) (30), che garantiranno maggiori livelli di autonomia, libertà e personalizzazione

nella loro vita professionale.

Page 91: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 23

B. SCHEDE DI SPECIFICAZIONE

Page 92: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 24

1- COMPLESSITA’

La complessità è qualcosa di intrinseco alla natura umana; è complesso tutto ciò che non appare

chiaramente comprensibile ad una prima evidenza.

La complessità ha una forma evolutiva in chiave diacronica: via via che l’uomo arricchiva il proprio

patrimonio di conoscenze e risolveva una parte della complessità, nuovi problemi si prospettavano e

generavano nuove complessità.

Nella storia si rintracciano momenti di discontinuità, punti di confine fra la soluzione di un livello di

complessità e la creazione di un altro:

rivoluzione industriale (riduzione della complessità produttiva e aumento della complessità

sociale);

rivoluzione informativa (riduzione della complessità nell’accesso all’informazione e

aumento della complessità nel suo utilizzo).

Il patrimonio di conoscenza dell’umanità è cresciuto nei secoli di tanti ordini di grandezza, ma

l’accessibilità di questo patrimonio al singolo individuo e la sua governabilità si è ridotta molto.

Quanto più l’uomo approfondisce la sua conoscenza, tanto maggiore è il ritorno in termini di

complessità.

La complessità è analizzabile come:

sfida che usa la conoscenza come supporto per la risoluzione del problema;

condizione irrisolvibile dell’essere umano, che usa l’ideologia come supporto per la

risoluzione del problema.

La complessità è qualcosa di inscindibile dalla realtà stessa e il ruolo dello scienziato è di darne

interpretazioni coerenti con il contesto in cui opera. La scienza è come ogni altra disciplina umana

caratterizzata sia da aspetti soggettivi sia da una dipendenza dal contesto di osservazione.Le

componenti essenziali della materia hanno una struttura caotica, difficilmente compatibile con una

visione razionale della realtà (tipica della scienza classica).

Page 93: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 25

Caratteristiche della complessità nella società postmoderna

Oggi è pressochè impossibile avere una visione globale della complessità dal punto di vista scientifico;

è difficile incontrare personaggi come Leonardo da Vinci capaci di risolvere da soli la complessità in

svariati campi dello scibile.

L’evoluzione della scienza e della tecnologia ha reso più difficile affrontare e risolvere i problemi,

richiedendo una specializzazione sempre maggiore.

La struttura sociale si presta sempre meno ad essere interpretata secondo le classi sociali e le ideologie

dominanti e ciascun individuo necessita di un patrimonio informativo molto maggiore rispetto al

passato per poter competere con successo all’interno della società.

Scienza, Società ed Individuo sono caratterizzati da aumenti significativi di complessità che non può

essere trascurata: bisogna imparare a conviverci e nel contempo sviluppare nuovi modi per gestirla.

Nell’organizzazione l’unione degli sforzi e delle competenze del team rappresenta un metodo di

gestione e soluzione della complessità perché; aumenta la conoscenza, permette di affrontare i problemi

sotto diverse angolazioni, permette di esaltare le capacità individuali e di disporre di un’ampiezza di

contributo e globalità di visione.

Page 94: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 26

2- COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE

La Comunicazione è comportamento (è attività volta ad ottenere un comportamento di altri attraverso

l’informazione). La comunicazione è un processo a due vie: vi è modificazione del comportamento di

chi comunica e di chi è destinatario della comunicazione. Il comportamento è effetto del rapporto tra

forza e passione; la comunicazione è trasmissione di dati che ha effetto nel rapporto di forza secondo la

capacità di suscitare emozioni; essa ha effetti secondo valutazioni soggettive.

L’ informazione è notizia (è attività di trasferimento di dati, notizie, che ha effetti di conoscenza in chi

la riceve). L’informazione è un processo ad una via: l’effetto è solo sulla parte di conoscenza ottenuta

dal destinatario. L’informazione ha misura oggettiva (la notizia è trasmissione di quantità di dati).

Informazione e comunicazione operano con una trasmissione da una fonte a un destinatario; in

entrambe l’oggetto della trasmissione è un contenuto di conoscenza (notizia, dato, messaggio).

Ma l’informazione è sul piano del capire, conoscere, sapere, e la comunicazione avviene sul piano del

percepire, agire, realizzare.

Sapendo distinguere quando si agisce trasmettendo quantità di dati e quando trasmettendo passioni, si

potrà essere in grado di usare consapevolmente, per la comunicazione, le opportunità offerte

dall’informazione.

Sotto l’aspetto della trasmissione dei dati, per la conoscenza il silenzio corrisponde allo zero, ma dal

punto di vista delle modificazioni del comportamento esso è eloquente, nel senso che rappresenta un

comportamento che sostituisce altro comportamento, e così richiede una modificazione di

comportamento di chi comunica.

La tecnologia che supporta la comunicazione agisce sullo spazio e sul tempo, mentre i processi

comunicativi attengono alla qualità dei rapporti umani, ai rapporti tra identità, dominati dalla diversità

dell’altro.

La tecnologia, che riguarda rapporti materiali dominabili con la fisica, sembrerebbe non incidere in

modo fondamentale sullo spirito degli esseri umani, che si modifica con i cambiamenti nella sfera

culturale. La tecnologia tende ad aumentare e migliorare la quantità piuttosto che la qualità umana della

Page 95: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 27

comunicazione, ma visto che la tecnologia è espressione della cultura, gli individui si nutrono di cultura

attraverso la tecnologia e ne possono essere condizionati secondo modalità tutte da indagare.

La comunicazione, intesa come atto consapevole (non “il comunicare per comunicare”) inizia con la

formulazione di un obiettivo che va cercato nella soggettività di chi vuole comunicare. La

comunicazione (intesa professionalmente) si fa per altri; normalmente l’obiettivo è da individuare a

seguito di un rapporto con altri (solitamente un’organizzazione, un’impresa, un’associazione,

un’istituzione) che desiderano raggiungere determinati obiettivi.

Page 96: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 28

3- COMUNICAZIONE E IMPRESE IN ITALIA

Fonte: I° Rapporto CNEL sulla Comunicazione d’Impresa In Italia

4- EDITORIA

Page 97: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 29

5- IMMAGINI, IDENTITÀ, POSIZIONAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE

Page 98: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 30

6- COMUNICAZIONE INTERNA

E‘ la comunicazione tra dipendenti e tra settori dell’organizzazione, che viene praticata sulla base di

regolamenti, livelli gerarchici e situazioni informali.

La comunicazione interna riguarda i flussi informativi e le relazioni interne ad un’organizzazione, e si sviluppa

su versanti materiali (procedure, lettere, documenti, dati di bilancio, convocazioni, ordini) e relazionali (colloqui,

riunioni, incontri più o meno formali).

La comunicazione interna trova il suo terreno privilegiato nei rapporti quotidiani tra i dipendenti dell’impresa,

caratterizzati da un agire basato su norme, procedure, gerarchie di ruolo e su situazioni spontanee.

Le attività di comunicazione interna e di formazione del personale hanno l’intento di sviluppare conoscenze,

linguaggi condivisi e comportamenti coordinati che limitino le ambiguità e le possibilità di equivoco.

Chi partecipa alla vita di una organizzazione, trascorre gran parte del suo tempo inserito in un contesto

caratterizzato da rapporti di potere, di competenze, da relazioni prescritte, percepite, desiderate.

La comunicazione organizzazionale interna, scritta ed orale, si sostanzia in ordini, istruzioni, richieste di

informazioni e sollecitazioni, che si muovono in direzione verticale ed orizzontale.

La regolazione dei flussi comunicativi e delle relazioni interne è quindi un’attività complessa che si nutre di

momenti di conflitto tra soggettività, di momenti di negoziazione, di adesione, di devianza, di sanzionabilità.

Comunicare meglio all’interno di un’organizzazione significa gestire queste situazioni, elaborando soluzioni ai

fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Tramite la comunicazione interna si diffondono informazioni sulla solidità aziendale, si alimentano le

motivazioni ad operare con efficienza e si instaurano rapporti di stima e di fiducia riconoscendo il valore dei

singoli.

Gli effetti di una buona pratica di comunicazione interna si ripercuotono sulla comunicazione esterna, che inizia

quando il membro dell’organizzazione esce dal luogo di lavoro ed interagisce con familiari, amici e conoscenti,

trasferendo “immagini” dell’organizzazione.

Ma quali sono allora i soggetti e i momenti centrali della comunicazione interna?

La comunicazione interna è progettata in base alle politiche del management, che stabiliscono procedure e

mezzi, ma sono le relazioni tra capi e dipendenti a costituire il momento centrale della comunicazione interna.

Nel rapporto tra capi e dipendenti, vissuto prevalentemente nelle situazioni del colloquio (6.1) e della riunione

(6.2), emergono gli stili direzionali, gli stili di leadership (6.3), che caratterizzano l’andamento delle

comunicazioni interne.

Una buona leadership innesca situazioni di comunicazione favorevoli al raggiungimento degli obiettivi. Ma non

è semplice offrire decaloghi in merito alle caratteristiche ideali di un leader, a come gestire gruppi di lavoro,

Page 99: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 31

visto che, sebbene si formino team di lavoro sulla base di competenze tecnico-professionali, queste ultime sono

portate da personalità diverse.

La soggettività delle persone che si trovano all’interno di un’organizzazione, inserita in geometrie di ruoli,

status, regolamenti e rapporti gerarchici, è portatrice di diversi tipi e gradi di bisogni (6.4), e di conseguenza, in

maniera più o meno cosciente, innesca comportamenti che possono portare al conflitto o all’armonia.

Il leader di un gruppo, o il responsabile di un progetto, dovrà quindi gestire situazioni conflittuali o ambigue al

fine di instaurare un clima comunicativo premiante. Generalmente un buon atteggiamento di leadership si può

sostanziare in un mix equilibrato tra razionalità, logica, rispetto ed affettività.

Stilare vademecum su tecniche e metodi di comunicazione per capi, dipendenti, gruppi, ecc., è attività diffusa

nell’epoca della comunicazione.

Ognuno di noi ha un proprio “stile di comunicazione”, frutto dell’educazione ricevuta, delle persone frequentate,

delle letture e dei media fruiti.

