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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 23-24 dicembre 2020) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLX n. 296 (48.620) mercoledì 23 dicembre 2020 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +"!#!?!?!& In occasione delle festività, il nostro giornale non uscirà. Augurando a tut- ti un Santo Natale, diamo appunta- mento ai lettori lunedì 28 dicembre. C’era una donna, e questo figlio Il bene nascosto di ANDREA MONDA G esù, il Verbo incarnato di Dio, nasce in una grotta. Fra qualche giorno cele- brando il Natale 2020, lo ricorderanno nel mondo oltre due miliardi di cristiani. Il numero fa im- pressione ma non si deve cadere nella trappola di una visione “muscolare della fede, il cristianesimo non ha mai avuto buoni rapporti con i gran- di numeri. A Betlemme Gesù nasce “fuori casa” perché l’imperatore Au- gusto, all’epoca l’uomo più potente del mondo, aveva indetto un censi- mento, voleva cioè contare tutti i suoi sudditi. È sempre la logica di Babele: gli uomini come mattoni, sudditi che “contano” solo se posso- no essere contati, calcolati, misurati (ed eventualmente scartati). PAGINA 2 Povero Natale Natale povero… di ANTONIO STA G L I A N Ò C aro Babbo natale, pove- ro Natale, abbiamo det- to noi preti per tanti an- ni, denunciandone l’uso consumistico. E tu — con i tuoi re- gali — avevi una parte centrale nel- l’affare. Sì, lo so! Anche tu hai pa- tito come una degenerazione del “tuo essere segno”: portavi i tuoi doni, quando eri realmente San Nicola di Mira, dopo ti hanno as- segnato il ruolo maldestro di “fac- chino di regali”. Tu conosci bene la profonda differenza umana (senti- mentale, affettuosa ed empatica) tra il dono e il regalo e, perciò, ne- gli anni ti sei amareggiato e cruc- ciato nel vederti così malridotto. Tuttavia, come si dice, “mal comu- ne, mezzo gaudio”. Al Natale in sé è toccata forse una sorte peggiore. PAGINA 3 Dalla rivista di Casa Betania «Ditutticolori», che ha dedicato un numero speciale a una lettura in chiave natalizia dell’enciclica «Fratelli tut- ti», riprendiamo questo racconto. di DANIELE MENCARELLI C’ era questa donna, nera come la pece, scalza mal- grado il gelo, che correva in mezzo alla Statale co- me una bestia che non sa dove andare. Gridava parole incomprensibili, nella sua lingua, forse, o in quella della pazzia che niente vuole dire veramente, e men- tre gridava piangeva, piangeva senza una lacrima, come i pazzi che piangono sen- za piangere, o perché di lacrime nemme- no una glien’era rimasta. Alcuni, mossi da sentimento, tentaro- no di avvicinarla. Si tirarono su la mascherina sino agli occhi, stando bene attenti a mantenere i piedi distanzianti da quella sconosciuta, poi, sulla punta delle dita, le allungarono l’offerta. Lei iniziò a gridare ancora più forte. Non voleva denaro. O cibo. Ai malcapitati prendeva la mano, poi cercava di trascinarli in un luogo, assie- me a lei. Tutti allora, con più o meno fo- ga, si liberavano dalla sua stretta, schifati da quel contatto, e la mandavano al dia- volo, lei e la sua follia che nulla vuole ol- tre che esplodere. La donna allora riprese a correre, alla ricerca di qualcosa che nessuno oltre lei riusciva a capire. Sempre più stanca, sempre più lenta, in mezzo alla notte an- cora giovane, bianca rispetto alla sua pel- le di pece. Arrivò in una via illuminata come un giorno d’estate. L’aria di festa cantava dentro grandi altoparlanti attaccati ai lampioni. Riprese la sua missione di pazza in- compresa. Al suo passaggio rispondeva il vuoto, tutti scappavano come fosse una lebbro- sa, alcuni inveendo contro la Polizia che non c’è mai quando dovrebbe. Poi, an- che senza averla toccata, al solo pensiero in molti correvano a disinfettarsi le ma- ni. Una signora, dotata di spiccato animo gentile, le si avvicinò parlandole in tutte le lingue che conosceva. Non rispose a nessuna. Non c’era parola d’uomo in grado di raggiungerla. La donna, nera come la pece, sempre più sciupata, stre- mata, riservò alla signora lo stesso tratta- mento. Le agguantò una mano. Questa volta, però, non gridò la sua oscura lita- nia, ma la sussurrò appena. Cambiò il modo, ma il risultato fu lo stesso. Tra lei e il mondo resisteva una corazza che nes- suna parola riusciva a scalfire. Riprese la sua corsa, ma dopo pochi metri ebbe un capogiro. Il mondo le ini- ziò a ruotare attorno come una giostra impazzita. Cadde in mezzo alla strada. Talmente stanca da non sentire più stan- chezza. C’era questo ragazzo, alto e da sempre troppo magro. Passato dentro cliniche dove si tenta di riparare il dolore della mente. Si avvicinò senza paura. Dai suoi oc- chi di pazzo, certificato, quale pericolo poteva riservargli una donna sola e scal- za? Che cosa avrebbe potuto mai fargli? La donna, nera come la pece, agguan- tò la sua mano. Si tirò su dall’asfalto con l’energia di una rinata. Spinse il ragazzo con lei. E lui si fece spingere, la seguì intuendo qualcosa che non riusciva a spiegarsi, ma che c’era. Fecero chilometri. Tutti mano nella mano. Un paio di volte sbagliarono stra- da, ritornarono da dove erano passati poco prima, per poi continuare su un al- tro percorso. SEGUE A PA G I N A 6 NATA L E 2020 La tenerezza del presepe per superare la distanza della pandemia In questi giorni di festa non bisogna dimenticare le perso- ne sole, malate e bisognose: «Basta una telefonata per tra- smettere loro un raggio della luce di Natale» ha esortato Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 23 di- cembre, tenutasi nella Biblioteca privata del Palazzo Apo- stolico vaticano ancora una volta senza la presenza di fede- li. Un gesto di attenzione ispirato a quella «tenerezza» a cui il Pontefice ha dedicato la parte conclusiva della sua ca- techesi natalizia, ricordando che «se la pandemia ci ha co- stretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra la via della tenerezza per essere vicini, per essere umani». PAGINA 7 Illustrazione di Lorenzo Terranera La tenerezza del presepe per superare la distanza della pandemia

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  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 23-24 dicembre 2020)

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Anno CLX n. 296 (48.620) mercoledì 23 dicembre 2020Città del Vaticano

    y(7HA

    3J1*QS

    SKKM(

    +"!#!?!?

    !&

    In occasione delle festività, il nostrogiornale non uscirà. Augurando a tut-ti un Santo Natale, diamo appunta-mento ai lettori lunedì 28 dicembre.

    C’era una donna, e questo figlio

    Il benenascosto

    di ANDREA MONDA

    Gesù, il Verbo incarnato diDio, nasce in una grotta.Fra qualche giorno cele-brando il Natale 2020, loricorderanno nel mondo oltre duemiliardi di cristiani. Il numero fa im-pressione ma non si deve cadere nellatrappola di una visione “m u s c o l a re ”della fede, il cristianesimo non hamai avuto buoni rapporti con i gran-di numeri. A Betlemme Gesù nasce“fuori casa” perché l’imperatore Au-gusto, all’epoca l’uomo più potentedel mondo, aveva indetto un censi-mento, voleva cioè contare tutti isuoi sudditi. È sempre la logica diBabele: gli uomini come mattoni,sudditi che “contano” solo se posso-no essere contati, calcolati, misurati(ed eventualmente scartati).

    PAGINA 2

    Povero NataleNatale

    p overo…di ANTONIO STA G L I A N Ò

    Caro Babbo natale, pove-ro Natale, abbiamo det-to noi preti per tanti an-ni, denunciandone l’usoconsumistico. E tu — con i tuoi re-gali — avevi una parte centrale nel-l’affare. Sì, lo so! Anche tu hai pa-tito come una degenerazione del“tuo essere segno”: portavi i tuoidoni, quando eri realmente SanNicola di Mira, dopo ti hanno as-segnato il ruolo maldestro di “fac-chino di regali”. Tu conosci bene laprofonda differenza umana (senti-mentale, affettuosa ed empatica)tra il dono e il regalo e, perciò, ne-gli anni ti sei amareggiato e cruc-ciato nel vederti così malridotto.Tuttavia, come si dice, “mal comu-ne, mezzo gaudio”. Al Natale in séè toccata forse una sorte peggiore.

    PAGINA 3

    Dalla rivista di Casa Betania «Ditutticolori»,che ha dedicato un numero speciale a una letturain chiave natalizia dell’enciclica «Fratelli tut-ti», riprendiamo questo racconto.

    di DANIELE MENCARELLI

    C’ era questa donna, neracome la pece, scalza mal-grado il gelo, che correvain mezzo alla Statale co-me una bestia che non sa dove andare.

    Gridava parole incomprensibili, nellasua lingua, forse, o in quella della pazziache niente vuole dire veramente, e men-tre gridava piangeva, piangeva senza unalacrima, come i pazzi che piangono sen-za piangere, o perché di lacrime nemme-no una glien’era rimasta.

    Alcuni, mossi da sentimento, tentaro-no di avvicinarla.

    Si tirarono su la mascherina sino agliocchi, stando bene attenti a mantenere ipiedi distanzianti da quella sconosciuta,poi, sulla punta delle dita, le allungaronol’offerta.

    Lei iniziò a gridare ancora più forte.Non voleva denaro. O cibo.

    Ai malcapitati prendeva la mano, poicercava di trascinarli in un luogo, assie-me a lei. Tutti allora, con più o meno fo-ga, si liberavano dalla sua stretta, schifatida quel contatto, e la mandavano al dia-volo, lei e la sua follia che nulla vuole ol-tre che esplodere.

    La donna allora riprese a correre, allaricerca di qualcosa che nessuno oltre leiriusciva a capire. Sempre più stanca,sempre più lenta, in mezzo alla notte an-cora giovane, bianca rispetto alla sua pel-le di pece.

    Arrivò in una via illuminata come ungiorno d’estate. L’aria di festa cantavadentro grandi altoparlanti attaccati ailampioni.

    Riprese la sua missione di pazza in-c o m p re s a .

    Al suo passaggio rispondeva il vuoto,tutti scappavano come fosse una lebbro-sa, alcuni inveendo contro la Polizia chenon c’è mai quando dovrebbe. Poi, an-che senza averla toccata, al solo pensieroin molti correvano a disinfettarsi le ma-ni.

    Una signora, dotata di spiccato animogentile, le si avvicinò parlandole in tutte

    le lingue che conosceva. Non rispose anessuna. Non c’era parola d’uomo ingrado di raggiungerla. La donna, neracome la pece, sempre più sciupata, stre-mata, riservò alla signora lo stesso tratta-mento. Le agguantò una mano. Questavolta, però, non gridò la sua oscura lita-nia, ma la sussurrò appena. Cambiò ilmodo, ma il risultato fu lo stesso. Tra lei eil mondo resisteva una corazza che nes-suna parola riusciva a scalfire.

    Riprese la sua corsa, ma dopo pochimetri ebbe un capogiro. Il mondo le ini-ziò a ruotare attorno come una giostraimpazzita. Cadde in mezzo alla strada.Talmente stanca da non sentire più stan-chezza.

    C’era questo ragazzo, alto e da sempretroppo magro. Passato dentro clinichedove si tenta di riparare il dolore dellamente.

    Si avvicinò senza paura. Dai suoi oc-chi di pazzo, certificato, quale pericolopoteva riservargli una donna sola e scal-za? Che cosa avrebbe potuto mai fargli?

    La donna, nera come la pece, agguan-tò la sua mano.

    Si tirò su dall’asfalto con l’energia diuna rinata.

    Spinse il ragazzo con lei. E lui si fecespingere, la seguì intuendo qualcosa chenon riusciva a spiegarsi, ma che c’era.

    Fecero chilometri. Tutti mano nellamano. Un paio di volte sbagliarono stra-da, ritornarono da dove erano passatipoco prima, per poi continuare su un al-tro percorso.

