STORIA DELL’ORDINE - Barnabiti · se la maledetta “separazione” ... (Gorizia) 09TRIS Storia...

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tà, le comode tradizioni, gli affetti domestici, gli interessi materiali, la vita propria, tutto passò in seconda linea, e trionfò soltanto la sublime carità di Cristo. I sacerdoti non furo- no più soltanto sacrificatori all’Al- tare, ma furono anche sacrificati: ecco la ragione per tanta efficacia di bene. E i mezzi quali furono? I mezzi furono anzitutto la perfetta discipli- na, poi l’essersi accumunati coi gio- vani, aver vissuto con loro, aver pianto e gioito realmente con loro, averli amati ed essersi fatti amare. Se così è, o confratelli sacerdoti, rendiamo a Dio le grazie più since- re, perché la sua Misericordia ci ha aiutato, rallegriamocene con noi stessi, perché la Sua Provvidenza ci ha mostrato che possiamo far molto più di quanto forse non avevamo fatto finora. Finirà la guerra, e se a Dio piacerà, riprenderemo tutti i nostri posti di prima. Ma come li riprenderemo? Per ritrovare i como- di, gli affetti, i lucri, gli onori, le tri- sti tradizioni? … No, non mai. La guerra ci ha insegnato quali siano i mezzi per operare il bene, e noi nel dopo guerra li attueremo con lo stesso slan- cio di questi mesi memoran- di, dimenticheremo completa- mente noi stessi, e con l’aiuto di Dio condurremo le anime alla conquista della Patria eter- na» (P.S., Ieri – oggi – domani, in “Il prete al Campo”, Anno III, n° 17, 1° settembre 1917, rubrica Note Apologetiche, pp. 235-236). preti soldati Gli ecclesiastici coinvolti nella Grande Guerra furono circa 25.000, di cui 15.000 sacerdoti. I preti soldati com- prendevano seminaristi, novi- zi, chierici e conversi destina- ti alle truppe combattenti, mentre i già sacerdoti al mo- mento della mobilitazione avevano la possibilità di esse- re assegnati ai Reparti sanita- ri. Pertanto circa 30.000 preti soldati non furono dalle Au- torità militari distinti dalla massa dei soldati, venendo mandati al fronte dove, al- l’occorrenza, erano costretti a uccidere. Sempre P. Giovanni Seme- ria così li descrisse: «Sono circa trentamila questi igno- rati uomini di sacrificio, che soffrono umilmente senza protestare e senza essere degnati nemmeno di qualche speciale considerazione al riguardo. È vero che la maggior parte di loro so- no stati adibiti a servizi sanitari, ma è anche vero che non si è affatto prov- veduto a tutelare la dignità di un Ca- rattere, che meritava specialis- simo rispetto, anche per l’ono- re della Nazione. L’Inghilterra, gli Stati Uniti, e persino la Tur- chia, hanno trattato ben diver- samente i sacerdoti, e altret- tanto sarebbe stato in Francia se la maledetta “separazione” non avesse violato il celebre concordato. Ma le recrimina- zioni sono quasi sempre inuti- li, e sovente dannose, dunque passiamo ad altro. Noi voleva- mo far notare a chi non lo ha notato affatto, o a chi lo ha notato troppo poco, che que- sta falange di uomini preti merita tanto maggiore consi- derazione, quanto minore è per essi la possibilità di essere osservati ed apprezzati. Infatti il Cappellano è facilmente “visibile” a tutti – ufficiali e soldati – e le sue virtù e i suoi eroismi possono agevolmente conoscersi e premiarsi come meritano. Ma il povero solda- to, chi lo vede? Lo chiamano “imboscato”, lo confondono con i “pappini”; tutti – uffi- ciali e truppa – pretendono che ubbidisca sempre e non faccia mai valere le sue ragio- STORIA DELL’ORDINE Eco dei Barnabiti 4/2014 31 Salonicco, 8 aprile 1917, p. Salvato, barnabita, e il suo altarino da campo dedicato a Maria Mater Divinae Providentiae il Miles Christi, Genova, Parrocchia dei Barnabiti di Gesù Adolescente. Luogo dove è sepolto il Servo di Dio Don Luigi Raineri, chierico studente barnabita

