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Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili rivista della Bimestrale di informazione e aggiornamento professionale ANNO 2 | N. 3 / 2014 CONDOMINIO E OBBLIGHI FISCALI Obblighi del committente ai sensi del D.lgs 81/2008 Tabelle millesimali e regolamento di condominio

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Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobilirivista della

Bimestrale di informazione e aggiornamento professionaleANNO 2 | N. 3 / 2014

CONDOMINIO EOBBLIGHI FISCALI

Obblighi del committenteai sensi del D.lgs 81/2008

Tabelle millesimali e regolamento di condominio

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SOMMARIO

Con la Riforma l’Amministratore è divenuto professionistadi Vincenzo Acunto

ANAPI a Condominio Ecoa cura della Redazione ANAPINEWS

Regime dei minimi: anche dopo i 35 anni a cura di Antonio Pugliese

Condominio e obblighi fiscalia cura di Mirco Mion

Il valzer della proproga 770: quali le prospettive? di Nicola Forte

Obblighi del committente ai sensi del Decreto legislativo 81/2008a cura di Domenico Blasi

La regolarità contributiva (DURC) in condominio di Paola Pontanari

Una breve riflessione sulle tabelle millesimali e sul regolamento di condominioa cura di Anna Nicola

L’esperto risponde - Rubrica a cura di Vittorio Fusco

Lo stalking del vicino di casa è reatodi G.A. Tarricone

Infiltrazione dal lastrico solare: chi paga? di Giuseppina Longo

La nuova economia e il condominio di Emanuele Plata

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Anapi NewsOrgano Ufficiale di Anapi

Anno 2 numero 3 / Settembre 2014

Registrazione Tribunale di Bari

Registro Periodici al numero 8307

Direttore responsabileAvv. Vincenzo Vitiello

Coordinatore Stampae RedazioneMaria Sancilio

Hanno collaboratoVincenzo Acunto, Domenico Blasi,

Nicola Forte, Vittorio Fusco, Giuseppina Longo, Mirco Mion, Anna Nicola, Emanuele Plata, Paola Pontanari, Antonio Pugliese, G.A. Tarricone,

EditoreItalia Didacta

Impaginazione e graficaEido Lab srl

www.eidolab.com

Realizzato in Settembre 2014

Segreteria Organizzativae Ufficio Stampa

Maria [email protected]

Via Junipero Serra, 19 - 70100 BariTel. 080 5640867

[email protected]

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anche parziale

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Con la Riforma l’Amministratore è divenuto professionista

di Vincenzo ACUNTO – Direttore Generale GROMA s.r.l.

È passato un anno da quel Martedì 18 giugno 2013, dal giorno in cui gli Italiani che vivono in condominio hanno fatto per la prima volta i conti sul campo con la rifor-ma delle norme che regolano i loro rapporti di vicinato.

Una novità importante poiché la norma-tiva in materia risaliva a 77 anni prima, al modello varato nel 1935 (a quell’anno ri-sale la nostra prima legge sul condominio) e mantenuto intatto nel 1942, allorché fu trasfuso nel nuovo Codice Civile: un model-lo che, pur attenuato fin dall’origine dalla distinzione (confermata dalla riforma) fra norme derogabili (dal regolamento con-dominiale) e norme inderogabili, racchiude comunque il condominio in un involucro calato dall’alto col quale lo Stato si arro-ga il diritto regolare anche nei suoi minuti aspetti (perfino – e con norma inderoga-bile – in quello della durata dell’incarico dell’Amministratore scelto dai condòmini).

Un’impostazione che risente dell’epoca (accentratrice) in cui fu concepita e vara-ta, anche in reazione alla regolamentazio-ne – prevista dal Codice Liberale del 1865, sostanzialmente basata su servitù volon-tarie (e su tre norme in tutto – gli artico-li 562, 563 e 564 – che, negli edifici con piani appartenenti a differenti proprietari e in mancanza di accordi fra questi ultimi, regolavano la sopra elevazione e il riparto delle spese in genere e per i lastrici solari in particolare).

Allo stesso modo, il Legislatore della riforma non ha affrontato il problema di attribuire al condominio – così come s’è fatto in diversi paese Europei – la capacità giuridica (la capacità, quindi, di agire come una persona o una società). Il Condomi-nio, oggi, così come nel 1935 rimane solo un semplice “Ente di gestione”, basato, in particolare sul rapporto di mandato con-dòmini-Amministratore, seppure da allora le esigenze dei condòmini sono cambiate in maniera radicale. In questo la riforma prende spunto dalle numerose interpreta-zioni che i Tribunali di tutto il Paese hanno fornito per risolvere i diversi contrasti sorti nel tempo e detta regole certe per tutti.

La Riforma del Condominio, per quanto possa essere ritenuta dagli addetti ai lavo-ri un’occasione mancata, innovativa, bella o brutta, offre comunque l’occasione per

spolverare la “vecchia” figura dell’ammini-stratore di condominio. Una figura impol-verata da 77 anni di evoluzione e trasfor-mazione del ruolo, dei suoi compiti, delle responsabilità e soprattutto delle compe-tenze, profondamente modificate dal con-testo sociale di questi 77 anni di storia del nostro Paese.

Altro motivo – non in ordine di im-portanza – la riforma restituisce la giusta importanza al concetto della “gestione”; perché in Italia non si costruisce più (essen-zialmente perché non c’è più territorio) e per questo si lavora sull’esistente. Il futuro, pertanto, è racchiuso in un unico termine “gestire”:• Gestire il costruito (manutenzione di

edifici ed impianti)• Gestire i servizi allo spazio• Gestire i servizi alle persone.

Per poter gestire in efficienza però oc-corre “conoscere”, e quindi, detenere competenza, occorrono pertanto figure professionali specializzate, come quella professionale dell’Amministratore di Con-dominio o di quella ancora più innovativa del “Building Manager”. Figure più specia-lizzate, in grado di rispondere in maniera efficiente alla innumerevole varietà di esi-genze e di interventi che il mercato richiede.

Questi motivi consentono di definire nuove opportunità di lavoro, nuovi sbocchi

professionali e la definizione di una nuova figura professionale, richiesta dal mercato prima che dalla normativa. In Italia le unità immobiliari sono circa 60 milioni, di queste oltre il 60% sono abitazioni e un ulteriore 30% sono unità pertinenziali di residenze (cantine, box, posti auto, depositi, ecc.). Il 70% dello stock immobiliare residenziale in Italia ha più di 30 anni, di questo il 35% ha mediamente 60 anni. Nel settore dell’edili-zia, la percentuale dell’attività manutentiva nel solo settore residenziale è pari al 23%. Da questi dati sintetici ci si rende imme-diatamente conto di quanto possa pesare nell’economia di un Paese come l’Italia il settore dell’edilizia, delle manutenzioni e della gestione immobiliare in particolare, con una evidenza sulla gestione dei costi rispetto alla pura attività contabile.

L’innovazione per quanto sopra sinteti-camente descritto, è quella di superare la tradizionale concezione della figura a noi nota come amministratore di condominio, più vicina ad un contabile che ad un tec-nico (per i conti ci sono i software, per la manutenzione ci vogliono esclusivamente le competenze).

La Riforma, pur non inserendo l’ammi-nistratore di condominio tra le categorie ordinistiche, in pratica ne ha delineato un professionista a tutti gli effetti, al quale si richiede un diploma, una certificazione, una formazione periodica, la responsabilità civile, la fideiussione, ecc., attribuendogli una responsabilità multi direzionale. La fi-nalità e l’occasione offerta dalla Riforma è quella di arrivare a formare un professio-nista in possesso di conoscenze e abilità idonee ad affrontare la complessa sfida del mercato della manutenzione e dei servizi allo spazio e alle persone, un soggetto in grado di massimizzare l’efficienza e l’eco-nomicità del sistema edilizio: esigenze indi-viduali, strutturali dell’immobile e dell’am-biente circostante.

Il potenziale di mercato è molto alto, in quanto la domanda attuale si attesta a circa il doppio dell’offerta: in Italia, oggi, coloro che amministrano un condomi-nio sono circa 320.000, ma di questi ben 260.000 gestiscono un unico edificio, pre-sumibilmente quello dove loro stessi abita-no (Fonte Impresa lavoro.eu).

"Un uomo in grado di trasformare gli ostacoli in opportunità dimostra di possedere una profonda umanità”.

“Gli uomini si stancano tanto perché non fanno le cose che vogliono fare quanto perché fanno le

cose che non vogliono fare”.

Eric Hoffer

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ANAPI (Associazione Nazionale Professionisti Amministratori di Immobili) iscritta nell’e-lenco MISE secondo la Legge 4/2013, parteciperà ufficialmente a Condominio Eco, la grande fiera nazionale del condominio che si terrà a Rimini dal 5 all’8 novembre.

A rappresentare l’associazione, du-rante i quattro giorni del salone, saran-no Vittorio Fusco, presidente nazionale ANAPI, e Maria Sancilio, responsabile dell’ufficio stampa, che accoglieranno il pubblico e gli ospiti presso lo stand a loro dedicato. In questi giorni ANA-PI sta definendo varie iniziative per la fiera fra cui la convocazione di un convegno dei propri iscritti e la parte-cipazione del presidente Vittorio Fusco agli Stati Generali del Condominio, che si terranno sabato 8 novembre e che saranno l’occasione per fare il punto sulla situazione del “mondo condomi-nio”.

“Siamo lieti di partecipare alla fiera nazionale del condominio, che per noi rappresenta un importante appunta-mento per incontrare aziende e ammi-nistratori”, ha dichiarato il presidente nazionale Fusco. “Il tema della fiera di quest’anno, il condominio eco com-patibile, è particolarmente importante per ANAPI, poiché da sempre l’asso-

ciazione che rappresento ha sostenuto l’importanza di gestire gli immobili in modo moderno, che significa fra l’altro puntare sull’efficientamento energeti-

co e sulla riqualificazione eco compati-bile, temi per i quali ANAPI eroga una formazione puntuale attestandone la qualità.”

ANAPI a Condominio Ecoa cura della Redazione AnapiNews

Foto in alto:Il presidente Vittorio Fusco(a sinistra) parla al pubblico degli Stati Generali del Condominio 2013, Milano, 5 ottobre 2013

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L’Agenzia delle Entrate emana due attesi provvedimenti per dare attuazione al nuovo regime fiscale 2012 introdotto dall’ultima finanziaria e che ha sostituito i vecchi regimi forfettari. Per i pochi fortunati che vi rientrano la grande novità rispetto al passato risiede nel fatto che i compensi non sono assogget-tati a ritenuta d’acconto. Inoltre potranno farne parte – se in possesso dei requisiti – anche coloro che avevano aderito al regime delle nuove iniziative e a quello ordinario, sempre però, nei limiti temporali previsti dalla normativa.Ma un aggiornamento poco noto a tutti del 6 giugno 2012: offre ulteriori chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate offren-do chiarimenti sulle novità più significative introdotte dal nuovo regime fiscale di van-taggio e che riguardano i requisiti, la durata e gli adempimenti e le comunicazioni da ef-fettuare per usufruirne. Ad essere affronta-ti, per la prima volta, anche casi particolari su cui continuavano a persistere dubbi.

