Sintesi n 26

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1 Sintesi Numero 26 Ho scritto quando non conoscevo la vita. Ora che so il senso della vita, non ho più niente da scrivere. La vita non può essere scritta: la vita può essere soltanto vissuta

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Sintesi è una rivista gratuita, il cui scopo è divulgare informazioni a carattere culturale, o in ogni caso che risultino utili ad avere maggiori strumenti per analizzare la società in cui viviamo in modo libero, critico e non condizionato. Senza fine di lucro e senza nessun tipo di finanziamento. Coloro che scrivono per questa rivista, lo fanno per la pura passione di divulgare le loro idee.

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SintesiNumero 26

“Ho scritto quando

non conoscevo la vita. Ora che so il senso

della vita, non ho più niente da scrivere. La

vita non può essere scritta: la vita può

essere soltanto vissuta

INDICE

#STOPINVASIONE: LA SFIDA DI SALVINI PER CREARE UN “FRONT NATIONAL” ITALIANO 3 C’ERA UNA VOLTA L’ORSO SOVIETICO 4 LA COMUNITÀ, L’UNICA BASE PER IL FUTURO D’EUROPA 6 O LA SVOLTA O LA VITA 9 GRANDE INDUSTRIA VS PMI - QUANDO IL LAVORO DIVENTA PREVARICAZIONE 11 IL FASCISMO OLTRE L’IDEOLOGIA 13 SINDROME DA DUCISMO 14 CON LEGA DEI POPOLI E SALVINI LANCIAMO LA NOSTRA SFIDA IDENTITARIA 16

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Noi crediamo in un’Europa delle Patrie

REDAZIONE MARCO MANTOVANI

MARCO PETRELLI

GIANLUCA CASTRO

MATTEO DI BELLO

CHRISTIAN LA FERLA

FABIO FERRACCI

DARIO LEOTTI

#STOPINVASIONE: LA SFIDA DI SALVINI PER CREARE UN “FRONT NATIONAL” ITALIANO

Sabato il corteo organizzato dalla Lega Nord è la prova provata che buona parte degli italiani non ne possono più di come sono gestiti i flussi migratori e soprattutto che la legge sui clandestini debba essere reintrodotta SUBITO! Ma prima di queste considerazioni, giuste, belle, interessanti…altro è quanto ora ci interessa: in Piazza sono scesi tutti i gruppi (quasi) del mondo identitario e nazional popolare. Se solo sino a 3 anni fa i militanti dell’area che avevano iniziato un percorso con Matteo Salvini erano considerati “nemici” oggi lo si può dire forte: avevano ragione. La Lega nord può essere uno strumento per le battaglie identitarie e sovraniste.

Oltre 100.000 persone sono scese in piazza contro l’invasione che il nostro popolo sta subendo, invasione imposta in una doppia logica con origine nelle scellerate logiche capitaliste basate sulle idee del pastore anglicano Thomas Robert Malthus amico del filosofo David Hume.

Una nuova opportunità per tutto il nostro (variegato e confuso) mondo si sta delineando, fuori da logiche autoreferenziali e auto celebrative va ricercata una Sintesi per marciare uniti contro il sistema liberl-capitalista.

Le idee hanno bisogno di forza per essere sostenute, insieme possiamo costruire un nuovo soggetto politico sullo stile del Front National Francese con Matteo Salvini. Uniti per tornare a VINCERE!

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C’ERA UNA VOLTA L’ORSO SOVIETICO

Questo potrebbe essere l’inizio di una favoletta per l’infanzia, una di quelle che si raccontavano prima dell’avvento dei videogiochi e di Youtube per mettere a letto i bambini.

Non ce ne siamo neppure accorti, in realtà, eppure fu proprio grazie allo spauracchio del comunismo che si impose il sonno di alcune generazioni di giovani del cosiddetto occidente… Se avevi paura del sistema dei Soviet dovevi per forza stare dall’altra parte, da quella della Coca Cola e dei McDonalds, dovevi scegliere tra la cultura del fast food e quella della cortina di ferro.

Eppure era stata proprio la volontà delle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale (prima tra tutte gli Usa) a consegnare parte dell’Europa alla sfera d’influenza comunista con il trattato di Yalta del febbraio del 1945.

