Sussidio Vita Cristiana : Dio ama i poveri

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Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. 2Corinti 8,9 Dio ama i poveri Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 10 ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI

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Un sussidio importante per la vita cristiana delle ACLI elaborato dalla Funzione Vita Cristiana delle ACLI per tutti i soci e per tutte le associazioni specifiche

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Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo:da ricco che era si è fatto povero per voi,affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

2Corinti 8,9

Dio ama i poveri

Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 10

Aesse [email protected]

ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI

Dio ama i poveriDicembre 2013

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Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo:da ricco che era si è fatto povero per voi,affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

2Corinti 8,9

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Copertina: Ho avuto sete e mi avete dato da bere - Chiesa di tutti i Santi di Ljubljana - Slovenia

- Autore del mosaico: padre Marko I. Rupnik e Atelier del Centro Aletti

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Nota metodologica

Gli incontri che proponiamo posso essere vissuti in un clima di preghiera e di-scernimento, oppure come un incontro di formazione del gruppo.

Il clima di preghiera e di discernimento richiede dei gesti che aiutano ad essereconsapevoli di essere alla presenza del Signore. Possono essere il segno della cro-ce, un canto religioso, una invocazione allo Spirito Santo, una preghiera adattaall’occasione. Questi gesti è opportuno che siano posti all’inizio e alla fine del-l’incontro, per caratterizzarlo come preghiera e discernimento.

Si può poi proseguire con la lettura del brano della Scrittura posto all’inizio del-la scheda che si vuole approfondire, seguito da un momento di silenzio per fa-re proprio ciò che si è ascoltato.

Segue l’approfondimento del tema utilizzando quanto proposto nel sussidio outilizzando parole proprie che aiutino a comprendere la Scrittura.

C’è poi un momento di confronto tra i partecipanti che può avere differenti ca-ratterizzazioni: confronto sulla vita personale, confronto sull’agire associativo,discernimento spirituale e scelte verificabili, anche piccole, che possono intro-durre dei cambiamenti nella vita personale, nella comunità cristiana di appar-tenenza, nella vita associativa, nella vita civile.

È opportuno redigere un resoconto dell’incontro, per fare memoria di quanto siè vissuto insieme, per condividerlo con altri, per comunicarlo ad altri livelli as-sociativi (provinciale, regionale, nazionale), per poterlo riprendere in vista diuna verifica a fine percorso.

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Hanno collaborato alla realizzazione del sussidio p. Elio Dalla Zuanna, incaricato na-

zionale CEI per la vita cristiana nelle Acli; Stefano Tassinari, Vice Presidente nazionale

Acli; Marco Bonarini della Vita cristiana; Pino Gulia, Responsabile servizio immigra-

zione Patronato Acli; Scilla Ambrosi della Vita cristiana.

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Presentazione

I poveri sono il segno concreto della presenza di Cristo, così ci ricorda lo spi-rito del Concilio, di cui nel corso di quest’anno celebriamo il 55° della sua in-dizione. Dobbiamo allora avvicinarci ai poveri non solo in maniera “sociale”,ma dobbiamo essere consapevoli che il povero ci rivolge un appello cristologi-co, perché nel povero si manifesta Cristo. Quando intercettiamo sui nostri pas-si il povero, noi incontriamo Cristo stesso. Non vogliamo idealizzare il povero,o invocare il pauperismo, ma dobbiamo sapere che Cristo è venuto per annun-ciare a lui la buona novella, per ridare a lui la dignità che merita. Ci permettia-mo di citare, qui, uno per tutti, Benedetto XVI, sempre frettolosamente liqui-dato dai media come avversario della teologia della liberazione e che invece adAparecida nel corso della IV Assemblea dei vescovi latino americani così si espri-meva: «La chiesa è avvocata della giustizia e dei poveri, precisamente perchénon si identifica coi politici né con gli interessi di partito. Solo essendo indi-pendente può insegnare i grandi criteri ed i valori inderogabili, orientare le co-scienze ed offrire un’opzione di vita che va oltre l’ambito politico. Formare lecoscienze, essere avvocata della giustizia e della verità, educare alle virtù indi-viduali e politiche, è la vocazione fondamentale della chiesa in questo settore.Ed i laici cattolici devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pub-blica; devono essere presenti nella formazione dei consensi necessari e nell’op-posizione contro le ingiustizie».

Inoltre dal Concilio, ci giunge l’indicazione cardine che la chiesa è per il mon-do, vale a dire, per la sua salvezza e per la salvezza del suo futuro, ciò passa, og-gi più che mai, per l’impegno per i poveri e con i poveri. Ma ciò domanda an-che una serie di scelte coerenti e consequenziali. Ad esempio, partendo da unascelta di essenzialità nell’impostare la propria vita, nell’imparare a fraternizza-re con gli altri, nel darsi ai più bisognosi, che ciascuno troverà intorno a sé sedavvero li cerca. Solo così si dà spessore e concretezza all’amore, a quel co-mandamento che costituisce la perenne novità del Vangelo e di ogni evangeliz-zazione: caritas Christi urget nos.

Di certo pare essere giunto il tempo, nel quale l’immensa compassione cheil corpo ecclesiale sa esprimere, di proclamare ad alta voce, che un’economiaspeculativa e puramente finanziaria è, secondo la tradizione della chiesa, un’au-

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tentica usura e, dunque, immorale. Ognuno deve farsi voce per proclamare da-vanti ad ogni istituzione il dovere di ripartire in maniera equa tra l’intera fami-glia umana i beni che Dio affida a tutti noi attraverso il creato e l’ingegno uma-no, perché la terra è di Dio.

Ci auguriamo che il presente strumento sia fruibile e solleciti l’interessamentoe aiuti all’approfondimento del dettato evangelico e alle aperture che esso do-manda, qui trattate con inevitabile essenzialità, ma certi che esse possono inco-raggiare il confronto con quanto e sempre più fa parte del vivere quotidiano perun credente, che fiducioso attende la venuta del Regno. Un grazie a tutti colo-ro che hanno contribuito alla stesura di questo strumento, che vuole inserirsi nelpercorso delineato nel recente incontro di Cortona e nel programma nazionaleper i prossimi anni, con il quale poter abitare la storia consapevoli che siamotutti dei “poveri mendicanti”.

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Stefano TassinariVice Presidente nazionale Acli

Responsabile Vita cristiana

P. Elio Dalla ZuannaIncaricato nazionale Cei

per la vita cristiana nelle Acli

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1. Dio sceglie di essere poveroGenesi 1,26-2,4

Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somi-glianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, sututti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. E Diocreò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmi-na li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro:“Siate fecondi e moltiplicatevi,riempite la terra e soggiogatela,dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cieloe su ogni essere vivente che striscia sulla terra”.Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la ter-ra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tuttigli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che striscia-no sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E co-sì avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. Efu sera e fu mattina: sesto giorno.Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio,nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nelsettimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimogiorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli ave-va fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando ven-nero creati.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Dio crea il cosmo e l’uomo con tutta la sua potenza. Egli mette ordine nel caos pri-mordiale (Gen 1) oppure crea dal nulla (2Mac 7,28). In ogni caso la creazione è ma-nifestazione della sua onnipotenza e del suo amore per le creature.Ma che cosa è la povertà e in che senso si può parlare della povertà di Dio? La povertà è una condizione di scarsezza, penuria, insufficienza. L’etimologia la-tina dice: povero è colui che genera poco. Di Dio si può dire che è povero, in particolare della sua onnipotenza, quando egli

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sceglie liberamente di limitarsi per fare spazio alla sua creatura, realizzando unarelazione di amore gratuito con essa.

Nel giorno di sabato (Shabbat), il settimo, il Signore si riposa, astenendosi dal con-tinuare ad esercitare la propria onnipotenza. Egli ha portato a compimento la crea-zione: ha creato l’uomo e gli ha affidato la sovranità sul cosmo, benedicendolo(Gen 1,28). Il dire bene di una persona significa che essa compie il bene, in sensopiù ampio: trasmette e si prende cura della vita propria e altrui. Dio affida all’uomo la capacità di trasmettere la vita e di prendersene cura e que-sto perché l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza del suo creatore (Gen1,27). La relazione tra Dio e l’uomo è asimmetrica: Dio è il creatore e l’uomo la crea-tura. Dio è capace di dare la vita all’uomo, l’uomo non è capace di darsi la vita: sul-la sua origine non ha potere. Questo è il limite dell’uomo, limite strutturale. Dio si relaziona con l’uomo con tutto il suo amore, ma anche non occupando tut-to lo spazio della storia, perché l’amore è far vivere e far crescere l’altro. Il Signo-re sceglie la via dell’elezione di qualcuno affinché gli si faccia compagno per rea-lizzare il bene di tutti: da Abramo a Mosè, da Davide ai profeti, fino a Gesù e a co-loro che lui ha scelto, per giungere ai santi e a tutti gli uomini e a tutte le donneche ne accolgono la parola di vita. Il Signore, con l’aiuto di coloro che sceglie, accompagna pazientemente il cammi-no dell’umanità a diventare pienamente capace di un amore libero e gratuito. Il Si-gnore ci sta educando all’esercizio vero della libertà e per questo si relaziona connoi in modo libero e gratuito. Gli uomini che egli sceglie non sono i migliori se-condo l’apparenza, ma sono scelti perché Dio conosce il loro cuore, come dice ilSignore al profeta Samuele che deve scegliere Davide e ungerlo re (cfr. 1Sam 16,7). Non sempre l’eletto è capace di realizzare quanto il Signore gli chiede, come av-venne a Saul. Altri protestano anche vivacemente dichiarando la loro povertà: Mosè non si ri-tiene capace di parlare (Es 4,10), Isaia si considera impuro (Is 6,5), Geremia pen-sa di essere troppo giovane per avere parole credibili (Ger 1,6). Dio ha tuttavia fi-ducia in questi uomini e li sostiene nella missione che ha loro affidato, si fa cari-co della loro povertà e non dispiega tutta la sua potenza, ma si fa compagno delloro cammino per aiutarli a superare le difficoltà chiedendo fede/fiducia in lui.Dio si fa povero, potremmo dire, per non schiacciare l’uomo con la sua potenza.

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Dio si fa povero per condividere la povertà dell’uomo e, con pazienza, per farlo di-ventare ricco di amore per i fratelli, proprio come lui.

In ascolto dei PadriClemente d’Alessandria - C’è salvezza per il ricco (27)

Il Maestro dunque, quando gli fu chiesto quale fosse il più grande dei co-mandamenti, rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutta la tua anima econ tutte le tue forze», dicendo che non c’è nessun al tro comandamento mag-giore di questo.

Ed è senz’altro giusto che sia così, perché questo comandamento è stato da-to circa l’Essere primo e sommo, cioè Dio stesso nostro Padre, per mezzo delquale hanno avuto origine ed esistono tutte le co se e al quale torneranno tut-te le cose che si salve ranno. Ora, poiché Egli ci ha amato per primo e da luiabbiamo ricevuto la nostra esistenza, è cosa em pia che noi consideriamo qual-cos’altro come più vul nerabile e più prezioso di lui; ed è giusto che gli pa-ghiamo quest’unico atto di riconoscenza. È ben piccola cosa in cambio di be-ni sommi, ma noi non abbiamo nient’altro, proprio niente, che possiamo ri-tenere degno di dare in contraccambio a Dio: che egli è perfetto e nulla glimanca. Ma solo amando il Padre con tutte le nostre forze e le nostre possi-bilità noi conseguiremo l’incorruttibilità. Giacché quanto più uno ama Dio tanto più egli si avvicina a Dio.

Per il confrontoCosa proviamo di fronte alla onnipotenza e alla povertà di Dio? Ci sentiamo sal-vati dalla povertà di Dio? Viviamo ad immagine e somiglianza di un Dio che si fapovero?

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PREGHIERA

Noi ti ringraziamo, Dio onnipotente, che ti sei fatto povero per farci vivere del tuo amore.Anche se a volte vorremmo che tu usassi la tua potenzaper arginare il male del mondo, non vorremmo che tu la usassi verso di noi, perché saremmo annientati a causa del nostro peccato.Facci vivere della tua povertà e del tuo amore,consapevoli della tua pazienza nei confronti di ciascuno. Amen.

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2. Dio e i poveriIsaia 61,1-3

Lo spirito del Signore Dio è su di me,perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,a proclamare la libertà degli schiavi,la scarcerazione dei prigionieri,a promulgare l’anno di grazia del Signore,il giorno di vendetta del nostro Dio,per consolare tutti gli afflitti,per dare agli afflitti di Sionuna corona invece della cenere,olio di letizia invece dell’abito da lutto,veste di lode invece di uno spirito mesto.Essi si chiameranno querce di giustizia,piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Dio ha cura di tutti gli uomini, ma in particolare dei poveri. Dopo aver creato l’uomo in vista di una vita piena, egli si preoccupa di quanti nonriescono a vivere nella pienezza della vita. In particolare la povertà causata dal-l’ingiustizia degli uomini è motivo per lui di scandalo e per questo ha mandato iprofeti per aiutare il proprio popolo a rimanere fedele all’alleanza stipulata con luie alle leggi che regolano la convivenza comune.Il povero è uno scacco per il Signore poiché ha pensato la creazione come risorsasufficiente affinché tutti possano godere in pienezza della vita. La presenza dei poveri in mezzo al popolo del Signore è segno della mancanza digiustizia e della fraternità. Qualcuno ha pervertito la convivenza a proprio esclu-sivo favore, togliendo al povero quello che gli spetta per poter vivere con dignitàla propria vita.

