Serie IV 1949 - Bollettino d'Arte · esempi di quelle forme semplici nelle quali la decorazione ......

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©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte FIGG. I , 2 - COMO, MUSEO CIVICO - TESTA ARCAICA CRONACA L'ARTE ANTICA ALLA MOSTRA DEI TESORI D'ARTE DI LOMBARDIA A ZURIGO P ER LA SEZIONE archeologica di questa Mostra non era pos- sibile sperare in un complesso unitario come, malgrado l'assenza delle collezioni statali, potevano offrire le altre sezioni, ricche di opere raggruppate per analogie stilistiche in singole epoche e scuole ben definite, sia pure con inevitabili lacune. Anche qui inoltre sono opere appartenenti a civiltà sviluppatesi in Lombardia, ed altre assolutamente fuori della sua cerchia. Tutte testimoniano però della tradizione uma- nistica e del gusto dei collezionisti e dei Musei lombardi. Poichè la scelta del materiale era limitata alle opere di Enti e di Chiese non si è potuto portare nulla della collezione del Palazzo Ducale di Mantova, che poteva offrire un quadro completo ed organico dello svolgimento dell'arte antica con originali greci, statue e rilievi, ottime copie romane, esem- plari ellenistici, una ricca serie di ritratti romani e infine rilievi di sarcofagi. Inoltre essa è, più d'ogni altra, testi- monio prezioso del gusto umanistico, creata dalla princi- pesca famiglia Gonzaga e specialmente da quel Vespasiano Gonzaga 1/ il primo italiano ideatore di un vero e proprio Museo, che nella pianura lombarda aveva creato dal nulla quella cittadina (Sabbioneta) che a ragione fu chiamata la piccola Atene ".1) Le vecchie collezioni private di antichità in Lombardia furono tutte assorbite dai Musei comunali come, per citare solo gli esempi più noti, la raccolta Archinto e la Trivulzio a Milano e la Garovaglio a Como; la storia della formazione di quelle raccolte non sarebbe del tutto senza interesse. Non era sempre facile sottomettere il valore documentario, che spesso inevitabilmente prevale in un'esposizione di civil- tà antiche, data la grande dispersione e la frammentarietà del materiale archeologico, al valore artistico che necessaria- mente è fondamentale in un 'esposizione di arte figurativa. Quindi la Soprintendenza alle Antichità della Lombardia, per opera del Soprintendente Nevio Degrassi e del sottoscrit- to, mirò per quanto era possibile ad una scelta molto stretta di pezzi sacrificando il documento storico al fatto artistico. Così alcuni vasi preistorici testimoniano delle civiltà preromane svoltesi in Lombardia, ma sono anche simbolici esempi di quelle forme semplici nelle quali la decorazione è strettamente alla struttura, come nei vasi di Golasecca, o già diventa narrativa, come nelle situle bronzee (Trezzo). Finora forse soltanto gli artisti, e proprio gli astrat- tisti, sia pure in via poleInica, mostrarono di intendere l'in- segnamento formale dei più semplici manufatti preistorici, le idee primitive degli oggetti come forme pure e i principi della decorazione. Grande è il salto dalla modesta ceramica preistorica alla grande anfora attica a figure nere del 1/ pit- tore di Menon Il' o meglio di Psiax (da Brescia, Museo 135

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FIGG. I , 2 - COMO, MUSEO CIVICO - TESTA ARCAICA

CRONACA

L'ARTE ANTICA ALLA MOSTRA DEI TESORI D'ARTE DI LOMBARDIA

A ZURIGO

P ER LA SEZIONE archeologica di questa Mostra non era pos­sibile sperare in un complesso unitario come, malgrado

l'assenza delle collezioni statali, potevano offrire le altre sezioni, ricche di opere raggruppate per analogie stilistiche in singole epoche e scuole ben definite, sia pure con inevitabili lacune. Anche qui inoltre sono opere appartenenti a civiltà sviluppatesi in Lombardia, ed altre assolutamente fuori della sua cerchia. Tutte testimoniano però della tradizione uma­nistica e del gusto dei collezionisti e dei Musei lombardi.

