TEAGNO.APPUNTI.politica sociale parte 1 - cittastudi.org · Le prime politiche sociali sono nate in...

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1 POLITICA SOCIALE Cosa vuol dire politica sociale? E’ un insegnamento che rientra, fra i settori scientifico-disciplinari dell’Università italiana, nel raggruppamento SPS/07 (sociologia generale): si tratta di una disciplina di studio collocata all’intersezione fra sociologia e welfare. Comunemente si parla non di politica sociale ma di politiche sociali. Quali sono le differenze tra i termini? POLITY POLITICS POLICY - la polity: è il piano – teorico - dei principi e dei diritti generali o fondamentali - la politics: è il piano decisionale e normativo (dei <decisori>, di chi cioè partecipa alla presa di decisione e perciò ha potere), dove vengono prese le decisioni collettive, fatte le scelte di governo. Si potrebbe dire che è l’<arena della lotta per il potere>. - la policy (o le policies): è il piano dei programmi e degli interventi di forte valenza operativa, ovvero le pratiche per la realizzazione/attuazione della politics. POLITY In inglese è la politica a livello teorico ed astratto . Polity è il livello massimo della teoria, dei principi e dei diritti generali o fondamentali della politica. POLITICS Sono i piani decisionali e normativi. Politic è il livello dove vengono prese le decisioni: Si può definire ARENA POLITICA ( vedi WEBER-potere) dove gli ATTORi politici che hanno un forte potere decidono . E’ il livello dei DECISORI POLITICI. POLICY/POLICIES E’ il livello più concreto,è il piano dei programmi e degli interventi a valenza operativa ossia le pratiche per l’attuazione della politics. Le policies si attuano con le burocrazie e con i corpi professionali ossia gli apparati pubblici che agiscono attraverso procedure legali e formali nonchè competenze tecniche professionali su base di previe decisioni politiche. Le decisioni politiche spettano al Governo.

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POLITICA SOCIALE Cosa vuol dire politica sociale? E’ un insegnamento che rientra, fra i settori scientifico-disciplinari dell’Università italiana, nel

raggruppamento SPS/07 (sociologia generale): si tratta di una disciplina di studio collocata

all’intersezione fra sociologia e welfare. Comunemente si parla non di politica sociale ma di politiche sociali. Quali

sono le differenze tra i termini?

POLITY POLITICS POLICY

- la polity: è il piano – teorico - dei principi e dei diritti generali o fondamentali

- la politics: è il piano decisionale e normativo (dei <decisori>, di chi cioè partecipa alla

presa di decisione e perciò ha potere), dove vengono prese le decisioni collettive, fatte le

scelte di governo. Si potrebbe dire che è l’<arena della lotta per il potere>.

- la policy (o le policies): è il piano dei programmi e degli interventi di forte valenza

operativa, ovvero le pratiche per la realizzazione/attuazione della politics.

POLITY In inglese è la politica a livello teorico ed astratto . Polity è il livello massimo della teoria, dei principi e dei diritti generali o fondamentali della politica. POLITICS Sono i piani decisionali e normativi. Politic è il livello dove vengono prese le decisioni: Si può definire ARENA POLITICA ( vedi WEBER-potere) dove gli ATTORi politici che hanno un forte potere decidono . E’ il livello dei DECISORI POLITICI. POLICY/POLICIES E’ il livello più concreto,è il piano dei programmi e degli interventi a valenza operativa ossia le pratiche per l’attuazione della politics. Le policies si attuano con le burocrazie e con i corpi professionali ossia gli apparati pubblici che agiscono attraverso procedure legali e formali nonchè competenze tecniche professionali su base di previe decisioni politiche. Le decisioni politiche spettano al Governo.

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Ogni politic rappresenta le necessità della società che non è omogenea . All’interno della società vi sono delle fratture che portano interessi diversi ed influenzano le politiche Le decisioni politiche (politics) sono espressione del tessuto societario che le produce, infatti

riflettono le fratture/divisioni storiche che attraversano una società (fratture di Rokkan): • CAPITALE-LAVORO • CITTA’-CAMPAGNA • NAZIONALE-ETNICO • LAICITA’-CONFESSIONALISMO • ENERGIA NUCLEARE-ENERGIE ALTERNATIVE

Vi sono attori (partiti e movimenti - le organizzazioni civili, i movimenti, spesso sono

portavoce di nuovi bisogni) che raccolgono, aggregano in domande gli inputs provenienti

dall’ambiente societario: sono richieste differenziate portate ai tavoli decisionali, del Governo. Vi è un sistema normativo che convalida le decisioni che diventeranno legge per i cittadini. Concludendo: Le decisioni politiche (politics) collettive sono dunque le risposte, regolamentate

da Leggi, che il sistema politico dà alle domande politiche aggregate, e si concretizzano in processi,

contenuti ed esiti (policy). Le politiche sociali sono politiche pubbliche che riguardano il comparto della protezione sociale e quindi relative a : PREVIDENZA (pensioni), SANITA’, ASSISTENZA. A queste si aggiungono le politiche del LAVORO, FORMAZIONE, ISTRUZIONE, AMBIENTE e le politiche ABITATIVE. Le politiche di previdenza. Sanità, assistenza e del lavoro sono i cardini delle politiche sociali. L’assistenza ha pochi fondi e la legge 328 del 2000 è la legge che le rinnova. La funzione delle politiche sociali è a carattere DISTRIBUTIVO ossia esse forniscono BENEFICI ai DESTINATARI attraverso una molteplicità di prestazioni che possono essere TRASFERIMENTI MONETARI ossia soldi e BENI IN NATURA ossia servizi. 2 tipi di prestazioni> BENEFICI >TRASFERIMENTI MONETARI > SERVIZI

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WELFARE STATE Quando è lo Stato che si preoccupa della tutela del benessere dei cittadini abbiamo il welfare state.( Ricordare la differenza tra STATO di DIRITTO ossia che tutela la legge e STATO SOCIALE ossia che garantisce i diritti legittimi). Il tradizionale stato di diritto è fondato sulle libertà

individuali e sulle istituzioni di democrazia rappresentativa, lo stato sociale offre qualcosa in più ai

suoi cittadini, ovvero si impegna a fornire tutela e protezione, ovvero benessere.

DEFINIZIONE DI WELFARE STATE: Sistema sociale sull’assunzione da parte di uno Stato politico di responsabilità primarie per il benessere sociale ed individuale di ogni cittadino attraverso la legislazione (politic) e l’attivazione di specifiche politiche sociali (policies) realizzate attraverso uffici ed agenzie governative ossia le istituzioni pubbliche. sistema sociale basato sull’assunzione da parte di uno stato politico di responsabilità primarie per il

benessere sociale e individuale di ogni cittadino attraverso la legislazione e l’attivazione di

specifiche politiche sociali realizzate tramite uffici e agenzie governative, ossia da istituzioni

pubbliche WELFARE MIX Intorno agli anni 80 si passa al welfare mix (Stato più altri attori coinvolti). Welfare mix è una formula con cui designiamo il gioco di relazioni e interdipendenze che corrono

tra gli attori che realizzano le prestazioni, con effetti non statici ma di composizione e sviluppo

dinamico nel tempo

La sociologia studia le relazioni che intercorrono fra i diversi soggetti che compongono la società. Oggi si parla di SOCIETA’ COMPLESSA che è nata con il fenomeno dell’urbanizzazione. Essa è collegata oltre che al progresso anche alla diseguaglianza e alla povertà sociale che portano anche a disordini sociali. EXCURSUS STORICO Le prime politiche sociali sono nate in PRUSSIA nel 1800 grazie al ministro conservatore BISMARK che concede politiche sociali riguardanti PREVIDENZA e LAVORO per mantenere coesione e pace sociale.

