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Biblioteca Civica di Verona sedicesimi 20 Sulle rotte dei pirati malesi Luigi Motta, Emilio Salgari e Jules Verne tra l’India e il Borneo

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Biblioteca Civica di Veronasedicesimi

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Sulle rottedei pirati malesi

Luigi Motta, Emilio Salgarie Jules Verne

tra l’India e il Borneo

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GIUSTIFICAZIONE

Un discorso sulla letteratura, sulla letterarietà, sui generi.Sui grandi temi delle scritture dell’avventura, permeata di mondi sconosciuti, lontani: dal-le misteriose leggende del paese del Prete Gianni alle fascinose terre descritte dal giovaneMarco Polo, veneziano. Ma ancora prima, alle origini, le peregrinazioni di Ulisse (non solosubite per volere divino ma cercate “per seguir virtute e conoscenza”). E ancora, più vici-no a noi, l’ebbro battello (metafora esistenziale) del giovane Rimbaud o le scelte di campodi Gauguin.Uno spazio, quello dell’incognito, dell’Altro con cui misurarsi, destinato di continuo a sposta-re i propri confini sempre più in là, appena prima e appena dopo l’arrivo degli esploratori, imissionari, i naturalisti, anche gli avventurieri, i commercianti, i soldati, financo gli astro-nauti: una sete inesauribile e inesaurita di conoscere, di vedere, di capire, di far proprio. Troppe tracce, anche sanguinose, su questo percorso: ma l’attraversamento di questo ter-reno (ciò che viene rappresentato in queste scritture) è distante dalle realtà più terribili de-gli sfruttamenti, del colonialismo, degli eccidi, sta ancora al di qua del confine; non denun-cia ma fa conoscere la magia di nuove terre, paesaggi, popoli e culture; prima che arrivinole conoscenze scientifiche, storiche, le sistematizzazioni: racconto di cose che ancora han-no un alone di mistero, che ancora non si trovano nei libri di geografia o nei trattati di an-tropologia; non ancora fagocitate, assimilate, omologate. E così anche le crudeltà, le lottesociali, i pirati, le rivolte diventano strumenti della narrazione, sintagmi narrativi “diver-si”, “esotici”.Il filo conduttore che sembra legare le voci dei tre autori cui è dedicata questa mostra, mar-ca un percorso significativo (al di là delle ricorrenze del centenario verniano e del cin-quantenario di Motta) all’interno della storia letteraria, ossia la nascita, crescita, e pro-gressivo declino di un “luogo letterario”, di un genere: dalla metà dell’Ottocento, quando itemi legati all’Oriente cominciano a comparire nei fascinosi libri di Jules Verne, alla loro ri-scoperta, pochi decenni più tardi e all’utilizzo in un vero e proprio ciclo, grazie alla pennadi Emilio Salgari. L’eredità del creatore del pugno di eroi capeggiati da Sandokan che com-pivano straordinarie imprese tra l’India e il Borneo (nelle mitiche isole note fin dall’anti-chità perché ricche di pepe e di altre preziose spezie) fu poi raccolta dai molti romanzi diLuigi Motta, un altro veronese – originario di Bussolengo –, che a sua volta incoraggiò altrigiovani scrittori italiani a dare continuità ai personaggi e alle ambientazioni di Salgari.Le pagode indiane, i fondali frequentati dai pescatori di perle di “Ceylan”, l’intricata ve-getazione del Borneo, le rotte dei pirati malesi tra il Mare Indiano e il Mare della Sonda so-no diventate in seguito parte del repertorio anche di altri media: cinema, televisione, fu-metto. Ma la stagione dell’originalità e del mistero era mutata, definitivamente.La ricca documentazione venuta dalla Raccolta salgariana della Biblioteca Civica ha per-messo di ricostruire questo interessante percorso su un genere letterario forse oggi menoconosciuto ma che tra Otto e Novecento catturò l’attenzione di migliaia di lettori ed appas-sionati.