Niente ritenuta d’accontoPosto che i rapporti con le imprese, sottCo-loro che hanno le caratteristiche di ex con-tribuente minimo (ricavi inferiori a 30mila euro, assenza di collaboratori o dipendenti, etc.) e contemporaneamente sono in pos-sesso dei requisiti stabiliti dall’art. 27 del DLgs 98/2011 per rientrare nel nuovo re-gime agevolato, cosiddetto dei “supermi-nimi”, potranno beneficiare di grossi van-taggi: oltre all’applicazione dell’imposta sostitutiva di Irpef e addizionali al 5%, e di tutti i benefici del vecchio regime dei mini-mi, saranno esonerati dalla ritenuta d’ac-conto, ma dovranno in fattura «rilasciare un’apposita dichiarazione, dalla quale ri-sulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva».Oltre ai vecchi minimi, vi può rientrare chi era in “regime ordinario” o nel “regime agevolato per le nuove iniziative”Viene ribadito che il nuovo regime ha durata limitata di 5 anni, calcolati a partire dall’an-no di inizio dell’attività, e si applica a coloro che hanno iniziato la professione dopo il 31 dicembre 2007 o che l’intraprenderanno dopo il 1 gennaio 2012, purché in posses-so dei requisiti di accesso e permanenza nel regime dei vecchi minimi (legge 244/2007, art.1, commi 96-99) e di quelli espressi dalla

legge istitutiva dei “superminimi” (non aver esercitato nei 3 anni precedenti un’attività in forma associata o familiare; non prosegui-re un’attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro autonomo o dipendente; non continuare un’attività d’impresa di un altro soggetto i cui ricavi, realizzati nel pe-riodo precedente a quello d’imposta, siano superiori a 30mila euro).Viene chiarito inoltre che rientreranno nei “superminimi” – oltre ai vecchi minimi – anche i contribuenti (in possesso dei re-quisiti sopra richiamati) che hanno iniziato l’attività dopo il 31 dicembre 2007 e che avevano optato per il regime delle nuove iniziative imprenditoriali o “forfettino” (leg-ge 388/2000) o per il regime ordinario. Come per i vecchi minimi questi accederan-no al nuovo regime di vantaggio per i «pe-riodi d’imposta residui al completamento del quinquennio e non oltre il compimento del 35° anno di età».

Eccezioni per chi è in mobilità o ha perso il lavoroQuanto alla condizione di accesso ai super-minimi secondo la quale la nuova attività non deve essere in alcun modo, una mera prosecuzione di altra attività precedente-mente svolta sotto forma di lavoro dipen-dente, l’Agenzia chiarisce che ciò non co-stituirà un impedimento per l’ingresso nei “superminimi” se il contribuente dà prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà.

La durataIn merito alla durata viene inoltre chiarito che con “inizio di attività” si fa riferimen-to non all’apertura della Partita IVA, bensì all’inizio effettivo dell’attività stessa. Inoltre viene anche chiarito che nel nuovo regi-me è possibile permanervi per il periodo d’imposta d’inizio attività e per i successivi quattro, ma i più giovani potranno bene-ficiarvi per più tempo, ovvero fino al com-pimento del 35° anno di età e senza dover esprimere alcuna opzione. Dunque il limite temporale viene ampliato solo per chi, allo scadere del 5° anno di attività, non abbia ancora raggiunto i 35 anni.È chiaro, dunque, che l’accesso o la per-manenza nel nuovo regime non sono lega-ti al requisito dell’età, che costituisce solo un’agevolazione per i più giovani. Potrà, quindi, beneficiare delle nuove agevola-zioni anche chi ha oltrepassato i 35 anni purché rispetti il limite temporale dei 5 anni sopra indicato. Chi, però, ne esce per scelta o per decadimento dei requisiti, non potrà più rientrarvi.Quindi questa rappresenta un grande, anzi grandissimo vantaggio per tutti coloro che pur avendo oltrepassato il limite d’età dei 35 anni, vogliano intraprendere un’attività, magari come quella dell’amministratore di condominio, usufruendo di vantaggi e di un comodo profilo fiscale.

In attesa di ulteriori cambiamenti, conver-rebbe approfittarne, perché d’altronde, in Italia… le leggi cambiano di continuo.

Regime dei minimi: anche dopo i 35 anni a cura del dott. Antonio PUGLIESE - ANAPI Communication

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Nel periodo dell’anno dedicato più di altri a dichiarazioni ed adempimenti fiscali può essere interessante approfondire quelli che sono gli adempimenti tributari che coinvolgono il condo-minio ed i professionisti che lo amministrano alla luce delle norme civili e fiscali attualmente in vigore. Per questioni di chiarezza espositiva sarà opportuno suddividere l’analisi, ovviamente sommaria e non esaustiva per ragioni di spazio, verificando separatamente gli obblighi che il legislatore ha posto in capo all’amministratore del condominio e quelli che riguardano il co-dominio in quanto tale.

Obblighi fiscali dell’Amministratore di condominio

Ai fini delle imposte sui redditi l’attività di amministratore condominiale può esse-re considerata o come l’esercizio abituale di un’attività di lavoro autonomo o come l’esercizio di un’attività di impresa (nel caso in cui l’incarico di amministratore del con-dominio sia stato attribuito ad una società di persone o di capitali). In quest’ultima ipotesi il reddito scaturente dall’esercizio dell’attività sarà quello d’impresa (così come definita dagli articoli da 54 a 66 TUIR). La tassazione ai fini IRPEF, pertanto, varierà a seconda che il reddito prodotto sia reddito da lavoro autonomo, reddito di

impresa oppure rientri nella categoria dei redditi diversi.

Ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 stabili-sce che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono operazioni rilevanti, ai fini dell’imponibilità IVA. Ed in proposito l’ar-ticolo 5, comma 1a, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che: “Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusi-va, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata

delle attività stesse. Non si considerano ef-fettuate nell’esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 49, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 nonché le prestazioni di lavoro ef-fettuate dagli associati nell’ambito dei con-tratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 49, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 rese da soggetti che non esercitano per professione abitua-le altre attività di lavoro autonomo. Non si considerano altresì effettuate nell’esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi derivanti dall’attività di levata dei protesti

CONDOMINIO E OBBLIGHI FISCALI a cura del dott. Mirco MION - Presidente AGEFIS

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esercitata dai segretari comunali ai sensi della L. 12 giugno 1973, n. 349, nonché le prestazioni di vigilanza e custodia rese da guardie giurate di cui al R.D.L. 26 settem-bre 1935, n. 1952.” Questo vuol dire che l’attività dell’amministratore non sempre è rilevante ai fini IVA. Infatti la Cassazione ci-vile, con sentenza n. 6671 del 24/07/96, in merito all’assoggettabilità all’IVA dei com-pensi derivanti dall’attività di amministrato-re condominiale, stabilisce che: “l’elemen-to discriminante che concretizza l’esercizio abituale del lavoro autonomo, soggetto alla disciplina IVA, consiste nel generico utilizzo di mezzi organizzati”. Da ciò consegue che, se l’attività di amministrazione del condo-minio avviene tramite l’utilizzo di “mezzi organizzati” dovrà essere ritenuta imponi-bile IVA, altrimenti no. Sotto il profilo for-male la sentenza inoltre ha stabilito che la forma contrattuale della collaborazione co-ordinata e continuativa si può ravvisare ove l’amministratore sia anche condomino e sia coinvolto dal turn-over dei proprietari del fabbricato, stabilito, eventualmente, con un verbale di assemblea. In caso contrario, ovvero nell’ipotesi in cui l’amministratore sia un soggetto esterno al condominio, la sua attività non può essere inquadrata

in una collaborazione bensì in un incarico professionale (con tutte le conseguenze in materia fiscale e previdenziale del caso).

Per quanto riguarda l’assoggettabilità ad IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive, definita come imposta locale, in quanto applicabile alle attività produttive esercitate nel territorio di ciascuna regio-ne) dell’attività svolta dall’amministratore di condominio va sottolineato che presup-posto per la sua applicazione è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio di beni o alla prestazioni di servizi, nonché, in ogni caso, l’attività esercitata da società ed enti, organi ed amministrazioni dello Stato. Sul punto, si è inoltre espres-sa la Corte Costituzionale che, anche se ha confermato la costituzionalità dell’impo-sta, ha ammesso la non assoggettabilità ad IRAP alle attività professionale esercitata in assenza di dipendenti (per quanto riguar-da l’assoggettamento dell’amministratore di condominio all’IRAP, si veda la sentenza della Cassazione n. 21203 del 05.11.2004 secondo cui per i piccoli professionisti l’I-RAP è in contrasto con i principi costitu-zionali. Per l’esclusione da tale imposta ne-

cessita, quindi, l’insussistenza di struttura organizzativa, la mancanza di dipendenti o di collaboratori e la mancanza di capitali conseguiti a seguito di mutuo. Ciò soprat-tutto, quando a sostegno di tali argomen-tazioni sia prodotta la relativa necessaria documentazione). Conseguentemente si può quindi affermare che se da un lato l’attività professionale di amministrazio-ne di condomini è normalmente soggetta ad IRAP non sussistono i presupposti per l’assoggettamento al tributo nel caso in cui l’attività di amministratore di condominio risulti esercitata in mancanza di dipen-denti e anche di beni strumentali rilevanti. Sempre in riferimento all’assoggettabilità ad IRAP dell’attività di amministrazione di condomini va poi ricordato quanto sta-bilito dalla CTR della Liguria, sezione VIII (sentenza del 28/06/2004, n. 4), che ha de-terminato positivamente in tema IRAP “la tassazione dell’attività dell’amministratore di condomini, qualora siffatta attività sia impiegata verso un numero considerevole di condomini, implicante, inevitabilmente, un’organizzazione sistematica di capitali ovvero di dipendenti”. Nulla quaestio se l’attività di amministratore condominiale viene esercitata da un soggetto societario.

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Il Condominio e gli adempimenti quale sostituto di imposta

Il condominio assolve alla funzione di sostituto di imposta già dal 1998, ai sensi di quanto viene disposto dall’articolo 23, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e come tale è tenuto al pagamento delle imposte sui redditi. È sostituto d’im-posta “chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto”. In proposito va ricordata l’importante Circo-lare dell’Agenzia delle Entrate n. 204 del 6 novembre 2000, che individua il con-dominio quale sostituto d’imposta e non l’amministratore di condominio, come originariamente la norma era stata inter-pretata. Avendo assunto la qualifica di so-stituto d’imposta, il condominio è tenuto ad effettuare le ritenute di acconto ogni qualvolta siano corrisposti compensi, in denaro o in natura, soggetti alle ritenute stesse. Ciò avviene, ad esempio, in caso di corresponsione di somme o di valori che costituiscono redditi di lavoro dipendente, come quelli pagati al portiere dello stabile o all’incaricato della pulizia, se quest’ultimo intrattiene un rapporto di lavoro dipenden-te, ovvero in caso di pagamenti di somme o valori che sono, invece, da qualificare come redditi di lavoro autonomo, come quelli pagati all’amministratore del condominio stesso, anche se a titolo di rimborso forfe-tario di spese, o in caso di corresponsione di somme o valori qualificabili come reddi-ti diversi ai sensi dell’articolo 81 del D.P.R. 22.12.1986, n. 917 (TUIR). Il vero e proprio sostituto di imposta è, dunque, il condomi-nio e non l’amministratore condominiale,

ciò vuol dire che ciascun proprietario è re-sponsabile in solido.

