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170 Sezione ECM Sindrome mediastinica: presentazione clinica di linfoma. Descrizione di un caso di linfoma di Hodgkin e di un caso di linfoma non Hodgkin con analoga presentazione Giuseppe Murdaca, Maurizio Setti, Giuseppe Cittadini*, Gabriella Gentile**, Andrea Menin***, Roberto Fiocca***, Marco Gobbi § , Francesco Puppo, Francesco Indiveri (Ann Ital Med Int 2003; 18: 170-181) PRESENTAZIONE CLINICA Giuseppe Murdaca Descriviamo i casi clinici di 2 pazienti giunti alla nostra osservazione per una sintomatologia analoga, ma che l’iter diagnostico ha permesso di identificare come due di- stinte entità patologiche. Caso 1 Il primo caso riguarda una paziente di 43 anni ricove- rata nel giugno 2001 per la comparsa durante il mese precedente di tosse secca, dispnea a riposo, ortopnea, feb- bricola (37.5°C), sudorazione notturna e prurito diffuso. L’esame obiettivo dimostrava la presenza di edema sot- tocutaneo del volto con turgore delle vene giugulari, pal- lore cutaneo e mucosale, linfoadenomegalie laterocervi- cali, ipofonesi plessica e assenza del fremito vocale tatti- le e del murmure vescicolare in regione interscapolo-ver- tebrale e sottoscapolare sinistra. La radiografia del tora- ce dimostrò la presenza di versamento pleurico basale sinistro e lo slargamento del mediastino superiore so- prattutto a destra. L’esame citologico del liquido pleuri- co dimostrò la presenza di linfociti, granulociti eosinofi- li, istiociti e cellule mesoteliali iperplastiche, ma non cel- lule con caratteri di malignità. La tomografia compute- rizzata (TC) del torace e dell’addome confermò il versa- mento pleurico e la presenza di linfoadenomegalie nel me- diastino antero-superiore, escludendo linfoadenomegalie addominali e/o l’interessamento viscerale epato-splenico. Si decise di sottoporre la paziente alle seguenti indagini diagnostiche: a) biopsia osteo-midollare che evidenziò un quadro complessivo di ipocellularità, con infiltrato linfo-plasmacellulare reattivo; b) esame citofluorimetrico su sangue midollare: presenza di linfociti T (CD3+, CD5+, con rapporto CD4/CD8 0.6) e linfociti B CD19+, CD20+, con normale rapporto di distribuzione fra le varie popo- lazioni (dato sovrapponibile a quello istologico); c) bio- psia linfonodale laterocervicale sinistra che permise di por- re la diagnosi istologica di “linfoma di Hodgkin (LH) a cel- lularità mista”. Lo stadio clinico di Ann Arbor era IIB, in quanto la localizzazione della malattia era da un lato del diaframma e in due sedi distinte (mediastinica e latero- cervicale) e la paziente risultava sintomatica (febbricola, sudorazione notturna, prurito diffuso). La paziente venne sottoposta a trattamento polichemioterapico secondo lo schema “ABVD”, comprendente la doxorubicina, la bleo- micina, la vinblastina e la dacarbazina (Tab. I). La sinto- matologia riferita, l’edema del volto, il turgore delle ve- ne giugulari e le linfoadenomegalie laterocervicali si at- tenuarono già dopo il primo ciclo di polichemioterapia e la paziente presentò la completa remissione clinica dopo il terzo ciclo. Dopo 6 cicli di trattamento previsti ogni 28 Clinica di Medicina Interna ad Orientamento Immunologico (Direttore: Prof. Francesco Indiveri), Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università degli Studi di Genova *Dipartimento di Diagnostica per Immagini (Direttore: Prof. Giorgio Cittadini), **U.O. di Anatomia Patologica (Direttore: Dr. Marco Canepa), Ospedale San Martino di Genova ***Sezione di Anatomia Patologica (Direttore: Prof. Roberto Fiocca), Dipartimento di Discipline Scientifiche e Metodologie Integrate, § Clinica Ematologica (Direttore: Prof. Marco Gobbi), Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università degli Studi di Genova © 2003 CEPI Srl TABELLA I. Schema polichemioterapico ABVD, da ripetere ogni 4 settimane. Doxorubicina 25 mg/m 2 e.v. giorni 1, 15 Bleomicina 10 U/m 2 e.v. giorni 1, 15 Vinblastina 6 mg/m 2 e.v. giorni 1, 15 Dacarbazina 375 mg/m 2 e.v. giorni 1, 15

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Sezione ECM

Sindrome mediastinica: presentazione clinica di linfoma.

Descrizione di un caso di linfoma di Hodgkin e di un caso di linfoma non Hodgkin

con analoga presentazioneGiuseppe Murdaca, Maurizio Setti, Giuseppe Cittadini*, Gabriella Gentile**,

Andrea Menin***, Roberto Fiocca***, Marco Gobbi§, Francesco Puppo, Francesco Indiveri

(Ann Ital Med Int 2003; 18: 170-181)

PRESENTAZIONE CLINICA

Giuseppe Murdaca

Descriviamo i casi clinici di 2 pazienti giunti alla nostraosservazione per una sintomatologia analoga, ma chel’iter diagnostico ha permesso di identificare come due di-stinte entità patologiche.

Caso 1

Il primo caso riguarda una paziente di 43 anni ricove-rata nel giugno 2001 per la comparsa durante il meseprecedente di tosse secca, dispnea a riposo, ortopnea, feb-bricola (37.5°C), sudorazione notturna e prurito diffuso.L’esame obiettivo dimostrava la presenza di edema sot-tocutaneo del volto con turgore delle vene giugulari, pal-lore cutaneo e mucosale, linfoadenomegalie laterocervi-cali, ipofonesi plessica e assenza del fremito vocale tatti-le e del murmure vescicolare in regione interscapolo-ver-tebrale e sottoscapolare sinistra. La radiografia del tora-ce dimostrò la presenza di versamento pleurico basalesinistro e lo slargamento del mediastino superiore so-prattutto a destra. L’esame citologico del liquido pleuri-co dimostrò la presenza di linfociti, granulociti eosinofi-li, istiociti e cellule mesoteliali iperplastiche, ma non cel-lule con caratteri di malignità. La tomografia compute-

rizzata (TC) del torace e dell’addome confermò il versa-mento pleurico e la presenza di linfoadenomegalie nel me-diastino antero-superiore, escludendo linfoadenomegalieaddominali e/o l’interessamento viscerale epato-splenico.Si decise di sottoporre la paziente alle seguenti indaginidiagnostiche: a) biopsia osteo-midollare che evidenziòun quadro complessivo di ipocellularità, con infiltratolinfo-plasmacellulare reattivo; b) esame citofluorimetricosu sangue midollare: presenza di linfociti T (CD3+, CD5+,con rapporto CD4/CD8 0.6) e linfociti B CD19+, CD20+,con normale rapporto di distribuzione fra le varie popo-lazioni (dato sovrapponibile a quello istologico); c) bio-psia linfonodale laterocervicale sinistra che permise di por-re la diagnosi istologica di “linfoma di Hodgkin (LH) a cel-lularità mista”. Lo stadio clinico di Ann Arbor era IIB, inquanto la localizzazione della malattia era da un lato deldiaframma e in due sedi distinte (mediastinica e latero-cervicale) e la paziente risultava sintomatica (febbricola,sudorazione notturna, prurito diffuso). La paziente vennesottoposta a trattamento polichemioterapico secondo loschema “ABVD”, comprendente la doxorubicina, la bleo-micina, la vinblastina e la dacarbazina (Tab. I). La sinto-matologia riferita, l’edema del volto, il turgore delle ve-ne giugulari e le linfoadenomegalie laterocervicali si at-tenuarono già dopo il primo ciclo di polichemioterapia ela paziente presentò la completa remissione clinica dopoil terzo ciclo. Dopo 6 cicli di trattamento previsti ogni 28