    SEGUE A PA G I N A 6

    NATA L E 2020

    La tenerezza del presepeper superare la distanzadella pandemia

    In questi giorni di festa non bisogna dimenticare le perso-ne sole, malate e bisognose: «Basta una telefonata per tra-smettere loro un raggio della luce di Natale» ha esortatoPapa Francesco all’udienza generale di mercoledì 23 di-cembre, tenutasi nella Biblioteca privata del Palazzo Apo-stolico vaticano ancora una volta senza la presenza di fede-li. Un gesto di attenzione ispirato a quella «tenerezza» acui il Pontefice ha dedicato la parte conclusiva della sua ca-techesi natalizia, ricordando che «se la pandemia ci ha co-stretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra lavia della tenerezza per essere vicini, per essere umani».

    PAGINA 7

    Illustrazione di Lorenzo Terranera

    La tenerezza del presepeper superare la distanzadella pandemia

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 23 dicembre 2020

    Natale 2020

    di ANDREA MONDA

    Gesù, il Verbo incarnato di Dio,nasce in una grotta. Fra qualchegiorno celebrando il Natale2020, lo ricorderanno nel mon-do oltre due miliardi di cristia-ni. Il numero fa impressione manon si deve cadere nella trappo-la di una visione “m u s c o l a re ”della fede, il cristianesimo nonha mai avuto buoni rapporticon i grandi numeri. A Betlem-me Gesù nasce “fuori casa” p er-ché l’imperatore Augusto, all’e-poca l’uomo più potente delmondo, aveva indetto un censi-mento, voleva cioè contare tuttii suoi sudditi. È sempre la logi-ca di Babele: gli uomini comemattoni, sudditi che “contano”solo se possono essere contati,calcolati, misurati (ed eventual-mente scartati). È la logica esat-tamente opposta a quella delDio della Bibbia che si china suciascuno dei suoi figli, che la-scia il grande numero, 99, perandare a cercare quell’unica (einsostituibile) pecorella che hasmarrito la strada. Quella peco-ra è piccola, non si vede, si trovacome in un cono d’ombra, ma èproprio lei che spinge il Signo-re della Storia a muoversi, aoperare meraviglie, a compiere

    il miracolo della salvezza.Questo stile piccolo e nasco-

    sto di Dio splende anche nellascena di Betlemme, un’immagi-ne piena di ombra, come si ad-dice a una grotta. È lì che Dioha scelto di nascere, di diventa-re uomo, anzi bambino, per ri-percorrere tutte le esperienzeche rendono l’esistenza vera-mente umana: vero Dio e verouomo. E se l’uomo ha vissutosu questo mondo abitando permigliaia di anni nelle caverne,allora è giusto ripartire proprioda lì, dall’ombra fredda e ino-spitale di una grotta. Tutto diquella vicenda rivela lo stile di-screto di Dio che non mostra imuscoli al centro della scenama si presenta piccolo e fragileai margini della storia, nelle pe-riferie del mondo. La Palestina,piccola provincia ai confini del-l’impero, Maria la giovane ver-gine di Nazaret («cosa di buo-no può venire da lì?» Esclamal’apostolo Natanaele) e ora Be-tlemme, «il più piccolo capo-luogo di Giuda» (Mt 2, 6) e poii pastori, i primi a incontrareGesù e infine la piccola fami-glia, Maria e, soprattutto Giu-seppe, il più in ombra di tutti.Un uomo che per lo più fa duecose: tacere e sognare (e presta-

    re fede ai suoi sogni).Centocinquanta anni fa il

    Papa Pio IX ha dichiarato sanGiuseppe patrono della Chiesauniversale e l’8 dicembre scor-so, in occasione dell’anniversa-rio, Papa Francesco ha pubbli-cato e donato al mondo una in-tensa, profonda lettera aposto-lica, intitolata Patris corde, “concuore di padre”, un testo da leg-gere e approfondire perché ri-vela molto del fenomeno dellapaternità ma, ancora di più,spiega agli uomini, attraversola figura del falegname di Na-zaret, molti aspetti del misterodell’esistenza umana. Lo dicechiaramente il Papa all’iniziodella lettera quando scrive chevuole condividere con il lettore«alcune riflessioni personali suquesta straordina-ria figura, tanto vi-cina alla condizio-ne umana di cia-scuno di noi».Questo desiderio,dice il Papa, è cre-sciuto durante imesi di pandemiae, citando il di-scorso pronuncia-to il 27 marzo du-rante la Statio Orbisin piazza San Pietro, Francescoci ha ricordato come abbiamopotuto sperimentare, proprioin questi tempi drammatici, che«le nostre vite sono tessute e so-stenute da persone comuni —solitamente dimenticate — chenon compaiono nei titoli deigiornali e delle riviste né nellegrandi passerelle dell’ultimoshow ma, senza dubbio, stanno

    A proposito di san Giuseppe

    Il bene nascostoscrivendo oggi gli avvenimentidecisivi della nostra storia: me-dici, infermiere e infermieri, ad-detti dei supermercati, addettialle pulizie, badanti, trasporta-tori, forze dell’ordine, volonta-ri, sacerdoti, religiose e tanti matanti altri che hanno compresoche nessuno si salva da solo.[…] Quanta gente esercita ognigiorno pazienza e infonde spe-ranza, avendo cura di non semi-nare panico ma corresponsabi-lità. Quanti padri, madri, non-ni e nonne, insegnanti mostra-no ai nostri bambini, con gestipiccoli e quotidiani, come af-frontare e attraversare una crisiriadattando abitudini, alzandogli sguardi e stimolando la pre-ghiera. Quante persone prega-no, offrono e intercedono per ilbene di tutti». Tutte queste per-sone sono “tanti san Giuseppe”e, dice il Papa, nel padre putati-vo di Gesù «possono trovare inSan Giuseppe, l’uomo che pas-sa inosservato, l’uomo dellapresenza quotidiana, discreta enascosta, un intercessore, unsostegno e una guida nei mo-menti di difficoltà. San Giusep-pe ci ricorda che tutti coloroche stanno apparentemente na-scosti o in “seconda linea” han-no un protagonismo senza parinella storia della salvezza».

    Questo tema della “santitàdella porta accanto”, o “dellaclasse media della santità”,

    espressione cheil Papa prendein prestito dalro m a n z i e refrancese JosephMalègue (e dalsuo capolavoroAu g u s t i n ) è mol-to caro a Fran-cesco che spes-so ne fa accen-no, ma appun-to in modo di-

    screto, tra le righe dei suoi di-scorsi e dei suoi gesti. Al ritornodel viaggio del febbraio 2019 adAbu Dhabi parlando con i gior-nalisti fece notare che non si eratrattato di un viaggio “storico”,un momento “grande” dellastoria, perché ogni vita umana ègrande, anche quella dell’ulti-mo della terra, e possiede unadignità immensa e immortale.

    Il fatto è che Papa Bergoglio èconvinto che la storia degli uo-mini è sospinta ed elevata nondai “grandi” della storia, madalla «gente meccanica e di pic-colo affare» come direbbeManzoni o come intuisce EdithStein nel cuore del momentopiù buio del XX secolo quandoscrive: «Nella notte più oscurasorgono i più grandi profeti e isanti. Tuttavia, la corrente vivi-ficante della vita mistica rimaneinvisibile. Sicuramente gli av-venimenti decisivi della storiadel mondo sono stati essenzial-mente influenzati da anime sul-le quali nulla viene detto nei li-bri di storia. E quali siano leanime che dobbiamo ringrazia-re per gli avvenimenti decisividella nostra vita personale, èqualcosa che sapremo soltantonel giorno in cui tutto ciò che ènascosto sarà svelato».

    Il più bel film di questo duro2020 che volge al termine è sen-z’altro La vita nascosta di Terren-ce Malick dedicato alla figuradi Franz Jagerstatter, contadi-no austriaco, beatificato nel2007, un “san Giuseppe” delNovecento che pagò con la vitala sua personale, silenziosa, re-sistenza al nazismo. Il titolo delfilm è preso da una frase dellascrittrice inglese George Eliotche esprime in modo efficacequesto pensiero che il vero beneè quello che spesso non si vede,non fa clamore, ma esiste e resi-ste: «Il bene a venire del mon-do — scrive la Eliot — dip endein parte da azioni di portatanon storica; e se le cose per voi eper me non vanno così male co-me sarebbe stato possibile lodobbiamo in parte a tutti quelliche vissero con fede una vitanascosta e riposano in tombeche nessuno visita».

    È la logica degli Hobbit delcapolavoro di Tolkien, Il signoredegli anelli, per cui il piccoloMerry, un personaggio appa-rentemente “m i n o re ” del ro-manzo, ad un certo punto affer-ma: «Il terreno nella Contea èprofondo. Tuttavia ci sono coseancora più profonde e più alte;e se non fosse per loro, un giar-diniere non potrebbe curare ilsuo giardino in quella che luichiama pace», intuendo che la

    Esiste una rete misteriosa del beneche sorregge il mondoessa si dipana e opera nell’oscurità,al contrario del male che è semprefragoroso e ha bisogno del clamoreQuella luce gentile

    che sorprende le tenebredi FEDERICO TA R TA G L I A *

    L a cosa più sconvolgente delcovid-19 è che ci fa stare soli.Davanti ad uno schermo, in filaper un tampone, dentro unletto d’ospedale, lontani dagli amici,chiusi in una stanza in quarantena. Ci sentiamo soli, fragili, indifesied esposti a intemperie che diventanotragedie. Il 2020 rimarrà l’anno piùdifficile della nostra vita. Nessunopoteva immaginarselo quando mesi fabrindavamo al suo arrivo.Ora tutto è cambiato e facciamo faticaa vedere un futuro. Ognuno di noi haperso un amico, un parente, unconoscente. Ognuno di noi ha piantoper chi è morto solo e per chinon ha avuto nemmeno il tempodi dire addio. Festeggiare quest’anno non puòprescindere da tutto ciò. Soprattuttoda chi non c’è più. Ma sono proprioloro a ricordarci quale sia la bontà chedà sapore alle nostre vite: i nostrilegami. Celebriamo i nostri affettie curiamo i nostri legami;proteggiamoli ancora con la nostraresponsabilità. Viviamo questo tempocustodendo le persone per noi piùpreziose. Visitandole o semplicementesentendole, con una telefonata,invece che con un sms.Poi, non dimentichiamo di guardareanche al presepe, al legame piùimportante che abbiamo, quellocon l o ro : con Maria, Giuseppe, Gesù,i pastori, i Magi. Guardando alle lorostorie capiremo che quella notte nonera così diversa da quellache stiamo vivendo. Quella notte,il cammino dei saggi si era perduto,il sonno dei pastori non aveva piùsogni, una donna e il suo marito non

    trovavano una casa, mentreun bambino aveva deciso di venireal mondo. In quell’improbabile notte,senza eccessivi divertimentie senza nemmeno il tempo di fare festa,vita procedeva nella sua oscuraincertezza. In quell’insosp ettabilenotte una luce gentile: quelladi un bimbo lucente come una stella e,da allora, tutti si appoggiaronosu quella luce per inventare un Natale,fatto di altre luci che non illuminano,perché solo quella notte apparvela «luce vera, quella che illuminaogni uomo» (Gv 1, 9). Quest’anno sarà più difficile inventareil Natale e ci sarà datala possibilità di capirlo per quelloche davvero è: Dio che vienea vivere la nostra vita, ad accettareil nostro dolore e a vivere la nostravicenda umana. Dio si fa uomo.È questa l’unica luce che illuminaogni uomo e ogni tenebra. Quest’anno abbiamo la possibilitàdi sentire cosa significhi una luceche sorprende le tenebre e una gioiache allieti un cammino, diventatoall’improvviso oscuro. In chiesa, in casa, in famiglia,con coloro che avremo vicinoe coloro che non potremo vedere,senza negare la solitudinee la tristezza di questi mesi, guardandoalla grotta del presepe, capiremoche non siamo soli,e che l’Emanuele è con noi;un Bimbo ci è stato dato, un Padrenei cieli che ci ama e una Famigliasulla terra che ci consola. Il 2020 sarà l’anno nel quale abbiamoscoperto il Natale.

