A teatro si specchia la finanza · Via Rossini, 12 - 10124 Torino - Tel. 011 5169 404 Direttore...

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  • A teatro si specchia la finanzaintervista a Luca Ronconidi Andrea PorchedduCosì Luca Ronconi presentava, a poche settimane dal debutto, Lo specchio del diavolo

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    Teatro/Pubblico SpecialeLo specchio del diavolo

    a cura di Guido Boursier,Andrea PorchedduDirettore responsabileAndrea PorchedduProgetto GraficoStoppini.orgRedazioneIlaria Godino (caporedattore)Daria Aime (impaginazione)Lorenzo Barello (video)Patrizia Bologna (redattore)Silvia Carbotti (web)Segreteria organizzativa Loredana Gallarato

    Teatro/PubblicoVia Rossini, 12 - 10124 Torino - Tel. 011 5169 404Direttore responsabile Andrea PorchedduCaporedattore Ilaria GodinoStampa Ages Arti Grafiche - TorinoReg. Trib. Torino n. 5765 del 09/03/2004

    Immagine di copertina:foto di scena de Lo specchio del diavolodi Marcello Norberth

    TeatroPubblico/Lo specchio del diavoloChiuso il 13/10/2006

    Nel suo percorso artistico hafatto spesso riferimento a testinon teatrali, che ha “tradotto”per la scena con esiti di raraefficacia e intensità. Ora, con Lospecchio del diavolo, scritto perl’occasione da Giorgio Ruffolo,aggiunge un altro tassello aquesto articolato percorso.Perché ha scelto di mettere inscena un testo che è un vero eproprio saggio sulla nascita e losviluppo della finanza?

    Probabilmente perché alcune delle domande piùpressanti che ognuno di noi si pone quotidiana-mente riguardano proprio l’economia e la finanza.Quando non si conosce bene un certo ambito eun certo linguaggio – come accade alla maggiorparte di noi quando si parla di economia –, si pen-sa che si tratti di questioni che non hanno atti-nenza con la nostra vita. In realtà non è così: l’eco-nomia pregna ogni parte di noi. Dall’altra parte, ilteatro si è sempre occupato di economia, creandopersonaggi e figure, pensiamo a Balzac, a Mirbeau,e a tutto il teatro francese dell’Ottocento...Il teatro ha sempre inventato personaggi posse-duti dall’eros, dall’avidità, dal far quattrini, ripor-tando, tuttavia, quei temi e quella disciplina almondo dello spettatore.Creduto sia interessante e curioso vedere cosasuccede se, invece, il tema viene affrontato sca-valcando a piè pari il personaggio, facendo parla-re la “materia” stessa.

    E per questo ha coinvoltoGiorgio Ruffolo?

    Ho deciso di non rivolgermi a un drammaturgo,bensì a qualcuno che con la materia ha a che farequotidianamente. Qualcuno che fosse capace diusare una lingua “arida”. E così ne ho parlato conGiorgio Ruffolo: e lui si è detto incuriosito, dispo-nibile all’esperimento.

    Soffermiamoci, per un istante,sulla prospettiva della“scomparsa del personaggio”,cui ha fatto cenno. Nell’ambitodel progetto Domani, due lavoricome Lo specchio del diavolo eBiblioetica più fortementecambiano il canone teatrale: glialtri, infatti, sono comunquericonducibili a forme più o menopraticate o consuete. Questidue spettacoli, allora, segnanoil definitivo superamento delpersonaggio, come “altro dasé”, come – per usare unadefinizione di Claudio Meldolesi– “uomo più simile all’uomo”.Chi si muove e chi parla sullascena di Specchio del diavolo?

    La scrittura saggistica de Lo specchio del diavo-lo è stata naturalmente scomposta in voci. Que-sto, però, è ben diverso dall’attribuire voci a per-sonaggi. Il testo di Ruffolo è popolato da figurecome Eva, Adamo, il Padreterno che tuttavia nonpossiedono lo status di personaggi: non hannosviluppo, psicologia, relazioni credibili...Nei romanzi che ho tradotto per la scena, come Ifratelli Karamazov, Quer pasticciaccio... o Quelche sapeva Maisie, Dimitri Karamazov, Ingravallooppure Maisie erano comunque – sia in formanarrativa che drammatica – , visti, osservati e pre-sentati come delle figure umane, non come delleipotesi o dei concetti. Le cose che dicevano era-no quelle che solo quei personaggi avrebberopotuto dire. Loro e non altri: il linguaggio era esclu-sivo di quei personaggi. Ciò che denota un per-sonaggio, dunque, è il modo in cui parla. Ne Lospecchio del diavolo parlano tutti nello stessomodo, ovvero nel modo di Ruffolo.

    Sarebbe interessante saperecome avete lavorato conGiorgio Ruffolo: c’è stato un

    confronto, una discussione travoi per la stesura del testo?

    Indubbiamente vi è stato grande accordo. Nutroda sempre un enorme rispetto per il lavoro del-l’Autore del testo: rispettare l’autonomia dell’au-tore è l’unico modo per garantire l’autonomia delregista. Quando Ruffolo è venuto a vedere le pro-ve, ha esclamato: «Ah, ma non avete cambiatoneanche una virgola!».Ovviamente, per lo spettacolo non era possibilesviluppare il testo nella sua interezza. Ho operatosolamente qualche taglio: nella scrittura è beneripetere alcuni passaggi che invece la rappresen-tazione chiarisce e rende immediatamente evidenti.

    L’autore Ruffolo ha raccontatoche, giunto alle prove, siaspettava sulla scena tre,quattro attori, e invece ne hatrovati tantissimi: Lo specchiodel diavolo è diventato un’operacorale...

    Io conosco bene il testo, ma non conosco i mecca-nismi del mondo finanziario presenti, passati e fu-turi. E probabilmente, come me, non ne sa niente lamaggior parte degli spettatori. Quando mi trovo difronte a un testo di questo genere, mi metto dallaparte dell’ignoranza e non dalla parte della compe-tenza. La mia competenza è unicamente teatrale.Ho voluto, allora, portare sulla scena questa dupli-ce prospettiva riflettendola nella distribuzione de-gli attori: un gruppo di attori sa ed è detentore diun certo linguaggio; un altro gruppo di attori inve-ce non sa e cerca di decifrare un linguaggio chenon conosce. In queste due prospettive gli spetta-tori, a seconda delle proprie competenze e dei pro-pri interessi, possono immedesimarsi. All’internodi questi due grandi campi ci sono, poi, delle diffe-renze: i gradi dell’ignoranza, le ragioni dell’igno-ranza, l’appartenenza sociale, l’epoca...Il testo può essere letto anche come una sorta di“cavalcata” nella storia. Lo specchio del diavo-

  • lo, infatti, è diviso in tre parti. La prima verte so-prattutto sullo sviluppo sostenibile e sullo sfrut-tamento delle risorse naturali; la seconda parteconcerne l’invenzione e la storia della moneta; laterza parte prende in considerazione i rapporti traeconomia e politica. Le tre parti sono ben distintee molto diverse tra loro. In questo senso, ad esem-pio, la figura del “banchiere” non è indispensabi-le nella prima parte mentre è insostituibile nellaseconda e diventerebbe superflua nella terza. Allostesso modo, la figura del “politico” sarebbe pro-babilmente marginale nella prima e nella secondaparte, ma diventa centrale nella terza. Quindi lamolteplicità dei personaggi è semplicemente il ri-sultato della molteplicità delle figure chiamate incausa dall’argomento. Questo testo ragiona persuggerimenti e cavalca con molta intelligenza ilparadosso. Mentre in Biblioetica. Dizionario perl’uso i personaggi sono portatori di opinioni,l’opera di Ruffolo è una pura provocazione...

