Sondaggio sui consumi di carne e sul benessere animale tra ... · hippie!o le! prime! avvisaglie!...
Transcript of Sondaggio sui consumi di carne e sul benessere animale tra ... · hippie!o le! prime! avvisaglie!...
Sondaggiosui consumi di carne
e sul benessere animaletra i soci Slow Food
e gli allevatoridei Presìdi europei
luglio-agosto 2013
co-financed by the European Union
A cura diJacopo Ghione, Anne Marie Matarrese, Raffaella Ponzio, Piero Sardo
Con la collaborazione diCristina Agrillo, Michela Battaglino, Maurizio Busca, Paola Roveglia, Michele Calleri, Martina Dotta, Serena Milano
Con la consulenza tecnico scientifica diElisa Bianco, Sergio Capaldo, Enrico Carrera, Mauro Cravero, Antonio Curcio, Emma Della Torre, Beatrice Marelli, Manuela Massa, Mara Miele, Mauro Negro, Luca Nicolandi, Mauro Olivero, Anna Maria Pisapia, Martina Tarantola.
In copertinaPresidio della razza bovina maremmana, Toscana – foto di Manfredo Pinzauti
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Benessere animale: una grande rimozione? Il concetto di “benessere animale” appartiene a quella categoria di insiemi che vanno sotto il nome di fuzzy (che significa sfocato). La logica fuzzy è stata messa a punto negli anni ‘70 da Lotfi Zadhe, un genio matematico nato a Baku, formatosi in Iran e poi trasferitosi negli USA, e ci dice – scusate le semplificazioni grossolane – che esistono classi di concetti dai confini non ben definiti (bello, amico, giovane, ecc.) a fronte di altri che invece hanno contorni perfettamente delineati (sposato, maschio, fratello). In genere i concetti sfocati sono più complessi di quelli che non lo sono: “amico” è più complesso di “fratello”, e pur tuttavia li manipoliamo abitualmente, la nostra mente è predisposta per trattare anche concetti nebbiosi e complessi, sacrificando la precisione a favore del significato. Questa introduzione ci serve per capire come il concetto di benessere animale, nonostante sia impreciso e indefinito, abbia coinvolto un’importante fetta di popolazione nei ragionamenti attorno all’idea di sostenibilità, di eticità alimentare, di biodiversità. Larghe fasce di popolazione, soprattutto nel nord del mondo, avvertono l’urgenza di dare corso a pratiche virtuose in merito al benessere animale, cresce il numero degli animali da compagnia, aumenta il numero di persone che abbandonano il consumo di carne, ma se poi vogliamo stabilire una definizione univoca, praticabile del concetto, non ce la facciamo Perché ognuno traccia il suo confine. Vale per il contadino che lega il cane ad una catena di un metro e lo mantiene al limite della fame, perché pensa che già questa sia una condizione di favore rispetto al randagismo e che trattandosi di un animale improduttivo, è già un lusso che mantenerlo in vita; alla signora metropolitana che compra cappottini griffati per il suo barboncino e che lo nutre a salmone e filetto. Questo è evidentemente un caso estremo di divaricazione, ma pensate invece all’allevatore che fa uscire una volta al giorno per poche ore in un piccolo recinto le sue vacche, magari dalle corna tagliate, e che poi tiene legate alla mangiatoia per tutto il tempo, ed è perfettamente convinto di fare bene, e a chi, come gli svizzeri, lascia sempre liberi gli animali l’estate e almeno 13 giorni al mese l’inverno. E magari senza mutilazioni e senza costrizioni in stalla. Ancora, e con confini sempre più ravvicinati, vale per l’allevatore biologico di suini, che si preoccupa che i ricoveri non abbiano il fondo di cemento, che abbonda nei ricambi di paglia e che lascia le partorienti libere di muoversi (assolutamente meritevole), ma vale anche per l’allevatore di cerdo iberico nella dehesa andalusa, l’ultimo lembo della foresta primitiva europea, dove ogni suino ha un ettaro di foresta a disposizione, un albero da ghianda per l’ingrasso finale e nessun tipo di ricovero. Ovviamente non parliamo degli allevamenti industriali né degli avvelenatori a base di ormoni: queste pratiche stanno fuori da un qualsiasi concetto di benessere. Purtroppo quando il consumatore acquista la fettina al supermercato non sa o finge di non conoscere gli orrori dei lager dove si allevano polli, suini, bovini da carne. Scatta la grande rimozione, perché molti, moltissimi consumatori ormai sono consapevoli che stiamo transitando in un’epoca in cui sarà praticamente obbligatorio rispettare gli animali e avere comportamenti alimentari responsabili, ma è molto più comodo ignorare il problema. E’ anche vero che siamo in presenza di una scala di valori che cambia con gli anni, con le mutazioni socio-‐economiche, con la cultura media, con l’istruzione, con le mode: ma è certo che la direzione verso una piena accettazione dei diritti degli animali è tracciata. E la novità importante è che nel pretendere maggior attenzione verso l’animal welfare, non si parte più (o lo si fa molto meno rispetto a qualche tempo fa) dall’antispecismo, dalla convinzione cioè che il pianeta appartenga con pari diritti a tutte le specie senzienti che lo popolano. Se ricordate lo spiritualismo di qualche decennio fa, o la cultura hippie o le prime avvisaglie di new ages, ricorderete che questo era esattamente il cuore del ragionamento di quei movimenti: non tanto la sostenibilità, non tanto l’iniqua ripartizione delle risorse, bensì il concetto di pari dignità per tutti i viventi. E’ chiaro che una simile visione del mondo era ed è nobilissima, ma impone un’adesione incondizionata al vegetarianesimo se non al veganesimo. Non può essere questa la soglia, troppo alta, forse. L’edonismo dei decenni successivi al movimento di contestazione ha stravolto quell’approccio: i consumi di carne sono esplosi, il benessere animale è diventato un argomento per fanatici integralisti, la sostenibilità era di là da venire. E il consumo spropositato di carne, come si è configurato negli ultimi decenni, (stiamo sempre parlando del nord del mondo) ha radicalizzato lo sfruttamento animale e ha dirottato la maggior parte delle risorse agricole verso gli allevamenti da carne o da latte. Oggi, fortunatamente, siamo in presenza di una svolta possibile, ma per compiere un cammino corretto e utile abbiamo bisogno di una definizione di benessere animale. Qual è lo stato dell’arte? Di primo
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acchito verrebbe da dire che pochissimo è cambiato: alcune élites si pongono il problema e tracciano confini ma sono confini assolutamente personali o per piccoli gruppi, mentre una soglia universalmente accettata ancora non esiste, siamo ancora in pieno relativismo, in piena logica sfocata. Per dare concretezza a queste sensazioni, e per iniziare un percorso di riflessione che coinvolga i membri della nostra associazione e gli allevatori dei nostri Presìdi, abbiamo prodotto un questionario e lo abbiamo inviato ai soci Slow Food e agli allevatori dotati di un account di posta elettronica. Nelle pagine seguenti potete leggere i risultati di questo sondaggio. Ovviamente tutti si dicono sensibili al tema (e ci mancherebbe: quanti se interrogati direttamente ammetterebbero di fregarsene altamente delle condizioni di vita degli animali?), ma quando si scende nello specifico la nebbia sale e l’indeterminatezza vince. Con un’eccezione: moltissimi soci apprezzano i nuovi orientamenti sul benessere animale perché garantiscono carni migliori, prodotti migliori. E dunque l’orrore per gli allevamenti industriali si contrappone alla qualità del prodotto finale carneo. Oserei dire si “maschera”: è certamente vero che animali felici danno carni migliori, ma è un po’ poco appellarsi al gusto per condannare comportamenti criminali. Anche all’interno di Slow Food dunque occorrerà ancora discutere molto, approfondire, informarsi, per arrivare a definire una soglia al di sotto della quale non dovremo più scendere. Non sarà una discussione facile – pensiamo a tematiche come il foie gras, la selvaggina, le macellazioni rituali, e così via -‐ ma non è più procrastinabile.