    Parroco della Natività di Maria Santissimaa Selva Candida (Roma)

    G e o rg e sde La Tour«San Giuseppefalegname»e, nell’immaginea destra:Ma rg a r i t aS i g o rs k a i a«Paternità»

    La stella e la profeziaL’affresco della Madonna di Priscilla, prima rappresentazione della Natività

    di FABRIZIO BISCONTI

    S ono trascorsi quasi trent’annida quando le Suore benedetti-ne di Priscilla informarono i re-sponsabili della PontificiaCommissione di archeologia sacra di unesponenziale fenomeno di degrado, chestava minando la conservazione, giàestremamente compromessa, del più ce-lebre affresco della catacomba della viaSalaria, quello che decora uno dei se-polcri più antichi dell’arenario centrale,con la scena della Madonna assisa,mentre tiene il Bambino in grembo,dinnanzi a un profeta che indica unastella.

    Era la primavera del 1992 e iniziòsubito un lungo e difficile restauro,che mise in sicurezza il dipinto e chepermise di comprendere meglio la cro-nologia dell’affresco e la sua colloca-zione in una dinamica decorativa, laquale conosce ben quattro fasi disloca-te dall’esordio del III secolo sino all’al -

    ba del I V. Il quadro della Madonna siinserisce, infatti, in un più antico trat-tamento in stucco che sviluppa temipastorali e, segnatamente, le immaginidel buon pastore.

    Se queste ultime decorazioni pos-sono essere collocate — per gli indica-tori topografici ed epigrafici — nei pri-

    mi anni del III secolo, l’affresco dellaMadonna denuncia una cronologia,che oscilla tra gli anni ’30 e ’40 dellostesso secolo, mentre alcune immaginidei defunti sopraggiungono dagli an-ni ’60 alla conclusione del secolo, incorrispondenza con l’avvio della per-secuzione dioclezianea.

    L’intervento conservativo arrestò ilprocesso di degrado e fece conosceremeglio l’organizzazione decorativadel nicchione e le caratteristiche ico-nografiche della nostra scena. Il qua-dro della Madonna, dopo l’accuratapulitura, propone all’osservatore unadelle immagini più vibranti della pit-tura cimiteriale romana, dove il pacatoequilibrio gestuale della madre si ac-compagna all’urgenza del movimentodel bambino, che si volge all’improv -viso, come per rispondere ad un ri-chiamo, distogliendolo dallo sguardomaterno.

    Il grande impatto proposto da que-sta dolce immagine — sapientemente

    La Madonna con il Bambino(Catacombe di Priscilla, Roma)

  • L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 23 dicembre 2020 pagina 3

    Natale 2020

    pace nel mondo è assicuratanon dalle grande potenze madall’operare nascosto di tantepiccole mani, le stesse mani cheun altro personaggio del libro,Elrond, celebra con queste pa-role: «Spesso questo è il corsodegli eventi che muovono leruote del mondo: sono piccolemani a metterli in movimento,perché vi sono costrette, mentregli occhi dei grandi stannoguardando da un’altra parte».Erode il Grande cercava nel po-sto sbagliato perché il suo cuo-re era distorto e accecato dallalogica della forza e del potere,mentre lo sguardo dei pastori edei magi si lascia guidare dallestelle e trova la “grandissimagioia” (Mt 2, 11) in una piccolagrotta alle porte di Betlemme.

    Esiste una rete misteriosa delbene che sorregge il mondo eanche se ogni tanto può acca-dere che attorno ad alcuni per-sonaggi o eventi, questa rete af-

    fiori e si mostri, per un attimo,visibile, in realtà per lo più essasi dipana e opera nell’oscurità,al contrario del male che è sem-pre fragoroso e ha bisogno delclamore ma poi finisce per nonresistere e si consuma nel mo-mento stesso in cui si mostra.Questo è un discorso che sotto-linea in modo evidente la gran-de responsabilità che grava sul-le spalle di chi è chiamato al de-licato compito dell’informazio-ne soprattutto nel mondo con-temporaneo sempre alla ricercadi “eventi” che in quanto tali,fagocitano se stessi. Quale retetra le due, quella del bene oquella del male, è giusto rac-contare, illustrare, illuminare?

    Quale telegiornale avrebbe in-viato una troupe per raccontarela nascita di Gesù nella grottadi Betlemme? La “grandiosa”rete del male infatti sembra piùfacile da raccontare, si imponeda sé, mentre il bene deve esse-re intuito, ricercato, scoperto.Il problema è che la speranza èsenz’altro più faticosa della di-sperazione. La strada della spe-ranza è più impegnativa, richie-de creatività, ma è anche la stra-da per permette una lettura eun racconto della realtà più cor-retta, come ha ricordato il Papanel discorso alla Curia del 21 di-cembre: «Una lettura dellarealtà senza speranza non sipuò chiamare realistica», que-sto può scontrarsi con la menta-lità di tanta informazione se-condo la quale «i problemi van-no a finire subito sui giornali,questo è di tutti i giorni, invece isegni di speranza fanno notiziasolo dopo molto tempo, e nonsempre». Il bene va quindi in-tuito come un barlume che resi-ste anche nel buio; ci vuole spe-ranza e la consapevolezza cheanche la crisi si sviluppa all’in-terno dell’azione dello SpiritoSanto, allora, dice il Papa «an-che davanti all’esperienza delbuio, della debolezza, della fra-gilità, delle contraddizioni,dello smarrimento, non ci sen-tiremo più schiacciati, ma con-serveremo costantementeun’intima fiducia che le cosestanno per assumere una nuovaforma, scaturita esclusivamen-te dall’esperienza di una Gra-zia nascosta nel buio».

    Nascosta nel buio della grot-ta di Betlemme, splende la gra-zia del Natale, ai cristiani ilcompito di abbeverarsi a quellaluce e trasmetterla, raccontarla,possibilmente senza guastarnela freschezza, svilirne la forza,disperderne il profumo. EdithStein parlava di profeti e di san-ti. Forse a questi si possono ag-giungere i poeti: di queste per-sone, umili strumenti di “qual-cosa” più grande, abbiamo bi-sogno per cogliere il bene cheopera nel mondo e raccontarlo,rimettendolo in circolo. È quel-lo che ha fatto san Giuseppe,l’oscuro falegname, poeta e so-gnatore, di Nazaret.

    Povero Natale, Natale povero…

    Lett

    era

    a B

    abbo

    Nat

    ale

    E però Dio ama gratis… e trasforma la povertà in ricchezza

    di ANTONIO STA G L I A N Ò *

    Caro Babbo Natale,povero Natale, abbiamo detto noipreti per tanti anni, denunciandonel’uso consumistico. E tu — con i tuoiregali — avevi una parte centrale nel-l’affare. Sì, lo so! Anche tu hai pati-to come una degenerazione del “tuoessere segno”: portavi i tuoi doni,quando eri realmente san Nicola diMira, dopo ti hanno assegnato ilruolo maldestro di “facchino di re-gali”. Tu conosci bene la profondadifferenza umana (sentimentale, af-fettuosa ed empatica) tra il dono e ilregalo e, perciò, negli anni ti seiamareggiato e crucciato nel vederticosì malridotto. Tuttavia, come sidice, “mal comune, mezzo gaudio”.Al Natale in sé è toccata forse unasorte peggiore. Alcuni vescovi, datanto tempo, — ricordo solo don To-nino Bello —, ne hanno denunciatoanche l’uso dolciastro: quando ci siferma all’incanto di un presepe dicartapesta e si dimentica il primopresepe. Quello davvero “un bruttopresep e”, tra l’indifferenza di molti,i giochi dei potenti e le stragi di in-nocenti, e con l’esperienza doloro-sissima del migrare, della “fuga” inEgitto.

    Quest’anno? Natale povero! Lapandemia ci costringe a limitazioniche impediscono i cenoni. La crisieconomica tocca tante famiglie, e laCaritas registra richieste di aiuto piùche duplicate. I migranti continua-no a percepirsi come un pericolo, esolo poche voci sanno raccontareche, in realtà, si tratta di donne euomini, padri e madri, figli che fug-gono da povertà e coltivano sogni.Assomigliano a quella santa fami-glia in fuga verso l’Egitto, prima an-cora che a quella stessa famiglia incerca di un posto dove far nascere illoro bambino in modo dignitoso,come compete a ogni essere uma-no.

    Siamo nella notte: il problemanon è celebrare messe a mezzanotte(la messa si dice nella notte e si puòcelebrare dopo il tramonto del sole),ma celebrare la messa di Natale nel-

    la notte del mondo, che spesso di-venta anche la notte del cuore. E, losappiamo bene, le luci esterne nonriscaldano! Tu stesso sei come uscitofuori da ogni scena, dimenticato,forse con nostalgia e tanta melanco-nia.

    Io vorrei dire a te, caro BabboNatale e a tutti, con molto affetto etanta forza, che però Natale restauna bella notizia. Proprio nella not-te! Luce che vince le tenebre, e chele tenebre non possono sopraffare.Spogliàti di tante certezze, Natale cidona una presenza che diventa unaluce dentro: Dio ci salva nella po-vertà! E si realizza la promessa: «lanotte brillerà come il giorno» (cfr. Is58). Un messaggio altro rispetto aquelli ordinari. Una domanda chepossiamo fare a Dio stesso? Perchéci salvi nella povertà? E se leggiamocon attenzione l’enciclica di PapaFrancesco Fratelli tutti, ci accorgiamoche la povertà è anche frutto di tantiagguati di ladroni, di un capitali-smo che genera scarti e di perso-ne senza scrupoli che,pur di fare affari,sottomettono,non rispettanola dignitàdelle perso-ne, genera-no divisioni,divari, fossatitra ricchi e poveri. Perché, Signore,non li fermi?

    Sono domande che non trovanouna risposta immediata ed evidentema, domandare a Dio un senso, di-venta attenzione a come Lui conti-nua a essere presente in mezzo anoi. Quella luce dentro, quella com-mozione non sentimentale ma pro-fonda, che si genera in noi quandopensiamo a come Dio si fa deboleper non sopraffarci ma per invitarci.Diventa consapevolezza che, dietroalla sua povertà, c’è dell’altro: c’è ilgrembo dell’amore vero; c’è la pos-sibilità di deporre l’arroganza deipotenti e di riscoprire la chiamata avivere tutti da fratelli, portando ipesi gli uni degli altri. Non comepiccoli dei, ma come “umani”!

    Umani che ritrovano il vero volto diDio: la sua misericordia, la sua pa-ternità.

    E allora potrà nascere, comeascoltiamo nella seconda lettura del-la Messa della notte, un «popolo ze-lante nelle opere buone». Come?Comprendendo che il nostro Dionon vuole alcuna violenza, perché«Egli ha dato sé stesso per noi», equesto «riscatta da ogni iniquità».Ecco dove ci ha condotto lo sguardosulla povertà di Betlemme e la chia-mata, anche per noi, a seguire la viadella povertà: lasciare che Dio an-nulli in noi, e tramite noi, ogni radi-ce di egoismo e di violenza. Solo co-sì vedremo giorni nuovi e superere-mo, insieme alla pandemia sanitaria,la pandemia del cuore.

    Ecco il sogno e l’impegno checondividiamo con Papa Francesco, eche diventa il mio augurio per que-

    sto Natale: riscoprirela fraternità attorno al-

    l’unico Padre comune,che ci ama in modo radi-

    cale. A tal punto che, ama-ti dal Padre nel Figlio,

    viene spontaneoamare con lo stesso

    amore, lo SpiritoSanto. È dunque un

    “a m a re ”, non tanto co-me virtù morale, ma co-

    me verità profonda della vita. Cer-to, diventa però necessario andare aBetlemme, riconoscere il Bambinopovero e adorare! Ovvero entrarenel mondo di Dio con tutto noi stes-si, poveri, abbandonati all’amore diDio che — diversamente da quelloche pensano tanti — ama tutti. Scri-ve Papa Francesco: «Chi non vive lagratuità fraterna fa della propria esi-stenza un commercio affannoso,sempre misurando quello che dà equello che riceve in cambio. Dio in-vece dà gratis, fino al punto che aiu-ta anche quelli che non sono fedeli,e “fa sorgere il suo sole sui cattivi esui buoni” (Mt 5, 45)» (Fratelli tutti,140).