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tà, le comode tradizioni, gli affettidomestici, gli interessi materiali, lavita propria, tutto passò in secondalinea, e trionfò soltanto la sublimecarità di Cristo. I sacerdoti non furo-no più soltanto sacrificatori all’Al -tare, ma furono anche sacrificati:ecco la ragione per tanta efficacia dibene.E i mezzi quali furono? I mezzi

furono anzitutto la perfetta discipli-na, poi l’essersi accumunati coi gio-vani, aver vissuto con loro, averpianto e gioito realmente con loro,averli amati ed essersi fatti amare.Se così è, o confratelli sacerdoti,rendiamo a Dio le grazie più since-re, perché la sua Miseri cordia ci haaiutato, rallegriamocene con noistessi, perché la Sua Provvidenza ciha mostrato che possiamo far moltopiù di quanto forse non avevamofatto finora. Finirà la guerra, e se aDio piacerà, riprenderemo tutti inostri posti di prima. Ma come li riprenderemo? Per ritrovare i como-di, gli affetti, i lucri, gli onori, le tri-sti tradizioni? … No, non mai. Laguerra ci ha insegnato quali siano i mezzi per operare il bene, e noi nel dopo guerra li attueremo con lo stesso slan-cio di questi mesi memoran-di, dimenticheremo completa-mente noi stessi, e con l’aiutodi Dio condurremo le animealla conquista della Patria eter-na» (P.S., Ieri – oggi – domani,in “Il prete al Campo”, AnnoIII, n° 17, 1° settembre 1917,rubrica Note Apologetiche,pp. 235-236).

preti soldati

Gli ecclesiastici coinvoltinella Grande Guerra furonocirca 25.000, di cui 15.000sacerdoti. I preti soldati com-prendevano seminaristi, novi-zi, chierici e conversi destina-ti alle truppe combattenti,mentre i già sacerdoti al mo-mento della mobilitazioneavevano la possibilità di esse-re assegnati ai Reparti sanita-ri. Pertanto circa 30.000 pretisoldati non furono dalle Au-torità militari distinti dallamassa dei soldati, venendomandati al fronte dove, al-l’occorrenza, erano costretti a

uccidere. Sempre P. Giovanni Seme-ria così li descrisse:

«Sono circa trentamila questi igno-rati uomini di sacrificio, che soffronoumilmente senza protestare e senza

essere degnati nemmeno di qualchespeciale considerazione al riguardo. Èvero che la maggior parte di loro so-no stati adibiti a servizi sanitari, ma èanche vero che non si è affatto prov-veduto a tutelare la dignità di un Ca-

rattere, che meritava specialis-simo rispetto, anche per l’ono-re della Nazione. L’Inghilterra,gli Stati Uniti, e persino la Tur-chia, hanno trattato ben diver-samente i sacerdoti, e altret-tanto sarebbe stato in Franciase la ma ledetta “separazione”non avesse violato il celebreconcordato. Ma le recrimina-zioni sono quasi sempre inuti-li, e sovente dannose, dunquepassiamo ad altro. Noi voleva-mo far notare a chi non lo hanotato affatto, o a chi lo hanotato troppo poco, che que-sta falange di uomini pretimerita tanto maggiore consi-derazione, quanto minore èper essi la possibilità di essereosservati ed apprezzati. Infattiil Cappellano è facilmente“visibile” a tutti – ufficiali esoldati – e le sue virtù e i suoieroismi possono agevolmenteconoscersi e premiarsi comemeritano. Ma il povero solda-to, chi lo vede? Lo chiamano“imboscato”, lo confondonocon i “pappini”; tutti – uffi-ciali e truppa – pretendonoche ubbidisca sempre e nonfaccia mai valere le sue ragio-

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Salonicco, 8 aprile 1917, p. Salvato, barnabita, e il suo altarino da campodedicato a Maria Mater Divinae Providentiae

il Miles Christi, Genova, Parrocchia dei Barnabitidi Gesù Adolescente. Luogo dove è sepolto ilServo di Dio Don Luigi Raineri, chierico studentebarnabita

