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ANNALI DELLA SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA Serie IV Quaderni, 1 CLASSE DI LETTERE E FILOSOFIA PISA 1999

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ANNALI DELLA

SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

Serie IV

Quaderni, 1

CLASSE DI LETTERE E FILOSOFIA

PISA 1999

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Pubbl icazione semestrale Amor. Trib. Pisa n. 7/64 del 28 di cembre 197 1 - Di r. resp. Enrico Castelnuovo

Periodico associato all'Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 1128- 1510

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Sicilia Epigraphica

Atti del convegno internazionale Erice, 15-18 Ottobre 1998

a cura di Maria Ida Gulletta

A l ricordo di Giuseppe Nenci

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QUADERNO 1

UGO FANTASIA

GIUSEPPE NENCI

LUCIANO AGOSTINIANI

VITTORIA AUIATA

MARlA GIULIA AMAoASI Guzzo

RENATO ARENA

ALBERTO B ERNASJ:

GABRIELLA BEVILACQUA

IRMA BITTO

LI VIA BIVONA

ANTONIETTA B RUGNONE

GIORGIO CAMASSA

FEDERICA CORDANO

J AlME CURBERA

ALDINA CUTRONI T USA

MARlA AMALIA DE LUCA

R OSSANA DE SIMONE

STEFAl'\lIA DE Vroo

UG O F A..NTAS IA

BRUNO GAROZZO

SOMMARIO

Premessa

Saluto inaugurale

L'epigrafia e1ima

Le epigrafi islamiche su pietra da Monte Iato

Epigrafia fenicia in Sicilia

Interferenze linguistiche e grafiche

nell ' epigrafia greca di Sicilia

La laminetta orfica di Entella

Le epigrafi magiche

Leggende monetali romane di Sicilia

L'epigrafia latina

L'iscrizione del Tempio G di Selinunte e le tradizioni

sui responsi oracolari delfici

La Lex Sacra di Selinunte

Le istituzioni delle città greche di Sicilia

nelle fonti epigrafiche

Defixiones

L'epigrafia monetale greca

L'epigrafia araba in Sicilia. Bilancio degli studi

condoni nel corso dell 'ultimo cinquantennio

e prospettive per il Duemila

Riflessioni sull ' onomastica punica

Corpora epigrafici siciliani da Gualtherus a Kaibel

I al To<jJUÀaKES e i aLTWVLU di Tauromenio

Nuovi bolli anfo rari dalla Sicili a occidentale

(Entell a, Erice, Segesta)

IX

XI

l

15

33

47 53

65

89

113

129

141

149

159

187

197

205

221

25 1

281

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QUADERNO 2

ANDru: GUILLOU

HANS PETER ISLER

ALAN ]OHNSTON

GIACOMO MANGANARO

GIACOMO MANGANARO

CHIARA MICHELINI

ANNA MARIA PRESTIANNI GIALLOMBARDO

ALDO LUIGI PROSDOCIMI

MARIARITA SGARLATA

CARLO DE SIMONE

SHLOMO SIMONSOHN

ROGER J.A. WILSON

DISCUSSIONE

ILLUSTRAZIONI

Epigrafia bizantina e post-bizantina

Iscrizioni su ghiande missili dagli scavi di Monte Iato

Ceramic Texts, Archaic to Hellenistic

L'epigrafia greca di Sicilia

Annotazioni sulla epigrafia di Lipara

Reimpiego di iscrizioni a Segesta

Le Tabu/ae Ha/aesinae. Aicuni aspetti grafici c linguistici

Sicilia. Note sull'alfabetizzazione

L'epigrafia greca e latina cristiana della Sicilia

L'epigrafia sicana e sicula

Epigrafia ebraica in Sicilia

Iscrizioni su manufatti siciliani in età ellenistico-romana

385

393 407

417

425

439 449

465

483

499 509

531

557

601

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PREMESSA

Chi ha avuro il piacere di partecipare alle giornate ericine dell ' ottobre 1998 dedicate a Sicilia Epigraphica serberà certamente un vivo ricordo dell'atmosfera di forte impegno intellettuale e di franca discussione che le

ha cararterizzate.

L'incontro era, in un certo senso, una scommessa. Si trattava da un laro di tracciare un bilancio delle

conoscenze nei diversi ambiti specialistici dell' epigrafia siciliana, dall' altro di contribuire, attraverso il

confronto fra esperienze così diverse , ad una migliore comprensione di una prassi epigrafica che, nella varietà

delle sue concrete manifestazioni, rispecchia fedelmente il carattere multietnico e multiculturale della storia

millenaria della Sicilia.

Il lettore degli Atti di quelle giornate (la cui pronta pubblicazione è stata curata con impegno e competenza

dalla dott.ssa Maria Ida Gulletta) giudicherà se lo scopo è stato raggiunto. Egli ne trarrà comunque, credo,

numerosi spunti di riflessione su molteplici aspetti del patrimonio epigrafico siciliano e sul contributo che esso

offre in campo linguistico, storico, istituzionale, religioso; e non farà fatica ascorgervi chiare tracce del progetto

culturale, ovvero politico-culturale, che ha ispirato Giuseppe Nenci nell' organizzazione di quel Convegno. La

dedica di questi Atti alla Sua memoria non è solo il nostro doveroso omaggio a colui che ne ha concepito l'idea,

ma non ha purtroppo fatto in tempo a vederne la pubblicazione. Essa è anche il giusto riconoscimento allo

studioso che ha dato un contributo decisivo alla scoperta e alla valorizzazione del patrimonio culturale della

Sicilia; che, in spirito autenticamente 'erodoteo ' , ha dedicato una larga parte del Suo impegno scientifico allo

studio dei contatti fra le diverse culture del mondo antico; che, infine, soprattutto in alcuni saggi recenti sul

plurilinguismo e sulle interferenze grafiche e linguistiche nella Sicilia antica, ha additato linee di ricerca la cui

fecondità è testimoniata proprio dalle pagine di quesro volume.

Nel licenziare gli Atti di Sicilia Epigraphica mi è gradito rinnovare il ringraziamento alle persone e agli Enti

che, a vario titolo, ne hanno reso possibile lo svolgimento e la pubblicazione: in primo luogo il Centro 'Ettore

Majorana' di Erice che ha generosamente ospitato il Convegno, e il suo Direttore, Prof. Antonino Zichichi,

che fin dal primo mom ento ha dato la sua convinta adesione al progetto; la Scuola Normale Superiore per il

costante e concreto sostegno d ato all ' iniziativa; il Prof. Enrico Castelnuovo, Direnore degli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa per avere accolto gli Arri nei Quaderni della rivista; il personale del Laboratorio di

Topografia Storico-Archeologica del M o ndo Antico della Scuo la Norm ale per l'impegno organizzativo.

Pisa, settembre 2000

U go Fantas ia

Direnore del Labo ratorio d i Topografia

Sto rico-Archeologica del Mondo Am ico

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Autorità, Signore e Signori, cari e illustri Colleghi,

è motivo di grande soddisfazione, per gli organizzatori del presente Convegno, aprirne stamani i lavori in questa magnifica

cornice ericina in cui, un anno fo, abbiamo chiuso le Terze Giornate Internazionali di Studi suff'Area Elima.

Ed è motivo di soddisfazione anche il fatto che, in un anno che ha visto arrestarsi in Sicilia l'attività archeologica, sia stato

possibile - grazie ai congiunti sforzi della Scuola Normale Superiore di Pisa, della Fondazione 'Ettore Majorana' e del Centro di Cultura Scientifica di Erice - dar vita a questo incontro che, per l'importanza del tema affrontato e per l'alto livello dei

Rduori, dimOsti'i ti chi ne ha la responsabilità politica quanto urgente sia che ia SiclÌia continui a valorizzare i suoi beni con

mezzi adeguati e impegno non destlltorio. E purtroppo in questa situazione non è stato possibile né allestire una Mostra dei principali testi epigrafici della Sicilia, né esporre almeno a Trapani la 'lamina di piombo di Selinunte' che giace a Roma ormai

da anni, dopo il suo rientro in Italia nel 1992. Quale sia la finalità del Convegno è ben chiaro a tutti i partecipanti e nasce dal proposito di cogliere gli elementi di continuità

o di rottura nella prassi epigrafica nel corso dei secoli e attraverso quei processi di interferenza linguistica che diedero vita nello

stesso tempo a fenomeni di interferenza epigrafica, in un susseguirsi e intrecciarsi di lingue e culture che, anche sotto questo profilo,

fo della Sicilia un 'unicum: Nello stesso tempo sarà questa un 'occasione per dei bilanci critici sulle scoperte epigrafiche più

significative dell'ultimo cinquantennio, in cui l'eccezionale rifiorire della ricerca archeologica in Sicilia ha tanto arricchito

anche il patrimonio epigrafico dell'isola: basterebbe citare il caso deltE/imo.