Clinica di Medicina Interna ad Orientamento Immunologico(Direttore: Prof. Francesco Indiveri), Dipartimento di MedicinaInterna e Specialità Mediche, Università degli Studi di Genova*Dipartimento di Diagnostica per Immagini (Direttore: Prof.Giorgio Cittadini), **U.O. di Anatomia Patologica (Direttore: Dr.Marco Canepa), Ospedale San Martino di Genova***Sezione di Anatomia Patologica (Direttore: Prof. RobertoFiocca), Dipartimento di Discipline Scientifiche e MetodologieIntegrate, §Clinica Ematologica (Direttore: Prof. Marco Gobbi),Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche,Università degli Studi di Genova© 2003 CEPI Srl

TABELLA I. Schema polichemioterapico ABVD, da ripetere ogni 4settimane.

Doxorubicina 25 mg/m2 e.v. giorni 1, 15Bleomicina 10 U/m2 e.v. giorni 1, 15Vinblastina 6 mg/m2 e.v. giorni 1, 15Dacarbazina 375 mg/m2 e.v. giorni 1, 15

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Giuseppe Murdaca et al.

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“MACOP-B”, comprendente ciclofosfamide, doxorubi-cina, vincristina, prednisone, bleomicina e methotrexate(Tab. II). Al termine della terapia prevista la pazientepresentava la completa remissione dei sintomi e dei segniobiettivi della malattia. Venne pertanto eseguita TC del to-race e dell’addome per la stadiazione della malattia linfo-matosa, la quale evidenziò anche in questo caso la mar-cata riduzione della massa linfonodale mediastinica (dia-metro di 5.5 � 3 cm) e la non individuabilità del troncovenoso anonimo sinistro per l’ostruzione dovuta alla pre-senza del trombo probabilmente organizzato. Il quadro cli-nico e strumentale erano complessivamente suggestivi diremissione parziale e di buona qualità della malattia (ai li-miti della remissione completa); la paziente pertanto haproseguito la terapia con il prednisone per via orale condosaggio di 25 mg/die. Nel mese di ottobre 2002 si deci-se di ridurre di 5 mg ogni 15 giorni il dosaggio giornalierodi prednisone fino alla sospensione che avvenne nel gen-naio 2003. Nel frattempo venne programmata una tomo-grafia con emissione di positroni del torace per valutarese la massa residua mediastinica fosse da ascrivere a ma-lattia residua o invece ad esito fibrotico; l’esame esegui-to nel novembre 2002 non è stato in grado di dirimere ilquesito diagnostico dal momento che ha confermato la pre-senza della massa mediastinica di diametro sovrapponi-bile a quello calcolato con la TC, la cui interpretazione ri-sultava dubbia: esito fibrotico o malattia residua. Per-sistendo questo dubbio si decise per un trattamento diconsolidamento con l’anticorpo monoclonale specificoanti-CD20 (Mabthera) con il dosaggio di 375 mg/m2 (600mg per ogni infusione): di un ciclo di infusione ogni set-timana per 4 settimane e successivamente con cadenza bi-mestrale. La paziente ha continuato a godere di buona sa-lute e nel febbraio 2003 il controllo TC del torace edell’addome ha dimostrato un’ulteriore riduzione dimen-sionale della massa mediastinica (diametro 4 � 2.5 cm).Veniva confermata la non individuabilità del tronco ve-noso anonimo sinistro per l’ostruzione dovuta alla presenzadel trombo organizzato. La paziente prosegue l’immuno-terapia con l’anticorpo monoclonale specifico anti-CD20sempre con cadenza bimestrale.

giorni, venne eseguita TC del torace e dell’addome per lastadiazione della malattia linfomatosa, la quale evidenziòla marcata riduzione della massa linfonodale mediastini-ca. Il dato strumentale tomografico venne consideratocome esito fibrotico della malattia e pertanto, anche in con-siderazione della completa remissione clinica, la pazien-te non venne sottoposta ad ulteriore chemioterapia. Nei me-si successivi la paziente ha goduto di buona salute e la TCdel torace e dell’addome eseguita dopo 6 mesi ha con-fermato la remissione della malattia. La paziente è tutto-ra in remissione clinica.

Caso 2

Il secondo caso riguarda una paziente di 38 anni giun-ta alla nostra osservazione nell’ottobre 2001 per la com-parsa durante gli ultimi 20 giorni di tosse secca, prurito ge-neralizzato notturno, reticolo venoso superficiale toraci-co, edema a mantellina, e dispnea con ortopnea. L’esameobiettivo dimostrava edema del volto e del collo, turgoredelle vene giugulari, pallore cutaneo e mucosale, tachi-cardia (polso 130 b/min), riduzione del murmure vesci-colare in regione interscapolo-vertebrale e sottoscapola-re sinistra. Non erano presenti linfoadenomegalie super-ficiali. La radiografia del torace evidenziò la presenza diuna massiva opacità a margini policiclici debordante dalmargine mediastinico destro. La TC del torace e dell’ad-dome confermò la voluminosa massa mediastinica ante-riore (diametro di 11 � 6 cm) infiltrante il pericardio(con la presenza di consensuale versamento) e avvolgen-te l’aorta ascendente. Tale massa dislocava e comprime-va la vena cava superiore e il tronco venoso anonimo si-nistro che erano peraltro ostruiti da un voluminoso trom-bo, con conseguente ectasia della vena azygos. La biopsiaosteomidollare dimostrò anche in questo caso un quadrodi ipocellularità con infiltrato linfo-plasmacellulare reat-tivo. L’esame citofluorimetrico eseguito sempre sul san-gue midollare confermò l’ipocellularità midollare esclu-dendo un infiltrato linfocitario e plasmacellulare mono-clonale; venne evidenziata la presenza di linfociti T(CD3+, CD5+, con rapporto CD4/CD8 di 0.9) e linfoci-ti B (CD19+, CD20+) con normali rapporti percentuali ealcune plasmacellule (CD38+ con elevata densità diespressione). Si decise pertanto di sottoporre la pazientealla biopsia percutanea TC-guidata della massa media-stinica: l’esame istologico dimostrò la presenza di un tes-suto costituito da linfociti di grosse dimensioni suggesti-vo di “linfoma non Hodgkin (LNH) a grandi cellule B”.Lo stadio clinico di Ann Arbor era IB, in quanto la ma-lattia era localizzata solamente al mediastino e la pazien-te lamentava prurito generalizzato. Si decise di sottopor-re la paziente a polichemioterapia secondo lo schema

TABELLA II. Schema polichemioterapico MACOP-B.