Intere generazioni - dal dopoguerra a oggi - hanno guardato a est con terrore osservando l’imponente macchina bellica del Patto di Varsavia, convinti di fare - prima o poi - la fine di Cecoslovacchia e Ungheria e solo un po’ rasserenati dalla presenza delle 113 basi militari Usa in Italia.

Chi cercava una terza via (del resto impraticabile in Europa in assenza di una forte componente politica che la sostenesse) era zittito da chi sosteneva la necessità di schierarsi con il blocco occidentale e con gli Usa per fronteggiare il paventato pericolo proveniente da est.

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Nonostante il fatto che, a partire dal novembre 1989 – data della caduta del Muro di Berlino – e la successiva implosione dell’Urss con l’avvento delle politiche Gorbacioviane di perestrojka e glasnost, con la fine della cosiddetta “Guerra fredda”, definita più correttamente da Costanzo Preve Terza guerra mondiale, è venuta di fatto a cessare l’esigenza di una massiccia presenza militare americana in Europa.

Una presenza che ha invece visto negli ultimi anni un’escalation che appare inarrestabile, con l’apertura di nuove basi e l’invio di truppe nei paesi un tempo alleati di Mosca (marzo 1999: Ungheria, Polonia e Repubblica ceca; marzo 2004: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia; 2009: Albania e Croazia) tramutandosi – nei fatti - da difensiva a offensiva.

Anche per quanto riguarda l’Italia l’apertura – nel gennaio 2014 - del Muos a Niscemi in Sicilia ha rafforzato la presenza Usa nel territorio italiano, tramutato in una delle punte di diamante della strategia di controllo globale a uso militare attraverso l’uso di satelliti geostazionari.

E’ opportuno inquadrare in questa strategia di allargamento a est della Nato anche la crisi ucraina degli ultimi mesi, iniziata con le manifestazioni di Euromaidan alla fine di novembre dello scorso anno, che ha avuto un’accelerazione con la deposizione del presidente Viktor Janukovyc, la successiva secessione della Crimea e la guerra del Donbass e le sanzioni economiche alla Russia.

Sorge dunque spontanea una domanda: qual è il reale obiettivo della Nato (ovvero degli Usa), salvaguardare la pace o creare i presupposti per la Quarta guerra mondiale?

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“Io ero un parto della natura lanciato verso l'ignoto, forse

verso qualcosa di nuovo o forse anche verso il nulla, lasciare che

si sviluppasse dal profondo, obbedire al mio destino e far mia la sua volontà, questo era il mio

compito”

LA COMUNITÀ, L’UNICA BASE PER IL FUTURO D’EUROPA

“Quando l'accumulazione di ricchezza non rivestirà più un significato sociale importante, interverranno profondi mutamenti nel codice morale. Dovremo saperci liberare di molti dei princìpi pseudomorali che ci hanno superstiziosamente angosciati per due secoli, e per i quali abbiamo esaltato come massime virtù le qualità umane più spiacevoli. Dovremo avere il coraggio di assegnare alla motivazione «denaro» il suo vero valore.”

John Maynard Keynes

Quotidianamente i media ci travolgono con notizie riguardanti la crisi economica che sembra senza fine, la disoccupazione sempre più alta e improbabili riforme fatte più per illudere, ed ottenere consensi elettorali, piuttosto che per risolvere queste effettive problematiche. Non a caso in molti affrontano il loro lavoro con l’idea di tenerselo stretto e sono disposti a tutto pur di non perdere quello che già possiedono. 

Tutto questo perché la nostra società è sempre più costruita sulla logica del debito; per ottenere ciò che viene offerto come indispensabile, per uno scampolo di felicità materiale, si aprono finanziamenti, si cercano mutui, abbracciando in modo spensierato tutto ciò che lega ancora di più la persona alla catena del denaro, vincolando la propria libertà all’oggetto bramato e acquistato. Infatti è proprio per tentare di accumulare ricchezza che la moderna ideologia invita a fare i sacrifici reali, il resto viene relegato al tempo libero e quindi alle poche ore che restano tra il lavoro e il dormire. Cos’è questo resto? È quella parte della vita che gli antichi consideravano l’unica vita possibile, è la famiglia, è la ricerca della Conoscenza, sono i propri affetti e le proprie passioni, sono tutte quelle realtà che “costruiscono” l’essere umano, che gli danno la forma e, soprattutto, la sostanza più profonda.

