Sintesi N.1

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1 Numero 1 Ogni idea politica è un organismo vivo. I partiti sono quasi sempre destinati a diventare dei grandi cadaveri gloriosi. Sintesi L’ENERGIA DELL’OSARE

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Sintesi è una rivista gratuita, il cui scopo è divulgare informazioni a carattere culturale, o in ogni caso che risultino utili ad avere maggiori strumenti per analizzare la società in cui viviamo in modo libero, critico e non condizionato. Senza fine di lucro e senza nessun tipo di finanziamento. Coloro che scrivono per questa rivista, lo fanno per la pura passione di divulgare le loro idee.

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Numero 1

“ Ogni idea politica è un organismo vivo.

I partiti sono quasi sempre destinati a

diventare dei grandi cadaveri gloriosi. ”

Sintesi

L’ENERGIA DELL’OSARE

INDICE

UNA SINTESI OLTRE GLI STECCATI 3 AHI SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO, NAVE SENZA NOCCHIERO IN GRAN TEMPESTA 5 INTERVISTA A CLAUDIO MILLEFIORINI 8 LE CASE (POPOLARI) DELLA VERGOGNA 11 INTERVISTA AD ALESSANDRA COLLA 14 UN UOMO NUOVO MANTERRÀ ACCESA LA FIACCOLA: IL REAZIONARIO 16 FRATELLI D’ITALIA, SALVINI E LA STRANA DOMANDA: “SIAMO DI DESTRA O CENTRO DESTRA?” 19 ANALISI VS SINTESI di Gianni Correggiari 20 TRE ANNI DI PISAPIA: LE CASE POPOLARI di Otello Ruggeri 22

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“L’unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azioni”

REDAZIONE MARCO MANTOVANI

MARCO PETRELLI

GIANLUCA CASTRO

RITA COSENZA

MATTEO DI BELLO

CHRISTIAN LA FERLA

FABIO FERRACCI DARIO LEOTTI

EMILIO GIULIANA

UNA SINTESI OLTRE GLI STECCATI

“Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l’individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.”

Tratto da “La dottrina del fascismo” di Giovanni Gentile e Benito Mussolini

Spesso i media nazionali paventano il rischio di un revanscismo fascista quando individuano, in certi gruppi politici, pensieri riconducibili al ventennio, ma siamo proprio sicuri che queste realtà, cosiddette neo-fasciste, siano reale espressione di questo pensiero?

Come definito chiaramente nel testo tratto da “La dottrina del fascismo”, a firma di Benito Mussolini, l’uomo fascista supera il proprio spirito individualista ed egoista per condurre un’esistenza spirituale, anche di sacrificio, per il bene della Patria e della Nazione.

Essere fascisti significava, per il Duce, trascendere i propri interessi particolari per un bene superiore. Questo principio non fu solo per gli individui in quanto tali, ma anche per le molte idee che divennero parte del variegato mondo culturale e politico sotto il simbolo del littorio. Socialisti, monarchici, liberali, repubblicani, cattolici, pagani, non si rinchiusero in tanti ghetti, ma divennero forza motrice di una rivoluzione che determinò la vita politica dello Stato

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italiano per vent’anni. Un ventennio in cui, di fatto, nonostante le appartenenze sociali, culturali, politiche ed economiche, l’Italia era unita.

Oggi, invece, ciò che rimane dello spirito fascista e della visione comunitarista è ben poco. Si cantano inni e si declamano i motti più celebri. In internet si trovano, persino, definizioni positive di fascismo come “ordine, rigore, potenza, unione, legalità, giustizia, azione, rinnovamento, patria, libertà, amore, lavoro e famiglia.” Tutto vero, per carità, ma l’anima organicistica sociale e politica del ventennio che fine ha fatto?

In alcuni casi, nelle organizzazioni politiche e culturali più nobili e culturalmente preparate, possiamo trovare l’espressione di singoli rami di quello che fu il movimento (tradizionalisti - futuristi - evoliani ecc), ma non la volontà organica di superare le divisioni per un bene comune.

In altri, invece, pur richiamandosi a quei principi, non troviamo proprio nulla dell’ideologia del ventennio, se non una sterile forma espressa in gesti anacronistici, svuotati dal loro contenuto simbolico e spirituale. Inoltre molte di queste realtà hanno assorbito l’immagine del fascismo voluta dalla cultura del dopo guerra, un’immagine che vuole il fascista ignorante e violento, legato a logiche pseudo militariste, totalmente disadattato dal punto di vista sociale, e rinchiuso in un mondo nostalgico, lontano dalla realtà. Inutile dire che quest’ultimi gruppi sono utili solo ai detrattori del fascismo stesso. Risultato: tanto rumore per nulla.

Ecco che, allora, occorre tornare a guardare oltre gli steccati, fare una sintesi tra i differenti pensieri per ricondurli con forza nel mondo reale. Questa, in poche parole, è la proposta che spinge la comunità riunitasi dietro la rivista “Sintesi”.

Noi vogliamo offrire, a coloro che desiderano trasformare le loro idee in azioni concrete, una piattaforma su cui esprimere il proprio punto di vista, i propri valori, in modo da formare una realtà organica capace d’esaltare le varie differenze. Tutto questo al fine di difendere, costruire e tramandare la nostra Patria, intesa come Tradizione, come Civiltà storica e meta-storica fondante il nostro presente, ma soprattutto come l’anima di ciò che noi siamo non solo come cittadini, ma anche come persone.

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L'uomo si distingue dal resto della natura soprattutto per uno strato gelatinoso di menzogna

che lo veste e lo protegge

AHI SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO, NAVE SENZA NOCCHIERO IN GRAN TEMPESTA

È notizia di qualche giorno fa: lasciano andare in comunità un boss condannato per mafia perché le sbarre della prigione lo deprimono!!! È una storia talmente assurda e inconcepibile che lascia senza parole.