In questo senso il Convegno si articola in una serie di relazioni che affronteranno, in ordine cronologico, le testimonianze

epigrafiche peculiari delle varie lingue o alcuni specifici tematismi ad esse connessi e sarà arricchito da alcune brevi

comunicazioni.

Sono certo che i risultati saranno pari, o superiori, alle nostre attese e questo Convegno avrà raggiunto il StIO scopo se da esso nascerà anche la consapevolezza che la documentazione epigrafica siciliana meriterebbe nei nostri musei quella esposizione che oggi le è, nella maggior parte dei casi, del tutto negata.

Nel ringraziare i partecipanti al nostro Convegno, mi corre il gradito obbligo di ringraziare a nome di tutti il Centro 'Ettore

Majorana 'per la sua liberale, generosa, signorile ospitalità in questo anfiteatro che ha visto, negli anni, presenze e testimonianze

scientifiche fra le più illustri del nostro secolo.

Ma ci tengo a ricordare che, come diretta espressione di quello che da tempo è stato definito "lo spirito di Erice», è nata proprio

qui, quindici anni fo, la World Federation ofScientist. Questa Federazione, che opera in una larga serie di Paesi, dalla Cina

agli Stati Uniti, dal Brasile alla Repubblica di Georgia, dalla Svizzera al Giappone, ha lo scopo di richiamare l'attenzione degli

scienziati di tutto il mondo su quelle che furono definite "le quindici emergenze planetarie», a partire dai fomosi Seminari sul

nucleare che qui si svolsero negli anni della guerra fredda.

La Federazione si propone infotti di fovorire il trasferimento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, di contribuire alla salvaguardia dell'ambiente ed all'ottimizzazione delle risorse, in una parola di incentivare la cooperazione scientifica fra i vari Paesi.

La Federazione, della quale è stato fondatore ed è Presidente l'amico Pro! Zichichi, che in questo spirito ha accolto con

entusiasmo i nostri lavori ed al quale va la mia più sentita gratitudine, ha rappresentanze in centodieci Paesi ed ha costituito

quindici grandi e qualificatissimi gruppi di lavoro per ognuna delle emergenze planetarie, fra le quali - per non citarne che

alcune - la sism%gia, la desertificazione, le biotecnologie.

Si tratta, com è evidente, di competenze ben lontane dalle nostre ma anche noi, in un certo senso, riflettendo su/ passato della

civiltà occidentale, contribuiamo con i nostri lavori a propagare ,cio spirito di Erice".

A quanti studiera nno i manufa tti epigrafici, in questa sorta di visione stratigrafìca dell'epigrafia siciliana, non mi resta che porgere il p iù cordiale augurio di buon lavoro.

C iuseppe N enci

Erice, ottobre 1998

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L'EPIGRAFIA ELIMA

LUCIANO A GOSTINIANI

1. Il tema sul quale sono stato cortesemente invitato a parlare - e ne sono grato agli organizzatori del Convegno - si propone sotto la titolatura di «epigrafia elima». Ma: che cosa rientra, e che cosa non rientra, sotto un ' etichetta del genere? La domanda è meno immotivata di quanto appaia; e comunque non lo è affatto, io credo, per quanti (archeologi, storici, numismatici ecc.) sono sÌ interessati alla materia, ma non ne hanno esperienza diretta. È tenendo presenti le loro esigenze che cercherò di rendere esplicito che cosa, a mio vedere, debba essere trattato da chi tratti di «epigrafiaelima», quanto a contenuti e metodi. I colleghi linguisti mi perdoneranno se per loro, in questo avvio, molto sarà scontato e prevedibile.

E partiamo, in effetti, da una considerazione più che banale. Come tutti sanno, un'iscrizione è un testo (in senso lato) che è scritto su un certo supporto e che impiega un certo tipo di scrittura. Stanti cosÌ le cose, l'epigrafia, scienza che studia le iscrizioni, dovrà occuparsi: (1) del supporto e della sua configurazione quale oggetto; (2) delle caratteristiche della scrittura; (3) del testo. Lasciamo i primi due punti alla formulazione genericissima che gli abbiamo dato e concentriamoci sul terzo, per metterne in evidenza un aspetto: e cioè, che le prospettive sotto le quali il testo può essere analizzato sono certo molteplici , ma passano tutte quante, comunque, attraverso una corretta e univoca comprensione del testo stesso.

Ora, prendiamo il caso dell' epigrafia greca e latina classiche. Qui, la comprensione del testo avviene tramite le normali procedure di decodificazione: i codici relativi (le lingue) sono noti all'epigrafista (o dovrebbero esserlo). Ma chiaramente diverso è il caso dell'epigrafia che opera con codici che non sono dati in partenza: quando, cioè, non solo si ha a che fare con lingue morte, ma con lingue di cui si era perduta la conoscenza. In queste condizioni, i caratteri del codice vengono 'costruiti' a partire dall' analisi dai testi:

il momento della decodificazione, cioè, fa tutt'uno con il momento della ricostruzione della lingua

coinvolta; e l'approccio epigrafico fa tutt'uno con l'approccio linguistico al testo. È il caso di ambiti di ricerca q uali l'epigrafia i tali ca in generale, quella etrusca, quella messap ica; in parte anche l'epigrafia greca e latina preclassiche; e così via. Ed è il caso, appunto, dell'epigrafia elima.

È sotto questo duplice profilo (diciamo, da linguista che si interessa anche di epigrafia della Sicilia arcaica) che mi sono in passato occupato del problema: a partire almeno dal 1973, via una serie di articoli e una monografia espressamente dedicata alle iscrizioni elime l

. Parallelamente, portavo avanti le ricerche sulle altre lingue pregreche di Sicilia (la monogf;:Jfia relativa è in allestimento). Richiamo

tutto questo non per mostrare che sono in possesso delle credenziali per svolgere il tema che mi è stato affidato (come del resto lo sarei stato per svolgerne uno, globale, sull ' epigrafia anellenica di Sicilia); lo facci o per segnalare una condizione di disagio personale.

Come può immaginarsi, nel lungo spazio di tempo che va dal mIO primo lavoro sull 'argomento ad oggi, ho avu to m odo di trattare praticamenre tutto quello che ritenevo, e ritengo ancora, pertinente al problema della lingua degli Elimi. Ed è proprio da questo che nasce il mio imbarazzo di oggi. Perché, se assolvo il compito che mi è stato affidato e forni sco un quadro il più possibile esauriente dei p rob lemi e delle soluzioni , non potrò esimerm i dal ripetere il già det ro, cosa fastidiosa prima di

tutto per me, ma, im magino , non solo per me. U n 'alternativa sarebbe quella di angolare tutto sulla

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LUCIANO AGOSTINIANI

discussione delle novità. Il fatto è, però, che le novità, sia sul piano documentario che su quello interpretativo, sono ben lungi dall' essere entusiasmanti, come vedremo: e, d 'altro cantO, un approccio del genere mi pare lontano dalle esigenze di completezza e di autOnomia che, a quantO mi consta, il Convegno si prefigge.

L'unica soluzione che vedo è di comodo. La discussione delle novità ci sarà, ed avrà l'ampiezza necessaria. Ma ci sarà anche uno sfondo di stOria della ricerca: la quale appunto, ad evitare fastidiose ripetizioni, sarà delineata, per quanto saprò fare, per punti di salienza. Per i dettagli il rimando implicitO, una volta per tutte, è ai miei lavori precedenti: in particolare, alla mia monografia sull' elimo del 1977 ed alla relazione tenuta al seminario di studi su Gli Etimi e l'area elima del 19892

2. Se conveniamo, ragionevolmente, di definire «elimo» la lingua che si parlava nei centri che la tradizione storica attribuisce ai «barbari» Elimi (e in eventuali centri minori a questi collegabili), le testimonianze linguistiche dell'elimo appaiono consistere in due tipi di documenti :

- una serie di iscrizioni su monete di Segesta e di Erice; - un considerevole numero di graffiti su ceramica, rinvenuti a Segesta, Montelepre e Poggioreale,

pubblicati a partire dal 19603.

