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Scuola Normale Superiore di Pisa Comune di Gibellina CESDAE Centro Studi e Documentazione sull'Area Elima - Gibellina - GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL'AREA ELIMA (Gibellina, 19-22 Settembre 1991) ATTI I Pisa - Gibellina 1992

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Scuola Normale Superiore di Pisa Comune di Gibellina

CESDAE

Centro Studi e Documentazione sull 'Area Elima

- Gibellina -

GIORNATE INTERNAZIONALI DI

STUDI SULL'AREA ELIMA

(Gibellina, 19-22 Settembre 1991)

ATTI I

Pisa - Gibellina 1992

Questo volume è stato curato da Laura Biondi, Alessandro Corretti, Stefania De Vido, Michela Gargini, Maria Adelaide Vaggioli. La parte grafica è stata curata da Cesare Cassane l/i.

UNA CARIATIDE DAL TERRITORIO SEGESTANO:

IL TIPO E IL SIGNIFICATO

GABRIELLA CAPECCHI

Nel testo alla voce ' Cariatide' , redatto per i nuovi Supple­menti d eli ' EAA , ho potuto solo citare come inedito un frammen­to di figura femminile in pietra proveniente dal territorio segestano, che avevo avuto l'opportunità di esaminare e fotogra­fare nel giugno 1975 entro il magazzino degli scavi di Segesta, e del quale tuttavia, a mia conoscenza, non era apparsa nella letteratura archeologica alcuna menzione. Presentarlo ora alla discussione equivale dunque per me al pagamento di un vecchio debito, che assolvo con piacere per due motivi. Il primo è che il frammento rappresenta ancora oggi uno dei pochissimi docu­menti di plastica monumentale provenienti dal territorio che qui interessa; il secondo è che, nel lungo intervallo di tempo trascor­so, una serie ricca di studi monografici sulle figure architettoniche portanti, l'edizione di monumenti capitali, e soprattutto la sco­perta e l'analisi di serie o di esemplari di grande significato sono venuti a costituirsi come solida base1 per la lettura anche di un monumento come questo, modesto di apparenza, ma in realtà non privo di interesse in rapporto al mondo figurativo e cultuale segestano.

Grazie alla totale disponibilità della Soprintendenza di Trapani2, ne posso qui fornire tutti i dati significativi essenziali. Il blocco fu rinvenuto sporadico, una trentina di anni fa, in una zona imprecisata di Ponte Bagni (Aquae Segestanae). Trasferito dapprima a Segesta, è attualmente conservato a Marsala nei depositi della Soprintendenza3•

Non fratturato, ma finito alla sommità, sui lati e sul retro,

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esso conserva la testa di una figura femminile, inquadrata dalle braccia levate - il destro è mancante - e piegate all'indietro al gomito, nel gesto che secondo le partizioni correnti della forma architettonica della cariatide si conviene di chiamare ' in schema chiuso di Atlante'4• L'appartenenza di questa creatura al milieu dionisiaco è evidente: la capigliatura - spartita sulla fronte e resa come regolare successione di ciocche oblique indifferenziate, che terminavano sulle spalle e sul petto in boccoli liberi -è cinta da una corona di foglie fiammate, certamente di edera, anche se niente resterebbe ad indicarne i corimbi5. Il pezzo porta i segni di una storia esterna difficile: a parte la perdita del braccio destro, e altre fratture e corrosioni accidentali, le lacerazioni della pietra nella zona degli occhi e della bocca sembrano senz'altro inten­zionali. Ma per il resto, l'impressione di non finito che esso suscita, e che potrebbe anche in un primo momento far sperare in nuove e allettanti prospettive di ricerca, credo che sia per l' appunto solo un' impressione. Il lavoro, in rapporto a quello delle figure omologhe di Monte Iato6, è senza paragone più crudo e sommario; ma per fare da base ad una accurata stuccatura e dipintura delle superfici credo che questo stadio di lavorazione possa essere stato considerato perfettamente sufficiente: per restare negli stessi ambiti, la cariatide di Siracusa - con le sue superfici scabre ed i particolari appena sunteggiatF- lo dimostra con chiarezza. E ' possibile, naturalmente, che nel nostro caso l 'effetto complessivo finale venisse ad essere comunque più modesto e grossolano; ma a parte il fatto che niente per ora è certo sulla originaria destinazione e collocazione della nostra scultura, mi sembra necessario ricordare che tra i rarissimi documenti di plastica monumentale restituiti sinora da Segesta città, anche i frammenti di Atlanti (o Cariatidi), più piccoli dei Pan del teatro ma visti e ricordati da Bulle sempre in possibile connessione con lo stesso edificio8 , si segnalano per una lavo­razione altrettanto corsiva, e sembrano imporci un analogo dovere di fantasia ricostruttiva.

Per identità di schema, di soggetto e di funzione, nonché per la contiguità geografica, le cariatidi del teatro di Monte Iato sono

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per il nostro frammento il punto di riferimento più diretto, come e ancor più che per quello di una figura consimile, proveniente dall'area del teatro di Solunto recentemente riconosciuta ed edita da H.P. Isler9• E' in rapporto alle immagini ietine che altri dati particolari de lla cariatide segestana d ivengono concretamentemente significativi. Le dimensioni, ad esempio, si accordano grosso modo per larghezza ed altezza del blocco con quelle corrispondenti delle immagini di Monte Iato10• Non così la profondità 11: dai miei rilevamenti, non solo il blocco non figurato retrostante alla testa sarebbe assai meno esteso, ma anche la parte figurata più compressa.