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1883 ASSICURAZIONI contro le malattie ( 2/3 sono a carico del lavoratore ed 1/3 a carico dell’impresa).

1884 ASSICURAZIONI contro gli infortuni sul lavoro ( tutte a carico dell’impresa).

1889 ASSICURAZIONI sulla vecchiaia e sull’invalidità ( metà a carico del lavoratore e metà a carico dell’impresa, con integrazione di fondi

pubblici.).

Tali assicurazioni obbligano lavoratore ed imprenditore a versare contributi per

garantire una vita dignitosa ai lavoratori, quando usciranno dal mercato del lavoro.

WELFARE OCCUPAZIONALE Questo tipo di welfare offre le prestazioni solo alla popolazione che lavora (FORZA ATTIVA) per coprire i rischi che causano una eventuale mancanza di lavoro. Il welfare del MODELLO OCCUPAZIONALE copre i bisogni di chi è nel mondo del lavoro. Oggi tale modello sembra vacillare perché in Italia, come in tanti altri paesi, il lavoro è scarso/precario, rendendo altrettanto debole il sistema di assicurazioni ad esso legato.

WELFARE UNIVERSALISTICO. Esso è di matrice anglosassone ed è introdotto da lord BEVERIDGE. Esso assume come soggetti di diritto TUTTI I CITTADINI. ANCHE QUELLI che non sono nel mondo del lavoro. I due modelli, come tutti i modelli analitici, sono IDEALTIPICI ossia non esistono allo stato puro, ma li si ritrova adattati ai singoli paesi in maniera differente fra loro.

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IL CICLO DI UNA POLITICA PUBBLICA ( 5 FASI). PRIMA FASE AGENDA SETTING

• Bisogni, problemi ed interessi (aggregati in domande) • Che sono assunti in programmi di azione • Aventi determinati obiettivi>>>>RILEVANZA

SECONDA FASE IMPLEMENTAZIONE

• Immissione di risorse (inputs)>>>>COERENZA • Che sono combinate ed elaborate (process) • E generano attività e prodotti (outputs)>>>>EFFICIENZA

(con valutazione delle risorse) TERZA FASE ESITI>>>>EFFICACIA • Con conseguenze dirette (outcomes) • Impatti derivati • Conseguenze nel tempo (follow-ups)>>>>APPROPRIATEZZA COMPLESSIVA.

QUARTA FASE VALUTAZIONE QUINTA FASE RIPROGRAMMAZIONE, RIAVVIO *gli elementi in rosso appartengono alla valutazione come analizzato poi a pag. 9

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ESEMPIO DI UN CICLO DI POLITICA SOCIALE: Consideriamo un territorio dove per ipotesi nascono molti bambini. Nella prima fase (SETTING) le mamme (o altri attori) chiedono alle istituzioni più asili nidi o altre strutture per la prima infanzia. Nella seconda fase ossia quella dell’IMPLEMENTAZIONE le autorità con le risorse disponibili (inputs) realizzeranno nuovi asili nido (outputs) che si formeranno come prodotto finale di un coordinamento (process). L’impatto e le conseguenze dirette (outcomes) sul territorio dell’implementazione dei nuovi asili nido potrà eventualmente formare anche nuovi posti di lavoro (maestri, bidelli etc.) nonché permettere alle

mamme di inserirsi nel mercato del lavoro (contribuendo a sostenere il proprio reddito familiare) o

studiare (aumentando la propria formazione e professionalità), senza dimenticare la possibilità per i

bambini di frequentare nuove strutture educative.

WELFARE MIX A settore pubblico

Fornisce prestazioni da P.A. Funziona per autorità

Diritti di cittadinanza come destinatari C 3° settore D Aree informali , famiglie e reti (no profit) sociali primarie (legami e motivi) Cooperazione La relazione non è paritaria Sociale e Volonta- Si basa sulla reciprocità riato) Il carico della cura è sulla “donna” B mercato Prestazioni da imprese, privati anche in concorrenza tra loro clienti/consumatori

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WELFARE MIX Il welfare mix è una combinazione di attori che forniscono le prestazioni ai cittadini con una formula di azioni e interdipendenze che corrono fra gli attori che realizzano le prestazioni. Il welfare mix ha come destinatario il cittadino utente delle prestazioni. Gli attori del welfare mix sono: settore pubblico,terzo settore,mercato e aree informali. SETTORE PUBBLICO sono le pubbliche amministrazioni che danno per autorità delle prestazioni ai cittadini destinatari. TERZO SETTORE (ulteriore distinzione ossia volontariato è definito quarto settore mentre quello della cooperazione sociale è definito del terzo settore). Il terzo settore è NON PROFIT. MERCATO offre prestazioni fornite da privati ( imprese e professionisti) che sono anche in concorrenza tra loro. In questo caso le prestazioni sono fornite a cittadini CONSUMATORI che è il termine meglio adeguato proprio perché non si parla di cittadini utenti. (consumatori perché si sotto intende una capacità di acquisto). AREE INFORMALI quali famiglie che sono reti sociali primarie ma anche vicinato ed amici. Le famiglie sono dette reti sociali primarie perché c’è un legame emotivo di coinvolgimento diretto ossia non ci sono soggetti esterni. A livello di rete informale primaria potrebbe esserci una ASIMMETRIA (gerarchia di rapporto padre-figlio). Da gli studi di genere si evince che spesso nelle famiglie chi si assume il peso della cura è la donna creando un carico di lavoro spalmato solo sulle donne creando quindi una valenza negativa. Per ciascuno degli attori che compongono il welfare mix si può parlare di VANTAGGI e DEFICIT. SETTORE PUBBLICO: VANTAGGI: Esso persegue l’eguaglianza di trattamento fra tutti i cittadini utenti delle prestazioni; Esso produce beni pubblici finalizzati alla coesione e alla sicurezza pubblica.

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SVANTAGGI: Esso non avverte gli stati di bisogno personalizzati o i bisogni più marginalizzati della società civile ( lo Stato non coglie le richieste bottom-up, i bisogni del territorio sono colti dal terzo settore) MERCATO VANTAGGI: Il consumatore può scegliere dei bene e dei servizi (dipende dalla sua capacità economica) SVANTAGGI: Diseguaglianza di capacità di fruizione a causa di acquisto dei cittadini. TERZO SETTORE VANTAGGI: fornisce prestazioni fondate sulla solidarietà e altruismo. C’è una relazione diretta ed emotiva con chi beneficia della prestazione, e’ un rapporto umanizzante e umanizzato (almeno in teoria). SVANTAGGI: può fornire una scarsa qualità gestionale rispetto al settore pubblico (anche se oggi non è più così). Introduce criteri discrezionali nell’erogazione dei servizi e nella relazione dei destinatari e dei servizi (esempio> interruzione di una gravidanza se un’organizzazione è cattolica non è garantita). Se il terzo settore NON è convenzionato con il settore pubblico può essere molto discrezionale. Se il terzo settore E’ convenzionato è invece vincolato con la tutela dei diritti eterogenei di tutti i cittadini. AREE INFORMALI VANTAGGI: Condivisione ,reciprocità in modo personale e diretto. Esse generano beni di relazioni primaria fra persone prossime che hanno valori da condividere. SVANTAGGI: Obbligo di reciprocità che genera effetti perversi. Vincoli che non danno autonomia a chi fornisce e a chi fruisce dei servizi. I destinatari potrebbero vedere limitata la loro libertà di ricorrere ad altri produttori o altre tipologie di servizi. Inoltre le aree informali NON HANNO UNA ORGANIZZAZIONE vera e propria.