È fuori discussione che la pubblicazione dei graffiti rappresenta un giro di boa nelle ricerche sulla lingua degli Elimi. Fino a quel momento, essesi trovavano in una situazione di stallo. Le leggende monetarie, mal note e solo parzialmente utilizzate, avevano portatO a conclusioni disparate ed inconfrontabili, fino alla negazione stessa della nozione di una lingua dima. Il nuovo materiale ebbe un effetto galvanizzante. Uscirono infatti, tra l'inizio degli anni sessanta ed i primi anni settanta, in sequenza serrata, un cospicuo numero di interventi: Schmoll, Durante, Par/angeli, Ambrosini, Alessio, io stess04.

Ma ha solo parzialmente ragione Michel Lejeune5, quando dice che di una élymologie, come la chiama lui, non si può par/are prima del 1%0; non mancano davvero, per il periodo precedente, indagini che, giusti o sbagliati che fossero i risultati raggiunti, impiegavano comunque un metodo scientifico: a cominciare dal lavoro di Arena del 1959 sulla sequenza CJEyECJTa(L~. lo credo che, se proprio si vuole impostare una periodizzazione degli studi sull'elim06

, ci si debba affidare a uno schema come il seguente: - una prima fase, diciamo, un po' brutalmente, «pre-scientifica», è caratterizzata da contributi cospicui

per numero, ma per lo più privi di una base filologica e di una impostazione metodologica sicura; oggetto di studio sono le leggende monetarie, e solo alcune di esse; questa fase si protrae fino al 1888;

-la fase successiva inizia con il lavoro, appunto del 1888, che K.F. Kinch dedicò alla lingua degli Elim? Lo stacco con i precedenti è netto: indubbiamente agevolato dalla pubblicazione dello studio di Imhoff-Blumer sulla monetazione della M agna Grecia e della Sicilia, di due anni prima8

, Kinch è il primo a prendere in esame il complesso della documentazione; ed è anche il primo a tentare di elaborare una teoria che dia ragione, coerentemente, della varietà di forme in cui le leggende monetarie elime si presentano. Le idee di Kinch sulle leggende monetarie elime rappresentarono per molto tempo il ri fer imento standard. E in effetti si dovrà attendere settant 'anni perché l'argomento venga ripreso e ridiscusso sot to altre angolature, in due interventi, più o meno contemporanei, di Ulrich Schmoll e di RenatO Arena9;

- la terza fase è quella, come si è visto, che prende le mosse dalla pubblicazione dei graffi ti elimi. r nomi degli srudiosi co involt i sono quelli che ho citato sopra. Vengono definitivamente rimossi i

du bbi su l/' esistenza di una lingua el ima: i graffi ti sono evidentemente in una lingua non greca, e perciò

2

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EPIG RA FI A ELiMA

lo saranno del pari le leggende monetarie. Ma sulla qualificazione della lingua i pareri sono discordi. Le diverse teorie formulate possono sostanzialmente ridursi a due. Secondo la prima, sostenuta da Ambrosini e Schmoll, la lingua sarebbe di tipo anatolico. L'altra teoria, sos tenuta dal resto degli studiosi - meno Parlangeli, che è per un non liquet- richiama connessioni con lingue dell'Italia antica;

- questa fase, che si presenta, secondo le parole di Michel Lejeune, come «[une] période bouillonnante et stimulante», si conclude - cito ancora da Lejeune - nel 1977, con la pubblicazione del primo volume delle mie Iscrizioni anelleniche di Sicilia, dedicato alle iscrizioni elime. Si apre così una nuova fase? Non sta a me dire se ha ragione Lejeune quando afferma che il mio libro, «sur l' élyme, demeure présentement notre Bible»lO. E, d'altro canto, non è detto che b comparsa di un libro di riferimento basti a identificare una nuova fase nella storia degli studi.

2.1. Certo, tenderei a riconoscervi almeno due elementi di rottura con il passato. Il primo consiste nell'aver concesso, nell'economia del lavoro interpretativo e ricostruttivo, una sorta di «pari opportunità» (cioè una specifica considerazione epigrafico-filologico-linguistica) ad ambedue i tipi di documenti scritti dell'elimo, leggende monetarie e graffiti, dedicando spazio ad ambedue i tipi di documenti: mentre, viceversa, gli studi che partivano dalla pubblicazione dei graffiti privilegiavano quest'ultimo tipo di documenti, trattando le leggende monetarie in maniera spesso cursoria, spesso con dati di seconda mano, spesso privi di vaglio critico. È stato per me motivo di soddisfazione constatare che una numismatica professionista come Aldina Cutroni Tusa 11 utilizzava proficuamente le mie analisi delle leggende

monetarie elime per importanti considerazioni sulla monetazione dell'area.

2.2. Il secondo elemento di rottura con il passato consiste nell'aver additato il carattere composito del Coryusdei graffiti dell'area elima. Neho trattato ampiamente in più occasioni Il; ma è necessario richiamare almeno i termini generali della questione. Cominciamo dai dati documentari . Il grosso dei graffiti provenienti da Segesta, e i due dalla necropoli di Montedoro presso Montelepre - pubblicati, come si è detto, da Vincenzo T usa - sono per lo più su frammenti di ceramica a vernice nera, spesso di fabbricazione attica riconoscibile. Essi sono databili per lo più ai primi decenni del V sec. a.c. ed assommano a 372. A questi si aggiungono il graffito su frammento di anfora da trasporto di fabbricazione greca da Castellazzo di Poggioreale, datato alla metà del V sec. a.c., e pubblicato nel 1990 daAlba Maria Gabriella Calascibetta, ed i 16 graffiti su frammenti di ceramica a vernice nera pubblicati da Laura Biondi l3

, di cui uno da Entella

e gli altri 15 sporadici da Segesta. Per questi ultimi la datazione generica proposta è tra gli ultimi decenni

del VI e la metà del V sec. a.c., ma non dovrebbe essere difficile precisarla. In tutto, dunque, 389 graffiti che rappresentano, almeno a mia conoscenza, la totalità di quelli

scoperti in area dima. Quanto alla tipologia, si registra nel Corpus elimo una notevole eterogeneità. Vi si trovano infatti non solo sequenze di segni riconoscibili come testi di lingua o spezzo ni di testi di lingua, ma anche altro: elementi figurativi; simboli non alfabetici; sigle alfabetiche, in legatura o meno; rappresentazioni di numerali.

La domanda che mi son posto asuo tempo, a proposito dei graHìt i rinvenuti in areaelima, era se davvero andassero tutti attribuiti, per così dire, 'alla penna' degli Elimi. Ovviamente, avevo motivi per pensare il contra rio: motivi che mantengono ancora oggi, per me, tutta la loro validità. L'ambiente socioculturale

a cui i graffiti appartengono è quello, tipicamente, di un centro indigeno, sottoposto a pressioni culturali

e commerciali greche e segnaro presumibilmente dalla presenza di residenti greci. Quesro è pacifico per

.3

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LUCIANO AGOSTINIANI

Segesta; ma vale, grosso modo, anche per Castellazzo di Poggioreale e, per quanto se ne sa, per il centro di M ontedoro presso Montelepre. Ora, che cosa troviamo nelle pubblicazioni di graffiti che presentino la stessa tipologia ceramica della nostra, che provengano da centri indigeni ellenizzati, e che siano stati pubblicati «a tappeto», senza una selezione preventiva? La risposta è sempre lastessa: troviamo eterogeneità, cioè: graffiti in lingua locale; graffiti in greco; sigle di varia tipologia, alfabetiche e non alfabetiche, con o senza rappresentazioni di numerali , alcune identificabili come sigle commerciali attiche. Questa è la situazione che si constata, per esempio, a Xanthos, Cere, Spina e nei centri indigeni ellenizzati del Golfo del Leone (La Monedière, Ampurias, Enserune).

La stessa siruazione la si riscontra a Segesta e, in generale, nel!' area elima, ma con un'importante differenza . Se a Spina, Xanthos o Ampurias le iscrizioni in lingua locale si riconoscono a colpo da quelle greche perché impiegano l'alfabeto locale, questo non si dà per l'area e1ima: l'alfabeto usato dagli Elimi è un normale alfabeto greco arcaico, con pochissimi tratti peculiari (gli Elimi non hanno mai elaborato una varietà alfabetica locale). Ne discende un quadro di questo genere: solo due o tre graffì ti sono positivamente qualificabili come attici, e solo due iscrizioni sono positivamente riconoscibili come greche; inoltre, una serie di iscrizioni , o parti di iscrizioni, sono riconoscibili come elime, in positivo o in negativo, rispettivamente, per l'analisi interna e la comparazione con il greco. Per il resto, si tratta di una massa di sigle e (frammenti di) sequenze che possono essere sia greche che locali, e che costituiscono una sorta di 'terra di nessuno', che sarà bene guardarsi dal! ' utilizzare sic et simpliciter quando si tratti di stabilire positivamente caraw:ri linguistici e grafìci del l' elirno.

