Settemiglia - anno I, n°4

10
Una delle descrizioni, a mio parere, più crude di tutto l'Inferno di Dante riguar- da quella di una schiera interminabile di anime costrette a correre per l'eter- nità dietro a una bandiera, punzecchia- te da un'infinità di mosconi e di api. Ci troviamo nell'antinferno e subito siamo proiettati verso il dolore che non cono- sce sollievo. Ma c'è di più. C'è il di- sprezzo totale che viene loro riservato, persino dalle schiere demoniache. È emblematica, in tal senso, la frase che pronuncia Virgilio rivolto al suo pupillo: “... non ragioniam di lor ma guarda e passa”. Chi sono, dunque, questi che non possiamo definire neanche dannati visto che la loro colpa non rientra nemmeno tra quelle previste dalla Giu- stizia di Dio e punite in uno dei gironi infernali? Sempre Virgilio li descrive come l'anime triste di coloro che vis- ser sanza 'nfamia e sanza lodo, di quelle persone, cioè, che in vita erano già morte, che hanno consumato il loro tempo rinunciando anche ad essere uomini e donne e, in quanto tali, capa- ci di bene e di male. Non mi stupisce che Dante le abbia trattate con il peg- giore degli insulti: la noncuranza! Che altro può meritare chi vanifica, banaliz- za, riduce a mero passatempo la sua vita? Dall'altro lato, a voler ammonire il lettore che lo segue nel suo viaggio, una schiera incalcolabile di gente, compresi i peccatori, che hanno inve- stito il loro unico tesoro, la vita, nell'u- nica banca che incrementa sempre del 100% il capitale investito: la B&M Bank (Banca del Bene e del Male). Uscendo, adesso, fuori dalla metafora, proiet- tiamoci nel nostro tempo e conside- riamo se non ci sia il rischio di cadere nell'illusione di vivere una vita dignito- sa. È vero, siamo costantemente chia- mati ad operare delle scelte, ma di co- sa si tratta? Cosa dobbiamo decidere? Quali sono i nostri drammi quotidiani: Berlusconi o Bersani, il Napoli o il Mi- lan, Grande Fratello o Xfactor, le va- canze al mare o in montagna, i leggins o la mini, una “canna” o una sniffata, l'happy hour o la sala giochi? Nella no- Diocesi di Nola Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati Sa settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno Periodico Mensile Anno I - N°4 Febbraio 2011 Mail ed Info: [email protected] www.settemiglia.it B & M BANK INVESTIMENTI SICURI E GARANTITI IL MESE PER LA VITA Bellezza e forza dell’amore «L’uomo – afferma il santo Pa- dre Benedetto XVI – è vera- mente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Il deside- rio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “im- pronta”. Dio è vita, e per que- sto ogni creatura tende alla vi- ta; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad imma- gine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace» (Messag- gio per la XXVI Giornata Mon- diale della Gioventù 2011). È proprio la bellezza e la forza dell’amore che vogliamo cele- brare in questo mese di feb- braio. Bellezza e forza che si traducono in sacrificio e dedi- zione nelle tante famiglie che accudiscono nelle loro case i familiari ammalati o anziani. Bellezza e forza che guidano la passione educativa nei tanti genitori che, con grande pa- zienza e affetto, accompagnano i figli adolescenti nella crescita umana e spirituale e li orienta- no con profonda tenerezza ver- so ciò che è giusto e buono. Bellezza e forza che si amman- tano del generoso aiuto dei nonni, degli insegnanti, dei ca- techisti …Bellezza e forza che donano coraggio a tante giovani coppie che accolgono la vita che nasce superando grosse difficol- tà economiche. Bellezza e for- za che si velano di nostalgia nelle coppie che soffrono a cau- sa dell'impossibilità ad avere figli. Bellezza e forza dell’amore che non ricorre al vile gesto dell’aborto. Bellezza e forza dell’amore di una Madre che mostra l’unica Speranza: il Figlio suo. Gesù Cristo, il Vivente. don Peppino De Luca

description

Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

Transcript of Settemiglia - anno I, n°4

Page 1: Settemiglia - anno I, n°4

Una delle descrizioni, a mio parere, più crude di tutto l'Inferno di Dante riguar-da quella di una schiera interminabile di anime costrette a correre per l'eter-nità dietro a una bandiera, punzecchia-te da un'infinità di mosconi e di api. Ci troviamo nell'antinferno e subito siamo proiettati verso il dolore che non cono-sce sollievo. Ma c'è di più. C'è il di-sprezzo totale che viene loro riservato, persino dalle schiere demoniache. È emblematica, in tal senso, la frase che pronuncia Virgilio rivolto al suo pupillo: “... non ragioniam di lor ma guarda e passa”. Chi sono, dunque, questi che non possiamo definire neanche dannati visto che la loro colpa non rientra nemmeno tra quelle previste dalla Giu-stizia di Dio e punite in uno dei gironi infernali? Sempre Virgilio li descrive come “l'anime triste di coloro che vis-ser sanza 'nfamia e sanza lodo”, di quelle persone, cioè, che in vita erano già morte, che hanno consumato il loro tempo rinunciando anche ad essere uomini e donne e, in quanto tali, capa-

ci di bene e di male. Non mi stupisce che Dante le abbia trattate con il peg-giore degli insulti: la noncuranza! Che altro può meritare chi vanifica, banaliz-za, riduce a mero passatempo la sua vita? Dall'altro lato, a voler ammonire il lettore che lo segue nel suo viaggio, una schiera incalcolabile di gente, compresi i peccatori, che hanno inve-stito il loro unico tesoro, la vita, nell'u-nica banca che incrementa sempre del 100% il capitale investito: la B&M Bank (Banca del Bene e del Male). Uscendo, adesso, fuori dalla metafora, proiet-tiamoci nel nostro tempo e conside-riamo se non ci sia il rischio di cadere nell'illusione di vivere una vita dignito-sa. È vero, siamo costantemente chia-mati ad operare delle scelte, ma di co-sa si tratta? Cosa dobbiamo decidere? Quali sono i nostri drammi quotidiani: Berlusconi o Bersani, il Napoli o il Mi-lan, Grande Fratello o Xfactor, le va-canze al mare o in montagna, i leggins o la mini, una “canna” o una sniffata, l'happy hour o la sala giochi? Nella no-

Diocesi d i Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

settemigliada Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno

settemiglia 10

IL MINISTRO STRAORDINARIO DELLA COMUNIONE E IL SERVIZIO ALL’AMMALATO

“Quando il Signore, per mezzo della santa Comunione, ha preso possesso anche una sola volta di un cuore, vi la-scia un ricordo indelebile e le tracce del suo passaggio. È una terra conquistata da Gesù, dove Gesù ha regnato, sia pu-re per pochi giorni”.

(San Pier Giuliano Eymard) L'Eucaristia è fonte e culmine della vita cristiana, la presenza di ammalati, an-ziani e persone impedite a partecipare direttamente alla S. Messa esige im-prorogabili risposte di carità. Questi fratelli vanno aiutati in tanti modi ed anche a loro va data la possibilità di scoprire l'importanza di unirsi, non so-lo spiritualmente, ma anche sacramen-talmente, alla Comunità che celebra l'Eucaristia nel Giorno del Signore. Questo trova le sue motivazioni nella parabola del Buon Samaritano. In essa la comunità scopre la sua missione di curare i malati. In essa trova le modali-tà del suo divenire prossima di chi sof-fre ed è nel dolore. Il Samaritano è a-nimato dalla compassione, sentimento profondamente divino. La compassio-ne, motore della pastorale della salute, non si identifica con il semplice senti-mentalismo o pietismo che dinanzi ad una situazione di sofferenza e di dolo-re fa affiorare la nostra emotività che, essendo momentanea e superficiale, si esaurisce con un sospiro o un’alzata di spalla. Avere compassione è partecipa-re alla commozione di Dio per ogni uomo, specie se ferito; è lasciarsi feri-re, toccare dalle situazioni umane di dolore e di sofferenza; è uscire da se stessi per condividere i dolori e le an-gosce dell’altro; è impegnarsi a favore dell’altro. La comunità, come accoglie il Samari-tano, è chiamata a ricevere e servire ogni uomo in difficoltà perché in o-gnuno di loro è presente il Signore (cfr. Mt 25, 31-45). «Ogni individuo, pro-prio a motivo del Verbo di Dio che si è fatto carne (cfr Gv 1, 14), è affidato alla sollecitudine della Chiesa» (Gio-vanni Paolo II, Evangelium Vitae, 3). L’attenzione ai malati, agli anziani non autosufficienti che vivono soli, ai disa-bili fisici e psichici nella comunità par-rocchiale non può essere un settore,

ma il banco di prova di un cammino di fede, di evangelizzazione, di comunio-ne, di amore. Questo servizio è fon-damentale, unico, insostituibile, «non sopporta né indifferenza, né accomo-damenti» (Paolo VI, Evangelii Nuntian-di, 5). La comunità deve andare incontro ad ogni uomo che è nel dolore e nella sof-ferenza, qualunque sia il suo viso, il suo nome, la sua razza. Colui che sof-fre e che è nel dolore ha bisogno di essa e chiunque esso sia si chiama Ge-sù. Buon Samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque esso sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma di-sponibilità. Questa è come l’aprirsi di una certa interiore disposizione del cuore (Salvifici doloris, 28). La comunità parrocchiale deve recarsi da chi soffre non con i segni del pote-re, ma con il potere dei segni che le sono stati consegnati nell’ultima Cena: lavare i piedi e rimanere con il grem-biule cinto per tutta l’eternità. È necessario togliersi tutti i paluda-menti per servire l’uomo sofferente, così come il Verbo spogliò se stesso per salvare l’umanità. Come il Samaritano ha raggiunto nella sua concreta situazione quell’uomo, ferito e mezzo morto, così la comunità parrocchiale deve accostare chi vive nel dolore e nella sofferenza per an-nunciargli il Vangelo della vita. Un an-nuncio che forse non richiederà mai una esplicita sua proclamazione, ma che è fatto di umile servizio, di costan-te e silenziosa dedizione, di piccoli ge-sti vissuti e scritti in ogni luogo. La visita agli infermi e anziani da parte del ministro straordinario, per recare loro il conforto dell'Eucaristia, costitui-sce una forma e un momento prezioso di evangelizzazione vera e propria, sia nei confronti dei malati che dei fami-liari e di quanti li assistono. Occasione propizia per una catechesi che illumina con la luce della fede la situazione di chi è malato e soffre, la breve liturgia della Parola, premessa alla distribuzio-ne della santa Comunione. Il ministro straordinario perciò la deve valorizzare in tutti i suoi elementi con attenzione umana e senso apostolico. Non solo,

ma spesso, oltre il servizio della Parola e del sacramento, è richiesto anche il "ministero della carità", di quella carità che è conforto e consolazione ma si esprime anche in gesti di sollievo, di aiuto anche materiale, di fraternità. Si aprono così prospettive inaspettate al ministro della Comunione che può vi-vere in pienezza il suo servizio. In que-sta luce il ministero straordinario della Comunione nei confronti dei malati e anziani appare in tutta la completezza, destinato ad essere simultaneamente a servizio della Parola, a servizio del sa-cramento, a servizio della carità. Vi so-no comprese cioè tutte e tre le energie di salvezza (GS, 3) che costituiscono e qualificano la missione ecclesiale!