Le scienze della comunicazione hanno via via fornito metodi, modelli e strumenti per attuare una “corretta

comunicazione” nei diversi ambiti della vita sociale ed economica, ma l’aspetto della operatività e della tecnica

comunicativa deve collocarsi in una dimensione creativa di lettura ed interpretazione delle situazioni, che fa sì

che si usino certi strumenti e non altri, che ci si comporti in un modo anziché in un altro, a seconda di un

determinato bagaglio conoscitivo ed intuitivo.

Può essere utile, dunque, prendere in esame qualche consiglio (6.5) generale per un approccio più consapevole

all’agire comunicativo.

6.1- COLLOQUIO Il colloquio è un momento operativo importante, cui si arriva con motivazioni diverse, assumendo i ruoli di

conduttore ed interlocutore.

Durante un colloquio si raccolgono e si forniscono informazioni, si affrontano problemi in cui sono coinvolti gli

interlocutori, si formulano valutazioni, si effettuano diagnosi di situazioni, si suggeriscono soluzioni, si

richiedono e si offrono aiuti.

Page 100: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 32

6.2- RIUNIONE DI LAVORO

E’ un momento sinergico di competenze, funzioni e personalità di fondamentale importanza nelle attività di una

organizzazione.

Si possono avere Riunioni informative discendenti (dal capo si comunicano al gruppo informazioni su decisioni

e processi in atto), ascendenti (il capo riceve informazioni dal gruppo su problemi, impressioni), di discussione

(si analizza assieme un determinato problema cercando di trovare soluzioni e di prendere decisioni).

La riunione è utilizzata per indicare soluzioni, assegnare compiti, informare su situazioni tecniche, organizzative,

economiche, presentare nuovi obiettivi, rilevare opinioni, situazioni relazionali, condizioni emotive, elargire

nuove conoscenze, stimolare la creazione dell’identità di gruppo, individuare e rafforzare posizioni di leadership,

consolidare posizioni di status.

6.3- LEADERSHIP

Capacità di un individuo di governare un gruppo, di gestirlo e prendere decisioni in modo autorevole.

6.4- BISOGNI E COMPORTAMENTI UMANI (piramide di Ma slow)

Page 101: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 33

6.5- CONSIGLI

1. Prendere in considerazione il pubblico destinatario

2. Nell’ideazione e nell’elaborazione di un messaggio (scritto, orale, iconico) porsi le domande-chiave:

CHI ? COSA ? QUANDO ? DOVE ? PERCHE’ ? COME ?

3. L’azione di selezione del mezzo di comunicazione deve puntare alla attivazione dell’interesse e dell’attenzione nel destinatario del messaggio.

Comunicare è difficile...

NELLE COMUNICAZIONI SCRITTE: • Evitare auto-referenzialità • Essere creativi e non noiosi • Considerare la situazione e le caratteristiche del destinatario del

messaggio • Usare buon senso e buone maniere • Evitare concetti troppo astratti • Fornire immagini mentali • Esporre l’idea principale • Scegliere approccio (diretto/indiretto) • No frasi troppo lunghe • No linguaggi involuti/ambigui

Page 102: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 34

7- COMUNICAZIONE ESTERNA

E’ la comunicazione che l’organizzazione dirige verso le istituzioni, il mondo economico-finanziario, l’opinione

pubblica (7.1), i clienti/utenti.

L’organizzazione è un sistema aperto, all’interno di un macro sistema geo-culturale e socio-economico, formato

da ulteriori sottosistemi con cui l’organizzazione si trova ad interagire attraverso flussi di denaro, di beni, di

informazioni e di comunicazioni.

I sistemi con cui dialoga l’organizzazione si possono sintetizzare in:

NELLE COMUNICAZIONI ORALI: (mediate / non mediate)

Nella dimensione orale, tramite la nostra voce esprimiamo in modo diretto la nostra personalità, senza “il filtro” indotto dalla modalità scritta. Nell’invio di un messaggio bisogna comunque prestare attenzione al contenuto razionale ed avere la consapevolezza che le informazioni che trasmettiamo verranno recepite in modo più o meno positivo a seconda dell’atteggiamento emotivo del ricevente e del tipo di situazione. Da alcuni pregiudizi, e dal ritenere che altri conoscano le stesse cose che conosciamo noi, possono derivare errori e disturbi comunicativi.

SISTEMA FINANZIARIO

(7.3)

SISTEMA DEI MEDIA

(7.4)

SISTEMA COMMERCIALE

(7.5)

SISTEMA ISTITUZIONALE

(7.2)

Page 103: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 35

La comunicazione organizzazionale esterna prenderà allora il nome di comunicazione istituzionale,

comunicazione finanziaria, comunicazione di marketing (7.6), a seconda delle finalità e del pubblico

appartenente ai diversi sistemi, avvalendosi di strumenti specifici.

L’organizzazione, a seconda della sua vocazione e della sua entità, intrattiene più meno frequentemente

rapporti con il sistema dei media, prevalentemente attraverso:

comunicati stampa: esposizione sintetica di progetti e azioni intraprese dall’organizzazione,

fatta pervenire in forma cartacea od elettronica alle redazioni di giornali, televisioni, radio,

agenzie di informazione;

interviste cui si sottopongono i vertici aziendali o i responsabili di settore in merito a progetti,

risultati raggiunti ecc;

presenza presso trasmissioni radiofoniche o televisive di esponenti dell’organizzazione al fine

di informare, offrendo dati generali e specifici, e portando l’immagine agli spettatori del

programma e all’opinione pubblica.

In merito alla comunicazione esterna pubblicitaria è utile sottolineare che quando parliamo di

pubblicità pensiamo a messaggi costituiti da parole, immagini statiche, dinamiche, audiovisive, che

comunicano informazioni sui prodotti in determinati contesti narrativi.

Ciò che emerge dai diversi tipi di spot pubblicitari è la comunicazione dell’identità dell’organizzazione

produttrice del bene o del servizio pubblicizzato. La marca (7.7) è in grado di veicolare in maniera

forte e sintetica questa identità poiché, attraverso denominazioni di prodotti, particolari stili di design,

simboli, colori, genera identità visiva, unificando le immagini dell’organizzazione.

Dalle argomentazioni precedenti è emersa una concezione dell’organizzazione come rete e come

sistema aperto, che non può fare a meno di influenzare, e di essere influenzata, dagli altri soggetti

organizzativi che popolano l’ambiente in cui opera.

L’organizzazione dipende oggi sempre più dal suo esterno, e la sua sopravvivenza e il suo sviluppo

dipendono dalla capacità di adattamento alla complessità, attraverso il cambiamento ed il dinamismo,

categorie che devono entrare a far parte anche del bagaglio esperienziale delle persone che

compongono l’organizzazione.

Il mercato è sempre più contraddistinto da operazioni di sinergia, di alleanza, di fusione tra soggetti, e

che trovano nella comunicazione un momento strategico; attraverso colloqui, messaggi, segni, simboli,

si manifesta un avvenuto cambiamentoe si reinventa un’identità.

Page 104: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 36

La comunicazione organizzazionale è il luogo di negoziazione del senso che orienta l’agire

organizzativo, è la “pelle” delle dinamiche produttive, gestionali e culturali.

L’organizzazione può cambiare linee di business, ridimensionarsi negli investimenti, differenziare la

produzione, allearsi con altri soggetti, più o meno “forti”, perdendo/cedendo aspetti della propria forza

precedente ed acquistandone di nuovi, in grado di trasformarla aumentandone il valore. In queste

situazioni si riprogettano marchi, si ridisegnano organigrammi, si cambiano persone, si rinnovano i

sistemi di gestione.

La comunicazione accompagnerà nuove pratiche formative, seguirà i membri dell’organizzazione

cercando di rendere meno doloroso possibile il cambiamento da un tipo di equilibrio ad un altro. Anche

in questo senso oggi si assiste sempre più ad una consonanza tra processi organizzativi e processi

comunicativi.

7.1- OPINIONE PUBBLICA

Con opinione pubblica ci si riferisce alla combinazione di idee, opinioni, convinzioni, valori e valutazioni

abbracciate da una società in un certo periodo.

Ci si riferisce ad un’opinione diffusa, ad un punto di vista comune e spontaneo in cui convergono pensieri e

valutazioni individuali.

L’opinione pubblica è quel luogo concettuale dove comportamenti, valori, desideri e percezioni si incontrano,

dando vita ad un orientamento culturale omogeneo nell’ambito di una popolazione di riferimento, o di un gruppo

di individui assunti come rappresentativi.

7.2- SISTEMA DELLE ISTITUZIONI

Governo

Pubblica Amministrazione

Enti Locali

Partiti Politici

Associazioni

Fondazioni

Page 105: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 37

7.3- SISTEMA FINANZIARIO

Banche

Azionisti

Analisti finanziari

Istituti di intermediazione

7.4- SISTEMA DEI MEDIA

Organi di Stampa

Circuito Radio-Televisivo

7.5- SISTEMA COMMERCIALE

Opinione pubblica

Clienti/Utenti

Altre organizzazioni del settore

Fornitori

Agenti

7.6- Comunicazione di marketing

E’ la comunicazione esterna diretta ai clienti, finalizzata a comunicare con il pubblico (target) per condurlo a

determinati comportamenti d’acquisto.

L’organizzazione produttrice di beni e servizi elabora messaggi circa le caratteristiche positive del prodotto che

colloca sul mercato, e apre con il consumatore, il soggetto verso cui si orienta oggi tutta l’attività di marketing,

un flusso comunicativo fatto di informazioni tecniche e di messaggi grafici e audio/visivi in grado di

intercettarne e condizionarne i gusti, generando quella fiducia che potrà condurre all’acquisto.

A sua volta l’acquirente potenziale invia segnali di competenza ed esigenze nuove che l’azienda recepisce come

stimolo a creare nuovi prodotti e ad innovarsi.