Sulla opportunità di questo richiamo ad una autolimitazione prudenziale a quanto, nei graffì ti di area e1ima, è sicuramente da ritenersi testo redatto in elimo non voglio insistere più di tanto: basti ricordare, quale esempio delle conseguenze derivate dal disattendere questo principio, il famigerato aÀml proposto a suo tempo come genitivo singolare di un antroponimo confrontabile con il latino Alpius, con tutte le conseguenze del caso sul piano ricostruttivo e attributivo: mentre altro non è, con tutta evidenza l4

, se non una notazione, presumibilmente commerciale, costituita da una sigla complessa (digamma in legatura + lambda) seguita dal numerale 7. Come mi è capitato di ricordare pochi giorni fa al Colloquio di Gela15 in infortuni del genere, per altri ambiti dell ' epigrafìa arcaica siciliana, sono caduti anche recentemente studiosi di valore: tanto questo terreno è scivoloso e richiede grande freddezza e cautela.

3. Naturalmente, è lecito chiedersi se e in che misura queste opzioni di metodo hanno permesso, in negativo, di dimensionare e valutare correttamente i risultati degli studi di chi ci ha preceduto; in positivo, di costruire un proprio edifìcio interpretativo e ricostruttivo coerente e plausibile.

Sul primo punto non intendo fermarmi in questa sede: mi limito a rimandare alla mia monografìa, e ad alcuni lavori successivi16

• Lì, gli studi di Schmoll, Durante, Parlangeli, Alessio, Ambrosini sono accuratamente esaminati e discussi. Il disaccordo sulle conclusioni è talvolta deciso. È il caso, per esempio, dei lavori di Ambrosini: anche se ammettessimo che l'e1imo è una lingua di tipo anatolico, non la si può ceno dimostrare come tale in base ai tratti che Ambrosini individua, o crede di individuare.

È sul seco ndo punto che intendo angolare il resto della mia relazione. Tra l'altro, questo mi permetterà di trarrare, giusta l'impegno preso, delle novità sul piano sia documentario che interpretativo­ricostruttivo: perché le novità si dimensionano, più o meno esp licitamente, in rapporto al quadro di riferimento da me a suo tempo presentato.

4

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EPIG RAFIA ELi MA

3.1. Assolvo prima di tutto il debito dell'informazione dando qualche ragguaglio sui nuovi testi. Si trana, come detto sopra, di 17 graftìti, 15 da Grotta Vanella a Segesta, uno da EnteUa e uno da

Castellazzo di Poggioreale. La tipologia è quella nota e consueta. Anzi, nel caso del graffito di Castellazzo, l'iscrizione è vicinissima, per la parte conservata, a due graffiti segestani noti (nn. *364 e *368 delle JAS I). Ciò mi ha suscitato in passato qualche inquietudine sulla sua autenticità!7: come si sa, una delle vie seguite nella creazione di falsi epigrafici è quella della duplicazione di iscrizioni

genuine. Devo comunque tenere nella debita considerazione le ampie rassicurazioni che in proposito ho avuto da chi ha rinvenuto il pezzo.

Il graffi to di Entella consiste in una sequenza, che viene lettaoa~a T, ma sulla quale mi pronuncerò dopo

aver esaminato direttamente il pezzo. Quanto ai 15 graffiti da Grotta Vanella, più della metà è costituita

da sigle, alcune alfabetiche, altre chiaramente no; comunque, inutilizzabili ai fini della ricostruzione della lingua. Per il resto, c'è un' enigmatica sequenza oaaT, completa sia a destra che a sinistra, e altre due, una che leggo ]ETTOÀ.[, e l' altra che si presenta come ]apL [, ambedue passibili di più integrazioni e interpretazioni greche. Le rimanenti tre iscrizioni si inquadrano agevolmente nei testi e1imi già noti: una,]m qu, costituisce una occorrenza in più del ben attestato modulo formulare, su cui ci intratterremo tra un momento; in un'altra si legge ]aEI-l[, chiaramente da segmentare e integrare come ... a EI-l(L] (anche di

questa formula ripar/eremo più avanti); infine, l'ultimo graffito si presenta come ]opTGKaE [, che sembra

naturale segmentare come ... opTaKa E .. . : senza che altre possibilità siano escluse, e senza che questo

autorizzi minimamente a integrare a destra E [I-lL, come è stato fatto 1B•

3.2. Ben poco di nuovo, dunque, e francamente niente che muti nella sostanza la base documentaria

su cui si fonda la mia interpretazione dei testi elimi e la ricostruzione delle strutture linguistiche relative. Posso dunque passare a delineare brevemente le mie idee al proposito. Ma per farlo in maniera conveniente,

è necessario un breve excursus sulla grafia delle iscrizioni e1ime e, in particolare, sul valore di un segnol9.

Consideriamo ormai defini tivamen te provato che gli Elimi (e i Segestani in particolare) hanno imparato a scrivere dai Greci di Selinunte. Tutto punta in ques ta direzione: primo, le modalità della acculturazione

greca di Segesta, quali sono state individuate da J uliette de la Genière, che rimandano indubitabilmente

a Selinunte; secondo, la vicinanza o identità formale delle lettere tra iscrizioni segestane e selinuntine; terzo,

e decisivo, il fatto che Segesta usa, per]' occlusiva bilabiale sonora, un beta a N rovesciato che, in Sicilia, è

solo di Selinunte (dove rappresenta, presumibilmente, un retaggio megarese).

È proprio in rapporto all'uso di questo tipo di beta che si pone un problema: quello, cioè, del valore da attribuire all'altro beta, dal ductus diciamo cosÌ ' normale', più o meno ~,'che è del pari in uso nelle

iscrizioni e1ime. Il segno compare, principalmen te ma non solo, nelle leggende monetarie LEYEoTa( L ~

e l pUKa(L ~ , sulle quali soprat tutto, come si è detto, si sono basate le indagini sull'e!imo prima della

pubblicazione dei graftìti. E già in passato si era pensato a quella che appare come la soluzione focilior del problem a: un valore vocalico , grosso modo co rrispondente a quello di heta classico, come

nell 'al fa beto cori nzio (Arena)2° . In segui to , altri valori vocalici sono stati proposti21 .

Natu ralmente, il problem a non si ri solve proponendo apodi tticam ente, come per lo più è stato

fat to, u n valo re vocalico invece di un altro. Si tratta piut tosto di individuare le motivazioni interne

per l'introduzione del segno, e le vie attraverso le quali sarebbe entra to nella norma grafica segestana

(e, per q uanto si può vedere, ericina) . A mio parere, l'unico che si si a m osso in maniera adeguata è, al soli to, Miche! Lejeune: anche se, come vedremo, non ne condivido le conclusioni.

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LUCrANO AGOSTINIANI

Secondo quan to Lejeune affermava nel suo lavoro del 1970, il segno sarebbe stato introdotto dagli Elimi per rendere graficamente un allofono palatalizzato di lal, quale si produceva nel contesto di una semivocale palatale precedente: per intenderei, Ijal che si realizzava come [j ;e] : per cui LeYEOTa(d~ e I pUKU(L B: sarebbero dei nominativi singolari femminili, che terminano fonologicamente in I-ial oppure I-ja/, ma foneticamente in [-j;eJ22.

Questo si presta a una serie di obiezioni. Ne richiamo qui solo alcune. Una prima obiezione è

generale: in linea di massima, le scritture alfabetiche tendono a rendere graficamente le differenze tra suoni distintivi, quando le rendono, e non tra le loro realizzazioni contestuali. Le poche eccezioni, mi pare, trovano sempre un;l loro motivazione storica. D'altro canto, vogliamo davvero pensare che,

per rendere una variante contestuale di lal - che in quanto tale doveva essere poco percepita, o non percepita affatto - gli Elimi si sarebbero presi la briga di introdurre da un alfabeto (si badi bene) diverso dal loro alfabeto modello (selinuntino) un apposito segno? E si noti che questo vale anche per la versione modificata della sua teoria, che Lejeune presentò nel suo intervento al Seminario su Gli Etimi e l'area etima del 198923 • In quell' occasione, il Maestro francese prese atto del!' esistenza del frammento segestano con ]TOKV~E [ pubblicato dopo che aveva formulato la sua teoria sul valore di ~, da segmentare, a suo vedere, come ... TOKV~ E [~L (o simili). Il contesto in cui ~ compare (il segno è preceduto da v, e non da L come nelle occorrenze sulle monete di Segesta e Erice, sulle quali Lejeune basava la teoria) impone evidentemente una revisione, per cui la teoria viene formulata in questo modo: «en élyme, en fin de mot, la voyelle la plus ouvene (a) tende a se fermer lorsqu'elle suit en hiatus une des voyelles les plus fermées (i, u) >> . Il processo qui descritto è, mi sembra, assai meno naturale della palatalizzazione della precedente versione della teoria data da Lejeune. Ma anche se non lo si considerasse tale, resta il fatto che l'uso di li: sarebbe comunque da interpretare come tentativo di rappresentazione di un valore allofonico: per cui vale anche qui quanto sopra detto, sulla anomalia di una sua resa grafica.