Poichè la scelta del materiale era limitata alle opere di Enti e di Chiese non si è potuto portare nulla della collezione del Palazzo Ducale di Mantova, che poteva offrire un quadro completo ed organico dello svolgimento dell'arte antica con originali greci, statue e rilievi, ottime copie romane, esem­plari ellenistici, una ricca serie di ritratti romani e infine rilievi di sarcofagi. Inoltre essa è, più d'ogni altra, testi­monio prezioso del gusto umanistico, creata dalla princi­pesca famiglia Gonzaga e specialmente da quel Vespasiano Gonzaga 1/ il primo italiano ideatore di un vero e proprio Museo, che nella pianura lombarda aveva creato dal nulla quella cittadina (Sabbioneta) che a ragione fu chiamata la piccola Atene ".1) Le vecchie collezioni private di antichità

in Lombardia furono tutte assorbite dai Musei comunali come, per citare solo gli esempi più noti, la raccolta Archinto e la Trivulzio a Milano e la Garovaglio a Como; la storia della formazione di quelle raccolte non sarebbe del tutto senza interesse.

Non era sempre facile sottomettere il valore documentario, che spesso inevitabilmente prevale in un'esposizione di civil­tà antiche, data la grande dispersione e la frammentarietà del materiale archeologico, al valore artistico che necessaria­mente è fondamentale in un'esposizione di arte figurativa. Quindi la Soprintendenza alle Antichità della Lombardia, per opera del Soprintendente Nevio Degrassi e del sottoscrit­to, mirò per quanto era possibile ad una scelta molto stretta di pezzi sacrificando il documento storico al fatto artistico.

Così alcuni vasi preistorici testimoniano delle civiltà preromane svoltesi in Lombardia, ma sono anche simbolici esempi di quelle forme semplici nelle quali la decorazione è strettamente ad~rente alla struttura, come nei vasi di Golasecca, o già diventa narrativa, come nelle situle bronzee (Trezzo). Finora forse soltanto gli artisti, e proprio gli astrat­tisti, sia pure in via poleInica, mostrarono di intendere l'in­segnamento formale dei più semplici manufatti preistorici, le idee primitive degli oggetti come forme pure e i principi della decorazione. Grande è il salto dalla modesta ceramica preistorica alla grande anfora attica a figure nere del 1/ pit­tore di Menon Il' o meglio di Psiax (da Brescia, Museo

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FIG. 3 - BRESCIA, MUSEO CIVICO - TESTA D'ATLETA

Civico) 2) che, insieme ad altri pezzi del Museo Poldi-Pez­zoli e del Museo Teatrale alla Scala, rappresenta la ceramica greca. Singolare il piccolo gruppo di oggetti del Museo della Scala, in questo caso scelti come documento, ma documento particolare, per la storia della musica e del costume teatrale dai vasi italioti con scene di commedia agli strumenti musi­cali, alle danzatrici di Tanagra.

Fuori dalle cosiddette" arti minori 1/ è già però il picco­lissimo discobolo bronzeo del Poldi - Pezzoli (proveniente probabilmente da Spina), che lo Zandrino 3) collegò a quella serie di statuette che sovrastano i candelabri bronzei, così frequenti nelle tombe etrusche. Oltre il confronto decisivo con la figurina dell'Herakles Benaki attribuita dal Payne all'arte peloponnesiaca e datata verso il 490-480 a. C., va notata la stretta somiglianza con la statuetta di giovane con gallo da Megalopoli, ora ad Atene, e il suo parallelo al Museo ]acquemart-André a Parigi 4) che comprovano appunto il carattere peloponnesiaco.

Notevole pure la statuetta bronzea etrusca di guerriero dal Gabinetto Archeologico dell'Università di Pavia, ancora inedita, databile al 500 a. C.; si può confrontare, fra le innumerevoli figurine arcaiche di guerrieri di questo tipo, una statuetta della Biblioteca Naz. di Parigi. 5)

Ci sofferrniamo sulle poche sculture greche perchè, per quanto note, esse furono pubblicate in vecchie pubblica­zioni o in atti accademici difficilmente reperibili. E inco­minciamo da una testa arcaica del Museo civico di Como