    Poveri, allora, anzitutto dentro,perché abbandoniamo pensieriegoisti quando il tesoro prezioso di-venta un amore così grande. Certo,poi, anche poveri nel concreto dellavita. Per quel dinamismo dell’a m o revero, che a Natale si rivela, a Pasquasi compie, a Pentecoste diventa crea-tività dell’amore. Scrive ancora Pa-pa Francesco: «Dunque tutti pos-siamo dare senza aspettare qualcosa,fare il bene senza pretendere altret-tanto dalla persona che aiutiamo. Èquello che Gesù diceva ai suoi disce-poli: “Gratuitamente avete ricevuto,gratuitamente date” (Mt 10, 8)» (ivi).Si tratta di un amore vero: maturo,gratuito e generoso! E il Natale po-vero di quest’anno può così diventa-re più vero e inizio di un camminodi rigenerazione per uscire insieme,e sul serio, dall’attuale crisi.

    Caro Babbo Natale, il Natale po-vero di quest’anno sarà diverso an-che per te. Non avercela con noi,siamo stati costretti dalla pandemia.E però sia per te una occasione digioia. Se saremo cambiati — dopo lapandemia — ti aspetteremo ancora,magari come san Nicola di Mira,Colui che porta doni veri, quelli del-l’amore autentico, per diventare tut-ti fratelli e sorelle, davvero fratelli tut-ti, nello stupore, per un Dio che ciama così tanto, e in una povertà chediventa ricchezza del cuore e possi-bilità di cambiamento per la storia.

    *Vescovo di Noto

    costruita da un gioco di zone di colore,nella gamma delle ocre e delle terre, ti-pico del momento tardoseveriano — siallenta, quando si contatta la figuradel profeta, che presenta un atteggia-mento più incerto, come se il pittorerappresentasse questa singolare imma-gine per la prima volta, rispetto allapiù collaudata scena della virgo lactans.

    Riguardo all’interpretazione diquello che abbiamo definito generica-mente profeta e che presenta le vesti el’atteggiamento di un filosofo, mentreindica enfaticamente una stella ad ottopunte, la critica, per molto tempo, nonè approdata ad una decodificazioneunivo ca.

    Negli anni centrali dell’800, il gran-de archeologo romano Giovanni Bat-tista de Rossi riconobbe nel personag-gio Isaia, riferendosi, segnatamente, alluogo biblico (Isaia 7, 14) «Ecco la ver-gine concepirà e darà alla luce un fi-glio, il suo nome sarà Emmanuele».Nello stesso frangente, Raffaelle Gar-rucci pensò a Balaam, secondo Numeri24, 17 «Una stella spunterà da Giacob-be», mentre Joseph Wilpert, per so-stanziare la lettura di de Rossi, indiriz-zò l’attenzione su Isaia 60, 1-6 «Alzati,rivestiti di luce, perché viene la tua lu-

    ce, la gloria del Signore brilla sopra dite. Poiché, ecco le tenebre ricoprono laterra, nebbia fitta avvolge le nazioni,ma su di te risplende il Signore, la suagloria risplende su di te».

    Ma il Wilpert, pensando pure ad unaffresco delle catacombe di Domitilla,chiamò in campo anche il luogo di Mi -chea 5, 1-4 «E tu, Betlemme di Efrate,così piccola per essere fra i capoluoghidi Giudea, da te uscirà colui che deveessere il dominatore di Israele».

    Ancora di recente, Giorgio Otrantoha pensato alla figura di Davide e, inparticolare, al Salmo 109, 3 «Dal grem-bo prima della stella del mattino ti hogenerato». Ma la figura che indica lastella — secondo una felice intuizionedi Pasquale Testini — rappresenta, inultima analisi, una sorta di personifi-cazione della profezia e non un profetain particolare.

    L’affresco della Madonna di Pri-scilla è tornato a sorprendere il visita-tore delle catacombe e rappresenta undocumento iconografico irrinunciabi-le per chi voglia tornare a contatto conla comunità cristiana dei primi secoli.La sorpresa e l’emozione rinnovano isentimenti dei primi esploratori dellecatacombe romane quando, sullo

    scorcio del 1500, in piena Controrifor-ma, vennero a contatto con le cata-combe e anche con quelle di Priscilla.Fu così che prima il domenicano spa-gnolo Alfonso Ciacconio e poi il mal-tese Antonio Bosio si inoltrarono neilabirinti interrati del cimitero della viaSalaria, giungendo dinnanzi a quellavibrante rappresentazione dell’infantiaSalvatoris, comprendendone subito lararità e l’antichità.

    I due esploratori e gli antiquari deltempo videro nella figura del perso-naggio maschile Giuseppe sposo diMaria. Solo gli studi dell’800 sdoga-narono questa interpretazione e chia-rirono che la rappresentazione di Giu-seppe giungerà nel repertorio icono-grafico paleocristiano solo nel pienoIV secolo.

    Ora sappiamo che il quadro dellaMadonna di Priscilla, pur nella sem-plicità dello schema e nell’abbrevia -zione del tema, vuole parlarci dell’ar -monica coesione delle due economietestamentarie, dove il vaticinio e la na-scita del Messia sono uniti proprio daquell’astro, che brilla nell’oscurità del-le catacombe e che illumina la via delcristiano, assurgendo a segno brillantedella salvezza.

    È per questo motivo che, in altri ci-miteri del suburbio romano, la figuradel profeta che indica la stella appareanche isolata e, in qualche caso, l’a s t roè sostituito dal cristogramma del tipoche emula il signum salutis della visionecostantiniana, indicando il potenzialesoterico dell’apparizione nella notte,ma anche l’annuncio di un mondonuovo, inondato di luce e di speran-za.

    Profeta che addita la stella messianica(Ipogeo di via Dino Compagni, Roma)

  • L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

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    L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 23 dicembre 2020

    L’Unicef in aiutodei bambini poverinel Regno Unito

    Parigi riapre i collegamenti con Londra. In Italia provvedimento speciale per i vaccini

    Resta alta l’allerta sul virus

    DAL MOND O

    Etiopia: l’Onu chiede accessoalla regione del Tigray

    L’Onu ha nuovamente espresso ieri la propria crescentepreoccupazione per la «condizione critica» in cui versa-no i civili nello stato etiope del Tigray a causa del con-flitto in corso. L’Alto commissario dell’Onu per i dirittiumani, Michelle Bachelet, ha chiesto al governo di Ad-dis Abeba il pieno accesso alle zone di guerra per porta-re aiuti umanitari. Bachelet ha affermato che a causa del-le restrizioni non è stato ancora possibile indagare sulleaccuse di attacchi dell’artiglieria in aree popolate, esecu-zioni extragiudiziali e saccheggi diffusi.

    Centrafrica: i caschi bluriconquistano Bambari

    I caschi blu dell’Onu hanno riconquistato oggi la cittàcentrafricana di Bambari. Ieri gruppi armati avevano lan-ciato diversi attacchi e preso il controllo della città «I ci-vili stanno tornando. I gruppi armati sono stati spinti in-dietro nella boscaglia» ha riferito un portavoce dellamissione Onu nel Paese. Gli attacchi hanno seguito leaccuse sul tentato colpo di Stato con l’aiuto dei gruppiarmati da parte dell’ex presidente, François Bozizé, in vi-sta delle elezioni legislative e presidenziali di domenica27 dicembre.

    Israele: sciolta la KnessetSi va verso nuove elezioni

    La Knesset, il Parlamento israeliano, è stata sciolta dopoche il governo non è riuscito ad approvare il bilancionazionale. Ci saranno quindi le quarte elezioni nel paesein meno di due anni. Il voto si terrà tra 90 giorni, pro-babilmente il 23 marzo 2021. Lo scoglio del bilancio èstato così fatale per il governo di unità nazionale, natodalla coalizione tra il Likud del premier Benjamin Neta-nyahu e il Blu Bianco di Benny Gantz.

    Cabo Delgado: malattie letaliminacciano i più piccoli

    di COSIMO GRAZIANI

    Per la prima volta in set-tanta anni di storia,l’Unicef ha avviato unprogramma di aiuti ali-mentari nel Regno Unito. Gliaiuti mirano a fornire pasti, inparticolare la prima colazione,per i figli delle famiglie in diffi-coltà nei sobborghi meridionalidi Londra durante le festivitànatalizie e nella settimana di va-canze prevista a febbraio ed è at-tuato attraverso il progettoSchool food matters (Sfm) scri-ve il «Guardian». Il progetto haricevuto in totale venticinquemila sterline per distribuire al-meno diciotto mila pasti. Oltreall’Unicef, nell’Sfm sono coin-volte molte altre organizzazionibenefiche inglesi.

    La notizia di questi aiuti hadestato indignazione nel Re-gno Unito, soprattutto da par-te dei partiti di opposizione algoverno conservatore di BorisJohnson, impegnato in questesettimane nei negoziati per unaccordo sulla Brexit. «Il fattoche l’Unicef debba intervenireper dare da mangiare ai bambi-ni del nostro Paese è una vergo-gna per Johnson e Rushi Su-nak» (il ministro delle finanzebritannico) ha dichiarato la vi-cesegretaria del partito laburi-sta, Angela Rayner, scrivel’«Independent». Dalle colon-ne dello stesso giornale, la por-tavoce dell’o rg a n i z z a z i o n eAnna Kettley ha definito que-sto intervento «senza prece-denti».

    La questione riguardo i pastiforniti nelle scuole inglesi stadiventando un argomento mol-to sensibile per la società anglo-sassone. Per molti bambini ap-partenenti alle fasce più povere,la scuola rappresenta l’unicaoccasione della giornata peravere un pasto completo e gra-tuito, che sopperisce all’imp os-sibilità di mangiare regolar-mente nelle proprie case percause economiche. L’argomen -to è stato sempre dibattuto, maa causa degli effetti economicidel covid e poi per la chiusuradelle scuole è esploso. Per moltiesperti, l’insicurezza alimenta-re, concetto molto raramente

    applicato ad un Paese dell’Eu -ropa Occidentale, crescerà nelRegno Unito nei prossimi mesi,se dovesse continuare la pande-mia e la ripresa economica po-st-pandemica non fosse soste-nuta. Secondo un report com-missionato dal governo britan-nico all’esperto Henry Dim-bley, le politiche governativeche garantivano il pasto nellescuole non solo sopperivano al-la mancanza di cibo per i bam-bini delle fasce meno abbienti,ma garantivano anche accesso acibo di qualità, riducendo l’o-besità in quella porzione di po-polazione. Dopo la ripresa del-le scuole per il nuovo anno, ilproblema si è incentrato sullafornitura di pasti gratuiti du-rante le vacanze, visto che con ilpeggioramento degli effettieconomici del covid la scuolaaveva aggiunto alla sua funzio-ne educativa anche quella diprovvedere all’alimentazionedegli studenti. Ma nel mese diottobre, Johnson aveva dichia-rato che non avrebbe finanziatoil programma di pasti gratisnelle scuole per i periodi di va-canze, ma che avrebbe attuatoaltre misure.

    Successivamente, Johnsonaveva dichiarato che avrebbefinanziato un pacchetto di aiu-ti da circa centosettanta milio-ni di sterline per le famiglie indifficoltà fino al periodo di Pa-squa. Questo cambio di dire-zione è stato una conseguenzadelle pressioni sul governo fat-te da organizzazioni benefi-che, partiti di opposizione,membri dello stesso partitoconservatore e anche da perso-nalità della società inglese, co-me il calciatore del ManchesterUnited, Marcus Rashford, chedurante il primo lockdownaveva donato più di un milionedi sterline per questa causa e neè diventato uno dei principaliattivisti. A confronto con gli al-tri governi del Regno Unito,quello di Londra sta affrontan-do maggiori pressioni su que-sto tema, perché quelli regio-nali della Scozia, del Galles edell’Irlanda del Nord hannodeciso di introdurre già datempo misure dedicate ad af-frontare il problema.

    Onu: il 4 febbraioGiornata della fratellanza umanaSi celebrerà il 4 febbraio 2021la prima Giornata internazio-nale della fratellanza umana.Lo ha stabilito l’Assembleagenerale delle Nazioni Unitedurante la 75ª sessione plena-ria, adottando la risoluzionepresentata, a nome di diversiPaesi, dagli Emirati ArabiUniti.

    La data rimanda al 4 feb-braio 2019, quando proprionella capitale emiratina AbuDhabi, Papa Francesco e ilGrande Imam di Al-Azhar,

    Ahmad Al-Tayyeb, firmaronolo storico Documento sulla fratel-lanza umana per la pace mondiale ela convivenza comune.

    L’adozione della risoluzio-ne al Palazzo di vetro è avve-nuta a un anno dalla visita alPontefice in Vaticano da partedel segretario generale dell’O-nu, António Guterres: il 20 di-cembre 2019 i due registraro-no un videomessaggio con-giunto per rilanciare l’imp or-tanza del dialogo nella costru-zione di un mondo pacifico.