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Non a caso siamo passati da una Civiltà che, citando Dante, sosteneva “perder tempo a chi più sa più spiace” al nuovo e moderno detto “il tempo è denaro”. Persino l’ambito politico è ormai preda di questo tipo di mentalità. I credi e gli ideali, i cui valori si fondano su una società comunitaria, protesa verso l’esterno e nemica di ogni forma di individualismo, non possono avere spazio in questi nuovi partiti dominati dalla finanza e dalla logica dell’utile.

Stiamo vivendo in un mondo figlio di due ideologie che, nella loro apparente contrapposizione, hanno permesso l’attuarsi della medesima rivoluzione, trasformare l’uomo da essere depositario di un mistero a mero strumento di lavoro e di denaro. Queste ideologie sono il capitalismo e il comunismo, due realtà che hanno fatto del materialismo la base stessa del loro esistere. Parlo di comunismo e non di marxismo, perché all’interno del pensiero di Marx esiste ancora una forma di tutela dell’uomo contro l’avidità dominante dei forgiatori della rivoluzione industriale. Il comunismo, invece, è stato il compagno di viaggio del pensiero capitalista ed è per questo che assistiamo all’ascesa della sinistra del capitale che tende a difendere gli interessi della finanza internazionale con più vigore dei liberali stessi. L’illusione capitalista, legata all’onnipotenza finanziaria, sta collassando, però, sotto le sue stesse speculazioni. Basti pensare al crollo delle banche statunitensi (Lehman Brothers), uccise dai loro prodotti tossici (mutui subprime) o al tracollo economico che da quel momento sembra non avere più fine. Forse siamo arrivati al momento predetto da Keynes in cui falsi valori “pseudomorali” stanno dimostrando i limiti dell’ideologia dell’accumulo della ricchezza; forse siamo arrivati al momento in cui dobbiamo tornare a dare al denaro il suo giusto valore riconsiderandolo come mezzo e non più come fine; forse siamo arrivati al momento di dare centralità a quella vita resa residuale dall’avidità materialista.

Aristotele aveva definito l’uomo come “animale politico”, nel senso di un essere proteso verso gli interessi sociali della Polis e quindi lontano dalla cupidigia dello sterile egoismo. Proprio per questo la logica comunitaria è l’unica base su cui un’umanità redenta, o non ancora corrotta, può trovare le armi adatte per contrapporsi al nichilismo dominante. Dalle tribù celtiche e germaniche alle poleis greche, la comunità è da sempre la radice della più antica Civiltà europea, di quell’albero da cui nacquero il senso dello Stato, la spiritualità religiosa, l’amore per la Sapienza e la Bellezza artistica. Il senso comunitario, infatti, orienta la persona a forgiare la propria individualità al fine di renderla sempre più feconda sia per sè che per gli altri e, per questo motivo, è una tensione creatrice, perché spinge l’individuo ad uscire da se stesso portandolo a limitare il proprio egoismo per il bene comune.

Nell’ambito sociale, la Comunità si lega indissolubilmente al concetto di “Patria”, o meglio di “terra dei padri”, e indica quella realtà culturale ed etnica unita da una storia comune fatta di tradizioni e di un medesimo idioma. Questa realtà ha subito il contraccolpo della dominante ideologia globalizzante, forgiata dalla logica internazionale dei lavoratori (mondo comunista)

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da una parte, e dall’educare i giovani ad essere “cittadini del mondo” (mondo capitalista) dall’altra. Non a caso lingue internazionali hanno preso sempre più il sopravvento sulle lingue locali, per non parlare dei dialetti, sostituendo termini millenari con altri più moderni, ma poveri dal punto di vista semantico. Facile intuire il perché si sia cercato di creare una società di apolidi, perché nascondere le radici culturali di interi popoli rende più semplice il dominio di questi da parte di chi è ben consapevole, invece, della propria cultura e tradizione. Però in Europa, grazie alla fine dell’illusione del cosiddetto “sogno americano”, stiamo assistendo a sempre più violente proteste dei popoli nei confronti della politica omologante di Bruxelles. Si è sempre meno disposti ad assecondare la propaganda volta a rinnegare le proprie radici in nome di un progetto che, rinnegando tutto, può essere utile solo per quei pochi che hanno da guadagnarci. Dal mito della globalizzazione si sta riscoprendo, infatti, l’importanza dell’agricoltura a chilometro zero e dell’economia locale. Lo sguardo e l’interesse sta tornando ad essere ancorato nella terra nella quale si vive, alla comunità alla quale si appartiene.