    E l’aspetto fondamentale èl’apertura del teatro a un canonediverso, nuovo, sottratto dunquealla dittatura della formadialogica e del personaggio.Una sfida possibile?

    Perché dobbiamo sempre parlare di sfida? Unasfida presuppone una vittoria o una sconfitta.Questo progetto si propone invece di saggiaredelle possibilità...Durante le prove abbiamo vissuto in un clima digioco e di libertà. A me piace prendere la vita comeun gioco. Questo testo ha liberato gli attori daalcuni fantasmi: «Chi sarà il mio Andreev?» op-pure «Cosa penserebbe zio Vanja?» oppure «Inche rapporto sono io con zio Vanja?»...Questa è un’opera provocatoria che possiede l’in-telligenza e la finezza di accennare senza voler con-vincere. Si propone soltanto di suggerire e di pro-vocare, lasciando poi la decisione allo spettatore.Mi piacerebbe che lo spettatore comprendesseche il continente dell’economia non è assoluta-mente precluso a chi ne subisce solamente le con-seguenze. Mi piacerebbe contribuire a trasforma-re due atteggiamenti: da una parte quello di vene-razione cieca nei confronti dell’economia, dellafinanza e del mercato; dall’altra quello diesecrazione totale, di distacco critico...Da un punto di vista puramente teatrale, mi piace-rebbe dimostrare come il continente del teatro, alpari di quello dell’economia, non abbia, in fondo,confini così chiusi da non potersi aprire ed estende-re verso cose che potrebbero sembrare estranee...

    Abbiamo assistito negli ultimidieci anni a un surplus diinformazione economica:televisione e giornalidiffondono tutti i giorni ilnotiziario dalle borse, ilbollettino dei mercati...

    Sì. Però, molto spesso, il surplus di informazioneeconomica conduce a dimenticare le origini. Quan-ti oggi sanno ciò che ha fatto Richard Nixon sul-l’oro e sulla moneta? Non ci ricordiamo di ciò cheè accaduto trenta o quaranta anni fa, proprio per-ché il surplus di informazione quotidiano e con-traddittorio tende a cancellare la memoria. C’è,invece, un andamento storico, non nozionisticoo scolastico, che tende a ricordare quali sono lecause di certi fenomeni...

    E qual è il mondo in cui sicolloca Lo specchio del diavolo?

    Oggi la fruizione dello spettatore teatrale è in-fluenzata dalla percezione audiovisiva. Non houna grande ammirazione per la televisione però,

    indubbiamente, è un mezzo potentissimo: perquesta ragione credo che sia una sciocchezzapensare di far competere due mezzi così diversi,come il teatro e la televisione. Tuttavia il teatropuò rubare qualcosa alla televisione, ossia lapossibilità comunicativa. La frantumazione delpersonaggio è qualcosa che so essere in rap-porto col tipo di percezione televisiva sviluppa-tasi oggi, che necessita di un rinnovamento con-tinuo di attenzione. Per questa ragione, le figurede Lo specchio del diavolo non hanno una di-mensione psicologica o naturalistica, bensì unaconnotazione “ambientale”. I nuclei di personag-gi, che definirei “economici”, comprendono con-sumatori, investitori, risparmiatori, operatori diborsa, plutocrati... Tutte categorie alle qualiognuno di noi appartiene.Allora, in maniera molto esplicita e senza temereovvietà, il primo atto è ambientato in una sorta digrandissimo supermercato di frutta e verdura, peraffrontare un discorso sullo sfruttamento dellerisorse naturali; il secondo atto ha un’atmosferapiù visionaria e quello stesso luogo sembra tra-sformato nel caveau di una banca; il terzo atto,infine, è molto più asettico e allo spettatore sem-brerà di stare nel mondo della carta stampata. Iltema che corre lungo tutti e tre gli atti è l’impossi-bilità di comprendere quale rapporto esista tra“prodotto” e “rifiuto”: ovvero se le cataste di gior-nali sono pronte per essere distribuite o pronteper il macero...

    Sembra significativa come“morale” di tutta l’opera. Anchenel garbo con cui Ruffoloracconta, c’è una precisaposizione politica, un precisopensiero. Che lei condivide?

    Che io non posso non sposare e non posso noncondividere nel momento in cui sto mettendo inscena questa commedia.

    Eppure, in passato, ci hainsegnato anche a prendere ledistanze – magari con ironia –dai testi che si mettono inscena. Non è così?

    No. Non si prendono mai le distanze dai testi chesi mettono in scena, si prendono le distanze dalleconvenzioni rappresentative che si sono accu-mulate sopra quei testi, da ciò che ci dicono che

    quei testi significano. Non ho mai preso le distan-ze dal testo in sé...Lo specchio del diavolo propone la competizio-ne tra due tipi di sviluppo economico: il possibilemodello europeo e il modello americano in crisi.Difficile non prendere posizione tra queste dueprospettive: l’una che è probabilmente in crisi el’altra è in fieri. Si può semplicemente auspicare oche la crisi venga risolta, oppure che lo svilupposia quello desiderato. Ne Lo specchio del diavo-lo non è presente un dichiarato antiamericanismo:il testo è troppo intelligente per avere uno schie-ramento preciso “pro” o “contro”. Ciò che, inve-ce, il testo auspica è un invito alla responsabilitàe non allo schieramento...

    Un’ultima domanda, d’obbligoin un momento in cui lepolitiche governative nonsembrano incoraggiarel’attività culturale in Italia,prevedendo tagli consistenti aifinanziamenti pubblici inmateria. Al contrario, ilprogetto Domani è davveroimponente ed importante, e dàun segnale in decisacontrotendenza rispetto aldichiarato, e temuto, stato dicrisi. Forse parlando dieconomia e di finanza, vale lapena dire qualcosa sulla salutedella cultura in Italia...

    Per quel che riguarda questo progetto, vorrei in-tanto ricordare che i cinque spettacoli che lo com-pongono non costano più di quanto costerebbe-ro altri, anzi costano notevolmente meno. In que-sto progetto lavorano tantissime persone: attori,tecnici, organizzatori. E un simile dato non do-vrebbe essere dimenticato nella valutazione ge-nerale del progetto stesso.La situazione della cultura in Italia è davvero gra-ve: tuttavia, in altri Paesi, l’uomo comune nonvive come uno scippo dal proprio portafoglio ladestinazione di denaro alla cultura. In Italia inve-ce è così. Dovremo chiederci perché questo acca-de. Occorre, invece, riconoscere a livello nazio-nale, l’impiego nella cultura come un lavoro e noncome un piacere...

