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SEMINARIO DI STUDIO “Il recepimento della direttiva europea degli abusi di mercato nell’ordinamento italiano (market abuse)” Formez – Arco Felice di Pozzuoli, Napoli - 18 marzo 2005 ore 10.00/13.30

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SEMINARIO DI STUDIO

“Il recepimento della direttiva europea degli abusi di mercato nell’ordinamento italiano (market

abuse)”

Formez – Arco Felice di Pozzuoli, Napoli -

18 marzo 2005

ore 10.00/13.30

INDICE

Introduzione e presentazione dell’iniziativa................................................. 3

Giuseppe Pennella - Responsabile Ricerca e Sviluppo Formez.

La disciplina del “market abuse”: un’analisi comparata ........................... 8

Elena Pagnoni – Studio Freshfields Brukhaus Deringer

Gli abusi di mercato: prevenzione e repressione ....................................... 22

Claudio Salini – CONSOB

Market abuse: il punto di vista degli intermediari finanziari .................. 31

Michele Calzolari – Centro SIM

Gli effetti sulle società quotate ..................................................................... 41

Carmine di Noia – ASSONIME

La tutela penalistica nel quadro della riforma del risparmio ................... 51

Elio Palombi Università di Napoli Federico II

Introduzione e presentazione dell’iniziativa

Giuseppe Pennella - Responsabile Ricerca e Sviluppo Formez.

Oggi lavoriamo su un tema nuovo per il Formez, e il centro che dirigo il Caimed, Centro per l’Innovazione Amministrativa nelle regioni del Mediterraneo, che svolgono una funzione di raccordo e di collegamento sull’innovazione del sistema amministrazione.

Oggi il tema è oggettivamente complementare e chiariremo in che modo: Il recepimento della direttiva europea degli abusi di mercato nell’ordinamento italiano: il Market Abuse.

Il recepimento della direttiva europea sull'abuso di informazioni privilegiate e sulle manipolazioni del mercato, del 28 gennaio 2003, n.6, delega anche l’Italia ad adeguarsi alle regole di comportamento necessarie per operare in contesti finanziari sempre più globalizzati. Non vi è dubbio che i nuovi scenari internazionali necessitano di forme di tutela omogenee e idonee a garantire i medesimi livelli di sicurezza e di fiducia nelle istituzioni finanziarie.

E’ noto e come ci sono ritardi nella approvazione della disciplina italiana che doveva avvenire entro il 12 ottobre 2004, ed invece il disegno di legge ha visto la luce solo in questo inizio di 2005.

Va dato merito al legislatore italiano attraverso il processo legislativo in corso, di aver predisposto quanto necessario per il recepimento della disciplina sull’abuso di informazioni privilegiate prima di altri grandi paesi europei come la Germania, ma altrettanto noto è che la Francia, con il Regolamento Generale del 24 novembre 2004, ha adottato anche se solo parzialmente, la direttiva comunitaria.

Il risparmiatore ha necessità per poter operare di tranquillità, fiducia, sicurezza, di un mercato finanziario retto da regole in grado di garantire una parità di accesso alle informazioni, oltre che adeguati livelli di conoscenza delle informazioni rilevanti.

Non vi è dubbio che il legislatore abbia cercato di dare risposta oltre che agli obblighi comunitari, anche alle esigenze di trasparenza e di fiducia che i mercati finanziari ed i risparmiatori chiedevano dopo i recenti crack finanziari.

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L’aver riunito presso il Formez rappresentanti del mondo accademico, delle pubbliche amministrazioni, del mondo finanziario e dei liberi professionisti, è un modo concreto per favorire risposte reali su un tema tanto delicato, coinvolgendo tutti i soggetti interessati al problema.

Infatti, le novità normative introdotte devono essere approfondite alla luce di quelli che sono, anche, i comportamenti che altri Stati e altre istituzioni sovra-nazionali hanno contestualmente posto in essere.

L’attenzione verso i fenomeni finanziari non può essere più prerogativa solo della sfera giuridica e degli interessi dei privati, non vi possono essere zone franche lasciate a presunte competenze esclusive.

Il mondo finanziario necessita di certezze, ha bisogno di sicurezza, ha bisogno di affidabilità; è indispensabile, pertanto, che le pubbliche amministrazioni operino con maggiore consapevolezza del ruolo e dell’importanza che esse svolgono sull’intero mercato.

Ed è per questo motivo che il Caimed e la direzione Ricerca e Sviluppo del Formez, che io dirigo, intendono avviare, insieme con voi, un nuovo percorso, perché il Formez ha avuto sempre la capacità di guardare oltre, alle nuove frontiere, alle nuove occasioni di crescita e di ricerca e di eccellenza, recentemente è stato rilevato che l’eccellenza più che essere un elemento di programma è un elemento di verifica dei risultati.

In particolare, prima di entrare nel dettaglio delle questioni sulle quali siamo chiamati oggi a confrontarci, assicuro che il nostro impegno non sarà saltuario, anche se ancora embrionale né occasionale, attraverso il C.A.I. MED, il Centro per l’Innovazione Amministrativa nelle regioni del Mediterraneo, istituito dal governo italiano su programma delle nazioni unite che ho l’onore di dirigere, è nostro intendimento portare avanti un programma innovativo e di eccellenza sulle tematiche privatistiche, sulle quali l’azione delle pubbliche amministrazioni svolge una funzione regolatrice di indirizzo e di controllo.

Questo nuovo impegno che il Formez, attraverso il C.A.I.MED., sta portando avanti con la Comunità Europea, ci vedrà impegnati nei prossimi mesi sulle tematiche della concorrenza, delle “Alternative Dispute Resolution” (A.D.R), e su tutte quelle che sono di confine e di convergenza su questi stessi temi tra amministrazione, mercati ed autorità preposte.

Le pubbliche amministrazioni oggi, devono convivere con la consapevolezza che il loro agire influisce sull’andamento generale dell’economia del paese, e che vi devono essere congiuntamente nuove assunzioni di responsabilità.

Infatti le pubbliche amministrazioni devono comprendere che non si può chiedere al mondo dell’impresa, della finanza, dell’industria di assumersi “responsabilità sociali” ed al contempo, non si può non considerare che le

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pubbliche amministrazioni stesse hanno delle responsabilità “civili”, laddove l’accezione del termine civile deve essere considerata sotto l’aspetto privatistico e non pubblicistico.

Vorrei ringraziare per la loro presenza il Prof. Sinesio ed il Prof. Amatucci, in qualità di esperti ma, anche, di sostenitori di queste nostre nuove iniziative fase di lavoro tra pubblico-privato. E’ indispensabile che il mondo accademico ci sostenga nell’intraprendere questa nuova avventura su un’area di lavoro, fino ad oggi estranea al percorso ordinario del Formez, ovvero quella del diritto societario, del diritto civile. Tematiche che devono essere conosciute da coloro i quali guidano la pubblica amministrazione nel caso interagisca con i sistemi di mercato.

Entrando nel vivo delle tematiche che discuteremo, vorrei iniziare come un neofita della materia, essendomi occupato di economia e diritto amministrativo di sottolineando alcuni degli aspetti che mi sembrano più innovativi e dei profili di cambiamento.

Mi è parso di comprendere che i cambiamenti sostanziali riguardano soprattutto il rafforzamento dei poteri investigativi della Consob, che è stata oggetto di interesse più che del legislatore italiano di quello comunitario essendo stata investita di un potere di controllo generale del mercato che non può essere concorrente con quello conferito ad altre Autorità indipendenti.

Su questo argomento sono curioso di conoscere il punto di vista dell’amico Salini per capire, anche meglio, se vi possono essere possibili linee di confine comuni con il ruolo assunto dalla Banca d’Italia. Per svolgere tali più speciali funzioni l’istituzione di controllo del mercato finanziario italiano potrà chiedere notizie, dati o documenti sotto qualsiasi forma ed avvalersi anche della collaborazione degli uffici delle Pubbliche amministrazioni. La possibilità, infatti, di poter richiedere dati e informazioni riservate, metterà la Consob nella posizione di poter collaborare intensamente con la pubblica amministrazione, essa potrà richiedere, inoltre, le registrazioni telefoniche agli operatori nazionali al fine di individuare eventuali comportamenti negligenti. Ed, infine, attraverso la Guardia di Finanza, avrà anche la possibilità di avere accesso, in maniera completa, ai dati organizzativi e contabili idonei a mettere in luce comportamenti sanzionabili.

Oltre ai poteri di investigazione, il legislatore ha previsto anche un inasprimento delle sanzioni penali e pecuniarie, tema particolarmente sensibile per il popolo dei piccoli risparmiatori. Infatti, ha stabilito che la diffusione di notizie false, o il porre in essere operazioni simulate o altri artifici che alterano il prezzo di strumenti finanziari determina la reclusione da uno a sei anni e la multa da 20 mila euro a 5 milioni, questa rappresenta una indiscutibile leva per scoraggiare operatori temerari.

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Per non dire, poi, dell’inasprimento delle pene previste per le operazioni di “insider trading”, laddove è previsto da uno a sei anni di carcere più multa (da 20 mila euro a 3 milioni) per chi abusa di informazioni privilegiate. Non vi è dubbio, e chiedo conferma ai nostri relatori di quest’oggi, ed in particolare al Prof. Palombi, che ascolteremo con attenzione nel corso della giornata, che occorre approfondire quale è l’importanza delle sanzioni penali individuate, quale effetto deterrente potranno avere e quale efficacia ci si attende dall’applicazione intransigente delle norme innanzi segnalate. Infatti, non si tutela il risparmio se non si garantisce la punibilità di coloro i quali ingannano o falsano la funzione del mercato.

L’affidabilità di un mercato, ritengo, sia direttamente proporzionale alla capacità che lo stesso ha di scoraggiare comportamenti fraudolenti e il risparmiatore, piccolo e grande che sia, ha bisogno di un sistema di regole certe, e di un sistema sanzionatorio penale afflittivo e di una capacità per escludere, con fermezza, gli operatori disonesti.

La necessità di prevedere, come anticipato in precedenza, una tutela “globale” del risparmiatore ha fatto sì che il legislatore avesse cura anche di rafforzare la disciplina della cooperazione internazionale.

Si è stabilito, infatti, l'obbligo per gli emittenti di comunicare al pubblico le informazioni privilegiate e si è previsto, inoltre, che le emittenti comunichino alla Consob e al pubblico le operazioni da loro effettuate (anche per interposta persona), i nominativi dei soggetti con funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un emittente quotato e quelli dei dirigenti che abbiano regolare accesso a informazioni privilegiate e detengano il potere di adottare decisioni di gestioni che possono incidere sull'evoluzione e sulle prospettive future dell'emittente quotato.

Lo stesso obbligo vale per chiunque abbia azioni in misura almeno pari al 10 per cento del capitale sociale, nonché per ogni altro soggetto che controlla l'emittente quotato. Attenzione specifica dovrà essere dedicata alla provenienza comunitaria della normativa di riferimento, che non esclude il rischio che i singoli paesi della Comunità si comportino in maniera differente nell’adottare la disciplina di dettaglio. Conosciamo, ad esempio, perché non sono passate inosservate, neanche ad un inesperto come me le differenze sostanziali tra la normativa comunitaria ed il recepimento che ne ha fatto il Regno Unito. Secondo il legislatore d’oltre Manica, la condotta di market abuse è rilevante solo su investimenti qualificati, mentre in realtà la direttiva sanziona proprio alcune condotte indipendentemente dal tipo di investimento.

E’ indispensabile, pertanto, chiarirsi sulle responsabilità e sugli effetti che la nuova normativa comporta. Ritengo che sia importantissimo ascoltare su tale tema da una parte, i rappresentanti degli operatori del mercato autorevolmente rappresentati dal dott. Calzolari, ci potranno esporre quali potrebbero essere le

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insidie nascoste dietro una normativa che sembra voler dare risposta alle esigenze di fiducia nel mercato, maturate negli ultimi tempi, piùttosto che a garantire una libertà di azione degli attori del sistema; dall’altro, quello dei liberi professionisti.

Mi induce a riflettere sulla necessità che le riforme legislative molto tecnicizzate, quali quelle che oggi esamineremo, ed i correttivi indicati il profilo storico sulla natura della riforma amministrativa che il Formez ha curato in passato devono essere concertati e coordinati necessariamente verificate con gli esperti della materia.

Il nostro incontro di oggi che si inserisce in un lavoro che per noi è ancora un programma di frontiera, per voi è il vostro lavoro quotidiano, ascoltare suggerimenti e avvalerci di studi professionali anche qui con il contributo dell’avvocato Elena Pagnoni in rappresentanza dello studio Freshfields a procedere su questo nostro iniziale lavoro.

Vorrei concludere con uno nostro slogan di lavoro che abbiamo maturato dall’aver affrontato tanto lavoro sulle riforme amministrative:

è nostra convinzione che non esiste una buona amministrazione senza un mercato efficiente e funzionante e allo stesso tempo non esiste un mercato funzionante senza una amministrazione efficiente.

Vorrei suggerire a ciascuno di dedicare qualche minuto finale dei loro interventi allo jato che esiste tra i profili professionali che sono necessari rispetto ai nuovi problemi che sono sui vostri tavoli che rappresentano il vostro lavoro quotidiano e chiedere indicazione e suggerimenti che dal vostro versante, speciale e molto integrato poiché sono presenti responsabili della Consob, di Assonime, professori universitari, studi professionali.

La poliedricità delle esperienze ci induce a ritenere che i suggerimenti dal vostro punto di vista che potete rilevare tra problemi che dovete affrontare e la capacità del sistema ordinario formativo attraverso programmi di specializzazione che sono interessanti per capire in che modo elaborare programmi successivi per noi che affrontiamo questo tema da neofiti.

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La disciplina del “MARKET ABUSE”: un’analisi comparata.

Elena Pagnoni – Studio Freshfields Brukhaus Deringer

Nel primo intervento del seminario, prima di passare alla diretta trattazione del tema del Market Abuse, l’Avv. Pagnoni ha per sommi capi delineato il quadro della normativa comunitaria da intendersi oramai come imprescindibile chiave di lettura dello stesso. Ha quindi proseguito con riflessioni di carattere più propriamente pratico che seguono alla sua esperienza professionale presso lo studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer.

Lo Studio Legale ha preso parte, in sede di consultazione, ai lavori di attuazione delle suddette direttive ed ha altresì risposto ai diversi questionari posti dalle varie banche d’affari chiaramente interessate a capire se e quali spazi di operatività siano stati fatti salvi di fronte alla progressiva armonizzazione della disciplina.

La normativa comunitaria risulta a questo proposito innovativa, in quanto introduce tecniche legislative basate su un approccio articolato su quattro livelli: principi-quadro, misure di attuazione, cooperazione e vigilanza sul rispetto delle norme.

In primo luogo, è infatti da menzionare la Direttiva n. 6 del 2003, anche detta Market Abuse Directive, da cui la sua denominazione breve ‘MAD’. Essa è stata adottata il 28 gennaio dello scorso anno e stabilisce i principi di carattere generale per contrastare l’abuso di informazioni privilegiate, l’Insider Trading, e la manipolazione di mercato, che in Italia chiamiamo ancora aggiotaggio.

La normativa comunitaria prevede anche un secondo livello, la direttiva 2003/124/CE, recante le modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione di mercato, cui si affianca la direttiva 2003/125/CE sulla corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico dei conflitti di interesse. Entrambe le direttive forniscono quindi delineazioni di dettaglio per

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la disciplina in oggetto, e in maniera così approfondita da ingenerare confusione, o comunque innovazione, nel tradizionale sistema normativo comunitario.

Si ricorda, inoltre, la direttiva 2004/72/CE, recante le modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE per quanto riguarda le prassi di mercato ammesse, la definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti derivati su merci, l'istituzione di un registro delle persone aventi accesso ad informazioni privilegiate, la notifica delle operazioni effettuate da persone che esercitano responsabilità di direzione e la segnalazione di operazioni sospette.

Per completare il quadro normativo si deve poi menzionare il Regolamento (CE) n. 2273/2003, recante le modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE per quanto riguarda la deroga per i programmi di riacquisto di azioni proprie e per le operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari.

La Commissione ha quindi già emanato le tre direttive che prevedono le modalità d’ attuazione che gli Stati nazionali devono seguire ai fini dell’ implementazione dei principi generali enucleati nella direttiva di primo livello.

Per fornire un esempio delle materie oggetto delle suddette direttive nonché del regolamento comunitario, che parimenti si inserisce nell’ottica del secondo livello della produzione normativa, data la sua diretta applicabilità in quanto regolamento comunitario, si rileva che esse prevedono una definizione chiara ed univoca per il concetto di informazione privilegiata1 ( direttiva

1 “Ai fini della presente direttiva si intende per :«informazione privilegiata»,

un'informazione che ha un carattere preciso, che non è stata resa pubblica e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui prezzi di strumenti finanziari derivati connessi.

In relazione agli strumenti derivati su merci, si intende per «informazione privilegiata» un'informazione che ha un carattere preciso, che non è stata resa pubblica e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più strumenti derivati siffatti, e che gli utenti dei mercati su cui tali strumenti derivati sono negoziati si aspetterebbero di ricevere conformemente a prassi di mercato ammesse in tali mercati.

Nel caso delle persone incaricate dell'esecuzione di ordini relativi a strumenti finanziari, per «informazione privilegiata» si intende anche l'informazione trasmessa da un cliente e concernente gli ordini del cliente in attesa di evasione, che ha un carattere preciso e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui prezzi di strumenti finanziari derivati connessi;

- l'acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura del mercato con l'effetto di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi di chiusura,

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2003/124/CE) come per quello di manipolazione di mercato2,individuando inoltre tutte le aree di esenzione, ‘prassi di mercato ammesse’.

- l'avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione

tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario (o indirettamente sul suo emittente) dopo aver precedentemente preso posizione su quello strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell'impatto della valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l'esistenza di tale conflitto di interessi.

Le definizioni di manipolazione di mercato sono adattate in modo da garantire la possibilità di includere nuovi tipi di attività che in base alla prassi costituiscono manipolazioni di mercato;

2 “Ai fini della presente direttiva si intende per «manipolazione del mercato»: a) operazioni o ordini di compravendita: - che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in

merito all'offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti finanziari, ovvero - che consentano, tramite l'azione di una o di più persone che agiscono in

collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anormale o artificiale, a meno che la persona che ha compiuto le operazioni o che ha conferito gli ordini di compravendita dimostri che le sue motivazioni per compiere tali operazioni o ordini sono legittime e che dette operazioni o ordini sono conformi alle prassi di mercato ammesse sul mercato regolamentato in questione;

b) operazioni o ordini di compravendita che utilizzino artifici o ogni altro tipo di inganno o espediente;

c) la diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso Internet, o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, compresa la diffusione di notizie incontrollate o di informazioni false ovvero fuorvianti, se la persona che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti. Con riferimento ai giornalisti che operano nello svolgimento della loro attività professionale, tale diffusione di informazioni va valutata, fatto salvo l'art. 11, tenendo conto delle norme deontologiche proprie di detta professione, a meno che dette persone traggano, direttamente o indirettamente, vantaggi o benefici dalla diffusione delle informazioni in questione.

In particolare dalle definizioni centrali riportate alle lettere a), b) e c) di cui sopra, derivano i seguenti esempi:

- il comportamento di una persona o di più persone che agiscono in collaborazione per acquisire una posizione dominante sulla offerta o sulla domanda di uno strumento finanziario che abbia l'effetto di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni commerciali non corrette,

- l'acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura del mercato con l'effetto di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi di chiusura,

- l'avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario (o indirettamente sul suo emittente) dopo aver precedentemente preso posizione su quello strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell'impatto della valutazione

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La direttiva comunitaria si va dunque articolando in modo sempre più dettagliato così come, di conseguenza, le diverse normative nazionali e perciò appare importante prevedere in modo puntuale le fattispecie che non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva.