(figg. r-2). Non c'è nulla da aggiungere a quanto già ne scrisse l'Albizzati, 6) ma vogliamo richiamarne brevemente i dati essenziali riconfermandone l'autenticità, recentemente messa in dubbio dallo Schefold in un articolo generico su un quotidiano zurighese, dove però l'accenno è brevissimo e senza motivo. Il dubbio è forse sorto per quell'allungamento della palpebra superiore all'angolo esterno dell'occhio destro, ma in realtà è la slabbratura del marmo che ne accentua così il rilievo. Si tratta di un originale. Nel viso ovale le guance sono piuttosto allungate per vezzo arcaico di collocare troppo alto lo zigomo; fronte breve, grandi occhi, carnosa e piccola bocca sul mento forte e quadrato. Le vuote occhiaie che oggi danno un aspetto desolato al volto dovevano contenere i globi di smalto o di quarzite. La capigliatura a corti ric­cioli schematizzati in piccole sporgenze arrotondate è cinta da un lemnisco. L'impressione è di una grandiosa semplicità ma il modellato è già ricco di sfumature, mentre più rigido è il trattamento dei piani nella parte posteriore. Fatto inte­ressante è che la testa ha la calotta cranica segata e che sono conservate, tanto alla sezione del collo - per attacco alla statua - che a quella del capo, quasi al centro, le spine di ferro piombate che congiungevano queste alle altre parti lapi­dee; i piani di giunzione sono quasi intatti. La calotta cranica ha fatto pensare a penuria di materiale; la parte mancante è tutta nella capigliatura e poteva essere anche di un'altra pietra senza che la differenza apparisse poi nell'insieme per la policromia che completava la statua, come nelle metope di Selinunte. Generici i .confronti con gli acroliti; buoni con­ftonti invece ha stabilito l'Albizzati con l'Armodios del grup­po di Napoli e con l'Herakles che colpisce l'Amazzone nella famosa metopa del tempio di Hera a Selinunte, con statue peloponnesiache databili fra il 475 e il 450 a. C., datando la testa di Como nello stile di transizione intorno al 470 a. C. e suggerendo che essa è stata probabilmente eseguita in Sicilia.

Del Museo civico di Brescia sono due teste di provenienza sconosciuta. 7) La testa di giovane atleta (fig. 3) di un bel­l'ovale pieno ha il naso spezzato e molte scheggiature. Arcata sopraccigliare a spigolo netto, preciso il profilo della pal­pebra sul bulbo oculare fino alla virgola lacrimale. La capi­gliatura, rilevata al contorno, cinta da un lemnisco che ne comprime leggermente la massa, è trattata a leggere fiam­melle appiattite; piccole e aderenti le orecchie rientrano nella squadratura di questa testa che ha serrato e compatto senso del volume. Il modellato è ricco di sfumature nei deli­cati passaggi di piani. Il Furtwangler, 8) notando le evidenti analogie col Discobolo, lo ritiene un buon lavoro di copista di una opera giovanile di Mirone, ancora in dipendenza da Hageladas. L 'Arndt 9) lo ritiene un originale. In realtà analogie si riscontrano specialmente con la testa di palazzo Riccardi a Firenze e con la testa di Ince Blundell Hall, l O) ma in confronto all'opera mironiana c'è meno vigore, il tratta­mento è più sommario e meno individuale, specialmente nella capigliatura così appiattita, e si deve quindi ascrivere alla cerchia rnironiana senza poter maggiormente precisare.

La testa di Athena (fig. 4) doveva essere inserita in una statua e portare sulla calotta lasciata scabra un elmo di bron­zo. Il cerchio che circonda la fronte rappresenta appunto l'orlo inferiore dell'elmo che si fissava lungo un solco al sommo del capo. Incorniciano la liscia volumetria del bel volto severo le ciocche di capelli sfuggenti dall'elmo fino alle

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orecchie in due masse plastiche opache. Quasi libere le orecchie, mentre sulla nuca e sul collo scendono lunghi e fluenti rivoli di capelli. Una piccola ciocca di capelli è segnata a leggero rilievo sotto le masse plastiche.

L'unione di due diversi materiali per l'elmo è largamente documentata; il tipo è indubbiamente fidiaco. Il Furtwan­gler II) e l'Arndt 12) riportarono la testa ad un' Athena fidiaca; il Furtwangler l'avvicinò all' Athena Hope .

. Del Gabinetto Archeologico dell'Università di Pavia è la celebre testa femminile velata, pubblicata dal Patroni nel 1905 come copia della Sosandra di Calamide 13) (figg. 5-6).