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Il decalogo si conclude con un divieto che riguarda l’educazione del proprio desi-derio: «Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuoprossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, néil suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Dt 5,21). È infatti lapaura di non avere ciò che serve per vivere che spinge il desiderio dell’uomo adappropriarsi di ciò che è necessario alla vita del fratello con una bramosia che giun-ge a voler inglobare per sé tutti i beni della terra.Il Signore invece ha creato l’uomo e gli ha dato ciò che gli serve per vivere (Gen1,29: «Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la ter-ra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo”»).Dio vuole che gli uomini vivano secondo giustizia e invita ciascuno a prendersi cu-ra dei poveri. Egli cerca la collaborazione degli uomini affinché il suo progetto divita possa giungere a compimento. In particolare è compito di chi governa, del ree dei suoi collaboratori, di fare in modo che la giustizia sia praticata e realizzatanella vita del popolo del Signore. Israele è stato scelto come esempio per tutti glialtri popoli, chiamati anche loro a vivere secondo giustizia.Quando questo non è avvenuto, il Signore ha mandato i profeti ad ammonire il suopopolo a motivo dell’infedeltà all’alleanza per aiutarlo a riprendere il giusto cam-mino di fraternità. Il fatto che la predicazione profetica abbia avuto sempre al centro la questione deipoveri, mostra come sia difficile realizzare una società giusta.Infine è il Signore stesso che si prenderà cura dei poveri se nessun uomo lo farà.Egli non lascia indifese le sue creature e se nessuno vuole o riesce a prendersenecura, egli stesso interverrà nella storia affinché i poveri, che gridano al Signore laloro fatica di vivere, non siano delusi nella loro speranza, ma continuino ad averefiducia nel Signore che li libererà dall’ingiustizia.Il messia, che Isaia descrive nel brano scelto, è colui che porta il lieto annuncio aipoveri. Sarà lui stesso che realizzerà la giustizia: fascerà i cuori feriti, proclameràla liberazione, darà inizio all’anno di grazia (il Giubileo) per consolare gli afflitti. Gesù, identificato come messia, si comporta come Dio, poiché compie le sue stes-se opere in favore dei poveri.

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In ascolto dei PadriSan Gregorio di Nissa - Omelia prima sull’amore dei poveri

Come i giudici di gara della vanità che proclamano al suono della tromba laloro generosità e annuncia no la spartizione dei premi a tutti i concorrenti, labeneficenza convoca tutti coloro che sono in difficoltà e nel bisogno non perassegnare a loro la ricompensa delle ferite, ma per arrecare un sostegno alleango sce. È questa, più sublime di ogni lodevole azione, commensale di Dio,amica del bene e che ha ogni appropriazione con lui. Così prima di tutto ope-re buone e di tenerezza nei confronti degli uomini: il fondamento della ter-ra, il cielo armonioso, il ritmo delle stagioni, la dolcezza del sole, la freddapurezza dei ghiacciai, in una parola tutte le cose, non le ha create per se stes-so - non ne aveva bisogno! - ma le ha fatte esternamente perché ci ama. Come un agri coltore invisibile, procura il nutrimento agli uomini e irriga laterra nella buona stagione. Egli, infatti, secondo Isaia (55,10), dà la semen-te al seminato re e l’acqua dalle nubi; talvolta lascia cadere una pioggia leg-gera, talaltra inonda i solchi con violenti rovesci. Appena il grano ha ger-mogliato e diventa frumento, dissipa le nubi del cielo e diffonde il sole chemette a nudo i suoi raggi, riscalda e infiamma la spiga perché sia pronta perla mietitura. Fa maturare anche la vite e a suo tempo procura la bevanda al-l’assetato. Ingrassa per noi i vari tipi di greggi per procurare agli uomini car-ne abbondante e le pelli di al cune forniscono lana per assicurare protezionee quel le di altre per confezionare sandali. Vedi. Come Dio per primo ha amato la beneficenza, così lui nutre l’af famato,dà da bere all’assetato, veste chi è nudo, […] Dio che per primo ha mostra-to i suoi benefici, ha provveduto alle nostre necessità con munificenza e conbontà. Noi, invece, che da ogni lettera della Bibbia siamo istruiti a emulare il no-stro Signore e Creatore - per quanto un mortale possa pretendere di imitareil Beato e l’Eterno -, accaparriamo tutto per il nostro godimento per sonale,sia che spendiamo la nostra fortuna in piaceri, sia che la capitalizziamo peri nostri eredi. Non abbiamo cura di coloro che sono colpiti da disgrazie; nes-sun pensiero per gli afflitti. Implacabile proposito!

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Per il confrontoCosa proviamo di fronte alla scelta preferenziale di Dio per i poveri? È vero che co-sì si realizza la giustizia di Dio? Questa verità ci aiuta a vincere le nostre paure e avivere più liberi il nostro agire?

PREGHIERA

Ti ringraziamo Signore, che ami i poveri,perché noi siamo poveri uomini e donne che a fatica vivono e partecipano alla storia dell’umanità.Vorremmo condividere questa nostra povertà, ma ne abbiamo vergogna e vogliamo nasconderla.Aiutaci a diventare veri fratelli e sorelle, per realizzare il tuo desiderio di una umanità solidale. Amen.

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3. Le leggi per i poveriDeuteronomio 24,10-22

Quando presterai qualsiasi cosa al tuo prossimo, non entrerai in casa sua perprendere il suo pegno. Te ne starai fuori e l’uomo a cui avrai fatto il presti-to ti porterà fuori il pegno. Se quell’uomo è povero, non andrai a dormirecon il suo pegno. Dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto delsole, perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti saràcontato come un atto di giustizia agli occhi del Signore, tuo Dio.Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratel-li o uno dei forestieri che stanno nella tua terra, nelle tue città. Gli darai ilsuo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è poveroe a quello aspira. Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non saraiin peccato.Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metterannoa morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a morte per il pro-prio peccato.Non lederai il diritto dello straniero e dell’orfano e non prenderai in pegnola veste della vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo in Egitto e che di là tiha liberato il Signore, tuo Dio; perciò ti comando di fare questo.Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualchemannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero, per l’or-fano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavorodelle tue mani. Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i ra-mi. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmie-rai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, perl’orfano e per la vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto;perciò ti comando di fare questo.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

La legge riguarda quegli ambiti della vita della comunità che necessitano di una re-golamentazione comune dei comportamenti: spiega come si fa un contratto, comeci si sposa, come ci si relaziona in caso di controversia, di danno, di ingiustizia, ecc.

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La legislazione di Israele è particolarmente attenta ai poveri e a coloro che perqualche ragione sono ai margini della società e non hanno chi li difenda. L’orfano,la vedova e lo straniero, diventano le figure del povero, oltre al povero stesso, co-lui che non ha i mezzi di sussistenza propria (la terra) e deve lavorare per qualcunaltro o addirittura non ha più neanche un lavoro e deve andare a mendicare perpoter vivere (il misero).Il povero non deve essere trattato come una persona che non ha diritti, poiché èsempre un fratello e ha la sua dignità di persona. La mancanza di mezzi econo-mici o una diminuzione fisica non fanno venire meno il suo diritto ad una vita di-gnitosa. Per questo motivo Dio propone agli ebrei di agire in modo da non calpestare ladignità del povero. Dio li invita a uno stile di vita, che eccede la giustizia retribu-tiva, per assumere la vera giustizia, che consiste nel promuovere la vita piena diciascuno.

Questa è la volontà di Dio che si esemplifica nelle leggi del brano e che ha comegiustificazione il fatto che Israele è stato schiavo in Egitto. La memoria di questoevento dovrebbe aiutare a non riprodurre gli atteggiamenti del faraone egizianonei confronti degli ebrei. Inoltre la memoria di come il Signore abbia liberato Israe-le dalla schiavitù dell’Egitto e di come il faraone sia morto nel mar Rosso inse-guendo Israele, dovrebbe aiutare gli ebrei a sapere che Dio interviene in favore deipoveri. Tra i tanti testi che illustrano questo comportamento di Dio, scegliamo la preghieradi Anna, sterile, che quando le nasce un figlio così parla del Signore: «il Signore èun Dio che sa tutto e da lui sono ponderate le azioni. L’arco dei forti s’è spezza-to, ma i deboli si sono rivestiti di vigore. I sazi si sono venduti per un pane, han-no smesso di farlo gli affamati. La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figliè sfiorita. Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. Il Signorerende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. Solleva dalla polvere il debole, dal-l’immondizia rialza il povero, per farli sedere con i nobili e assegnare loro un tro-no di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi eglipoggia il mondo» (1Sam 2,3b-8).Un’altra legge significativa è quella che riguarda gli anni sabbatici e il giubileo (Lev25 e paralleli). Il principio di fondo adottato è quello di ristabilire le condizioni ini-

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ziali di parità quando queste vengono alterate per cause naturali (carestia, siccità,cavallette, guerre) o a motivo dell’ingiustizia (latifondismo, ecc.) praticata da co-loro che si approfittano delle condizioni di precarietà di vita dei fratelli caduti inpovertà.Il riposo della terra nel settimo anno, ad esempio, serve a distribuire i frutti dellaterra a chi non possiede la terra (Lev 25,1-7). Il Giubileo ha la funzione di ridare a chi ha perso la terra un appezzamento per sée la propria famiglia, così che non debba più andare a servizio dal fratello o esse-re addirittura ridotto in schiavitù (Lev 25,8-55).Il fratello caduto in povertà deve invece essere sostenuto come lo straniero o unospite: «Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è inadempiente ver-so di te, sostienilo come un forestiero o un ospite, perché possa vivere presso dite. Non prendere da lui interessi né utili, ma temi il tuo Dio e fa’ vivere il tuo fra-tello presso di te» (Lev 25,35-36). Questo per sottolineare che tutti hanno dirittoa una vita degna. Lo scopo è quello di far vivere il fratello presso di sé. Egli è ne-cessario perché la mia vita possa dirsi degna di questo nome. Se il mio fratellomuore, anche io muoio, almeno un poco. E se muore, anche solo per mia omis-sione, allora è tutto il corpo sociale che rimane ferito e che dovrà essere guaritoristabilendo la giustizia.

In ascolto dei PadriGregorio di Nazianzo - L’amore per i poveri (6)

Apriamo il cuore a tutti i poveri, che per qual siasi motivo soffrano sciagure, inconformità al comandamento di gioire con chi gioisce e di piangere con chipiange (cfr. Rm 12,15). In quanto uomini paghiamo agli uomini il tributo del-la benignità, sia che abbiano bisogno a causa della vedovanza o per la loro con-dizione di orfani, perché esiliati dalla pa tria o per la crudeltà dei loro padronio per la pre potenza di chi comanda o per l’esosità degli esatto ri, o per la san-guinaria crudeltà di assassini, per confisca o per naufragio: infatti, tutti sonougual mente degni di compassione e guardano alle nostre mani allo stesso mo-do con cui noi guardiamo a quel le di Dio quando abbiamo bisogno di qualchecosa; e quanti fra loro soffrono dopo aver esperimentato la prosperità sono de-gni di compassione più di co loro che sono abituati alle calamità.

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Per il confrontoLe leggi per i poveri vissute dal popolo ebraico, ci sono di aiuto o di ostacolo perlegiferare oggi a favore dei poveri? Le nostre leggi sono così attente al diritto deipoveri? Ci educano alla condivisione?

PREGHIERA

Ti ringraziamo Signore per il dono della tua legge.Essa ci aiuta a vivere la relazione con i fratelli e le sorelle in modo giusto, allarga il nostro cuore e lo libera dalle paure della solidarietà.Il tuo Spirito ci sostenga nella conversione del cuore e nel condividere con tutti gli uomini di buona volontà il desiderio di una convivenza civile che si faccia carico dei poveri. Amen.

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4. Ricchi e poveriGeremia 22,13-17

Guai a chi costruisce la sua casa senza giustiziae i suoi piani superiori senza equità,fa lavorare il prossimo per niente,senza dargli il salario,e dice: “Mi costruirò una casa grandecon vasti saloni ai piani superiori”,e vi apre finestree la riveste di tavolati di cedroe la dipinge di rosso.Pensi di essere un re,perché ostenti passione per il cedro?Forse tuo padre non mangiava e beveva?Ma egli praticava il diritto e la giustiziae tutto andava bene,tutelava la causa del povero e del miseroe tutto andava bene;non è questo che significa conoscermi?Oracolo del Signore.Invece i tuoi occhi e il tuo cuorenon badano che al tuo interesse,a spargere sangue innocente,a commettere violenze e angherie.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

La Scrittura ci presenta almeno due tipologie di ricchi e due tipologie di poveri.Ad esempio la ricchezza può essere giusta o ingiusta. La ricchezza giusta è quella che proviene dal proprio lavoro e dall’essere fedeli al-l’alleanza. Ne sono un esempio paradigmatico i patriarchi di Israele, in particola-re Abramo. Egli è ricco di bestiame e questo è considerato frutto del suo lavoro edella benedizione del Signore. Inoltre egli è ritenuto giusto a causa della sua fe-

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de («Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» Gen 15,6). An-che di Giobbe si propone un ritratto simile, infatti nella disputa con i suoi amici aproposito di Dio si dice che Giobbe ha parlato in modo retto al contrario dei suoiinterlocutori (cfr. Gb 42,8) e anche per questo viene reintegrato nei suoi beni inmaniera spropositata («il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo pas-sato» (Gb 42,12).

C’è poi una ricchezza frutto dell’ingiustizia e dell’oppressione dei poveri. Esempioemblematico è la vicenda della vigna di Nabot (cfr. 1Re 21). Il re Acab vuole ag-giungere un orto al proprio palazzo e invita Nabot a cedergli il suo terreno in cam-bio di uno migliore. Nabot si rifiuta, perché quella è la terra ricevuta in eredità daisuoi padri. Il re si sdegna per questo rifiuto e sua moglie Gezabele fa uccidere Nabot, orga-nizzando un falso processo. Il profeta Elia accusa Acab del male compiuto e il resi pente; la punizione a lui destinata si riverserà sui figli. I profeti useranno parole sferzanti contro questo tipo di ricchezza, così diffuso al-lora come oggi. Infatti l’indigenza non è solo una questione economica che riguardal’accumulo ingiusto, frutto di una ingordigia di beni smodata e smisurata, ma è so-prattutto il venire meno della solidarietà all’interno del popolo nei confronti deipoveri e degli indifesi, come abbiamo visto nelle schede precedenti. La brama di accumulare ricchezze in modo ingiusto rivela la paura della morte. In-fatti l’accumulo ingiusto prima di tutto manifesta la mancanza di fiducia nella bontàe sufficienza dei frutti della creazione, che sono dono del Signore, destinato a tut-ti gli uomini. Inoltre la ricchezza diventa una polizza sulla vita, inducendo a rite-nere che con il denaro, simbolo di ogni ricchezza, si possa comprare anche la vi-ta. Ma è proprio la vita che non ha un prezzo in quanto dono del Signore.