    LONDRA, 23. Il porto britanni-co di Dover è stato riapertostamane al traffico in uscita,in seguito all’accordo tra Re-gno Unito e Francia che hamesso la parola fine al divietotemporaneo francese impostodopo la scoperta della nuovavariante britannica del coro-navirus. Una variante che nonha provocato solo contagi più

    rapidi, ma in soli due giorniha messo in crisi i trasportieurop ei.

    Sono già oltre cinquanta iPaesi europei — e non — chehanno bloccato i collegamenticon il Regno Unito. Per evita-re il caos dei trasporti la Com-missione europea ha approva-to a tempo di record una rac-comandazione che per ora

    non ha raccolto il via libera ditutti. Tanto che diversi Paesieuropei, tra cui la Germania ela Spagna, hanno esteso il di-vieto di viaggi fino a gennaio,mentre la Francia ha annun-ciato la riapertura dei collega-menti aerei, navali e ferroviari,sebbene con test anti-covid esevere limitazioni.

    In Italia è stato invece pia-nificato un provvedimento diurgenza per la distribuzionedel vaccino Pfizer. Il vaccinogiungerà in Italia il 24 dicem-bre e sarà custodito in unaprima fase nell’hub centraledell’ospedale romano Spallan-zani. Successivamente, a curadel ministero della Difesa, sa-rà distribuito e somministratosu 21 siti nazionali. Lo ha di-chiarato il generale LucianoPortolano, comandante delComando operativo di verticeinterforze (Coi), rivolgendosi

    al Presidente della Repubbli-ca, Sergio Mattarella.

    Oltre alla distribuzione nei21 siti nazionali, Portolano haassicurato che ci sarà «un’ul-teriore distribuzione» più ca-pillare e, se necessario, «anchela somministrazione». Questaavverrà a livello europeo il 27d i c e m b re .

    Sempre molto gravi le noti-zie che provengono dagli StatiUniti. Nelle ultime due setti-mane, in California, sono statiregistrati oltre mezzo milionedi contagiati.

    E il peggio potrebbe ancoraarrivare. A lanciare l’allarme èil governatore dello Stato del-la California, Gavin Newsom,secondo il quale le proiezionidi alcuni modelli indicano,nei prossimi giorni, la possibi-lità di un numero record dicontagi, e soprattutto di rico-veri.

    Il porto di Dovernel sud-estdella Gran

    Bretagna (Afp)

    CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLIESITO GARA BANDO N. P005/2020

    CIG 8363382129Appalto Specifico sul Sistema Dinamico di Acquisizione (S.D.A.P.A.) di Consip per l’affidamento del servizio trien-nale di Conduzione e Manutenzione degli impianti Termici di Condizionamento degli edifici ad uso Uffici della Città Metropolitana di Napoli. Criterio di aggiudicazione: Offerta economicamente più vantaggiosa. Importo a base di gara: € 550.000,00 Iva esclusa. Offerte pervenute: 13. Impresa aggiudicataria: FACILITY S.r.l. con sede legale in Potenza, via Del Seminario Maggiore n. 13, C.F. e P.IVA 01866910761 Ribasso di aggiudicazione: 38,36% Determinazione di aggiu-dicazione: nn. 7611 del 29.11.2020 e 7702 dell’1.12.2020.

    LA COORDINATRICE D’AREA Dott.ssa Anna Capasso

    Associazione della CROCE ROSSA ITALIANA - ODVSi rende noto che l’Associazione della CROCE ROSSA ITALIANA - ODV ha indetto una gara a procedura aperta per la realizzazione di una struttura di inclusione socio-assistenziale e presidio sanitario CRI da adibire all’accoglienza di persone con disabilità nel comu-ne di Force (AP). L’importo complessivo dell’appalto, compresi gli oneri per la sicurezza, è di € 1.829.294,68 IVA esclusa, di cui € 1.692.082,98 per lavori, € 71.415,17 per forniture soggetti a ribasso e € 65.796,53 per costi per la sicurezza non soggetti a ribasso. Lotto Unico CIG: 854975375E CUP E82F20000850007. Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantag-giosa. Documenti di gara su: https://www.cri.it/trasparenza-bandi-e-gare. Ricezione offerte: 25/01/2021 ore 12.00.

    IL R.U.P. Marco Guglielmo Fioretti

    COMUNE DI FONTEGRECA (CE)Bando di gara - CIG 85442466D9

    È indetta procedura aperta per il risanamentoambientale mediante il completamento edadeguamento della rete fognaria comunale edegli impianti di depurazione - I stralcio fun-zionale”. Importo: € 2.996.218,37. Termine ri-cezione offerte: 22/02/2021.Documentazione su http://www.comune.fon-tegreca.ce.it/ e asmecomm.it.

    Il responsabile del procedimentoarch. Luigi Viscione

    GINEVRA, 23. Circa 250.000bambini sfollati a causa dell’ag -gravarsi della crisi nella provin-cia di Cabo Delgado, nel norddel Mozambico, sono ora espo-sti al rischio di malattie letali conl’arrivo della stagione delle piog-ge. È l’allarme lanciato ieri dal-l’Unicef.

    Desta particolare preoccupa-zione il fatto che l’acqua e i servi-zi igienico-sanitari non sono suf-ficienti a soddisfare le necessitàdei bambini e delle famiglie neicentri di accoglienza temporaneisovraffollati e nelle comunitàospitanti. Questi servizi — avver -te l’agenzia Onu — devono esse-re urgentemente rafforzati e am-pliati per prevenire lo scoppio dimalattie come il colera e l’ulte -riore diffusione del covid.

    Le calamità meteorologiche ei conflitti degli ultimi due anni

    hanno contribuito all’insicurez -za alimentare e alla fame in tuttala provincia. «In meno di dueanni, i bambini e le famiglie diCabo Delgado hanno dovuto af-frontare un ciclone devastante,inondazioni, siccità, difficoltàsocioeconomiche legate allapandemia e al conflitto», ha di-chiarato difatti il direttore gene-rale dell’Unicef, Henrietta Fore.Due bambini su cinque dellaprovincia soffrono di malnutri-zione cronica e viene rilevato unnumero maggiore di casi di mal-nutrizione acuta grave tra la po-polazione sfollata. Condizionidi salute come la dissenteria, fa-cilmente prevenibili e curabili,possono essere letali non soloper i bambini sfollati, ma soprat-tutto per quelli che soffrono dimalnutrizione.

    I bambini sfollati sono inoltreparticolarmente vulnerabili. Al-cuni hanno perso i contatti con ipropri familiari o si trovano in si-tuazioni che possono esporli aviolenza fisica e psicologica.Molti di loro sono stati testimonio hanno subito violenze inaudi-te, altri hanno perso membri del-la famiglia a causa di brutaliomicidi e rapimenti.

  • L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 23 dicembre 2020 pagina I

    Rreligio I N C A M M I N O S U L L E V I E D E L M O N D OIl Nataledel cuore

    di ANNA MARIA CÀNOPI

    I l Natale è sempre festa di doniperché riceviamo il Dono;dobbiamo quindi sempre piùeducarci a una vita che si dona,che non è egoista e chiusa in sestessa ma attenta al prossimo,dando tutto l’aiuto chepossiamo, consapevoli ancheche riceviamo aiuto dagli altrie sapendolo umilmentericevere. Perché questoavvenga dobbiamo vivere conpurezza di cuore, con bontà,con benevolenza e congenerosa attenzione a tutti.Questi sentimenti buonipossono allora rivestirci inmodo degno per accogliere ilSignore che viene nel misterodel Natale. Quello che conta èavere nel cuore la Luce che èCristo, avere la sua grazia edeffonderla in tutta la nostracondotta di vita. Nessunobasta a se stesso, abbiamo tuttibisogno gli uni degli altri;siamo dunque grati a coloroche ci danno aiuto in variomodo e cerchiamo a nostravolta di essere sempre prontiad aiutare i fratelli e a esserevicino a loro con benevolenza,con premura e generosità.Lungo la giornata possiamosempre trovare il modo di farequesta elemosina: sarà unpiccolo aiuto dove ènecessario, o un sorriso,oppure si tratterà di raccogliere

    una cosa caduta dalle mani diun altro, ma sempre bisognaessere pronti e solleciti nellabenevolenza e nell’aiutovicendevole.Bisogna conservare il cuorelibero per poter dire: «Signore,tutto ciò che mi doni è perte!», vivendo per il Signore, equesto poi si traduce anche nelvivere per gli altri, ma in modooblativo, non possessivo, comeservizio agli altri, come servizioalla vita, come compimento delcomandamento dell’a m o resecondo la legge del Signore.Vivere nella comunionesignifica quindi viverenell’amore oblativo e nonchiudere il cuore, ma averesempre il cuore aperto e dato atutti. Dove c’è la vera libertà cisono anche il vero amore e lavera capacità di fare della vitaun dono. Anche nel nostrotempo questa corsa al potere oper possedere è sempre in attose si segue lo spirito delmondo. Dobbiamo invecevivere secondo lo spirito delSignore, lasciarci guidare dalloSpirito Santo che è amore, el’amore è sempre oblativo, èsempre una forza mite che simette al servizio degli altri.Ogni giorno questo è unimpegno da assumere convigilanza, perché la natura haancora le sue inclinazioni versol’egoismo, da cui in fondonasce tutto il male. Dobbiamoinvece guardare al Signore cheè venuto a offrirsi per noi

    nell’estrema umiltà enell’estrema nudità; è venutoper essere la nostra salvezza eper mostrarci come si devevivere. Allora impegniamoci anon distogliere mai lo sguardoda Lui, a non avere altriorientamenti e a non cercarealtri modelli di vita, ma solo ilSignore Gesù, la sua umiltà ela sua oblatività. Dunque lavera sapienza si mostra, ha lesue opere, che esprimono lacarità, Dio stesso. Chi attingela vera vita dal Signore e laesprime, la dona, agisce inconformità al progetto che Dioha su di lui. Allora diventa,come il Signore, longanime,magnanimo, generoso,oblativo, e trova la gioia piùnel dare che nel ricevere, piùnel servire che nel dominare,più nel perdere che nel vincere.Tutte le lotte che ci sono nelmondo sono suscitate dallacupidigia, dalla superbia, dallaricerca di prestigio, da tuttoquello che procede dal nemicodel bene, che è anche nemicodi Dio. Dobbiamo invececercare di vivere in santità divita, cercando sempre il benenell’umiltà, nella verità e nellapace. Cerchiamo quindi ognigiorno di diventare più nuovi,di nascere continuamente anuova vita in Cristo,impegnandoci sempre acompiere il suo volere nellaverità e nell’umiltà e incomunione con tutti i fratelli.Il Signore infatti è venuto perunirci, per instaurare tra noi lacomunione, e tutti dobbiamocercare il bene vicendevole,perché nessuno può godereveramente il bene se non incomunione con gli altri. Nonc’è una gioia egocentrica edegoistica, la gioia è semprecomunione, condivisione, èsempre dono. Cerchiamoquesta gioia vera che viene dalSignore e che nasce dalsacrificio, dal dono di sé, ma èanche quella che non viene maimeno, perché nella grazia delSignore rimane quello che èeterno e non quello che passaed è fugace.Se abbiamo avuto la beatasorte di nascere in una famigliae in un ambiente cristiani, diessere battezzati diventandocosì figli di Dio, di esserecresciuti in questa fede,dobbiamo però pensare anchea quelli che sono infelici,dobbiamo fare in modo chetutto il bene e di conseguenzatutta la gioia spirituale, chesono donati a profusione,possano scorrere verso i poveri,verso tutte le regioni desolatedel mondo, verso tutte lepersone che non sannoneanche che cosa sia il Natale,oppure che l’hanno vissutosolo in un modo superficiale.Viviamo questo Nataleandando verso i poveri di tuttoil mondo, tenendoli presentinel nostro cuore: sono quelliche non conoscono il Signoreo che magari lo hannoconosciuto e lo hannorifiutato, quelli che cercanoaffannosamente altrove motividi felicità e gioia, e trovanosempre delusione, perché ciòche non è eterno e divino, ciòche non è dono di Dio deludeo finisce presto.