Pasquale Velleca

settemiglia Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola Aut.ne Trib. di Napoli n. 3393 del 7/03/1985 Direttore Responsabile: MARCO IASEVOLI

Coordinatore Redazione: DON GIUSEPPE DE LUCA Redazione: VINCENZO FIORENZA ENZO VITIELLO ALFONSO QUARTUCCI ELENA FIORENZA VINCENZO DONNARUMMA

E-Mail ed Info: [email protected]

Per leggere e scaricare le pubblicazioni precedenti: www.settemiglia.it

Periodico Mensile Anno I - N°4 Febbraio 2011 Mail ed Info: [email protected] www.settemiglia.it

da Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno

B & M BANK INVESTIMENTI SICURI E GARANTITI

IL MESE PER LA VITA

Bellezza e forza dell’amore «L’uomo – afferma il santo Pa-dre Benedetto XVI – è vera-mente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Il deside-rio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “im-pronta”. Dio è vita, e per que-sto ogni creatura tende alla vi-ta; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad imma-gine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace» (Messag-gio per la XXVI Giornata Mon-diale della Gioventù 2011). È proprio la bellezza e la forza dell’amore che vogliamo cele-brare in questo mese di feb-braio. Bellezza e forza che si traducono in sacrificio e dedi-zione nelle tante famiglie che accudiscono nelle loro case i familiari ammalati o anziani. Bellezza e forza che guidano la passione educativa nei tanti genitori che, con grande pa-zienza e affetto, accompagnano i figli adolescenti nella crescita umana e spirituale e li orienta-no con profonda tenerezza ver-so ciò che è giusto e buono. Bellezza e forza che si amman-tano del generoso aiuto dei nonni, degli insegnanti, dei ca-techisti …Bellezza e forza che donano coraggio a tante giovani coppie che accolgono la vita che nasce superando grosse difficol-tà economiche. Bellezza e for-za che si velano di nostalgia nelle coppie che soffrono a cau-sa dell'impossibilità ad avere figli. Bellezza e forza dell’amore che non ricorre al vile gesto dell’aborto. Bellezza e forza dell’amore di una Madre che mostra l’unica Speranza: il Figlio suo. Gesù Cristo, il Vivente.

don Peppino De Luca

Page 2: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Cultura 2

stra “società liquida”, come la defini-sce il sociologo polacco Zygmunt Bau-man, anche la vita che viviamo è “li-quida”, nel senso che è così veloce che non riesce a solidificarsi e ad acquisire spessore, senso. Questo dipende dal fatto che siamo costretti a consumare per vivere e, per raggiungere tale o-biettivo, non possiamo fermarci, altri-menti si fermerebbero i consumi, ral-lenterebbe l'economia, crollerebbe il mondo! Non si vuole altro da noi! Ov-

viamente le questioni un po' più deli-cate, che potrebbero compromettere il nostro modello di vita, come la ma-lattia, la sofferenza, la morte, non de-vono interferire assolutamente con il ritmo incalzante delle nostre attività giornaliere. Apparentemente il pro-blema c'è. L'importante, però, è non darlo a vedere, nasconderlo tra le mu-ra di chi in quel momento lo sta viven-do. Per tutti gli altri basta studiare una serie di fiction, talk show, reality, oltre

che una capillare campagna pubblicita-ria, e la rimozione è praticamente assi-curata. Fortunatamente la schiera degli irriducibili della scelta, degli investitori della B&M Bank sono ancora tanti. Personalmente sono un po' incerto se preferire il modello Vasco Rossi - vita spericolata, maleducata, piena di guai... o Madre Teresa - vita d'Amore per l'uomo e per Dio. Voi che mi consi-gliate?

Vincenzo Fiorenza

LA MENTE VERSO DIO Il concetto di Dio

Prima di esaminare le principali prove dell’esistenza di Dio che la storia del pensiero ha tramandato, così da riflet-tere sulla loro validità e valutare even-tuali obiezioni cui possono essere e-sposte, è bene porre brevemente at-tenzione al modo in cui Dio può esser pensato dall’uomo: si tratta di rispon-dere alla domanda “chi o cosa è Dio?”, nel tentativo di delinearne il concetto. Un primo aspetto da tener presente è il modo in cui Dio è presentato in quei libri della Bibbia che rientrano nel ca-none dei testi sacri sia degli ebrei che dei cristiani: per usare un’espressione comune, forse poco felice, il riferimen-to è al “Dio dell’Antico Testamento”. Il creatore presentato dalla Genesi è un Dio che ama l’uomo, ma si adira con-tro di lui quando mangia la mela; il “Signore degli eserciti” dell’Esodo in-terviene per salvare il suo popolo “con mano potente e braccio teso”, ucci-dendo i primogeniti d’Egitto e gettan-do in mare i cavalieri del faraone; quel-lo che parla attraverso i profeti è un Dio offeso dall’infedeltà del suo popo-lo: in ogni caso, non può non risaltare l’immagine di un essere, per usare una bella espressione di Nietzsche, “uma-no, troppo umano”. Ovviamente, la Bibbia non può essere un testo da leg-gere senza cogliere il senso di ciò che si nasconde dietro le immagini, ma, almeno in superficie, viene presentato un Dio dalle caratteristiche umane, an-tropomorfo. Subito si può rintracciare una presenza analoga nella cultura greca: il mito tra-dizionale descrive Zeus nell’atto di tra-dire la moglie, dèi invidiosi degli uomi-

ni e pronti a scatenare guerre. Ma quanto può essere lecito pensare un Dio con caratteristiche, sentimenti e talvolta persino fisionomia umani? In realtà, già nel VI sec. a.C. Senofane di Colofone sferrava una serrata critica alla religione tradizionale, che preve-deva una concezione antropomorfica della divinità, sottolineando la tenden-za dell’uomo a rappresentare gli dèi simili a sé: “Gli Etiopi dicono che i loro dèi sono neri e camusi…”. Ancora: “Ma se i buoi, i cavalli, i leoni avessero mani […] i cavalli dipingerebbero immagini degli dèi simili ai cavalli…”. La sua pro-posta si oppone nettamente a tali rap-presentazioni: “Un solo Dio […] né per figura né per pensiero simile agli uo-mini”. Ma in che modo può esser pen-sato un Dio simile? Una prima possibilità consiste nel par-lare di Dio tramite concetti puramente razionali. In questo senso, attributi di Dio sono l’onnipotenza, l’onniscienza, la bontà, la giustizia ed altri, ognuno considerato in quanto illimitato, ed egli può esser definito come causa di

sé, ente sommo, essere perfettissimo. C'è da dire, tuttavia, che un'imposta-zione del genere, pur potendo preten-dere una sua giustificazione, non si sottrae completamente alla critica di Senofane. In effetti, gli stessi concetti di giustizia, bontà, sapienza e potenza sono caratteristiche e predicati propri dell'uomo, trasferiti a Dio in modo ap-parentemente arbitrario. Si è ricaduti in ciò che si voleva evitare, cioè in un antropomorfismo, sia pure a un livello alto di astrazione: cosa posta bene in evidenza da Luigi Pareyson, filosofo italiano del XX sec., che per queste ra-gioni rivaluta il potere rivelativo del mito, capace, se correttamente inter-pretato, di rimandare a significati che trascendono la possibilità di una spe-culazione razionale. Sulle stesse convinzioni si basa un'ulte-riore possibilità del discorso su Dio: quella della teologia negativa (o apofa-tica). A differenza della teologia positi-va (o catafatica), essa non ritiene pos-sibile affermare chi o cosa sia Dio, ma soltanto ciò che egli non è: per usare un’espressione di Karl Barth, teologo del XX sec., si potrebbe dire che la teologia negativa considera Dio come il "total-mente Altro". Si tratta di un'imposta-zione presente già nella filosofia greca, sulla quale sarà bene tornare. Soltanto dopo queste considerazioni è opportuno affrontare, facendo ciò in modo più consapevole, uno dei pro-blemi maggiori della teologia raziona-le: come è possibile, se è possibile, di-mostrare l'esistenza dell’essere che l'uomo chiama Dio?

Alfonso Quartucci

settemiglia Cronaca della Parrocchia 9

Diversamente da quanto si pensa, la vita di una parrocchia è tutt'altro che tranquilla; infatti gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da numerosissimi eventi, manifestazioni e celebrazioni che hanno visto impegnati attivamente i vari gruppi e collaboratori parrocchiali. È iniziato infatti con l'avvento un nuovo anno liturgico, cadenzato dalle quattro domeniche precedenti il Natale. Sabato 20 nov si è tenuta una celebrazione eucaristica in onore di Santa Cecilia, patrona di coloro che si dedicano alla musica ed al canto, e della Virgo Fidelis, protettrice del- l’arma dei carabinieri. Questa santa messa è stata voluta dal maestro Franco Scarico, che con il coro “Alba Plena” e l’orchestra “l’Aurora” ha eseguito magistralmente brani religiosi di vari autori, e dal maresciallo Angelo Matrone, presidente della sezione dell‘Associazione Nazionale Carabinieri che ha sede presso la parrocchia. La santa messa è stata celebrata da mons. Lino d’Onofrio, vicario generale della diocesi di Nola. 28 nov è stata posta una porta ai piedi dell’altare, su cui sarebbe stata sistemata ogni domenica una chiave, simbolo di apertura, per riflettere sui temi trattati durante la giornata; intorno alla statua di Maria madre della Speranza sono stati posti i tradizionali quattro ceri della corona dell’avvento. 30 nov nella Basilica Cattedrale di Nola l'arcivescovo mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola, ha incontrato le delegazioni di tutte le parrocchie, tra cui la nostra molto numerosa, per concludere liturgicamente la visita pastorale iniziata il 5 gennaio 2006. Padre Beniamino ha salutato e ringraziato tutti e, dopo aver ricevuto da ogni città della dio-cesi una ciotola di terra per piantare un albero di ulivo come segno di comunione tra le parrocchie, ha affidato un uli-vo ad ogni parrocchia in ricordo della visita. 6 dic iniziate le nuove attività con la scuola di italiano per immigrati, corso gratuito di 50 ore, mirato ad una più facile integrazione degli immigrati sia a livello sociale che lavorativo.