D’altro canto, la povertà può essere generata da cause naturali o sociali, oppureessere scelta in modo libero come stile di vita.La povertà, in particolare per un agricoltore del Medio Oriente Antico, poteva es-sere imputata a cause naturali, quali siccità, inondazioni, cavallette. In questo ca-so l’uomo non poteva fare nulla, se non riprendere il proprio lavoro dopo la cata-strofe, oppure andare a servizio di qualcuno per poter vivere. Se invece la povertà è causata dall’ingiustizia di altri uomini, quello che il Signo-

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re richiede è di porre fine a tale ingiustizia, ristabilendo la giustizia. Questo chie-dono i profeti a Israele, soprattutto quando il male dilaga all’interno del popolo. Ad esempio Isaia scrive: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribel-lati contro di me […] Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male dellevostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia,soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della ve-dova […] Perché, mentre attendevo che (la mia vigna) producesse uva, essa ha pro-dotto acini acerbi? […] Guai a voi che aggiungete casa a casa e unite campo a cam-po, finché non vi sia più spazio e così restate soli ad abitare nella terra» (Is 1,2.16-17; 5,4b.8).Infatti l’ingiustizia porta alla solitudine e alla mancanza di solidarietà nei confrontidei fratelli. La povertà scelta è invece un frutto maturo della rivelazione. Se nell’Antico Testa-mento la sobrietà accolta come condizione di vita è una possibilità, essa maturadefinitivamente nel Nuovo Testamento come imitazione di Cristo povero.

In ascolto dei PadriClemente d’Alessandria - C’è salvezza per il ricco (14)

Non bisogna dunque buttare via quelle ricchezze che aiutano anche il pros-simo.Si chiamano infatti possessi perché sono possedi bili e si chiamano «utili» per-ché sono utili e perché per l’utilità degli uomini sono state preparate da Dioe sono cose che sono sottoposte a noi e fatte per noi come qualsiasi materiae come strumenti per il retto uso da parte di coloro che li sanno usare. […]Se tu sai farne un retto uso esso ti procura la giusti zia; ma se tu ne fai un usoingiusto, ecco che si ri vela ministro d’ingiustizia. Per sua natura infatti è adatta a servire, non a comandare. Non bisogna dunque condannare ciò che di per se stesso non comporta néil bene, né il male e che è del tutto privo di colpa, ma quell’elemento che puòfare un buon e un cattivo uso delle cose e che a seconda della scelta che nefa ne diventa responsabile e causa.E questo elemento è la mente dell’uomo, la quale ha in sé la libertà di giudi-

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zio e la libera scelta dell’uso delle cose date; cosicché non si preferisca riget-tare le ricchezze piuttosto che le passioni dell’animo che non permettono l’u-so migliore dei beni posseduti, affinché, divenuti perfetti, si possa fare buonuso an che di questi possessi.Pertanto il rinunziare a tutto ciò che si ha e il vendere tutto ciò che si pos-siede va inteso in que sto modo, come se si dicesse: liberatevi dalle passio nidell’animo.

Per il confrontoSappiamo discernere i vari tipi di ricchi e di poveri? Abbiamo i giusti atteggia-menti nei loro confronti? Le politiche associative sono coerenti con la rivelazio-ne biblica?

PREGHIERA

Noi ti ringraziamo, Signore, perché ami tutti gli uomini: i poveri perché hanno bisogno di aiuto, i ricchi perché aprano il loro cuore e non si chiudano in false sicurezze. In qualunque condizione siamo aiutaci a vivere secondo giustizia,sperando sempre nella tua misericordia per la nostra povera umanità, consapevoli che tutto viene da te e che siamo chiamati a condividere i doni ricevuti per diventare veri uomini e vere donne. Amen.

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5. Gesù povero

Luca 9,58Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio del-l’uomo non ha dove posare il capo.

Matteo 11,29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umiledi cuore e troverete ristoro per le vostre anime.

2Corinti 8,9Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era,si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua po-vertà.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Di quale povertà di Gesù possiamo parlare, essendo lui la pienezza e il compimentodell’uomo e di Dio?Gesù è figlio di un artigiano, Giuseppe, che viveva e manteneva la famiglia con ilproprio lavoro. Giuseppe non era certamente un uomo ricco, ma non era nemme-no misero. A Nazaret, Gesù ha vissuto del proprio lavoro e ha conosciuto cosa vuoldire vivere senza accumulare ricchezze. Nella sua missione di predicazione del regno di Dio, Gesù ha scelto di vivere in ma-niera itinerante, da qui il detto sul Figlio dell’uomo che non ha dove posare il ca-po. Senza una dimora fissa dove potersi ritirare, Gesù è sempre stato ospite diqualcuno, assieme ai suoi discepoli. Vedremo più avanti come Gesù proponga ai suoi discepoli di adottare mezzi sobriper l’attuazione della loro missione.Gesù viveva come povero, ma c’erano delle donne che si preoccupavano di so-stenerlo con i loro beni nella sua predicazione: «C’erano con lui i Dodici e alcu-ne donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiama-ta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza,

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amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni»(Lc 8,1-3).Inoltre Gesù è «mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Lui stesso si propone come remite nel suo ingresso a Gerusalemme prima della sua passione, morte e resurre-zione: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina»(Mt 21,5).La povertà di Gesù è di carattere più spirituale che materiale, egli infatti scegliesempre la via umile per avvicinarsi alle persone: non la via della potenza, ma del-l’amore; non la via della forza e della costrizione, ma la via dell’invito ad un usobuono della propria libertà. Gesù ha autorità, ma non la usa per dominare, bensìper convincere: è l’autorità dell’amore per l’uomo che gli viene dal suo essere incomunione con il Padre e con il suo disegno sull’uomo. Quando Paolo vuole coin-volgere le sue comunità nella colletta per i poveri di Gerusalemme, come motiva-zione propone quella che scaturisce dalla meditazione della vicenda di Gesù (2Cor8,9). Gesù «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere co-me Dio» (Fil 2,6). Gesù, ricco della sua divinità, si è fatto povero per essere vicino all’uomo pecca-tore, così da riportarlo alla sua origine di creatura generata a immagine e somi-glianza di Dio (Gen 1,26). Gesù ha accettato di incarnarsi e di sperimentare fino alla morte la povertà esi-stenziale dell’uomo: («non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia pren-dere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni co-sa come noi, escluso il peccato», Eb 4,15), per poterla assumere nella sua resur-rezione e, in questo modo, liberarlo dal peccato e dalla morte.Infine occorre sottolineare come Gesù si sia identificato con i poveri. Nella prefi-gurazione del giudizio finale, Gesù afferma che ciò che è stato fatto oppure no neiconfronti dei poveri, è stato fatto a lui («tutto quello che avete fatto a uno solo diquesti miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me […] tutto quello che non avete fat-to a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (cfr. Mt 25,31-46).

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In ascolto dei PadriSant’Agostino - Sermone 36

Gesù «è diventato povero, pur es sendo ricco»: ha preso su di sé la povertà enon ha perso le ricchezze. Interiormente ricco, esteriormen te povero. Men-tre si nasconde come Dio nelle ric chezze, appare come uomo nella povertà.Vedi le sue ricchezze: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e ilVerbo era Dio: egli era in princi pio presso Dio. Tutto è stato fatto per mez-zo di lui» (Gv 1,1-3). Chi è più ricco di colui per mezzo del quale sono sta-te fatte tutte le cose? Il ricco può ave re l’oro, non può creare. Quand’anchegli fossero da te in custodia queste ricchezze, vedi la sua povertà: «E il Verbosi fece carne e abitò in mezzo a noi» (Gv 1,14). Veniamo arricchiti con que-sta sua po vertà: perché con il suo sangue che è colato dalla sua carne e per-ché il Verbo si è fatto carne per abitare in mezzo a noi, è stato fatto a pezziil sacco dei no stri peccati. Mediante il suo sangue abbiamo gettato via glistracci dell’iniquità per rivestire la stola del l’immortalità.

Per il confrontoCosa proviamo di fronte alla povertà di Gesù: la accogliamo o la rifiutiamo, ci spa-venta o ci converte? Sappiamo convertirci dalle nostre ricchezze per diventare po-veri come Gesù? La nostra associazione vive la povertà come una risorsa per la suaazione sociale?

PREGHIERA

Ti ringraziamo Gesù, che ti sei fatto povero per condividere la nostra esperienza umana.Hai preso su di te il nostro peccato e la nostra violenza,per renderla inoffensiva nella tua morte e così liberarci da esso.Lo Spirito che ci hai donato ci sostenga per diventare tuoi fedeli discepoli, consapevoli della povertà che viviamoe riconoscenti per la salvezza ricevuta. Amen.

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6. La beatitudine della povertàMatteo 5,3-12

Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.Beati quelli che sono nel pianto,perché saranno consolati.Beati i miti,perché avranno in eredità la terra.Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati.Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.Beati i perseguitati per la giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, dirannoogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, per-ché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i pro-feti che furono prima di voi.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Beati i poveri non per la loro condizione di povertà, ma perché il Signore è loro vi-cino. Questo è il senso di questa beatitudine, sia che la si consideri come Matteo«in spirito» e dunque riferita al cuore dell’uomo, o come Luca («Beati, voi, pove-ri, perché vostro è il regno di Dio», Lc 6,20), in senso più materiale e forse più vi-cino all’intenzione di Gesù. Il regno di Dio è la presenza salvifica di Dio nella storia dell’umanità e si è mani-festato nella sua pienezza nella vita di Gesù. Esso è sempre presente nella storia

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con Gesù risorto, mediante lo Spirito Santo che guida la fede degli uomini alla co-munione con Gesù. Il regno di Dio è una presenza di vita che vince la morte, nella modalità del miste-ro pasquale. Gesù passa attraverso la morte con la fiducia che il Padre della vita gli darà la vi-ta anche oltre la morte. In questo modo si sottrae alla paura della morte e al po-tere sull’uomo che nasce proprio dalla paura di morire e di non avere più vita ol-tre la morte. Affrontando la morte come ha fatto, Gesù l’ha sconfitta e ha vinto,mostrando che chi ha fiducia nel Signore della vita verrà soddisfatto. Questa presenza salvifica, il regno di Dio, appartiene ai poveri: è la speranza di vi-ta che viene loro donata dal Padre in Gesù Cristo mediante lo Spirito. I poveri so-no beati, felici, perché il Signore non si dimentica di loro, ma si fa vicino a ciascu-no di essi in Gesù e nei suoi discepoli che, come lui, vogliono prendersi cura deipoveri.Gesù utilizza in modo paradossale la beatitudine. Nell’Antico Testamento, so-prattutto negli scritti sapienziale e in particolare nei Salmi, essa aveva come og-getto comportamenti e situazioni positive: l’uomo giusto e fedele al Signore (peresempio Sal 1,1; 2,12; 31,2; 39,5; 64,5 118,2). Gesù invece dichiara beati quelli chea prima vista non sono considerati tali dall’opinione comune, invitando tutti a en-trare nella novità del regno di Dio che si rende presente in lui stesso.

In ascolto dei PadriCromazio di Aquileia - Sermone 5

Po veri in spirito sono coloro che non si gonfiano per nulla con la superbiadel diavolo e con il fermento della malizia, ma con fede custodiscono l’umiltàdello spirito. Certamente sono poveri in spirito, perché si difendono dalle ric-chezze del mondo, dalla cupidigia del secolo, da qualsiasi preoccupazioneterrena. Il Signore dimostra che essi sono beati quando dice: «Beati i poveriin spirito, perché vostro è il regno dei cieli». Sembrano poveri agli occhi delmondo, ma sono ricchi per Dio. Non hanno beni di fortuna terreni, ma han-no la beatitudine del cielo; non godono delle ricchezze del mondo, ma rice-vono la ricchezza del regno celeste e i tesori dell’immortalità eterna.

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Per il confrontoSappiamo essere vicini ai poveri dando loro speranza come fa Dio? Osiamo farcicompagni di Dio per stare con lui vicino ai poveri? Ci sentiamo poveri così da ac-cogliere il regno di Dio che è destinato a noi?

PREGHIERA

Ti ringraziamo Signore, che ci rendi beati con la tua presenza e per il dono del tuo regno.Siamo consapevoli del nostro peccato e delle nostre ingiustizie che non aiutano i poveri che vivono intorno a noi.Aiutaci, con il tuo Spirito, a convertire i nostri cuori di pietra, ad aprire le nostre orecchie al grido dei poveri, a condividere la nostra vita con la loro, come tu hai fatto con noi. Amen.

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7. Povertà per la missioneMarco 6,7-13

Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere su-gli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro cheun bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sanda-li e di non portare due tuniche. E diceva loro: “Dovunque entriate in una ca-sa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi ac-cogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vo-stri piedi come testimonianza per loro”. Ed essi, partiti, proclamarono chela gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio moltiinfermi e li guarivano.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

L’invio in missione dei Dodici fa parte della loro formazione. Essi devono com-prendere come agisce Gesù, compiendo le sue stesse opere ma senza la sua pre-senza. Gesù richiede loro questa esperienza in vista della sua assenza dopo la re-surrezione, quando i discepoli dovranno agire nel suo nome da soli. È una educa-zione della loro libertà alla sequela di Gesù.Come Gesù ha deciso di non operare da solo, così manda i discepoli in coppia af-finché non debbano affrontare la missione da soli, ma possano aiutarsi e sostenersivicendevolmente di fronte alle incomprensioni, opposizioni, sconfitte e delusioni.Gesù trasmette ai Dodici il potere sugli spiriti impuri, li abilita a liberare gli uomi-ni e le donne da tutto ciò che è contrario alla vita e che divide l’uomo in se stesso.Essi hanno il potere, liberando dagli spiriti impuri, di unificare la vita di ciascunointorno alla fede in Gesù che salva dal peccato e dalla morte.La povertà di mezzi è poi fondamentale per la missione. I discepoli devono esse-re e sentirsi accolti da coloro presso i quali vanno a predicare il regno di Dio. Se siportassero dietro da mangiare o del denaro per comprarlo, potrebbero non averefiducia nell’accoglienza della loro predicazione. Si comporterebbero sempre co-me stranieri e non come ospiti accolti con benevolenza in quanto portatori dellabuona notizia della presenza del regno di Dio. La povertà di mezzi indica la fidu-cia nella buona novella da annunciare.

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Infatti, nel caso questa non venga accolta, non c’è modo di rimanere in un posto,non si avrebbero i mezzi (cibo e denaro) per poterlo fare. Altri, altrove, potrebbe-ro invece accogliere il regno di Dio e dunque non è necessario intestardirsi a ri-manere in un posto. Si può tranquillamente andare altrove, sapendo che si sta fa-cendo un’esperienza che non esprime la totalità della missione di annunciare il re-gno di Dio, missione che troverà il suo compimento nel mistero pasquale a Geru-salemme. Gesù chiederà conto ai suoi di come è andata questa esperienza (Mc 6,30-33). Es-si cercano un luogo in disparte per poter riposare un poco dalla pressione dellafolla, ma non riescono a trovarlo. Il racconto evangelico prosegue poi con la mol-tiplicazione dei pani e dei pesci: con poco Gesù sfama una grande folla. Ritornaquindi il tema della povertà dei mezzi che non impedisce il successo della mis-sione, anzi lo favorisce. Nella povertà dei mezzi si evidenzia la potenza della parola evangelica. I poveri ri-conoscono meglio che la salvezza viene da Dio e non dalla forza dei beni o del de-naro, che rischiano così di diventare un ostacolo alla semplicità e alla sobrietà del-l’evangelo.