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ni: i primi perché è inferiore, i se-condi perché è prete e perciò pa-ziente e sottomesso. E il povero pre-te soldato lavora, soffre e tace. Unasevera e giusta legge canonica gliproibisce di “chiedere” l’onore delcombattimento; una blanda e in-congruente legge umana non osacomandarglielo, come non osa co-mandargli di ascendere al grado diufficiale, mentre ne avrebbe tutti irequisiti, ma intanto lo arruola for-zatamente come soldato. Il poveroprete ha veduto così passargli avantitutti i commilitoni, più giovani e me-no dotti, ed egli ne è diventato “su-balterno” rimanendo nell’infi-mo grado, confuso con queipoveri ignoranti di soldati –non è un’offesa, ma unaamara constatazione – chenella loro rozzezza, veden-dolo accomunato con loro,ne disprezzeranno inconscia-mente il Carattere sacerdota-le, come talvolta “cosciente-mente” lo disprezza qualchesuperiore di “primo… o diantico pelo”.Se non fosse la carità di Cri-

sto, questi umili eroi del dove-re, non potrebbero reggere atanto disdoro. Abbiamo visto– e quanti li avranno visti!! –dotti e venerandi religiosi, par-roci, professori, canonici, epersino vicari generali – eser-citare i più umili uffici – nono-stante le inadempiute circolari– nelle corsie d’ospedale, nel-le cucine, nei vagoni ferrovia-ri, nelle “sussistenze”, nelletrincee; li abbiamo visti pian-gere di amarezza, ed abbia-mo voluto piangere con loro.Un canonico umbro trascina-va faticosamente per Roma un car-rettino di biancheria sudicia; un pro-fessore lucchese “ramazzava” le im-mondizie in una stazione nel Veneto,un altro riceveva gli insulti di un uffi-cialetto perché nel portare un pesan-te sacco sulle spalle aveva dovutofermarsi un po’ per riposarsi; ungruppo di preti, tutti sudici di calce edi fango, stavano ripulendo un trin-cerane, da ogni sorta di detriti; masarebbe troppo lungo continuare laenumerazione. E gli eroismi, i veri epropri eroismi di guerra, non ci sonostati e non ci sono forse in gran nu-mero anche in questi misconosciuti

soldati preti? Basta scorrere l’elencodelle ricompense per constatarlo; esi noti che le ricompense per essi so-no più difficili; perché i loro atti divalore il più delle volte sfuggono,confusi nella massa. Onore dunqueai confratelli preti soldati! Felice chipotrà far loro un po’ di bene solle-vandoli, difendendoli, confortandoli.E specialmente beati voi, o confratel-li Cappellani, che, posti dalla Provvi-denza in una condizione privilegiata,avete modo di esercitare le primiziedella vostra carità fraterna, con i caripreti soldati, attuando a loro riguar-do il sublime “Charitas Christi urget

nos”! Sì: consoliamoli, aiutiamoli ilpiù possibile questi poveri dimenti-cati; il sorriso fraterno renda menotriste la loro amarezza; l’affetto cri-stiano renda meno umiliante la lorocondizione; e tutti – amici e avversa-ri – vedano che per noi sacerdotinon vi è distinzione di grado, maunione di famiglia, perché tutti fratel-li in quella schiera cui disse Gesù:“euntes in mundum universum, do-cete omnes gentes… servare omniaquaecumque mandavi vobis”» (“D.P.S.”, I preti soldati, in “Il prete alcampo”, Anno IV, n° 18, 16 settem-bre 1918, pp. 205-206).

i nostri caduti

I barnabiti soldati nell’ultimo annodella Grande guerra furono ben 148.Una cifra impressionante visto cherappresentavano più del 50% dell’in-tera Congregazione di allora. Tra lecentinaia di migliaia di caduti si con-tano così anche undici barnabiti: trefratelli conversi, sette chierici studen-ti e un sacerdote.

