Sismagazine novembre 2014

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SISMagazine

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L’IFMSA (International Federation of Medical students’ association) è la federazione nazionale delle associazioni di student di medicina a cui il SISM appartiene quale full member.A livello nazionale il SISM è composto da tre cariche elettive che per la sede locale corrispondono a:

INCARICATO LOCALEAMMININISTATORE LOCALE

SEGRETARIO LOCALE

Che regolano e promuovono le attività di 4 grandi aree tematiche

che sono date da:

SCOMECommissione stabile sulla pedagogia medica; corrisponde alla LOME locale

SCOPH Commissione stabile sulla salute pubblica; corrisponde alla LPO locale

SCORPCommissione stabile sui diritti umani e pace; corrisponde alla LORP locale

SCORA Commissione stabile su salute riproduttiva ed AIDS; corrisponde alla LORA locale

-clerkship italiane -ospedale dei pupazzi -clown therapy -peer education

-giornate di sensibilizzazione e prevenzione -conferenze su temi inerenti donazione degli organi,midollo osseo

-Calcutta Village project -Wolisso project

-world AIDS day -giornata internazionale per la donna

A questi 4 comitati permanenti si affiancano i 2 comitati:

SCOPE Professional Exchange

Promuove l’internazionalità e la collaborazione tra studenti attraverso l’espletamento di un tirocinio che si inserisce in un sistema sanitario diverso da quello italiano. A livello locale i Professional Exchange sono gestiti dai LEO (Local Exchange Officer).

SCORE Research Exchange

Area che permette agli studenti di recarsi presso una Università straniera e frequentare un dipartimento che conduce un dato progetto di ricerca. A livello locale i Research Exchange sono gestiti dai LORE (Local Officer on Research Exchange).

COS'È IL SISM

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LETTERA DELLA REDAZIONEE niente, mentre ero ad una cena in pizzeria con amici, mentre qualcuno rideva, qualcuno si ingozzava di tagliatelle al tartufo, mentre qualcun altro palpava sommessamente il seno alla propria ragazza, mentre i vicini di tavolo sfoderavano una torta pantagruelica ed il ragazzo alla mia destra usava una bottiglia vuota di Coca-Cola per prendere le sembianze di un unicorno, ecco, all'improvviso mi è sovvenuto il pensiero della morte. BAM. Mi è caduto in testa all'improvviso, come una pigna mentre si attraversa spensierati un parco. Mi capita spesso, sapete? E' un repentino affacciarsi sul baratro della mia, anzi nostra, condizione mortale. Si crea una bolla istantanea che mi separa da tutto il resto, i pensieri virano al nero e al silenzio, il petto stretto da una angoscia inconoscibile come il fondo di un abisso. Per qualche secondo sento un dolore quasi fisico all'idea che tutto questo (le risate, il buon cibo, gli amici con cui condividere entrambe le cose) prima o poi diventeranno miserando nulla, vuoto, polvere, passato obliato. E visto che le mie credenze personali non mi riservano un aldilà rassicurante a cui aggrapparmi, finisco sempre per tornare ad una domanda, o meglio, La Domanda: "E allora che cosa significa ogni giorno che vivo, se tutto ciò che faccio prima o poi finirà nel macero del tempo?".

Ma ormai mi sono allenato ad un contrattacco fulmineo ed epicureo: riacciuffo la mente e le impedisco di correre troppo in là nel futuro, la riporto al presente e penso: "Anche se tutto ciò non lasciasse traccia di sé, per me è comunque importante viverlo ora, meglio che posso". Ed ecco che la bolla scoppia, nella testa torna la corrente e si riaccende la luce. Il risultato finale, la maggior parte delle volte, è una bella dose di pepe al culo e non vedo l'ora di tornare attivo per fare della mia vita qualcosa che mi piaccia parecchio. Perché non ci sono discorsi che tengano, ragazzi: se il nostro tempo è limitato, lo è anche il numero delle cose che possiamo fare. Va da sé che ogni scelta ne esclude moltissime altre (da qualche parte ognuno di noi nasconde i libro segreti del "se fossi stato" e del "se avessi fatto", che solo con la nostra immaginazione possiamo sfogliare), perciò noi poveri e splendidi esseri umani dovremmo almeno riuscire a far sì che ciò che scegliamo ci piaccia e che ci dia accesso al numero maggiore di scariche endorfiniche a cui spesso viene ridotta la felicità. O che le provochi in chi ci sta a cuore.

Poco prima che cominciasse l'estate, ho accettato di diventare il nuovo redattore del SISMagazine. So bene quali opzioni ho dovuto buttare giù dalla torre per poter abbracciare questa nel migliore dei modi. Eccone alcune tra quelle scartate: studiare in pari con le lezioni, un corso di lingua straniera, almeno un pomeriggio di sesso, portare una squadra di sesta divisione in Champions League su Football Manager, accollarmi un blog, leggere tutti i giorni tutto quello che succede in tutte le parti del mondo, cucinare dolci e poi ancora altre, nascoste in quei misteriosi libro. Ho deciso con me stesso che il modo migliore per esorcizzarle è mettere il massimo dell'impegno affinché questa fragile raccolta di 20 pagine che tenete in mano ora sia in grado di regalare una buona quantità di lievi scariche endorfiniche a chi quelle pagine le scorrerà con gli occhi. La mia parte l'ho già avuta quando ho visto questo numero stampato di fresco, ma non mi basta e non deve bastarmi.

I messaggi alla fine di questa breve corsa di associazioni sono due. Primo, ringrazio tutte le persone che lo scorso anno mi hanno coinvolto nel SISMagazine, per averla resa un'esperienza abbastanza piacevole da indurmi a portarla da semplice hobby ad incarico di responsabilità (modo ufficiale e noioso per dire che ci tengo, ecco). Il secondo messaggio è scontato e spero bene che sia ormai inutile, ma continuo a dirlo a tutti da anni come un vecchio trombone e non posso esimermi ora : fate in modo di amare ogni secondo della vostra vita. Anche cambiandole verso, se serve. Da piccolo avevo letto questa frase: la cosa più importante è che la cosa più importante resti sempre la cosa più importante. Ha i crismi del paradosso, ma sono sicuro che ognuno di voi sa già che significato attribuirle.

La redazione

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UN PRINCIPE SISMICOAlberto Principe, come leggerete di seguito, è uno dei fondatori del SISM. Ci è venuto a trovare in sede durante un ancora tiepido pomeriggio ottobrino, e noi lo abbiamo accolto con informale rispetto (ché il rispetto formale è semplice galateo) misto a doverosa curiosità per sapere le origini in cui affonda le radici l’associazione a cui dedichiamo i nostri sforzi (non richiesti ma, tuttavia, necessari). Ne è uscita una lunga conversazione, di cui lui è stato ovviamente protagonista ed istrionico bersaglio delle nostre domande; mi incarico di riportarla qui sotto forma di intervista (per il puntiglio dell’esercizio di stile giornalistico e per fare ordine nella testa del lettore) perché, oltre che importante figura SISMica, Principe è soprattutto un medico impegnato e macinatore di esperienze da cui sicuramente noi (che ancora giaciamo nel limbo degli “aspiranti”) possiamo imparare qualcosa.

Ci riscaldiamo le corde vocali conversando amabilmente su riferimenti alle affiliazioni di Bolondi con l’Opus Dei (verità o ironia?) e su una storia di ladri colti che dopo essersi introdotti in casa sua hanno rubato, tra le varie cose, anche una ventina di libri di Medicina e Chirurgia (evidentemente non tutti sono dell’idea che con la cultura non si mangia). Si inizia.

Subito una domanda-bomba: chi sarà eletto rettore? Potrà diventarlo Bolondi?

Come nel caso di elezioni di altro tipo, le prime proposte che si faranno sono quelle da bruciare, mentre a contare sono quelle degli ultimi giorni, perché seguono a trattative. Bolondi non potrà mai diventare rettore: non perché troppo anziano, ma perché ormai è troppo fuori dai giochi. In ogni caso, chiunque sarà eletto non conterà granché, visto che ormai la facoltà di Medicina è in balia dell’azienda Regione. Quando sono entrato era quasi tutto dell’università, solo alcuni istituti erano dell’ospedale, poi pian piano l’azienda si è allargata...del resto la fonte economica è la regione, e chi paga comanda, ha voce grossa in capitolo. Poi il rettore, pian piano, non essendo medico, si è adeguato...per me Dionigi è un imbecille. L’ultimo che ha fatto gli interessi della facoltà è stato Fabio Roversi Monaco. Voleva essere lui a comandare a Medicina anche se era il rettore e non il preside di facoltà. Noi lo abbiamo combattuto e ci siamo opposti, ma abbiamo capito con notevole ritardo il perché delle sue intenzioni. Lui sicuramente voleva controllare Medicina in maniera importante perché era ambizioso, ma anche per contrastare la Regione. Era l’unico che poteva cambiare le cose...ma all’epoca io stavo con il preside di facoltà

Grillo (N.d.R. = no, non c’entrano genovesi a Cinque Stelle) e alla fine siamo stati sconfitti.