In Italia si dovrebbe tornare a valorizzare la storia dei molti comuni, a guardare non più verso una nazione frutto di un’ideologia, ma ad una Patria figlia di una storia millenaria, forgiata in molte storie locali. Solo questa visione comunitaria e patriottica potrà ridare slancio ad un progetto nazionale ed europeo, a quell’Europa dei popoli che, al momento, rimane solo nei sogni di molti europei. Al momento questo processo è ancora embrionale, ma la formazione dei cosiddetti partiti euroscettici dimostra che il cammino per una nuova Europa è già iniziato.

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“Io vi insegno l'oltreuomo. L'uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per

superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l'uomo? Che cos'è per l'uomo la scimmia?

Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l'uomo per l'oltreuomo: un

ghigno o una dolorosa vergogna.”

O LA SVOLTA O LA VITA

La “destra radicale” non è mai decollata. Quando è andata bene ha svolazzato a qualche metro d’altezza subito centrata dalla contraerea di chi, “dell’ambiente” pure lui, non era riuscito a decollare. Poi è toccato a chi era rimasto a terra e le parti si sono invertite, in un loop senza soluzione di continuità. Si gonfia un gruppo si sgonfia un altro. E’ così dai tempi del M.S.I. e non è mai cambiato. Come non è cambiata, se non in meglio, la facilità con cui uomini dei servizi, informatori vari e parlatori incontinenti sono sempre riusciti ad infiltrarsi in questo o in quel gruppo riuscendo sempre a mandare tutto a puttane o a tenere comunque la situazione sotto controllo. Non sono mai mancati neppure i “grandi vecchi” che ancora oggi sono convinti di essere più grandi che vecchi. Di solito sono quelli che hanno fallito in gioventù e cercano una rivincita da venti o trenta anni a questa parte. Non parliamo della divisione settaria basata su poche e scopiazzate idee e sul tentativo di curarsi un piccolo giardino avanti la villetta a schiera della periferia, scambiato per un campo d’addestramento spartano. Per cosa, poi? Possibile non ci si accorga che questo stato di cose non potrà che portare al fallimento assoluto? Certo, la fotografia che ne esce seppur onesta è del tutto ingloriosa ed è un peccato, perché gente seria ce n’è. E parecchia. Ma è proprio la gente seria che dopo qualche tempo è costretta a lasciare. Qualcuno dice che i migliori se ne vanno. Non sono i soldati che scarseggiano, e neppure ufficiali e sottufficiali, sono i condottieri. Quelli con una visione d’insieme. L’altro problema è l’ideologismo. Esistono più sette che gruppi, più bande che organizzazioni. Sia chiaro, la nostra piena stima va a chi si impegna quotidianamente nelle piazze, ma questo tipo di militanza non è più sufficiente. E’ come se fossimo chiusi in una gabbia. Ringhiamo da dietro le sbarre come bestie feroci, la porta è socchiusa ma non vogliamo uscirne. Non vogliano lasciare la nostra “comfort zone”. E allora si può sperare in una via d’uscita? Nonostante tutto, noi ci crediamo. O siamo pazzi o siamo idealisti, oppure entrambi e ci sono sempre piaciute le sfide impossibili. Ma i tempi

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sono davvero stretti. O si cambia ora e per davvero o si chiude. Ci piace immaginarla come una nuova Battaglia di Berlino ma questa volta combattuta per vincere. Ma dev’essere qualcosa di davvero rivoluzionario. Come ha detto qualcuno qualcosa di inclusivo, esclusivo ma non escludente, qualcosa che unisca non che divida, qualcosa che faccia politica ma che non conosca la parola compromesso, qualcosa che serva a rafforzare non a indebolire, qualcosa che travolga e sia esempio.

