SullaViadellaVita Anno 3 n.2

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Presenza Pastorale in Ospedale Luglio 2014 Anno 3 n. 2 sulla VIA della VITA Venerdì 4 luglio l’Ospedale si raccoglie un momento a fare memoria di un evento che lo riguarda e che è un fiore all’occhiello. Un santa messa alle ore 10:30 in Chiesa San Camillo e una cerimonia rievo cativa presso la lapide posta sul padiglione dell’Amministrazione ri percorrono il senso di un gesto straordinario di eroismo e di raffinata pietà cristiana. Il contesto del IV centenario della morte del Patrono dei malati, degli operatori sanitari e degli ospedali, è ottima cornice per commentare un gesto che dopo 70 anni ancora ci sorprende, ci commuove, ci edi fica. È il martirio, prima consumato nel servizio di ogni giorno, infine nel sangue, delle cinque suore della Misericordia in quella notte fra il 4 e 5 Luglio 1944, sotto i bombardamenti. Cosa diceva san Camillo ai suoi confratelli consacrati ai malati? Li esortava ad assisterli nello stesso modo con cui “una madre si prenderebbe cura dell’unico figlio infermo”. Il senso della maternità nell’assistenza! Questa immagine della madre mi porta a due rifles sioni. 1. La madre considera il figlio parte vitale della sua stessa vita. Ecco perché, nel caso che questi si trovi in pericolo, non esita a buttarsi sotto un’auto in corsa. Questa è una madre. Cosa farebbe una madre davanti ad un imminente bombardamento, sapendo del figlio obbligato nel letto perché da poco operato? Corre verso il rifugio o non si precipita piuttosto al letto del proprio caro? Ecco, qui si svelano le carte. Qui si misura il grado di bontà. Noi siamo tutti buoni, generalmente, nel senso che cerchiamo il bene per le persone care, non rechiamo danno agli altri, non coviamo rancore, al più ci scappa la pazienza, cosa della quale poi ci dispia ce… Insomma, siamo persone per bene, e quando lasceremo questa terra diranno di noi che in fondo eravamo delle buone persone. Vogliamo parlare degli operatori sanitari? Tutti o quasi gli operatori sanitari assistono diligentemente i loro assistiti, con cura, scienza e buona volontà. Sanno che questo è indice di professionalità. Sì, a volte sono particolarmente stressati e può accadere che si lascino sfuggire una rispostaccia sgarbata, ma nell’insieme cercano di dare del loro meglio. Eppure il test che misura il cuore sta proprio lì, nel momento in cui il benessere dell’altro inizia a confliggere col mio. Quando il bisogno Si chiude il IV Centenario del “transito” di san Camillo Stralci dalla biografia di A. Pronzato Le lettera testamento Avvicinandosi la festa di san Bonaventura, padre Camillo dispone in tempo le sue cose. Scrive con mano malferma, o detta, a voce altrettanto incerta, «non poche lettere». A pa dre Ilario Cales, il 20 giugno 1614: «Dubito fra pochi giorni andarò all'altra vita, perché mi sento gravissimo e disperato da' medici. Fatta sia la volontà di nostro Signore». Ed ecco la «lettera testamento», del 10 luglio. In essa c'è tutto Camillo, minacce comprese. Impossibile citarla tutta. Nel congedo, scongiura tutti a «non deviare et alterare il nostro santo istituto». Da parecchio tempo sta preparando il «Testamento spirituale». Parte scritto di suo pugno, parte dettato. Attacca così: «Io Camillo de Lellis, indegno sa cerdote della mia Religione de Ministri degl'Infermi ritro vandomi constituito in estremo dei miei giorni infermo, debole, e mal condotto quanto al corpo...» Dice di lasciare «questo mio corpo di terra alla medesima terra». E poi: «... lascio al Demonio tentatore iniquo tutti i miei peccati. «... Item lascio al mondo tutte le vanità... Lascio alla mia Carne questo poco di tempo che viverò, tutti i dolori, infermità, affanni, e che Iddio le manderà... Finalmente, lascio a Gesù Christo Crocifisso tutto me stesso in anima e corpo». Significativa, nella sua sorprendente novità, l'ultima dona zione. Dal Crocifisso ha ereditato il «pensiero» che l'ha occupato totalmente, anima e corpo. Al Crocifisso, quale Erede universale, tutto deve ritornare. Il documento reca la data del 12 luglio 1614. ... continua a pag. 2 ... continua a pag. 2 Il sacrificio delle Suore della Misericordia ci parla ancora.

