Sul Bus

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Il vecchio Mikey mi ha chiamato per un lavoretto giù a Seton Sands. Ha detto che è roba facile, che non ci saranno complicazioni. Però sarà notte e io gliel'ho detto a quell'imbecille che non ho la macchina per arrivarci. – Prendi il 26, ti porta dritto alla spiaggia. Poi ti vengo a prendere io, squilla quando arrivi, – mi fa. Perplesso gli rispondo che è ok. Poi ci penso due secondi e gli chiedo – Ma cosa cazzo c'è a Seton Sands? – Vedrai amico, vedrai, – dice Mikey. Mikey è un tipo inaffidabile. Non nel senso che non gli affiderei casa mia, ma perché se avessi un pesce rosso non gli chiederei di occuparsene mentre sono al cesso. Ecco che tipo è Mikey, non so se ci intendiamo. E a questo punto capisco che accettare la sua offerta fa di me un coglione. Che poi, pure il lavoretto che ha proposto mica è chiaro: gli avevo detto che ero fuori dal giro, l'avevo promesso a Shelley. La realtà è che ho perso il posto giù al porto e ho bisogno di un po' di grano, se no non campo, e nemmeno Shelley. Questa cosa del lavoretto non mi fa stare tranquillo. Giuro che se Mikey manda tutto in merda a 'sto giro gli spacco la faccia. Una parte di me spera che Mikey non si presenti, così al massimo dormo sulla spiaggia fino alla ripresa delle corse. No Mikey, no party. Non so bene cosa pensare, tutto quello che so è che è meglio buttarsi. Ho dato un'occhiata agli orari del 26, l'ultima corsa è a mezzanotte giù a King's Road. Cazzo se quel bus si fa un giro lungo! Io abito giù a Leith e il 26 lo vedo passare solo quando porto Shelley a Portobello, o bazzico Princes Street senza un cazzo di motivo, come oggi. Quel bus là si fa tutta Corstorphine. Ah, Corstorphine, una zona per gente col grano. Ogni tanto ammetto di esserci passato. Ti accorgi che stai calpestando le strade di Corstorphine perché vedi tutte quelle cazzo di ville, con il loro cazzo di vialetto di ghiaia, il loro cazzo di giardino curato e le loro cazzo di macchine da

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Mikey ha un "lavoretto" per Neil, giù a Seton Sands. Ma cosa c'è a Seton Sands, frazione desolata a sud di Edimburgo? Neil lo scoprirà a bordo del 26, il bus che lo condurrà a destinazione, un viaggio che si rivelerà essere un vero incubo.

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Il vecchio Mikey mi ha chiamato per un lavoretto giù a Seton Sands.

Ha detto che è roba facile, che non ci saranno complicazioni. Però sarà notte e

io gliel'ho detto a quell'imbecille che non ho la macchina per arrivarci.

– Prendi il 26, ti porta dritto alla spiaggia. Poi ti vengo a prendere io, squilla

quando arrivi, – mi fa.

Perplesso gli rispondo che è ok. Poi ci penso due secondi e gli chiedo – Ma

cosa cazzo c'è a Seton Sands?

– Vedrai amico, vedrai, – dice Mikey.

Mikey è un tipo inaffidabile. Non nel senso che non gli affiderei casa mia, ma

perché se avessi un pesce rosso non gli chiederei di occuparsene mentre sono al

cesso. Ecco che tipo è Mikey, non so se ci intendiamo. E a questo punto capisco

che accettare la sua offerta fa di me un coglione.

Che poi, pure il lavoretto che ha proposto mica è chiaro: gli avevo detto che

ero fuori dal giro, l'avevo promesso a Shelley. La realtà è che ho perso il posto giù

al porto e ho bisogno di un po' di grano, se no non campo, e nemmeno Shelley.

Questa cosa del lavoretto non mi fa stare tranquillo. Giuro che se Mikey

manda tutto in merda a 'sto giro gli spacco la faccia.

Una parte di me spera che Mikey non si presenti, così al massimo dormo sulla

spiaggia fino alla ripresa delle corse. No Mikey, no party. Non so bene cosa

pensare, tutto quello che so è che è meglio buttarsi.