In ascolto dei PadriSan Giovanni Crisostomo - Omelia 63 sul vangelo di Matteo

In che modo diventerà possibile ciò? Rinuncian do ai tuoi beni, spogliando-ti dei tuoi denari, rinnegando la passione perversa. Cristo parlò così per far-ti comprendere che tutto questo non è esclusivamente opera di Dio e per far-ti vedere la difficoltà dell’im presa. Ascolta dunque quello che segue. Avendodi chiarato Pietro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» edomandò: «Che cosa ne ot terremo? » (Mt 19,27), egli per precisare la ricom -pensa, aggiunge: «Chiunque ha lasciato campi o fra telli o sorelle o padre omadre, riceverà il centuplo nel secolo presente e la vita eterna» (Mc 19, 29).Ecco in che modo l’impossibile diventa possibile. Si dirà: Ma in che modoarrivare ad abbandonare pro prio tutto? In che modo è possibile, per chi èim merso nella passione del denaro, venirne a galla? Cominciando a privarsidi quello che possiede e a eliminare il superfluo. Così procederà più avanti ecorrerà più spedito in seguito. Non pretendere dun que di raggiungere tutto

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di colpo, ma adagio, gra dualmente sali su per questa scala che ti conduce alcielo, se ti sembra difficile fare tutto in una volta sola.

Per il confrontoSiamo fiduciosi della forza del vangelo di Gesù? Come comunità cristiana sappia-mo vivere del necessario e affidarci all’ospitalità altrui? Ci affidiamo alla parola diGesù e all’esempio di Gesù o pensiamo di saperne più di lui?

PREGHIERA

Ti ringraziamo, Signore, per i consigli che ci dai per annunciare il Vangelo.Tu conosci la povertà e la grandezza del cuore degli uomini, sia dei missionari che di coloro che ricevono il Vangelo, perché ne hai fatto esperienza quando hai annunciato il regno di Dio.Il tuo Spirito ci aiuti a discernere il necessario dal superfluo, ciò che aiuta e ciò che impedisce la corsa della tua Parola nel mondo. Amen.

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8. Paolo e i poveri2Corinti 8,1-15

Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese dellaMacedonia, perché, nella grande prova della tribolazione, la loro gioia so-vrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchez-za della loro generosità. Posso testimoniare infatti che hanno dato secondoi loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, domandando-ci con molta insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a van-taggio dei santi. Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti pri-ma di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; cosicché ab-biamo pregato Tito che, come l’aveva cominciata, così portasse a compi-mento fra voi quest’opera generosa.E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza,in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anchein quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma soloper mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso glialtri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco cheera, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della suapovertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggio-sa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intrapren-derla ma anche a volerla. Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la pron-tezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi. Seinfatti c’è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno pos-siede e non secondo quello che non possiede. Non si tratta infatti di mette-re in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il mo-mento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche laloro abbondanza supplisca alla vostra indigenza e vi sia uguaglianza, comesta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poconon ebbe di meno.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

La chiesa di Gerusalemme, non sappiamo per quale motivo, si trova in difficoltàeconomiche. Forse l’emarginazione dei suoi membri dalla vita sociale a causadella loro fede in Gesù, forse la condivisione dei beni ha portato all’indigenzadi tutti. In ogni caso Paolo, che si trova in missione in Asia minore e in Grecia, sente forteil legame con la chiesa madre di Gerusalemme, lui che ha vissuto a Gerusalemmeprima di convertirsi a Cristo sulla via di Damasco. Scrive una seconda volta ai Corinti per sollecitarli nella raccolta di soldi a favoredei cristiani di Gerusalemme. Nella 1Corinti (16,1-4) aveva dato delle indicazionisu come fare la raccolta: «Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi met-ta da parte ciò che è riuscito a risparmiare» e su chi sarebbe dovuto andare a Ge-rusalemme per consegnarla a quella comunità.Paolo sollecita i Corinti ad essere generosi e porta come esempio le chiese dellaMacedonia che, pur essendo povere e tribolate, non hanno lesinato il loro contri-buto generoso. Tanto più Paolo chiede aiuto ai Corinti, che riconosce essere una comunità ricca didoni dello Spirito: fede, parola, conoscenza, zelo e carità. È per mettere alla pro-va la sincerità del loro amore, che Paolo ha coinvolto i Corinti in questa prova disolidarietà. Lo scopo della colletta è quello di favorire l’uguaglianza (v. 13), in uno scambio re-ciproco tra beni materiali e beni spirituali. Come infatti la chiesa madre di Geru-salemme ha portato l’evangelo fino a loro, tramite Paolo e altri, facendoli parteci-pare alla ricchezza che viene dalla fede in Gesù, così le chiese figlie hanno la pos-sibilità di sdebitarsi per questo dono spirituale aiutando con i loro beni i poveridella chiesa madre. Paolo sottolinea inoltre questa uguaglianza nello scambio ci-tando un passo dell’Esodo (Es 16,18) che riguarda la raccolta della manna.Proseguendo nell’esortazione, Paolo fa presente che il dare deve essere fatto nel-la gioia, gratuitamente e non per costrizione: «Ciascuno dia secondo quanto hadeciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona congioia» (2Cor 9,7), riprendendo l’insegnamento di un salmo (Sal 112,9) che si rife-risce all’uomo che teme il Signore: «ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giu-stizia dura in eterno» (2Cor 9,9).

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Paolo aveva preso posizione, nella lettera precedente, a riguardo del modo in cuila cena del Signore si svolgeva a Corinto dove, pur prendendo il pasto insieme,non si condivideva quello che si portava, «così uno ha fame, l’altro è ubriaco»(1Cor 11,21) e aveva domandato in modo ironico: «Volete gettare il disprezzo sul-la chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente?» (1Cor 11,22). Ecco il motivo di fondodella sua presa di posizione: non si può umiliare chi non ha niente, ostentando lapropria ricchezza.Per questo l’apostolo riprende il racconto dell’eucarestia, sottolineando come Ge-sù abbia condiviso il pane e il vino, simboli della sua vita, per la salvezza di tutti.Infatti è nella condivisione che si opera la solidarietà che porta a tutti la vita: co-loro che ricevono hanno di che vivere, coloro che danno, invece, si fanno portato-ri di vita.

In ascolto dei PadriSant’Ambrogio - La storia di Nabot e Jzreel (53)

Torna a tuo vantaggio tutto ciò che dediche rai al bisognoso: crescerà per tut-to ciò che dimi nuirai; nutrirai te stesso con quel cibo che avrai dato al po-vero, perché chi ha misericordia del povero nu tre se stesso e il frutto è già inqueste cose. La miseri cordia viene seminata sulla terra e germoglia nel cie lo;viene piantata nel povero e si sviluppa presso Dio. «Non dire, dice Dio, tidarò domani » (Prv 3,28). Colui che non sopporta che tu dica: «Ti darò domani», in che modo sop-porta che tu dica: Non darò? Al povero non dai del tuo, ma gli restituisci delsuo. Infatti, ciò che è stato dato in uso a tutti, te lo appropri solo per te. Laterra è di tutti, non dei ricchi; però coloro che ne possono usufruire sonomolto meno di coloro che ne usufruiscono. Perciò restituisci il dovuto, nondistribuisci il non dovuto. Perciò la Scrittura ti dice: «Piega la tua anima alpovero e rispondi amichevolmente con mansuetudi ne» (Sir 4,8).

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Per il confrontoCon che cuore condividiamo i beni con i poveri? Oltre ai beni condividiamo anchela vita? Sappiamo che siamo debitori nella fede a chi ci ha aperto questa via, cosìda essere riconoscenti con ciò che abbiamo, poco o tanto che sia?

PREGHIERA

Ti ringraziamo, Signore, per l’esempio di Paolo.Egli si è preoccupato della comunità in difficoltà, poiché era consapevole del debito che aveva con essa e ha voluto coinvolgere quanti avevano usufruito del suo ministero evangelico.Facci diventare capaci di solidarietà con le comunità in difficoltà. Amen.

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9. Giacomo e i poveriGiacomo 2,1-17

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della glo-ria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostreriunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente,ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vesti-to lussuosamente e gli dite: “Tu siediti qui, comodamente” e al povero dite:“Tu mettiti là, in piedi”, oppure: “Siediti qui ai piedi del mio sgabello”, nonfate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhidel mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelliche lo amano? Voi invece avete disonorato il povero! Non sono forse i ric-chi che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono loro chebestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi? Certo, se adem-pite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il prossimo tuocome te stesso, fate bene. Ma se fate favoritismi personali, commettete unpeccato e siete accusati dalla Legge come trasgressori. Poiché chiunque os-servi tutta la Legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa col-pevole di tutto; infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha det-to anche: Non uccidere. Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti ren-di trasgressore della Legge. Parlate e agite come persone che devono esseregiudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza miseri-cordia contro chi non avrà avuto misericordia. La misericordia ha sempre lameglio sul giudizio.A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quel-la fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprov-visti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscal-datevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa ser-ve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

Giacomo è preoccupato che non avvengano favoritismi durante le riunioni dellacomunità, in particolare non vuole che si riverisca il ricco a discapito del povero.Giacomo non vuole infatti che le differenze sociali siano perpetuate nella chiesadove tutti sono fratelli in Cristo. Egli riprende dunque l’insegnamento che ritiene tradizionale: Dio ha scelto i po-veri, che sono ricchi nella fede nel Signore che salva, ed eredi del regno di Dio. Amare il prossimo come se stessi è il giusto comportamento, fare favoritismi in-vece significa commettere peccato, perché non si compie un atto di giustizia. Infatti fare favoritismi non è scegliere chi ha più bisogno di aiuto, ma chi più facil-mente ci può restituire l’aiuto offerto. Si passa dalla gratuità all’interesse, con tut-te le conseguenze del caso. Inoltre la gratuità è la legge fondamentale della comunità, mentre l’interessato èciò che ne mina il fondamento di solidarietà. Giacomo sottolinea l’unitarietà della legge. Non si può infatti scegliere tra co-mandamento e comandamento, perché sono tutti importanti e solo l’osservanzadi tutti insieme è segno di fedeltà alla legge di Dio, che è una legge di libertà. Co-me dice sant’Agostino: ama e fa ciò che vuoi. Ma occorre amare per poter esse-re liberi e capaci di giustizia nei confronti di tutti, soprattutto dei poveri che il Si-gnore ama. Quello che Giacomo evidenzia con forza è che alle parole devono seguire i fatti.Non basta infatti dire una buona parola di incoraggiamento a chi manca del ne-cessario per vivere, ma occorre invece condividere con loro ciò di cui hanno biso-gno. Altrimenti la fede che si professa diventa una parola vuota e morta.Gesù si è incarnato per assumere la condizione umana e riscattarla dal peccatoe dalla morte. Egli ha condiviso la nostra condizione fino alla morte per mostra-re l’amore di Dio per l’uomo. Allo stesso modo è chiesto a ciascun cristiano dicondividere la vita e i beni con coloro che Dio ama più di tutti: i poveri in ogni sen-so. L’agire secondo la legge diventa dunque la prova che la fede che si professain Dio è incarnata nella storia del mondo. La fede e l’agire sono in stretta rela-zione reciproca. Non ci può infatti essere fede senza le opere e nemmeno le ope-re senza la fede.

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In ascolto dei PadriSan Giovanni Crisostomo - Omelia 34 sulla prima lettera ai Corinzi 6

Riportiamo il discorso alla prima questione: se le ricchezze non sono utili,perché sono state create? Che cosa rispondiamo? Le ricchezze ammassate inquesto modo non sono utili, mentre sono utilissime quelle che vengono daDio. Lo potrete apprendere da ciò che producono. Abramo, infatti, posse-deva le sue ricchezze a beneficio degli stranieri e dei biso gnosi. Quando ar-rivarono a casa sua tre persone, così egli credeva, uccise un vitello e impastòtre misure di farina; sempre seduto sulla porta a mez zogiorno (cfr. Gen 18,1-8). Vedi la sua liberalità sem pre impegnata a distribuire i suoi beni a tutti;vedilo che paga di persona, con le sue ricchezze e per di più in età avanzata.Era il porto per gli stranieri e per coloro che erano nella necessità, che nonposse deva nulla di proprio, neppure suo figlio, che aveva sacrificato per or-dine di Dio (cfr. Gen 21, 2.10) e con suo figlio dava se stesso e tutta la suacasa, quando era disposto a privarsi della discendenza. E non lo faceva perlucro, ma per umanità. Quando coloro che aveva assistito gli misero a di-sposizione la preda, rifiuta tutto, anche un pezzo di stoffa e un legaccio disandali (cfr Gen 14,21-24).

Per il confrontoSiamo capaci di azioni concrete o solo di belle parole? Facciamo preferenze o sap-piamo comportarci in modo giusto nelle nostre comunità cristiane? Ci facciamo ri-conoscere dall’amore per i fratelli, specialmente i più poveri?

PREGHIERA

Ti ringraziamo, Signore, per gli ammonimenti di Giacomo.Il nostro cuore è facile che inclini verso i potenti, ma tu ci richiami a non distrarci dai poveri, che sono sempre con noi e che tu ami.Il tuo Spirito ci guidi e ci sostenga nel cercare di avere un cuore retto e un agire che segua il cuore. Amen.