Dal 31 ottobre invece la micidiale operazione “Mare Nostrum” lascerà gradualmente il posto a “Triton” gestita coi fondi europei. Ma cosa cambierà? A parte il fatto che, secondo quanto dichiara il ministro Alfano, “per l'operazione della Marina militare l'Italia ha speso in un anno 114 milioni di euro, 9,5 milioni al mese. Mentre da domani la nuova operazione di pattugliamento delle frontiere, Triton, costerà 3 milioni di euro al mese ma sarà pagata da Frontex, quindi all'Italia costerà zero euro”; la macchina della “solidarietà di facciata” continuerà a produrre tensioni e disperazione.

In una recente inchiesta del Corriere della Sera si sottolineava che un qualsiasi migrante, anche proveniente da zone e paesi non apertamente in guerra o soggetti a tirannia o dittatura, può fare richiesta di asilo politico appena sbarcato.

Viene iscritto negli appositi registri e gli vengono assegnati i sussidi e sostegni previsti dalle leggi in materia, leggi e norme che ogni migrante conosce benissimo anche se non parla nemmeno una sillaba di italiano. La sua pratica viene analizzata in circa un anno di tempo e forse respinta. Poco male! Può fare ricorso e continuare ad essere sostenuto ed aiutato dalla società civile. Nel caso anche il ricorso fosse respinto c’è sempre l’ultima possibilità di appello. E con i tempi della nostra meravigliosa burocrazia il tempo totale può arrivare tranquillamente a superare i tre anni!

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In un anno Mare Nostrum, ci informa gentilmente il ministro Alfano, ha soccorso 100.250 persone! Per almeno tre anni saranno tutte e carico dei cittadini italiani e poi scompariranno nel nulla alimentando mafie e criminalità, organizzazioni delinquenziali e pure quelle assistenziali che su queste drammatiche situazioni ricevono sostanziosi contributi ed aiuti statali ed ora, si legge sulla stampa, un cartello di associazioni, tra le quali Arci, Acli e Caritas, ha lanciato un appello al governo affinché Mare Nostrum venga mantenuto…!

Non la dice lunga questo fatto?

Quanto lucrano e quanto ricavano queste ed altre associazioni dall’assistenza unidirezionale? Perché non sono in giro nei quartieri delle periferie più disagiate ad aiutare, assistere e sostenere i moltissimi italiani che non riescono a sopravvivere con misere pensioni, lavori precari e sottopagati e spesso anche senza casa? Italiani bistrattati e dimenticati dallo Stato e sempre più spesso circondati da illegalità e soprusi quasi sempre perpetrati dai loro preziosi assistiti!

Chiediamo solo che torni la ragione e l’attenzione ai problemi della gente comune, quella per bene che oggi non è considerata perché non sono rom o migranti o clandestini.

Chiediamo la pace e la sicurezza, la tranquillità e la convivenza civile. Chiediamo di poter camminare per le strade delle nostre città senza venir scippati, derubati, molestati, aggrediti. Chiediamo che gli italiani possano nuovamente avere il diritto all’assistenza, alle scuole, alle mense, agli asili.

Non vogliamo essere presi per i fondelli con gli 80 euro del bonus bebè, vogliamo una seria politica che si occupi davvero e in modo strutturale delle famiglie italiane, cominciando dalle detrazioni fiscali per i figli a carico. È accettabile che uno studente che guadagna 2.840,51 euro all’anno non lo si possa più considerare nei carichi di famiglia? Oggi così è, conseguentemente le famiglie non possono più scaricare né le spese universitarie né le spese mediche, ecc . Per i nostri governanti guadagnare 2.840,51 all’anno, pari a 7.78 euro al giorno, sono sufficienti per mantenersi e quindi non più contemplabili nei carichi di famiglia.

Mentre per ogni immigrato, profugo o clandestini che sia, si è stimato un costo di circa 2.400 euro al giorno?

Noi non siamo razzisti! Non lo siamo mai stati e non vogliamo diventarlo ora per colpa di governanti dissennati!

Non si può più restare alla finestra sperando in tempi migliori, è doveroso da parte di ognuno di noi fare di tutto per cambiare direzione, è ora di dire basta alla mancanza di volontà politica che porta all’inazione e al proliferare di soprusi, è ora di cambiare rotta e

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smetterla con gli ormai superati giochetti ideologici di quel che è di destra e di quel che è la sinistra e solo questione di onestà intellettuale, di serietà e di competenza e soprattutto di rispetto del popolo italiano paga lo stipendio a chi avrebbe il dovere di governare con la diligenza del buon padre di famiglia.

Per riuscire a ridare dignità e credibilità all’Italia e agli italiani non ci servono alleanze con i soliti noti, acrobati e contorsionisti della vecchia politica abilissimi solo a tenere il piede in tutte le scarpe possibili e il sedere su tutte le poltrone disponibili. Non ci servono marionette filo guidate dalle banche, dai soliti poteri forti, o dalla rete di un guitto che ormai ha perso ogni credibilità. Non ci servono showman, showgirl e lacchè di altri tempi che son disposti a tutto per compiacere il padrone del momento.

Ci servono persone con l’orgoglio di essere onesti, ci serve chi è davvero disposto a servire i cittadini, esponendosi in prima persona, senza pensare a tornaconti personali, a tristi trucchetti della vecchia politica, a pastette e inghippi con le varie lobby che per troppi anni sono state libere di agire impunemente.

Ci servono persone che, facendo tesoro della storia passata, riescano a non scivolare nei giochetti pseudo-ideologici e che sappiano guardare al futuro ridando all’Italia e agli italiani la dignità e la credibilità che ci è stata tolta.

A proposito, io ho un giradischi con la chiavetta usb, evidentemente c’è chi non è neppure all’altezza di collegare due fili, figuriamoci governare l’Italia!