Di conseguenza, ricostruendo idealmente la figura di Ponte Bagni, possiamo indi carne l ' altezza originaria grosso modo intorno ai 2 m (come le figure ietine); ma dobbiamo restituirla come fortemente tabulare rispetto a quelle: il che potrebbe anche indicare, per la nostra, un diverso modo di inserimento nelle strutture architettoniche di originaria appartenenza. A favore di questa ultima ipotesi giocherebbe anche un altro fattore. E ' noto come in ciascuna delle due cariatidi di Monte Iato solo una mano stretta a pugno sia resa plasticamente (la sinistra nella prima, la destra nella seconda)12 e come ciò ne abbia fatto supporre una collocazione originaria d ' angolo o, per meglio dire, in rapporto ad un risalto volumetrico delle strutture cui le immagini erano addossate. E' pressoché certo che nella figura di Ponte Bagni nessuna delle due mani era rappresentata13: come sarebbe comprensibile nel caso che l' immagine femminile risultasse incassata più profondamente; e tra elementi laterali dalla faccia esterna perfettamente complanare. Per la nostra ricostruzione ideale è evidente che, dal solo frammento di testa, fratturato in basso, non possiamo trarre dati per decidere se (come a Monte Iato e a Solunto) anche la nostra figura era realizzata per sovrapposizione di più blocchi, e non monolitica; si può solo dire che per figure portanti in questo e in altri schemi, realizzate in pietra, e di grandi o grandissime dimensioni, ciò sarebbe, nella Sicilia occidentale, perfettamente nella norma; e che, tuttavia, la particolare tabularità dell ' immagine avrebbe anche potuto, nel

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nostro caso, autorizzare una diversa resa tecnica della figura. Più in generale, una solidarietà certa con le immagini ietine

sembrerebbe costituita da un ulteriore dato tecnico, e cioè dal fatto che la figura femminile fa corpo unico con il blocco retrostante: quello, cioè, che veniva effettivamente a svolgere la funzione di supporto. In realtà, questo dispositivo è del tutto tipico per la classe di figure sostegno in 'schema chiuso di Atlante', anche se non è il solo ad essere impiegato. Per la precisione, che siano in pietra o in terracotta, le immagini ad 'Atlante chiuso' o vengono concepite come appliques contro il pilastro (ed hanno quindi una funzione di sostegno del tutto illusoria); o, più facilmente, costituiscono la parte anteriore antropomorfizzata del pilastro stesso. In entrambi i casi, manca di norma, quindi, quella visibilità del retro che è possibile per altri schemi e che, se compare in questo schema, richiede di essere spiegata con una collocazione correlatamente fuori nor­ma dell'immagine14

• Questo elemento (l ' invisibilità del retro) è d'altra parte tratto caratterizzante dello schema 'chiuso di Atlante' non da solo, ma al pari e in unione ad altri, che possiamo elencare come segue: a) Il gesto inequivocabile di sorreggere. b) La possibilità di una disposizione in facciata rettilinea per serie teoricamente infinite quanto al numero degli elementi che le compongono. Indipendentemente dal fatto che le immagini possono essere disposte anche per diadi o per triadi 15 ed in po­sizione angolare, si direbbe che manchino, di partenza, per questo schema, inderogabili regole di simmetria speculare (cf. gli Atlanti dell'Olympieion di Agrigento). c) La possibilità conseguente di una scansione seriale degli spazi interposti tra pilastro e pilastro (tra figura e figura) , che possono essere chiusi, o aperti, o transennati 16• d) La possibilità di disposizione tanto al suolo, quanto a grande altezza; e forse anche in serie sovrapposte 17•

E' noto come la più antica realizzazione di questo schema, in quanto somma compiuta degli elementi caratterizzanti, è rappresentata dagli Atlantes del tempio di Zeus ad Agrigento. Ciononostante, credo che valga la pena di soffermarsi su qualche punto di una questione così apparentemente piana. Ritengo, ad

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esempio, che non vi possa essere dubbio, nonostante opinioni contrarie 18, sul fatto che l'invenzione di questo schema in con­testo architettonico sia occidentale; quasi sicuramente siceliota; e altrettanto sicuramente da collegare all'iconografia di quello che diverrà il Titano (in origine Titanide) occidentale per eccel.­lenza, e cioè Atlante. Se è vero che essa non sembra avere la sua più antica elaborazione in Occidente19, è altrettanto vero che solo nelle colossali figure del tempio agrigentino noi troviamo piena­mente e ripetutamente realizzata la valenza architettonica del­l' immagine del portatore cosmico in questo specifico gesto: come forse non è stato notato a sufficienza, cronologie possibili alla mano, la metopa olimpica di Ercole-Atlante ne potrebbe essere, in definitiva, solo un eco20• E ancora: ogni elemento si­gnificativo concorre alla identificazione concreta degHAtlantes agrigentini come Ti t ani (l'antico ordine divino), nel contesto che è quello di un Olympieion, e a riscontro e perfetto complemento della Gigantomachia che si trovava nella stoa orientale del tempio (D10o., 13, 82, 4). Per spiegare un così straordinario exploit figurativo e strutturale, credo sia necessario tuttavia presupporre come già avvenuta la convergenza in unum -e cioè, nella figura di Atlante - di dati ed elementi di suggestione preesistenti, ma fino ad allora anche vaghi, o non univoci. Ad esempio, il suo specifico compito di reggere, come punizione per un atto di hybris)· o ancora il gesto esatto in cui egli svolge il suo ufficio; o infine il fatto che egli dimora in Occidente: una circostanza che - diversamente da quanto si potrebbe pensare -non è del tutto ovvia, o importante, in parte della più antica tradizione letteraria 21.

Data l'autorità del monumento, e il suo valore complesso, è comunque nei Titani agrigentini che dobbiamo riconoscere i capostipiti di una lunga e articolata discendenza di figure­sostegno, quasi esclusivamente ancora occidentale. Una carta (tav. XVI), aggiornata per quanto possibile, di tutte le figure in schema ' chiuso di Atlante' in contesto architettonico reale o sua riproduzione, dali ' età arcaica all' eiJenismo (maschili e femmi­nili, edite o inedite), che mi siano note in territorio italiano,

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comprova in effetti la straordinaria diffusione dello schema, e ne mostra significative concentrazioni geografiche22• Il suo valore cresce ancora se si considera che fuori d ' Italia, per lo stesso periodo, le presenze sono di fatto ridottissime: nella Mauretania di Giuba I - quindi ancora in Occidente -23; a Delo24; a Salonicco25

e ad Olbia26, dove in definitiva potrebbe trattarsi di un portato di cultura figurativa occidentale, mediato da Alessandria: non va sottovalutato l ' impatto che potè avere la gigantesca nave costruita da Archimede e donata da Ierone II a Tolomeo IV, rimasta poi sempre aLl 'ancora nel porto di Alessandria e soggetto di un apposito studio trattatistico, lungo i fianchi della quale si alli­neavano atlantes di sei cubiti di altezza27• Nella carta, le figure femminili appaiono largamente minoritarie, a riprova, secondo me, del fatto che in questo schema esse nascono per così dire dalJa costola di Atlante o - se si vuole - dall' incontro tra gli atlantes occidentali e le StiUzfiguren femminili di schema e tradizione diversa, e di origine sostanzialmente non occidentale.

