Sentenza n. 7805/2013 pubbl. il 04/06/2013 RG n. 46326 ... · confronti da questo Tribunale il...

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pagina 1 di 12 N. R.G. 46326/2010 REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO OTTAVA CIVILE Il Tribunale di Milano, Sezione VIII Civile, in persona del Giudice dott. Angelo Mambriani, ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 46326/2010 promossa da: TACARA SRL IN LIQUIDAZIONE (C.F. 06020241003), rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Cesare Pecorella ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Della Posta n. 8, Milano, come da procura in calce al decreto ingiuntivo opposto ATTORE CONTRO ROBERTA TASIN (C.F. TSNRRT46T41F205W), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paola Parma, Marco Longo e Francesco Ilari ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Via Cosimo Del Fante n. 6, 20122 Milano, come da procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo opposto CONVENUTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni. Firmato Da: MANINI FRANCESCO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 9ab64 - Firmato Da: MAMBRIANI ANGELO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 8a35c Sentenza n. 7805/2013 pubbl. il 04/06/2013 RG n. 46326/2010 Repert. n. 6161/2013 del 04/06/2013 http://bit.ly/166mqD9

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N. R.G. 46326/2010

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

OTTAVA CIVILE

Il Tribunale di Milano, Sezione VIII Civile, in persona del Giudice dott. Angelo Mambriani, ha

pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 46326/2010 promossa da:

TACARA SRL IN LIQUIDAZIONE (C.F. 06020241003), rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo

Cesare Pecorella ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Della Posta n. 8, Milano,

come da procura in calce al decreto ingiuntivo opposto

ATTORE

CONTRO

ROBERTA TASIN (C.F. TSNRRT46T41F205W), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paola Parma,

Marco Longo e Francesco Ilari ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Via Cosimo Del

Fante n. 6, 20122 Milano, come da procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo opposto

CONVENUTA

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

I) Premesse processuali.

Con atto di citazione notificato il 18 giugno 2010, Tacara s.r.l. in liquidazione (di seguito: Tacara o la

Società) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 119911/2010 emesso nei suoi

confronti da questo Tribunale il 12-13 aprile 2010, su ricorso della sig.ra Roberta Tasin (di seguito:

Tasin), per la somma di € 51.663,82, oltre accessori. Parte attrice, in particolare, ha eccepito

l'inesigibilità del credito vantato dall'ingiungente, in quanto postergato ex art. 2497 c.c.

Parte attrice si è costituita in giudizio il 25 giugno 2013.

Parte convenuta, costituitasi ritualmente, ha eccepito l'improcedibilità dell'opposizione e ne ha

contestato il fondamento in fatto ed in diritto, chiedendone il rigetto.

* L' opposizione non è improcedibile per effetto della costituzione dell'attore oltre il termine di cinque

giorni dalla notifica al convenuto, come eccepito da parte attrice in forza della sentenza Cass., sez. un.

9.9.2010 n. 19246, poichè, nelle more, è sopravvenuto l'art. 2 della l.n. 218 del 2011 (in vigore dal

20.1.2012), a mente della quale il disposto dell'art. 165 comma 1 c.p.c. si interpreta, nel caso di

opposizione a decreto ingiuntivo, nel senso che la dimidiazione del termine di costituzione dell'attore

opponente si applica solo quando lo stesso ha assegnato al convenuto opposto un termine di

comparizione inferiore a quello di cui all'art. 163 bis comma 1 c.p.c. Nel caso di specie l'attore non ha

assegnato al convenuto termine di comparizione inferiore a quello ordinario, sicchè il suo termine di

costituzione rimane a sua volta quello ordinario, che risulta rispettato.

II) Il fatto.

In fatto è pacifico tra le parti quanto segue.

Il 16 gennaio 2004 Tacara stipulava con Cariparma s.p.a. un mutuo per € 1.100.000,00; a garanzia del

mutuo la sig.ra Tasin - socia di Tacara - costituiva in favore della banca un pegno su polizza vita

denominata "Azione Più", alla stessa intestata, del valore di € 575.000,00. Successivamente la Tasin

costituiva altresì un pegno anche su BOT del valore di € 20.000,00.