Page 106: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 38

Strumenti principali:

- campagne pubblicitarie/di comunicazione: tipo di comunicazione di massa utilizzata per portare il

pubblico a conoscenza di un qualcosa da vendere o di un comportamento che si intende diffondere tra

una certa collettività, con l’obiettivo di catturare attenzione e diffondere opinioni positive, che portino ad

acquistare l’oggetto della campagna o ad aderire al concetto o alla pratica sociale proposta;

- marketing diretto: attività di comunicazione diretta con il cliente potenziale e finalizzata a trasformarlo

in cliente effettivo tramite volantinaggio, telefono, tv, posta, ecc;

- Promozioni: attraverso la presenza in luoghi strategici si tenta di condurre il cliente all’acquisto offrendo

il prodotto o il servizio in modo vantaggioso, con sconti, concorsi, ecc;

- sponsorizzazioni: attività di supporto tecnico/finanziario nell’ organizzazione di eventi artistico/culturali,

opere edili, per comunicare la propria immagine, attraverso la presenza ed il marchio;

- relazioni pubbliche: insieme di attività di conoscenza e relazione che mirano a sviluppare contatti con

soggetti-chiave per esercitare pressioni informative al fine di svilupparsi e trovare collocazioni sul

mercato.

7.7- Marca

La marca è il concentrato concettuale del valore dell’azienda, ed è trasportata perlopiù da marchi, loghi, simboli

grafici, che assumono una valenza sempre più strategica per la riconoscibilità immediata di un’organizzazione

all’interno di un contesto socio-culturale imperniato sulla forza dell’icona che porta con sè precisi elementi

valoriali.

Page 107: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 39

8- COMUNICAZIONE VERBALE

Colloqui di lavoro, interviste, riunioni, conferenze, assemblee, interazioni informali, etc.

9- COMUNICAZIONE FORMALE

Prevalentemente basata su documenti ed elaborazioni scritte, quali circolari, resoconti informativi, verbali di

assemblea relativi a riunioni, ecc. Ma anche colloqui ufficiali, convegni, assemblee.

Si tratta di una comunicazione precisa, autorevole e rigida.

10- COMUNICAZIONE INFORMALE

Basata soprattutto sull’oralità (commenti, opinioni, impressioni, battute ironiche, valutazioni personali, tensioni

verbali). Ma anche informazioni, messaggi scritti fatti pervenire in modo privato e non secondo sistemi

procedurali e di archiviazione.

Si tratta di una comunicazione più libera ed elastica.

11- COMUNICAZIONE SCRITTA

Lettere, manuali, riviste, bollettini, circolari, comunicati stampa, etc.

12- COMUNICAZIONE FUNZIONALE

Informazioni operative a supporto di processi operativi e decisionali.

Page 108: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 40

13- COMUNICAZIONE INFORMATIVA

Informazioni dirette al pubblico interno ed esterno all’organizzazione per far conoscere politiche, servizi,

prodotti.

14- COMUNICAZIONE CREATIVA

Informazioni scambiate verticalmente ed orizzontalmente tra i membri dell’organizzazione per la creazione del

senso di appartenenza e spirito di gruppo, in momenti quali riunioni, feste, presentazioni, etc.

15- COMUNICAZIONE FORMATIVA

Insieme di attività di tipo formativo finalizzate a coinvolgere e formare i membri dell’organizzazione, e di

conseguenza collaboratori e clienti/utenti, svolte presso luoghi di lavoro e contesti specialistici.

16- PUBBLICO (STAKEHOLDERS)

Gruppi e categorie di persone, espressione dell’ambiente socio-economico in cui opera l’organizzazione, che

gravitano a diverso titolo attorno alle sue attività.

17- FINALITA’

Finalità interne

Trasmettere informazioni di tipo operativo

Informare il personale su politiche e strategie dell’organizzazione

Motivare il personale

Garantire ed ottimizzare i flussi informativi

Supportare i cambiamenti strategici

Page 109: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 41

Sviluppare il coinvolgimento del personale

Evidenziare i malesseri relazionali ed operativi e ricomporre situazioni

di malfunzionamento organizzativo

Creare un clima di lavoro positivo

Soddisfare il bisogno di identificazione di sé e del ruolo

Finalità esterne

Promuovere una buona immagine dell’organizzazione verso i clienti e

gli altri tipi di pubblico

Trasmettere messaggi volti a modificare comportamenti ed

atteggiamenti del pubblico

Informare i diversi tipi di pubblico su servizi, prodotti, sviluppi

Motivare il pubblico all’acquisto di beni e servizi

18- PUBBLICO INTERNO

Management

Quadri

Impiegati

Operai

Sindacati aziendali

Forza di vendita diretta e indiretta (agenti, etc)

Dipendenti potenziali

19- PUBBLICO ESTERNO

Opinione pubblica

Giornalisti, Opinion leaders.

Page 110: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 42

Istituzionali

Pubblica Amministrazione; Parlamento; Magistratura; Partiti politici; Sindacati nazionali,

Associazioni di categoria; Ordini professionali.

Commerciali / Finanziari

Clienti/utenti; Fornitori; Azionisti; Banche; Società finanziarie; Società di certificazione; Società

di ricerca; Investitori istituzionali; Concorrenti attuali e potenziali; Imprese partners.

20- STRUMENTI INTERNI

Riunioni, Lettere, Circolari, Documenti, Colloqui formali e informali, Giornali aziendali, Reti telematiche

(intranet), Convention, Bollettini tematici, Assemblee, Feste aziendali, Bacheche.

21- STRUMENTI ESTERNI

Pubblicità

Pubblicazioni a stampa, Audiovisivi (filmati, suoni, multimedia), Convegni, Siti web (internet),

Telefono o posta (per informare/vendere), Fiere e mostre, Sponsorizzazioni, Programmi

culturali, sociali e promozionali, Design industriale, grafico e architettonico, Relazioni con

televisione, radio e stampa, Chioschi e punti informativi, Testimonials in grado rappresentare

l’organizzazione e catalizzare l’attenzione del pubblico

Documenti

Bilancio societario e Rapporto ambientale, Lettera agli azionisti.

22- MESSAGGIO

un insieme di parole o frasi strutturate secondo regole grammaticali e

sintattiche

immagini, fotografie, disegni, schemi

atteggiamenti e comportamenti

abbigliamento delle persone

design/estetica di oggetti, edifici, uffici.

Page 111: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 43

23- CARTE DEI SERVIZI PUBBLICI

Pubblicazioni in cui si dichiarano le caratteristiche di determinati servizi, gli intenti di chi li eroga e l’assunzione

di impegni in termini di qualità, efficienza, sicurezza verso i cittadini-utenti, dei quali si ricerca la soddisfazione,

in un circuito virtuoso di ottimizzazione dei costi e di miglioramento della qualità della vita urbana.

24- CODICE DI COMPORTAMENTO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Emanato con Decreto Ministeriale, contiene una serie di principi per la condotta di dirigenti e impiegati,

finalizzato ad offrire parità di trattamento agli utenti, a tutelare l’indipendenza dei dipendenti e a perseguire

diligenza, imparzialità e lealtà nell’agire professionale.

25- CODICE DI STILE

Elaborato ai fini della comprensibilità di atti, provvedimenti, istruzioni, comunicazioni all’interno e all’esterno

della macchina burocratica; contiene le modalità di impostazione di un testo scritto e i principi generali per

realizzare una corretta comunicazione pubblica istituzionale. Nella stesura di ordini di servizio, opuscoli, disegni

di legge, circolari, verbali, delibere, ci si dovrà ispirare all’ordine, all’essenzialità e alla leggibilità, con

attenzione alla semplicità della sintassi e all’uso della punteggiatura.

26- RETI CIVICHE

Rappresentano uno strumento fortemente innovativo nella gestione del rapporto istituzioni/cittadini. Sono

porzioni di cyberspazio di natura no-profit ad accesso gratuito in grado di assicurare interattività su ambiti e

servizi di natura prevalentemente locale. Attraverso una rete civica i soggetti della comunità locale (Pubblica

Amministrazione, cittadini, associazioni, aziende) offrono informazioni utili aggiornate, erogano servizi di

interesse generale e danno vita a dibattiti, forum, attivando comunità virtuali, dove la frequentazione continua

sviluppa nuovi sensi di appartenenza e nuove forme di cittadinanza (cittadinanza elettroniche).

Page 112: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 44

27- URP

Gli Uffici Relazioni con il Pubblico (URP), istituiti secondo l’art 12 del D.L.29/1993, sono luoghi strategici per

l’integrazione e la trasparenza delle attività amministrative, in quanto convogliano informazioni che

rimarrebbero altrimenti celate negli uffici. L’URP è in rapporto costante con tutte le aree della Pubblica

Amministrazione ed è preposto da un lato a dialogare con la cittadinanza e ad informarla sullo stato di atti e

procedimenti in corso, e dall’altro a formulare proposte logistico/gestionali per il miglioramento del rapporto

utenza/Pubblica Amministrazione. Utilizza strumenti di ricerca sociale, di marketing e di comunicazione.

28- FIRMA DIGITALE

I meccanismi di accesso, di consultazione e di interoperabilità tra uffici, soggetti economici ed aree interne di

un’organizzazione rimandano ai concetti di identità, documento e firma digitali, che si sostanziano in procedure

e strumenti che sempre più accompagneranno cittadini e consumatori nelle loro pratiche amministrative,

sanitarie e commerciali.

Sulla spinta delle Leggi Bassanini 59 e 127 del 1997, in cui si stabilisce che i documenti creati informaticamente

e telematicamente dalle amministrazioni e dai privati assumono validità legale, e grazie al lavoro di indirizzo e

coordinamento dell’AIPA (Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione), si è sviluppato il sistema

di firma digitale.

La firma digitale è la soluzione che permette di firmare elettronicamente documenti amministrativi e

commerciali; certificati, contratti, atti, da sempre redatti su carta mediante inchiostro, assumono oggi valore

giuridico anche nella loro forma elettronica, quando elaborati e trasmessi secondo le regole tecnico-procedurali

predisposte da AIPA e dagli organismi internazionali di standardizzazione.