    Ha collaborato Patrizia Bologna(Intervista del gennaio 2006)

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  • L’economia tra cuori e denaridi Giorgio Ruffolo

    Perché “lo specchio del diavolo”?Attenzione. Non lo sterco del diavolo, come consprezzante oscenità gli scolastici definivano lamoneta. Lo specchio: per via della riflessività: unfenomeno tipico della fase più recente del capita-lismo, il cosiddetto capitalismo finanziario.È stato un grande speculatore, filantropo eprogressista (un ossimoro bello e buono) GiorgioSoros, ad affermare, proprio lui, speculatore, cheil capitalismo è diventato, nel nostro tempo, ungioco di specchi. Al punto che non si riesce più adistinguere la sua realtà dalla sua immagine. Se èil diavolo che muove la coda o la coda che muoveil diavolo.Che cos’è la riflessività? È lo specchio di Alicenel paese delle meraviglie. In quello specchio leimmagini si rispecchiano (ovviamente) ma rove-sciate. Nel mercato finanziario, per esempio, dovesi incontrano domande e offerte di titoli (azioni,obbligazioni eccetera) i prezzi che ne risultano do-vrebbero “riflettere”, più o meno, i prezzi dei valo-ri reali. Ma spesso non è così. Perché?Ecco una bella domanda. Che si collega con un’al-tra, più vasta. È l’economia che deve essere mes-sa al servizio dell’uomo? O l’uomo che deve met-tersi al servizio dell’economia?Per rispondere, alla buona, s’intende, abbiamo in-contrato Adamo ed Eva, scimmioni preistorici egentiluomini settecenteschi, speculatori pazzoidie professori moralisti, e Napoleone il piccolo, eSerse il Grande: mercati tumultuosi, baroni preda-tori, utopisti incorreggibili. Per cercare di capirese questa sfera che si sgomitola ci porta da qual-che parte. E dove.E abbiamo anche tentato di persuadervi che nonè affatto vero che, come diceva Thomas Carlyle,l’economia è una scienza tetra (dismal science).Lui, sì, era piuttosto tetro. L’economia è fatta sì didenari, ma anche di cuori. Di grandi egoismi e digrandi ideali.Questa rappresentazione, come tutti i drammi chesi rispettano, è divisa in tre atti. Il primo è l’econo-mia e la natura. Il tema centrale è la Tecnica. Ilsecondo è l’economia e la moneta. Qui il protago-nista non è la Tecnica, ma il Mercato. Anche que-sta, come la Tecnica, è un’invenzione specifica-mente umana, che nasce dallo scambio, una pe-

    culiarità della nostra specie.Il terzo è l’economia e la politica. È il vero grandeproblema dell’economia politica. Qui si cerca fi-nalmente di rispondere alla domanda iniziale: l’eco-nomia è al servizio dell’Uomo, o l’uomo dell’eco-nomia?La collaborazione con Luca Ronconi è nata trami-te comuni amici e dalla convinzione condivisa chesi potessero spiegare cose difficili in modo piùsemplice, rappresentando modi di pensare, capi-tali culturali come l’economia, la scienza, labiotecnologia, in modo teatrale. I Greci facevanoquesto. Il teatro per i Greci non era un’attivitàspecializzata: era la vita sulla scena. Ora, la nostravita, più complessa di quanto non fosse la vitadell’antica Grecia – composta di emozioni e di sen-timenti primari e elementari – è fatta di teoremi e dimodelli, di cultura e di scienza... Se noi continuia-mo a lasciare questi elementi fuori dall’arte, man-chiamo al nostro dovere di avere e dare accessoalla creatività. Vista questa concordanza di opi-nioni e fini, ci siamo incontrati molto volentieri suquesto tentativo che era una scommessa per tuttie due. Si è trattato di una sfida con me stesso: èpossibile rappresentare l’economia? Per me è pos-sibile, poi sarà il pubblico a giudicare.Quando ho fornito a Luca Ronconi alcuni testi,lui mi ha fatto una serie di domande, mi ha chiestodei chiarimenti, mi ha indotto a riscrivere, a chiari-re, a integrare determinati ragionamenti. C’è quin-di stato un certo viavai di carte tra me e lui. Poi miha invitato a vedere la prima prova a tavolino, cheper me è stata sconvolgente perché non avevonessuna esperienza di questa scienza che è il tea-tro. È stato incredibile vedere come Ronconi ave-va preso il mio testo e lo aveva tradotto in rappre-sentazione. Un’operazione che a me è sembratagenialissima. Inizialmente pensavo che avrebberivoltato il mio testo come un calzino, invece hoscoperto che lo ha lasciato così come è. Mi aspet-tavo che facesse parlare due o tre personaggi allavolta, invece lui ne fa parlare cinquanta tutti in-sieme, che si inseguono e si rispondono gli unicon gli altri sulla base di una continua ed eccitatarecitazione creando una coralità straordinaria.Scrivendo il testo ho deciso di partire da Adamo edEva perché credo che il modo migliore per capire

    una cosa difficile sia di farne la storia, di comincia-re dall’inizio. Allora quale inizio migliore per far ca-pire l’economia che non cominciare dal Paradisoterrestre? Quella è stata veramente una scelta eco-nomica, anche se, a quanto affermano le Sacre Scrit-ture, siamo stati cacciati, ma una volta cacciati ab-biamo avuto assegnato il compito di cercare disbrigarcela per conto nostro. Questo è in fondoquello che il “grande economista”, vale a dire ilPadre Eterno, ci ha detto: «assoggetate – non eramolto ecologico – le bestie, gli animali, le creature elavorate col sudore della vostra fronte». Cioè ilprofitto e il costo, due termini economici. Adamoed Eva sono stati investiti da questa lezione dieconomia politica ed hanno fatto del loro meglio!Una volta gli economisti credevano che la scien-za vera fosse la fisica, perché la fisica era unascienza esatta e il loro ideale era che l’economiafosse altrettanto scienza esatta di quanto fosse lafisica. Questa è un’illusione perché si è verificatoun fatto paradossale, cioè che la fisica è diventa-ta una scienza inesatta: con la teoria dei quanti ela teoria della relatività disponiamo di elementiprobabilistici ma non più di elementi deterministici,quindi di modelli di scelte incerte nell’incertezza enon di modelli di scelte certe nella certezza. Lamela di Newton della fisica è diversa dalla meladell’economia.La mela di Newton tratta di un oggetto inanimato,che è appunto la mela, ma la mela dell’economianon è inanimata perché mentre cade può decideredi cambiare percorso. Ciò incide radicalmente sullascienza economica rispetto alla fisica “tradiziona-le”, perché abbiamo a che fare con delle probabilitàe non con delle certezze. Dobbiamo indovinare,dobbiamo prevedere, dobbiamo supporre, dobbia-mo scommettere; ma allora una scienza che scom-mette, che prende dei rischi non è una scienza esatta.E poi mi domando: esiste veramente una scienzaesatta? No, esiste una scienza che ci insegna qualè il modo più ragionevole di affrontare delle incer-tezze e questo è il compito dell’economia.Oggi gli interessi economici tendono a prevaleresu quelli politici a causa di quel fenomeno che sichiama globalizzazione. Globalizzazione significaaprire le frontiere al traffico e allo scambio dellemerci e soprattutto dei capitali. Così l’importanzadegli Stati diminuisce rispetto all’importanza deimercati e questo spiega perché la politica diventasempre meno efficace rispetto all’economia.Quando si parla, per esempio, del danno enormeprovocato dai cosiddetti paradisi fiscali – ce nesono almeno un centinaio sparsi per il mondo – simette il dito nella piaga tremenda che unaglobalizzazione incontrollata e selvaggia, non laglobalizzazione in sé, che è un fatto progressivo(Marx la salutava entusiasticamente), sta crean-do. Io non sono un protezionista, non sono con-tro la globalizzazione, ma distinguo tra il trafficodi stupefacenti e l’evasione fiscale da una parte ela buona globalizzazione, cioè lo scambio di mercie di capitali produttivi, dall’altra. Oggi la politica èposta in difficoltà rispetto agli interessi economi-ci, perché mentre un capitalista può spostare ipropri capitali da un lato all’altro del mondo, ungoverno non può trattenere quelle risorse per di-slocarle verso obiettivi umanamente ed economi-camente più produttivi.La cultura non deve annoiare: quando, accrescen-do la propria cultura, ci si diverte, significa chel’ideale è raggiunto. D’altronde se non facciamoquesto tentativo come faremo in modo che il mag-gior numero di persone sia coinvolto nel destinodi tutti? Per essere coinvolti nel destino di tuttinon ci si deve solo impegnare, ci si deve anchedivertire.