Con lettera del 23 febbraio 2009 il rag. Raffaele Mattolini - amministratore unico della Società -

comunicava ai soci: "... vi ho tenuti informati su quanto stavo operando in merito alla conversione del

prestito in oggetto. Come ben sapete, si è dovuto mettere in atto questa operazione per dare un pò di

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'ossigeno finanziario' a Tacara, allungando i tempi del prestito, ma dimezzando la rata mensile

rinegoziando anche il tasso" (enfasi d.e.).

Il 12 marzo 2009 la Società rinegoziava con Cariparma il finanziamento, che veniva erogato dalla

banca "a copertura prestito" (doc. 4 fac. mon.), per € 494.200,00, a tasso variabile, da restituire in 84

rate mensili da € 6.601,31 (doc. 5 fasc. mon.).

Pressocchè contestualmente, in data 10 marzo 2009, tra la banca e la garante Tasin interveniva un atto

denominato "Variazione atto di pegno" con cui la garante, a garanzia del mutuo che sarebbe stato

formalizzato due giorni dopo, svincolava dal pegno la polizza vita "Azione Più" del valore nominale di

€ 575.000,00 e i BOT del valore nominale di € 20.000,00 e dava in pegno BOT del valore nominale di

€ 500.000,00 (doc. 1 e 2 conv.).

Il 29 settembre 2009 il rag. Mattolini comunicava ai soci che la società non era stata in grado di pagare

a Cariparma le rate di mutuo relative ai mesi di agosto e settembre per mancanza di fondi sul conto

corrente, chiedendo loro di provvedere.

Il 14 gennaio 2010 l'assemblea di Tacara deliberava la messa in liquidazione della società e nominava

liquidatore la dott.sa Anna Grinovero.

La sig.ra Tasin, su richiesta della banca, in data 15 febbraio 2010, per evitare che la società fosse

dichiarata decaduta dal beneficio del termine e che venisse chiesto il rientro dell'intera somma mutuata,

provvedeva a svincolare parzialmente i titoli dati in pegno ed a pagare, con i fondi così resisi

disponibili, le rate di mutuo scadute e non pagate dal 12 agosto 2009 al 12 febbraio 2010 per €

51.653,82 (doc. 10-13 fasc. mon.).

Dopo avere rivolto a Tacara, in data 4 marzo 2010, intimazione di provvedere al rimborso delle somme

pagate, rimasta senza seguito, la Tasin otteneva il decreto ingiuntivo oggetto della presente

opposizione.

III) Applicabilità della disciplina dell'art. 2467 c.c. ai pagamenti del socio garante surrogatosi al

creditore originario.

A fonte dell'eccezione di postergazione ex art. 2467 c.c. sollevata dalla Società attrice, la socia ha, in

via preliminare di merito, replicato che la norma non troverebbe applicazione nel caso di specie in

quanto, a seguito dei pagamenti effettuati, essa si sarebbe surrogata a Cariparma nel credito verso la

Società, sicchè esso sarebbe "giuridicamente altro dal credito di regresso che sarebbe sorto in capo alla

medesima per effetto dell'escussione della garanzia (il Pegno)".

Parte attrice ha invece ribadito che di azione di regresso si tratterebbe e non di surroga.

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La deduzione in replica di parte convenuta non può essere accolta.

Invero, anche a voler prescindere, da un lato, dalla circostanza che la socia è stata escussa dalla banca -

come lei stessa ha ammesso, essendo compresa nel concetto di escussione la richiesta del creditore

rivolta al garante, in forza della garanzia prestata, di adempiere l'obbligazione principale ed avendo ella

pagato, solo a seguito di quella richiesta, numerose rate scadute da mesi, all'evidente fine di evitare,

con la decadenza della Società garantita dal beneficio del termine, di vedere subito incamerato dalla

banca l'intero ammontare dei titoli dati in pegno - e che ha pagato proprio realizzando parzialmente il

pegno, ma anche, dall'altra parte, che il garante che agisce per il rimborso contro il debitore principale

può scegliere se farlo a titolo di regresso o di surroga, si deve sottolineare che la questione della

qualificazione dell'azione di cui si discute è, rispetto al tema qui discusso - applicabilità dell'art. 2467

c.c. -, del tutto irrilevante.