Ciclofosfamide 350 mg/m2 e.v. settimane 1, 3, 5, 7, 9, 11Doxorubicina 50 mg/m2 e.v. settimane 1, 3, 5, 7, 9, 11Vincristina 1.4 mg/m2 e.v. (max 2 mg) settimane 2, 4, 6, 8, 10, 12Prednisone 75 mg per os per 12 settimane poi scalare

in 15 giorni Bleomicina 10 U/m2 e.v. settimane 4, 8, 12Methotrexate 400 mg/m2 e.v. settimane 2, 6, 10

con rescue acido folico

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Ann Ital Med Int Vol 18, N 3 Luglio-Settembre 2003

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PROBLEMA CLINICO

Francesco Indiveri

I due casi descritti hanno in comune il tipo di presen-tazione iniziale della sintomatologia ascrivibile alla “sin-drome mediastinica”. L’origine delle diverse manifesta-zioni patologiche mediastiniche ha le radici nella complessaanatomia topografica del mediastino, il quale è delimita-to lateralmente dalle due pleure ed è suddivisibile in trecompartimenti: il mediastino anteriore, quello intermedioe quello posteriore.

Il mediastino anteriore si estende fra lo sterno ante-riormente e il pericardio e i vasi brachiocefalici poste-riormente. Esso contiene il timo, i linfonodi mediastinicianteriori, le arterie e le vene mammarie.

Il mediastino intermedio è compreso fra il mediastinoanteriore e quello posteriore e contiene il cuore, l’aortaascendente e l’arco aortico, le vene cave, le arterie e le ve-ne brachiocefaliche, i nervi frenici, la trachea, i bronchiprincipali e i linfonodi contigui, le arterie e le vene pol-monari.

Il mediastino posteriore è delimitato anteriormente dalpericardio e dalla trachea e posteriormente dalla colonnavertebrale. Vi sono alloggiati l’aorta discendente, l’eso-fago, il dotto toracico, le vene azygos ed emiazygos, e ilinfonodi mediastinici posteriori.

Le manifestazioni patologiche che possono determina-re l’insorgenza acuta o cronica di una “sindrome media-stinica” sono: a) masse mediastiniche; b) mediastinitiacute; c) mediastiniti croniche; d) il pneumomediastino.

Le masse mediastiniche possono avere origine da cia-scuna delle strutture anatomiche incluse nei tre compar-timenti mediastinici, sebbene l’incidenza di determinatelesioni espansive vari a seconda della sede e del viscereinteressato. Le più comuni lesioni espansive del mediastinoanteriore sono il timoma, i linfomi, i teratomi e quelle diorigine tiroidea1. Nel mediastino intermedio possono svi-lupparsi masse di origine vascolare, linfoadenomegalie perinfiltrati metastatici o granulomatosi, cisti pleuro-peri-cardiche e bronchiogeniche2. Nel mediastino posteriore sisviluppano con maggior frequenza tumori neurogenici, me-ningoceli, mielomeningoceli, cisti gastroenteriche e di-verticoli esofagei2. In un soggetto portatore di massa me-diastinica, i segni obiettivi sono infrequenti, a meno chela neoformazione abbia cospicue dimensioni o coinvolgastrutture vitali.

Molti casi di mediastiniti acute sono causate dalla perfo-razione esofagea o possono complicare la sternotomiamediana in corso di interventi di cardiochirurgia. Il pazientecon rottura esofagea presenta un quadro clinico di emer-genza dominato dal dolore toracico e dalla dispnea. La rot-

tura esofagea può anche insorgere spontaneamente, o inseguito ad esame endoscopico o al posizionamento del son-dino di Blakemore.

Le mediastiniti croniche sono rappresentate in primo luo-go dalle linfoadeniti granulomatose (tubercolari, daHistoplasma capsulatum, micetomi, sarcoidosi, pneumo-coniosi) che possono avere un’evoluzione fibrosante. Inmolti casi iniziali i pazienti con mediastiniti granuloma-tose sono asintomatici, mentre nelle forme ad evoluzionefibrotica presentano i segni clinici (edema a mantellina, tos-se secca, dispnea e ortopnea, disfonia, disfagia, eruttazioni)dovuti alla compressione o all’inglobamento nel tessutofibrotico di strutture anatomiche mediastiniche, quali la ve-na cava superiore, le vie aeree principali, i nervi frenici elaringei inferiori ricorrenti con conseguente paralisi,l’ostruzione delle arterie e delle vene polmonari.

Il pneumomediastino è caratterizzato dalla presenza digas nell’interstizio mediastinico. Le cause principali so-no: a) la rottura di bolle enfisematose o di strutture alveolaricon passaggio di aria nel mediastino; b) la perforazione ola rottura dell’esofago, della trachea e/o dei bronchi prin-cipali; c) il passaggio di aria dal collo o dall’addome nelmediastino in seguito a traumi. Il paziente riferisce tipi-camente la comparsa di dolore retrosternale, talvolta conirradiazione al collo e/o agli arti superiori. L’esame obiet-tivo dimostra la presenza di enfisema sottocutaneo al disopra dello sterno, e il segno di Hamman, che consiste inun rumore caratteristico della rottura di piccole bolle sin-crono con l’attività cardiaca soprattutto in posizione di de-cubito sinistro. La diagnosi viene confermata con l’esameradiografico del torace.

La “sindrome mediastinica” può evolvere con un cor-redo sintomatologico estremamente variabile: tosse sec-ca, dolore toracico, dispnea parossistica, semi- o orto-pnea, edema a mantellina, turgore delle vene giugulari, dis-fagia, tachicardia (nei casi estremi polso paradosso). Unaneoplasia mediastinica può anche infiltrare e perforare latrachea, l’esofago, o i grandi vasi con conseguenze mor-tali.

I casi descritti si sono presentati con tosse secca, dispneaa riposo, ortopnea, edema sottocutaneo del volto con tur-gore delle vene giugulari, in uno dei due casi reticolo ve-noso superficiale toracico e tachicardia, sintomi e segnicompatibili con possibile “sindrome mediastinica”.

EPIDEMIOLOGIA E CLINICA DEI LINFOMI

Francesco Indiveri, Francesco Puppo, Giuseppe Murdaca

Negli Stati Uniti è stato stimato che l’incidenza del LHrisulta di circa 7400 casi/anno. L’età media al momentodella diagnosi è 26-31 anni, con una distribuzione bimo-

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Giuseppe Murdaca et al.