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  • Alla riscoperta di un nuovo teatropoliticoIntervista a Bruno Borghidi Patrizia Bologna

    Il Direttore organizzativo del Teatro Stabile di Torino, Bruno Borghi, parla a Teatro/Pubblicodelle ragioni per cui il Tst ha riallestito due spettacoli del progetto Domani, Lo specchio deldiavolo e Il silenzio dei comunisti

    A diversi mesi dalla chiusuradelle Olimpiadi invernali, ilTeatro Stabile di Torinoriprende due titoli ideati edallestiti per un precisoperiodo e una precisa città.Per quali ragioni?

    Domani nasce come un progetto chiuso, i cinquespettacoli sono stati pensati affinché avessero laloro nascita e la loro conclusione, nell’ambito delleOlimpiadi della Cultura svolte in concomitanza conle Olimpiadi Invernali 2006. Come avviene da sem-pre per i progetti speciali ideati per le manifesta-zioni olimpiche essi si esauriscono nel limitatoperiodo dei Giochi.Successivamente sono intervenute altre consi-derazioni che ci hanno fatto ritornare sulle in-tenzioni iniziali decidendo di accettare di “al-lungare la vita” di alcuni degli spettacoli delprogetto. Innanzitutto il grande successo di tut-to il progetto, poi la pressante richiesta di molticittadini che non hanno potuto vedere uno otutti gli spettacoli compreso Atti di Guerra pre-cocemente interrotto a causa della malattia delprotagonista.

    Una prima eccezione rispettoall’ideazione del progetto, si èavuta nella scorsa primaveracon l’allestimento di Lospecchio del diavolo aMilano...

    Certamente su questa decisione ha pesato moltoil parere di Luca Ronconi che, come è noto, oltreche regista dello spettacolo, è anche consulenteartistico del Piccolo Teatro di Milano. Per questaragione Lo specchio del diavolo è stato propo-sto nel cartellone del teatro milanese.Questa operazione, avvenuta per noi a costi zero,ha acceso ulteriore interesse, nell’ambiente tea-trale nazionale dal quale sono arrivate richieste epressioni affinché questo e altri spettacoli del pro-getto Domani fossero ripresi e riproposti in aper-tura della stagione 2006/07.Lo specchio, dunque, sarà riallestito alle Fonde-rie Teatrali Limone, in una versione rinnovata einaugurerà la nuova stagione del nostro TeatroStabile.In questo spettacolo è presente buona parte del-la nostra giovane Compagnia che, dopo il proget-to Didone di Cavalli-Busenello andato in scena alTeatro La Fenice e al Teatro Malibran di Venezia,sta avviando proprio in questi giorni le prove diAntigone di Sofocle, per la regia del nostro Diret-tore Walter Le Moli, primo dei cinque spettacoliche saranno allestiti dalla Compagnia entro l’esta-te del 2007.Lo specchio del diavolo nei tre periodi di pro-grammazione effettuati raggiungerà alla fine un

    numero di recite molto simile a quelle di un nor-male spettacolo inserito in una stagione tradi-zionale. Certo, “normale allestimento” non èl’espressione esatta, perchè in realtà noi stiamoparlando di uno spettacolo realizzato in un’oc-casione straordinaria, con una dimensione arti-stica considerevole, e dalle conseguenti ecce-zionali specificità.

    La stagione della Fondazionedel Teatro Stabile di Torino siapre quindi con la piéce Lospecchio del diavolo e sichiuderà con Il silenzio deicomunisti...

    Il silenzio dei comunisti ha riscosso un enormesuccesso, e non ha minimamente esaurito l’inte-resse del pubblico nelle oltre trenta repliche rea-lizzate durante le Olimpiadi. Moltissime realtà tea-trali italiane ci hanno chiesto di poterlo ospitarenelle loro stagioni.Alla fine abbiamo optato per presentarlo nellastagione del Piccolo Teatro di Milano, agli stabi-limenti Ex Marelli, nel Comune di Sesto San Gio-vanni, nel corso del mese di novembre. Succes-sivamente nel maggio 2007 verrà nuovamentepresentato al pubblico di Torino con un ciclo direcite che saranno ancora realizzate presso leLimone Fonderie Teatrali di Moncalieri,chiosando in questo modo la conclusione dellastagione del TST.Insomma alla fine abbiamo derogato dall’inten-zione iniziale, riproponendo due spettacoli di gran-dissimo valore, i quali inoltre, ci hanno permessodi ricreare un nucleo artistico-tecnico di grandevalore e coesione, ricostituendo quell’entusiamocreativo che ha accompagnato tutto l’allestimen-to del progetto Domani.

    Perchè non sono stati ripresianche gli altri spettacoli delprogetto?

    La ripresa di Atti di guerra si è dimostrata impro-ponibile sia da un punto di vista strutturale per iparticolari meccanismi del teatro sia per laindisponibilità degli attori protagonisti. Atti diguerra è risultato uno spettacolo bellissimo, chepurtroppo solo poche centinaia di persone han-no avuto l’opportunità di vedere nella suacompiutezza. Di questo siamo molto dispiaciuti,ma per ora non è possibile ipotizzarne un nuovofuturo.Biblioetica è un lavoro che, proprio per le suecaratteristiche, potrebbe essere considerato già“datato”, quasi si trattasse di un “istant theatre”,oggi dovremmo presentarlo mutato, aggiornato,un po’ diverso: la materia trattata si trasforma digiorno in giorno e l’“istant theatre” non può re-stare fermo.

    È impensabile, infine, riproporre Troilo e Cressida.Le sue caratteristiche tecniche ne rendono im-possibile la riproposizione in uno spazio diversodai Lumiq Studios, ora non più disponibili comein passato e un diverso riallestimento snature-rebbe il progetto nella sua essenza.

    Oltre alle ragioniorganizzative e logistiche dicui si è parlato e al favore delpubblico, entrano in gioco,nella volontà di ripresa, anchegli argomenti trattati dai duespettacoli?

    Sì certamente. Ad avvalorare queste scelte visono anche le tematiche affrontate negli spet-tacoli, tematiche che oggi sono capaci di fartremare i polsi alla società. Ne Il silenzio deicomunisti si tratta del rapporto di molta partedel mondo, e di molti italiani, con il Comuni-smo, inteso da un lato come utopia e dall’altrocome realizzazione della società così come av-venuto in molti paesi. Un’analisi che affrontaanche il significato della presenza del PartitoComunista e il ruolo svolto nella società italia-na dal 1921 fino ad oggi.Ronconi e gli attori protagonisti ci hanno con-segnato una straordinaria pièce teatrale, che haofferto ai cittadini di ogni appartenenza ideale,straordinari momenti di riflessione sulla nostrastoria.Il tema dell’economia e della finanza è al centro discottanti dibattiti dei nostri giorni.Lo specchio del diavolo è stato scritto da Gior-gio Ruffolo su invito del nostro Teatro Stabile.Si tratta di un pamphlet molto bello e divertente– che ha dato vita a uno spettacolo altrettantobello e divertente –, che alla fine è diventato unvolume di Einaudi, primo testo di una nuovacollana della casa editrice torinese. Grazie a que-sto lavoro teatrale il libro è diventato indubbia-mente un “caso” e un consistente successo let-terario.Il discorso complessivo sull’economia, anche setrattato in maniera giocosa, si colloca fortementeall’interno di una apertura a certa drammaturgiacontemporanea che sa incontrare le sensibilità deicittadini che normalmente ricevono e vivono que-ste informazioni attraverso altri mezzi di comuni-cazione.Questa particolare prospettiva conduce, a mioavviso, alla “riscoperta” di un teatro “politico”:un teatro in grado di offrire agli spettatori elemen-ti di riflessione piuttosto che risposte.È in questo senso, che il riallestimento dei duespettacoli del progetto Domani si propone di dareulteriore vita a un teatro capace di avvicinarsi aiproblemi quotidiani dei cittadini, offrendo, al tem-po stesso, un prodotto prettamente teatrale di al-tissima qualità.