Ormai l’Italia è invasa da milioni di stranieri di ogni razza e nazionalità. A parte una minima percentuale che è riuscita ad integrarsi, la gran parte non ne ha alcuna intenzione, non ha nulla da perdere ed è pronta a tutto per sopravvivere. Aggressioni, furti, stupri, omicidi, violenze di ogni genere, occupazioni di alloggi supportati dai centri sociali sono all’ordine del giorno. Toni Negri lo scriveva già vent’anni fa, l’antirazzismo avrebbe preso il posto di lotta di classe e antifascismo. La Famiglia è sotto assedio. Gli italiani sono allo sbando. Da una parte vessati da una pressione fiscale ormai insostenibile, dall’altra incapaci di opporsi in maniera strutturata ed organizzata alle ormai evidenti ingiustizie e alle prevaricazioni di chi dovrebbe tutelare i cittadini, Stato e Istituzioni.

Qualche giorno fa le manifestazioni a difesa della Famiglia, organizzate in tutta Italia da un movimento assolutamente trasversale come “Le Sentinelle in piedi” sono state contestate pesantemente. In alcuni casi le contestazioni sono sfociate addirittura in gravi aggressioni da parte della galassia cosiddetta antifascista. Le FdO non hanno fatto o, preferiamo pensare, potuto fare nulla per difendere il sacrosanto diritto dei cittadini a manifestare. A Milano la sinistra giunta di Pisapia, il difensore dei pedofili del “Forteto” si è ormai tolta la maschera. Pensa esclusivamente agli interessi di stranieri, zingari, froci e zecche. Difficile credere che non ci sia una strategia in tutto questo. La nostra non può di certo restare quella attuale. I vari gruppi non possono immaginare di restare ognuno aggrappato esclusivamente ai propri colori, ai propri slogan, alle proprie liturgie più o meno ortodosse ed evidentemente prive di appeal per nuove leve. I militanti son sempre quelli, entrano ed escono dai vari gruppi come in vasi comunicanti. Non è più pensabile di ritrovarsi tutti assieme esclusivamente in occasione della celebrazione del ricordo di Sergio Ramelli. Non è più pensabile avere i numeri solo il 29 aprile peraltro senza sfruttare a pieno la situazione. Serve una strategia ad ampio respiro. Serve un coordinamento tutto l’anno. Serve un’unità di intenti. Serve quello che tutti gli onesti pensano. Non si tratta di “unità d’area”, si tratta di intelligenza e buon senso. Si tratta di fare un piccolo passo indietro per fare tutti assieme un balzo in avanti. Per attaccare e vincere non per continuare a difendersi.

“L’Audacia reca in sé magia, genialità e forza”

J.W. Goethe

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GRANDE INDUSTRIA VS PMI - QUANDO IL LAVORO DIVENTA PREVARICAZIONE

"Se chiudiamo noi, chiudete pure voi!" gridano a gran voce i dipendenti delle Acciaierie di Terni, che stavolta manifestano non contro i vertici tedeschi, ma per il centro della città, tra negozianti basiti e avventori presi alla sprovvista. Una marcia colorita e numerosa, una protesta senza bersaglio. Ma le parole rivolte ai titolari dei locali "chiudiamo noi, chiudete voi", aiutano a capire come il problema vada ben oltre l'acciaio, evidenziando la difficoltà di un mondo produttivo in crisi a cogliere la realtà in cui vive.

Il serpentone attraversa i vicoli e le strade della "Terni da bere"; i luoghi simbolo delle notti della Conca per un attimo smettono di trasmettere musica e di servire i clienti. Tutti gli occhi sono puntati sui manifestanti, forse convinti che gli esercenti non siano abbastanza motivati a difendere lo storico centro metallurgico. Una scena già vista, il 18 giugno del 2013 quando, in occasione del corteo dei sindacati, i commercianti furono costretti ad una serrata generale. Persero una giornata di lavoro e di produttività, ma nessuno parve farci caso.

I clienti si alzano dalle sedie per applaudire gli operai, senza accorgersi del malessere silenzioso alle loro spalle: sono i gestori che, assistendo a quella sceneggiata, vorrebbero forse far presente come il rischio chiusura non dipenda dalle sorti dell'AST, ma sia costante a causa delle tasse, della crisi e del calo del potere d'acquisto. E che una boutique che scrive

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“closed” sulla vetrina e manda a casa la commessa e la cassiera è pur sempre un dramma per chi, da un giorno all'altro, si trova senza reddito. Una maggioranza taciturna, ignorata dal corteo, il cui silenzio è però fragoroso.