La seconda obiezione è fattuale: come spiegare il fatto che la scrittura della sequenza fonologica /ialo Ijal con il presunto beta vocalico compare solo nelle due suddette leggende monetarie (ed eventualmente in ... TOKV f; E [~L), mentre nei graffiti si trovano numerosi esempi della sequenza iota + alpha, per la quale la lettura ovvia è, appunto, fjal oliai?

C'è poi la terza obiezione: da dove sarebbe venuto alla norma grafica elima un beta con valore vocalico? Con tutta probabilità, da un centro siceliota. Ma nessuno di essi documenta, a livello di norma grafica, un beta con valore vocalico, se non in iscrizioni allotrie e occasionali.

In queste condizioni, mi pare ragionevole seguire la via indicata da Schmoll e altri, ed attribuire al beta un valore consonantic024

. Con questo valore può essere entrato nella norma grafica elima per la pressione di uno qualsiasi dei centri sicelioti diversi da Selinunte. Ho ritenuto, nei miei primi lavori su questo tema, che la presenza dei due segni nell' epigrafia e1ima denunciasse una condizione di

instabil ità: il segno di matrice selinuntina poteva risultare 'scomodo' a fronte dell'uso scrittorio

generalizzato nel resto della Sicilia, e da qui la pressione del beta ' normale' . In questa prospettiva, i du e segni rappresentavano lo stesso fonema, una occlusiva bilabiale sonora.

No n mi sentirei di escludere che le cose stiano così. Ma mi pare ora più probabile che il beta

' normale' , tanto ben integrato nella norma grafica segestana da comparire in iscrizioni ufficiali come sono q uelle sulle monete, sia stato introdono per sopperire a necessità di rappresentazione per le quali il modello selinuntino era deficitario . E siccome il valore 'e1imo ' di ques to beta non può essere molto

G

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EPIGRAFIA EliMA

distante dal suo valore originario nel modello, altrimenti non c'era motivo di usare quel segno, penso ora che il segno rappresenti una sorta di fricativa labiale, del tipo 16;>1 o If/. Della meccanica sottostante, certo complessa, ho trattato nei lavori precedenti citati sopra come riferimento.

4. Passiamo ora a considerare il problema interpretativo e ricostruttivo in senso stretto. In relazioneaquesto, Michell.ejeune, con l'eleganza che gli è propria, battezza felicemente come «le dlJSsier .. . EfiL» e «le dossier aapL TV ... » i due punti principali di addensamento che si individuano nel materiale epigrafico elim025.

Il secondo dei dossier è costituito da due iscrizioni (lAS I, nn. 316 e 323). In ambedue comparirebbe, secondo l.ejeune, una parola (una forma di parola), appunto aapl TV, direnil mente conguagliabile con l'imperativo umbro seritu, e un termine da riportare alla famiglia del latino pius e dei suoi corrispondenti osco-umbri: e ciò punterebbe per una qualificazione dell'elimo come lingua di ceppo italico. L'analisi è attraente, ma deve misurarsi con un fatto: l'identificazione delle uni tà lessi cali nel testo è alearoria, perché il testo in una delle iscrizioni è lacunoso (fASI n. 316: aap[-]vaF ap), eaapl TV è congetturale; mentre nell'altra è perduta circa la metà destra di un testo su quattro righe (fASI n. 318b: aapLXv[; TIELhLEL[; KlfiVT[; aapl[), in cui aaplTv, di nuovo, si legge solo a patto di interpretare come tau il segno a croce oggettivamente molto diverso dalla occorrenza di tau in questo testo, e nel resto dei testi elimi. Queste condizioni documentarie darebbero dei problemi anche con una lingua meno 'misteriosa' dell' elimo. Senza escludere affatto che l.ejeune abbia colto nel segno, la mia posizione in proposito è stata, e continua ad essere, quella della sospensione di giudizi02G.

È sul «dossier ... Efil», come direbbe Lejeune, che si può tentare a mio avviso una ricostruzione della lingua: ricostruzione ovviamente ridottissima, vista la ridottissima documentazione relativa27

. Il dossier è costituito da una serie significativamente ampia di iscrizioni che presentano uno schema testuale ritornante: un primo elemento uscente in -al (con variante -0.aL) nelle iscrizioni graffite, e in -~ nelle leggende monetarie, seguito da un secondo elemento costituito dalla forma EfiL. Lo schema testuale può essere esemplificato da A Tal TVKaL EfiL di Montelepre, da una parte, e dalle monete

segestane con L.:EYEaTa(L~ Efil, dall 'altra. In parallelo con questo schema formulare binario se ne pone uno monomembre , in cui compaiono le stesse uscite di parola, ma senza EfiL: tipo haÀ.EvlaL dei graffiti e L.:EYEaTa(L~ Il pVKa(L~ delle leggende monetarie.

Su questo materiale ho a suo tempo ritenuto (e continuo a ritenere) che si possa esercitare quella procedura interpretativa che passa sotto la dizione di «metodo dei testi paralleli»28. Me ne risparmio

(e ve ne risparmio) una descrizione sistematica29 . Richiamo solo il fatto che, qui, le condizioni appaiono delle più favorevoli alla sua applicazione. Si deve ai Greci, come detto, l'acculturazione alfabetica degli Elimi: ed è altamente probabile che insieme all' alfabeto siano passati agli Elimi anche m oduli tes tuali di stampo greco. C ome sappiamo, questo è quanto è avvenuto, per esempio, in ambito etrusco. Nella fattispecie, l'idea è che le iscrizioni del «dossier ... Efll » realizzino il modulo greco delle

iscrizioni di possesso, strutturate o no sotto la fo rma della 'iscrizione parlante'. Iscrizioni d i questo

tipo sono comuni, nel mondo greco , sia in ambito votivo che fu nerario. In questa prospettiva, le iscrizioni mano membri del tipo haÀ.E lJw l stanno in parallelo con le iscrizioni

greche del tipo ApwTapx630, e le iscrizioni bimembri del tipo del tipo ATaL TVKaL EfiL stanno in parallelo

con iscrizioni greche del tipo IToÀ.Ea EfiL 31 : tanto nel modulo dell 'iscrizione parlante che nell ' altro modulo formulare, si indica un personaggio quale possessore dell'oggetto su cui si trova l'iscrizione.

Per le leggende monetarie del tipo L.:EYEaTa(l[3 1 I pVKa(L ~ il parallelo è con quelle greche del tipo

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LUCIANO AGOSTINIANI

LvpaKOCHOV. Qui la moneta è indicata come proprietà del complesso dei cittadini. Manca però una

serie consistente di confronti greci per l'altra formula, quella dell ' iscrizione parlante, su monete: si

può richiamare, in sostanza, solo un esempio, non indubitabile, da Taranto (TapavTLvwv llI-lL)32.

Non è un problema: evidentemente, gli Elimi hanno applicato il modulo formulare greco anche al

di là di quanto l'uso greco prevedesse.

Questo vuoI dire che le usci te dirne in -al e -~ veicolano gli stessi valori semanrico-referenziali delle

uscite greche di genitivo: vale a dire, il possesso. Ma quali i loro valori grammaticali? Questi

emergono, mi sembra, del tutto spontaneamente se inquadriamo la lingua in una prospettiva

indeuropea: un dativo singolare in *-ai, sul quale non è necessario argomentare in questa sede; un

dativo plurale in * -bh-, il cui antecedente indeuropeo più direttamente avvicinabile è quelio di uno

strumentale in * -bhi (se ne ha una traccia, come si ricorderà, nelle forme omeriche del tipo ~L ll-<PL

«con la forza»). Vi risparmio, del pari, la problematica relativa, estremamente complessa33.