Piero Sardo Presidente della Fondazione Slow Food
per la Biodiversità Onlus
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Sondaggio sui consumi di carne e sul benessere animale Rivolto ai soci europei di Slow Food
Il sondaggio è stato svolto da Slow Food nei mesi di luglio e agosto 2013 utilizzando la piattaforma Google Drive e ha interpellato 40 839 soci di Slow Food attivi alla data in cui è stata avviato il sondaggio, appartenenti a 27 paesi dell’Unione Europea, che hanno fornito un account di posta elettronica al momento della loro iscrizione all’associazione. Tale campione rappresenta con buon grado di fedeltà la più ampia rete di Slow Food e Terra Madre, costituita oltre che dai soci dalle comunità di produttori e dagli attivisti e sostenitori non direttamente associati. Hanno risposto 4 321 soci, corrispondenti al 10,6% delle persone contattate. PAESI soci contattati risposte ottenute % sui soci del paese % sul totale risposte
UE 40839 4321 10,6 100
Italia 23234 2613 11,2 60,5
Germania 7200 838 11,6 19,4
Austria 1028 223 21,7 5,1
Francia 3042 176 5,8 4
Spagna 1314 128 9,7 3
Olanda 2900 76 2,6 1,7
Irlanda 329 59 17,9 1,4
Svezia 384 40 10.4 0,9
Belgio 103 28 27,1 0,6
Lussemburgo 148 21 14,1 0,5
Romania 71 18 25,3 0,4
Repubblica Ceca 86 17 19,8 0,4
Slovacchia 42 15 35,7 0,3
Danimarca 201 14 7,0 0,3
Finlandia 152 13 8,6 0,3
Malta 11 7 63,6 0,2
Portogallo 25 6 24 0,1
Croazia 38 5 13,2 0,1
Bulgaria 91 4 4,4 0,1
Grecia 70 4 5,7 0,1
Polonia 293 4 1,3 0,1
Slovenia 40 4 10 0,1
Regno Unito -‐ 3 -‐ -‐
Lettonia 3 2 66,6 0,03
Ungheria 17 2 11,8 0,03
Cipro 9 1 11,1 0,02
Estonia 6 0 0 0
Lituania 2 0 0 0
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Il grafico a torta rappresenta la percentuale di risposte provenienti dai singoli paesi sul totale delle risposte pervenute. Il 60% delle risposte provengono da soci italiani. D’altra parte l’associazione italiana è quella che conta più soci in Europa. Gli altri Paesi maggiormente rappresentati sono la Germania (il 19% del campione), l’Austria (5%), la Francia (4%), Spagna (3%). Tutti gli altri Paesi, insieme, corrispondono all’9%. Nel grafico della pagina a destra abbiamo evidenziato in quali Paesi il sondaggio abbia avuto maggiore successo, rappresentando la percentuale di risposte sul totale dei soci dei 27 Paesi dell’Unione Europea coinvolti nel progetto. Emergono immediatamente i valori di Lettonia (67%) e Malta (64%), ma occorre tenere presente che i soci in questi due Paesi sono pochi e quindi l’alta percentuale non è così significativa. Si può comunque notare come la percentuale di risposte sia buona in molti Paesi. Tra il 20 e il 30% in Austria, Belgio, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia, mentre in Germania (11,5%) e Italia (11,3%) si assesta intorno alla media europea (10,6%). I Paesi in cui l’associazione è piuttosto numerosa, ma dove il sondaggio ha avuto meno successo sono l’Olanda (2,4%) e la Francia (6%).
Paesi di appartenenza del campione
Italia
Germania
Altro
Austria
Francia
Spagna
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Il campione è composto per il 56% da uomini e per il 44% da donne: hanno risposto rispettivamente 2404 uomini e 1917 donne. Tale rapporto è però capovolto in paesi come la Francia, l’Olanda, l’Irlanda e in generale i Paesi nordici (Finlandia, Svezia, Danimarca e Lettonia), dove le donne sono oltre il 60%.
0 10 20 30 40 50 60 70
Estonia Lituania Polonia Olanda Bulgaria Grecia Francia
Danimarca Finlandia Spagna Slovenia Svezia
UE Cipro
Ungheria Italia
Germania Croazia
Lussemburgo Irlanda
Rep. Ceca Austria
Portogallo Romania Belgio
Slovacchia Malta
Lettonia
Sesso
Uomini (56%)
Donne (44%)
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La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 40 e i 55 anni (il 40% del campione si colloca in questa fascia, mentre il 30% ha più di 55 anni). Di conseguenza, il 70% di coloro che hanno partecipato al sondaggio ha più di 40 anni e solamente il 5% ha meno di 25 anni. I Paesi in cui i giovani hanno risposto in misura maggiore sono l’Olanda con un 7% di risposte (in questo Paese è molto attivo lo Slow Food Youth Movement) e l’Irlanda (8%). Il Paese in cui gli over 55 sono in numero maggiore è la Francia (39%).
Ben il 61% degli intervistati è laureato o ha un titolo post laurea (il 90% in Olanda e l’87% in Francia, solamente il 54% in Italia).
Età
Under 25 (5%)
Dai 25 ai 40 anni (25%)
Dai 40 ai 55 anni (40%)
Oltre i 55 anni (30%)
Istruzione Elementare (1%)
Media (7%)
Superiore (31%)
Laurea (46%)
Post laurea (15%)
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Il 51% del campione vive in una città con almeno 30 000 abitanti, seguono le cittadine (28%) e un 20% che vive in paesi. L’ Austria è il Paese con la percentuale più elevata di residenti in paesi (34%), contrapposta ai Paesi nordici, all’Olanda e all’Irlanda dove oltre il 60% dei soci che hanno risposto al questionario vive in città.
Le professioni più rappresentate sono l’impiegato (26%), l’imprenditore/libero professionista (25%) e il dirigente (circa il 9%). Oltre il 10% degli intervistati sono pensionati.
Il 23% del campione europeo dichiara di essere socio di un’associazione ambientalista o di difesa dei diritti degli animali: il 19% degli italiani, oltre il 30% nei Paesi nordici. Quasi la metà dei soci che hanno partecipato al sondaggio (il 47%) possiede animali da compagnia. Oltre la metà degli intervistati (il 52%) ha affermato di essere contrario alla caccia, mentre il 30% si dichiara favorevole, gli altri non hanno una posizione precisa, o sono indifferenti alla questione.
Luogo di residenza Città (oltre i 30.000 abitanti) (52%)
Piccola cittadina (5.000-‐30.000 abitanti) (28%)
Paese (mino a 5.000 abitanti) (20%)
0 200 400 600 800 1000 1200
Allevatore Casalinga
Artigiano/familiare Operaio
Agricoltore Non occupato/in cerca di Commerciante/familiare
Altro Studente
Insegnante/docente Dirigente
Pensionato Imprenditore/libero
Professione
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Il questionario però ha rivelato importanti differenze tra i Paesi europei. In Germania il 63% si dice a favore della caccia, il 50% in Austria, mentre solo il 19% dei soci italiani e spagnoli la approva. La percentuale dei contrari raggiunge il massimo, il 66%, tra gli italiani.
1. Consumi di carne La prima parte del sondaggio si è concentrata sui consumi di carne e di altri prodotti di origine animale. Il 93% del campione totale (4030 persone su 4321) dichiara di consumare carne. Tale valore oscilla da un minimo dell’84% nel Nord Europa al 98% in Irlanda e in Francia. Le carni consumate più spesso sono, nell’ordine: avicola, bovina, suina.
Sei favorevole alla caccia? No (53%)
Sì (30%)
Non so (10%)
Non mi interessa (7%)
Consumi carne?
Sì (93%)
No (7%)
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“Perché non consumi carne?” . A questa domanda era possibile dare più di una risposta. Il 60% afferma di non consumare carne perché la carne non fa bene alla salute. Il 59% ritiene che il consumo di carne sia insostenibile dal punto di vista ambientale. Un 34% invece afferma di rifiutare la carne per ragioni etiche nei confronti degli animali. Solo un 1% motiva il rifiuto con ragioni legate alla fede religiosa. La motivazione “ambientale” è abbastanza omogenea tra i vari Stati europei, eccetto la Spagna, dove è stata indicata addirittura dall’80% dei soci; le ragioni etiche oscillano invece tra il valore più basso (28%) dell’Italia e il 71% dei paesi nordici. Anche l’Olanda la segnala con un 62%. Infine, la ragione “salutistica” assume il ruolo più importante in assoluto in Italia (63%), seguita dall’Austria (57%), dall’Olanda (56%), dalla Germania (54%). E’ molto debole in Francia e in Spagna, dove è stata scelta rispettivamente dal 18% e dal 20% dei soci.
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10
20
30
40
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70
80
90
100
Bovini Ovicaprini Suini Avicoli Cunicoli Carne di cavallo
Carne di asino
Quali carni consumi?
Spesso
Ogni tanto
Mai
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
La carne fa male L'insostenibilità ambientale della
produzione di carne
Ragioni etiche Ragioni religiose
Perché non consumi carne?
