Sismagazine ottobre 2014

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SISM MAGAZINE Non ha valore periodico stampato con il contributo dell'Alma Mater Studiorum, Università di Bologna

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SISMMAGAZINE

Non ha valore periodico stampato con il contributo dell'Alma Mater Studiorum,

Università di Bologna

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L’IFMSA (International Federation of Medical students’ association) è la federazione nazionale delle associazioni di student di medicina a cui il SISM appartiene quale full member.A livello nazionale il SISM è composto da tre cariche elettive che per la sede locale corrispondono a:

INCARICATO LOCALEAMMININISTATORE LOCALE

SEGRETARIO LOCALE

Che regolano e promuovono le attività di 4 grandi aree tematiche

che sono date da:

SCOMECommissione stabile sulla pedagogia medica; corrisponde alla LOME locale

SCOPH Commissione stabile sulla salute pubblica; corrisponde alla LPO locale

SCORPCommissione stabile sui diritti umani e pace; corrisponde alla LORP locale

SCORA Commissione stabile su salute riproduttiva ed AIDS; corrisponde alla LORA locale

-clerkship italiane -ospedale dei pupazzi -clown therapy -peer education

-giornate di sensibilizzazione e prevenzione -conferenze su temi inerenti donazione degli organi,midollo osseo

-Calcutta Village project -Wolisso project

-world AIDS day -giornata internazionale per la donna

A questi 4 comitati permanenti si affiancano i 2 comitati:

SCOPE Professional Exchange

Promuove l’internazionalità e la collaborazione tra studenti attraverso l’espletamento di un tirocinio che si inserisce in un sistema sanitario diverso da quello italiano. A livello locale i Professional Exchange sono gestiti dai LEO (Local Exchange Officer).

SCORE Research Exchange

Area che permette agli studenti di recarsi presso una Università straniera e frequentare un dipartimento che conduce un dato progetto di ricerca. A livello locale i Research Exchange sono gestiti dai LORE (Local Officer on Research Exchange).

COS'È IL SISM

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LETTERA DELLA REDAZIONE

Maggio è sempre stato uno dei miei mesi preferiti, innanzi tutto perché c’è il mio compleanno, in secondo luogo per i profumi, poi per i colori, che sono poi quelli della primavera che già si prepara a diventare estate, una primavera sicura di sé, impavida, molto meno timida di quella di Marzo ad esempio. A scuola poi si accompagnava a quella sensazione che ormai le vacanza fossero alle porte e che quelli sarebbero stati gli ultimi sforzi per strappare un 6 in tutte le materie, mentre ora è l’inizio della fine: la sessione d’esami estiva. Dopo avervi propinato questo svarione vorrei ricordare un evento che ha preceduto di poco questo splendido mese e che si colloca perfettamente in questa cornice: il LABMOND. Purtroppo ho avuto l’onore di partecipare all’organizzazione, ma non quello di partecipare agli eventi, tuttavia ne vorrei trasmettere per quanto è nelle mie modeste possibilità i valori e gli intenti. Sempre più negli ultimi tempi si sente parlare di internazionalizzazione della scuola di medicina, della necessità di avere una visione globale…tutti concetti che per tanti probabilmente navigano nell’iperuranio, come concretizzare tutto questo? Con un cambio di prospettiva nella nostra formazione che vada di più a guardare anche la realtà quotidiana oltre che la teoria che sta dietro alle cose e non fermandoci alla nostra realtà nazionale, ma essendo sempre pronti al confronto con le altre realtà internazionali che sono sempre più concretamente presenti anche in casa nostra, per cui è inutile continuare a tenere il paraocchi e guardare solo la propria aiuola. Imparare a rapportare la medicina alla realtà territoriale perché i determinanti ambientali, il territorio influiscono a più livelli sull’insorgenza e i successivi sviluppo e gestione di ogni patologia. Imparare a conoscere i determinanti di salute e le disuguaglianze presenti a livello mondiale perché in un mondo globalizzato di fatto la scarsa salute in un luogo finisce per arrivare prima o poi anche negli altri. Concentrarsi di più e in modi nuovi sulla relazione medico-paziente che sta diventando sempre più fredda e gerarchica mentre ci sarebbe bisogno di una crescente elasticità per l’aumentare della varietà di pazienti di fronte ai quali ci possiamo trovare e ci dobbiamo saper porre. Introdurre in maniera più seria e sistematica lo studio di lingue straniere nella facoltà di medicina per permettere la comunicazione con pazienti di nazionalità diverse come anche per permettere un confronto internazionale su visioni, metodi e nuove scoperte che sia costante ed efficace. Tutto il mondo attorno a noi è cambiato, evoluto e profondamente diverso a quello che era anche solo 50 anni fa e ciò che sta alla base della società (l’educazione) è rimasto immobile incapace di star dietro al resto, questo crea un gap che dobbiamo trovare il modo di colmare.

“Vivere nel mondo senza avere consapevolezza del suo significato è come vagabondare in una immensa biblioteca senza neppure toccare un libro.” Dan Brown, Il simbolo perduto, 2009 “È perché la moderna istruzione è così poco ispirata da una grande speranza che così raramente ottiene grandi risultati. Il desiderio di preservare il passato piuttosto che la speranza di creare il futuro domina le menti di color che controllano l’insegnamento dei giovani.” Bertrand Russell

La redazione

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ASSOCIAZIONE DEDICATA AD UN ANGELOUna delle prime sere di Ottobre, Bologna.

L’entusiasmo di chi affronta la prima settimana di lezione di un nuovo anno.

Cinque amiche: rivedersi e ritrovarsi.

Saluti, chiacchiere, risate e come al solito tanti buoni propositi, questa volta non solo di studio...

Anita infatti aveva una novità: “Ragazze! Sentite un po’: se vi dicessi che vorrei organizzare un evento di raccolta fondi? Mi prendereste per pazza?”

“...ma dai, cosa vuoi fare? Autofinanziarci la nostra prossima vacanza?!”

“Ma no! Perché non mi prendete mai sul serio?! Vorrei aiutare i finanziamenti per la costruzione di un ospedale in Tanzania dell’Associazione Dedicata ad un Angelo?”

Tutto iniziò così...

L’Associazione Dedicata ad un Angelo nasce nel 2003, come associazione di volontariato e solidarietà. In particolare il fondatore Vanni Cappelletti, dopo la scomparsa del figlio Andrea, cerca nuovi stimoli aiutando chi è meno fortunato e proprio a questo scopo, grazie ad alcuni amici, crea questa associazione. Inizialmente si dedica al sostegno di alcune associazioni locali fra le quali la comunità delle Suore Orsoline all’estero.

Nel frattempo Vanni si dedica ad una prima esperienza di volontariato nel 2001 in Tanzania con la collaborazione dell’associazione Karibuni di Bologna. Qui si rende conto di alcune delle problematiche della popolazione e in particolare delle condizioni in cui si trovano i bambini nei villaggi e negli orfanotrofi che visita, fra i quali quelli di Mgolole, Kondoa, Tosamaganga e Ukwama.

Al termine del suo primo viaggio incontra casualmente in aeroporto, durante l’imbarco per il ritorno a casa, il parroco di un paese dell’entroterra tanziano: Padre Benvenuto.

Nasce da subito fra i due una forte simpatia e un legame che dura tutt’ora, dal quale sono nate importanti iniziative per aiutare il villaggio di Kisawasawa.