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10. Atti degli Apostoli e i poveriAtti degli Apostoli 4,32-5,11

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo eun’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparte-neva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano te-stimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grandefavore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevanocampi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato vendu-to e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascunosecondo il suo bisogno.Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa “figliodell’esortazione”, un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo ven-dette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.Un uomo di nome Anania, con sua moglie Saffìra, vendette un terreno e, te-nuta per sé, d’accordo con la moglie, una parte del ricavato, consegnò l’al-tra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: “Anania, per-ché Satana ti ha riempito il cuore, cosicché hai mentito allo Spirito Santo ehai trattenuto una parte del ricavato del campo? Prima di venderlo, non eraforse tua proprietà e l’importo della vendita non era forse a tua disposizio-ne? Perché hai pensato in cuor tuo a quest’azione? Non hai mentito agli uo-mini, ma a Dio”. All’udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. Ungrande timore si diffuse in tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora igiovani, lo avvolsero, lo portarono fuori e lo seppellirono.Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò sua moglie, ignara dell’acca-duto. Pietro le chiese: “Dimmi: è a questo prezzo che avete venduto il cam-po?”. Ed ella rispose: “Sì, a questo prezzo”. Allora Pietro le disse: “Perchévi siete accordati per mettere alla prova lo Spirito del Signore? Ecco qui al-la porta quelli che hanno seppellito tuo marito: porteranno via anche te”. El-la all’istante cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, latrovarono morta, la portarono fuori e la seppellirono accanto a suo mari-to. Un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in tutti quelli che veniva-no a sapere queste cose.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

Nella comunità di Gerusalemme si praticava la comunione dei beni come espres-sione esteriore della conversione al Signore risorto. La tradizione dell’Antico Te-stamento, che richiedeva che non ci fossero poveri in mezzo al popolo, trova unprimo riscontro nella vita della comunità di Gerusalemme. Il fatto che non ci fos-se nessuno bisognoso di ciò che è necessario per vivere è indice di una comunitàsolidale, che realizza con coraggio una delle richieste più esigenti fatte dal Signore:la solidarietà con tutti e soprattutto con i più bisognosi. Il modo con cui si realizza questa realtà esigente è per certi versi semplice e di-sarmante: chi aveva campi o case li vendeva e rimetteva il ricavato della venditanelle mani degli apostoli, che provvedevano a ridistribuirlo. Gli apostoli garanti-scono che il denaro ricavato non sia utilizzato male, ma con giustizia verso chi piùne ha bisogno. Questo agire presuppone però un cuore libero in chi possiede dei beni. Luca ci presenta due esempi: quello positivo di Giuseppe e quello negativo di Ana-nia e Saffira.Giuseppe compie ciò che il suo cuore gli suggerisce e lo fa con gioia. Il suo com-portamento è coerente con l’intenzione condivisa dalla comunità di Gerusalem-me. Egli vi acconsente di buon grado.Anania e Saffira, invece, pur compiendo lo stesso gesto, non ne sono convinti fi-no in fondo e infatti trattengono per sé una parte del ricavato della vendita. Essinon si fidano del fatto che, nel caso in cui dovessero essere bisognosi a loro vol-ta, la comunità li sosterrà, come loro hanno fatto con questo gesto. Scelgono dun-que di tenere una sicurezza nascosta, perché non si sa mai cosa potrebbe acca-dere in futuro. Non si fidano dei loro fratelli. Per timore di una eventuale mancanza di solidarietà futura, essi mentono a Pietroe a Dio, poiché il loro cuore non è ancora pronto a un tale gesto di solidarietà, nonsi era ancora convertito a tutte le conseguenze dell’essere cristiani. Infatti questocomportamento non è imposto dalla comunità, perché sarebbe una costrizionedella libertà, contraria al Signore e al suo vangelo, ma è pensato come conseguenzalibera e gratuita di un cuore pienamente convertito all’amore del Signore.Il peccato di Anania e Saffira consiste nel voler apparire buoni come gli altri, inve-ce di vivere con pazienza il loro cammino di conversione. Per loro non era ancora

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giunto il momento di un gesto simile. Per questo muoiono, perché non si sono fi-dati dell’amore di Dio e dei fratelli, ciò che in effetti fa vivere.

In ascolto dei PadriSan Basilio di Cesarea - Il ricco stolto (7)

«A chi faccio torto - dici - tenendomi quello che è mio?». Rispondimi, checosa c’è di tuo? Dove l’hai preso per portarlo in questa vita? Come se un ta-le, andando a teatro volesse poi impedirne l’ingresso agli al tri, pretendendoche debba appartenere a lui soltanto quello che è a disposizione di tutti. Co-sì, appunto, fanno i ricchi: si impadroniscono per primi dei beni comuni epoiché li hanno occupati prima li ritengo no propri. Se ognuno si prendessequanto basta alle sue necessità, lasciando il superfluo all’indigente, nessunosarebbe ricco e nessuno sarebbe povero. Non sei forse uscito nudo dall’ute-ro e non ritornerai nu do alla terra (cfr. Gb 1,21)? I beni che possiedi da do-ve ti provengono? Se dici dal caso, sei empio, non riconoscendo il creatore enon rendendo grazie al donatore. Se, invece, ammetti che sono da Dio, dim -mi perché li hai ricevuti. È forse ingiusto Dio, che ci distribuisce i mezzi disussistenza in modo disugua le? Perché tu sei ricco e quello è povero? Certa-mente perché tu potessi ricevere la ricompensa della bontà e della fedele am-ministrazione e quello potesse con seguire il magnifico premio della pazien-za. E tu, men tre vuoi chiudere quell’insaziabile ventre dell’avari zia, ritieni dinon far torto a nessuno, privando tan ta gente del necessario? Chi è l’avaro?Colui che non si accontenta di ciò che gli basta. Chi è ladro? Chi porta viala roba d’altri. Non sei tu avaro? Non sei ladro, tu che fai diventare tua pro-prietà ciò che hai ricevuto in amministrazione? Chi spoglia uno che è vesti-to è detto ladro; e chi, potendolo fare, non ri veste chi è nudo meriterà un al-tro nome? Il pane che tu tieni per te è dell’affamato, il mantello che custodisci nell’ar-madio è di chi è nudo; i sandali che marciscono presso di te sono dello scal-zo; l’argento che hai sotterrato è del bisognoso. Perché tanti sono quelli aiquali fai ingiustizia, quanti quelli che potre sti soccorrere.

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Per il confrontoComportandoci a volte come Anania e Saffica, mentendo per farci belli, come maisiamo in vita e non ancora morti? È la pazienza del Signore che sopporta le nostrefatiche a convertirci? Possiamo, sostenuti dalla misericordia di Dio, convertirci dal-la menzogna e affidarci alla comunità?

PREGHIERA

Ti ringraziamo, Signore, per la fermezza di Pietro.Egli svela la menzogna del nostro cuore e ci invita alla pazienza della conversione.Il tuo Spirito ci sostenga nella sincerità e nella verità del nostro agire, affinché alle nostre parole seguano le nostre azioni. Amen.

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11. La chiesa, immagine di Cristo poveroLumen Gentium 8

«Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecu-zioni, così pure la chiesa e chiamata a prendere la stessa via per comunicareagli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo « che era di condizione divi-na [...] spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo » (Fil 2,6-7) eper noi «da ricco che era si fece povero» (2 Cor 8,9): così anche la chiesa,quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, nonè costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suoesempio, l’umiltà e l’abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Pa-dre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno ilcuore contrito» (Lc 4,18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10),così pure la chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla uma-na debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suofondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e inloro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, «santo, innocente, imma-colato» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo al-lo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la chiesa, che com-prende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosadi purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e delrinnovamento».

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Resta ancora provocante l’espressione conciliare “chiesa dei poveri” di GiovanniXXIII nel 1962 nell’imminenza del Concilio, a cui seguirono prese di posizione dialtri pastori. «La povertà dei più (due terzi del genere umano) è oltraggiata dalleimmense ricchezze di una minoranza» (card.Lercaro). «Il mondo di oggi è una mac-china per fabbricare i poveri» (il vescovo Ancel). «Il furore inascoltato dei poveri»,come ebbe a dire Olivier Clément, oggi, si è imposto drammaticamente a tutti e in-terroga particolarmente i cristiani e le chiese, sacramento di salvezza e di libera-zione per ogni uomo. Cristo povero esprime l’esigenza e insieme il fascino di po-vertà della chiesa affermata dai documenti conciliari. Una chiesa non solo per i po-

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veri, ma “dei poveri”, costituita «in modo che i poveri si sentano a casa loro, nonsolo come oggetto della carità dei fedeli, ma soggetto essi stessi, protagonisti at-tivi nella vita della Chiesa». Povertà-umiltà, in antitesi ad ogni forma di potere edi dominio, sono le espressioni che improvvisamente si sono ridestate con l’arri-vo di papa Francesco. Il magistero dei suoi gesti ci parla della condivisione del-l’abbassamento di Gesù, il suo “svuotamento” per stare vicino all’ultimo escluso.Scrive il vescovo Bettazzi, uno degli ultimi padri conciliari: «Credo che questa ke-nosi di Gesù, questo “svuotare”, questo “mettere tra parentesi” che il Verbo hafatto sia della sua divinità nel “farsi carne” (letteralmente nel mettere la sua ten-da fra le nostre), sia poi di ogni qualifica di superiorità nel condividere la vita e lemiserie di ogni essere umano, anche dei delinquenti più squalificati, costituiscal’identificazione della povertà per il cristiano e per la chiesa” (L.Bettazzi, La Chie-sa dei poveri nel Concilio e oggi, Pazzini Editore). Da qui saper pure cogliere e vi-gilare, sul pericolo di una “mondanità spirituale” tesa a mettere al centro se stes-si, già denunciata da Gesù e che vedeva tra i farisei nel “voi che date gloria a voistessi, gli uni agli altri”.

In ascolto«Non hai rivolto la tua brama al cibo delle anime per mio onore, ma a di-vorar danaro. E tanto ti sei fatto esoso nel distribuire ciò che hai ricevuto insovrabbondanza, che in te non c’è posto per la mia grazia né per l’amore deltuo prossimo [...] Vero ladro degno della morte eterna, rubi ciò che è dei po-veri e della santa chiesa e lo spendi indecorosamente [...] E lo sciupi in deli-zie e ne mantieni i tuoi figli [...] Chi vesti e chi pasci con i beni che sono del-la chiesa? Te stesso e gli altri demoni che stanno con te insieme con gli ani-mali, quei grossi cavalli che mantieni per tuo diletto disordinato e non certoper necessità [...] I tuoi piaceri debbono essere i poveri, le visite agli infermie l’andar incontro ai loro bisogni spirituali e temporali, poiché per questo,non per altro, t’ho fatto ministro (della chiesa). Vedi bene, dolcissima figlia, che così avviene: della mia chiesa, che è luogod’orazione, si fa spelonca di ladri; essi vendono e comprano e fanno merca-to della grazia dello Spirito Santo. Così puoi constatare che chi desidera pre-lazioni e benefizi della santa chiesa, li compra con molti doni, offrendo da-naro e derrate a chi gli sta intorno; e questi miseri non guardano affatto se

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uno sia buono o cattivo, ma unicamente per compiacenza e per amore deidoni ricevuti si danno a piantare questi alberi putridi nel giardino della san-ta chiesa [...] E si danno tanta cura delle cose temporali da abbandonare quel-la delle cose spirituali [...]».

(S. Caterina, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cris-tiane. EDB, Bologna 1995, pp. 222-223)

Per il confronto“Fratelli”, è una delle parole più frequenti della liturgia … quanto e come è an-nunciata? Non manca la “vicinanza” ma essa stenta a divenire fraternità ... che co-sa fa, in fondo, la differenza tra l’essere accanto e l’essere insieme? Come po-tremmo comprendere l’amore di Cristo per noi, se non amando come lui ha ama-to, in opere e in verità? C’è qualche ingiustizia o “furbizia” che caratterizza il no-stro stile, oppure consentita dai nostri silenzi?

PRESA DI COSCIENZA

Prendiamo più che mai coscienzadella miseria di tanti uomini d’oggi:“sentiamo il grido dei poveri”?Saremo preoccupati d’essere presentitra gli uomini del nostro tempo,in modo particolare tra i più poveri:quelli a cui mancano risorse,ragioni di vivere, speranza.

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12. La collera dei poveriPopulorum Progressio 49

Il superfluo «Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire aipaesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve es-sere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo. I ricchi saranno delresto i primi ad esserne avvantaggiati. Diversamente, ostinandosi nella loroavarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei pove-ri, con conseguenze imprevedibili. Chiudendosi dentro la corazza del pro-prio egoismo, le civiltà attualmente fiorenti finirebbero con l’attentare ai lo-ro valori più alti, sacrificando la volontà di essere di più alla bramosia di ave-re di più. E sarebbe da applicare ad essi la parabola dell’uomo ricco, le cuiterre avevano dato frutti copiosi e che non sapeva dove mettere al sicuro ilsuo raccolto: «Dio gli disse: “Insensato, questa notte stessa la tua anima tisarà ritolta”» (Lc 12, 20).

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Il messaggio lucido e coraggioso lanciato da papa Montini, fu un accorato invitoad ascoltare il “grido di angoscia” inteso come il grido dei popoli della fame e ri-volgendosi al mondo intero ribadiva «noi vi invitiamo a rispondere al nostro gridodi angoscia, nel nome del Signore».Ancora oggi il mondo che dispone di cibo in abbondanza coincide con i paesi cri-stiani di antica data, così come le società tecnicamente più evolute. Dunque restaattuale il monito di allora: «Lo sviluppo, obiettivo integrale dell’uomo non può averluogo senza lo sviluppo solidale dell’umanità», è questa l’unica via per scongiu-rare «la collera dei poveri».La virtù della solidarietà spinge a porsi a fianco dei poveri del pianeta, a sentire laloro situazione di bisogno e spesso di disperazione e a guardare al mondo dal lo-ro punto di vista, secondo una illuminata e non solo volenterosa “scelta preferen-ziale dei poveri”.È chiaro che non si tratta solo di affrontare questioni prettamente tecniche, le-gate al mondo della finanza e dell’economia, ma anche di carattere politico nel

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senso più ampio e alto del termine, in quanto attinenti alla promozione del benecomune.Senza il passaggio a gesti concreti, ogni ragionamento morale risulterà essere“mutilo” e, in fin dei conti sterile. La fiducia della Chiesa di essere “esperta in uma-nità” portò Paolo VI a credere di poter vedere ciò che papa Giovanni aveva intra-visto nei “segni dei tempi” emersi e interpretati nel loro sviluppo storico. Soprat-tutto invita, come è già stato detto, ad una rinnovata lettura dei segni dei tempiche ci consenta di comprendere con lungimiranza le dinamiche odierne - ossia lesfide che raccogliamo con la categoria della globalizzazione - e di proporre con rin-novato spirito profetico un messaggio chiaro: la terra è di Dio e appartiene a tuttigli uomini.