Fratel Camillo Grioni nacque a Ca-stiglione d’Adda (LO) il 15/3/1885;allievo caporale del 202° Reggimen-to Fanteria, cadde sul Carso il 2 no-

vembre 1916 poco dopo esse-re stato ferito in combattimen-to al polmone sinistro. Di luiscrissero i suoi Superiori mili-tari: «Grioni è stato esempiodi serenità e fede». Fu sepoltonel cimitero di S. Pietro sul-l’Isonzo.Fratel Ettore Pagliari nac-

que a Caviaga  di Cavenagod’Adda (LO) il 13/3/1891; del160° Reggimento Fanteria, da-to per disperso per alcuni me-si, morì il 15 luglio del 1917nell’ospedale da campo 1410per ferita al ventre e vennesepolto nel cimitero militaredi Haidüshaft presso Gorizia.Scrisse queste sue ultime pa-role dalla Zona di Guerra il 5 maggio 1917: «Per quantoamaro sia il calice sono rasse-gnato a bere sino all’ultimastilla in soddisfazione dei mieipeccati. Sia fatta in tutto la vo-lontà del Signore e doman-dandole perdono delle man-canze commesse in Collegio,le domando la S. Benedizio-ne… Addio P. Rettore».

Fratel Damiano Rebellato nacquea Bessica di Loria (TV) il 25/5/1896;caporale del 58° Reggimento Fante-ria, perse la vita per lo scoppio diuna bomba il 9 giugno 1917. Così ilCappellano militare del medesimoReggimento, Don Francesco Greppi,ne comunicava la mesta notizia alSuperiore generale: «…Sono profon-damente commosso per la perdita diun giovane tanto caro. Nei pochigiorni che fu al 58 Regg. Fanteriaseppe acquistarsi la benevolenza deiSuperiori per la cura scrupolosa im-piegata nell’adempimento al propriodovere; si accaparrò l’affetto dei sol-

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tomba di Don Adelchi Ceroni nel cimiteromilitare di Sdraussina (Gorizia)

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dati per la sua affabilità. Il suo co-mandante di compagnia lo propose evenne promosso Caporale, ottenen-do la disciplina nella sua squadra piùcon amore che con autorità. La sua

morte mi venne subito comunicatadai suoi soldati che ne rimpiangonoamaramente la perdita. Nell’afflizio-ne che colpisce codesta Congrega-zione sia questo un gran conforto: ilcaporale Rebellato non ebbe mai adarrossire nel dimostrarsi religioso,compiendo sempre e ovunque, ap-pena se ne presentasse l’occasione,le sue pratiche di pietà con tale devo-zione da riuscire di buon esempio atutti i suoi compagni. Non pochi fu-rono da lui ricondotti alle pratiche re-ligiose, moltissimi ebbero in lui unamico affezionatissimo…».Don Adelchi Ceroni nacque a Mi-

lano il 18/6/1893; sergente del 112°Reggimento Fanteria, morì il 24 otto-bre 1915 sul Carso per una fucilatache lo colpì in fronte non appenauscito dalla trincea per ricondurre in-dietro un plotone di soldati troppoavanzato. Venne sepolto nel Cimiterodi Sdraussina a Gorizia. Il 23 maggio1915 aveva scritto al proprio Supe-riore generale: «Benedicite. Rev.moPadre, muoio contento, perché Diolo vuole e lo vuole (e così voglio an-ch’io) in servizio della Patria. Chiedoperdono a Lei ed in Lei a tutti della

Congregazione, che mi furono Supe-riori o compagni; perdono delle of-fese e dei mali esempi, e preghiere.Più vicino a Dio le ricambierò comeivi si fa».Don Vincenzo Nuzzo nacque a

Santa Maria a Vico (CE) il 23/7/1893;sergente allievo ufficiale del 93° Reg-gimento Fanteria, fu colpito a morteil 7 novembre 1915 sul Colle di San-ta Lucia a Tolmino. Tra le tante testi-monianze che lo riguardano, questa:«Un giorno un suo compagno ser-gente si permise di insultare il Papa insua presenza. Egli rispose con senno,ma energicamente: ne nacque un di-verbio per cui l’altro rimase mortifica-to e offeso. Il giorno dopo Don Vin-cenzo si vide venire innanzi un ser-gente maggiore che gli significòl’intenzione dell’altro di sfidarlo aduello: rispose con franchezza e consdegno secondo la coscienza gli det-tava. Nel medesimo tempo però, me-more della carità e dei doveri che im-pone, cercò di raddolcire quell’ani-mo inasprito e ci riuscì così bene chetutta quella burrasca finì col dono diuna pagnotta».Don Achille Villa nacque a Lomaz-