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“Guardateli come vanno in giro a supplicare l'elemosina di un voto: ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi, treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo

o a cena: sanno mangiare con coltello e forchetta, e con coltello e forchetta si

mangeranno i vostri risparmi. L'Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento

uomini appartengano all'Italia? ”

INTERVISTA A CLAUDIO MILLEFIORINI LABORATORIO CULTURALE “TRISKELION”

“Credo che un progetto politico di destra, inteso come alternativa al centro e alla sinistra che attualmente governano insieme in Italia, debba saper leggere la situazione attuale e proiettarsi al futuro” Così Claudio Millefiorini (fondatore insieme a Riccardo Merolla del Laboratorio culturale Triskelion – Perugia) risponde ad una nostra domanda sulla possibilità di una rinascita politica della destra in un “Front National all'italiana” o nel partito unico, del quale sentiamo tanto discutere.

Seppure scettico sulla riproposizione, in chiave nostrana, del percorso intrapreso da Marine Le Pen, il nostro interlocutore non lesina critiche ad un ambiente che “passa mesi a discutere, internamente, se utilizzare o meno la fiamma nel simbolo” mentre fuori il mondo cambia, impone nuove regole e gli elettori orientano la propria scelta in base ad esigenze che lo schematismo “destra – sinistra” non può più contenere.

Analisi e riflessioni che Claudio e Riccardo propongono in cicli di incontri ed iniziative, mirati a coinvolgere ed informare i cittadini “in maniera serena e senza condizionamenti esterni”, facendo di Triskelion un riferimento per l' “area non conforme” per perugina e umbra.

Claudio, cos'è Triskelion?

“Triskelion è una associazione culturale nata nel 2009 che opera principalmente nel territorio perugino, anche se poi col tempo il suo nome si è fatto conoscere anche in altre realtà della provincia”.

Quando e perché nasce il vostro progetto politico e culturale?

“Nasce ad inizio 2009, dall'esigenza di creare uno spazio di carattere principalmente culturale all'interno del quale affrontare in maniera serena e senza condizionamenti esterni, i temi dell'attualità e quelli del cosiddetto universo "non conforme". Nella nostra lunga militanza abbiamo spaziato su più argomenti, dall'economia alla storia, passando per il giornalismo, la politica estera, questioni di carattere sociale ed anche la musica alternativa;

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abbiamo avuto come ospiti giornalisti, scrittori, blogger, storici, cercando di portare i nostri eventi, principalmente convegni, nei luoghi più centrali di Perugia e all'università, proprio per far passare il messaggio che non vogliamo ghettizzarci, ma tutt'altro vorremmo sensibilizzare il più possibile, nei confronti dei temi che mano a mano trattiamo, i nostri coetanei, i ragazzi più giovani ed anche qualcuno più attempato che ai nostri appuntamenti non manca mai”.

Siete una realtà indipendente o legata ad un partito?

“Triskelion è un laboratorio che fa cultura in maniera indipendente e fuori dagli schemi di partito. Nel nostro percorso ci siamo ritrovati quasi sempre attorno a un tavolo a ragionare sul da farsi tra persone con alle spalle diverse esperienze e questa è la cosa più bella, è il trionfo dell'idea che unisce, la sostanza che prevale sulla forma. La nostra è una Comunità che col tempo sta imparando a camminare con le gambe proprie, non è nata all'interno di un partito e non morirà con la morte di un partito. I partiti sono solo un mezzo, non un fine”.

Quali sono i vostri obiettivi?

“L'obiettivo di Triskelion è quello di coinvolgere ed informare, in maniera diversa dai canoni a cui siamo abituati quotidianamente, per quello spirito di militanza, che ci ha sempre accompagnati e di servizio verso chi è interessato ai temi che proponiamo.

Soprattutto però, Triskelion nasce come strumento di crescita personale. Riuscire a valutare i fatti d'attualità mettendoli sotto la lente di ingrandimento, andando oltre la semplice notizia, ma inserendoli in una dimensione spazio-temporale più ampia, è una operazione non semplice per la quale serve lucidità ed una predisposizione a camminare sempre sul confine tra realtà e complottismo preventivo, stando sempre attenti a non cadere in quest'ultimo. È sicuramente una esperienza che dal punto di vista culturale deve lasciare qualcosa a chi ha partecipato in maniera attiva, fondamenti che poi possano risultare utili per il percorso che ognuno di noi vorrà intraprendere, in politica, nel lavoro ed in qualsiasi tipo di rapporti sociali”.

Ha sentito parlare del "Front National italiano"? Se sì, che idea se ne è fatto?

“Personalmente non credo molto a questi tentativi di emulazione, in quanto ogni paese ha le sue peculiarità di carattere sociale ed il suo sistema politico. In Italia siamo schiavi dell'apparenza e del politicamente corretto, viviamo in un paese in cui chi cerca spazio a destra passa mesi a discutere, internamente, se utilizzare o meno la fiamma nel simbolo, mentre i giornalisti in tv cercano audience facendo ancora oggi domande sul fascismo, invece di cercare di stimolare soluzioni a problemi gravi che necessitano attenzione: situazioni tipo queste non facilitano la nascita di un grande movimento di destra tipo il FN

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della Le Pen. Senza considerare che - fattore non di poco conto - manca un leader capace di aggregare fino ad attirare una quantità di consensi di quel tipo”.

Pensa possa essere un'occasione per il rilancio politico della destra nazionale?

“Per ovviare alle problematiche relative alla nascita di un unico partito, da noi si potrebbe lavorare su un fronte nel vero senso della parola, una federazione tra più soggetti che condividano alcuni temi, pochi ma chiari e non in maniera confusionaria. Credo che un progetto politico "di destra", inteso come alternativa al centro e alla sinistra che attualmente governano insieme in Italia, debba saper leggere la situazione attuale e proiettarsi al futuro, iniziando da una critica senza sconti a questa idea di Europa che oggi stiamo solo subendo e proponendo un restyling che permetta a tutti di acquisire competitività senza mettersi necessariamente in competizioni con chi viaggia su velocità diverse. Italia, Spagna e Grecia, ad esempio, arrancano di molto a tenere i ritmi della Germania. Una destra che, ad esempio, porti avanti una serrata campagna contro l'euro, sensibilizzando verso soluzioni realisticamente sostenibili e non in un indiscriminato e categorico "no euro" fine a se stesso e che sostenga l'apertura di un dialogo serio con quei paesi, principalmente sul fronte asiatico, che hanno risorse ed una economia con ritmi di crescita oramai molto superiori ai nostri, sarebbe una destra moderna ed orientata al futuro”.