La data di attuazione della direttiva era prevista per il 12 ottobre del 2004, ma allo stato dei fatti, risulta che non tutti i Paesi l’hanno ancora completamente attuata o l’hanno appena adottata o stanno per adottarla. Attualmente, in particolare, risulta che la Germania ha emanato la legge di attuazione nel settembre 2004. In Gran Bretagna la direttiva è in via di recepimento, ma si ha notizia che alcune delle previsioni normative che dovevano trovare attuazione entro luglio 2005 sono già entrate in vigore. La Francia invece, dal canto suo, ha parzialmente adottato la direttiva, contestualmente all’adeguamento del regolamento generale adottato dalla nuova autorità per i mercati finanziari (AMF).

Proseguendo con il delineare la struttura dell’impianto normativo, come già detto, articolato su più livelli, è interessante segnalare un terzo livello che non è di emanazione comunitaria ma consiste in linee guida, le cosiddette “guidelines” predisposte ed indicate dal CESR (Committee of European Securities Regulators) creato in occasione della riorganizzazione delle attività di produzione normativa comunitaria, che ha sede a Parigi ed è composto dai rappresentanti delle varie autorità nazionali.

A proposito della direttiva sul Market Abuse è stato emanato un documento, il “Preliminary CESR guidance and information on the common operation of the Market Abuse Directive”, che è ancora in fase di consultazione e ha lo scopo di affiancare e supportare l’attività delle autorità nazionali nel lavoro di recepimento della direttiva.

Il suddetto documento fornisce indicazioni sulle pratiche di mercato ammesse, ovvero sui casi di esenzione previsti, che si sono in realtà rivelati essere sporadici. Si tratta di un atto che rappresenta il risultato di studi approfonditi dei comitati del CESR, e che comprende casi concreti idonei a chiarire la casistica riscontrabile nell’ipotesi di Market Manipulation, riportando altresì i format per la comunicazione delle operazioni sospette.

Lo scopo principale della direttiva n. 6 del 2003 è quello di creare un sistema più articolato atto a combattere più efficacemente il reato di Insider

diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l'esistenza di tale conflitto di interessi.

Le definizioni di manipolazione di mercato sono adattate in modo da garantire la possibilità di includere nuovi tipi di attività che in base alla prassi costituiscono manipolazioni di mercato;

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Trading e di Market Manipulation. La nozione di Market Abuse infatti comprende queste due figure.

In precedenza c’era già stata una direttiva nell’89 che comprendeva solo l’Insider Trading, come oggetto di armonizzazione.

A favore dell’Italia è utile ricordare che già prima dell’emanazione della direttiva, la stessa contemplava delle norme per combattere l’Insider Trading, ma nonostante questa tempestività si è capito che è molto difficile combattere il fenomeno meramente mediante la produzione normativa.

L’intento del legislatore comunitario è stato quello di creare un sistema efficace sia attraverso la previsione normativa concernente l’Insider Trading che attraverso la repressione del fenomeno a tale figura connesso. Si è prestata molta attenzione all’informazione preventiva anche grazie ad una armonizzazione più completa derivante dal recepimento della direttiva.

Al fine di garantire la fiducia degli investitori nell’integrità del mercato è stata d’aiuto la normativa di riferimento inglese come modello di mercato finanziario molto vasto e sofisticato, in cui la scaltrezza e l’esperienza degli operatori ha sollevato l’esigenza di tutela degli investitori si è avvertita prima.

In Gran Bretagna la legislazione sul tema prevedeva un concetto di Market Abuse particolarmente ampio rispetto a quello previsto a livello comunitario, con ciò generando una situazione cosiddetta di ‘superequivalenza’, che è risultata tra l’altro efficace nel combattere il fenomeno. La direttiva introduce norme uniformi per la prevenzione del fenomeno, anche attraverso lo spostamento dei poteri di indagine, (come si relazionerà nei successivi interventi), e l’applicazione di sanzioni per l’abuso delle informazioni privilegiate e la manipolazione di mercato, così creando un quadro omogeneo per la divulgazione delle informazioni al mercato.

Il caso inglese è esemplificativo in tal senso, infatti nonostante la presenza di una configurazione più ampia del Market Abuse, risultava essere scarna l’attenzione rivolta alla divulgazione delle informazioni preventive. Appare evidente che l’attuazione completa della direttiva costringerà il sistema inglese ad adeguarsi anche per quanto riguarda questo aspetto.

Un’altra importante innovazione, che riguarda direttamente la Consob, è la creazione di un’autorità unica che unirà ai poteri di indagine, già ad essa conferiti, anche quelli sanzionatori. La creazione di un’autorità unica è una novità importante in quanto la Consob, ad eccezione di quanto stabilito nei confronti dei promotori finanziari, sui quali ha un potere sanzionatorio diretto, dopo aver svolto le indagini di sua competenza, si limita a fare una proposta al Ministero dell’Economia e delle Finanze che irroga le sanzioni. Di fatto il Ministero ha sempre ratificato le sanzioni proposte dalla Consob.

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Il ruolo del Tesoro è sempre stato formale, sebbene ci sia stata una chiara suddivisione tra ente indagatore ed ente che irroga la sanzione, suddivisione che ha consentito anche di evitare dubbi comportamentali che possono emergere ove le due funzioni siano incentrate nello stesso soggetto.

La nuova previsione normativa della direttiva indurrà la Consob a conformarsi a tale modus operandi.

Un caso pratico di manipolazione del mercato attraverso “negoziazioni” (trading) è l’operazione Citigroup che è stata riportata dalla stampa. Il 2 agosto scorso, Citigroup, dopo aver fatto salire i prezzi dei futures quotati sull’Eurex, in soli due minuti ha venduto titoli di Stato in tutta Europa (principalmente sui mercati dedicati, come l’italiano MTS) per circa 12 miliardi di Euro. Ciò ha provocato la discesa dei prezzi e ha costretto tutti gli operatori a coprirsi sui futures.

Mezz’ora dopo Citigroup ha realizzato l’operazione opposta: ha riacquistato a prezzi più bassi titoli di Stato per un totale di 4 miliardi di Euro realizzando una plusvalenza di oltre 17 milioni di Euro (da Il Sole 24 Ore del 1 marzo 2005).

In 13 Paesi le Autorità di vigilanza hanno avviato indagini, anche sulla base di un documento interno di Citigroup datato 20 luglio 2005 che sembrerebbe dimostrare l’intento di destabilizzazione (pubblicato sul Financial Times dell’1 febbraio 2005). In particolare l’obiettivo era destabilizzare il mercato dei Bund futures nell’Eurex per potersi poi avvantaggiare dei differenziali di liquidità tra i futures e il mercato cash dei Bund negoziati sul mercato elettronico Euro MTS.

Finora solo la BaFin tedesca e la Consob italiana hanno trasmesso gli atti alla magistratura per il reato di manipolazione del mercato (aggiotaggio).

In questo caso, l’obiettivo dell’operazione Citigroup era di colpire i titoli trattati sui mercati europei, ed in particolare i titoli di Stato e i derivati dei titoli di Stato.

Quest’ultimo è un aspetto molto importante che è stato tempestivamente previsto dalla direttiva. La commissione infatti ha ampliato la nozione di strumenti finanziari rilevanti sia per la nozione di l’Insider Trading che per quella di manipolazione di mercato, poiché è importante non solo considerare l’oggetto dell’eventuale illecito, cioè il titolo, ma anche i suoi derivati.

Infatti è possibile manipolare i prezzi sia operando sui titoli che sui derivati come si è verificato nell’ operazione Citigroup.

Citigroup, dopo aver fatto salire i prezzi sull’Eurex, che è il mercato dei derivati tedesco, ha venduto i titoli di Stato in tutta Europa sui mercati ad essi appositamente dedicati e presenti in tutti i paesi, così provocando un

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conseguente abbassamento dei prezzi. La stessa ha poi costretto tutti gli operatori a coprirsi sui futures sui titoli di Stato, per compiere successivamente l’operazione inversa e riacquistare a titoli più bassi realizzando una notevole plusvalenza.

Le indagini sono cominciate in tutti i paesi interessati dalle operazioni. E’ stato inoltre ritrovato un documento interno - è sorprendente rilevare che le banche d’affari scrivono “tutto” -, che costituisce una prova del caso di manipolazione attraverso il trading, che è tra i più difficili da rintracciare.

Il documento interno di Citigroup dimostra in modo inconfutabile l’intenzione di destabilizzazione del mercato e in particolare dei mercati collegati ai futures e ai titoli di Stato.

L’obiettivo principale, che ha maggiormente destato le preoccupazioni delle autorità, a parte il vantaggio economico comunque di importanza relativa per una banca d’affari come Citigroup, era la destabilizzazione del mercato e in particolare del mercato dei titoli di Stato, che risulta essere in genere un mercato piuttosto efficiente di recente costituzione, trasparente e non particolarmente competitivo.

L’ operazione aveva lo scopo di accrescere i costi a danno dei piccoli operatori al fine di rendere i futures meno concorrenziali per la copertura dei titoli di Stato, così da rendere questo mercato opaco e in generale meno attraente per lasciare agire indisturbati in tale ambito altri operatori.

Tutte le autorità si sono occupate del caso, in particolare la BaFin e la Consob che hanno già trasmesso gli atti alla magistratura per il reato di manipolazione di mercato in Italia.

Il caso Citigroup è stato descritto al fine di sottolineare alcuni elementi significativi e comuni nelle varie discipline nazionali.

Questo caso poteva rappresentare infatti un test per verificare l’efficienza del nuovo sistema alla luce della direttiva, anche se non può essere giudicato secondo la nuova normativa perché l’operazione si è verificata ad agosto.

Anche la Germania, sempre tempestiva, non aveva infatti ancora attuato la direttiva, che è stata invece attuata subito dopo, a settembre.

Segue un’analisi delle discipline nazionali. Con riguardo all’attuazione della direttiva in Italia la normativa rilevante è:

• Art. 180 (Abuso di informazioni privilegiate) e ss. del D.Lgs. 58/1998 (Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria)

• Art. 114 (Comunicazioni al pubblico) del D. Lgs. 58/1998

• Art. 66 (Fatti rilevanti) e ss. del Regolamento Consob 11971/99

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• Titolo 2.6 (Obblighi degli emittenti) del Regolamento “mercati” di Borsa Italiana, e in particolare le disposizioni in materia di insider dealing

• Art. 2637 c.c. (Aggiotaggio)

• D.Lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica).

La disciplina attuale prevede, nel Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria (“TUF”), la figura del reato dell’Insider Trading mentre nel codice civile, a seguito della riforma del 2002, si prevede soltanto la definizione del reato di aggiotaggio. Oltre alla definizione del reato, si prevedono poi anche misure preventive di divulgazione dei fatti all’ Art. 114 del TUF e nel Regolamento Emittenti, di attuazione, della Consob, che ne specifica le relative modalità. Anche il Regolamento di Borsa è stato recentemente modificato per prevedere ulteriori obblighi di disclosure a carico degli emittenti.

È utile ricordare la nozione di Insider Trading così come attualmente prevista dal Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria nell’art. 180 alla rubrica Abuso di informazioni privilegiate:

“1. E' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da venti a seicento milioni di lire chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della partecipazione al capitale di una società, ovvero dell'esercizio di una funzione, anche pubblica, di una professione o di un ufficio:

a) acquista, vende o compie altre operazioni, anche per interposta persona, su strumenti finanziari avvalendosi delle informazioni medesime;

b) senza giustificato motivo, dà comunicazione delle informazioni, ovvero consiglia ad altri, sulla base di esse, il compimento di taluna delle operazione indicate nella lettera a).

2. Con la stessa pena è altresì punito chiunque, avendo ottenuto, direttamente o indirettamente, informazioni privilegiate dai soggetti indicati nel comma 1, compie taluno dei fatti descritti nella lettera a) del medesimo comma.

3. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2, per informazione privilegiata si intende un'informazione specifica di contenuto determinato, di cui il pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o emittenti di strumenti finanziari, che, se resa pubblica, sarebbe idonea a influenzarne sensibilmente il prezzo.

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il giudice può aumentare la multa fino al triplo quando, per la rilevante offensività del fatto, le qualità personali

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del colpevole o l'entità del profitto che è derivato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo…”

L’Art 114 del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria avente invece ad oggetto la comunicazione al pubblico, ha il seguente contenuto:

“1. Fermi gli obblighi di pubblicità previsti da specifiche disposizioni di legge, gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano informano il pubblico dei fatti che accadono nella loro sfera di attività e in quella delle società controllate, non di pubblico dominio e idonei, se resi pubblici, a influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari. La Consob stabilisce con regolamento le modalità dell'informazione del pubblico su tali fatti, detta disposizioni per coordinare le funzioni attribuite alla società di gestione con le proprie e può individuare compiti da affidarle per il corretto svolgimento delle funzioni previste dall'articolo 64, comma 1, lettera b).

2. Gli emittenti quotati impartiscono le disposizioni occorrenti affinché le società controllate forniscano tutte le notizie necessarie per adempiere gli obblighi di comunicazione previsti dalla legge. Le società controllate trasmettono tempestivamente le notizie richieste.

3. La Consob può, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel comma 1 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l'informazione del pubblico. In caso di inottemperanza la Consob provvede direttamente a spese degli interessati.

4. Qualora i soggetti indicati nel comma 1 oppongano, con reclamo motivato, che dalla comunicazione al pubblico delle informazioni possa derivare loro grave danno, gli obblighi di comunicazione sono sospesi. La Consob, entro sette giorni, può escludere anche parzialmente o temporaneamente la comunicazione delle informazioni, sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali. Trascorso tale termine, il reclamo si intende accolto.

5. La Consob stabilisce con regolamento in quali casi e con quali modalità devono essere fornite informazioni al pubblico sugli studi e sulle statistiche concernenti gli emittenti quotati, elaborati da questi ultimi, da intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento, nonché da soggetti in rapporto di controllo con essi

http://www.consob.it/main/documenti/Regolamentazione/normativa/ - N_208_.”

Il Regolamento Emittenti, infine, all’art 66, disciplina in dettaglio i fatti cosiddetti ‘rilevanti’.

La manipolazione del mercato prima della riforma del 2002 era disciplinata nell’art 181 del TUF, ora abrogato e sostituito dalla generale previsione, del

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reato di ‘aggiotaggio’, ex art. 2637 del c.c., in base al quale:“Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

Alla luce di questa normativa non si potevano facilmente compiere le indagini contro Citigroup, anche se la Consob ha comunque avviato indagini e trasmesso gli atti alla magistratura, che non avrebbe potuto tuttavia agire per condannare Citigroup per il reato di manipolazione di mercato.

Al contrario, la disciplina comunitaria prevede in modo chiarissimo la fattispecie della manipolazione di mercato e avrebbe previsto espressamente un caso come l’operazione Citigroup.

Infatti la direttiva afferma che la manipolazione del mercato può avvenire attraverso tre figure previste dall’Art 1.2 lett. A-B-C che prevede i seguenti casi:

“ a) operazioni o ordini di compravendita:

- che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti finanziari, ovvero

- che consentano, tramite l'azione di una o di più persone che agiscono in collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anormale o artificiale, a meno che la persona che ha compiuto le operazioni o che ha conferito gli ordini di compravendita dimostri che le sue motivazioni per compiere tali operazioni o ordini sono legittime e che dette operazioni o ordini sono conformi alle prassi di mercato ammesse sul mercato regolamentato in questione;

b) operazioni o ordini di compravendita che utilizzino artifici o ogni altro tipo di inganno o espediente;

c) la diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso Internet, o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, compresa la diffusione di notizie incontrollate o di informazioni false ovvero fuorvianti, se la persona che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti.”

Con l’attuazione della direttiva, in base a questi articolati sarebbe stato più semplice prevedere e condannare Citigroup in base al solo trading previsto dalla direttiva.

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Tra le norme di riferimento della disciplina attuale, l’Avv. Pagnoni indica inoltre il D.Lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica).

Quale sarà la disciplina probabilmente applicabile dopo il recepimento delle direttiva?

Era già elaborato, su input della Consob, un documento, pronto da un anno, finalizzato al recepimento della direttiva che era stato inserito nel disegno di legge sul risparmio.

A seguito della difficoltà incontrate dal disegno di legge sul risparmio la disciplina è stata da quest’ultimo scorporata e si è cercato un canale alternativo, per poterla emanare.

Il documento ha trovato infatti una collocazione nel disegno di legge comunitaria, in cui era prevista la delega suddetta.

Attualmente questa procedura è stata modificata e la delega corrisponde direttamente dall’art 9 del disegno di legge comunitario, tale articolato prevede infatti l’intero recepimento della normativa comunitaria sul tema.

Come si è articolato il recepimento?

Segue lo schema della normativa di riferimento:

Il nuovo Titolo I-bis, “Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato” sostituisce gli Artt. 180 e ss. del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria:

- Art. 184 e Art. 187-bis (Abuso di informazioni privilegiate, rispettivamente: sanzioni penali e sanzioni amministrative)

- Art. 185 e Art. 187-ter (Manipolazione del mercato, rispettivamente: sanzioni penali e sanzioni amministrative).

Il recepimento è articolato mediante l’inserimento di un nuovo Titolo I bis che sarà aggiunto dopo il Titolo I attuale. L’aggiotaggio invece ritornerà nel Testo Unico delle finanza e rimarrà l’aggiotaggio nella disciplina comune ove abbia ad oggetto strumenti finanziari quotati o quotandi.

La novità è che il legislatore nazionale ha scelto di lasciare immutata la sanzione penale dell’Insider Trading che sarà disciplinata nell’Art 184 e ha previsto invece un corrispondente illecito amministrativo (vedi art. 187-bis e 187-ter).

La premessa è la preferenza, accordata dal legislatore nazionale e da tutti i legislatori di Francia, Germania e Regno Unito, con poche eccezioni ad un approccio del recepimento del tipo “copying out” così come suggerito dalla

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direttiva, che prevede il recepimento e la diretta trasposizione della stessa a garanzia di una armonizzazione sostanziale. Nel nostro sistema c’è tutto ciò che è previsto nella direttiva. La previsione dell’Insider Trading è stata avviata ed è molto più dettagliata di quella relativa alla manipolazione del mercato.

Ci sono tutti i casi previsti in A-B-C nella direttiva compreso il trading. Per quelle violazioni è introdotta ex-novo solo la sanzione amministrativa, mentre la sanzione penale rimane.

Dovranno essere conseguentemente modificate le norme citate prima come le Comunicazioni al pubblico, il Regolamento Emittenti della Consob rimane l’aggiotaggio come figura residuale di diritto comune. Lo schema che segue fa cenno all’attuale normativa di riferimento, a prescindere dalle già menzionate modifiche al TUF con riferimento al nuovo Titolo I bis :

- Nuova formulazione dell’Art. 114 Testo Unico dell’ Intermediazione Finanziaria (Comunicazioni al pubblico) e introduzione dell’Art. 115-bis (Registri delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate) del D.Lgs. 58/1998.

- Art. 66 (Fatti rilevanti) e ss. del Regolamento Consob 11971/99.

- Titolo 2.6 (Obblighi degli emittenti) del Regolamento “mercati” di Borsa Italiana, e in particolare le disposizioni in materia di Insider Dealing.

- Art. 2637 c.c. (Aggiotaggio su strumenti finanziari né quotati né quotandi).

Con riferimento all’attuazione della direttiva in Francia nelle previsioni già in vigore (Code monétaire et financier, Regolamenti 90-8, 98-07,90-04) (prima del 24 novembre 2004) si trova la definizione di Insider Trading, i destinatari del divieto di Insider Trading, la definizione di manipolazione del mercato, gli obblighi di disclosure preventiva.

L’attuazione in Francia è ancora parziale ed è avvenuta con il regolamento generale della AMF, la nuova autorità francese fusione delle tre autorità preesistenti.

Diversamente dalla Consob il potere di regolamentazione di tipo generale che non ha la Consob italiana che regolamenti di attuazione divisi per argomenti che devono attuare norme specifiche di legge.