Anzitutto si deve considerare che, sebbene in via derivativa e non originaria, in ogni caso il garante

surrogatosi al creditore a seguito del pagamento (qui il socio) si trova lui stesso ad essere il soggetto

titolare del credito verso la società, in nulla rilevando ai nostri fini che il diritto transitato in capo a lui

abbia oggettivamente la stessa dimensione che aveva in capo al creditore originario.

In secondo luogo va considerato che l'art. 2467 c.c. trova applicazione ai finanziamenti dei soci in

favore della società "in qualunque forma effettuati", cioè con riferimento a tutti i casi in cui un socio in

quanto tale si trovi nella posizione di creditore della società (salvo i casi di apporti assimilabili a quelli

di capitale di rischio: C. App. Milano, 17.9.2008, in Le Società, 2009, 1120) quale che sia lo schema

giuridico che abbia sortito tale effetto. Si tratta dunque, semmai, di sceverare se l'apporto sia avvenuto

causa societatis o per causa diversa e, nel primo caso, se a titolo di apporto di capitale o a titolo di

credito, ma, appurato l'apporto a titolo di credito, il percorso giuridico che ha portato alla creazione del

titolo rimane del tutto indifferente. Nel caso di specie nessuno discute che il pagamento effettuato dalla

Tasin trovasse la sua causa nella posizione di socio da lei rivestita e che fosse escluso ab origine

l'apporto a titolo di capitale di rischio. Dunque l'applicabilità della disciplina della postergazione al

finanziamento in questione è indubitabile.

Semmai il processo pone altra questione, che merita di essere chiarita subito. Cioè se l'art. 2467 c.c. sia

applicabile alle garanzie prestate dai soci in favore della società, cui sia seguito il pagamento da parte

del socio e la conseguente acquisizione, da parte sua, della posizione di creditore della società, non

importa se di regresso o per surroga. Se cioè la sussistenza dei presupposti della postergazione indicati

al comma 2 della norma appena citata vada valutata al momento in cui il socio è effettivamente

divenuto creditore della società a seguito del pagamento del debito sociale verso il terzo finanziatore

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ovvero al momento in cui, prestando la garanzia, ha consentito che il terzo erogasse il finanziamento

alla società.

Appare corretta questa seconda soluzione, sia in considerazione della particolare ampiezza della

fattispecie prevista normativamente, sia perchè, in relazione allo scopo della norma - evitare la

sottopatrimonialiazzazione della società provocata dal socio, a carico degli altri creditori, qualificando

artificiosamente come apporto di capitale di credito quel che dovrebbe essere capitale di rischio -, la

prestazione di garanzia che consente l'erogazione del finanziamento da parte del terzo ovvero il

finanziamento diretto sono situazioni equivalenti, sia perchè anche rispetto ai presupposti della

postergazione - una situazione di sovraindebitamento o di crisi finanziaria - si evidenzia

quell'equivalenza, sia infine perchè, se così non fosse, la norma si presterebbe ad essere molto

facilmente elusa.

IV) Individuazione del momento rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 2467 c.c.

Premesso quanto sopra, consegue che il momento rilevante per verificare la sussistenza dei presupposti

di cui al comma 2 dell'art. 2467 c.c., è quello in cui viene rilasciata la garanzia da parte del socio.

Siffatta conclusione, in particolare, pare difficilmente contestabile in tutti i casi in cui, come quello di

specie, rilascio della garanzia ed erogazione del finanziamento da parte del terzo sono contestuali.

Ciò posto, le parti hanno discusso se, nel caso che ne occupa, quel momento fosse da collocare nel

gennaio 2004 od invece nel marzo 2009.

Parte attrice, in proposito, ha dedotto che il pegno stipulato tra Tasin e Cariparma nel 2009 dovrebbe

considerarsi rapporto nuovo e diverso rispetto al pegno intercorso tra le stesse parti a far data dal

gennaio 2004, essendo mutato sia l'oggetto del pegno (non Azione Più per € 575.000 e BOT per €

20.000, ma BOT per € 500.00,00), che il finanziamento garantito (non più il mutuo stipulato nel 2004

ma il finanziamento a medio termine stipulato nel 2009 diverso per tasso d'interessi e durata).