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L'uomo che si isola rinuncia al suo destino, si disinteressa del progresso morale. Parlando

in termini morali, pensare solo a sé è la stessa cosa che non pensarci affatto, perché il fiore assoluto dell'individuo non è dentro di lui; è nell'umanità intera. Non si adempie il

dovere, come spesso si è portati a credere e come ci si vanta di fare, confidandosi tra le vette dell'astrazione e della speculazione

pura, vivendo una vita da anacoreta; non vi si adempie con i sogni ma con gli atti, atti

compiuti nella società e per essa.

LE CASE (POPOLARI) DELLA VERGOGNA

L’edificazione di alloggi popolari, rappresentò nel secolo scorso, alta espressione della volontà redistributiva e solidaristica dell’autorità statale. La presenza delle case popolari sul territorio indicava in modo lampante il frutto del patto sociale fra la Nazione e i suoi cittadini. Là dove sorgeva una abitazione si poteva toccare con mano l’effetto benefico prodotto dal pagamento delle odiate tasse. Si poteva percepire la presenza di istituzioni solide, incaricate dell’amministrazione della cosa pubblica. Laddove sorgeva un palazzo destinato ai meno abbienti, si costruivano reali tutele per il Popolo. Ne son state edificate molte di case popolari nel secolo scorso, alcune bellissime, altre inadeguate, altre disumanizzanti. Nel nuovo secolo se ne son costruite meno e c’è da aspettarsi che in futuro il numero delle nuove costruzioni di questo tipo diverranno sempre più rare. Nelle zone semi-centrali o periferiche delle città italiane, le case popolari costruite un tempo, offrono allo spettatore uno spettacolo desolante, una sensazione di abbandono e di crescente disinteresse delle istituzioni nei confronti dei più svantaggiati. Le crepe sulle facciate, lo sgretolarsi degli stucchi, i parapetti che si frantumano, i muri sbrecciati e l’erba alta sono lì a testimoniare l’inefficienza della politica e della burocrazia. Le istituzioni preposte a vigilare sul decoro, sulla coincidenza fra assegnatario e reale occupante, sulla sicurezza degli stabili, si trincerano nel loro fancazzismo, dietro una rete intricata di leggi e leggine che vengono utilizzate al solo fine di sollevare le istituzioni nel loro complesso, da questa o quella responsabilità, o peggio, per gestire gli alloggi secondo squallide logiche clientelari.

Si riempiono d’inchiostro la Gazzatte Ufficiali e i Bollettini Ufficiali regionali con parole come “sostenibilità” o “barriere architettoniche”, dimenticando le concrete ed impellenti

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problematiche di chi quelle case le abita e di chi una casa nemmeno ce l'ha. Ma proclami ambiziosi e irrealizzabili portano come si sa voti e non costano nulla.

In questo marasma, in assenza di educazione civica e rispetto del prossimo è la jungla. C'è chi scardina porte per occupare una casa non assegnata o assegnata ad altri, magari ricoverati all'ospedale, magari partiti per le vacanze. Chi l'affitta, chi la eredita, chi dopo venti o trenta anni di lavoro, ha comprato il Mercedes anche grazie al vantaggio dell'affitto contenuto ma nonostante ciò non ha nessuna intenzione di andar via, lasciando spazio ad altri più bisognosi.

Poi ci sono quelli che ne avrebbero veramente diritto, quelli che disciplinatamente si mettono in fila e aspettano il loro turno, perchè come è noto gli alloggi son pochi rispetto alle necessità. Ma se segui le regole spesso i tempi di attesa sono lunghi e magari sul piano dei requisiti, capita di vedersi scavalcati da famiglie di immigrati.

Basterebbe in fondo che le case fossero mantenute attraverso periodici interventi di manutenzione e destinate solamente a chi ne ha realmente i requisiti Da qui bisogna partire: da una parte occorrerebbe ridare dignità ai poveri, mettendo loro a disposizione alloggi ristrutturati e decorosi, dall’altra bisognerebbe assegnare le abitazioni secondo logiche di necessità, di diritto e aggiungiamo noi: di cittadinanza.

Con riferimento al primo problema, quello di restituire decoro arginando il degrado, un intervento concreto su scala nazionale è più che mai necessario. Non solo servono soldi (ALER in Lombardia ha chiuso il 2013 con un buco di 60 milioni in cassa e 90 milioni di arretrati con i fornitori) ma si tratta anche di utilizzarli adeguatamente. Di questi tempi i quattrini vanno a risanare i bilanci delle banche, vanno alle aziende che producono e vendono cacciabombardieri, vanno alla politica sotto forma di rimborsi elettorali o vanno a finanziare finte missioni di pace. La tendenza è quella di contrarre il più possibile la spesa pubblica, nonostante l'evidente degrado e nonostante il fatto che moltissimi economisti continuino a sostenere a gran voce, che in una fase di recessione come quella attuale, la necessità di accrescere considerevolmente e intelligentemente la spesa pubblica, rappresenterebbe l'unico rimedio per risollevare il Pil. In particolare riteniamo che l’impellente necessità si quella di accrescere la spesa pubblica (attraverso appalti rigorosi e trasparenti) a vantaggio delle classi piccolo-borghesi e proletarie.

Per quanto concerne il problema della legalità e del rispetto delle regole negli alloggi, occorre che le istituzioni agiscano in modo risoluto. Se è vero che nella sola città di Milano ci sono due occupazioni abusive al giorno, se è vero che un inquilino su 3 non paga l’affitto, se è vero che in molti edifici si spaccia, bisogna che lo Stato intervenga. A Milano i politici si

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interrogano se sia meglio far fare controlli a tappeto all’Esercito ai vigilantes o ai portieri degli stabili. Cambierà qualcosa?