"Se chiudiamo noi... nessuno ci fila" fa un barista. La piccola media impresa, l'esercito delle Partite Iva, gli artigiani sono i soggetti più vessati da sei anni di crisi e dalla tassazione del lavoro. Certo, un baretto che serve gin tonic non è una realtà produttiva paragonabile all'AST o alla Merloni, eppure quel locale insieme a molti altri costituisce un pezzo della trama del tessuto economico regionale e nazionale. Già, perché forse qualcuno lo dimentica ma uno dei perni occupazionali italiani è proprio la PMI, la piccola media impresa per la quale di scioperi e manifestazioni a sostegno se ne vedono piuttosto pochi.

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“È importante, è essenziale, che si costituisca una élite la quale, in una raccolta intensità, definisca secondo un rigore intellettuale ed un'assoluta intransigenza l'idea, in

funzione della quale si deve essere uniti, ed affermi questa idea soprattutto nella forma dell'uomo nuovo,

dell'uomo della resistenza, dell'uomo dritto fra le rovine. Se sarà dato andar oltre questo periodo di crisi e di

ordine vacillante e illusorio, solo a quest'uomo spetterà il futuro. Ma quand'anche il destino che il mondo

moderno si è creato, e che ora sta travolgendolo, non dovesse esser contenuto, presso a tali premesse le

posizioni interne saranno mantenute: in qualsiasi evenienza ciò che potrà esser fatto sarà fatto e

apparterremo a quella patria, che da nessun nemico potrà mai essere né occupata né distrutta.”

IL FASCISMO OLTRE L’IDEOLOGIA

Il fascismo è largamente inteso come un epoca assai più buia del Medioevo, basta solo citarlo ed ecco che il nostro interlocutore cambia completamente espressione del volto. Balzano alla mente squadracce con manganello ed olio di ricino, la voce impostata del Duce, i bambini vestiti da balilla ecc.

Sul fascismo, in realtà, si è detto un po' di tutto. Per essere presi sul serio in ambito storico, basta screditarlo e ridicolizzarlo. I più pensano a un regime promosso da matti ed esaltati, istituito per proteggere la grande borghesia ed il capitale, seguito da un popolo semi-analfabeta e facilmente malleabile che a guerra terminata (la Prima) gettò le basi per l’industrializzazione del Paese, poi catapultato in una guerra spietata (la Seconda) dalla quale il popolo italiano uscì in ginocchio.

Questa è la versione ufficiale, ma come spesso avviene... non convince. La revisione, dovrebbe in ambito storico rappresentare la norma, giacchè le varie tesi, dovrebbero essere rivisitate via via che nuovi documenti, testimonianze e nuovi possibili punti di vista affiorano. Tale “storia in divenire”, nel caso contingente, risulta quanto mai necessaria dato che la vicenda del fascismo è stata narrata dai vincitori della guerra, che come è noto, del fascismo furono acerrimi avversari.

Chiaramente le vicende storiche non possono che essere adattate alle necessità del momento storico e del futuro che i vincitori immaginano. Purtroppo il passare del tempo non sembra giovare alla sedimentazione del problema, in molti si servono ancora della storia per fini ideologici, politici ed economici con il risultato di avere creato delle"religioni" pseudo- storiografiche che rafforzano, senza spirito critico alcuno, le sopracitate bugie di guerra scritte dai vincitori.

Non si vogliono lavare le colpe, ma semplicemente cercare obbiettività nella valutazione di tutti gli aspetti, senza pregiudiziale ideologica ed etica. L’ideologia fascista è stata scarnificata nei suoi contenuti e nelle sue specificita'. Il neo-fascismo, frequentemente inteso come movimento che si pone in rapporto di continuità col fascismo, ne rappresenta in realtà la negazione, ma alle odierne èlite del potere va benissimo così.

Il fascismo del resto, rappresenta uno dei momenti storici meno compresi anche perché attinge da un immaginario assai differente da quello attuale. Non possono essere utilizzati i parametri odierni, le classificazioni cui la scuola ci ha abituati per comprendere in profondità quel momento storico. Bisogna davvero immergersi nel passato quando si vuol trovare l’essenza di questo o quel periodo storico, quando si vuole davvero ricercare la verità anziché far propaganda da quattro soldi.

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SINDROME DA DUCISMO

Il peggior amico del post fascismo? Il Fascismo!!!

