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Sent. n. 14/2017 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO composta dal Sigg.ri Magistrati dott.ssa Piera Maggi Presidente dott.ssa Chiara Bersani Consigliere Rel. dott.ssa Oriana Calabresi Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio n.74671 intentato dalla Procura Regionale contro: - Marcello Menichini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Medugno ed Annalisa Lauteri, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, alla Via Panama n. 58; - Giovanni Previti, rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Petillo, e con lui domiciliato in Roma, alla Via Federico Ozanam, n.69; - Albino Ruberti, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Ettore Verino e Francesco Paoletti, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, al Viale Maresciallo Pilsudski, n. 118; -Giammario Nardi, rappresentato e difeso dall’Avv.to Pasquale Varone, e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, al Lungotevere della Vittoria, n. 9, Pagina 1 di 32 Corte dei conti 30/03/2017 file:///C:/Users/angela_balla/Desktop/LAZIO%20SENTENZ...

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Sent. n. 14/2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO

composta dal Sigg.ri Magistrati

dott.ssa Piera Maggi Presidente

dott.ssa Chiara Bersani Consigliere Rel.

dott.ssa Oriana Calabresi Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio n.74671 intentato dalla Procura Regionale contro:

- Marcello Menichini, rappresentato e difeso dagli avv.ti

Luigi Medugno ed Annalisa Lauteri, ed elettivamente domiciliato

presso il loro studio in Roma, alla Via Panama n. 58;

- Giovanni Previti, rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore

Petillo, e con lui domiciliato in Roma, alla Via Federico Ozanam,

n.69;

- Albino Ruberti, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario

Ettore Verino e Francesco Paoletti, ed elettivamente domiciliato

presso lo studio di quest'ultimo in Roma, al Viale Maresciallo

Pilsudski, n. 118;

-Giammario Nardi, rappresentato e difeso dall’Avv.to Pasquale

Varone, e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, al

Lungotevere della Vittoria, n. 9,

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Visti gli atti di causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 22 novembre 2016, il relatore

Dr.ssa Chiara Bersani, il P.M. dott. Paolo Crea, e, per le

difese, gli Avv.ti Medugno, Lauteri, Varone, Petillo e Paoletti

Considerato in

FATTO

A conclusione dell’istruttoria, disposta a seguito di un

esposto, su una serie di affidamenti da parte del Dipartimento

Dipartimento Attività economiche e produttive — Formazione e

lavoro del Comune di Roma Capitale, in favore della Società

Zetema Progetto Cultura s.r.l., società in house del Comune di

Roma, la Procura ha individuato una ipotesi di danno arrecato al

Comune stesso dalla società e dai competenti funzionari del

Comune, consistente nella spesa correlata all’affidamento e alla

realizzazione di prestazioni di servizi da parte di soggetti

terzi negli anni 2008-2011.

In base alle risultanze delle relazioni istruttorie della

Guardia di Finanza, e compendiando tre vertenze riunite

(V2015/02079, V2015/02089, V2015/02094 e V2015/02079), la Procura

avrebbe accertato che le illegittimità afferenti detti

affidamenti non costituiscono casi isolati, ma un sistema

adottato in maniera continuativa dal Dipartimento in spregio alle

norme sugli affidamenti di servizi, che ha così ricostruito in

citazione: l'iniziativa del rapporto contrattuale con il

Dipartimento Attività economiche e produttive per un determinato

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evento o manifestazione non parte dalla struttura comunale, bensì

da Zetema, che sottopone all'attenzione dell'organo comunale un

'progetto', da realizzare con l’ausilio di un soggetto privato

già individuato. L'organo comunale ritiene che il 'progetto' sia

di suo interesse, l'attività da svolgere rientri nelle proprie

attribuzioni e che per la realizzazione dell'evento il

Dipartimento possa lecitamente rivolgersi a Zetema.

Successivamente, l'organo comunale affida a Zetema l'incarico di

realizzare il 'progetto' in questione, e Zetema si serve del

soggetto privato già indicato nel 'progetto' quale realizzatore

dell'evento.

Tale sistema sarebbe affetto da un duplice ordine di

illegittimità:

1) Violazione della competenza del Dipartimento attività

economiche e produttive. Tutti gli affidamenti in questione

esulerebbero dalla competenza del Dipartimento, sia ai sensi

delle norme interne (deliberazione della Giunta comunale n. 261

del 7 agosto 2009; deliberazione della Giunta comunale n. 184 del

23 giugno 2010; deliberazione della Giunta capitolina n. 53 del 9

marzo 2011), sia perché il Contratto di affidamento di servizi

tra la Zetema e il Comune di Roma, nella versione allora vigente

(contratto approvato dal Comune di Roma con deliberazione della

Giunta comunale n. 10 del 16.1.2008), concerneva unicamente il

settore cultura, e dunque non le attività e competenze del

Dipartimento (deliberazione n. 10 al n. 1, pag. 5). In

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particolare, l'organizzazione e la gestione di eventi (di cui

all'art. 4A del contratto) concerneva soltanto eventi di

carattere culturale da organizzare negli spazi individuati dal

contratto stesso (punto 2 dell'allegato A al contratto, sub

"eventi", ove testualmente si legge: "L'Amministrazione comunale

potrà affidare a Zetema l'organizzazione e/o servizi di supporto

tecnico per la realizzazione di eventi culturali negli spazi

oggetto del contratto"), e poiché per quel che concerne il

Dipartimento IV tali spazi erano individuati dal contratto nel

Silvano Toti Globe Theatre, nella Sala espositiva S. Rita, nel

Villino Corsini — Casa dei teatri, e nella sede del Dipartimento

sito in piazza Campitelli 7 per quel che concerneva il Sevizio di

accoglienza, gli eventi commissionati con i contratti in

questione esulavano dalle competenze del Dipartimento.