zo (CO) il 17/8/1892; in corso di no-mina a Sottotenente del 205° Reggi-mento Fanteria, il 1° marzo 1917 fudilaniato – assieme ad altri sette sol-dati – da una granata da 280 cadutain trincea nei pressi del San Marco.Venne sepolto a Gorizia nel cimiteromilitare dei Cappuccini, fossa dacampo n° 54. Così il 19 marzo del1917 scrisse il Cappellano Militaredel 205° Reggimento, P. AngelicoMuggetti, al Superiore generale: «Dilui [don Achille Villa studente barna-bita] potrei scrivere un volume. Duesoli mesi visse il Villa nel mio reggi-mento, ma essi furono più che suffi-cienti perché la bellezza dell’animosuo e la grandezza del suo cuore siaccaparrassero la stima e l’affetto deisuperiori, colleghi e inferiori. Senzatimore e paura nella manifestazionedella fede e delle opere di pietà, dicarattere amabile e giovialissimo contutti, prudente sì ma forte e impavidonei più critici momenti e sotto le tem-peste di fuoco. Egli passò lasciandoun ricordo che difficilmente si dile-guerà dall’anima del Reggimento…».Don Gennaro della Rocca nacque

a San Felice a Cancello (CE) il24/3/1895; del 68° Reggimento diFanteria, cadde il 29 maggio 1917

sul Carso a quota 241. La sua salmariposa a Case Bonetti, in uno dei piùpiccoli cimiteri del luogo. Così parla-va della sua attività di conforto spiri-tuale svolta a favore dei suoi commi-litoni: «Il Cappellano ha abbonatome pel 3° Battaglione all’Italia, saràun po’di propaganda per la buonastampa che farò quando lo darò aleggere agli amici. Quanto bisognoc’è dell’aiuto divino. Povera gioventùperduta! Molti sono buoni, ma in ge-nere infelici. Manca la fede! Si sca-gliano contro la cara Madonna conbestemmie orribili che fanno tremare.Oh Madonna mia, quanto siete san-ta, bella, Immacolata e pura, dico nelmio cuore, a tali brutture, così cercodi rendere giustizia».Don Alfredo Bonechi nacque a

San Giovanni Valdarno (AR) il15/12/1890; ascritto alla Sanità, morìdi tifo ai primi di dicembre 1917. Fusepolto nel cimitero comunale di SanVito (Udine) nel luogo assegnato aimilitari. Così descriveva la sua attivi-tà: «R.mo ed amato mio Padre, sta-mane che mi sento un po’ più calmo,mi accingo a scriverle di cuore. Le

giornate, che ora ho trascorse, sonostate giornate per me un po’ agitateesternamente: ma grazie a Dio, inter-namente sono rimasto tranquillo, for-tificato dal buon Gesù disceso nel

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Don Vincenzo Nuzzo, barnabita

Fratel Damiano Rebellato, barnabita

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mio cuore con la Santa comunione.Eccettuato ieri, e forse anche oggi,nei giorni passati fummo sottopostiad una pioggia, non continua, madue o tre volte al giorno, di granate edi shrapnell dirette verso di noi. Sipuò immaginare come era ridottoBonechi. Cercavo di mettere fuoritutto il coraggio: ma non mi veniva. Eallora pazienza!...».Don Livio Migliorini nacque a Lo-

di il 30/11/1893; Tenente mitraglieredel 250° Reggimento Fanteria fu col-pito a morte sul Carso il 6 ottobre1918. Il suo corpo venne sepolto nelcimitero di Posina, tomba n° 282. Il16 luglio 1917 scriveva alla mam-ma: «Sto bene e mi trovo in linea,