Parte convenuta ha viceversa sostenuto che vi è stata una mera conversione del rapporto di

finanziamento originario in altro rapporto di finanziamento, con rinegoziazione delle condizioni,

rapporto unitario cui ha acceduto una garanzia pignoratizia rimasta intatta, in nulla rilevando che il suo

oggetto iniziale sia stato sostituito da altro analogo, pur sempre trattandosi di titoli e strumenti

finanziari.

Ritiene il Tribunale che sia dirimente in proposito la volontà che le parti hanno espresso in occasione

della modificazione del rapporto di finanziamento e, di conseguenza, del rapporto di garanzia. Ebbene,

nell'atto denominato "Variazione atto di Pegno" (denominazione già di per se stessa assai significativa),

si legge:

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"In relazione all'atto di costituzione di cui alla lettera in data 9.2.2004 ... resta convenuto che in

dipendenza della ... sostituzione, da me oggi effettuata, di somme, crediti, titoli ... con le somme,

crediti, titoli ... descritti in calce, la garanzia pignoratizia si trasferisce sulle somme, crediti, titoli ...

sostituiti e conferiti in pegno, fermo ovviamente restando, senza novazione alcuna, il vincolo

pignoratizio a Vostro favore in prosecuzione dell'originario vincolo costituito con il surrichiamato

atto di cui in premessa ...".

In forza di tale dichiarazione non sussiste dubbio alcuno in ordine alla circostanza che la garanzia

pignoratizia data dalla socia è rimasta la stessa per tutta la durata del finanziamento, quali che siano

state le evoluzioni che esso ha subito.

Ne deriva ulteriormente, per quanto osservato sopra, che il ricorrere delle condizioni di cui all'art. 2467

c.c. deve essere valutata alla data del rilascio della garanzia, cioè al gennaio 2004.

V) Sussistenza dei presupposti di cui all'art. 2467 comma 2 c.c.

L'art. 2467 comma 2 c.c. prevede, quali condizioni perchè il finanziamento debba considerarsi

postergato, due situazioni diverse, cioè che sia stato concesso "in un momento in cui ... risulta un

eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria

della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento".

E' noto che si tratta di situazioni autonome e alternative, entrambe in linea di massima riferite ad uno

stato di crisi economico\patrimoniale della società, ciascuna delle quali sufficiente a determinare

quell'effetto ("ovvero"), sebbene autorevole dottrina abbia perspicuamente notato che, a ben vedere, il

primo criterio non sarebbe altro che una esemplificazione del secondo, più ampio e comprensivo.

Il primo dei due fa esplicito e conferente riferimento al rapporto indebitamento\patrimonio netto,

legando la postergazione ad una situazione di "eccessivo squilibrio".

La necessità di individuazione di siffatta situazione ha indotto, sul piano ermeneutico, il richiamo a

diverse norme: l'art. 2545 quinquies c.c. (sui limiti alla distribuzione dei dividendi e delle riserve nelle

cooperative); l'art. 2412 c.c. (sui limiti all'emissione di obbligazioni nelle società per azioni). Sembra

invece improprio, ad oggi, il riferimento all'art. 98 TUIR, abrogato da anni, in ogni caso relativo alla

disciplina di fenomeni diversi in relazione a indici di indebitamento qui non rilevanti (deducibilità di

interessi passivi in relazione al rapporto tra finanziamento erogato dal socio e valore di libro della sua

partecipazione).

Orbene, il riferimento all'art. 2545 quinquies c.c. non pare appropriato, poichè le cooperative sono

strutturalmente diverse dalle imprese capitalistiche nelle quali, assumendo il profitto la posizione

obiettivo prioritario d’impresa da valorizzare attraverso un equilibrato apporto di capitali propri e di

terzi, le caratteristiche economico finanziarie possono efficacemente essere riassunte nelle note formule

del Roi e del Roe dalle quali si dipana la serie degli usuali indici di bilancio. Invece l’originalità

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dell'impresa cooperativa ne condiziona fortemente l’andamento economico-finanziario e ne determina

la tendenziale sottocapitalizzazione, che ne costituisce notoriamente connotazione costante. Questo

dato di esperienza non può non essere stato considerato dal legislatore e rende non meccanicamente

trasponibile alle società capitalistiche il rapporto patrimonio netto \ indebitamento complessivo indicato

nella norma in questione.