Non è qui il luogo di rivedere tutta la complessa questione: identificazione dell'Aspasia di Berlino con la Sosandra di Calamide, identità dell'Afrodite di Pausania con la Sosandra di Luciano, riferimento alla base di Callias e quindi, in base ai dati paleografici della base stessa, cronologia al 480 a. C. Per ciò vedi l'Anti 14) e aggiungi a conferma della identificazione la statuetta scoperta a Hama sull'Oronte. Ma va notato che una certa confusione continua a regnare anche fra gli studiosi odierni: ad es. l'errata interpretazione di un passo di Luciano nei Il Dialoghi delle cortigiane" viene ripetuta dal Picard, 15) per cui dal confronto della danza di Taide con la Sosandra si conclude per una somiglianza delle pose e delle attitudini dell'etèra con quelle della statua anzichè per un assoluto contrapposto, come è evidente. Quanto all'altro passo di Luciano nelle Il Immagini" dove si accenna alla testa velata della Sosandra e al sorriso na­scosto (" augusto e ingenuo" secondo l'ultima versione riportata dal Picard), credo si sia inteso troppo material­mente questo sorriso trascurando gli altri caratteri di mae­stosa riservatezza e il fatto che - come già notò il Brunn -mentre le altre bellezze citate da Luciano si riferiscono a singole parti del corpo, la lode invece della sola Sosandra va all'insieme della persona. Inoltre si dimentica che Licino fa comporre all'Eloquenza l'immagine della donna attribuen­dole le qualità di tante diverse opere d'arte, e quindi bisogna tener conto della deformazione retorica.

Per la statua di Berlino ricomposta dall'Amelung c'è inol­tre l'infelice battesimo di Aspasia col preconcetto del ritratto e del nome storico, e più di recente quello di Elpihice.

Arduo è certo il problema della identificazione delle opere di Calamide citate dagli antichi nelle copie rimaste, ma credo che lo scetticismo invalso dopo i discordi tentativi fatti per ricomporre la personalità di Calamide sia un po' il risultato dell'aver voluto raggruppare intorno al suo nome, su gene­riche affinità stilistiche, troppe sculture dello stesso periodo, col desiderio di battezzare il maggior numero possibile di statue. Così si è perduta di vista proprio quella personalità che ci appare invece concretamente in poche opere come l'Apollo dell' omphalos, l'Hestia Giustiniani e l'Aspasia di Berlino. 16) Opere coerenti stilisticamente per ponderazione, proporzioni e ricerca dell'armonia. Calamide crea un ritmo astratto, e perciò sente la testa nel suo valore di ritmo ri­spetto al corpo e ne modifica così le proporzioni per otte­nere quel determinato rapporto di forme. Così nell'Aspasia la testa è sentita come un rapporto di volumi, accentuato dal lembo del mantello che la circonda e che la lega al ritmo del panneggio originalissimo, a masse pesanti e pieghe ango­lose che la tecnica del bronzo doveva rendere a meraviglia. Nella testa di Pavia sono rotti i lembi del velo che scendevano

FIG. 4 - BRESCIA, MUSEO CIVICO - TESTA DI ATHENA

sino davanti al collo e che chiudevano e inquadravano il volto; inoltre il copista ha trasformato la bocca in una Il boc­cuccia". La testa va collocata con inclinazione in avanti e a sinistra; si annulla in questo modo quell'espressione altera che le dà il pieno prospetto e il rialzo. Comunque si voglia vedere nell'Aspasia un'espressione severa o divina o di nascosto sorriso, questa espressione esulava dalle intenzioni dell'artista, era marginai, poichè la sua arte è ritmo astratto come n~ll' Apollo dell'omphalos. Una soluzione diversa, ma ispirata alla stessa ricerca è la Hestia Giustiniani.

Ci limitiamo a citare la testa di principe Lagide, recata dall' Egitto al Museo arch. di Milano dalla Missione Archeo­logica dell'Università milanese, e la testina ellenistica in bronzo di Bacco bambino della coli. Crespi, che furono già esaurientemente pubblicate dall' Albizzati. 17)

Ci sembra che questo piccolo eterogeneo gruppo di scul­ture greche (originali e copie) costituisca una scelta rappre­sentativa di opere d'arte e di gusti artistici che vanno dal­l'arcaismo maturo allo stile severo, dal fidiaco al rococò ellenistico, ciascuna isolata come pagina di un'antologia. La Il contaminatio" del manierismo greco-egizio è certamente una nota preziosa nell'affascinante connubio di esotismo e di classicismo della testa di principe Lagide, che formerebbe la delizia di un raffinato collezionista odierno ancor più

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FIGG. 5, 6 - PAVIA, GABINETTO ARCHEOLOGICO DELL'UNIVERSITÀ - TESTA FEMMINILE VELATA

del ritratto femminile dipinto del Fayum (coll. Vitali) con la sua fissità e il preziosismo del mondo egizio-romano.