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ALTRI TIPI DI WELFARE WELFARE SOCIETARIO dove la responsabilità della produzione delle prestazioni si

sposta dalle istituzioni pubbliche ai soggetti sociali (verso il terzo settore o verso il mercato). Lo Stato ha una dimensione minore. Molti autori parlano di privatizzazione anche se in realtà è meglio parlare di SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE ossia uno spostamento alla società civile di funzioni e compiti di pubblica

utilità, finora prerogativa sovrana delle istituzioni pubbliche. Il principio della sussidiarietà

orizzontale è presente nel titolo V della Costituzione italiana. WELFARE COMMUNITY ossia è un tipo di welfare riferito in modo

particolare alla dimensione territoriale e reticolare, ossia localmente, a delle comunità circoscritte. Quindi allude ad un intreccio di risorse pubbliche/private, formali/informali, che lo rendono possibile.

LE POLITICHE SOCIALI Sono corsi di azione perseguiti dai diversi sistemi politici (in particolare i Governi). Azioni volte a risolvere i problemi e a raggiungere obiettivi di natura sociale, pertinenti in senso lato al benessere (welfare) dei cittadini. Le politiche sociali forniscono protezione sociale ai cittadini rispetto a panieri codificati di rischi e bisogni. Le politiche sociali rispondono a rischi e bisogni diversi. VALUTAZIONE La valutazione è una attività riflessiva che, considerando i diversi elementi del ciclo delle prestazioni, cerca di comprenderne le conseguenze sul disegno che c’è alla base della policy. Nella fase del SETTING abbiamo il concetto di RILEVANZA ossia quanto gli obiettivi sono pertinenti con il problema da affrontare. Nella fase della IMPLEMENTAZIONE abbiamo due concetti: COERENZA intesa come adeguatezza fra risorse immesse (inputs) e obiettivi da raggiungere; EFFICIENZA (riguarda le risorse) ossia quanti e quali prodotti sono stati implementati con le risorse immesse.

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Nella fase degli ESITI abbiamo due concetti: EFFICACIA ( riguarda gli esiti) ossia in che misura gli esiti ottenuti hanno conseguito gli obiettivi assunti; APPROPRIATEZZA COMPLESSIVA ossia come le conseguenze, non solo quelle immediate (outcomes) ma anche quelle a più lungo termine, agiscono in modo positivo sui problemi di partenza. La produzione delle PRESTAZIONI Le prestazioni vengono fornite al cittadino dalle AUTORITA’ PUBBLICHE, dal TERZO SETTORE, dal MERCATO e dalle AREE INFORMALI. I destinatari delle PRESTAZIONI La popolazione destinataria delle prestazioni può essere classificata in base alla propria condizione sociale: 1. ORDINARIA 2. SENSIBILE 3. PROBLEMATICA 4. ALLARMANTE I destinatari delle prestazioni sono i cittadini in generale. Ci sono i cittadini che hanno una condizione sociale ORDINARIA ossia che non hanno problemi particolari; i cittadini che hanno una condizione sociale SENSIBILE ossia facenti parte delle cosiddette fasce deboli ( minori, disabili, anziani: soggetti che non possono accedere al mercato del lavoro). I cittadini che hanno situazioni PROBLEMATICHE ossia coloro che versano in ristrettezze economiche o in povertà, famiglie monoparentali, minori a rischio, anziani e disabili che non sono autosufficienti. Infine abbiamo le situazioni sociali ALLARMANTI come tossicodipendenti, immigrati clandestini,detenuti ed ex-detenuti, ecc. TITOLARITA’ La titolarità è la prerogativa dei cittadini necessaria per ricevere prestazioni . Ci sono normative che definiscono chi ha diritto a ricevere le prestazioni. Se non ci sono incongruenze nel circuito delle prestazioni, La situazione teorica è D=F (D sta per destinatari, F sta per fruitori)

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In realtà è più spesso D diverso F con tre valenze : D>F, D<F,D Ora vediamo nel dettaglio questi concetti: Nella situazione teorica D=F, i destinatari COINCIDONO con i fruitori di quei servizi che la politica sociale norma possano fruire di quei servizi, ossia c’è una congruenza numerica tra destinatari e fruitori. Nella situazione D maggiore degli effettivi fruitori (D>F) ossia ci sono MENO FRUITORI di quelli previsti dalla politica sociale. Le cause del problema possono essere:problemi di comunicazione; barriere d’accesso; barriere culturali. Nella situazione D minore degli effettivi fruitori (D<F) ossia ci sono PIU’ FRUITORI di quelli previsti dalla politica sociale: si parla di FREE RIDERS che utilizzano prestazioni che in realtà NON li riguardano (FRUIZIONE SENZA TITOLARITA’).. Infine, a livello di sistema, quando lo Stato fissa dei principi ma poi di fatto la policy non attua e tutela la polity, si dice che c’è una INCONGRUENZA SISTEMATICA. TITOLARITA’ Ci sono diverse forme/tipi di titolarità:

- UNIVERSALISTICA, - PARTICOLARISTICA, - MIRATA (AD UN TARGET), - SELETTIVA, - DISCRIMINANTE - RESIDUALE.

Nel dettaglio: 1 TIPO) UNIVERSALISMO: prestazioni per tutti, e pari per tutti. Da NON CONFONDERSI con EGUALITARISMO, che invece tende ad avvicinare, a rendere “più eguali” le condizioni di gruppi dotati di risorse diseguali. Infatti nell’egualitarismo abbiamo interventi di compensazione (ossia si rende tutti PIU’ UGUALI al momento DELLA PARTENZA, come ad es. nell’istruzione obbligatoria) o di redistribuzione (ossia si rende tutti PIU’ UGUALI al momento DELL’ARRIVO, introducendo iniziative di compensazione di reddito, cultura, ecc.).

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2 TIPO) TITOLARITA’ PARTICOLARISTICA Si danno prestazioni diverse a soggetti o gruppi diversi in base agli stessi bisogni. Esempio: i pensionati. Il bisogno è lo stesso, cioè avere una rendita vitalizia, ma ci sono

tanti tipi di pensione in base alle caratteristiche di merito dei destinatari (di guerra, invalidi, di

lavoro, ecc.)

3 TIPO ) TITOLARITA’ MIRATA (AD UN TARGET) Esiste una fascia di popolazione (target, gruppo-bersaglio) che può diventare destinataria di politiche mirate (esempio> centro per anziani, sert, ecc. ). 4 TIPO) TITOLARITA’ SELETTIVA (condizioni di accesso, benefici) Titolarità che differenzia i destinatari rispetto alle CONDIZIONI DI ACCESSO, ossia per avere diritto a quelle prestazioni bisogna avere determinati requisiti (grado di invalidità, reddito basso ecc.). La selezione avviene anche rispetto AI BENEFICI (ad es. fornitura di prestazioni gratuita o a pagamento). 5 TIPO) TITOLARITA’ DISCRIMINANTE con le seguenti declinazioni, opposte: 1) NEGATIVA quando favorisce l’esclusione sociale, 2) POSITIVA quando favorisce l’inclusione sociale. Titolarità riferita a un gruppo minoritario sottolineando nella prestazione la sua diversità rispetto a tutti gli altri gruppi (vedi oltre il trattamento del

gruppo minoritario). Ha valenza negativa quando si sottolinea lo STIGMA di quel dato gruppo sociale, spesso con conseguenti politiche repressive, di sanzione sociale. Ha valenza positiva quando pur sottolineando la differenza si fanno politiche di inclusione come politiche per le PARI OPPORTUNITA’, QUOTE ROSA volte a quel determinato gruppo minoritario che non è necessariamente stigmatizzato. Molti studiosi dicono che le quote rosa hanno in effetti una valenza negativa ossia l’eccesso di protezione (quote rose per le donne in Parlamento) significa che a priori, ma a torto, quel dato gruppo è considerato subordinato.