Grazie all’aiuto di molti amici e a tutte le manifestazioni organizzate, l’associazione ha contribuito alla realizzazione della scuola materna, della casa delle suore, della chiesa, dell’abilitazione del dottore e del

refettorio e tuttora il team è impegnato nell’aiuto di questa popolazione che vive in condizioni igienico-sanitarie pessime, in abitazioni di fango e paglia, senza luce o acqua.

Vedere tali situazioni ti aiuta a riproporzionare il dolore ed i problemi, riconducendoli ad una scala di valori ben più grande, quella dei valori assoluti, del diritto alla vita.

Cosa siamo riuscite a fare?

Da un’idea un po’ astratta all’inizio.

Mille dubbi e perplessità.

Senza un euro in tasca.

..ma con una gran voglia di fare e di metterci alla prova, abbiamo organizzato una piccola serata per cercare di dare il nostro contributo.

Dove, vi chiederete? Al Cafè De la Paix, in via Collegio di Spagna 5.

Quando? Mercoledì 14 maggio alle ore 19. Costo: 10 euro.

Cosa vi aspetta? Un ricco buffet, musica e una serata un po’ diversa, dove la vostra presenza sarà un piccolo, ma grande contributo.

Un ringraziamento a tutti i nostri rappresentanti, che ci hanno innanzitutto ascoltate e si sono resi disponibili ad aiutarci. Grazie a tutte le loro proposte, direttive e consigli.

Un grazie particolare a Guido per la proposta della location, che ci ha subito affascinate e convinte.

Con questo per ora vi salutiamo e speriamo di vedervi al Cafè De la Paix!

Anita, Annalisa, Giulia, Chiara, Giulia

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LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA

Da massima inesperta d’ arte, ma nonostante questo,sua amante, in particolare della pittura, vi voglio raccontare qualcosa della mostra che Bologna ci offre in questi mesi e che magari alcuni di voi hanno pensato se andare a vedere oppure no: la ragazza con l’orecchino di perla. A livello tecnico vi dico che: il prezzo per gli studenti (non serve necessariamente il badge, ma una qualsiasi tessera che attesti che sei studente) sono 9 euro, siete obbligati a lasciare la borsa in un deposito gratuito (quindi ,onde evitare spiacevoli sorprese, non portatevi un capitale), mentre le giacche le dovete tenere. L’audioguida costa 6 euro e bisogna lasciare un documento, io personalmente ho deciso di prenderla anche perché, essendo sola, mi ha tenuto un po’ compagnia e mi sono potuta sentire nerd al 100%, ma in realtà volendo ci sono anche un sacco di didascalie e descrizioni dettagliate e puntuali alle pareti.

La mostra consta di 6 stanze. La prima è un’ introduzione all’epoca nella stiamo per immergerci: la Golden Age ; in particolare vi sono raffigurazioni del Mauritshuis com’era all’epoca(17° secolo). Questo splendido museo all’Aia ha ospitato “ragazza con l’orecchino di perla” e moltissime altre celebri opere tra cui una, che vediamo raffigurata in un dipinto dell’interno del Mauritshuis stesso, che ci interessa particolarmente da vicino: “lezione di anatomia del dottor Tulp” di Rembrandt.

Nella seconda sala abbiamo i paesaggi. Quest’epoca il cui nome (golden age) fa pensare a rappresentazioni di grande magnificenza in realtà è stato il primo periodo in cui si è cominciato a rappresentare la realtà nuda e cruda, nelle sue realtà anche più semplici e quotidiane, e questo lo vediamo in questa seconda stanza così come nella terza e quarta in cui abbiamo ritratti e nella quinta con le nature morte. Le nature morte sono un’altra grande passione dell’epoca in cui all’inizio è prevalso il realismo con particolare attenzione allo studio della luce, poi piano piano i vari autori per riuscire a farsi notare hanno cominciato ad ingegnarsi e ad arricchire le loro opere di simbolismi sempre più intricati.

Giusto per stuzzicare un po’ di più la vostra curiosità, senza togliere troppo il gusto della sorpresa nel caso in cui decidiate di andare anche voi a vederla, vi darò un assaggio di un paio d’opere.

LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA

“Diana e le ninfe”, una delle prime opere di Vermeer in cui però vediamo già alcuni dei suoi tratti distintivi: il mettere al centro una figura principale attorno a cui ruotano le altre, i giochi di luce. Si pensa anche che Veermer abbia avuto influenze italiane, pur non essendosi mai recato in Italia, forse avendo avuto occasione di vedere alcune opere.

“Ragazza con violino” opera di Gerrit van H o n t h o r s t . L’autore si è f o r t e m e n t e ispirato al C a r a v a g g i o p r e n d e n d o spunto sia per le tematiche (giullari e g o l i a r d i a ) sia per la voluttuosità (il seno coperto dalla mano che però lascia intendere che

sia nudo),sia per il realismo (le mani più sporche che ci fanno intuire il duro lavoro che la donna deve aver fatto nella sua vita) che per i colori( il corpo brillante della giovane sul fondo scuro).

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Attualità

Da ultimo, nella sala sei, abbiamo “Ragazza con turbante” , una delle opere oggi più famose al mondo. Perché quest’opera è così magnetica e affascinante?

Probabilmente ciò che cattura di più l’attenzione è il gesto della ragazza di girarsi indietro come cercando proprio noi. I giochi di luce così fini e delicati come quelli sulla perla. Per chi cercava il gossip purtroppo non c’è molto perché questa ragazza non è realmente esistita, è una figura immaginaria, come testimoniato anche dal turbante che non era un ornamento proprio dell’epoca, ma che i pittori introducevano in alcune opere per dare un tocco di esotismo. Alla morte di Veermer il pittore lasciò la famiglia piena di debiti e anche la ragazza con l’orecchino di perla andò perduta per molti anni venduta probabilmente per pochi soldi. Riemerse dall'anonimato nel 1881 quando fu messo all'asta all'Aia da un certo signor Braams, fu acquistato ad un prezzo risibile (due fiorini più 30 centesimi

di commissione) dal collezionista Arnoldus des Tombe su suggerimento dello storico dell'arte Victor de Stuers. Il quadro nel 1902 fu acquisito dal Mauritshuis dell'Aia in seguito alle volontà testamentarie del des Tombe.

Ho sentito dire da tanti che l’unica cosa interessante della mostra è quest’ ultimo quadro, ma non condivido assolutamente quest’ opinione.Ho apprezzato quasi tutte le opere della mostra che ho trovato ben oraganizzata, leggera ed emozionante quindi la consiglio assolutamente. Una boccata di aria fresca tra un capitolo e l’altro di uno dei nostri tomi.

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Body Worlds

C'ERA UNA VOLTA

L’articolo su Body Worlds (cfr. SISM Magazine di Marzo) è stato, lo riconosco, abbastanza scoppiettante; sarà per il tema al contempo caldo – per le polemiche – e fresco – per la contemporaneità dell’evento –, per il dibattito molto interessante e con molti spunti, o più semplicemente perché ero nella fase maniacale della mia sinusoide bipolare. Al di là dell’entusiasmo, da quel che ho scritto si evince la mia opinione sulla mostra, ma le critiche e le riflessioni che ho mosso vogliono essere imparziali, sebbene la nostra innata permalosità fa coincidere ‘critica’ e ‘giudizio’ in un’unica definizione accusatoria (sbagliato!).