Le questioni fondamentali riguardano il problema della sicurezza e dell’autenticità dell’identità dei contraenti e

del documento creato e trasmesso, visto che questo consiste in una sequenza di bit. Grazie a sofisticate tecniche

di crittografia sono garantite la non-modificabilità del documento e le identità dei rispettivi autori. La firma

digitale è composta da una parte di documento in chiaro (chiave pubblica), che viene crittografato mediate

l’apposizione di una chiave privata, cioè un algoritmo calcolato sulla base di quel documento. In tale sistema di

firma risultano centrali le Autorità di certificazione, terze parti, che emettono certificati di certezza dell’identità

dei contraenti, controllando periodicamente la validità delle chiavi di cifratura.

L’utilizzo delle smart card (carta d’identià elettronica, ecc) svilupperà ulteriormente la pratica della firma

elettronica, visto che nella sua memoria potrà essere custodita anche la propria chiave di firma.

Page 113: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 45

29- TELELAVORO

Per quanto concerne le nuove forme di divisione del lavoro e le modalità di espletamento della prestazione

intellettuale all’interno di organizzazioni pubbliche e private, si può annoverare, tra gli strumenti della

comunicazione interna,anche il cosiddetto telelavoro (che è strumento e ambiente di produzione e di gestione

delle informazioni, che poi si fonde con le nuove dinamiche di interazione comunicativa tra organizzazioni e

propri dipendenti).

Il lavoro a distanza, proprio per l’assenza di condivisione di spazi e situazioni collettive, non si configura

soltanto come uno strumento della comunicazione organizzazionale, ma rappresenta una nuova condizione

produttiva e sociale.

Il termine telelavoro sta ad indicare quell’insieme di attività professionali che il dipendente di un’organizzazione

può svolgere senza essere presente fisicamente nelle sedi istituzionali. Il telelavoratore può operare da casa o da

altri luoghi, attraverso una postazione di lavoro costituita da un personal computer e da una serie di periferiche

commisurate al tipo di prestazione che è chiamato a fornire. La connessione alla rete internet/intranet consente la

comunicazione a distanza e la condivisione di dati e strumenti informatici tra il lavoratore distaccato e gli altri

membri eduffici dell’organizzazione.

La telematica (informatica + telecomunicazioni), che pervade sempre più la vita quotidiana di cittadini e aziende,

consente, quindi, di effettuare operazioni di elaborazione, trasmissione e di decisione a distanza, agevolando

processi produttivi e comunicativi.

Il rapporto tra organizzazione e dipendente telelavoratore assume connotati diversi da quelli descritti in

precedenza; l’interazione in telepresenza infatti porta con sé nuove opportunità per la qualità della vita del

lavoratore, ma fa emergere anche nuove problematiche relazionali.

I vantaggi apportati dal telelavoro, oltre a quelli di carattere economico, riguardano l’eliminazione dei tempi di

trasferimento abitazione/ufficio con ricadute positive sulla mobilità urbana delle grandi città, la flessibilità

d’orario e una certa compenetrazione tra sfera familiare/casalinga e mondo del lavoro.

A fronte di tutto ciò si delineano all’orizzonte rischi “comportamentali” legati all’identità spaziale e alla

comunicazione. Il senso di identificazione e le motivazioni possono modificarsi a causa dell’isolamento e

dell’impossibilità di stare a contatto coi colleghi di lavoro. Al dipendente che telelavora da casa vengono a

mancare quelle forme di comunicazione interna fondate sull’oralità e sull’informalità dell’interagire quotidiano.

Sarà quindi possibile che il telelavoratore rintracci e percepisca il senso di appartenenza alla propria

organizzazione secondo percorsi e modalità diverse, inedite e tutte da sondare.

Ecco allora che le organizzazioni che si rinnovano prevedendo il telelavoro, dovranno coinvolgere i dipendenti

in programmi di comunicazione finalizzati a creare e mantenere il senso di appartenenza.

Page 114: Tecniche di comunicazione

La comunicazione nelle Organizzazioni 46

30- E-LEARNING

Apprendimento elettronico: processo di erogazione di servizi formativi via internet o intranet che consente

all’organizzazione di ottimizzare i costi. L’informazione formativa giunge al personal computer dell’utente

simulando il rapporto allievo/docente nella situazione classica di apprendimento(banco/aula).

Orari, contenuti e frequenza, sono gestiti in totale autonomia dall’allievo/utente, che è posto nella condizione di

chiarire i propri dubbi in tempo reale.

Page 115: Tecniche di comunicazione

LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE:

CONCETTI, PROSPETTIVE, PROBLEMATICHE

Page 116: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 2

INDICE

1. TECNOLOGIA, COMUNICAZIONE E SOCIETÀ

1.1 Una rivoluzione in corso?

1.2 Verso la società dell’informazione?

1.3 L’era del “mighty micro”

1.4 La conquista dello “spazio”

1.5 Utopia o distopia?

2. CONCLUSIONI

3. APPROFONDIMENTI

3.1. “Information & Communication Technology“

3.2. Dalla comunicazione verticale alla comunicazione circolare

3.3 “New Economy“

Page 117: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 3

1. TECNOLOGIA, COMUNICAZIONE E SOCIETÀ

Parlando di comunicazione occorre sottolineare che la dimensione tecnologica, oggi, occupa senza

dubbio un posto di riguardo. Società avanzate come la nostra assegnano infatti un ruolo sempre più

rilevante a quell’insieme di dispositivi che, seppur molto diversi tra loro, presentano un’importante

caratteristica comune: rendono possibile una “mediazione artificiale” tra gli individui e, quindi, una

comunicazione a distanza tra essi. Grazie a questi mezzi, gli esseri umani sono cioè in grado di

comunicare a prescindere dalla compresenza fisica, ossia senza essere vincolati – come invece accade

per la comunicazione faccia a faccia - dalla necessità di trovarsi nel medesimo contesto spaziale (ci si

può rivolgere a persone che vivono lontano) o temporale (i messaggi possono essere

letti/ascoltati/visionati anche molto tempo dopo la loro produzione od emissione).

Dall’invenzione del torchio per la stampa nel XVº secolo, un numero crescente e differenziato di

dispositivi di questo genere ha fatto il suo ingresso nella nostra società, ampliando gradualmente le

opzioni ed il raggio di azione della comunicazione a distanza. A calcare la scena, almeno fino a pochi

anni fa, erano in particolare strumenti come i giornali, la radio, il cinema e la televisione. Questi

strumenti condividono un secondo e fondamentale tratto comune: uno schema di funzionamento

“unidirezionale”, in base al quale un “messaggio” (sia esso una trasmissione, un’opera letteraria, un

brano musicale o altro) è inviato da una “fonte” o “emittente” ad un numero spesso assai elevato di

“riceventi” (la massa dei destinatari).

Un processo di questo tipo – in cui il canale della comunicazione permette all’informazione di

transitare solo in un verso e di mettere in relazione un emittente con molti riceventi – è ciò che noi

indichiamo con l’espressione comunicazione di massa e che contraddistingue l’opera dei cosiddetti

mass media.

Disciplina tra le più ricche e controverse, la sociologia della comunicazione di massa nasce per

esplorare la complessità dei processi sociali e culturali generati dai mass media moderni. Un’esigenza

che, se si fece impellente nel secolo scorso, sull’onda delle campagne di propaganda che puntellarono il

EMITTENTE SEGNALE DESTINATARIO

(messaggio) (molti riceventi)

Page 118: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 4

primo conflitto mondiale e poi dell’avvento dei sistemi radiofonici, fu non di meno avvertita già in

precedenza. La consapevolezza che i media esercitassero una influenza nelle dinamiche sociali aveva

infatti iniziato a farsi strada ben prima, in particolare quando le prime forme “evolute” di giornalismo, a

cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, ebbero dimostrato la capacità di mobilitare un largo numero di

persone attorno alle nuove idee, ai costumi e alle pratiche che avrebbero scandito gli eventi dirompenti

della tarda modernità e quindi accompagnato costantemente il cammino dell’evo contemporaneo.

Le rivoluzioni americana e francese, con il loro profondo impatto sulla sfera politica, e lo sviluppo

della società capitalistica e ad economia di mercato, con la sua enfasi sui consumi e

sull’intrattenimento, rappresentano forse la più evidente testimonianza del ruolo centrale acquisito dalla

comunicazione di massa. La quale, man mano che l’innovazione scientifica e tecnologica (in primo

luogo lo sfruttamento dei fenomeni elettromagnetici, da cui sarebbero nate le grandi invenzioni

concepite tra il XIX° secolo e l’inizio del XX°: telegrafo, telefono e radio) andava ad arricchire il suo

apparato, si avviava a diventare una delle intercapedini della vita associata. Un ruolo che il medium,

simbolo della seconda parte del secolo appena concluso, la televisione, avrebbe sancito in forma

definitiva.

1.1 UNA RIVOLUZIONE IN CORSO?

Così com’era nata per indagare il grande cambiamento che scosse dalle fondamenta le società del XIX°

e del XX° secolo, la sociologia è oggi posta di fronte a quello che pare, a tutti gli effetti, un nuovo e

radicale mutamento. Una “grande trasformazione” sarebbe in atto e avrebbe, anche questa volta, nel

pianeta della comunicazione uno dei suoi fattori scatenanti. Sottoposta alla pressione delle nuove e

potenti “macchine dell’informazione” (di cui il computer rappresenta il cardine) e di una nuova

generazione di apparati comunicativi a loro volta tributari della “rivoluzione informatica” (che hanno in

Internet il loro centro nevralgico), la società contemporanea è in procinto, secondo l’opinione dei più,

di cedere il posto ad un modello nuovo: la “società dell’informazione”.

In queste pagine cercheremo di trattare, velocemente ma in modo approfondito, questi processi di

cambiamento. Dai quali cercheremo di dare concretamente qualche esempio e di spiegare alcune

parole-chiave, che appaghino la nostra curiosità di utenti delle nuove tecnologie e che siano spendibili

nel mondo del lavoro.

Page 119: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 5

1.2 VERSO LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE?

La prima domanda che dobbiamo porci in questo contesto è se il cambiamento in corso è davvero così

radicale. A questa domanda, in realtà, non è possibile rispondere in modo semplice ed univoco. O

meglio, le argomentazioni che sono state avanzate per sostenere o negare l’ipotesi in questione sono

non solo numerose, ma possono essere considerate ora valide, ora erronee, ora poco o per niente

influenti in base alla prospettiva assunta. Ciò che a noi più importa in questa sede è che l’intensità del

dibattito sull’esistenza o meno di un passaggio alla “società dell’informazione” è un chiaro indicatore

delle pressioni che questo argomento pone alla riflessione, e non solo a quella sociologica.