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  • Confezionare teatro da ogni ingredientedi Guido Boursier

    Commentario al progetto Domani di Luca Ronconi e Walter Le Moli.Dopo le polemiche a vincere è lo spettacolo

    Certo, potendo confrontare Troilo e Cressida e Lo spec-chio del diavolo a sere alternate, come Ronconi avevapensato in un primo momento, dovendo poi rinunciareper insormontabili problemi tecnici, forse si sarebbecapito meglio e subito se non altro l’eccezionale lavorosvolto dal regista sulla trentina di giovani attori che liinterpretano, qualche nome affermato e molti novizi.In effetti ha fatto nascere a tempo di record – a tempodi Peter Brook con i ragazzi del mitico Sogno di unanotte di mezza estate – una compagnia di energie fre-sche e intercambiabili, straordinariamente affiatate eamalgamate in acrobazie fisiche e linguistiche, in gradodi passare dall’interpretazione di un classicoshakespeariano all’invenzione spettacolare da una ma-teria estranea al palcoscenico, benchè ad esso destina-ta, il saggio di Giorgio Ruffolo sulla storia della finanzadall’età della pietra ad oggi.Così, mentre Troilo e Cressida ripropone sostanzial-mente e riesamina il repertorio di un talento magistralenel dilatare azioni e frasi per cercarne tutte le pieghe ei significati, ponendo la guerra e l’amore in tempo diguerra sotto la lente di uno spietato entomologo, facen-do dunque spesso strisciare o dibattere nevroticamentei protagonisti mentre nobili sentimenti e tradimenti,cortesie e cialtronerie, eroismi e vigliaccherie vengonoripetutamente frullati in un calderone che sottolinea lagrottesca modernità della tragedia, sfoderando con pa-cato cinismo tutti i colpi di scena del mestiere, bendiversa è la soluzione trovata per Lo specchio che di-venta – ma non è la sola – la cartina di tornasole di unostile che si rimette continuamente in discussione.È vero che sono pagine molto svelte e divertenti, maproprio per questo, trattandosi di panoramiche a volod’uccello, molto difficili da trasferire sulla scena conritmi analoghi e identica capacità di penetrazione e con-vinzione lampeggiante di ironia. Ronconi ha scelto lastrada ben poco praticata di un divertissement didatti-co che si sviluppa senza fatica per quattro ore toccan-do con mano leggera, piglio talvolta da musical ed ec-cellente coralità, gli scenari più inquietanti, dalla volatilitàdella carta moneta e dei titoli, alla globalizzazione e i

    rischi delle bolle speculative, facendo gentilmente pren-dere allarmata coscienza di se stesso a quello che inborsa chiamano “parco buoi”, cioè la grande massa deglispettatori-risparmiatori. Altro che liquidarlo come exinnovatore del teatro italiano e addirittura suo esecutoretestamentario (lo scrive Franco Cordelli nell’impazienterecensione a Troilo e Cressida sul “Corriere della Sera”),al contrario, basta vedere la corporeità delle battaglie tragreci e troiani esasperarsi nelle contese di Wall Street,l’isterico Agamennone vestire i panni di John Law, magodi sofisticati imbrogli, o Cressida quelli di un pelosoaustralopiteco, per intuire dietro il gusto del gioco e deirimbalzi la ricerca di Ronconi di nuove espressioni sutemi cruciali. La maratona dei cinque spettacoli del pro-getto Domani è, in effetti, un grande specchio del tem-po, una riflessione sulla contemporaneità anzi, stando altitolo, sulle basi del nostro futuro e sulla capacità delteatro di illuminare i nodi e i segnali più intriganti dellaviolenza e della guerra, dell’economia, della politica edella scienza. Un dialogo che coinvolge anche i mezzitecnici, le scenografie di Tiziano Santi, poliedrico pila-stro a tutti gli allestimenti, piegandole a esigenze signifi-cativamente opposte. Gli elaborati marchingegni che inTroilo e Cressida fanno salire dalle botole, sotto le neree diroccate mura di Troia, roccioni e distese di sabbiegialle dove gli eroi appaiono come reperti archeologicinell’attualità di un deserto iracheno – e diventano algidisupermercati, salotti settecenteschi e banche nello Spec-chio – si riducono ad alcune panche su uno sfondo e unpavimento di lastre gessose negli Atti di guerra. Da que-sto ambiente spoglio e dal testo della sterminata trilogiadi Edward Bond, ridondante di metafore ma sicuramen-te di un’angosciosa crudeltà sul destino dei deboli in unapocalisse bellica, si è voluta distillare una recitazionenello stesso tempo distaccata ed emotiva, maschere dilattice e stralunata umanità, guidando con una regia luci-dissima un altro gruppo di giovani in una sorta di danzadi morte del terzo millennio trascinata con mostruosabravura da Massimo Popolizio che si divide in cinqueparti e lascia sbalorditi disegnando una folle Madre Co-raggio del Day After.

    Esemplare per understatement, la messinscena del Si-lenzio dei comunisti dà la parola al carteggio di cinqueanni fa fra Vittorio Foa, Miriam Mafai e Alfredo Reichlin,anziani e notissimi dirigenti del vecchio PCI, per farneun dibattito ancora una volta giovanile come i tre inter-preti che s’interrogano sulla sopravvivenza degli ideali edelle speranze dopo l’abbattimento del Muro e delleutopie. Parlano solitari da tre stanze in via disbaraccamento o rifacimento e la platea è un contenitoremobile che li segue dall’una all’altra come un carrellocinematografico sinchè non arrivano a incontrarsi, fra diloro e col pubblico, creando uno spontaneo choc di pas-sioni e sentimenti autentici che commuove e fa beneficagiustizia di tante straparlate televisive. L’ultima tappa,Biblioetica, è un breve viaggio tra stanze foderate di neroe simili a cassetti che contengono alcuni dei vocaboli –consenso informato, eutanasia, clonazione, biotecnologie,eccetera – più usati nel confronto tra medicina e moraledi cui si occupa, appunto, la bioetica. Con fulmineisceneggiati e dizione asettica si sollecitano domande,pensieri scomodi, preoccupazioni e risposte non rasse-gnate a considerare la salute una merce tanto piùdeperibile quanto minori sono le risorse per pagarla. Sidirebbe quasi la ciliegina che dimostra quanto Ronconisia abile – e unico – nel confezionare teatro da qualsiasiingrediente, e come, però, non scelga mai la confezionepiù banale e accattivante, cercando e trovando, nel casodi Domani, il massimo di articolazioni e di intrecci nelproporre un dialogo fra la scena e la realtà che ci circon-da. È il risultato di un impegno e di uno sforzo enormiche hanno coinvolto per otto mesi centinaia di persone,preparando nuovi attori e nuovi tecnici, creando sul pia-no culturale un valore, non solo un avvenimento olimpi-co – e non un evento che sarebbe stato più facile – maanche uno di quegli “allunghi” alla Toni Servillo, di queglistimoli, di quelle iniezioni di vitalità nella storia del tea-tro italiano ed europeo che riportano come si deve ladiscussione sull’investimento Ronconi e non sulle som-marie e misere polemiche sui costi.