Tutto questo per dire che, al contrario di quell’articolo, questo sarà estremamente pacato, ma più che pacato direi reverente. Reverente, sì, perché qui, a tutti gli effetti, si celebra non solo la medicina, ma anche l’arte e la storia. Cosa sono i Musei delle Cere Anatomiche? Dove si trovano? Cosa mostrano? Andiamo con ordine. Il movente di tutto è, in fondo, lo stesso da cui nasce Body Worlds: l’anatomia si fa sui cadaveri, e i cadaveri, dopo un po’… puzzano.

Nella fattispecie a Bologna, come un po’ nel resto d’Italia, l’anatomia e le scienze in generale si erano adagiate sugli allori dei sofismi, e l’approccio didattico prediligeva lo – leggi: ‘si limitava allo’ – studio teorico piuttosto che l’attività pratica (mmm… dove l’ho già sentita questa storia?). Nel 1700, in pieno vortice illuministico, l’esigenza di sporcarsi di più le mani inizia a prendere forme ufficiali: nel documento indirizzato agli “Illustrissimi Signori dell’Assunteria di Magistrato e di Studio” intitolato “Parallelo fra le Università di Bologna e le Oltremontane”, il conte Luigi Ferdinando Marsigli sosteneva che per lo studio della Medicina dovesse essere avviata una vera e propria revisione sul modo di insegnare l’anatomia, con esercitazioni dirette sul cadavere a beneficio dei futuri medici e chirurghi. L’Istituto delle Scienze, fondato nel 1711 dallo stesso Marsigli come organismo indipendente dall’Università, ad essa parallelo e complementare, accoglieva nel suo palazzo una camera riservata all’anatomia in cui erano conservate preparazioni anatomiche per le dimostrazioni pratiche agli studenti. Dopo vari tentativi di riproduzioni che però non riuscivano a garantire fedeltà, tra i quali dei modelli in gesso fatti da Antonio Valsalva, la scelta del materiale ricade sulla cera d’api (che nella lavorazione vede l’impiego di trementina, acqua ragia, mastice e sego, oltre ai coloranti), principalmente per malleabilità e praticità di utilizzo.

Sebbene la ceroplastica anatomica fosse già nata alla fine del secolo precedente, è a Bologna, nella metà del ‘700, che nasce la ceroplastica anatomica ad esclusive finalità didattiche, ad opera di Ercole Lelli, "direttore di figura" dell’Accademia Clementina di Belle Arti, con sede a Palazzo Poggi. La scelta su di lui non fu messa in discussione dopo che la sua riproduzione di due coppie di reni, una normale e una “a ferro di cavallo” (un’anomalia congenita), ebbe conquistato gli accademici dell’Istituto di Scienze.

Una spinta ulteriore arriva – sorpresa! – da un ecclesiastico, il cardinale Prospero Lambertini, che rimasto ammirato dal lavoro artistico del Lelli lo sprona a realizzare statue miologiche in cera di formato naturale che potessero sostituire i preparati a secco per lo studio dell’anatomia dei muscoli. In prima battuta il progetto non va in porto, per mancanza di soldi, ma una volta che il cardinale fu nominato Papa (Benedetto XIV) la pecunia non tardò ad arrivare; nell’ottobre del 1742 vennero iniziate le otto statue di grandezza naturale, fra cui due nudi, uno di sesso maschile e uno femminile (nominati poi Adamo ed Eva), e sei uomini scorticati che mostrano i diversi strati muscolari fino allo scheletro. Queste sono tuttora visibili nella “Camera della Notomia” presso il Museo di Palazzo Poggi, dove fu istituita nel 1747.

Dopo l’attività di Ercole Lelli, protagonisti di quest’arte furono Anna Morandi e il marito Giovanni Manzolini. Del contributo dei coniugi Morandi-Manzolini si sarebbe arricchita, la “Camera della Notomia”. A differenza della produzione di Lelli, circoscritta alla osteologia e alla miologia, quella dei Manzolini si volse di preferenza allo studio e alla riproduzione degli organi di senso, dell’apparato uro-genitale e del sistema cardio-vascolare, oltre che all’anatomia ostetrica.

Sul finire del Settecento la modellazione di cere anatomiche ebbe un'ulteriore pulsione per opera del professore Carlo Mondini e del ceroplasta Giovan Battista Manfredini. In quell'epoca la raccolta bolognese si arricchiva di alcune importanti opere in cera eseguite dal fiorentino Clemente Susini; fra queste vi fu la famosa Venerina, costruita per Lord Cowper e acquistata dall'Accademia delle Scienze (tenete a mente la Venerina, ci torneremo in chiusura).

Nei primi dell’Ottocento il Professor Alessandro Moreschi, succeduto al Mondini, creò il Museo vero e proprio, relegando il laboratorio di ceroplastica all’Accademia delle Belle Arti e il gabinetto anatomico

I MUSEI DELLE CERE ANATOMICHE A BOLOGNA

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nell’Istituto di Scienze; questo fino al 1907, anno in cui il Museo, nel frattempo arricchitosi delle plastiche di anatomia normale e patologica ad opera di Giuseppe Astorri (guidato da Francesco Mondini, figlio di Carlo) e Cesare Bettini (sotto la guida di Luigi Calori) viene trasferito nella sede attuale del Dipartimento di Anatomia, in via Irnerio 48.

La collezione da allora subisce una serie di spostamenti, come quello della parte di anatomia patologica nei sotterranei del Sant’Orsola per evitare i bombardamenti; per non tirarla troppo per le lunghe, la situazione attuale è la seguente: le 8 statue di Ercole Lelli, la statua della Venerina ed alcuni preparati dei coniugi Manzolini sono attualmente siti nel Museo di Palazzo Poggi, il dipartimento di Anatomia Patologica del Sant’Orsola, per interessamento del prof. Scarani, conserva molti preparati anatomo-patologici altrimenti lasciati ad impolverare nei sotterranei, e nel 2002 nel dipartimento di Anatomia in via Irnerio 48 viene inaugurato il Museo delle Cere Anatomiche Luigi Cattaneo (a titolo del professore che curò la risistemazione dei preparati in cera dopo la II guerra mondiale).

Se da un punto di vista meramente artistico il Museo di Palazzo Poggi è certamente più affascinante, per cornice e per importanze delle opere contenute, dalla prospettiva scientifica il Museo Luigi Cattaneo è strabiliante. Già dal tour virtuale che il sito (www.museocereanatomiche.it) mette a disposizione ci si può rendere conto della varietà dell’esposizione: anatomia normale sia dell’adulto che del bambino, riproduzione singole e in apparati di ossa, muscoli e organi, dissezioni piano per piano dei vari distretti corporei, dall’anatomia topografica agli strati più profondi, preparati neuroanatomici; per non parlare della sezione patologica, a mio avviso la più interessante, sia per precisione nella ricostruzione che per curiosità: di tante anomalie, soprattutto congenite, non ne avevo neanche sentito parlare (una su tutte: il pigopago), e molte malattie ormai per noi hanno un interesse più storico che clinico (si vedano i vari preparati sulla lebbra).

Il Museo Luigi Cattaneo lo trovate quindi in via Irnerio 48, aperto dal lunedì al giovedì 10.00-13.00 e 14.00-18.00, il venerdì 10.00-14.00 e l’ingresso è gratuito.