L’impressione è che le istituzioni ancora una volta non faranno granchè. Gli enti che un tempo lavoravano nell’interesse dei propri cittadini e in definitiva la Legge, non c'è più. Lo Stato c’è solo quando sono in gioco gli interessi del Capitale! Nemmeno li riconosce i sui cittadini. Li confonde e li equipara agli immigrati clandestini. Se lo Stato non c'è è bene che la gente si organizzi. Occorre mobilitarsi!

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Il mondo gira intorno agli inventori di nuovi valori: — gira invisibilmente. Ma intorno ai commedianti

volgono il popolo e la gloria: tale è la vita.

Il commediante possiede lo spirito, non la coscienza dello spirito. Egli sempre crede in ciò a

cui suol persuadere gli altri: — crede cioè in sé stesso !

Domani egli avrà una nuova fede e il giorno di poi un’altra. I suoi sensi sono agili come quelli del

popolo, e variabili come il tempo.

Rovesciare — significa per lui: dimostrare. Render folli — vale per lui: convincere. E il sangue gli

sembra la migliore delle ragioni.

Una verità, che non è fatta se non per gli orecchi molto delicati, è per lui la menzogna, il nulla. In

vero, egli non crede che negli Dèi che fanno molto strepito nel mondo!

Affollato di pagliacci rumorosi è il mercato — e il popolo si pregia dei grandi uomini che possiede!

Giacché per lui costoro sono i padroni del momento.

INTERVISTA AD ALESSANDRA COLLA

D. - Alessandra, già oltre 20 anni fa scrivevi che destra e sinistra non esistevano più , che dici... è ora di mandare in soffitta il neofascismo per mantenere comunque valori intramontabili o percorrere la strada della "destra radicale" è un percorso ancora valido?

R. - Cambiano i nomi, ma le cose restano. I valori, ammesso che si raggiunga un punto d’incontro sulla loro definizione, restano indipendentemente dai nomi con cui li si definisce o dalle ideologie che se ne appropriano. A mio avviso, il neofascismo ha fallito nel suo intento di offrire una risposta adeguata ai tempi: una risposta, cioè, che tenesse conto dei mutamenti epocali sopravvenuti con la fine della seconda guerra mondiale. Quanto alla destra radicale — che naturalmente non ha nulla a che vedere con quella che alcuni capziosamente chiamano “destra terminale” —, credo che il suo tempo sia finito: è stata un’esperienza che (come tutte le cose umane) ha dato alcuni frutti, poi ha prodotto alcuni guasti e ormai non ha più nulla da trasmettere. Opinione personalissima, naturalmente.

D. - Da anni sei un punto di riferimento per tutti coloro che cercano di comprendere la post modernità: come vedi il magma che si è creato attorno alla nuova Lega di Matteo Salvini?

R. – “Punto di riferimento” non me l’aspettavo, ma le sorprese fanno sempre piacere. È vero: siamo in presenza di una Lega nuova, o che perlomeno sta cercando di prendere le distanze dalla vecchia; e non credo che sia un’impresa facile, perché la Lega — a parte la purtroppo breve parentesi di Gianfranco Miglio — è nata e si è sviluppata facendo leva sulle pulsioni viscerali di uno scontento popolare diffuso in larga parte delle regioni settentrionali (per motivi che non staremo qui ad indagare); ma oggi la situazione è molto cambiata, e non si può certo pretendere di affrontare problemi nuovi con soluzioni vecchie. Come dici tu, attorno alla Lega di Salvini il magma ribolle: il che significa che stanno entrando in conflitto fattori diversi ed elementi suscettibili di variazioni che riesce difficile, se non impossibile, prevedere. Credo che si tratti di una situazione interessante, che sarebbe utile tenere d’occhio nel suo evolversi, ma molto dannoso valutare secondo schemi obsoleti.

D. - Il percorso di Salvini è iniziato prima di diventare segretario partecipando a convegni con Fini …Massimo, Buttafuoco e De Benoist, ora da segretario sembrerebbe proprio stia seguendo un progetto ben definito. Cosa ne pensi?

R.– Un buon politico è in grado di capire quando è necessario cambiare tattiche e strategie. Ora, non sta a me giudicare se Salvini sia veramente un buon politico oppure no, ma credo che la scelta di interagire con un intellettuale scomodo come Massimo Fini e con intellettuali ideologicamente orientati come Buttafuoco e de Benoist possa essere letta come un azzardo calcolato. E dove c’è calcolo c’è progetto, appunto: il che, naturalmente, non ci

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dice nulla sulla sostanza del progetto stesso. Anche qui, credo che sarebbe molto utile osservare, senza trarre conclusioni affrettate e soprattutto disponendosi nella massima serenità di giudizio: le ideologie hanno già fatto fin troppi danni.

D. - Cosa hai da dire su Putin e la sua sfida al sistema del capitalismo mondiale?

R. – Che a mio avviso potrebbe essere (anzi è, probabilmente) l’ultima occasione per porre un freno efficace alle mire espansionistiche che gli Stati Uniti nutrono nei confronti del pianeta. Nel settembre 2000, esattamente un anno prima del crollo delle Twin Towers a New York, l’istituto di ricerca PNAC-Project for the New American Century (progetto per il nuovo secolo americano) pubblicava un documento intitolato Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources for a New Century (“Ricostruire le difese dell'America: strategie, forze e risorse per un nuovo secolo”), liberamente consultabile in rete, che non lascia troppi dubbi sulle intenzioni dell’amministrazione americana in tema di politica estera: basta guardare quello che è successo nel mondo a partire dal 2001, e senza grandi sforzi di analisi si potranno individuare obiettivi e strategie. Valutare Putin e la Russia di oggi attraverso le lenti deformanti dell’ideologia è un grosso errore: al contrario, è necessario sviluppare uno sguardo d’insieme al di là delle simpatie e dei facili schematismi per riuscire a comprendere la portata delle dinamiche in atto, che fanno della Russia e del suo presidente l’ago della bilancia internazionale.

D. - Cara Alessandra, come ultima domanda ti chiedo come credi evolverà la situazione politica, quando andremo a votare e chi potrebbe essere il prossimo Presidente del Consiglio.