    (febbraio 2006)

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  • La voce della stampaLo specchio del diavolo appare come unacosmologia in chiave economica rigorosa, ma diconsolante ironia teatrale. Lo spettacolo, dal testodi Giorgio Ruffolo che spiega il titolo come «Il ca-pitalismo oggi è un gioco di specchi e immaginirovesciate», è una allegra lezione di oltre quattroore che afferra il cervello e illude di sventare i truc-chi della Finanza non per prevenirli ma per decide-re di scegliere altre passioni. [...] Piaccia o no –costi o meno – Ronconi possiede la pietra filosofaleche tutto trasforma in Teatro: ieri la Fisica inInfinities, oggi la Finanza. E il pubblico può condi-videre il suo laboratorio di alchimista tecnologico.Unica condizione: l’ottimismo della ragione. [...]

    Così, tra la frutta e le verdure vere di unmegamarket a tutta scena, si annidano come vi-rus le regole del produrre e del vendere, del sosti-tuire le risorse senza mai più ricostituirne le matri-ci; la virtualità del denaro, dei cambi dei “future”,del Pil; l’avidità dei pirati del “turbocapitalismo”che ha dissolto il tessuto sociale globale come unacido. Esperti in tailleur nero pontificano dall’altorivolti a un popolo di clientes e massaie. In mezzoa questa schiera umana, Ronconi gioca le mossedi una partita iniziata nel Paradiso terrestre di unoscafato economista, Dio.

    CLAUDIA PROVVEDINI(CORRIERE DELLA SERA,

    8 FEBBRAIO 2006)

    Suona molto coerente con Il silenzio dei comuni-sti anche lo spettacolo del progetto Domani cheporta in scena i territori dell’economia e della fi-nanza: Lo specchio del diavolo di Giorgio Ruffolo.Scritto come brillante saggio storico dall’illustreeconomista cui è stato commissionato, diventanelle mani di Luca Ronconi uno scambio di dialo-ghi scoppiettante, che fa ridere, riflettere e ognitanto trasalire.L’affinità non sta solo nell’appartenenza genera-zionale di Ruffolo con Foa, Mafai e Reichlin, maanche in qualche modo in una comunanza di pro-spettiva, e sicuramente in una comune generosi-tà “pedagogica”.

    Diviso in tre parti (ma le quattro ore complessivesembrano volare) questo Specchio del diavolodisegnato da Tiziano Santi con i costumi fanta-siosi di Simone Valsecchi e Gianluca Sbicca mo-stra dapprima un gigantesco supermercato. Èuna vera cattedrale dei consumi, rigogliosa e im-ponente come la biblioteca d’Alessandria, tantoche la verdura, la frutta e scatola e contenitorisembrano altari dell’ultima vera religione di mas-sa nella parte ricca del pianeta, la febbre del con-sumo. La seconda si apre come un caveau ban-cario, tra lingotti e banconote che ne prendonoposto e valore, una pioggia di dollari che culmi-na a Bretton Woods, mentre tutt’attorno si ac-cendono infiniti monitor che riportano titoli equotazioni di borsa. Finchè la terza scena vedeai piedi di mappamondi balle di giornali, quasi atoccare con mano come parte preponderante eappetita della finanza oggi, sia proprio quel benefruttuoso che è l’informazione.

    GIANFRANCO CAPITTA(IL MANIFESTO,

    8 FEBBRAIO 2006)

    E se queste Olimpiadi della cultura tanto accusatedi dissipazione fossero invece un investimento?Giorgio Ruffolo sarebbe certo in grado di dimo-strarcelo, data la facilità con cui è riuscito in unodegli spettacoli “incriminati”, a darci una lezionesull’economia dalle origini ai giorni nostri, passan-do per territori inaspettati, con grande divertimen-to del pubblico di giovani che affollava l’anteprimaai Lumiq Studios di Torino. Certo gran parte delmerito spetta a chi l’ha invitato a partecipare a que-sta impresa, cioè a quello stesso Luca Ronconiche già aveva colto un gran successo di pubblicoinscenando un paio di anni fa Infinities. [...] NelloSpecchio del diavolo Giorgio Ruffolo va al di làdelle barriere del tempo risalendo nei secoli conuna partenza insospettata dalle origini, ma è la re-gia a evitare i pericoli della lettura per trasferire ildiscorso in una realtà parodistica, in cui ogni figu-ra evocata entra in campo, parlando magari di sé interza persona, come accadeva negli spettacoli cheRonconi traeva direttamente dai romanzi di Gaddao di Dostoevskij senza sceneggiarli.

    FRANCO QUADRI(LA REPUBBLICA, 8 FEBBRAIO 2006)

    Lo specchio del diavolo di Giorgio Ruffolo è unaspiritosa, paradossale conferenza intitolabile an-che “L’economia spiegata al volgo”; la si potreb-be immaginare in bocca a un Beppe Grillo menoaggressivo del consueto, oppure, affidata a piùvoci, trasmessa alla radio. Scritta, occupa un’ot-tantina di pagine dattiloscritte ma non fitte, la for-ma essendo quella del dialogo; io le ho lette, mol-to piacevolmente, in mezz’ora. Il meraviglioso,opulentissimo spettacolo di Luca Ronconi che lapropone, quarto episodio del progetto Domanidello Stabile torinese, dura invece quattro ore ecinque minuti, sia pure con due intervalli corposi.[...] Arduo segnalare qualche nome sopra gli altri,tutti sono formidabili nel lavoro di équipe che ri-chiede spostamenti molto dinamici, spiccano co-munque Giacinto Palmarini come uno dei vari con-ferenzieri, Elia Schilton come Roegen, l’economi-sta romeno che contestò la prassi dello sfrutta-mento indiscriminato delle risorse in cui oggi sista distinguendo il petroliero Bush, GiovanniCrippa che tira le conclusioni con un lungo e for-se superfluo aneddoto sulla devastante stupiditàdell’imperatore Serse. Spettatori ammirati ed ener-gicamente plaudenti alla fine.

    MASOLINO D’AMICO(LA STAMPA, 8 FEBBRAIO 2006)

    Lo specchio del diavolo, divertente e inquie-tante testo sull’economia scritto da un espertocome Giorgio Ruffolo che delle guerre e delleloro implicazioni storiche ci rivela sempre e co-munque la matrice economica. Tutto si tienedunque nel progetto Domani, che certo è un’or-gogliosa dichiarazione di teatralità da parte diun regista a cui è stata data la possibilità di farloe che lo fa perfino divertendosi come nel testo diRuffolo: non un noioso trattato ma un fantasio-so, rutilante spettacolo. Quattro ore con due ro-busti intervalli che volano via fra le risate delpubblico, un gran numero di attori in scena perraccontarci fuori di metafora che i soldi hannosempre il loro odore spesso non gradevole edove il regista dà movimento, forza dialettica,intrecci impensabili al testo percorrendo con noidall’a alla z la nascita del pensiero economico, acominciare da Adamo ed Eva e dalla loro caccia-ta dal paradiso terrestre [...]Ma c’è anche una bambina che si chiama Euro eche scatena una violenta partita di rugby tra isogni dell’Europa e le ossessioni dell’America.

    MARIA GRAZIA GREGORI(L’UNITÀ, 12 FEBBRAIO 2006)

    Ruffolo, in poche parole, non svilisce gli argo-menti serissimi che tratta, ma li colloca sul ver-sante di una divulgazione piana, insaporendoquest’ultima con il sale di sorridenti paradossi.Dal canto suo, Ronconi cala il tutto nella corni-ce di una rivista spumeggiante e ricca (salvotalune pesantezze del testo) di momentiesilaranti: vedi la signora elegante che, appenaproclama: «Un diamante costa più dell’acquaperchè è raro, mentre l’acqua è ampiamente di-sponibile», viene investita, per l’appunto, daun’autentica cascata. Ed eccellenti, in questachiave, sono gli interpreti: da Giovanni Crippaa Tommaso Ragno, da Elia Schilton a quella IaiaForte che, qui nel ruolo di Eva, è la vera e pro-pria “soubrette” di Domani.