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6 TIPO) TITOLARITA’ RESIDUALE Sono prestazioni ultime, estreme, per quelle persone che si trovano in situazioni difficili e bisognose (oltre il perimetro della povertà e della devianza). Esempio>i senza tetto, i senza fissa dimora. TRATTAMENTI DEL GRUPPO MINORITARIO La rappresentazione/immagine che una società si fa di un gruppo minoritario influisce anche sull’orientamento delle politiche. 1. Quando il gruppo minoritario viene letto in una ottica ALLARMANTE le politiche sociali sono di CONTROLLO e CONTENIMENTO (criminali, clandestini, prostitute, ecc.). 2. Quando il gruppo minoritario viene visto in una ottica di PORTATORI DI BISOGNI QUALIFICATI le politiche sono SELETTIVE e MIRATE. Il bisogno “qualificato” appartiene a coloro che si trovano in una condizione di svantaggio non per colpa, cioè che non appartiene alla loro volontà, come i minori , i disabili e gli anziani, ai quali non si possono richiedere prestazioni lavorative. 3. Quando il gruppo minoritario è composta da soggetti SVANTAGGIATI, DEBOLI (adulti, disoccupati, poveri) si hanno politiche di COMPENSAZIONE, INSERIMENTO e INTEGRAZIONE (esempio> prestazioni date a quei cittadini attivi, come un adulto che ha perso il lavoro per una improvvisa contingenza esterna, quindi NON SI PARLA di un bisogno qualificato, che la società giustifica a priori). Questa categoria di soggetti deboli ha visto un incremento di casi in questi ultimi anni, che si ripercuotono anche sui servizi sociali. 4. Quando in base alla rappresentazione sociale un gruppo minoritario viene definito PENALIZZATO/DISCRIMINATO si hanno politiche di AZIONI POSITIVE, PARI OPPORTUNITA’. Il gruppo discriminato in questo caso non ha bisogni qualificati né comprende soggetti svantaggiati e deboli, cioè non ci sono carenze di base legate alle condizioni di età e/o di salute e/o socioeconomiche. Le politiche muovono per integrare nella

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società quel dato gruppo che è discriminato in base solo alla sua diversità di genere, di etnia, di religione ecc. (es. donne, stranieri). PRESTAZIONI Le prestazioni, che discendono dalle politiche sociali, forniscono benefici ai destinatari. 2 grandi aree di prestazioni: CASH BENEFIT: trasferimenti monetari, tutto ciò che concerne il sostegno al reddito. BENEFIT IN KIND: beni e servizi, tutto ciò che concerne il sostegno alla persona. Queste 2 aree sono soggette a successive declinazioni: CASH BENEFIT : TRASFERIMENTI DIRETTI e TRASFERIMENTI INDIRETTI. I trasferimenti diretti sono A BASE CONTRIBUTIVA ossia sono pensioni per coloro che si sono ritirati dal mondo del lavoro che spettano loro di diritto se hanno versato i contributi necessari (pensioni di infortunio,vecchiaia,invalidità, malattia). I trasferimenti possono essere anche A BASE ASSISTENZIALE per i quali c’è sempre un criterio selettivo per accedervi ossia pensioni per poveri, inabili al lavoro, per handicap, per persone che stentano a trovare il primo impiego, per persone ( specialmente donne) che hanno un carico famigliare notevole e quindi non possono lavorare. CASH BENEFIT > RELAZIONI FUNZIONALI BENEFIT IN CASH > RELAZIONI SOVRAFUNZIONALI, OSSIA DI SIGNIFICATO. Nell’ambito del CASH BENEFIT abbiamo relazioni BUROCRATICHE, IMPERSONALI e AUTORITATIVE ,queste sono relazioni a comando, esprimono un rapporto istituzioni-cittadino autoritativo e freddo. Si parla di relazioni poste esclusivamente a un LIVELLO FUNZIONALE, di

utilità (aiuto, sostegno, inserimento).

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Nell’ambito del BENEFIT IN KIND abbiamo relazioni poste nella dimensione della PRESTAZIONE RELAZIONALE ossia vi è una integrazione tra la fornitura di utilità e l’attivazione di forme di legame sociale e di

comunicazione intersoggettiva. IMPORTANTE: le forme di legame sociale e di comunicazione sono poste in una dimensione di livello di significato, ossia poste a un livello sovra funzionale. Non è detto che siano comunque relazioni simmetriche. I servizi sociali hanno un livello sovra funzionale ossia lavorano nell’ambito della RELAZIONE. Modelli di famiglia/famiglie MALE BREAD WINNER ossia è l’uomo che lavora e sostiene la famiglia, e che ha una serie di benefici proprio perché è inserito nel mondo del lavoro. DUAL EARNER FAMILY ossia è la coppia che lavora e sostiene la famiglia. SCALE DI EQUIVALENZA permettono di comparare situazioni familiari diverse, composte da pochi o molti componenti, rispetto ad una stesso tipo di intervento/servizio. ** vedi tabella allegata pag. 15 bis POVERTA’ E BENESSERE Le grandi trasformazioni legate all’industrializzazione, tra cui

l’urbanizzazione, hanno portato cambiamenti lavoratori che vendono forza lavoro imprenditori che sono proprietari dei mezzi di produzione e acquistano forza lavoro. Le masse si spostarono verso le città causando problemi di ordine pubblico e sicurezza sociale. Vennero introdotte le tasse per i poveri, si aprirono le workhouses (invero case di correzione). A fine 800 Joseph Rowntree introdusse il criterio di misurazione della povertà fissando i livelli minimi di spesa per la sopravvivenza (cibo, vestiario, combustibile, etc.). Ancora oggi definiamo la POVERTÀ di questo tipo come ASSOLUTA (il poter acquisire un paniere di beni necessari per la sopravvivenza).

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Con la fine della seconda Guerra Mondiale si cerca di superare l’idea di povertà intesa solo come miseria e indigenza, si parla anche di uno standard di vita adeguato POVERTÀ RELATIVA (mancanza delle risorse di vita, materiali, sociali e culturali tipiche e ritenute “normali” secondo gli standard accettati dalla comunità di riferimento). E’ “relativa” agli standard della comunità a cui si appartiene. Dalla metà degli anni 70, su sollecitazione dell’UE, si realizzano studi comparativi sulla povertà e si utilizza l’indice di povertà che corrisponde all’inglese International Standard of Poverty Line (ISPL). Come soglia per definire la povertà relativa si assume la spesa procapite per consumi di una popolazione1: si dice povera in senso relativo una famiglia di 2 persone la cui spesa per consumi è uguale o inferiore a questa soglia. Esistono poi, per adattare la soglia a famiglie di numerosità diversa, scale di equivalenza con relativi coefficienti da applicare: Se per la famiglia di 2 persone il coefficiente è 1, Al single si applica il coefficiente 0.6 Alla famiglia di 3 persone il coefficiente corrisponde a 1,33, alla famiglia di 4 persone il coefficiente è pari di 1,66. Le critiche mosse all’ISPL, cioè allo strumento per il calcolo della povertà, riguardano il non tener conto delle peculiarità territoriali (es. riscaldamento : le spese sono maggiori al Nord che al Sud; es. aree metropolitane : i costi per il cibo sono maggiori in città) Fatto riferimento base 100 % per la povertà relativa, se si scende a 70% si ha la povertà assoluta. C’è inoltre un livello di “QUASI POVERTÀ” che è pari a + 20% della povertà relativa 1 Per stabilire la soglia di povertà, in Italia si è scelto di utilizzare la spesa per consumi (ISTAT); in altri paesi si usa il

reddito (EUROSTAT).