    Piero Casentini, «Natale del Signore»

    Dio si fa uno di noi

    Verbo incarnato e inculturato

    MARCELO FIGUEROA A PA G I N A II

    In Indonesia il volto interreligioso della festa

    All’insegna della fratenità

    PAOLO AF FATAT O A PA G I N A II

    Ospedale da campo: nella Casa di reclusione di Paliano

    Progetto Natività

    DAV I D E DIONISI A PA G I N A IV

    Varcato il cancello dell’abbazia Mater Ecclesiae sul-l’isola di San Giulio, il fragore delle onde del lagod’Orta ammutolisce. A parlare adesso è il silenziodella preghiera. E proprio in questo prodigioso silen-tium, e in costante colloquio con Dio, che negli annil’abbadessa Anna Maria Cànopi (1931-2019) ha ver-gato pensieri luminosi sulla nascita di Gesù Cristo. Eora, per la prima volta, i testi inediti sul Natale di unadelle figure tanto significative della Chiesa cattolicadel Novecento vengono raccolti in un volume intito-lato Il Natale del cuore (Teramo, Edizioni Palumbi,2020, pagine 183, euro 20). Il lettore s’imbatterà inventiquattro capitoli — di cui pubblichiamo unostralcio in questa pagina — scritti, pensati e meditatinella quiete del chiostro. Un libro che in realtà è uncanto di lode al Signore, l’eterna Al l e l u i a , dove le per-sone orientate dalla verità-Persona, Gesù Cristo, tro-vano la speranza e la gioia per rinfrancarsi dalla fati-

    ca, dalla sofferenza e dall’incertezza in questo sfi-brante tempo pandemico. «Il Natale, la festa dellaluce, della gioia, della tenerezza», scrivono nella pre-sentazione le benedettine dell’isola di San Giulio,«sembra essere fuori luogo ora che il grande maledella pandemia continua a dilagare, a penetrareoscuramente nelle nostre case, fra la nostra gente, fratutte le genti con il suo corteo di paure e di sospettiangosciosi». Ecco le tessere di un mosaico suggestivoe luminoso che le figlie di madre Cànopi, secondo lostile della spiritualità benedettina, offrono a tutti co-me bussola accesa per orientarsi nella vita e nel mon-do: «Sia lei, la Madre che ha tanto amato e pregato,la nostra guida per farci vivere un nuovo Natale, ilNatale del cuore, disponendoci ad accogliere la visi-ta di Dio e a imparare a riconoscere nel volto di ognifratello quello del nostro misericordioso Signore, ve-nuto a visitarci come Sole dall’Alto». (roberto cutaia)

    Una raccolta di inediti di madre Cànopi

    Viviamolo andando verso i poveri,verso le regioni desolate del mondo,verso chi non sa neanche che cosa sia

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina II mercoledì 23 dicembre 2020 mercoledì 23 dicembre 2020 pagina III

    R Rreligio religioIl Verbo incarnato, illuminato

    e inculturatoDio si concretizza e si fa uno di noi

    Nei secoli in Indonesia la festa ha assunto anche un peculiare volto interreligioso

    Nataleall’insegna della fraternità

    di PAOLO AF FATAT O

    Né la pandemia, né l’e s t re m i s m oreligioso fermeranno la cele-brazione del Natale in Indo-nesia. Nel Paese musulmanopiù popoloso al mondo (230milioni di credenti islamici, suuna popolazione di 260 milio-ni di abitanti) la tradizione delNatale è forte e radicata. An-che perché la comunità dei 24milioni di battezzati (tra i qua-li 7 milioni di cattolici) del va-sto arcipelago — il seme delVangelo è stato piantato daimissionari portoghesi prima eolandesi poi — vivono il Nata-le come una delle feste caratte-rizzanti la loro identità e mis-sione. Nei secoli la festa delNatale ha assunto anche unpeculiare volto interreligioso,ed è divenuta momento pre-zioso in cui i credenti musul-mani amano condividere, visi-tare, porgere gli auguri e perfi-no partecipare ai riti liturgiciin compagnia dei cristiani.«Continueremo ad augurarci“Selamat Natal”, il nostro “fe-lice Natale” tra cristiani e mu-sulmani: questo augurio equesta pratica non fanno chefavorire e rafforzare il clima dipacifica convivenza e di frater-nità che è insito nella celebra-zione della nascita di Cristo»,riferisce in un colloquio con«L’Osservatore Romano» pa-dre Ignazio Ismartono, anzia-no gesuita che ha lavorato peranni nella Commissione Giu-stizia e pace dell’episcopatoindonesiano e oggi è direttoredi Sahabat Insan (Amicizia eumanità), organizzazione, consede a Giacarta, impegnatanella lotta alla tratta di esseriumani. Il 75enne gesuita ricor-da che in Indonesia i cristianihanno sviluppato ricche, viva-ci e diverse tradizioni per iltempo di Natale, che rispec-chiano il pluralismo etnico eculturale dell’arcip elago.

    La tipica cultura giavanese— spiega il religioso — e m e rg ein tutta la sua freschezza nellazona di Yogyakarta, dove «lacelebrazione del Natale è ani-mata da rappresentazioni distrada sulla nascita di GesùCristo e la messa in chiesa èguidata dal sacerdote che in-dossa il beskap, il costume tra-dizionale giavanese e il blan-

    Online il concerto di Natalenella basilica LateranenseNelle trentacinque edizioni precedenti non èmai accaduto che si svolgesse senza la presen-za di pubblico e fedeli. Domenica 20 dicem-bre si è svolto il tradizionale concerto di Na-tale nella basilica di San Giovanni in Latera-no. L’evento, promosso dal Vicariato di Romae organizzato dalla Nova Opera, ha permessola partecipazione in forma digitale attraversola diretta online pubblicata sulle pagine socialdella diocesi di Roma e anche sul sito inter-

    net (www.concertodinataleincattedrale.it).I primi 6.500 visitatori digitali del portale,

    quotidianamente in crescita, provengono daItalia, Stati Uniti, Spagna e Germania. Il 67per cento ha partecipato da smartphone, il 30per cento da computer e il 3 per cento da ta-blet. Nonostante la riduzione del numero dielementi nel coro e nell’orchestra per il rispet-to delle norme sul distanziamento, l’emozionescorre anche dopo l’esecuzione. I più celebricanti natalizi internazionali interpretati dalcoro della diocesi di Roma e dall’o rc h e s t r a

    a cura di FABIO BO L Z E T TA

    In rete

    di MARCELO FIGUEROA

    I l Dio che si fa uomo, s’incarna, illumina il mon-do, dialoga con la cultura del popolo e si fa unocon l’umanità senza perdere la sua divinità, è ilfulcro del Natale. Il cristianesimo non è una filo-sofia né un’ideologia perché non parte da un Dioconcettuale o ideologico, bensì da Gesù che siconcretizza e si fa uno di noi. Si lascia vedere,toccare e si muove a partire da una genesi spazia-le primigenia fino a un k ro n o s storico specifico,per proiettarsi in un k a i ro s da una parusia che siprolunga a un infinito pieno del suo regno di pa-ce. Ai tempi della prima lettera dell’ap ostoloGiovanni, quando il tempio di Gerusalemme erastato distrutto e nessuno dei dodici apostoli erapiù in vita, venti di mode filosofiche, ideologichee teologiche minacciano i principi sopramenzio-nati. In questa lettera, discorso od omelia il di-scepolo amato comincia affermando che: «Quel-lo che era da principio, quello che noi abbiamoudito, quello che abbiamo veduto con i nostri oc-chi, quello che contemplammo e che le nostremani toccarono del Verbo della vita» (1 Giovanni,1, 1). Affrontando quei falsiprofeti “cristiani” che condi-zionano la luce della nativi-tà, ossia l’incarnazione inCristo con i loro pensierignostici e docetisti, testimo-nia in prima persona l’uma-nità di Dio, fondamento delsuo annuncio evangelico.

    Questa tensione teologi-ca, filosofica e cosmica cheha continuato a esistere, intentativi più o meno dissi-mulati, di disumanizzareGesù e con lui la fede cristia-na, generando una pericolo-sa dissociazione tra la sferamondana e quella divina, èmessa in luce dal teologoHans Küng in Essere cristianiquando scrive che: «QuestoDio è, così, trascendente eimmanente, lontano e vicino, sovramondano eintramondano, futuro e presente. Dio è orientatoverso il mondo: non c’è Dio senza mondo. E ilmondo è riferito interamente a Dio: non c’è mon-do senza Dio. Pertanto, la contraddizione non ri-siede, come per i greci, tra il Dio spirituale e ilmondo materiale in sé, bensì tra Dio e un mondopeccatore che si è allontanato da Lui. E la reden-zione che si attende non è il superamento deldualismo platonico Dio-mondo, spirito-materia,ma la liberazione del mondo dalla colpa, dallamiseria e dalla morte, e la comunione con Dio».

    L’incarnazione del Verbo porta con sé la lumi-nosità della sua presenza che si fa cammino inmezzo all’oscurità. «Questo è il messaggio cheabbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo:Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» (1 Gio-vanni, 1, 5). In questo tempo di pandemia, oscuri-tà e sconforto, scopriamo che i nostri occhi nonsono pensati per attraversare questa densità op-pressiva. Solo la luce di Dio attraverso gli occhidi Cristo la possono vincere e lasciarci intravede-re cammini luminosi di speranza. In altri mo-menti della storia, come nella Shoah, quando letenebre del male avvolsero l’intera umanità, mol-ti si sono interrogati su questa lotta cosmica matanto umana tra luce e oscurità, dove abbondanole domande sulla divinità, sulle sue parole e suisuoi silenzi. Così ha fatto il filosofo e teologoebreo Martin Buber, che nel suo saggio L’eclissi diDio, rispondendo a un altro filosofo, ha scritto:«Sartre è partito dal silenzio di Dio senza do-mandarsi in che misura il nostro non udire e ilnostro non aver udito hanno inciso su questo si-

    lenzio». Poi, comprendendo che quell’oscuritàaveva creato una distanza tra la luce di Dio e l’o-scurità terrena, ha aggiunto: «Eclissi della lucedel cielo, eclissi di Dio, tale è in realtà il caratteredel momento storico che l’uomo sta attraversan-do». Infine, riflettendo sul ruolo della fede e sul-la realtà impellente ha affermato: «Il rapportotra religione e realtà che prevale in una determi-nata epoca è l’indice più esatto del suo vero ca-r a t t e re » .

    Dobbiamo vivere questo Natale in tempi di si-lenzi, oscurità e domande. Che la luce vera che ciricorda il presepe di Betlemme ci aiuti a non la-sciarci eclissare dalla confusione e dall’oscurità ea vivere la speranza della luminosità del Signoredella storia, di tutte le storie umane.

    Il terzo concetto di queste riflessioni natalizieha a che vedere con un Dio che si è fatto cultura,per dialogare con essa, nutrirsi di essa e influen-zarla senza assoggettarla, amandola fino a incul-turarsi come parte della stessa. Papa Francescoha affrontato in diverse occasioni il rapporto traincarnazione cristiana in dialogo con le culture,come nella Evangelii gaudium, quando ha asserito

    che: «Non renderebbe giustizia alla logica del-l’incarnazione pensare a un cristianesimo mono-culturale e monocorde» (n. 117). «Questo criterioè legato all’incarnazione della Parola e alla suamessa in pratica: “In questo potete riconoscere loSpirito di Dio: ogni spirito che riconosce GesùCristo venuto nella carne, è da Dio” (1 Giovanni,4, 2). Il criterio di realtà, di una Parola già incar-nata e che sempre cerca di incarnarsi, è essenzialeall’evangelizzazione» (n. 233).

    Il rapporto tra evangelizzazione, incarnazionee inculturazione è molto presente nel pensiero enell’opera del teologo Juan Carlos Scannone,che viene in nostro aiuto affermando che «sebbe-ne l’inculturazione (che è l’altra faccia dell’evan-gelizzazione della cultura ) ponga l’enfasi su ciòche è proprio e particolare di ognuna, lo fa senzaperdere di vista l’aspetto umano universale dellacultura e dell’uomo in quanto tali, non conside-rati — chiaro — in modo univoco e astorico, bensìanalogico e storico, e, sebbene accentui la rela-zione organica e costitutiva tra fede e cultura,preserva la trascendenza della prima e l’autono-mia dell’ultima, secondo il modello dell’incarna-zione» (in Evangelizzazione, cultura e teologia).