In ascoltoNon è più possibile ingannarsi ulteriormente circa il fatto che tutta l’esistenzadella quasi totalità lavoratrice (il che significa: della larga maggioranza de-gli esseri umani degli stati moderni) è esposta alle oscillazioni del mercato edel prezzo delle merci, per la sopravvivenza delle proprie famiglie e per ri-solvere il problema quotidiano del pane necessario per l’uomo, la donna ibambini. Non conosco nulla che sia maggiormente degno di accusa di un ta-le stato di cose [...]. Il liberalismo vuole rendere tutti uguali. Questo è ciò che ha annunciato epromesso al mondo [...] Tuttavia, anziché adempiere questa promessa, hacreato tra gli uomini una differenza superiore a tutte le antiche differenze: ladifferenza nuda del denaro e della proprietà [...] Distrugge l’eguaglianza da-vanti alla legge, della quale tanto si parla e tanto ci si vanta: poiché il riccoha molti altri mezzi per assicurarsi la protezione del diritto, mentre il pove-ro non ha aiuti né consigli [...] La vostra apparente eguaglianza resta assairidotta, mentre voi stessi, attraverso i vostri principi economici, concentratela ricchezza in poche mani e lasciate l’immensa moltitudine degli uomini, conla loro forza lavoro, ridotti a essere una mercanzia che ogni giorno deve ven-dersi al mercato. Tutto quel che il socialismo replica al liberalismo è fonda-mentalmente vero. Tuttavia in ultima istanza, diventa anche falso, perchétanto il liberalismo quanto il socialismo disconoscono il vero concetto di li-bertà e il vero concetto di uguaglianza, i quali non consistono fondamental-

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mente nel possesso terreno, ma in quei beni che, tanto l’uno quanto l’altro,disconoscono [...] E quanto più il cristianesimo si realizza, tanto più rendeveramente uguali tutti gli uomini, nel possesso di beni così elevati che, difronte ad essi, scompare pure l’eguaglianza terrena, nella misura in cui lopermettono le circostanze di questo mondo [...].

(Wilhelm Immanuel von Ketteler, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nellaspiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 493)

Per il confrontoCome possiamo risvegliare coscienza di responsabilità e risorse, per costruire, dalbasso, dalla vita quotidiana, ragioni e impegno per realizzare: pace, fiducia reci-proca, affidamento alla Provvidenza? Le nostre strutture ed i servizi riescono ad annunciare che “ogni uomo è mio fra-tello”, che i bisogni essenziali non sono solo materiali? «L’inizio dell’amore peril fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo» (Bonhoeffer).

PRESA DI COSCIENZA

Sappiamo che il mondo di oggiè tormentatoda un intenso sforzo di liberazione:liberazione da tutto ciò che feriscela dignità dell’uomoe minaccia la realizzazionedelle sue aspirazioni più profonde:la verità, la giustizia,l’amore, la libertà.

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13. I rifugiati: una vergognosa piaga del nostro tempoPacem in Terris 38

Il problema dei profughi politici«Il sentimento di universale paternità che il Signore ha acceso nel nostro ani-mo, ci fa sentire profonda amarezza nel considerare il fenomeno dei profu-ghi politici: fenomeno che ha assunto proporzioni ampie e che nasconde sem-pre innumerevoli e acutissime sofferenze [...]. Non è superfluo ricordare chei profughi politici sono persone; e che a loro vanno riconosciuti tutti i dirit-ti inerenti alla persona: diritti che non vengono meno quando essi siano sta-ti privati della cittadinanza nelle comunità politiche di cui erano membri [...].Fra i diritti inerenti alla persona vi è pure quello di inserirsi nella comunitàpolitica in cui si ritiene di potersi creare un avvenire per sé e per la propriafamiglia; di conseguenza quella comunità politica, nei limiti consentiti dalbene comune rettamente inteso, ha il dovere di permettere quell’inserimen-to, come pure di favorire l’integrazione in se stessa delle nuove membra».

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Le persone forzatamente sradicate dalla loro terra sono diventate moltitudini, ènecessario rivedere gli accordi internazionali ed estendere la protezione da essigarantita anche ad altre categorie. La tragedia dei rifugiati è una piaga tipica e ri-velatrice degli squilibri e dei conflitti del mondo contemporaneo. Mostra un mon-do disunito e ben lontano da quell’ideale secondo cui: «Se un membro soffre, tut-te le membra soffrono insieme» (1 Cor. 12,26). La chiesa - ricorda il Concilio - offreil suo amore e la sua assistenza a tutti i rifugiati senza distinzione di religione e dirazza: rispetta in ciascuno di loro l’inalienabile dignità della persona umana crea-ta ad immagine di Dio (Gen 1,27). Da qui l’invito a costruire una civiltà d’amore;un impegno che si realizzi sia nelle sue iniziative di servizio e di collaborazioneche nell’intento pure di richiamare l’attenzione pubblica sulla loro situazione. Me-mori dell’identificazione che Gesù è anche l’uomo agonizzante sulla strada di Ge-rico, la confessione di fede nel Cristo è pertanto capacità di riconoscerlo nei luo-ghi e nei modi da lui stesso indicati. Il problema non è mettere in pratica la fede,

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ma di avere fede. Non c’è infatti una fede intellettuale e una fede pratica. C’è un’u-nica fede: confessare Cristo come Signore nell’adempimento della volontà del Pa-dre, che è la misericordia e la carità verso gli uomini e in maniera preferenziale ver-so coloro che sono nella tribolazione.«[...] Il cristiano contempla nello straniero il volto di Cristo stesso, il quale nascein una mangiatoia e, straniero, fugge in Egitto, assumendo e ricapitolando in séquesta fondamentale esperienza del suo popolo (cfr. Mt2,13ss). Nato fuori casa e proveniente da fuori patria (cfr. Lc 2,4-7), abitò in mezzo a noi(cfr. Gv 1,11.14) e trascorse la sua vita pubblica, itinerante, percorrendo “città e vil-laggi” (cfr. Lc 13,22; Mt 9,35). Risorto e tuttavia ancora straniero, sconosciuto, ap-parve, in cammino verso Emmaus, a due suoi discepoli che lo riconobbero solo al-lo spezzar del pane (cfr. Lc 24,35). I cristiani sono quindi alla sequela di un viandante “che non ha dove posare il ca-po” (Mt 8,20; Lc 9,58) [...]». (Da La carità di Cristo verso i migranti, Istruzione del Pontificio Consiglio della Pa-storale per i Migranti e gli Itineranti, 3 Maggio 2004).

In ascoltoLa difesa dei poveri, in un mondo gravemente conflittuale, ha provocatoqualcosa di nuovo nella storia recente della nostra chiesa: la persecuzione,provocata dalla difesa dei poveri. La vera persecuzione è stata indirizzataverso il popolo povero, che è oggi il corpo di Cristo nella storia. Questi so-no coloro che completano nel loro corpo quel che manca alla passione diCristo. Ed è per questa ragione che una volta che anche la chiesa, una voltache ha scelto di organizzarsi e di radunarsi nel nome delle speranze e delleansie dei poveri, è andata incontro alla stessa sorte di Gesù e dei poveri: lapersecuzione [...] Questa opzione della chiesa per i poveri è ciò che spiega ladimensione politica della sua fede, come qualcosa che è già nelle proprie ra-dici e nei propri tratti fondamentali. È perché essa ha optato per i poveri con-creti e non immaginari, è perché essa ha optato per i veri oppressi e i veri re-pressi, che ora la chiesa vive nel mondo della sfera politica; e che essa si rea-lizza come chiesa, anche attraverso questa sfera. D’altro canto, non potreb-be essere diversamente se, come Gesù, si dirige verso i poveri [...] I cristianidel tempo antico dicevano: “Gloria Dei, vivens homo” (La gloria di Dio è

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l’uomo vivente). Noi potremmo riformulare in termini più concreti questoconcetto, affermando: “Gloria Dei, vivens pauper” (La gloria di Dio è il po-vero che vive).

(Oscar Arnulfo Romero, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiri-tualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 587)

Per il confronto Il battesimo ricorda ad ogni cristiano che “la solidarietà universale, che è un fat-to e [...] un beneficio, è altresì un dovere” (CV 43) e questo ci impegna nella testi-monianza di apertura e di accoglienza. Siamo dunque luci di speranza vicine a co-loro che cercano orientamento nelle traversate della loro vita? “Ma perché essi partono?”. “Morire in Etiopia o morire lottando per una vita più

degna in una terra distante è sempre morire!”.

PRESA DI COSCIENZA

Attraverso gli interrogativi e le ricerche,percepiamo l’attesadi una risposta che l’uomo spera,senza riuscire a formularla adeguatamente.Condividiamo le aspirazionidei nostri contemporanei,come possibile apertura all’avvento di un mondo più umano.

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14. Per una globalizzazione umana: relazionalità, comunione e condivisioneCaritas in Veritate 21.63.75

21. La complessità e gravità dell’attuale situazione economica giustamenteci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuo-ve responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno diun profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo sucui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostrocammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a pun-tare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa co-sì occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fi-duciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del mo-mento presente.63. Nella considerazione dei problemi dello sviluppo, non si può non met-tere in evidenza il nesso diretto tra povertà e disoccupazione. I poveri in mol-ti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano, siaperché ne vengono limitate le possibilità (disoccupazione, sotto-occupazio-ne), sia perché vengono svalutati «i diritti che da esso scaturiscono, special-mente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratoree della sua famiglia».75. Stupisce la selettività arbitraria di quanto oggi viene proposto come de-gno di rispetto. Pronti a scandalizzarsi per cose marginali, molti sembranotollerare ingiustizie inaudite. Mentre i poveri del mondo bussano ancora al-le porte dell’opulenza, il mondo ricco rischia di non sentire più quei colpi al-la sua porta, per una coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano. Diosvela l’uomo all’uomo; la ragione e la fede collaborano nel mostrargli il be-ne, solo che lo voglia vedere; la legge naturale, nella quale risplende la Ra-gione creatrice, indica la grandezza dell’uomo, ma anche la sua miseria quan-do egli disconosce il richiamo della verità morale.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

Oggi purtroppo la tecnica tende sempre più ad esigere il centro della scena. Essaha per vocazione il dominare, l’imporsi, fino ad obbligarci a consumare e distrug-gere. Solo un robusto amore per una vera libertà, potrà rispondere al fascino del-la tecnica con decisioni responsabili. Tali decisioni si addicono a uomini retti, lacui “rettitudine” comincia con l’“arginare” l’orgoglio di essere “autori di se stes-si” che porta a un fare presuntuoso. Uomini retti vuol dire uomini robusti e nonsemplicemente efficienti, umanità che si fa domande non solo sul “come” ma so-prattutto sul “perché” delle proprie azioni, giacché il vero non coincide con il fat-tibile (n. 70). Inoltre non manca chi evita nei loro discorsi tutto ciò che possa ri-cordare la vita dei poveri e l’impegno per loro. Ritengono che con il parlare di loro si assecondi ciò che viene definito con suffi-cienza “pauperismo”. Se pensiamo al miliardo di persone senza acqua potabile,al miliardo che vive con meno di un dollaro al giorno, alle vittime di malattie chepotrebbero essere debellate con una spesa limitata (ma non disponibile in paesitroppo poveri), ai trenta milioni di persone in giovane età che muoiono ogni gior-no per la fame o per l’inedia, viene da chiedersi se di questi mali non debbano rav-visarsi responsabili i Paesi ricchi e quanti di essi, potendolo, nulla fanno per mo-dificare queste situazioni di ingiustizia.

In ascolto«Del denaro, semplice segno di interscambio, il capitalismo ha fatto un be-ne produttivo in quanto tale, una ricchezza che può proliferare nello stessolasso di tempo rappresentato da quel passaggio dei beni, che è l’interscam-bio. Tale è la fonte del profitto capitalistico, che costituisce propriamenteun’usura, se non una beffa. Considerato che questo profitto è acquistato sen-za lavoro, senza servizio di trasformazione di materia, esso può venire otte-nuto solo come effetto del gioco del denaro, o del lavoro altrui [...] Il capi-talismo difende l’iniziativa e la libertà di taluni pochi attraverso la riduzio-ne in schiavitù della maggioranza. Noi, viceversa, vogliamo per tutti la con-creta realizzazione di alcune necessarie istituzioni, al fine di assicurare a tut-ti una libertà materiale senza pericoli. L’economia ha come proprio fine so-ciale quello di soddisfare le necessità materiali di tutti. Una volta realizzato-

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lo, essa ha svolto il proprio compito e le energie eccedenti devono trovare al-tro impiego che non sia quello di un loro artificiale sviluppo. Pertanto l’at-tività economia è subordinata a un’etica della necessità [...] La necessità diconsumo o di sfruttamento devono essere limitate da un ideale di semplicitàdi vita, che è la condizione obbligatoriamente richiesta per un’autentica ele-vazione spirituale e che in nessun modo è conciliabile con la magnificenza elo sperpero proprio del creare. La realizzazione dell’uomo non sta nel be-nessere materiale.

(Emmanuel Mounier, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritual-ità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 547)

Per il confronto I mezzi di comunicazione sociale eliminano le distanze spazio-temporali, ma nonriescono a produrre “vicinanza”, fraternità, solidarietà. Cresce anzi “il male del-l’anima”, un diffuso senso di paura dell’altro, un conflitto tra generazioni, l’in-capacità di dialogo “a vivo”. Anche lo stile nei nostri servizi è “comunicazione”.Come possiamo essere “riconosciuti” come discepoli dentro e fuori la comunità?

PRESA DI COSCIENZA

Con il nostro modo di essere e di agire,con la partecipazionealla costruzione della città terrestree all’edificazione del Corpo di Cristo,noi dobbiamo testimoniare efficacementeche il Regno di Dio e la sua giustiziadevono essere cercatiinnanzitutto e attraverso tutto. (cfr. Mt 6,33)

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15. I poveri compaiono nel mondosotto diverse specieLaborem exercens 8c

«Perciò, bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le con-dizioni in cui egli vive. Per realizzare la giustizia sociale nelle varie parti del mon-do, nei vari Paesi e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movi-menti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini dellavoro. Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la de-gradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e lecrescenti fasce di miseria e addirittura di fame. La Chiesa è vivamente impe-gnata in questa causa, perché la considera come sua missione, suo servizio, co-me verifica della sua fedeltà a Cristo, onde essere veramente la «Chiesa dei po-veri». E i «poveri» compaiono sotto diverse specie; compaiono in diversi postie in diversi momenti; compaiono in molti casi come risultato della violazionedella dignità del lavoro umano: sia perché vengono limitate le possibilità del la-voro - cioè per la piaga della disoccupazione -, sia perché vengono svalutati illavoro ed i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto sa-lario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia».