In particolare, l’assolvimento degli ob-blighi di ritenuta quale sostituto di imposta competono:• al condominio;• al supercondominio;• al condominio parziale.

Questi detengono un proprio codice fiscale, pertanto sono autonomamente responsabili nei confronti del Fisco, pur in presenza di un amministratore che ne assume la legale responsabilità. Ciò si de-duce, a contrario considerando il caso del condominio con numero di condomini in-feriore a quattro, in cui, non essendo ob-bligatoria la nomina dell’amministratore, ciascun condomino potrà provvedere agli adempimenti di sostituto di imposta. In base alle norme appena ricordate il con-dominio è, quindi, tenuto ad effettuare la ritenuta d’acconto sui compensi corri-sposti ai professionisti, ai lavoratori dipen-denti e all’amministratore e non solo, in quanto con la Legge Finanziaria 2007 è stata introdotta l’obbligatorietà di operare la ritenuta d’acconto sui corrispettivi do-vuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere e servizi.

Chiarite le fonti normative ed interpre-tative della responsabilità dell’amministra-tore, vediamo con maggiore dettaglio in cosa consistono praticamente tali obbli-ghi: l’amministratore quale rappresentan-te legale del condominio deve effettuare all’atto del pagamento della parcella del professionista (avvocato, ingegnere, ecc.) la ritenuta, a titolo di acconto, IRPEF del 20% e provvedere al versamento entro il

16 del mese successivo. Se il professioni-sta è un soggetto non residente, la ritenuta sarà a titolo di imposta ed aumenta fino al 30%. Tale ritenuta va effettuata solo per le prestazioni ricevute da condominio da parte professionisti. Per quanto riguarda gli appalti di lavori e servizi condominiali invece, l’articolo 1, comma 43, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha introdotto, nell’ambito del D.P.R. 600/1973 l’articolo 25-ter, al fine di disciplinare l’obbligo di operare una ritenuta anche sui corrispettivi dovuti in relazione a talune prestazioni. Di conseguenza, il condominio è tenuto ad effettuare una serie di adempimenti che la legge gli impone proprio per la figura che riveste, soggetto obbligato al pagamento delle imposte in luogo di altri:• effettuare le ritenute d’acconto e versar-

le all’Erario;• esercitare la rivalsa sul sostituito (per far

cadere il carico fiscale sullo stesso);• osservare gli obblighi di dichiarazione e

certificazione.

La ritenuta del 4% non va applicata sui corrispettivi delle prestazioni rese dalle per-sone fisiche che si avvalgono del regime fiscale agevolato per le nuove iniziative im-prenditoriali, o del regime fiscale agevolato delle attività marginali disciplinati, rispetti-vamente, dagli articoli 13 e 14 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 e s.m.i.. A tal fine è necessario che i contribuenti rilascino all’amministratore del condominio un’ap-posita dichiarazione, dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è sog-getto ad imposta sostitutiva, che costitui-sce la condizione per l’esonero dall’appli-cazione della ritenuta.

Per quanto riguarda le ritenute effet-tuate ai sensi dell’articolo 25-ter D.P.R. 600/1973 trovano applicazione le disposi-zioni in materia di:• versamento diretto di cui all’articolo 3,

comma 1, n. 1), D.P.R. 29.9.1973, n. 602;• versamento unitario e compensazione

previsti dall’articolo 17 D.Lgs. 9.7.1997, n. 241 anche per le ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto;

• versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata ope-rata la ritenuta, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 8, comma 1, n. 1), D.P.R. 602/1973 e dell’articolo 18 D.Lgs. 241/1997.

Obblighi dichiarativi e di certificazione

Nella dichiarazione sostitutiva d’impo-sta (si tratta del c.d. Modello 770) devono

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essere indicati i dati del condominio, i dati dei soggetti che hanno percepito i com-pensi, le somme soggette alla ritenuta, il compimento della ritenuta ed il versamento. Nel caso di lavoratori dipendenti occorrerà menzionare nella dichiarazione sostitutiva d’imposta anche i contributi previdenziali. Il condominio deve rilasciare la certificazione unica attestante l’ammontare delle somme corrisposte, la causale e le ritenute. Va pre-cisato che dal punto di vista fiscale formal-mente è il condominio a svolgere il ruolo di sostituto di imposta e non l’amministratore condominiale, anche se la riforma obbliga quest’ultimo ad adempiere tutti gli obbli-ghi fiscali. La precisazione è fondamentale, in quanto ogni condomino risponderà per l’intero in caso di mancato versamento al fi-sco di quanto dovuto, fermo restando la re-sponsabilità dell’amministratore. In seconda battuta sarà successivamente il singolo con-

dominio che ha corrisposto quanto dovuto al Fisco per intero ad agire in regresso nei confronti degli altri condomini.

Obbligo di comunicazione dei dati dei fornitori

A differenza degli obblighi del sostituto di imposta posti genericamente in capo al condominio, l’effettuazione della ritenuta del 4% implica l’obbligo per l’amministra-tore di comunicare annualmente all’ana-grafe tributaria l’ammontare dei beni e ser-vizi acquistati dal condominio, unitamente ai dati identificativi dei relativi fornitori (nome e cognome, data e luogo di nasci-ta se persona fisica oppure ragione o de-nominazione sociale se persona giuridica, codice fiscale, domicilio fiscale), previsto

dall’articolo 7, comma 9, D.P.R. 605/1973 e disciplinato con decreto del Direttore ge-nerale del Dipartimento delle entrate del 12 novembre 1998. Nell’ipotesi di avvicen-damento nel corso di uno stesso anno di più amministratori, l’obbligo incomberà in capo a colui che svolge la funzione al 31 dicembre dell’anno di riferimento. Non de-vono essere comunicati:a) i dati relativi alle forniture di acqua,

energia elettrica e gas;b) i dati relativi alle forniture di servizi che

hanno comportato il pagamento di com-pensi soggetti alle ritenute alla fonte;

c) con riferimento al singolo fornitore, i dati elencati alla lettera b) precedente qualora l’importo complessivo degli ac-quisti effettuati nell’anno solare non sia superiore a Euro 258,23.

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Dopo le vacanze estive, è tempo di riaccendere i motori, facendo un piccolo “recap” di quello che è accaduto alla fine di luglio; è facile individuare due temi di estremo interesse dei professionisti: si tratta della proroga del termine per l’invio telematico della dichiarazione dei sostituti di imposta (modello 770) del 2013 e le semplificazioni previste dalla delega fiscale.

Gli argomenti non sembrano collegati, ma in realtà l’esperienza che i professionisti vivono (sulla propria pelle) durante questi giorni è utile per comprendere gli effetti che l’anno prossimo potrebbero verificar-si qualora sarà approvato definitivamente lo schema di decreto delegato in tema di semplificazioni fiscali.

È noto come l’anno fiscale che ha quasi raggiunto la sospirata pausa estiva sia stato travagliato. Si sono aggiunti ulteriori adem-pimenti a carico dei professionisti e dei contribuenti, ed è ancora fresco il ricordo delle incertezze dovute alla prima applica-zione della nuova TASI. Da questo punto di vista le difficoltà non sono state ancora completamente superate in quanto la mag-gior parte dei comuni non ha ancora stabi-lito le relative aliquote. L’appuntamento è quindi solo rinviato alla prossima scadenza del 16 ottobre quando i contribuenti do-vranno tornare a fare i conti con le imposte sulla casa.

Subito dopo si sono aggiunte le con-suete (e consolidate) difficoltà nella com-pilazione della dichiarazione dei redditi che hanno indotto il Governo alla concessione della “ordinaria” proroga. Le medesime dif-ficoltà si propongono ora per la presenta-zione del modello 770 (la dichiarazione del sostituto di imposta), ma non si compren-de l’atteggiamento dell’Esecutivo.

Fino a qualche giorno fa sembrava es-serci una chiusura totale e nonostante le numerose richieste di proroga delle asso-ciazioni di categoria il Governo ha fatto chiaramente sapere che non sussistevano le ragioni tecniche per disporre il rinvio della scadenza.

In realtà non si comprendono le ragioni di questa chiusura. La dichiarazione del so-stituto di imposta non è (normalmente) un adempimento che aumenta il gettito nelle casse dell’Erario. Le ritenute devono esse-re versate periodicamente (di solito men-silmente) avendo riguardo al pagamento delle retribuzioni, delle collaborazioni e dei compensi ai professionisti. Un eventuale differimento dell’adempimento potrebbe

dare luogo ad una modesta diminuzione delle entrate slittando automaticamente anche il termine per fruire del ravvedimen-to operoso relativo alle ritenute eventual-mente non versate. In buona sostanza la problematica è completamente diversa ri-spetto ad un eventuale rinvio dei termini di versamento delle imposte (Irpef, Irap, Ires) collegate al modello Unico.

Un primo spiraglio alla proroga per la presentazione del modello 770 è arrivato in questi giorni e anche in virtù delle dichia-razioni del sottosegretario Zanetti la nuova data avrebbe dovuto essere quella del 15 settembre.

La schiarita è arrivata finalmente vener-dì 25 luglio e dopo un lungo colloquio del Presidente del Consiglio Nazionale dei Con-sulenti del Lavoro Marina Calderone con i vertici del Ministero dell’Economia e delle finanze è stato trovato l’accordo sulla data. L’invio delle dichiarazioni del sostituto di imposta dovrà essere effettuato entro il 19 settembre prossimo. Il rinvio dovrà essere disposto con un DPCM, ma la proroga po-trebbe essere annunciata già oggi o al mas-simo martedì con un apposito comunicato stampa.

Non si comprende, però, per quale ra-gione il tormentone debba ripetersi ogni anno. In ogni caso l’accoglimento della proroga non inciderà sull’avvio della pre-sentazione della dichiarazione dei redditi precompilata prevista dalla delega fiscale. L’invio dei dati entro il 19 settembre pros-simo (il termine ancorché ufficioso sembra definitivo) riguarda i dati del 2013. Invece la partenza del modello precompilato interes-serà il successivo periodo di imposta 2014.