Ho dato un'occhiata agli orari del 26, l'ultima corsa è a mezzanotte giù a

King's Road.

Cazzo se quel bus si fa un giro lungo! Io abito giù a Leith e il 26 lo vedo

passare solo quando porto Shelley a Portobello, o bazzico Princes Street senza un

cazzo di motivo, come oggi.

Quel bus là si fa tutta Corstorphine. Ah, Corstorphine, una zona per gente col

grano. Ogni tanto ammetto di esserci passato. Ti accorgi che stai calpestando le

strade di Corstorphine perché vedi tutte quelle cazzo di ville, con il loro cazzo di

vialetto di ghiaia, il loro cazzo di giardino curato e le loro cazzo di macchine da

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trentamila sterline parcheggiate fuori.

Sono sicuro che anche se la gente che vive in quelle case è scozzese e beve

birra come me, la loro birra è una merda. Perché non esiste che bevi birra come un

vero scozzese se hai una macchina da trentamila vongole. Sembrerò anche

esagerato, ma la penso così.

Controllo l'ora. Sono solo le diciotto, merda.

Cosa fa la gente per distrarsi in questa città? Che non sia bere o mangiare,

dico.

Potrei fare un salto giù a Portobello dal vecchio Porter e farmi una pinta, però

penso che voglio rimanere sobrio per stasera, non so cosa mi aspetta. Mikey è

stato vago, ha detto che non voleva entrare in dettagli per non farmi andare in

paranoia, ma io ci sono già in paranoia.

Diciotto e quarantacinque.

Il tempo sembra non passare mai. Perché? Perché le cose belle devono durare

sempre uno sputo, ma quelle pallose sono infinite?

Percorro la dannata Princes Street, vorrei darmi un tono, e invece no, vago

come un animale in pena. La gente mi squadra e vede in me quello che non

vorrebbe mai diventare, o quello che non vorrebbe mai diventassero i figli: un

reietto della società, pieno di tatuaggi, la barba lunga e la giacca macchiata di

ketchup. Mi accorgo dei loro sguardi, soprattutto di quelli che fingono di non

vedermi.

Ma sapete che vi dico? Fottetevi tutti. Voi e i vostri sacchettoni di Primark, le

vostre scarpe in saldo, i panini di McDonald da novantanove pence e gli shampoo

economici. Non siete diversi da me, date solo un'immagine migliore di voi stessi.

Basta, ho bisogno di stendermi, di pensare un po' prima del lavoretto,

altrimenti sarò tutt'un nervo.

Entro nei Princes Street Gardens, mi trovo un buco sull'erba e mi stravacco.

Mi chiedo cosa stia facendo Shelley, se ha capito che ho qualcosa in ballo con

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Mikey. A lei non è mai piaciuto, ma del resto a chi piacerebbe Mikey? Se la gente

guarda disgustata me, figuriamoci lui, cazzo. È un aborto mancato. Povera madre,

ad avere un figlio così.

Chiedo una paglia ai tizi di fianco, una coppia di frocetti perbene. Dicono che

non fumano, ma so che mentono, lo so che non vogliono condividere nulla con

me, nemmeno l'aria che respirano.

Mi gioco il culo che vivono a Corstorphine.

Chiudo gli occhi per quelli che mi sembrano dieci minuti, invece sono le

ventuno.

La guardia non mi ha svegliato per dirmi che stavano chiudendo i cancelli,

maledetto bastardo.

Mi tiro insieme, scavalco le ringhiere e sono di nuovo su Princes Street,

deserta.

Penso sia una buona idea quella di spostarmi giù a Portobello, mi frugo nelle

tasche e trovo le monete per il biglietto del 26. L'autista mi guarda come fossi il

suo peggior nemico e mi fa "grazie" con fare minaccioso, quasi a voler dire "ti

tengo d'occhio". Io me ne frego e salgo di sopra, mi siedo in fondo. In fondo al

bus ci si mettono solo quelli come me, quelli che hanno qualcosa da nascondere,

davanti invece i turisti e i primi della classe stile Corstorphine.