8 dic Come ormai tradizione da diversi anni gli scouts del gruppo Scafati I hanno rinno-vato la loro promessa, nella quale con l’aiuto di Dio si impegnano a fare del loro meglio per compiere il loro dovere verso Dio ed il loro paese, per aiutare gli altri e per lasciare il mondo migliore di come lo hanno trovato. Negli stessi giorni ha avuto luogo lo sposta-mento del presepe stile ‘700 Napoletano nei locali adiacenti la sagrestia, rendendo frui-bile a tutti la visione di questa stupenda opera voluta dal parroco emerito Mons. Aniello Marano. 18 dic per interessamento dell’Agesci e del Masci è arrivata anche quest’anno in parroc-chia la Luce della Pace partita direttamente dal luogo dove secondo la tradizione sarebbe

nato Gesù e su cui è sempre accesa una lampada dalla quale è stata attinta la fiamma che è arrivata a noi. 24 dic il clan del gruppo scout Scafati I nella Veglia della Notte Santa ha presentato alla comunità volti di persone stra-ordinarie che hanno saputo accogliere Dio nella loro vita ed illuminare il cammino degli altri. GIUSEPPE MOSCATI: medico; ANTONIO GAUDÌ: architetto ; don PEPPE DIANA: prete in lotta contro la camorra; GIORGIO LA PIRA: sindaco di Firenze; NINA LANZA: laica; CHIARA LUCE: ragazza inferma; EDITH STEIN: filosofa, uccisa nei campi di sterminio. 26 dic Santo Stefano In Parrocchia; un numeroso gruppo di parrocchiani, con in testa la famiglia del parroco, ha partecipato al pranzo tenutosi presso il Garden Bar, durante il quale ci si è divertiti semplicemente ed in fraterna amicizia. La giornata è terminata assistendo al divertentissimo spettacolo “tre juorne 'e tiempo”, interpretato con grande professionalità dal gruppo “Attori per Diletto”. 31 dic si è concluso l’anno solare con una messa di ringraziamento ed il tradizionale canto del Te Deum intonato dal coro diretto dal maestro Franco Scarico. 3 gen iniziati i lavori di rifacimento della facciata della chiesa piccola, di prossima apertura al culto dell’adorazione perpetua su indicazione del nostro Vescovo Beniamino De Palma. 6 gen un folto gruppo di figuranti ha accompagnato don Peppino che recava in processione la statuina del Bambino Gesù dalla chiesa grande a quella piccola, dove erano ad attenderlo due giovani parrocchiani negli abiti di Giuseppe e Maria, nelle cui braccia ha deposto il bambino. Vi è stata poi la distribuzione di piccoli doni portati in uno scrigno dal corteo dei Magi. Nei mesi di Novembre, Dicembre e Gennaio hanno ricevuto il battesimo David, Daniel,

Teresa, Alessia, Alessia, Cristian, Aurora, Rosaria, Marco, Rosaria, Nicolò, Serena, Etto-re Mattia, Valentina, Marco e Francesco. Nella comune fede del Signore Risorto ci u-niamo al dolore delle famiglie di Federico Antonio, Fontana Angelo, Sansone Nicola, Dini Ciacci Maria, Dionisio Paolino, Rossi Maria Luigia, Cirillo Antonio, Coppola Angela, Avossa Elio, Vaccaro Giuseppe, Cozzolino Ciro, Monaco Francesco, Schettino Maria Luigia, Bifulco Eugenia, Gargiulo Maria, Coppola Francesco, Grimaldi Michele, Cirillo Serafino.

Page 3: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Gruppi parrocchiali 8 settemiglia 3

PROTINUS VIVE Vivi adesso

La vita, inquietante e meravigliosa, ci sbaraglia per l'impossibilità di definirla, ci spiazza con la sua imprevedibilità. Fugge nel presente e si nasconde nei ricordi. Quando si parla di vita, si può parlare solo di se stessi, di ciò che si è vissuto, sentito, annusato e visto. Complicato ed unico, questo mistero lo si può soltanto condividere con gli altri sperando di trovare anime affini che ci camminino accanto. La vita è sogno, illusione, puro rumore tra due insondabili silenzi, una breve candela od un'ombra che cammina; scrittori, filosofi, pittori, drammatur-ghi, molti si sono cimentati in questo corpo a corpo alla ricerca di significato e, a proposito di ciò, ho trovato un li-bro interessante, di scoperta, per di-ventare viaggiatori in noi stessi in qualsiasi modo viviamo. “Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po' diverso quando lo si esprime, un po' falsato, un po' sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d'accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d'un uomo suoni sempre un po' sciocco alle orec-chie degli altri”. L'autore è Hermann Hesse, scrittore e

poeta tedesco, il libro “Siddharta”. Il romanzo narra la storia di un ragaz-zo, Siddharta appunto, che intrapren-de un viaggio alla ricerca della sua strada, di risposte e formule in grado di aiutarlo a trovare un senso al suo essere qui in questo mondo. I suoi occhi s'incrociano facilmente con i nostri e, benché ognuno conservi la propria unicità, è estremamente pia-cevole confondersi per un po' in un mondo esotico e straniero ma sor-prendentemente vicino al nostro. Condizione perenne di ciascun uomo è la ricerca di qualcosa, i Romantici lo chiamavano infinito, desiderio, velo di Maya, noi forse invece perfezione e felicità, ciò non toglie che il nostro spi-rito ha sempre bisogno di nutrimento, di scoperte, di luce ed ombra. Forse è questa la natura più profonda del vivere? Un viaggio continuo dell'es-sere? Kostantin Kavafis lo chiama Itaca, l'iso-la tanto agognata da Ulisse, la meta lontana ed irraggiungibile che ognuno porta nel cuore e che, quando final-mente vi si approda, può sembrare spoglia, vuota, piccola, ma senza la quale non ci si sarebbe messi in viag-gio, rimboccate le maniche, pianto, riso, sgranato gli occhi per la paura ed

il terrore. Questa potrebbe essere u-n'ipotesi, un punto di vista, ognuno poi ha le sue necessità e le sue problema-tiche da affrontare, ma per chi sente quel formicolio ai piedi, quel bisogno di andare anche solo metaforicamen-te, beh forse Siddharta è il libro che fa per lui. “Per gli uomini non esiste nessunissimo dovere; tranne uno: cercare se stessi, consolidarsi in sé, procedere a tentativi per la propria via, ovunque essa con-duca”.

Elena Fiorenza

SiddhartaDi Hermann Hesse

Editore Adelphi Collana Piccola Biblioteca

Data uscita 30/09/1985 Pagine 204, brossura

DA CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA Testimonianza di una malattia

Io voglio innanzitutto ringraziare voi amici di Settemiglia per l’invito a co-municare la mia esperienza di malato di Linfoma Anaplastico. Dico anche la mia gioia per aver trova-to in voi dei veri amici, novelli cirenei nella mia ascesa al calvario, e spero di potervi offrire non tanto delle rifles-sioni quanto piuttosto delle tracce per un cammino. Tracce perché conti-nuiamo a farci domande, da cristiani, sul tema del male, della malattia, della sofferenza, della morte. Io sono un malato esperto e uno scrit-tore per caso. Malato esperto lo sono diventato in quattro lunghi anni durante i quali ho lottato e ancora lotto con un Linfoma

Maligno scoperto quando ormai era al quarto stadio. Scrittore lo divento gra-zie al vostro invito di raccontare la mia esperienza o meglio le mie esperienze nel lungo e doloroso cammino della malattia. Un invito che rivolgo innanzi-tutto a me è quello di ricordare la te-stimonianza di Don Tonino Bello sul letto d’ospedale durante la malattia che lo ha condotto alla morte: “troppo spesso pronunciamo belle frasi sulla malattia, io voglio dire da malato di non dire più niente perché sovente i-gnoriamo quello che la malattia è. Al pensare quante volte ne ho parlato e ne ho parlato da insipiente ne piango ancora”. Mi sembra importante ricordare que-

sta testimonianza, proprio mentre mi assumo il rischio di parlare della mia malattia. La mia esperienza comincia quattro anni fa, quando dopo numerose inda-gini e un lungo pellegrinaggio da un ospedale all’altro, mi consegnano, all’Istutut Curìe di Parigi, la diagnosi di Linfoma Maligno Anaplastico a Grandi Cellule. Il terribile paradosso della me-dicina e che descrive “positivo” ciò che è maligno e “negativo” quello che è benigno. Questo perché parte dalla domanda “questo pezzo di paziente che ho pre-levato è cancerogeno?” Positivo, risponde il patologo. Positivo fu la risposta dei medici che dopo aver

IL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO Peculiarità ed attività in corso

buona conoscenza desiderano essere aiutati a farla passare dalla testa al cuore ovvero desiderano sentirne il gu-sto, la gioia, il dono come se fossero annunciate per la prima volta”. Dopo la giornata comunitaria in seguito alla quale si entra nella prospettiva della “VITA NUOVA” che ha inizio con l’effusione delle Spirito, allo scopo di dare lo spazio necessario per una buo-na sedimentazione delle convinzioni, seguono alcuni insegnamenti che si terranno l’11, il 18 e il 25 Febbraio che potremmo chiamare di consolidamen-to del cammino spirituale, e precisa-mente sulla trasformazione in Cristo, l’esperienza comunitaria dell’Amore ed il discepolato nel mondo. Il 27 Febbraio ci riuniremo tutti in-sieme per un’AGAPE FRATERNA. Come preghiamo: Al centro di tutto sta la lode a Dio e al suo Santo Spirito, espressa continuamente in varie for-me: canto, invocazione, ringraziamen-to e canto "in lingue". La varietà di forme espressive ed il richiamo inces-

sante alla lode conferiscono alla nostra preghiera un carattere inconfondibile, di grande presa emotiva ed intensità spirituale. Essendo il nostro un gruppo carismatico di intercessione molti ci richiedono una speciale preghiera per sé o per i propri cari in difficoltà mate-riali e spirituali. Siamo ben lieti di sod-disfare quanti ci chiedono aiuto... Non bisogna però dimenticare che la pre-ghiera di intercessione non agisce da sola, senza una richiesta sincera dell´interessato ed una fede genuina a supportarla!