Nell’ambito di questo potere normativo di secondo livello generale dell’AMF sono state parzialmente recepite le direttive di attuazione del Market Abuse.

E’ utile segnalare che anche qui l’approccio è stato quello del copying out.

Le lacune della normativa precedente sono state colmate con i contenuti della direttiva, la nozione di informazione privilegiata, di Insider Trading e di

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altre fattispecie di Insider Trading. Infine sono state disciplinate le esenzioni, conformate appunto alle direttive contenenti le figure di attuazione.

Nel Regno Unito, come si è già detto, la situazione di partenza era quella della“superequivalenza” e il regime del “market abuse” esistente si applica ad ogni condotta relativa a investimenti qualificati; la normativa europea invece si riferisce a specifiche condotte.

La FSA e il Tesoro hanno adottato un documento di consultazione (giugno 2004) la proposta di legge è in fase di finalizzazione e si ritiene che entrerà in vigore al più tardi entro luglio 2005.

Tra i punti chiave vi è la definizione di informazione privilegiata. Attualmente la severità del concetto di “informazione rilevante” (118 (2) (a) FSMA) è attenuata dalle previsioni del “Code Market Conduct”; esso dovrà comunque, presumibilmente, essere ampliata.

Il Regno Unito ha in qualche modo costituito il punto di partenza anche per il legislatore comunitario, grazie al concetto di Market Abuse che effettivamente si è rilevato più efficiente, dove il Market Abuser è chiunque risulti autore di una condotta nell’ambito degli investimenti qualificati e non solo in quelli aziendali. Questa nozione andrà modificata.

Nell’ autorità di borsa e tra le autorità inglesi c’è stata una discussione sul recepimento della direttiva perché da una parte c’erano state delle previsioni più restrittive che andavano oltre la direttiva, dall’altra le previsioni necessitavano di essere ridimensionate dagli enti esponenziali degli operatori perché ormai c’è la direttiva, e chi ritiene che potrebbero essere coerenti con il sistema di recepimento.

Questo aspetto principale si ridimensionerà, mentre rimarrà probabilmente la superequivalenza, termine per indicare che le norme sono più restrittive di quelle comunitarie per i mercati rilevanti, e anche una maggiore ampiezza della fattispecie dell’illecito che si applicherà non solo a chi lo ha compiuto ma anche a chi ha partecipato all’illecito.

Un’esperienza positiva che può essere importata dal Regno Unito. è l’elaborazione da parte del FSA di un documento di consultazione a disposizione delle associazioni.

La proposta di legge non è stata ancora completamente emanata ma si prevede che le disposizioni saranno emanate entro luglio 2005. Alcune disposizioni inoltre sono entrate in vigore proprio ieri.

Un aspetto interessante concerne la probabile eliminazione del cosiddetto “Regolar User Test”, in base al quale si indica se il comportamento in questione possa o meno essere considerato da un operatore come costituente una violazione degli standard medi attesi da un soggetto ricoprente la

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medesima posizione. Gli emendamenti maggiori che interesseranno la normativa inglese applicabile riguarderanno le informazioni al pubblico sui fatti rilevanti: questa è la novità.

In Germania il 24 settembre 2004 la direttiva 6/2003/CE e le tre direttive di attuazione sono state recepite attraverso la legge sul miglioramento della tutela degli investitori (Angelerschutzverbesserungsgesetz). Il provvedimento ha modificato la legge sulle negoziazioni in titoli (Wertpaperihandelsgesetz) e la legge sul prospetto (Wertpapier – Verkaufsprospektgesetz).

Le maggiori novità dopo il recepimento sono:

Insider trading

Ampiamento dell’ambito di applicazioni del reato a seguito della nuova nozione di strumenti finanziari rilevanti (quotati e quotandi).

Market manipulation

E’ venuto meno l’elemento soggettivo dell’intenzionalità di compiere la manipolazione del mercato. E’ sufficiente la consapevolezza dell’impatto che l’azione provocherà.

In riferimento al recepimento tempestivo della direttiva, in Germania è venuto meno l’elemento soggettivo dell’intenzionalità di compiere manipolazione di mercato.

Il caso del Citigroup sarebbe stato più facile da regolare.

In merito all’Insider Trading la maggiore novità è un ampliamento dell’ambito di applicazione del reato.

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Gli abusi di mercato: prevenzione e repressione

Claudio Salini – CONSOB

La prevenzione e la repressione rappresentano gli strumenti fondamentali per contrastare l’insider trading e la manipolazione dei mercati; tali attività, al fine di individuare e reprimere questi fenomeni si basano essenzialmente su un’analisi pregressa dei comportamenti posti in essere dagli operatori di mercato (intermediari, emittenti, investitori ecc.).

Un argomento che occorre approfondire è quello relativo a come si possano limitare i citati fenomeni di abuso dell’integrità dei mercati attraverso un’efficace sinergia tra attività dissuasiva e regolamentazione. Uno dei pregi della nuova direttiva sul market abuse approvata nel 2003 (Direttiva 2003/6/CE del 28/01/03) appare essere la circostanza che i principi in essa contenuti coincidono con quanto le autorità di controllo dei mercati hanno auspicato negli ultimi tempi in relazione alla esigenza di rafforzare tanto le misure di prevenzione quanto gli strumenti di investigazione.

Ulteriore qualità della nuova direttiva è rappresentata dal tentativo di creare un quadro omogeneo nei paesi membri dalla UE per le fattispecie in esame e in particolare per il fenomeno della manipolazione. Tale ultimo abuso non era regolato dalla precedente direttiva che invece affrontava la problematica dell’insider trading per il quale le convinzioni comuni risultavano maggiormente consolidate; la problematica della manipolazione appariva invece oggetto di non univoche interpretazioni; si consideri che i concetti di manipolazione di mercato e di aggiotaggio sono risultati nella pratica sempre di difficile definizione. Le informazioni false e le operazioni fittizie, che non portano alla conclusione dei contratti, ad esempio possono integrare casi di manipolazione. Il caso riportato dell’ avv. Pagnoni in merito alla manipolazione attuata nell’ambito di attività di negoziazione è più difficile da determinare; è da osservare, infatti, che il limite tra speculazione aggressiva e manipolazione non è ben determinato. Il caso “Citigroup”, oggetto di indagine per operazioni che hanno avuto significativo impatto sul prezzo di titoli di stato quotati, ne rappresenta un esempio. La nuova direttiva compie sul punto notevoli passi in avanti.

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L’attività di prevenzione degli abusi richiede la predisposizione di misure di controllo dell’informazioni privilegiate e di un organizzazione competente alla corretta diffusione al pubblico di tali notizie. Con riferimento a tale materia la nuova direttiva per la prima volta, utilizza il medesimo concetto di “informazione privilegiata” per indicare quel complesso di informazioni in relazione al quale da un lato è vietato abusare tramite insider trading e, dall’altro, è necessario provvedere alla comunicazione al pubblico al fine di garantire la parità di informazione. In passato, invece, si parlava di “informazione privilegiata” per gli aspetti sanzionatori e di “fatti” per gli obblighi di comunicazione. La domanda da porsi al riguardo è, quindi, come devono comportarsi gli emittenti. Appare naturale sostenere che tali soggetti devono comunicare, come del resto in passato, fatti quali ad esempio l’acquisto di nuove società o l’approvazione di aumenti di capitale, e così via e non già mere ipotesi probabilistiche di eventi non realizzati. Non ci potrà essere, pertanto, coincidenza tra i due citati concetti; non si può obbligare un emittente a dare tutte le informazioni sulle trattative in corso o in merito alle varie fasi in cui un’informazione diventa privilegiata. Si può in altre parole sostenere che un’informazione è privilegiata prima che si manifesti la necessità di diffonderla al pubblico. La differenza nell’applicazione della definizione in esame, e quindi il passaggio da “informazione privilegiata” a “fatto” appare comunque affrontato e in qualche modo risolto nella direttiva di livello due (Direttiva 2003/124/CE del 22/1203) nella quale si indica che è da ritenere che gli emittenti abbiano ottemperato agli obblighi della corretta informazione quando “al verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non ancora formalizzati” gli stessi emittenti abbiano informato senza indugio il pubblico. Tale vicenda dovrà essere affrontata anche nei regolamenti di attuazione che la Consob sarà chiamata a elaborare, ai sensi delle nuove norme del Testo unico, per il completo recepimento della citata direttiva.

Le direttive di livello I e le direttive e i regolamenti comunitari di livello II contengono norme molto dettagliate. I margini di manovra offerti a livello di regolamentazione nazionale si sono quanto mai ridotti. La citata questione della nuova valenza della definizione di informazione privilegiata tenderà, inevitabilmente, ad anticipare in qualche modo la pubblicazione dell’informazione ad un momento il più prossimo possibile alla fase in cui un informazione diventa privilegiata. Questo rappresenta uno dei primi problemi di applicazione della disciplina che occorrerà gestire nella pratica quotidiana.

Sul punto si può osservare che ai sensi della disciplina vigente gli emittenti possono essere chiamati a diffondere al pubblico informazioni anche nella fase in cui l’evento rilevante non sia del tutto definito. Ciò accade già ove si presentino contemporaneamente due circostanze sul mercato: i) la presenza di indiscrezioni pubblicate dalla stampa e ii) l’irregolare andamento delle quotazioni e dei volumi scambiati dei titoli di riferimento. In questo caso il regolamento Consob impone alle società emittenti di commentare tali rumour

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integrando, se del caso, le notizie al fine di ripristinare la parità di informazione tra gli investitori. Tale regola, ineccepibile dal punto di vista teorico, presenta tuttavia nella pratica talune criticità con riferimento al diritto alla riservatezza, in particolare nel caso di trattative in corso da parte della società quotata oggetto della indiscrezione. In questi casi le soluzioni regolamentari e di vigilanza devono tenere conto della necessita di bilanciare le due diverse esigenze: da una lato, infatti, occorre non arrecare danno ai legittimi interessi della società e, dall’altro, evitare di danneggiare gli investitori assicurando la presenza di condizioni che consentano il regolare andamento delle contrattazioni sul mercato. In tali casi spesso si cerca di mitigare il conflitto tra le due esigenze disponendo brevi sospensioni delle negoziazioni dei titoli interessati in attesa che venga diffusa la notizia. In altri casi la vigente disciplina, ma anche la nuova direttiva, consentono agli emittenti di ritardare la diffusione delle informazioni qualora tale comunicazione possa causare un grave danno agli stessi emittenti. La Consob, valutate le circostanze ad essa rappresentate, può in ogni caso imporre che le notizie siano comunque diffuse al pubblico se ritiene tale soluzione indispensabile al fine di evitare che gli investitori siano tratti in errore su circostanze e fatti essenziali.

La seconda questione rilevante che connota il binomio prevenzione e repressioni attiene alla pubblicazione delle ricerche che contengono raccomandazioni di investimento rivolte al pubblico. Negli ultimi anni si è potuto osservare un’esponenziale crescita del numero di ricerche prodotte da intermediari e operatori vari con le quali si forniscono consigli di comprare fino ad un certo prezzo e di vendere al momento in cui il prezzo scende sotto una certa soglia. Il fenomeno in esame, oggetto di poca attenzione fino a poco tempo fa, ha attirato l’interesse di tutta la comunità finanziaria e dei regultor, dopo il ridimensionamento della bolla speculativa della new economy e del dirompente caso di irregolarità contabili evidenziate dall’americana Enron. Gli operatori che producono ricerche prestano spesso significativi conflitti di interesse per svariate ragioni; può accadere, infatti, che chi elabora la ricerca detenga una partecipazione rilevante nella società quotata oggetto di studio, per cui sussiste l’interesse a far salire il prezzo dei titoli emessi dalla società e magari, essendo gli stessi titoli finiti nel portafoglio dell’intermediario, a seguito di una operazione di collocamento non andata a buon fine, si è tentati di sfruttare una buona occasione per vendere gli stessi titoli sul mercato a prezzi artificialmente sostenuti.

La domanda da porre al riguardo è quale approccio regolamentare deve ritenersi adeguato in relazione ai problemi evidenziati. Fino a poco tempo fa era sufficientemente condivisa l’idea che per prevenire abusi di tale genere fosse sufficiente una rigorosa attività di vigilanza da parte delle autorità di controllo dei mercati. Più in generale si era portati a pensare che in relazione a uno studio contenente un giudizio falso si sarebbero potute applicare le sanzioni previste dalla disciplina sulla manipolazione del mercato,

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analogamente agli altri casi di diffusione di false informazioni. Quando si è generata la sensazione comune che la pratica dei giudizi non imparziali era ormai diventato un fenomeno diffusissimo, si è cercato di rivalutare misure di prevenzione basate su regole di organizzazione interna e in particolare sulla necessità di stabilire efficaci “muragli cinesi” tra i dipartimenti di produzione della ricerca e quelli che svolgono le altre attività di impresa; la creazione di una completa separazione tra le persone che redigono gli studi e quelle dedite all’attività di banking avrebbe dovuto, pertanto garantire l’indipendenza dei giudizi forniti agli investitori.

Avuto modo di riconoscere che l’affidabilità delle muraglie cinesi non era tale da assicurare comportamenti corretti, i regolamentatori si sono orientati verso un terzo approccio di norme basato sulla individuazione di dettagliate caratteristiche che le ricerche prodotte dagli analisti devono presentare nel caso della loro diffusione agli investitori. Le ricerche devono pertanto essere prodotte secondo puntuali standard in grado di assicurare la correttezza delle informazioni in esse contenute e l’adeguata trasparenza dei conflitti di interesse. Ecco quindi che si stabilisce di indicare nelle ricerche il caso in cui l’autore, o l’intermediario presso cui questo lavora, abbia una partecipazione nella società oggetto di studio, oppure dichiarare che lo stesso intermediario ha svolto il servizio di collocatore con riferimento all’emittente considerato; in tal modo tutti hanno la possibilità di valutare il rischio della specifica posizione conflittuale. Ulteriori forme di controllo della correttezza delle ricerche possono consistere nell’imporre regole specifiche per la qualifica di analisti; quali ad esempio la necessità di superare un apposito esame, il possesso di particolari caratteristiche di onorabilità e professionalità, ecc. E’ possibile inoltre svolgere un attività di education tra gli investitori al fine di sensibilizzare coloro che utilizzano le ricerche a valutare il loro contenuto come mere indicazioni da verificare tramite un confronto con altre fonti informative, il tutto al fine di assumere ponderate scelte di investimento. E’ possibile ritenere infine, sebbene in forma provocatoria, che una praticabile soluzione consista nell’evitare qualsiasi iniziativa di tipo regolamentare e di vigilanza, lasciando che la competizione fra le varie società produttrici di ricerca premi coloro che operano con maggiore trasparenza e correttezza. Quello che si può allo stato dire è che in passato, la regolamentazione in materia era pressoché inesistente, oggi la IOSCO, organismo che raduna le autorità mondiali di vigilanza dei mercati, e la commissione UE hanno stabilito principi molto dettagliati. La nuova direttiva UE, in particolare, sebbene affronti le problematiche della trasparenza sui conflitti di interesse e della corretta presentazione degli studi, tuttavia, non prende in considerazioni altri strumenti altrettanto validi, quale ad esempio l’imposizione di espliciti divieti di negoziazione sui titoli oggetto di studio per l’analista che ha prodotto la ricerca. Al riguardo si deve comunque rilevare che si applica a questa fattispecie la regola generale sulla manipolazione e pertanto chi produce studi

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falsi potrebbe essere accusato di aver manipolato il mercato. Taluni sistemi nel passato vietavano del tutto alle banche di produrre studi consentendo tale attività solo ai soggetti indipendenti; tali vincoli, in qualche modo oggetto di esame nell’ambito dei lavori condotti negli USA per la definizione della nuova disciplina in materia, appaiono tuttavia eccessivamente cogenti.

La nuova disciplina comunitaria si compone, come visto, di una direttiva di livello I e di successive direttive di livello II, contenenti disposizioni molto particolareggiate. Il recepimento di tali norme, dovendo essere realizzato in modo tale da garantire la massima armonizzazione a livello UE, farà sì che la normativa italiana dovrà conformarsi a quella comunitaria in modo molto stretto; ciò pone il problema di comprendere quanto la disciplina italiana attualmente vigente si discosta dalle nuove regole che andranno introdotte e, conseguentemente, richiede di valutare i costi dell’eventuale riadattamento del sistema. Un esempio utile da esaminare è quello relativo all’obbligo di pubblicazione delle ricerche imposto dal vigente regolamento Consob ai soggetti abilitati. In particolare la disciplina vigente impone ai soggetti abilitati che redicono ricerche di mettere a disposizione della generalità degli investitori tali documenti entro 60 giorni dall’inizio della loro diffusione; con tale disposizione si cerca di utilizzare la trasparenza, e la conseguente verifica del comportamento degli operatori, come volano per incrementare la correttezza degli attori in campo. Tale obbligo, non previsto dalla nuova direttiva e, allo stato attuale, neppure, presente in altri ordinamenti comunitari, ha svolto fino ad oggi un ruolo determinante per il raggiungimento di sufficienti livelli di tutela degli investitori. Con l’applicazione della nuova direttiva, che prevede disposizione particolareggiate riguardo al contenuto delle ricerche, volte a garantire la correttezza e la trasparenza dei conflitti di interesse, il citato obbligo di pubblicazione perderà importanza e finirà per prestare il fianco a critiche circa l’effetto di “spiazzamento” che può generare per i produttori di ricerca italiani che sarebbero soggetti a norme più onerose di quello applicabili a residenti in altri paesi UE. Da qui l’esigenza di rivedere la disciplina in questione al fine di limitare la generale diffusione al pubblico delle ricerche solo a particolari situazioni in cui, per le specificità di servizi offerti dagli operatori, tale presidio possa risultare necessario.

Quanto detto in merito alla disciplina delle ricerche appare essere una prova evidente di come la prevenzioni dei fenomeni di manipolazione di mercato, in questo caso relativa alla possibile diffusione di informazioni false, possa essere affrontata, da un punto di vista regolamentare con approcci di vario grado, che in questo caso puntano all’imposizione di comportamenti virtuosi da parte degli operatori di mercato.

Un ulteriore aspetto di significativa importanza per la prevenzione è rappresentato dai numerosi regolamenti in materia di insider trading che la Consob dovrà definire per il completo recepimento delle direttiva sugli abusi di

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mercato. Tra le materie più importanti si possono citare le procedure che dovranno essere definite in relazione all’obbligo per i controllanti, gli azionisti di rilievo, i manager nonché gli stretti parenti di questi, di comunicazione alla Consob e al mercato di tutte le operazioni effettuate sulle azioni quotate emesse dalla società di riferimento. Tale disposizione, finalizzata a prevenire il fenomeno dell’insider trading è di particolare interesse soprattutto nei casi in cui gli emittenti assegnino stock option ai propri manager. La diffusione di informazioni sull’attività di director’s dealing, come anche definita nella prassi anglosassone, assume peraltro notevole significato anche come strumento di trasparenza per rivelare al mercato il sentiment dei manager sulle prospettive della società.

La nuova direttiva stabilisce, inoltre, una particolare disciplina per le operazioni di buy-back e di stabilizzazione delle quotazioni in pendenza di offerte al pubblico. Tali disposizioni chiamate nella prassi safe harbour rule definiscono un’area in cui l’attività di compravendita dei soggetti interessati gode di una presunzione di legittimità se posta in essere nel rispetto di specifiche condizioni operative e di trasparenza. In sostanza la funzione svolta da tale meccanismo è quella di efficace regola preventiva. Nel caso, ad esempio, di acquisto di azioni proprie è evidente che l’emittente possa trovarsi in una situazione di privilegio informativo perché esso stesso è l’artefice degli eventi che lo riguardano. L’operatività sui propri titoli, pertanto, può generare un elevato sospetto che tale attività sia connotata da una situazione di insider trading ovvero che possa essere al servizio di una manovra di manipolazione dei prezzi finalizzata, magari, a rendere più vantaggiose imminenti operazioni societarie straordinarie quali, ad esempio, un aumento di capitale o una fusione. In tali casi, tuttavia, il legislatore ha ritenuto necessario stabilire chiare regole che, da un lato, stabiliscano dei limiti operativi tali da non compromettere l’integrità dei mercati e, dall’altro, rendano gli interessati certi della legittimità dei propri comportamenti in modo tale da non disincentivare l’effettuazione di tali operazioni. Dal punto di vista economico, infatti, appare pacifica in letteratura l’idea che il buy-back presenti aspetti positivi per il mercato. Diverse teorie ritengono, infatti, che l’acquisto di azioni proprie sia una valida alternativa all’incremento dei dividendi come mezzo di remunerazione degli azionisti e comunque un efficace strumento per migliorare la struttura finanziaria della società.