2) Violazione della disciplina sugli affidamenti di prestazioni

a soggetti terzi, di cui all’art. 57, comma 2, del D.lgs.

n.163/2006, poiché per tutti (tranne uno) non è stata rispettata

la prescrizione della procedura comparativa, da seguire

obbligatoriamente quando il Dipartimento non intenda avvalersi

delle società in house, ovvero quando la società in house non

ritenga di eseguire direttamente la prestazione.

3) Violazione della disciplina sulla liquidazione della spesa.

Risulterebbe che il Dipartimento ha liquidato i relativi

corrispettivi contrattuali senza alcuna verifica sull’effettiva

esecuzione della prestazione o acquisizione del servizio da parte

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dell’amministrazione, ma unicamente sulla base di documentazione

inadeguata perché fornita dallo stesso soggetto esecutore.

La Procura ha contestato tali fatti e illiceità previ inviti a

dedurre, e con atto di citazione emesso il 9 maggio 2016 ha

imputato il preteso danno ai seguenti soggetti, e per le relative

imputazioni di seguito indicate:

� Marcello Menichini, nella qualità di capo del Dipartimento

Attività economiche-produttive Formazione e lavoro al momento dei

fatti (oggi Dipartimento Sviluppo economico attività produttive e

agricoltura), per aver impegnato e liquidato la complessiva somma

di euro 1.099.979,10 nelle determinazioni sotto indicate:

a) n. 3329 del 06.12.2011: impegno di euro 503.999,10 (iva

inclusa) "per la realizzazione di attività di spettacolo dal vivo

e di intrattenimento in occasione delle festività natalizie

2011"; liquidazione con determinazione n. 855 del 28.3.2012;

b) n. 3440 del 16.12.2011: impegno di euro 100.000,00 (iva

inclusa) "per la realizzazione di attività di spettacolo dal vivo

e di intrattenimento in occasione delle festività natalizie 2011

— Luci a Roma"; liquidazione con determinazione n. 854 del

28.3.2012;

c) n. 3448 del 16.12.2011: impegno di euro 406.000,00 (iva

inclusa) "per la realizzazione di attività di spettacolo dal vivo

e di intrattenimento in occasione delle festività natalizie 2011

— capodanno alle Torri — Grande festa di fine anno — musica a

Capodanno"; liquidazione con determinazione n. 853 del 28.3.2012;

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d) n. 3412 del 15.12.2011: impegno di euro 90.000,00 per la

realizzazione dell'evento denominato "Festa della Befana". A

seguito di gara, con determinazione n. 3536 del 29.12.2011 il

Menichini ha affidato la realizzazione dell'evento non a Zetema,

bensì alla Pino Tortora Management s.a.s. per la somma di euro

89.980,00, successivamente liquidata con determinazione n. 774

del 16.3.2012.

� Giovanni Previti, rappresentante della Ragioneria del Comune

di Roma, per aver apposto il visto di regolarità contabile su

tutte le suddette determinazioni dirigenziali;

� Albino Ruberti, amministratore delegato di Zetema e

sottoscrittore della rilevante documentazione per conto della

suddetta società, per aver stipulato con il Dipartimento Attività

economiche e produttive i contratti di cui alle lettere a), b) e

c) di cui sopra, violando i limiti dell’oggetto del contratto di

servizio allora vigente, e per aver contravvenuto al disposto

dell'art. 4, lett. A, ultimo comma del menzionato contratto di

servizio in tema di scelta del terzo contraente;

� Giammario Nardi, Vice Capo di Gabinetto del Sindaco, per

aver con sua nota n.76622 del 2011 autorizzato il Dipartimento

Attività economiche e produttive ad impegnare e gestire euro

100.000,00 di cui al contratto sopra indicato sotto lett.b). Tali

fondi erano allocati su diverso centro di responsabilità

(bilancio 2011 — centro di responsabilità 001 — intervento 03

V.A. OOME), ma sono stati impegnati e liquidati dal dott.

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Menichini con le determinazioni dirigenziali a sua firma n.

3440/11 e 854/12, vistate dal dott. Previti.

I predetti convenuti sono stati ritenuti tutti responsabili a

titolo di colpa grave: Menichini e Previti, per la profonda e

sistematica deviazione dalle citate regole; Nardi (euro 100.000

di cui alla determinazione 34440/2011), per la grave violazione

della disciplina contabile, che escluderebbe la possibilità di un

impegno a valere su capitolo destinato ad altro centro di spesa

dell’amministrazione; Ruberti, per aver consapevolmente

contravvenuto in modo grave e ripetuto alla disciplina del

contratto di servizio 2008-2011 tra Zetema ed il Comune di Roma

in merito ai contratti da stipulare e alla scelta dei terzi

contraenti in concreto realizzatori degli eventi.

La Procura ha individuato il danno rilevando che alla mancata

effettuazione di gara per i singoli affidamenti è riconducibile

un danno determinabile in via equitativa, richiamando

giurisprudenza di questa Corte, nel 10% del valore degli

affidamenti stessi, mentre per la liquidazione dei corrispettivi

contrattuali senza alcuna adeguata verifica dell’esecuzione del

contratto stesso è riconducibile un danno determinabile

nell’intero importo del corrispettivo, non risultando provata la

utile controprestazione a favore dell’amministrazione (richiama

Cass., n.13533 del 30 ottobre 2001). Il complessivo danno è stato

imputato ai convenuti nel modo seguente:

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A) Ai sigg. Menichini, Previti e Ruberti è imputato il danno di

euro 100.999,91, ciascuno per un terzo, per la mancata osservanza

delle regole che disciplinano la scelta del terzo contraente in

relazione a tutti i contratti di cui sopra (tranne che per la

Festa della Befana, fattispecie ove la gara è stata effettuata ed

in relazione alla quale il Comune ha pagato euro 89.980,00. I

calcoli sono i seguenti: euro 1.099.979,10 — 89.980,00 =

1.009.999,10: 10 = 100.999,91);

B) Ai sigg. Nardi, Menichini e Previti è imputato il danno di

euro 100.000,00, ciascuno per un terzo, somma in bilancio al

Centro di Responsabilità 001 del Gabinetto del Sindaco,

intervento 01.01.03, voce economica OOME — Bilancio 2011,

liquidata, invece, dal Dipartimento Attività economiche e

produttive sulla mera e insufficiente base della autorizzazione a

ciò rilasciata dal Vice capo gabinetto Nardi al Menichini.