Che ne pensa del fatto che proprio nell’università a volte l’apprendimento venga trascurato? Che ci siano meno strutture, meno aule e che studenti di Medicina debbano andare a fare lezione nelle aule di Matematica?

Io sono entrato qui nell’anno accademico ‘64/’65 ed eravamo 552 totali al primo anno. Me lo ricordo bene perché c’erano 52 donne (tra cui molte straniere, soprattutto greche o americane). C’erano anche pochi arabi, siriani, israeliani. Successivamente, quando ero già specializzando in Chirurgia, ci fu un anno in cui se ne iscrissero più di 3000...non ho mai capito dove li mettessero. Già nelle aule non entravamo in 552! Si stava in piedi nell’aula di Istologia. Il bello erano le lezioni di Biologia, perchè potevamo dormire...

E nel nuovo padiglione in costruzione non ci sono aule.

Questa nuova zona è bellissima da vedere da fuori, ma mi ha dato ai nervi la questione che all’interno non ci sono spazi nemmeno per degli ambulatori. C’è spazio per cardiologia, cardiochirugia, toracovascolare e trapianti. Gli ambulatori resteranno dov’erano.

All’incontro dell’anno scorso con l’azienda (ma in realtà c’era solo la segretaria) ci veniva detto che in realtà l’università ha importante voce in capitolo nelle decisioni ospedaliere...come se l’Unibo fosse la grande forza che dà ordine a tutto. Ci hanno anche tirato fuori un decreto regio mai aggiornato che stabiliva quali sono gli spazi universitari nel Sant’Orsola...

Per forza dall’azienda ti dicono così. Tu cosa diresti? Se ti ritrovi prono, dici che ti stanno violentando? No, dici che stai pregando! (sic) In ogni caso l’ultima normativa risale agli anni ‘20, e dice che l’università può domandare all’ospedale gli spazi di cui ha bisogno. Dice anche che l’ospedale glieli deve concedere, ma poi al Sant’Orsola si trovano tutte le scuse possibili per rimandare e non concedere nulla comunque. Ripeto: chi paga comanda. E visto che la maggior parte degli stipendi del personale universitario proviene dalla regione...

Domanda tecnica: perché il SISM è un segretariato?

Bella domanda. Il problema nasce negli anni ‘65/’66, quando cioè è nato il Movimento Studentesco...voi non eravate ancora nemmeno nello spermatozoo! Io ero alla fine del 2° anno, e il Movimento nacque più o meno al 3° anno. Era un movimento di protesta verso la politica, nel nostro caso verso la politica sanitaria

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e dell’istruzione, ad esempio contro i vecchissimi programmi di medicina e contro la sanità che non era all’altezza. Sotto l’azione di questo movimento ci furono parecchi scontri con la polizia, ce n’è ancora traccia con la vicenda di Francesco Lorusso in via Mascarella; i proiettili sparati contro di lui sono tuttora conservati in una teca. In Piazza VIII Agosto abbiamo fatto scontri pazzeschi, ci venivano a prendere su di peso e con gli idranti, anche in via Zamboni...facevamo molti sit-in e occupazioni. Mi ricordo che all’epoca partecipai con molto gaudio all’occupazione di Anatomia: siamo stati dentro 3 giorni, ci nutriva con pasti caldi la CAMST ...un’ orgia che non vi dico!

Ma differentemente dall’azione di protesta pura e semplice per cui il giorno dopo ognuno se ne andava a casa propria, noi ci organizzammo sistematicamente con dei settori, tra cui il settore esteri a cui fu nominato Giovanni Casa, che attualmente fa il ginecologo. C’era anche Massimo Masi, pediatra, che è andato in pensione pochi anni fa. E dato che io, giovine virgulto come voi, conoscevo sia il greco che il francese, fui assegnato alla sezione esteri. Il resto riguardava la politica, gli incontri con il rettore che all’epoca era Rizzoli; era il capo di Istologia, quindi veniva da ambiente medico e ci aiutava. Il nostro primo locale fu in Via Zamboni 25 e ci fu data anche una segretaria dell’università, oltre a linee telefoniche e fotocopiatrici...era un ufficio perfetto. Sul nostro esempio sono arrivate poi le altre università e si sono unite a noi, quindi è stata l’università di Bologna che ha creato la sezione esteri del SISM, che all’epoca si chiamava appunto Segretariato Italiano Studenti di Medicina ma che nasceva dallo zoccolo del Movimento Studentesco. Tra l’altro, qui lo dico e qui lo nego,alcuni di noi (che io non conoscevo), facevano parte delle Brigate Rosse...poi sono scomparsi. Il primo segretario nazionale del SISM è stato proprio Giovanni casa, dopo di lui c’ero io e quindi sono diventato l’incaricato locale di Bologna.

Su quali numeri si aggiravano gli scambi? Erano prefissati o variavano in base alle richieste? E l’istituzione universitaria come vedeva questo gruppo di studenti che si adoperava per gli scambi?

All’epoca erano una ventina a Bologna, ma il numero non era fisso perché lo scambio doveva essere bilaterale. Gli scambi inizialmente erano solo estivi. Anche se non venivano riconosciuti a livello curricolare, erano visti benissimo: ripeto che avevamo l’appoggio del rettore, quindi ogni volta che volevamo chiedere qualcosa andavamo direttamente da Rizzoli (io tra l’altro sono stato un suo interno, quindi non era difficile farsi ricevere da lui).

Cosa ne pensa della considerazione che questa iniziativa aveva allora e che ha acquisito nel tempo?

Mah, all'epoca era vista benissimo e anche dopo, tant'è che è cresciuta come numeri. Io mi ricordo che nell'ultimo anno che feci da segretario (il mio 6° anno) avevo ancora 11 esami da fare tra una cosa e l'altra,perché inoltre mi piaceva anche fare il Goliardo...

facevo parte della Balla delle Tre Palle, essendo calabrese di Cosenza (N.d.R. = Per chi si fosse chiesto chi possano mai essere quei gruppetti di persone dagli abiti eccentrici che tendenzialmente fanno un gran casino e che spesso capita di incontrare nelle vie di Bologna durante la tarda sera, ebbene costoro sono i Goliardi. La Goliardia è una, uhm,"associazione universitaria informale", meglio definibile come una simpatica setta basata sull'ironia, sulla trasgressione, sullo spirito di fratellanza e sull'avventura. Divisa in ordini e diffusa in moltissime città italiane, Bologna è stata tra le prime a darne i natali e oggi è tra le più attive in questo campo: .(gli ordini bolognesi sono ben 13). 13

Dunque,avendo 11 esami da fare all'ultimo anno ho smesso e ceduto il posto di segretario a Franco Fersini, che all'epoca era gastroenterologo. Mi sono messo a studiare e mi sono laureato a febbraio, ma a luglio mi telefona Fersini e mi dice di andare ad accogliere una ragazza finlandese e una polacca, che sarebbero arrivate rispettivamente il 17 e il 18 luglio (che tra l'altro è il giorno del mio compleanno). Io dovevo preparare un super esame ma riuscii a fare tutto.Il 17 luglio arrivò la finlandese (bruttina, a quanto pare), la ricevetti in stazione, le diedi il pocket money. Il giornodopo arriva la polacca, bellissima (buon compleanno)...

ma non ci siamo incontrati in stazione, e quella polaccaè poi diventata mia moglie. mia moglie

Perché in seguito il SISM si è distaccato dal movimento più prettamente politico e non ha mai avutorappresentanza studentesca all'interno dell'università?