Ora se questa è la situazione di quest’an-no e gli operatori devono far fronte ad un solo adempimento, si immagini cosa si ve-rificherà l’anno prossimo, cioè allorquando gli adempimenti saranno “doppi”. Infatti, il decreto sulle semplificazioni chiede la massima collaborazione ad imprese e pro-fessionisti per rendere possibile l’invio del modello precompilato. Tuttavia, in questo modo si prevedono ulteriori oneri che ri-

schiano di dare luogo ad una vera e propria paralisi del sistema fiscale.

In materia di sostituti di imposta la dispo-sizione che preoccupa è costituita dall’art. 2 dello schema di decreto delegato la cui rubrica è “Trasmissione all’Agenzia delle entrate delle certificazioni da parte dei so-stituti d’imposta. Infatti, entro la scadenza del 7 marzo dell’anno successivo dovranno essere trasmessi all’Agenzia delle entrate i dati dei modelli CUD e delle altre certifica-zioni rilasciate dal sostituto di imposta ai sensi dell’art. 4 del DPR n. 322/1998.

I termini sono molto stretti (a ridosso della chiusura dell’anno fiscale), ma l’e-sigenza sorge proprio per consentire al Fisco l’invio del modello precompilato. Deve però essere considerato che il nuo-vo adempimento non solleverà affatto gli operatori dalla necessità di continuare ad inviare all’Agenzia delle entrate il modello 770 entro la scadenza del 31 luglio. Conse-guentemente gli operatori dovranno assol-vere non più un solo adempimento, come per quest’ultimo anno, ma due obblighi: l’invio dei dati delle certificazioni e l’invio del modello 770.

Certo è difficile comprendere come pos-sa essere iniziato un percorso di semplifi-cazione aggiungendo adempimenti senza “tagliare” norme e decreti. E’ auspicabile che il contenuto del modello 770 sia perlo-meno alleggerito anche se con l’ausilio dei software presenti sul mercato il problema non è tanto rappresentato dalla compila-zione, ma piuttosto dal “doppio” invio.

Il quadro che si presenta all’orizzonte non è certo rassicurante se si considera che l’anno prossimo, in prossimità della scadenza del 7 marzo, nonostante l’adem-pimento nuovo, non arriverà certamente alcuna proroga. Un eventuale differimento dell’adempimento rischierebbe di far salta-re l’avvio della dichiarazione precompilata. Conseguentemente è indispensabile che i professionisti pretendano subito regole chiare e soprattutto con ampio anticipo ri-spetto alla nuova ed ulteriore scadenza del 7 marzo.

Il valzer della proroga 770: quali le prospettive? di Nicola FORTE - Responsabile Centro Studi AGEFIS

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OBBLIGHI DEL COMMITTENTEAI SENSI DEL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

a cura dell’ing. Domenico BLASI - ANAPI Communication

Il Decreto Legislativo 81/2008 interessa l’amministratore di condominio in ben tre circostanze.

La prima, è quella che vede il nostro am-ministratore di condominio titolare di uno studio all’interno del quale svolge la sua at-tività, sempreché alle sue dipendenza abbia dei dipendenti. In tal caso l’amministratore assume la qualifica di Datore di Lavoro nei confronti dei suoi dipendenti ed è quindi tenuto al totale rispetto del D.Lvo 81/2008.

La seconda circostanza è quella che vede il professionista amministrare un con-dominio che abbia alle sue dipendenze un lavoratore che rientri nel campo di applica-zione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati, per esempio il portiere. Anche in questo caso l’amministratore di condo-minio è interessato dal Decreto Legislativo 81/2008. Nello specifico le prescrizioni che

lo riguardano scaturiscono dalla lettura dell’articolo 3 comma 9 del Decreto Legi-slativo.

La terza circostanza, sulla quale andre-mo a porre la nostra attenzione in questo articolo poiché è quella nella quale l’am-ministratore potrà facilmente trovarsi, si verifica quando devono essere eseguiti la-vori edili sulle parti comuni del fabbricato amministrato. In questo caso l’amministra-tore di condominio assumerà la qualifica di “Committente” e avrà degli obblighi. Questi obblighi sono riportati all’art. 90 del Decreto Legislativo 81/2008 che di seguito si riporta.

Articolo 90 - Obblighi del committen-te o del responsabile dei lavori1. Il committente o il responsabile dei lavo-ri, nelle fasi di progettazione dell’opera, si

attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’articolo 15, in particolare:a) al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeran-no simultaneamente o successivamente;b) all’atto della previsione della durata di realizzazione di questi vari lavori o fasi di lavoro.1-bis. Per i lavori pubblici l’attuazione di quanto previsto al comma 1 avviene nel ri-spetto dei compiti attribuiti al responsabile del procedimento e al progettista.2. Il committente o il responsabile dei lavo-ri, nella fase della progettazione dell’opera, prende in considerazione i documenti di cui all’articolo 91, comma 1, lettere a) e b).3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contem-poranea, il committente, anche nei casi di

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coincidenza con l’impresa esecutrice, o il re-sponsabile dei lavori, contestualmente all’af-fidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.4. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non con-temporanea, il committente o il responsa-bile dei lavori, prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l’esecu-zione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 98.5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo l’af-fidamento dei lavori a un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese.6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all’ar-ticolo 98, ha facoltà di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l’esecuzione dei lavori.7. Il committente o il responsabile dei la-vori comunica alle imprese affidatarie, alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la pro-gettazione e quello del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facoltà di sostituire in qualsiasi momen-to, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui all’articolo 98, i soggetti

designati in attuazione dei commi 3 e 4.9. Il committente o il responsabile dei lavo-ri, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica impresa o ad un lavoratore au-tonomo:a) verifica l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese ese-cutrici e dei lavoratori autonomi in relazio-ne alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all’ALLEGATO XVII. Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non com-portano rischi particolari di cui all’allegato XI, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presenta-zione da parte delle imprese e dei lavorato-ri autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigia-nato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazio-ne in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’ALLEGATO XVII;b) chiede alle imprese esecutrici una dichia-razione dell’organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonché una dichiarazione relativa al contratto col-lettivo stipulato dalle organizzazioni sinda-cali comparativamente più rappresentative,

applicato ai lavoratori dipendenti. Nei can-tieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comporta-no rischi particolari di cui all’ALLEGATO XI, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presenta-zione da parte delle imprese del documen-to unico di regolarità contributiva, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazio-ni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dell’autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;c) trasmette all’amministrazione conceden-te, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, copia della notifica prelimina-re di cui all’articolo 99, il documento unico di regolarità contributiva delle imprese e dei lavoratori autonomi, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e una dichiarazione attestante l’avvenuta verifica della ulteriore documentazione di cui alle lettere a) e b).10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 o del fascicolo di cui all’articolo 91, comma 1, lettera b), quando previsti, oppure in assen-za di notifica di cui all’articolo 99, quando

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prevista oppure in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle im-prese o dei lavoratori autonomi, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo. L’organo di vigilanza comunica l’inadempienza all’am-ministrazione concedente.11. La disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normati-va vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori.

Le sanzioni previste sono penali ed am-ministrative.

Sanzioni penali per i committenti o per i responsabili dei lavori:• Art. 90, co. 3, 4, 5: arresto da tre a sei

mesi o ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro [Art. 157, co. 1, lett. a)]

• Art. 90, co. 9, lett. a): arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.096,00 a 5.260,80 euro [Art. 157, co. 1, lett. b)]Sanzioni amministrative per i commit-

tenti o i responsabili dei lavori:• Art. 90 co. 7 e 9, lett. c): sanzione

amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1.972.80 euro [Art. 157, co. 1, lett. c)]Come si evince dal titolo dell’articolo 90,

gli obblighi possono essere assunti da un Responsabile dei Lavori. Il Responsabile dei Lavori, così come definito dall’articolo 89 comma 1 lettera c), è quel soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal de-creto legislativo 81/2008.

Il responsabile dei lavori deve essere de-

signato con una esplicita delega da parte del committente e con accettazione scrit-ta da parte dello stesso. In seguito a ciò il committente è esonerato dal rispetto degli obblighi che eventualmente lo stesso ha inteso trasferire al responsabile dei lavori.

Tutto ciò non deve scoraggiare il di-ligente amministratore di condominio, il quale, a seguito di un’attenta lettura dell’articolo 90 del Decreto Legislativo 81/2008, con la collaborazione iniziale del tecnico incaricato di redigere gli elaborati progettuali propedeutici all’avvio dei lavo-ri ad eseguirsi e da ultimo con la collabo-razione del Coordinatore della Sicurezza in fase di progettazione che eventualmente sarà stato nominato, potrà ottemperare agli obblighi prescritti nel Decreto Legisla-tivo.

Il Durc, ovvero il “documento unico di re-golarità contributiva” è un certificato che attesta la regolarità di un’impresa nei pa-gamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa nei confronti di Inps, Inail e Casse Edili. Questo perché il Durc è un documento richiesto nel caso di lavori in ambito di edilizia pubblica o privata. Quindi il committente che appalta un ope-ra ad un’impresa edile pubblica o privata deve accertarsi, prima, durante, nei vari stati di avanzamento lavori e conseguen-ti pagamenti, nonché al momento del collaudo e alla verifica di conformità che l’impresa sia in possesso del Durc, previsto dall’articolo 90 comma 9 lettere a) e b) del Dlgs.81/2008, così come riformato dal Dl. 69/2013 convertito dalla legge 98/2013. In particolare il Durc per la verifica della dichiarazione sostitutiva della regolarità contributiva previsto per l’aggiudicazione e la stipula del contratto ha validità 120 giorni, con decorrenza dalla data indicata nel documento. Nelle fasi successive alla stipula, ovvero al pagamento delle singole fatture in base allo stato di avanzamen-to lavori (Sal), al certificato di collaudo, al certificato di regolare esecuzione o verifi-ca di conformità e attestazione di rego-lare esecuzione, il Durc sarà nuovamente richiesto. Infine, al saldo bisognerà sempre acquisi-re un nuovo Durc, poiché non è prevista l’estensione di validità dei medesimi docu-

menti richiesti nelle fasi precedenti, anche se non ancora scaduti. La legge di riforma prevede un unico caso in cui il Durc non è richiesto, ovvero in caso di lavori privati di manutenzione edilizia realizzati senza ricorso a imprese edili, ma direttamente in economia dal proprietario dell’immobile. Responsabilità del committente e dell’ap-paltatore ve ne sono eccome, sia di natura solidale, sia di tipo sanzionatorio. Sotto il profilo della solidarietà, il Dl. 69/2013 (convertito dalla legge 98/2013 e il Dl. 76/2013 (convertito dalla legge 99/2013) prevedono che l’appaltatore ed il subappaltatore (e sul piano degli obblighi lavoristici anche il committente imprendi-tore) rispondono il solido dei versamenti dovuti sul piano fiscale e contributivo. Per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio, il decreto sviluppo 2012 (Dl.83/2012 con-vertito dalla legge 134/2012) ha previsto nei confronti del committente una sanzione amministrativa pecuniaria da 5 mila a 200 mila euro nel caso in cui lo stesso provveda ad effettuare il pagamento all’appaltatore senza che questi abbia esibito la documen-tazione attestante che i versamenti fiscali, scaduti alla data del pagamento del corri-spettivo, siano stati correttamente eseguiti, eventualmente anche dal subappaltatore. Dopo aver illustrato che cos’è il Durc, a cosa serve e quali sono le responsabilità dei soggetti coinvolti, quante volte chi ammini-stra un condominio o gli stessi condomini si sono chiesti se tutto questo si applica an-