R. – Credo di aver ripetuto molte volte, in questa chiacchierata, i concetti di “nuovo” e “cambiamento”: perché sono i concetti ricorrenti nello scenario internazionale degli ultimi mesi. Proprio per questo mi trovo nell’impossibilità di fare previsioni, dal momento che i molti fattori inaspettati entrati in gioco negli ultimi mesi rendono non solo difficile ma forse soprattutto inutile qualsiasi sforzo in questo senso. Aggiungo che, poiché l’Italia ha perso da molto tempo la sua sovranità, mi sembra piuttosto improbabile che le elezioni in questo Paese possano essere veramente l’espressione della volontà popolare — ammesso e non concesso che l’Italia abbia davvero un popolo. Non ho la più pallida idea di quando si potrebbe andare alle urne: le ultime dichiarazioni del presidente Napolitano potrebbero avere un peso su questo, proprio come le voci sulla fine della love story fra Renzi e Berlusconi (che apre prospettive interessanti sul riassetto degli schieramenti e sulla possibilità che intervenga qualche elemento inatteso a sparigliare le carte). Quanto al prossimo Presidente del Consiglio, non mi pronuncio: chiunque possa essere, sospetto però che al pari dei suoi predecessori degli ultimi anni avrà fra le sue priorità non il bene dell’Italia ma l’interesse proprio o quello altrui — e spero di sbagliarmi.

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UN UOMO NUOVO MANTERRÀ ACCESA LA FIACCOLA: IL REAZIONARIO

Conosciamo la forza del passato, essa c’ispira, ci condiziona e ci guida. Specchiandoci nel passato ritroviamo modelli che vorremmo riproposti nel futuro. Del presente ci angoscia la sonnolenza che ha reso l’Europa atea, inginocchiata al mercato e l’edonismo.

I vecchi miti, la morale e la semplicità, sono ora favole rimosse dall’individualismo e dall’incubo del denaro facile. I vecchi simboli lasciano il posto ai marchi di tendenza. Questo tempo, dei simboli, conosce la sola mercificazione e commercializzazione.

Questo tempo ha reso l’uomo privo di ogni dignità. d’ogni volontà di cambiamento e della volontà di scegliere.

Eccoci qui tutti, chi più chi meno, a viver la vita lasciandosi trascinare dal corso degli eventi.

Tuttavia qualcuno dalla nostra parte e, per onor del vero, anche qualcuno ideologicamente lontano da noi, nonostante il diffuso e progressivo stillicidio che svuota lo spirito, le passioni politiche e le religioni, si ostina a voler parlare con motti dal significato misterioso ed anacronistico, insiste esponendo ed esibendo simboli, che sono sviliti e mortificati e tenta talvolta di legarsi ad un passato che non gli appartiene. Altre volte ancora, cita grandi uomini o ideologi che ormai defunti non trovano pace rivoltandosi nella tomba.

Forse in un mondo che fatica a piegarsi alla forza degli appassionanti grandi ideali è venuto il momento di guardare avanti, cambiando gli schemi che di questo stesso mondo contraddistinguono la comunicazione politica.

È necessario che quel magma ideologico che è la destra radicale, che a tratti è fede, a tratti delirio e a tratti persino moda e che appare per la propria disomogeneità e per lo stereotipo che la insegue costantemente, più che per le sue idee peculiari, faccia un grande sforzo per

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cercare di comprendere il proprio tempo, faccia un grande sforzo per divenire la più reazionaria delle avanguardie.

È necessario non tanto perché a “Sintesi” importi qualcosa di quel “recipiente” che è la Destra radicale, ma perché “Sintesi” ha cuore certi valori.

Come possiamo rilanciare il nostro Credo, che si esprime nella volontà di ricercare un’identità nello spirito e nella comunità quando noi stessi siamo vittime del nulla che ci circonda?

In questo deserto anche i nostri più cari nemici, i sostenitori del materialismo, appaiono spiazzati, perduti nella difesa di interessi settoriali, sempre più lontani dalle masse dei lavoratori e sempre più coinvolti nella prostituzione e nella corruzione generalizzata.

Pare al capolinea il millenario scontro che ha contrapposto nella storia dell’umanità tradizione a progresso e illuminismo a romanticismo. Eppure a noi importa del romanticismo, della tradizione e della fede. Ciò nonostante, vale la pena sottolineare, che questo piccolo ambiente non è riuscito a mantenere, nel corso di tutta la storia repubblicana, unità e compattezza.

È quasi incredibile se si pensa al fatto che siamo stati ghettizzati, estromessi dai salotti del potere e della vita politica. Ci consideravano incivili, irresponsabili e fanatici, al punto che, quando nel 1960 Tambroni ventilò un’ipotesi di alleanza elettorale col M.S.I., a Genova si scatenò la guerriglia urbana. Poi vennero gli anni ’70 che furono gli anni del romantico, quanto apparente e di facciata, ritorno dei grandi ideali, delle passioni intellettuali e dei lutti a catena.

Mentre tutto ciò accadeva, lotte intestine, determinate più da interessi privati e arrivistici, annichilivano e frammentavano un’identità, già posta in discussione e marginalizzata dall’esterno. La ghettizzazione politica che ci ha circondati per lungo tempo ha certo contribuito a cristallizzare un’area politica, la nostra, col suo linguaggio, i suoi saluti, i suoi riti, i suoi scazzi e le sue beghe. Un’area politica assai autoreferenziale e poco critica nei confronti di sé stessa.

Oggi il nulla, e non v’è da sorprendersi. il Duce a Predappio mostra il proprio volto imperturbabile stampato industrialmente sull’etichetta delle bottiglie poste negli scaffali di alcuni negozietti. Di Mao si ricorda molto il cappellino, che è di gran tendenza e che non deve assolutamente mancare nella valigia di un viaggiatore che si accinge al ritorno a casa dalla Cina. Il Che lo si porta sulle magliette senza conoscerne la storia personale e politica.