Perché aveva poco a che fare con la politica, a questo punto. Noi partecipavamo a proteste e andavamo ad incontri con politici (all'epoca Ministro dell'Istruzione era proprio un democristiano bolognese morto di recente di cui non ricordo il nome), insomma facevamo la normale vita insieme agli altri del Movimento Studentesco di Medicina; ma noi lavoravamo nel campo esteri della facoltà di Medicina, che era tutt'altra

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cosa. Noi eravamo dentro l'istituzione universitaria, non fuori...come vi ho detto, avevamo anche ufficio e segretaria! Non c'è stata rappresentanza perché questa possibilità è stata in qualche modo negata dai miei successori nel corso di riunioni in cui si è scelto di mantenere questa linea. C'erano già i due gruppi di Prometeo e Student Office e nemmeno loro volevano che il SISM si buttasse nella rappresentanza. Ci fu una specie di accordo sotterraneo tra Prometeo e SISM (grazie anche a mio figlio, che è stato uno dei fondatori de "I Fiori Del Maalox": alcuni dei disegni in copertina li ha fatti lui).i

Mi è capitato di guardare alcuni programmi di - informazione del 1966 redatti dalla facoltà di Medicina di Firenze e vi ho ravvisato problematiche che vedo ancora oggi nel sistema universitario: la formazione pratica, le modalità di lezione da parte di alcuni docenti e soprattutto i ruolo degli studenti all'interno.dell'università, che perlopiù è passivo e marginale.le

Qualche anno prima delle mie dimissioni fui incaricato dal preside di facoltà di allora di ricevere una delegazione di colleghi indonesiani. Con Giovanni Mazzotti, che all'epoca era il presidente del consiglio di laurea, li ricevetti insieme alla segretaria del preside. Ci tenevamo a fare bella figura. Loro ci domandavano molte cose sul funzionamento dell'università, noi dicevamo che gli studenti iniziavano a frequentare i reparti dal secondo semestre del 3° anno. La domanda che ci mise in imbarazzo fu: "A quanto ammonta il loro compenso?". Ci guardammo in faccia cercando un modo per dire che gli studenti non venivano pagati, .bensì erano loro a pagare. pagare Molti problemi sono rimasti senza dubbio irrisolti e secondo me c'è una legge molto sbagliata in Italia: questa stabilisce che in un qualsiasi reparto il responsabile principale è il capo. Mettiamo che io faccia un errore: chi ci rimette principalmente è lui, e anche se io che ho fatto la mascalzonata ne rispondo personalmente, lui paga più di me. Questo ha portato a non far toccare i malati agli studenti di medicina e a fare problemi se gli studenti seguivano le visite. Quando arrivavano gli studenti del 3° anno io li facevo venire in visita e dicevo: ragazzi, mi raccomando, non fate le belle statuine, mettetevi il più possibile vicino al malato, casomai lo toccate dopo di me. Le visite andavano dalle 8 alle 12: alle 9.30 le visite erano finite ed avevamo più di due ore da passare insieme, quindi individuavamo i malati

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La sanità in Italia la comanda un’imprenditrice romana che prima era con Berlusconi e ora è con Alfano. Sarà anche una brava donna, ma cosa capisce questa di medicina con in mano un diploma del liceo classico? E’ il ministro della sanità pubblica, mica dell’istruzione! Chi ha gestito gli esami dei test-truffa? Lei! Dov’era il ministro dell’istruzione? E’ sempre con lei che si protesta. In questo ha ragione Renzi, se non cambia il sistema l’Italia rimarrà sempre un terzo mondo in questo ambito. Chi ne risponde? Chi è il promotore e il controllore dell’istruzione dei giovani? Chi?

Da noi hanno è stato riformato il percorso di studi e ora i tirocini possiamo sceglierli tutti noi, senza obbligatorietà seppur con qualche limitazione rimanente. Ma anche se il periodo del tirocinio si allunga e c’è meno affollamento...quando ti ritrovi davanti qualcuno che non vuol spiegare, puoi solo star lì ad assistere e basta.

Io vengo da un mondo che era peggiore del vostro. Mancava il denaro, gli stipendi erano bassi e questo ospedale era un tale sfacelo... quello che ho imparato, l’ho imparato per conto mio. Purtroppo dovete svegliarvi voi, rimboccarvi le maniche e impegnarvi. Non fate le bambolette in visita! Chiedete, datevi da fare, impegnatevi, cercate un interesse dove volete voi, ma andate e frequentate il campo che vi piace anche se non siete di tirocinio. Chiedete il permesso e andate, perché non ci sarà mai nessuno che vi guiderà.

E secondo lei questo è comunque formativo? Bisogna sottostare? Non può cambiare nulla?

Finchè il sistema è questo, sì. Un modo per cambiare c’è, ed è andare all’estero.

Quindi la risposta non può essere qui?

Ma allora mi chiedi di salvare il mondo! Tu hai ragione, ma non è così semplice purtroppo. Io per esempio, volendomi sganciare da questo ordine di cose, sono andato a Chicago da un chirurgo tedesco e poi in Giappone, ma ancor prima di questi due posti sono andato per due mesi a Parigi, in cui sono tornato dopo un anno per un altro mese e mezzo. Ho lavorato con Henri Bismuth, caposcuola della chirurgia epatica. Ho conosciuto dei chirurgi francesi, di cui alcuni eccezionali. Poi ho continuato a viaggiare e ad osservare: per gli interventi difficilissimi sulle vie biliari sono dovuto andare in Giappone.

Perché è sempre tornato?

Perché là sei sempre un’ ospite. Poi a Parigi è stato

semplice abituarsi, mentre a Nagoya oltre alle fabbriche di montaggio della Toyota non c’è altro...in Giappone si faceva una prima riunione casistica alle 7, poi fino alle 8 si parlava in inglese con i giapponesi che tartagliavano e dalle 8 alle 9 poi si faceva casistica in giapponese; qui non capivo nulla ma un giapponese traduceva per me, dopodiché si andava in sala operatoria. Questo avveniva tutti i giorni, ma il martedì c’erano i casi difficilissimi e quelle operazioni spesso e volentieri finivano il mercoledì. Durante i tempi morti si discuteva sempre di casistica, si stava anche mezz’ora davanti ad una lastra, a discutere di millimetri. Inoltre il chirurgo prima di operare (con il caso discusso e ridiscusso più volte) doveva fare un disegno di quella che era la situazione pre-operatoria e di come doveva finire l’intervento. Chi non sapeva disegnare poteva ricalcare sulla lastra. Quando finiva l’intervento, spesso e volentieri alle 2-3 di notte, il chirurgo veniva fuori e ci faceva il disegno di come era venuto l’intervento, spiegandoci eventualmente perché non era andato come previsto. Capite che c’è una differenza enorme rispetto all’Italia.

In questi ambienti io ho imparato molte cose e sono cresciuto, ho iniziato a fare interventi sulle vie biliari e sul fegato. Visto che avete diritto ad un anno all’estero, approfittate! Se il vostro direttore di specialità vi manda, andateci. Scegliete uno dei migliori centri e andate, poi se vi trovate bene restateci! Mio figlio è rimasto a Barcellona, sta già facendo carriera: il 22 maggio ha finito la specialità e il 23 gli hanno firmato il contratto. La Spagna è in crisi come noi, ma è tutta una questione di sistema. Io ho girato praticamente tutto il mondo con i congressi e li ho anche organizzati: nel ‘96 ho organizzato qui a Bologna il congresso mondiale di chirurgia epato-pancreatico-biliare qui a Bologna. Non ho mai fatto congressi del SISM, ma questi mi sono stati molto più utili...

Quando ha deciso che voleva fare quella che poi è diventata la sua specialità? Attenzione a non dare risposte troppo scoraggianti...

E’ una bella domanda, tuttavia fondamentale. Io fino all’ultimo non ho deciso. Quando facevo il 4° anno ho frequentato per due mesi Clinica Medica, che era estenuante perché le visite andavano dalle 8 alle 14 e si discuteva per delle mezz’ore sui valori del potassio! Capitava anche che ci fossero pazienti per cui dopo due mesi si sceglieva di chiamare il chirurgo, il quale diceva quasi sempre che bisognava aprire o che anzi era già tardi. Lo si chiamava come extrema ratio, quando spesso non c’era più nulla da fare. E io pensavo: ma

più emblematici e di solito non rifiutavano di farsi visitare dai ragazzi, perché in fondo questo è un ospedale universitario. Io facevo così ma ero una delle eccezioni, e ho dovuto fare una grande lotta per questo.questo Parliamo della figura del tutor: dovrebbe gestire il- tirocinio all'interno del reparto ma di solito non si vede neanche. E' una persona che viene pagata, che lo fa per?obbligo o che altro? altro

E' un compito che gli viene assegnato dal capo di reparto. Non deve rendere conto a nessuno del proprio insegnamento e non viene pagato. Non c'è nessun obbligo di insegnare a degli studenti, dipende solo dalla volontà dello strutturato universitario e quindi dalle persone: ricordo che quando c'era Mario Fabbri in pneumologia tutti erano felici di andare lì perché, anche se pretendeva molto, insegnava tanto. Alcuni di voi mi hanno detto che è stata inviata ai primari un'ordinanza per non accettare in reparto gli studenti che non facciano parte del tirocinio: e certo, perché a loro rompete le scatole! Ma potreste chiedere direttamente al primario di frequentare: in quel caso, la.cosa cambierebbe. cambierebbe

Ed è quello che facciamo! Ma se in cambio del permesso - a frequentare ci chiedessero di fare tanto lavoro, magari burocratico, che loro non hanno voglia o tempo di fare??fare

Bisogna farlo, purtroppo è il prezzo da pagare. Però almeno stai lì e puoi imparare qualcosa...se stai fuori non impari niente. La mia prima appendicite l'ho fatta dopo un anno e mezzo che ero specializzando! Non!vedevo l'ora! l'ora

Ma se tutti i medici che ci troviamo davanti dicono, come lei, che loro hanno dovuto aspettare e che perciò dobbiamo aspettare anche noi, il sistema non cambierà.mai. mai

Io ho imparato a fare il chirurgo guardando. Mi mettevano lì ad aiutare o a tenere le spalle, ma niente di più che guardare. Un medico di mia conoscenza è rimasto come aiutante per 10 anni e in tutto quel tempo non ha mai fatto un intervento, al massimo aprire e!chiudere! chiudere

?Cosa si potrebbe fare per migliorare questa situazione?e

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non si sarebbe potuto fare prima, invece di discutere del potassio?