5. Il quadro che ho tracciato lascia da parte una non piccola serie di dettagli: ma mi pare sufficiente a

informare sia sui dati più salienti, sia sul metodo, sia sui risultati. A parziale completamento, e come

riferimento per una parte di quanto seguirà, vorrei qui richiamare solo un punto. Vi sono alcune occorrenze

di q.1L in cui la parola precedente esce non in -al, ma in -a34, secondo il tipo ... 8ovhEva E~1L .... Questo

modulo è largamente minoritario rispetto a quello con il dativo in -aL. In queste condizioni, si prospettano,

mi pare, due possibili interpretazioni. La prima muove dal fatto che il modulo con -a + EI-lL è anche greco: basti l'esempio di TIoÀ.Ea EI-lL che abbiamo richiamato sopra. Dunque, è possibile, in partenza, che le tre

iscrizioni con questa struttura siano dovute a Greci presenti a Segesta (non importa decidere qui se

frequentatori del santuario che si trovava sull'area da cui provengono i cocci di Grotta Vanella, o altro).

Ma fa difficoltà una delle tre realizzazioni del modulo, appunto quella sopra citata: la sequenza ... 8ouhEva

non pare greca. Cosicché, è forte è la suggestione, da sempre serpeggiante negli studi di 'e1imologia', che

si tratti della forma locale della parola per «dono»3s.

In queste condizioni, mi è sembrato, e continua a sembrarmi, che l'uscita in -a in questo modulo

formulare sia quella di un nominativo, da porre in paradigma con il dativo in -aL, e da correlare alla

leggenda monetaria LEYECJTa'W; e che le parole uscenti in -a si qualifichino, in questo modulo,

come riferimento all' oggetto che porta l'iscrizione. Anche per questo schema formulare non mancano

i modelli greci di riferimento36.

6. Questo è, nelle sue linee portanti , l' «Agostiniani-pensieLO», se mi si passa l'espressione, sull' elimo

e la sua documentazione scritta. C'è stato ovviamente chi ha manifestato disaccordo e, analizzando

i dati in maniera diversa, è arrivato a conclusioni diverse. Ma nessuno di questi tentativi mi pare

convincente. Di alcuni (Lejeune, Durante ecc.) ho trattato in lavori precedenti (cfr. supra). In questa

sede, discuterò l'ultimo in ordine di tempo, che si deve a Laura Biondi , editrice dei nuovi graffiti elimi.

Richiamiamo, prima di tutto, quello che si è accennato sopra a proposito delle nuove iscrizioni: nel

complesso , la contìgurazione della base documentaria dell'e1imo non è cambiata dai tempi della mia

monografia. N on ci sono, in particolare, le condizioni per presentare in termini nuovi la valenza testuale

del modulo ... (o)aL qu rispetto al modulo ... 0 EI-lL. Il rapporto , che era di 18 a 237, è adesso di 20 a y s. D'altronde, la ricostruzione della morfologia dima che ci viene proposta a partire da questa base

documem aria ampliata lascia a dir poco perplessi. Le tre uscite in -{H , -aaL e -a sarebbero, si afferma,

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EPIG RA FIA ELiM A

allomorfi di un medesimo morfema: meglio, si dirà, varianti libere, visto che compaiono nel medesimo

contesto39. Per il rapporto tra le prime due, che appaiono in dfetti, per la struttura dei morfi e le loro

modalità di occorrenza, sostanzialmente equivalenti, rimando a quanto ho già detto in lavori precedenti40.

Ma nel caso di -a. e -(a)m la struttura dei morfi è diversa in maniera significativa; ed è fUori dubbio che,

quando si ha a che fare con la ricostruzione di lingue così poco documentate come l'elimo, se si comincia

a invocare la variazione libera per condizioni documentarie del genere non ci sono limiti, evidentemente,

a quello che si può ricostruire: come ci insegna, per esempio, la storia dell' ermeneutica dell ' etrusco nel suo

sviluppo dalla fase prescientifica a quella scientifica.

Quanto poi al valore del morfema, si afferma trattarsi di un genitivo. Ma perché un genitivo, e non un

dativo, come apparirebbe per evidenza di comparazione? La risposta che emerge è: perché un dativo sarebbe

in contraddizione con il fatto che le formule del tipo ATm TVKm EflL e haÀElJLm, al pari di quelle del tipo

LEyE0Ta,L~ e LEYE0Ta,L~ EflL, sono la trasposizione in eli ma delle corrispondenti formule di possesso

del greco. E poiché le formule greche di possesso prevedono l'uso del genitivo, anche le formule elime, che

le riproducono, impiegheranno il genitivo. Ergo, le uscite in -(a)m e in -a. (nonché quelle in -/3: vedremo

subito sotto quali motivazioni), si dice, saranno uscite di genitiv04J •

Un ragionamento del genere- a parte ogni considerazionesullacostosità dell'ipotesi (comesi sa, in latino

-iii è analogico sul genitivo in -1 dei temi in o/e, ma questo tipo di genitivo è un tratto peculiare del latino

e del celtico)42 - è forse giustificabile quando venga da qualcuno che non sia un «operatore dell'area

linguistica», se mi si passa l'espressione: un archeologo, un epigrafista, uno storico o un numismatic043. Ma

un linguista dovrebbe sapere che altra cosa sono i ruoli semantici profondi, altra cosa la loro codificazione

superficiale in casi, morfologici o sintattici che siano: ogni lingua, si sa, è libera di verbalizzarli secondo le

sue condizioni strutturali. Questo è vero in generale. Nello specifico, c'è in più il fatto che il ruolosemantico

del possessore è di quelli che, appunto, le lingue codificano mettendo in opera le procedure formali più

disparate: non a caso, accanto a una tipologia morfologica o una tipologia dell' ordine basico, esiste una

tipologia delle espressioni di possesso.

Per ripetere un esempio che mi è capitato recentemente di citare, e che è sotto gli occhi di tutti,

è evidente che quando un Francese dice «Ce livre est à Michel», la frase realizza il ruolo semantico

del possessore attraverso il dativo, mentre l'italiano «Questo libro è di Michele» realizza lo stesso ruolo

semantico attraverso il genitivo. Che cosa mai impedisce di pensare che l'elimo avesse le stesse

condizioni del francese? O magari analoghe a quelle del serbo-croato, che distingue tra un possesso

inerente e non inerente (alienabile e non alienabile) attraverso l'uso, appunto, del dativo e del

genitivo? O altre ancora;'4? E non sto a richiamare qui il caso del venetico, che ci porterebbe troppo

lontano, ma in cui l'esistenza di realizzazioni del possesso via il dativo è a mio avviso difficilmente

negabile45 . Piuttosto, mi preme richiam are il fatto che il sincretismo tra genitivo e dativo è uno dei

feno meni su cui si costituisce il concetto di «lega balcanica».

Un'ultima considerazione. La 'lettura' di LEyE0Ta, L~/1 pVKa(L~ come genitivi plurali non è certo di

quelle che si impongono per evidenza di comparazione indeuropea. Le argomentazioni portate in

proposito dalla Biondi si basano su una p roposta di Peruzzi4G, da lei fa tta propria, con qualche aggiunta

marginale. La tesi, schem a rizzando, è la seguente: (1 ) l'uscita in -~ no n può m arcare un dativo plurale

perché le leggende m oneta rie itali che hanno l'etnico al genitivo plurale, per cui lo stesso varrà per le leggende

elime; (2) il suffisso che form a l'etnico non può risalire all'antecedente indeuropeo del latino -arius, perché

questo nell'Italia antica non viene impiegato in questa funzione; (3 ) ]' e tnico sarà formato invece come

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LUCIANO AGOSTINIANI

il tipo Genuatium (genitivo plurale) dellaSententiaMinuciorum, variante del normale Genuenses, con affricazione della t di fronte ad i semivocale; (4) l'uscita in -~ sarà la resa locale del genitivo plurale indeuropeo in -om; (5) il beta sarà la rappresentazione di una u semivocale. Cioè, in sostanza, dietro a l:EYEaTa,L~ starebbe qualcosa come [segestat§j1J) da un antecedente * Segestatiom.