In generale, in tutto il mondo tali operazioni sono oggetto di regolamentazione. In alcuni paesi sono previsti addirittura espliciti divieti di vendita delle azioni acquistate in proprio che possono, pertanto, essere soltanto cancellate o utilizzate nell’ambito operazioni di finanza straordinaria. In particolare la safe habour rule prevista dalla nuova direttiva UE prevede come limiti operativi l’obbligo di acquistare le azioni in controtendenza e per volumi non superiori al 25 % del quantitativo complessivamente scambiato sul mercato in periodi prestabiliti. Chi opera entro i citati parametri può ritenere di aver

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agito correttamente e non sarà oggetto di attività di accertamento da parte delle autorità competenti. Il superamento dei citati limiti, tuttavia, non significa di per sé che sussista una violazione configurante un abuso di mercato; in questo caso, infatti, è comunque l’autorità di vigilanza a dover dimostrare a seguito della propria attività di accertamento la sussistenza di specifiche violazioni. Nella pratica si è potuto osservare che i limiti operativi vengono in genere superati per i titoli meno liquidi; in alcuni casi in cui si è registrata un’attività particolarmente intensa l’autorità di controllo ha provveduto a trasmettere gli atti alla magistratura per gli opportuni accertamenti. A differenza della nuova impostazione comunitaria, alcuni paesi extra-UE hanno, e probabilmente manterranno, regole volte a limitare l’attività di acquisto di azioni proprie attraverso la previsione di limiti da rispettare in modo obbligatorio, al superamento dei quali si applicano sanzioni amministrative. L’introduzione di regole nella forma della citata safe harbour rule comporta, invece, un diverso approccio della regolamentazione delle operazioni in questione. I soggetti pertinenti, infatti, avranno interesse ad attenersi alle indicazioni contenute in tale principio, tenuto conto della circostanza che comportamenti non conformi potrebbero essere presi in considerazione dall’autorità di vigilanza in sede di accertamento di violazioni ai divieti previsti dalla disciplina sugli abusi di mercato. Questo è un chiarissimo esempio di come il binomio prevenzione – repressione può trovare forme di regolamentazione diverse fermo restando il fine perseguito.

Per quanto concerne, in particolare, la manipolazione si deve rilevare che gli orientamenti a livello internazionale appaiono meno consolidati rispetto alla materia dell’insider trading. Nel nostro paese del resto, nonostante i numerosi accertamenti avviati, i casi di manipolazione accertati sono stati molto limitati e tutti si riferiscono a circostanze attinenti il trading sul mercato e non invece la diffusione di false informazioni al pubblico. Sul punto si ritiene comunque necessario, per un efficace attività di deterrenza contro tali violazioni, avere a livello internazionale, o almeno europeo, regole comuni e modalità di indagine condivise. Appare evidente che la valutazione dei singoli casi può risultare differente nei diversi Stati nazionali se si hanno regole diverse e strutture di mercato differenti. È necessario al riguardo dare il più alto livello di certezza a chi opera sul mercato consentendo loro di riconoscere agevolmente se le operazioni possano integrare le fattispecie di abuso ovvero siano, invece, da ritenere delle semplici attività di speculazione, magari di forte impatto ammesse dalla disciplina. La nuova direttiva sul punto offre un significativo aiuto fornendo un elenco, sia pure non esaustivo, dei casi che possono ritenersi irregolari.

La direttiva prevede, inoltre, che chiunque compia professionalmente operazioni su strumenti finanziari deve avvertire senza indugio l'autorità competente qualora abbia ragionevoli motivi per sospettare che le transazioni costituiscano un abuso di informazioni privilegiate o una manipolazione del

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mercato. Tale disposizione rappresenta nell’ambito della nuova disciplina la parte, allo stesso tempo, più innovativa o di maggiore problematicità applicativa. Per un verso, infatti, sussiste il rischio che siano oggetto di comunicazione tutte le operazioni che presentano caratteristiche leggermente fuori norma, con conseguente moltiplicazione delle segnalazioni all’autorità competente, dall’altro, l’eventualità che un cliente ingiustamente oggetto di una segnalazione all’autorità decida di abbandonare l’intermediario potrebbe disincentivare ogni tipo di segnalazione.

La definizione di operazioni sospette, allo stato significativamente generica, potrebbe trovare maggiore dettaglio nell’ambito dei lavori di livello III condotti dal Committee of European Securities Regulators previsti per il recepimento delle direttive di lievello I e II. L’andamento delle discussioni in corso sul terzo livello non lascia, tuttavia, presagire l’individuazione di soluzioni definitive in tempi brevi; sulla base di tali orientamenti si dovranno successivamente adattare le norme nazionali e i comportamenti degli operatori interessati. Anche i lavori di livello III e la disciplina nazionale di recepimento saranno accompagnati, come del resto si è verificato per le precedenti direttive, da una fase di consultazione aperta a tutte le categorie di soggetti che dovranno applicare nella pratica le citate regole. Si evidenzia, comunque, che l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette appare di cruciale importanza sia per il miglioramento delle regole esistenti sia, più in generale, per perseguire l’obiettivo di assicurare l’integrità del mercato, bene comune che tutti i partecipanti a tale sistema dovrebbero contribuire a difendere.

Si deve rilevare, da ultimo, che negli anni passati gli intermediari erano maggiormente coinvolti nell’opera di mantenimento di standard di elevata qualità, tanto che poteva essere rilevata una stretta identità tra mercato, intermediari e regolamentatori. Con l’avvento della telematica, delle reti e in particolare degli ordini trasmessi dalla clientela con sistemi elettronici - che elimina qualsiasi filtro da parte degli intermediari sugli ordini - tale virtuosa caratteristica è venuta in parte meno. Per il futuro si ravvisa quindi la necessità di condividere e rianimare tra gli operatori un sentimento che faccia percepire il mercato come bene di tutti che può svilupparsi soltanto qualora sia mantenuta la sua integrità e la fiducia che in esso ripongono gli investitori.

In definitiva si può ritenere che un sistema efficace di prevenzione e repressione della manipolazione e dell’insider trading si fondi sulla duplice esigenza di:

• dare certezza alle regole, finalità che appare essere alla base dalla nuova direttiva sugli abusi di mercato;

• realizzare un maggiore coinvolgimento dei soggetti che partecipano al mercato sulla necessità di garantire un sistema integro ed efficiente.

Tali principi dovrebbero contribuire a disincentivare le violazioni di regole deontologiche prima ancora che i veri e propri abusi del mercato; in effetti

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anche le violazione del primo tipo rappresentano una menomazione delle buone pratiche comuni del mercato. La nuova direttiva UE rappresenta un primo passo verso il miglioramento della regolamentazione volta a fronteggiare tali comportamenti irregolari; si ravvisano tuttavia spazi di ulteriore intervento soprattutto in relazione ad una maggiore responsabilizzazione degli operatori e ad un più coeso approccio della vigilanza operata dalle competenti autorità dei paesi comunitari che mostrano un potenziale margine di miglioramento per la convergenza della loro attività.

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Il punto di vista degli intermediari finanziari

Michele Calzolari – Centro SIM

Si è voluto anticipare la conclusione dell’intervento che rappresenta il punto di vista degli intermediari finanziari:

La Direttiva Market Abuse, non aggiunge tantissimo sul tema dell’insider trading, mentre contiene novità importanti sul fronte della manipolazione di mercato che potranno produrre effetti molto significativi. Tali novità sono legate non tanto ai contenuti specifici della “market manipulation” quanto allo spostamento di attenzione dal concetto di reato penale a quello di illecito amministrativo: ciò rafforzerà i poteri della Consob rendendo più facilmente perseguibili coloro che incorreranno in questi “incidenti di percorso”.

Infatti le manipolazioni di mercato, che sono una derivata dell’insider trading, sono difficilmente riscontrabili e si possono avere molti casi dubbi in cui l’esperienza e la conoscenza del funzionamento dei mercati giocano un ruolo chiave: in questo senso l’Autorità di Vigilanza ha sicuramente un vantaggio competitivo rispetto alla Magistratura.

La Direttiva farà sì che l’attività di prevenzione sia molto più efficace; il rischio però è che la facilità e la rapidità nel comminare sanzioni provochino degli eccessi in senso opposto, disincentivando nuove tipologie di attività. L’opinione di Calzolari è che, per non ingessare il mercato, occorrerà una dose di buon senso nell’applicare la Direttiva e il buon senso nella sua esperienza professionale rappresenta spesso un elemento determinante in relazione al rapporto Vigilanza/soggetti vigilati.

In questo momento l’equilibrio che caratterizza la Consob e i rapporti di collaborazione eccellenti tra gli intermediari e l’autorità di vigilanza fanno ben sperare.

1. Le Pratiche di Mercato Ammesse: La Direttiva rappresenta il risultato di un compromesso importante tra due

culture diverse: la cultura anglosassone e quella dell’Europa continentale, che comportano, anche dal punto di vista giuridico, due impostazioni diverse.

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La nostra impostazione si basa sul codice civile che impone una serie di divieti, mentre quella anglosassone prevede che vengano indicati i comportamenti ammessi con le relative eccezioni.

La Direttiva ha dato modo di recepire entrambe le impostazioni. Tuttavia, per noi italiani è oggettivamente difficile entrare in questa “nuova” logica. Ad esempio, quando con i nostri associati abbiamo parlato della lista delle pratiche di mercato ammesse, ci siamo trovati in difficoltà perchè gli operatori italiani non sono abituati a definire le “cose che si possono fare” ma ragionano piuttosto nel senso opposto.

In tema di market manipulation è invece molto importante riuscire ad individuare, se ce ne sono, quelle attività di mercato che sono obiettivamente prassi consolidate, per evitare di scoprire domani che un certo tipo di attività cui siamo abituati è diventata sanzionabile perché così avviene altrove.

Un’altro aspetto importante è che la definizione di pratiche di mercato ammesse viene lasciata al livello III della legislazione. Questo aspetto è rilevante in quanto implica che l’elenco verrà stilato a livello di singolo paese; potrebbero verificarsi perciò differenze oggettive tra ciò che viene adottato in un paese e in un altro.

Il CESR sarà chiamato a fare un controllo sulla coerenza di quello che verrà deciso dai singoli paesi, tuttavia ci saranno inevitabilmente delle differenze, che potrebbero essere tali da provocare lo spostamento di attività, o di intermediari, verso quei mercati che hanno una legislazione più morbida.

Nella tradizione culturale italiana le regole sono tendenzialmente più severe che in altri paesi. Il rischio è perciò che emerga un quadro normativo più rigido da noi che altrove, penalizzando così il mercato italiano nel contesto di maggiore concorrenzialità tra i mercati che deriverà dalle varie Direttive in corso di approvazione.

Un terzo punto importante è che le prassi di mercato evolvono più rapidamente di quanto non cambi la normativa. Ci si pone quindi la domanda di come debba essere aggiornata la normativa e con quale cadenza (ogni anno, due anni?).

La complicazione del processo, che si svolge a livello europeo cercando continuamente il compromesso fra tanti paesi, renderebbe auspicabile una revisione non troppo frequente: è però un fatto assodato che i mercati evolvono con estrema rapidità e che le norme devono stare al passo. In merito a questo punto nulla si dice né nella Direttiva né nel Disegno di Legge che la recepisce.

Un aspetto fortemente positivo è che la Direttiva prevede anche per la fase di recepimento a livello nazionale l’obbligo di consultazione tra autorità di vigilanza,operatori, consumatori etc.

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L’esperienza del processo Lamfalussy è altamente positiva in quanto consente alle parti interessate di venire coinvolte e quindi di essere preventivamente informate e di poter dire la propria opinione in merito. Il fatto che tale iter venga esteso a livello nazionale ci sembra molto importante.

E’ sicuro che il dibattito fra intermediari, operatori e Consob sarà acceso, ma è altrettanto sicuro che lo sforzo si rivelerà molto utile.

Il CESR elenca i vari segnali di mercato che possono far pensare a casi di market manipulation. Esaminando la lista, credo si possa affermare che su questo fronte non c’è stata una grande innovazione di contenuto da parte della Direttiva: infatti né i segnali né le pratiche evidenziate come potenzialmente pericolose o fraudolente sono particolarmente nuove.

In pratica i casi rappresentati sono quelli “classici”: i segnali si riferiscono ad operazioni di dimensioni molto grandi rispetto alla norma, oppure ad operazioni che hanno riflessi molto rilevanti sul mercato, o ancora ad operazioni dove non cambia il beneficiario del titolo, o a trades incrociati tra più soggetti.

Nulla di particolarmente nuovo... il fatto nuovo, semmai, è il modo di perseguire chi commette l’infrazione, che cambierà al fine di rendere la prevenzione più efficace e di tutelare meglio l’integrità del mercato. La Direttiva infatti punta a spostare l’attenzione dall’aspetto penale all’illecito amministrativo e lo stesso concetto viene ripreso dalla legge in corso di approvazione in Parlamento, che rappresenta appunto il recepimento della Direttiva stessa.

La Consob, che sarà responsabile delle funzioni ispettive, giudicanti e sanzionatorie avrà poteri e facoltà d’indagine piuttosto ampi e potrà comminare direttamente sanzioni significative senza passare più dal Ministero dell’Economia.

In prospettiva ciò è positivo perché si avranno decisioni più rapide. Inoltre, la competenza nella materia specifica del personale della Consob è superiore rispetto a quella di molti magistrati, anche se, per la verità, alcuni comparti della Magistratura ordinaria si stanno specializzando nel settore. E’ un fatto che oggi i tempi sono molto lunghi, in particolare se ci si trova a dover discutere materie tecniche e specialistiche con persone che non hanno questo tipo di esperienza. A fronte di un giudizio positivo su questo aspetto, bisognerà verificare però che la maggior rapidità di giudizio non implichi insufficienti tutele per l’indagato.

Un altro aspetto fondamentale è la previsione di comunicazione al pubblico (ed al mercato) delle decisioni adottate: è opinione diffusa che ciò che più danneggia l’operatore colto in fallo non sia tanto la multa, quanto la pubblicità

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negativa. Teoricamente infatti l’operatore (o la società) potrebbero avere poi difficoltà a lavorare.

La Direttiva e le norme che la recepiscono, rafforzando l’obbligo di rendere pubbliche le decisioni prese, sembrano quindi andare nella giusta direzione per tutelare l’integrità del mercato.

2. Responsabilità delle Società Un altro aspetto da analizzare è il fatto che l’illecito amministrativo venga

esteso dalla persona fisica alla società.

Nella legislazione italiana finora era la persona fisica a rendersi responsabile di aggiotaggio. Oggi viene estesa la sanzione anche alla società che non operi in maniera responsabile attraverso il proprio dipendente, nel caso in cui la società non abbia messo in atto procedure atte a verificare il rispetto delle norme.

In pratica è ciò che è stato introdotto con il dlgs. 231/2001: si tratta sicuramente di una novità significativa ma occorre distinguere tra forma e sostanza.

Quello che sta accadendo con il dlgs. 231 2001 sembra indicare più una novità “formale” che di sostanza. Esistono modelli e procedure che vengono predisposti dalle società e devono essere approvati da un istituto di formazione (Isfol).

In pratica diventano dei moduli che vengono predisposti e approvati, ma che poi non incidono più di tanto nella vita aziendale; se così accadesse anche per la Market Abuse la novità potrebbe risultare indolore. In realtà ad una lettura più attenta la vicenda appare assai diversa.

La norma infatti detta per le società l’obbligo di:

• Istituzione di organi di controllo dotati di autonomo potere d’iniziativa. • Approntamento di specifici protocolli diretti a programmare la

formazione del personale e l’attuazione delle procedure. • Individuazione delle modalità e delle risorse finanziarie idonee a

prevenire l’attuazione di reati • Adozione di un efficace sistema di veicolazione delle informazioni

all’interno alla società. • Introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare seriamente

il mancato rispetto dei comportamenti. Come si vede si tratta di impegni molto gravosi per le società, in particolare

per quelle di minori dimensioni. La mia impressione è che gli intermediari non si siano ancora resi conto dei rischi che potrebbero correre...

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Su tutti questi elementi che sono davvero importanti bisognerà lavorare insieme all’Autorità di Vigilanza per capire meglio cosa si deve e cosa si può e si potrà fare.

3. Safe Harbours Un altro elemento di novità che riveste una certa importanza per il nostro

ordinamento è l’introduzione dei cosiddetti “safe harbours” , cioè di tipologie di operazioni che non rientrano nei casi di manipolazione del mercato.

Una componente importante dei “safe harbours” è rappresentata dalle operazioni di stabilizzazione, cioè di quel tipo di operatività che viene posta in essere, ad esempio, in seguito al collocamento di un titolo in Borsa. In pratica, in occasione di una nuova quotazione in Borsa, si cerca di stabilizzare il prezzo del titolo in modo che non salga e non scenda troppo nei giorni immediatamente successivi al collocamento. Ciò viene fatto in modo esplicito, comprando sul mercato nel caso di titoli che tendono a scendere troppo ed esercitando la cosiddetta green-shoe nel caso di quelli che evidenziano la tendenza ad un rialzo eccessivo.

Finora in Italia la prassi relativa alla stabilizzazione era piuttosto farraginosa e presentava diverse ambiguità su come fosse corretto operare.

Ora la Consob ha opportunamente introdotto un regolamento di tipo transitorio, in attesa del recepimento definitivo della Direttiva. Su alcuni punti, che sono quelli affrontati dalla Direttiva stessa, il regolamento chiarisce meglio le cose che si possono fare e come farle.

Due punti in particolare vanno sottolineati:

1 In precedenza, per sostenere il prezzo, chi faceva stabilizzazione era autorizzato a comprare sul mercato una certa quantità di titoli ma solo se in controtendenza rispetto al giorno precedente. In altri termini, se il prezzo risultava superiore a quello del giorno precedente non si poteva acquistare i titoli, anche se tale prezzo era ancora inferiore a quello di emissione. Questa pratica è stata ora sostituita da una norma più semplice che autorizza ad operare a fini di stabilizzazione fino a quando il prezzo di mercato raggiunge quello a cui il titolo è stato collocato.

2 Un secondo punto è che gli intermediari, soprattutto quelli più grandi, fanno contemporaneamente mestieri diversi ed è perciò abbastanza probabile che si trovino ad operare su un certo titolo non solo per l’attività di stabilizzazione.

In passato c’era il divieto assoluto di operare in conto proprio per motivi diversi da quello della stabilizzazione, penalizzando così le altre attività dell’intermediario. Oggi non c’è più un divieto assoluto ma occorre raccogliere e fornire all’Autorità tutti i dati in modo che si possano fare le opportune verifiche nel caso si verifichino casi sospetti.

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Si tratta di un passaggio significativo che rappresenta sicuramente una novità positiva.

4. Denuncia delle operazioni sospette Tra gli aspetti della nuova Direttiva più dolenti per gli intermediari vi è

l’obbligo di denuncia delle operazioni sospette effettuate da un cliente o da una controparte.

Attualmente la Consob analizza eventuali anomalie di mercato (anche) attraverso modelli interni; chiaramente però questi non sono sufficienti quando si tratta di casi che possono avere conseguenze importanti anche di natura penale.

