Settemiglia - anno II, n°1

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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno Periodico Mensile Anno I - N°10 Novembre 2011 Mail ed Info: [email protected] www.settemiglia.it Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa CRISTIANI NON SI NASCE, MA SI DIVENTA! Cammino di fede nella comunità Pagina 2 RIFLESSIONI Omelia Vescovo di Rimini ai funerali di Marco Pagina 3 LIBRO DEL MESE Le città invisibili consacrata, professione, amicizia, vita quoƟdiana…), un grande dono d’amo- re, riconoscendosi davvero come gli di Dio. Chi ha incontrato Cristo non può te- nerlo per sé” (BenedeƩo XVI), la noƟzia è talmente bella e liberante che non può rimanere muta. Il Signore risorto invia i suoi per orire una tesƟmonianza umile ma che non perda i toni del coraggio e della pro- fezia. ConvinƟ che “la fede si raorza donandola” (Giovanni Paolo II), tra le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di ogni uomo, iniziando dalla nostra comunità, per giungere, poi alle nostre case, all’università, sul posto di lavoro, partendo dal Vangelo, vogliamo riproporre non le nostre idee, le pro- prie convinzioni, le nostre esperienze. Nemmeno la nostra fede. Solo il Van- gelo! I nostri contemporanei non ci chiedono un Vangelo di carta, ma una vita che sia Vangelo. Sulla strada dicile della tesƟ- monianza, incontreremo Lui pellegrino che si accosta a noi e ci farà “ardere an- cora il cuore nel peƩo”. don Peppino De Luca Calendario dei prossimi incontri Venerdì 02 Dicembre 2011 Venerdì 13 Gennaio 2012 Venerdì 03 Febbraio 2012 Venerdì 02 Marzo 2012 Venerdì 04 Maggio 2012 Venerdì 01 Giugno 2012 Sempre alle ore 20.30 “Vola solo chi osa farlo” (Luis Sepúlveda) AscolƟamo conƟnuamente dalla TV suoni e parole urlate. La nostra ciƩà è più rumorosa del solito, traco impaz- zito, persone che liƟgano… Ci guardia- mo intorno e sembra che non sappiamo dove sƟamo andando, dove abbiamo riposto i nostri sogni, come sta il no- stro cuore… Tendiamo l’orecchio e non ascolƟamo più parole che ci scaldano il cuore e la speranza viene meno… È tempo di rimeƩersi in cammino, di puntare verso l’alto, poiché c’è una Pa- rola sempre nuova, che cambia la vita! Lui, Gesù, ci mostra la vita e ci accom- pagna come sul cammino dei discepoli verso Emmaus la sera di Pasqua. Agli adulƟ e ai giovani della nostra co- munità è rivolto l’invito ad un percorso permanente di crescita nella fede. È vivo tra noi, magari sopito e perciò da risvegliare, un desiderio di Vangelo, di una catechesi evangelizzante che per alcuni sarà consolidamento della fede apertamente professata; per gli altri, che si sentono carichi di dubbi, l’inizio di un cammino; per tuƫ varrà come an- nuncio di salvezza! Ogni primo venerdì del mese ci ritro- veremo nella nostra Chiesa, alle ore 20,30, per meƩerci alla scuola del Mae- stro e per ascoltare nuovamente la sua domanda: “Voi chi dite che io sia?”. Vivere la propria vocazione di baƩezza- Ɵ, signica riprendere con coraggio, in mano, la propria vita, vericandola alla luce della Parola di Dio, lasciandosi in- terrogare e accompagnare da essa. MeƩersi alla sequela di Gesù vuol dire “conformarsi” sempre più a Lui, facen- do di tuƩa la propria vita, a prescindere dagli impegni assunƟ (matrimonio, vita

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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settemigliada Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno

Periodico MensileAnno I - N°10Novembre 2011Mail ed Info:[email protected]

Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

CRISTIANI NON SI NASCE, MA SI DIVENTA! Cammino di fede nella comunità

Pagina 2

RIFLESSIONIOmelia Vescovo di Rimini ai funerali di Marco

Pagina 3

LIBRO DEL MESELe città invisibili

consacrata, professione, amicizia, vita quo diana…), un grande dono d’amo-re, riconoscendosi davvero come fi gli di Dio. “Chi ha incontrato Cristo non può te-nerlo per sé” (Benede o XVI), la no zia è talmente bella e liberante che non può rimanere muta. Il Signore risorto invia i suoi per off rire una tes monianza umile ma che non perda i toni del coraggio e della pro-fezia. Convin che “la fede si raff orza donandola” (Giovanni Paolo II), tra le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di ogni uomo, iniziando dalla nostra comunità, per giungere, poi alle nostre case, all’università, sul posto di lavoro, partendo dal Vangelo, vogliamo riproporre non le nostre idee, le pro-prie convinzioni, le nostre esperienze.