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dale: un picco fra i 20-29 anni e il secondo fra 40-59 an-ni. È stato postulato che il secondo picco di insorgenza sa-rebbe da ascrivere a forme misclassificate. La distribuzionebimodale sarebbe la conseguenza di due distinte ipotesietiologiche: a) un’infezione virale sarebbe la causa dell’in-sorgenza del LH nell’età giovanile; recentemente è statadimostrata l’associazione fra l’infezione da virus diEpstein-Barr e il LH; b) fattori oncogeni ambientali fa-vorirebbero lo sviluppo nell’età più avanzata3-7. Tecnichedi genetica molecolare hanno permesso di dimostrare lapresenza di DNA virale in oltre il 20% di cellule di LH.Dati epidemiologici e molecolari supportano l’ipotesi diuna possibile correlazione fra il LH e certe forme di LNH.Non è stata ancora del tutto stimata l’incidenza di tale as-sociazione, ma è stata dimostrata la presenza di cellule diReed-Sternberg nel contesto di forme di LNH. Sono ri-portate in letteratura anche distribuzioni geografiche efamiliari di LH8-11. L’esordio del LH avviene nella mag-gior parte dei casi con la comparsa di linfoadenomegalielaterocervicali spesso in assenza di sintomi sistemici12. Unaraccolta anamnestica adeguata permette di evidenziare lafluttuazione periodica delle dimensioni dei linfonodi in-teressati con fasi di remissione spontanea, alternati a pe-riodi di ripresa della malattia con la comparsa di altri sin-tomi e segni. La febbre, in assenza di altri sintomi, è unsegno frequente, la quale può presentarsi ciclicamente etalvolta si correla all’ingrossamento linfonodale13.Altrettanto frequente è la comparsa di sudorazione not-turna, di prurito generalizzato anch’esso soprattutto not-turno senza la presenza obiettivabile di rash, e di calo pon-derale (superiore al 10% del peso corporeo negli ultimi 6mesi)13. Il LH può spesso originare a livello mediastini-co e in molti casi la dimostrazione di uno slargamento delmediastino avviene occasionalmente con l’esecuzione diuna radiografia del torace spesso in pazienti che riferisconosintomi aspecifici quali per esempio astenia e tachicardia.Il coinvolgimento mediastinco si accompagna spesso alinfoadenomegalie sopraclaveari14. Si tratta spesso di gio-vani donne e in molti casi dovuti a forme di LH con scle-rosi nodulare. L’interessamento dei linfonodi ascellari einguinali come sedi iniziali della malattia è meno comu-ne di quello laterocervicale; non frequente la linfoadeno-megalia generalizzata. Raro il coinvolgimento dell’anel-lo orofaringeo di Waldeyer, ma quando avviene interes-sa con una frequenza sovrapponibile sia le tonsille sia leadenoidi. I linfonodi interessati sono, nella maggior par-te dei casi, di consistenza parenchimatosa, e le modifica-zioni della cute sovrastante sono rare. Qualora i linfono-di risultino di consistenza molle e la cute sovrastante siamodificata (eritematosa, disepitelizzata, ulcerata), la ma-lattia presenta una rapida evoluzione. La consistenza

linfonodale è quasi lignea nelle forme con deplezionelinfocitaria e sclerosi nodulare15. Il coinvolgimento sple-nico è presente in pochi casi, rara la localizzazione diLH solo a livello della milza. L’interessamento epatico ri-sulta ancora meno frequente15. In alcuni casi la presenta-zione include una sintomatologia aspecifica addominale,la sindrome occlusiva-compressiva della vena cava su-periore e, raramente, la compressione del midollo spina-le16. Una caratteristica peculiare tuttora non spiegata è lacomparsa di dolore nella sede di localizzazione della ma-lattia dopo l’assunzione di bevande alcoliche. La sinto-matologia algica risulta transitoria, ma in alcuni casi se-vera. La comparsa di dolore dopo l’assunzione di bevan-de alcoliche è stata riportata, seppur raramente, anche inaltre condizioni patologiche quali il granuloma eosinofi-lo con localizzazione ossea, l’osteomielite, fratture, car-cinomi, e in rare patologie infiltrative retroperitoneali in-globanti o comprimenti strutture nervose (nervi, gan-gli)13. L’infiltrazione polmonare si accompagna alla com-parsa di tosse secca e parossistica, quella epatica di itte-ro e quella intestinale di dolore addominale. Non usualeil coinvolgimento tiroideo. Rarissima l’infiltrazione pleu-rica, il coinvolgimento osseo, cutaneo, renale, gastrico ecerebrale16.

La frequenza di insorgenza delle diverse forme di LNHè correlata all’età del paziente, ha una variabile distribu-zione geografica, ed è più comune nei maschi rispetto al-le femmine con rapporto stimato variabile fra 1.5 e3.5:117,18. Sebbene i linfomi rappresentino circa il 10% ditutte le patologie neoplastiche dell’età infantile nei paesisviluppati e la terza causa di morbidità dopo le leucemieacute e i tumori cerebrali, essi sono più frequenti negli adul-ti con un progressivo incremento dell’incidenza a partiredall’età giovanile fino agli 80 anni. Negli Stati Uniti so-no stati diagnosticati oltre 40 000 nuovi casi/anno nelcorso degli anni ’90, e l’incidenza è in progressivo au-mento, anche in relazione all’insorgenza di LNH in pazienticon sindrome da immunodeficienza acquisita da HIV. Ilinfomi con origine nei linfonodi sono solitamente di ori-gine B-linfocitaria e sono più frequenti negli adulti rispettoai bambini; nell’età infantile i LNH coinvolgono inizial-mente il tubo gastroenterico (spesso rappresentati da for-me a piccole cellule B) o i linfonodi mediastinici (linfo-ma linfoblastico T). Negli adulti l’origine extralinfonodaleè stata stimata intorno al 15-25% negli Stati Uniti, e finoal 40-50% in Europa e nei paesi dell’Est. Le sedi più co-muni di origine extralinfonodale sono il tubo gastroente-rico e il rinofaringe; con minor frequenza possono inte-ressare la cute, le ossa, la tiroide, le mammelle, i polmo-ni, i testicoli e l’encefalo. Negli adulti prevalgono i linfo-mi a basso grado e con struttura nodulare, mentre nell’età

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infantile quelli ad alto grado e diffusi. Fattori ambientalisono implicati nell’etiopatogenesi dei LNH e fra questi van-no annoverati i virus (il virus di Epstein-Barr nell’etio-patogenesi del linfoma di Burkitt, lo human T cell leuke-mia virus-1 in quella del linfoma/leucemia a cellule T), ifarmaci (per esempio la difenilidantoina), pesticidi19-22.