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Sulla VIA della VITA - Periodico del Servizio Religioso presente nell’Ospedale di B.go Trento, Verona. - Il sacrificio delle Suore della Misericordia ci parla ancora. - Si chiude il IV Centenario del “transito” di san Camillo. - Storielle estive - Avvisi

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P r e s e n z a P a s t o r a l e i n O s p e d a l e

Luglio 2014 Anno 3 ­ n. 2

sulla VIA della VITA

Venerdì 4 luglio l’Ospedale si raccoglie un momento a fare memoriadi un evento che lo riguarda e che è un fiore all’occhiello. Un santamessa alle ore 10:30 in Chiesa San Camillo e una cerimonia rievo­cativa presso la lapide posta sul padiglione dell’Amministrazione ri­percorrono il senso di un gesto straordinario di eroismo e diraffinata pietà cristiana.

Il contesto del IV centenario della morte del Patrono dei malati, deglioperatori sanitari e degli ospedali, è ottima cornice per commentareun gesto che dopo 70 anni ancora ci sorprende, ci commuove, ci edi­fica. È il martirio, prima consumato nel servizio di ogni giorno, infinenel sangue, delle cinque suore della Misericordia in quella notte fra il4 e 5 Luglio 1944, sotto i bombardamenti.Cosa diceva san Camillo ai suoi confratelli consacrati ai malati? Liesortava ad assisterli nello stesso modo con cui “una madre siprenderebbe cura dell’unico figlio infermo”. Il senso della maternitànell’assistenza! Questa immagine della madre mi porta a due rifles­sioni.

1. La madre considera il figlio parte vitale della sua stessa vita. Eccoperché, nel caso che questi si trovi in pericolo, non esita a buttarsisotto un’auto in corsa. Questa è una madre.Cosa farebbe una madre davanti ad un imminente bombardamento,sapendo del figlio obbligato nel letto perché da poco operato? Correverso il rifugio o non si precipita piuttosto al letto del proprio caro?Ecco, qui si svelano le carte. Qui si misura il grado di bontà.Noi siamo tutti buoni, generalmente, nel senso che cerchiamo il beneper le persone care, non rechiamo danno agli altri, non coviamorancore, al più ci scappa la pazienza, cosa della quale poi ci dispia­ce… Insomma, siamo persone per bene, e quando lasceremo questaterra diranno di noi che in fondo eravamo delle buone persone.Vogliamo parlare degli operatori sanitari? Tutti o quasi gli operatorisanitari assistono diligentemente i loro assistiti, con cura, scienza ebuona volontà. Sanno che questo è indice di professionalità. Sì, avolte sono particolarmente stressati e può accadere che si lascinosfuggire una rispostaccia sgarbata, ma nell’insieme cercano di daredel loro meglio.