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Tra coloro che affermano di non mangiare la carne, circa la metà (46%) dichiara di consumare comunque il pesce (i più rilassati nel considerare il pesce non proprio assimilabile agli animali da carne sono gli italiani, che segnalano questo consumo nel 50% di risposte), il 19% afferma di essere latto-‐ovo-‐vegetariano (il numero più alto di latto-‐ovo-‐vegetariani si trova in Olanda, dove si sceglie questa opzione nel 35% dei casi), mentre il 7% segue una dieta vegana, non mangia cioè nessun alimento che abbia origine animale (il numero più alto di vegani è in Austria: 19%). Se sommiamo le percentuali di chi ha detto di essere latto-‐ovo-‐vegetariano, vegano e fruttariano (uno sparuto numero), si può affermare che i soci più determinati nel respingere il consumo di carne – anche quella di pesce -‐ sono gli austriaci (42%), seguiti da tedeschi e spagnoli (rispettivamente con un 37% e un 38%), gli italiani contano per un 23%. Considerando il totale delle risposte pervenute (4321 soci), si può affermare che circa il 4% dei soci europei che hanno partecipato al sondaggio sono vegetariani, mentre poco più dell’1% è vegano.
La maggior parte degli interpellati dichiara di consumare meno di 6 pasti a settimana che includano: carne (56%), pesce (77%) e uova (75%), mentre il consumo di formaggi e latticini risulta più frequente: il 34% afferma di consumarli da 6 a 10 volte la settimana e un 21% anche da 11 a 15 volte la settimana.
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Ragioni etiche
Insostenibilità ambientale
La carne fa male
Motivazioni religiose
Consumi alternativi alla carne Non mangio carne ma consumo pesce (46%)
Altro (27%)
Sono latto-‐ovo-‐vegetariano (19%)
Sono vegano (7%)
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Secondo l’INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione – la quantità massima di carne consigliabile settimanalmente non deve superare i 500 grammi. Solo il 12% ritiene di consumare una quantità di carne superiore a quella massima consigliata dai nutrizionisti, mentre il 49% pensa di non superare la soglia consigliata. Il 20% dichiara di mangiarne di meno. Il 13% sostiene, infine, di non essere a conoscenza di quale sia la quantità consigliata dai medici I consumi di carne più equilibrati si riscontrano in Italia, Germania e Austria, dove il 52% di coloro che hanno partecipato al sondaggio afferma di non eccedere nel consumo. Gli irlandesi ne consumano addirittura meno del quantitativo massimo consigliato dai medici (32%). La percentuale maggiore di chi eccede (19%) vive nei paesi nordici. I soci in assoluto più ignari di quale sia la quantità massima consigliata dai nutrizionisti sono i francesi (il 25%).
Come valuti il tuo consumo di carne? Non eccedo e cerco di stare attento ai miei consumi (49%)
Ne mangio meno della quantità consigliata dai medici (20%)
Non so quale sia la quantità consigliata dai medici (12%)
Eccedo (12%)
Non ne mangio (6%)
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Carne Pesce Uova Formaggi e latticini
Non ne mangio
1-‐5
6-‐10
11-‐15
Più di 15
Raramente
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Dove acquistano la carne i soci Slow Food europei? Anche in questo caso erano possibili più risposte. I dati aggregati segnalano due luoghi di valore opposto: presso una macelleria di fiducia (57%) e nei supermercati (42%). Il 27% acquista direttamente presso un allevatore, il 23% presso negozi che vendono esclusivamente prodotti biologici, il 21% nei mercati contadini.Il 6% acquista prodotti di origine animale tramite i Gruppi di Acquisto Solidale. Valutando invece i dati disaggregati per paese, si notano differenze interessanti. La macelleria di fiducia è il fornitore preferito in Francia (66%), il supermercato è il luogo di acquisto preferito dal 97% degli irlandesi, l’acquisto presso l’allevatore è l’opzione scelta maggiormente dagli austriaci, i negozi bio sono il punto di riferimento per il 54% dei tedeschi, i mercati contadini sono frequentati di più dagli austriaci e dai nordici, anche se in numero maggiore ( 48%) i nordici scelgono il negozio specializzato, i Gas sono una scelta principalmente dei francesi e degli italiani (7%), mentre la macelleria qualunque è segnalata di più dagli irlandesi (27%).
Abbiamo anche chiesto ai nostri soci se hanno mai ucciso animali per nutrirsi. L’81% ha detto di no, il 10% lo ha fatto ma raramente, e il 9% afferma di averlo fatto.
0 10 20 30 40 50 60
Hard discount
In una macelleria qualsiasi
Non acquisto prodotti animali
Reti o gruppi d'acquisto
Cooperative
Mercati indipendenti o negozi alimentari
Negozi specializzati
Mercati contadini
Negozi biologici
Direttamente dall'allevatore
Catene di supermercati
In una macelleria di miducia
Dove acquisti la carne?
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Abbiamo anche indagato alcuni consumi di carne “speciali”, per la rarità del prodotto in questione, oppure perché il consumo di questi animali può essere più difficile da un punto di vista emotivo.
Pochissimo sono condizionati dalla religione nelle scelte di consumo, solo un 2%, ma quasi tutti collegano questa domanda al divieto di mangiare carne in alcuni giorni della Quaresima.
2. Benessere animale La seconda parte del questionario vuole indagare quale sia la conoscenza delle pratiche di allevamento e la sensibilità soggettiva al tema del benessere animale. Tra i soci che hanno risposto al sondaggio, il 63% dichiara di conoscere bene, o abbastanza bene, le condizioni in cui sono allevati gli animali nel proprio paese. Gli austriaci sono sicuri di conoscerle bene (97%), il 93% degli olandesi e l’85% degli irlandesi le conosce abbastanza bene. Chi ammette una scarsa (38%) o nulla (6%) conoscenza in materia sono gli spagnoli e gli italiani. L’87% dichiara di aver visitato una fattoria, mentre solo il 35% ha già visitato anche un macello. Nonostante ciò, il 76% ritiene di conoscere, almeno in maniera approssimativa, le pratiche di macellazione adottate nel proprio Paese. Quanto sono interessati al benessere animale e alla vita degli animali in genere i soci di Slow Food? Il dato aggregato riporta un 65% di “sì, sono interessato” e un 29% di “abbastanza”. Solo un 1% non sa che dire e un 5% non si è mai posto la domanda. L’interesse più alto si riscontra in Olanda e in Irlanda (99% e 95%), il più basso in Italia e in Spagna (58%) che, se sommato a quanti sono “abbastanza interessati”, porta questi paesi comunque a percentuali elevate (91% e 87%). Anche tra i soci Slow Food si può affermare che ci sia maggiore interesse in Germania, Olanda, Irlanda e Nord Europa rispetto ad Italia e Spagna, ma le distanze tra nord e sud Europa non sono forti, intorno al 10%. Il Paese che in assoluto segnala la percentuale più alta di chi non si è mai posto la domanda è la Spagna (12%)
0 10 20 30 40 50 60 70
Delmino o balena Carne kosher Carne halal
Rane Anguilla
Vitelli da latte Lumache
Maialini da latte Foie gras
Selvaggina Agnelli e capretti
Crostacei
Consumi almeno ogni tanto:
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Coloro che affermano di essere interessati al tema del benessere animale, coltivano questo interesse raccogliendo informazioni principalmente attraverso la lettura di riviste e quotidiani (57%) e navigando su internet (50%), un 34% non ricerca attivamente informazioni, ma se trova articoli sul tema li legge con interesse, il 32% segue la TV, il 25% legge libri, mentre solamente il 18% visita aziende per fare conoscenza diretta con questo mondo.
Circa un socio su due dichiara di pensare alle condizioni di benessere degli animali di allevamento la maggior parte delle volte quando fa acquisti. Il dato sale, tuttavia, all’85% se si considerano coloro che almeno alcune volte fanno questa riflessione prima di acquistare carne. L’8%, invece, non ci pensa mai.
Sei interessato al benessere animale?
Sì (64%)
Abbastanza (29%)
Non me lo sono mai chiesto (5%)
No (1%)
Non saprei (1%)
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50
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Leggo riviste e quotidiani
Navigo su internet
Non mi informo in modo
puntuale ma quando trovo informazioni le leggo con interesse
Seguo trasmissioni televisive dedicate agli animali
Leggo libri Visito le aziende di allevamento
Frequento corsi specimici, per ragioni professionali
Come ti informi sul benessere animale?
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L’Italia rappresenta il Paese nel quale meno persone si pongono tale problema al momento dell’acquisto (39%), rispetto a Germania (78%), Austria e Irlanda (76%). Ma gli italiani sono i primi nel pensarci “alcune volte” (43%).
Al momento dell’acquisto, quali carni scelgono i soci Slow Food determinati a fare acquisti più consapevoli? Il 49% sceglie carni allevate localmente, il 47% carni da rivenditori “fidati”, il 32% da allevatori “fidati”.
Quando acquisti la carne, pensi a come è stato allevato quell'animale?