C) Ai sigg. Menichini e Previti ha imputato il danno di euro

1.099.979,10, ciascuno per il 50%, pari al corrispettivo

complessivamente erogato alla Zetema in spregio alle disposizioni

vigenti in materia di accertamento della corretta esecuzione dei

contratti ed in materia di liquidazione dei compensi. Tale danno

è loro imputato con detrazione, dalla somma totale di euro

1.099.979,10, dei suddetti importi di euro 100.999,91 e di euro

100.000,00, e dunque determinato in euro 998.979,19 e imputato a

ciascuno per la metà, pari ad euro 449.489,60.

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In via subordinata la Procura ha formulato diversa imputazione

del danno, chiedendo che, qualora non venga accolta la richiesta

sub A, i sigg. Menichini e Previti rispondano ciascuno per il 50%

di un danno pari ad euro 998.979,19; qualora non venga accolta la

richiesta sub B i sigg. Menichini e Previti rispondano ciascuno

per il 50% di un danno pari ad euro 999.979,10; qualora non venga

accolta nessuna delle richieste sub A e B, i sigg. Menichini e

Previti rispondano ciascuno per il 50% di un danno pari ad euro

1.099.979,10)

Il Menichini si è costituito eccependo pregiudizialmente la

nullità dell’atto di citazione ex art. 51, 3° comma c.g.c., per

omessa indicazione della fonte della notizia di danno, per

inesistenza di notizia di danno specifica e concreta, per aver

disposto l’audizione del Menichini (verbale del giorno 10

dicembre 2015), seppure formalmente motivata come audizione di

persona informata dei fatti, prima dell’emissione dell’invito a

dedurre e senza alcuna informativa sui fatti e motivi della

convocazione, e per aver, invece, ivi acquisito informazioni a

tutto campo sull'attività del Dipartimento, preordinate non già

alla fisiologica funzione della audizione ma al tentativo di

acquisizione di elementi informativi idonei a suffragare

l'attendibilità dell’esposto, e concretante un controllo

generalizzato di legalità sull'intero spettro di iniziative

promosse dal Dipartimento nel lasso temporale preso in

considerazione. Nel merito, ha rilevato la mancata prova del

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danno, sia quanto al danno da concorrenza che al danno collegato

alla violazione della disciplina sugli appalti e sulla procedura

di spesa – in relazione al quale ha sottolineato che per tutti i

contratti la liquidazione è stata disposta previa presentazione

da parte degli incaricati di una relazione che illustrava lo

svolgimento della manifestazione, e ha sostenuto che il mancato

reperimento di altra documentazione probatoria non sarebbe

imputabile al Menichini, ma a insufficiente attività istruttoria

della Procura -. Ha comunque sostenuto la legittimità di tuti gli

affidamenti. Quanto agli affidamenti da parte di Zetema, ha

confutato la tesi della Procura circa l’incompetenza funzionale

del Dipartimento giusta quanto prevedeva l’art. 4 lett. A del

contratto citato, e ha rilevato che la scelta diretta del

contraente sarebbe stata giustificata dall’esclusività delle

prestazioni ex art. 57, comma 2, lett. b, D.lgs. n. 163/2006, e,

comunque, che per le eventuali violazioni del principio di

concorsualità la responsabilità è imputabile alla società stessa.

Quanto all’unico affidamento diretto del Dipartimento (festa

della Befana), ha rilevato che pur a fronte della accertata

effettuazione di gara la Procura ha imputato il corrispettivo a

danno, senza alcuna altra censura. Quanto, infine, alla

liquidazione di euro 100.000 a valere sul bilancio del Gabinetto

del Sindaco (Determinazione Dirigenziale n. 3440 del 2011), ha

sostenuto la sufficienza della autorizzazione del Vice capo di

Gabinetto Nardi, nella cui competenza rientra, ai sensi

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dell'art. 55 del Regolamento del Decentramento Amministrativo, il

rilascio di autorizzazioni per eventi che coinvolgono plurimi

interessi pubblici, o quantomeno al fine di escludere il dolo o

la colpa grave del Menichini.

Ha concluso la difesa per la dichiarazione di nullità dell’atto

di citazione, o per l’assoluzione nel merito, con vittoria di

spese.

Albino Ruberti si è costituito eccependo pregiudizialmente la

nullità della citazione per violazione dell'art. 5, co. 1, D. L.

453/93, conv. con modificazioni nella legge n. 19/94, per non

aver il P.M. dato seguito alla richiesta di audizione presentata

dall’interessato in seno alle deduzioni all’invito a dedurre, e

per aver disposto una audizione prima dell’emissione dell’invito

a dedurre, senza alcuna informativa sui fatti e motivi della

convocazione. Nel merito, ha censurato la tesi che i contratti in

oggetto esulassero dall’oggetto del contratto di servizio del

2008, rilevando che tutti gli eventi in questione organizzati da

Zetema avevano carattere culturale (trattandosi di attività di

spettacolo dal vivo, con concerti e intrattenimento di vario

genere, oltre alla realizzazione di allestimenti artistici a

carattere luminoso che, pertanto, rientrano a pieno titolo

nell'ambito del "settore cultura”, attesa l’ampia previsione del

citato art. 4 del contratto. Ha pure confutato le violazioni di

norme di contabilità, sia quanto alla iniziativa contrattuale (la

società avrebbe preso in molti casi l’iniziativa a seguito di

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richiesta del Comune, e la questione sarebbe comunque irrilevante

in base al principio, che ritiene ricavabile dalla giurisprudenza

amministrativa (richiama Tar Lazio, Sez. II, 14 marzo 2011, n.