Poi con i miei amici ero lo psicologo del gruppo, e questo atteggiamento mi portava verso psicologia e psichiatria (e così ho anche conosciuto molte ragazze...tra cui la professoressa Battelli, eravamo amicissimi ma niente di più). Tra l’altro un greco che stava in pensionato con me all’improvviso è diventato schizofrenico e nessuno voleva più dormire con lui; lui si fidava solo di me e di un altro ragazzo, ma noi per sicurezza nascondevamo coltelli e forchette...si mangiava con le mani quando c’era lui! Dissi quindi al prof che ero quasi interessato a specializzarmi in Psichiatria. Prima però bisognava passare dal colloquio, poi si dovevano riunire 3 professori per esaminare il caso del greco schizofrenico. Mi diedero appuntamento, ma la notte prima non ho dormito. Alle 5 di mattina mi sono detto: ma chi me lo fa fare? A quanto ne sapevo, soltanto una pastorella svizzera era guarita di schizofrenia! Io volevo vedere i risultati sui malati! Quindi non mi sono presentato. Per compensare ho cominciato a frequentare Ostetricia e Ginecologia, che mi piaceva. Finalmente risolvevo i casi! E non in due mesi, ma in pochi giorni! Ero quasi deciso a farlo, ma rimasi disgustato una mattina in cui, dopo aver passato tutta la notte a veder nascere bambine, passò un assistente che mi portò in ambulatorio...e dalle 8 di mattina alle 14 vedemmo 72 donne. Finché erano carine faceva anche piacere, ma c’erano delle laide, sporche...con due di loro abbiamo dovuto litigare perché non volevano togliersi neanche le mutande! Da quel giorno non mi sono più presentato! All’epoca cantavo e feci un concorso con un tizio che suonava la fisarmonica. Diventammo amici; lui faceva il cardiochirurgo e mi disse di venire da loro in chirurgia. Lì rimasi, passando dalla chirurgia generale a quella epato-biliare.

Cosa si è portato a casa dall’esperienza con il SISM come persona, uomo, medico?

Il fatto stesso che io sia qui a rispondere alle vostre domande è segno tangibile di ciò che mi ha dato. Mi sono sentito molto diverso da molti miei colleghi e non sono dispiaciuto per niente. Ho capito che per andare avanti nella vita bisogna essere umili, mai modesti. Finché dovete imparare siate umili e disponibili; una volta che diventate possessori di qualcosa, allora iniziate a farvi valere ma sempre in maniera intelligente, interessandovi dell’argomento e aggiornandovi continuamente, portando notizie a chi sta sotto di voi senza fare i saccenti. Cercate di evitare il più possibile di studiare sui libri: nelle materie cliniche sono fuori dal tempo, un libro che esce oggi è vecchio di almeno

due anni perché magari nel frattempo ci sono state evoluzioni cliniche. Aggiornatevi con la letteratura. Se non capite andate da un docente o da un ricercatore e discutete con lui! Fatevi interpreti della vostra vita, anche di quella scientifica. Non siate mai passivi.

Intervista condotta da vari ragazzi del SISM

Registrazione ad opera di Giovanni Visentin

Introduzione, trascrizione e riarrangiamento ad opera di Roberto Perissinotto

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STAY CURIOUS: LABORATORIO DIMEDICINA INTEGRATA . n15 novembre 2014, terzo incontro sulle medicine non convenzionali: oggi ci occupiamo.di omeopatia. omeopatia

Ma innanzitutto, cosa sono le medicine non convenzionali? Sono Sono quelle pratiche mediche al momento escluse dall'organizzazione formale dei servizi sanitari e dal piano didattico delle facoltà di medicina e chirurgia. EE allora??Quello

Quello che non tutti sanno è che si parla di un fenomeno in costante crescita. Ad esempio, secondo i dati ISTAT, nel 2005 il 13,6% della popolazione italiana (7,9 milioni) ha utilizzato metodi di cura non convenzionali, tra cui il più diffuso è l'omeopatia (7%). Lo

Lo scopo di Stay Curious è quello di integrare, sia a livello teorico che pratico, ciò che viene lasciato fuori dal piano di studi della nostra facoltà. In particolare si propone di avvicinare gli studenti alle aree mediche non convenzionali, offrendo loro l'opportunità di venir a conoscenza con dei professionisti del settore e di porre loro domande. Il tutto un clima molto informale e disteso, con metodiche interattive e senza le solite tedioselezioni frontali. Saba

Sabato 15 novembre abbiamo avuto il piacere di ascoltare il dottor Maurizio Annibalini (specialista in gastroenterologia ed omeopatia). L'intera giornata è volata, tra una breve introduzione storica alla disciplina, diluizioni e dinamizzazioni, farmaci omeopatici più utilizzati, ci siamo calati sempre più a fondo nell'argomento. Fino ad arrivare a parlare di come si svolge una visita dall'omeopata e a passare in rassegna alcuni casi clinici. Abbiamo scoperto un punto di vista completamente nuovo, ovvero quello di curare “il simile con il simile”. Una situazione del tutto diversa rispetto alla medicina tradizionale (allopatica),

dove tutto è mirato a contrastare i sintomi: anti- infiammatorio, anti-ipertensivo e così via. Quindi l'omeopatia può essere un nuovo modo di pensare alla propria salute. Per

Perril 2015 abbiamo intenzione di replicare l'esperienza appena conclusasi, ovvero tre laboratori-week end, dove poter venire a contatto con i professionisti delle varie discipline mediche non convenzionali. Pronti a mettersi in gioco nuovamente. Nel

Nel primo laboratorio, riguardante agopuntura e medicina tradizionale cinese, ci occuperemo dell'anamnesi in agopuntura, delle tecniche di infissione dell'ago e di moxibustione, dei meridiani corporei e ci saranno brevi cenni alla farmacologia in MTC. Nel

Nel secondo, riguardante osteopatia e manipolazione miofasciale, l'ordine del giorno saranno le manipolazioni e le terapie manuali, per scoprire da un nuovo punto di vista le articolazioni e le catene muscolari. Infine, ci eserciteremo con il massaggio svedese. Nel

Nel terzo, riguardante omeopatia e fitoterapia, sarà incentrato sui rimedi omeopatici e fitoterapici, non mancheranno numerosi casi casi clinici. E' prevista una visita all'orto dei Semplici, per approfondire la conoscenza delle piante officinali.Q

Quest'anno, tra colleghi che si laureeranno (giuro che non vuol essere una gufata) e colleghi in erasmus, abbiamo bisogno di rinforzi. Chiunque lo desideri si faccia avanti. Inoltre sono ben accetteproposte, critiche costruttive e suggerimenti.L

Link della pagina facebook: laboratorio medicinacomplementare e integrata

Giovanni Cappella

STAY CURIOUS!

A margine

C”Che ironia: essere fatta per baciare culi,ma non quelli dei potenti.” R

RRRRrrRR.P.I

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cui i 18 miliardi di euro, sul fatturato complessivo, che non tornano ai giocatori in forma di montepremi fossero stati spesi in altri consumi (con iva al 21%). Senza considerare i guadagni delle mafie (basti pensare all’inchiesta della Boccassini sul clan Lampada-Valle del 2011, per cui oltre il 9% dei beni sequestrati alle cosche sono agenzie di scommesse e sale giochi). La

La risposta della società e lo Slot Mob

Tutti questi problemi però hanno sollecitato varie risposte da parte della società civile: dall’emendamento presentato (e ammesso) dal deputato PD Michele Anzaldi che trasforma l’obbligo delle concessionarie di effettuare pubblicità preventive in obbligo di trasferire risorse allo Stato per finanziare programmi di prevenzione e cura delle ludopatie, alle tante associazioni che si occupano del problema del gioco d’azzardo patologico (per citarne alcune: Libera di don Ciotti, Associazione Mettiamoci in Gioco, Ass. UmanaMente, Ass. Onlus Centro sociale Papa.Giovanni XXIII). Tra queste, fa capolino lo Slot Mob

Lo Slot Mob è un’idea nata in sinergia tra un gruppo di docenti di Economia delle università romane, associazioni studentesche, onlus sensibili al problema gioco d’azzardo e membri della società civile, e la proposta è semplice e diretta: premiare i bar che rinunciano ai facili guadagni dell’azzardo (slot) convergendo in massa in un determinato giorno e fascia oraria a farci colazione (mob), promuovendo insieme a chiunque voglia impegnarcisi (associazioni, gruppi, o .semplici cittadini) attività di sensibilizzazione e giocoIl movimento Slot Mob agisce su tre fronti: r