Il vento dominante muove dunque verso il cambiamento. Le direzioni da cui spira sono, occorre

riconoscerlo, molteplici e contraddittorie, e la strada migliore per affrontarlo è quella di individuarne

pazientemente le fonti e di esaminarle direttamente, senza mediazioni.

Cercheremo dunque di portare allo scoperto almeno le principali tesi e le formule in auge in questo

dibattito. Cominciando naturalmente dal concetto che ha già fatto capolino in queste righe, quello di

“società dell’informazione”.

Questa espressione è molto lontana dal suscitare unanime consenso. Al contrario, essa ha prestato il

fianco a numerose e talvolta ben congegnate critiche. Quelle, ad esempio, di chi si chiede se,

considerato che l’attività comunicativa è “attività universale e necessaria”, riscontrabile cioè non solo

nell’uomo di ogni tempo, ma “in tutti gli organismi viventi”, vi sia mai stata una società che non fosse

“dell’informazione”.

O di chi invita a guardarsi alle spalle, ossia alle precedenti fasi di cambiamento tecnologico, prima di

intonare “discorsi celebrativi” sulla società dell’informazione e di guardare ad essa come al nuovo ed

“insuperabile orizzonte dell’evoluzione umana”.

O infine di chi ritiene che il predicato “passaggio d’epoca” potrebbe essere meglio inquadrato da altre

angolazioni e quindi illuminato da formule alternative come, per citarne solo alcune, società “in rete”,

“globalizzata”, “postmoderna”, “postindustriale”, “complessa”. Ad ogni modo, indipendentemente da

ogni controversia accademica, l’espressione “società dell’informazione” ha ormai guadagnato il centro

della scena. E noi possiamo tranquillamente prenderla a prestito per i nostri scopi; anche perché, se non

altro, essa presenta due indiscutibili meriti.

Page 120: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 6

Innanzitutto, essa pone l’accento su un fatto sul quale molti osservatori sono concordi, ossia che

l’informazione, in tutte le sue articolazioni, è diventata una “risorsa primaria”, e che la sua

“produzione, distribuzione e controllo” sono diventate le “chiavi dei processi sociali”. Ed è proprio la

centralità dell’informazione sulla scena contemporanea che occorre indagare, se vogliamo o no avallare

l’idea di una società basata su di essa. Ciò significa, ecco, dunque, il secondo “merito” della formule,

che la nostra attenzione dovrà concentrarsi in particolare su quella nuova generazione di strumenti che

operano con l’informazione e che si stanno gradualmente affermando fino a diventare, proprio come la

stessa informazione, pressoché onnipresenti o addirittura indispensabili.

Il compito che ci si pone di fronte è dunque chiaro e ben delimitato. Si tratta di fare luce sui modi in cui

le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione (Information & Communication

Technology, note con l’acronimo di ICT) intervengono sulle principali dimensioni della vita associata.

O, detto ancora diversamente, di capire se strumenti come i computer, il world wide web e le altre

componenti del pianeta ICT starebbero davvero trasformando il contesto sociale in cui viviamo.

1.3 L’ERA DEL “MIGHTY MICRO”

All’improvviso sembra diventato impossibile conseguire il successo in qualsiasi campo senza l’impiego

delle tecnologie informatiche; pare che queste siano destinate a far cambiare qualsiasi attività umana

delle società avanzate […] Per quanto con opinioni e argomentazioni differenti, molti concordano

tuttora sul fatto che l’unione fra elaboratori e telecomunicazioni segni l’inizio di una nuova era.

Sembra che questa sia l’unica strada da percorrere se si vuole andare avanti: l’avvio dei processi di

trattamento, trasmissione, memorizzazione e recupero dell’informazione insomma sarebbe l’elemento

chiave del benessere futuro e di stili di vita qualitativamente differenti (Lyon, 1991, p. 19).

Queste parole di Lyon ben illustrano le opinioni e lo stato d’animo dominanti nella nostra era. Che è

un’era segnata, tra le altre cose, dall’ingresso progressivo nella nostra vita quotidiana di nuove e

prodigiose apparecchiature elettroniche, strumenti votati, come ha ben sottolineato Lyon, a compiti di

“trattamento, trasmissione, memorizzazione e recupero dell’informazione”. Sono queste, in sostanza, le

quattro principali chiavi di lettura di quella “rivoluzione” delle “macchine intelligenti” cui dobbiamo,

Page 121: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 7

oltre che lo zelo dei tecno-entusiasti preso di mira (e non sempre senza ragione) da Lyon, i più

significativi cambiamenti nel nostro modo di lavorare, studiare, relazionarci e così via.

Se si tratti o no di un vero mutamento “epocale” è, come abbiamo già evidenziato, materia di aperta

discussione. Anche un contro-rivoluzionario come Lyon, tuttavia, non può fare a meno di chiedersi da

dove abbia origine questo fermento riscontrato praticamente in qualsiasi campo.

Ebbene, per Lyon, come per altri studiosi, tutto ha inizio negli Stati Uniti: è qui, nell’ambito dello

sforzo bellico che avrebbe portato l’America a liberare l’Europa dal nazifascismo, che viene avviato e

generosamente sovvenzionato un ambizioso programma di ricerca scientifica e tecnologica. Che aveva

sì dei fini immediati, il miglioramento dei sistemi radar, ma che condusse a risultati che avrebbe

trasceso (senza però mai abbandonarlo) il campo militare. Con un processo graduale ma impetuoso, che

si protrasse anche dopo la fine del conflitto mondiale i frutti giunti a maturazione nei laboratori

sovvenzionati dal Pentagono si sarebbero irradiati nel mondo civile ed economico: è questo il turning

point della “rivoluzione microelettronica”.

Finalmente scoccata, l’ora del “mighty micro” (Evans, 1982) annunciava un cammino completamente

nuovo per la scienza, la tecnologia e, forse, per la stessa civiltà tout court. Trainato dalle scoperte del

transistor prima e del chip poi, il progresso nella microelettronica fornisce la base per le più importanti

invenzioni tecniche della seconda parte del ventesimo secolo. E’ il caso, anzitutto, di un progetto che

peraltro era coltivato da tempo e che addirittura – sia pur in nuce – possiamo attribuire a lontani

pensatori come Pascal e Leibnitz: quello dei “calcolatori”.

Era l’inizio della parabola del computer, destinato a diventare la “tecnologia di definizione” dei nostri

tempi, come l’orologio lo fu per l’evo della meccanica e dell’industria.

Grazie alla progressiva “miniaturizzazione” degli elementi, i computer sarebbero gradualmente usciti, a

mano a mano che si riducevano le loro dimensioni inizialmente elefantiache (il primo computer,

chiamato ENIAC e sviluppato nel 1946, occupava una superficie di duecento metri quadrati), dai

grandi laboratori e dalle stanze delle principali industrie. Perché la diffusione del computer potesse

procedere, occorreva tuttavia un altro passaggio fondamentale: bisognava rendersi conto che il

computer era ben più di una sofisticata macchina per il calcolo. Il suo vero potenziale risiede infatti

nell’essere una “macchina universale”, capace cioè di mettere la sua velocità di computazione al

servizio di compiti diversi; previa, naturalmente, una opportuna e mirata “programmazione”. E fu

questa, in sostanza, la missione che avrebbero svolto i primi promotori di una industria che avrebbe

condotto la “rivoluzione informatica” al suo secondo traguardo: dopo l’hardware, il software.

Page 122: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 8

La congiunzione di questi fattori - l’opera dei progettisti del software, che adattano il vecchio

calcolatore agli usi pratici della vita quotidiana, l’aumento delle capacità di memoria, l’impressionante

incremento delle prestazioni dei microprocessori, l’incessante discesa dei costi di fabbricazione di un

computer (che dal 1954 continuavano a scendere di un quinto ogni anno) e altri - genera quindi la vera

e propria svolta: l’avvento del personal computer. Commercializzati a partire dagli anni ‘80, i personal

computer sembrano segnare la fineper le macchine - ingombranti, inquietanti e soprattutto riservate alla

ristretta casta dei conoscitori del suo arcano linguaggio - che avevano fino a quel momento occupato

l’immaginario collettivo. Grazie quindi ad ulteriori opportuni accorgimenti che facilitano il “dialogo”

con esso (ad esempio le “interfacce utente” come il sistema operativo “a finestre”) e al continuo

aggiornamento delle sue funzionalità (dai programmi per la gestione aziendale a quelli più prosaici

come i giochi), il computer può ora proseguire il suo cammino verso gli uffici e le abitazioni.

1.4 LA CONQUISTA DELLO “SPAZIO”

Con la telematica, le telecomunicazioni hanno raggiunto un’altra tappa importante della loro storia.

Nate sulla scia di un’altra grande innovazione, quella dell’elettricità, le reti per la comunicazione a

distanza hanno rappresentato la grande vittoria dell’uomo sullo spazio e sul tempo, su due coordinate

cioè che i servizi telegrafici e telefonici prima e le radiocomunicazioni e la televisione poi avevano man

mano neutralizzato. Con l’ingresso dei computer e quello pressoché contemporaneo di un altro attore

strategico, il satellite, si realizzava quindi un ulteriore e drastico passo in avanti. Da quel momento, il

termine “comunicazione” non solo acquistava nuovi protagonisti, ma acquisiva un nuovo destino:

quello di rappresentare a un tempo la parola chiave e il cardine infrastrutturale di un sistema che

avrebbe abbracciato l’intero globo terrestre con i suoi flussi di informazione, ormai inarrestabili e

sempre più ricchi.