Il Museo di Palazzo Poggi è invece sito in via Zamboni 33, aperto da martedì a venerdì 10.00 - 16.00, sabato, domenica e festivi: 10.30 - 17.30, e l’ingresso per gli studenti costa solo 1€. Ma per entusiasmarvi ancora di più, vi rimando al sito www.museopalazzopoggi.

unibo.it nella sezione video, per ascoltare le parole che Philippe Daverio spende per descrivere le meraviglie di queste esposizioni, le creazioni della “più straordinaria scuola di ceroplastica in Italia”.

Concludo l’articolo nominando quello che secondo me è, dopo il pigopago ovviamente, il pezzo forte dei due musei: la Venerina, una delle repliche più o meno fedeli del modello originale, la Venere dei Medici, che Clemente Susini (1754-1814) eseguì negli anni 1780-1782 a Firenze. Viene raffigurata una donna stesa supina, in una posizione sofferente, l’ultima disegnatale addosso dalla morte. Il torace e l’addome possono essere aperti, a simulare una dissezione anatomica, e scoprendo il corpo a strati si arriva a scoprire una sorpresa: un feto in utero, non abbastanza grande da poter essere notato ad una ispezione esterna, ad indicare la giovane età della donna e la sua fertilità. Qui il corpo non è più solo strumento per la didattica medica, ma presentandosi così, freddamente dilaniato ma allo stesso tempo sofferente tanto da sembrare muoversi, con la sorpresa del bambino in grembo, ci ricorda ancora una volta la centralità della persona, in una disciplina che sembra sempre più premiare cinici dottor House, arrivisti e statistici.

Vi lascio con una poesia tra le mie preferite, il cui rimando alla Venerina è lampante; si tratta di Lezione di anatomia, di Arrigo Boito, poeta scapigliato dell’800, in perfetta linea cronologica e filologica con quanto raccontatovi finora.

Vincenzo Capriotti

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La sala è lugubre; dal negro tetto discende l'alba, che si riverbera sul freddo letto con luce scialba.

Chi dorme?... Un'etica defunta ieri all'ospedale;

tolta alla requie dei cimiteri, e al funerale:

tolta alla placida nenia del prete, e al dormitorio;

tolta alle gocciole roride e chete

dell'aspersorio.Delitto! e sanguina per piaga immonda il petto a quella!...

Ed era giovane! ed era bionda! ed era bella!

Con quel cadavere (steril connubio! sapienza insana!

tu accresci il numero di qualche dubio, scïenza umana!

Mentre urla il medico la sua lezione: E cita ad hoc:

Vesalio, Ippocrate, Harvey, Bacone, Sprengel e Koch,io penso ai teneri

casi passati su quella testa, ai sogni estatici invan sognati

da quella mesta.

Lezione di Anatomia

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Penso agli eterei della speranza mille universi!

Finzion fuggevole più che una stanza

di quattro versi.Pur quella vergine

senza sudario sperò, nell’ore

più melanconiche come un santuario chiuse il suo cuore,

ed ora il clinico che glielo svelle grida ed esorta:

«ecco le valvole,» «ecco le celle,» «ecco l’aòrta.»

Poi segue: « huic sanguinis circulationi...». Ed io, travolto,

ritorno a leggere le mie visioni

sul bianco volto.Scïenza, vattene co’ tuoi conforti!

Ridammi i mondi del sogno e l’anima!

Sia pace ai morti e ai moribondi.

Perdona o pallida adolescente! Fanciulla pia,

dolce, purissima, fiore languente

di poësia!E mentre suscito nel mio segreto

quei sogni adorni,... in quel cadavere si scopre un feto di trenta giorni.

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IN FORMA PER L’ESTATE – APPROCCIO RAGIONATO ALLA PROVA COSTUME A primavera, insieme ai fiori, il sole, gli uccellini, fa capolino la faccenda della prova costume. Chi più chi meno cerca di risvegliarsi dal letargo e scrollarsi di dosso i chili e gli inestetismi del lungo inverno. Ma secondo quali principi? Con quali metodiche di allenamento e alimentazione? In questo articolo proporrò un programma di allenamento articolato in 4 mesi, cercando sinteticamente di far capire il razionale di determinate scelte.

Premesse e razionale teoricoVorrei subito sfatare il mito del “non voglio mettere su muscoli, voglio solo definirmi”: perché ci si possa definire ci devono essere dei muscoli! Altrimenti è come andare a stringere un vestito che resterà sempre troppo largo. Per ottenere delle belle forme è necessario un lavoro di ipertrofia muscolare attuabile in palestra, ad esempio. La corsa e gli sport di fondo in generale non sono il massimo per il fine estetico. Un esempio? Confrontate i fisici dei maratoneti con quelli dei velocisti come Bolt e traete le vostre conclusioni.Inizio ora a parlare del nostro allenamento. Può essere eseguito in casa (laddove si hanno le attrezzature, oppure adattando gli esercizi ad un kit di manubri-bilancieri – li potete comprare a Decathlon, insieme ad una barra per trazioni, al costo complessivo di 50-60€) ma risulta sicuramente più comodo ed efficace andare in una palestra.La periodizzazione di un allenamento prevede la suddivisione in macrocicli, che comprendono diversi mesocicli, che a loro volta comprendono diversi microcicli (le singole settimane di allenamento). Nell’allenamento che vi propongo abbiamo un macrociclo di 4 mesi, con all’interno 4 mesocicli da un mese l’uno (condizionamento - forza - massa - definizione/esplosività), composti ognuno da 4 microcicli. Andiamo più nel dettaglio.

CONDIZIONAMENTO:

è la fase che prepara il corpo al vero lavoro. Obiettivi: recuperare il tono muscolare; sviluppare la coordinazione neuro-muscolare (controllo fine del movimento in ogni sua fase): senza di questa tutto il successivo allenamento sarà vano e controproducente. Una buona coordinazione neuro-muscolare favorisce l’incremento della forza e delle prestazioni e protegge dagli infortuni dovuti a cattiva esecuzione (soprattutto a livello articolare). Nel contesto di un allenamento annuale il condizionamento serve anche a far riposare il corpo dai precedenti allenamenti. Esecuzione: allenamento a circuito, seguendo una cinetica muscolare che va dalle gambe alle braccia, con assenza di recupero tra un esercizio e l’altro (alleniamo alternatamente i muscoli tra loro antagonisti: il recupero sarà attivo). 3 minuti di recupero tra un circuito e il successivo. Useremo pesi leggeri e un alto numero di ripetizioni (reps) per esercizio, da eseguirsi a velocità

media (2’’ – 2’’: si intende con questa notazione la durata delle due fasi del movimento, dove la prima è la fase concentrica di contrazione del muscolo, la seconda fase, eccentrica, è il ritorno alla posizione di partenza).