Domenico Fontana

Il Gruppo Rinnovamento nello Spirito Santo denominato “Maria Salute degli Infermi” è presente a Scafati nella Par-rocchia di San Francesco di Paola da otto anni e s’incontra per la preghiera nella Chiesa piccola di San Francesco di Paola ogni Mercoledì alle ore 19,00. È attualmente composto da circa 22 persone di cui 12 hanno ricevuto la preghiera di effusione dello Spirito ed altri 10 stanno frequentando il semi-nario di vita nuova, iniziato il 19 No-vembre 2010 e che terminerà il 06 Feb, giornata comunitaria nella quale riceveranno la preghiera di effusione. Questo Seminario di preparazione all’effusione dello Spirito Santo è costi-tuito da insegnamenti che aiutano a verificare le proprie disposizioni inte-riori verso Dio ed il proprio modo di vivere le principali verità della Fede, un’occasione per riscoprire il nucleo fondamentale della fede “per tutti co-loro che l’hanno vissuta da lontano e ne hanno un ricordo sbiadito, per tutti coloro che anche se ne hanno già una

Page 4: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Testimonianze 4 settemiglia Testimonianze 7

affidato la diagnosi nelle mie mani tremanti, si dileguarono lasciandomi solo con le mie lacrime e i miei perché. Ed io, ragazzo normale, che avevo per-so 10 chili in pochi mesi, che svenivo improvvisamente perdendo il controllo sfinterico, leggendo la parola “positi-vo” mi trovai improvvisamente prota-gonista di un incubo. Strinsi i pugni e cominciai a batterli forte contro il mu-ro gridando i miei perché, “perché proprio a me Signore?...quanto male ti ho fatto per meritare tutto questo?”. Piansi a lungo e continuavo a gridare a Gesù “perché…dove sei? Dicono che sei onnipotente e allora perché non ri-spondi?”. Mentre mi consumavo nel mio pianto posai lo sguardo sull’immagine di un Crocifisso, collocato sulle bianche pa-reti di quella stanza d’ospedale e sentii una voce che mi sussurrava “mi chiedi dove sono…e tu dove sei? Perché hai paura di pronunciare il tuo Fiat?”. Compresi nelle mie fragilità che dove-vo dire il mio Si. Corsi tra le braccia dei miei cari e in un pianto ininterrotto che ancora ci accompagna comunicai la triste diagnosi. Dopo una notte trascorsa tra lacrime e preghiere, scelsi insieme alla mia fami-glia, di recarmi a Casa Sollievo della Sofferenza, l’Ospedale di Padre Pio, alla cui ombra ero stato felice nei miei primi anni di insegnamento. Giunsi a San Giovanni Rotondo una fredda mattina di autunno e il medico ematologo, dopo aver visionato i di-versi referti mi comunicò di avere una metastasi di 12 cm allo sterno e una di 9 cm in sede lombare. Diagnosi con-fermata poi all’Istituto Curìè di Parigi dove un medico che non avevo mai visto prima espresse la sua prognosi “In Letteratura non abbiamo casi di guarigione e la sopravvivenza non su-pera i 7-10 anni”. Oggi mi chiedo spes-so “sono trascorsi quattro anni, quanto mi resta ancora?”. Continuavo a piangere, urlare le mie ansie e le mie paure, ma più urlavo e più forte una voce, dentro di me, dice-va di lottare con la forza della fede e la certezza dell’aiuto materno di Maria che amo invocare con il titolo di Regi-na del Rosario di Pompei. Con la forza della fede e il sostegno dei miei cari decisi di curarmi presso

l’ospedale di Padre Pio, che oggi è di-ventato la mia seconda casa, dove le mie mani si incrociano ai tanti fratelli che incontro lungo il cammino e che tante volte si perdono lungo la strada, rapiti dal mistero della morte. Sono trascorsi quattro lunghi anni da quando ho avuto una conversazione fredda e spaventosa con un dottore cinico e scostante che mi elencava tut-ti i terribili disagi a cui sarei andato in-contro, la sua diagnosi era piuttosto pessimista e per finire mi pregò di non disturbarlo con domande inutili. Io, malato già stanco, scappai e cambiai medico, trovandone uno che in questi anni è diventato “il mio amico, il mio professore, il mio punto di forza e di speranza”. Quante cose sono cambiate da quel giorno… quante terapie iniziate e so-spese a causa della tossicità dei farma-ci e dei problemi cardiaci e renali su-bentrati… quanti aghi hanno lacerato le mie carni per le tante agobiopsie e gli aspirati midollari… quante sedute di radioterapie che hanno bruciato le mie carni come per provarle in un gioco di sofferenza di cui spesso non so coglie-re il senso. Quanto dolore, quanta sofferenza, le-nita dall’uso della morfina che spesso rifiuto perché mi toglie la lucidità e non mi fa percepire l’essenza del dolo-re che è l’unica cosa che posso offrire a Gesù e ai miei cari. Oggi la mia vita è fatta di lunghe e in-terminabili giornate di dolore in cui spesso cedo alla paura della morte e all’ansia dell’ultima ora. Trascorro le giornate appese ad una flebo o attaccate alla bombola

d’ossigeno; di giorno spero in una not-te migliore in cui riuscire a riposare e di notte prego per un giorno privo di dolore. Vivo le mie ore pensando alla vita prima della malattia, ai miei inte-ressi, alle mie occupazioni e vorrei ri-tornare indietro nel tempo per sentir-mi normale e vivere senza dipendere dagli altri. Non riesco più a spostarmi da solo a causa delle grosse difficoltà di deam-bulazione, dei continui svenimenti e della febbre che non mi lascia e che spesso raggiunge i 40°. Non mangio quasi più nulla; mi alimento attraverso la nutrizione artificiale o gli alimenti per la prima infanzia e i dolori non mi lasciano mai, fanno ormai parte di me. Se è vero che la malattia ha rischiato di spersonalizzarmi è anche vero che ho personalizzato la malattia cercando nella misura di ciò che mi è possibile e con l’aiuto di chi mi assiste e mi ac-compagna a dare un senso alla mia sofferenza. Qui la fede non mi ha dato ricette o garanzie per realizzare questo compi-to. L’esperienza mi ha insegnato che an-che se la fede mi ha offerto e mi offre continuamente un punto di riferimen-to a cui rivolgermi devo comunque e sempre confrontarmi non solo con lo scacco costituito dalla malattia, ma anche sostenere la mia fede e affron-tare la crisi e la messa in discussione, così come sono dovuto passare dal sa-pere piuttosto astratto di portare la croce dietro a Gesù, all’assunzione non di una croce qualsiasi, ma della mia croce. I cammini che la malattia suscita e gli

esiti a cui conduce, sono sempre im-prevedibili; non si può che condividere quanto scritto da Erica Shucards: ”…anche un cristiano non conosce al-cuna strada che aggiri il dolore”. Da cristiano non ho avuto una corsia preferenziale nella malattia, ma piut-tosto una strada che attraversa il dolo-re. Questa strada è una strada con Dio e con un Dio che si è fatto uomo e che è morto crocifisso. Un Dio che ha sofferto i dolori della flagellazione, la lacerazione delle spine come di aghi che lacerano le carni di noi ammalati, la crudeltà dei chiodi che rappresentano le nostre devastan-ti terapie e infine l’agonia, il grido qua-si disperato dell’abbandono. A questo Dio guardo nelle ore di soffe-renze e se la croce mi schiaccia e mi annulla nello sfinimento fisico e mora-le sperimento che sulla croce non sono solo. Essa ha due facce, da un lato so-no inchiodato io, dall’altra Gesù, che piange il mio pianto, prega le mie pre-ghiere, trema le mie stesse paure e costruisce le mie stesse speranze. In questi anni ho chiesto e ancora chiedo

la forza di poter portare la croce da solo e non pesare sulla mia famiglia, già duramente provata dalla morte di papà e dalla precarietà fisica di mam-ma; ho chiesto un volto sereno che potesse nascondere alle persone che mi amano il dramma della malattia e ho consegnato a Gesù il desiderio del mio cuore affaticato per una malattia lunga, troppo lunga da poter soppor-tare. Gesù ha ascoltato il mio grido, le mie preghiere e mi rende capace di dire ogni giorno il mio si, abbracciare la croce e salire l’irto colle del calvario. Oggi ricevo forza e coraggio dal mio papà, che dal cielo dove vive in comu-nione con l’Eterno, sorregge il mio passo e mi rialza nelle mie continue cadute. Incontro Gesù e il Suo sguardo di amore e di compassione nei tanti fratelli ammalati che incontro lungo le corsie d’ospedale, soprattutto i bam-bini e le persone sole, abbandonate nei loro letti d’ospedale, senza che nessuno si prenda cura di loro. Penso ai tanti compagni che ho lascia-to lungo la strada… ad Umberto, figlio

del mio stesso dolore, attaccato dal mio stesso mostro, che qualche mese fa mi ha preceduto nell’ultima tappa del nostro percorso cominciato insie-me e condiviso nel pianto, nelle ansie e nelle paure. Di tutto dico grazie e dico grazie a Ge-sù per il dono della malattia perché mi ha fatto riscoprire una nuova vita, più vera e più autentica. Nella malattia sono rinato e sono cre-sciuto con la croce e sulla croce, ac-compagnato dalla presenza della mia famiglia e dei tanti fratelli che per me intrecciano preghiere e suppliche e grazie ai quali ho dotato di senso cri-stiano la mia malattia vivendola fino in fondo nella fede del Cristo morto e ri-sorto. A tutti chiedo di continuare a pregare per me, per gli amici di Casa Sollievo e per tutti gli ammalati, soprattutto i bambini, vittime innocenti sull’altare dell’offerta e del sacrificio, certo che accompagnato dalle vostre suppliche vivrò nella Speranza che non avrà mai fine.

Silvio Sorrentino

FORZA!Alla ricerca di se stessa...attraverso il prossimo

“Chi entra nel deserto non può tornare indietro. Quando non si può tornare indietro, bisogna solo preoccuparsi del modo migliore per avanzare”

Paulo Coelho La vita è una strada tortuosa. Piove e si scivola. Su un ostacolo s’inciampa. Su una montagna si fa fatica a salire. Nell’oceano in tempesta si rischia di annegare. Ma con gli occhi appannati, il sudore sulla fronte, l’affanno e lo sfinimento bisogna che troviamo la forza di conti-nuare, decisi nei nostri passi. Uno scoglio non si scansa. Uno scoglio si affronta in tutta la sua imponenza, in tutta la sua durezza. Ed è tutto qui rac-chiuso il senso della vita: nel promet-tere a noi stessi che, nonostante il buio, non è finita, ma soprattutto nel farlo comprendere a chi non riesce più a scorgere l’alba all’orizzonte, quella luce che entra nel cuore quando sen-

tiamo che qualcuno ci sta tendendo la mano. La stessa luce che ho percepito quando ho parlato con una ragazza che ha vissuto sulla sua pelle il dolore di una malattia, il duello col suo altro “io”, quello stanco, che voleva prevale-re, la vittoria della sua fede su tutto. “La malattia era forte” ha iniziato “ma io più forte di lei. E l’ho combattuta con tutta la fede che avevo nel cuore. L’ho combattuta e l’ho sconfitta.” Teresa, dopo sei anni trascorsi a con-trastare il male, sempre con il sorriso stampato in faccia, ha deciso di donare la sua gioia, la sua voglia di vivere, la sua energia nel combattere, il suo es-sere, insomma, al servizio di chi è ri-masto solo: lavora in una casa di cura. “Non riesco a star loro lontano. Guar-do loro e rivedo me. Io ho avuto la for-tuna di non patire da sola la mia soffe-renza. Lo stesso deve essere per loro. Li ascolto nei loro silenzi, sorrido loro se piangono, provo a dar loro una spe-

ranza se stanno per crollare. Perché la vita è un dono, ogni attimo va vis-suto a pieno. Chi è debole e indifeso deve essere preso per mano. Non si può restare indifferenti di fronte al dolore di qualcun altro soltanto per-ché non è il nostro. Noi dobbiamo sentirci tutti responsabili nel garanti-re una vita dignitosa al malato, nel salvaguardare i suoi diritti. Perché è un uomo. Non è un malato, non è un paziente. È un uomo!” Teresa è l’esempio di chi riesce a ve-dere in tutte le cose un senso, di chi sa apprezzare ogni piccolo istante condividendolo con chi sente la stan-chezza e la debolezza scorrergli nelle vene. Teresa è una ragazza ma è as-solutamente un esempio. C’insegna che “Non è forte colui che non cade, ma colui che cadendo si rialza.” Sembra banale ma non è affatto ro-ba da poco. Pensateci su.