PER RIFLETTERE SUL TEMA

36. [...] «Peccato» e «strutture di peccato» sono categorie che non sono spessoapplicate alla situazione del mondo contemporaneo. Non si arriva, però, facilmentealla comprensione profonda della realtà quale si presenta ai nostri occhi, senzadare un nome alla radice dei mali che ci affliggono. Si può parlare certo di «egoi-smo» e di «corta veduta»; si può fare riferimento a «calcoli politici sbagliati», a«decisioni economiche imprudenti» [...]. 43. La preoccupazione stimolante verso i poveri - i quali, secondo la significativa for-mula, sono «i poveri del Signore» - deve tradursi, a tutti i livelli, in atti concreti finoa giungere con decisione a una serie di necessarie riforme. Dipende dalle singole si-tuazioni locali individuare le più urgenti ed i modi per realizzarle; ma non bisognadimenticare quelle richieste dalla situazione di squilibrio internazionale, sopra de-scritto [...] Il sistema internazionale di commercio oggi discrimina frequentemente i

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prodotti delle industrie incipienti dei Paesi in via di sviluppo, mentre scoraggia i pro-duttori di materie prime. Esiste, peraltro, una sorta di divisione internazionale dellavoro, per cui i prodotti a basso costo di alcuni Paesi, privi di leggi efficaci sul lavo-ro o troppo deboli per applicarle, sono venduti in altre parti del mondo con consi-derevoli guadagni per le imprese dedite a questo tipo di produzione, che non cono-sce frontiere. Il sistema monetario e finanziario mondiale si caratterizza per l’ecces-siva fluttuazione dei metodi di scambio e di interesse, a detrimento della bilanciadei pagamenti e della situazione di indebitamento dei Paesi poveri [...].

(Dalla Lettera Enciclica Sollicitudo Rei Socialis nn. 36 e 43, Giovanni Paolo II, 30 dicembre 1987)

In ascolto«[...] Ci sono molti uomini che hanno troppo e continuano volendo avereancora di più; ve ne sono molti altri che non hanno a sufficienza, che nonhanno nulla e che sono disposti a carpire se non si dà loro. Tra le due classidi uomini si sta preparando una lotta e questa lotta minaccia di essere terri-bile: da un lato la forza dell’oro, dall’altro la forza della disperazione. Do-vremmo precipitarci in mezzo a questi due eserciti che si fronteggiano, se nonper impedire, perlomeno per attenuare lo scontro. Il nostro titolo di cristia-ni rende obbligatorio questo ruolo di mediazione; e la nostra giovane età, co-sì come la nostra condizione “mediocre”, ce lo rendono più facile [...] Abi-tuati a non considerare altro che l’interesse temporale nel governare gli uo-mini, i politici non hanno cercato le cause della miseria altro che in un qual-che disordine materiale. E si sono formate due scuole, le quali riducono tut-to o alla produzione delle ricchezze, o alla loro ripartizione [...] È la libertàumana, quella che crea i poveri; è questa che inaridisce quelle fonti primiti-ve di ogni ricchezza (intelligenza e volontà), consentendo che l’ignoranzaspenga l’intelligenza e che la condotta cattiva indebolisca la volontà [...] EDio ci liberi dal calunniare quelli che il Vangelo benedica, facendo delle clas-si che soffrono le responsabili dei propri mali e servendo così l’insensibilitàdei cuori malvagi, i quali una volta che hanno scoperto un qualche errore nelpovero, si credono già dispensati dal soccorrerlo [...].

(A. Frédéric Ozanam, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritu-alità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 484)

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Per il confronto Come abbiamo gli occhi aperti sul mondo? Sulla fame dell’umanità, sulla viola-zione dei diritti? Ci siamo abituati a vivere preoccupati che Dio benedica il nostrobenessere? Possiamo convivere senza la gratuità?La forza di una catena si gioca anche sull’anello più debole … siamo illusi di po-ter essere forti senza gli altri? Chi sono i deboli nella nostra comunità? Come cu-stodirli?

PRESA DI COSCIENZA

La nostra predilezione sia per coloroche hanno più bisognodi essere accolti e amati:ci sforziamo di evitare ogni forma di ingiustizia.Solo così,e seguendo l’insegnamento della chiesa,potremo risvegliare le coscienzeai drammi della miseriae alle esigenze della giustizia.

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16. La comunità cristiana è ancora portatricedelle speranze dei poveri?Ocotogesima Adveniens 15

«Progressi sono già stati compiuti, per introdurre nei rapporti umani una mag-giore giustizia e una più ampia partecipazione alle responsabilità. Ma in que-sto campo immenso, molto resta ancora da fare. Occorre pertanto prosegui-re attivamente nella riflessione, nella ricerca, negli esperimenti, sotto pena direstare in ritardo rispetto alle legittime aspirazioni dei lavoratori, le quali sivanno maggiormente affermando, man mano che si sviluppa la loro forma-zione, la coscienza della loro dignità, il vigore delle loro organizzazioni.L’egoismo e il dominio sono, tra gli uomini, tentazioni permanenti. È per-tanto necessario un discernimento sempre più avvertito per cogliere alla ra-dice le situazioni frutto d’ingiustizia e per instaurare progressivamente unagiustizia sempre meno imperfetta. Nei mutamenti industriali, che reclamanoun adattamento rapido e costante, coloro che vengono a trovarsi colpiti sa-ranno più numerosi e meno in grado di fare intendere le proprie voci.Verso questi nuovi «poveri» - minorati e disadattati, vecchi, emarginati diorigine diversa - si dirige l’attenzione della chiesa, per riconoscerli, aiutarli,difendere il loro posto e la loro dignità in una società indurita dalle compe-tizioni e dall’attrattiva del successo».

PER RIFLETTERE SUL TEMA

«Bisogna ritornare all’interpretazione autentica del Signore - avvertiva mons. Nervo - :Quod superest date pauperibus”. Non significa “quello che avanza”, ma “quod est su-per”, quello che sta sopra la tavola, quello che mangiamo noi: il che è cosa molto di-versa. Non si tratta cioè di elemosina e beneficenza, ma di doverosa condivisione: quel-lo che non ci è necessario non è nostro, è degli altri, perché i beni sono degli uomini». In questa prospettiva si coglie l’invito a guardare la città e chiedersi come costruireluoghi di relazione in cui vivere nel rispetto della dignità umana, come realizzarequartieri a misura d’uomo, luoghi di lavoro dove non si esperisce discriminazione,contesti sociali in cui giovani, donne ed emigrati possano davvero vedere rispettatele legittime aspirazioni in termini di ruoli professionali e realizzazioni personali. A

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tal proposito - ricorda l’intervento di papa Montini - il cristiano che vuol vivere la suafede in un’azione politica intesa come servizio, non può, senza contraddirsi, dare lapropria adesione a sistemi ideologici che si oppongono radicalmente o su punti so-stanziali alla sua fede e alla sua concezione dell’uomo: né all’ideologia marxista, alsuo materialismo ateo, alla sua dialettica di violenza e al modo con cui essa rias-sorbe la libertà individuale nella collettività, negando insieme ogni trascendenza al-l’uomo e alla sua storia, personale e collettiva; né all’ideologia liberale che ritienedi esaltare la libertà individuale sottraendola a ogni limite, stimolandola con la ri-cerca esclusiva dell’interesse e del potere e considerando la solidarietà sociale co-me conseguenza più o meno automatica delle iniziative individuali e non già qualescopo e criterio più vasto della validità dell’organizzazione sociale.

In ascolto«Costruire una società cristianamente significa appunto costruirla in guisache essa garantisca a tutti il lavoro, fondamento della vita e, col lavoro, quelminimo di reddito necessario per il “pane quotidiano”. È questa una pre-messa che gli uomini politici devono tenere ferma nella loro mente; stella po-lare della loro azione politica, giuridica, economia, finanziaria, dar lavoro atutti, dare il pane quotidiano a tutti; sopra queste finalità prime, improro-gabili, elementari, deve essere costruito l’intero edificio dell’economia, dellafinanza, della politica, della cultura: la libertà medesima, respiro della per-sona, è in certo modo preceduta e condizionata da queste primordiali esi-genze del lavoro e del pane.Se la piena occupazione non viene conquistata e mantenuta, le libertà non

saranno sicure, perché per molti esse non avranno abbastanza valore. Ora-zione fondamentale del Signore: “Dacci il nostro pane quotidiano!” [...] “Co-me hai moltiplicato, a favore dei tuoi fratelli, i talenti privati e pubblici cheio ti ho affidato? Cosa hai fatto per sradicare dalla società nella quale ti hoposto come regolatore e dispensatore del bene comune la miseria dei tuoi fra-telli e, quindi, la disoccupazione che ne è la causa fondamentale?”. Non po-trò dire: “Signore non sono intervenuto per non turbare il libero giuoco del-le forze di cui consta il sistema economico”».

(Giorgio La Pira, J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cris-tiane. EDB, Bologna 1995, p. 564)

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Per il confrontoLa crisi socio-economica che stiamo vivendo impone orientamenti nuovi nell’usodelle risorse rispetto al passato: “nuovi stili di vita”... come cerchiamo di pro-muovere luoghi di confronto per cogliere la differenza tra crescita e sviluppo, perindividuare un futuro possibile non appoggiato ai beni, ma al bene? Possiamo aiu-tare le persone ad impegnarsi a produrre e crescere per ridurre le disuguaglianze,più che alla soddisfazione del superfluo?

PRESA DI COSCIENZA

Noi saremo attentia quanto lo Spirito ci suggeriscemediante la parola di Dio accolta nella chiesae attraverso gli avvenimenti della vita.Perciò in un mondoNel quale gli uomini aspirano alla libertàvogliamo testimoniare la vera libertàche il Cristo ci ha acquistato e che si trova solo nel consentire al Padre.

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17. La Caritas Italiana: dalla parte di quelli che non contanoLa Chiesa italiana e le prospettive del Paese, Consiglio permanente CEI, 23 otto-bre 1981, nn. 4-6

Per un genere diverso di vita4. «[...] Bisogna decidere di ripartire dagli “ultimi”, che sono il segno dram-matico della crisi attuale. Fino a quando non prenderemo atto del drammadi chi ancora chiede il riconoscimento effettivo della propria persona e del-la propria famiglia, non metteremo le premesse necessarie a un nuovo cam-biamento sociale. Gli impegni prioritari sono quelli che riguardano la gentetuttora priva dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, il salario familiare,l’accesso alla cultura, la partecipazione.5. Bisogna, inoltre, esaminare seriamente le situazioni degli emarginati, cheil nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva: dagli anziani agli handi-cappati, dai tossicodipendenti ai dimessi dalle carceri o dagli ospedali psi-chiatrici. Perché cresce ancora la folla di “nuovi poveri”? Perché a una emar-ginazione clamorosa risponde così poco la società attuale? Le situazioni ac-cennate devono entrare nel quadro dei programmi delle amministrazioni ci-viche, delle forze politiche e sociali che, garantendo spazio alla libera inizia-tiva e valorizzando i corpi intermedi, coinvolgano la responsabilità dell’in-tero paese sulle nuove necessità.6. Con gli “ultimi” e con gli emarginati, potremo tutti recuperare un generediverso di vita. Demoliremo, innanzitutto, gli idoli che ci siamo costruiti: de-naro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre pos-sibilità. Riscopriremo poi i valori del bene comune: della tolleranza, della so-lidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità. Ritroveremo fiducianel progettare insieme il domani, sulla linea di una pacifica convivenza in-terna e di una aperta cooperazione in Europa e nel mondo. E avremo la for-za di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di vivere».

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

La Caritas in Italia nasce nel 1971 per intuizione e volontà di Papa Paolo VI per “ri-spondere”, come dirà lui stesso alle Caritas diocesane riunite per la prima voltanel settembre del 1972, “in maniera più adeguata alle accresciute esigenze dellacarità e dell’assistenza della chiesa in Italia”. La Caritas ha come compito il supe-ramento dell’assistenza, intesa come mera distribuzione di beni, per divenire par-te integrante, nella chiesa, insieme alla liturgia e alla catechesi, della pastoraleunitaria che educa la comunità alla Parola, alla preghiera e alla carità fraterna.Paolo VI individua nella funzione della Caritas due direttrici fondamentali: la pri-ma quella per cui la “carità è sempre necessaria, come stimolo e completamentodella giustizia”. La seconda è la sua “prevalente funzione pedagogica, il suo aspet-to spirituale che non si misura con cifre e bilanci, ma con la capacità che essa hadi sensibilizzare le chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della caritàin forme consone ai bisogni e ai tempi”.Entrambe queste direttrici devono essere vissute non separatamente, ma in ma-niera complementare perché un atto di carità non deve esprimere solo emotivitàe contingenza, ma divenire una presa di coscienza che porti al superamento del-lo stato di bisogno. “Di qui la necessità di formare persone esperte e specializzate, come pure di pro-muovere studi e ricerche, sia per una migliore conoscenza dei bisogni e delle cau-se che li generano e li alimentano, sia per una efficace programmazione degli in-terventi assistenziali”, così come “stimolare gli interventi delle pubbliche autoritàed una adeguata legislazione”.

Tra i primi impegni della Caritas Italiana vi sono il volontariato e i giovani. Per quan-to riguarda il volontariato, la Caritas avvia sin dalla metà degli anni ‘70, insieme aLuciano Tavazza e Maria Eletta Martini, entrambi padri storici del volontariato inItalia e molto impegnati nel dare innovazione e slancio al volontariato stesso nelnostro Paese, un nuovo vigore all’impegno di molti cittadini in varie opere di assi-stenza. Nasce l’esigenza di organizzare, formare, professionalizzare il volontaria-to stesso. Emerge impellente l’importanza, anche, di dare un rilievo politico a que-sto impegno attraverso una legge (che arriverà solo nel 1991) che ne riconosca ilruolo e l’importanza nelle specifiche azioni che andrà intraprendendo. Su questa

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scia va organizzandosi anche la Protezione Civile cui la Caritas Italiana contribuiràfortemente per la sua nascita e la sua formazione, soprattutto per il ruolo del vo-lontariato che in essa assumerà, sia a livello nazionale che territoriale.Per quanto riguarda i giovani, la Caritas inizia a coinvolgerli nelle “proprie fila” at-traverso la proposta del Servizio Civile per gli obiettori di coscienza (la prima leg-ge che regola questa forma di servizio in sostituzione del servizio militare di levaera del 1972). Dal 1977, anno in cui si convenziona col Ministero della Difesa, laCaritas Italiana diviene in poco tempo l’ente che accoglie in Italia il maggior nu-mero di giovani che optano ogni anno per questo servizio, nonostante le numero-se difficoltà frapposte alla diffusione di questo fenomeno, prima fra tutti la mag-giore durata (otto mesi in più) del servizio civile rispetto al servizio militare. In-sieme a questo Servizio previsto per i giovani maschi, la Caritas dà vita anche al-l’Anno di Volontariato Sociale (AVS) per le giovani che desiderano dedicare un an-no della propria vita alla solidarietà sospendendo i propri impegni, di lavoro o distudio o familiari.È un’occasione d’oro per avvicinare i più giovani ai temi della solidarietà, della pa-ce, della mondialità, dell’immigrazione, della lotta alla povertà, della ricerca dinuovi stili di vita. Impegno che permane oggi con il Servizio Civile nazionale.Negli anni ’80 in Caritas Italiana e in molte Caritas diocesane viene strutturato ilprogetto di un Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, che diviene un primoluogo di sintesi dei bisogni più immediati ma anche latenti delle tante persone indifficoltà. L’Osservatorio avvia delle antenne sul territorio divenendo, di fatto, unostrumento che riesce a leggere la realtà del Paese, le sue necessità, le rispostedelle Amministrazioni come quelle del Governo centrale, le deficienze della poli-tica, le promesse mancate, ma anche le risorse messe in campo dalla comunità.In tal senso diventa stabile, in Caritas Italiana, il lavoro di analisi della “Legge Fi-nanziaria” che annualmente viene preparata dal Governo e approvata dal Parla-mento per verificare le attenzioni concrete, lì contenute, verso le fasce più debolidella popolazione. Il documento di analisi stilato dalla Caritas diviene un appun-tamento annuale di confronto con la classe politica e amministrativa del Paese.