2241, pronunziata in riferimento proprio al rapporto tra il

Comune di Roma e la società Zetema), che la scelta del contraente

è giustificata con il metodo diretto in quanto si tratta di

prestazioni artistiche a carattere infungibile, ex art. 57, comma

2, lett. B, del D.lgs. n.163 /06, ovvero di affidamenti sotto

soglia (D.D. 3440/2011 e D. D. 3329/2011). Infine, ha sostenuto

che il preteso danno manca di prova, e che in ogni caso ne è

errata la quantificazione, che nel caso di danno per mancato

espletamento di gara per le forniture non supera la percentuale

del 5%. Ha concluso per l’inammissibilità della citazione e per

l’assoluzione nel merito, o, in via subordinata, per la riduzione

del danno ascritto.

Giammario Nardi si è costituito eccependo in via pregiudiziale

la carenza di giurisdizione di questa Corte per ipotesi di danno

collegate a scelte discrezionali della PA, l’inammissibilità

dell’atto di citazione per contemporanea emissione di altre

citazioni per il preteso danno derivante dalla determina n.

3440/2011 (giudizio n. 74669 del 12.04.2016 su vertenza n.

V2015/02035PTT) e per indeterminatezza della domanda. Nel merito,

ha preliminarmente rilevato che l’unico comportamento a lui

ascritto si concreta nell’autorizzazione alla spesa, a carico del

Gabinetto, di euro 100.000 da parte del Dipartimento, per cui

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nessun altro elemento collegherebbe le altre poste di danno alla

sua posizione; ha sostenuto, con argomentazioni analoghe a quelle

già sopra illustrate, la competenza del Dipartimento al

conferimento delle prestazioni in questione, la legittimità

dell’autorizzazione giusta la previsione del citato art. 55 del

regolamento per il decentramento amministrativo, e la mancanza di

danno, sulla tesi che “da un punto di vista economico-finanziario

le autorizzazioni ad impegnare determinate spese non modificano

la corretta allocazione delle risorse assegnate con il PEG; tali

risorse sono utilizzate correttamente per le finalità di spesa

assegnate.” Infine, ha sostenuto la mancanza di colpa grave e di

nesso causale rispetto alla spesa, essendo il comportamento

ascritto rimasto confinato alla autorizzazione della spesa e non

alle fasi seguenti. Ha concluso per la dichiarazione di difetto

di giurisdizione o di inammissibilità dell’atto di citazione, e

per l’assoluzione nel merito, con vittoria delle spese, o, in via

gradata, per la riduzione del danno.

Giovanni Previti si è costituito eccependo preliminarmente la

nullità dell’atto di citazione per pedissequa ripetizione

dell’invito a dedurre con mancata ponderazione delle ragioni

esposte nelle deduzioni presentate, e, nel merito, ha sostenuto

che il visto di regolarità contabile, apposto dal Previti,

attestando solo la copertura finanziaria della spesa si porrebbe

su un piano diverso dal parere di regolarità contabile, ex art.

49 del D.lgs.n. 267/2000 (così come modificato dalla L. 213 del

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2012), tanto da escludere nella fattispecie sia il nesso causale

che la colpa grave.

All’udienza del 22 novembre 2016, su concorde richiesta delle

parti la discussione è stata pregiudizialmente incentrata

sull’eccezione di nullità degli atti istruttori per mancanza di

previa notizia di danno, e di nullità dell’atto di citazione per

i vari profili avanzati, risolta la quale con ordinanza ai fini

della prosecuzione della udienza, le parti, per tutte le altre

questioni hanno argomentato e concluso come in atti.

DIRITTO

1.L’eccezione di difetto di giurisdizione rilevata dalla difesa

del Nardi è infondata, poiché è basata sulla pretesa

insindacabilità delle scelte discrezionali dell’amministrazione,

motivo questo che non incide sui limiti esterni della

giurisdizione, alla cui violazione consegue il difetto di

giurisdizione, ma su quelli interni, che limitano la cognizione

del giudice nel merito.

2. L’eccezione di nullità della citazione è stata avanzata

dalle difese di tutti i convenuti, sotto profili solo in parte

diversi.

2.1 Il Menichini ha eccepito la nullità ex art. 51, 3° comma

C.G.C., per omessa indicazione in citazione della fonte della

notizia di danno, per inesistenza di notizia di danno specifica e

concreta, per aver il PM disposto l’audizione (che indica

compendiata nel verbale del giorno 10 dicembre 2015), seppure

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formalmente motivata come audizione di persona informata dei

fatti, prima dell’emissione dell’invito a dedurre e senza alcuna

informativa sui fatti e motivi della convocazione, e per aver,

invece, ivi acquisito informazioni a tutto campo sull'attività

del Dipartimento, preordinate non già alla fisiologica funzione

dell’audizione, ma al tentativo di acquisizione di elementi

informativi idonei a suffragare l'attendibilità dell’esposto, e

concretate in un controllo generalizzato di legalità sull'intero

spettro.

2.1.1 La mancata menzione della notizia di danno nell’atto di

citazione non comporta alcuna invalidità di quest’ultima, meno

che meno la sua nullità, in quanto non espressamente comminata

dalla legge, e in quanto ad essa non può comunque essere

ricollegata alcuna lesione del diritto alla difesa del convenuto.

L’eccezione è quindi infondata sotto questo profilo.

2.1.2 La questione sul fatto che l’audizione sia stata disposta

prima dell’invito a dedurre non è risolvibile in base agli art.

60 e 65 del c.g.c. invocati dalla difesa, poiché dette

disposizioni, ai sensi dell’art. 2, All. 3 al nuovo codice, si

applicano alle istruttorie in corso alla data di entrata in

vigore del codice stesso e, dunque, non al caso di specie, nel

quale sia l’audizione (disposta nei confronti del Menichini il

26.11.2015), che l’invito a dedurre (a lui notificato il

01.02.2016) sono antecedenti a tale data, fissata dal legislatore

al 7 ottobre 2016.