Anche il richiamo all'art. 2412 c.c., non pare del tutto soddisfacente, considerando che la norma è

finalizzata ad equilibrare la distribuzione del rischio tra azionisti ed obbligazionisti - tanto che è

rilevante il rapporto tra impegno economico dei soci (capitale + riserve) e valore complessivo delle

obbligazioni che possono essere emesse -, ma non tiene in alcuna considerazione la posizione dei terzi

creditori precedenti all'emissione del prestito - dunque il rapporto di indebitamento anteriore - proprio

perchè quello è il rischio di cui anche gli obbligazionisti si caricano (sul presupposto che lo conoscano

o possano conoscerlo con esattezza).

Ciò posto, non rimane che prendere atto della correttezza ed esaustività del dettato normativo, che ha

fatto appropriato e specifico riferimento ad un indice di bilancio - il leverage o "rapporto di

indebitamento" - ben conosciuto alle scienze aziendalistiche, avendo cura di aggiungere un più ampio

richiamo alla situazione economico-finanziaria della società in rapporto al mercato del credito, da

considerarsi in relazione al tipo di attività esercitato dalla società di cui si discute.

Si tratta dunque di una clausola aperta che vede i suoi criteri e principi regolatori individuati con

rimando alle analisi aziendali, cioè agli indici di bilancio ed alle relative conclusioni in tema di

squilibrio nell'indebitamento e nella capitalizzazione, da applicarsi alla concreta situazione economico-

finanziaria e patrimoniale della società.

Tanto premesso, si devono considerare i dati emergenti da quel bilancio di Tacara che fotografa la

situazione più vicina al momento di erogazione del prestito, cioè quello al 31.12.2003. Non rileva,

diversamente da quanto assunto dalla convenuta Tasin, il fatto che quel bilancio è stato approvato

successivamente e che, alla data del finanziamento, era noto solo quello al 31.12.2002, poichè tutta la

disciplina dell'art. 2467 c.c. e la sua espressa previsione nell'ambito della disciplina delle s.r.l., come la

discussione concernente l'applicabilità della norma alle s.p.a., si fonda proprio sulla natura

tendenzialmente chiusa delle s.r.l. e sulla conseguente conoscenza o conoscibilità (art. 2476 comma 2

c.c.) da parte di tutti i soci in ogni momento della effettiva situazione economico-finanziaria della

società.

Ebbene, al 31.12.2003, Tacara presentava un attivo patrimoniale composto per quasi due terzi (€

1.300.000,00 su € 2.150.000) da immobilizzazioni finanziarie, cioè la partecipazione in Kunzle &

Tasin s.p.a., oltre a circa 250.000 euro di crediti scadenti entro l'anno - di cui ben € 183.000 verso la

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controllata - ed € 400.000 di crediti scadenti oltre l'anno. Quanto a quest'ultima posta, si legge nella

scarna e burocratica nota integrativa che si trattava di prestito obbligazionario sottoscritto in favore

della controllata Kunze & Tasin s.p.a., scadente il 31.3.2009. Il patrimonio netto risulta composto da un

capitale sociale al minimo legale ed utili accantonati per € 786.000, sicchè, sottratte perdite di esercizio

per 191.000 euro, residuavano € 607.000. Le passività erano costituite da debiti scadenti entro l'anno

per 1.273.000 euro - di cui € 1.120.000 verso banche (Cariparma), su cui erano stati pagati € 90.000 di

interessi passivi - e debiti scadenti oltre l'anno per circa 155.000 euro, oltre ratei e risconti passivi per

circa 79.000 euro (tot. € 1.428.718). A ciò si aggiunga che la società aveva riportato consistenti perdite

negli ultimi due esercizi (rispettivamente € 77.000 nel 2002 ed € 191.000 nel 2003) e che la controllata

aveva maturato perdite molto consistenti nel 2002 (oltre 450.000 euro) e utili risicatissimi nel 2003

(circa 5.000 euro).

Da questo quadro emerge un indebitamento - l'indice al quale la prima fattispecie di cui l'art. 2467

comma 2 c.c. fa riferimento - oltre la soglia di due volte il patrimonio netto (€ 607.000) \ € 1.428.000 =

0,42). E la situazione appare particolarmente grave considerando che il debito è, per la quasi totalità,

scadente entro l'anno e verso banche ed è bilanciato, nelle attività, dal valore delle immobilizzazioni

finanziarie, mentre, sempre nelle attività, non compaiono voci di liquidità in grado di sovvenire a tale

debito.