Con quadrato o triangolo pieno sono indicate le figure che per attributi fisici evidenti o altro sono connotate come appar­tenenti aJI'ambito dionisiaco; anche se non è assolutamente certo, a mio vedere, che l'antinomia figurativa tra le immagini (maschili e femminili) con attributi ' dionisiaci' e quelle che non li banno corrisponda sempre e comunque ad una precisa antinomia di significato. Accettando la carta come è, le immagini còn precise connotazioni ' dionisiache ' apparirebbero anch'esse minoritarie; in particolare, esse sarebbero maggioritarie in Sicilia, dove la loro fortuna si è voluta mettere in rapporto con quella dei teatri a parasceni di tipo siceliota28, ma dove compaiono anche in contesti diversi (a Centuripe); fortemente minoritarie in Italia meridionale, dove in nessuno dei casi segnalati è possibile connetterle con certezza a edifici teatrali2'J; totalmente scono­sciute in Etruria e nel Piceno. Per supporre a quale genere di struttura o edificio poteva appat1enere l' immagine segestana, dunque, la cartina di distribuzione può offrire molte indicazioni e alte possibilità, ma nessuna certezza. In effetti, credo che solo l'analisi e la classificazione dei contesti di impiego attestati per

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tutte le Stiitzfiguren note, e in qualunque schema redatte, offra la possibilità di uscire da questo impasse, e forse anche di ri­mettere fruttuosamente in discussione opinioni già date per scontate. E questo perché ritengo che ci si possa fondare almeno su due certezze. La prima è che in generale il collegamento delle figure architettoniche portanti con la sfera del divino, che è verosimilmente costitutivo della forma stessa, è un dato costan­te, mai tradito per tutta la storia documentata di questa classe di monumenti30, almeno fino a quando non si afferma la Stiitzfigur (maschile e femminile) come rappresentazione di captivus: quando, cioè, quell ' idea di punizione della hybris che, con altre, saltuariamente può concorrere aJla definizione del significato complessivo di alcune immagini portanti, diviene prevalente, se non addirittura esclusiva, e i vecchi schemi possono anche rivestirsi di forme esterne nuove, direttamente allusive alla condizione di captivus31. Il legame tra leStiitzfiguren e il divino può non essere, per noi, sempre perspicuo; tuttavia, da un lato, credo che si possa affermare che esistono ambiti sacrali cui queste immagini si dimostrano specialmente connesse; dall' al­tro, esso non deve essere inteso come univoco (perfino nei casi, come il nostro, in cui le figure appaiono esattamente connotate), ma al contrario suscettibile di vari azione - entro certi limiti - in ragione del variare dei contesti d ' impiego. La seconda certezza è che almeno per le figure di impiego architettonico resta altrettanto costante (vi è l 'onere della prova contraria) un rapporto positivo e diretto tra significato de li ' immagine e suo - volta a volta - specifico impiego.

Affrontando per la prima volta globalmente il problema del rapporto tra immagini-sostegno e contesto, A. Schmidt Colinet ha proceduto a un tentativo di suddivisione dei documenti a lui noti in due fondamentali 'ambiti concettuali ' d ' impiego: quello defin ito politico-sacrale, c quello più strettamente funerario32. Su questa linea, in rapporto ai documenti indicati nella nostra cartina, potremmo pensare ali ' inserimento nel primo ambito sia degli atlantes agrigentini, sia (se erano atlantes) di quelli del­l'ara di lerone II , c forse- ma sul coté sacrale delle immagini ci

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sarebbe ancora da speculare - anche di quelli della sua colossale nave-manifesto. Per il secondo ambito, e cioè quello delle Stiizfiguren in contesto funerario, nella documentazione offerta dalla Grecia propria, o dalle isole egee, o dalla Bulgaria, o ancora dalla Cirenaica e dali ' Asia Minore33 sembra mostrare che le immagini (comunque individuate )34 valgono costantemente come marca di eroizzazione; o addirittura come segnale di apoteosi. Ciò considerato, mi parrebbe del tutto normale che le figure maschili e femminili in 'schema chiuso di Atlante' che noi co­nosciamo in contesto fun erario possano anche ave re connotazione e/o significato ' dionisiaci' . Entrambi sono evidenti nel caso delle quattro cariatidi di Vaste, che si distaccano però dal tipo più frequentemente attestato in Italia meridionale, dal momento che non vi compaiono quei tratti di gusto retrospettivo (polos, o la veste disposta in cannelli simmetrici sul petto: solo sul tratto dalla vita in giù c'è simmetria) così frequentemente risorgenti, in ogni epoca, nelle cariatidi di ogni schema. Le fanciulle del naiskos di Taranto non mostrano tratti ' dionisiaci' ; e di conseguenza si può dire che nel caso della figura dalla necropoli di Monte lato una sua connotazione ' dionisiaca' non stupirebbe, anche se non è certa né, al limite, necessaria35•