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Trova, pertanto, applicazione il sistema processuale

antecedente, che aveva trovato un consolidato assetto in virtù,

soprattutto, di criteri e principi enunciati dalla giurisprudenza

e riassunti dalla sentenza delle SS.RR. n. 7/QM. del 16 febbraio

1998. In quella occasione i giudici affermavano, in base ad una

interpretazione letterale e sistematica dell’art. 5 della legge

19/94, che l’audizione personale ha funzione di garanzia per il

soggetto indagato ed effetti condizionanti l’ammissibilità

dell’atto introduttivo del giudizio (per la conferma di tale

interpretazione, tra le moltissime altre, c.f.r. Sezione

Sardegna, sentenza n. 569/2012, Sezione Sicilia, sentenza n.

3512/2012). Sulla base dell’osservazione che “la previsione

legislativa secondo la quale l’invitato può chiedere di essere

sentito personalmente, se interpretata nel senso che il

Procuratore regionale ha la facoltà di disattenderla anche

immotivatamente, sarebbe priva di rilevanza pratica, tanto più se

si considera che il legislatore non detta norme che possano

essere disattese e che possono quindi, essere ritenute

superflue”, e della sostanziale equiparazione dell’audizione

(richiesta dall’interessato) alle deduzioni, la giurisprudenza ne

ha ricavato “che la mancata audizione personale violerebbe il

diritto a controdedurre in sede pre-processuale” – e che “la

violazione di questo diritto che, si ripete, la legge pone sullo

stesso piano di quello di controdedurre per iscritto, non può che

comportare sul piano procedimentale la stessa conseguenza già

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individuata per la mancata emanazione dell’invito a dedurre, e

cioè, l’inammissibilità della citazione”.

Dunque, anche nel previgente regime, analogamente a quanto oggi

dispone l’art. 67, comma 2, del c.g.c., l’omessa audizione

importava l’inammissibilità della citazione sulla base di una

sostanziale analogia della audizione richiesta dall’interessato

con le deduzioni.

Nel caso di specie, tuttavia, la censura non si incentra sulla

omessa audizione, che è invero avvenuta, ma sul fatto che

l’audizione sarebbe stata disposta prima dell’invito a dedurre,

in violazione del diritto di difesa, e con funzione strumentale

all’acquisizione di notizia di danno, che sarebbe stata in sé

carente, e dunque in elusione del principio che l’istruttoria

deve conseguire a una notizia di danno specifica e concreta.

La censura è infondata sotto il primo aspetto.

La circostanza che l’audizione sia stata disposta prima

dell’invito a dedurre nella fattispecie non ha limitato o

impedito la funzione di difesa rilevata dalle SS.RR., atteso che

essa non ha impedito all’interessato, che è stato successivamente

destinatario di invito a dedurre, di formulare una sua richiesta

di audizione, e che, pertanto, in quella sede, debitamente

informato dei fatti dall’invito stesso, egli conservava integra

la facoltà di chiedere di essere sottoposto ad audizione e ivi

illustrare i fatti non evidenziati prima, o di censurare,

eventualmente, il rifiuto che il PM avesse opposto alla sua

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richiesta, invocando l’inammissibilità della citazione per omessa

audizione. Non risulta che una tale richiesta il Menichini abbia

formulato, o il PM abbia disatteso, per cui la facoltà che egli

invoca lesa, e che invece permaneva integra dopo la notifica

dell’invito a dedurre, non è da lui stata esercitata; come non

risulta nemmeno che egli abbia chiesto la consegna dei verbali

della audizione, motivo per cui la censura, oltre che infondata

(non essendovi alcuna disposizione che sanziona la mancata

consegna dei verbali con la nullità della citazione) è anche

inammissibile.

La censura è infondata anche rispetto al secondo profilo,

ulteriore rispetto a quello di violazione della difesa

dell’interessato, di violazione del presupposto di una notizia

specifica e concreta di danno a impulso dell’istruttoria.

La difesa lamenta che l’audizione si sarebbe risolta nella

ricerca “a tutto campo” di informazioni onde poter addivenire ad

una notizia di danno sufficientemente specifica, non altrimenti

esistente.

E’ del tutto fisiologico che, anche attraverso le informazioni

ivi acquisite, il PM integri il quadro istruttorio di cui deve

poter disporre per decidere se sussistano o meno, sulla ipotesi

di danno sulla quale indaga, i presupposti di una responsabilità

erariale. Rimane, invece, da individuare il limite entro il quale

tale integrazione sia possibile e non presenti, invece, i tratti

di una inchiesta non consentita dalla legge.

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La questione non può che essere risolta alla luce del criterio,

di intuitiva operatività, che né una convocazione del soggetto, a

qualsiasi titolo, né altro atto istruttorio possono supplire al

presupposto, che l’ordinamento pone oggi (art.51 c.g.c.) come

poneva prima dell’entrata in vigore del codice stesso (art. 17,

comma 30 ter, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, abrogato

solo a far data dal 7 ottobre 2016), che l’istruttoria sia

collegata ad una notizia di danno della quale il P.M. sia venuto

a conoscenza, sufficientemente specifica e concreta da

individuare l’ambito del fatto da indagare; dunque, essa si

risolve, in buona sostanza, nella verifica dell’esistenza o meno,

ad impulso dell’istruttoria e prima della disposta “audizione”,

di una notizia di danno idonea a tale funzione.

Va premesso molto brevemente, essendovi in materia principi

consolidati (Corte dei conti, SS.RR, Sentenza n. 12/2011/QM, che

ha precisato il significato da attribuirsi ai termini “notizia

concretata e specifica di danno”), che “l’aggettivo specifica è

da intendersi come informazione che abbia una sua peculiarità e

individualità e che non sia riferibile ad una pluralità

indifferenziata di fatti, tale da non apparire generica, bensì

ragionevolmente circostanziata; l’aggettivo concreta è da

intendersi come obiettivamente attinente alla realtà e non a mere

ipotesi o supposizioni”. Dunque, integrano tali requisiti “uno o

più fatti, ragionevolmente individuati nei loro tratti essenziali

e non meramente ipotetici, con verosimile pregiudizio per gli

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interessi finanziari pubblici, onde evitare che l’indagine del PM

contabile sia assolutamente libera nel suo oggetto, assurgendo ad

un non consentito controllo generalizzato”; specificatamente,

“sono idonei ad integrare gli estremi di una “specifica e

concreta notizia di danno”: a) l’esposto anonimo, se riveste i

caratteri di specificità e concretezza innanzi precisati; b) i

fatti conosciuti nel corso della fase dell’invito a dedurre,

anche per soggetti diversi dall’invitato, nei medesimi termini…”.