R - Richiedere una legge che limiti e regolamenti seriamente il gioco d’azzardo nell’interesse non dellelobby ma dei cittadini, soprattutto i più vulnerabili; n

N - Non aspettare i tempi, a volte troppo lunghi della politica, ed agire subito, e soprattutto insieme, dando vita ad uno slot mob, recandoci insieme in tanti, decine o magari anche qualche centinaio di persone, a fare colazione in un bar che ha scelto la disinfestazionedalle slot e/o altri giochi d’azzardo; curare

C - Curare il cattivo gioco con il buon gioco, che è sempre un bene relazionale, organizzando, in concomitanza dello slot mob, un torneo di calcio balilla per giocare stando insieme in un clima di 'sano e buon caos' per un paio d’ore. Dal 2013 Dal 2013 ad ora più di 70 Slot Mob sono avvenuti in tutta Italia. Il sito nexteconomia.org (che si pone come

coordinamento centrale di tutti gli Slot Mob) dà anche dritte su come organizzarne uno: scrivici a) scrivici la tua proposta, a nome della tua associazione o gruppo di cittadini; trova b) trova almeno altre due realtà nella tua città (associazioni, gruppi ecc.) che organizzino con te lo Slot Mob, che non siano partiti politici (Slot Mob è un'iniziativa della società civile dove tutti devono sentirsi a casa, quindi non devono comparire prima o durante il mob sigle o simboli partitici; cerca c) cerca un bar (al massimo due, se però sono sulla stessa piazza o molto vicini) che sia 'deslottizzato', cioè senza slot (ma anche senza lotto, scommesse, gratta e vinci ecc.), e che lo sia da prima del vostro contatto, che lo abbia fatto intenzionalmente e per senso civico (non perché, ad esempio, non aveva spazio); fissa d) fissa una data per lo Slot Mob, coinvolgendo possibilmente le scuole (quindi non di pomeriggio, nè di domenica) e cercando di arrivare almeno a coinvolgere 200 persone che vengono a fare colazione in quel bar; cerca e) cerca biliardini, ping pong, giochi tradizionali per organizzare durante lo slot tornei di "buon gioco", dafare in piazza o comunque visibili a tutti; organizz

f) organizza un mini convegno, sempre in quelle dueore di Slot Mob, per parlare di azzardo e dintorni.

Chiunque può organizzare uno Slot Mob, tanto che viene fuori che la mia amica Letizia ha contribuito ad uno svoltosi a Macerata, Davide a Genova e Maura a Reggio Emilia. È un modo per “premiare” la virtù civile, e soprattutto fare cultura e opinione, rendendo la scelta di questi esercenti visibile e imitabile, attraverso un marchio etico, il coinvolgimento della stampa, i social-network (Slot Mob ha pagine Facebook, Twitter e Youtube) e il passaparola. Il Il sito senzaslot.it segue la stessa idea, e spesso è usato proprio nella preparazione di uno Slot Mob: offre una mappa con i bar senza slot nella tua area, e la possibilità di segnalarne di nuovi. Per ora, supera quota 2300 segnalazioni. Lo Lo Slot Mob è arrivato anche in Emilia Romagna dallo scorso anno: Forlì, Cesena, Ravenna, Reggio Emilia sono già state movimentate dai giochi e colazioni di massa, e alcune di queste hanno bissato l’evento dopo il primo successo.E vi lascio con un’anticipazione: presto anche Bologna vedrà la sua edizione numero 1, perciò… drizzate le antenne! Perché un bar senza slot ha più spazio per le persone.Vincenzo

Vincenzo Capriotti

sponsorizzato da Real Time, Vinci Casa), per far giocare sempre di più, cambiando l’immagine del giocatore dall’affumicato tipo losco da bisca ad una socialmente accettabile, quotidiana, e batter cassa: il fatturato del gioco d’azzardo è andato da 14,3 miliardi di euro nel 2000 a 90 miliardi nel 2012..I

I danni dell’azzardo

Le conseguenze però sono drammatiche, con danni sociali, economici, medici e, sì, umani irreparabili, in barba all’articolo 41 della Costituzione (per cui “l’iniziativa economica privata […] non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”). Giocano, secondo l’Eurispes, il 47% delle persone che appartengono alla classe indigente e il 56% di quelle del ceto medio-basso, andando a colpire le fasce più deboli della società. “Il rischio di dipendenza patologica fra minorenni e anziani (il 30% gioca a Lotto e Superenalotto, il 26,6% al Gratta e vinci e alle lotterie istantanee) continua a crescere, e in termini temporali, siamo arrivati a giocare quasi 70 milioni di giornate lavorative—pari a circa un terzo del tempo dedicato quest'anno dagli italiani alle vacanze (circa 220/230 milioni di giornate)”. Il DSM V (manuale di riferimento per la psichiatria internazionale) ha inserito il “gioco d’azzardo patologico” (o azzardopatia o, impropriamente, ludopatia) nella categoria diagnostica del disturbo del controllo degli impulsi, con forti analogie con la tossicodipendenza: non a caso i SerT di alcune regioni – tra cui l’Emilia-Romagna – hanno attivato servizi di recupero per il gioco patologico. Sono fioccate Associazioni di giocatori anonimi, come decenni fa per gli alcolisti. Uno Uno studio di Matteo Iori, presidente dell’Associazione Onlus ‘Centro sociale Papa Giovanni XXIII’ e di Conagga, coordinamento nazionale gruppo giocatori d’azzardo, ha calcolato che in Italia i giocatori perdono17 miliardi di dollari l’anno, che fanno 400 dollari pro-

capite, includendo nel conteggio tutti gli abitanti fino ai neonati: va da sé che, ad esempio, visto che nella mia famiglia nessuno gioca (e siamo 5) virtualmente un’altra famiglia perde 2000 dollari l’anno, uno stipendio mensile (o 3 mesi di pensione). La campagna “Mettiamoci in gioco” stima in una cifra compresa tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro annui i costi sociali e sanitari che il gioco d'azzardo patologico comporta per la collettività. A questi vanno aggiunti 3,8 miliardi di euro di mancato versamento dell'iva, nel caso in

SLOT-MOB La mia prof. di matematica delle superiori ci faceva esercitare in calcolo combinatorio (ebbene sì, riuscimmo ad arrivare al calcolo combinatorio, eravamo una classe che trottava) ponendoci problemi che avevano sempre a che fare col gioco d’azzardo, per concludere le lezioni con la morale citata da Cavour: “il gioco d’azzardo è la tassa degli stupidi” (termine nato in Grecia, blakennòmion – w wikipedia – indicava la tassa sulle consulenze astrologiche). La differenza sostanziale è che l’astrologia in Italia non è monopolio di Stato, mentre il gioco d’azzardo sì. “Quando lo Stato ha bisogno di entrate facili, le prende dal gioco d’azzardo, soprattutto nei momenti di crisi”. Era il 2009 quando la mitica Assunta “Susa” Foresi ce lo diceva; e ci aveva visto bene. La

La crescita del gioco d’azzardo in Italia

In un (bell’)articolo uscito su Vice.com lo scorso 6 novembre, il mio omonimo Vincenzo Marino ripercorre insieme a Maurizio Fiasco (sociologo, ex consulente della Commissione parlamentare antimafia e autore della ricerca “Il gioco d'azzardo e le sue conseguenzesulla società italiana” per la Consulta Nazionale Anti-

usura) l’escalation che il gioco d’azzardo ha visto in Italia negli ultimi 20 anni, sotto vari nomi: dalle scommesse dei cavalli (ormai un vezzo kitsch) fino alle più cool scommesse calcistiche, passando per tutto il banco Lottomatica dallo stagionato lotto fino a quei giochini che tirano numeri ogni 5 minuti con cui si intrippano i vecchi nei bar. E facendo una rapida scorsa cronologica si vede chiaramente come siamo diventati un Paese vittima del gioco d’azzardo: fino al ’92 (svalutazione della lira) c’era un’estrazione del lotto a settimana ed una sola lotteria nazionale (quella nei programmi con la Carrà o Fabrizio Frizzi), in quell’anno compaiono le estrazioni del lotto infrasettimanali, nuove lotterie, i primi giochi a premi istantanei; il ’99 è l’anno delle sale-bingo ("il cavallo di troia che ha sfondato il muro della tradizione”), il 2002 delle slot-machine nei bar (ficcateci dritte dritte dalla finanziaria); Gratta e Vinci, Video-lottery e liberalizzazione delle scommesse sportive nel 2004, per concludere col Decreto Abruzzo del 2009 che autorizza i casinò online per far cassa e ricostruire L’Aquila terremotata. Il piano dello Stato è chiaro e preciso: aumentare la frequenza temporale (fino a estrazioni ogni 5 minuti per 10elotto) e spaziale (slot machine, ricevitorie e sale scommesse ovunque) del gioco e differenziarlo per raccogliere un bacino sempre più variegato di utenti (fino al gioco

UNA RISPOSTA DAL BASSO AL GIOCO D'AZZARDO

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(Rubrica)-Articolo (Rubrica)-Articolo

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,Ebola. No No, non vuole essere un inizio ad effetto. Ma se leggete "Ebola", cosa vi viene in mente? Probabilmente tante immagini viste ai telegiornali in questi ultimi mesi, qualche titolo “Allarme. Caso di ebola in USA”, oppure il più recente caso di ebola in Spagna, e quindi quel “Primo caso di ebola in Europa” che vi avrà fattoprovare un brivido di paura per un potenziale rischio.