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IN UNA SCALA AVREMO: 120% QUASI POVERTA’ “VULNERABILITA’” 100% POVERTA’ RELATIVA 70% POVERTA’ ASSOLUTA POVERTA’ ESTREMA La POVERTA’ ESTREMA riguarda casi estremi, per i quali non esiste una rete di sostegno, come ad es. i clochard, i senzatetto: si parla di disaffiliazione sociale, di totale abbandono, di perdita dei diritti di cittadinanza. Per VULNERABILITA’ si intendono situazioni a rischio, di ristrettezza economica,

anche non grave, in cui basta un evento critico (la perdita di lavoro del capofamiglia, una malattia

grave ed improvvisa, una separazione/divorzio) per farle cadere nella povertà relativa o assoluta, in

una discesa da cui si può precipitare sempre più verso il basso ma anche risalire al ripristinarsi di

miglior condizioni (cfr. concetto di impoverimento).

Tornando ai nostri coefficienti, il riferimento di base è la famiglia composta da 2

persone. Secondo i dati ISTAT del 2004, la soglia della povertà relativa in Italia è di 919.98 Euro,

per cui le famiglie di 2 persone che non superano tale soglia per la spesa consumi mensile sono

classificate come povere.

In Italia la povertà relativa riguarda il 12% delle famiglie, mentre quella assoluta tocca il 4-5% delle

famiglie (tassi abbastanza stabili dalla seconda metà degli anni 90 a oggi; dal 2002 la rilevazione

della povertà assoluta è stato sospesa).

La media europea di povertà è del 15%, secondo i dati EUROSTAT (che si basano sul reddito, non

sulla spesa per consumi). Stanno sotto al 15% i paesi del Nord Europa mentre quelli del Sud

Europa assieme a Gran Bretagna ed Irlanda stanno al di sopra.

Esercizi Poniamo ora una soglia base di spesa consumi di 750 Euro al mese, Se una famiglia di 2 pex ha una capacità di spesa di 700 Euro si definisce “povera in senso relativo”. Se la famiglia di 2 pex ha una capacità di spesa di 800 Euro si definisce “quasi povera” Se la famiglia di 2 pex ha una capacità di spesa di 1500 Euro si definisce “non povera” Se la famiglia di 2 pex ha una capacità di spesa di 500 Euro si definisce “povera in senso assoluto”

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Altro concetto : le privazioni per povertà sono di tipo monetario ma anche sociale. Le scale di equivalenza servono per confrontare situazioni che hanno componenti familiari diversi. Oltre ai parametri economici vi sono altri parametri parliamo ora di PROCESSO DI IMPOVERIMENTO. Questo è l’esito di molteplici esperienze di perdita o crisi non solo economiche ma anche culturali, professionali, sanitarie, familiari da cui si può uscire ma anche rimanervi per sempre fino all’esclusione (materiale e simbolico-esistenziale) dalla vita sociale ordinaria. E’ una visione dinamica che ci dice che nel corso della vita vi sono elementi di crisi che portano alla povertà da cui si può uscire oppure vi può essere un precipitare e si cade in una situazione di “DISAFFEZIONE” (perdita di legami). La disaffezione è sintomo della povertà estrema. Le situazioni di povertà analizzate sinora sono condizioni oggettive di povertà (“essere” poveri). Le condizioni soggettive di povertà (“sentirsi” poveri) vengono misurate con un INDICE PSICOLOGICO DEL COSTO DELLA VITA che si calcola con le risposte alla domanda : di quanto reddito avresti bisogno per coprire le spese di prima necessità correnti? E qui ognuno propone un mix di beni che riguarda materialismo, istruzione, tempo libero, etc. Va considerato che la valutazione soggettiva è valutata dalle persone con una richiesta necessaria superiore a quella oggettiva, cioè pensiamo di avere bisogno di più denaro di quanto realmente ci serva.

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BENESSERE Il concetto di benessere riguarda tutta la popolazione. L’Indice di Sviluppo Umano (ISU/HDI) è la misura per calcolare lo sviluppo del benessere, con cui si può fare la comparazione tra Paesi.

Amartya Sen H.D.I (Human Development Index) che si articola su 3 parametri: - ASPETTATIVA DI VITA - ALFABETIZZAZIONE DEGLI ADULTI - REDISTRIBUZIONE DEL REDDITO Alcune considerazioni nel fare il confronto tra Paesi diversi:

a. L’aspettativa di vita nel paesi del 3° mondo parte dalla nascita mentre nei paesi industrializzati parte dai 60 anni. b. l’alfabetizzazione nei paesi industrializzati fa riferimento agli analfabeti di ritorno (funzionali) che sono coloro che hanno difficoltà sia nel leggere che nello scrivere ad un livello che non sia solo elementare. c. rispetto al reddito, nei paesi industrializzati si considerano i soggetti sotto alla soglia di povertà e disoccupati di lungo periodo. Anche attraverso l’INSICUREZZA, criterio complementare allo sviluppo umano, si possono fare comparazione tra Paesi (quote non solo alimentari e di reddito ma anche di diritti e libertà in campo politico, religioso, culturale). Sen ed i suoi discepoli tra cui Martha Nussbaum trattano inoltre concetti di CAPACITÀ e LIBERTÀ. Ogni persona ha delle capacità che lo rendono diverso da un animale dette funzioni umane (razionalità, etica) queste sono legate alla libertà, in quanto l’uomo deve avere la libertà di esercitare le proprie capacità. Non si deve parlare quindi solo di libertà da…(assenza di vincoli) ma di libertà di …(libertà positiva, come possibilità di perseguire propri fini e piani di

vita).

La semplice assenza di vincoli non è d’altra parte sufficiente per incrementare delle capacità , che non sono possedute o formate in modo adeguato.

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Martha Nussbaum definisce anche una serie di CAPACITÀ : 1- La vita (lunghezza e integrità fisica e psichica) 2- La buona salute 3- La disponibilità del proprio corpo 4- I sensi, l’immaginazione ed il pensiero 5- I sentimenti 6- La ragione pratica 7- L’appartenenza 8- La relazione con le altre specie viventi 9- Il gioco 10- Il controllo del proprio ambiente (politico, sociale, materiale).

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EVOLUZIONE DEGLI STATI SOCIALI IN EUROPA La formula di Richard Rose Indica il processo storico del welfare state

TWS = HW + MW + SW Il welfare societario totale è la somma del welfare prodotto dalle cerchie informali di vita (household), dal mercato (market) e dalla fornitura pubblica (state). Questa formula cambia dopo la seconda Guerra Mondiale e si trasforma in:

SW = WS e quindi Forniture Stato = Forniture Sociali Lo Stato diventa responsabile della protezione sociale dei suoi cittadini.

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Beneficenza Privata non obbligata da leggi (non Volontaria implica né diritti, né doveri) Facoltativa Discrezionali Assistenza Legittimata dallo Stato con leggi: diritto potenziale MODELLO che dipende dai mezzi PATERNALISTICO finanziari Motivazioni etico-sociali e religiose e di controllo sociale. Previdenza Rilevanza pubblica MODELLO E’ legittimata dallo stato. OCCUPAZIONALE Prevede finanziamento obbligatorio Prevede diritti oggettivi Motivazioni di regolazione del mercato del lavoro e tutela del lavoro dipendente. Sicurezza E’ pubblica Sociale Legittimazione statale e MODELLO assicurazioni e diritti sociali ISTITUZIONALE- a tutti i cittadini REDISTRIBUTIVO (la fiscalità finanzia i servizi sociali) DIFFERENZA TRA ASSISTENZA E PREVIDENZA L’assistenza è legata al bisogno, se ne fanno carico i servizi socio-assistenziali; la previdenza è legata al merito e cioè al lavoro svolto, è vincolata alla posizione che il cittadino occupa nel mondo del lavoro.