Eppure il test che misura il cuore sta proprio lì, nel momento in cui ilbenessere dell’altro inizia a confliggere col mio. Quando il bisogno

Si chiude il IV Centenariodel “transito”di san Camillo

Stralci dalla biografia di A. Pronzato

Le lettera testamento

Avvicinandosi la festa di san Bonaventura, padre Camillodispone in tempo le sue cose. Scrive con mano malferma, odetta, a voce altrettanto incerta, «non poche lettere». A pa­dre Ilario Cales, il 20 giugno 1614: «Dubito fra pochi giorniandarò all'altra vita, perché mi sento gravissimo e disperatoda' medici. Fatta sia la volontà di nostro Signore».Ed ecco la «lettera testamento», del 10 luglio. In essa c'ètutto Camillo, minacce comprese. Impossibile citarla tutta.Nel congedo, scongiura tutti a «non deviare et alterare ilnostro santo istituto». Da parecchio tempo sta preparandoil «Testamento spirituale». Parte scritto di suo pugno, partedettato. Attacca così: «Io Camillo de Lellis, indegno sa­cerdote della mia Religione de Ministri degl'Infermi ritro­vandomi constituito in estremo dei miei giorni infermo,debole, e mal condotto quanto al corpo...» Dice di lasciare«questo mio corpo di terra alla medesima terra». E poi: «...lascio al Demonio tentatore iniquo tutti i miei peccati. «...Item lascio al mondo tutte le vanità... Lascio alla mia Carnequesto poco di tempo che viverò, tutti i dolori, infermità,affanni, e che Iddio le manderà... Finalmente, lascio a GesùChristo Crocifisso tutto me stesso in anima e corpo».Significativa, nella sua sorprendente novità, l'ultima dona­zione. Dal Crocifisso ha ereditato il «pensiero» che l'haoccupato totalmente, anima e corpo. Al Crocifisso, qualeErede universale, tutto deve ritornare. Il documento reca ladata del 12 luglio 1614.

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Il sacrificio delle Suore della Misericordia ci parla ancora.

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dell’altro non mi concede alternative e mi trovo a dover sceglierefra lui e me. Quando ho la sensazione di essere consumato dallesue richieste e di diventare io l’indigente. Siamo sì buoni, ma finoa quando le situazioni o certe persone non ci “obbligano” a di­ventare cattivi. I genitori della povera Yara mi hanno ancora unavolta sorpreso in questi giorni, quando all’indomani dell’arrestodel presunto omicida dicono di provare compassione per la fami­glia di lui e pregano per loro. Essi non rilasciano interviste e il lo­ro “portavoce” è il parroco. Forse perché vogliono che il filtro diogni loro dichiarazione sia il credo cristiano? Anche nel loro ani­mo si muovono certamente emozioni e pensieri contrastanti, maciò che alla fine per loro deve risultare è la opzione di fondo.Quali pensieri tumultuosi possono essersi accavallati nella mentedi quelle cinque consacrate mentre suonavano le sirenedell’allarme? Avevano mille e una ragioni per giustificare unascelta di auto­protezione. Invece, la scelta finale è stata quella delcorrere in corsia.Non si diventa eroi per caso. La statura la costruisci nella quoti­diana azione di maceramento dell’io, che fa un passo indietro, epoi due, e poi tre…, per lasciare sempre più posto all’altro (dopoavere lasciato posto all’Altro). Il gesto di quelle donne era il fruttomaturo di un lungo e intenso percorso di apprendimentodell’amore (dopo avere conosciuto la verità dell’Amore).

2. Fra le tante giustificazioni che le suore avrebbero potutoaddurre, ci stava l’inutilità pratica del loro gesto. Chi avrebberoconcretamente potuto salvare fra quelle 45 malate inamovibilidella chirurgia? Perché aggiungere alla loro morte anche la pro­pria? Perché non accontentarsi di pregare per loro?È questo il pensiero che maggiormente mi ronza nella testa. Infondo quelle suore rischiavano la vita per un nonnulla: non c’eramaterialmente il tempo di trasportare alcunché. Perché allora mo­rire così giovani, quando avrebbero potuto fare ancora tanto delbene proprio continuando a vivere…?