No, non sto delirando...è la verità...

Se non ci fosse stato il fascismo non ci sarebbe stato questo fenomeno da baraccone del post (...o neo...) fascismo e con esso il fenomeno imperante in tutta l’area della cosiddetta “destra estrema” del ducismo.

Sinceramente non sono andato a vedere se esiste questo termine, e risparmio anche a voi la fatica, perché esistente o no, è una realtà a cui tutti, militanti, simpatizzanti, approfittanti (…tanti...), curiosi hanno almeno una volta dovuto far fronte frequentando l’ambiente... il nostro ambiente!!!

Personalmente non conto nemmeno le volte in cui mi sono trovato a chiacchierare con qualcuno che ha esordito con la frase “te lo dico io come stanno le cose”, “ascolta me che queste cose le ho vissute”, “io milito da quando tu avevi 7 anni”... che noia...

Soprattutto perché poi queste stesse persone, quando io sono fuori con il freddo ad attaccare i suoi manifesti, sporco di colla fino alle mutande, presenziano a qualche fottuta conferenza o se ne stanno a casa a trastullarsi davanti a qualche inutile talk show a sfondo pseudo politico.

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La mia è una militanza relativamente “giovane”, eppure se ripercorro brevemente questi anni, il primo dato che mi viene in mente sono i tanti cambiamenti che l’hanno caratterizzata.

Sono passato per la FIAMMA TRICOLORE, per il FRONTE NAZIONALE, per l’ASSOCIAZIONE CULTURALE LIMES, ho sfiorato diverse volte ALLEANZA NAZIONALE per poi diventare un “cane sciolto”... termine che significa tutto e niente... Ciò che però ha sempre caratterizzato la mia militanza è la passione per il gruppo umano, questa strana amalgama di follie, psicopatie e cameratismo che per certi versi ho tutt’oggi la fortuna di avere accanto.

Eppure ripensando a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, un velo di rabbia c’è... lo ammetto!

Vedo dall’altra parte della barricata eterogeneità mascherate dall’ipocrisia, come ad esempio i figli di una cultura globalizzante manifestare la loro avversione alla globalizzazione (...ma cazzo... quando io leggevo i libri pubblicati dalla S.E.B. sulla globalizzazione a sinistra non sapevano nemmeno cosa fosse...) eppure marciano compatti, nelle occasioni importanti si trovano su di un unico fronte, che quasi sempre ha il solito becero nome... ANTIFASCISMO!

Per noi non è stato quasi mai cosi; i personalismi, il bisogno di difendere il proprio piccolo territorio e non da ultimo la diffidenza cronica verso l’altro, ha portato alla creazione di correnti assurde... nazimaosisti, nazisti, terzomondisti, tradizionalisti, nicciani, evoliani, conservatori, anarchici di destra ecc....

Eppure siamo sempre noi, gli stessi grandi sognatori, abbiamo le stesse grandi utopie che ci portano a militare dalla parte degli sbagliati, di quelli che Morsello definiva “i figli venuti male”!

Il nostro incitamento è solo questo, BASTA CON LE DIVISIONI, basta con il ducismo... stabiliamo che il fascismo è stata un’esperienza, un momento di storia al quale guardare con quel rispetto che l’ipocrisia collettiva vorrebbe cancellare, ma non permettiamo che ci rubi il presente e soprattutto il futuro. Il nostro richiamo, piccola voce in un rumore assordante, è perché anche da queste pagine “virtuali”, possa nascere la riscossa di chi è stanco di farsi indicare la “retta via” da chi, pure meritevole di rispetto per aver vissuto esperienze come il ventennio, il dopoguerra o gli anni piombo, non ha la cognizione di cosa voglia dire essere “controcorrente” nel 2007... solo noi lo sappiamo... solo noi possiamo e dobbiamo vivere il nostro futuro!!!

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CON LEGA DEI POPOLI E SALVINI LANCIAMO LA NOSTRA SFIDA IDENTITARIA INTERVISTA A VINCENZO SOFO

I “bei tempi” della destra alla Anubi, col suo deleterio culto dei morti sono finiti. Addio anche ai vari superatori (a destra ma senza freccia) del fascismo e della destra, ai nazional rivoluzionari da operetta, ai baciapile e ai fissati con le teorie di Otto Rahn. Per la seconda volta in meno di cento anni, Milano fa da sfondo ad un cambio di rotta epocale. Il 18 ottobre 2014, centomila persone assistono a qualcosa di molto simile, per impeto e forza, ma dai contenuti attualissimi, a quella che un tempo qualcuno definì “ la più audace, la più originale e la più mediterranea ed europea delle idee”.