che in questo ambito specifico. Iniziamo a precisare che, in base a quanto sopra illustrato, all’impresa che viene a fare le pulizie in condominio non dovremo chie-dere un bel niente perché il Durc è riferito solo alle imprese edili. Ciò non toglie che in caso di lavori appaltati dal condominio ad un’impresa edile per il rifacimento della facciata o del tetto spesso l’amministratore si chiede se deve richiede-re all’impresa il Durc prima di sottoscrivere il contratto. E, soprattutto, se su di lui o sul condominio ricadano quelle responsa-bilità solidali o pecuniarie di cui parlavamo poc’anzi. Si è letto di tutto in questo ambito, ma la legge a tal proposito è molto chiara ed anche l’Agenzia delle Entrate è intervenu-ta ad esplicitarla con la circolare n.2/E del 01.03.2013. L’art.28ter dell’art.35 del Dl.223/2006 pre-vede che i soggetti a cui tutte le suesposte norme fanno riferimento sono quelli che hanno attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e, in ogni caso, quelli di cui all’art.73 e 74 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. È, quindi, escluso dall’ambito applicativo di dette norme il condominio in quanto non riconducibile fra i soggetti individuati agli artt.73 e 74 del Tuir. Allo stato, perciò, non vi è alcuna norma che impone all’amministratore di verifica-re la regolarità fiscale e contributiva delle imprese che prestano servizi in appalto in condominio.

La regolarità contributiva (DURC) in condominio dell’avv. Paola PONTANARI

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anno 2, n. 3/2014 19

UNA BREVE RIFLESSIONESULLE TABELLE MILLESIMALI

E SUL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO a cura dell’avv. Anna NICOLA – Sede Regionale ANAPI Piemonte

L’approvazione delle tabelle millesimali può essere deliberata dall’assemblea con il voto favorevole espresso dalla maggioran-za dei partecipanti al condominio che rap-presentino quanto meno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).

Ciò è a norma dell’art. 1136 secondo comma c.c., sia in prima, sia in seconda convocazione.

È quanto ha affermato di recente la Su-prema Corte con la decisione n. 3221 de-positata in cancelleria il 12 febbraio 2014 nonché il 26 febbraio 2014 con la sentenza n. 4569.

Com’è noto, si tratta di un tema affron-tato e risolto di recente dalla Cassazione a Sezioni Unite nell’estate del 2010, con la sentenza n. 18477/10.

Questo è il principio: le tabelle sono un semplice negozio di accertamento, con cui viene determinato con certezza il valore dei singoli alloggi rispetto all’edificio nel suo complesso. Ciò significa che, a ben vedere, le tabelle millesimali non sono un elemento necessario alla sussistenza dei condominio: la loro mancanza non ha alcuna ripercus-sione, in quanto ogni singola unità immo-biliare ha un proprio valore proporzionale rispetto all’intero stabile.

La decisione delle Sezioni Unite n. n. 18477/2010 così riporta: “i condomini approvano la tabella che ha determinato il valore dei piani o delle porzioni di piano secondo i criteri stabiliti dalla legge non fanno altro che riconoscere l’esattezza del-le operazioni di calcolo della proporzione tra il valore della quota e quello del fab-bricato; in sintesi, la misura delle quote risulta determinata in forza di una precisa disposizione di legge. L’approvazione del risultato di una operazione tecnica non importa la risoluzione o la preventiva eli-minazione di controversie, di discussioni o di dubbi: il valore di una cosa è quello che è e il suo accertamento non implica al-cuna operazione volitiva, ragion per cui il semplice riconoscimento che le operazioni sono state compiute in conformità al pre-cetto legislativo non può qualificarsi attivi-tà negoziale”.

A seguito della riforma (L. 220.2012), se si vuole procedere alla revisione o alla modificazione di tabelle già esistenti, il rife-rimento normativo è costituito dall’art. 69 disp. att. c.c.

Questa norma indica i casi in cui si può procedere alla loro modifica se, per errore o cambiamenti strutturali, non risultano più attuali.

Il procedimento qui prescritto vale in tutti i casi, sia per le tabelle millesimali as-sembleari, sia per quelle contrattuali.

Si ritiene che ancora oggi debba valere il principio secondo cui la natura delle tabel-le dipende dalla natura della clausola del regolamento a cui attengono e a cui sono allegate.

Esse, seppur di nascita contrattuale, possono avere contenuto assembleare, se non vanno a modificare i criteri di distri-buzione di spesa dettati dalle norme spe-cifiche del codice civile (artt. 1223 e segg. c.c.; cfr. Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943), sulla falsariga di quanto prevedono le singole clausole del regolamento.

Il regolamento ha natura contrattuale ove sia stato predisposto dall’unico origina-rio proprietario dello stabile ed accettato da-gli acquirenti delle singole unità immobiliari, in sede di compravendita degli alloggi che compongono l’edificio. Per poter essere vin-colante per gli acquirenti delle singole unità immobiliari occorre che esso sia richiama-

to ed approvato nei singoli atti di acquisto (Cassazione civile , sez. II, 31 luglio 2009, n. 17886). Ha altresì tale natura nel caso in cui venga approvato dall’assemblea all’una-nimità dei condomini (Cassazione civile, sez. II, 10 febbraio 2009, n. 3245; Cassazione civile , sez. II, 14 dicembre 2007, n. 26468).

È un contratto plurisoggettivo, dato dall’incontro della volontà di tutti i condo-mini, ma non è un contratto a prestazioni corrispettive. Ciò perché il regolamento tu-tela i medesimi interessi sussistenti in capo ai singoli condomini, senza che questi si trovino su posizioni contrapposte. L’interes-se dei contitolari è unico: il convivere insie-me in condominio nel rispetto delle singole proprietà individuali e di quelle collettive, come disciplinato dal regolamento (così Cass. 19 aprile 2009 n. 9137). Sempre per la medesima ragione, per essere vincolante occorre che esso sia stato preventivamente determinato nel contenuto, oltre a dover avere i requisiti essenziali per poterlo quali-ficare come vero e proprio contratto, onde ritenerlo valido ed efficace.

Anche se il suo contenuto normale è quello dettato dall’art. 1138 c.c., la presta-zione del consenso da parte di tutti i con-

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domini legittima la previsione e la validità di clausole con cui si limitano in qualche modo le proprietà esclusive o sanciscono una distribuzione di spesa tra i condo-mini diversa rispetto a quella prevista dal codice civile. Queste sono le fondamentali differenze rispetto al regolamento assem-bleare. È lecito e possibile nel regolamento contrattuale introdurre vincoli e limiti alle singole proprietà a seguito di concorde ed unanime determinazione degli aventi dirit-to, necessitata dallo scopo di conseguire la più comoda e proficua utilizzazione delle cose comuni. Per essi ci si esprime in ter-mini di oneri reali, di obbligazioni propter rem, di servitù reciproche, di oneri aventi natura sostanziale, di servitù. Affinché simi-li clausole siano valide occorre che le mede-sime rivestano l’eventuale forma prescritta in relazione alla natura della limitazione in essa contenuta: trattandosi di limiti – ser-vitù – al diritto di proprietà immobiliare, devono necessariamente rivestire la forma scritta ab substantiam. Esse possono essere formulate sia mediante l’elencazione delle attività vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare. Nella prima ipotesi è sufficiente, al fine di sta-bilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, verificare se la destina-zione sia inclusa nell’elenco, dovendosi ritenere che già in sede di redazione del regolamento ne siano stati valutati gli ef-fetti come necessariamente dannosi. Nella seconda ipotesi, essendo mancata la valu-tazione in astratto degli effetti dell’attività, è necessario accertare se l’attività oggetto di contestazione sia capace di creare gli in-convenienti che la clausola intende evitare. Simili limiti devono comunque risultare da una volontà chiara ed espressa o da una volontà desumibile, comunque, in modo certo dal contenuto del regolamento. A questo fine, la semplice indicazione di una determinata destinazione delle unità im-mobiliari non può essere tale da precluder-ne altre diverse: questo risultato può essere conseguito solo mediante la costituzione di reciproche servitù volontarie fra i vari con-domini, con conseguente restrizione della sfera di dominio sui beni di loro proprietà esclusiva. Lo stesso vale per la previsione di un onere economico diverso tra i condo-mini rispetto a quello sancito dalle norme legislative. Per poter derogare a queste disposizioni, occorre che tutti vi prestino il consenso. Questo principio è logico: se tutti gli alloggi, ad esempio, godono del servizio di portierato, la previsione che un certo condomino partecipi in misura mino-re rispetto ai suoi millesimi va a ripercuo-tersi sugli altri abitanti dell’edificio, che di conseguenza si fanno carico di quel quid che esula dal singolo carico economico del predetto condomino. Il rifiuto di anche solo

un abitante comporta l’impossibilità di ave-re una diversa ripartizione di spesa, man-cando il consenso unanime dei condomini.

Lo stesso è per le tabelle millesimali, quando esse devono essere revisionate o modificate. Le condizioni sono prescritte, come sopra accennato, dall’art. 69 disp. att. c.c.

Se la revisione è per le condizioni mu-tate del palazzo o di una singola unità (ad esempio un condomino ha aggiunto la mansarda al proprio alloggio, da cui deri-va il superamento della sua superficie di un quinto rispetto a quanto era in precedenza) “non sono violati gli artt. 1135, 1136 c.c., 68 e 69 disp. att. c.p.c. perché, quand’an-che si volesse attribuire ad una delibera che si limita a regolare in modo diverso i cri-teri di ripartizione delle spese generali, la natura di delibera di modifica dei millesimi, la delibera comunque non doveva essere approvata all’unanimità, ma a semplice maggioranza perché nel condominio, l’at-to di approvazione delle tabelle millesimali, come quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che la revisione delle tabelle (ancorché di origine contrattuale) non deve essere approvata con il consenso unanime dei condomini […], essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma (Cass. S.U. 9/8/2010 n. 18477)” (Cass. 12 febbraio 2012 n. 3221).

Se invece si vuole definire una nuova distribuzione delle spese dell’edificio tra i condomini, la modifica attiene al regola-mento di condominio ed è di valore con-trattuale: si rientra in un vero e proprio accordo che va a modificare la naturale ripartizione delle spese dei beni e servizi comuni tra gli abitanti dello stabile; esso necessariamente richiede l’assenso di tutti i condomini, dovendo modificare la relativa clausola del regolamento o la regola base stabilita dal codice civile.