Qualcosa mi dice che la risposta sta nascosta in quelle parole delsalmo che recita: “Mio padre e mia madre mi hanno abbando­nato, ma il Signore mi ha raccolto.”Il Re d’Italia dopo il disastro seguito all’armistizio del 1943 erafuggito lasciando il suo popolo in balia degli eventi. In stato diguerra, si sa, i nemici spuntano da tutte le parti: si chiamano fa­me, morte, sopraffazione, indigenza, giustizia sommaria, fuocoamico… e il più debole è anche il più esposto. I malati degli Isti­tuti Ospitalieri di B.go Trento in 48 ore dovettero sfollare,neanche fossero campeggiatori sul lago, per fare posto ai militaritedeschi. Gli alleati venivano a liberare more solito, con le bombe(Siamo un po’ lontani dal genere di libertà offertaci da Cristo! Seè lui a liberarci, allora siamo liberi davvero, dice l’apostolo).Ecco allora la risposta: davanti ad uno scenario dove il più debolesi sente abbandonato da tutti, con pretesti più o meno validi,delle giovani donne restano, restano a testimoniare che Dio Padrenon abbandona i suoi figli. Sono accorse frettolose in corsia a direa quelle malcapitate ricoverate: noi non vi abbandoniamo. Loscoppio di una bomba dura un attimo e crea distruzione. L’esplo­sione dello Spirito Santo è dono creatore e dura un’eternità.

p. Edoardo Gavotti

La preparazione al ben morire«Nell'Infermeria poteva ascoltare ogni mattina la santa Messa eattendere puntualmente alle pratiche di regola. Finché potè, sisforzò di dire il breviario, con l'aiuto d'un compagno. Quandonon gli riuscì più, chiedeva qualche volta in carità ad alcuni deisuoi sacerdoti di recitarlo in sua presenza» (M. Vanti). Riceve ilViatico in forma solenne, dalle mani del cardinal Ginnasi, il 2 lu­glio. Dopo il «Domine non sum dignus», aggiunge: ­ Signore, ioconfesso di non aver fatto niente di bene e di essere un misera­bile peccatore, perciò non mi resta che la speranza della vostramisericordia...

Il 10 luglio si confessa al padre Mancini. Il giorno dopo, dietrosua insistenza, gli viene somministrato l'olio santo. Rispondecon voce sicura a tutte le formule. Promette a tutti che li avrebbeaiutati dal cielo:«Le persecuzioni ­ aggiunge ­ e le difficoltà incontrate dalla Reli­gione sono state causate dall'odio grande del Demonio, che sivede strappare tante anime. Ma non temete: Dio, per sua gloria,provvederà ad accrescere questa Religione, a propagarla». Assi­curò anche che sarebbero entrati «buonissimi soggetti così dispirito come di lettera». Lunga pausa. Poi riprende:«Padri e fratelli miei, io domando misericordia a Dio, e perdonoal P. Generale qui presente e a tutti d'ogni mal esempio che hopotuto dare, assicurando che tutto è proceduto piuttosto dalmio non sapere che da mala volontà. Infine per quanto mi èconcesso da Dio, come Padre vostro, nel nome della santissimaTrinità e della beatissima Vergine, dono a voi, come agli assenti eai futuri, mille benedizioni». Tutti lo abbracciano, soffocando astento i singhiozzi. Poi raccomanda al confessore di non lasciarepiù entrare nessun estraneo, perché vuole prepararsi in pace amorire.A padre Marcello che insiste perché riceva alcuni gentiluomini,dice: «Fate le mie scuse con questi Signori. Io ho già preso l'OlioSanto, e mi voglio ritirare un poco dentro me stesso». «Padre,questi Signori vengono per consolazione delle loro anime». «Pa­dre Marcello, si muore una volta sola e io devo procurar di mo­rir bene, e così spero di fare con l'aiuto del mio Signore».

Domenica 13 luglio: esige che il «Testamento spirituale» glivenga legato sul corpo dopo la sua morte e lasciato nella se­poltura. Lo fa leggere a voce alta. È il solenne congedo dal pro­

da pag.1 Si chiude il...da pag.1 Il sacrificio...