La partizione di Schmidt Colinet è senz'altro suggestiva e fruttuosa, se non utilizzata acriticamente o troppo rigidamente: esistono, ad esempio, monumenti di grandissima autorità (come la loggetta dell 'Eretteo) la cui natura funeraria è tutt' altro che indiscutibile; e altri (come l'heroon di Limyra) nei quali i due ambiti (politico-sacrale e funerario) si sommano indissolubil­mente. E in ogni caso, resta da notare come ne restino esclusi, con altri, tutti i documenti appartenenti a contesti teatrali, privi di caratterizzazioni funerarie e per i quali non vi sarebbe evidenza di quelle politiche (penso nel senso che, se è praticamente impossibile che un monumento pubblico nel mondo greco sia privo di valenza politica, questa non si materializzerebbe nelle figure portanti); ma che in compenso ci appaiono trasparenti relativamente a l soggetto, e quindi forniti di un legame palese con un particolare mondo cultuale: quello dionisiaco. Nella

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nostra cartina, una larghissima quota della documentazione è costituita da elementi di questo genere; in più, vi si aggiungono quelli (come gli atlantes, 'dionisiaci' e non, delle terme del Foro a Pompei) che non possono appartenere a nessuna delle categorie dette; e vi è infine un certo numero di casi, compresa la cariatide delleAquae Segestanae, il cui contesto di impiego ci è perfetta­mente ignoto. Per recuperare globalmente il significato dei monumenti che ci interessano, sembra dunque necessario ri­prendere almeno qualche punto delle analisi che su molti di essi sono state già condotte.

Sul territorio italiano, fino a tutta l'età ellenistica, la docu­mentazione delle Stutzfiguren in contesto teatrale è larghissima e - con la sola eccezione dei Pan di Segesta- sempre costituita da figure in 'schema chiuso di Atlante': satiri, sileni e figure femminili che per brevità definiremo menadi, in Sicilia; altre austere e massicce figure, di identità discutibile, per il territorio della penisola, dove in particolare, in area centro-meridionale, si afferma una varietà inginocchiata36• ll legame tra teatro e mondo dionisiaco, che in Sicilia sarebbe così chiaramente sottolineato dalla connotazione delle figure (a Monte Iato, a Siracusa) non sembra richiedere commentP7, ma per i problemi che qui ci interessano si può insistere almeno su due fatti. C. Isler ha benissimo riassunto i termini della questione cronologica e formale costituita dai sileni e satiri portatori (nessuno, però, in schema di Atlante) inseriti nell'architettura del teatro di Dioniso ad Atene38• Ora, se almeno qualcuna di queste figure si trovava già in originale con funzione portante nel teatro ricostruito da Licurgo, dovremo dedurne: a) che il più antico esempio noto di Stutzfiguren in teatri è ateniese39, databile intorno al330 a.C.; b) che le più antiche Stutzfiguren a noi note in contesto teatrale hanno veste di sileni o satiri. La ricostruzione del teatro di Dioniso da parte di Licurgo fu un atto qualificante della sua politica di rivitalizzazione delle glorie passate di Atene: in questa ottica, la presenza dei satiri e dei sileni potrebbe anche segnalare una altrettanto programmatica volontà di riallacciarsi, mediante queste figure, alle radici stesse dell'arte teatrale-; c) che

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in particolare per la. Sicilia, questa suggestione sembra essere stata raccolta e rielaborata secondo una propria o comunque diversa tradizione figurativa, che impone lo 'schema chiuso di Atlante', e prevede compagne femminili. Un altro fatto inte­ressante è questo. E' stato giustamente notato come sembra singolare che una funzione così grave e solenne come quella svolta dalle Stiitzfiguren venga per l'appunto affidata al mobi­lissimo e spesso pochissimo serio corteggio di Dioniso40• Ma a parte il fatto che una spiegazione deve essere prima di tutto trovata per il teatro di Dioniso, e solo subordinatamente per le immagini dei teatri siciliani; e che, semmai, proprio la scelta dello schema ' locale' di Atlante potrebbe aver ridotto ad unum e irrigidito le ricche e fantasiose invenzioni ateniesi, credo che specialmente in rapporto agli atlantes ' dionisiaci' occidentali si debba tener presente che certamente alla metà del III sec. a.C. fu rimesso in scena un dramma satirescoAtlas, che era con ogni probabilità più antico41; e che nella ceramica italiota, a partire dal terzo quarto del V sec. a.C. , le raffigurazioni di Atlante e delle sue vicende o includono sileni e satiri tra i personaggi, o sono comunque palesemente influenzati dalla forma teatrale comica.

In contesto funerario, sempre in territorio italiano e fino all 'ultimo ellenismo, le figure in 'schema chiuso di Atlante ' sono le più utilizzate; nella scultura architettonica di grandi dimensioni, le sole. Mancano del tutto, in Etruria e nell'Italia centrale, le immagini femminili ; in Italia meridionale e in Sicilia, nella scultura architettonica, esse sono le sole impiegate, almeno per la documentazione che si possiede. E' possibile una loro pertinenza al mondo dionisiaco, che almeno in un caso (peraltro particolare) è precisamente segnalata dagli attributi.

Possiamo ora tornare alla cariatide di Ponte Bagni. La sua appartenenza a un contesto teatrale, qui, sarebbe per tutto ciò che si è detto non solo possibile, ma anche specialmente motivata, e per così dire ' normale'. Essa verrebbe ad allinearsi, forse anche cronologicamente, in particolare con gli esemplari omologhi di Monte Iato (e Solunto). Non credo che a ciò potrebbe fare difficoltà il fatto che per l 'appunto nel teatro del centro vicinis-

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simo di Segesta il tipo non sia attestato. A parte il fatto che forse, in qualche momento, anche immagini in schema di Atlante possono aver appartenuto a quel teatro (v. supra), le sue Stutzfiguren si segnalano comunque come un unicum in tutta la Sicilia: Pan del tipo teatro di Pompeo42, figure femminili in Karyatidenschema43, gli uni e le altre collegabili alla tradizione decorativa ellenistica micrasiatica44, non ' locale' . Il caso è così anomalo nell'isola, che viene da chiedersi se, con questa scelta singolare per il programma decorativo del teatro, non ci si sia voluti precisamente riallacciare alla tradizione della origine e provenienza micrasiatica degli Etimi. E' comunque una ipotesi che credo dovrà essere valutata in rapporto alle fasi di rielaborazione del teatro segestano, e alla loro cronologia45•

La difficoltà seria e reale è piuttosto quella che Ponte Bagni non ha restituito traccia di un edificio del genere, che del resto è non impossibile, ma certamente difficile immaginare che possa aver mai posseduto.