Li odio, sono persone che dovrebbero essere bruciate assieme alle loro case.

Cos'hanno fatto di speciale per meritarsi quello che hanno? Niente. Niente che io

non abbia fatto. Eppure le nostre vite sono molto diverse, loro non avrebbero mai

le palle per il lavoretto di Mikey.

Già, il lavoretto: io le ho le palle per farlo?

Un pensiero dopo l'altro e sono in King's Road.

Scendo dal bus, mostro lingua e dito medio all'autista, che scuote la testa. Me

ne vado da Porter e mi faccio cucinare salsicce e patatine, con una bella pinta

fredda.

Quando Porter mi offre altro alcol rifiuto, e questo lo insospettisce parecchio,

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alché tiro fuori una delle mie migliori facce da poker e gli dico che è per Shelley.

Il vecchio attacca una pappardella che nemmeno mia nonna mi ha mai fatto:

tira fuori le palle, sei un uomo, bere è libertà, cazzi, mazzi, roba varia. Porter è un

brav'uomo, ma quando fa così gli schiaccerei la testa sul marciapiede.

Non posso dirgli che stanotte devo fare il lavoretto con Mikey, per due motivi:

primo, alla fine non so nemmeno io di cosa si tratti; secondo, Porter non vuole

sentirne di Mikey, nemmeno sotto tortura.

Un paio di anni fa eravamo tutti al bar a vedere una partita alla tele; come

sempre si andava giù duro con la birra e Mikey, da vero sudicione, aveva

sbarellato di brutto. A un certo punto, non ricordo come, si mise a litigare con

Ewan, amico di Porter, fino a minacciarlo col coltello.

La situazione degenerò presto e Mikey iniziò a rompere tutto quello che gli

capitava sotto mano. Porter, incazzato, prese il fucile da sotto al bancone e sparò

un colpo in aria, bucando il soffitto.

Inutile dire che scapparono tutti, col vecchio che urlava a Mikey di non

mostrare più la sua faccia di cazzo da quelle parti finché lui fosse vivo. E così è

stato. Porter ha addirittura appeso sulla porta del bar una vecchia foto di Mikey

barrata di rosso, sotto ci ha scritto a mano "Tu non puoi entrare, stronzo!". Quella

sparata gli costò centinaia di sterline in fatto di danni, allucinante.

Perciò non posso proprio dirgli cosa sto per fare, ma soprattutto con chi, se no

la mia foto finisce vicino a quella di Mikey sulla porta.

Mi godo la cena e do uno sguardo fuori: anche se sono le ventidue e trenta è

ancora chiaro. Quando arriverà il buio per agire come i balordi che siamo?

– Ehi, Port, ma quando cazzo fa buio? Che qua fra poco è ora di dormire e c'è

ancora il sole! – dico al vecchio per fare conversazione.

– Mio caro Neil, ma dove vivi? D'estate il sole tramonta tardi e sorge presto.

Alle quattro sarà di nuovo chiaro. Se non ti piace infilati la testa in un cazzo di

sacco nero! – risponde lui, scoppiando a ridermi in faccia.

Io forzo una risata e rilancio – Come fottuta immondizia, eh?

– Come fottuta immondizia, – rincara la dose Port.

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Ok, lo show è finito, è quasi l'ora X e io devo telare. Mi lascio Porter alle

spalle mentre continua a ridere e gli urlo – Ci vediamo vecchio.

Cammino verso la fermata in Portobello High Street e ripenso a quello che ha

detto Port sul far chiaro. – Merda, – mi dico a voce alta, – questo significa che

abbiamo meno di tre ore per fare il lavoretto. Sarà meglio per Mikey che non

faccia stronzate con così poco tempo dalla nostra.

Sono sempre più preoccupato. Il non sapere che tipo di colpo sia mi sta

massacrando, la miseria.

Come si fa a lavorare così? Maledizione a me e a quando ho accettato.