Nemmeno la nostra fede. Solo il Van-gelo!I nostri contemporanei non ci chiedono un Vangelo di carta, ma una vita che sia Vangelo. Sulla strada diffi cile della tes -monianza, incontreremo Lui pellegrino che si accosta a noi e ci farà “ardere an-cora il cuore nel pe o”.

don Peppino De Luca

Calendario dei prossimi incontri

Venerdì 02 Dicembre 2011Venerdì 13 Gennaio 2012Venerdì 03 Febbraio 2012Venerdì 02 Marzo 2012Venerdì 04 Maggio 2012Venerdì 01 Giugno 2012

Sempre alle ore 20.30

“Vola solo chi osa farlo”

(Luis Sepúlveda)

Ascol amo con nuamente dalla TV suoni e parole urlate. La nostra ci à è più rumorosa del solito, traffi co impaz-zito, persone che li gano… Ci guardia-mo intorno e sembra che non sappiamo dove s amo andando, dove abbiamo riposto i nostri sogni, come sta il no-stro cuore… Tendiamo l’orecchio e non ascol amo più parole che ci scaldano il cuore e la speranza viene meno… È tempo di rime ersi in cammino, di puntare verso l’alto, poiché c’è una Pa-rola sempre nuova, che cambia la vita! Lui, Gesù, ci mostra la vita e ci accom-pagna come sul cammino dei discepoli verso Emmaus la sera di Pasqua.Agli adul e ai giovani della nostra co-munità è rivolto l’invito ad un percorso permanente di crescita nella fede.È vivo tra noi, magari sopito e perciò da risvegliare, un desiderio di Vangelo, di una catechesi evangelizzante che per alcuni sarà consolidamento della fede apertamente professata; per gli altri, che si sentono carichi di dubbi, l’inizio di un cammino; per tu varrà come an-nuncio di salvezza!Ogni primo venerdì del mese ci ritro-veremo nella nostra Chiesa, alle ore 20,30, per me erci alla scuola del Mae-stro e per ascoltare nuovamente la sua domanda: “Voi chi dite che io sia?”.Vivere la propria vocazione di ba ezza- , signifi ca riprendere con coraggio, in

mano, la propria vita, verifi candola alla luce della Parola di Dio, lasciandosi in-terrogare e accompagnare da essa. Me ersi alla sequela di Gesù vuol dire “conformarsi” sempre più a Lui, facen-do di tu a la propria vita, a prescindere dagli impegni assun (matrimonio, vita

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settemigliasettemiglia RIFLESSIONI 2

Nel mio lavoro mi ritrovo ad aff rontare sempre, insieme agli alunni, il tema della libertà. Ebbene, ogni volta che ne parliamo, mai, dico mai, qualcuno mi sa dare, della libertà, una defi nizione esauriente e convincente. Alla domanda su cosa essa sia, per esempio, un gruppe o mi dice che “essere liberi signifi ca fare ciò che si vuole”, un altro sos ene la tesi della “libertà come democrazia”, un terzo racconta la sua vita familiare e dice di “sen rsi libero man mano che cresce e si distacca dall’autorità dei genitori”. C’è, infi ne, anche chi, candidamente, risponde così: “Prof, perché dobbiamo parlare della liber-tà, tanto ormai ce l’abbiamo, è come l’aria che respiriamo. Il problema è per quelli che ancora non l’hanno conquistata”, riferendosi ai popoli che ancora oggi devono sperimentare una democrazia compiuta. Sono queste riposte a convincermi che occorre educare i giovani alla libertà e bisogna farlo paradossalmente sopra u o oggi, nella nostra comunità sociale, nella quale, da un lato, è stata eliminata ogni forma di limite e di barriera, ma, dall’altro, si corre il rischio di rimanere ingabbia nell’idea di una “libertà intesa come opportunità”. (con nua)

Vincenzo Fiorenza

PRIMAVERE DI POPOLI E LIBERTÀParliamone insieme

Vorrei accostarmi al vostro dolore, papà Paolo e mamma Rossella, Mar na e Kate, e vorrei farlo con tu a la tene-rezza che voi meritate e il garbo di cui sono capace. Chi vi parla, non ha vissuto il dolore la-cerante che vi brucia in cuore, ma per-me etemi di venire a voi con l’abbrac-cio di tu . Vi confesso che ho fa o fa ca a trovare le parole più giuste per questo momen-to.Il giorno che morì don Oreste Benzi, di fronte alla sua salma, trovammo scrit-te sul suo libre o questo suo pensiero: “Nel momento in chi chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà che è morto. In realtà è una bugia.Sono morto per chi mi vede. In realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa vita, li apro all’infi nito di Dio”.So di condividere con voi questa incrol-labile certezza: quando un nostro ami-co non vive più, vive di più.Passatemi un pennarello per far fi rma-re anche a me lo striscione degli ami-ci “Marco, ora insegna agli angeli ad impennare”; fatemi rileggere le parole ritrovate sul libro del PuntoGiovane di Riccione al quale aveva partecipato a una se mana di convivenza coi com-pagni di liceo Simoncelli all’età di 18 anni: “Sono stato il folle o più scanda-loso che la storia ricordi. Non promet-to che pregherò per te in futuro, perché sicuramente me ne dimen cherei. Però