La bronzea Vittoria di Brescia è troppo nota perchè debba qui essere illustrata, quale è ormai riconosciuta, come singo­lare e splendido e.sempio di trasformazione di un' Afrodite el­lenica del IV sec. in Vittoria romana. IS) Anche il recente esame dell ' Istituto Nazionale del Restauro ha confermato che le ali furono aggiunte più tardi in modo grossolano e sono di bron­zo più scadente. Resta sempre il problema della sua datazione esatta, se all'ultima età augustea o più tardi, mentre la tra­sformazione in Vittoria alata è probabilmente del III secolo.

Più omogenea si presenta la sezione romana con il singo­lare busto-ritratto di Labieno del Museo di Cremona (bel­lissima la capigliatura) - cioè di un personaggio repubbli­cano mentre il ritratto è del I secolo dell'Impero 19) -, con l'Augusto di Como e la serie di ritratti bronzei di Brescia, dalla dama ftavia al Didio Giuliano e agli altri bronzi dorati dioclezianei, trovati nel 1826 nel Capitolium bresciano in­sieme alla Vittoria. 20) Lo splendido busto bronzeo di Lodi Vecchio del Museo arch. di Milano, datato fra il 2 70 e il 3 00, 21) il ritratto di Licinia Eudoxia del Museo di Como, identificato dall'Albizzati 22) benchè il Delbriick e recente­mente l'AlfOldi abbiano tentato di datarlo al IV secolo, 23)

e infine la notissima Teodora di Milano con la quale siamo già nel mondo bizantino (inaccettabile la datazione al IV secolo di Peirce e Tyler).

Anche qui dunque non si tratta di un complesso rappre­sentante uno sviluppo stilistico unitario, però il gruppo di ritratti segna dei punti essenziali nella storia del ritratto

romano e specialmente tardo-romano. Ma delle opere romane si occuperà in altro luogo l'Al bizza ti, e perciò ci siamo limitati alla semplice citazione. Ricordiamo ancora un rilievo fittile con paesaggio nilotico della coli. Rasini, identico ad uno dell'Antiquarium del Celio, un rilievo mar­moreo con putto del Museo arch. di Milano, frammento di un monumento pagano con la rappresentazione dei Troni degli Dei, disperso fin dal Medioevo e del quale restano altri frammenti con putti a Ravenna, al Louvre, a Firenze, a Venezia. 24) Essi ebbero grande fortuna soprattutto nel Rinascimento presso gli artisti che li imitarono (e spesso li rilavorarono), perchè presentavano già risolti problemi i quali, come..quello del" putto Il' tanto occuparono la fanta­sia dei pittori e degli scultori del Rinascimento.

Infine fra le " arti minori Il la bella statuetta bronzea di Lare dall' Ambrosiana e, fra le argenterie d el Poldi-Pezzoli e del Museo arch. milanese, la coppa con rappresentazione piscatoria da Lovere, 25) e la nota patera di Parabiago, 26)

che ora l'AlfOldi 27) data al IV secolo con argomenti poco convincenti, come la propaganda pagana, già da lui sostenuta per i contorniati. Oltre la pisside d'avorio con rappresenta­zione dei giochi del circo (già Cagnola ora al Museo Teatrale alla Scala), possono ancora essere menzionati i bronzi di Locarno del Poldi Pezzoli, la coppa di zaffiro, cosiddetta " tazza di Teodolinda Il' del S. Giovanni di Monza, il cele­bre diatretum Trivulzio ora al Museo arch. di Milano. 29)

Mentre la suppellettile preistorica rappresenta simbolica­mente le civiltà preromane svolte si su terra lombarda, poche delle opere d 'arte romana esposte sono state trovate in