Oppure qualche falso allarme (come un caso sospetto nelle Marche) o qualche discorso di un politico che vuole creare allarmismo solo per portare più persone a dire “allora basta immigrati in Italia”. Ecco, se Ecco, se quando avete letto la parola “ebola” nella vostra mente sono comparse immagini di aeroporti occidentali con squadre di 20 persone vestite come astronauti per via delle tute protettive… allora no, non sapete cos’è l’ebola. Innanzitutto Innanzitutto, di ebola non si muore soltanto, ma di ebola si vive. E questo succede in Sierra Leone, uno dei paesi più colpiti dall’ epidemia. E di questo voglio raccontare, perché io, grazie a un’esperienza missionaria di due mesi, quel paese l’ho conosciuto, abbracciato e amato. E perché solo raccontando di questo riuscirete a capire cosa realmente sia questa malattia, a riconoscere ciò che fa paura. E non è la morte, non è quel caso chearriva in occidente, ma è la vita in quel paese. La

La Sierra Leone è un piccolo paese dell’Africa Occidentale, di cui si è sentito parlare per la sua guerra civile decennale. Commercio di diamanti, bambini soldato, amputazioni. È un paese che ha perso tutto quello che aveva, un paese che è stato distrutto dalla guerra, dagli interessi delle grande potenze, che da sempre, si sa, schiacciano i piccoli. Si sono fatti guerra tra loro, uccidendosi gli uni con gli altri. I bambini venivano drogati e addestrati a sparare. Ma poi la guerra è finita, con un’amnistia nel 2001. E da quell’anno il paese ha iniziato a rialzarsi e a ricostruirsi una nuova vita, con il perdono, con gli orfani che vivevano insieme agli uccisori dei genitori. La Sierra Leone è uno dei paesi più poveri dell’Africa, ma chiunque torni da quel posto si porta a casa una ricchezza che farà fatica a raccontare. L’accoglienza della gente, la fratellanza, l’amore, la fede forte, il vivere insieme, la gioia e il dolore condivisi. La vita nel suo significato più autentico. La Sierra Leone è la vittoria della vita su tutto. Ma ultimamente non è più così, ultimamente la Sierra Leone è stata sconfitta; non dalla malattia, non dalla povertà, ma dalla vita dettata dal virus ebola. Le scuole sono chiuse, la gente non esce dalle case, i

mercati sono vuoti, non arriva cibo perché il paese è isolato, gli ospedali sono deserti, non c’è nemmeno più rispetto per i morti, che vengono lasciati ai lati delle strade. Sono vietati i momenti di aggregazione, quindi non vengono celebrate più messe: chiese e moschee sono deserte. Provate Provate ad immaginare cosa significhi tutto questo. Svegliarsi domattina in un paese dove nulla funziona. Non si lavora, non si va a scuola, non c’è un ospedale o un medico a cui poter rivolgersi, non c’è cibo. Non c’è vita. Il Il governo sta prendendo misure per controllare l’epidemia, ci sono posti di blocco ovunque nelle strade, ed è ormai prassi che un sierra leonese, che prima non aveva mai visto in vita sua un termometro, venga fermato per strada, gli venga misurata la febbre, e, se la temperatura è alta, venga mandato a Kenema, un ospedale a sud del paese dove vengono indirizzati e trattati i casi di ebola. Ma ora la parola ‘’Kenema’’ per la gente della Sierra Leone significa “campo di concentramento”, significa andare a morire. E così le persone non vanno più negli ospedali, perché la febbre (che può avere le cause più diverse, come malaria, tifo, colera) viene presa come sintomo di un caso sospetto di ebola, e quindi ‘’Kenema’’. Non Non c’è quindi nessun punto d’appoggio, nessuna luce nel buio; non c’è più nel paese tutto quello che serviva per andare avanti. La gente non può più stare insieme; alla condivisione si è sostituito il terrore. I I casi di ebola aumentano, ma le morti sono molto più numerose rispetto a questi casi, perché qualsiasi malattia uccide: la fame e le pessime condizioni igieniche rendono le persone più vulnerabili e malaria .e tifo diventano mortali ancora più di prima Smettiamo di stupirci di fronte ai morti che aumentano, di sentirci in pericolo se una persona ha contratto l’ebola in Spagna o in America solo perché il nostro telegiornale manda immagini che colpiscono. Smettiamo di pensare che la morte sia l’unica conseguenza di questa epidemia. Pensiamo alla vita di quella gente, abbandonata, isolata e terrorizzata. Madre Teresa scriveva alla fine del suo “Inno alla vita": "La vita è vita, difendila.’’Se non possiamo combattere la morte, se non possiamo creare un vaccino contro l’ebola, cerchiamo allora di difendere la vita. E in nessunposto come in Sierra Leone, la vita può vincere. Car

Carolina Campani, membro della ONLUS SudChiama Nord

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I VIVI DI EBOLA CHE COSA SUCCEDE IN CITTA'? l

Viviamo per un giorno nelle città della Sierra Leone

LE SCUOLE: Il Il 4 agosto il governo della Sierra leone chiude le scuole fino a data da destinarsi. I I luoghi ed i momenti di aggregazione sono vietati per evitare il contagio. Migliaia di bambini restano a casa o per strada e non possono frequentare l'anno scolastico. Allo stesso tempo, i loro insegnanti nonhanno più lavoro e non percepiscono stipendio. I

I MERCATI: A A luglio viene dichiarato lo stato di emergenza e conseguentemente le frontiere sono chiuse e i distretti di Kanahema e Kailahun isolati. Il Il 24 settembre con un comunicato stampa il presidente della Sierra Leone impone l'isolamento anche per i distretti di Port Loko, Bombali e Moyamba insieme ad altri 12 distretti tribali in cui vive oltre 1 milione di persone. Restano isolati i distretti di Tonkolili, Pujehun e Kaimbia per effetto di precedenti direttive. Posti Posti di blocco militari impediscono l'entrata e l'uscita di persone e merci. Al paese non arriva cibo, i mercati vengono chiusi. Alle morti da ebola si aggiungono quelle per fame. GLI

GLI OSPEDALI: * 2.593 Il -2.593 casi di ebola confermati; decessi Il - 753 decessi per ebola accertati;pazienti Il - 571 pazienti guariti. Nella Nella capitale Freetown il solo ospedale rimasto aperto è quello di Emergency. Nel Nel resto del Paese la maggior parte degli ospedali è chiusa/in quarantena o deserta perchè gli operatori sanitari non si presentano al lavoro per paura del contagio, visto che il più alto numero di decessi per ebola si è registrato tra il personale medico. Per lo stesso motivo non si recano in ospedale nemmeno imalati di malaria, colera, tifo. ra

ra *Dati diffusi dall'Organizzazione Mondiale dellasanità in data 10/10/2014

Carolina Campani

Una scuola di Freetown...prima dell'emergenza ebola

Il mercato di Kabala...prima dell'emergenza ebola

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Giacomo Leopardi è il personaggio marchigiano di spicco che un marchigiano cita (se non è di Pesaro, in tal caso sarebbe Rossini) se qualche non-marchigiano gli chiede quali personaggi di spicco hanno sfornato le Marche, oltre ad essere un secchione gobbo che cel’aveva col mondo perché non ingarrava. Qu

Questa è l’immagine stereotipata che professori annoiati e disamorati hanno tramandato dalla Riforma Gentile della scuola a oggi. E questo è grosso modo l’esito sghembo della produzione trainata da Martone (regista) e Germano (protagonista), che un’interessantecritica firmata da Antonio Maria Abate su cineblog.

it paragona ad una scalata in montagna che mirava alla vetta – la rappresentazione della profondità del vissuto leopardiano – in cui a metà strada siano tornati indietro. E tanto di cappello per averci provato eh, per carità. Solo che, per citare un commento trovato su Facebook, “fossi in Spacca (presidente della Regione Marche) mi costituirei parte civile; se non altro per la figura che ci fanno le Marche per come viene mostrata Recanati”. E proprio da Recanati vorrei partire, come da essa parte il film. film Il film parte con un giovane Giacomo che, più che un intellettuale stimato dagli scampoli dell’intellighenzia illuminista internazionale, sembra La Controlla (notorio personaggio bolognese) nei suoi momenti migliori: in una boscaglia si piega in avanti e guarda di sbieco la fratta. Il che potete tradurlo con Martone che, come Eric Idle nello sketch “Eh? Eh?” (Nudge nudge) dei Monty Python (youtube), ammicca e vi fa: “La siepe! L’hai capita? Gomitino, gomitino, quella dell’infinito! Eh? Piaciuta? Eh? Sagace eh? Eh? Sua moglie si interessa di fotografia?”. La La fotografia, per l’appunto, si dichiara da subito sostanzialmente inesistente (tranne nell’ambientazione in una Napoli southern-goth e caravaggesca, che vedremo poi). Dicevo, Recanati. Ora, Recanati