primissima proprio. Questo non titurbi menomamente. L’aiuto del Si-gnore è il migliore blindamento chepossa esistere sul mio capo, ti pare?Non è quindi proprio a temere dinulla. Del resto non mi pare che siail caso di far troppa preziosa questavita materiale, quando il nostro mo-dello Gesù ci ha insegnato l’amore aidisagi ed alle sofferenze. Vedi, io nontemo proprio nulla, sebbene mi troviin un posticino non troppo delizioso.Fra qualche giorno il reggimentoscenderà a riposo. Va bene? Ne seicontenta?».Don Luigi Raineri (Servo di Dio)

nacque a Torino il 19/11/1895; Te-nente mitragliere del 74° Reggimen-

to Fanteria e poi del 2° gruppo degliAlpini accampati presso Castelcuc-co, alle falde del Monte Grappa, acausa del gelo morì di broncopol-monite il 24 novembre 1918. La suasalma riposa nella tomba B. n° 114del Cimitero militare di Crespanodel Grappa. Dalla Zona di Guerra, il28 ottobre 1918 così scriveva ai suoiConfratelli: «Dal R.mo P. Generaleho ricevuto poco fa la notizia dellamorte di Don Livio [Migliorini], chemi ha assai rattristato. Il Signore, spe-riamo, l’avrà preso con sé perché eratanto buono. È da sperare che sial’ultima vittima; oppure se altra vitti-ma è necessaria ancora, questa sia ilpiù freddoloso ed il più guastame-

stieri che sempre pensa a voi, a Ro-ma, allo Studentato».P. Giuseppe Dini nacque a Bibola-

no, Comune di Loiano (BO), il 29agosto 1878; ascritto alla 6° Compa-gnia Sanità fu inviato a Udine. Do-po una vera e propria peregrinazio-ne tra diversi ospedali militari, sispense a Bologna a causa di unalunga malattia – tubercolosi – il 28gennaio 1918. La sua salma riposapresso il cimitero monumentale del-la Certosa di Bologna. Anche da mi-litare si intratteneva quanto più pos-sibile in Chiesa: «V.P. mi chiede co-me passo la giornata. Dalle cinque,ora in cui mi alzo, fino alle otto stoin chiesa per la Messa e per servirla

agli altri Preti; dalle otto alle undicisto in ufficio; alle undici il rancio.Poi me ne vado in chiesa fino versole due, ora in cui rientro in ufficio fi-no alle cinque e mezza pomeridia-ne, ora del secondo rancio, finito ilquale, vado in chiesa fino alle otto,tempo del riposo».

dalla Zona di Guerra

La lettera scritta il 27 settembre 1917dal P. Egidio Caspani, Cappellano Mili-tare in Zona di Guerra, e indirizzata alSuperiore generale dei Barnabiti, PietroVigorelli, è particolarmente espressivadel comune stato d’animo di tanti con-fratelli allora sotto le armi.

«Benedicite. Rev.mo Padre, ho ri-cevuto la Sua cartolina, la prima daquando sono al Reggimento, ho avu-to così la consolazione desideratache il primo scritto che mi raggiun-gesse quassù fosse quello del miobuon Padre. La ringrazio di cuore,prego il Signore a centuplicarle laconsolazione datami. Io sono ancorain riposo allo stesso posto; già variegranate sono passate sopra la miatenda, ma miravano ad altro, non anoi. Grazie al cielo mi sento quietoricordando un pensiero di S. France-sco di Sales che, quand’era sul lagodi Ginevra, diceva: ‘Sorrido di cuorepensando che tra me e la morte c’èsolo quest’assicella, e che Dio la hain mano’. Così anch’io penso che frame e la morte, già sin d’ora e più for-se in avvenire, c’è solo qualche po’d’aria che i proiettili traforano e piùtraforeranno in ogni direzione, mache Dio, nostro buono e onnipoten-te Padre, ha nelle sue mani. Egli hacontati i capelli del mio capo. Egli di-rige tutti i proiettili e perciò ‘et si am-bulavero in medio umbrae mortisnon timebo mala, quoniam Tu me-cum es’. L’angelo mio Custode e le sante preghiere Sue, buono eRev.mo Padre, e dei confratelli cele-sti e terreni mi aiuteranno. Penso an-cora che io sono tutto di Gesù per lamia Professione e che perciò devostar volentieri e per obbedienza inqualunque posto mi collochi; Egli miaiuterà a fare un po’ di bene, Egli sevorrà mi ritornerà presto al mio dol-ce chiostro.Qui alla sera giro per l’accampa-

mento cercando di conoscere e di af-fezionarmi i soldati. Sono in un postoin cui non v’è chiesa, né niente, ma