lo farò questa sera e cercherò di fare in modo che la mia preghiera valga anche per tu e le volte che non la dirò”.Negli stessi giorni una compagna di classe gli scrisse: “Tu, a diff erenza di mol altri, sei uno che non pretende dagli altri”.Personalmente ho incontrato Marco solo qualche mese fa, alla cresima di Mar na. Ma ora che ho scoperto la sua schie ezza e bontà, mi prende un ama-ro rimpianto: quello di non aver prova-to a diventargli amico. Sono sicuro che non mi avrebbe respinto per il solo fat-to di essere anziano o vescovo.Perme etemi che mi senta anch’io percuotere il cuore da quella domanda inesorabile: perché Marco si è schian-tato domenica scorsa a Sepang? Il mio animo si ribella all’idea volgare di un Dio che si auto denomina “amante del-la vita” e poi si apposta dietro la curva per sorprendermi con un colpo gobbo.Perme etemi di ridire qual è questa

benede a volontà di Dio, con le paro-le pronunciate da suo Figlio: “Questa è la sua volontà: che io non perda nulla di quanto mi ha dato ma lo resusci nell’ul mo giorno”.Il nome di Gesù signifi ca “Dio-Salva”.Dove stava Gesù in quell’istante fatale in cui il corpo di Marco ha cessato di vi-vere? Stava lì, pronto per impedire che Marco cadesse nel baratro del niente, per dargli un passaggio alla volta del cielo Gesù domenica scorsa stava là a dire a Marco: “Grazie, per tu e le vol-te che mi hai abbracciato nei fratellini disabili della Piccola Famiglia di Mon-tetauro. Grazie, per le volte che mi hai fa o diver re, quando hai partecipato alla gara delle karatelle nella festa par-rocchiale. Grazie, perché tu e le volte che hai fa o queste cose ai miei fratelli più piccoli, le hai fa e a me”.Ora, perme mi, caro Marco, di rivol-germi dire amente a te.La sera, prima della gara, hai de o che desideravi vincere il gran premio per salire sul gradino più alto del podio, perché lì avrebbero visto meglio tu .A noi addolora non riuscire a veder ma ci dà pace e tanta gioia la speranza di saperci inquadra da te, dal podio più alto che ci sia.Lasciaci allora dire un’ul ma semplicis-sima parola: Addio, Marco.E’ una parola scomposta dal dolore, ri-composta dalla speranza: a-Dio.

Il Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi

A-DIO MARCOOmelia del Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi al funerale di Marco Simoncelli

ggi devono sperimentare una democrazia

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settemigliasettemiglia Il libro del Mese 3

settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Supplemento a IN DIALOGOMensile della Chiesa di NolaAut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985Direttore Responsabile:MARCO IASEVOLI

Coordinatore Redazione:DON GIUSEPPE DE LUCARedazione:VINCENZO FIORENZAENZO VITIELLOALFONSO QUARTUCCIELENA FIORENZAVINCENZO DONNARUMMA

E-Mail ed Info:[email protected]

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La prima volta che il le ore si trova a passeggiare per le strade delle ci à di Calvino rischia di perdersi e, spaventa-to, potrebbe cercare di fuggire da quei dedali di pensieri e descrizioni che lo confondono. Eppure quest’ul mo po-ema d’amore alle ci à, come lo defi ni-sce lo stesso autore, rimane lì sospeso e magne co, ca ura lo sguardo fi nché non ci si ritrova di nuovo impelaga nei vicoli di Cloe, Raissa, O avia, Cecilia… Eh sì perché Le ci à invisibili ( tolo del libro in ques one) sono tu e don-ne raccontate a raverso segni, silenzi, sguardi da Marco Polo al Kublai Kan, e hanno la capacità di sorprendere anche l’occhio più a ento e lo sguardo più ra-zionale. La penna di Calvino disegna paesaggi così profondamente umani che rendo-no il microcosmo ci adino copia del suo costru ore, gli uomini e le ci à si fondono in un unico corpo, lo spazio ed il tempo si perdono e mescolano in un non-luogo ed in un senza-tempo. È spontaneo chiedersi come questo sia possibile considerando che la ci à è quanto di più concreto e materiale si possa immaginare, avvolta nel suo vor- ce di orari ed impegni, di via vai con -