E’ evidente perciò come la segnalazione da parte dell’intermediario di operazioni sospette possa costituire un elemento importante e possa favorire un miglior controllo del mercato.

L’obbligo di denuncia tuttavia mette in difficoltà gli intermediari nei confronti dei clienti e, soprattutto, può dar luogo a difficoltà oggettive, in quanto non necessariamente l’intermediario dispone di dati sufficienti avendo spesso solo una visione parziale dell’operatività del cliente, al contrario della Consob.

Infatti esistono intermediari specializzati: chi fa raccolta ordini conosce e sa cosa fa il cliente, mentre chi fa la negoziazione conosce e vede il mercato. Non necessariamente le due informazioni sono disponibili all’intermediario simultaneamente come sarebbe invece necessario per valutare (e denunciare) i casi di insider trading o di manipolazione.

Si tratta di una responsabilità importante per l’applicazione della quale ci vorrà una notevole dose di buon senso; infatti le incertezze sono molte e il rischio di trovarsi in situazioni spiacevoli, non avendo riportato operazioni sospette perché non si è in grado di valutarle come tali, è elevato. Siamo dunque di fronte ad un punto delicatissimo sul quale la Consob nella fase di recepimento sarà chiamata a fare chiarezza.

Il testo del CESR attualmente disponibile solleva qualche perplessità in quanto, per giudicare, occorrono dati certi, ad esempio sulle soglie minime dimensionali in base alle quali valutare le operazioni. Invece, le espressioni che il CESR usa per l’identificazione dei casi sono troppo vaghe ed è evidente che l’obbligo di denunciare qualcuno è un fatto troppo delicato per essere trattato con leggerezza.

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5. Analisi e Studi La Direttiva si propone di affrontare il problema della diffusione di notizie

false o tendenziose; in questo contesto il tema degli studi prodotti dagli analisti finanziari è centrale.

Proprio per evitare tale rischio da qualche tempo, in Italia, è stata fatta la scelta di costringere gli intermediari a rendere disponibile a tutti le proprie analisi; ciò tuttavia li penalizza eccessivamente dal punto di vista commerciale. Infatti l’investitore istituzionale sceglie un intermediario piuttosto che un altro non tanto per la capacità di esecuzione che, in pratica, è simile per tutti gli operatori di una certa dimensione presenti sul mercato. Viceversa l’investitore seleziona l’intermediario in base alla capacità di proporre idee e, quindi, di fare ricerca.

La ricerca è perciò l’elemento determinante e discriminante nella scelta del broker. Il fatto che gli intermediari italiani siano obbligati a rendere pubbliche attraverso il sito della Borsa le proprie ricerche, che rappresentano in fondo il loro patrimonio, costituisce un’evidente penalizzazione dal punto di vista commerciale, in un settore in cui la concorrenza è molto forte, rispetto agli operatori esteri che non sono soggetti agli stessi obblighi.

Il fatto che la Direttiva non tratti in alcun modo dell’obbligo di diffondere gli studi al pubblico è quindi un elemento molto positivo perché dovrebbe portare all’eliminazione anche in Italia di tale onere, cancellando così lo svantaggio competitivo.

6. Conflitti d’interesse I conflitti d’interesse sono oggettivamente ineliminabili ed è difficile

immaginare che si possa ottenere una vera separatezza fra i diversi comparti operativi di un banca d’investimento (i cosiddetti “Chinese walls”).

L’unica soluzione a mio avviso è quella di rendere opportunamente pubblica la presenza di eventuali conflitti di interesse.

Da questo punto di vista i “disclaimer”, cioè le avvertenze poste all’inizio degli studi, sono fondamentali ed i criteri in base ai quali essi andranno redatti sarà un punto di discussione importante nella fase di recepimento della Direttiva. Ad esempio occorrerà valutare come trattare i casi dei gruppi bancari che fanno sia credito che attività di investimento. Infatti per erogare il credito la banca deve, per definizione, disporre di informazioni privilegiate. Il punto è valutare se l’analista finanziario che opera per la stessa banca dispone o meno di tali informazioni.

Nella Direttiva si cerca di definire i possibili conflitti d’interesse anche attraverso alcuni indicatori quantitativi. E’ interessante notare che sono indicati

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degli aspetti quantitativi tipici del modello anglosassone che dovranno essere adattati al caso italiano.

Giova sottolineare che, quando si parla di analisi finanziarie, si pensa in genere al classico studio cartaceo di diverse pagine. In realtà la vera diffusione delle informazioni non avviene attraverso gli studi: il percorso è molto più breve e a volte si limita alle sole telefonate o a delle e-mail. In questi casi il controllo è molto più difficile ed i casi ambigui aumentano sensibilmente.

7. Speculazione e Manipolazione: una differenza sottile Ciò mi porta a considerare un punto più generale in tema di Market

manipulation e cioè la difficile distinzione, nell’ambito dell’attività di trading, fra la manipolazione di mercato e la speculazione.

Occorre sottolineare che la speculazione non è negativa in sé ma anzi rappresenta una componente fondamentale del mercato ed aiuta a renderlo più efficiente.

Se in un mercato non c’è speculazione, non c’è interesse, e, alla fine, non c’è liquidità; bisogna perciò stare attenti a non ingessare il mercato penalizzando eccessivamente l’attività speculativa.

Il problema però è che, esaminando giorno per giorno l’attività sul mercato, ci si trova spesso di fronte a casi ambigui in cui è veramente difficile distinguere le due situazioni. Il fatto stesso che sul mercato operino società che, per dimensione e per dotazione di capitali, godono di una posizione molto più forte rispetto ad altri potrebbe costituire di per sé una sorta di manipolazione. Il punto è come si può valutare in pratica se viene fatto abuso di tale posizione, forzando l’andamento del mercato in una direzione piuttosto che nell’altra.

L’analisi di alcuni esempi è utile per capire come possa essere difficile valutare se certe operazioni rappresentano casi di manipolazione o di speculazione.

Il “caso Citigroup”: Lo scorso mese di agosto si è verificato un caso increscioso sul mercato

telematico dei titoli di stato europei. Uno fra i principali operatori (Citigroup) ha infatti operato sul mercato con importi estremamente rilevanti ottenendo un profitto significativo ma provocando una fluttuazione dei prezzi del tutto anomala.

Citigroup ha improvvisamente riversato sul mercato una quantità molto ingente di alcuni titoli di stato europei. Il Mercato (MTS) è stato in grado di assorbirli grazie alla propria liquidità ed al fatto che l’ordine era ripartito fra più titoli. In seguito all’assorbimento dell’ordine, tuttavia, i market makers hanno dovuto rapidamente coprirsi vendendo il contratto future. Si è generato

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quindi un enorme flusso di vendita su uno strumento unico e, anche per questo, meno liquido; ciò ha provocato un brusco e del tutto inatteso calo del prezzo. Di conseguenza, per ragioni di arbitraggio, sono successivamente scesi anche i prezzi dei singoli titoli che compongono l’indice e Citigroup è stata così in grado di riacquistare i “bonds” venduti in precedenza lucrando la (cospicua) differenza di prezzo. Si è trattato di un tipico caso di “squeeze”, che è uno tra quelli esplicitamente previsti dall’elenco del CESR; pertanto si può ritenere che, ove la Direttiva fosse stata già in vigore, ci sarebbero state tutte le premesse per sanzionare l’operatore a fronte di un’attività di manipolazione.

In realtà Citigroup ribatte di non aver violato alcuna norma, dicendo di essere stata semplicemente più abile degli altri a sfruttare una situazione di disequilibrio di liquidità fra due mercati (MTS e future) la cui esistenza era potenzialmente nota a tutti. Inoltre, la banca afferma che la notevole dimensione dell’ordine era dovuta semplicemente alla grandezza del proprio portafoglio, cosa che non può certo essere giudicata negativamente.

A di là di altri aspetti che andranno considerati, l’esempio può servire a chiarire come anche casi apparentemente evidenti possono essere difficili da valutare.

Ora sulla questione dovranno pronunciarsi le diverse Magistrature interessate e quella tedesca sembra aver già dato ragione a Citigroup.

Un secondo caso, più banale, è rappresentato dal grafico allegato che mostra come, qualche giorno fa, il titolo Generali abbia subito una forte flessione “intra-day”. Tale flessione non sembra essere stata giustificata da particolari notizie di tipo fondamentale ma piuttosto da motivi tecnici.

Infatti, i traders, in particolare quelli con orizzonte di brevissimo termine, operano sulla base dell’analisi grafica – la cosidetta analisi tecnica – che è fatta da un insieme di regole ben precise. Una di queste regole dice che se il prezzo di un titolo supera – o, come si usa dire, rompe – il livello minimo del giorno, subisce poi una forte accelerazione nella discesa.

E’ chiaro perciò che, se e quando il prezzo si avvicina a tale livello, si verificano tutta una serie di operazioni dettate dalla paura oppure dalla speranza che questo succeda, o magari dalla volontà di farlo succedere...

Casi di questo genere sono molto frequenti e per lo più hanno a che fare con la speculazione perché non vi è affatto la certezza del risultato (se il prezzo non rompe il minimo della giornata potrebbe esserci un “rimbalzo tecnico”...). Tuttavia non si può escludere che, soprattutto nel caso di titoli poco liquidi, si voglia e si possa provocare un movimento che verrà poi alimentato dagli altri traders che seguono le stesse “regole”.

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Si tratta comunque di manipolazioni di scarsa entità e piuttosto difficili da individuare ma che, nell’ambito dell’illecito amministrativo, potrebbero trovare un rapporto più equilibrato fra infrazione e punizione.

Infine, un altro caso, per certi aspetti simile è dato dai cosiddetti prodotti strutturati. Si tratta di obbligazioni che offrono un modesto rendimento garantito, rendimento che però aumenta sensibilmente al verificarsi di particolari circostanze, ad esempio al raggiungimento di un certo prezzo – la cosiddetta barriera – dell’indice di borsa o di un qualche titolo azionario.

Di nuovo è evidente come, all’approssimarsi della barriera, la banca che ha emesso il titolo abbia una speranza del tutto opposta a quella che dovrebbe avere il risparmiatore che lo ha acquistato (se ne fosse davvero informato...).

In questo caso il rischio ed il potenziale danno derivante dall’eventuale manipolazione può essere superiore, ma il concetto è più o meno lo stesso di quello dell’esempio precedente. Non è affatto detto però che se un banca decide di comperare (o vendere) quell’indice o quel titolo lo faccia per fargli superare la barriera; ci possono essere tante altre motivazioni legate all’operatività del tutto lecite a cominciare dal banalissimo “ritenevo che il titolo salisse (o scendesse)”.

Il problema è che è molto difficile capirlo sulla base di dati oggettivi e senza conoscere le reali intenzioni dell’operatore. Occorre tanta esperienza e la Consob ha certamente dimostrato di averne, a giudicare dal numero di segnalazioni fatte all’Autorità Giudiziaria. Tuttavia l’esperienza potrebbe non bastare; la nuova Direttiva consentirà di affrontare un maggiore numero di casi, magari più complessi. E, con l’aumento del numero e dei casi, aumenterà anche il rischio di errore.

E’ auspicabile che vi sia un confronto sempre aperto su queste tematiche in quanto c’è il rischio che il mercato si ingessi a causa di un sistema sanzionatorio troppo punitivo.

La regola del buon senso è la soluzione prospettata e la più ragionevole da praticare.

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Il recepimento della direttiva market abuse: gli effetti sulle società quotate3

Nicoletta Pollio – ASSONIME

1. Introduzione La disciplina comunitaria sugli abusi di mercato costituisce il primo

esempio di attuazione della procedura Lamfalussy4: alla direttiva (di primo livello) sugli abusi di mercato (2003/6/CE, di seguito la “Direttiva”), si affiancano, al secondo livello, le direttive della Commissione Europea nn. 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE e il regolamento della Commissione n. 2273/2003/CE.5 Di recente sono poi stati pubblicati dal Cesr – nell’ambito

3 Il presente lavoro riporta la sintesi dell’intervento al convegno organizzato dal

Formez in data 18 marzo 2005, opportunamente modificata per tener conto dell’adozione della legge comunitaria 2004 (l. 18 aprile 2005, n. 62, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 96 del 27 aprile 2005 ed entrata in vigore il 12 maggio 2005).

4 Gli atti di regolazione comunitari adottati secondo questa procedura, come è noto, si strutturano secondo quattro livelli e, cioè, direttive contenenti principi quadro (I livello), misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea nell’ambito delle competenze di esecuzione ad essa conferite dalle direttive di primo livello (II livello), cooperazione tra autorità di regolazione (III livello) e vigilanza sull’applicazione della normativa (IV livello). L’adeguamento del processo legislativo in materia di servizi e mercati finanziari era stato auspicato nel «Piano di azione per i servizi finanziari», COM (1998) 625 del 28 ottobre 1998, cui ha fatto seguito il rapporto Lamfalussy, del 15 febbraio 2001, elaborato da un comitato di esperti su mandato del Consiglio ECOFIN del 17 luglio 2000.

5 In particolare, la direttiva della Commissione n. 2003/124/CE riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione del mercato, la direttiva n. 2003/125/CE concerne la corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico dei conflitti di interesse e la direttiva n. 2004/72/CE si occupa di prassi di mercato ammesse, definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti derivati su merci, istituzione dei registri degli insiders, notifica delle operazioni di insider dealing e segnalazione di operazioni sospette. Il Regolamento della Commissione n. 2273/2003/CE detta le condizioni necessarie affinché i programmi di

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del terzo livello – gli standard comuni per le autorità di vigilanza per la coerente applicazione della Direttiva.

Come dimostra il processo di recepimento della normativa sugli abusi di mercato negli Stati membri, un effetto rilevante della procedura Lamfalussy consiste nella progressiva limitazione del potere regolamentare delle autorità nazionali. Al contempo, peraltro, tutte le recenti direttive sui servizi finanziari dotano tali autorità di maggiori poteri istruttori e di una più ampia competenza in materia di vigilanza informativa.

Un’indicazione importante per il corretto recepimento negli Stati membri è fornita dall’art. 11 della Direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri devono stabilire efficaci meccanismi e procedure di consultazione con i partecipanti al mercato concernenti eventuali modifiche nella legislazione nazionale, ivi inclusi eventuali comitati consultivi, rappresentativi degli interessi di emittenti, intermediari o consumatori, presso le autorità competenti. Sarebbe altresì auspicabile e nell’interesse del mercato che il Cesr o la Commissione europea pubblicassero o rendessero accessibile tutta la normativa attuativa delle misure comunitarie adottata nei vari Stati membri.

In Italia la Direttiva e le relative misure di attuazione (direttive della Commissione Europea nn. 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE) sono state recepite direttamente (senza delega al Governo) nell’art. 9 della legge comunitaria 2004 (l. 18 aprile 2005, n. 62). Il regolamento della Commissione n. 2273/2003/CE – in materia di programmi di riacquisto di azioni proprie e operazioni di stabilizzazione – per sua natura è direttamente applicabile negli Stati membri ed è in vigore dal 12 ottobre 2004 (termine per l’attuazione della Direttiva).

Il recepimento della normativa sugli abusi di mercato ha effetti rilevanti sul mercato finanziario italiano. In particolare risulta modificata la disciplina del Testo Unico della Finanza (d.lgs. 58/98, di seguito “Tuf”) in materia di intermediari, emittenti, poteri della Consob e sanzioni. La concreta efficacia delle nuove disposizioni è peraltro rinviata, in molti casi, alla regolamentazione attuativa della Consob.6

Si fornisce di seguito una prima lettura delle principali modifiche e integrazioni apportate agli obblighi informativi degli emittenti dal nuovo testo degli artt. 114 ss. Tuf, come modificati ed integrati dall’art. 9 della legge Comunitaria.

riacquisto di azioni proprie e le operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari possano beneficiare delle deroghe alla disciplina degli abusi di mercato.

6 Nel testo del nuovo art. 114 Tuf, ben cinque commi prevedono una delega regolamentare alla Consob (cfr. i commi 1, 3, 5, 7 e 9). Si vedano altresì le deleghe previste negli artt. 115-bis, 132, comma 1, 183, 187-ter,comma 7.

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2. Gli obblighi di comunicazione al mercato: l’ambito oggettivo

La Direttiva impone agli Stati membri di far sì che gli emittenti comunichino al pubblico, al più presto possibile, le informazioni privilegiate che riguardino direttamente detti emittenti (art. 6, co. 1). La comunicazione tempestiva di tali informazioni è infatti ritenuta essenziale per prevenire il pericolo di abusi di mercato.

La previsione comunitaria può avere conseguenze rilevanti sull’attuale normativa italiana in materia di obblighi di comunicazione: con il nuovo comma 1 dell’art. 114 Tuf, infatti, l’obbligo informativo in materia di price sensitive information risulta modificato in relazione all’oggetto e dal fatto rilevante,7 previsto dall’attuale testo, si passa all’informazione privilegiata. Quest’ultima nozione, prevista dall’art. 181 Tuf, viene quindi posta alla base sia degli accennati obblighi di comunicazione al mercato sia di alcune fattispecie di abuso di mercato.

Il riferimento all’informazione privilegiata potrebbe comportare un anticipo temporale rispetto agli attuali obblighi di comunicazione ex art. 114, co. 1 Tuf che, come noto, sorgono solo in presenza di un fatto inteso come evento della realtà oggettivamente venuto ad esistenza. Una conferma in tal senso si ha nella relazione della Commissione Europea alla proposta di direttiva sugli abusi di mercato che, in sede di illustrazione del proposto art. 6, precisava che anche le “discussioni su una potenziale offerta al pubblico di acquisizione” possono essere considerate informazioni privilegiate da comunicare al mercato.

Sul punto Assonime, già in sede di commenti alla proposta di direttiva, aveva segnalato la necessità di circoscrivere gli obblighi di comunicazione ai soli fatti o eventi già verificati nonché ai fatti che abbiano una ragionevole probabilità di realizzarsi qualora, in quest’ultimo caso, l’emittente non sia in grado di mantenerne la riservatezza. In questo modo si sarebbe chiarita l’esclusione dagli obblighi di comunicazione di fattispecie, quali le trattative negoziali o lo studio di progetti di acquisizione, che si trovano ancora in una fase embrionale e la cui comunicazione al mercato potrebbe non contribuire all’efficienza informativa.

7 Il concetto di fatto rilevante era, da ultimo, previsto nell’art. 68 della direttiva

2001/34/CE, ai sensi del quale la società con azioni quotate deve informare il pubblico dei soli “fatti nuovi importanti che si sono verificati nella sua sfera di attività, che non sono di dominio pubblico, ma che possono, data la loro incidenza sulla situazione patrimoniale o finanziaria o sull’andamento generale degli affari della società, provocare un’importante variazione del corso delle sue azioni”. Il citato art. 6, paragrafo 1 della direttiva 2001/34/CE, insieme all’art. 81, paragrafo 1 (riguardante gli emittenti obbligazioni quotate), sono stati esplicitamente abrogati dalla Direttiva sugli abusi di mercato (art. 20).

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Peraltro, la direttiva di secondo livello 2003/124/CE specifica, all’art. 2, co. 2, che gli obblighi che qui interessano sono adempiuti quando “al verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non ancora formalizzati, gli emittenti abbiano informato senza indugio il pubblico”. Si potrebbe interpretare la disposizione ora richiamata nel senso che quest’ultima conceda di ritardare la comunicazione sino al momento del “verificarsi” del fatto rilevante; tuttavia rimane da chiarire l’implicazione dell’espressione “non ancora formalizzati”.8

Rispetto al precedente testo dell’art. 114 Tuf, scompare anche la delimitazione dell’obbligo di informativa ai fatti che rientrino nella “sfera d’attività” dell’emittente (o delle controllate): oggetto dell’obbligo saranno le informazioni che riguardano “direttamente” l’emittente eventualmente anche se non siano generate all’interno della sfera d’attività di quest’ultimo. Da questa lettura potrebbe conseguire un’estensione dell’obbligo anche ad informazioni non facilmente controllabili dall’emittente.