Sì, la maggior parte delle volte (50%) Sì, alcune volte (35%)
No, mai (8%)
Non acquisto mai carne (5%)
Non so (1%)
0 10 20 30 40 50 60
Carne allevata localmente
Carni da rivenditori midati
Carni da allevatori midati
Carni biologiche Carni garantite da marchi specimici
Carne proveniente da alcuni Paesi
Quali carni scegli?
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A proposito di sperimentazioni che si propongono di produrre in laboratorio carni da cellule animali, eliminando quindi in futuro la necessità di allevare (e macellare) animali, i soci Slow Food hanno dimostrato una certa prudenza (solo il 6% ha dichiarato che consumerebbe la carne riprodotta in vitro), a fronte del 63% decisamente contrario. Un 31% afferma però di non essersi ancora fatto un’opinione a riguardo. Tutti i soci europei attribuiscono però molta importanza al ruolo che possono avere i consumatori nel condizionare gli allevatori: il 90% crede che privilegiare l’acquisto di carne di allevamenti rispettosi del benessere degli animali possa favorire il miglioramento delle pratiche di allevamento in generale. E’ la Spagna ha segnalare con più forza (95%) la potenza delle scelte nel condizionare il mercato. Un dato molto interessante è quello che riguarda la disponibilità a pagare di più gli allevatori che tengono in considerazione il benessere degli animali. Il 90% dei soci interpellati è disposto a pagare un prezzo maggiorato per acquistare prodotti animali realizzati nel rispetto del benessere degli animali: il 32% pagherebbe i prodotti animal-‐friendly addirittura il 20% in più del prezzo di mercato attuale. I paesi più disponibili in questo senso sono la Germania (98%), Austria e Irlanda (95%), l’Italia è ultima, ma con un ottimo 88%. Tutti, indistintamente, si può dire, sono disponibili a riconoscere gli sforzi degli allevatori. Decisamente una buona notizia per gli allevatori che vogliono impegnarsi su questo tema.
Sei disposto a pagare prezzi più alti per acquistare carne o prodotti
animal-‐friendly?
Fino al 10% in più (19%)
Dal 10 al 20% in più (40%)
Oltre il 20% in più (32%)
Non sono disposto a pagare di più (4%)
Non so (5%)
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Ma non solo, i soci Slow Food dimostrano, ulteriormente, la loro disponibilità a giocare un ruolo importante come consumatori consapevoli, nel momento in cui dichiarano che sarebbero disposti anche a cambiare il luogo dove abitualmente fanno la spesa pur di acquistare cibi e prodotti provenienti da allevamenti attenti al benessere animale (87%). In questo caso però l’etichettatura, la trasparenza, la certezza di trovare prodotti con informazioni chiare ed esaurienti giocano un ruolo determinante. Solo il 9% dei soci che hanno partecipato al sondaggio ritiene che le attuali leggi sull’etichettatura permettano di identificare i prodotti realizzati nel rispetto del benessere degli animali. Il 74% dei soci europei pensa che non lo consentano. Un 17% non ha le idee chiare in materia. I paesi più soddisfatti delle norme sull’etichettatura sono l’Olanda e i paesi nordici in genere (26% e 25%), i più insoddisfatti sono i francesi. E’ stato chiesto quali potessero essere i criteri più efficaci per identificare i prodotti realizzati nel rispetto del benessere animale.
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Non si registrano significative differenze tra i vari Paesi per quel che riguarda i criteri da adottare al fine di identificare i prodotti di allevamenti con un elevato standard di benessere animale.
0 10 20 30 40 50 60
Non so
Altro
Scala di colorazione sulla confezione del prodotto
Manifesti informativi nel negozio
Logo sulla confezione del prodotto
Fornire un'immagine veritiera del sistema di produzione (es. le galline ovaiole all'aperto
piuttosto che in batteria)
Sistema di classimicazione o di punteggio (es. cinque "stelle" di benessere per i prodotti migliori, una "stella" per i prodotti peggiori)
Etichette informative sulla confezione del prodotto con adeguati approfondimenti sul
tema
Come identi[icare i prodotti con un elevato standard di benessere animale?
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E’ stato chiesto poi di scegliere, tra alcune affermazioni sul benessere animale, quali fossero le più condivise.
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Non capisco l'interesse sul benessere animale; gli animali non sono esseri umani, non sentono come noi, non hanno una vita
psichica ed emotiva simile alla nostra
Fino a che non impariamo a ridurre signimicativamente la sofferenza umana, non dovremmo preoccuparci del benessere
degli animali da allevamento
Mantenere bassi i prezzi della carne è più importante per i consumatori del benessere degli animali da allevamento
La carne è indispensabile per una sana crescita dei bambini
La carne è un elemento imprescindibile dell’alimentazione, anche per gli adulti
Gli allevatori dovrebbero essere compensati se costretti a rispettare standard più elevati di benessere animale
Il vero problema sono i danni ambientali causati dagli allevamenti intensivi
Gli animali allevati in piccole aziende hanno una qualità della vita migliore di quelli nelle aziende più grandi
Gli allevatori dovrebbero essere multati se non rispettano standard elevati di benessere animale
Le norme attuali sul benessere animale non sono sufmicienti
Le mie personali scelte alimentari possono avere un forte impatto sul benessere degli animali d'allevamento
Gli animali sono esseri senzienti e hanno una vita emotiva. Per questo hanno diritto a un trattamento degno e rispettoso delle
loro inclinazioni naturali
Occorre ridurre il consumo di carne, oggi troppo elevato, perché dannoso per la salute e per l'ambiente
Con quali affermazioni ti trovi maggiormente d'accordo?
20
I soci dei vari Paesi hanno privilegiato opzioni diverse:
-‐ “occorre ridurre il consumo di carne” ha trovato più consensi tra i francesi (76%) -‐ “gli animali sono essere senzienti” trova d’accordo una parte maggiore di austriaci -‐ “gli allevatori che rispettano il benessere animale devono essere ricompensati” è condivisa dal
74% degli olandesi -‐ “le mie scelte alimentari hanno un forte impatto” trova d’accordo il 65% degli austriaci -‐ “gli animali hanno una vita migliore nelle piccole aziende” mette d’accordo il 63% degli
irlandesi -‐ “le norme sul benessere animale non sono sufficienti” è condiviso dal 62% dei tedeschi -‐ “gli allevatori che non rispettano le norme sul benessere animale devono essere multati” è
un’affermazione condivisa soprattutto dagli italiani -‐ “il problema sono i danni ambientali degli allevamenti intensivi“ è una risposta scelta dal 44%
dei francesi -‐ “la carne è imprescindibile nell’alimentazione” è stata scelta soprattutto dagli olandesi -‐ un 20% degli spagnoli pensa che “sia importante mantenere bassi i prezzi della carne” e, anche
se non riscuote in assoluto moltissimi consensi, l’affermazione che “la carne è indispensabile per i bambini” è scelta in misura maggiore solo dal 12% degli spagnoli
Si è poi voluto verificare quali sono le caratteristiche che identificano – secondo i soci di Slow Food -‐ un allevamento rispettoso del benessere degli animali.
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
Gli animali sono alimentati ed allevati in modo da garantire buone rese produttive
Gli animali sono allevati in stalla, lontani da stress e pericolo
Gli animali sono protetti da lesioni deglialtri animali
Gli animali non sono aggressivi o nervosi
Gli animali possono socializzare con altri animali
Gli animali sono liberi di muoversi in stalla
Gli animali sono liberi di esprimere il proprio comportamento naturale
Gli animali non sono mutilati
Gli animali sono liberi di muoversi all'aperto
I piccoli possono stare con la madre mino a quando ne hanno bisogno
Gli animali sono nutriti in modo sano e naturale
Quali caratteristiche deve avere un allevamento rispettoso del benessere animale?
21
0 10 20 30 40 50 60
Nessuna delle precedenti Non so
Negozi e ristoranti Industria alimentare
Commissione Europea Associazioni per la protezione degli animali
Governi nazionali Slow Food
Associazioni di consumatori Produttori e allevatori
Veterinari ed enti di controlli sanitari pubblici Enti di certimicazione
Quali soggetti dovrebbero garantire il benessere animale?
22
Ci sono alcune differenze tra i Paesi, ad esempio i veterinari e gli enti pubblici sono privilegiati dagli italiani (53%) ma sono i meno considerati tra gli olandesi (15%), mentre gli enti di certificazione sono preferiti dai francesi (63%), la fiducia più alta nell’autocertificazione da parte degli allevatori si riscontra in Olanda (53%), la fiducia minore nel governo è degli austriaci (14%), le associazioni di protezione degli animali riscuotono più consenso per questo scopo in Francia ( 27%), la Commissione Europea è scelta soprattutto dai paesi nordici (20%). Per quel che riguarda la percezione delle condizioni di benessere riguardante i differenti animali d’allevamento, si ritiene che quelli con una qualità della vita peggiore siano i polli da carne, le galline ovaiole e gli animali da pelliccia. Invece gli unici animali per i quali si ritiene che le condizioni di benessere siano abbastanza buone sono gli animali da compagnia, le capre e le pecore.