Con la telematica, e più precisamente dopo l’attivazione dei primi “nodi”, le “interconnessioni” tra i

computer ormai dialoganti – capaci cioè, grazie ad un apposito “protocollo”, di mettersi in contatto e di

scambiare dati tra loro – rimasero per circa due decenni prerogativa di un ristretto numero di luoghi

“eletti” (università, laboratori di ricerca). Ma dalla fine degli anni Ottanta, la nuova invenzione avrebbe

iniziato inesorabilmente a fuoriuscire da quel recinto. Soprattutto dopo l’ideazione del World Wide Web

all’inizio dello scorso decennio, l’aumento del numero dei server (i potenti terminali dove sono

Page 123: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 9

depositate le informazioni da “scaricare”: i siti, le banche dati, ecc.) e dei client (i computer che si

collegano, per lo più saltuariamente e attraverso le linee telefoniche) procederà in modo incessante,

facendo diventare la trama della rete sempre più fitta e il suo tessuto ancora più interessante e

dinamico.

Se i primi utilizzatori di Internet si erano accontentati di inviarsi per lo più messaggi di posta

elettronica, di accedere alle rispettive banche dati o di frequentare qualche “bacheca elettronica” dove

scambiarsi opinioni e osservazioni, i nuovi linguaggi e programmi di cui il World Wide Web era

portatore hanno fatto compiere alla rete telematica un rilevante salto di qualità, presiedendo alla

costruzione di quel «labirinto multimediale» che tutti noi conosciamo e frequentiamo.

E’ nato, dunque, il “cyberspace”: un nuovo universo informazionale dove convivono tutte le forme di

comunicazione esistenti (scritte, iconiche, audiovisive) e al quale qualunque possessore di un personal

computer e di un modem può avere accesso. E non solo per “godersi” lo spettacolo, ma anche per

arricchirlo con un suo contributo personale (creando, ad esempio, una propria pagina web) e soprattutto

per partecipare, apprendendo le tecniche di “comunicazione mediata dal computer”, alla vita delle

“comunità virtuali” che animano il ciberspazio. World Wide Web, stanze di chat, forum, messaggerie

istantanee ed altri strumenti ed ambienti di rete offrono al sempre più cospicuo “popolo di Internet” la

possibilità che i vecchi mass media gli avevano precluso: quella di diventare “infoproduttori”.

Veri e propri “diffusori di informazione” del mondo contemporaneo, i cittadini comuni possono oggi

farsi parte attiva di una comunicazione sempre più tempestiva, coinvolgente, efficiente e soprattutto

allargata all’intero pianeta.

1.5 UTOPIA O DISTOPIA?

Hardware, software, telematica rappresentano dunque i tre grandi passaggi della rivoluzione

informatica. Sono i momenti chiave che hanno portato progressivamente i personal computer, di

dimensioni ormai contenute e dotati di grande potenza di calcolo, nelle nostre abitazioni, nei luoghi di

lavoro, negli uffici della pubblica amministrazione. E che li hanno visti diventare, da puri elaboratori di

informazione, a potenti e versatili strumenti di comunicazione; una svolta, quest’ultima, di cui la

nascita e la crescita esponenziale di Internet è al tempo stesso guida e testimone. La rete, insomma, è

davvero, a un tempo, il mezzo e il simbolo di un mondo diverso.

Page 124: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 10

Innegabilmente, le nuove tecnologie della comunicazione aprono la porta ad una serie di trasformazioni

che promettono di essere profonde e gravide di conseguenze. Trasformazioni che non possiamo certo

limitare al fatto, pur importante, che i nuovi media come Internet conferiscono agli utenti ciò che i

vecchi media negavano loro, ossia la possibilità di farsi parte attiva della comunicazione e di diventarne

dunque, se non i protagonisti, quanto meno dei prolifici comprimari.

Stando a quanto ci è possibile osservare, e soprattutto a ciò che ci viene riferito da chi compie i suoi

studi in questo terreno, i cambiamenti sarebbero di portata ben più ampia. Dalle forme aggregative e

comunitarie, alla politica, all’economia, e naturalmente alla guerra, ciascuna di queste sfere è

attualmente investita dall’incalzante opera di rimodellamento compiuta dall’innovazione tecnologica.

Un’azione che nasce però, vale la pena ricordarlo, non dalla tecnologia in sé, ossia dalla semplice

“emergenza” di nuove invenzioni, ma dall’uso effettivo (talvolta secondo modalità impreviste dagli

originali promotori), sempre più massiccio e frequente delle nuove “macchine intelligenti” da parte dei

“grandi” e “piccoli” attori sociali, come istituzioni, cittadini, aziende, consumatori, scrittori, lettori, etc.

Ma l’evidenza di questi risultati positivi, come del resto il profilarsi di nuove e oscure minacce su cui

sarebbe poco saggio sorvolare (possibilità inedite di telesorveglianza, intrusioni foriere di danni da

parte dei pirati informatici, violazioni della privacy e, forse e soprattutto, l’accentuazione del divario

sociale ed economico – il “digital divide” – tra nazioni, comunità ed individui che sono o non sono

capaci di padroneggiare le nuove tecnologie o, ancor peggio, che hanno o no l’accesso alle relative

infrastrutture), rende ineludibile chiederci dove ci porterà l’uso di una tecnologia sempre più avanzata.

Una serena ma attenta valutazione del modo in cui i nuovi media posano la loro impronta – sia avec

nous che malgré nous – sulle nostre società e influenzano il nostro “essere nel mondo” non può, del

resto, che essere sensata.

La critica, in fin dei conti, è il miglior abito mentale che si possa indossare di fronte ad una passerella

su cui sfilano le più intriganti visioni del mondo. Fermo restando, però, che di fronte al “diluvio di

informazione” che si sta riversando su di noi non c’è davvero abito che tenga.

2. CONCLUSIONI

Al di là delle “utopie” e “distopie” che affollano l’animato dibattito sulle nuove tecnologie c’è, davanti

a noi, la vita di tutti i giorni. Nella quale la maggioranza di noi è, che piaccia o no, utente delle ICT.

Page 125: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 11

Sarebbe dunque ingenuo non fare i conti con quella “Torre di Babele comunicativa” che, come ci

segnala un’autorevole organo di ricerca quale il CENSIS [2001], è oggi presente nelle nostre case. Di

fronte ad una rilevazione che mostra come nelle abitazioni delle famiglie italiane non solo non

manchino i tradizionali mass media come la televisione (98,7%), la radio (95%) o quotidiani (71,8%) e

periodici (59,5%), ma siano sempre più radicati strumenti come il decoder per la tv satellitare (15%), i

telefoni cellulari (85,1%) e, soprattutto, i personal computer (43,4%) e le connessioni ad Internet

(30%), è difficile negare che l’ICT non stia acquisendo una posizione sempre più rilevante nelle nostre

abitudini. E che al panorama della comunicazione di massa tradizionale non si stiano sovrapponendo,

in forma sempre più compiuta, i nuovi scenari della comunicazione reticolare, interattiva e

multimediale proiettati dal persona computer, da Internet e dai cosiddetti nuovi media.

Che la si accetti o no, la “società dell’informazione” sembra aver cominciato a consolidare le sue

fondamenta. E i suoi pilastri, come Internet, cominciano a stagliarsi nel paesaggio sociale in cui

viviamo. Il popolo dei navigatori cresce ormai in continuazione: le stime ne assestano la consistenza ad

un valore compreso tra i 400 e i 540 milioni di persone in tutto il mondo [Assinform, 2002]. E anche

l’Italia mostra di voler stare al passo, come dimostra l’aumento da 13 milioni di utenti circa nel 2000

agli oltre 20 milioni stimati nel 2002. Non si tratta, certo, di un insieme omogeneo; c’è una forte

differenza, ad esempio, tra quelli che sono definiti “heavy users” (chi accede ad Internet più volte alla

settimana) e i frequentatori occasionali. Sembra comunque plausibile interpretare quel dato come il

segnale di una progressiva familiarizzazione con il nuovo strumento e di un consistente allargamento

della sua base sociale.

Non è tutto. Il “big bang” dell’informazione non si riduce esclusivamente ad Internet e alla sua punta di

diamante, il World Wide Web. Per cogliere la portata dell’esplosione dobbiamo prestare attenzione

anche ad altri strumenti. Come, ad esmpio, le televisioni via satellite e via cavo, a cui peraltro il

processo di globalizzazione dei processi culturali e comunicativi deve già molto.

Il canale televisivo suscita particolare interesse non solo a causa della poderosa crescita della sua

offerta, un fenomeno che il satellite, più che il cavo, pone davanti agli occhi di tutti gli italiani. La tv

infatti si colloca nella prima linea del fronte digitale, al punto che potrebbe addirittura spodestare il

computer e assumere il ruolo per cui quest’ultimo ci appare il naturale candidato; diventare cioè il

principale “hub” dei servizi multimediali e interattivi. Tutto dipenderà dall’esito di quel conflitto tra il

pc e la tv in cui la posta è rappresentata, in sostanza, dagli “occhi” dei tele-consumatori.

L’incertezza sull’esito di questa gara è testimoniata, tra l’altro, dall’entrata in scena di un terzo

insidioso competitore: il “telefonino”. Entrate con una rapidità davvero sensazionale nelle abitudini

Page 126: Tecniche di comunicazione

La società dell’informazione 12

degli italiani, le telecomunicazioni mobili (o “wireless”, senza fili) rappresenterebbero infatti una porta

d’accesso preferenziale al mondo della rete. E’ questa, almeno, la promessa di cui sono portatori i

telefoni cellulari di terza generazione (UMTS), che sono in procinto di trasformare le grandi

potenzialità della comunicazione interattiva e multimediale, ad oggi “incarnate” da Internet, in una

“seconda pelle” indossabile ovunque.

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La società dell’informazione 13

3. APPROFONDIMENTI

3.1. “INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY“

L’espressione Information & Communication Technology (ICT) è usata convenzionalmente per

indicare un macro-settore economico e industriale che è in realtà assai variegato. In estrema sintesi, le

aziende ICT sono impegnate sia nel poliedrico campo della comunicazione (che va dalla telefonia

satellitare alla tv via Internet), sia nel non meno stratificato terreno dell’informatica (dove troviamo

tanto il produttore indiano di microchip quanto il ricco magnate californiano del software). In entrambi

i casi, esse si occupano tanto della produzione di apparati e strumenti quanto dell’erogazione dei

relativi servizi. In pratica, l’ICT raccoglie intere filiere che comprendono a loro volta tutte le fasi di un

comparto tecnologico (esempio: dalla produzione delle componenti di un telefonino, al suo

assemblaggio, all’installazione dei ripetitori, alla fornitura delle linee agli utenti, sino alla vendita

diretta di una banalissima suoneria per il cellulare o di uno di quei loghi che campeggiano sul suo

schermo).