Il principio delle recenti decisioni del Supremo Collegio sopra richiamate è il se-guente: “Occorre considerare, infatti, il so-pravvenuto nuovo indirizzo di questa Corte in materia, dovuto all’arresto n. 18477/10 delle S.U., in base al quale l’atto di ap-provazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. Infatti, la deliberazione che approva le tabelle millesi-mali non si pone come fonte diretta dell’ob-bligo contributivo del condomino, fonte che è costituita dalla legge stessa, ma solo come parametro di quantificazione dell’ob-bligo, determinato in base ad un valutazio-ne tecnica” (Cass. 26.02.2014 n° 4569)

Questo principio è valido e corretto quando si ha una modificazione della con-sistenza anche di una sola unità immobilia-re che fa parte del condominio, tale da le-gittimare la revisione delle tabelle, non più attuali in ragione degli interventi operati dal titolare dell’alloggio a cui la vertenza si riferisce. Questo è il significato da attribuire alla fonte legale della fattispecie: non è l’as-semblea che determina una nuova consi-stenza delle tabelle del condominio ma è la legge in ragione del mutamento del valore di uno o più alloggi.

Quanto detto è confermato dalla sen-tenza n. 11837 del 13.05.2013 con cui la Cassazione ribadisce che: “il legislatore, con la recente legge n. 220/2012 ha so-stanzialmente recepito l’insegnamento di cui alla sentenza a SS.UU. n. 18477/2010 modificando e profondamente innovando l’art. 69 delle disp. att. c.c. Tale norma nel testo novellato prevede appunto che in li-nea generale i valori espressi dalle tabelle millesimali possono essere rettificati o mo-dificati all’unanimità.” Conforme a quella già precedentemente resa del 13 maggio 2013 n. 11387.

Sempreché, come sopra detto, si stia analizzando il caso di modifica o revisione delle (sole) tabelle e non (anche) delle clau-sole del regolamento dell’edificio. Il nuovo art. 69 disp. att. c.c. prevede questo proce-dimento se si verificano mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopra-elevazione, di incremento di su-perfici, di modificazione delle destinazioni d’uso o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, se vi è stata un’alterazio-ne per più di 1/5 del valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condòmino. Anteriormente alla riforma non vi era alcun “tetto minimo” da dover superare per poter modificare le tabelle dell’edificio.

Occorre ricordare alcuni principi in tema di tabelle millesimali, a partire dalla loro formazione.

La redazione delle tabelle può essere effettuata dal costruttore-venditore degli alloggi che compongono l’edificio; può es-sere discussa e decisa in sede assembleare, dietro eventuale incarico a un soggetto ter-zo, professionista del settore. La decisione di conferimento di incarico deve essere pre-sa con le maggioranze di cui all’art. 1136, secondo comma, cioè con la maggioranza di voti degli intervenuti alla riunione e al-meno metà del valore dell’edificio. L’attri-buzione di questo compito non implica di per sé l’approvazione delle tabelle, una volta redatte. Per questa fattispecie occor-re una doppia decisione dell’assemblea: la prima, che attribuisce l’incarico ad un certo professionista; la seconda con cui l’assemblea fa proprie le tabelle da questi

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redatte. Anche la deliberazione dell’assem-blea di approvare le tabelle così redatte deve rispettare i quorum prescritti dall’art. 1136, secondo comma, c.c. (Trib. Bari Sez. III, 12/02/2010). La sottoscrizione da parte dei condomini dell’elaborato tecnico for-mato dal soggetto incaricato della redazio-ne delle tabelle non implica approvazione delle stesse (Trib. Salerno Sez. feriale Ord., 30/07/2004).

È da escludere che l’amministratore di condominio abbia l’obbligo e l’onere di provvedere alla redazione e all’eventuale modifica delle tabelle millesimali, essen-do compito istituzionale dell’assemblea di condominio (Cass. civ. Sez. II, 11/02/2000, n. 1520)

Per esprimere i valori delle unità immo-biliari di proprietà esclusiva dei singoli con-domini e il loro proporzionale ragguaglio in millesimi al valore dell’edificio -e quindi per redigere correttamente le tabelle millesima-li- occorre fare riferimento al momento in cui viene redatto il regolamento di condo-minio, costituendone parte ntegrante. Può accadere che successivamente si renda ne-cessario modificarle in quanto ci si avvede che sono affette da errori di calcolo o in ragione della variazione della consistenza delle unità che compongono l’edificio.

“In tema di condominio di edifici, i valori delle unità immobiliari di proprietà esclusi-va dei singoli condomini e il loro proporzio-nale ragguaglio in millesimi al valore dell’e-dificio vanno individuati con riferimento al momento dell’adozione del regolamento e la tabella che li esprime é soggetta ad emenda solo in relazione ad errori, di fat-to e di diritto, attinenti alla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valo-re delle singole unità immobiliari ovvero a circostanze sopravvenute relative alla consi-stenza dell’edificio o delle sue porzioni, che incidano in modo rilevante sull’originaria proporzione dei valori. Pertanto, in ragione dell’esigenza di certezza dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini, fissati nelle tabelle millesimali, non comportano la re-visione o la modifica di tali tabelle né gli errori nella determinazione del valore, che non siano indotti da quelli sugli elementi necessari al suo calcolo, nè i mutamenti successivi dei criteri di stima della proprietà immobiliare, pur se abbiano determinato una rivalutazione disomogenea delle singo-le unità dell’edificio o alterato, comunque, il rapporto originario fra il valore delle sin-gole unità e tra queste e l’edificio” (Cass. civ. Sez. II, 10/02/2010, n. 3001).

Per effettuare il corretto calcolo, occorre tenere in debito conto i seguenti elemen-ti: gli elementi intrinseci, quali l’ampiezza e il numero dei vani di proprietà singola; gli elementi estrinseci, quali l’ubicazione, l’esposizione, l’altezza; eventuali pertinen-

ze delle proprietà esclusive (Cass. civ. Sez. II, 27/07/2007, n. 16644; Cass. civ. Sez. II, 01/07/2004, n. 1201).

Come accennato in precedenza, il valore degli immobili che costituiscono il condo-minio preesiste pertanto alle tabelle millesi-mali l’esistenza di valide tabelle millesimali non costituisce requisito di validità delle delibere assembleari, dato che il criterio per la determinazione delle singole quote pre-esiste alle tabelle, derivando dal rapporto tra il valore dell’intero edificio e quello della proprietà singola (Cass. n. 3264/2005).

Anche qualora siano errate, le tabelle sono obbligatorie per tutti i condomini fino al momento in cui non vengono modifica-te. L’amministratore, nel ripartire le spese tra i contitolari, è tenuto a rispettarle, an-che se è a conoscenza della loro erroneità: questi non può contravvenire alla ripartizio-ne espressa nella tabella e, di sua iniziativa, applicare altri criteri, quali quelli dettati dal codice civile (Cass. civ. Sez. II, 18/08/2005, n. 16982). Ciò significa che esse hanno efficacia costitutiva e non semplicemente dichiarativa: esse, una volta redatte, sono vincolanti per tutto il tempo in cui hanno valore ed efficacia. L’eventuale loro erronei-tà, da intendersi come violazione della rea-le consistenza dell’edificio, può essere fatta valere solo impugnandole, richiedendo una loro modifica convenzionale o giudiziale (Cass. civ. Sez. II, 18/08/2005, n. 16982).

Per legittimare la domanda di revisione delle tabelle (v. Cass. SS UU 18477/10, che ha inoltre riconosciuto la validità delle mo-difiche alle tabelle a semplice maggioranza qualificata) ma si è limitata testualmente a chiederne la revisione ‘perché non fondate sulle risultanze catastali né su presunzioni’ (allegazioni poco comprensibili, inidonee ad integrare i requisiti previsti dall’art. 163 c.p.c. e non riferibili alle condizioni poste dalla sopra citata norma) (Tribunale Roma, 15.03.2012).

Si può infine discutere della natura con-tenziosa o meno del procedimento giudi-ziario di revisione e/o modifica delle tabel-le millesimali. Spesso tuttavia si tratta di impugnazione delle tabelle conseguenti a una impugnazione principale della delibe-razione con cui l’assemblea ha deliberato in merito a (eventualmente) nuove tabelle. Qui non si pone alcun particolare proble-ma, trattandosi di azione di annullamen-to del deciso assembleare che soggiace ai principi di cui all’art. 1137 c.c., previo espe-rimento della procedura di mediazione ex L. 98.2013 a pena di improcedibilità della domanda giudiziaria (c.d. improcedibilità “morbida”, cfr. Anna Nicola, La mediazione condominiale, Experta, 2011).

Se invece la tabella condominiale viene impugnata ex se, si ritiene che il giudizio si qualifichi come non contenzioso, di na-

tura amministrativa, di volontaria ammi-nistrazione. Questo giudizio viene escluso integralmente dall’istituto della mediazio-ne, trattandosi di procedimento in came-ra di consiglio ex art. 5 comma 4 D. Lgds. 28.2010 e ss.mm.

Ove invece si tratti di impugnazione dipendente da un verbale assembleare an-nullabile, seppur la sentenza non ha effica-cia retroattiva, avendo natura costitutiva, è possibile proporre la domanda di arricchi-mento senza causa, come richiesta conse-guente alla rettifica/revisione delle tabelle

Così osserva la Suprema Corte con la decisione n. 5690.2011: “Pur essendo pos-sibile una richiesta dì revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di appo-sita delibera dell’assemblea dei condomini, deve riconoscersi che una modifica delle stesse non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva ed anzi avrebbe potuto produr-re effetti solo dal momento del passaggio in giudicato della decisione. Pertanto, nes-suna contraddizione è possibile ravvisare nella motivazione della sentenza impugna-ta nella parte in cui la stessa ha accolto la domanda di arricchimento senza causa, pur dopo aver riconosciuto che una modifica delle tabelle millesimali, in ogni caso, non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, la sentenza che acco-glie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previ-sti dall’ art. 69 disp. att. cod. civ., non ha natura dichiarativa ma costitutiva, avendo la stessa funzione dell’accordo raggiunto all’unanimità dai condomini, con la con-seguenza che l’efficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, inizia a decorrere solo dal passaggio in giudicato (Cass. 8 settembre 1994 n. 7696). In base a tale considerazio-ni, non può condividersi la tesi sostenuta dal ricorrente, con il secondo motivo di ri-corso, secondo la quale una volta esclusa la retroattività della modifica delle vecchie tabelle, ì giudici di appello avrebbero do-vuto rigettare la domanda dì arricchimento senza giusta causa“ (Cass. 10 marzo 2011 n. 5690).

Volendo riprendere ancora un attimo l’art. 69 disp. att. c.c., nella sua nuova for-mulazione, la norma ha eliminato come fattispecie sulla cui base domandare la revisione delle tabelle le ipotesi di espro-priazione parziale o di innovazione di vasta portata. Gli errori rilevanti ai fini della re-visione sono quelli obiettivamente verifica-bili, restando esclusa la rilevanza dei criteri soggettivi nella stima degli elementi neces-sari per la valutazione. Inoltre deve trattarsi di vero e proprio errore di calcolo e non di errore vizio – che come tale è vizio – del consenso.