A noi il compito d’essere diversi dal gregge. A noi il compito di guidare il gregge allorquando arriverà la grande crisi epocale che farà venir voglia ai popoli di rivoluzione. Noi saremo

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pronti, lanciando, senza retoriche, un’idea di reazione possibile che dovrà essere mossa dalla ricerca della tradizione più profonda. A noi oggi il compito d’essere alternativi e davvero antagonisti senza cadere nella controproducente retorica che tra noi s’impone col mito del fascismo, della Repubblica Sociale e più in generale del “passatismo”. Cerchiamo soprattutto di non fare la fine di quel tale, sul quale scrisse Marco Terenzio Marrone (116 a.C. - 27 a.C.) che addormentandosi da ragazzo, si svegliò dopo sessant'anni per accorgersi che a Roma tutto era mutato, mutato in peggio.

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“Dal mattino comincia a dire a te stesso: incontrerò gente vana, ingrata, violenta, fraudolenta, invidiosa,

asociale; tutto ciò capita a costoro per l'ignoranza del bene e del male. Io, invece, che ho capito, avendo

meditato sulla natura del bene, che esso è bello, e sulla natura del male che esso è turpe e sulla natura di chi sbaglia che egli è mio parente, non perché si sia del

medesimo sangue e seme, ma perché egli è, come me, provvisto di mente e partecipe del divino, e che non posso essere danneggiato da alcuno di loro, perché nessuno mi potrà coinvolgere nella sua turpitudine,

ebbene, io non posso né adirarmi con un mio parente né provare odio per lui. Siamo, infatti, nati per la

cooperazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti in fila sopra e sotto. L'agire gli uni contro gli altri è

dunque contro natura, ed è agire siffatto lo scontrarsi e il detestarsi.”

FRATELLI D’ITALIA, SALVINI E LA STRANA DOMANDA: “SIAMO DI DESTRA O CENTRO DESTRA?”

“La destra è ormai morta, non si ripiglia manco con il defibrillatore”. Così Pietrangelo Buttafuoco rispondeva al suo intervistatore, nel corso della presentazione di “Buttanissima Sicilia” a Caffeina, lo scorso luglio.

Per qualche spettatore, quelle parole saranno sicuramente suonate come una bacchettata rivolta all'universo di centro-destra: Forza Italia, NCD e Fratelli d'Italia. In realtà, non era una bacchettata, ma un'amara constatazione: manca una destra in Italia, c'è poco da fare. Ci sono i richiami, costanti e alle volte un po' retorici, ad Almirante e al mondo missino; ci sono le ricorrenze storiche del 10 Febbraio e della caduta del Muro di Berlino che compattano, per ventiquattrore, un microcosmo quotidianamente frammentato e in guerra. Manca però la volontà di scegliere di definirsi, nel nome e nei programmi, di destra.

Dalla Lega Nord arriva la proposta di Salvini a Fratelli d'Italia: un Front National italiano che, come quello francese, sia capace di convogliare ampi consensi anche da sinistra. In Gioventù nazionale (giovanile di FdI) più delle parole parlano i contenuti: Evola, Brasillach, Romualdi, Junger (intellettuali certo non ascrivibili all'ambiente moderato) restano riferimenti culturali saldi. Senza contare, in politica estera, la sintonia con i governi di Putin e di Assad.

Forse, più che morta, la destra è solo in dormiveglia. Ma Fratelli d'Italia non risponde, osservando con diffidenza i secessionisti diventati nazionalisti. E non accorgendosi che la distanza con la propria base rischia di allargarsi, proprio sulla questione identità.

Sufficit animus? No, “sufficit sbrigarsi” a meno che, fermi nell' attendismo, non si voglia restare a guardare la LN fagocitare tessere, consensi e un'eredità politica che non è un marchio registrato di proprietà degli ex AN, perché l'identità è un bene collettivo, non di una fondazione.

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ANALISI VS SINTESI DI GIANNI CORREGGIARI

A che serve l’analisi?

A scoprire le cause di una manifestazione del mondo reale od ideale, ad esaminarne tutte le componenti, ad isolare ogni elemento dal tutto, in una descrizione dettagliata e minuziosa.

L’analista chimico osserva al microscopio ogni elemento nei dettagli, cercando i metodi per scomporlo ulteriormente, cataloga, con burocratica precisione, ogni sua caratteristica e infine lo classifica.

Lo psicanalista frantuma l’ego in mille schegge cercando in ognuna di esse la soluzione del malessere: sogni, squarci di vita passata, emozioni, rimozioni, ricordi confusi e spezzettati.

Il medico legale disseziona il cadavere ed osserva cuore, milza, fegato, budella, ossa, arterie, cervello, pezzo per pezzo, cercando in ognuno di essi la radice del male, ne descrive stato, colore, degrado e alla fine stabilisce le cause della morte.

Analisi significa scioglimento, ed ha un significato opposto a sintesi che vuol dire composizione.

Esempi di sintesi?

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La fotosintesi clorofilliana, origine della vita del nostro pianeta, grazie a cui le piante intercettando con impercettibili sensori l’energia solare producono, da elementi di tipo inorganico, sostanze organiche liberando altresì anidride carbonica ed ossigeno.

Ogni forma di vita, del resto, è frutto d’una sintesi, tra l’elemento maschile e quello femminile; lo zigote, la prima cellula del bambino, è il risultato della fusione di due gameti di opposto genere che s’incontrano; nasce dai primi, ne riflette i caratteri ma è una vita nuova.

Anche ogni accordo tra uomini è una forma di sintesi, perché è l’incontro, la fusione, l’unione di interessi anche diversi che però, una volta legati, danno luogo ad un quid novis che costituisce, analogamente a quei fenomeni biologici, una nuova forma - di pensiero, di realtà, d’ interessi - che si distingue dalle esigenze ideali che l’hanno generato, superandole ma non annullandole.