Agostino Contò

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DALLA CONOSCENZA GEOGRAFICA ALL’INVENZIONE LETTERARIA

Sarà certamente capitato a qualcuno, tra i più curiosi lettori delle avventure dei pirati salgariani, diricercare in un atlante geografico i luoghi della memoria di Sandokan: e in effetti su un promonto-rio della costa nord-est del Borneo, proteso verso il Mar di Sulu (anche indicato nelle carte ottocen-tesche come Mar di Jolò), si trova Sandokan (anzi, Sandakan), la baia da cui il romanziere verone-se trasse ispirazione per il nome del proprio eroe.Ma cosa sappiamo di Mompracem? Alcune carte seicentesche e, con maggior precisione, la mappa n.89 de La Presqu’Isle de l’Inde au delà du Gange, avec l’Archipel des Indes. Partie Occidentale,tracciata nel secondo volume dell’Atlas encyclopédique (1787-1788) dall’ingegnere e cartografo del-la Marina Reale francese Rigobert Bonne, la collocano nella parte sud-occidentale del Borneo, inprossimità dell’omonimo golfo, proprio sopra la città di Sambas. L’isola, dunque, esiste davvero,anche se in molte mappe di fine Ottocento non compare già più: è probabile che l’evoluzione scien-tifica della cartografia alla fine del XIX secolo l’abbia espunta dalle mappe perché irrilevante.Mompracem era, assai probabilmente, un isolotto, se non addirittura uno scoglio, un banco di sab-bia disabitato a poche miglia dalla costa, non sappiamo in che misura coincidente con l’isola di Ku-raman (o Keraman), su cui il giornalista Giulio Raiola fece murare, agli inizi degli anni Settanta delsecolo scorso, una targa a ricordo di Salgari.Lungo quelle stesse rotte, negli ultimi decenni dell’Ottocento, alcune navi della nostra Marina daguerra, le corvette Principessa Clotilde, Magenta e Governolo e l’incrociatore-avviso CristoforoColombo, accompagnarono alla scoperta del Borneo viaggiatori come il geologo Felice Giordano, ilmedico Paolo Bocca, esploratori della fama di Giacomo Bove, alpinisti e naturalisti, come OdoardoBeccari, tutti desiderosi di arricchire carte e diari con nuove informazioni.Nel vecchio mondo, invece, in quello stesso periodo, Emilio Salgari, senza mai muoversi da casa macon l’atlante aperto sul tavolo, inventò la sua Mompracem, a dimostrazione che i confini tra cono-scenza geografica e letteratura erano segnati dalla fantasia.Come l’Isola che non c’è, popolata dalla ciurma di Capitan Uncino e dall’allegra brigata di PeterPan, come l’Isola del Tesoro, in cui hanno lasciato le loro orme il giovane e intraprendente JimHawkins e il sagace pirata Long John Silver, o ancora come quella in cui approda Robinson Crusoedopo il naufragio, la Mompracem di Salgari è un luogo magico della letteratura, è la grande patriadei pirati popolata di eroi come Sandokan, Yanez e coraggiosi malesi che combattono gli irriducibi-li nemici inglesi. Per il loro creatore, così come per gli altri grandi autori di avventure (Defoe, Ste-venson, Cooper, Verne), il viaggio era il preludio necessario alla nascita del romanzo: essi ne stu-diarono e ne percorsero accuratamente le tappe nella fase che precedeva la scrittura, per poi ridi-segnare nella trama dei loro romanzi le caratteristiche di un territorio, o attribuire – come nel casodi Salgari – i nomi dei fiumi, dei monti, delle baie ai loro personaggi.