RADIOLOGIA DEI LINFOMI DI HODGKIN

E DEI LINFOMI NON HODGKIN

Giuseppe Cittadini

L’iter diagnostico per immagini della sindrome media-stinica, comune alla gran parte delle affezioni toraciche,è costituito dal binomio radiogramma standard del tora-ce, correttamente eseguito in proiezione postero-anterio-re e latero-laterale, e TC del torace, opportunamente este-sa all’addome a scopo stadiativo in caso di riscontro di unamassa mediastinica o polmonare23-26. Il radiogramma deltorace evidenzia generalmente un aumento del diametrodell’opacità mediastinica con cancellazione del profilodelle strutture interessate per contiguità della massa (tra-chea, aorta, vene cave), eventuale dislocazione e ridu-zione di diametro della colonna aerea tracheo-bronchia-le, e più raramente, alterazioni atelettasiche parenchima-li polmonari. Tali reperti non sono sensibili né specifici:in particolare uno slargamento mediastinico è spesso se-condario ad una semplice condizione di ectasia dei vasi ar-teriosi e venosi, di per sé non necessariamente patologi-ca, e viceversa una massa di piccole dimensioni, anche sein grado di “disturbare” le strutture mediastiniche fino alpunto di provocare una sindrome clinica, può non essereapprezzabile radiologicamente. La TC, modernamenteda effettuare con acquisizione volumetrica spirale duran-te infusione di mezzo di contrasto iodato e.v., è in gradodi identificare con precisione la presenza, la sede e le di-mensioni di una massa mediastinica ed è in tale senso daritenersi una metodica completa e affidabile. La diagno-si di natura può invece essere possibile solo in rari casi perle caratteristiche tipiche delle lesioni. Si tratta in generedi neoformazioni benigne, raramente causa di una sindromemediastinica ingravescente, che possono essere tipizzateper la loro caratteristica densità (timolipomi, cisti bron-cogeniche e timiche) o, ancora più raramente, di volumi-nosi aneurismi dell’aorta ascendente che comprimono lavena cava superiore. Molto più frequente è il riscontro dilesioni solide, spesso disomogenee, che coinvolgono il me-diastino anteriore e avvolgono le vie aeree, i vasi media-stinici e l’esofago. In questi casi la diagnosi differenzia-le tra masse primitive del mediastino e neoplasie di ori-gine broncogena centrale o periferica con infiltrazionedel mediastino diretta o da parte di metastasi linfonodali

è generalmente possibile. Lo studio radiologico con ilbario risulta inoltre fondamentale per la visualizzazionedel tratto gastroenterico nei pazienti che presentano mas-se mediastiniche posteriori a partenza esofagea o gastri-ca (ernie iatali, diverticoli esofagei, acalasia esofagea).

Non è invece generalmente possibile con la TC differen-ziare tra loro neoplasie di origine mediastinica (disger-minomi, neoplasie timiche, linfomi) ed è pertanto necessarioricorrere ad una biopsia percutanea o chirurgica23-26.

La biopsia percutanea, eseguita generalmente sotto gui-da della TC e anestesia locale, è facilmente effettuabilequando le lesioni arrivano a contatto con la parete toraci-ca, minimizzando il rischio di pneumotorace; è più inda-ginosa nei restanti casi. Per migliorare la possibilità di ti-pizzazione dei numerosi sottotipi di linfoma è importan-te che la biopsia venga effettuata, quando possibile, as-sociando al semplice prelievo con ago sottile per analisicitologica, anche un prelievo con aghi a punta trancian-te, relativamente più grossi di calibro (18G), che rendo-no possibile l’analisi immunoistochimica. È importante sot-tolineare che, in caso di sospetto linfoma, è fondamenta-le la ricerca di eventuali linfoadenopatie superficiali inquanto la biopsia escissionale di uno o più linfonodi com-pleti consente un’analisi anatomo-patologica più accura-ta rispetto ad un campionamento percutaneo con ago di unapiccola parte di una massa linfomatosa. La biopsia chi-rurgica può essere effettuata mediante diversi accessi (to-racotomia, mediastinoscopia, videotoracoscopia) a se-conda della sede e delle dimensioni della lesione. Lesionicontigue alle vie aeree possono essere assoggettate a bio-psia per via transbronchiale.

La risonanza magnetica è generalmente superflua infase diagnostica, ma può essere utile per un più accuratobilancio spaziale preoperatorio in casi selezionati27,28.

La TC ad emissione di positroni viene generalmente im-piegata nel sospetto di recidive dopo terapia chirurgica ochemioradioterapia29.

La scintigrafia tiroidea con 131I o pertecnetato rappre-senta l’indagine necessaria per l’identificazione di gozzitiroidei intratoracici.

ANATOMIA E CITOLOGIA PATOLOGICHE DEI LINFOMI

DI HODGKIN E DEI LINFOMI NON HODGKIN

Andrea Menin, Roberto Fiocca, Maurizio Setti,Gabriella Gentile

Il LH rappresenta un’entità neoplastica riconosciutainizialmente da Thomas Hodgkin nel 1832, il quale de-scrisse una malattia primitiva caratterizzata da tumefazionedei linfonodi che 33 anni dopo Sir Samuel Wilks designò

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come “malattia di Hodgkin”30. Nel 1872 Langhans definìla prima descrizione patologica, successivamente Sternberge Reed dimostrarono la presenza nel tessuto patologico dicellule giganti plurinucleate che vennero successivamen-te identificate come “cellule di Reed-Sternberg”30.

L’anatomia patologica del LH tiene essenzialmenteconto dell’entità della cellularità linfocitaria e della pre-senza ed estensione della sclerosi del tessuto neoplastico;pertanto essa include 4 istotipi: sclerosi nodulare, cellu-larità mista, ricco in linfociti e deplezione linfocitaria.La forma con sclerosi nodulare è caratterizzata dalla pre-senza di fibre collagene di spessore variabile intersecan-tisi fra di loro e in grado di dividere l’infiltrato cellularelinfocitario neoplastico in isole di dimensioni variabili. Lecellule di Reed-Sternberg hanno l’aspetto lacunare e so-no separate dalle altre cellule da apparenti spazi vuoti. Nellaforma con cellularità mista la fibrosi è rara e sono presentiaree di necrosi focale. Il LH a prevalenza linfocitaria è ca-ratterizzato dalla presenza di un infiltrato linfocitario e darare cellule di Reed-Sternberg, eosinofili, istiociti, ed è per-tanto facilmente confondibile con un linfoma linfociticodiffuso. Nella forma con deplezione linfocitaria i linfoci-ti sono invece rari, gli istiociti sono le cellule predominanti,e le cellule di Reed-Sternberg e gli eosinofili sono presentiin quantità variabile30.

L’introduzione nella pratica diagnostica dopo il 1980 de-gli anticorpi monoclonali diretti verso componenti speci-fici espressi sulla membrana cellulare, nel citoplasma e nelnucleo ha permesso di ampliare gli orizzonti conoscitivi.Sotto questo profilo sono di grande importanza alcunimarcatori di superficie delle cellule linfatiche noti come“cluster determinants” (CD) che consentono di definirel’appartenenza di cellule ad una determinata linea indi-pendentemente dalla morfologia.