Al primo punto risponde implicitamente quanto precede. Per il resto, il mio dissenso è del pari totale. Indubbiamente, è vero che i suffissi della famiglia di -arius non formano etnici nelle lingue dell'Italia antica. Ma gli esiti romanzi di -ariusdimostrano un'ampia disponibilità in tal senso. Rohlfs elenca più di una ventina di etnici formati con questo suffisso, per lo più nell'Italia meridionale47

: e questo in linea con il valore basico del morfema, relazionalé8. D 'altronde, che l'elimo conosca l'affricazione di t di fronte a j è contraddetto da iscrizioni del tipo ... KVTLaL Ef.1 [L 4~ , in cui ia sequenza è evidentemente conservata; più in generale, che processi del genere fossero estranei all' elimo pare segnalato dalla frequenza, nella documentazione epigrafica, di gruppi grafici 'Consonante + i +

Vocale'. Quanto a *-om che si ridurrebbe a una u semivocale, la caduta della nasale, implicata dalla teoria, è un evidente ad hoc. Ma anche ammettendo che questa si sia verificata, la riduzione della vocale che resta ad una semivocale richiede prima di turto un altro ad hoc, cioè la chiusura di o in u; inoltre, presuppone l'intervento di un processo che, foneticamente parlando, è quanto meno innaturale: e cioè, che la vocale che segue la /j/ semivocale diventi essa stessa una semivocale. In conclusione, una ricostruzione del genere, mi sembra, non solo richiede non indifferenti atti di fede, ma appare in sé poco plausibile e, spesso, in patente contrasto con i dati che documentano l'elimo (dati che, comprensibilmente, possono essere sfuggiti a Peruzzi).

7. Concludo. Si sarà notata, immagino, la presenza piuttosto cospicua, nella mia relazione, di espressioni del tipo «in rapporto a ciò, ho ritenuto, e continuo a ritenere .. . ». Spero che ciò non venga interpretato come una manifestazione di pervicacia. Tanto per citare, ancora una volta, Michel Lejeune, dirò che sono prontissimo a cambiare idea se mi si portano buoni motivi per farlo: ma, come direbbe Lejeune, «il ne m'apparait pas que l'heure en soit encore venue»50.

1 . L. AGOSTINIANI, Criteriper una classificazione dei segni analfabetici nella ceramica segestana, in "SE", XLI, 1973, 396-409; (A. L. PROSOOCIMI -) L. AGOSTINIANI, Lingue e dialetti della Sicilia antica. 1972-76 Acquisizioni e prospettive, in "Kokalos» , XXII-XXIII, 1976-1977, 21 8-234, passim; L. AG OSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia, l: Le iscrizioni elime, Firenze , Olschki 1977 (= IAS I) ; Epigrafia e linguistica anelleniche di Sicilia: prospettive, problemi, acquisizioni, in "Kokalos", XXVI-XXVII, 1980-1 981 , 503-530, 524-5 29; I modi del contatto linguistico tra Greci e Indigeni nella Sicilia antica, in "Kokalos», XXXIV-XXXV, 1988- 1989, 167-208, 183-1 85; La lingua degli Elimi, in AA.VV., Gli Elimi, a cura di S. T usa e R. Venro, Trapani , Associazione Nazional e 'Ludi di Enea' 1989 ,67-84; La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione, in Gli Elimi l 'a rea elima fino all'inizio della prima guerra punica, Atti del Seminari o di Studi , Palermo - Conressa Enrellina 25-28 maggio 1989, Palermo, Società Siciliana per la Swria Patria 1990 [«ASS" , s. IV, XIV-XV, 1988- 1989], 345-368; Greci e indigeni nella Sicilia antica, in AA.VV., Rapporti linguistici e culturali tra i popoli delJtalia antica, a cu ra d i E. Campan ile, Pisa, G iardini 1990, 23-4 1,30-32; Les parlers indigènes de la Sieife prégrecque, in "LALI ES », XI, 1992, 125-1 57, 142- 146; L 'etimo nel quadro linguistico delfa Sicilia anelLemca, in Giornate internazionali di Studi sull'Area Efima, Acti del Convegno Gibell ina 19-22 settembre 199 1, Pisa - Gibellina, Scuola Normale Superiore 1992, 1- 11.

2. Cfr. AGOSTINLA.J'-1I , Iscrizioni ane/feniche di Sicilia ci L; e lo., La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione CiL , 345-368.

3. V. T USA, Frammenti di ceramica con graffiti da Segesta, in «Koka!os», VI, 1960, 34-48; lo., Nuovi frammenti di

l O

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EPIGRAFIA ELiMA

ceramica con graffiti da Se gesta, in «Kokalos», XII, 1966,207-220; lo., Altri ftammenti di ceramica con graffiti da Segesta, in «Kokalos», XIII, 1967,233-248; lo ., Un altro gruppo di ftammenti di ceramica con graffiti da Se gesta, in

"Kokalos», XIV-XV, 1968-1969,462-467; lo ., Frammenti di ceramica con graffiti da Segesta V. in «Kokalos» , XVI,

1970, 223-249;A.M.G. CALASCIBETTA, Un graffito elimo da Monte Castellazzo di Poggioreale, in «ASN P», s.lII, XX,

l, 1990, 19-22; L. BIONDI, Recenti rinvenimenti epigrafici da Segesta (Grotta Vanella) ed Entella, in «SE», LVIII ,

1992, 339-3 51; EAD., Frammenti ceramici iscritti da Segesta, in "SE», LXII, 1996, 366-375.

4. U. SCHMOLL, Zu den vorgriechischen Keramikinschriften von Segesta, in «Kokalos» , VII, 1961,67-79; M. D URANTE,

Sulla lingua degli Elimi, in "Kokalos», VII, 1961,81-90; O. PARLANGELl, Osservazioni sulla lingua dei graffiti segestani, in «Kokalos», XIII, 1967, 19-29; R. AMBROSINI, ftalica o anatolica la lingua dei graffiti di Se gesta?, in

«Kokalos» , XIV-XV, 1968-1969, 168-185; M. LE]EUNE, La langue élyme d'après les graffites de Ségeste, V sièc!e, in

"CRAh , 1969, 237-242; G . ALE.SS!O, Fortune della grecità linguistica in Sicilia, J Il JOstrato, Palermo, Fiaccovio

1970, 48-69 e passim; AGOSTINIANI, Criteri per una classificazione cir., 396-409. Ad un anno di distanza

dall'intervento sopra riportato , Lejeune pubblicò uno studio assai più ampio e dettagliato (M. LE]EUNE,

Observations sur l'épigraphie élyme, in "REL>, XLVII , 1970, 133-183).

5. M. LE]EUNE, Le problème de l'élyme, in Gli Elimi e l'area elima cit. , 339-343 , 339.

6. AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia cir., xxii-xxiv.

7. K.F. KINCH, Die Sprache der sicilischen Elymer, in "ZN», XVI, 1888, 187-207.

8. F. IMHoOF-BLuM ER, Zur Munzkunde Grossgriechenlands, Siciliens, Kretas etc., in "NZ», XVIII , 1886, 205-286.

9. U. SCHMOLL, Die vorgriechischen Sprachen SiziLiens, Wiesbaden, Otto H arrassowitz 1958, 4-20; R. ARENA,

LEyEaTa(l ~, in "AGl», XLIV, 1959, 17-37.

lO. LE]EUNE, Le problème de l'élyme cir., 339.

Il . A. CUTRONI T USA, Riflessioni sulla monetazionedi Segesta ed Erice, in AnAPXAl . Studi e ricerche sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di PE. Arias, Pisa, Giardini 1982, 239-244.

12. C fr. i contributi dal 1973 fino al 1990 indicati supra nota 1.

13. BIONDI, Recenti rinvenimenti epigrafici cit. , 339-351; EAO., Frammenti ceramici iscritti cir., 366-375.

14. AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia cir., 24-2 5; lo., La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione cir.,

352; alla nota 15 di quest'ultimo lavoro richiamavo il caso, assai prossimo, m enzionato da ]ohnston, di una

notazione numerale 6. DI Il (= 18) che è stata letta come APILlI.

15. L. AGOSTINIANI, Eterogeneità e pertinenza nell'epigrafia arcaica di Gela, in Per servire alla storia di Gela. Atti del

C olloquio di Gela, 2-3 o ttobre 1998 , c.s.

16. AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia cir., 123-170 e passim; lo., Epigrafia e linguistica anelleniche di Sicilia: prospettive cir., 505-506, 524-529; Epigrafia e linguistica anelleniche di Sicilia: bilancio di un quadriennio, in La Sicilia e la Grecia arcaica fino alla fine del VI secolo a. c., in "Kokalos», XXX-XXXI, 1984-1 985, 193-222, 21 0-21 l.

17. AGOSTINIANI, La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione cit., 345 nota l.

18 . Da Laura Bio ndi : BIONDI, Recenti rinvenimenti epigrafici cit., 346-347, n .6.

19 . AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia cit., 107-122; l o ., La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione cit. , 353-359.