0
10
20
30
40
50
60
70
Pessima
Scarsa
Abbastanza buona
Molto buona
Non so
23
Cosa pensi dei prodotti realizzati nel rispetto del benessere animale?
L’impressione è che lo standard di benessere degli animali da allevamento sia migliorato negli ultimi dieci anni, come dichiara il 32% degli intervistati, mentre per il 39% le condizioni sono rimaste sostanzialmente le stesse. Solamente il 16% ritiene che il benessere animale sia peggiorato. I paesi più pessimisti da questo punto di vista, sono la Germania (23%) e la Francia (24%), mentre l’Olanda e l’Austria sono i Paesi più ottimisti.
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Sono più sani Sono di miglior qualità
Sono più redditizi per gli allevatori
Sono più sostenibili dal punto di vista ambientale
Acquistare questi prodotti ha un forte valore etico
D'accordo
In disaccordo
Non so
Come sono cambiate le condizioni degli animali negli ultimi dieci anni?
Migliorate (32%)
Rimaste sostanzialmente uguali (39%)
Peggiorate (16%)
Non so (13%)
24
Per quel che riguarda il ruolo delle campagne portate avanti a livello nazionale al fine di migliorare la sensibilità sul tema del benessere animale, solamente il 17% crede che tali campagne abbiano portato un effettivo miglioramento. Secondo il 40%, invece, si tratta di associazioni troppo estremiste, le quali non hanno contribuito a creare un dialogo costruttivo sul tema del benessere animale. Ma il 22% pensa che le generazioni future potranno affrontare l’argomento con maggiore consapevolezza.
L’elevato interesse dei soci Slow Food sul benessere animale è dimostrato ulteriormente dal fatto che l’84% di loro afferma di desiderare più informazioni sul tema, mentre il 90% ritiene che la politica del proprio Paese non riservi abbastanza importanza alle condizioni di vita degli animali da allevamento.
0 5 10 15 20 25
No, sono associazioni troppo estremiste
Non so
Sì, grazie ai loro messaggi le cose sono cambiate
Sì, abbastanza
No, la gente non ne vuole sapere
Forse sì
Sì, ma potrebbero essere più incisive se minanziate
No, ma le generazioni future vedranno la questione con altri occhi
Pensi che le campagne abbiano contribuito ad aumentare la sensibilità dell'opinione
pubblica?
25
Infine, è stato chiesto ai soci quale dovesse essere il ruolo di Slow Food sul tema del benessere animale. Ecco le risposte:
0 10 20 30 40 50 60
Evitare di trattare questo tema perché non c'entra nulla con la qualità dei cibi
Organizzare visite negli allevamenti per far conoscere il punto di vista degli allevatori e le loro
pratiche di allevamento
Creare una rete di consenso per appoggiare una proposta di riforma dell'allevamento, le norme
attuali non bastano
Organizzare attività specimiche di educazione per i bambini e gli adulti
Lavorare per sensibilizzare gli allevatori e i consumatori su questo tema (con pubblicazioni,
incontri, corsi, laboratori,..)
Fare formazione per i bambini, che sono i consumatori di domani
Organizzare una campagna specimica sul benessere animale per sensibilizzare i consumatori
Creare un marchio sui prodotti, come ha fatto con i Presìdi Slow Food, che certimichi elevati standard di
benessere animale
Far capire ai consumatori che gli allevatori che si impegnano sul benessere animale devono essere
giustamente remunerati
Fare formazione per gli allevatori e mettere in relazione consumatori e produttori
Valorizzare i prodotti realizzati nel rispetto del benessere animale
Aiutare i produttori a trovare esperienze di riferimento e a creare una rete
Sensibilizzare le autorità pubbliche afminché attuino politiche agricole che tengano in considerazione i
problemi degli allevatori e degli agricoltori
Quale potrebbe essere il ruolo di Slow Food ?
1
Sondaggio sul benessere animale rivolto agli allevatori dei Presìdi Slow Food europei
Il questionario prodotto per gli allevatori dei Presìdi Slow Food europei ha coinvolto 65 allevatori (appartenenti a 35 Presìdi) che avevano fornito a Slow Food, in precedenza, un account di posta elettronica. Di questi 35 Presìdi, 25 sono italiani, 5 olandesi, uno inglese, uno francese, uno ungherese, uno polacco e uno spagnolo.
n.risposte PRESIDI DI BOVINI (13) PAESE 2 Razza varzese Italia 1 Razza podolica calabrese Italia 4 Razza piemontese Italia 1 Razza maremmana Italia 1 Razza cinisara Italia 5 Razza cabannina Italia 1 Raviggiolo dell’Appennino tosco romagnolo Italia 1 Macagn Italia 1 Castelmagno d’alpeggio Italia 1 Asiago stravecchio Italia 1 Cheddar artigianale del Somerset Regno Unito 3 Razza lakenvelder Olanda 8 Razza brandrood Olanda
30 ALLEVATORI DI BOVINI COINVOLTI
n.risposte PRESIDI DI AVICOLI (2) PAESE
1 Cappone di Morozzo Italia 3 Gallina bianca di Saluzzo e bionda piemontese Italia 4 ALLEVATORI DI AVICOLI COINVOLTI
n.risposte PRESIDI DI OVICAPRINI (14) PAESE
2 Tuma di pecora delle Langhe Italia 2 Tome di pecora brigasca Italia 2 Robiola di Roccaverano Italia 1 Piacentinu ennese Italia 1 Fiore sardo dei pastori Italia 2 Conciato romano Italia 1 Caciofiore della campagna romana Italia 2 Agnello sambucano Italia 2 Agnello d’Alpago Italia 1 Brousse di capra del Rove Francia 1 Formaggi di pecora texel Olanda 3 Pecora della brughiera di Kempen Olanda 3 Pecora friesian milkshep Olanda 2 Oscypek Polonia
25 ALLEVATORI DI OVICAPRINI COINVOLTI
2
n.risposte PRESIDI DI SUINI (4) PAESE 1 Salsiccia di mangalica Ungheria 1 Salame di Fabriano Italia 1 Salame delle valli tortonesi Italia 1 Maiale euskal txerria Spagna 4 ALLEVATORI DI SUINI COINVOLTI
n.risposte PRESIDI MISTI BOVINI/OVICAPRINI (2) PAESE 1 Montébore Italia 1 Cevrin di Coazze Italia 2 ALLEVATORI MISTI BOVINI/OVICAPRINI
COINVOLTI
Il questionario prevedeva una parte comune a tutti gli allevatori e una parte specifica dedicata alla specie animale allevata.
Numero di risposte per Paese
Italia (63%)
Olanda (28%)
Polonia (3%)
Spagna (1,5%)
Francia (1,5%)
UK (1,5%)
Ungheria (1,5%)
0
5
10
15
20
25
30
35
Bovino Ovicaprino Avicolo Suinicolo
Risposte per tipologia di allevamento
3
Il campione degli allevatori emerso dall’indagine è formato da 56 uomini e 9 donne, compresi principalmente nella fascia tra i 36 e i 55 anni, 27 possiedono un diploma di scuola superiore, 17 la licenza di scuola media. La maggior parte di loro vive in pianura (24) e in montagna (23); solamente 13 (il 20%), sono soci di un’associazione ambientalista o in difesa degli animali, l’82% del campione è socio Slow Food.
Sesso
Maschio (86%)
Femmina (14%)
Età
Meno di 35 anni (17%)
Dai 36 ai 55 anni (60%)
Oltre i 55 anni (23%)
Titolo di studio
Elementare (5%)
Media (29%)
Superiore (41%)
Laurea (20%)
Post laurea (5%)
4
Il 63% dei produttori intervistati (41 su 65) alleva altri animali a fini di reddito, oltre a quelli oggetto del Presìdio. Principalmente si tratta di suini, capre, bovini e asini. I prodotti venduti sono principalmente la carne e il bestiame, mentre il 75% degli allevatori produce trasformati, formaggi, latticini e salumi.
I canali di vendita più praticati dai produttori sono principalmente la vendita diretta in azienda (70%), i distributori e negozi specializzati (62%) e i mercati contadini (44%). Solamente il 9% del campione vende, invece, alla grande distribuzione.