AUMENTO FORZA MASSIMALE Obiettivi: ho messo l’allenamento forza subito dopo il condizionamento per due ragioni: 1) abbiamo il fisico bello fresco, pronto per sforzi intensi, 2) se riusciamo ad incrementare la forza massimale (il massimo peso che riusciamo a sollevare in un determinato esercizio) potremo lavorare nei successivi cicli con carichi maggiori. Esecuzione: esecuzione reps a 1’’-2’’. Trattandosi di un allenamento intenso, il recupero tra una serie e l’altra va dal minuto e mezzo ai 3 minuti. Scegliere uno tra i seguenti due metodi: metodo leggero-pesante o di De Lorme (per principianti): ogni esercizio si compone di 3 serie da 10 reps l’una con carico crescente: il primo al 50% del massimale, il secondo al 66%, il terzo al 100% (es. se nella leg-press il vostro massimale è 100 kg farete una prima serie da 10 reps a 50 kg, la seconda a 66 kg, la terza a 100 kg). Se troppo faticoso si può diluire l’esercizio in 4-5 serie, aumentando gradualmente il carico senza arrivare al 100% ma fermandosi ad esempio al 90%. Chiaramente il risultato sarà minore, ma meglio un esercizio fatto bene con carico ridotto piuttosto che uno fatto male a carichi elevati! metodo pesante-leggero o metodo Oxford(per i più esperti): è essenzialmente il contrario del precedente, ovvero abbiamo sempre 3 serie per esercizio, solo che si inizia con una serie da 10 reps con carico massimale, la seconda sempre da 10 reps al 66% del massimale, la terza 10 reps al 50%. Il metodo Oxford è più efficace nell’incrementare la forza massimale e, se protratto, l’ipertrofia muscolare. Come prima: se necessario si può diluire l’esercizio in 4-5 serie, partendo non dal massimale ma da un 90% e scalando fino a 50%. Se si arriva in fondo che si è ancora relativamente freschi possiamo aumentare il numero delle reps o aumentare il carico. MASSA Obiettivo: ipertrofia muscolare. Esecuzione: Una delle tecniche più note e più efficaci è l’High Volume Training: in questo allenamento si usano carichi ridotti rispetto al precedente (sempre inferiori all’80 % del massimale) ma un elevato numero di serie e di reps; le singole reps vanno eseguite lentamente (4’’-4’’) con breve riposo tra le serie (1’-1,30’). Si eseguono più esercizi per lo stesso

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gruppo muscolare in modo da sfinire il muscolo: non preoccupatevi se non riuscite ad arrivare alla fine della serie, l’importante è che lasciate il muscolo senza più forza (per ottenere un risultato ancora maggiore fatevi aiutare da qualcuno nella fase di contrazione delle ultime reps e sfruttate la fase negativa del movimento per stancare il muscolo al massimo). L’ipertrofia si consegue per supercompensazione anabolica delle fibre sfaldate; a ciò contribuiranno l’accumulo di acido lattico (correlato alla secrezione di GH) e l’accumulo di liquidi in sede dato dall’edema (sia per rottura delle miofibrille che per vasodilatazione indotta dall’acido lattico stesso, con la cosiddetta “ipertrofia transitoria”). DEFINIZIONE-ESPLOSIVITÀ Obiettivo: definizione del muscolo, scarico del precedente mesociclo, incremento forza esplosiva. Esecuzione: useremo un programma chiamato Bodyrecomposition Hypertrophic Training. Ogni sessione consta di 6-7 esercizi, 4 serie per esercizio, ripetizioni nel range delle 6/8 per serie. Ogni ripetizione va eseguita in questo modo: la prima fase, quella di contrazione, va eseguita il più velocemente possibile (un’esplosione), rimaniamo 1 secondo fermi nella posizione di arrivo, poi discesa in 2 secondi (0’’-1’’-2’’). La prima serie di ogni esercizio è “di attivazione"; il carico non deve essere troppo elevato da stressare il muscolo, ma nemmeno troppo basso da non portare la quasi totale attivazione delle fibre muscolari (quindi saremo intorno al 60% del massimale). Il livello di intensità di questa prima serie, quindi, sarà nel range delle 12-15 reps. Le successive 3 serie avranno un carico che consenta le 8 reps (quindi intorno all’80-85% del massimale). Il tempo di riposo tra le serie sarà di circa 2 minuti. Ricapitolando, nel primo mesociclo (condizionamento) gettiamo le basi neuro-muscolari per il lavoro successivo; nel secondo (forza) portiamo le nostre prestazioni di base ad un livello maggiore, consentendo di allenarci poi con pesi aumentati per ottenere maggiori risultati; nel terzo (massa) ingrossiamo i muscoli (riempiamo il vestito); nel quarto (definizione-esplosività) asciughiamo il fisico (stringiamo il vestito) e ci riattiviamo dopo l’attuamento dell’ipertrofia. Note generali Riscaldamento, defaticamento e stretching: prima e dopo ogni sessione è fondamentale dedicare almeno 5 minuti al cosiddetto lavoro “cardio”, che può essere svolto con una corsa moderata (5-5.30 minuti di corsa), cyclette o salto della corda, e allo stretching. Il riscaldamento cardio aumenta la frequenza cardiaca elevando la pressione, per garantire sufficiente perfusione durante l’allenamento, la temperatura nonché la ventilazione polmonare. Il defaticamento è sostanzialmente uguale al riscaldamento, e aiuta il recupero muscolare incrementando la perfusione dei muscoli con ossigeno e nutrienti nonché il wash-out di metaboliti di scarto come l’acido lattico. Lo stretching è essenziale sia prima che dopo: prima previene strappi, stiramenti, traumatismi alle articolazioni e

aumenta la performance muscolare favorendo anche l’ipertrofia (actina e miosina vengono allontanate, consentendo una maggior escursione del muscolo e lo sviluppo di maggior forza e stimolando l’ipertrofia compensatoria); dopo favorisce il recupero funzionale del muscolo contratto e lo smaltimento dell’acido lattico. Addominali e lombari: nelle schede non verrà specificato, ma ad ogni sessione andranno eseguiti addominali e lombari. Il mio consiglio è di farli a fine allenamento: i movimenti e le pressioni esercitati in addome favoriranno il ritorno venoso e quindi la perfusione e il wash-out muscolare, consentendo un recupero più rapido. Ad ogni sessione alleneremo quindi il retto addominale (crunch e crunch inversi), obliqui, lombari (iperestensioni + movimento di Arlaud per le scapole) Lavoro aerobico: le schede che trovate a fine articolo sono distribuite in 3 giorni a settimana in modo da lasciare un giorno per un attività aerobica (corsa, ciclismo, nuoto, calcio e chi più ne ha più ne metta). Anche il cuore è un muscolo ed è la principale caldaia brucia-grassi: l’attività aerobica innalza il metabolismo e favorisce il dimagrimento. Inoltre aiuta la regolazione della pressione arteriosa, incrementa la neurogenesi, la memoria e il tono dell’umore, favorisce il wash-out di sostanze di scarto ed è un ottimo anti-stress. Riposo: dormite almeno 7 ore a notte. Ciò è essenziale non solo per recuperare le energie psico-fisiche, ma anche per evitare il sovrallenamento e risulta funzionale all’accrescimento muscolare: di notte i muscoli si “rigenerano” e crescono. Senza un adeguato riposo non potremo ottenere risultati ottimali. Idratazione:consumate almeno 2 litri d’acqua al giorno, e portatevi dietro una bottiglia d’acqua durante l’allenamento. L’acqua è importante non solo per reintegrare i liquidi persi, ma anche per diluire l’azoto nel sangue evitando di sovraccaricare i reni per l’incremento delle proteine nella dieta. Cenni di alimentazione:il mio consiglio è di basarsi sulla dieta a zona, mantenendo in ogni pasto un rapporto costante tra i macronutrienti principali (40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi) consumando 5 pasti al giorno (colazione, snack a metà mattino, pranzo, merenda, cena) più spuntino prima di dormire (un bicchiere di latte). Qualche dritta: tra i carboidrati prediligete quelli poco raffinati (miele, zucchero grezzo di canna e segale integrale) poiché hanno un più basso indice glicemico prevenendo la fame da picco insulinico; tra i grassi prediligete i polinsaturi vegetali (frutta secca, olio d’oliva a crudo) con forte potere antiossidante; per le proteine prediligete le carni bianche, albume d’uovo e soia (limitate la carne rossa a 1-2 volte a settimana: ad eccezione di quella equina contiene molti grassi). Consumate molta frutta e verdura per reintegrare sali minerali e antiossidanti per contrastare lo stress ossidativo dell’allenamento. A questi livelli non