Rosa Matarazzo

Page 5: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Calendario Parrocchiale 5

01 M

02 M

Presentazione del Signore S. Messa ore 19.00

03 G

S. Messa ore 9.00 Adorazione Eucaristica ore 9.30 – 19.00 Vespri ore 19.00

04 V

S. Agata

06 D

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Is 58,7-10; Sal 111; Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

07 L

08 M

09 M

10 G

S. Messa ore 9.00 Adorazione Eucaristica ore 9.30 – 19.00 Vespri ore 19.00 Rassegna Teatrale

11 V

B.M. Vergine di Lourdes S. Messa ore 18.00 Processione nel parco parrocchiale

12 S

13 D

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Sir 15,16-21; Sal 118; 1Cor 2,6-10; Mt 5,17-37 MASCI: Pozzo di San Patrizio

14 L

San Cirillo e MetodioBenedizione degli innamorati ore 20.30

15 M

16 M

17 G

S. Messa ore 9.00 Adorazione Eucaristica ore 9.30 – 19.00 Vespri ore 19.00

18 V

19 S

Incontro del Vescovo con i fidanzati ore 20.00

20 D

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOLv 19,1-2; Sal 102; 1Cor 3,16-23; Mt5,38-48

21 L

22 M

Cattedra di San Pietro

23 M

San Policarpo

24 G

S. Messa ore 9.00 Adorazione Eucaristica ore 9.30 – 19.00 Vespri ore 19.00 Rassegna Teatrale

25 V

26 S

27 D

VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOIs 49,14-15; Sal 61; 1Cor 4,1-5; Mt 10,17-27

28 L

FEBBRAIO 2011

Page 6: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Vangelo della Domenica 6

06 FEB - V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Vangelo Mt 5,13-16 Voi siete la luce del mondo

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul cande-labro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». 13 FEB - VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Vangelo Mt 5,17-37 Così fu detto agli antichi; ma io vi dico

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei fari-sei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». 20 FEB - VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Vangelo Mt 5, 20-22a.27-28.33-34a.37 Amate i vostri nemici

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e prega-te per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». 27 FEB - VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Vangelo Mt 6,24-34 Non preoccupatevi del domani

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osser-vate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pe-na».

Page 7: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Testimonianze 4 settemiglia Testimonianze 7

affidato la diagnosi nelle mie mani tremanti, si dileguarono lasciandomi solo con le mie lacrime e i miei perché. Ed io, ragazzo normale, che avevo per-so 10 chili in pochi mesi, che svenivo improvvisamente perdendo il controllo sfinterico, leggendo la parola “positi-vo” mi trovai improvvisamente prota-gonista di un incubo. Strinsi i pugni e cominciai a batterli forte contro il mu-ro gridando i miei perché, “perché proprio a me Signore?...quanto male ti ho fatto per meritare tutto questo?”. Piansi a lungo e continuavo a gridare a Gesù “perché…dove sei? Dicono che sei onnipotente e allora perché non ri-spondi?”. Mentre mi consumavo nel mio pianto posai lo sguardo sull’immagine di un Crocifisso, collocato sulle bianche pa-reti di quella stanza d’ospedale e sentii una voce che mi sussurrava “mi chiedi dove sono…e tu dove sei? Perché hai paura di pronunciare il tuo Fiat?”. Compresi nelle mie fragilità che dove-vo dire il mio Si. Corsi tra le braccia dei miei cari e in un pianto ininterrotto che ancora ci accompagna comunicai la triste diagnosi. Dopo una notte trascorsa tra lacrime e preghiere, scelsi insieme alla mia fami-glia, di recarmi a Casa Sollievo della Sofferenza, l’Ospedale di Padre Pio, alla cui ombra ero stato felice nei miei primi anni di insegnamento. Giunsi a San Giovanni Rotondo una fredda mattina di autunno e il medico ematologo, dopo aver visionato i di-versi referti mi comunicò di avere una metastasi di 12 cm allo sterno e una di 9 cm in sede lombare. Diagnosi con-fermata poi all’Istituto Curìè di Parigi dove un medico che non avevo mai visto prima espresse la sua prognosi “In Letteratura non abbiamo casi di guarigione e la sopravvivenza non su-pera i 7-10 anni”. Oggi mi chiedo spes-so “sono trascorsi quattro anni, quanto mi resta ancora?”. Continuavo a piangere, urlare le mie ansie e le mie paure, ma più urlavo e più forte una voce, dentro di me, dice-va di lottare con la forza della fede e la certezza dell’aiuto materno di Maria che amo invocare con il titolo di Regi-na del Rosario di Pompei. Con la forza della fede e il sostegno dei miei cari decisi di curarmi presso

l’ospedale di Padre Pio, che oggi è di-ventato la mia seconda casa, dove le mie mani si incrociano ai tanti fratelli che incontro lungo il cammino e che tante volte si perdono lungo la strada, rapiti dal mistero della morte. Sono trascorsi quattro lunghi anni da quando ho avuto una conversazione fredda e spaventosa con un dottore cinico e scostante che mi elencava tut-ti i terribili disagi a cui sarei andato in-contro, la sua diagnosi era piuttosto pessimista e per finire mi pregò di non disturbarlo con domande inutili. Io, malato già stanco, scappai e cambiai medico, trovandone uno che in questi anni è diventato “il mio amico, il mio professore, il mio punto di forza e di speranza”. Quante cose sono cambiate da quel giorno… quante terapie iniziate e so-spese a causa della tossicità dei farma-ci e dei problemi cardiaci e renali su-bentrati… quanti aghi hanno lacerato le mie carni per le tante agobiopsie e gli aspirati midollari… quante sedute di radioterapie che hanno bruciato le mie carni come per provarle in un gioco di sofferenza di cui spesso non so coglie-re il senso. Quanto dolore, quanta sofferenza, le-nita dall’uso della morfina che spesso rifiuto perché mi toglie la lucidità e non mi fa percepire l’essenza del dolo-re che è l’unica cosa che posso offrire a Gesù e ai miei cari. Oggi la mia vita è fatta di lunghe e in-terminabili giornate di dolore in cui spesso cedo alla paura della morte e all’ansia dell’ultima ora. Trascorro le giornate appese ad una flebo o attaccate alla bombola

d’ossigeno; di giorno spero in una not-te migliore in cui riuscire a riposare e di notte prego per un giorno privo di dolore. Vivo le mie ore pensando alla vita prima della malattia, ai miei inte-ressi, alle mie occupazioni e vorrei ri-tornare indietro nel tempo per sentir-mi normale e vivere senza dipendere dagli altri. Non riesco più a spostarmi da solo a causa delle grosse difficoltà di deam-bulazione, dei continui svenimenti e della febbre che non mi lascia e che spesso raggiunge i 40°. Non mangio quasi più nulla; mi alimento attraverso la nutrizione artificiale o gli alimenti per la prima infanzia e i dolori non mi lasciano mai, fanno ormai parte di me. Se è vero che la malattia ha rischiato di spersonalizzarmi è anche vero che ho personalizzato la malattia cercando nella misura di ciò che mi è possibile e con l’aiuto di chi mi assiste e mi ac-compagna a dare un senso alla mia sofferenza. Qui la fede non mi ha dato ricette o garanzie per realizzare questo compi-to. L’esperienza mi ha insegnato che an-che se la fede mi ha offerto e mi offre continuamente un punto di riferimen-to a cui rivolgermi devo comunque e sempre confrontarmi non solo con lo scacco costituito dalla malattia, ma anche sostenere la mia fede e affron-tare la crisi e la messa in discussione, così come sono dovuto passare dal sa-pere piuttosto astratto di portare la croce dietro a Gesù, all’assunzione non di una croce qualsiasi, ma della mia croce. I cammini che la malattia suscita e gli

esiti a cui conduce, sono sempre im-prevedibili; non si può che condividere quanto scritto da Erica Shucards: ”…anche un cristiano non conosce al-cuna strada che aggiri il dolore”. Da cristiano non ho avuto una corsia preferenziale nella malattia, ma piut-tosto una strada che attraversa il dolo-re. Questa strada è una strada con Dio e con un Dio che si è fatto uomo e che è morto crocifisso. Un Dio che ha sofferto i dolori della flagellazione, la lacerazione delle spine come di aghi che lacerano le carni di noi ammalati, la crudeltà dei chiodi che rappresentano le nostre devastan-ti terapie e infine l’agonia, il grido qua-si disperato dell’abbandono. A questo Dio guardo nelle ore di soffe-renze e se la croce mi schiaccia e mi annulla nello sfinimento fisico e mora-le sperimento che sulla croce non sono solo. Essa ha due facce, da un lato so-no inchiodato io, dall’altra Gesù, che piange il mio pianto, prega le mie pre-ghiere, trema le mie stesse paure e costruisce le mie stesse speranze. In questi anni ho chiesto e ancora chiedo

la forza di poter portare la croce da solo e non pesare sulla mia famiglia, già duramente provata dalla morte di papà e dalla precarietà fisica di mam-ma; ho chiesto un volto sereno che potesse nascondere alle persone che mi amano il dramma della malattia e ho consegnato a Gesù il desiderio del mio cuore affaticato per una malattia lunga, troppo lunga da poter soppor-tare. Gesù ha ascoltato il mio grido, le mie preghiere e mi rende capace di dire ogni giorno il mio si, abbracciare la croce e salire l’irto colle del calvario. Oggi ricevo forza e coraggio dal mio papà, che dal cielo dove vive in comu-nione con l’Eterno, sorregge il mio passo e mi rialza nelle mie continue cadute. Incontro Gesù e il Suo sguardo di amore e di compassione nei tanti fratelli ammalati che incontro lungo le corsie d’ospedale, soprattutto i bam-bini e le persone sole, abbandonate nei loro letti d’ospedale, senza che nessuno si prenda cura di loro. Penso ai tanti compagni che ho lascia-to lungo la strada… ad Umberto, figlio

del mio stesso dolore, attaccato dal mio stesso mostro, che qualche mese fa mi ha preceduto nell’ultima tappa del nostro percorso cominciato insie-me e condiviso nel pianto, nelle ansie e nelle paure. Di tutto dico grazie e dico grazie a Ge-sù per il dono della malattia perché mi ha fatto riscoprire una nuova vita, più vera e più autentica. Nella malattia sono rinato e sono cre-sciuto con la croce e sulla croce, ac-compagnato dalla presenza della mia famiglia e dei tanti fratelli che per me intrecciano preghiere e suppliche e grazie ai quali ho dotato di senso cri-stiano la mia malattia vivendola fino in fondo nella fede del Cristo morto e ri-sorto. A tutti chiedo di continuare a pregare per me, per gli amici di Casa Sollievo e per tutti gli ammalati, soprattutto i bambini, vittime innocenti sull’altare dell’offerta e del sacrificio, certo che accompagnato dalle vostre suppliche vivrò nella Speranza che non avrà mai fine.