In queste condizioni, dunque, si appalesa uno squilibrio eccessivo tra patrimonio netto ed

indebitamento (rapporto < 0,5) anche in considerazione degli ulteriori elementi emergenti dal bilancio,

dai quali si desume che Tacara non era in grado di pagare, nel 2003, i debiti che aveva verso le banche

se non liquidando l'unico asset che costituiva il suo core business.

Si deve aggiungere che, nell' assemblea di Tacara del 29 aprile 2003, l'amministratore della società

aveva denunciato difficoltà finanziarie, segnalando l'inesigibilità del credito verso Kunzle & Tasin

s.p.a. e chiedendo l'intervento dei soci (doc. 9 att.); il credito veniva poi parzialmente rimesso con

delibera del 19 dicembre 2003 (doc. 17 att.) ed il prestito obbligazionario sarebbe stato

successivamente convertito in azioni (v. postea).

Si può concludere che, nelle condizioni suindicate, nessun finanziatore avrebbe concesso altro credito a

Tacara e che sarebbe stato viceversa ragionevole un conferimento.

Tale conclusione è avvalorata proprio da quanto accaduto, poichè la banca ha concesso un mutuo per

1,1 milioni di euro, pari sostanzialmente all'esposizione a breve che aveva verso la società cosi

trasformandola in esposizione a medio-lungo termine, ed ha preteso dalla socia garanzie non già

meramente personali, ma reali, per circa 600.000 euro, cioè appunto la differenza tra patrimonio netto

ed importo finanziato.

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VI) Area di operatività della postergazione. Sussistenza dei presupposti nel caso di specie.

Sono noti i diversi esiti cui è pervenuta la dottrina in ordine al problema dell'area di operatività della

postergazione, taluni privilegiando un' impostazione di rigida tutela del patrimonio sociale e

valorizzando la mancanza di limitazioni espresse e giungendo perciò ad affermare che essa sarebbe

opponibile anche dalla società in bonis, altri accentuando il profilo della tutela dei creditori,

richiamando il proprium del concetto stesso di postergazione - che suppone un concorso dei creditori

sul patrimonio -, sottolineando la rilevanza della parte della norma che impone la restituzione del

rimborso solo per i finanziamenti anomali intervenuti nell'anno anteriore al fallimento, rilevando la

conformità alla ratio della norma del rimborso del finanziamento anomalo una volta che la società

abbia recuperato l'equilibrio economico-finanziario.

In quest'ultimo senso si è già espresso questo Tribunale in una pronuncia che qui pienamente condivisa

(Trib. Milano, 10.1.2011, in Giur. It., 2011, 574).

Mette conto soltanto precisare alcune delle possibili conseguenze ermeneutiche di tale interpretazione,

perchè sono rilevanti nel caso di specie.

Questo Tribunale ha infatti anche affermato - peraltro in obiter dicta non specificamente motivati

(Trib. Milano, 29.9.2005 in Soc., 2009, 1133; Trib. Milano 24.4.2007, in Giur. It., n. 11\ 2007, 2500) -

che la postergazione sarebbe opponibile al socio nel caso in cui il rimborso fosse richiesto a società in

liquidazione.

Alla stregua di quanto considerato più sopra, l'affermazione è esatta, ma con esclusione dei casi di

liquidazione in bonis, quando cioè la società, liquidando il suo patrimonio, è in grado di soddisfare tutti

i suoi creditori, compresi i soci finanziatori.

Sul piano processuale ne deriva che la società in liquidazione non potrà limitarsi ad allegare lo stato di

liquidazione al momento della richiesta di rimborso del finanziamento avanzata dal socio, ma dovrà

provare che, se rimborsasse il socio, non sarebbe in grado di pagare per intero gli altri creditori anche

chirografari.

Nel caso di specie l'attrice Tacara ha dedotto di essere in liquidazione e di non essere in grado di

rimborsare il socio.

Tasin ha eccepito che non sono stati prodotti i bilanci al 31.12.2009 ed al 31.12.2010 e che il

liquidatore non ha chiesto il fallimento in proprio, sicchè la società deve essere ritenuta in bonis.