    ENRICO FIORE(IL MATTINO, 9 FEBBRAIO 2006)

    Il saggio di Ruffolo è scritto con leggerezza ed iro-nia, ma mantiene la serietà e la scientificità di unvero saggio storico-critico. L’ennesima sfida perRonconi di teatralizzare materie assolutamente re-frattarie. Ma lui riesce a rendere il lungo spettacolomovimentato e colorato, tutto continue invenzionigrottesche, giochi visivi, puntando su alcune sto-rie di economisti che si narrano in prima persona,apparizioni e sparizioni di scene e personaggi evo-cati, scorrere di carrelli, accendersi di video, senzarinunciare nemmeno alle note bibliografiche.

    PAOLO PETRONI(LA GAZZETTA DEL SUD,

    8 FEBBRAIO 2006)

    Il tono di Ruffolo è rigoroso ma leggero. Ronconilo spinge verso un fresco e stralunato diverti-mento: in un supermarket pieno di casse d’or-taggi Adamo ed Eva e “il più grande uomo-scim-mia del Pleistocene” con relativa famigliola sco-prono l’agricoltura e le sue leggi. In un paesag-gio di lingotti d’oro appaiono lo speculatore set-tecentesco John Law, Napoleone III e i capitali-sti del ’29. [...] Nelle discussioni che il progettoDomani suscita, o nei processi sommari che glivengono intentati, sarebbe bene non perdere divista la specificità del percorso, lo sforzo – an-che etico e politico – di piegare lo strumento delteatro all’esigenza di porre in luce alcuni nodicruciali del nostro tempo, che non a caso si in-trecciano e si inseguono da un’opera all’altra. Inquesto senso Il silenzio dei comunisti e Lo spec-chio del diavolo sono due risultati assolutamen-te esemplari.

    RENATO PALAZZI(IL SOLE 24 ORE,

    12 FEBBRAIO 2006)

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  • In your artistic journey youhave often referred to non-theatrical texts, that you have“translated” for the stage withoutcomes of rare efficacy andintensity. Now, with Lospecchio del diavolo, writtenfor the occasion by GiorgioRuffolo, you add another pieceto this articulated journey.Why did you choose to put onstage a text that is a trueessay on the birth anddevelopment of finance?

    Perhaps because some of the most urgentquestions we all ask ourselves daily are centredprecisely around economy and finance. When wedo not know well a certain domain and a certainlanguage – as is the case for most of us as far aseconomy is concerned –, we think they are issueswith no bearing on our lives. Actually it is not so:economy permeates every part of us. On the otherhand theatre has always dealt with economy,creating characters and figures, when we thinkabout Balzac, Mirbeau, and all nineteenth centuryFrench theatre…Theatre has always invented characterspossessed by eros, greed, by the desire to makemoney, always relating those themes and that di-scipline, though, to the world of the spectator. Ibelieved that it would have been interesting andcurious to see what happens when, on thecontrary, the theme is being dealt with totallystepping over the character, allowing the “subject”to talk for itself. This is why I decided not to turnto a playwright, but rather to someone who hasto do with this subject everyday. Someone whowould be able to use an “arid” language. So Italked about it with Giorgio Ruffolo: and he saidhe was curious, available for this trial.

    Let us linger for a while on theperspective of the“disappearance of thecharacter” you have justmentioned. Who is movingaround and who is talking onthe stage of Lo specchio deldiavolo?

    The essay writing of Lo specchio del diavolohas of course been broken down. This is different,though, from attributing voices to the characters.Ruffolo’s text is crowded with figures such asEve, Adam, the Eternal Father, who don’t possess,though, the rank of characters: they don’t have adevelopment, a psychology, credible relations…In the novels I have translated for the scene, likeThe brothers Karamazov, Quer pasticciaccio(That awful mess) or What Maisie knew, DimitriKaramazov, Ingravallo or Maisie were indeed –both in the narrative and in the dramatic form –seen, observed and presented as human figures,

    Theatre reflects financeInterview to Luca Ronconiby Andrea Porcheddu

    This is how Ronconi, a few weeks from its debut, presented Lo specchio del diavolo(The Devil’s Mirror)

    not as hypothesis or concepts. The things theysaid were the ones that only those characterscould have said. They themselves and nobodyelse: the language was reserved to thosecharacters. What denotes a character is thereforethe way in which s/he talks. In Lo specchio deldiavolo everyone speaks in the same way, that isto say, in Ruffolo’s way.

    The author Ruffolo has toldthat, once the rehearsals weredue, he was expecting three orfour actors on stage, but heactually found many of them:Lo specchio del diavolo hasbecome a choral work…

    I know the text well, but I do not know the present,past and future mechanisms of the financial world.And perhaps also the vast majority of the publicdoesn’t know much about them, just like me.When I am faced with a text of this kind, I putmyself on the side of ignorance rather thancompetence. My competence is exclusivelytheatrical. I have therefore wished to bring onstage this double perspective reflecting it in thedistribution of the actors: a group of actors knowsand possesses a certain language; another groupof actors, on the other hand, does not know andstrives to decipher an unknown language. Thespectators, according to their own competenciesand interests, can identify with one of theseperspectives. Within these two great spheres wemay also find some differences: the degrees ofignorance, the reasons for ignorance, the socialbelonging, the epoch.The text may also be read as a kind of “ride” throughhistory. Lo specchio del diavolo is actually divided

    in three parts. The first one is mainly centred aroundsustainable development and the exploitation ofnatural resources; the second part regards theinvention and history of money; the third part takesinto consideration the relation existing betweeneconomy and politics. The three parts are clearlyseparated and are rather different from one another.The character of the banker, for example, is notnecessary in the first part, while it is irreplaceablein the second and it would become superfluous inthe third. In the same way the character of the“politician” would perhaps be of secondaryimportance in the first and in the second part, whileit becomes crucial in the third. The multiplicity ofcharacters then is simply the result of themultiplicity of figures called upon by the subjectmatter. This text reasons through suggestions andrides paradox with a lot of intelligence.

    And the key element is theopening of theatre towards adifferent, new canon,subtracted from thedictatorship of the dialogicalform and of the character. Afeasible challenge?

    Why do we always have to speak of challenges?A challenge entails a victory or a defeat. Thisproject was aimed, on the contrary, at testing somepossibilities.During the rehearsals we have lived in anatmosphere of play and freedom. I like to take onlife as a game. This text has freed the actors fromsome ghosts; “Who will be my Andreev?” or“What would uncle Vanja think?” or “Whatrelationship do I have with uncle Vanja?”...This is a provocative work with the intelligence

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  • and fine ability of hinting without wanting to con-vince. It only aims at suggesting and provoking,leaving then the choice with the spectator.I would like the spectator to understand that thecontinent of economy is not wholly barred forthose who only suffer the consequences. I wouldlike to contribute to the transformation of twobehaviours: on one hand, that of blind adorationof economy, finance and the market, and on theother hand that of total execration, criticaldetachment.From a purely theatrical point of view, I wouldlike to demonstrate that the continent of theatre,just like that of economy, does not have, in theend, such sealed boundaries as not to be able toopen up and extend towards things apparentlyforeign to it…

    And which is the world in whichLo specchio del diavolo placesitself?