    In questo Natale così diverso e complesso, chequesti concetti di incarnazione, illuminazione einculturazione ci umanizzino in amore, risplen-dano in speranza e benedicano la nostra cultura.Perché «sappiamo anche che il Figlio di Dio èvenuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere ilvero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figliosuo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eter-na» (1 Giovanni, 5, 20).

    kon, tipico copricapo locale».Inoltre a Giava la festa del Na-tale ha un tratto in comunecon la celebrazione dell’Eid-alfitr, la festa musulmana di fineRamadan: «È, infatti, l’o cca-sione per visitare amici e fami-liari, anche se professano uncredo differente. Oggi con lapandemia queste visite saran-no limitate, ma lo spirito di so-lidarietà, di amicizia, di festa econdivisione è vivo e presen-te», rimarca il gesuita.

    Nell’isola di Sulawesi, nellaparte orientale dell’Indonesia,in molti partecipano al KunciTaon (letteralmente: fine del-l’anno), manifestazione cheinclude attività pubbliche or-ganizzate a livello ecumenicoin occasione del Natale, conparate in costumi etnici cheuniscono cristiani e non cri-stiani, animate soprattutto da-gli indigeni minahasa, gruppoetnico maggioritario nella pro-vincia del Nord Sulawesi (do-ve oltre il 67 per cento dei 2,5

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    Paolo Veronese, «San Giovanni evangelista» (1555)

    Il governatore della provincia del Central Java in visita al monastero cistercense di Bunda Pemersatu

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina II mercoledì 23 dicembre 2020 mercoledì 23 dicembre 2020 pagina III

    R Rreligio religioIl 25 dicembre ricorre il centenario della nascita di padre Le Guillou

    Un vero “passeur”della teologia del XX secolo

    Nei secoli in Indonesia la festa ha assunto anche un peculiare volto interreligioso

    Nataleall’insegna della fraternità

    Fideles et Amati, diretti dal maestro monsi-gnor Marco Frisina, sono ora disponibili allavisione sul web anche nelle precedenti edizio-ni.

    Un sito per gli eventi accademicidelle università cattoliche di Roma

    Una piattaforma digitale dove far conver-gere e condividere tutti gli eventi accademicie culturali che si svolgono nelle universitàcattoliche di Roma. L’iniziativa Catholic Fo-rum Roma, appena inaugurata online, è rag-

    giungibile dal sito internet (www.catforumro-ma.it). Sei i primi atenei cattolici della cittàeterna coinvolti: la Libera università MariaSantissima Assunta (Lumsa), la Pontificiauniversità Gregoriana, il Pontificio istituto distudi arabi e d’islamistica (Pisai), il Pontificioateneo Sant’Anselmo, la Pontificia universitàSan Tommaso d’Aquino - Angelicum e laPontificia università Urbaniana. Il portaleweb raccoglierà le diverse proposte accademi-che e appuntamenti culturali (organizzati inpresenza o in diretta streaming) in un unico

    spazio comune. Una piazza digitale, dunque,dalla quale convergere verso i singoli eventi,nello spirito della condivisione e promozionedella cultura tra istituzioni. A curarne il coor-dinamento sono l’ufficio di rappresentanza aRoma della Georgetown University e il Romeglobal gateway dell’Università di Notre Da-me, dal 2014 nella Capitale, che si aggiungo-no con proprie iniziative al calendario deglieventi culturali promossi.

    milioni di abitanti sono di reli-gione cristiana). «Il Natale —spiega Ismartono — è semprestato vissuto all’insegna dell’u-nità e della fraternità: è impor-tante preservare questo spiritotrasmettendolo con saggezzaalle generazioni future». Nonper nulla, nota, il motto deiMinahasa è «Siamo tutti fra-telli e sorelle», in perfetta sin-tonia con la recente enciclicadi Papa Francesco Fratelli tutti.

    Nelle vicine isole Moluc-che, il Natale è caratterizzatoda una cerimonia chiamataNegeri, che significa pulizia.«Il rito simboleggia la purifi-cazione e la liberazione deipeccati», osserva Ismartono,ricordando che «in isole dovevivono perlopiù pescatori, lanotte di Natale allo squillodelle campane fanno eco le si-rene e le campane delle barchee delle navi, in segno di festa esolidarietà».

    La provincia più remotadell’Indonesia è quella diIrian Jaya, la cosiddetta Papuaindonesiana, costituita dallaparte occidentale della vastaisola della Nuova Guinea.Abitata da popolazioni indi-gene dai tratti somatici scuri (icosiddetti “neri d’O ceania”) èzona dove la presenza cristia-na è significativa. Qui la cele-brazione della nascita di Cri-sto, in un processo di incultu-razione, si è integrata con letradizioni locali. E così, dopola messa della notte di Natale,spesso celebrata all’aperto, lefamiglie dei diversi villaggiamano organizzare il barapen(pietra per grigliare), rituale dicottura del maiale per conti-nuare a celebrare in una festache unisce persone di ogni cre-do. «La tradizione del bara-

    pen vuole esprimere gratitudi-ne a Dio per non aver abban-donato il suo popolo ed esser-si fatto uomo. La condivisioneche caratterizza il consumareinsieme la carne di maiale ri-manda al mistero dell’Incarna-zione, del Dio-con-noi, assun-to e rivissuto nella cultura tri-bale. Anche questo è il pecu-liare Natale in terra d’Indone-sia», rimarca Ismartono.

    È vero che il Natale, com’èavvenuto in passato, rischia diessere funestato da attentatiterroristici promossi da gruppijihadisti cheintendono di-sturbare e av-velenare laconvivenzapacifica nellasocietà indo-nesiana. Intempo di pan-demia, lechiese reste-ranno aperte,pur se con ca-pienza limita-ta di fedeli,nel rispettodelle normeanti covid-19:per questo ilgoverno hapredisp ostoun’adeguatasorveglianzagrazie alle for-ze di sicurez-za (esercito,polizia, corpidi guardia locali). «Ma questoservizio — ci tiene a sottolinea-re Ismartono — non sarà la-sciato solo alle forze dell’o rd i -ne: coinvolge anche giovanivolontari musulmani, nel se-gno del dialogo interreligioso.Tra loro vi sono ben 500.000

    membri del movimento giova-nile Anshor e Banser, la piùgrande organizzazione socialegiovanile in Indonesia, affilia-ta al movimento musulmanoNahdlatul Ulama». Si trattadi un segno tangibile di vici-nanza, molto apprezzato: «Laserena celebrazione di questoevento religioso cristiano, gra-zie al contributo di tutti, an-che degli amici musulmani,serve a consolidare l’unitàmentre il Paese è messo allaprova dalla pandemia e da epi-sodi di estremismo religioso,

    come quello verificatosi nellescorse settimane a Sulawesi»,ricorda il gesuita. Il Natale inIndonesia è, allora, «un mo-mento in cui, nel nome delVangelo, insieme si costruisceil bene comune, l’armonia reli-giosa e la solidarietà sociale».

    di CAROLINA BLÁZQUEZ CASAD O*

    I n questo dicembre, proprio il giorno diNatale, ricorre il centenario della nasci-ta del padre Marie-Joseph Le Guillou,domenicano francese, uno dei gigantidella teologia del XX secolo che con laloro vita e il loro pensiero prepararonoil concilio Vaticano II e in seguito lavo-rarono perché il rinnovamento conci-liare fosse adeguatamente accolto nellavita della Chiesa e dei fedeli.Se volessimo riassumere in una paro-la l’eredità di Le Guillou po-tremmo dire che fu un verop a s s e u r. Questo termine fran-cese si riferisce a coloro chepassano da una riva al-l’altra, attraversanofrontiere e co-me san Cristo-foro fungonoda ponte pergli altri, diven-tando occasio-ne d’i n c o n t roe comunionecon i separati,i diversi, ilontani. Essodescrive be-ne uno degliaspetti piùgenuini diLe Guillou:la sua capa-cità di uni-re, far dialogare, conciliare e abbraccia-re dimensioni della vita cristiana e dellateologia che nel corso della storia cri-stiana si sono trovate in tensione tra lo-ro e, per motivi diversi, hanno finitoper perdere equilibrio e distanziarsi ecosì, l’una priva dell’altra, si sono im-p overite.

    Portiamo alcuni esempi di queste“rive riconciliate” nella vita e nel pen-siero di Le Guillou. Anzitutto, il lega-me inseparabile tra una profonda vitaspirituale o, ancor meglio, tra santità eteologia, in modo tale che l’una esigal’altra, l’una rafforzi e nutra l’altra, re-cuperando la concezione orientale percui “il santo è il teologo”, dal momentoche la conoscenza di Dio introduce inuna intimità che lo trasforma e lo con-forma a Sua immagine e somiglianza.

    In secondo luogo, l’unità tra Orientee Occidente, che portò il suo studio afare costante riferimento alla vita dellaChiesa unita del primo millennio, fon-data sulla scrittura, la tradizione litur-gica e la tradizione patristica.

    Ancora, in Le Guillou si realizzò unamagnifica sintesi tra studio e impegnopastorale, soprattutto nell’ambito del-l’ecumenismo, di cui fu un pioniere alivello teologico, distinguendosi per lacapacità di trasmettere, a livello di cate-chesi e di testimonianza, l’urgenza del-l’unità. Lavorò instancabilmente me-diante conferenze, corsi, meditazioni,ritiri predicati a sacerdoti, religiosi elaici perché la Chiesa tutta si ricono-scesse protagonista della chiamata edella missione verso la comunione.

    Infine, Le Guillou stabilì un fecondodialogo tra fede e cultura, tra testimo-nianza cristiana e segni dei tempi, la-sciandosi interpellare e provocare degli

    avvenimenti della società, specialmenteda quel “Maggio francese” del ’68 edalla sua radice comunista, offrendouna parola e una presenza evangelicacapace di ascoltare e soccorrere il gridodel mondo, perché vi intuiva un desi-derio nascosto d’incontro rinnovatocon Cristo.

    Nonostante ciò, il valore del suo la-scito personale e teologico è rimasto inombra per anni. Solo adesso, forse gra-zie alla necessaria prospettiva del tem-po — a distanza, come i quadri nei mu-

    sei, si può riconoscere megliociò che avvicina alla verità,ciò che rimane e comunica losplendore della bellezza — lamemoria ecclesiale comincia aritornare a lui, pronunciandolasua parola teologica come te-stimonianza viva e attuale delmessaggio evangelico e di unagenuina tradizione ecclesiale.

    Per collaborare alla diffusio-ne del pensiero di Le Guillou,lo scorso 1 dicembre l’Universi-tà Ecclesiastica San Damasodi Madrid ha celebrato unagiornata di studio su unadelle sue opere più rappre-sentative, il saggio di Cri-stologia Celui qui vient d´ail-leurs, l’Innocent (“Colui cheviene da altrove, l’Innocente”):un lavoro in cui dialoga-no diversi rami della teo-

    logia — biblica, dogmatica, spirituale epastorale — per giungere a ciò che l’au-tore chiama «una conoscenza ecclesialedi Cristo» che, alla luce dello SpiritoSanto, riconosce e confessa la pienezzadella rivelazione di Dio nel paradossodel mistero di abbassamento, compas-sione, fragilità, vulnerabilità dell’a m o redel Padre manifestato nella vita, nellaparola, nei gesti, nello scandalo chesuppone, fino alla croce, l’avvenimentodi Gesù di Nazareth, la sua pretesa diessere il Figlio di Dio fatto uomo, fattoservo, uno fra i tanti.

    Il Figlio, l’Innocente, era l’unico chepoteva liberamente assumere su di sé ildestino dei perduti, dei condannati, de-gli ingiusti, dei colpevoli. Egli abbrac-cia così, mediante il mistero dell’incar-nazione, tutto l’umano, inclusi i suoiaspetti più deformi, e lo salva attraver-so il suo amore spinto all’eccesso, vin-cendo per sempre l’odio e la morte.

    Questo mistero dell’amore folle diDio fatto uomo nell’oggi della Chiesa,per dono dello Spirito, illumina unaforma di vita cristiana che lo stesso LeGuillou accettò come chiamata perso-nale. Innamorato di Cristo, egli stessoentrò nel paradosso evangelico e si fecepiccolo, umile, disposto all’ascolto,amico dei poveri, rispettoso delle diffe-renze, amante della pace, cercatore del-la verità, paziente anche di fronte al ri-fiuto, sereno nella contrarietà, creatoredi spazi di incontro nella ferita della di-visione.