Dicevo, Recanati. Ora, Recanati non è Goa, ci mancherebbe. Però non sono neanche due vie in croce, quattro gatti e una contadinella minnuta che stende i panni (a.k.a. Silvia – “eh? eh? Gomitino, gomitino!”). Per tutto il periodo recanatese la città mostrata è solo questa: la via di casa, la casa, la finestra di Silvia. E la fratta, naturalmente. La fratta. Ma Ma dov’è “Il sabato del villaggio”? E la “speme” e la gioia”? Qui non “primavera brilla nell’aria e per li” campi esulta”, né si vedono consumarsi festeggiamenti o si odono “suon di squilla” e “tonar di ferree canne”. Solo il nostro “passero solitario” rinchiuso insieme ai fratelli nella gabbia, sotto l’occhio vigile di un padre dispotico e col fantasma di una madre anemotiva (che secondo la teoria delle “madri-frigorifero” di un neuropsichiatra infantile americano – poi ritrattata – starebbe alle basi dell’autismo, e più blandamente vi si potrebbero ravvisare le difficoltà sociali che il nostro anti-eroe mantenne per tutta la vita). La casa è in effetti una prigione, e per estensione Recanati tutta, che altro non sono che la rappresentazione dell’egemonia paterna, che obbliga i figli allo studio, da esibire come fenomeni da baraccone e incanalarli nelle vite a loro predisposte: a Giacomo tocca la via ecclesiastica. Il tutto a sua volta a simboleggiare il fardello che farà di Leopardi un reietto, sociale e intellettuale: l’ideologia reazionaria, incarnata dal monarchismo e dall’immancabile Chiesa Cattolica s.p.a. – faccenda che ha mandato in sollucheri tutta la critica left-sided (vedasi Carmilla Online), senza considerare una cosa: che è il film stesso, nella sua banalizzazione, stereotipo e superficialità della raffigurazione leopardiana, a risultare involontariamente reazionario. Menzione d’onore giusto alla scena dello sbrocco immaginario durante il processo domestico, in cui Germano si riscatta da un ruolo fatto di risatine isteriche e rotolate sui colli recanatesi (a quanto pare, sport preferito dal Leopardi di Martone, rotolarsi ad ogni evenienza) e invece urla e spacca tutto, che, ironia a parte, è una cosa

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IL GIOVANE FAVOLOSOche a Germano riesce divinamente™. Dicev

Dicevamo, Recanati: rappresentare una Recanati folcloristica e spumeggiante sarebbe stato corretto a livello storico, antropologico e letterario, se si considera che il pessimismo giovanile nasce sì da una reclusione studentesca che neanche per anatomia patologica, ma soprattutto dal contrasto del giovane Giacomo e l’ambiente esterno: il non poter essere capito dai suoi ignoranti concittadini, il non saper vivere quella spensieratezza giovanile, entrambi aspetti che lo hanno condotto all’esclusione. Invece qui di Recanati giusto una vietta e qualche contadino scalcinato, e l’unica bella muore subito subito di tisi. In una città così passare pomeriggi con un prete a tradurre greco a braccio inizia a sembrare una prospettiva entusiasmante. E E mi hanno detto: “eh, è per rendere più il senso di claustrofobia!”. No cari miei, è che hanno fatto le riprese sul luogo, e dal momento che dall’800 qualche casa nuova l’hanno costruita non potevano allargare troppo il campo per evitare anacronismi – che non sempre si è riusciti a nascondere, mi faceva notare il mio amico @lbert figurt. Rasoio di Occam, spiegazione semplice. A A Firenze incontra gli intellettuali dell’epoca che iniziano a snobbarlo, dopo le prime promettenti fasi, e matura quella che, da che ci fa capire Martone, è la summa del pensiero filosofico leopardiano: la figa preferisce il mio amico bello alto muscoloso simpatico sfrontato Antonio Ranieri a me, Giacomo, gobbuto asociale freak; è inequivocabile dedurre che Dio non c’è, la Natura ce l’ha con noi e la vita è una merda. E qui a Firenze il film ci regala due perle inestimabili: Apparatcome co-lonna sonora e la metafora di Consalvo.

Apparat, colonna sonora: “la sensibilità postmoderna che ha collocato Leopardi fuori dal suo tempo” (Paola Casella su mymovies.it). Ma cosa dite? Ma se la produzione si è vantata del rigore filologico (i dialoghi sono stati scritti volutamente nell’italiano corrente dell’epoca) e storico (solo fatti documentati, tramite Zibaldone, epistolario e affini) cosa c’entrano Apparat con Rossini? Beh proprio sulla musica dovevano essere post-moderni? E perché non in un altro mezzo espressivo? Non sarà mica perché dovevano strizzare l’occhio ad un certo pubblico (ormai non più tanto) giovane e smaliziato e, che so, un dilatatore sarebbe stato un tantino troppo? Anche se per me l’ipotesi più franca resta sempre il cattivo gusto, che trova il suo apice nella rappresentazione di Consalvo (e successivamente Madre Natura). Dicevamo, a

Dicevamo, a Firenze, Fanny non gliela dà e se la fa con l’amico Ranieri (ma Giacomo, pure tu, una che si chiama Fanny, dico io, che t’aspetti?). Allora scrive il ciclo di Aspasia, in cui si raffigura in Consalvo, e Martone in uno dei pochi tentativi di rappresentare fedelmente il messaggio dell’autore riesce a ridicolizzarlo, non una ma due volte: inscena letteralmente il bacio di Consalvo, in cui Germano è vestito da cavaliere morente e Fanny scende dal cielo. Letteralmente. Cioè non è una metafora quello che ho scritto, succede proprio così nel film. Il Il bis, in cui riesce a superarsi, è nella messinscena del dialogo tra l’islandese e la Natura (oh, finalmente le Operette Morali, mi sono detto, uno dei lavori più ignorati dall’educazione italiana ha la rivincita che merita! e invece…): dapprima un primo piano su di lui, che urla controvento qualcosa contro la Natura (ricordiamo, Germano grande urlatore furioso™), e la Natura, un vocione da contralto e una luce che illumina la faccia di Leopardi, gli risponde per le rime. Io che mi dicevo: no, dimmi che non cambiano inquadratura, dimmi che non hanno provato ad antropomorfizzarla, che so, con una donna. No, in effetti no. Non con una donna. Con una statua granitica di 7 metri con le fattezze della madre-frigorifero di cui sopra. Va bene. Voglio far finta che vada bene. Però adesso l’importante è che non si animi, che non parli veramente: facciamo che la voce è fuori-campo e che quello è giusto un simulacro, un simbolo. Che ve lo dico a fare: parla, muove le labbra e alza anche il braccio a mo’ di invocazione. Maronn’ u Carme. Ed

Ed ecco quindi che ci trasferiamo a Napoli, dilaniata dal colera, dove uno dei problemi principali è che questi due non sanno dove andare a vivere, e sono a corto di soldi. Sì, Giacomo era sostentato dal padre, e le peripezie per l’Italia, a vederla da qui, sembrano lo stereotipo che i lettori di Libero hanno degli studenti in Erasmus in Spagna: lui che fa la bella vita, prova a fare qualcosa ma viene anche qui disprezzato (la solita trita del “e fattela na risata”), per farsela passare si ingozza di gelato, che in qualche modo lo porta a sviluppare una tubercolosi primaria. In mezzo, una sbornia con un po’ di scugnizzi e una disavventura con un trans ante-litteram nei peggiori bordelli di Caracas. Nota Nota di merito: una Napoli, come dicevo, caravaggesca e southern-goth. Qui il direttore della foto-grafia si ricorda di percepire uno stipendio e ci dona dei chiaroscuri fortissimi, tinte rosse e immagini di

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I MESOCICLO - CONDIZIONAMENTO

2-3 sedute a settimana2-3 giri del seguente circuito (dopo le barre è scritto l'esercizio da sostituire al precedente dopo ogni giro):

- Calf in piedi x 15-20- Squat (con o senza carico) x 15 // Affondi alternati con manubri x 15- Stacchi da terra a gambe tese x 10- Piegamenti x 15-20 // Croci su panca inclinata x 10-12- Trazioni x 10-12- Piegamenti con piedi rialzati x 10-12 // Croci su panca inclinata x 10-12- Rematore con manubrio x 15-20- Tirate al mento x 15 // Scrollate x 15 - Curl con manubri x 15- French-press con manubri x 12- Fly frontali x 10-12- Curl con manubri (impugnatura a martello) x 12-15- Fly laterali x 10-12- Piegamenti braccia parallele x 10-12

II MESOCICLO - FORZA MASSIMALE (DE LORME/OXFORD)

Giorno 1: gambe-spalle- Calf seduti 3x10- Leg press 3x10- Leg curl 3x10- Tirate al mento 3x10- Fly frontali 3x10- Fly laterali 3x10

Giorno 2: petto-bicipiti- Panca piana 3x10- Panca inclinata 3x10- Curl alternati con manubri 3x10- Croci su panca piana 3x10- Croci su panca inclinata- Croci bilanciere su panca Scott 3x10

Giorno 3: dorsali-tricipiti- Trazioni lat machine 3x10- Rematore con manubrio 3x10- French presso con manubrio 3x10- Trazioni lat-machine impugnatura inversa 3x10- Row-machine 3x10

Per quanto ci scocci ammetterlo...