Si auspica che la Consob, nell’esercizio del potere di stabilire con regolamento le modalità e i termini di comunicazione delle informazioni ex art. 114, co. 1, fornisca chiarimenti, tanto più ove si consideri che l’aver diffuso notizie su eventi in corso di realizzazione e che, successivamente alla comunicazione, non siano venuti ad esistenza potrebbe rilevare ai fini di un’eventuale responsabilità per manipolazione derivante da diffusione di informazioni “fuorvianti” (cfr. art. 187-ter Tuf).

3. L’ambito soggettivo Gli obblighi di comunicazione delle informazioni privilegiate continueranno

a gravare, come accade oggi, sugli emittenti quotati e sui soggetti che li controllano, sebbene la Direttiva non prenda espressamente in considerazione questi ultimi.

Per emittente quotato si intende, come noto, i soggetti italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati italiani (art. 1, co. 1, lett. w Tuf). La nozione di controllo, invece, si ricava dall’art. 93 Tuf.

Il nuovo comma 12 dell’art. 114 Tuf estende gli obblighi di comunicazione anche ai soggetti italiani ed esteri che emettono strumenti finanziari per i quali sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni nei mercati regolamentati italiani. La disposizione è conforme all’art. 9 della Direttiva, ove è altresì previsto che gli obblighi in parola non si applichino agli emittenti che non abbiano chiesto o approvato l’ammissione dei loro strumenti alla

8 Cfr. le osservazioni di Consob nel recente documento di consultazione sulle

proposte di modifica ai Regolamenti Emittenti e Mercati per tener conto del recepimento della Direttiva sugli abusi di mercato (maggio 2005).

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negoziazione su un mercato regolamentato in uno Stato membro (c.d. ammissione senza consenso).

Come oggi, sono soggetti agli obblighi informativi anche gli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, come individuati dalla Consob, da ultimo, con la delibera n. 14372 del 23 dicembre 2003.

4. Doveri di riservatezza e ritardo nella comunicazione La comunicazione tempestiva dell’informazione privilegiata, si è visto, è

volta a prevenire gli abusi di mercato. Ove tuttavia l’emittente sia in grado di garantire la riservatezza di tale informazione, la Direttiva consente di ritardarne la comunicazione in presenza di alcune condizioni. In particolare, l’emittente può ritardare la comunicazione sotto la propria responsabilità, al fine di non pregiudicare i propri interessi legittimi e sempre che il pubblico non possa risultarne fuorviato e, come accennato, sia assicurata la riservatezza delle informazioni (art. 6, co. 2).

Conseguentemente, la disciplina italiana del ritardo nella comunicazione subisce sostanziali modifiche rispetto ad oggi.9

All’attuale procedura di reclamo ex art. 114, co. 4 Tuf, in base alla quale, su istanza dell’emittente che lamentava un pericolo di grave danno, la Consob poteva escludere, limitare o ritardare l’obbligo di comunicazione (sempre che ciò non potesse indurre in errore il pubblico), si sostituisce un regime che sancisce la piena responsabilità dell’emittente per la scelta di ritardare la comunicazione di informazioni privilegiate (cfr. art. 114, co. 3), senza la possibilità, per quest’ultimo, di richiedere un’autorizzazione all’autorità di vigilanza. La facoltà di ritardo è espressamente esclusa laddove essa possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali ed è comunque condizionata al rispetto di obblighi di riservatezza sulle notizie non comunicate.

Rispetto al testo della Direttiva, la norma italiana non condiziona la facoltà del ritardo alla finalità di non pregiudicare i legittimi interessi.10 Un’indicazione in tal senso potrà venire dalla Consob la quale, ai sensi dell’art. 114, co. 3, è tenuta ad individuare con regolamento le ipotesi e le condizioni

9 La procedura di reclamo come oggi prevista sopravvive nelle ipotesi in cui

l’emittente si opponga alla comunicazione di notizie e documenti – diversi dall’informazione privilegiata – che la Consob abbia richiesto, anche in via generale, ai sensi dell’art. 114, co. 5 (cfr. art. 114, co. 6).

10 Si noti che anche il riferimento al “grave danno” contenuto nella precedente versione dell’art. 114, co. 4 era diverso rispetto al testo dell’art. 68, co. 1 della Direttiva 2001/34/CE (abrogato dalla Direttiva sugli abusi di mercato), che subordinava la facoltà di ritardo alla sussistenza di un “pregiudizio agli interessi legittimi”.

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del ritardo. In tale sede regolamentare la Commissione potrebbe, quindi, inserire un riferimento ai legittimi interessi come presupposto del ritardo. Ove intendesse, poi, elencare ipotesi di legittimi interessi, potrà avere riguardo alla direttiva di secondo livello 2003/124/CE che specifica un elenco non esaustivo di circostanze cui possono riferirsi gli interessi legittimi presupposto del ritardo nella comunicazione. Si tratta, nello specifico, delle negoziazioni in corso, nell’evenienza in cui la comunicazione possa comprometterne l’esito, e delle decisioni adottate o dei contratti conclusi dall’organo direttivo di un emittente, la cui efficacia sia subordinata all’approvazione di un altro organo sociale, a condizione che la comunicazione al pubblico dell’informazione prima dell’approvazione, combinata con il simultaneo annuncio che l’approvazione è ancora in corso, possa compromettere la corretta valutazione dell’informazione da parte del pubblico.

Avvalendosi dell’opzione prevista dalla Direttiva (art. 6, co. 2), il nuovo art. 114, co. 3 prevede che la Consob possa stabilire che l’emittente la informi, senza indugio, della decisione di ritardare la divulgazione al pubblico di informazioni privilegiate e possa individuare le misure necessarie a garantire che il pubblico sia correttamente informato. L’autorità di vigilanza è qui chiamata al delicato compito di decidere se essere informata o meno del ritardo, e tale decisione è complicata dal fatto che non emerge chiaramente, dal testo della norma, se la Consob debba essere informata della notizia, completa di tutti gli elementi essenziali, che si intende ritardare ovvero se sia sufficiente comunicare la generica “decisione” di ritardare una (non meglio specificata) notizia. In quest’ultimo caso, particolarmente arduo appare individuare “le misure necessarie a garantire che il pubblico sia correttamente informato”, presupponendo, queste, che la notizia sia in qualche modo processata all’interno della Commissione.11

5. Misure preventive Si è visto che la gestione dell’informazione privilegiata impone agli

emittenti di assicurarne la riservatezza e, conseguentemente, controllare l’accesso a tali informazioni. A tal fine, la direttiva di secondo livello 2003/124 impone l’adozione di meccanismi efficaci per impedire l’accesso alle persone non autorizzate e l’obbligo di adottare misure necessarie affinché le persone

11 Nel recente documento di consultazione sulle proposte di modifica ai

Regolamenti Emittenti e Mercati, la Consob propende per la soluzione di essere informata del ritardo nonché di tutte le circostanze connesse. La stessa Consob specifica, peraltro, che la comunicazione dovrà avvenire solo nei casi in cui si verifichi un effettivo ritardo, che potrà maturare solo a partire dal momento in cui si sia verificato un complesso di circostanze o un evento rilevante ai sensi dell’art. 114 Tuf e in tal senso dovrebbe costituire un “evento sporadico, la cui frequenza potrebbe risultare equivalente a quella riscontrata nel vigore della precedente disciplina”.

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che abbiano accesso a tali informazioni riconoscano i doveri giuridici che ne derivino e siano a conoscenza delle possibili sanzioni. Nel caso in cui non siano in grado di assicurare la riservatezza, gli emittenti devono comunicare immediatamente al pubblico l’informazione privilegiata (art. 3, co. 2).

Per il corretto adempimento degli obblighi di comunicazione e dei doveri di riservatezza volti a prevenire gli abusi di mercato, la Direttiva impone specifiche “misure preventive” contro gli abusi, quali gli obblighi di comunicazione delle operazioni poste in essere da persone rilevanti (c.d. internal dealing) e i registri degli insiders. Queste misure sono state attuate, in Italia, nel comma 7 dell’art. 114 e nell’art. 115-bis Tuf.

Quanto all’internal dealing, la ratio della normativa è quella di diffondere informazioni utili, in quanto aventi valore segnaletico, per i partecipanti al mercato che potranno, così, valutare le stime dei managers sulle prospettive della società. Nel presupposto che si tratti di operazioni lecite (altrimenti si rientrerebbe nella diversa ipotesi di abuso di mercato), la conoscenza di tali operazioni può costituire, altresì, un mezzo a disposizione delle autorità competenti per vigilare sul mercato e, in questo senso, essa costituirebbe una misura preventiva contro gli abusi di mercato (considerando 7, direttiva 2004/72/CE).

In Italia, la disciplina degli obblighi di comunicazione delle operazioni poste in essere da persone rilevanti sino ad oggi trovava la propria fonte, di natura contrattuale, nel Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A. e nelle relative Istruzioni.

Ai sensi della nuova norma di cui al comma 7 dell’art. 114 Tuf, devono essere comunicate alla Consob le operazioni aventi ad oggetto azioni emesse dall’emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati effettuate, anche per interposta persona da soggetti rilevanti, tra i quali rientrano i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un emittente quotato, i dirigenti che abbiano regolare accesso alle informazioni privilegiate, chiunque controlli l’emittente quotato o ne detenga azioni in misura almeno pari al 10% (quest’ultima ipotesi è assente nel testo comunitario). Nel recepimento della Direttiva si è esteso l’obbligo di segnalazione anche ad una serie di soggetti “strettamente legati” a quelli già citati (stretti familiari) – laddove la Direttiva lasciava un’opzione in tal senso (cfr. art. 6, co. 4, ove l’obbligo si applica “se del caso” alle persone strettamente legate) – nonché negli altri casi individuati dalla Consob con regolamento, in attuazione della direttiva 2004/72/CE.

La norma affida inoltre alla Consob di individuare, con regolamento, i casi in cui gli obblighi si applicano anche con riferimento “ad ogni altro ente nel quale i soggetti sopra indicati svolgono le funzioni” di amministrazione, di controllo o di direzione. Nell’individuare tali soggetti occorrerà verosimilmente

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guardare all’effettivo potere di influenzare le decisioni di investimento dell’ente, perché solo in tal modo il mercato riceverà un’informazione di valore segnaletico analogo al caso in cui la persona rilevante abbia operato direttamente.12 Con lo stesso regolamento, la Consob individuerà le operazioni, le modalità e i termini per la comunicazione alla stessa autorità, nonché modalità e termini (anche differenti) per la diffusione al pubblico.

La soglia minima di rilevanza per il dovere di comunicazione è già fissata nella normativa comunitaria (art 6, dir. 2004/72/CE) in cinquemila euro su base annua (limite da calcolarsi sommando le operazioni compiute dai soggetti aventi responsabilità di direzione con quelle effettuate dalle persone ad essi strettamente legate). Nel caso in cui tale limite non sia oltrepassato, lo Stato membro potrà decidere di non richiedere alcuna notifica o, alternativamente, di permetterne il rinvio al 31 gennaio dell’anno successivo.13

Come accennato, un’altra misura preventiva contro gli abusi di mercato riguarda l’obbligo di istituire e aggiornare i registri delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate, previsto all’art. 6, co. 3 della Direttiva. Siffatta misura può infatti consentire agli emittenti di controllare il flusso delle informazioni privilegiate e gestire, in tal modo, gli obblighi di riservatezza (considerando 6 della direttiva 2004/72). Resta inteso che l’accesso alle informazioni privilegiate da parte delle persone iscritte nel registro non esenta tali persone dall’astenersi dall’abuso di informazioni privilegiate.

La direttiva di secondo livello n. 2004/72 specifica che l’emittente abbia l’obbligo di istituire un unico registro – da aggiornarsi regolarmente – che includa tutti coloro che abbiano accesso, sia su base regolare che occasionale, a informazioni privilegiate: è così superato l’iniziale dubbio del Cesr sull’opportunità di istituire più registri distinti a seconda delle informazioni privilegiate.

Il nuovo art. 115-bis Tuf introduce in Italia, conseguentemente, un obbligo di istituire i registri e lo estende, rispetto alla previsione comunitaria, anche ai soggetti in rapporto di controllo con gli emittenti quotati (o a coloro che agiscono in loro nome o per loro conto). Non sfugge che la previsione potrà rivelarsi di particolare rilievo per le società a controllo statale, relativamente

12 Cfr. il “Feedback Statement” del Cesr (Ref: CESR/03-213b), paragrafo 85. 13 L’attuale regolamentazione di Borsa Italiana prevede soglie maggiori, nel

presupposto che soltanto transazioni rilevanti possano assumere il valore segnaletico che costituisce la ratio della disciplina. Si contempla, infatti, la trasmissione dell’informativa trimestrale allorché l’importo cumulativo delle operazioni sia superiore a 50.000 € e l’informativa immediata in caso di operazioni che, anche cumulativamente, superino l’ammontare di 250.000 € (cfr. gli artt. 2.6.3 e ss. e IA.2.16.1 rispettivamente del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A. e delle relative Istruzioni).

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alle quali occorrerà valutare con attenzione le modalità di istituzione dei registri da parte del controllante.

L’informazione da includere nel registro ai sensi della normativa italiana è quella che riguarda “direttamente” l’emittente mentre nella direttiva di secondo livello n. 2004/72 si fa riferimento anche all’informazione che tale emittente riguardi in maniera indiretta.

Anche in questo caso la disciplina attuativa sarà dettata dalla Consob.

6. Violazione degli obblighi e sanzioni Il mancato rispetto degli obblighi descritti, in materia di comunicazioni al

mercato, riservatezza e misure preventive, è sanzionato in via amministrativa con sanzioni pecuniarie il cui importo massimo è stato aumentato in misura rilevante rispetto alle originarie previsioni dell’art. 193 Tuf.14

I poteri istruttori della Consob risultano rafforzati dal rinvio, nell’art. 115, co. 1, c-bis) all’art. 187-octies: l’autorità di vigilanza potrà, infatti, nei confronti di chiunque possa essere informato sui fatti, richiedere notizie, documenti, registrazioni telefoniche, procedere ad audizione personale ed ispezioni, procedere al sequestro dei beni che possono formare oggetto di confisca e a perquisizioni (previa autorizzazione del procuratore della Repubblica nei casi previsti al comma 5 dell’art. 187-octies). La sfera di persone soggette al potere di vigilanza della Consob risulta quindi ampliata, basti pensare alle persone strettamente legate ai soggetti rilevanti ai sensi dell’art. 114, co. 7 Tuf.

Anche il procedimento sanzionatorio è modificato, attraverso l’attribuzione alla Consob del potere di irrogazione diretta delle sanzioni amministrative (nuovo art. 195 Tuf) a fronte dell’attuale potere di proposta al Ministero dell’Economia. Tra gli aspetti maggiormente innovativi è l’introduzione, per il procedimento sanzionatorio, dei principi del contradditorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione e, soprattutto, della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie (art. 195, co. 2).

Oltre alle violazioni degli obblighi di comunicazione rilevano, per le società quotate, i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione (Capo II del Titolo Ibis del Tuf): alla responsabilità penale personale dell’autore dell’illecito si aggiunge infatti, ove ne ricorrano i presupposti, la responsabilità amministrativa dell’ente. Il d.lgs. 231/2001 è conseguentemente modificato

14 Il nuovo testo prevede sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila a

cinquecentomila euro a fronte delle previsioni originarie di sanzioni amministrative pecuniarie da lire dieci milioni a lire duecento milioni.

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attraverso l’introduzione, all’art. 25-sexies, delle nuove fattispecie di reati societari legati ai fenomeni di abuso di mercato.

Con riferimento invece alle ipotesi in cui l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione di mercato configurano illeciti amministrativi (Capo III del Titolo Ibis del Tuf), si introduce una specifica e peculiare previsione di responsabilità dell’ente (187-quinquies Tuf) modellata sulla base del criterio della “colpa dell’organizzazione” e dei corrispondenti principi di cui al d.lgs. 231/2001.

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La tutela penalistica nel quadro della riforma del risparmio

Elio Palombi

1. La Direttiva sull’abuso di mercato. La Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’abuso

di mercato può essere annoverata tra le iniziative prese per contrastare gli scandali finanziari quali i casi Enron e Worldcom, derivati da frodi contabili, conseguenti a pratiche manipolatorie, che hanno avuto effetti devastanti sui mercati finanziari. Alle stesse esigenze risponde la riforma in atto in Italia del sistema di tutela del risparmio, resa attuale ed urgente a causa dai recenti scandali dei casi Cirio e Parmalat. Da qui la necessità di analizzare il tema del recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato nel contesto della riforma sulla vigilanza e la tutela del risparmio, di cui al disegno di legge recentemente approvato dalla Camera in data 3 marzo 2005.

L’esigenza di assicurare la trasparenza della gestione finanziaria, di garantire la tutela dei diversi soggetti coinvolti e di evitare conflitti d’interessi, posta a base della riforma della tutela del risparmio, rappresenta, allo stesso modo, la ratio della Direttiva sull’abuso di mercato, come risulta dalla giustificazione offerta nel 2° Considerando: “Un mercato finanziario integrato ed efficiente non può esistere senza che se ne tuteli l’integrità. Il regolare funzionamento dei mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati costituiscono fattori essenziali di crescita e di benessere economico. Gli abusi di mercato ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia del pubblico nei valori mobiliari e negli strumenti derivati”. Gli abusi di mercato, si legge nel 15° Considerando, “sono di ostacolo alla reale e piena trasparenza del mercato, che è requisito fondamentale perché tutti gli operatori economici siano in grado di operare su mercati finanziari integrati”.

Questa fondamentale esigenza di trasparenza, che si impone a livello transnazionale, data la continua interferenza fra i comportamenti di soggetti operanti globalmente sui mercati finanziari, corrisponde alla stessa esigenza avvertita nel tema generale della riforma della tutela del risparmio. Nella “Indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati

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finanziari e la tutela del risparmio”, approvato dalle Commissioni riunite nella seduta del 18 marzo 2004, si mette bene a fuoco questa necessità, là dove si afferma che “La sempre più sofisticata articolazione delle piramidi societarie e l’operatività internazionale dei grandi gruppi industriali e dei conglomerati finanziari polifunzionali, impostata su logiche di pianificazione tributaria e di convenienza fiscale e legale (i cosiddetti paradisi fiscali), hanno evidenziato in particolare, l’esigenza di rafforzare e coordinare il sistema dei controlli a presidio della stabilità, della trasparenza e della concorrenzialità del mercato medesimo”.

Allo stesso modo, le condotte di abuso di mercato, per la loro dimensione transnazionale, possono interessare diversi Stati ed i protagonisti coinvolti possono operare in differenti paesi. La necessità della Direttiva nasce dal fatto che la disciplina delle manipolazioni di mercato non si presenta omogenea negli Stati membri, alcuni dei quali, si legge nell’11° Considerando, non possiedono “alcuna normativa in materia di manipolazione dei prezzi e diffusione di informazioni ingannevoli”. Da qui l’esigenza di disciplinare la cooperazione tra i diversi Stati membri e di coordinarne la risposta punitiva.

2. I controlli nella riforma della tutela del risparmio e nel disegno di legge sugli abusi di mercato. L’inasprimento del sistema sanzionatorio.