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I tre modelli : BENEFICENZA ed ASSISTENZA appartengono ad un modello Paternalistico, Autoritario, RESIDUALE. PREVIDENZA appartiene al modello Assicurativo - Occupazionale, Professionale, LEGATO AL CONSEGUIMENTO INDUSTRIALE. SICUREZZA SOCIALE appartiene al modello Interventista – DI CITTADINANZA- di Sicurezza Sociale ISTITUZIONALE - REDISTRIBUTIVO Diritti di CITTADINANZA (T. H. Marshall) = insieme di diritti e doveri conferiti a

coloro che condividono l’appartenenza ad una comunità nazionale e al suo retaggio culturale e

sociale moderno.

Dalla applicazione della cittadinanza ci si aspetta una maggiore mobilità nella scala delle classi

sociali e l’eliminazione delle disuguaglianze “non legittime”, cioè dovute a privilegi e non alle

capacità e meriti individuali. La cittadinanza comprende tre tipi di diritti fondamentali : i diritti

civili, i diritti sociali ed i diritti politici. Ai diritti di cittadinanza Norberto Bobbio ne aggiunge altri 2 : ambiente e manipolazione genetica. Si tratta di un’evoluzione storica di non poco conto : è collegata ai criteri di Sen (ISU) e di capacità e libertà. NASCITA STATI SOCIALI IN EUROPA Lo Stato Sociale che garantisce il benessere in Europa si è implementato in 5 fasi : INSTAURAZIONE CONSOLIDAMENTO ESPANSIONE CRISI RIFORMA

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INSTAURAZIONE (dal 1880 al 1920) E’ il periodo storico in cui decolla lo stato sociale ed è caratterizzato dall’istituzione delle assicurazioni obbligatorie (contro il rischio di perdere il reddito vedi pensioni ed infortuni). CONSOLIDAMENTO (tra le 2 Guerre Mondali dal 1920 al 1945). E’ il periodo in cui si amplia il catalogo dei rischi coperti dalle assicurazioni ma soprattutto si ampliano le fasce di popolazione protette dallo stato sociale. Non è solo protetta la popolazione attiva ma viene tutelato il benessere sociale anche delle fasce INATTIVE ( vengono implementate politiche di copertura del rischio con strumenti come gli assegni familiari che estendono i benefici ai familiari inattivi) ESPANSIONE ( trentennio glorioso dal 1945 al 1975) C’è la massima protezione da parte dello stato sociale che aumenta a dismisura le categorie protette grazie alla grande espansione industriale. Lo stato elargisce grazie al gettito fiscale di entrata anche incautamente. In questo periodo avviene il biforcamento tra il modello universalistico e occupazionale dello stato sociale. Quello universalistico o beveridgeano adottato prima dal Regno Unito e poi dai Paesi Scandinavi. Universalistico perché offre gli schemi assicurativi a tutta la popolazione, grazie al benessere economico di quel periodo. Il sistema universalistico era finanziato dal gettito fiscale e redistribuito dagli schemi assicurativi. Il sistema occupazionale o bismarckiano è rivolto solo alla popolazione attiva nel mercato del lavoro (e ai familiari a carico). CRISI (dal 1975 alla fine degli anni 80). Si passa da un contesto di industrializzazione basato sul paradigma Fordista ( produzione di massa, forza lavoro maschile occupata nelle grandi fabbriche che aveva prodotto benessere in tutta Europa). La crisi petrolifera del 1972 (embargo petrolifero ,si formano i cartelli dei paesi medio-orientali, recessione mondiale , in Italia c’è l’Austerity) fa iniziare un periodo di DEINDUSTRIALIZZAZIONE. Scompaiono le

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grandi imprese . Le conseguenze più evidenti sono lo sviluppo del TERZO SETTORE , la FLESSIBILITÀ dei rapporti di lavoro e il consumo differenziato. Nonostante la crisi, LE ASPETTATIVE DELLA SOCIETÀ non decrescono, perché le persone – ci spiega la psicologia sociale (altra disciplina

vicina alla politica sociale) - sono molto ancorate a quanto socialmente hanno ottenuto. La gente non è propensa ad ascoltare il nuovo che avanza e rimane ancorata ai vecchi standard elevati a cui era stata abituata nel periodo detto del “trentennio glorioso”. Si passa quindi da un paradigma fordista a un paradigma POST-FORDISTA che ha come principale conseguenza L’INVECCHIAMENTO generalizzato della POPOLAZIONE. RIFORMA (a partire dagli anni 90) I governi di tutta Europa devono fronteggiare la crisi con delle politiche di RICALIBRATURA . I due cardini della RICALIBRATURA DELLE POLITICHE (ricalibra tura = processo di cambiamento istituzionale)- così li definisce Ferrera – sono: Attivazione di politiche di controllo e contenimento dei costi e Riforme restrittive delle tradizionali formule di prestazione nella sanità e previdenza. LA TIPOLOGIA DI WELFARE STATE Esping Andersen definisce negli anni 90 tre regimi di welfare: LIBERALE (GB, Irlanda e USA Canada e Australia) SOCIALDEMOCRATICO (Paesi Scandinavi) CONSERVATORE (Europa continentale inclusa l’Italia e Giappone) Andersen collega le politiche sociali a tre attori fondamentali : STATO FAMIGLIA MERCATO Spiega quali sono le interrelazioni fra i tre attori e in base alla composizione del quadro generale definisce quali sono i tre regimi di welfare.

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Negli anni 70 molti dei paesi industrializzati del mondo aderiscono all’OCSE2 - Organizzazione della Cooperazione e dello Sviluppo Economico - che promuove cooperazione tra i paesi membri per lo sviluppo economico. Andersen si pone due domande: In che misura le politiche sociali offrono ai lavoratori risorse ed opportunità per contrastare la loro dipendenza dal mercato del lavoro? Ossia lo stato sociale offre copertura anche a chi non lavora? Questo è il concetto di DEMERCIFICAZIONE ossia indipendenza dal mercato del lavoro. Andersen si chiede nei vari stati che grado di demercificazione esista, e se chi non lavora come e quanto possa sopravvivere in quello stato. La seconda domanda che Andersen si pone è se le politiche sociali di un dato stato garantiscano l’egualitarismo ossia se al di là del reddito e dell’appartenenza di classe vengano tutelati i bisogni sociali e se venga fatto fronte ai rischi dei cittadini. Lo stato sociale dovrebbe eliminare il differenziale di classe e di reddito, questo è il concetto di DESTRATIFICAZIONE ossia lo stato sociale elimina il differenziale di classe e reddito di fronte ai bisogni sociali rispondendo a tutti i cittadini in maniera eguale.

Status = Potere Prestigio

Ricchezza 2 Sono 30 i paesi membri dell’OCSE: Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania,

Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi

Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Spagna, Stati Uniti, Svezia,

Svizzera, Turchia, Ungheria.