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Nonostante la mancata produzione del bilancio dell'esercizio 2010, durante il quale è stato richiesto il

rimborso non ottenuto, si deve ritenere che la Società versa in una situazione di crisi economico-

patrimoniale tale da non consentirle il rimborso dei finanziamenti anomali versati dai soci.

E' appena il caso di accennare che l'argomento relativo alla mancata presentazione di istanza di

fallimento in proprio prova troppo: il liquidatore potrebbe avere deciso di assumersi le eventuali

responsabilità connesse all'omessa presentazione del ricorso, peraltro legate al verificarsi di un

ampliamento del dissesto; in linea di ipotesi non sarebbe necessario adire una procedura concorsuale se

la liquidazione consentisse di pagare per intero tutti i creditori diversi dai soci postergati.

Quanto invece alla situazione economico-finanziaria, ed anche patrimoniale, di Tacara al momento

della richiesta di rimborso - febbraio 2010 - vale considerare quanto segue.

Già all'inizio del 2005, l'amministratore Mattolini, nel corso dell'assemblea in data 11 febbraio,

denunciava nuovamente la situazione finanziaria "particolarmente critica" della società, tanto che i

soci, per porvi rimedio, decidevano di convertire in azioni Kunzle & Tasin le obbligazioni detenute, per

poi venderle (non si sa con quale esito) e fare fronte ai debiti (doc. 18 att.).

Si susseguivano nel 2006 e nel 2008 due aumenti di capitale, il primo assai significativamente attuato

mediante conversione in capitale dei finanziamenti soci, ed entrambi con sovrapprezzo, peraltro non

particolarmente indicativo, non essendo stato l'aumento sottoscritto da soci diversi da quelli facenti

parte della compagine "storica" della società.

Con la citata lettera del 23 febbraio 2009 l'allora amministratore Mattolini avvisava i soci che la

società era in crisi finanziaria e che diveniva necessario - dopo che operazione analoga era già stata

fatta nel 2003 - trasformare ancora il debito verso Cariparma, già a medio-lungo, dilazionandolo

ulteriormente in modo da abbassare l'importo della rata di restituzione alla quale la società non era in

grado di far fronte. Di qui la rinegoziazione del mutuo e la variazione del pegno del marzo 2009. Dopo

soli cinque mesi la società non era più in grado di pagare le rate del mutuo e veniva escussa la garanzia

pignoratizia.

E' altresì in atti il verbale dell'assemblea in data 23 ottobre 2009, avente ad oggetto l'approvazione (in

grave ritardo) del bilancio al 31.12.2008, di una situazione economica aggiornata al 30.9.2009 e le

delibere conseguenti. In tale sede l'amministratore illustrava una situazione di totale perdita del

capitale, rilevante ex art. 2482 ter c.c., in ragione della svalutazione per intero della partecipazione in

Kunzle & Tasin motivata con redazione di bozza di bilancio al 31.12.2008 e situazione straordinaria al

30.6.2008 della controllata riportante perdite al 31.12.2008 per oltre 2,42 milioni di euro e patrimonio

netto ridotto a 37.000 euro circa, occupazione della fabbrica di Cinisello Balsamo da parte dei

dipendenti, istanza di fallimento pendente, esposto sindacale alla Procura della Repubblica per ricorso

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abusivo al credito, nomina di amministratore giudiziario ex art. 2409 c.c. Il bilancio e la situazione

straordinaria non venivano approvati in quell'assemblea, per opposizione dei soci Rampino e Filippi

Filippi, mentre la socia Tasin (rappresentata per delega) faceva propria la proposta dell'amministratore

e votava a favore. Sempre nella stessa assemblea, come già detto, l'amministratore Mattolini

rappresentava l'impossibilità della Società di far fronte alle rate di mutuo scadute. La Società sarebbe

comunque andata in liquidazione il 10 gennaio 2010.

La situazione di Tacara, come descritta nell'assemblea del 29 ottobre 2009, a prescindere dalla

circostanza che non sia stato prodotto in atti il bilancio al 31.12.2009 o quello al 31.12.2010, risulta di

gravità tale da far ritenere che la società, alla fine di ottobre 2009, non fosse in grado di pagare

regolarmente tutti i creditori. La grave situazione rappresentata, inoltre, è fondata su elementi

economici strutturali, insuscettibili di subire modificazioni significative in assenza di eventi

economico-finanziari positivi di notevolissima rilevanza. Della sopravvenienza di tali eventi, dei quali,

se accaduti, le parti non avrebbero mancato di riferire, non v'è traccia alcuna in atti.