Nella fattispecie, l’istruttoria è stata azionata a seguito

dell’esposto anonimo depositato agli atti, che, alla luce dei

suddetti criteri, contiene in sé elementi sufficientemente

definitori del fatto che la Procura ha ritenuto fonte di

possibile danno erariale: si tratta della denunzia di un sistema

di affidamento a favore di Zetema ed altri soggetti, al quale è

allegato un elenco di delibere dirigenziali, identificate con gli

estremi, che si riferisce abbiano per specifico contenuto

affidamento di incarichi alla Zetema oltre i limiti di legge e

con spreco di danaro pubblico derivante dalla mancata

effettuazione di gara.

Il contenuto dell’esposto è palesemente il nucleo

dell’imputazione mossa nel presente giudizio, oltre che in altri

separati giudizi - atteso che l’istruttoria ha avuto diversi

stralci, e che qui è costituita dagli atti di tre vertenze, che

hanno in comune il soggetto affidatario (Zetema) e le cause della

pretesa illiceità (la mancata effettuazione di gara per

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l’affidamento di servizi, tranne che per la “festa della Befana”,

e, per tutte, la violazione delle procedure di spesa).

Dunque, sussiste una notizia di danno sufficientemente

specifica e concreta; e difatti, la “audizione” al Menichini è

stata disposta (nota del 26.11.2015) per le determine n.348/2011

e n.853/2012 (Vert. 2015/02079) e sullo specifico oggetto

dell’”impegno e la liquidazione di somme alla soc.Zetema”, cioè

su un oggetto non solo circoscritto, ma che è anche lo stesso che

è stato successivamente portato in giudizio (assieme alle

liquidazioni effettuate dal Menichini a favore della medesima

società).

2.2 Il Ruberti ha eccepito la nullità della citazione, sempre

per violazione dell'art. 5, co. 1, D. L. 453/93, conv. nella L.

19/94, oltre che per i due aspetti già evidenziati sopra, dei

quali è stata accertata l’infondatezza, anche per non aver dato

il P.M. seguito alla richiesta di audizione presentata

dall’interessato in seno alle deduzioni.

La censura è fondata.

Effettivamente, agli atti risulta che in seno alle deduzioni

presentate il 4 marzo 2016 egli aveva chiesto di essere

sottoposto ad audizione personale, ma non risulta che, per tale

audizione, egli sia stato convocato. È invece seguita, nel maggio

2016, l’emissione dell’atto di citazione.

Trovano, pertanto, applicazione i principi giurisprudenziali

ampiamente sopra indicati, alla luce dei quali nei confronti del

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Ruberti deve dichiararsi l’inammissibilità dell’atto di

citazione.

Non vi è luogo alla liquidazione dell’ammontare degli onorari e

dei diritti spettanti ai suoi difensori ai sensi dell’art. 10-bis

del d.l. 30 settembre 2005, n. 203 (convertito nella legge 2

dicembre 2005, n. 248) - che interpretando autenticamente l’art.

3, comma 2-bis, del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543 (convertito

nella legge 20 dicembre 1996, n. 639), atteso che nel caso di

specie il giudizio non è definito con una pronuncia di merito.

2.3.Il Previti ha eccepito la nullità della citazione per non

aver considerato quanto esposto in sede di deduzioni, per non

averne motivato il rigetto, e per non averne tenuto conto, alla

stregua della tesi secondo cui la citazione dovrebbe costituire

un quid pluris rispetto all’invito a dedurre poiché, in caso

contrario, il P.M. dimostrerebbe per tabulas di non aver

considerato quanto rappresentato dal deducente.

La censura va disattesa sulla base della lettera della legge

(il citato art.1, comma 5, legge n.19/94), che non commina alcuna

invalidità per l’ipotesi di mancata motivazione sulle ragioni per

le quali il PM ritiene di disattendere le deduzioni in quanto

esse sono assorbite nella decisione di non archiviare

l’istruttoria, e della assai ampia e del tutto consolidata

giurisprudenza, che tale invalidità esclude sulla base della

funzione preprocessuale dell’invito, e della natura non

preclusiva delle deduzioni eventualmente presentate rispetto alle

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altre ed eventuali argomentazioni difensive che il convenuto, una

volta tale, può introdurre in giudizio.

2.4. La difesa del Nardi ha eccepito l’inammissibilità

dell’atto di citazione per contemporanea emissione di altre

citazioni per il preteso danno derivante dalla determina n.

3440/2011 (giudizio n. 74669 del 12.04.2016).

L’eccezione è infondata, atteso che, come si evince dagli atti

a sistema, il predetto giudizio è esito di altra vertenza

(V2015/02035) e ha altro oggetto (determine n.3101 e n.3102 del

2012 e n.663/2013).

4.Nel merito, va preliminarmente affrontata la verifica

dell’esistenza (e prova) di un danno concreto ed attuale al quale

è condizionata l’azione della Procura, pur nel caso in cui essa

rilevi e provi la sistematica violazione di norme di legge e

questa possa apparire agli atti del tutto plausibile, esattamente

nei termini in cui essa è prospettata in citazione.

La necessità che l’azione del PM contabile sia funzionale al

risarcimento del danno erariale comporta in sé che tale danno sia

stato patito, e da tempo la giurisprudenza, inizialmente

impostata sulla differenziazione dei presupposti della

responsabilità nei diversi casi disciplinati dal vecchio

ordinamento contabile (responsabilità contabile e responsabilità

amministrativo patrimoniale) si è assestata sul condiviso

principio che nessun danno può essere risarcito se non ne è

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dimostrata l’esistenza, in qualunque regime di responsabilità

esso si vada ad azionare.