Anche l'appartenenza ad una struttura funeraria non può essere esclusa. Date le dimensioni d eU' immagine, per questa zona si tratterebbe tuttavia di un complesso di grande impegno e ambizione, senza paragoni sinora nelle necropoli segestane (o limitrofe). Resta dunque da considerare il fatto che immagini di questo genere (eventualmente connotate come ' dionisiache ') potrebbero e possono legarsi a edifici di altra natura- pubblici e privati - in quanto sempre sentite come di identità congruente con la natura del complesso in cui sono utilizzate. In questo campo, come dicevo più sopra, è fuorviante e comunque errato generalizzare. E tuttavia esiste un ambito cultuale cui, in Oriente e in Occidente, sembrano specialmente collegate le figure por­tanti, tanto maschili quanto - soprattutto - femminili, even­tualmente anche con connotazione 'dionisiaca'. E' il mondo dei culti e dei riti legati alle acque lustrali o salutari, e/o alle fonti, e/ o alle grotte. La documentazione relativa si sostanzia soprattutto di tutte le numerose immagini di Trii.gerfiguren rappresentate dalle dee dei perirrhantheria dedalici, e delle piccole immagini sostegno di coppe o tripodi di piccole dimensioni, note da Cipro

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all 'Etruria all' Italia meridionale46, ma anche della fontanina di Lemno47 o, forse, della kore di Lione48: figure che anche quando non hanno dignità architettonica, possiedono comunque una alta autorità sacrale. In ogni caso, proprio dal territorio italiano provengono gli esempi più significativi dell' impiego di austere figure -naturalmente in 'schema chiuso di Atlante'- in architet­ture delle acque: i modellini di fonte da Grotta Caruso a Locri 49

,

con il loro parapetto da tre cariatidi a chiusura del bacino, in fondo al quale è visibile l ' immagine delle tre ninfe della fonte (databili forse ancora entro il IV sec. a. C.); o, con inequivocabile connotazione dionisiaca, l'atlante-satiro di Rossano di Vaglio, proveniente dali 'area del santua rio delle acque di Mefitis50.

In ogni caso, con fonti, grotte ed acque i rapporti di frequentazione dei complessi demo n i aci che vengono a costituirsi come corteggio di Dioniso (oltre al dio Pan, i sa tiri, i sileni e le molteplici presenze femminili) sono ben testimoniati51 ; ed è possibile che qualcosa di questo antico collegamento si mantenga perfino in immagini come gli atlantes ' dionisiaci' delle Terme del Foro a Pompei, o ancora le cariatidi nel medesimo schema delle vere di pozzo pompeiane. Per la figura di Ponte Bagni, sia la sua presenza che la sua connotazione potrebbero dunque spiegarsi benissimo in rapporto alle Aquae Segestanae: si ri­corderà che a queste, fra l 'altro, è stato riferito il mito della triade di ninfe delle acque, figlie di Fenodamante, delle quali solo una - Egesta - ci è nota per nome52•

Anche se è una ipotesi che andrebbe svolta separatamente, credo che questo recupero del legame tra le figure portanti ed il mondo delle acque-fonti-grotte di cui parlavamo possa avere un qualche interesse anche in rapporto alla loro presenza , sempre sub specie dionisiaca, nei teatri. Vi sono, come è noto, numerosi indizi per pensare che in generale e nello specifico che qui ci interessa i due ambiti teatrale e delle acque in qualche caso coincidano o convivano e si compenetrino. Per tenersi a11a nostra documentazione, si potrebbe porre mente al fatto che i satiri inginocchiati del bema di Phaidros ad Atene erano forse origi ­nariamente dei reggibacino53; o che cariatidi in 'schema chiuso

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4 A ScHMIDT- CouNFIT,AntikeStiitzfiguren. Untersuchungenzu Typus und BedeuJung der menschengestaltigen Architekturstiltze in der griechischen und romischenKtmst, Frankfurt am Main 1977, 31-32,44-50,227-231, 242-248.

5 Dalla mia vecchia immagine fotografica, avevo pensato di poterli riconoscere in quella sorta di perlinatura della pietra sulla metà destra dei capelli al di sopra della fronte. Alla verifica autoptica l'impressione si è rivelata errata.

6 E.A. RIBI - C. IsLER KERENY1, Die Stiitzfiguren des griechischen Theaters vonlaitas, Studia letina, Erlenbach- Ziirich 1976, I, 13-48, tavv. 1-6,12-17. Nella testa di Ponte Bagni non vi è alcuna traccia di kalathos. Per la mancata indicazione delle mani, v. infra nel testo e n. 13.

7 ScHMJDT- CouNET, o. c., W 31; belle immagini in Studialetina I, tavv. 22, 1-2.

8 H. BuLLE, Untersuchungen an griechischen Theatern, Miinchen 1928, 117-118, tav. 32, e ScHMIDT- CouNET, o. c., n. 259.

9 H.P. ISLER, Una cariatide dal teatro di So/unto, SicA, XVIII, 59, 1985, 65-70.

10 RIBI - IsLER KERENYI, Die Stiitzfiguren ci t. , 13 . 11 RIBI - lsLER KERENYI, Die Stiitzfiguren cit. , 13-14 e qui n. 3. 12 Risi - IsLER KERENYI, Die Stiitzfiguren cit. , 17-19, tav. 14, 3-4. 13 U lato destro del pezzo è scheggiato, ma nelle zone mancanti non avrebbe

potuto trovar posto comunque la mano. Il lato sinistro mostra chiaramente il braccio reso a rilievo fino al polso compreso; il resto del blocco è liscio.

'~ 4 Come già avvertito da G.E. Rizzo, Il teatro greco di Siracusa, Milano­Roma 1923, 99.