Nel primo dei due casi descritti la biopsia chirurgica di4 linfonodi laterocervicali di diametro > 1 cm ha consen-tito di definire la diagnosi: si trattava di un tessuto costi-tuito da infiltrato diffuso di linfociti, istiociti, plasmacel-lule ed eosinofili, con sovvertimento della struttura ar-chitettonica linfonodale. L’esame citofluorimetrico ha di-mostrato che i linfociti esprimevano gli antigeni di su-perficie CD30 e CD15, mentre risultavano negativi perl’espressione del CD20. L’espressione del CD30 e delCD15 e le caratteristiche del tessuto patologico hannopermesso di porre la diagnosi di LH a cellularità mista. Labiopsia osteomidollare ha escluso l’interessamento mi-dollare.

I LNH sono neoplasie linfocitiche che non contengonocellule di Reed-Sternberg30. Nel corso degli ultimi due se-coli la classificazione anatomo-patologica di questi tumori

ha subito varie revisioni in quanto si è passati attraversofasi che hanno considerato: 1) le caratteristiche cliniche;2) gli aspetti morfologici ed istopatologici; 3) gli aspettiimmunopatologici; 4) la biologia molecolare (dal 1982 inavanti).

Nel contesto di questa evoluzione delle conoscenze siinquadrano le classificazioni anatomo-patologiche chesono state utilizzate negli ultimi 50 anni.

La classificazione di “Rappaport” introdotta nel 1956,suddivideva i LNH in base alle modalità di crescita (no-dulare o diffusa), il tipo di cellula di origine (linfociti oistiociti) e il grado di differenziazione (indifferenziati,scarsamente differenziati e differenziati).

In seguito, Karl Lennert introdusse un diverso schemaclassificativo che divenne conosciuto come classifica-zione di “Kiel” e che venne diffuso in Europa, mentre laclassificazione di “Lukes e Collins” proposta da RobertLukes e Robert Collins venne diffusa negli Stati Uniti. Taliclassificazioni a differenza della Rappaport si basavano sul-la morfologia dei linfociti. Entrambe le classificazionisuddividevano i linfomi in base alle caratteristiche cito-logiche dello stipite predominante: centrofollicolari a pic-cole e grandi cellule, “clivate” e “non clivate”. La classi-ficazione di Kiel nella pratica sostituiva i termini “cen-trocitico” e “centroblastico” con “clivato” e “non clivato”.La collaborazione fra ematologi e oncologi permise nel1982 la pubblicazione della “Working formulation” cherappresentava una modificazione della classificazione diRappaport e riprendeva gli elementi di immunologia cel-lulare propri della classificazione di Lukes e Collins. Laclassificazione della Working formulation suddividevale neoplasie in tre gradi di malignità (basso, intermedio edelevato). L’introduzione degli anticorpi monoclonali hapermesso di distinguere diverse forme nosologiche, ulte-riormente applicate nella classificazione riadattata di Kieldel 1992, e in seguito nella classificazione “RevisedEuropean-American Lymphoma” (REAL), dove l’esten-sione dell’applicazione sia degli anticorpi monoclonali siadelle tecniche di biologia cellulare, ha consentito di por-re le basi per l’identificazione immunologica e geneticadei linfomi30.

Nel secondo caso descritto l’unica localizzazione dimalattia è risultata il mediastino e pertanto si è procedu-to ad un prelievo percutaneo sottoguida TC per la sua mi-nore invasività rispetto alla biopsia chirurgica. Le indaginiimmunoistochimiche hanno evidenziato l’espressione sutali elementi della molecola CD20, e in alcuni di essiespressione della molecola CD45 e del prodotto dell’on-cogene bcl-2, mentre risultava negativa l’espressione delCD3. La frazione di crescita valutata con l’anticorpo mo-

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noclonale Mib-1 era pari a circa il 40-60%. Tale fenoti-po è stato confermato con l’esame citofluorimetrico. Si trat-tava pertanto di un quadro istologico compatibile con ladiagnosi di LNH a grandi cellule B. Anche in questo ca-so la biopsia osteomidollare non ha dimostrato l’infiltra-zione midollare e pertanto lo stadio di classificazione diAnn Arbor era IB. Il linfoma mediastinico, che peraltro puòessere confuso con il linfoma linfoblastico, ha una mag-giore incidenza nelle donne di età < 35 anni.

Nella tabella III sono riportati i CD più frequentemen-te utilizzati nella pratica clinica per l’identificazione ci-tofluorimetrica di una sindrome linfoproliferativa.

È utile ricordare che i diversi sottotipi di LNH-B (espri-menti gli antigeni di linea specifici CD19, CD20) vengo-no dapprima distinti in base all’espressione del CD5, il qua-le oltre ad essere un marcatore di linea T viene ancheespresso sulla membrana dei linfociti B di pazienti con ma-lattie autoimmuni (i cloni CD19+/CD5+ sono considera-ti in grado di produrre autoanticorpi) e sulle cellule neo-plastiche di linfomi B. I LHN-B CD5+ sono costituiti datre forme immunofenotipiche: a) leucemia linfatica cro-nica che viene identificata dall’espressione del CD23 condensità di espressione nella maggior parte dei casi inter-media; b) linfoma linfocitico con bassa densità di espres-sione del CD23; c) linfoma mantellare non esprimente ilCD23, ma caratterizzato dall’espressione dell’FMC-7. ILNH-B CD5- sono, a loro volta, classificati in base allapresenza o assenza del CD10. I linfomi CD10+ sono adalto grado di malignità e sono rappresentati dal linfomalinfoblastico, di Burkitt e centrofollicolari. La diagnosi dif-ferenziale viene posta in base all’espressione di altri mar-catori di superficie o intracitoplasmatici.