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* *Sono un v/s associato con n° iscrizio-ne Z1248, gradirei risposta a questo quesito:si devono ripristinare fronta-lini e sottobalconi di cosi detti balconi aggettanti quindi proprieta’ privata, preciso che sono gia’ stati spiccona-ti i frontalini e pericolo imminente e quindi urgenza non c’e’. L’assemblea ha deliberato questi lavori, un condo-mino non vuole permettere l’accesso al suo balcone affinche’ la ditta possa rifare il sottobalcone e frontalino so-pra il suo balcone, si appella all’art. 843 c.p.c., invitando il direttore dei lavori a trovare soluzioni alternati-ve all’operato in quanto a suo dire lui non inibisce i lavori. I lavori in fase di attuazione vengono fatti con un ponte. Mi chiedo chi ha ragione e come derimere questa questione.

Salvatore Fluido

Cosi come indicato nell’art. 843 e nella sentenza di cassazione Cass., massima sent. n. 1908 del 27.01.2009 che riportiamo: In materia di rapporti di vicinato, la previsione dell’art. 843 cod. civ. – secondo cui il proprieta-rio è tenuto a permettere l’accesso o il passaggio nel suo fondo al fine di consentire al vicino lo svolgimento di opere necessarie alla manutenzione del muro dell’immobile di sua pro-prietà – configura un’obbligazione “propter rem”, cui corrisponde l’ob-bligo per il vicino di versare un’ade-guata indennità, da liquidare in via equitativa ed anche in assenza di pro-va del danno, fermo restando l’obbli-go per il medesimo di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita.

L’amministratore a questo punto po-trà indicare al direttore dei lavori la predetta Sentenza riconoscendo una indennità indipendentemente dai possibili danni che potrebbero esse-re cagionati.

Dott. Vittorio FuscoPresidente ANAPI

Sono a chiedere delucidazioni in materia di installazione della sire-na dell’antifurto in facciata. Una inquilina dello stabile mi ha chiesto se fosse possibile non installare solo nel lato cortile la sirena dell’antifur-to, visto che lei abita al piano rial-zato, ma anche verso il lato strada anche come deterrente maggiore per i ladri. A mio avviso non riscontro nulla di negativo in questa richiesta, premesso il fatto che vorrei che ve-nisse fatta la scelta verso una sirena di piccole dimensioni e posizionata in un posto che non danneggi il de-coro della casa. È corretta la mia valutazione e qualora tutta la mag-gioranza sia d’accordo è fattibile procedere in tal senso oppure vige una norma ben precisa che vieta quanto richiesto? Nel ringraziarVi per la Vostra consu-lenza, porgo cordiali saluti.

Paola Pelassa

Partendo dal presupposto che la fac-ciata condominiale rientra nei beni in comunione con tutti i condomini, se-condo l’art. 1117 c.c., tutti i condomi-ni possono utilizzare il bene comune con parsimonia senza creare danno al condominio e ai condomini.Basti pensare alle installazioni dei motori dell’aria condizionata...In questo caso specifico, tale instal-lazione (sirena antifurto), potrà es-sere installata senza alcun problema e limitazione. Naturalmente tenendo conto del decoro architettonico della medesima facciata.

Dott. Roberto BonasiaPresidente ANAPI Communication

Buongiorno,vorrei avere delle delucidazioni in merito alle morosità dei condomini e ai locali commerciali.Ho ricevuto in ufficio una mia cliente che ha un appartamento in un com-plesso immobiliare che io non ammi-nistro. Mi ha chiesto una consulenza in quanto ha molti problemi condo-miniali e vorrei dargli delle giuste informazioni su come agire.1) Nel suo complesso di 6 unità c’è un condomino moroso da ormai 3 anni contro cui l’amministratore non agisce. Il debito è arrivato a circa 3.000,00 euro. Questa mancanza si ripercuote sulla normale amministra-zione dell’immobile in quanto non vengono più eseguite le manutenzioni ordinarie (giardino, pulizia scale) o ci sono ritardi che l’amministratore giustifica per mancanza di liquidità. Può la mia cliente chiedere la situa-zione delle morosità? In che modo? Se l’amministratore non agisce come ci si può difendere?2) Nello stesso complesso c’è un lo-cale commerciale al piano terra che viene incluso nel condominio solo per il vano scale a cui ha diritto di accesso per la presenza degli allacci delle utenze. In questo locale com-merciale può esserci qualsiasi attivi-tà senza il premesso dell’assemblea? Nel regolamento condominiale non è specificato nulla in merito.Grazie, cordiali saluti

Luca Petrocelli

Per le morosità il codice civile in ma-teria e soprattutto all’art. 1129 c.c., ri-badisce che l’amministratore si deve adoperare per la riscossione forzosa delle quote ordinarie e straordinarie entro e non oltre sei mesi dalla data di approvazione del bilancio e cioè, dalla data di quando il credito è dive-nuto esigibile.Nel secondo caso, se nel regolamento di condominio nulla è ribadito, il lo-

L'Esperto

Risponde*

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cale commerciale potrebbe svolgere qualsiasi tipo di attività. Se si voles-se bloccare alcune particolari attività che non fossero di gradimento del condominio, si dovrà modificare il re-golamento e riapprovarlo con la mag-gioranza indicata nell’art. 1138 c.c.

Comunque potrà rifarsi anche al pos-sibile elenco delle attività indicate presso il Comune di Appartenenza

Dott. Antonio PuglieseANAPI Communication

Buona sera! Sono l’amministratore di un condominio di 44 appartamenti situato nel comune di Roma. Sono su-bentrato in questo stabile da pochi mesi ed in questo tempo ho potuto notare e segnalare la negligenza dei preceden-ti amministratori nonché condomini nella mancanza di adeguamento alle normative in vigore. Solo alcuni pro-blemi: adeguamento impianto elettrico e messa a terra,certificato prevenzio-

ne incendi e lastrico solare con rischio caduta parte di muratura,presenza di eternit nel terrazzo. Tutti questi rischi penali e civili sono stati verbalizzati durante l’ ultima assemblea condomi-niale. Per evitare di fare ulteriori as-semblee è stato deliberato all’unanimità di istituire una commissione di quattro condomini oltre l’amministratore che procederà a valutare le offerte migliori dei preventivi pervenuti per c.p.i. e im-pianto elettrico. Vi chiedo,sentendo pa-reri contrastanti con alcune sentenze di cassazione, se è lecito procedere in que-sto modo oppure devo necessariamente indire una nuova assemblea? Vi ringrazio per l’attenzione e vi invio i miei più cordiali saluti.

Rag. Venuti Giancarlo

Se all’assemblea sono presenti tutti i condomini che costituiscono l’intero intercondominio, allora si.Diversamente si fa prima a modifi-care il regolamento di condominio che non istituire un assemblea. Il tutto trova chiarimento se è previsto

da regolamento di condominio. In so-stanza, se nel regolamento è previsto l’istituzione di un comitato che suc-cessivamente porterà all’attenzione dell’assemblea tutta le varie tipologie di interventi da effettuare, allora potrà procedere cosi come indicato e tra-scritto a regolamento. Diversamente dovrà comunque rifarsi all’assemblea tutta e magari modificare il regola-mento prevedendo una commissione di condomini più attenti, alla verifica dei lavori da eseguire.Purtroppo le assemblee non sono molto spesso autorevoli così come lo potrebbe essere il regolamento. Molte sentenza di cassazione (che non sono legge ma solo orientamento giurisprudenziale), essendo diversifi-cate tra di loro, non trovano applica-zione nei casi specifici

Dott. Vittorio FuscoPresidente ANAPI

*

Lo stalking del vicino di casa è reatoAlzare al massimo il volume dello stereo, danneggiare l’atrio del palazzo, i balconi, lasciare rifiuti: le persecuzioni in condo-minio sono rilevanti dal punto di vista pe-nale e qualificabili come atti di stalking.Lo stalking è qualsiasi forma di persecu-zione che genera stati di ansia e terrore a carico della vittima. Pertanto, si tratta di comportamenti che possono essere posti anche da un vicino di casa o da un con-domino.

Nel 2011 la Cassazione aveva riconosciu-to la figura dello stalking condominiale oggi la stessa Corte è tornata sull’argo-mento con una sentenza (Cass. sent. n. 26589/14 del 19.06.14) che, purtroppo, troverà diverse applicazioni all’interno dei rapporti di vicinato.

Quali azioni del vicino di casa rientrano nello stalking?

Non c’è bisogno del classico pedinamen-to per rispondere di stalking. È sufficien-te infastidire e vessare i propri vicini, con condotte di vario tipo, perché possa scat-tare la condanna penale.

La legge (Art. 612 bis cod. pen.) non

specifica quali tipi di condotte possano rientrare nello stalking. La definizione è molto generica e il riferimento è a qualsiasi tipo di atto persecutorio.

Nel caso deciso dalla sentenza in commen-to, un condomino era solito lasciare rifiuti davanti alle porte dei vicini. Ma si può trat-tare di un vasto repertorio di azioni, come il danneggiare l’auto o la proprietà altrui (per esempio, il balcone), versare acido nei locali comuni dell’edificio, pronunciare epi-teti gravemente ingiuriosi nei confronti di alcune persone, inserire scritti di contenuto delirante nelle cassette postali. Finanche al-zare al massimo il volume dello stereo solo per creare disturbo al vicino.

La Corte CostituzionaleLa Corte Costituzionale è intervenu-ta sul tema (C. Cost. sent. n. 172/14 del 18.06.2014) definendo le linee guida per-ché si possa parlare di stalking.

È necessaria, innanzitutto, che la con-dotta sia reiterata: il che significa che vi devono essere almeno due condotte di

minacce o molestie. Anche solo un paio di atti persecutori (ma non uno soltanto) fanno scattare il reato.

In secondo luogo tali condotte devono es-sere idonee a cagionare uno dei tre eventi alternativamente previsti dalla legge:

1. un perdurante e grave stato di ansia o di paura;

2. un fondato timore per l’incolumità;

3. una persecuzione tale da costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita;

Ecco che, quindi, anche solo lo stato di ansia, generato nella vittima, dell’avvici-narsi della sera perché già sa che il vicino inizierà a spostare i mobili e ad alzare il volume dello stereo; o la paura di affac-ciarsi dal balcone per paura di ricevere un vaso in testa; o il doversi allontanare di casa per qualche giorno onde non imbat-tersi nel vicino pericoloso, ecc.: sono tutti elementi che potrebbero far scattare gli estremi del reato.