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Lombardia e di esse non sempre è dato precisare quali siano state veramente eseguite in situ e da artisti locali. È evidente che il termine Il Lombardia Il non ha senso per l'età romana, e che bisogna riferirsi alla regione transpadana ed anche a termini di più ampio respiro come Gallia cisalpina, insomma all'Italia settentrionale, sia pure insistendo su centri romani di Lombardia come Mediolanum, che fu anche una delle capitali dell' Impero, e di altri minori. Ma lo sviluppo sti­listico dell'arte romana in questa regione non si coglie tanto in qualche ritratto isolato o neIle argenterie, bensì nelle steli funerarie e in altri modesti rilievi. Naturalmente è mancata aIIa Mostra, per ovvie ragioni, questa documentazione vasta, dispersa e negletta in molti musei e in varie località lom­barde, di valore diverso e spesso modesta e scadente. Eppure questo materiale noto soltanto in parte daIle vecchie pub­blicazioni, spesso semplici articoli, del Conze, deIIo Hey­demann, del Wieseler, del Diltschke (il più completo e prezioso, ma comunque antiquato), deII'Espérandieu (un modesto articolo infarcito di sviste sul Museo milanese), di vecchi cataloghi, per lo più solo epigrafici e sempre a carat­tere antiquario (come gli elenchi bresciani del Rizzini) o addirittura risalenti al 700 o al primo 800 (come il Museo Bresciano), andrebbe finalmente studiato in una più larga inquadratura storica, fuori di ristretti confini geografici, da un punto di vista artistico anche nelle sue espressioni più modeste, testimonianze del gusto provinciale.

Mentre si hanno già delle larghe visioni dell'arte provin­ciale romana d'Europa dal Reno al Danubio, daIla Gallia alla Germania, dal Norico e dalla Pannonia alla Mesia (e ancora recenti sono gli studi dello Schober, di Lothar Hall e del Dimitrov), l'arte romana dell' Italia settentrionale con­tinua ad essere trascurata, lasciando incolmata la lacuna fra mondo antico e quel mondo longobardo che invece è ora largamente studiato. E sì che è proprio da quel mondo pro­vinciale che discendono forme e motivi ornamentali che dal tardo-romano, dall'arte dei barbari e dei nomadi passeranno nel medioevo. 29) A. FROVA

Per tutte le notizie rimando al catalogo della Mostra: Kunstschatze der Lombardei, Zurigo 1948-49-

I) A. L EVI, S culture greche e romane del Palazzo ducale di Mancova, Roma, 1931, p . 1 1.

2) J. D . BEAZLEV, Attic red- fi gured vases, Oxford , ' 942, p . 9, n. 13; M . CA­GIANO DE A4EVE DO, Il restauro di un'an/ ora attribuita a P siax del Museo civico di Brescia, in B oli . d'arte, 1949, I, pp. 44- 46.

3) R. Z ANDRINO, in jahrb., LVIII, '943, p . 199 ; alt. cm. 8,5 con la basetta rotonda.

4) V. H . POULSEN, Der strenge S til, in Acta Arch., VIII (1937), p. 37, fig. 20. 5) G . Q. GIGLIOU, L'arte etrusca, Milano. 1935, [av o 222, n . 4 ; alt. cm. 20. 6) C. ALBIZZATI, in R m d. Pont. A ce. R om. Arch., III, (1 925), p. 317 ; già

nella colI. Garovaglio, marmo pario alt . cm. 22,8; L . Q UARLES VAN UFFORD, Lgs tcrres cuites sic iliennes, p. 10g .

7) Museo liiresciano illustrato, Brescia, 1838, p. 158; la testa di atleta è di marmo pentelico e misura cm. 25 di alt .

8) Masterpieces of greek S culpture, London, 1895, p. 175. 9) Einzelaufnahme, nn . 197- 199.

IO) P. E. ARIAS, M irone, Firenze, 1940, p . 2 0. Il) Op. cit., p. go; buona copia in marmo, alt . cm. 34. 12) Op . cit., nn. 194 -1 96 . 13) G. PATRONI, in Rend. A ce. Arch. Napoli, XIX, 1905, P.275 ss.; marmo

greco alt. cm. 23, provenienza sconosciuta. 14) C. ANTI, Atti R . 1st. Ven., LXXXII , 1922 - 23, p. I I 13; cfr . AMELUNG,

Rom. Mitt., XV, '900, p . 181 . . I~) C. PrCARD, Manuel d'archéologie grecque, II, Paris, 1939, p. 47; Lvi la

blbltografia più recente e la riproduzione della statua di Hama. 16) Dallo studio dello STUDNICZKA del 1907 all'AMELUNG, Festschrift P .

Arndt, 1925, p. 87 e in j ahrb., XLI, 1926, p. 247; ANTI , ci t . e nuovamente in Enc. It . s. v. Calami de. Per l'Aspasia di Berlino C . BLiiMEL, R om. K opien griech. Skulpturen in Berl. Mus. , Berlino, 1931 , pp . 27-29.