0
5
10
15
20
25
30
Pianura Montagna Collina Periferia cittadina
Luogo di residenza
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Carne Bestiame Latte Uova Lana Non vendo animali
5
20 produttori, il 31% di coloro che hanno risposto al questionario, dichiara di non avere nessuna certificazione; in 18 hanno la certificazione biologica, mentre in 17 producono comunque nel rispetto dei regolamenti biologici, pur non essendo certificati da nessun ente.
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Punto vendita diretta
Distributori e negozi
specializzati
Mercati contadini
Macellatore Grande distribuzione
On line
0
5
10
15
20
25
Nessuna certiTicazione
Biologica Nessuna certiTicazione ma produco nel rispetto dei regolamenti biologici
CertiTicazione volontaria su benessere animale
In corso di valutazione o conversione
Biodinamica
Certi;icazioni aziendali
6
0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200
Varzese
Varzese
Raviggiolo
Podolica calabrese
Piemontese
Piemontese
Piemontese
Piemontese
Montèbore
Maremmana
Macagn
Lakenvelder
Lakenvelder
Lakenvelder
Cinisara
Cheddar
Cevrin
Castelmagno
Cabannina
Cabannina
Cabannina
Cabannina
Cabannina
Brandrood
Brandrood
Brandrood
Brandrood
Brandrood
Brandrood
Brandrood
Brandrood
Asiago stravecchio
Numero capi per Presìdio -‐ bovini
7
Gli allevatori coinvolti nel sondaggio hanno meno di 200 capi ciascuno, la maggior parte (69%) addirittura meno di 50 capi.
Principalmente la riproduzione è naturale e avviene in azienda. La praticano 27 aziende, rispetto alle 13 che utilizzano la riproduzione artificiale. Nel 60% degli allevamenti i vitelli hanno la possibilità di restare vicino alla madre per più di tre giorni dopo la nascita, sono tenuti in box collettivi e alimentati con il latte materno o di una “balia”. Il 25% degli allevatori di bovini dichiara di separare i vitelli dalla madre subito dopo il parto.
Numero di bovini per allevamento
0-‐50 capi (69%)
51-‐100 capi (16%)
101-‐150 capi (9%)
Oltre i 150 capi (6%)
0 5 10 15 20 25 30
Naturale
ArtiTiciale
In azienda
Si ingrassano vitelli nati altrove
Riproduzione
8
Per quanto concerne le mutilazioni, il 28% degli allevatori (9 su 32) pratica l’asportazione delle corna, mentre la castrazione viene adottata dalla metà del campione, e viene effettuata principalmente entro i 3 mesi di vita.
0 5 10 15 20 25
I vitelli sono lasciati vicino alla madre per più di 3 giorni
I vitelli sono allontanati subito dopo il parto
I vitelli sono nutriti con latte materno o di balia
I vitelli sono alimentati con latte in polvere
I vitelli sono tenuti in gabbie meno di 8 settimane
I vitellisono tenuti in gabbie più di 8 settimane
I vitelli sono tenuti in box collettivi
I vitellisono tenuti in gabbie
I tori sono liberi al pascolo
I tori sono tenuti nei box
Il bue è chiuso in un box
Il bue è libero Tino agli ultimi mesi di Tinissaggio
Vitelli, tori e buoi
0 2 4 6 8 10 12 14 16
DecorniTicazione
Castrazione entro i 3 mesi di vita
Castrazione dopo i 3 mesi di vita
Castrazione cruenta (con taglio e anestesia)
Castrazione non cruenta (con pinza o anello da castrazione)
Non si pratica castrazione
Mutilazione orecchie
Mutilazioni
9
Gli animali sono alimentati in prevalenza direttamente da una persona, possono circolare liberamente nei box, e in inverno godono di un ricovero notturno dotato di una lettiera in paglia. Circa il 60% degli allevatori permette inoltre ai propri capi di pascolare liberamente. La macellazione avviene invece, principalmente, oltre i 16 mesi di vita, e comunque mai prima dei sei mesi di vita. Solamente 4 allevatori su 32 (il 12%) adottano la posta fissa.
0 5 10 15 20 25 30 35
Posta Tissa Animali liberi nei box
Animali pascolano con riparo notturno Animali pascolano senza ricovero
Animali in stalla con paddock esterno Animali in estate in alpeggio Animali in inverno in stalla
Lettiera di paglia o materiale naturale Lettiera di materiale non naturale
Pavimentazione della stalla grigliata Pavimentazione della stalla non grigliata
Doccette o nebulizzatori Spazzole per animali stabulati
Animali alimentati direttamente da una persona
Caratteristiche del sistema di allevamento
0 5 10 15 20 25 30
Entro i 6 mesi di vita
Tra i 6 e i 16 mesi di vita
Oltre i 16 mesi di vita
Buoi macellati oltre i 4 anni
Macellazione
10
0 500 1000 1500 2000 2500
Robiola di Roccaverano Robiola di Roccaverano
Piacentinu Pecora delle Langhe Pecora delle Langhe
Pecora della brughiera di Kempen Pecora della brughiera di Kempen Pecora della brughiera di Kempen
Pecora brigasca Pecora brigasca
Oscypek Oscypek
Montèbore Milk sheep Milk sheep Milk sheep
Formaggio di pecora texel Fiore sardo dei pastori
Conciato romano Conciato romano Cevrin di Coazze
CacioTiore della campagna romana Brousse di capra del Rove
Agnello sambucano Agnello sambucano Agnello d'Alpago Agnello d'Alpago
Numero di capi per Presìdio -‐ Ovicaprini
Numero di ovicaprini per azienda
0-‐100 capi (19%)
101-‐200 capi (26%)
201-‐500 capi (22%)
501-‐1000 capi (30%)
Oltre i 1000 capi (4%)
11
Tutti praticano la riproduzione naturale, i maschi vengono lasciati liberi con le femmine, o separati in un box, mentre i piccoli vengono lasciati sotto la madre fino allo svezzamento. I capi hanno la possibilità di pascolare mediamente 9 mesi all’anno mentre l’inverno vengono ricoverati in stalla. Per quel che riguarda la macellazione, invece, il 20% la pratica entro i due mesi di vita, mentre il 56% macella i capi tra i due e i sei mesi di vita.
0 10 20 30
Riproduzione naturale
Riproduzione artiTiciale
Maschi liberi con femmine
Maschi separati in box
Maschi legati insieme alle femmine
Maschi liberi ma si coprono i genitali con un grembiule di
Maschi ospitati in un centro arieti
Piccoli vicini alla madre Tino a svezzamento
Piccoli in box collettivi i primi due mesi
Piccoli allontanati dopo il parto e latte in polvere
Piccoli nutriti con latte materno
Piccoli in gabbie dopo la nascita
DecorniTicazione
Taglio della coda
Mutilazioni auricolari
Allevati sempre in stalla
Pascolo tutti i giorni
Pascolo libero con ricovero
Pascolo recintato
Pascolo libero custodito
Pascolo libero non custodito
In estate in alpeggio
In inverno in stalla
Pavimentazione stalla grigliata
Pavimentazione stalla in cemento
Pavimentazione stalla con lettiera naturale
Macellazione prima dei due mesi
Macellazione tra due e sei mesi
Macellazione oltre i 6 mesi
Pratiche d'allevamento ovicaprino
12
Gli allevamenti di avicoli hanno invece una dimensione compresa tra i 2000 e i 5500 capi allevati annualmente in più cicli.
Principalmente, la riproduzione degli animali avviene in un incubatoio esterno all’azienda (75%), e gli animali hanno la possibilità di pascolare, anche se in recinti. Tutti i capi subiscono la castrazione chirurgica, e vengono macellati oltre i 3 mesi di vita.
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
Cappone di Morozzo Gallina bionda piemontese e bianca di Saluzzo Gallina bionda piemontese e bianca di Saluzzo Gallina bionda piemontese e bianca di Saluzzo
Numero di capi per Presìdio -‐ avicoli
0 1 2 3 4
La riproduzione avviene in azienda con incubatoio di
La riproduzione avviene in un incubatoio esterno
Gli animali pascolano all'aria aperta senza alcuna
Gli animali pascolano in recinti
Gli animali sono allevati al chiuso ma a terra
Gli animali sono allevati in gabbie con pavimentazione
La lettiera è di materiali naturali (paglia, trucioli,..)