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prio corpo, la vigilia della morte.Sul finire della giornata, annuncia:«Questa è l'ultima notte».

Il definitivo incontro col Voltodel CrocifissoAll'alba del 14 luglio, festa di sanBonaventura, ha fretta che si cele­bri la Messa: «Sarà l'ultima chesento».Al «memento dei vivi» cava fuori lapoca voce che gli resta: «Fratelli,aiutatemi. Adesso è tempo».Vuole si vada in alcuni monasteriche indica lui a chiedere preghiere.Ogni tanto sospira: «Com'è lungoquesto giorno». Ringrazia il medi­co: «Altro medico mi aspetta!... Stoin attesa della chiamata del Signo­re». Non smette di pregare. All'Avedella sera recita l'Angelus. Glioffrono del brodo. Rifiuta, scu­sandosi: «Aspettate un altro quartod'ora. Poi mi ristorerò...». Sono lesue ultime parole prima di entrarein agonia.Tutti accorrono per la «racco­mandazione». All'invocazione «Mí­tis atque festívus Christi Jesu tibiaspectus appareat» (mite e festosoti manifesti Cristo Gesù il suovolto), Camillo si illumina per unistante, e unisce l'ultimo sorrisoall'ultimo respiro. Lui quel Volto loconosce da tanto tempo. Sono le21 e 30 del 14 luglio 1614. Camilloconta 64 anni.Ha combattuto la «buona battaglia»della carità. Tutti si guardanoattorno smarriti. È venuta a manca­re la sentinella della pietà che vigi­lava su un'umanità sconciata.Adesso ci si sente meno sicuri.

I dieci comandamenti(non scritti)di Camillo de Lellis

Io sono il malato tuo Padrone e Si­gnore:

1. Onorerai la dignità e la sacralità dellamia persona, immagine del Cristo.2. Mi servirai, come madre affettuosa etenerissima, con tutto il cuore, con tuttal'intelligenza, con tutta la fantasia, contutte le forze e con tutto il tuo tempo.3. Ricordati di dimenticare te stesso.4. Non nominare il nome della caritàinvano. Parlerai di preferenza con i piedi,le ginocchia e soprattutto con le mani.5. Non commettere distrazioni.6. Non uccidere la mia speranza con lafretta, la ciabattoneria, l'impreparazione,

l'indelicatezza, l'irritazione, l'impazienza.7. Mi considererai un tutto. E tu ci saraitutto in quello che fai. Perciò nonrinchiudermi in una cartella clinica e nonnasconderti dietro il tuo ruolo professio­nale.8. Non sconsacrare il tuo cuore con ilpensiero del denaro.9. Desidera fortemente la mia guarigione.Mettiti bene in testa che sono entratoall'ospedale per uscirne, sano, il più pre­sto possibile.10. Non esitare a rubare il mio peso, a

impossessarti della mia sofferenza.Quando non puoi togliermi il dolore,almeno condividilo.

... E quando avrai fatto tutto quello chedevi fare, quando sarai stato ciò che deviessere, quando non ti sarai tirato indietrodi fronte a nessuna incombenza fastidiosae a nessun compito ripugnante... nonscordare di ringraziarmi.

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sulla VIA della VITAPeriodico del Servizio Religioso presentenell’Ospedale di B.go Trento, Verona.Il bollettino viene distribuito in cartaceo ein digitale sul sito AziendaleOspedale Civile MaggioreB.go Trento ­ VeronaTelefono: 045.812.2110email: [email protected] ONLINEhttp://issuu.com/sullaviadellavita

Invito alla collaborazioneChi vuole, può collaborare inviando ilproprio contributo per il giornalino:testo, immagini, domande, segnala­zioni,..., alla mail:[email protected] contattando i cappellani.Grati per quanto vorrete donare aquesta causa, con stima ed amicizia.La Redazione