15 Il numero di due e di tre è ritornante nelle figure sostegno, in particolare femminili. Per il secondo, la tradizione dei perirrhanteria a triplice immagine può essere stato, per casi specifici, normativa. Per il secondo, ancor più e meglio attestato (vi è suddivisione in coppie addirittura nel caso di un numero molto alto complessivo di figure: cf. PAVS. , 3, 18, 9), è possibile che i l più antico testo letterario che velatamente vi allude si debba riconoscere in HoM., Od., 3, 15-20, e cioè nel passo, che mi era rimasto sinora inosservato, in cui si parla delle due dw/>f rro,\ot belle come Cari ti collocate ai due stipiti aTa8J.1oTil/ ÉKaropBé del thalamos ingegnosamente ornato di Nausicaa. La coppia sembra, in particolare, obbligata nel caso di figure (come quelle in Katyatidenschema) a struttura asimmetrica: SCHMI.DT- CouNFr, o. c. , 232-241.

16 La transennatura compare nelle riproduzioni in piccolo, per esempio dell'oggetto (puteale?) del Museo di Reggio Calabria da Locri, infra, n. 22, sub 9a. Transenne dal teatro di Segesta in BuLLE, o. c. , fig. 32 d.

17 So-tMIDT- CoLTNEr, o. c. , 68, M l, M 12-14; 70, W 34, M 20, M 4, W 33, M 15, M 18

18 Così parrebbe di poter dedurre da W.H. PLOMMER, Vitruvius and the origin ofCaryatids, JHS, XCIX, 1979, 100-101.

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di Atlante', appartenenti ad un curioso oggetto transennato che forse è una piccola fonte rituale, provengono a quel che pare dali ' area del teatro di Locri 54; o ai P an del teatro segestano, e alla grotta- con fonte- al di sotto della sua cavea 55• Sulla connessione tra i culti legati alle acque e i luoghi teatrali, con speciale riguardo al teatro di Siracusa e alla Sicilia, L. Polacco ha offerto di recente spunti molto stimolanti56. E dunque: che personaggi del corteggio dionisiaco fossero concretamente inseriti come Stiitzfiguren pei parasceni dei teatri siciliani è provato in un caso (i Pan di Segesta) e ricostruibile in un altro (Monte lato); per Solunto e Siracusa è possibile, e coerente con quanto sappiamo, ma manca di fatto la prova materiale di come e dove le immagini fossero effettivamente inserite nella vera e propria orditura architettonica. Ciò considerato, mi chiedo se non sarebbe pos­sibile pensare, almeno in qualche caso, piuttosto ad una loro appartenenza a strutture subordinate o coordinate al teatro, possibilmente annesse ad esso, ma funzionalmente differenziate dall'edificio teatrale vero e proprio (il complesso scena-orchestra­cavea), e fornite di un valore cultuale pari o affine, poniamo, a quello di un ninfeo; e se qualcosa di questo valore non conser­vasse per esempio, a Segesta, l' alto vano sottostante la scena, anteriormente retto da pilastri, forse transennato, e delimitato lateralmente dalle due figure di Pan.

NOTE

1 Per la raccolta bibliografica specifica rimando alla voce sopra citata, e a quella Telamone per gli stessi Supplementi. Singoli studi significativi sono comunque indicati qui nelle note.

2 Devo moltissima gratitudine alla Soprintendente, R. Camerata Scovazzo, e ai signori P. V aneli a (Segesta) eS. Calamusa (Marsala); nonché al pro f. V. Tusa, che mi ha soccorso con la sua speciale conoscenza dei problemi di Se gesta e del suo territorio.

3 Nt. max 31 cm; largh. max 63 cm; pro f. tot. 39 cm (prof. max della parte in rilevol 8 cm; del blocco non lavorato 22 cm). Sul piano sommitale, al centro e presso il margine posteriore, un foro irregolare, tendenzialmente circolare: diam. 7 cm; prof. max 3,5 cm.

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19 B. DE GRINO- R. ÙLMOS- J. ARCE- L. J. BALM.ASEDA, s.v.Atlas, L/MC, III. Per l' uso 'tecnico' del nome, è di essenziale chiarezza M. MfERZWINSKI, Some notes o n the Terminology ofFiguralSupports in Greek andRomanArchitecture, Eos, LXIX, 1981, 239-240 .

20 Già affermato però da L. CASTIGLIONE, Zur Plastik von Pompeji in der fruhkolonialen Zeit, in Neue Forschungen in Pompeji, Recklinghausen 1975, 214.