Gli animali sono al buio meno di 4 ore al giorno
Gli animali sono al buio da 4 a 8 ore al giorno
Si alimentano forzatamente le oche (gavage)
Si riTila il becco
Si spuntano le ali
Si fa muta forzata
Gli animali si capponano (castrazione e taglio dei bargigli
Si pratica la castrazione chimica
Si pratica la castrazione chirurgica
La castrazione viene praticata da un veterinario
La macellazione avviene entro i 50 giorni di vita
La macellazione avviene tra i 50 e i 90 giorni di vita
La macellazione avviene oltre i 3 mesi di vita
La macellazione dei capponi avviene tra i 140 e i 180
La macellazione dei capponi avviene oltre i sei mesi di
Pratiche d'allevamento avicolo
13
Tre allevamenti di suini intervistati hanno dimensioni modeste, come dimostrato dal numero delle fattrici indicato: 4, 10 e 31 (N.B. una scrofa partorisce mediamente una ventina di suinetti l’anno) Gli allevatori utilizzano la riproduzione naturale, non vengono praticate mutilazioni e i capi non vengono macellati prima di aver raggiunto l’anno di vita. Inoltre, appare una pratica diffusa l’utilizzo di materiali manipolabili e di giocattoli per i suinetti e la possibilità di utilizzare pozze d’acqua.
0 5 10 15 20 25 30 35
Salame delle valli tortonesi
Maiale euskal txerria
Salsiccia di mangalica
Numero di fattrici per Presìdio -‐ suinicoli
14
0 1 2 3 4
La riproduzione è naturale
La riproduzione è artiTiciale
I suini nascono in azienda
Si ingrassano suinetti nati altrove
Non si pratica la castrazione
La castrazione avviene entro i primi 7 giorni di vita
La castrazione è praticata da un veterinario
Si tagliano i denti ai suini
Si taglia la coda ai suini
Si inserisce un anello nel grugno per evitare i danni alle colture agricole
Le scrofe sono mantenute in gabbie
Le scrofe hanno una gabbia per il parto
Le scrofe partoriscono da sole all'aperto
La lettiera è di paglia
La lettiera è fatta con altri materiali naturali (segatura, trucioli, corteccia,..)
Non c'è lettiera ma gli animali sono allevati sul pavimento grigliato
Non c'è lettiera ma gli animali sono allevati su cemento
Gli animali sono allevati allo stato brado e con un ricovero in caso di bisogno
Gli animali sono allevati allo stato semi brado, e godono quindi di un ricovero notturno
Gli animali sono allevati nei box con piccoli paddock esterni
Gli animali sono allevati nei box
I suini hanno a disposizione materiali manipolabili (es. paglia o altro per scavare, grufolare) e oggetti sospesi per distrarsi
I suinetti hanno giocattoli a disposizione
Gli animali hanno pozze d'acqua a disposizione per bagnarsi, rotolarsi nel fango, ecc
La macellazione avviene tra i 6 mesi e l'anno di vita
La macellazione avviene dopo il primo anno di vita
La macellazione avviene in azienda in modo tradizionale
La macellazione avviene in azienda in un locale autorizzato per questa operazione
Pratiche d'allevamento suinicolo
15
E’ stato infine chiesto a tutti gli allevatori, a prescindere dalla specie animale allevata, quali fossero le pratiche più adottate, come dimostrato dalla tabella seguente.
0 10 20 30 40 50 60 70
Gli animali vengono visitati regolarmente dal veterinario
Gli animali vedono l'allevatore tutti i giorni
Gli animali vedono l'allevatore ogni 2/3 giorni
Gli animali vedono l'allevatore una volta a settimana
Agli animali si somministrano antibiotici come pratica preventiva (metaTilassi)
Si adotta un piano vaccinale
Gli animali si curano con medicine alternative (omeopatia, Titoterapia,..)
Nei ricoveri c'è la musica o la radio
Si risistemano le lettiere una volta al giorno
Si risistemano le lettiere ogni 2/3 giorni
Si risistemano le lettiere una volta a settimana
La ventilazione dei ricoveri è naturale
La ventilazione dei ricoveri è fatta tramite ventole
I ricoveri sono dotati di allarme antincendio
L'illuminazione dei ricoveri è naturale
L'illuminazione dei ricoveri è artiTiciale
Pratiche generali d'allevamento
16
Per quel che concerne il trasporto degli animali al macello, la quasi totalità degli intervistati dichiara che il tragitto non dura più di un’ora, mentre coloro ai quali capita di portare i propri animali al macello trovano che i tempi di attesa siano adeguati (39) e la manualità appropriata (28). Un solo allevatore afferma di aver notato coercizione degli animali.
6 allevatori su 65 praticano, per ragioni di mercato, una macellazione che segue precetti religiosi, in particolare la macellazione halal, tramite la recisione della trachea e dell’esofago dell’animale con stordimento reversibile. La metà degli allevatori, inoltre, si avvale di un consulente alimentarista. La maggior parte degli allevatori utilizza inoltre sia alimenti acquistati che alimenti autoprodotti in azienda, come cereali, leguminose, crusca e fieno. Gli alimenti che vengono acquistati sono inoltre principalmente di provenienza regionale (30 su 53), in 17 dichiarano di acquistare alimenti in parte regionali, mentre solo in 6 acquistano alimenti non locali.
0 10 20 30 40 50 60
Fino a un'ora
Da una a 3 ore
Da 3 a 6 ore
Più di 6 ore
Il macello è interno all'azienda
Non so
Trasporto al macello
Dove si recuperano gli alimenti?
Esclusivamente alimenti acquistati (14%)
Esclusivamente alimenti autoprodotti in azienda (26%)
In parte alimenti acquistati e in parte autoprodotti (60%)
17
Per quel che riguarda la qualità dei mangimi, sono principalmente di origine industriale e si tratta di miscele coltivate a livello nazionale, anche se 16 allevatori su 36 utilizzano miscele ottenute in base a ricette personali. Nessuno utilizza mangimi contenenti farine animali, mentre l’impiego di OGM, principalmente di soia, sono segnalati da 6 allevatori.
I fieni utilizzati sono principalmente autoprodotti in azienda e derivanti da erba di prato polifita. Inoltre, quando viene acquistato, è di provenienza locale. Gli insilati vengono, infine, utilizzati dal 25% del campione, mentre il 54% somministra integratori minerali.
Le difficoltà riscontrate dagli allevatori nel momento in cui si dimostrano interessati ad acquistare prodotti di qualità per il proprio bestiame, sono principalmente il costo elevato delle materie prime e le alte spese di trasporto fino all’azienda.
0 5 10 15 20 25
Mangimi industriali
Contengono OGM
Contengono farine animali
Miscele di leguminose e cereali coltivati a livello nazionale
Miscele prodotte da un mangimiTicio in base a una ricetta personale
Mangimi
0 10 20 30 40 50 60
Autoprodotto in azienda
Fieno/erba di prato poliTita
Si acquista Tieno a livello locale
Si acquista Tieno di altre regioni/nazioni
Fieni
18
Il 63% degli allevatori si è detto interessato a partecipare ad acquisti di alimenti per animali in forma comunitaria, mentre tale dato scende al 42% quando si tratta di prendere parte ad un piccolo mangimificio comunitario. Viene inoltre data molta importanza alle pratiche d’allevamento; infatti il 97% degli allevatori (63 su 65) ritiene che il benessere animale si rifletta anche in una migliore qualità dei prodotti finali. E’ stato inoltre chiesto per quali argomenti relativi al benessere animale si crede esista una legislazione europea, al fine di capire quanto gli allevatori conoscano le direttive europee riguardanti il loro settore. 16 allevatori su 65 ammettono di non conoscere la legislazione dell’Unione Europea che regola il benessere animale, mentre circa l’80% del campione dichiara di essere a conoscenza del fatto che siano regolamentati sia il trasporto degli animali d’allevamento che le pratiche di macellazione.
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
Non so a quali coltivatori rivolgermi per stabilire accordi di produzione delle materie prime
Non trovo coltivatori interessati a produrre alimenti di qualità per l'alimentazione degli animali
Ho poco tempo a disposizione per avviare alleanze con coltivatoro o per trovare fornitori di migliore
qualità
Spese di trasporto delle materie prime troppo elevate
Le materie prime hanno costi troppo elevati
Problemi relativi all'alimentazione
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Per quel che riguarda il recepimento della Direttiva europea 98/58 sul benessere animale, la maggior parte degli intervistati dichiara di non aver riscontrato nessun problema particolare per l’adeguamento dell’azienda. Tale dato è probabilmente dovuto al fatto che si tratta di allevamenti che già adottavano pratiche virtuose e che quindi non sono stati toccati dalla Direttiva che infatti è rivolta prevalentemente ai grandi allevamenti intensivi ed industriali, mentre il campione dei produttori dei Presìdi Slow Food è composto essenzialmente da piccoli allevatori, per i quali la Direttiva europea imponeva pratiche già consolidate nella loro realtà. Si segnala, inoltre, l’eccessiva burocrazia necessaria per fare gli adeguamenti delle strutture.