Si deve quindi concludere che la situazione di estrema crisi, se non di conclamata insolvenza, della

Società sia perdurata anche oltre il periodo in cui la socia, solo pochi mesi dopo, ebbe a chiedere il

rimborso del finanziamento (lettera 3 marzo 2010, doc. 13 conv.) e sino alla notificazione dell'atto di

opposizione (18.6.2010). Del resto è in atti una lettera in data 9 marzo 2010 della liquidatrice dott.sa

Grinovero in cui riferisce che la società è del tutto priva di fondi, che il conto Cariparma reca uno

scoperto di oltre 6.000 euro e chiede ai soci il versamento presso la sede sociale della somma di € 6.000

in assegni circolari per costituire un minimo fondo per le spese necessarie alla procedura (doc. 14

conv.).

Alla stregua di tali considerazioni risulta integrato il presupposto della postergazione del credito del

socio anche con riferimento al momento della richiesta di rimborso.

VII) Postergazione e inesigibilità del credito: rigetto dell'eccezione di parte convenuta. Accoglimento

dell'opposizione.

Infine parte convenuta ha eccepito che la postergazione del credito non sarebbe equivalente alla sua

inesigibilità, sicchè il giudice non potrebbe revocare, per tale motivo, il decreto ingiuntivo opposto, ben

potendo sopravvenire, in futuro, condizioni, processualmente insuscettibili di essere conosciute nel

giudizio di opposizione, che lo rendano pagabile.

L' eccezione non può trovare accoglimento.

Anzitutto il credito postergato è effettivamente non esigibile prima che siano pagati gli altri creditori,

tale essendo la condizione della sua esigibilità.

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In secondo luogo, è ben vero che come l'inesigibilità, anche la postergazione potrebbe venire meno al

maturare delle condizioni che consentono o impongono il pagamento e che tali condizioni potrebbero

verificarsi dopo l'emissione della sentenza.

Tuttavia, una sentenza che accerta la postegrazione di un determinato credito, ne accerta anche, in via

logicamente preliminare, la certezza e la liquidità, requisiti in ordine ai quali, con riferimento al credito

azionato dalla socia Tasin, Tacara nulla ha eccepito.

Inoltre, l'accertamento reso con la sentenza retroagisce al momento della domanda, e fa stato - se

diviene irrevocabile - sino a quel momento (Cass., n. 10600 del 2005; Cass., n. 4745 del 2005; Cass., n.

421 del 1952). Nulla dunque impedisce al creditore di riproporre la sua domanda deducendo che sono

sopravvenute le condizioni che legittimano la pretesa del pagamento, anche avvalendosi del giudicato

interno, eventualmente implicito, sulla certezza e liquidità del credito.

* Alla stregua delle superiori considerazioni l'opposizione deve essere accolta ed il decreto ingiuntivo

opposto deve essere revocato.

* Il regime delle spese segue il principio di soccombenza ex artt. 91 e ss. c.p.c., sicché parte convenuta

deve essere condannata alla rifusione delle spese processuali in favore di parte attrice, spese che si

liquidano (secondo la tariffa vigente al momento dell'ultima attività processuale espletata dalle parti:

Cass., n. 23318 del 2012), in € 266,00 per spese, € 1.600,00 per diritti ed € 4.400,00 per onorari, oltre

spese forfettarie (12,5%), IVA e CPA come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, Sezione VIII Civile, in composizione monocratica, definitivamente

pronunziando nella causa civile di cui in epigrafe, respinta od assorbita ogni contraria domanda,

istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

I) in accoglimento dell'opposizione, REVOCA il decreto ingiuntivo opposto;

II) CONDANNA parte convenuta ROBERTA TASIN alla rifusione delle spese processuali in favore

di parte attrice TACARA SRL IN LIQUIDAZIONE, spese che si liquidano in € 266,00 per spese, €

1.600,00 per diritti ed € 4.400,00 per onorari, oltre spese forfettarie (12,5%), IVA e CPA come per

legge.

Milano, 2 giugno 2013

IL GIUDICE

ANGELO MAMBRIANI

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