21 L/MC cit., 3. 22 Ho inserito nella carta: 1 (Segesta e limitrofi) a: cariatide di Ponte Bagni.

b: BuLLE, o. c., tav. 32 e, dal teatro. 2 (Monte Iato) a-b: SCHMIDT- OluNET, o. c., W 30 e M 2, dal teatro. c: cariatide dalla necropoli, H.P. IsLER Monte lato. La diciottesima campagna di scavo, SicA, XXI, 66-68, 1988, 55-58. Ringrazio cordialmente l'A per avermi fornito una completa documentazione sul pezzo. 3 (Solunto) a: lSLER, Una cariatide cit. , dal teatro. b-e: ScHMIDT- CoLINET, o. c. , M 8. 4 (Agrigento) a: ScHMIDT- CouNET, o. c., M l. b: ibid. , M 7 (ringrazio di una immagine O. Paoletti), probabilmente appartenente ano stesso recipiente, fcrl@ un puteale dell'esemplare in P. MARCONI, Agrigento, Firenze 1929, fig. 151. Ho escluso, perché privo di rappresentazione di membrature architettoniche, l'esemplare ibid. , fig. 152. Non conosco gli altri cinque oggetti da Gela, Agrigento, Marsala e Tindari citati con i due precedenti da J. BoVIo MARCONI, Agrigento. Scoperta di matrici fittili e di terrecotte figurate, negli anni 1926-1927, NSA, 1930,95-97. L'esemplare di Lilibeo (E. GABrua, Sicilia. Rinvenimenti nelle zone archeologiche di Panormo e diLilibeo, 1941, 294, fig. 48) era probabilmente appartenente a puteale, e in riproduzione di contesto architettonico: lo segnalo, anche se per l'incertezza non l'ho segnato sulla carta. 5 (Camarina) a-b: Ragusa, Museo Archeologico, in v. Kam 49002-003 (puteali?). 6 (Centuripe) a: SCHMIDT -COLINET, o. c., W 32. In realtà, secondo l 'inventario del Museo di Siracusa, sotto i due numeri 27735-736 sono cen.<;iti rispettivamente cinque e otto frammenti; alt. max delle figure, 104 cm. b: ID., M 16. In realtà, secondo l 'inventario di Siracusa, oltre ai due esemplari esposti un tempo, inv. 27731-732, esistono altri due frammenti di altrettante figure, inv. 27733 (alt. 31 cm) e 27734 (alt. 62 cm). 7 (Siracusa) a: SCHMIDT- OluNET, o. c., W 31. b: Io., M 3. Ai due frammenti inv. 916 (alt. 70 e alt. 55 cm), da cui la figura completa è ricostruibile alta circa 260 cm, e che secondo l'inventario proviene dall'Anfiteatro, si aggiunge un braccio, s. inv., un tempo esposto, alt. 38 cm, dj una seconda figura maschile. c: Studia Jetina, I, tav. 21, 2: secondo l'inventario di Siracusa, nr. 2043, alt. 44 cm. d: Studialetìna, l, tav. 21,1 e 47, n. 69; secondo l 'inventario di Siracusa, nr. 43525, alt. 32 (trapezoforo?), dono 1923. e: N. BoNACASA- E. JoLY, L 'ellenismo e la tradizione ellenistica, in AA VV., Sikanìe, Milano 1986, fig. 355 (didascalia errata?); secondo l'inventario di Siracusa, ai nrr. 27727-27730, quattro frammen­ti, di tre o quattro figure, alt. max 41 , 5 cm. f: ScHMIDT- CouNcT, o. c. , M 6; g: lo., M 5. 8 (Gozo)SCHMIDT- OluNET,o. c., M 17. 9(Locri) a: E. LATTANzr(acura

188 G. CAPECCHI

di), il Museo Nazionale di Reggio Calabria, Roma-Reggio Calabria 1987, 69, dal teatro b: P.E. Arias, Locri. Scavi archeologici in contrada Cm·uso- Polisà (aprile - mnggio 1940), NSA, S. VII, VII, 1946, 158, fig. 30, da Grotta Caruso. 10 (Caulonia), LArrANzr, o. c., 141, direi da escludere una data così alta. 11 (Vaste) SCHMIDT- CoUNET, o. c., W 29. 12 (Taranto) a: SCHMIDT- CouNET, o. c., W 28. b: Museo Archeologico, inedita, trapezoforo femminiJe. c: Museo Archeo­logico, inediti, due trapezofori maschili acefali. d: trapezoforo (con orecchie appuntite) NIGRoma 382865. 13 (Rossano di Vaglio) D. AoA.MESTBANU, La Basilicata antica. Storia e documenti, Cava dei Tirreni 1974,205. 14 (Canosa) P. MoRF.No, ACT X, 1970, Napoli 1971,424-426, tav. LXXI, 2 (solo i piedi!). 15 (Montescaglioso) SCHMIDT- CoUNET, o. c., M 9. 16 (Teggiano) M. FucHs, Untersuchungen zur Ausstattung romischer Theater, Mainz 1987, 129 e 56, NIGRoma 78493, inginocchiato. 17 (Pompei) a: SCHMIDT- CouNET, O. c., W 34; b-e: In., M 18 ('dionisiaci' e non). d: In., M 19, Teatrum tectum, inginocchiati. e: ID.,M20(trapezoforo?). f: H.voN ROHDEN, Terrakotten vonPompejì,Stuttgart 1880, tav. XXVI, 2.18 (Benevento, Museo del Sannio) a: inv. 588, NlGR~a 68354, maschile, inginocchiato. b: inv. 589, NIG Roma 6835: . 19 (Pietrabbondante) SCHMIDT- CouNET, o. c., M 10, teatro. 20 (Falerone) FuCHs, o. c., 62 e 129, tav. 18, 1-2. Dati per perduti, ma forse uno identico.a REINACH, RSt Il 424, 5, Louvre 2679. 21 (Tarquinia) SCHMJDT- CouNET, o. c., M 11; J. R. JANNOT, Un ordre étrusque à te/amorJS, MEFR(A), XCVI, 1984,585-588.22 (Bolsena) In., ibid., 588-589 (trapezoforo?). 23 (Vulci) lo., ibid. , 590-592. 24 (Volterra) a-d: SCHMIDT- CouNET, o. c., M 12-14b. Per le esclusioni, si tengano presenti i limiti esplicitati nel testo: ma è prevedibile che anche questa carta verrà superata comunque in brevissimo tempo.

23 SCHMIDT- CouNET, o. c., M 21. 24 Deltion 23, 'B', 1968, tav. 280 A (dall'Agora). 25 SCHMIDT- CoUNET, o. c., M 4. 26 SCHMIDT- CouNET, o. c., W 33 e M 15. 27 ATIIEN., 5, 206d-209b: BoNACASA - JOLY, art. c. , 333-334. 28 H.P. lsLER, Contributi per una storia del teatro amico: il teatro greco di

Jaitas e il teatro di Segesta, NAC, X, 1981, 159. 19 Nella cartina in JANNOT, art. c., fig. 8, le segnalazioni di satiri e sileni­

telamoni in teatri a Montescaglioso, Taranto, Lecce, Gozo, Centuripe nascono evidentemente da un fraintendimento.

30 Rimando per questo aH a n. l. Lo scetticismo a proposito della significativi là

delle immagini nell 'architettura teatrale espresso daScHMIDT- CouNET, o. c., 144-148, e con ancora maggiore generalizzazione dalla FucHs , o. c., 129, è senz'altro da correggere; cf. già M.F. BrLLOT, Recensione a A. Schmidt- Coline!, Antike Stiitzfiguren, Untersuclumgen zu Typus undBedeutung der menschengestaltigen Arkitektursrutze in der griecllischen und romischenKwJSt, RA, N .S., 1981, 324.