TERAPIA DEL LINFOMA DI HODGKIN

E DEL LINFOMA NON HODGKIN

Marco Gobbi

Il LH è stata la prima malattia neoplastica ad essere cu-rata in modo adeguato, tanto che fin dagli anni ’70 furo-no raggiunte percentuali di guarigione molto elevate (50-60%) grazie alla combinazione di radioterapia a campi este-si e polichemioterapia. Gli ottimi risultati terapeutici di al-lora erano però gravati dal rischio relativamente elevatodi neoplasie secondarie alla terapia antilinfoma, soprattuttomielodisplasie e leucemie mieloidi. Per tale motivo mol-ta ricerca clinica è stata indirizzata alla riduzione della tos-sicità. In particolare, il ciclo polichemioterapico MOPP(mecloretamina, vincristina, procarbazina, prednisone), in-trodotto alla fine degli anni ’60 da DeVita et al.31, è sta-to via via sostituito da ABVD (doxorubicina, bleomicina,vinblastina, dacarbazina), introdotto da Santoro et al.32

all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Oggi questoregime costituisce il gold standard con cui tutti i nuovischemi si devono confrontare all’interno di studi con-trollati. I principali effetti collaterali di questo trattamen-to sono costituiti da iperemesi e mielosoppressione am-bedue ben controllate dai moderni antiemetici e dai fattoridi crescita emopoietici. La radioterapia è stata tradizio-nalmente considerata il trattamento di elezione del LH efino agli anni ’80 è stata utilizzata a campi molto estesi co-me irradiazione linfonodale totale a dosaggi elevati, 40-45 Gy. La radioterapia è gravata dalla possibile compar-sa di eventi avversi, talora severi, acuti e cronici. I primiincludono: nausea, vomito, disfagia e mielosoppressione.Le complicanze tardive e croniche comprendono: l’ipo-tiroidismo (10-20% dei pazienti), documentato dall’au-

TABELLA III. “Cluster determinants” più frequentemente utilizzati nella pratica clinica per l’identificazione citofluorimetrica di una sindro-me linfoproliferativa.

Cluster determinants Peso molecolare (kDa) Ligando Cellule positive

CD45 (antigene comune leucocitario) 180, 190, 205, 220 CD22 (unico conosciuto) Leucociti CD19 95 Sconosciuto Linfociti BCD20 33-37 Sconosciuto Linfociti BCD22 (2 isoforme: α, β) α: 130; β: 140 Proteine sialiche Linfociti BCD79a 33-40 Sconosciuto Linfociti BCD25 (subunità α recettore IL-2) 55 IL-2 Linfociti TCD15 (molecola di adesione) Non noto Sconosciuto Granulociti, monocitiCD30 105 CD30L Linfociti T e B, Reed-SternbergCD5 67 CD72 (lectina-C) Linfociti TFMC-7 105 Sconosciuto Linfociti BCD23 (FcεR1) 45 IgE Linfociti B, eosinofili, piastrineCD10 (CALLA) 100 Sconosciuto Pre-linfociti B, granulocitiCD11c 150 Sconosciuto Granulociti, monociti, NK, linfociti T e BCD95 (Fas) 36-45 CD95L (Fas-L) Cellule apoptotiche

IgE = immunoglobulina E; IL-2 = interleuchina-2; NK = natural killer.

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mento della concentrazione sierica dell’ormone tireotro-po, la polmonite interstiziale, che può evolvere in fibro-si polmonare, tanto più grave quanto maggiore è la quan-tità di parenchima polmonare irradiato, la mielite transi-toria, e in un numero limitato di casi, pleurite e pericar-dite. La radioterapia a livello mediastinico aumenta di al-meno 3 volte il rischio di coronaropatia e infarto del mio-cardio. Per tutti questi motivi nell’ultimo decennio si so-no progressivamente ridotti estensione dei campi irradia-ti e dosaggio, riservandola ai residui post-chemio e alconsolidamento delle aree sede di malattia “bulky”.

Questo nuovo atteggiamento terapeutico è stato piena-mente seguito nel trattamento della paziente descritta nelprimo caso, che non è stata sottoposta a radioterapia do-po aver positivamente risposto al protocollo ABVD.

La terapia dei LNH rappresenta un argomento note-volmente complesso in particolare per la varietà istologi-ca, il grado di aggressività e la molteplicità di presenta-zioni cliniche33. I cosiddetti linfomi ad alto grado sono sta-ti trattati negli ultimi 25 anni con tre differenti generazionidi associazioni polichemioterapiche. Rappresentante del-la prima è il CHOP (ciclofosfamide, adriblastina, vincri-stina, prednisone), tradizionalmente somministrato ogni 3-4 settimane per un totale di 6 cicli; esempio della terza ge-nerazione è il MACOP-B (che prevede la somministrazionesequenziale con cadenza settimanale di numerosi farma-ci). Tuttavia la reale superiorità dell’uno o dell’altro ciclonon è stata definita nella generalità dei linfomi, sicuramenteper alcuni sottogruppi dotati di caratteristiche biologichedi particolare aggressività, la CHOP non risulta adegua-ta. Negli ultimi 2 anni l’introduzione dell’anticorpo mo-noclonale murino umanizzato anti-CD20 (rituximab) hanotevolmente modificato le prospettive terapeutiche di mol-ti linfomi di derivazione B. Il rituximab si è rivelato mol-to efficace nei linfomi a basso e ad alto grado sia in rica-duta che nella terapia di induzione associato a poliche-mioterapia. Le prime esperienze sono state condotte conCHOP, pertanto si è assistito ad un ritorno in auge diquesta vecchia e mai abbandonata terapia. CHOP più ri-tuximab è oggi considerato il gold standard con cui con-frontare ogni nuova combinazione terapeutica. La pa-ziente descritta come seconda ha ricevuto un trattamentoavanzato con MACOP-B seguito da rituximab e anche inquesto caso, avendo conseguito una risposta completa, nonha ricevuto radioterapia. La radioterapia nei LNH, peral-tro, riveste un ruolo di minore importanza, e, a parte glistadi iniziali dei linfomi indolenti, ove da sola risulta ri-solutiva, trova un ruolo complementare alla chemiotera-pia. Viene utilizzata infatti sui residui di malattia o comeconsolidamento sulle localizzazioni bulky.

CONCLUSIONE

Francesco Indiveri

I casi descritti hanno in comune la sede di origine del-la sintomatologia lamentata dalle pazienti al momentodella diagnosi. Il LH origina spesso in sede sopradia-frammatica e in molti casi nel mediastino anteriore e sen-za determinare l’insorgenza di severa sintomatologia. Nelcaso da noi descritto invece il quadro clinico era dominatoda un’importante sindrome mediastinica con tosse secca,dispnea a riposo, ortopnea, edema a mantellina e turgoredelle vene giugulari, oltre alla presenza di sintomi e segnicostituzionali (febbricola, sudorazione notturna, prurito dif-fuso, pallore cutaneo e mucosale). Il coinvolgimento deilinfonodi laterocervicali è tipico del LH, come del restoquello delle stazioni linfonodali sopraclavicolari, ascellari,mentre risulta meno frequente l’interessamento dei linfo-nodi sottoclavicolari, mandibolari, dell’anello orofaringeodel Waldeyer: quest’ultimo è sede frequente di interessa-mento da parte di LNH. Rara anche la localizzazione sot-todiaframmatica.

Il LNH si localizza con minore frequenza rispetto al LHnel mediastino: fra le diverse forme istologiche il LNHlinfoblastico con origine dalle cellule T si presenta al mo-mento della diagnosi con rapido coinvolgimento del me-diastino con lo sviluppo di masse anche di importanti di-mensioni. È utile a questo punto della discussione indicarequale sia la strategia diagnostica più redditizia e rapida nelpermettere il raggiungimento della diagnosi istologica epertanto nel favorire un approccio terapeutico mirato nelpiù breve tempo possibile.