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Z.d.G., aprile 1918, p. Giovanni Battaini, barnabita, contrassegnato dal n° 3

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se per caso ci sposteremo verso qual-che paese cercherò di ottenere dalSig. Colonnello Elbia o dal Sig. Gene-rale, di cui non ricordo il nome, l’eso-nero dai tiri quotidiani d’esercitazio-ne per una o due compagnie al gior-no e così farle accostare ai SS.Sacramenti. L’ambiente superiore ètale ch’io non ho da lamentarmi, pursospirando la vita di famiglia e di reli-giosità dei nostri Collegi. Le chiedereialcune spiegazioni. Quando andremoin linea, ma senza essere in vera azio-ne, crederei mio dovere raggiungerele truppe nelle trincee, pur tenendola sede col comando: porterei ai sol-dati qualche sigaretta o frutta o dol-ce, un po’ d’acqua, e così direi loroqualche buona parola e, all’occasio-ne, li confesserei. Farei bene così, po-trei farlo con la sua Benedizione? Incaso poi di azione, d’obbligo dovreistare al posto di medicazione ed iopenserei di restar là perché là conflui-scono tutti; ma se avessi momenti li-beri, non sarebbe meglio che uscissiper aiutare i feriti e i moribondi sparsisul campo? Certo ciò mi acquistereb-be ascendente sui soldati, ma d’altraparte esporrebbe a rischio più imme-diato la mia vita. Perciò, trattandosi diun di più, desidero conoscere il suoparere ed avere la sua benedizione.Buon Padre, non so ancora se ilRev.mo P. Fioretti ha ricevuto il vagliadi 100 £. ch’io gli avevo spedito daLangoris [di Cormons (Udine)]. Frapoco ne spedirò un altro. Potrebbe

farmi giungere un centinaio di ‘Men-tre si combatte’? Lo distribuirei dopola S. Messa. Ho comprata una teca aTreviso, ma non ho avuto modo difarla consacrare. È necessario questo?E andando in linea, potrei conservarviil santissimo, tenendolo, se non tro-vassi altro, devotamente sul mio cuo-re? Temo di non poterlo fare, ma sa-rebbe possibile una dispensa? E se si,potrebbe ottenermela? Sa che il Si-gnore mi fa la grazia di portare anco-ra il mio dolce abito barnabitico? Ilsarto, avendo da fare, non ha ancora

potuto aggiustarmi la divisa: io nonson certo quello che lo sollecito, an-zi… e così vesto ancora da religioso.Quando dovrò smettere questo abito,lo terrò con me e me lo metterò al-meno di notte, finché sarò solo sottola tenda. Voglia, con sua comodità,inviare il foglietto qui aggiunto albuon P. Graziano, di cui ignoro l’indi-rizzo. Voglia riverirmi tutti i Padri e sa-lutarmi gli Studenti. Sono andati altrinostri sotto le armi? E quale indirizzohanno? Buon Padre, continui a prega-re per me e mi benedica: se qualchevolta potrà scrivermi mi sarà d’im-mensa consolazione. Io per me la ri-cordo con immensa riconoscenza etutte le mie preghiere ed i miei picco-li patimenti li offro per Lei e per la ca-ra Congregazione. Potrei mandare un30 £. a’ miei genitori? Mi benedica.Ubbidientissimo Figlio in Gesù Cristo,Egidio M. Caspani, Barnabita».

Conclusione

Non ripetendo quanto già noto oin via di pubblicazione in seguito al-le diverse iniziative nate da questoCentenario, è comunque auspicabileanche per la storia domestica deglistessi Ordini lo sviluppo di una ricer-ca interdisciplinare riguardante i piùdiversi aspetti della dimensione reli-giosa in tempo di guerra, oltralpechiamata “la Religione della Patria”.

Filippo Lovison

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cartolina inviata da fratel Luigi Resnati, barnabita

cartolina inviata dal p. Egidio Caspani, barnabita

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