Dott. G.A. TARRICONEANAPI n. Z1684

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anno 2, n. 3/201424

Come vanno ripartite le spese relative alle infiltrazioni provenienti dal lastrico so-lare? Il problema è capitato, almeno una volta, in ogni condominio. E sicuramente è una delle questioni più attuali e ricorrenti che riguardano la materia degli immobili. Ecco perché, stante peraltro i dubbi sull’ar-gomento (dubbi che neanche la riforma del condominio con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 sembra aver risolto ), è dovu-ta intervenire la Cassazione che ha rimes-so la questione alle Sezioni Unite per fare chiarezza.

Se un condomino lamenta di aver subi-to dei danni da infiltrazioni provenienti dal sovrastante terrazzo di proprietà del condominio (o meglio, lastrico solare) e chiede il risarcimento dei danni al condo-minio come ci si deve comportare?

Innanzitutto è bene precisare cosa si in-tende per lastrico solare. Secondo quan-to affermato dalla Corte di Cassazione, con questo termine ci si riferisce alla “superficie terminale dell’edificio che abbia la funzione di copertura, tetto delle sottostanti unità immobiliari, comprensivo di ogni suo ele-mento, sia pure accessorio, come la pavi-mentazione”. Quando il lastrico solare è ad uso esclusivo di un solo condomino le ripa-razioni od il suo rifacimento sono regolate dall’art. 1126 del codice civile ovvero un terzo della spesa è carico di chi ne gode in modo esclusivo ed i restanti due terzi “sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”. La norma non presenta ulteriori dubbi.

Ma quando un condomino lamenta di aver subito dei danni da infiltrazioni pro-venienti dal sovrastante lastrico solare di proprietà o semplicemente di uso del con-domino soprastante come vanno ripartite le spese dovute a titolo di indennizzo dei danni subiti? La questione è da considerarsi “calda” perché una recente sentenza della Suprema Corte sollecita un radicale cam-biamento dell’orientamento sino ad oggi prevalente. Infatti i giudici della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione han-

no rimesso al Primo Presidente della Corte gli atti di una causa relativa alle modalità di ripartizione delle spese derivanti dai danni prodotti dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare di proprietà o uso esclusivo (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 13 giugno 2014, n. 13526).

Prima della sentenza n. 13526/14La soluzione era stata fornita da una

storica sentenza della Cassazione del ’97. In base a tale pronuncia bisognava fare

una distinzione:1. Se il lastrico appartiene a tutti i con-

dominiNel caso in cui il lastrico solare svolge

solo una funzione di copertura dell’edificio e appartiene a tutti i condomini, le spese per la conservazione, le riparazioni e le rico-struzioni sono ripartite tra tutti i proprieta-ri, sulla base della tabella millesimale.

Per cui, in caso di danni provocati all’ap-partamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, per difet-to di manutenzione di quest’ultimo, il risarcimento è a carico di tutti i condomini e anch’esso andrà ripartito sulla base delle quote riportate dalle tabelle millesimali di proprietà.2. Se il lastrico è di proprietà o uso

esclusivo di un condominoQuando il lastrico solare, oltre che fun-

gere da copertura dell’edificio, è di proprie-tà esclusiva di un singolo condomino ed è destinato ad offrire, a quest’ultimo, ulterio-ri utilità oltre alla copertura (per esempio, come terrazza, vano stenditoio, ecc.), in tal caso, la ripartizione delle spese per la ma-nutenzione e i danni da infiltrazioni sono così divisi:a) due terzi a carico di tutti i condomini (infatti, tutti i condomini usufruiscono, co-munque, della funzione di copertura del lastrico stesso);b) un terzo a carico del titolare del lastrico.

Tuttavia questa soluzione non ha con-vinto diversi giudici , ma anche la dottrina.

Si è peraltro detto che non sarebbe cor-

retto disciplinare allo stesso modo i danni derivanti da difetto di manutenzione e quelli, invece, derivanti da usura.

Infatti, il proprietario esclusivo poteva essere chiamato a concorrere alle spese nella misura di 1/3 solo nel caso in cui i danni fossero derivati dall’usura causata dal suo godimento esclusivo del bene, ma non anche nel caso in cui essi derivavano dall’omessa manutenzione da parte del condominio. L’inerzia di quest’ultimo, in definitiva, non poteva pesare sulle tasche del singolo proprietario.Esempio tipico: se il proprietario esclusi-vo, con l’uso, deteriorava la pavimenta-zione del terrazzo, doveva concorrere in maniera maggiore alle spese di rifacimen-to; viceversa, nel caso in cui le infiltrazioni fossero state determinate dal naturale de-terioramento della guaina, le spese sareb-bero state ripartite tra tutti i condomini.

La nuova sentenzaLa sentenza n. 13526/14 fa rivoluziona-

re il criterio di calcolo delle spese di ma-nutenzione e dei relativi danni da infiltra-zioni del lastrico solare. Secondo la Corte, ora, i costi si quantificano non più in base ai millesimi, ma alla superficie in metri quadri coperta dal lastrico. Che significa?

Partendo dal presupposto che gli appar-tamenti sottostanti il lastrico devono con-tribuire alle spese proprio perché godono della funzione di copertura del lastrico stes-so, la Suprema Corte ha ritenuto che do-vessero pagare di più gli appartamenti più grandi (e, quindi, con maggiore superficie coperta dal lastrico) che non quelli più pic-coli. Pertanto, la sentenza ha stabilito che il parametro di riferimento non è più quello corrispondente ai valori millesimali de-gli appartamenti sottostanti bensì i metri quadrati che risultano effettivamente coperti dal lastrico ammalorato.

Ciò, ovviamente, vale sia nel caso di la-strico di proprietà esclusiva (nel qual caso il predetto criterio di calcolo riguarda i 2/3 delle spese da sostenere) che nel caso di proprietà del condominio (nel qual caso la ripartizione riguarda il 100% delle spese).

Applicando questo criterio, la ripartizio-ne delle spese avverrebbe secondo criteri più equi in quanto, in ipotesi, potrebbe accadere che l’appartamento sottostante potrebbe essere coperto solo per una mini-ma parte dal lastrico oggetto di riparazioni e, applicando il mero valore millesimale, questo sarebbe chiamato a concorrere alle spese per l’intero valore millesimale.

Ovviamente sulla questione saranno ora le Sezioni Unite a dire l’ultima parola. Sta-remo a vedere.

Infiltrazione dal lastrico solare: chi paga? a cura dell’avv. Giuseppina LONGO - ANAPI Communication

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anno 2, n. 3/201426

Con questo titolo inizia una colla-borazione tra PLANET LIFE ECONOMY FOUNDATION e la vostra rivista ANAPI NEWS, grazie alla conoscenza reciproca-mente fatta in occasione di un convegno da voi organizzato col nostro socio ECO-NETWORK a Bari.

Il titolo “la nuova economia e il con-dominio” ci potrà accompagnare in più articoli perché la mia intenzione, come presidente della Fondazione onlus che per brevità chiamiamo PLEF, è di dimo-strare che i massimi principi si realiz-zano a misura d’uomo in situazioni di assoluta quotidianità. Cosa c’è in-fatti di più quotidiano e abituale di un condominio, un immobile in cui convivo-no più famiglie con o senza attività com-merciali, di laboratorio o professionali?

Possiamo senz’altro dire che il condo-minio è uno dei risultati del miraco-lo economico italiano. La casa propria per tutti, la casa in città, la casa nelle cit-tà satelliti, la casa unifamiliare nei villaggi a schiera, la seconda casa in montagna, ai laghi o al mare. Tutte queste abitazio-ni, costruite bene o meno bene, servite da infrastrutture buone o meno buone, popolari, borghesi o elitarie, hanno favo-rito l’investimento del singolo con l’aiuto dei genitori, dalla comunione dei beni tra coniugi, dai buoni stipendi e dai risparmi che si facevano e sempre, da un buon mutuo complementare garantito dal bene immobile.

Queste case hanno seguito non solo la ricostruzione degli anni ‘50, ma la modernizzazione degli anni ‘60, la con-testazione degli anni ‘70, la Milano da bere degli anni ‘80, le mani pulite degli

anni ’90, la seconda repubblica di Me-diaset dei primi anni del nuovo secolo fino a quando sono arrivati, come diceva Alberto Sordi nel film il “Vigile”, i CINESI! Non più quindi “Mamma li Turchi!”, ma i Cinesi con i loro prodotti e con i loro prezzi.

La metamorfosi dell’Italia, da pae-se occidentale del G8, salito al settimo posto tra i paesi industriali del mondo quando superò l’Inghilterra, a paese in crisi strutturale con un debito pubblico abnorme e con tassi di disoccupazione allarmanti, si è manifestata e continua in modo progressivo e costante dal 2009 ad oggi, investendo scenari politici, real-tà sociali e l’emblema del paese, il CAL-CIO NAZIONALE che appaiono tutti sen-za idee, alla ricerca di guida e di squadra.

In tutta questa dinamica, le case, spe-cie quelle buone (e sono tante), che han-no resistito strutturalmente all’usura del tempo, sono rimaste, anzi sono emerse come il principale capitale nazionale ovvero quello immobiliare sia nel pubbli-co che nel privato.

Le case sono rimaste anche il baluar-do del sociale grazie alla loro capacità di ospitare anche chi avrebbe avuto biso-gno di un’assistenza (anziani e giovani), sono rimaste anche il paracadute di fa-miglie divise e allargate allo stesso tem-po, le case sono rimaste anche il rifugio di stock prezioso di beni e di affetti, le case sono diventate l’asse ereditario più forte della previdenza!

Allora ci si rende conto che questo patrimonio, apparentemente funzionale

o strumentale al vivere quotidiano, ha un carico di potenzialità fortissimo e allo stesso tempo rappresenta lo strumento di patrimonializzazione diffusa per eccellenza.

Allora si capisce che, al contrario della speculazione edilizia fatta di uso spregiu-dicato del suolo e di profitti per pochi alle spalle di chi ha dato il lavoro, le forniture e soprattutto di chi ha acquistato, esiste una ben più ampia situazione di im-prenditoria edilizia che ha generato lavoro, margini ai fornitori e beni durevoli agli acquirenti e questa fi-liera ha una virtuosità che è affidata agli stessi proprietari e ai loro ammi-nistratori delegati alla gestione.

È a questa enorme platea di soggetti che come PLEF mi rivolgo, attraverso la vostra rivista, per dire che questa molti-tudine positiva ha nelle sue mani il mag-gior cespite della nazione, ha nelle sue esperienze il maggior esempio di gestio-ne partecipata, ha nelle sue prospettive quella di diventare guida di una nuova economia che gli anglosassoni chiama-no SHARING ECONOMY e che altri de-finiscono (e noi tra questi) ECONOMIA SOSTENIBILE fatta dalla comunità!

Da questo punto di partenza parle-remo dei capitali posseduti dal sistema condominio, ovvero: finanziario, natu-rale, umano, relazionale, organizzativo e culturale.

Seguiteci!

GrazieEmanuele Plata

LA NUOVA ECONOMIA E IL CONDOMINIO a cura del dott. Emanuele PLATA - Presidente PLEF

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anno 2, n. 3/201428

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Associazione NazionaleAmministratori Professionistid’Immobili