    Today the fruition of the theatre spectator isinfluenced by the audio-visual perception. I donot feel great admiration for television, but it isundoubtedly a very powerful instrument: that’swhy I believe it’s quite silly to think that two meansso different, such as theatre and television, maycompete. And yet theatre can steal something from

    television, that is to say the communicativepossibility. The fragmentation of the character issomething I know is related with the kind of TVperception developed today, which needs aconstant renewal of attention. This is why thefigures of Lo specchio del diavolo do not have apsychological or naturalistic dimension, but ratheran “environmental” denotation. The groups ofcharacters, that I would define “economic”, in-clude consumers, investors, savers, stockexchange agents, plutocrats. These are allcategories to which each of us belong. (…)The theme running along all the three acts is theimpossibility to understand the relationshipbetween “product” and “waste”: that is to say, ifthe stacks of newspapers are ready to bedistributed or ready for being thrown away…

    It seems significant as the“morale” of the whole work.Furthermore, in the charm withwhich Ruffolo narrates thereis a precise political position,a precise thought. Do youagree with it?

    I cannot do anything but embracing and sharingthis stance, given that I am putting this comedyon stage.

    And yet in the past you havealso taught us to take somedistance – with irony, perhaps– from the texts being staged.Is it not so?

    No. You can never distance yourself from thetexts you put on stage, but rather you take somedistance from the representational conventionsthat have accrued over those texts, from whatthey tell us those texts should mean. I have neverdistanced myself from the text itself… Lo spec-chio del diavolo hints at the competitionbetween two types of economic development:the potential European model and the Americanmodel currently suffering a crisis. It is difficultnot to take up a position between these twoperspectives: the one probably in crisis and theother which is pending. We could simply wishfor the crisis to be resolved, or that thedevelopment will be the one we wished for. InLo specchio del diavolo there is no declaredanti-Americanism: the text is too clever to takeup a precise position “in favour” or “against”.What the text wishes for, instead, is an invitationto responsibility, and not to taking sides...

    With the collaboration of Patrizia Bologna(Interview conducted in January 2006)

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  • Why “the devil’s mirror”?Careful. Not the devil’s dung, as with disdainfulobscenity the scholastics used to define money. Themirror: because of the reflectiveness: a phenomenontypical of the most recent phase of capitalism, the socalled financial capitalism.It was a great speculator, philanthropist and progressist(an oxymoron in its own right), Giorgio Soros, thatsaid, precisely him, a speculator, that capitalism hasbecome, in our times, a game of mirrors. To the pointthat it is no longer possible to distinguish reality fromits image. If it is the devil wagging its tail or if it’s thetail wagging the devil.What is reflectiveness? It is the mirror of Alice inwonderland. In that mirror the images (of course) arereflected, but upside down. In the financial market, forexample, where demand and offer of securities (shares,bonds, etcetera) meet, the resulting prices should“reflect”, more or less, the prices of the real values.This is often not the case, though. Why?That’s a good question. Linked to another, wider one.Is it economy that should be put at man’s service? Oris it man that should put himself at the service ofeconomy?In order to answer, approximately for sure, we havemet Adam and Eve, prehistoric apes and eighteenthcentury gentlemen, crazy speculators and moralistprofessors, and the small Napoleon, and Xerxes theGreat: uproarious markets, predatory barons,incorrigible utopians. In order to understand whetherthis sphere unravelling itself is leading us anywhere.And where.And we have also tried to persuade you that it isn’ttrue at all that, as Thomas Carlyle used to say, economyis a dismal science. He was rather dismal too. Economyis made of money, for sure, but also of hearts. Of greatacts of heroism and of great ideals.This representation, like all the dramas that may bedefined as such, is divided into three acts. The firstis economy and nature. The central theme isTechnique. The second is economy and money. Herethe protagonist is not Technique, but the Market.Just like Technique, also this is a typically humaninvention, born out of exchange, a peculiarity of ourspecie.The third is economy and politics. It is the truly greatproblem of political economy. Here finally there is aneffort to answer to the initial question: economy is atthe service of Man. Or is man at the service ofeconomy?The collaboration with Luca Ronconi was bornthanks to some common friends and out of the sharedbelief that difficult issues could be explained in asimpler way, representing modes of thinking, culturalcapitals like economy, science, biotechnology, butin a theatrical way.The Greeks used to do this! Theatre for the Greekswas not a specialised activity: it was life put on stage.Now our life, more complex than it used to be inancient Greece – made of primary and elementalemotions and feelings – is composed of theorems andmodels, of culture and science… If we continue tokeep these elements out of art, we fail our duty tohave and offer access to creativity. Given thisagreement on opinions and ends, we have happilymet around this effort which was a bet for both of us.It has been a challenge with myself: is it possible torepresent economy? According to me it is possible,let the public judge then!

    Economybetweenhearts andmoneyby Giorgio Ruffolo

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  • The rediscoveryof a new politicaltheatreInterview to Bruno Borghiby Patrizia Bologna

    A few months after the closing of theOlympic Games, the Teatro Stabile di Torinoonce again proposes two plays created fora precise time and a precise city. Why?

    Domani was born as a definite project, the five plays were planned asto have their beginning and their end within the Cultural Olympiadsthat took place at the same time as the 2006 Olympic Winter Games.As is always the case, special projects set up for the Olympic displaysalways exhaust themselves in the limited time of the Games.Subsequently, though, other considerations have occurred, pushingus to turn back to our initial intentions, deciding to accept to “lengthenthe life” of some of the plays of the project. First of all, the greatsuccess of the project as a whole, then the extremely strong demandby many citizens who weren’t able to view one or all theperformances, including Warplays, previously interrupted due tothe illness of the protagonist.

    A first exception from the original idea ofthe project was encountered last springwith the staging of Lo specchio del diavolo(The devil’s mirror) in Milan...

    Surely on this decision a great part has been played by the opinionof Luca Ronconi who, as is well known, besides being the director ofthe play, is also an artistic consultant for Milan’s Piccolo Teatro.This is why Lo specchio del diavolo was put forward in the bill ofMilan’s theatre.This staging, which entailed no additional costs for us, has arisenfurther interest within the national theatre milieu, from which wehave received requests and pressures for this and other plays fromthe Domani project to be resumed and staged again at the beginningof the 2006/07 season.Lo specchio del diavolo will therefore be staged again at the Fonde-rie Teatrali Limone, in a renewed version, and it will inaugurate the’06/07 season of our Teatro Stabile. In this play is acting a great partof our young Company which, after the Didone(Dido) project byCavalli-Busenello staged at the Teatro La Fenice and at Venice’sTeatro Malibran, is now starting, right in these days, the rehearsalsof Sophocle’s Antigone, with the direction of our Director Walter LeMoli, the first of five plays to be staged by the Company by summer2007. In the course of the three sessions of shows Lo specchio deldiavolo will reach a total number of runs close to that of a normalplay in a traditional season.Well, “normal staging” is not an exact definition, as we are talkingabout a play realised for an extraordinary occasion, with aconsiderable artistic dimension, and bearing great specificities.

    The season of the Teatro Stabile di Torinotherefore debuts with Lo specchio deldiavolo (The devil’s mirror) and it will endwith Il silenzio dei comunisti (The silenceof communists)...

    Il silenzio dei comunisti (The silence of communists) has enjoyed agreat success, and it hasn’t exhausted at all the interest of the publicwith the over thirty runs performed during the Olympic Games. A numberof Italian theatrical realities have requested to host it within theirseasons. In the end we have chosen to present it within the season ofMilan’s Piccolo Teatro, at the Ex Marelli premises, in the town of SestoSan Giovanni, in the month of November. After that, in May 2007 it willbe once again presented to Turin’s public with a cycle of performancesstill staged at Moncalieri’s Limone Fonderie Teatrali di Moncalieri,thus glossing the end of the Teatro Stabile di Torino’s season.

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