Nei progetti di riforma della tutela del risparmio l’impegno comune, a seguito degli scandali finanziari che avevano scosso tutti i risparmiatori, era diretto per un verso a rafforzare le funzioni di vigilanza e per l’altro ad inasprire le sanzioni penali. Sul fronte dei controlli si prendeva atto che il sistema predisposto non aveva funzionato: “nessuno dei presidi a tutela della legalità, della correttezza e della trasparenza ha funzionato”. Tutti, pertanto, erano concordi sulla necessità di rafforzare la tutela del risparmio attraverso una più penetrante attività di vigilanza. Nelle conclusioni della “Indagine conoscitiva” sopra indicata, si legge: “le vicende degli ultimi anni – dalla bolla speculativa sui mercati dei titoli azionari del 1999-2000, alle crisi delle società americane Enron e Worldcom, fino ai recenti avvenimenti italiani – suggeriscono… di rafforzare i presidi a tutela degli investitori e dei risparmiatori, ampliando proprio l’operatività di tale modello e rafforzando le regole, le procedure e i controlli, ancora più necessari in un’ottica globalizzata e con scenari internazionali aperti”.

Sulla base di questa precisa indicazione si sperava di rendere unitaria la materia della tutela della vigilanza, razionalizzando gli interventi in un settore che nella disorganicità normativa trova la ragione della inefficacia applicativa. L’intento del legislatore di coordinare ed armonizzare le ipotesi sanzionatorie in materia di ostacolo allo svolgimento delle funzioni di vigilanza sembra, però, che debba essere ulteriormente intralciato proprio nella materia degli

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abusi di mercato. Nel recepimento della Direttiva 2003/6/CE, infatti, il disegno di legge approvato dalla Camera il 2 dicembre 2004 relativo, al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, nella parte V, titolo I, capo I, dopo l’art. 170 inserisce l’art. 170-bis, dedicato all’Ostacolo alle funzioni di vigilanza della CONSOB. La norma recita testualmente: “Fuori dai casi previsti dall’art. 2638 del codice civile, chiunque ostacola le funzioni di vigilanza attribuite alla CONSOB è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro diecimila ad euro duecentomila”. Non si comprende il motivo della introduzione di una ulteriore ipotesi criminosa nella materia della vigilanza, in cui il legislatore nel formulare l’art. 2638 c. c. aveva intenzione di sanzionare l’ostacolo alla vigilanza con una norma omnicomprensiva.

Per altro verso, nell’affrontare il tema dell’apparato sanzionatorio è ricorrente l’opinione che la disciplina vigente difetta di efficacia deterrente. La crisi in cui è caduto il sistema bancario non è dovuta soltanto alla carenza dei controlli, ma anche alla scarsa efficacia delle sanzioni. Nell’auspicare, pertanto, un inasprimento delle sanzioni, si sostiene nella sopra indicata “Indagine conoscitiva” che “la modesta entità delle pene attuali, in un contesto ordinamentale che si caratterizza per l’estrema lentezza dei procedimenti penali, contribuisce, fra l’altro, ad abbassare la soglia di rilevanza dei termini di prescrizione”.

A tal fine, l’art 37 del testo approvato dalla Camera in data 3 marzo 2005, prevede il raddoppio delle pene previste dal Tulb, dal Tumf, dalla l. 12 agosto 1982, n. 576 e dal d. lgs. n. 124/93. Inoltre, le pene previste, tra l’altro dall’art. 2638 c. c. sono raddoppiate se si tratta di violazioni commesse in relazione a società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea. Il generalizzato inasprimento sanzionatorio si accompagna alla previsione di sanzioni accessorie di tipo interdittivo, oltre alla introduzione di nuove fattispecie incriminatrici.

3. L’abuso di informazioni privilegiate. L’attività di recepimento della Direttiva 2003/6/CE in Italia va, quindi,

inquadrata nella riforma in atto relativa alla tutela del risparmio e alla disciplina dei mercati finanziari, per stabilire se le proposte di riforma in Italia in tema di abusi di mercato sono in linea con quella più generale sul risparmio.

Preliminarmente occorre analizzare l’attuale disciplina esistente nel nostro paese in tema di abusi di mercato, iniziando dal tema dell’abuso di informazione privilegiata, attraverso un raffronto con le definizioni e le indicazioni dettate dalla Direttiva.

L’art. 180 commi 1 e 2 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 punisce con la reclusione fino a due anni e con la multa da 10.329 a 309.874 euro chiunque,

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essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della partecipazione al capitale di una società ovvero dell’esercizio di una funzione, anche pubblica, di una professione o di un ufficio: a) acquista, vende o compie altre operazioni, anche per interposta persona, su strumenti finanziari avvalendosi delle informazioni medesime; b) senza giustificato motivo, dà comunicazione delle informazioni, ovvero consiglia ad altri, sulla base di esse, il compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a). Con la stessa pena è altresì punito chiunque, avendo ottenuto direttamente o indirettamente, informazioni privilegiate dai soggetti indicati al comma 1, compie taluno dei fatti descritti nella lettera a) del medesimo comma.

Il reato è posto a tutela del bene della trasparenza e del corretto funzionamento dei mercati finanziari, inconciliabile con lo sfruttamento di informazioni riservate da parte di chi ne è entrato in possesso esclusivamente in virtù di una posizione di privilegio. La condotta criminosa rappresenta un fattore disincentivante che allontana i risparmiatori, orientandoli verso altre forme di investimento e determinando in tal guisa effetti negativi sulla liquidità e sull’efficacia allocativa del mercato finanziario. Non è richiesto un dolo specifico di sfruttamento speculativo dell’informazione, né è necessario che dalla transazione l’agente abbia ricavato un profitto, attesa la configurazione del delitto quale reato di pericolo. Il requisito dell’idoneità dell’informazione privilegiata, se resa pubblica, ad influenzare sensibilmente il prezzo dei titoli cui si riferisce, secondo lo schema tipico dei reati di pericolo, va valutato in concreto ed ex ante, prescindendo da tutte le circostanze conosciute a posteriori e tenendo, invece, conto solo di quelle conoscibili nel momento in cui l’operazione viene posta in essere.

Il comma 3 dell’art. 180 definisce l’informazione privilegiata un’informazione specifica di contenuto determinato, di cui il pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari emittenti di strumenti finanziari che se resa pubblica sarebbe idonea a influenzarne sensibilmente il prezzo.

L’art. 1 della Direttiva 2003/6 definisce l’informazione privilegiata un’informazione che ha un carattere preciso, che non è stata resa pubblica e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui prezzi di strumenti finanziari derivati connessi.

Secondo la Direttiva, quindi, l’informazione deve avere carattere preciso, nel senso che la situazione o l’evento a cui l’informazione si riferisce sono veri o esiste una ragionevole aspettativa che diventino veri in futuro. Per la loro genericità i rumours non sono compresi, per cui l’informazione deve essere abbastanza specifica a tal punto da consentire di trarre conclusioni sul suo impatto sui prezzi. Inoltre l’informazione non deve essere stata resa pubblica, vale a dire che non è stata comunicata al pubblico. Deve riferirsi, in maniera

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diretta o indiretta ad uno o più strumenti finanziari. Infine deve essere probabile che l’informazione, se resa pubblica, influisca in modo sensibile sul prezzo degli strumenti finanziari interessati.

La Direttiva ribadisce la distinzione tra insiders primari e secondari e, cioè, tra i soggetti che hanno un accesso diretto alla informazione a causa della propria professione e quelli che dispongono della stessa in via mediata per averla ricevuta dai primi o in quanto frutto di attività illecita. La nozione di insider secondario è simile a quella di tippee presente nella legge statunitense, anche se non è richiesto un tip (cioè una soffiata) da parte dell’insider primario.

4. La manipolazione del mercato. Il recepimento della Direttiva in tema di manipolazioni del mercato, allo

stesso modo, non può prescindere dall’analisi dell’attuale stato della normativa italiana che prevede il reato di aggiotaggio. Secondo l’art. 2637 c.c., come modificato dall’art. 1 d. lgs. 11 aprile 2002 n. 61, “chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari è punito con la reclusione da 1 a cinque anni”.

In questa norma sono stati accorpati, per esigenze di razionalizzazione, i vari delitti di aggiotaggio previsti in precedenza da diverse norme: l’art. 2628 c. c., l’art. 181, aggiotaggio su strumenti finanziari, di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, contenente il testo unico sui mercati finanziari, e l’art. 138, aggiotaggio bancario, di cui al d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, relativo al testo unico delle leggi bancarie. Resta in vigore l’art. 501 c.p. che disciplina la figura generale del delitto di aggiotaggio, indicato, nella rubrica dell’articolo, come “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”.

E’ necessario inquadrare, sia pur sinteticamente, il contenuto della fattispecie attualmente in vigore per stabilire come sulla stessa possa e debba incidere la Direttiva sulle manipolazioni di mercato nella sua azione di recepimento nel nostro ordinamento.

Nella attuale norma di cui all’art. 2637 c. c. sono indicate, in via alternativa, due forme di manifestazione dell’illecito: la diffusione di notizie false e la realizzazione di operazioni simulate o di altri artifici. Quanto alla diffusione di notizie si allude alla propalazione in qualsiasi modo, con dichiarazioni o comunicati ufficiali, a mezzo stampa o altro, della notizia presso un numero indeterminato di persone.

In ordine alla seconda forma la condotta richiede il compimento di operazioni simulate o, alternativamente, l’utilizzo di altri artifici. Premesso che

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la condotta di aggiotaggio deve essere intrinsecamente dotata di capacità fraudolenta, sono state ritenute penalmente rilevanti le condotte di 1) information based manipulation, consistente nella diffusione di notizie false ma dotate di particolare credibilità e perciò idonee a condizionare il valore di un titolo azionario; 2) action based manipulation, in cui si simula il compimento di una serie di operazioni, dando così l’apparenza di un mercato attivo; 3) wash sales, ovvero le compravendite di titoli a fiduciari, cui non si accompagna un reale trasferimento della proprietà, ma che all’apparenza vengono presentate come transazioni effettive a determinati prezzi; 4) matched orders, ovvero gli acquisti e le vendite contestuali fatti attraverso diversi agenti di cambio.

Ad integrare il reato si richiede che la condotta sia idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari. Il requisito dell’alterazione sensibile introduce all’interno della fattispecie un elemento di indeterminatezza che va riempito, per un verso, considerando la concreta situazione del mercato all’interno del quale si pone la vicenda, mentre, per altro verso, occorre valutare l’autorevolezza e la posizione rivestita dal soggetto agente, nonché i mezzi adoperati.

Trattasi di reato di pericolo che si ritiene consumato nel momento in cui risulti tenuta la condotta descritta dalla fattispecie incriminata. Secondo l’orientamento prevalente l’illecito assume natura di pericolo concreto, essendo affidato al giudice il compito di valutare caso per caso l’idoneità della condotta a produrre l’evento temuto.

L’art. 1 n. 2 della Direttiva definisce la manipolazione di mercato distinguendone due tipi: la condotta che si esplica nel compiere transazioni e quella che avviene divulgando al pubblico informazioni. Il primo caso esplicitato dalla Direttiva è quello delle “operazioni o ordini di compravendita che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti finanziari, ovvero che consentano, tramite l’azione di una o più persone che agiscono in collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anormale o artificiale”. Si tratta di manipolazioni che integrano la frode, come nell’acquisizione di “una posizione dominante sulla offerta o sulla domanda di uno strumento finanziario che abbia l’effetto di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni commerciali non corrette”. In tal caso il soggetto manipolatore assume una posizione dominante, esercitando un potere di mercato sopra un titolo, mettendo in un angolo (corner) e spremendo (squeeze).

Altra ipotesi comprende le “operazioni o ordini di compravendita che utilizzino artifici o ogni altro tipo di inganno o espediente”. Si fa il caso di condotta riferita a “l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura

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del mercato con l’effetto di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi di chiusura”.

L’art. 1 n. 2 lett. c) della Direttiva si riferisce alla “diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso Internet, o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari”. Ad esempio viene indicato “l’avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario dopo aver precedentemente preso posizione su quello strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell’impatto della valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l’esistenza di tale conflitto di interessi”. E’ il caso dello scalping, che consiste nell’acquisto di uno strumento finanziario prima di raccomandarlo ad altri e, quindi, nella sua cessione con un guadagno per l’incremento di prezzo provocato dalla raccomandazione.

5. Il sistema sanzionatorio delineato dalla Direttiva. L’art. 14 della Direttiva 2003/6/CE, dopo aver “Fatto salvo il diritto degli

Stati membri di imporre sanzioni penali”, stabilisce che gli stessi “sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva”. Aggiunge anche che gli Stati membri “sono tenuti a garantire che tali misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive”. Nei Considerando della Direttiva si legge che le sanzioni dovrebbero essere, tra l’altro, proporzionate alla gravità della violazione e agli utili realizzati e dovrebbero essere applicate coerentemente, tenendo conto della necessità di garantire una certa omogeneità di regolamentazione da uno Stato membro all’altro.

La Direttiva, è stato osservato, “si muove nella giusta direzione prevedendo un sistema di sanzioni amministrative (civil penalties) per l’abuso di mercato, in linea con le tendenze internazionali”. Questo sistema permetterebbe “un più efficiente enforcement delle relative norme ed una migliore cooperazione tra i regolatori, presumibilmente preposti al sistema sanzionatorio” (Ferrarini G., La nuova disciplina europea dell’abuso di mercato, Rivista delle società, 2004, 75).

Seguendo queste indicazioni l’Italia dovrebbe, innovando profondamente l’attuale sistema, prevedere per le fattispecie di abuso di mercato sanzioni di tipo amministrativo, aggiungendo, nei casi di maggiore gravità, sanzioni penali. Si imporrebbe, quindi, una completa riscrittura del regime sanzionatorio degli abusi di mercato previsto in Italia, uniformandolo alla regolamentazione

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prevista dalla Direttiva per gli Stati membri. Si dovrebbe puntare, pertanto, decisamente sulle sanzioni amministrative, che dovrebbero costituire lo strumento principale per la repressione degli illeciti, con la possibilità di prevedere anche sanzioni penali per le violazioni di maggiore gravità.

6. Il recepimento della Direttiva. Il testo varato dal Senato.

Nel recepimento della Direttiva relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, è stata varata la legge 31 ottobre 2003 n. 306, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003”, che delegava il Governo ad emanare, entro diciotto mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo per l’attuazione del Direttiva, senza, però, esplicitare principi e criteri direttivi.

In data 20 luglio 2004 il Senato, pertanto, approvava un disegno di legge per fissare i principi e i criteri direttivi specifici per il recepimento della Direttiva, sulla base dei quali il Governo avrebbe poi dovuto adottare un decreto legislativo attuativo. L’art. 6 del testo approvato dal Senato n. 2742 segue l’impostazione che, secondo la comune opinione, sarebbe data dalla Direttiva, puntando sulle sanzioni amministrative e prevedendo nei casi più gravi la sanzione penale.

Con l’art. 6 lett. g) del disegno di legge, approvato dal Senato, si punta, infatti, decisamente sulle sanzioni amministrative, che vengono applicate, si dice espressamente, “tenendo conto dei principi indicati nella legge 24 novembre 1981, n. 689”. Per l’abuso di informazioni privilegiate e per la manipolazione di mercato vengono previste sanzioni amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a 20.000 euro e non superiori nel massimo ad 1.000.000 di euro, da aumentare fino al triplo quando, in relazione all’entità del profitto conseguito o conseguibile ovvero per gli effetti prodotti sul mercato, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.

Nei casi di maggiore gravità, “da individuare sulla base di criteri quantitativi, in relazione alle variazioni dei valori di mercato che ne sono derivate, e qualitativi, in relazione al soggetto che ha posto in essere il comportamento”, vengono previste le pene della reclusione non inferiore nel minimo a un anno e non superiore nel massimo a sei anni, oltre alla multa indicata per le sanzioni amministrative.

Nello stabilire “l’autonomia reciproca dei procedimenti sanzionatori amministrativo e penale”, la previsione sembra ispirarsi all’orientamento generale secondo cui andrebbe data priorità alla sanzione amministrativa, per poi aggiungere la sanzione penale nei casi più gravi. Questa impostazione, però, non solo urta contro i principi fissati dalla 689/81, ma crea enormi

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problemi nella individuazione dei casi di maggiore gravità, per i quali dovrebbe scattare la sanzione penale, dal momento che, come si è detto, la fattispecie criminosa prevede reati di pericolo concreto per i quali è sufficiente la verifica della idoneità della condotta a procurare l’evento temuto. Senza contare che nella individuazione dei criteri quantitativi, relazionati alle variazioni di mercato che ne sono derivate, si fa riferimento, al fine di integrare i casi di maggiore gravità che farebbero emergere la fattispecie criminosa, a quegli stessi criteri indicati per giustificare l’aumento fino al triplo della sanzione amministrativa.

7. Il testo licenziato dalla Camera dei Deputati. – In data 12 ottobre 2004 scadeva il termine per il recepimento della Direttiva,

per cui il Parlamento decideva di accelerare i tempi di attuazione, optando non più per la delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo, bensì per il recepimento diretto del contenuto della suddetta Direttiva.

Le palesi ambiguità ed incertezze insite nel sistema di cui al testo approvato dal Senato, difficilmente assimilabile al nostro attuale apparato sanzionatorio penale, si sono riproposte alla Camera, che con il testo licenziato nella seduta del 2 dicembre 2004, ha cercato di raccordare la normativa di recepimento alla più ampia materia della intermediazione finanziaria di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Veniva in tal modo introdotto il nuovo titolo I bis al suddetto decreto legislativo, dedicato all’abuso di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato, stralciando questa specifica materia dalla ampia formulazione delle disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee di cui alla legge 31 ottobre 2003, n. 306.

Questo mutamento di rotta della Camera, oltre che ad esigenze di rapida attuazione della Direttiva, in una materia che richiede risposte immediate per la tutela dei mercati finanziari, risponde alla necessità di accorpare la materia degli abusi di mercato alla più ampia riforma del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, e del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

Gli scandali finanziari che avevano spinto il legislatore ad intervenire nella materia degli abusi di mercato, sono alla base di una convulsa attività svolta nella materia dalle Commissioni parlamentari, che hanno cercato di incidere sul sistema dei rapporti tra le imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio. Si è iniziato con il Disegno di legge n. 4705, “Interventi per la tutela del risparmio”, presentato alla Camera il 16 febbraio 2004, primo firmatario Tremonti, per poi passare al Testo unificato dei progetti di legge, Camera n. 2436 e altri, “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”, presentato il 5 maggio 2004 dai relatori delle Commissioni riunite

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VI e X del Senato e della Camera. Si è, infine, arrivati al Testo unificato dei progetti di legge nn. 2436, 4543, 4551, 4586, 4622, 4639, 4705, 4746 e 4747, “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”, approvato dalle Commissioni riunite il 25 novembre 2004.

Con l’ultimo testo unificato, di cui al disegno di legge recentemente approvato dalla Camera in data 3 marzo 2005, tra l’altro, si incide profondamente sul d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, allo stesso modo del testo varato dalla Camera nella seduta del 2 dicembre 2004, in tema di abusi di mercato, che come si è visto, ha raccordato la normativa di recepimento della Direttiva alla materia della intermediazione finanziaria di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

L’art. 9 del Disegno di legge approvato dalla Camera è interamente dedicato al recepimento della Direttiva 2003/6/CE, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, nonché delle Direttive della Commissione di attuazione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2003/72/CE. L’articolo detta un’analitica ed elaborata normativa di attuazione delle citate Direttive, apportando al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 sostanziali modifiche.

Si avverte viva l’esigenza di creare una disciplina capace di assicurare il buon funzionamento e l’integrità del mercato finanziario e, a tal fine, vengono disciplinati gli obblighi di comunicazione al pubblico, da parte degli emittenti finanziari, delle informazioni finanziarie che li riguardano; vengono obbligati i soggetti che producono o diffondono ricerche e valutazioni a presentare le informazioni in modo corretto e ad informare dell’esistenza di conflitti d’interesse; viene istituito il registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate; viene demandata alla Consob la determinazione delle modalità di acquisto di azioni proprie sul mercato.