Silvio Sorrentino

FORZA!Alla ricerca di se stessa...attraverso il prossimo

“Chi entra nel deserto non può tornare indietro. Quando non si può tornare indietro, bisogna solo preoccuparsi del modo migliore per avanzare”

Paulo Coelho La vita è una strada tortuosa. Piove e si scivola. Su un ostacolo s’inciampa. Su una montagna si fa fatica a salire. Nell’oceano in tempesta si rischia di annegare. Ma con gli occhi appannati, il sudore sulla fronte, l’affanno e lo sfinimento bisogna che troviamo la forza di conti-nuare, decisi nei nostri passi. Uno scoglio non si scansa. Uno scoglio si affronta in tutta la sua imponenza, in tutta la sua durezza. Ed è tutto qui rac-chiuso il senso della vita: nel promet-tere a noi stessi che, nonostante il buio, non è finita, ma soprattutto nel farlo comprendere a chi non riesce più a scorgere l’alba all’orizzonte, quella luce che entra nel cuore quando sen-

tiamo che qualcuno ci sta tendendo la mano. La stessa luce che ho percepito quando ho parlato con una ragazza che ha vissuto sulla sua pelle il dolore di una malattia, il duello col suo altro “io”, quello stanco, che voleva prevale-re, la vittoria della sua fede su tutto. “La malattia era forte” ha iniziato “ma io più forte di lei. E l’ho combattuta con tutta la fede che avevo nel cuore. L’ho combattuta e l’ho sconfitta.” Teresa, dopo sei anni trascorsi a con-trastare il male, sempre con il sorriso stampato in faccia, ha deciso di donare la sua gioia, la sua voglia di vivere, la sua energia nel combattere, il suo es-sere, insomma, al servizio di chi è ri-masto solo: lavora in una casa di cura. “Non riesco a star loro lontano. Guar-do loro e rivedo me. Io ho avuto la for-tuna di non patire da sola la mia soffe-renza. Lo stesso deve essere per loro. Li ascolto nei loro silenzi, sorrido loro se piangono, provo a dar loro una spe-

ranza se stanno per crollare. Perché la vita è un dono, ogni attimo va vis-suto a pieno. Chi è debole e indifeso deve essere preso per mano. Non si può restare indifferenti di fronte al dolore di qualcun altro soltanto per-ché non è il nostro. Noi dobbiamo sentirci tutti responsabili nel garanti-re una vita dignitosa al malato, nel salvaguardare i suoi diritti. Perché è un uomo. Non è un malato, non è un paziente. È un uomo!” Teresa è l’esempio di chi riesce a ve-dere in tutte le cose un senso, di chi sa apprezzare ogni piccolo istante condividendolo con chi sente la stan-chezza e la debolezza scorrergli nelle vene. Teresa è una ragazza ma è as-solutamente un esempio. C’insegna che “Non è forte colui che non cade, ma colui che cadendo si rialza.” Sembra banale ma non è affatto ro-ba da poco. Pensateci su.

Rosa Matarazzo

Page 8: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Gruppi parrocchiali 8 settemiglia 3

PROTINUS VIVE Vivi adesso

La vita, inquietante e meravigliosa, ci sbaraglia per l'impossibilità di definirla, ci spiazza con la sua imprevedibilità. Fugge nel presente e si nasconde nei ricordi. Quando si parla di vita, si può parlare solo di se stessi, di ciò che si è vissuto, sentito, annusato e visto. Complicato ed unico, questo mistero lo si può soltanto condividere con gli altri sperando di trovare anime affini che ci camminino accanto. La vita è sogno, illusione, puro rumore tra due insondabili silenzi, una breve candela od un'ombra che cammina; scrittori, filosofi, pittori, drammatur-ghi, molti si sono cimentati in questo corpo a corpo alla ricerca di significato e, a proposito di ciò, ho trovato un li-bro interessante, di scoperta, per di-ventare viaggiatori in noi stessi in qualsiasi modo viviamo. “Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po' diverso quando lo si esprime, un po' falsato, un po' sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d'accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d'un uomo suoni sempre un po' sciocco alle orec-chie degli altri”. L'autore è Hermann Hesse, scrittore e

poeta tedesco, il libro “Siddharta”. Il romanzo narra la storia di un ragaz-zo, Siddharta appunto, che intrapren-de un viaggio alla ricerca della sua strada, di risposte e formule in grado di aiutarlo a trovare un senso al suo essere qui in questo mondo. I suoi occhi s'incrociano facilmente con i nostri e, benché ognuno conservi la propria unicità, è estremamente pia-cevole confondersi per un po' in un mondo esotico e straniero ma sor-prendentemente vicino al nostro. Condizione perenne di ciascun uomo è la ricerca di qualcosa, i Romantici lo chiamavano infinito, desiderio, velo di Maya, noi forse invece perfezione e felicità, ciò non toglie che il nostro spi-rito ha sempre bisogno di nutrimento, di scoperte, di luce ed ombra. Forse è questa la natura più profonda del vivere? Un viaggio continuo dell'es-sere? Kostantin Kavafis lo chiama Itaca, l'iso-la tanto agognata da Ulisse, la meta lontana ed irraggiungibile che ognuno porta nel cuore e che, quando final-mente vi si approda, può sembrare spoglia, vuota, piccola, ma senza la quale non ci si sarebbe messi in viag-gio, rimboccate le maniche, pianto, riso, sgranato gli occhi per la paura ed

il terrore. Questa potrebbe essere u-n'ipotesi, un punto di vista, ognuno poi ha le sue necessità e le sue problema-tiche da affrontare, ma per chi sente quel formicolio ai piedi, quel bisogno di andare anche solo metaforicamen-te, beh forse Siddharta è il libro che fa per lui. “Per gli uomini non esiste nessunissimo dovere; tranne uno: cercare se stessi, consolidarsi in sé, procedere a tentativi per la propria via, ovunque essa con-duca”.

Elena Fiorenza

SiddhartaDi Hermann Hesse

Editore Adelphi Collana Piccola Biblioteca

Data uscita 30/09/1985 Pagine 204, brossura

DA CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA Testimonianza di una malattia

Io voglio innanzitutto ringraziare voi amici di Settemiglia per l’invito a co-municare la mia esperienza di malato di Linfoma Anaplastico. Dico anche la mia gioia per aver trova-to in voi dei veri amici, novelli cirenei nella mia ascesa al calvario, e spero di potervi offrire non tanto delle rifles-sioni quanto piuttosto delle tracce per un cammino. Tracce perché conti-nuiamo a farci domande, da cristiani, sul tema del male, della malattia, della sofferenza, della morte. Io sono un malato esperto e uno scrit-tore per caso. Malato esperto lo sono diventato in quattro lunghi anni durante i quali ho lottato e ancora lotto con un Linfoma

Maligno scoperto quando ormai era al quarto stadio. Scrittore lo divento gra-zie al vostro invito di raccontare la mia esperienza o meglio le mie esperienze nel lungo e doloroso cammino della malattia. Un invito che rivolgo innanzi-tutto a me è quello di ricordare la te-stimonianza di Don Tonino Bello sul letto d’ospedale durante la malattia che lo ha condotto alla morte: “troppo spesso pronunciamo belle frasi sulla malattia, io voglio dire da malato di non dire più niente perché sovente i-gnoriamo quello che la malattia è. Al pensare quante volte ne ho parlato e ne ho parlato da insipiente ne piango ancora”. Mi sembra importante ricordare que-

sta testimonianza, proprio mentre mi assumo il rischio di parlare della mia malattia. La mia esperienza comincia quattro anni fa, quando dopo numerose inda-gini e un lungo pellegrinaggio da un ospedale all’altro, mi consegnano, all’Istutut Curìe di Parigi, la diagnosi di Linfoma Maligno Anaplastico a Grandi Cellule. Il terribile paradosso della me-dicina e che descrive “positivo” ciò che è maligno e “negativo” quello che è benigno. Questo perché parte dalla domanda “questo pezzo di paziente che ho pre-levato è cancerogeno?” Positivo, risponde il patologo. Positivo fu la risposta dei medici che dopo aver

IL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO Peculiarità ed attività in corso

buona conoscenza desiderano essere aiutati a farla passare dalla testa al cuore ovvero desiderano sentirne il gu-sto, la gioia, il dono come se fossero annunciate per la prima volta”. Dopo la giornata comunitaria in seguito alla quale si entra nella prospettiva della “VITA NUOVA” che ha inizio con l’effusione delle Spirito, allo scopo di dare lo spazio necessario per una buo-na sedimentazione delle convinzioni, seguono alcuni insegnamenti che si terranno l’11, il 18 e il 25 Febbraio che potremmo chiamare di consolidamen-to del cammino spirituale, e precisa-mente sulla trasformazione in Cristo, l’esperienza comunitaria dell’Amore ed il discepolato nel mondo. Il 27 Febbraio ci riuniremo tutti in-sieme per un’AGAPE FRATERNA. Come preghiamo: Al centro di tutto sta la lode a Dio e al suo Santo Spirito, espressa continuamente in varie for-me: canto, invocazione, ringraziamen-to e canto "in lingue". La varietà di forme espressive ed il richiamo inces-

sante alla lode conferiscono alla nostra preghiera un carattere inconfondibile, di grande presa emotiva ed intensità spirituale. Essendo il nostro un gruppo carismatico di intercessione molti ci richiedono una speciale preghiera per sé o per i propri cari in difficoltà mate-riali e spirituali. Siamo ben lieti di sod-disfare quanti ci chiedono aiuto... Non bisogna però dimenticare che la pre-ghiera di intercessione non agisce da sola, senza una richiesta sincera dell´interessato ed una fede genuina a supportarla!