Il Fascismo fu l’esempio più plastico di sintesi politica “…Insomma, un <<movimento>>, non un <<partito>> : un movimento aperto agli Italiani di tutte le fedi e di tutte le classi produttive…Riecheggiavano qui, pensieri e propositi di vecchia Destra liberale e di nuovo liberalismo, quale si veniva riaffacciando, sotto i colpi dei partiti di masse; pensieri e propositi di nazionalismo, di socialismo e di sindacalismo…Uomini di ogni provenienza, oltre ai giovanissimi vergini di politica, erano confluiti nel Fascismo. Vi erano nel programma fascista elementi che si ritrovavano in quelli di partiti e gruppi concorrenti ed ostili…” (Gioacchino Volpe, lettera aperta a Benito Mussolini, Corriere della Sera, 22 e 23 marzo 1932).

L’analisi è un metodo volto alla ricerca della verità ma, isolata, presa sé sola, rimane una scienza sterile, morta, incompiuta, esattamente come l’attività del medico legale nella morgue; è la sintesi l’attività creatrice, quella che fa nascere la vita e dà corpo alle idee trasformandole in azioni compiute.

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“Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò

chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi.”

TRE ANNI DI PISAPIA: LE CASE POPOLARI DI OTELLO RUGGERI

Quale sarebbe stato il rapporto fra la legge e il futuro Avvocato Giuliano Pisapia, si poteva intuirlo dalla gioventù trascorsa frequentando gli ambienti della sinistra extraparlamentare, fino ad approdare in Democrazia Proletaria. Indossata la toga, ha dedicato buona parte della sua carriera forense a difendere imputa¬ti appartenenti a quell’area, dagli assassini del giovane militante del Fronte della Gioventù Sergio Ramelli, passando per gli auto¬nomi dei centri sociali coinvolti negli scontri con la polizia, fino ai genitori di Carlo Giuliani, il ventitreenne ucciso mentre lanciava un estintore contro un mezzo dei Carabinieri. Mai una vittima, sempre i rei, quasi ritenesse che a chi si faccia portatore di certe idee dovrebbe godere di un codice penale a se stante, oltre al diritto alla difesa che spetta a tutti.

Dismessi i panni di avvocato, rimase fedele al suo pensiero dedicandosi alla politica nelle file di Rifondazione Comunista, per cui è stato eletto in Parlamento dal 1996 al 2006, distinguendosi in particolare per essere stato uno dei quindici deputati che firmarono contro l’istituzione del giorno in memoria degli infoibati dai titini. Poi la trasformazione. Da passionario di sinistra a pacato professionista frequentatore dei salotti bene di Milano, dove l’elite radical chic l’ha coccolato, promuovendone l’immagine, fino a farne il candidato ideale per la sinistra alle elezioni comunali del 2010.

Fu una vittoria facile la sua, solo il centrodestra non aveva previsto che ricandidando Letizia Moratti, invisa a buona parte dei milanesi, molti moderati avrebbero dato il voto al rassicurante avvocato che parlava con la zeppola. Facendo attenzione ad alcune sue dichiarazioni si sarebbe potuto intuire che, con lui sindaco in città sarebbe entrata in vigore la legge degli arancioni al posto di quella dello Stato, ma i milanesi cascarono in una trappola di cui oggi pagano le pesanti conseguenze, particolarmente in termini d’insicurezza e illegalità diffusa.

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Per raccontare quanto l’azione della Giunta Pisapia abbia inciso negativamente su Milano, occorrerà ben più di un articolo. Inizieremo a raccontarvi come due decisioni ideologiche: lo scioglimento dei nuclei di Polizia Locale dedicati all’ordine pubblico e l’allontanamento dei militari impegnati a garantire la sicurezza in città, compresi alcuni caseggiati popolari, unite alle sue dichiarazioni sulla liceità dell’occupare, hanno pesantemente contribuito a generare la drammatica situazione in cui versano oggi le case ALER. “Finché non viene data la casa a tutti, a chi ne ha bisogno, chi ne ha bisogno veramente ha diritto anche di occupare una casa”, disse Pisapia durante un confronto con gli altri candidati sindaco senza che nessuno di loro si rendesse conto della portata di una tale affermazione chiedendogliene ragione. Il risultato è che oggi si contano 1.410 case occupate, 169 delle quali nei primi nove mesi di quest’anno, contro le 25 occupazioni del 2010.

Secondo un rapporto dell’Istituto Case Popolari, Da gennaio a ottobre 2014, i tentativi di occupazione abusiva sventati o meno sono stati 1.278, circa il doppio rispetto al 2010 (erano 667). Negli appartamenti, in tre casi su quattro sono stati trovati cittadini stranieri, tra cui 256 egiziani, 205 romeni e 143 marocchini. Le “spaccate” sono spesso gestite da bande organizzate, che lucrano (500 euro ad appartamento) favoriti dal lassismo degli ultimi anni, monitorando le case vuote e offrendole “chiavi in mano” a chi ne fa richiesta. Una situazione che va a riflettersi sulla vita di tutti i giorni degli inquilini regolari, costretti a sostituirsi alle istituzioni, presidiando le loro e altrui case e spesso subendo abusi e prepotenze degli irregolari quali il pagare le loro bollette della luce in seguito agli allacciamenti abusivi ai contatori della luce.

Davanti al montare della protesta, Sindaco e Giunta, invece di richiamare i soldati che a costo zero presidiavano i caseggiati di via Quarti, Via Nikolajevka via Lopez Piazza Prealpi, via Fulvio Testi, via delle Asturie, via Gola, via Vaiano Valle, via San Dionigi… hanno deciso di affidarne il controllo a guardie giurate. Una soluzione costosa, che peserà sulle tasche dei milanesi e nettamente in contrasto con la protesta che inscenò la sinistra quando la giunta Moratti adottò un provvedimento simile, per garantire la sicurezza nelle stazioni della metropolitana. Nemmeno davanti al disagio dei cittadini e al grave danno economico subito dalle casse del Comune gli arancioni riescono a liberarsi dai condizionamenti ideologici, che gli fanno vedere le Forze Armate come il fumo negli occhi. Una delle tante manifestazioni di un metodo di amministrare volto a piegare Milano e i milanesi alle proprie idee con le molte conseguenze negative che avremo modo di raccontarvi nel tempo.

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