Lo so che alla fine Shelley lo verrà a sapere e sarò fottuto. Lo so che alla fine

sarà lei quella ad avere ragione.

Ecco il bus.

Ricaccio la mano nella mia tasca lercia, trovo le ultime monete rimaste per il

biglietto.

L'autista mi guarda con sguardo indifferente, e stavolta è indifferente per

davvero.

Ha gli occhi stanchi, le vene rosse belle in mostra. Si vede che non ha voglia

di farsi l'ultimo turno, tutto quello che vuole probabilmente è andarsene a casa,

svaccarsi sulla poltrona modellata sul suo culone e farsi una birra davanti alla tele.

Lo desidererei anche io.

– Un singolo, – gli faccio.

Butto le monete nella macchinetta e dopo il bip ecco il biglietto. Io però lo

lascio là.

– Il bus ha dei problemi tecnici, è possibile che vada via la luce durante il

viaggio. È ok? – mi avverte l'autista con voce strana e profonda.

– Bello, o questo, o niente. Capito?

Lui mantiene lo sguardo fisso sulla strada, sbanfa e chiude le porte del mezzo

alle mie spalle.

Il viaggio inizia.

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Barcollo a ritmo delle vibrazioni del veicolo e mi guardo intorno: è tutto

vuoto.

Non faccio in tempo a salire e a scegliermi il posto che il neon inizia a fare

brutti scherzi.

– Ma che cazzo stasera, – esclamo.

In fondo c'è una coppia che limona duro, così decido di sedermi in prima fila.

Io non ho paura di niente, eppure qualcosa mi fa venire i brividi, sarà la

pressione che mi rende nervoso. È tutta colpa di Mikey, sarebbe stato meglio se

Porter lo avesse seccato due anni fa.

Dopo dieci minuti il neon si spegne per sempre, come anche le CCTV di

bordo. Appoggio i piedi sulla sbarra davanti a me e penso a godermi il tragitto,

vorrei rilassarmi.

Sento le risatine e le voci basse della coppia là dietro, al momento sono l'unica

cosa che mi fa restare calmo.

Le strade non sono illuminate e in giro non c'è nessuno, il buio ingoia tutto. Ci

sono solo i fari del 26 che fanno luce sulla sua rotta, poi zero: nessuno sale,

nessuno scende, sembra un autobus senza destinazione.

Attraversiamo Joppa, costeggiamo il mare, nero come la morchia giù al porto.

Non c'è luna nel cielo che si rifletta sull'acqua, e mi sembra strano perché oggi

pomeriggio l'aria era pulita.

Di colpo, preso da una paura incontrollata, mi giro: voglio assicurarmi che la

coppia ci sia ancora. Ma certo che c'è, idiota.

Questa cosa del lavoro mi sta facendo i nervi a pezzi, giuro che sarà l'ultima

volta, lo giuro. Non esiste che arrivo a 'sti livelli per colpa di Mikey.

Entriamo in Musselburgh, i fari del bus illuminano il cartello di benvenuto:

"The Honest Toun", la città onesta. Quante puttanate, ho conosciuto più ladri a

Musselburgh di quanti ne abbia visti giù a Leith. Non ho mai capito chi sia lo

psicopatico che dà questi titoli alle città.

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Di punto in bianco, verso Prestonpans, i fari del bus incontrano della nebbia.

All'inizio sembra solo del fumo, invece aumenta e tutto il 26 viene circondato

da questa fottuta nuvola bianca. Alcuni finestrini sono aperti e il fumo, o nebbia,

entra anche dentro; mi viene il panico, non è normale. Basta, devo mantenere la

calma, non devo farmi venire un colpo, è solo uno stupido bus, uno stupido

dannato bus e questa è solo stupida nebbia.

Stupida nebbia? Un cazzo!

Mi guardo attorno e non esiste più nulla attorno a me, il bus sembra fluttuare,

non sento più le vibrazioni del viaggio.

Mi volto di scatto e con lo sguardo cerco disperatamente la coppia. Vedo le

sagome sempre là, immobili, e a questo punto mi viene un dubbio. Mi avvicino,

cammino piano e penso a Shelley, penso che dovrei essere con lei sul divano a

bere birra e mangiare patatine, non qua.