ERRATA CORRIGEAlleghiamo qui la scheda a completamento dell’articolo “In forma per l’estate” di Vincenzo Capriotti,

presente nello scorso numero.

III MESOCICLO - MASSA

Giorno 1: gambe-spalle- Leg press 4 x 10-12- Leg extension 3 x 10-12- Stacchi a gambe tese 3 x 10-12- Leg curl 3 x 10-12- Tirate al mento 3 x 8-10- Scrollate 3 x 8-10- Arnold Press 4 x 10-12- Lento avanti 3 x 8-10

Giorno 2: petto-bicipiti- Distensioni panca piana 4 x 10-12- Dip parallele 4 x 10-12- Distensioni panca inclinata manubri 4 x 10-12- Croci manubri panca piana 3 x 12-15- Estensioni dietro la testa 4 x 10-12- Push down ai cavi 3 x 12-15

Giorno 3: dorsali-tricipiti- Lat machine 4 x 10-12- Low row 4 x 10-12- Pulley 3 x 10-12- Rematore bilanciere 3 x 10-12- Pull-over 3 x 10-12- Curl bilanciere 4 x 8-10

IV MESOCICLO: DEFINIZIONE/ESPLOSIVITA'

Giorno 1: gambe-spalle- Squat 4 x 6-8- Leg curl 4 x 6-8- Leg extension 4 x 6-8- Lento avanti 4 x 6-8- Tirate al mento 4 x 6-8- Fly frontali 4 x 6-8- Fly laterali 4 x 6-8

Giorno 2: petto-bicipiti- Training routine 4 x 6-8- Croci manubrio. Panca piana 4 x 6-8- Croci manubrio. Panca inclinata 4 x 6-8- Distens. man. Panca Piana 4 x 6-8- Distens. man. Panca inclinata 4 x 6-8- Curl con bilanciere 4 x 6-8- Curl manubri presa supina 4 x 6-8

Giorno 3: dorsali-tricipiti- Lat machine presa supina 4 x 6-8- Lat machine angolare 4 x 6-8- Rematore manubri 4 x 6-8- Panca piana presa stretta 4 x 6-8- French press con bilanciere su panca piana 4 x 6-8

religiosità popolare (le varie madonne a destra e sinistra) che contrastano con i teschi e i becchini, i quali sembrano usciti dritti dritti dal mondo degli shinigami. Quindi, Leopardi Quindi, Leopardi con la TBC datagli dai troppi gelati va a Torre del Greco a prendere l’aria buona, insieme al buon Ranieri e famiglia, pensa con malinconia all’amata sorella, compone La Ginestra (recitata splendidamente in chiusura da Germano, che ci dà prova del perché è considerato uno dei migliori della sua generazione) e poi la chiosa, con l’ultimo colpo da maestro di Martone: la panoramica si allarga sempre di più, sulle parole della Ginestra, sempre di più, sempre di più, finché… non arriva nello spazio. Esatto. Chiude con l’immagine della nostra galassia. Poveri noi. Ero Ero andato al cinema con tante aspettative: in primis perché era il mio compleanno, in secundis perché a Leopardi ci sono affezionato. Al di là dell’ammirazione che chiunque abbia un minimo di cervello non può non provare di fronte alla sua opera omnia, io, come chiunque si sia percepito – per carità, è da idioti, lo ammetto, ma in adolescenza succede, e a volte non a torto – vagamente diverso e incompreso dal mondo che lo circonda, ho visto in Leopardi un fratello, la rappresentazione estremizzata di quel sentimento riottoso eppure represso, osteggiato da casa, istituzioni (l’etica nella forma della scuola, la morale in quella della religione) e contesti sociali devoti all’antica causa dell’inettitudine, e quando accade così si finisce con lo stringere un vero e proprio rapporto, di profondo affetto, con una persona anche vissuta 200 anni prima, tanto che ti pare di conoscerla (una cosa del genere me la raccontò un mio amico, un pianista classico, concertista internazionale, parlandomi di Chopin, Schubert e Florenskij). Di più, Leopardi per me era la prova che anche dalle situazioni più brutte si poteva cavare fuori qualcosa di buono, che non tutti i dolori

erano inutili, come quella volta che da una storiaccia con una tipa, che non so come non sono finito in TSO, venne fuori un racconto con cui ho fatto un bel po’ di grana ad un concorso. Insomma, capite Insomma, capite ora le aspettative che avevo, e perché ci sia rimasto male nel vedere un prodotto fatto così, raffazzonato e superficiale. Era difficile rendere lo spessore umano del vissuto di Leopardi, ma non solo Martone & soci non ci sono riusciti: hanno piuttosto ridotto uno dei più grandi poeti della storia ad una caricatura, fatta di risolini, piantarelli e qualche sferzatina a mezza bocca quando proprio non poteva esimersi. Involontariamente, per carità, ma l’hanno fatto. Non c’è niente, per dire, della passione del Giordano Bruno con Volontè, che analogamente al nostro Giovane favoloso era uno spirito libero, in aperto contrasto con l’autorità nelle sue forme più grette e insensate, mentre Elio è visto come l’erededel cinema politico che Gianmaria incarnava nei 70-

80 (sebbene quest’ultimo è uno che ha fatto scappare ricercati internazionali e il nostro no, ma vabbè, non è colpa di Germano se, come dice Carmelo Bene, “non c'è l'equivoco del mito, non si vede un assist di Maradona”). Quando Quando sono uscito mi sono detto dispiaciuto per due persone: Germano appunto, e Leopardi. E non ho pensato, come Luca Illetterati (leparoleelecose.it), che questo film “sarebbe piaciuto alle professoresse democratiche”. No, penso piuttosto che sarebbe piaciuto proprio a quelli per cui Leopardi non era che l’imitazione mostrata nel film: un poverello, uno sfortunato nella vita, un Cristo in croce che valla a sapere che pena avrà avuto; questi sentimentali che da ragazzo sopportavo men che ora; questi che del genio personale di Torquato Tasso non sanno neanchel’ombra. a

Vincenzo Capriotti

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Ex che tornano a farsi sentire, band che si riformano, esami che si avvicinano di nuovo: dovete fare i conti con il passato. Oppure inaugurare sessioni di corsa.

Amore tutto bene, soldi non vi mancano, studio tutto tranquillo. L’unico problema di questo mese sarà la noia.

Ricordate: se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna. In questo momento siete uno stambecco su quella montagna: regolatevi.

Novembre vi porta in dote la stessa determinazione che ha un ciclista mentre affronta una salita. Però a novembre piove, prendete l’autobus.

Le stelle sanno bene che avete fatto una decina di test della personalità su facebook e pensano quindi che non abbiate bisogno di alcun oroscopo.

La bilancia segnala un responso pesante? Per la legge dell’equilibrio cosmico, affronterete questo mese a cuor leggero.

Tutto nei prossimi giorni tenderà ad arrivare nella vostra vita con fastidioso ritardo. Tranne le mestruazioni.

Avrete un’aria costantemente affranta e indaginosa, che vi richiederà molte energie ma vi farà rimorchiare senza problemi.

Gli incubi che hanno tormentato le ultime notti abbandoneranno il vostro letto: siate lesti a cacciarli di casa. In amore, rapporto molto stretto con la camomilla.

Giornate polleggiate, serate cariche dure, innamoramenti da re, finanze al top. Investitele per comprare un vocabolario portatile.

Fermate un mendicante e parlate con lui, chiedendogli qualcosa sulla sua vita: sarà un’esperienza istruttiva. Finanze in lieve ribasso.

ARIETE BILANCIA

TORO

GEMELLI

CANCRO

LEONE

VERGINE

SCORPIONE

SAGITTARIO

CAPRICORNO

ACQUARIO

PESCI

OROSCOPO

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GIOCHI

Il vostro motto è “Mi riposerò quando sarò in una bara”. Bene, ma vedete di non arrivarci troppo presto.

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copertina - Jacopo Visanioroscopo - Roberto Perissinotto

giochi - Chiara Crescentinipagina a fumetti - Vincenzo Capriottiimpaginazione - Roberto Perissinottocaporedattore - Roberto Perissinotto