Domenico Fontana

Il Gruppo Rinnovamento nello Spirito Santo denominato “Maria Salute degli Infermi” è presente a Scafati nella Par-rocchia di San Francesco di Paola da otto anni e s’incontra per la preghiera nella Chiesa piccola di San Francesco di Paola ogni Mercoledì alle ore 19,00. È attualmente composto da circa 22 persone di cui 12 hanno ricevuto la preghiera di effusione dello Spirito ed altri 10 stanno frequentando il semi-nario di vita nuova, iniziato il 19 No-vembre 2010 e che terminerà il 06 Feb, giornata comunitaria nella quale riceveranno la preghiera di effusione. Questo Seminario di preparazione all’effusione dello Spirito Santo è costi-tuito da insegnamenti che aiutano a verificare le proprie disposizioni inte-riori verso Dio ed il proprio modo di vivere le principali verità della Fede, un’occasione per riscoprire il nucleo fondamentale della fede “per tutti co-loro che l’hanno vissuta da lontano e ne hanno un ricordo sbiadito, per tutti coloro che anche se ne hanno già una

Page 9: Settemiglia - anno I, n°4

settemiglia Cultura 2

stra “società liquida”, come la defini-sce il sociologo polacco Zygmunt Bau-man, anche la vita che viviamo è “li-quida”, nel senso che è così veloce che non riesce a solidificarsi e ad acquisire spessore, senso. Questo dipende dal fatto che siamo costretti a consumare per vivere e, per raggiungere tale o-biettivo, non possiamo fermarci, altri-menti si fermerebbero i consumi, ral-lenterebbe l'economia, crollerebbe il mondo! Non si vuole altro da noi! Ov-

viamente le questioni un po' più deli-cate, che potrebbero compromettere il nostro modello di vita, come la ma-lattia, la sofferenza, la morte, non de-vono interferire assolutamente con il ritmo incalzante delle nostre attività giornaliere. Apparentemente il pro-blema c'è. L'importante, però, è non darlo a vedere, nasconderlo tra le mu-ra di chi in quel momento lo sta viven-do. Per tutti gli altri basta studiare una serie di fiction, talk show, reality, oltre

che una capillare campagna pubblicita-ria, e la rimozione è praticamente assi-curata. Fortunatamente la schiera degli irriducibili della scelta, degli investitori della B&M Bank sono ancora tanti. Personalmente sono un po' incerto se preferire il modello Vasco Rossi - vita spericolata, maleducata, piena di guai... o Madre Teresa - vita d'Amore per l'uomo e per Dio. Voi che mi consi-gliate?

Vincenzo Fiorenza

LA MENTE VERSO DIO Il concetto di Dio

Prima di esaminare le principali prove dell’esistenza di Dio che la storia del pensiero ha tramandato, così da riflet-tere sulla loro validità e valutare even-tuali obiezioni cui possono essere e-sposte, è bene porre brevemente at-tenzione al modo in cui Dio può esser pensato dall’uomo: si tratta di rispon-dere alla domanda “chi o cosa è Dio?”, nel tentativo di delinearne il concetto. Un primo aspetto da tener presente è il modo in cui Dio è presentato in quei libri della Bibbia che rientrano nel ca-none dei testi sacri sia degli ebrei che dei cristiani: per usare un’espressione comune, forse poco felice, il riferimen-to è al “Dio dell’Antico Testamento”. Il creatore presentato dalla Genesi è un Dio che ama l’uomo, ma si adira con-tro di lui quando mangia la mela; il “Signore degli eserciti” dell’Esodo in-terviene per salvare il suo popolo “con mano potente e braccio teso”, ucci-dendo i primogeniti d’Egitto e gettan-do in mare i cavalieri del faraone; quel-lo che parla attraverso i profeti è un Dio offeso dall’infedeltà del suo popo-lo: in ogni caso, non può non risaltare l’immagine di un essere, per usare una bella espressione di Nietzsche, “uma-no, troppo umano”. Ovviamente, la Bibbia non può essere un testo da leg-gere senza cogliere il senso di ciò che si nasconde dietro le immagini, ma, almeno in superficie, viene presentato un Dio dalle caratteristiche umane, an-tropomorfo. Subito si può rintracciare una presenza analoga nella cultura greca: il mito tra-dizionale descrive Zeus nell’atto di tra-dire la moglie, dèi invidiosi degli uomi-

ni e pronti a scatenare guerre. Ma quanto può essere lecito pensare un Dio con caratteristiche, sentimenti e talvolta persino fisionomia umani? In realtà, già nel VI sec. a.C. Senofane di Colofone sferrava una serrata critica alla religione tradizionale, che preve-deva una concezione antropomorfica della divinità, sottolineando la tenden-za dell’uomo a rappresentare gli dèi simili a sé: “Gli Etiopi dicono che i loro dèi sono neri e camusi…”. Ancora: “Ma se i buoi, i cavalli, i leoni avessero mani […] i cavalli dipingerebbero immagini degli dèi simili ai cavalli…”. La sua pro-posta si oppone nettamente a tali rap-presentazioni: “Un solo Dio […] né per figura né per pensiero simile agli uo-mini”. Ma in che modo può esser pen-sato un Dio simile? Una prima possibilità consiste nel par-lare di Dio tramite concetti puramente razionali. In questo senso, attributi di Dio sono l’onnipotenza, l’onniscienza, la bontà, la giustizia ed altri, ognuno considerato in quanto illimitato, ed egli può esser definito come causa di

sé, ente sommo, essere perfettissimo. C'è da dire, tuttavia, che un'imposta-zione del genere, pur potendo preten-dere una sua giustificazione, non si sottrae completamente alla critica di Senofane. In effetti, gli stessi concetti di giustizia, bontà, sapienza e potenza sono caratteristiche e predicati propri dell'uomo, trasferiti a Dio in modo ap-parentemente arbitrario. Si è ricaduti in ciò che si voleva evitare, cioè in un antropomorfismo, sia pure a un livello alto di astrazione: cosa posta bene in evidenza da Luigi Pareyson, filosofo italiano del XX sec., che per queste ra-gioni rivaluta il potere rivelativo del mito, capace, se correttamente inter-pretato, di rimandare a significati che trascendono la possibilità di una spe-culazione razionale. Sulle stesse convinzioni si basa un'ulte-riore possibilità del discorso su Dio: quella della teologia negativa (o apofa-tica). A differenza della teologia positi-va (o catafatica), essa non ritiene pos-sibile affermare chi o cosa sia Dio, ma soltanto ciò che egli non è: per usare un’espressione di Karl Barth, teologo del XX sec., si potrebbe dire che la teologia negativa considera Dio come il "total-mente Altro". Si tratta di un'imposta-zione presente già nella filosofia greca, sulla quale sarà bene tornare. Soltanto dopo queste considerazioni è opportuno affrontare, facendo ciò in modo più consapevole, uno dei pro-blemi maggiori della teologia raziona-le: come è possibile, se è possibile, di-mostrare l'esistenza dell’essere che l'uomo chiama Dio?

Alfonso Quartucci

settemiglia Cronaca della Parrocchia 9

Diversamente da quanto si pensa, la vita di una parrocchia è tutt'altro che tranquilla; infatti gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da numerosissimi eventi, manifestazioni e celebrazioni che hanno visto impegnati attivamente i vari gruppi e collaboratori parrocchiali. È iniziato infatti con l'avvento un nuovo anno liturgico, cadenzato dalle quattro domeniche precedenti il Natale. Sabato 20 nov si è tenuta una celebrazione eucaristica in onore di Santa Cecilia, patrona di coloro che si dedicano alla musica ed al canto, e della Virgo Fidelis, protettrice del- l’arma dei carabinieri. Questa santa messa è stata voluta dal maestro Franco Scarico, che con il coro “Alba Plena” e l’orchestra “l’Aurora” ha eseguito magistralmente brani religiosi di vari autori, e dal maresciallo Angelo Matrone, presidente della sezione dell‘Associazione Nazionale Carabinieri che ha sede presso la parrocchia. La santa messa è stata celebrata da mons. Lino d’Onofrio, vicario generale della diocesi di Nola. 28 nov è stata posta una porta ai piedi dell’altare, su cui sarebbe stata sistemata ogni domenica una chiave, simbolo di apertura, per riflettere sui temi trattati durante la giornata; intorno alla statua di Maria madre della Speranza sono stati posti i tradizionali quattro ceri della corona dell’avvento. 30 nov nella Basilica Cattedrale di Nola l'arcivescovo mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola, ha incontrato le delegazioni di tutte le parrocchie, tra cui la nostra molto numerosa, per concludere liturgicamente la visita pastorale iniziata il 5 gennaio 2006. Padre Beniamino ha salutato e ringraziato tutti e, dopo aver ricevuto da ogni città della dio-cesi una ciotola di terra per piantare un albero di ulivo come segno di comunione tra le parrocchie, ha affidato un uli-vo ad ogni parrocchia in ricordo della visita. 6 dic iniziate le nuove attività con la scuola di italiano per immigrati, corso gratuito di 50 ore, mirato ad una più facile integrazione degli immigrati sia a livello sociale che lavorativo.

8 dic Come ormai tradizione da diversi anni gli scouts del gruppo Scafati I hanno rinno-vato la loro promessa, nella quale con l’aiuto di Dio si impegnano a fare del loro meglio per compiere il loro dovere verso Dio ed il loro paese, per aiutare gli altri e per lasciare il mondo migliore di come lo hanno trovato. Negli stessi giorni ha avuto luogo lo sposta-mento del presepe stile ‘700 Napoletano nei locali adiacenti la sagrestia, rendendo frui-bile a tutti la visione di questa stupenda opera voluta dal parroco emerito Mons. Aniello Marano. 18 dic per interessamento dell’Agesci e del Masci è arrivata anche quest’anno in parroc-chia la Luce della Pace partita direttamente dal luogo dove secondo la tradizione sarebbe

nato Gesù e su cui è sempre accesa una lampada dalla quale è stata attinta la fiamma che è arrivata a noi. 24 dic il clan del gruppo scout Scafati I nella Veglia della Notte Santa ha presentato alla comunità volti di persone stra-ordinarie che hanno saputo accogliere Dio nella loro vita ed illuminare il cammino degli altri. GIUSEPPE MOSCATI: medico; ANTONIO GAUDÌ: architetto ; don PEPPE DIANA: prete in lotta contro la camorra; GIORGIO LA PIRA: sindaco di Firenze; NINA LANZA: laica; CHIARA LUCE: ragazza inferma; EDITH STEIN: filosofa, uccisa nei campi di sterminio. 26 dic Santo Stefano In Parrocchia; un numeroso gruppo di parrocchiani, con in testa la famiglia del parroco, ha partecipato al pranzo tenutosi presso il Garden Bar, durante il quale ci si è divertiti semplicemente ed in fraterna amicizia. La giornata è terminata assistendo al divertentissimo spettacolo “tre juorne 'e tiempo”, interpretato con grande professionalità dal gruppo “Attori per Diletto”. 31 dic si è concluso l’anno solare con una messa di ringraziamento ed il tradizionale canto del Te Deum intonato dal coro diretto dal maestro Franco Scarico. 3 gen iniziati i lavori di rifacimento della facciata della chiesa piccola, di prossima apertura al culto dell’adorazione perpetua su indicazione del nostro Vescovo Beniamino De Palma. 6 gen un folto gruppo di figuranti ha accompagnato don Peppino che recava in processione la statuina del Bambino Gesù dalla chiesa grande a quella piccola, dove erano ad attenderlo due giovani parrocchiani negli abiti di Giuseppe e Maria, nelle cui braccia ha deposto il bambino. Vi è stata poi la distribuzione di piccoli doni portati in uno scrigno dal corteo dei Magi. Nei mesi di Novembre, Dicembre e Gennaio hanno ricevuto il battesimo David, Daniel,

Teresa, Alessia, Alessia, Cristian, Aurora, Rosaria, Marco, Rosaria, Nicolò, Serena, Etto-re Mattia, Valentina, Marco e Francesco. Nella comune fede del Signore Risorto ci u-niamo al dolore delle famiglie di Federico Antonio, Fontana Angelo, Sansone Nicola, Dini Ciacci Maria, Dionisio Paolino, Rossi Maria Luigia, Cirillo Antonio, Coppola Angela, Avossa Elio, Vaccaro Giuseppe, Cozzolino Ciro, Monaco Francesco, Schettino Maria Luigia, Bifulco Eugenia, Gargiulo Maria, Coppola Francesco, Grimaldi Michele, Cirillo Serafino.