Nella fattispecie la Procura prospetta due voci di danno.

4.1 Danno conseguente al mancato affidamento dei contratti

della Zetema con gara, determinato in via equitativa nel 10%

dell’ammontare dei contratti stessi.

Secondo la prospettazione dalla Procura, il danno è individuato

in diretta ed automatica conseguenza della lesione delle

disposizioni a tutela della pari e leale concorrenza

nell’affidamento degli appalti in quanto direttamente incidenti

sull’imparzialità dell’azione amministrativa, ed è determinato in

via equitativa con applicazione di un criterio, utilizzato da

parte della meno recente giurisprudenza di questa Corte, per il

quale il danno “da concorrenza” è quantificabile nella misura del

10% del valore degli appalti illegittimamente aggiudicati.

Va, però, rilevato che, in mancanza di specifica norma di legge

che disponga diversamente, nell’accertamento (individuazione e

prova) del danno definito “da concorrenza” non vigono regole e

criteri diversi da quelli che possono essere utilizzati nelle

altre fattispecie di danno regolate in via generale, per cui

nell’accertamento deve essere rispettato il principio della

concretezza e della attualità del danno e, nella sua

quantificazione, i limiti entro i quali il giudice può procedere

a determinare tale danno in via equitativa.

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Rileva il Collegio che la violazione delle regole sulla

concorrenza nei pubblici appalti e forniture sicuramente altera

la scelta dell’amministrazione, e comporta nocumento sia ai

soggetti aspiranti all’affidamento ed in possesso dei requisiti

di legge, per i quali tali regole sono poste a garanzia

dell’interesse che la competizione assicuri l’aggiudicazione a

favore del migliore a parità di condizioni, sia

all’amministrazione, perché tali regole sono finalizzate ad

escludere o limitare il rischio che la scelta ricada su un

soggetto che non rappresenti, oggettivamente e veritieramente, il

miglior esecutore sotto i diversi aspetti (tecnici e finanziari)

che il legislatore, ponendo le regole de quibus, ha preso in

considerazione.

Tuttavia, questo nocumento non rappresenta, al fine della

sussistenza di una responsabilità erariale, un danno perseguibile

se non quando si traduca in un danno concreto, cioè arrecato al

patrimonio dell’amministrazione, pur estensivamente inteso quanto

al bene leso. In altri termini, quando tali regole siano state

violate è onere della Procura attrice dimostrare che il suddetto

rischio, solo ipotetico nell’ottica del legislatore, si è

tradotto in un concreto pregiudizio all’erario, e indicare quale

esso sia. E’ questa prospettazione che manca nella fattispecie,

nella quale il danno, come detto, è stato automaticamente

individuato nella lesione delle regole a presidio

dell’imparzialità nella scelta del contraente, e non in un

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concreto danno conseguente alla circostanza che il contratto

possa essere stato affidato ed eseguito dalla società

aggiudicataria in violazione delle norme sugli affidamenti.

Per effetto di tali considerazioni, condivise dalla più recente

giurisprudenza anche di appello (Sentenza n. 263/2016), il

Collegio deve dichiarare l’insussistenza di uno dei presupposti

della responsabilità erariale, il danno, e assolvere per tale

motivo i convenuti dal relativo addebito.

Mancando in citazione anche la prospettazione di un diverso

danno, sotto alcun profilo diverso dalla mera violazione delle

regole della concorrenza, nemmeno il Collegio può esercitare

alcun potere istruttorio, mancando la definizione del fatto da

accertare: in assenza di questa, l’esercizio del potere

istruttorio da parte del Collegio è precluso, non solo perché

devierebbe su fatti la cui individuazione è prerogativa esclusiva

della Procura attrice, ma anche perché il fatto in cui si

concreta il preteso danno deve essere rilevato dalla Procura

mediante la sua affermazione e contestazione al convenuto. In

altri termini, la specifica ipotesi di danno, concreto ed

attuale, deve essere portata all’oggetto del giudizio poiché

costituisce, sotto il profilo processuale, il necessario

presupposto per l’instaurazione del contraddittorio tra le parti.

4.2 Danno conseguente alla mancata verifica della

controprestazione, che risulterebbe liquidata a fronte della sola

produzione da parte dell’esecutore dei documenti (relazioni,

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fotografie) senza alcun ulteriore controllo di avvenuta e congrua

esecuzione da parte degli uffici del Comune.

Agli atti emerge che le prestazioni, resa da Zetema o dal

soggetto da quella incaricato, sono state rese nell’ambito di

eventi effettivamente svoltisi e per i quali la Procura non ne

contesta l’avvenuto svolgimento, e segnatamente:

Determina 3448/2011

- Realizzazione dell’evento Capodanno alle Torri dic. 2011,

concerto di Max Gazzè presso il centro commerciale Le Torri alle

22 del 31.12.2011;

- Realizzazione dell’evento “Grande festa di fine anno”,

concerto di Luca Barbarossa, notte del 31.12.2011;

- Realizzazione dell’evento “Musica a Capodanno”, spettacolo di

cabaret Zelig e concerto Marco Masini e salsa Clave Cubana;

Determina 3329/2011

- realizzazione eventi “Natale in musica”: 4 concerti in chiese

romane con partecipazione di Manuela Villa, maestro Corlesi e

coro gospel;

- realizzazione di Concerto di Natale in chiese romane, n. 5

concerti con Katia Ricciarelli;

- realizzazione dell’evento Note di Natale, n. 2 concerti con

Luisa Corna, maestro Carlini e coro gospel;

- realizzazione evento “Ecoalberi di Natale”: installazione di

n.28 elementi decorativi a basso consumo;

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- realizzazione evento “Luci natalizie

ecologiche” (installazione luci a tenda e a led).