31 SO!MIDT-CouNET, o. c., 55-57; anche R. M. SCHNEIDER,Bunte Barbaren,

UNA CARIATIDE DAL TERRITORIO SEGESTANO 189

Worms 1986. 32 ScHMrDT- CoUNET, o. c., 105-141. 33 Io., 106-116; si aggiunga A. FoL - M. OncHtCOVA -T. IVANOV -T .

TEoFILOv, The Thracian Tomb near the Village of Sveshtari, Sofia 1986; L. BACCHlEW, La tomba delle 'Cariatidi' ed il decorativismo nell'architettura tardo-ellenistica di Cirene, QuadALibia, Il, 1980, in part. 25-26; J. BoRCHHARDT, Die Bauskulptur des Heroons von Limyra, Berli n 1976.

34 H ora i e Charites, per esempio, nella tomba di Giacinto all'Amyklaion; Rankengottinnen a Sveshtari.

35 Cf. supra n. 22, sub 11, sub 12 a, sub 2 c. 36 CASTIGUONE, art. c., 216; Fuc~r s, o. c., 125. Ignoro l'esatta provenienza

dell'Atlante inginocchiato dj Benevento, qui n. 22, sub 18 a. 37 Cf. , in rapporto a figure sostegno, anche C. SCHWINGENSTEIN, Die

Figurenausstattung des griechischen Theatergebiiudes, Miinchen 1977,38-41, 145; E. ScHMIDT, Geschichte der Karyatide, Wiirzburg 1982, 126-127.

38 lsLER KERENYI, Studia Ietùza, ci t., 39-41. 39 FuCHS, o. c. ,128-129. 40 lsLER K ERENYI, Studia letina, cit., 43-44. 41 LIMC, cit., 3, e nrr. 13-14. 42 SCHMIDT - CoLINET, o. c., 58, M 66 e M 76. 43 Devo alla cortesia del prof. G. Nenci se ho potuto esaminare due

frammenti di scultura nei magazzini dj Case Barbaro a Segesta, iov. SG 2013 e SG 7833, provenienti l'uno erratico dal teatro di Segesta, l'altro dagli scavi recentissimi della Scuola Normale Superiore, cbe conservano in un caso la parte superiore dj una figura femminile in Ka1yatidenschema, con himation obliquo e braccio sinistro sollevato; l'altro la parte inferiore di una figura femminile che grava sulla gamba destra ugualmente, credo, appartenente ad una Stiitzfigur femminile dello stesso schema, e forse speculannente simmetrica all 'altra. Le immagini si possono accostare alle cariatidi del genere Mileto - Thyateira -Mylasa- Perge- Afrodisia (veru CAPECCHI, art. c.,), dj quasi esclusiva diffusione micrasiatica (SCHMTDT - CoLINET, o. c. , 37).

44 Vedj supra, n. 43. Come è noto, il modello del teatro dj Pompeo sarebbe stato, secondo Plutarco, quello dj Mitilene.

45 Per la quale vedi intanto SCHMIDT - CoUNET, o. c., n. 258. Scettico L. PoLAcco, La posizione del teatro di Siracusa nel quadro dell'architettura teatrale greca, in <<AP ARXAJ», Pisa 1982, II, 434-436; ma cf. ISLER, Contributi cit. , 154-158.

46 G. CAPECCHI - A GuNNELLA, Calici di bucchero a sostegni figurati, AACol, XL, 1975, 35-37. G. CoLONNA, Di Augusto Castellani e del cosiddetto calice a cariatidiprenestùzo, in «Miscellanea arcbaeologica Tobias Do hm dicata», Roma 1982, in part. 41-42.

47 ScHMIDT - CoUNEf, O. C., 71.

190 G. CAPECCHI

48 Perla sua funzione di supporto, J. R. MARsZAL,AnArchitectw·alfimction for the Lyons Kore, Hesperia, L VII, 1988, 203-206. L'obliquità della superficie superiore del kalathos si spiegherebbe bene in rapporto ad un bacino sostenulo da più figure. Dall'Acropoli vengono numerosi frammenti di figure femminili sostegno di bacino: vedi in particolare H. ScHRADER, Die archaischen Marmorbildwerke der Akropolis, Frankfurt 1969, 325-329, n r. 448. E' notevole il numero delle figure: sei, che tornerà nelle korai dell' Eretteo.

49 Cf. supra, n. 22, sub 9 b. 5° Cf. supra, o. 22, sub 13. 51 P. AMANDRY, L' antre Corycien II, Paris 1984, 396-410, in part. 399-400. 52 V. GIUSTO USI, Parthenicum e le Aquae Segestanae, Palermo 1976, 62-

63. Non mi è stato in alcun modo possibile stabilire quale origine e significato possa avere l 'attraente appellativo 'delle femmine' che è attribuito ad una delle fonti di Ponte Bagni

53 In questo ufficio sono spesso impegnate le loro copie e rielaborazioni neoattiche anche di età imperiale: SCHMIDT - CouNET, n. 276; si aggiunga l'esemplare Ermitage, NIGRoma 1931. 6781; altri esemplari citati inEAA, nuovi Supplementi, s. v. Telamon, in corso di stampa.

54 Cf. supra, n. 22, sub 9 a. 55 Pianta io BuLLE, o. c. , tav. 20. ln rapporto alla cavea, A VON GERKAN,

Zu den Theatern von Segesta und Tyndaris, in <<Festschrift Andreas Rumpf», Krefeld 1952, 83, fig. 5.

56 L. P OLACCO - C. ANTI, Il teatro antico di Siracusa, Rimini 1981, 155-156 en.23.

TAV. XVI

Figure portanti in contesto architettonico (reale o in riproduzione ridotta) in "schema chiuso di Atlante". I triangoli indicano le figure maschili, i quadrati quelle femminili; la campitura del simbolo indica connotazione dionisiaca dell'immagine; l'asterisco segnala i trapezofori. Per la localizzazione, si veda il testo, n. 22.