Milano 18 ottobre: in piazza per?

In piazza per manifestare contro la scellerata operazione Mare Nostrum, ma non solo. Il 18 ottobre sarà un punto di svolta per il progetto di costruzione di un fronte identitario in stile Front National: un progetto che Salvini ha lanciato per la prima volta nell'estate 2013 in occasione di un convegno da me promosso con il circolo Il Talebano e il giornalista Pietrangelo Buttafuoco. Con sabato, Salvini verrà incoronato leader assoluto di questa nuova alleanza e metterà a tacere i residui di perplessità, resistenze e concorrenze ancora presenti dentro e fuori la Lega. E partirà ufficialmente al centrosud il nuovo soggetto della Lega dei Popoli, sul quale il senatore Raffaele Volpi sta lavorando da diversi mesi.

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Solo LN o anche altre sigle della politica?

La annunciata partecipazione di movimenti e associazioni esterni alla Lega Nord è sicuramente un dato politico importante, proprio perchè certifica il successo dell'azione di apertura da parte di Salvini volto a dare trasversalità e ampio raggio al suo progetto. Così facendo, è riuscito a dare un'insperata chance di salvataggio ad una destra ormai in via di estinzione a causa di frammentazioni e incoerenze dei rappresentanti che negli anni si sono susseguiti. Le varie realtà di destra hanno ora, grazie a Salvini, la possibilità di tornare ad esser protagonisti del presente, ma devono avere il coraggio di abbandonare i vecchi colonnelli e la capacità di non cadere più in tentazioni egoistiche che fino ad oggi hanno loro impedito un'unitarietà fondamentale per incidere. Proprio quell'unitarietà che oggi la nuova Lega Nord di Salvini sta offrendo a tutte le forze identitarie.

Frontex arginerà a suo avviso i flussi migratori?

Al contrario, li favorirà proprio come sta avvenendo con Mare Nostrum. L'aumento esponenziale di nuovi immigrati disposti a tutto in paesi in crisi e senza capacità di assorbimento, aumenterà la tensione con una popolazione già provata dall'involuzione economica. Questo avrà acuirà anche i problemi sociali, legati alle rivendicazioni che giungeranno dai nuovi arrivati. Il tutto finalizzato ad indebolire l'identità e la solidità del nostro popolo, il che consente ai governanti nostrani ed europei di imporre le proprie decisioni senza incontrare alcuna opposizione dal basso. Ma serve anche,

aspetto poco considerato, a svuotare i paesi di origine dei migranti delle forze più vitali e produttive, agevolando le operazioni colonizzatrici da parte dell'Occidente, come infatti sta accadendo in Africa.

In Ue siete l' unica forza euroscettica italiana. Quale sarà la vostra linea di condotta sul tema immigrazione nel corso del mandato?

La linea di condotta non può prescindere da un'opposizione dura all'apertura indiscriminata delle frontiere europee, così come alle direttive che accollano l'accoglienza dell'immigrato in toto al primo paese dove questo mette piede. Un principio in palese contrasto con la solidarietà tra paesi e popoli europei della quale l'Unione Europea ama blaterare, oltre che un principio evidentemente affermato per esentare soprattutto la Germania da qualsiasi responsabilità, dato che guarda caso si trova in una posizione geografica tale da essere molto difficilmente raggiunta per prima da questi flussi. Per contrastare questa deriva, è necessario rafforzare il più possibile la rete dei movimenti identitari europei e aprire un canale di dialogo con la Russia in chiave eurasiatica, proprio come sta facendo oggi la Lega Nord.

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NOI CREDIAMO IN UNA SINTESI CHE SUPERI L’AUTOLESIONISTA DUALISMO

DESTRA-SINISTRA

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“[…] L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera

potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò

su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i

piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che

succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini

abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà

abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà

rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da

alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché

non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti,

sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale,

un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e

chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi

indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano

oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il

mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo

ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo

da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il

compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha

fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere

inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro

le mie lacrime. […]”