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Il barbiereUn uomo si recò un giorno dal barbiere per farsi tagliare i capelli e rifilare la barba.Come sempre succede in questi casi, si chiacchera con il barbiere e con le personepresenti di temi e argomenti della più svariata natura. All'improvviso la conversazionetoccò il tema di Dio.Il barbiere disse: "Sappia che io non credo affatto all'esistenza di Dio, come lei sostiene"."Perché mi dice questo?" domandò il cliente."Perché? È semplicissimo: basta uscire per strada per accorgersi che Dio non esiste! Oh...mi dica: se Dio veramente esistesse, ci sarebbero tanti malati? Ci sarebbero bambiniabbandonati? E tanta sofferenza? E il dolore che pervade l'umanità? Io non posso pensareche esista un Dio che permetta tutte queste cose!".Il cliente rimase per un attimo senza parole. Decise infine di non rispondere per evitarela discussione. Il barbiere finì il suo lavoro ed il cliente uscì dal negozio.Appena in strada incontrò un uomo con la barba ed i capelli lunghi ed incolti,probabilmente non li tagliava da molto tempo: era chiaramente una persona moltodisordinata e trasandata. Ritornò allora di corsa nel negozio del barbiere esclamando: "Sacosa le dico? I barbieri non esistono!""Come non esistono!?", replicò il barbiere. "Ma io sono qui e sono barbiere!""No," continuò il cliente "non esistono, perché se esistessero non ci sarebbero personecoi capelli e la barba tanto lunga come quella di quell'uomo che è lì in strada!"E il barbiere: "Ah, i barbieri esistono eccome, è solo che quelle persone non vengono dame.""Esatto!", terminò il cliente, "Questo è il punto. Dio esiste, solo che non tutte le personevanno da Lui e lo cercano, o perché non lo conoscono o perché non credono in Lui.

L'amoreUn giovane discepolo andò dal saggio e chiese: "Ditemi: quando un uomo ama e sa diessere amato è la persona più felice di questo mondo, ma come si fa ad imparare adamare?"Rispose il saggio: "Metti in pratica queste regole:Non dare mai un'immagine falsa di se stessi.Dire sempre di sì quando è sì e no quando è no.Mantenere la parola data, anche se costa.Guardare gli altri ad occhi aperti, cercando di scoprirne pregi e difetti.Esercitarsi a perdonare.Dare agli altri il meglio di se stessi, senza nascondere loro i propri difetti.Riprendere il rapporto con gli altri anche dopo delusioni e tradimenti.Imparare a chiedere scusa, quando ci si accorge di aver sbagliato. Condividere gli amici,vincendo la gelosia.Evitare amicizie possessive e chiuse.Dare agli altri anche quando gli altri non possono darci nulla."Il discepolo con uno sguardo perplesso disse: "Sono regole belle ma difficili da vivere!""Chi ti ha detto che amare è facile?", rispose il saggio. "Non esiste l'amore facile, nonesiste l'amore a buon mercato. Non esiste la felicità facile, non esiste la felicità comprataa prezzi di saldo. Tutti cercano l'amore ma pochi sono disposti a pagare il prezzo perottenerlo: il sacrificio! Imparare ad amare richiede un lungo cammino e un lungotirocinio. È difficile, ma non impossibile!"."Quando potrò dire a me stesso di aver imparato ad amare?" chiese il discepolo. "Mai,perché la misura dell'amore è amare senza misura".

Storielle estive

Ospedale Civile Maggiore ­ Borgo Trento

Orari SS. Messe PERIODO ESTIVOdal 30 giugno al 14 settembre

CHIESA CENTRALEFeriale 7.15; Prefestiva 16.15; Festiva 11.00

CAPPELLA del GERIATRICOFeriale SOSPESA; Festiva 10.30;

CAPPELLA DEL POLO CONFORTINIFeriale 7,00 (Nuovo Orario); Festiva 17.00