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ritengo necessari gli integratori (rimando all’articolo sull’alimentazione nello scorso numero), tuttavia visto lo stato di stress muscolare consiglio le proteine del siero di latte o le proteine isolate della soia, che si possono acquistare al supermercato (assumere 2-3 volte al giorno, soprattutto durante il II–III mesociclo). Importante: mangiate, con criterio, ma mangiate. State facendo un lavoro che richiede energia, dovete mettere benzina nel motore. Fondamentale: durante il mesociclo massa mangiate più del solito: in quel frangente l’obiettivo è l’ipertrofia, e per costruire la casa avete bisogno di mattoni. Non modificate la solita dieta, basta incrementare le quantità di un 15-20%. Finestra anabolica: è il periodo (tra i 20 e i 120 minuti dopo l’allenamento, fino alle 24 ore successive) in cui il muscolo è più predisposto ad assimilare nutrienti. Per sfruttarla al massimo il consiglio è allenarsi la sera prima di cena e consumare uno spuntino dopo defaticamento, stretching e doccia (quindi 15-20 minuti dall’ultima serie di pesi). Per incrementare l’uptake di nutrienti è utile lo stimolo insulinico; lo spuntino sarà quindi composto da una quota di carboidrati che inducono l’increzione di insulina (es. una banana o una mela) e una quota proteica per restaurare i muscoli (sono molto pratiche le proteine del siero di latte o le proteine isolate della soia di cui sopra, altrimenti si può puntare su un tramezzino con prosciutto cotto o usare le barrette in vendita al supermercato o nei negozi specializzati). Carichi variabili tra microcicli: lavorate il I microciclo (= settimana) al 100% dell’intensità richiesta, il II al 90%, il III al 60%, il IV al 85%. Questo andamento seguirà l’accumularsi fisiologico della fatica e permetterà di ottimizzare il lavoro, nonché di evitare il sovrallenamento. Passiamo ora alle schede. Non ho lo spazio per spiegare ogni esercizio (occorrerebbe un libro intero): fatevi aiutare dagli istruttori della palestra o (con cautela) usate i tutorial che trovate su youtube o sui siti appositi (consiglio my-personaltrainer.it). I tempi di esecuzione e recupero sono riportati nella spiegazione di ogni mesociclo.

Vincenzo Capriotti

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GIVE LIFE BACK TO MUSIC "L'elettronica non è vera musica". Alzi la mano chi ha mai detto/sentito tale frase. Bene, di fronte a questa selva di mani alzate sarà bene ricordare un altro malloppo di luoghi comuni riguardanti la musica:

"Il metal è solo rumore per capelloni"; "Il folk è musica lagnosa per pseudo-hippies"; "Il reggae se lo sentono solo in Jamaica"; "L'hip-hop lo sente solo gente di colore"; "Il punk lo fa solo chi non sa suonare"; "La musica country è solo per bovari americani".

Basta. La lista potrebbe continuare per molte righe, e queste pagine meritano un utilizzo migliore. Il succo della questione è che la musica, signore e signori, è piena di pregiudizi; nulla di nuovo sotto il sole, non c'era bisogno che ve lo dicessi io. Ciò che invece sento il bisogno di dirvi è che questo ha una connessione fortissima con il fatto che la musica sia, tra tutte e sette le Arti, quella che acquisisce un maggior valore nel cementare un gruppo a livello sociale e che nell'ultimo secolo ogni ideologia, ogni movimento si è riconosciuto in un certo tipo di musica (l'hip-hop come voce del ghetto ed il punk come rabbia di una generazione, tanto per citare due classiconi). Stare con gente che ascolta la tua stessa musica contribuisce a rinsaldare la definizione di gruppo, o addirittura a crearla; giorno dopo giorno, migliaia di persone si riuniscono sotto l'egida di una comune passione musicale individuando in essa una condivisione di valori, di stili di vita, di opinioni.

Considerando tutto ciò, quello che è avvenuto con l'entrata in scena del nuovo millennio (più o meno in contemporanea con la dipartita del grunge) è stato qualcosa di epocale. In quel momento tutte le correnti musicali che avevano preparato il terreno nei decenni precedenti sembravano convergere, collidere ed infine esplodere lasciando dietro di sè solo una pioggia di ibridi, sottogeneri e submovimenti, ognuno di questi con un proprio seguito. L'aumento esponenziale del numero microscene ha generato nella comunità degli ascoltatori continue e così forti divisioni che, allo stato attuale, nessuno sa bene che nome dare a ciò che ascolta ma l'unica certezza che tutti hanno riguarda ciò che NON vogliono ascoltare. E così rifioriscono i pregiudizi di inizio articolo, moltiplicati per millemila e ancor netti e precisi nella loro radicata odiosità.

In questo scenario pullulante di haters l'unico modo per arrivare all'armonia e alla pace è, come sempre, aprirsi al diverso. Perché il lato positivo di questo caos degli anni zero è che ha lasciato in eredità fusioni chimeriche

tra ogni genere musicale, donando al mondo meticci in grado di soddisfare le orecchie di chiunque. E qui entriamo in gioco io e te, in quanto ascoltatori.

Una delle più alte forme di amore per un'Arte è quella di dare una chance anche alle espressioni di quell'Arte che pensiamo non ci possano piacere. Tradotto, nel caso della musica: dare un ascolto anche a quei generi il cui solo pensiero ci fa attorcigliare i padiglioni auricolari.

Non ti fossilizzare, ascoltatore! Concedi a te stesso l'opportunità di un cambiamento! Ogni giorno vengono realizzate e rese pubbliche sul web vagonate di creazioni musicali che coprono l'intero spettro dell'immaginabile; non essere così chiuso da ignorare tutto questo! Io lo so che nel corso dei tuoi decenni di vita hai accumulato abbastanza ascolti da sapere quello che ti piace. E' giusto, ognuno ha i propri gusti e questi non sono in discussione. Anche a me piace più la deep house del bluegrass e mi colpisce molto di più lo sludge metal rispetto a, che ne so, la musica dancehall. Ma questa non è una questione di gusti: è in ballo l'essenza dell'esperienza musicale.