0 10 20 30 40 50 60
Non so
Legislazione sul benessere degli ovicaprini
Legislazione sul benessere dei suini
Legislazione sul benessere dei polli da carne
Legislazione sul benessere delle galline ovaiole
Legislazione sul benessere del vitello
Legislazione sul benessere del bovino adulto
Legislazione sulle condizioni di allevamento nelle aziende agricole
Legislazione sulla macellazione degli animali d'allevamento
Legislazione sul trasporto degli animali d'allevamento
Conosci le leggi dell'Unione Europea?
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La maggior parte degli allevatori (53 su 65) ritiene che, nella politica alimentare e agricola del proprio Paese, il benessere animale non riceva abbastanza importanza (30), o comunque il giusto livello di importanza (24). Tuttavia, occorre segnalare come molti degli allevatori intervistati non si siano ritrovati in nessuna delle 4 opzioni proposte, poiché ritengono sostanzialmente sbagliato l’approccio al benessere animale utilizzato nella politica nazionale e nel dibattito pubblico. E’ emerso da più parti come, per certi versi, sia dia importanza al benessere animale tout court, promuovendo una visione distorta del tema senza tenere conto dell’etologia dei differenti animali. Allo stesso tempo, però, alcuni tipi di allevamenti sono ritenuti non ancora soddisfacenti dal punto di vista del benessere animale. In particolare gli allevamenti avicoli, dove le condizioni di vita degli animali sono pessime. In questo senso occorre un maggior impegno da parte della politica al fine di regolamentare le pratiche d’allevamento, imponendo standard di benessere più elevati.
0 5 10 15 20 25 30 35
E' stato molto difTicile capire cosa fare concretamente per adeguare l'azienda
Non conosco la Direttiva
Non ci sono macelli vicini all'azienda e i trasporti adeguati sono costosi
La legge dovrebbe prevedere tempi più lunghi per adeguarsi alle nuove regole
Gli adeguamenti strutturali sono costosi e non ci sono contributi a sufTicienza
I costi necessari per l'adeguamento sono alti e i prezzi sul mercato dei miei prodotti non sono
remunerativi
La burocrazia necessaria per fare gli adeguamenti è stata eccessiva
Nessun problema particolare
Problemi di adeguamento alla Direttiva UE
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Appare, comunque, fondamentale che i prodotti ottenuti nel rispetto del benessere animale siano riconosciuti dai consumatori e giustamente remunerati. Secondo gli allevatori ciò dovrebbe avvenire principalmente attraverso l’educazione alimentare, affinché ci sia maggiore consapevolezza dei problemi dei produttori e del valore di un’agricoltura sostenibile, utilizzando campagne pubbliche volte a spiegare come la produzione di alimenti rispettosi del benessere animale comporti maggiori costi di produzione (e quindi prezzi più elevati).
Si dà importanza al benessere animale nelle politiche pubbliche?
Troppa importanza (3%)
Non abbastanza importanza (45%)
Il giusto livello d'importanza (37%)
Non so (15%)
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
Favorire l'erogazione di un credito adeguato per gli investimenti
Migliorare l'assistenza pubblica dei tecnici
Migliorare la formazione degli allevatori
Garantire contributi pubblici agli allevatori che si impegnano a migliorare il benessere
Ridurre la burocrazia necessaria per ottenere autorizzazioni
Realizzare marchi speciTici da apporre in etichetta
Organizzare campagne pubbliche rivolte ai consumatori per spiegare che i cibi prodotti nel
rispetto del benessere animale comportano maggiori
Fare più educazione alimentare per adulti e bambini
Come aiutare gli allevatori che rispettano il benessere degli animali?
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E’ stato inoltre chiesto agli allevatori quali fossero stati i primi interventi che avrebbero attuato, tralasciando l’aspetto finanziario, al fine di migliorare le condizioni di benessere dei loro animali. L’importanza maggiore è stata data all’ampliamento degli spazi per il pascolo, all’aumento degli spazi d’allevamento, al miglioramento della qualità dell’alimentazione. E’ stata condannata anche la violenza sugli animali. Innanzi tutto, secondo gli allevatori, si dovrebbe fare in modo che gli animali vivano il più possibile secondo la loro condizione naturale.
Il 92% del campione (60 su 65) ha fatto investimenti per migliorare le condizioni di vita ed il benessere dei propri animali da allevamento. Gli investimenti più adottati sono la ristrutturazione della stalla, dei box, l’affitto di terreni e il miglioramento dell’alimentazione. Il 95% degli allevatori si ritiene soddisfatto delle modifiche apportate, poiché gli animali sono più tranquilli, più sani, le loro condizioni di vita sono migliorate e hanno meno bisogno di cure poiché contraggono meno malattie. Inoltre, viene segnalato un miglioramento della qualità della carne e un aumento della quantità del latte.
0 5 10 15 20 25 30 35
Acquistare un mezzo adeguato per il trasporto al macello
Cambiare le gabbie d'allevamento per averne di più grandi
Dedicare più tempo agli animali
Non praticare mutilazioni
Non turbare le gerarchie e gli equilibri stabiliti naturalmente
Ridurre la densità degli animali
Difendere gli animali dai predatori
Migliorare la propria formazione
Fare una nuova stalla o adeguare l'esistente
Non fare violenza agli animali
Aumentare gli spazi d'allevamento
Migliorare la qualità dell'alimentazione
Aumentare o creare spazi aperti per il pascolo
Fare in modo che vivano il più possibile secondo la loro condizione naturale
Cosa deve fare prioritariamente un allevatore sensibile al benessere animale?
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La metà degli intervistati afferma di aver preso parte a corsi specifici di formazione sul tema del benessere animale, organizzati principalmente da enti pubblici. Nel caso in cui la formazione venga fatta in modo autonomo, le informazioni vengono recuperate principalmente attraverso il confronto con i colleghi e tramite la lettura di libri e riviste.
0 5 10 15 20 25 30 35 40
Cambiato il macello
Altro
Non pratico più mutilazioni
Cambiato il mezzo di trasporto per il macello
Fatto maggiori investimenti per veterinari e consulenti
Passo più tempo a contatto con gli animali
Lascio di più i piccoli con la madre
Rifatto i box
Lascio gli animali più liberi
Migliorato l'alimentazione
AfTittato/acquistato terreni per avere spazi aperti
Ristrutturato o ricostruito la stalla
Quali sono gli investimenti fatti ;ino ad ora?
0 5 10 15 20 25 30 35 40
Consulente privato
Attraverso l'associazione di categoria
Internet
Libri e riviste
Confronto con colleghi
Strumenti di formazione personale
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Il 45% degli allevatori (29 su 65) ritiene che la formazione agli allevatori sul tema del benessere animale sia adeguata, mentre ben il 66% (43 su 65) dichiara di essere disponibile ad investire personalmente per migliorare la propria formazione, principalmente attraverso la consulenza di tecnici pubblici. Infine, è stato chiesto quale dovrebbe essere il ruolo di Slow Food sul tema del benessere animale. Secondo gli allevatori Slow Food dovrebbe sensibilizzare le autorità pubbliche affinché attuino politiche agricole che tengano in considerazione i problemi degli allevatori e degli agricoltori e la valorizzazione dei prodotti realizzati nel rispetto del benessere animale. Si segnala, inoltre, come gli allevatori ripongano fiducia nelle visite in azienda organizzate dall’associazione, al fine di far conoscere il loro punto di vista e le pratiche d’allevamento.
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0 5 10 15 20 25 30 35 40
Creare una rete di consenso per appoggiare una proposta di riforma dell'allevamento, le norme
attuali non bastano
Evitare di trattare questo tema perché non c'entra nulla con la qualità dei cibi
Lavorare per sensibilizzare gli allevatori e i consumatori su questo tema (con pubblicazioni,
incontri, corsi, laboratori,..)
Aiutare i produttori a trovare esperienze di riferimento e a creare una rete
Creare un marchio sui prodotti, come ha fatto con i Presìdi Slow Food, che certiTichi elevati standard di
benessere animale
Fare formazione per i bambini, che sono i consumatori di domani
Organizzare una campagna speciTica sul benessere animale per sensibilizzare i consumatori
Fare formazione per gli allevatori e mettere in relazione consumatori e produttori
Organizzare attività speciTiche di educazione per i bambini e gli adulti
Organizzare visite negli allevamenti per far conoscere il punto di vista degli allevatori e le loro
pratiche di allevamento
Valorizzare i prodotti realizzati nel rispetto del benessere animale
Far capire ai consumatori che gli allevatori che si impegnano sul benessere animale devono essere
giustamente remunerati
Sensibilizzare le autorità pubbliche afTinché attuino politiche agricole che tengano in considerazione i
problemi degli allevatori e degli agricoltori
Quale deve essere il ruolo di Slow Food?