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L’ESOTISMO E L’ORIENTALISMO

L’esotismo esercitò la sua massima influenza nel nostro paese sul finire dell’Ottocento. Una defini-zione del termine ci è stata data, a suo tempo, da Mario Praz:

Il termine […] può indicare, in letteratura e nelle arti, ogni elemento forestiero chiaramen-te identificabile; ma il termine s’usa oggi di solito in un significato specifico la cui storia è in-timamente connessa con la storia del Romanticismo.Secondo questa accezione, il termine designa un complesso di emozioni provocate dal pen-siero o dal contatto di paesi stranieri, specialmente di certi paesi dell’Oriente e del Mezzo-giorno. La poesia della distanza, il romantico amore per l’“altra riva” ne sono caratteristi-che essenziali: come anche l’elemento sensuale nel quale è la ragione della localizzazioneprevalentemente orientale di codesto sentimento, essendosi formata nella mente degli Euro-pei, attraverso le relazioni dei primi viaggiatori, l’immagine di un Oriente dalla vita più in-tensa e voluttuosa (M. PR[AZ], Esotismo, in Enciclopedia italiana, XIV, Roma, Istituto del-la Enciclopedia Italia, 1932, p. 341).

Alla fine del Risorgimento nazionale, il nostro paese volse lo sguardo altrove e le curiosità e le modeculturali degli italiani trovarono ispirazione in paesi lontani. Ardimentosi e intrepidi viaggiatori,sentendosi limitati nell’Italia umbertina dell’unità civile ed economica, percorsero mari e terre an-cora poco conosciute scrivendo diari, memorie e resoconti. Un fascino del tutto particolare eserci-tarono nel melodramma, nella letteratura e nella pittura proprio le variopinte culture dell’Oriente,così diverse e così intriganti, e, contemporaneamente, impossibile oggetto di conquista per uno sta-to nuovo e militarmente fragile.

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I LETTERATI E L’ORIENTE

Il viaggio verso l’Oriente serviva a conoscere se stessi scavando nei meandri più segreti dell’anima,cercando di comprendere le ragioni ultime dell’esistenza umana. Si trattava di un criterio non scien-tifico. Non segnava, infatti, i confini o le coordinate geografiche, non misurava le profondità o le al-ture, non tracciava nuove mappe, ma era un approccio alla comprensione del mondo che apriva leporte alla cognizione umana nel momento in cui, come scriveva Italo Calvino, “l’etica e la cono-scenza dell’uomo bianco” venivano in contatto con “l’altro da sé”. L’influenza dell’“orientalismo” fu messa in evidenza anche dalla fallimentare crociera verso la Gre-cia e l’Oriente che, nell’estate del 1895, Edoardo Scarfoglio organizzò a bordo dello yacht Fantasiainsieme all’etnologo e pittore Guido Baggiani, a Gabriele d’Annunzio – che però si fece sbarcare do-po pochi giorni – e al traduttore francese del vate, Georges Hérelle. Del resto è noto il fascino che l’Oriente esercitava su molti scrittori italiani. Già Edmondo De Ami-cis fu autore di testi di viaggio scritti per conto dell’editore Treves. In qualche modo, egli fu tra ipromotori del mito dell’Oriente con Marocco e Costantinopoli, reportages, in seguito utilizzati dal-lo stesso Emilio Salgari. È da ricordare anche il “presunto” viaggio in India di Guido Gozzano inVerso la cuna del mondo. Infine, ultimi grandi cantori di una realtà ancora poco conosciuta furonodue giornalisti del “Corriere della Sera”: l’inviato speciale Luigi Barzini, con la sua leggendariapartecipazione alla corsa automobilistica Parigi-Pechino, di cui lasciò memorabile traccia in Lametà del mondo vista da un’automobile e Arnaldo Fraccaroli, che fu raffinato e scrupoloso testi-mone, con India e altri libri di viaggio.