– Ragazzi, – la mia voce è tesa, – ...cioè, insomma... come va? Cioè, non

credete ci sia qualcosa che non va qui? Ecco... – non riesco a finire la frase che la

nebbia, fumo, quel cazzo che è, si dirada e vedo i due corpi: abbracciati,

rinsecchiti, morti.

I loro teschi dal ghigno spaventoso mi fissano con una smorfia, sembra ridano

di me. La nebbia gli si infila nelle cavità delle orbite, del naso, della bocca e a me

viene da sboccare, ma ho troppa paura perfino per quello. Porca puttana, qua me

la sto facendo sotto. Le gambe mi tremano, le mani sono due ghiaccioli e le

budella hanno formato un gomitolo tipo quelli con cui giocano i gatti.

Indietreggio per il corridoio del 26, ormai troppo buio per vedere dove mettere

i piedi, mentre io sono ormai troppo terrorizzato per pensare qualsiasi cosa di

sensato.

Ad un tratto, mi scontro con qualcosa.

Dietro di me c'è quel ciccione dell'autista: enorme, gigantesco, tocca il soffitto

che sembra lo sfondi.

I suoi occhi sono pieni di sangue da sembrare neri. Ho paura, lo ammetto

senza fare il grosso, ho molta paura.

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– Non lo sai che non devi stare in piedi quassù, mentre il bus è in viaggio? –

mi fa il gigante; la sua voce mi congela il sangue.

Il bus non si muove più da un pezzo, in realtà.

– Sissignore, ma qua non so cosa cazzo sta succedendo signore, loro sono

morti e io... – piagnucolo.

– Tu cosa? Hai paura di morire, Neil?

– Come sai il mio nome?

– Ma come, Neil, è scritto sul tuo biglietto. L'autista sa sempre tutto dei suoi

passeggeri. E ogni biglietto è pagato con la loro anima, la quale, per inciso, ora è

mia.

Questo è un cazzo di incubo. Si, non può essere altrimenti. Ora conterò e al tre

sarò sveglio, dimenticherò questa merda. Strizzo gli occhi e inizio: uno, due, tre.

Li riapro ma sono ancora sul 26, con l'autista davanti a me, la sua camicia bianca

che a stento si abbottona, i pantaloni neri, le scarpe pesanti. Qua è tutto reale,

cazzo.

– Neil, andiamo, non essere ridicolo. Pensi davvero di stare sognando? Che

assurdità. Se stessi sognando, potrebbe mai succedere questo? – e la sua bocca mi

mostra un sorriso perverso.

I tatuaggi che ho sulle braccia, una tigre e un dragone, si muovono impazziti,

li sento andare su e giù e non riesco a fermarli.

Gli occhi del ciccione brillano di rosso ed è allora che sento le zanne della

tigre affondarmi nella carne, il dragone stringermi e comprimermi il braccio fino a

farmi scoppiare le vene.

Gli artigli di entrambe le bestie mi strappano la pelle e i muscoli, il mio

sangue cola per terra e nella disperazione mi rotolo nel corridoio, urlo e piango

come un dannato.

Le risate potenti e terribili dell'autista si uniscono alle mie grida, tutto quello

che sta accadendo si avvicina alla mia personalissima idea di inferno. Non me lo

sono mai sognato come un posto pieno di fuoco, con diavoli e cazzate simili, non

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ho mai creduto che il Demonio fosse una bestia con le corna e la coda, semmai il

più insospettabile dei vecchietti.

Penso a queste cose solo perché l'adrenalina mi ha intontito del tutto.

Non sento più le braccia, il sangue ha macchiato il pavimento e inzuppato i

vestiti, mi viene da ridere perché mi immagino come un cazzo di gingerbread

man immerso nel tè delle cinque.

Il ciccione ride di me, io, disteso sul pavimento sporco, penso a Shelley.

Aveva ragione, le donne hanno sempre ragione quando si tratta di queste cose.