20. ARENA, art. cit., 17-37.

21. DURANTE, art. cit., 85; LE]EUNE, Observations sur l'épigraphie cit. , 148- 149.

22. LE]EUNE, Observatìons sur l'épigraphie cit. , 139, 148- 149.

23. LE]EU NE, Le problème de L'élyme cir., 342.

24 . Da ultimo cfr. AGOSTINIANI, La lingua degli Elimi. Per uno stato delLa questione cit. , 358-359.

25. LE]EUN E, Le probLème de f'élyme cic., 340.

26 . C fr. AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia cit., 167-168.

27 . C fr. AGOSTINIAN I, Iscrizioni anelLeniche di Sicilia cit., 150-159 ; La lingua degli Elimi. Per uno stato deLla questione cit., 362-367.

Il

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LUCIANO AGOSTINIANI

28. AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia CiL, XXVII-XXIX.

29. Cfr. L. AGOSTINIANI, Le' Iscriz ioni parlanti' dell'Italia antica, Firenze, Olschki 1982, 38-39.

30. L. D UBOIS, Inscriptions grecques dialectales de Siede. Contribution à letude du vocabulaire grec colonial, Roma, École Française de Rome 1989, 171 , n. 149d.

3 1. D UBOIS , op. cit., 161 , n . 139.

32. Su questo cfr. , da ultimo, A. CUTRONI T USA, La monetazione dei centri climi nel corso del Vsecolo a. c., in Gli Elimi c l'area clima ciL, 173-192, 175 nota 8.

33. Cfr. AGOSTINIAN I, Iscrizioni anelleniche di Sicilia CiL, 139-1 42 ; ID., La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione ciL, 365; ID., Les parlers indigènes CiL, 144 .

34. AGOSTINlANl, Iscrizioni anellenichedi Siciiia ciL , 156- ì 58; lo., La Linguadeg!i Elimi. Per uno stato della qucstioncciL , 364.

35 . AGOSTI NIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia cit. , 156-158.

36. AGOSTINIANI , La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione ciL, 366.

37. AGOSTINIANI , Iscrizioni anelleniche di Sicilia ciL, 153.

38. Al primo gruppo vanno aggiunti CALASCIBETTA, art. cit., 19-22 e BIONDI, Frammenti ceramici iscritti cit., n. l; al secondo, BIONDI, Recenti rinvenimenti epigrafici ciL, n. 4. È appena il caso di segnalare che, mentre in sequenze del

tipo ... (a)al E ... una integrazione in ... (a)aL df.ll si appoggia su un ben documentato dossier a confronto, ed ha

comunque dietro di sé un morfema ben individuato dalla sequenza di due o tre segni, lo stesso non può dirsi di

]opTaKGE ( (cfr. supra) , che potrebbe benissimo contenere una sequenza di due vocali nella stessa parola (gli incontri

di vocali non sono ceno assenti nella documentazione e1ima, cfr. AGOSTI NIANI, La lingua degli Elimi. Per uno stato della questione CiL, 360-361); oppure, se da segmentare in ... OpTGKG E .. . , contenere un'altra parola ad iniziale E ....

Non a caso JAS In. 318/l non è integrata co n Ef.lL se non dubitativamente, e solo in sede di analisi linguistica (cfr. AGOSTINIANI, Iscrizioni anelleniche di Sicilia ciL, 156).

39. Cfr., da ultimo, BION DI, Frammen ti ceramici iscritti CiL, 367: il 'dittongo lungo' [ai) "è attestato a Segesta [oltre che come -aaL] sia nella forma -a l, sia monottongato in -a, e l'associazione di -al, -aaL o -a ad Ef.ll. .. fa supporre che,

almeno in questa formula, graffita su una limitata tipologia di recipienti di uso votivo e appartenenti a uno stesso ambito cronologico e geografico , tali terminazioni siano allomorfi".

40. AGOSTINlANl , Iscrizioni anelfeniche di Sicilia cit., 154-155; ID., La lingua degli Elimi. Per uno stato della questioneciL, 360.

41. BIONDI, Frammenti ceramici iscritti CiL, 368 ; EAD., Nuovi frammenti ceramici graffiti da Segesta, in Seconde Giornate Internazionali di Studi sull'Area Elima. Atti del Convegno Gibellina 22-26 ottobre 1994 , Pisa - Gibellina, Scuola

Normale Superiore 1997, 141-162, passùn; EAD., Considerazioni sulle leggende monetali elime in -a(L(3, in AA.VV.,

Bandhu. Scritti in onore di Carlo Della Casa in occasione del suo settantesimo compleanno, a cura di R. Arena - M.P.

Bologna - M.L. Mayer Modena - A. Passi , Alessandria, Dell'Orso 1997, 54 3-557, 553-555.

42. Si noti che in latino esiste una va riazione (diatopica e sintopica) tra -ai e -a all'interno del dativo (cfr. R. LAzZERONI,

Il dativo 'sabellico' in -a. Contributo alla conoscenza della latinizzazione dei Peligni, in "SSL>, V, 1965, 65-86),

richiamarsi alla quale permetterebbe di sfuggire alle difficoltà formali appena formulate . Ma il richiamo sarebbe

comunque impropo nibile per gli stessi motivi metodologici che valgono per -ai: -a di genitivo, cfr. in/ra.

43. I n effetti, in un intervento alla mia relazione al VI Congresso Imernazionale di Studi sulla Sicilia Amica del 1984

(cfr. AGOSTINIANI, Epigrafia e linguistica anelleniche di Sicilia: bilancio CiL , 193-220) fu proprio una numisma tica,

l'ami ca M . Caltabiano (ibid., 220-22 1 ), a po rre le cose in questi termini, in riferimento alla mia interpretazione

come 'dat ivi' delle leggende monetarie eli me in -~: l' uso del dativo sarebbe, dal punto di vista greco, un unicum. Ma - co me non mostra di ri levare la Biond i, che cita proprio l'intervento della Caltabiano a co nfo rto di quanro da

lei sostenuto (BIONDI, Considerazioni sulle leggende monetali elime ciL, 552) - la Caltabiano aveva mal interp retato

qu anto avevo detro (riteneva, cioè, co me si deduce da quanto dice , che il valore da me ipotizzato fosse quello di un

"da tivo d i vamaggio», e non di un "dativo d i possesso ») . In ogni caso , nell a mia risposta (cfr. AGOSTINIANI , Epigrafia e linguistica ane/leniche di Sicilia: bilancio ci t. , 222) chiari vo che (( l'elimo esp rim e con il dat ivo la stessa funzion e di appartenenza che il greco esp rime con il geni tivo» .

44 . Sono rito rn anti formu lazion i del tipo «t. antieconom ico ... pensare che le facce opposte di una stessa moneta

espri mano il medesimo contenuto , ma con sintagmi d iversi, il greco rico rrendo al genit ivo di possesso, l'e1imo a

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EPI GRAFIA ELiMA

un dativo che dovrebbe avere lo stesso valore semantico}) (BIONDI, Nuovi ftammenti ceramici graffiti cit., 146) in riferimenro alle cosiddette monete 'bili ngui ' , cioè con doppia iscrizione, in elimo e in greco, ognuna su un a faccia

della moneta, secondo il tipo LEyEGTa(l p/EyECJTaLOV. Formulazioni del genere lasciano a dir poco perplessi.

45. L. AGOSTINIANI, Relazione di possesso e marcatura di caso in venetico, in "Scudi Orientali e Linguistici .. , VI, 1995-1996, 9-28.

46. Si trarra di un brevissimo intervento di Peruzzi alla mia relazione di Contessa Entellina del 1988 (E. PERUZZI ,

[i ntervento], in Gli Elimi l'area elima cir., 371), che lessi io stesso, in assenza dell'autore. Non avendo POturo

rispondere allora a Peruzzi, che non c'era, lo faccio adesso: il distanziamento per il tempo trascorso, e la conseguente

decantazione delle idee, lo rendono lecito.

47. G. ROHLFS, Grammatica storica delle lingua italiana e dei suoi dialetti, Il!: Sintassi e formazione delle parole, trad. it.

Torino, Einaudi 1969,393.

48. G. SERBAT, Quelestlesignifiantduconceptde 'relation'danslesderivés?, in Actesdu V ColLoquedelinguistiquelatine

(Louvain-La-Neuve 1989), in "Cahiers de l'Insti(Ut de Linguistique de Louvain .. , XV, 1989, 403-409.

49. IAS l, n. *368 .

50. La citazione è da LE]EUNE, Le problème de l'élyme cit., 342.