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JULES VERNE IN INDIA

Il destino che il padre avvocato avrebbe voluto per Jules Verne (1828-1905) fu differente da quellache sarà poi la sua vita. Ben presto, infatti, affascinato dall’opera di Edgar Allan Poe, soprattuttodal Gordon Pym iniziò a scrivere, sotto la sua influenza, quei libri avventurosi e fantastici per cui èpassato alla storia. Nel 1863, il suo Cinque settimane in pallone inaugurò la monumentale serie diViaggi straordinari che avevano lo scopo di riassumere tutte le conoscenze geografiche dell’epoca,raccontate in modo attraente e pittoresco. Verne inizia una collaborazione con l’editore Hetzel e siimpegna a consegnargli ben tre romanzi l’anno, pubblicati prima a puntate sulla stampa periodicae poi in volumi. In breve tempo, grazie a romanzi come Viaggio al centro della terra, Dalla Terraalla Luna, Ventimila leghe sotto i mari, Il “Chancellor”, diventò l’autore più pagato e tradotto deisuoi tempi. Con lo yacth Saint Michel III compì dei viaggi per mare riuscendo, talvolta, a visitare al-cuni di quei luoghi che precedentemente lo avevano ispirato. L’ultima parte della sua vita fu rattri-stata dalla morte dell’editore che tanta fortuna gli aveva portato e dal ferimento da parte del nipo-te, che lo costrinse all’immobilità. Gli scritti di questo periodo ci presentano un Verne cupo e pessi-mista nei confronti della perversione della scienza. Jules Verne fu un ispiratore e un precursore perle avventurose narrazioni di Luigi Motta (che lo incontrò di persona) e, soprattutto, per quelle diEmilio Salgari. Anche Verne, infatti, subì il fascino dell’esotismo che comunicava una serie di emo-zioni suscitate da viaggi (reali o di fantasia) in mondi esotici, primi fra tutti l’Oriente misterioso e leIndie. Fra i romanzi di Verne quello sicuramente più “indiano”, che in questo contesto ci interessaforse di più, è La casa a vapore, del 1880, dove un “elefante meccanico” prefigura i micidiali carriarmati, sullo sfondo degli echi della grande rivolta indiana dei sipahis. In questo filone si inserisco-no: Il giro del mondo in Ottanta giorni (1873), con il salvataggio di una giovane nativa destinata alrogo, Le Indie Nere (1877), in cui gli scavi minerari sono paragonati ai cupi e inquietanti scenari in-diani, e, soprattutto, la trilogia, composta da Ventimila leghe sotto i mari (1869), I figli del Capita-no Grant (1868) e L’isola misteriosa (1875), che ha come protagonista il misterioso indiano cono-sciuto sotto il nome di Capitan Nemo. Nel 1905, cento anni fa, Verne moriva ad Amiens.