Page 10: Settemiglia - anno I, n°4

Una delle descrizioni, a mio parere, più crude di tutto l'Inferno di Dante riguar-da quella di una schiera interminabile di anime costrette a correre per l'eter-nità dietro a una bandiera, punzecchia-te da un'infinità di mosconi e di api. Ci troviamo nell'antinferno e subito siamo proiettati verso il dolore che non cono-sce sollievo. Ma c'è di più. C'è il di-sprezzo totale che viene loro riservato, persino dalle schiere demoniache. È emblematica, in tal senso, la frase che pronuncia Virgilio rivolto al suo pupillo: “... non ragioniam di lor ma guarda e passa”. Chi sono, dunque, questi che non possiamo definire neanche dannati visto che la loro colpa non rientra nemmeno tra quelle previste dalla Giu-stizia di Dio e punite in uno dei gironi infernali? Sempre Virgilio li descrive come “l'anime triste di coloro che vis-ser sanza 'nfamia e sanza lodo”, di quelle persone, cioè, che in vita erano già morte, che hanno consumato il loro tempo rinunciando anche ad essere uomini e donne e, in quanto tali, capa-

ci di bene e di male. Non mi stupisce che Dante le abbia trattate con il peg-giore degli insulti: la noncuranza! Che altro può meritare chi vanifica, banaliz-za, riduce a mero passatempo la sua vita? Dall'altro lato, a voler ammonire il lettore che lo segue nel suo viaggio, una schiera incalcolabile di gente, compresi i peccatori, che hanno inve-stito il loro unico tesoro, la vita, nell'u-nica banca che incrementa sempre del 100% il capitale investito: la B&M Bank (Banca del Bene e del Male). Uscendo, adesso, fuori dalla metafora, proiet-tiamoci nel nostro tempo e conside-riamo se non ci sia il rischio di cadere nell'illusione di vivere una vita dignito-sa. È vero, siamo costantemente chia-mati ad operare delle scelte, ma di co-sa si tratta? Cosa dobbiamo decidere? Quali sono i nostri drammi quotidiani: Berlusconi o Bersani, il Napoli o il Mi-lan, Grande Fratello o Xfactor, le va-canze al mare o in montagna, i leggins o la mini, una “canna” o una sniffata, l'happy hour o la sala giochi? Nella no-

Diocesi d i Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

settemigliada Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno

settemiglia 10

IL MINISTRO STRAORDINARIO DELLA COMUNIONE E IL SERVIZIO ALL’AMMALATO

“Quando il Signore, per mezzo della santa Comunione, ha preso possesso anche una sola volta di un cuore, vi la-scia un ricordo indelebile e le tracce del suo passaggio. È una terra conquistata da Gesù, dove Gesù ha regnato, sia pu-re per pochi giorni”.

(San Pier Giuliano Eymard) L'Eucaristia è fonte e culmine della vita cristiana, la presenza di ammalati, an-ziani e persone impedite a partecipare direttamente alla S. Messa esige im-prorogabili risposte di carità. Questi fratelli vanno aiutati in tanti modi ed anche a loro va data la possibilità di scoprire l'importanza di unirsi, non so-lo spiritualmente, ma anche sacramen-talmente, alla Comunità che celebra l'Eucaristia nel Giorno del Signore. Questo trova le sue motivazioni nella parabola del Buon Samaritano. In essa la comunità scopre la sua missione di curare i malati. In essa trova le modali-tà del suo divenire prossima di chi sof-fre ed è nel dolore. Il Samaritano è a-nimato dalla compassione, sentimento profondamente divino. La compassio-ne, motore della pastorale della salute, non si identifica con il semplice senti-mentalismo o pietismo che dinanzi ad una situazione di sofferenza e di dolo-re fa affiorare la nostra emotività che, essendo momentanea e superficiale, si esaurisce con un sospiro o un’alzata di spalla. Avere compassione è partecipa-re alla commozione di Dio per ogni uomo, specie se ferito; è lasciarsi feri-re, toccare dalle situazioni umane di dolore e di sofferenza; è uscire da se stessi per condividere i dolori e le an-gosce dell’altro; è impegnarsi a favore dell’altro. La comunità, come accoglie il Samari-tano, è chiamata a ricevere e servire ogni uomo in difficoltà perché in o-gnuno di loro è presente il Signore (cfr. Mt 25, 31-45). «Ogni individuo, pro-prio a motivo del Verbo di Dio che si è fatto carne (cfr Gv 1, 14), è affidato alla sollecitudine della Chiesa» (Gio-vanni Paolo II, Evangelium Vitae, 3). L’attenzione ai malati, agli anziani non autosufficienti che vivono soli, ai disa-bili fisici e psichici nella comunità par-rocchiale non può essere un settore,

ma il banco di prova di un cammino di fede, di evangelizzazione, di comunio-ne, di amore. Questo servizio è fon-damentale, unico, insostituibile, «non sopporta né indifferenza, né accomo-damenti» (Paolo VI, Evangelii Nuntian-di, 5). La comunità deve andare incontro ad ogni uomo che è nel dolore e nella sof-ferenza, qualunque sia il suo viso, il suo nome, la sua razza. Colui che sof-fre e che è nel dolore ha bisogno di essa e chiunque esso sia si chiama Ge-sù. Buon Samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque esso sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma di-sponibilità. Questa è come l’aprirsi di una certa interiore disposizione del cuore (Salvifici doloris, 28). La comunità parrocchiale deve recarsi da chi soffre non con i segni del pote-re, ma con il potere dei segni che le sono stati consegnati nell’ultima Cena: lavare i piedi e rimanere con il grem-biule cinto per tutta l’eternità. È necessario togliersi tutti i paluda-menti per servire l’uomo sofferente, così come il Verbo spogliò se stesso per salvare l’umanità. Come il Samaritano ha raggiunto nella sua concreta situazione quell’uomo, ferito e mezzo morto, così la comunità parrocchiale deve accostare chi vive nel dolore e nella sofferenza per an-nunciargli il Vangelo della vita. Un an-nuncio che forse non richiederà mai una esplicita sua proclamazione, ma che è fatto di umile servizio, di costan-te e silenziosa dedizione, di piccoli ge-sti vissuti e scritti in ogni luogo. La visita agli infermi e anziani da parte del ministro straordinario, per recare loro il conforto dell'Eucaristia, costitui-sce una forma e un momento prezioso di evangelizzazione vera e propria, sia nei confronti dei malati che dei fami-liari e di quanti li assistono. Occasione propizia per una catechesi che illumina con la luce della fede la situazione di chi è malato e soffre, la breve liturgia della Parola, premessa alla distribuzio-ne della santa Comunione. Il ministro straordinario perciò la deve valorizzare in tutti i suoi elementi con attenzione umana e senso apostolico. Non solo,

ma spesso, oltre il servizio della Parola e del sacramento, è richiesto anche il "ministero della carità", di quella carità che è conforto e consolazione ma si esprime anche in gesti di sollievo, di aiuto anche materiale, di fraternità. Si aprono così prospettive inaspettate al ministro della Comunione che può vi-vere in pienezza il suo servizio. In que-sta luce il ministero straordinario della Comunione nei confronti dei malati e anziani appare in tutta la completezza, destinato ad essere simultaneamente a servizio della Parola, a servizio del sa-cramento, a servizio della carità. Vi so-no comprese cioè tutte e tre le energie di salvezza (GS, 3) che costituiscono e qualificano la missione ecclesiale!

Pasquale Velleca

settemiglia Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola Aut.ne Trib. di Napoli n. 3393 del 7/03/1985 Direttore Responsabile: MARCO IASEVOLI

Coordinatore Redazione: DON GIUSEPPE DE LUCA Redazione: VINCENZO FIORENZA ENZO VITIELLO ALFONSO QUARTUCCI ELENA FIORENZA VINCENZO DONNARUMMA

E-Mail ed Info: [email protected]

Per leggere e scaricare le pubblicazioni precedenti: www.settemiglia.it

Periodico Mensile Anno I - N°4 Febbraio 2011 Mail ed Info: [email protected] www.settemiglia.it

da Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno

B & M BANK INVESTIMENTI SICURI E GARANTITI

IL MESE PER LA VITA

Bellezza e forza dell’amore «L’uomo – afferma il santo Pa-dre Benedetto XVI – è vera-mente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Il deside-rio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “im-pronta”. Dio è vita, e per que-sto ogni creatura tende alla vi-ta; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad imma-gine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace» (Messag-gio per la XXVI Giornata Mon-diale della Gioventù 2011). È proprio la bellezza e la forza dell’amore che vogliamo cele-brare in questo mese di feb-braio. Bellezza e forza che si traducono in sacrificio e dedi-zione nelle tante famiglie che accudiscono nelle loro case i familiari ammalati o anziani. Bellezza e forza che guidano la passione educativa nei tanti genitori che, con grande pa-zienza e affetto, accompagnano i figli adolescenti nella crescita umana e spirituale e li orienta-no con profonda tenerezza ver-so ciò che è giusto e buono. Bellezza e forza che si amman-tano del generoso aiuto dei nonni, degli insegnanti, dei ca-techisti …Bellezza e forza che donano coraggio a tante giovani coppie che accolgono la vita che nasce superando grosse difficol-tà economiche. Bellezza e for-za che si velano di nostalgia nelle coppie che soffrono a cau-sa dell'impossibilità ad avere figli. Bellezza e forza dell’amore che non ricorre al vile gesto dell’aborto. Bellezza e forza dell’amore di una Madre che mostra l’unica Speranza: il Figlio suo. Gesù Cristo, il Vivente.

don Peppino De Luca