(7) Tre sculture ellenistiche, in La Critica d' A rte, XXI -XXII, '939, pp. 78-79·

18) K . KLUGE, K. L EHMANN-H ARTLEBEN, D ie anliken Grossbronzen, Berlin, Il , 1927, pp. 105-109.

19) C . ALBIZZATI, H istoria, IV, 1930, p. 635 ss. 20} L EHMANN-HARTLEBEN, ci t ., p. 32 s.; F R. P OULSEN, Portriiuw dien in

N ord-italienischen Provin z museen, Kopenhaghen, 1928, p. 26 55. 2 1) C. A LBIZZATI, in Rassegna d'Arte, 19 19, p. 58 e nuovamente in Hisloria.

V , 1931, p. 27 55. 22) C. ALBI ZZATI, in Pont . A ce. Rom. Arch. D issertazioni, Serie IJ, Tomo XV,

1921, p . 337. 23) R. D ELBRUCK, Spiicantike Kaiserportriits, Berl in, 1933, pp. 169-171;

A . ALFOLDJ, in A tlant is, 1949, 2, p. 67. 24) C . RI CCI, M armi ravennati erratici, in A usonia, IV, 1909, p. 247. 25) G. PATRONI, in N ot. Se., 1908, p. 5. 26) A. L EVI, La patera di Parabiago, Roma, 1935. 27) Loc. ciI. 28) A. KISA, Das Glas im A ltertume, Lipsia, 1908, p. 607, fig. 224. 29) Vedi l'articolo di C. CARD UCCI, Il substrato ligure nelle sculture romane del

Piemonte e della Liguria, in Rivista lngauna e Intemelia VII , 194' , p . 67. Fra il materiale da studiare sono anche molti capitell i. Un posto a parte occupano gli splendidi mosaici di D esenzano ancora inediti ; da rivedere quell i di M ilano e di Cremona.

MASCHERA DIONISIACA DA OSTIA

N EL FEBBRAIO DEL 1940, durante i grandi scavi che hanno rimesso in luce tanta parte deII'abitato ostien­

se, in un cortile porticato ad est del cardo massimo, adi­bito a mulino, si rinvenne un notevole gruppo di bronzi , probabilmente colà ammassati per una qualche ragione che oggi ci sfugge, ma che sicuramente non dovevano appartenere al luogo in cui furono trovati. Insieme a vaseIIame di uso comune, a lucerne, a due candelabri, due oggetti si distinguevano particolarmente per eleganza e per pregio artistico : un trapezoforo a forma di pilastri no, cui si addossa un'erma femminile la cui faccia anteriore è ele­gantemente ageminata in argento, e la maschera bacchica, pertinente ad una grande situla, I) di cui ci occupiamo.

Questa mlschera (figg. 1-2), che costituiva il fermaglio e il sostegno deII'aneIIo in cui giuocava il manico, 2) rappre­senta un tipo virile con grande barba che si allarga a ventaglio, coronato di un tralcio di edera ricco di foglie e corimbi e da una benda che gli si incurva sulla fronte tagliando un piccolo boccolo che scende al centro di essa . I cape Ili divisi al sommo del capo si arricciano in piccole ciocche fiammeggianti tra le fronde deIIa corona, trattata a tutto tondo e con forti aggetti. Gli' occhi piuttosto piccoli e con palpebre spesse e leggermente abbassate, sì che lo sguardo risulta rivolto in basso, sono aIIungati , il naso è corto e dritto, la bocca piccola, dischiusa, ha il labbro inferiore tumido e sporgente; gli zigomi lisci spiccano con chiaro nitore di un classicismo un po' freddo tra il tumultuoso fluttuare deIIa barba abboccolata, che è certo la parte più caratteristica di questa maschera con la sua ricerca di giuochi d'ombre e di luci in contrasto con la calma luminosità del viso.

La stessa ricerca di movimento e di contrasti di luci è nella corona d 'edera che cinge la testa. Le orecchie che si scorgono tra i lievi ricci della capigliatura e le fronde della corona hanno il lobo piuttosto allungato i ma poichè la parte superiore è nascosta dai capelli non possiamo dire se fossero caprine.

La maschera ostiense così caratteristica per tipo ed impiego, non è però un unicum : essa fa parte di una serie

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