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EMILIO SALGARI

Emilio Salgari fu il grande viaggiatore della fantasia, colui che trasformò l’India e la Malesia inun’affascinante frontiera avventurosa. Fece conoscere questi paesi come nessun altro aveva fatto inprecedenza e introdusse nell’uso comune della nostra lingua vocaboli come thug, kriss e praho, so-lo per fare qualche esempio tra i più noti.La figura di Sandokan, in particolare, segnò per sempre l’attività letteraria di Emilio Salgari (1862-1911). La Tigre della Malesia era, secondo Mario Tropea, un “superuomo da melodramma e da ap-pendice popolare... furente, generoso e implacabile, tenebroso e sanguinario, vendicatore e giusti-ziere, il quale, ancora secondo i canoni dell’intreccio ottocentesco, ama una donna di parte avver-sa da cui lo separano fatali eventi e avverse circostanze”. Salgari diede vita ad un ciclo di ben 13 ro-manzi redatti durante tutto l’arco della sua vita di romanziere (1883-1911). La prima parte del ci-clo si compone di quattro volumi, geograficamente collocati tra l’India e la Malesia: Le tigri di Mom-pracem, ambientato nel Borneo (versione per conto dell’editore Donath, nel 1900, della famosa ap-pendice apparsa sulla “Nuova Arena” nel 1883), in cui esordiscono il pirata Sandokan, con il suoinseparabile compagno d’avventure Yanez e Marianna, la donna amata; I misteri della Jungla Ne-ra (1895), ambientato in India, dove Tremal-Naik si innamora di Ada Corishant, prigioniera dellasetta dei thugs guidata dal perfido Suyodhana. Sandokan, Yanez, Kammamuri e Tremal-Naik, im-pegnati nella lotta contro gli inglesi, si incontrano ne I pirati della Malesia (1896) e si alleano ne Ledue tigri (1904) per condurre un’ultima battaglia contro Suyodhana e la setta dei thugs, attraver-sando l’India sconvolta dalla rivolta anti-inglese dei sipahis.La seconda parte del ciclo si compone, a sua volta, di quattro volumi: Il re del mare (1906), dove ipirati si impadroniscono di una modernissima nave da guerra per mezzo della quale sconfiggono gliavversari; in Alla conquista di un impero (1907), Yanez, con l’aiuto dei suoi prodi amici, scaccia daltrono dell’Assam l’usurpatore Sindhia, per restituirlo all’amata moglie Surama; Sandokan alla ri-scossa (1907), in cui Sandokan riconquista nel Borneo il regno perduto e La riconquista di Mom-pracem (1908), che vede Sandokan e Yanez prendere nuovamente possesso della mitica isola in cuierano iniziate le loro audaci imprese. Yanez, infine, è il protagonista dei tre volumi che compongono la terza ed ultima parte del ciclo – Ilbramino dell’Assam, La caduta di un impero e La rivincita di Yanez (1911, i primi due, 1913, l’ulti-mo) – in cui il portoghese conduce una dura lotta contro il redivivo Sindhia, fino alla sua sconfitta.Le tigri di Mompracem è un unicum nella storia letteraria italiana. Infatti il romanziere importò nelnostro paese e in parte dell’Europa gli echi più estremi dello scenario indo-malese: la natura sel-vaggia, le belve feroci, i veleni che non perdonano e la pirateria diffusa. Quali fossero le fonti cui ri-corse lo scrittore per dare forza alla sua narrazione è tuttora oggetto di indagine e di non poco mi-stero: probabilmente una della ragioni che rendono le vicende malesi così originali e interessanti an-cora oggi.

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LUIGI MOTTA

L’Italia di fine Ottocento restò ai margini della grande espansione coloniale che coinvolse i maggioripaesi europei. Di quelle lontane terre così ambite i lettori subivano però tutto il fascino romantico:questa ricerca dell’esotico si rifletteva nei vasti orizzonti di una ricca letteratura di viaggi ed avven-ture, che regalavano senso di libertà ed evasione dalla normalità della vita quotidiana. In questocontesto si colloca l’opera di Luigi Motta (1881-1955), epigono di Emilio Salgari, dal quale traevaspunti e, in qualche misura, modelli per la sua variegata produzione letteraria. La sua carriera edi-toriale iniziò nel 1901 quando pubblicò, con l’editore Donath di Genova, il suo primo romanzo, Iflagellatori dell’oceano, con introduzione dello stesso Salgari. La collaborazione con giornali e rivi-ste illustrate di viaggi, come l’“Oceano”, di cui fu anche direttore, aiutò Motta a farsi conoscere edapprezzare presso il grande pubblico. Versatilità, fervida fantasia e abilità “manageriale” accom-pagnarono la sua frenetica attività: un centinaio di romanzi d’avventura, spesso ampiamente attin-ti da tracce di Emilio Salgari o di scrittori d’oltralpe come i francesi Jules Verne e Louis Boussenard;altre volte creati utilizzando, con non poca spregiudicatezza, il lavoro di giovani scrittori di talentocome Calogero Ciancimino ed Emilio Moretto. Luigi Motta ebbe l’intuizione assai felice di prosegui-re e, in un certo modo di innovare, trame e personaggi che già furono salgariani, come nel “ciclo deipirati del Borneo e della jungla indiana” con i celeberrimi Sandokan e Yanez. Diede inoltre vita aderoi ed intrecci nuovi, come nel “ciclo dei Ramavala”, dove la fatale Maharani o il principe Sudrasi muovono in un’ambientazione esotica, sfuggente e misteriosa. Le trame avvincenti e la facilità diimmedesimazione nelle avventure dei protagonisti accesero la curiosità dei lettori, invogliandoli aseguire le imprese dei personaggi più amati. Ecco allora che naufragi, battaglie, duelli all’ultimosangue tra le forze del bene e le forze del male, ma anche battute di caccia, scene di vita quotidianae minuziose descrizioni di luoghi misteriosi avvicinarono il pubblico ad un mondo “così lontano geo-graficamente ma altrettanto vicino nella fantasia popolare”. Motta impersonò l’anima del suo tem-po. La piccola fama ottenuta fu il risultato delle attese condivise da tanti in un’epoca così travaglia-ta e ricca di cambiamenti in cui l’inebriante profumo dell’Oriente aleggiava nell’aria.