Forse è questa la fine che fa per me. C'è un detto secondo cui "se vivi in un

certo modo, morirai in quel modo" e credo sia vero. Io, con la mia barba lunga, la

giacca macchiata e i tatuaggi da galeotto non potevo morire su un tappeto rosso,

in una casa decente. Il pavimento di un bus di merda è probabilmente quello per

cui ero nato fin dall'inizio.

Porterò Mikey all'inferno con me. Quel maledetto bastardo, è solo colpa sua se

è successo tutto questo.

– Allora, Neil, hai finito di pregare come una signorina spaventata? – mi sfida

il grassone.

Nonostante il dolore tiro fuori le palle e mi alzo in piedi.

– Non stavo pregando, stronzo, – inveisco, – voglio vedere di cosa cazzo sei

capace, tu che parli tanto. Secondo me sei solo una fighetta che porta a spasso il

suo triciclo, scommetto che nella tua vita non sai fare altro! – e gli sputo in faccia.

Lui, tranquillo, si passa la mano sulla guancia e pulisce la mia saliva, per poi

leccarla.

– Non c'è bisogno che mi provochi, è già tutto deciso. Speravo di divertirmi un

po' di più con te, ma se desideri affrettare le cose non devi ricorrere a questi

trucchetti. Sei solo un povero stupido, Neil. Ero stato avvertito, ma io non mi fido

mai della gente.

– Chi? Chi ti ha detto cosa? – domando sorpreso.

– Io conosco tante persone. Alcune sono potenti, altre sono proprio come te:

degli insignificanti pezzi di carta.

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– Allora fai quello che devi fare, stupida testa di cazzo!

– Ready or not, here I come, – canticchia.

E da questo momento in poi non ricordo più nulla.

La vita mi ha abbandonato senza che nemmeno me ne accorgessi. Sapete, non

ha fatto neppure male come mi aspettavo, voglio dire, i tatuaggi sono stati molto

più dolorosi.

So solo che l'autista mi ha mostrato il biglietto: c'era scritto il mio nome,

quello lo ricordo. E poi, da quel biglietto si è aperto un vortice, la nebbia mi si è

avvolta intorno e ho iniziato a sentirmi debole. Mi sono inginocchiato davanti a

quello stronzo, non avrei voluto, ma l'ho dovuto fare, non mi reggevo più in piedi.

Non scorderò mai la sua faccia: crudele, con gli occhi neri di sangue e il

ghigno malvagio.

Non so se mi abbia preso prima il corpo o l'anima, sempre che ne abbia avuta

una: forse se li è presi tutti e due, non so che affare ci abbia fatto. Sono riuscito a

leggere il nome sul cartellino pinzato al taschino della sua camicia, ma non ve lo

dirò perché lo cambia sempre.

Ti vengo a prendere Mikey.

Il 26 giunge al capolinea di Seton Sands alle prime luci dell'alba.

L'autobus si immette sulla rotatoria che gli consentirà il ritorno verso

Edimburgo; al centro c'è una grande aiuola da cui spunta un cartello: "Benvenuti a

Seton Sands".

Seduto alla pensilina c'è un uomo: alto, magro, capelli lunghi e lerci, barba

scura e pochi denti in bocca.

Il veicolo apre le porte, l'autista scarica sul marciapiede il corpo esanime di

Neil. Non un graffio, non una goccia di sangue, eppure i capelli del cadavere sono

bianchi, il volto è deformato in un'espressione d'orrore.

L'uomo e l'autista si scambiano uno sguardo, poi si sorridono maliziosamente.

Il 26 riparte di gran carriera, l'uomo alto e magro resta con Neil.

– Te l'avevo detto, amico. Un lavoretto facile facile, alla tua portata. Stammi

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bene.

Il vento soffia violento sulla spiaggia di Seton Sands, presto pioverà.

C'è un giornale vecchio di cinque giorni che giace abbandonato sulla riva triste

e spenta; la prima pagina grida un titolo di cronaca nera: "Rinvenuto cadavere

sulla spiaggia a Seton Sands: è Mikey Colinton, ladro".