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LIBERALE

Europa sociale anglosassone (UK, Irlanda, USA, Canada, Australia)

Socialdemocratico Europa sociale scandinava (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia)

Conservatore Europa sociale continentale (Germania,Austria, Francia,Italia, Olanda e Lussemburgo, Giappone)

Ruolo di (nella fornitura di welfare) Famiglia

Marginale

Marginale

Centrale

Mercato Centrale Marginale Marginale Stato Marginale Centrale Sussidiario Welfare State Welfare della

disuguaglianza Pro working class Pro class media

Destinatari Poveri/bisognosi

Tutti

Le categorie occupazionali dei lavoratori

Luogo prevalente della solidarietà

Mercato Stato Famiglia

Grado di demercificazione

Basso Alto Medio

Grado di destratificazione

Basso ** Alto Medio *

*Nel regime conservatore c’è più che altro una differenziazione tra i generi (uomo/donna)

**Nel regime liberale c’è una maggiore stratificazione economica (povero/ricco) N.B. Demercificazione non vuol dire mercificazione Destratificazione non vuol dire stratificazione DEMERCIFICAZIONE Ruolo FAMIGLIA DESTRATIFICAZIONE MERCATO STATO Alto Centrale Medio Marginale

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Basso Sussidiario 4° REGIME (EUROPA SOCIALE MERIDIONALE) Spagna, Portogallo, Grecia ed Italia. Secondo il pensiero di Ferrera nella fase dell’instaurazione e del consolidamento questi paesi hanno seguito la via bismarckiana ovvero il modello occupazionale ed hanno dato una serie di schemi occupazionali. Ci sono dei fattori che hanno contraddistinto l’Italia rispetto agli altri paesi: - in Italia sono state privilegiate due grandi categorie protette: dipendenti pubblici e dipendenti delle grandi industrie; - economia sommersa che sfugge ai versamenti fiscali (evasione); - famiglia che funziona come ammortizzatore sociale, provvedendo direttamente a rischi e bisogni, tanto che M. Naldini ha definito questo modello mediterraneo come il modello delle solidarietà familiari e parentali. Questo quarto regime rispetto il grado di “demercificazione” è sbilanciato: in Italia la

demercificazione è molto bassa se consideriamo la forte protezione di alcune categorie di lavoratori,

ma altissimo se pensiamo alla famiglia che funge da ammortizzatore sociale. Il grado di

“destratificazione” è basso come nei regimi liberali, però in Italia la dualità non corre tanto tra ceti

abbienti che possono farsi un “welfare privato” e cittadini meno abbienti che rimangono scoperti,

ma la differenziazione corre trasversalmente alla struttura di classe, tra chi è titolare di spettanze

forti (come le due categorie protette dei dipendenti pubblici e dei dipendenti delle grandi industrie),

i cosiddetti insiders, e gli outsiders cioè i titolari di spettanze deboli o del tutto privi di spettanze.

5° REGIME (EUROPA SOCIALE DEGLI EX PAESI COMUNISTI DELL’EUROPA CENTRO-ORIENTALE) Dopo la caduta del muro di Berlino, i paesi ex comunisti entrano a far parte dell’Europa nel 2004, portando con sé problemi e sfide. Esistono 3 modelli di Europa sociale che sono riconoscibili anche con altre definizioni. MODELLO SOCIAL-DEMOCRATICO = PRO WORKING CLASS MODELLO CONSERVATORE = PRO CLASS MEDIO MODELLO LIBERALE = WELFARE DELLA DISEGUAGLIANZA

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MODELLO LIBERALE implementa il Welfare della diseguaglianza. E’ questo un modello di welfare che si è implementato nel corso degli anni 80 a causa della crisi economica che in quegli ha imperversato in tutta Europa. Con l’eccezione dei Paesi Scandinavi che nonostante la crisi hanno mantenuto un modello di welfare universalistico. In Inghilterra (con la Thatcher) e in America (con Reagan) per affrontare l’emergente crisi economica si sono tagliate drasticamente le spese creando così un welfare per i poveri e un welfare per i ricchi, modificando/limitando l’universalismo tipico dei Paesi beveridgeani. Nel MODELLO ANGLOLIBERALE si tende ad incrementare la diseguaglianza fra le classi a discapito delle politiche sociali di uguaglianza. In un mercato economico libero la diseguaglianza stimola l’efficienza ossia chi è ricco può arricchirsi ulteriormente: l’incremento di

ricchezza in alto può ricadere/gocciolare verso i più poveri, che potranno migliorare il loro tenore di vita EFFETTO SGOCCIOLAMENTO (il surplus di ricchezza, alimentato anche dalla riduzione fiscale che va a beneficio delle classi ricche che diventano quindi ancora più ricche, può andare a beneficio indirettamente anche verso le classi meno agiate). Per le posizioni ideologiche “di destra” il povero è considerato un fallito che non fa niente per rimediare alla situazione e la sua povertà è solo colpa sua: le ideologie di destra sono la colonna portante delle ideologie politiche liberali. Ideologie tipiche degli Stati che assumono il modello liberale di welfare che genera però profonde diseguaglianze nel tessuto sociale. Nel MODELLO SOCIALE AMERICANO il sistema di protezione sociale declina i 3 provvedimenti: PREVIDENZA,SANITA’e ASSISTENZA. Vediamo nel dettaglio: PREVIDENZA: esistono le PENSIONI FEDERALI, pubbliche, che funzionano a ripartizione (chi lavora finanzia le pensioni di che è uscito dal mercato del lavoro) e copre il 95% della forza lavoro. Si va in pensione da un minimo di 62 anni ad un massimo di 67 anni. La pensione federale

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CORRISPONDE AD UNA PRESTAZIONE MEDIA DI 860 dollari al mese che è in effetti molto poco, questo valore infatti copre soltanto il 38% del reddito medio degli anziani che sono costretti a lavorare ben oltre i 67 anni per integrare il loro reddito pensionistico. Ci sono oltre alle pensioni federali anche PENSIONI PRIVATE dovute agli imponenti fondi pensioni a capitalizzazione su base aziendale, che sono inoltre accompagnati da consistenti vantaggi fiscali. Solo chi ha un buon reddito potrà però integrare la propria pensione federale con questo tipo di pensione privata. Solo una minima minoranza di pensionati americani potrà stare meglio e potrà permettersi di non lavorare ulteriormente. SANITA’: nel sistema americano il 60% della spesa sanitaria finisce nel circuito privato (assicurazioni e ospedali). Chi è ricco potrà pagarsi delle polizze sanitarie integrative. Negli USA ben QUARANTA milioni di americani (che vivono specialmente nel sud-ovest) sono ESENTI da qualsiasi copertura finanziaria. Il 40% della spesa fluisce nelle prestazioni pubbliche (che sono ben lungi dallo standard europeo) ma è totalmente insufficiente a garantire un servizio sanitario che tuteli tutti gli americani. ASSISTENZA: esiste il cosiddetto modello residuale per i bisognosi che eroga trasferimenti monetari e anche in questo caso ci sono criteri selettivi che certifichino l’effettiva povertà della persona. Un’assistenza che si fa carico solo delle situazioni più gravi (disabili, minori abbandonati ecc.) escludendo quindi milioni di americani che comunque versano in situazioni critiche. MODELLI SOCIALI DELL’UNIONE EUROPEA In Europa tra il 1957 e il 1977 abbiamo il MODELLO DI IMPOSTAZIONE LAVORISTA. In quegli anni (1957-1977) la politica sociale regola le