Per tutte queste determine è agli atti la documentazione

prodotta dalla società fornitrice, consistente nella relazione

artistica del rappresentante legale della Zetema (Ruberti), nella

documentazione promozionale e pubblicitaria dell’evento

realizzata e distribuita, nella dichiarazione attestante che per

le voci di spesa indicate in preventivo non si sono avuti altri

finanziamenti o contributi da parte degli uffici di Roma

Capitale, nella scheda di monitoraggio manifestazioni-dati a

consuntivo.

Determina 3440/2011

- Realizzazione evento “Natale di luci a Roma” (installazione

di luminarie natalizie);

- Realizzazione evento “Roma in luce”, installazione di

luminarie natalizie;

- Integrazione alla installazione di n.4 ecoalberi di natale e

n. 37 cordoni luminosi in occasione festività natalizie;

Per tale fornitura di addobbi natalizi (come per la fornitura

di analoghi addobbi di cui alla suddetta determina 3329/2011) è

agli atti la dichiarazione del responsabile della Zetema di aver

fornito gli elementi in fattura, dichiarazione la cui veridicità

non è stata confutata dalla Procura, che nemmeno ha affermato che

la fornitura non vi sia stata, ma solo afferma che essa non è

stata accertata diligentemente dall’amministrazione.

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Quanto alla “relazione artistica” firmata dal responsabile di

Zetema (Ruberti), la qualità artistica del prodotto non è stata

contestata con controprova dalla Procura, sulla quale ricade

l’onere di dimostrare che essa non è corrispondente a quanto in

contratto.

Determina n. 3412 del 15.12.2011

Realizzazione dell'evento denominato "Festa della Befana". La

fornitura ivi prevista è stata affidata dal Menichini a seguito

di gara, con determinazione n. 3536 del 29.12.2011, alla Pino

Tortora Management s.a.s. per la somma di euro 89.980,00,

successivamente liquidata con determinazione n. 774 del

16.3.2012. Anche per tale contratto manca una prova da parte

della Procura che l’evento non si sia realizzato, o che non sia

stato della qualità in contratto, a fronte della documentazione

in atti attestante la regolarità della prestazione.

Ciò posto sul quadro documentale agli atti, la tesi della

Procura è che il Comune avrebbe dovuto eseguire controlli più

idonei a verificare sia l’avvenuta prestazione, che la sua

qualità, perché a tali fini non sarebbe sufficientemente

affidabile la documentazione di controparte.

Sul punto, però, va rilevato quanto segue.

Va premesso che la documentazione fornita dalla ditta

esecutrice alla Zetema, e da questa al Comune, non è stata

contestata in punto di veridicità dalla Procura. Essa, pertanto,

deve essere esaminata sotto il profilo della sua regolarità, cioè

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idoneità a consentire il tipo di controllo ordinariamente

previsto sulle forniture, e sotto tale profilo risulta congrua,

poiché, per numero e tipo di documenti, essa corrisponde al

capitolato tra le parti, cioè a quanto richiesto per la

liquidazione delle relative fatture.

In secondo luogo, essa è stata previamente individuata

dall’amministrazione quale idonea a garantire l’efficacia del

controllo. Tale giudizio di idoneità, e la corrispondenza della

documentazione a quanto previsto, comporta una mera regolarità

formale della documentazione, la quale non costituisce (e non può

precostituire), di certo, né prova ex sé della legittimità,

regolarità o utilità della fornitura, né un motivo di esenzione

dalla responsabilità conseguente al danno che sia causalmente

collegato ad essa, qualora sia provato che il controllo non era

idoneo alle dovute verifiche.

Tuttavia, ai fini dell’accertamento della responsabilità

erariale rimane altrettanto certo che anche a fronte di

controlli, in ipotesi, astrattamente non adeguati, non è

possibile invocare la responsabilità dei soggetti che hanno

proceduto alle relative liquidazioni se non fornendo la

contemporanea prova del danno che da tale inidoneità si pretende

sia scaturito. In conclusione, grava sulla Procura attrice

l’onere di dimostrare che da tale inidoneità è derivata la

liquidazione di una prestazione non utile o non soddisfacente in

relazione al suo prezzo.

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Page 31: Sent. n. 14/2017 - Portale · PDF fileSent. n. 14/2017 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO composta dal

Per tutte le corrispondenti voci di danno, pertanto, manca la

prova che esso si sia effettivamente concretato con pregiudizio

per l’amministrazione e, conseguentemente, i convenuti devono

essere assolti dal relativo addebito.

4.3 Rimane priva di prova anche la voce di danno in tesi

conseguente alla determina n. 3440 del 2011, danno di euro

100.000 imputato al Nardi, Menichini e Previsti, ciascuno per un

terzo, per averne consentito il Nardi l’impegno sul capitolo di

spesa del Gabinetto ad integrazione dei fondi liquidati dal

Menichini a carico del Dipartimento stesso, e, gli altri,

proceduto alla relativa liquidazione. Oltre a non essere provato

(per quanto sopra detto) il danno direttamente conseguente alla

suddetta delibera, la spesa è qualificata “illecita” solo in

quanto disposta in violazione delle norme di contabilità, senza

prospettazione (prima che prova) del danno che possa essere

conseguito dall’operazione contabile illegittima.

Anche per questa voce di danno, in conclusione, i convenuti

devono essere assolti dall’addebito.

5.Le spese devono essere rifuse nei confronti dei convenuti

assolti nel merito, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione

Lazio, definitivamente pronunziando:

- dichiara INAMMISSIBILE l’atto di citazione nei confronti di

Ruberti Albino. Nulla è a disporre per le spese del convenuto.

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- ASSOLVE Marcello Menichini, Giovanni Previti, Giammario

Nardi.

Liquida a loro favore le spese del giudizio in euro 1.000,00

(mille) per ogni convenuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 22 novembre

2016.

L’Estensore Il Presidente

F.to Chiara Bersani F.to Piera Maggi

Depositata in Segreteria il 16 gennaio 2017

Il Dirigente

F.to Dott.ssa Paola LO GIUDICE

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