nui ed ininterro . “Nelle Ci à invisibili non si trovano ci à riconoscibili. Sono tu e ci à inventa-te; […] il libro è fa o di brevi capitoli,

ognuno dei quali dovrebbe off rire uno spunto di rifl essione che vale per ogni ci à o per la ci à in generale”. Si trova-no, così, ci à che hanno legami comuni segnate dal loro rapporto con i mor , la terra, o con il cielo, o ancora, ci à che sono ormai solo fi li di relazioni intessu-te nel deserto. Calvino entra lentamente nelle case, nei pensieri e scava con maestria nel-la mente del le ore innestando dubbi, incertezze ma anche luminose speran-ze. Egli cela e svela allo stesso tempo ciò che il cuore umano sussurra, e si aprono, così, voragini che ci mostrano l’inferno del quo diano, del presente, dell’adesso, ma al contempo vengono proposte soluzioni che ciascuno è libe-ro di acce are o cri care perché, come ribadisce lo scri ore, questo è un libro che si è scri o da sé senza avere la pre-tesa di manifestare verità assolute ma che semplicemente indaga nell’anima e nel mondo. Si ha il bisogno, a volte, di uno sguar-do che sappia mostrarci le cose so o una prospe va diff erente, che sappia scuoterci e me erci in movimento non tanto fi sicamente, perché forse già ci muoviamo molto tra lavoro, palestre, impegni… e tro erellando nel mondo rischiamo di dimen carci che c’è anche qualcos’altro che deve rimanere in con- nuo movimento ed è la testa.

Svuotarla a volte dagli impegni e dagli appuntamen per potersi dedicare al pensiero, alla rifl essione, al domandar-si in che direzione si sta andando. A tal proposito questo mese volevo de-dicare un brano a tu voi, cari le ori, un brano che è un balsamo benefi co che può rifocillarci nel momento di ab-ba mento, di tristezza, sconforto poi-ché risulta diffi cile a volte trovare una via di fuga o una speranza nei momen più neri ma, anche se siete felici, ciò non toglie che questo possa dare mag-giore slancio al vostro sorriso che potrà irradiarsi sempre di più ed illuminare gli altri (è un esperimento provato, lo assicuro) Eh già perché “L’inferno dei viven non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abi amo tu i giorni, che formia-mo stando insieme. Due modi ci sono per non soff rirne. Il primo riesce facile a mol : acce a-re l’inferno e diventarne parte fi no al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige a enzione e appro-fondimento con nui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all’in-ferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Elena Fiorenza

LE CITTA’ INVISIBILIChe cos’è oggi la città, per noi?

LE CITTÀ NASCOSTE. 2. RAISSA

Non è felice, la vita a Raissa. Per le strade la gente cammina torcendosi le mani, impreca ai bambini che piangono, s’appoggia ai parape del fi ume con le tempie tra i pugni, alla ma na si sveglia da un bru o sogno e ne comincia un altro. Tra i banconi dove ci si schiaccia tu i momen le dita col martello o ci si punge con l’ago, o sulle colonne di numeri tu stor nei registri dei negozian e dei banchieri, o davan alle fi le di bicchieri vuo sullo zinco delle be ole, meno male che le teste chine risparmiano dagli sguardi torvi. Dentro le case è peggio, e non occorre entrarci per saperlo: d’estate le fi nestre rintronano di li gi e pia ro . Eppure, a Raissa, a ogni momento c’è un bambino che da una fi nestra ride a un cane che è saltato su una te oia per mordere un pezzo di polenta caduto a un muratore che dall’alto dell’impalcatura ha esclamato: - Gioia mia, lasciami in ngere! - a una giovane ostessa che solleva un pia o di ragú so o la pergola, contenta di servirlo all’ombrellaio che festeggia un buon aff are, un parasole di pizzo bianco com-prato da una gran dama per pavoneggiarsi alle corse, innamorata d’un uffi ciale che le ha sorriso nel saltare l’ul ma siepe, felice lui ma piú felice ancora il suo cavallo che volava sugli ostacoli vedendo volare in cielo un francolino, felice uccello liberato dalla gabbia da un pi ore felice d’averlo dipinto piuma per piuma picchie ato di rosso e di giallo nella miniatura di quella pagina del libro in cui il fi losofo dice: “Anche a Raissa, ci à triste, cor-re un fi lo invisibile che allaccia un essere vivente a un altro per un a mo e si disfa, poi torna a tendersi tra pun in movimento disegnando nuove rapide fi gure cosicché a ogni secondo la ci à infelice con ene una ci à felice che nemmeno sa d’esistere”.

da: Le Ci à Invisibili di Italo Calvino