Immagina i tuoi gusti musicali come la tua casa. Ci stai bene in casa tua, vero? Certo! C'è un letto comodissimo, un frigorifero pieno, un fornello, un bagno che ti è familiare e non suscita imbarazzi, la connessione internet e un computer. Hai tutte le comodità, nella tua casa. Il fatto è che, per mantenerle, prima o poi dovrai uscire nel mondo esterno e farti un giro; altrimenti prima o poi il frigorifero diventerà e resterà vuoto, e se ne andranno luce, gas e acqua. Dunque, mettere il naso fuori di casa è come minimo un dovere, necessario per i bisogni fondamentali, anche se è una scocciatura fare la spesa e pagare bollette. Poi chissà, può sempre succedere che mentre girovaghi là fuori ti capiti di incontrare qualche persona interessante.

De-metaforizzando: ascoltare musica nuova e diversa non è solo un atto di bontà, è necessario affinché quello che ti piace non diventi vuoto e asfittico. Perché sarà pur vero che de gustibus non disputandum est ma anche melium abundare quam deficere. Quindi farcisci le tue orecchie con ogni tipo di suono! Immergiti nel mare delle pubblicazioni, indipendenti e non, e cerca qualcosa che non abbia ancora stimolato i tuoi sensi!

E qui si potrebbe dire: beh, in questo modo potrei imbattermi in qualcosa di brutto e sprecare il mio tempo ascoltando qualcosa che mi fa schifo per

(cosa c'entrano i Daft Punk, qui si parla di voi)

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GIVE LIFE BACK TO MUSIC davvero. Questo è il prezzo, signori miei. Anche io riconosco che questo atteggiamento mi ha regalato delle delusioni, come cercare di trovare un perché ad album troppo flosci per essere autentici ed ascoltare pezzi avantgarde che risultano artistici quanto una sega allo specchio. Ma, hey, in questo modo apprezzerete molto di più quanto di bello conoscete già! E se poi avrete la fortuna e il buon intuito di trovare qualcosa che, per qualche alchimia segreta e nascosta, inaspettatamente vi piace… avrete rinvigorito la vostra capacità di sorprendervi.

Non permettete all'inerzia di trasformarvi in stereotipi a vostra volta. Volete davvero associare per sempre la definizione di progressive rock solo ai Pink Floyd, la musica reggae solo a Bob Marley, il folk solo a De André, la musica metal solo ai Metallica (più calligrafici di così...)? Perché accontentarsi di vedere il mondo in bianco e nero, quando c'è un'intera tavolozza di colori da scoprire? Invece di essere la copia della copia della copia, la ricerca permette all'ascoltatore curioso di costruire un incastro unico di influenze da riversare sul mondo.

So bene che questo "tu" rivolto ad un indefinito lettore, unitamente al fatto di dare consigli con retorica spicciola, mi fa sembrare un saccente antipatico. Scrivo così solo perché in questo modo mi riesce facile dare ai concetti una punta di epicità. Ma io non sono meglio di voi: ho studiato pianoforte ma non ho mai ascoltato un'opera classica (e a teatro mi addormentavo), di musica africana ed asiatica mastico appena le briciole e se qualcuno domani mi facesse una domanda di qualunque tipo sulla musica pre-ventesimo secolo, piuttosto che rispondere farei figura migliore fuggendo a gambe levate. Proprio per questo mi fa piacere se voi ascoltate tantissima roba, e se poi me la consigliate! Proprio per questo cerco di ascoltare sempre tantissima roba, e di consigliarvi qualcosina tramite queste pagine! Poi ognuno avrà le proprie idee a riguardo e discuterne sarà la parte più vitale.

Ascoltare sempre lo stesso tipo di musica è come fare sesso sempre nella stessa posizione: si rischia di far diventare noioso anche il divertimento. Un vero peccato. Ripenso ancora alla prima volta che ascoltai un disco di Aphex Twin. Mi spaventò tantissimo e lo chiusi in un cassetto. Quando lo tirai fuori, un anno dopo, diventò il mio disco preferito di quella primavera.

Vi auguro sinceramente che vi capiti qualcosa di simile, non una ma cento volte, vi auguro di imbattervi in musica così bella da segnarvi per sempre ed imprimere in voi un sincero amore per la Musica tutta. Doniamo nuova vita alla musica, stretta nella cura dimagrante di pubblicità, video su youtube e download a bassa qualità! Ascoltiamola, suoniamola e parliamone senza imporci limiti; come ricompensa avremo scorte di emozioni sufficienti a farci passare indenni qualunque inverno dello spirito.

P.S. - Per questo mese non ho pubblicato recensioni, bensì qualcosa sul perché le scrivo: un po' perché mi andava di fare una filippica, un po’ perché da qualche tempo sono in fissa con la scena noise giapponese ed immagino che non siate tutti così masochisti. Per chiunque abbia ancora dei dubbi in merito alle influenze dei Daft Punk sul titolo, dico solamente che Random Access Memories lo classifico tra gli album troppo flosci per essere autentici.

Roberto Perissinotto

(cosa c'entrano i Daft Punk, qui si parla di voi)

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MUSICOTERAPIA

LA DIAGNOSI

rutta faccenda, quando un disco così non ti entusiasma.Voglio dire, stiamo parlando di un album incensato ad ogni livello: subito dopo l'uscita fu baciato da un successo di pubblico enorme e vastissimo che gli

garantì il più bell'altarino nella cattedrale a rosoni stroboscopici della musica rave, per poi ricevere la santificazione diretta quando la critica lo riconobbe come punto chiave della scena elettronica degli anni '90. Viene definito spesso "l'album che ha fatto conoscere la musica dance agli amanti del rock" - mica cazzi, insomma. L'onda lunga si sente ancora oggi: qualunque DJ sa che sparare a tutto volume "Smack my bitch up" o "Firestarter" corrisponde a piantare un palo nella pista da ballo e costringere tutti a sbatterci contro. Per quanto riguarda quella faccenda rock meets dance...bè, posso testimoniare che gran parte dei puristi del RUOCK con cui mi capita di parlare, pur sostenendo volentieri che "l'elettronica è merda, non è neanche vera musica perchè non la fanno con strumenti VERI", si affrettano ad aggiungere "bè, i Daft Punk e Prodigy no, loro sono dei grandi". Questo è proprio il disco che ha scolpito lo status dei Prodigy elevandoli una spanna sopra a tutto il resto della scena: questo è il disco con i SINGOLONI, quelli che anche un profano del gruppo inglese riconosce e venera come inossidabili perle.

Io lo sentii per la prima volta in epoca adolescenziale, in piena botta da musica dance. Dopo qualche ascolto, mi sforzai di pensare che l'album avesse soddisfatto le mie aspettative. Tuttavia, sentivo un certo peso nel non apprezzare a pieno qualcosa che quasi tutti, là fuori, continuano a spingere con euforia e/o soppesare con stima. Una specie di guilty pleasure al contrario: è considerato importante da tutti i critici giusti, sarò mica io a non capirlo? Riascoltandolo oggi, vengo a patti

B

THE PRODIGYThe Fat Of The Land

(1997)molto tranquillamente con il fatto che questo disco non è e probabilmente non sarà mai tra i miei preferiti. Tuttavia, voglio comunque provare a mettere per iscritto la ragione per cui The Fat Of The Land non mi convince appieno. Lo farò utilizzando come espediente espressivo una vicenda realmente accaduta nella stretta via su cui si affaccia il consumato appartamento in cui vivo:

Dalla finestra aperta per cercare sollievo al caldo estivo giungono delle urla. A volte capita. Solitamente lascio perdere, ma stavolta si sentono epiteti di rara potenza (Smack my bitch up) che mi attirano alla finestra. I contendenti sono un ragazzo alto e una donna nascosta alla mia visuale; iniziano a scambiarsi alcuni tra gli insulti più fantasiosi che abbiano mai raggiunto le mie orecchie, ma il fatto che li ripetano diverse volte ne fa parzialmente scemare l'effetto (Breathe). Poi, vabbè, il tutto declina a normale diverbio da strada con le solite prevedibilissime offese a parenti e alle qualità sessuali dei contendenti, che vorrebbero esser cattive e invece rendono il tutto semplicemente banale (Diesel power, Serial thrilla). In seguito il ragazzo prende il coraggio di sperimentare nuove tattiche, peccato però che le applichi in maniera decisamente sconsigliabile: cerca di spingere la donna contro una colonna del porticato e lui stesso rovina a terra nel tentativo. Il tutto avviene con una lentezza che riverbera il patetismo inutilmente ridondante della scena (Narayan, Climbatize). Altro scambio di offese, più colorite, poi entrambi i contendenti abbandonano il ring a gran velocità (Fuel my fire).

Insomma, nel complesso, una scena decisamente forte, ma per molti versi sbagliata. Tradotto musicalmente, un disco che alterna potentissime mazzate in faccia a qualche sonoro sbadiglio (anzi, sbadiglio sonoro). Semicitando gli stessi Prodigy: vi si trova tanta energy ma non sempre c'è anche lo heat. Detto questo, la portata storica di questo lavoro è innegabile e possiamo tornare tutti a buttarci contro i muri appena parte "Firestarter".

Roberto Perissinotto

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MUSICOTERAPIA

IL RICETTARIOLOVE THROUGH CANNIBALISM:

METAPODESTROYER (nintendocore)

Questo disco è un concept album su Metapod. La storia è questa: per via di un glitch nel gioco, un esemplare di quello che viene comunemente considerato tra i Pokémon più inutili diventa un condensato di forza apocalittica. Così Metapod esce dalla foresta e gira il mondo per punire duramente tutti coloro che lo avevano sfottuto, mettendo a ferro e fuoco paesaggi e città. Dopo essersi preso le sue vendette, Metapod, creatura ora potentissima che potrebbe dominare il globo con il solo pensiero, decide invece di ritornare nella sua foresta e lì riposare isolato da quel mondo a cui non deve più nulla. Fine. Musicalmente parliamo di una miscela di 8-bit con inserti drum 'n' bass che talvolta sconfina nello psichedelico, talvolta lambisce lidi quasi cybergrind (!). La formula non è completamente riuscita, ma già alle parole "concept album su Metapod" sareste dovuti correre a scaricarlo.

HYI: ABOUT (electro-glitch)

Avete presente quei dischetti che sono geneticamente predisposti all'oblio collettivo ma che allo stesso tempo sono realizzati con tanta passione che è impossibile non affezionarvisi? Altrove li ho definiti "come gli anzianotti che conosci in treno: piccoletti e graziosi, non ti cambiano la vita ma non puoi fare a meno di volergli bene". Ecco, About è uno di quei dischi. Non aggredisce mai l'ascoltatore: ti mette di fronte a un pugno di buone idee, e sembra esserti riconoscente per il solo fatto che tu stia ascoltando. Non ha timore dei contrasti: in "Centaur" si inventa un geniale giro epico dando la paga a qualunque L-Wiz esistente, lasciandolo riecheggiare nel vuoto prima di tramutare il tutto in una inaspettata bomba da dancefloor. Per poi, magari, abbandonarsi a tre minuti di trance costruiti su nient'altro che manipolazioni vocali ("End of ice"). Quando arrivi a "Take care, lady legs" (apice indiscusso) rischi di avere le lacrime agli occhi, tanto è l'amore per la musica profuso in queste tracce.

CHURCH OF MONKEY: LOVE (punk)

Il punk è morto? Mah, più che altro sembra che sia costretto a prostituirsi. In un'epoca in cui anche Paris Hilton è stata apostrofata come "punk", definizione che a dir la verità siamo abituati a vedere attribuita a qualunque cosa contraria al buon gusto, ci sono tuttavia delle teste matte che riescono a rinverdire i fasti di quell'attitudine senza compromessi. Dietro la sigla Church Of Monkey si nasconde il nome di Bili Rubin, pseudonimo di un musicista detito al DIY più sfrenato e straripante, con una sana fede nella bassa fedeltà (amo i giochi di parole). Love è opera di qualcuno che vi sputa in faccia tutto ciò che gli passa per la testa senza curarsi minimamente della vostra reazione, alternando scalcinatissimi pezzi punk a rimuginazioni industriali. Dopo non-sense sguaiati come "Pudding on my penis" e "Taking a shower", e con il fantasma dei Ramones che si aggira in "Talk shit and get hit", il mantra rumoristico in conclusione ha la consistenza del sangue rappreso. E le ferite sono vostre.

Tutti gli album indicati in questa pagina sono scaricabili su Bandcamp con la formula "name your price".

Roberto Perissinotto

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Secondo le Stelle è il momento migliore per iniziare ad andare in palestra in vista dell’estate. Colore portafortuna: synthol.

Se avete un figlio, probabilmente torna tardi la sera, causando malumori in casa. Altrimenti è un ottimo mese per la prevenzione! usate il preservativo!

Gemelli è anche uno dei più forti personaggi della serie “i cavalieri dello zodiaco”. Però è un antagonista, quindi è destinato per forza di cose a durare una stagione sola.

Questo tutti quelli nati nel segno del cancro assumeranno medicinali a scopo ludico/ricreativo, mi raccomando senza abusare.

La pasqua si avvicina, le tradizioni familiari nascondono numerose insidie e avversità che possono celarsi dietro una colomba. per gli atei tutto tranquillo

Nelle stelle è scritto che quando chiedete cosa dice il vostro oroscopo agli amici rideranno, però è una cosa infantile, andiamo. per il resto soldi a palate.

è un mese in cui si rende particolarmente forte il bisogno di legarsi ad una persona. il 18 aprile c’è il decadence per chi la prende sensu strictu.

“visualizzato alle 17.15 del 6 Giugno 1944”, questo è scritto su Venere. Se siete single è un cattivissimo presagio, altrimenti anche.

Questo mese sono usciti due dei 4 prequel a “Ghost in the Shell”. Passerete il resto del mese a chiedere cosa significano, con gravi ripercussioni sul vostro equilibrio mentale.

Il vostro avversario più temibile questo mese è la burocrazia. l’oroscopo di “internazionale” inoltre consiglia di oziare quanto più possibile. mah.

Sicuramente un mese migliore dei precedenti, ma d’altronde siamo già a metà perciò una mezza idea potevate farvela da soli no? colore fortunato blu di prussia.

“Ne abbiamo avute di occasioni, sprecate; non ritornano, non ritornano mai!” oppure forse sì. il 15 aprile è la giornata mondiale dei paradossi temporali.

ARIETE BILANCIA

TORO

GEMELLI

CANCRO

LEONE

VERGINE

SCORPIONE

SAGITTARIO

CAPRICORNO

ACQUARIO

PESCI

OROSCOPO

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GIOCHI

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copertina - Jacopo Visani

vignetta - Marianna Costa

impaginazione - Giulio Vara