L’ICT si divide in due principali comparti: information technology (IT) e telecomunicazioni (TLC).

Ciascun comparto è ulteriormente ramificato secondo due linee principali: infrastrutture e servizi.

Questa distinzione, almeno in linea teorica, è facilmente osservabile nel settore IT, dove le imprese che

si occupano di infrastrutture producono il cosiddetto hardware (personal computer, mainframe, ecc.),

mentre dal lato dei servizi realizzano il software (anche se non pochi profitti vengono, come insegna il

caso IBM, dall’assistenza tecnica alle imprese).

Le imprese TLC invece, per quanto riguarda le infrastrutture, sono impegnate nella produzione dei

terminali, nell’installazione di cavi ecc., mentre nel secondo fronte erogano principalmente servizi

telefonici di rete fissa o mobile, naturalmente non solo per la conversazione vocale ma anche, per citare

una delle voci più importanti, per le connessioni ad Internet.

L’ICT è stata tra i più illustri protagonisti dell’economia mondiale soprattutto degli ultimi due decenni

e in particolare in quello appena concluso, coinciso con il decollo della New Economy. Ancora oggi,

pur risentendo come gli altri settori della recente crisi economica, la New Economy mostra enormi

potenziali di crescita [Assinform, 2002]. Nel 2001, il suo mercato aveva raggiunto in tutto il pianeta un

valore pari a 2.218 milioni di dollari, con una crescita del 4,9% rispetto all’anno precedente (ma

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La società dell’informazione 14

l’incremento 1999/2000 era stato ancora superiore: + 12,9%). Una simile cifra corrisponde al 7,1%

dell’intero prodotto interno lordo a livello mondiale, un dato che, insieme a quello sulla crescita

annuale (il PIL mondiale era cresciuto, sempre nel periodo 2000/2001, del 2,4%), illustra

eloquentemente la centralità dell’ICT nel panorama economico.

I comparti e le categorie che abbiamo citato sono solo una frazione, benché tra le più importanti, del

mercato ICT, in un quadro reso ancora più frastagliato e vivace dalle numerose partecipazioni e joint

venture delle aziende del settore con le imprese di quella che è solitamente definita “industria

culturale” (audiovisiva, discografica, ecc.).

L’ultimo decennio del secolo scorso ha visto sorgere, in seguito a fusioni o acquisizioni (la più nota

delle quali è senza dubbio quella da cui è sorto il gruppo AOL-Time Warner-Cnn), veri e propri colossi

dell’informazione, che si muovono sotto l’insegna della cosiddetta “convergenza al digitale” (la

tendenza a formare conglomerati che includono settori attigui del mondo dell’informazione, della

comunicazione e dell’intrattenimento, così da realizzare crescenti economie di scala e/o di controllare

integralmente il ciclo di un prodotto, dall’ideazione al merchandising).

Pur costellato da numerosi operatori di piccola taglia che si sono ritagliati tra crescenti difficoltà la

propria nicchia di mercato, nel panorama contemporaneo dell’ICT giganteggiano alcuni imperi

economici dotati di un portafoglio-utenti di proporzioni gigantesche e caratterizzati da strategie

diversificate e di respiro mondiale.

La tabella riportata di seguito è tratta da uno dei lavori più recenti sulla “società dell’informazione” e le

nuove tecnologie [Dutton 2001, p. 80]. In modo assolutamente schematico, essa offre una griglia di

lettura delle componenti chiave e delle principali dimensioni collegate al pianeta ICT.

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La società dell’informazione 15

Tab.: Elementi centrali delle ICT

Tecnologie chiave

Microelettronica, optoelettronica, generazioni successive di sistemi operativi, linguaggi di programmazione, programmi applicativi che controllano le operazioni di un computer.

Apparecchiature principali

Personal computer, scanner, videogiochi, compact disk, macchine fotografiche digitali, telefoni, televisori, commutatori di telecomunicazioni e altri strumenti hardware utilizzati per ricevere, immagazzinare, elaborare o visualizzare informazioni

Tipologie di

contenuti diffusi dalle ICT

Parole, testi, immagini, voci, servizi e altri contenuti che vengono immagazzinati, usati o trasmessi.

Una tecnologia fondamentale: i

sistemi di interfaccia-

utente

Combinazioni di hardware (tastiere, mouse, visori e guanti per la realtà virtuale) e software (come interfacce grafiche per l’utente, o sistemi di riconoscimento vocale) per l’interazione uomo-computer

Infrastrutture per le telecomunicazioni

Reti a banda stretta (miglioramenti dell’attuale infrastruttura) o a banda larga (fibre ottiche, satellite) per la trasmissione dei dati con o senza fili (wireless). Per la televisione, sviluppo dei sistemi di emittenza ordinaria (via etere) e avanzamenti nel settore via cavo e via satellite

Persone che

operano con le ICT e per lo sviluppo delle ICT

Sviluppatori di software, ingegneri, segretari/e, autori di testi, business planner, contabili, studenti, laureati e tutti coloro che usano, creano, gestiscono, leggono e supportano sistemi, servizi e apparecchiature basati sulle ICT.

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La società dell’informazione 16

3.2. DALLA COMUNICAZIONE VERTICALE ALLA COMUNICAZIONE CIRCOLARE

L’avvento dei nuovi media, Internet in primis, può essere letto anche in funzione della “rottura” degli

schemi di trasmissione e di relazione sociale di moda fino a qualche tempo fa nel panorama della

comunicazione di massa. Osservata da questa angolazione, l’attuale generazione di strumenti si

distingue in modo abbastanza netto da quella precedente. E’ anzi proprio questa diversità che fa

emergere tutto il loro carattere innovativo, fino a mostrare uno stravolgimento radicale dei rapporti di

“potere” consolidatisi con i vecchi mass media.

Sono due, in particolare, i fattori strettamente intrecciati che evidenziano la profondità del

cambiamento. Il primo è la relativa caduta della distinzione tra le due categorie di individui coinvolti

nella comunicazione strumentale: gli emittenti e i riceventi, ossia chi trasmette i messaggi e chi ne è il

destinatario. Il secondo elemento da evidenziare è l’asimmetria di questi ruoli (di emittenti e riceventi).

Nel caso dei mass media, il canale di comunicazione funziona in una sola direzione, dall’emittente al

ricevente, e non viceversa. Tutto il “potere” è nelle mani della fonte, mentre ai destinatari non rimane

altro che accogliere o meno i contenuti inviati dai primi. Nessuna reciprocità, nessun feedback. O, per

dirla con un’altra parola molto in voga, il grado zero dell’interattività.

Oggi questa rigidità classificatoria è messa radicalmente in discussione dai nuovi media, i quali

rimodellano l’ormai cristallizzata gerarchia dei ruoli ed aprono la porta ad inedite modalità di rapporti

comunicativi tra i soggetti. Per identificare meglio le caratteristiche degli odierni strumenti e per

confrontarli con gli altri, possiamo avvalerci di uno schema che ci porterà a distinguere tra una

comunicazione di tipo verticale/unidirezionale, una di tipo orizzontale/bidirezionale e una di tipo

reticolare/circolare.

• Comunicazione verticale

E’ la classe in cui rientrano praticamente tutti i mass media “tradizionali”: mezzi a stampa (libri,

giornali, periodici), radio e televisione, cinema. Per ciascuno di questi mezzi vi è invariabilmente un

“unico” emittente (che però, più correttamente, deve essere inteso come una équipe) che “comunica” a

senso unico con una pluralità di destinatari. Il rapporto tra il primo e i secondi è rigidamente verticale: i

riceventi non dispongono infatti della possibilità di replicare al messaggio o di contribuire alla sua

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composizione. Il processo comunicativo avviene dunque in un’unica direzione, “da uno a molti”, e il

messaggio emesso dalla “fonte” deve essere esclusivamente ricevuto e decodificato dai destinatari.

In questo senso, si afferma che la comunicazione instaurata dai mass media è “asimmetrica”, poiché

concentra il “potere” della comunicazione esclusivamente nelle mani di grandi centrali (emittenti

televisive o radiofoniche, editori, major cinematografiche) e relega i rispettivi pubblici, entità

“passiva”, in un rango subordinato. Ai destinatari non resta altro che aggregarsi in “masse” più o meno

estese in base agli “stimoli” forniti dai mezzi di comunicazione.

Occorre ricordare che tra i mass media unidirezionali vige una importante differenziazione, da cui

dipende in definitiva lo specifico gradiente di “verticalità”. La differenza in questione pone un confine

tra i mezzi che operano secondo lo schema della “trasmissione” o del “flusso” da un lato ed il modello

della “pubblicazione” dall’altro, dove è nella prima categoria che la condizione di “verticalità” è

maggiormente accentuata.

Caratteristica dei sistemi radio/televisivi (in questo caso, si parla di “broadcasting”), la trasmissione di

un contenuto informativo si pone come un “evento” irripetibile, cui è possibile “partecipare”,

naturalmente, da spettatori passivi, solo ed esclusivamente rispettando un “appuntamento” preciso o, in

altre parole, sintonizzando il proprio apparato ricevente all’orario prestabilito dal palinsesto

dell’emittente. Quest’ultima, sia essa una stazione radio o televisiva, opera in un regime di flusso: un

flusso che può durare ciclicamente anche per 24 ore. Una intera giornata di programmazione, dunque,

che offre una gamma più o meno ampia di scelta all’utente, lasciandogli però al massimo la sovrana

libertà di non mettersi mai in contatto.

Le cose cambiano radicalmente per i media che si basano sul regime della “pubblicazione”. Libri e

giornali si presentano come copie di un dato contenuto informativo, contenuto che può essere recepito

(letto) con maggiore libertà ed indipendenza rispetto all’evento televisivo (a meno che non si decida di

registrare quest’ultimo; in tal caso si ha il passaggio del prodotto entro il dominio della pubblicazione).

In termini tecnici, i prodotti realizzati in più copie si dicono “a utilità ripetuta”, proprio perché, una

volta posti per esempio in una biblioteca, essi rimangono a disposizione dell’utente.