Accanto a Motta, numerosi altri giovani scrittori, come Emilio Fancelli, Aristide Gianella, MarioContarini e Antonio G. Quattrini, ben inseriti nel mondo editoriale, subirono il fascino di EmilioSalgari e ambientarono molti dei loro racconti e dei loro romanzi nel misterioso e intrigante scena-rio indo-malese.

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LE RIVISTE DI VIAGGIO

Dopo la nascita del Regno d’Italia si diffusero riviste d’élite, come “Giro del Mondo” dell’editoreTreves e settimanali popolari, come “Il Giornale Illustrato dei Viaggi” dell’editore Sonzogno ricchidi reportages di viaggi e di testi avventurosi che sviluppavano la curiosità verso i confini del mondoe, in particolare, verso il poco conosciuto Oriente. In Europa, era il tempo di Pierre Loti, di JulesVerne, di Robert Louis Stevenson, di Joseph Conrad e di Rudyard Kipling. Editori dalla forte vo-cazione popolare e democratica (Antonelli, Guigoni, Muggiani, Perino, Pirotta, Quattrini, Sonzo-gno, Treves,) pubblicarono romanzi “esotici” e collane di viaggi. L’attenzione si concentrò preva-lentemente sull’Africa, perché, com’è noto, sembrava a portata di mano per le nostre ambizioni co-loniali, ma non fu l’unico ed esclusivo interesse. Gli scenari indo-malesi occupavano, infatti, un po-sto di tutto rilievo.

Le illustrazioni originali di Alberto Della Valle e di Torquato Sini sono state messe a disposizionedall’Archivio Storico del Gruppo Editoriale Giunti di Firenze.I libri di Jules Verne provengono dalla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano.Gli albi di letteratura disegnata provengono dalla collezione di Giuseppe Poldiallai. Sottofondo musicale a cura di Michele Magnabosco. Un particolare ringraziamento a: V. Callegaro, A. Cecconi, I. Crobu, U. Tomba, L. Zumkeller.

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SULLE ROTTE DEI PIRATI MALESILuigi Motta, Emilio Salgari e Jules Verne

tra l’India e il Borneo

Protomoteca della Biblioteca Civica1 Luglio 2005 - 16 Settembre 2005

Mostra e catalogo a cura di: G. Brentegani, A. Contò, B. Feltre, E. Frigato, C. Gallo, B. Maschietto, G.Piccirilli, L. Rebonato, P. Tiloca.

In collaborazione con:Biblioteca Nazionale Braidense (Milano)

Archivio Storico del Gruppo Ed. Giunti (Firenze)AVIS Comunale VeronaComune di Bussolengo

Comitato Salgariano (Comune di Negrar e i co-muni della Valpolicella).

BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA

Via Cappello, 43 – 37121 VeronaTel 045 8079710 – fax 045 8079727

e-mail [email protected]://www.comune.verona.it/Bibliotecacivica

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