Accanto a questi impegni, la Caritas Italiana muove i primi passi anche nelle emer-genze nazionali: il terremoto del Friuli nel 1976, quello dell’Irpinia del 1980 e, or-mai con forte capacità professionale negli interventi in queste catastrofi, seguirà

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altre operazione nei terremoti dell’Umbria e delle Marche del 1997, fino a quellorecente dell’Aquila del 2009. Ma anche verso le emergenze internazionali, qualile difficoltà sanitarie in vari paesi africani o le conseguenze della caduta del regi-me in Romania, prima e in Albania, poi, con l’emersione delle profonde povertàdei cittadini.E per rispondere all’appello di Paolo VI “le necessità del vostro paese non vi im-pediscano di aprire il cuore anche ai bisogni delle nazioni meno favorite”, la Cari-tas avvia relazioni con le Caritas di questi paesi meno favoriti per comprenderne ibisogni e per rispondervi attraverso l’appello alla solidarietà con campagne o azio-ni specifiche, nell’ambito di un’azione concordata a livello planetario sotto il coor-dinamento della Caritas Internationalis. Di queste azioni concrete all’estero lo stru-mento più significativo e tutt’ora in atto, è la microrealizzazione che diviene anchestrumento pedagogico di educazione alla solidarietà utilizzata da gruppi parroc-chiali, scuole, famiglie. Questo strumento permette di conoscere la vita di picco-le comunità in paesi lontani e, nel contempo, di farsi prossimi ad esse per la so-luzione di problemi quotidiani: si va dalla realizzazione di un pozzo all’acquisto dimacchine per cucire per gruppi di donne, dalla nascita di un piccolo allevamentoalla strutturazione di un ambulatorio di villaggio.Le Campagne nascono invece intorno a grandi eventi: la siccità nel Sahel, il ter-remoto devastante in Armenia, lo tsunami in Indonesia, o come avviene oggi, in-torno ai grandi temi sociali quali i problemi di sostentamento delle famiglie im-poverite.

Anche il Dossier Statistico sull’Immigrazione è divenuto uno strumento voluto dal-la Caritas come risultato di un impegno, che viene da lontano, sui temi e sui pro-blemi dell’immigrazione ma anche di vicinanza alle tante difficoltà dei cittadini im-migrati nel nostro Paese. È, il Dossier, un appuntamento annuale, ormai da de-cenni, che fotografa la realtà di questo fenomeno nel nostro Paese mettendone inrisalto le esigenze da colmare, i passi effettuati, le politiche da realizzare.La Caritas, come tante realtà vive e lungimiranti, ha attraversato momenti di diffi-coltà e di problematicità, di incomprensioni e di fratture ma, come ancora sottoli-neava Papa Paolo VI, ha avuto la forza di “non stancarsi, di non lasciarsi abbatte-re dalle difficoltà, ma di avanzare sempre con lo stesso spirito e con lo stesso amo-re verso Cristo e la sua Chiesa”.

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Per il confrontoMa cosa significa ripartire dagli ultimi? Quale il primo passo? Basta l’appello allacoerenza e rettitudine personale e civica. Basta osservare le leggi, fare con com-petenza e dedizione il proprio lavoro, non sostituire la giustizia con la carità, i di-ritti con la beneficenza?

PRESA DI COSCIENZA

Nell’azione si può racchiudere il rischiodi insuccesso e di degradazione.Ma nella fede, attenti all’insegnamento della chiesa,le riteniamo attinenti alla venuta del regnoche Dio ha promesso e realizzato nel suo Figlio.Solo nell’agirepotremo risvegliare le coscienze ai drammi della miseriae alle esigenze della giustizia.

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18. Acli, settant’anni dalla parte dei poveriMatteo 11,25-30

«In quel tempo Gesù disse: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della ter-ra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai pic-coli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato da-to a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno co-nosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite ame, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il miogiogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e trovere-te ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”».

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Recentemente i sindacati tedeschi hanno proposto un piano Marshall per l’Euro-pa. La notizia non può non riportare alla mente il fatto che le Acli siano nate in unperiodo in cui la povertà era all’ordine del giorno delle classi sociali più popolari,e che non a caso furono luoghi di distribuzione dei pacchi del piano Marshall.Così come molti circoli furono per molto tempo spacci di alimenti e di altri beni,funzionando un po’ come i gas, i gruppi di acquisto solidale, di oggi. Infatti non sideve pensare agli aclisti come coloro che distribuivano, bensì come coloro che di-stribuivano e ricevevano. La stessa prima fedeltà, quella alla classe lavoratrice,era la fedeltà alle fatiche che le stesse famiglie degli aclisti vivevano. Le battaglieper la democrazia e i diritti erano innanzitutto richieste di pane, lavoro e sforzo so-lidale ad aiutarsi reciprocamente, a organizzarsi in attività di mutuo aiuto per ri-costruire il paese, ricostruendo il proprio futuro come orizzonte collettivo che ac-comunava la gran parte della popolazione in Italia o all’estero, dove le Acli eranola necessità che si faceva solidarietà tra i nostri emigranti.Partendo da questa comune appartenenza e dalla prossimità immediata a quantierano più poveri tra i poveri, abbiamo capito quanto fosse determinante il prota-gonismo sociale e politico della classe lavoratrice per costruire un progresso ve-ramente umano e civile e perché la democrazia fosse veramente solida e non difacciata. Perché la liberazione dall’orrore del fascismo e dalla guerra avesse gam-be solide, perché il futuro stesso dovesse essere liberazione.

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Potremmo dire che la scelta della causa dei poveri più che una scelta fosse unanecessità, una istintiva e pressante esigenza di riscatto dalla fame e dalla miseriache diveniva un tutt’uno con la lotta per la liberazione e la democrazia.E sicuramente potremmo dire che questa tensione, questa necessità quotidianaha sicuramente contribuito, nella allora unità dei lavoratori, a fare da “inchiostro”,per così dire,  per la penna che ha scritto la nostra stessa Costituzione e ad ani-mare uno spirito di protagonismo popolare nella Chiesa stessa, concorrendo a farlievitare quella che sarebbe stata la grande apertura del Concilio Vaticano II.Nei decenni quella stessa classe lavoratrice (anche grazie alle tante iniziative di ser-vizio ai lavoratori: il Patronato, la formazione professionale, le cooperative e altreattività sorte con le Acli) si é affrancata dalla miseria e la povertà é divenuta unaesperienza purtroppo non debellata, ma non più di massa. Ma l’aver vissuto in pri-ma persona questa battaglia popolare ha lasciato in eredità alle Acli la necessità dicontinuare ad essere esperienza di frontiera, che sa di poter trovare ogni giorno nelvolto di chi più ha sete di giustizia il volto di Cristo che muore e risorge. Si é consolidato così nel tempo l’impegno perché le fasce più deboli della societàe le popolazioni più provate dalla miseria e dalla guerra potessero emanciparsidalle situazioni di bisogno e l’idea che non vi possa essere un vero riformismo chenon sia innanzitutto solidale, e un vero sviluppo umano se non si assume comeprincipio e fine la causa dei poveri.Oggi questa storia riveste una profonda attualità, dove addirittura nella florenteGermania si parla della necessità di un nuovo piano Marshall. Difficile fare paragoni con altre epoche, ma difficile anche non vedere come la po-vertà, l’erodersi di un patto sociale basato su diritti e doveri, se non come espe-rienza concreta, tuttavia come paura, come rischio che bussa alla porta di una sem-pre più ampia fascia di famglie e persone, abbia indebolito e reso più vulnerabilela nostra società, concorrendo in modo determinante a portarci in una crisi che éfiglia di una ricchezza speculativa e concentrata nelle mani di pochi.Difficile non constatare con il sociologo Massimiliano Colombi (nostro ospite alconvegno di studi di Cortona) che oggi si debba “rifarsi reciprocamente una pro-messa”. Come se di fronte a una crisi che ci vede certamente più a rischio povertà,ma che non ci lascia senza opportunità e scelte possibili per creare ancora un oriz-zonte di giustizia, facessimo fatica a prometterci l’un l’altro che saremo solidalicomunque vada, nella salute e nella malattia... Come se fossimo incapaci di ve-

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derci insieme nella crisi, di fronte alle difficoltà e alle opportunità del nostro tem-po, ma sempre più l’uno contro l’altro.Come se in fondo somigliassimo sempre più, come società, al giovane ricco cui Ge-sù propone la cruna dell'ago della povertà e della condivisione. Ancora una voltala scelta dei poveri é molto più che solo l'urgente richiesta di una serie di misuresociali. Anzi, una proposta come quella per la quale oggi si battono le Acli, controla povertà assoluta, il Reddito di inclusione sociale, che rimetta in gioco le perso-ne e il rispetto per ogni persona, in realtà non riguarda solo chi é povero, ma guar-da, insieme ad altre, a tutta una società che se vuole ancora una volta liberare ilproprio futuro diffondendo fiducia, promettendosi una società solidale, deve an-cora una volta partire da una nuova liberazione: quella dei poveri.

In ascolto«Ma occorre anche preoccuparsi delle strutture adatte a sostenere la fede ec-clesiale e la cattedra dei piccoli e dei poveri. Occorre cercare strutture eccle-siali e povere e il modo di star poveramente nelle strutture della società civi-le e dello Stato. Occorre liberarsi dalle strutture ricche nelle quali non passala parola di Dio e non alberga, di conseguenza, la cattedra dei piccoli e deipoveri. Occorre demolire e lasciare che vengano demolite le costruzioni chenon servono all’ascolto della Parola, cioè alla vita della Chiesa. Occorre «sra-dicare e demolire, distruggere e abbattere, edificare e piantare» (Ger 1,10).E quali sono queste strutture?Quasi infinite sono le strutture che la Chiesa, immersa nel mondo da cui ilSignore non l’ha tolta (Gv 17,15), ha costruito e continuamente costruisce,sempre tentata di mondanizzazione. Con illimitata fiducia nella pazienza diDio occorre che la Chiesa pazientemente verifichi ogni giorno le sue struttu-re alla luce del Vangelo.Provo a indicare tre tipi di strutture in cui la Chiesa può rimanere intrap-polata. Gli edifici. Le case in cui abitano i cristiani e quelle in cui svolgono le loroopere. Gli stessi edifici del culto. In proprietà e in affitto. Le costruzioni culturali. La sapienza umana con il suo indubbio valore, nonnegato ma esaltato dalla Parola, ma anche con la sua capacità di sedurre eallontanare la chiesa dalla Parola e con la sua disponibilità ad essere sedot-

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ta dal potere. E anche questa può essere in proprietà o in affitto, nel sensoche sia elaborazione di cristiani o da questi recepita.Gli schieramenti. Proprio dall’esperienza di tutti gli uomini di essere piccolie poveri nasce il bisogno di unirsi per trovare la forza. Ma questo avvienemolto spesso in una logica mondana in cui lo schieramento diventa concor-renza, fino ad essere assetto di guerra. Quando per la Chiesa si prospettanotempi duri, in cui è in crisi il potere che l’appoggiava e vengono meno i gran-di e i ricchi che l’aiutavano, è veramente il momento di aprire il cuore allasperanza: ci disponiamo ad accogliere la Parola, la salvezza che viene da Dio».

(Pio Parisi, La cattedra dei piccoli e dei poveri)

Per il confrontoQualcuno afferma che su tutti i beni grava una “ipoteca sociale”: si può condivide-re? Quale attendibilità si può concedere alla odierna sfida pastorale “evangelizza-re la ricchez za” annunciando la povertà evangelica tra le mura del benessere?

PRESA DI COSCIENZA

Noi saremo attentia quanto lo Spirito ci suggeriscemediante la parola di Dio accolta nella chiesae attraverso gli avvenimenti della vita.

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Indice

Presentazione 5

1. Dio sceglie di essere povero 7

2. Dio e i poveri 11

3. Le leggi per i poveri 15

4. Ricchi e poveri 19

5. Gesù povero 23

6. La beatitudine della povertà 26

7. Povertà per la missione 29

8. Paolo e i poveri 32

9. Giacomo e i poveri 36

10. Atti degli Apostoli e i poveri 39

11. La chiesa, immagine di Cristo povero 43

12. La collera dei poveri 46

13. I rifugiati: una vergognosa piaga del nostro tempo 49

14. Per una globalizzazione umana: relazionalità, comunione e condivisione 52

15. I poveri compaiono nel mondo sotto diverse specie 55

16. La comunità cristiana è ancora portatrice delle speranze dei poveri? 58

17. La Caritas Italiana: dalla parte di quelli che non contano 61

18. Acli, settant’anni dalla parte dei poveri 66

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Dio ama i poveri

a cura della Vita cristiana AcliVia G. Marcora, 18/20 - 00153 Roma

Tel. 065840.207 - Fax 065840.615 - E-mail [email protected]/vita-cristiana

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Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo:da ricco che era si è fatto povero per voi,affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

2Corinti 8,9

Dio ama i poveri

Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 10

Aesse [email protected]

ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI

Dio ama i poveriDicembre 2013

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