Nei 2 casi clinici in oggetto la diagnosi di “sindrome me-diastinica” è stata confermata con l’esecuzione della ra-diografia del torace (che in entrambi i casi ha dimostratoun importante slargamento del mediastino), e, successi-vamente della TC spirale che ha identificato una volumi-nosa massa mediastinica che interessava il mediastinoanteriore superiore coinvolgendo la loggia timica, i gros-si vasi mediastinici, con marcata compressione della ve-na cava superiore e di entrambe le vene anonime, la tra-chea e, caudalmente, il pericardio. Non erano rilevabililinfoadenomegalie addominali. La diagnosi istologica,come già descritto, è stata posta, nel primo caso, conl’esecuzione della biopsia linfonodale laterocervicale si-nistra, mentre nel secondo caso descritto con la biopsia per-cutanea sottoguida TC della massa mediastinica.

I casi clinici descritti presentano caratteristiche sia cli-niche sia strumentali in comune. La TC spirale ha con-fermato il sospetto di una “sindrome mediastinica” con-seguente alla presenza di una voluminosa massa infil-trante il mediastino anteriore superiore, coinvolgendo la

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loggia timica, i grossi vasi mediastinici, con marcata com-pressione della vena cava superiore e di entrambe le ve-ne anonime, la trachea e, caudalmente, il pericardio. Nonerano rilevabili linfoadenomegalie addominali. Poiché lepiù comuni lesioni espansive del mediastino anterioresono il timoma, i linfomi, i teratomi e quelle di origine ti-roidea l’iter diagnostico era mirato ad eseguire l’esame isto-logico della massa mediastinica o di eventuali lesionilinfonodali superficiali. Nel primo caso la presenza dilinfoadenomegalie laterocervicali ha consentito di ese-guire una biopsia e di definire la diagnosi di LH a cellu-larità mista. Nell’altro caso l’unica localizzazione di ma-lattia è risultata il mediastino e pertanto si è dovuto pro-cedere ad un prelievo percutaneo sottoguida TC per la suaminore invasività rispetto alla biopsia chirurgica. Taleprocedura, un tempo ritenuta un’eccezione da riservare apazienti selezionati, è attualmente sempre più diffusa perl’affinarsi delle tecniche di prelievo e di analisi citologi-ca e microistologica che, nelle casistiche più recenti, con-sentono la diagnosi differenziale. Nel caso in questione ta-le procedura ha permesso l’esecuzione successiva dell’esa-me istologico del tessuto prelevato che ha dimostrato lapresenza di LNH a grandi cellule B.

È infine necessario ricordare come, di fronte ad una sin-drome mediastinica, sia sempre necessario escludere al-tre cause di interessamento patologico linfonodale. Fra lediverse cause vanno annoverate quelle infettive (virali, bat-teriche, micotiche, Chlamydie, parassiti, ricketsie), quel-le immunologiche (artrite reumatoide, morbo di Still,connettivite mista, lupus eritematoso sistemico, derma-tomiosite, sindrome di Sjögren, reazione da farmaci, ma-lattia del trapianto contro l’ospite), metastasi carcinoma-tose o sarcomatose, malattie da accumulo di lipidi (malattiedi Gaucher, Niemann-Pick, Fabry, Tangier), endocrino-patie (ipertiroidismo), e disordini infiammatori granulo-matosici (sarcoidosi, malattia di Castleman, ipertriglice-ridemia severa).

In conclusione, la sindrome mediastinica è un quadro cli-nico estremamente complesso e severo con etiologia mul-tipla, e pertanto l’iter diagnostico deve essere rapido in ma-niera tale da permettere di porre la diagnosi in maniera tem-pestiva pur nel rispetto delle esigenze dell’economia sa-nitaria e di instaurare altrettanto tempestivamente la terapiamirata e più aggressiva possibile.

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Per la corrispondenza:Prof. Francesco Indiveri, Clinica di Medicina Interna ad Orientamento Immunologico, Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche,Università degli Studi, Viale Benedetto XV 6, 16132 Genova. E-mail: [email protected]

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QUESTIONARIO PRE E POST-LETTURA DEL CASO

01. Quali sono i sintomi fra quelli sotto indicati più predittivi dello sviluppo di una possibile sindrome me-

diastinica?

� Tosse secca, dispnea a riposo, ortopnea

� Febbricola

� Sudorazione notturna, prurito diffuso

� Tamponamento cardiaco, disfagia

02. Quali sono i segni più predittivi dello sviluppo di una possibile sindrome mediastinica?

� Edema sottocutaneo del volto, turgore delle vene giugulari, reticolo venoso superficiale toracico

� Pallore cutaneo e mucosale

� Linfoadenomegalie laterocervicali

03. Quanti sono i compartimenti in cui viene suddiviso il mediastino?

� Tre

� Due

� Uno

� Quattro

04. Quali sono i limiti anatomici del mediastino anteriore?

� Sterno anteriormente, pericardio e vasi brachiocefalici posteriormente

� Sterno anteriormente

� Pericardio anteriormente

� Parete toracica anteriormente

05. Quali sono i limiti anatomici del mediastino intermedio?

� Fra mediastino anteriore e quello posteriore

� Fra cuore e esofago

� Fra cuore e trachea

06. Quali sono i limiti anatomici del mediastino posteriore?

� Pericardio e trachea anteriormente, colonna vertebrale posteriormente

� Pericardio anteriormente, colonna vertebrale posteriormente

� Trachea anteriormente, colonna vertebrale posteriormente

07. In quale range di età è più frequente l’insorgenza del linfoma di Hodgkin?

� Fra 20-29 e 40-59 anni

� Fra 20-50 anni

� Fra 30-50 anni

segue

Page 12: Sindrome mediastinica: presentazione clinica di linfoma ... · Il mediastino intermedio è compreso fra il mediastino anteriore e quello posteriore e contiene il cuore, l’aorta

Giuseppe Murdaca et al.

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SEGUE QUESTIONARIO PRE E POST-LETTURA DEL CASO

08. Qual è l’incidenza dei linfomi fra tutte le neoplasie?

� Circa il 10%

� Circa il 30%

� Oltre il 90%

09. Quale fra queste metodiche strumentali risulta maggiormente affidabile nello studio del mediastino?

� Tomografia computerizzata spirale

� Radiografia del torace in 2 proiezioni

� Risonanza magnetica nucleare

� Tomografia con emissione di positroni

10. Chi identificò la malattia di “Hodgkin”?

� Sir Samuel Wilks

� Langhans

� Hodgkin

11. Quale esame permette di studiare adeguatamente con l’uso di anticorpi monoclonali il “pattern fenoti-

pico” di membrana e intracitoplasmatico delle cellule maligne?

� Striscio di sangue periferico

� Citofluorimetria

� Citogenetica

12. Quale fra quelle elencate rappresenta una immunoterapia per i tumori linfatici?

� Anti-CD20

� Anti-IL-1

� Anti-TNF-α