• Comunicazione orizzontale-bidirezionale

Lo schema della comunicazione orizzontale è caratteristico del medium telefonico. In questo caso, la

differenza tra emittente e ricevente (tra chi fa la telefonata e chi la riceve) sfuma, poiché il canale

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permette tanto al primo quanto al secondo di assumere alternativamente i due ruoli. In questo senso, la

comunicazione si definisce come “bidirezionale”. Rispetto agli strumenti verticali, il telefono è dunque

un mezzo spiccatamente egualitario, poiché offre ampi margini di partecipazione al singolo

cittadino/utente. Lo schema di comunicazione che lo contraddistingue, “uno a uno”, ci pone però al di

fuori della comunicazione di massa in senso stretto.

• Comunicazione circolare o reticolare

Palcoscenico della “comunicazione mediata dal computer”, Internet propone ai suoi fruitori una ricca

varietà di schemi di trasmissione. La “rete”, infatti, non deve essere considerata come un singolo

strumento, ma come un fascio di opportunità differenziate che è possibile cogliere per instaurare, a

seconda dei casi, legami di entità diversa.

A fronte di un quadro assai variegato, vi è però un dato di assoluta rilevanza: su Internet, ciascuno può

essere tanto emittente quanto ricevente. Potenzialmente ciascun soggetto può mettersi in contatto con

gli altri. E’ questo che l’espressione comunicazione “reticolare” o “circolare” mette in evidenza, cioè il

fatto, senza dubbio notevole, che la comunicazione su Internet ci colloca tutti nella stessa “piazza

virtuale”, pronti, in presenza di determinate condizioni, ad “interagire” gli uni con gli altri.

Nella rete, quindi, convivono diversi schemi di comunicazione. I più significativi, da un certo punto di

vista, sono quelli nati appositamente per permettere a chiunque di comunicare con altri soggetti: le

chat-line, i forum, i newsgroup,le videoconferenze, etc. In questi “ambienti” di rete vige un modello

“molti a molti”, inedito e ricco di implicazioni; ogni avventore può infatti non solo trasmettere i suoi

messaggi e ricevere quelli degli altri, ma anche interagire con questi ultimi e sviluppare relazioni

sociali estremamente vivaci.

All’interno del ciberspazio, però, ritroviamo anche il rapporto “uno a uno” della comunicazione

telefonica, incarnato in questo contesto dalle messaggerie istantanee (anche se in questo caso cambiano

sia il codice in uso, non più orale ma scritto, e numerosi altri parametri quali la reperibilità, la

possibilità di coinvolgere altri interlocutori, ecc.). Le stesse telefonate possono essere effettuate

direttamente in rete, previa l’installazione sul computer di un apposito programma. Da non dimenticare,

quindi, la fondamentale differenza tra strumenti sincroni e asincroni: i primi (chat, videoconferenze,

messaggerie istantanee) che permettono una interazione in tempo reale, e i secondi che invece

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La società dell’informazione 19

interpongono un lasso di tempo variabile tra la prima comunicazione e quelle successive (posta

elettronica, forum, newsgroup).

Questa categoria di strumenti è quella che fa di Internet non solo un “potente mezzo di comunicazione e

per la comunicazione”, ma anche una vera e propria realtà sociale provvista di regole, più o meno

rigide e vincolanti, e soprattutto capace di sviluppare emergenti forme identificative ed aggregative.

La continua nascita di “comunità virtuali” rappresenta senza dubbio uno dei fenomeni di maggiore

interesse degli ultimi tempi.

Internet propone poi anche le modalità di comunicazione “uno a molti”. La pagina Web, ad esempio, si

presenta in un certo senso come una pubblicazione, ma con un elemento di novità tutt’altro che

marginale; chiunque, una volta acquisito lo spazio Web, e costruita e messa in rete la pagina, può

diventare “editore” di sé stesso. Nel Web, però, possiamo trovare anche la versione elettronica dei

vecchi media verticali: un giornale on line, ad esempio, con le sue redazioni, i suoi articoli, i suoi

filmati video e/o le clip audio.

I contenuti di un giornale on line vengono fruiti in modalità “pull”: è il lettore, cioè, che seleziona ed

attinge ciò che gli interessa, “cliccando” sull’articolo che vuole leggere o sul filmato che desidera

vedere.

La differenza rispetto alla modalità “push”, caratteristica delle emittenti televisive (e meno dei

giornali, che lasciano comunque maggiore libertà di scelta al lettore) che sospingono verso pubblici

“inerti” i loro contenuti, non potrebbe essere maggiore. L’informazione insomma non si “consuma” più

esclusivamente sulla base di ciò che editori e redazioni offrono al pubblico.

E’ questo il concetto, assolutamente centrale nell’economia di Internet, di “informazione on demand”,

intercapedine di un assetto che conferisce all’utente una più spiccata autonomia nel suo percorso di

ricerca e di aggiornamento.

3. ”NEW ECONOMY“

La New Economy sorge sull’onda di cospicui investimenti (ma anche di “esuberanti” speculazioni)

effettuati nei settori tecnologici emergenti: informatica, telecomunicazioni, e, in sintesi, tutti quei

comparti che oggi siamo usi indicare nell’etichetta comune di ICT. A beneficiare di questi investimenti

fu, soprattutto, il ginepraio di imprese che si trova nella fascia occidentale del paese, laddove sorgono

tanto la Silicon Valley, culla della civiltà informatica, quanto la sede del colosso del software Microsoft,

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La società dell’informazione 20

una delle corporation a più alta capitalizzazione del pianeta. E’ da questo fermento finanziario ed

imprenditoriale che nascono o giungono a maturazione le più interessanti innovazioni tecniche che

calcano la scena degli anni ‘90. E Internet, naturalmente, ne è la regina, sia pur nel contesto di una

corte dove si affollano tanti altri strumenti, applicazioni ed idee più o meno promettenti.

Non tutta la New Economy passa però per la Borsa di New York. Alcune delle invenzioni cruciali che

crescono sotto la sua ala vengono “incubate” e lanciate da piccolissime aziende (inizialmente) non

quotate a Wall Street. Sono le cosiddette start-up, anch’esse in buona parte impiantate nella Silicon

Valley (per un curioso effetto efficacemente definito “cocktail party”, le menti più fervide di un’era che

predica la fine della distanza tendono a concentrarsi in un’area di pochi chilometri quadrati) e guidate

da giovani ingegni intraprendenti, le cui idee diventano realtà grazie ai capitali freschi forniti da abili

finanzieri (venturecapitalist).

Il caso più significativo è forse quello di Netscape: progettando l’omonimo programma per la

navigazione nel World Wide Web (browser), il suo fondatore, Jim Clark, acquista di diritto una

posizione prominente tra i promotori dell’irresistibile ascesa della “rete delle reti”. La quale, a sua,

volta sarebbe presto diventata una delle intercapedini della New Economy.

E’ grazie a strumenti come Netscape e agli effetti “di sistema” di cui anche altre innovazioni sono

portatrici che la colonizzazione di questa nuova ed immensa frontiera, il World Wide Web, può

proseguire incessantemente. Agli occhi di imprenditori ed investitori, la crescita del Web offre una

grande opportunità, cioè l’aumento del bacino potenziale dei visitatori delle “vetrine virtuali”. Nasce

dunque una delle più promettenti branche della New Economy, la cosiddetta Net Economy, che vede le

aziende andare on line, per inserirsi nel nuovo mercato del commercio elettronico (e-commerce).

Non è più la materia a guidare l’economia, ma la pura informazione, quella che transita nelle reti

telefoniche commutate e che codifica gli ordinativi di libri, dischi, e di altre merci che i consumatori

ormai possono effettuare comodamente da casa con un semplice click.

Tuttavia, al di là di pochi casi eccellenti, i profitti dei negozi e centri commerciali “virtuali” sono

ancora oggi lontani dalle prime aspettative. Stretto tra numerose difficoltà (transazioni considerate poco

sicure dagli acquirenti, restii a fornire gli estremi della carta di credito, problemi di privacy, spesso e

volentieri violata da spregiudicati operatori di marketing) il modello di commercio elettronico, che è

stato definito business–to-consumer (dall’azienda al consumatore, sintetizzato in B2C), stenta a

decollare. Ben diverso, invece, il caso delle transazioni tra le stesse aziende. Questo versante,

denominato business-to-business (da azienda a azienda: B2B), ha registrato passi in avanti davvero

significativi, grazie soprattutto alla lungimiranza di numerose grandi aziende della Old Economy.

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Case produttrici di beni concretissimi come le auto (ad esempio Ford e General Motors) o aziende

impegnate nella grande distribuzione (come Carrefour o Wal-Mart) hanno deciso infatti di approfittare

di un sistema che consente loro di ridurre i costi, selezionando i fornitori più competitivi, e di

guadagnare in efficienza e flessibilità, doti ampiamente richieste per competere in mercati sempre più

coincidenti con i confini del pianeta o, in una parola, globali.

Tutt’altro che paradossale, l’attuale preminenza della Old Economy nel commercio di rete offre invece

una dimostrazione chiara delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione e della

comunicazione e, al tempo stesso, della lucidità con cui i manager delle aziende “brick and mortar”

(calce e mattoni, espressione usata per rimarcare la differenza con le nuove imprese virtuali) le hanno

colte e valorizzate.

La New Economy (o anche, secondo un’etichetta alternativa che si sta affermando parallelamente,

l’ebusiness) non si riduce naturalmente al solo commercio elettronico e alle sue due dimensioni

principali, B2C e B2B, toccando invece numerosi altri aspetti ed ambiti della vita economica dei paesi

avanzati e non. Si tratta comunque di due argomenti chiave nell’ambito delle analisi sulla “società

dell’informazione” in generale e sul mercato ICT in particolare.

Una parte consistente di questo fiorente mercato si concentra per ora negli Stati Uniti. Tuttavia, stando

almeno alle solenni dichiarazioni del Consiglio dell’UE di Lisbona (2000), il Vecchio Continente ha

deciso di non stare alla finestra: il salto verso la “società dell’informazione per tutti” [Commissione

delle Comunità Europee, 2000 e 2002], New Economy inclusa, è cominciato.

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