    In definitiva, un bambino, un folle,un innocente nel senso evangelico deltermine.

    *Priora del Monasterio de la Conversión,Sotillo de la Adrada

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    Controllo delle forze di sicurezza alla Messiah Cathedral di Giacarta

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina IV mercoledì 23 dicembre 2020

    «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le feritee di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità.

    Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia... Curare le ferite, curare le ferite...E bisogna cominciare dal basso»

    Rreligio O S P E D A L E D A C A M P O

    «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite

    Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia... Curare le ferite, curare le ferite...

    Il Progetto Natività realizzato dalle detenute della Casa di reclusione di Pa l i a n o

    L’esempio di Mariaper essere pienamente mamme

    di DAV I D E DIONISI

    La data, 13 aprile 2017, è incisa nelle muraciclopiche dell’antica fortezza Colonnadel carcere di Paliano, in provincia di Fro-sinone. Un giorno memorabile perchéPapa Francesco scelse proprio questastruttura risalente al XVI secolo per presie-dere la messa in coena Domini, lavare i piediagli ospiti, tutti collaboratori di giustizia,e condividere con loro l’inizio del triduopasquale. I segni di quella visita sono an-cora oggi visibili e chi ha vissuto quei mo-menti ha continuato nel tempo a rispon-dere concretamente all’appello che nel-l’occasione lanciò Francesco: «Se voi po-tete dare un aiuto, fare un servizio qui, incarcere, al compagno o alla compagna, fa-telo. Perché questo è amore». Le occasio-ni per testimoniare l’impegno assunto so-no state diverse. A cominciare dalla realiz-zazione della “Croce della misericordia” realizzata da-gli ospiti artigiani per inviare il loro messaggio di soli-darietà e di vicinanza a tutti i detenuti italiani che pa-tiscono le loro stesse sofferenze. E poi i numerosi in-contri di preghiera e le riflessioni sulla Parola di Dio.Qui ha fatto tappa la Croce della Gmg, la Madonnapellegrina ed è stato realizzato un ciclo di trasmissionidella Radio Vaticana intitolate «Il Vangelo dentro».

    Poi è arrivato il covid e la vita degli istituti ha subitoun brusco stop, le visite sono state sospese, così cometutte le attività trattamentali. Ma a Paliano non è maivenuta meno la volontà di andare avanti, nonostanteil dolore della doppia detenzione — quella della con-danna e del coronavirus — e, grazie alla disponibilitàdell’amministrazione, è stato portato a termine il Pro-getto Natività, una iniziativa che ha visto protagonistele donne detenute. «L’idea ci è venuta all’inizio digennaio» spiega Anna Angeletti, direttrice dell’istitu -to del frusinate. «Chi è recluso è in continua attesa.Aspetta il colloquio, il processo, la sentenza, il per-messo di scarcerazione, la telefonata dei cari, il turnodi lavoro. Tutto questo è un tempo prezioso, soprat-tutto per le donne che pensano (e attendono) la visitadei figli piccoli da mamme apprensive e premurose

    te è stato per loro un balsamo, una carezza, un mes-saggio di conforto in un momento drammatico e, altempo stesso, inedito».

    Al di là del tema sacro scelto dalle ospiti, il progettonasce dunque dall’esigenza di sottolineare e avviareuna riflessione sull’essere mamme in carcere, sul ruolodella donna e della famiglia. Il calendario contiene,infatti, anche pensieri e considerazioni delle autriciispirate alle opere prese in considerazione. «Non di-mentichiamo che le condizioni di vita della personadetenuta sono connotate da una distanza relazionaleimposta dalla lontananza fisica che mal si armonizzacon il bisogno di vicinanza fisica che appartiene ai le-gami affettivi» rileva Fatima Cesari, responsabile del-l’area educativa del carcere. «Le bambine e i bambiniche subiscono, loro malgrado, la separazione forzatada un genitore che ha infranto la legge, soprattutto sepiccoli, non hanno gli strumenti per elaborare un di-stacco che non hanno scelto e che fanno fatica a com-prendere. Si vive infatti in una dimensione dell’attesa,connotante l’emozione dei legami genitoriali. Quan-do è possibile, la certezza dell’incontro rappresentauna base sicura a cui fare riferimento. In questo ulti-mo anno — continua Cesari — neanche questo è statopossibile, se non tramite le videochiamate o i colloquivisivi effettuati dietro pannelli di vetro separatori. Lacertezza della vicinanza affettiva, data dalla realizza-zione del calendario che hanno consegnato ai lori fi-gli, è diventato il motore che ha spinto ad affrontare,nel modo migliore possibile, la quotidianità della car-cerazione, per cercare di mantenere una costante econtinua connessione emotiva. L’operazione è stataquella di sostenere e rinforzare la relazione genitoria-le».

    Insieme al calendario, le ragazze hanno realizzatoanche un presepe fatto con il sapone e un video multi-mediale che racconta il loro approccio con i quadrid’autore raffiguranti le Natività più belle della storiadell’arte. «Un salto nel passato che ha mirato alla de-scrizione del dipinto, allo studio del suo autore, dellostile usato, del periodo storico vissuto, accompagnatoda cenni alla filosofia dell’arte. Ulteriore finalità delprogetto è stato l’approfondimento della genesi, del-l’evoluzione del Presepe nel tempo, nonché la simbo-logia e l’origine delle ambientazioni» riprende la re-sponsabile dell’area educativa di Paliano. Obiettivoraggiunto, dunque, ad ulteriore conferma che unagiustizia veramente a misura d' uomo comporta lo svi-luppo della personalità e la valorizzazione del ruolodi materno o paterno pur nella necessità di una giustapena e in questo, iniziative così, hanno un compitofondamentale. «Ci siamo detti veramente soddisfattiquando ho visto l’espressione di felicità negli occhi lu-cidi di commozione delle detenute alla vista del calen-dario che, orgogliose, non vedevano l’ora di conse-gnare ai loro figli», conclude Fatima Cesari «È stata ladimostrazione del continuo pensiero di amore per iloro piccoli. Mamma c’è, nonostante tutto».

    Era il Nataledel 1980

    Con padre Pesce e il Gruppo India

    di MARCO PETRINI

    Avevo 18 anni ed era laprima volta che nontrascorrevo il Natale acasa con la mia fami-glia e la prima volta che prende-vo l’aereo per una destinazionelontana senza poter avere con-tatti (non esistevano i telefonicellulari!). Ero stato fra gli ulti-mi ad accettare l’invito di padreMario Pesce, il gesuita che sindalle scuole medie era stato pernoi più che un educatore. Avevainsegnato a noi studenti dell’I-stituto M. Massimo di Roma ilsenso profondo della carità cri-stiana e ad essere — come voleval’allora il preposto generale del-la Compagnia di Gesù, padrePedro Arrupe — “uomini per glialtri”.

    Insieme a lui siamo sbarcatiin quindici in India a Bombay(ora Mumbai) e da lì a Dha-rampur nella parte meridionaledello Stato del Gujarat, in unamissione appena avviata dallesuore Canossiane in favore del-le popolazioni tribali e più po-vere. Abbiamo dormito in unacapanna di fango e comunicatosolo a gesti e con lo sguardocon le centinaia di bambini ebambine accolti in un capan-

    none per assicurare la frequen-za scolastica. Ci siamo inerpi-cati per villaggi sperduti nellaforesta incontrando mondiinimmaginabili.

    Quell’esperienza ha segnatotutti coloro che l’hanno vissutaallora o nei viaggi successivi.

    In quel Natale del 1980 ab-biamo deciso di impegnarciperché quei bambini e le lorocomunità avessero un futuromigliore assicurando un picco-lo contributo mensile per lespese scolastiche, per il cibo ele necessità vitali ed al nostrorientro abbiamo condiviso conparenti, amici, compagni discuola, l’iniziativa dell’“ado -zione-borsa di studio” destina -ta non ad un singolo ma ad ungruppo e con l’impegno diun’unione spirituale costante.

    Come scriveva padre Pesce«l’esperienza vissuta mi spingead esortare a un vero cambia-mento di vita, nel desiderio che

    la nostra carità sia sempre piùun atto di amore, che ci devecostare sacrificio e darci la gioiadi sentirci figli di un Padre checi ama con un amore grande enon ci lascia mai soli».

    Sono trascorsi quarant’annie, anche se il religioso gesuita ètornato alla Casa del Padre, ilGruppo India continua nellostesso modo a lanciare la sfidadi amore fraterno a favore nonsolo dei bambini dell’India, madi giovani e adulti di circa tren-ta Paesi in Asia, Africa, Ameri-ca latina, Europa e MedioOriente, tenendo vivo lo spiri-to iniziale, sostenendo in viacontinuativa, tramite princi-palmente le istituzioni religiosee con interventi puntuali, ini-ziative di formazione, svilup-po, sanità e tanto altro.

    Il contributo generoso dimigliaia di singoli benefattori efamiglie ha consentito di ac-compagnare tante realtà inprocessi di sviluppo, consen-tendoci di rivolgere lo sguardoanche ad altre emergenze cometestimonia la storia di Vincia,abbandonata all’età di 5 anni eaccolta con due fratelli dallesuore a Lahore in Pakistan.Con l’aiuto del Gruppo Indiaha completato gli studi liceali

    e, dopo aver conseguito la lau-rea in infermieristica ed ottenu-to impiego nell’ospedale go-vernativo, ha continuato a stu-diare divenendo direttrice del-la scuola per infermieri. Hauna casa, si è sposata ed è di so-stegno per i suoi fratelli.

    In questo periodo il gruppoè impegnato anche a favore ditante comunità colpite dallapandemia, come nella diocesidi Khulna, in Bangladesh, do-ve più di 20 milioni di personesono prive di ospedali, medici,laboratori di analisi e la genteche vive nei bassifondi urbani onei villaggi rurali è in pessimecondizioni socioeconomiche.

    In questi anni il mondo èprofondamente cambiato mapovertà ed esclusione conti-nuano ad interpellare la nostrasensibilità umana e cristiana el’impegno del Gruppo Indiacontinua fedele al proprio fon-damento.

    quali sono. Per questo ci è venuto in mente di scandirequesto tempo, mese per mese, facendo ricorso all’artee alle opere che rappresentano la Natività. Dodici pre-sepi diversi per tornare a vivere intensamente la ma-ternità». La direttrice racconta con commozione ilgiorno in cui sono state comunicate le restrizioni acausa della pandemia. «Era il 9 marzo e mi sono reca-ta personalmente ad annunciare i provvedimenti. Hovisto la disperazione nel volto di una donna, madre diquattro figli e la sua preoccupazione per il loro futuro.Non potevamo abbandonare nello sconforto personeche già stavano pagando un altissimo prezzo a causadel loro passato. Era giusto reagire. Avvicinarsi all’ar -

  • L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 23 dicembre 2020 pagina 5

    Un caleidoscopiodi infinita meraviglia

    A colloquio con Rosa García Gutiérrez

    Un Premio Nobelancora sconosciuto

    di LORENA PACHO PEDRO CHE

    Per tutta la vita Juan Ramón Jiménez— uno degli scrittori spagnoli più im-portanti del XX secolo, premio No-bel per la Letteratura nel 1956 — sidedicò interamente alla poesia; chiamò questasua vocazione, che visse con passione, impe-gno e tenacia, el trabajo gustoso. Figura centraledella poesia contemporanea spagnola, i suoiversi e la sua estetica fanno da cerniera tra ilRomanticismo di Bécquer ed Espronceda, acui attinge all’inizio del suo percorso, e il Mo-dernismo e le Avanguardie.

    Dopo la morte nel 1916 del poeta nicara-guense Rubén Darío, Jiménez ne raccoglieil testimone come leader dei poeti più giova-ni del suo tempo; poetiche scrivono seguendo-ne i principi, affascinatidalla profondità concet-tuale e simbolica deisuoi versi, dal loro gran-dissimo valore estetico estorico-letterario e dallaloro elevata spiritualità.Diventa così il maestrodei giovani avanguardi-sti degli anni Venti eTrenta dello scorso seco-lo, e il massimo esponente del Modernismolirico in Spagna, insieme ai fratelli Manuel eAntonio Machado, e l’insuperabile poetapostmode