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condizioni di lavoro in relazione alla parità di trattamenti, retribuzioni, igiene sul posto di lavoro,orari,salute e sicurezza dell’ambiente. Si voleva che in tutta Europa ci fosse un unico modello che facesse in modo che non si implementasse concorrenza fra gli stati membri e che ci fosse libera circolazione di manodopera fra i vari Stati. L’UE tutela la contrattazione collettiva, la formazione professionale, il dialogo sociale fra le varie organizzazioni portatrici di interesse e i Governi nazionali, inoltre l’UE garantiva che i sindacati fossero presenti in tutti gli Stati europei in modo che in ogni nazione ci fossero le stesse condizioni di dialogo e di libertà. Successivamente da metà anni 70 questo primo modello di impostazione lavorista viene integrato con programmi che riguardano specifiche aree con problemi sociali, facendo passare il modello sociale europeo da una matrice lavorista ad una matrice sociale. Un MODELLO SOCIALE che implementa politiche di integrazione per disabili, che tuteli l’accesso femminile al lavoro e all’imprenditorialità, che garantisca programmi per i quartieri degradati ossia che tuteli coesione sociale nelle aree urbane marginali e che faccia una lotta senza quartiere alla povertà. L’UE compila DUE LIBRI . LIBRI VERDI ossia sono libri di riflessione e confronto su temi per affrontare un eventuale iter legislativo ; libro verde inteso come luogo/spazio di confronto fra i vari Stati. LIBRI BIANCHI (ben più importanti) ossia sono documenti che contengono proposte di azione e relativi strumenti per attivarle. L’UE non ha poteri che possono obbligare gli Stati membri a uniformarsi; l’armonizzazione delle politiche dipende dai processi di autoconvergenza volontaria, ossia dipende dalla buona volontà di ogni singolo Stato. L’UE ha poteri più FORTI per quanto riguarda la politica estera, il mercato e la concorrenza, i

flussi migratori, l’ambiente, le reti e infrastrutture, la moneta.

Ogni Stato membro ha completa egemonia su welfare, lavoro, servizi sanitari e sociali, fiscalità.

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WELFARE IN ITALIA Molte sono le definizioni del welfare italiano. Il sistema di welfare italiano, in base alle caratteristiche tipiche dell’Europa mediterranea, è FAMILISTA. La famiglia funge da ammortizzatore sociale ma in questo modo impedisce che lo Stato intervenga in prima persona. Il modello di welfare italiano può anche essere letto in altre due ottiche differenti: a) da un punto di vista Costituzionale e b) da un punto di vista politico. a) Se prendiamo il welfare italiano in base ai principi costituzionali tale modello rispecchia il modello BISMARCKIANO, perché è LAVORISTA (artt. 1, 4 Cost.), OCCUPAZIONALE (art. 38 Cost.) e SOLIDARISTA (art.2 Cost.). La previdenza, infatti, rispecchia i 2/3 della spesa sociale. Meglio sarebbe dire “OCCUPAZIONALE MISTO A TRATTI DI UNIVERSALSMO”, proprio perché il S.S.N. (nato nel 1978) garantisce a tutti i cittadini italiani le prestazioni sanitarie al di là del loro reddito. b) Se prendiamo il modello di welfare italiano da un punto di vista politico il nostro welfare è PARTICOLARISTA e CLIENTELARE (cfr. Ferrera). LA DOPPIA DISTORSIONE DI WELFARE STATE ITALIANO. In Italia si parla di una DOPPIA DISTORSIONE DISTRIBUTIVA e FUNZIONALE rispetto agli altri Stati europei. Sappiamo che le politiche sociali rispondono a rischi e bisogni diversi e che le più importanti sono le politiche pensionistiche, sanitarie, del lavoro e abitative.

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(distorsione (distorsione funzionale) distributiva) vecchiaia e superstiti altri rischi Garantiti ++++ +++ Semigarantiti ++ + Non garantiti + - Ferrera sostiene che in nessun altro Paese europeo c’è una distorsione funzionale o distributiva. Tale distorsione genera delle conseguenze che hanno precise cause. Tale peculiarietà italiana si collega alla logica politica della I Repubblica (1943-1948) che ha fatto del welfare state italiano un NUOVO SISTEMA DI POTERE, consolidandosi intorno ad una vera e propria PARTITOCRAZIA DISTRIBUTIVA che per catturare il consenso ha utilizzato modalità particolaristico e clientelari. STORIA DEL WELFARE ITALIANO. Per seguire la costruzione del welfare italiano procediamo su 2 livelli : un livello politico istituzionale ed un livello politico amministrativo. Livelli che hanno tempi e dimensioni diversi fra loro. LIVELLO POLITICO ISTITUZIONALE. 1861-1919 MONARCHIA SECONDO STATUTO ALBERTINO 1901-1914 ETA’ GIOLITTIANA 1919-1922 CRISI REGIME LIBERALE/AVVENTO FASCISMO 1922-1943 FASCISMO e MONARCHIA 1943-1948 AVVENTO PRIMA REPUBBLICA

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LIVELLO AMMINISTRATIVO 1861-1920 A+L ossia accentramento e laissez-faire ( accentramento = Governo centrale, laissez-faire = non interventismo). La monarchia non mette finanziamenti propri ma lascia che la protezione sociale si basi su fondi privati. C’è un livello governativo centrale molto forte . Con la legge 753/1862 vengono istituzionalizzate le congregazioni di carità, ovvero i comitati locali di beneficenza pubblica, che già operavano sul territorio fornendo

aiuti economici e ospitalità ai poveri. Con la LEGGE CRISPI 6972/1890 (data da ricordare) si riordina il sistema della

beneficienza, secondo il principio di obbligo e controllo per parte pubblica e di autonomia vigilata

verso i soggetti privati (tale sistema durerà fino alla legge 328/2000). La legge Crispi trasforma le congregazioni religiose in istituzioni pubbliche di beneficienza (IPB). La legge Crispi non prevede finanziamenti statali, sono infatti i comuni che devono assistere gli indigenti che hanno il domicilio nel comune di residenza (viene istituzionalizzato il domicilio di soccorso). A inizio

novecento, vengono istituiti a livello provinciale i COMITATI PREFETTIZI di

assistenza e beneficenza e alla provincia passano competenze più ampie per il trattamento di

“disgrazie rare”, ovvero disabili, minori illegittimi, malati mentali. In realtà, la legge Crispi viene fatta per tutelare il decoro e l’ordine pubblico. 1919-1922 Crollo regime liberale e avvento fascismo, 1922-1943 Fascismo e monarchia. 1943.1948 Avvento I Repubblica 1920-1975 A+I (si evolve la situazione anche se lo stato è sempre ACCENTRATORE, però INTERVENTISTA).

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- nel 1925, in periodo fascista, nascono nuove strutture di assistenza pubblica, quali l’ONMI ossia l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, e gli Istituti provinciali per la tutela dei bambini abbandonati. - nel 1926 le IPB diventano IPAB ossia istituzioni pubbliche di ASSISTENZA e beneficenza. - nel 1937 le congregazioni di carità sono sostituite dagli ECA ossia gli enti comunali di assistenza, che continuano ad occuparsi dei poveri. Dal 1975 - ad oggi D+I (inizia il DECENTRAMENTO delle competenze in materia di

politiche sociali, che passano a Regioni ed Enti locali, mentre lo Stato rimane INTERVENTISTA). Infatti negli anni 70 nascono le Regioni. Nel 68 una “rivoluzione” culturale molto forte si ripercuote anche sulle politiche sociali (vedi il sessantotto). Questi avvenimenti sono da ricordare: IL NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA (patria potestà anche alle donne). ISTITUZIONE DEI CONSULTORI FAMILIARI (consapevolezza sessualità). ISTITUZIONE ASILI NIDO E COMUNALI (si riconosce diritto lavoro donne). LEGGE DEL 1983 SU ADOZIONE E AFFIDO (figlio non di proprietà di chi genera). ISTITUZIONE ORGANI COLLEGIALI NELLA SCUOLA. ISTITUZIONE SERT (servizio per le tossicodipendenze) 1975 vengono chiuse le ONMI. 1978 vengono chiuse gli ECA. E assolutamente da ricordare: NEL 1978 NASCE CON LA LEGGE 833 IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE. La quarta formula possibile D+l (decentramento + laissez-faire) non è ancora stata sperimentata.

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