Molto significativa è l’introduzione del nuovo Titolo I bis al Testo unico di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, interamente dedicato all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato. Dopo aver dettato nel capo I, le disposizioni generali, tra cui, il concetto di informazione privilegiata, il capo II, riferito alle sanzioni penali, reca la definizione del reato di abuso di informazione (art. 184), per il quale è prevista la pena della reclusione da uno a sei anni, oltre alla multa da euro ventimila a euro tre milioni. Ai sensi del n. 3 dello stesso articolo, il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggior importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo. L’art. 185 è dedicato al reato di manipolazione del mercato, prevedendo le stesse pene, con l’unica differenza che la pena pecuniaria è elevata nel massimo a euro cinque milioni. Gli artt. 186 e 187 prevedono le pene accessorie conseguenti alla condanna per i reati previsti nel capo II, nonché la

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confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterli.

Il capo III è dedicato alle sanzioni amministrative, che vengono applicate facendo “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”. L’art. 187-bis punisce l’abuso di informazioni privilegiate con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila a euro tre milioni, mentre l’art. 187-ter punisce la manipolazione del mercato con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila a euro cinque milioni. Dette sanzioni sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’illecito quando, per le qualità personali del colpevole, per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dall’illecito, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo. Detto aggravamento della sanzione viene applicato, solo però nel caso della manipolazione del mercato, quando la pena appaia inadeguata per gli effetti prodotti sul mercato.

8. La scelta tra sanzione penale e sanzione amministrativa.

Questo complesso ed articolato sistema sanzionatorio degli abusi di mercato rappresenta una soluzione di compromesso seguita dal nostro legislatore per cercare di adattare il nostro sistema penale alle esigenze imposte dalla Direttiva 2003/6/CE, che si ritiene essere decisamente orientata verso l’applicazione delle sanzioni amministrative per reprimere gli abusi di mercato.

Il sistema delineato non sembra, però, essere in linea con la legge 24 novembre 1981, n. 689, contenente i principi generali sulle sanzioni amministrative, pur espressamente richiamata nei criteri direttivi enunciati dal testo approvato dal Senato in data 20 luglio 2004, ma principalmente non tiene conto della circolare 19 dicembre 1983, dedicata ai “criteri orientativi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative”, che traeva origine proprio dalla situazione normativa che si andava profilando a partire dalla data di entrata in vigore della 689/81. I parametri fondamentali indicati per la scelta tra sanzione penale e sanzione amministrativa vengono individuati, nella citata circolare, nella proporzionalità tra illecito e risposta punitiva e nella sussidiarietà dell’intervento repressivo penale. Secondo i più moderni orientamenti di politica criminale, il ricorso alla sanzione penale dovrebbe aver luogo soltanto quando difettino strumenti repressivi di diversa natura e la valutazione sulla sussidiarietà del suo intervento costituisce un criterio fondamentale per arginarne un indiscriminato abuso in sede legislativa.

La scelta in favore della sanzione penale, secondo la circolare, non può prescindere dal cumulo dei due parametri fondamentali della proporzione e della sussidiarietà, entrambi relazionati al bene della libertà personale quale bene colpito dalla sanzione penale. La proporzione viene richiamata per elevare a reato soltanto quelle offese capaci di incidere su quel bene per l’importanza

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dell’interesse e per intensità aggressiva, mentre la sussidiarietà giustifica la limitazione della libertà personale nei soli casi in cui difettino tecniche di controllo dotate di pari grado di efficacia. Il ricorso alla sanzione amministrativa si giustifica nei casi in cui la risposta penale non risulti proporzionata o non appaia assolutamente indispensabile.

L’obiettivo è quello di coordinare i sistemi sanzionatori penale e amministrativo, al fine di assicurare risposte punitive coerenti e concretamente dissuasive. Alla sanzione amministrativa si fa ricorso al fine di alleggerire il sistema penale e conferirgli effettività nel rispetto del principio della estrema ratio, per la tutela di beni giuridici essenziali per l’esistenza e lo sviluppo della comunità statale.

Non sembra che il Disegno di legge approvato dalla Camera in tema di abusi di mercato abbia tenuto conto di queste indicazioni, dal momento che ha creato un sistema in cui le sanzioni penali si aggiungono a quelle amministrative in una materia in cui senza dubbio la rilevanza dei beni tutelati è tale da giustificare il ricorso all’intervento repressivo penale. Invertendo l’impostazione data dal testo varato dal Senato che aveva puntato sulle sanzioni amministrative ed aveva riservato il ricorso all’intervento penale nei casi di maggiore gravità, nel testo di recepimento diretto della Camera gli abusi di mercato vengono colpiti dalla sanzione amministrativa pecuniaria, “salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”.

A ben vedere, nel caso di specie non si tratta di una clausola di riserva, come quella relativamente determinata a cui il legislatore, fa ricorso con l’inciso “se il fatto non costituisce un più grave reato”, dal momento che la materia in esame esula dall’ambito delle fattispecie poste in relazione di specialità reciproca. Nel caso degli abusi di mercato è lo stesso fatto che viene punito con la sanzione amministrativa, facendo in ogni caso “salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”.

9.La sostanziale identità delle condotte rispettivamente punite con sanzione penale e con sanzione amministrativa.

Occorre, a tal punto, stabilire se nel testo approvato dalla Camera per gli abusi di mercato le sanzioni penali, previste dagli artt. 184 e 185, e quelle amministrative, previste dagli artt. 187-bis e 187-ter, si riferiscono allo stesso fatto o a condotte diverse. Dalla dizione usata, “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”, sembrerebbe che le sanzioni penali dovrebbero applicarsi solo nel caso in cui il fatto costituisca reato, con un’espressione dal significato estremamente equivoco, dal momento che non si comprende se la sanzione amministrativa si cumuli a quella penale ovvero se questa escluda la prima. Qualora, infatti, il legislatore avesse voluto optare per l’applicazione

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della sola sanzione penale avrebbe dovuto impiegare l’espressione “Salvo che il fatto costituisca reato”.

L’espressione usata dall’art. 187-bis, “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”, in relazione all’abuso di informazioni privilegiate, crea enormi difficoltà interpretative, dal momento che le condotte illecite descritte dall’art. 184, per l’applicazione della sanzione penale, sono specularmente identiche a quelle descritte dall’art. 187-bis per l’applicazione delle sanzioni amministrative.

L’art. 184, infatti, punisce chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione e controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio: a) acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime; b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio; c) raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a). Come si può rilevare dalla lettura della condotta descritta nell’art. 187-bis, che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria per il reato di abuso di informazioni privilegiate, le fattispecie sono identiche e perfettamente sovrapponibili.

Per le manipolazioni di mercato la condotta criminosa è descritta dall’art. 185, che punisce chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari.

In questo caso, la formula adoperata diverge da quella di cui all’art. 187- ter che descrive la condotta munita di sanzione amministrativa, perché presenta connotati più consoni ai caratteri della fattispecie penale. Nella sostanza, però, la condotta criminosa descritta richiama in sintesi i requisiti della condotta sancita con sanzione amministrativa, con l’ulteriore elemento che l’azione manipolativa deve essere “concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”. A prima vista sembrerebbe che questo effetto dovrebbe marcare di tipicità la fattispecie penale distinguendola da quella amministrativa. In tal senso, facendo ricorso alla clausola di riserva, potrebbe trovare giustificazione la tesi secondo cui la sanzione penale verrebbe applicata nei casi di maggiore gravità, che sarebbero proprio quelli in cui la condotta presenta la concreta idoneità a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari.

A ben vedere, però, l’elemento richiesto per integrare il reato, costituito dalla idoneità della condotta a determinare nelle concrete circostanze di luogo e

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di tempo una rilevante possibilità di verificazione dell’evento, rappresenta un connotato della condotta, trattandosi, come si è visto, di reato di pericolo concreto, con la conseguenza che il reato dovrà ritenersi consumato nel momento in cui risulti tenuta la condotta descritta dalla norma. In altri termini, l’idoneità della condotta a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, non rappresenta un ulteriore elemento posto al di fuori della condotta, ma è un connotato della condotta che ne evidenzia in concreto la necessaria lesività.

La sanzione amministrativa, a sua volta, non può essere applicata prescindendo dagli effetti che in ogni caso la diffusione di notizie false o le operazioni simulate o gli altri artifizi siano idonei a provocare sulla alterazione del prezzo di strumenti finanziari. Basterebbe considerare che questi effetti vengono in ogni caso presi in considerazione nella irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, che, ai sensi dell’art. 187-ter n. 6, sono aumentate quando appaiono inadeguate, tra l’altro, “per gli effetti prodotti sul mercato”.

La sostanziale equiparazione delle condotte rispettivamente punite con sanzione penale ed amministrativa fanno dubitare che il legislatore abbia voluto far ricorso ad una clausola di riserva, facendo prevalere la sanzione penale nei casi di maggiore gravità del fatto. Al contrario, la formula “salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”, farebbe propendere per l’accettazione di un sistema basato sul cumulo delle sanzioni.

10. L’omogeneità di regolamentazione imposto dall’art. 14 della Direttiva.

Non è da escludere, in casi eccezionali, che per lo stesso fatto la legge possa prevedere il cumulo della sanzione penale e di quella amministrativa, come avviene in tema di frodi in contributi agricoli comunitari, negli artt. 2 e 3 della legge 23 dicembre 1986, n. 898 e successive modifiche, dove per la medesima fattispecie di esposizione fraudolenta di dati è previsto il cumulo materiale fra sanzioni di diversa specie (Cass. 23 febbraio 1998, n. 1933). A prescindere, però, da questi casi invero piuttosto rari, vale il principio generale fissato dall’art. 9 della legge 689/81, che stabilisce che ”quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che preveda una sanzione amministrativa (…), si applica la disposizione speciale”. Il principio generale introdotto dal legislatore è, quindi, quello della specialità, con la conseguenza che deve ammettersi la sostanziale identità di funzioni tra sanzione penale e sanzione amministrativa là dove vi è convergenza di disciplina.

Nel caso esaminato le difficoltà nascono dall’idea secondo cui la Direttiva 2003/6/CE avrebbe accordato preferenza alla sanzione amministrativa per punire gli abusi di mercato, con la conseguenza che essa dovrebbe acquistare valore specializzante rispetto alla sanzione penale. Ma l’adozione del criterio di

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specialità in tal caso presta il fianco a forti censure sotto il profilo politico-criminale, dal momento che finisce per affievolire l’efficacia deterrente della sanzione penale nella materia degli abusi di mercato, in cui vengono difesi beni di fondamentale importanza a tutela della trasparenza dei mercati finanziari. Ecco perché in settori come questo, dove sono presenti interessi di rango primario, la prassi legislativa è portata ad inserire nella violazione amministrativa una clausola di riserva per l’ipotesi che il fatto costituisca reato, con il risultato di punire con la sanzione amministrativa solo le inosservanze non suscettibili di costituire illecito penale.

Tale clausola di riserva non sembra essere stata inserita nella materia degli abusi di mercato, dove il legislatore ha usato una formula estremamente ambigua ed equivoca: “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”. Sembra che il legislatore, posto di fronte all’esigenza di rispettare le indicazioni della Direttiva, abbia optato per il cumulo delle sanzioni: all’applicazione delle sanzioni amministrative segue la irrogazione delle sanzioni penali quando il fatto costituisce reato. Formula questa estremamente ambigua e di fatto impraticabile dal momento che l’identità del fatto esclude che l’applicazione della sanzione penale possa costituire soltanto una eventualità.

A ben vedere, però, occorre esprimere alcuni dubbi sulla interpretazione comunemente accettata secondo cui la Direttiva avrebbe imposto agli Stati membri, per esigenze di uniformità, di orientarsi verso la sanzione amministrativa pecuniaria a preferenza della sanzione penale. In realtà dal contenuto della Direttiva emerge chiara la volontà di creare strumenti uniformi di controllo per reprimere gli abusi di mercato, garantendo una certa omogeneità di regolamentazione da uno Stato membro all’altro. Il tema dell’abuso delle informazioni privilegiate e quello delle manipolazioni di mercato ha assunto una dimensione transnazionale, con la necessità di approntare una risposta omogenea delle autorità di tutti gli Stati membri. “Il vigente quadro comunitario – si legge nell’11° Considerando – a tutela dell’integrità del mercato è incompleto. I requisiti giuridici variano da uno Stato membro all’altro, creando incertezza per gli operatori economici per quanto attiene ai concetti, alle definizioni e all’applicazione. In alcuni Stati membri non esiste alcuna normativa in materia di manipolazione dei prezzi e diffusione di informazioni ingannevoli”. L’intento effettivo della Direttiva viene evidenziato nell’ultima parte del 12° Considerando, dove si afferma che “Una direttiva unica garantisce in tutta la Comunità uno stesso quadro in materia di ripartizione delle competenze, di applicazione e di cooperazione”.

Si legge ancora nel 36° Considerando: “L’esistenza negli Stati membri di differenti autorità competenti, dotate di responsabilità diverse, può generare confusione negli operatori economici. In ogni Stato membro dovrebbe essere designata un’unica autorità competente, cui spetti almeno la responsabilità

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finale di controllare il rispetto delle disposizioni adottate ai sensi della presente direttiva, nonché la collaborazione internazionale”. La Direttiva, peraltro, non si preoccupa solo di individuare in ogni Stato membro l’autorità competente per effettuare i necessari controlli, ma indica anche i poteri adeguati al raggiungimento del rispetto delle disposizioni in materia. Nel 37° Considerando si legge, infatti, che “Il conferimento all’autorità competente di ogni Stato membro di un insieme minimo comune di strumenti e poteri forti garantirà l’efficacia della sua opera di vigilanza”. Ed infine si afferma nel 38° Considerando: “Al fine di garantire l’adeguatezza del quadro comunitario di contrasto agli abusi di mercato, ogni violazione dei divieti o degli obblighi fissati dalla presente direttiva dovrà essere tempestivamente scoperta e sanzionata”.

Se appare evidente, pertanto, l’indicazione pregnante relativa ad un coordinamento generale in ordine alla effettività dei controlli da parte di tutti gli Stati membri, non sembra che la Direttiva si sia spinta oltre nell’imporre, in caso di violazione delle disposizioni previste, anche le specifiche sanzioni da applicare da parte dei singoli Stati membri. Anzi dalla lettura dell’ultima parte del 38° Considerando sembra emergere il contrario, dal momento che ci si limita ad affermare che per una efficace opera di vigilanza “le sanzioni dovrebbero essere sufficientemente dissuasive, proporzionate alla gravità della violazione e agli utili realizzati e dovrebbero essere applicate coerentemente”. Si auspica, infine, nel 39° Considerando che “Al momento di definire le misure e le sanzioni amministrative, gli Stati membri dovrebbero tener presente la necessità di garantire una certa omogeneità di regolamentazione da uno Stato membro all’altro”.

La necessità di allineare tutti gli Stati membri nella lotta agli abusi di mercato non comporta necessariamente la imposizione agli stessi di un identico sistema repressivo basato, come comunemente si sostiene, sulla sanzione amministrativa pecuniaria. Anzi dalla lettura dell’art. 14 della Direttiva sembra emergere il contrario, dal momento che viene fatta una premessa sull’autonomo diritto degli Stati membri di ricorrere alla sanzione penale: “Fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali”, per poi aggiungere la possibilità di adottare sanzioni amministrative: “gli Stati membri sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva”.

Quello che interessa evidenziare nell’art. 14 della Direttiva è che ogni Stato membro assicuri un sistema idoneo a garantire che le misure adottate, siano esse penali o amministrative, debbono essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”, al fine di evitare condotte di abuso che possono distorcere

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l’efficiente funzionamento dei mercati. Non può la Direttiva andare oltre imponendo uno stravolgimento degli attuali assetti normativi negli Stati, in cui la materia degli abusi di mercato è gia disciplinata e sanzionata penalmente, come avviene in Italia. L’allineamento di disciplina dei diversi Stati membri deve avvenire attraverso un coordinamento della materia dei controlli, al fine di renderla effettiva, e, nei casi in cui manchi una repressione in tema di manipolazione dei mercati, una conseguente armonizzazione del sistema sanzionatorio.

Il sistema repressivo a cui si ispira il Disegno di legge approvato recentemente dalla Camera in tema di abusi di mercato non regge alla prova della sua applicazione pratica, dal momento che prevede una duplicazione della pena pecuniaria del tutto ingiustificabile. Ove si consideri che per il reato di abuso di informazioni privilegiate è prevista, oltre alla pena detentiva, la pena pecuniaria da euro ventimila ad euro tre milioni, in alcuni casi anche aumentabile, non si comprende perché per lo stesso fatto bisognerebbe irrogare anche la sanzione amministrativa pecuniaria della medesima entità. Anche per il reato di manipolazione del mercato, dove la pena pecuniaria, oltre a quella detentiva, va da euro ventimila ad euro cinque milioni, aumentabili in casi particolari, vale lo stesso discorso, giacché appare ingiustificato applicare per lo stesso fatto una seconda volta una sanzione amministrativa pecuniaria della stessa entità. Ci troviamo in presenza di una duplicazione di pena pecuniaria che non trova alcuna giustificazione, e ciò solo per un presunto rispetto del principio della preferenza verso le sanzioni amministrative che sarebbe stato imposto dalla Direttiva.

In realtà, nel recepimento della Direttiva, il Disegno di legge approvato dalla Camera, nella parte relativa alla previsione del sistema sanzionatorio, urta contro l’orientamento generale seguito parallelamente nel corso dei lavori di riforma della tutela del risparmio, dove risulta evidente la necessità di rafforzare la repressione attraverso un aggravamento delle pene detentive.Per rendere effettivo il funzionamento degli istituti di controllo sono necessari interventi repressivi pronti ed efficaci, ed a tal fine, nell’ “Indagine conoscitiva” sopra indicata, vengono viste con sfavore le sanzioni amministrative pecuniarie attualmente previste, che, secondo il Presidente della CONSOB, si sono rivelate inefficaci per i seguenti motivi: a) ridotta entità; b) lentezza delle procedure d’irrogazione; c) scarsa pubblicità delle sanzioni (in caso di oblazione in misura ridotta) e dei risultati degli accertamenti. Tutti, viceversa, sono orientati verso un rafforzamento della tutela penale, attraverso un aggravamento delle sanzioni in materia societaria, l’introduzione di sanzioni accessorie consistenti nella sospensione o decadenza dalle cariche, nella pubblicità delle misure afflittive e nella confisca dei beni.

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11. La discussione al Senato sul Disegno di legge. Nella discussione al Senato sul Disegno di legge, (contenente: Disposizioni

per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), tutti hanno sottolineato l’importanza della scelta di non ricorrere per la materia del market abuse ad un delega, ma di prevederne, saltando tutta la fase della legislazione delegata, la diretta applicazione nell’ordinamento con disposizioni immediatamente esecutive. La normativa, si sostiene, deve costituire la prima risposta alla richiesta di rafforzare la tutela dei risparmiatori dopo gli scandali finanziari che hanno recentemente colpito grandi gruppi industriali e deve costituire il primo passaggio di un’azione parlamentare più articolata volta all’approvazione del disegno di legge sul risparmio. Nonostante la perfettibilità del testo varato dalla Camera, generale è stato l’accordo sulla necessità di non modificarlo onde evitare un successivo passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva, con un ulteriore slittamento dei termini.

Nella Relazione della 2° Commissione permanente (Giustizia), l’estensore, Antonino Caruso, esaminato il provvedimento, ha espresso, in data 25 gennaio 2005, un nulla osta, pur formulando alcune osservazioni critiche. Premettendo che “In attuazione della direttiva si impone all’Italia di sanzionare le fattispecie di abuso di mercato con sanzioni amministrative, che non possono quindi mancare, mentre è lasciata ad una valutazione autonoma la previsione in aggiunta di sanzioni penali, che in relazione alla loro natura dovrebbero riguardare le fattispecie di maggiore gravità”, si fa osservare che questa impostazione dovrebbe innovare profondamente la disciplina vigente in Italia che prevede solo fattispecie munite di sanzione penale. Si imporrebbe, pertanto, “una completa riscrittura del regime sanzionatorio degli abusi di mercato, rispetto al quale le sanzioni amministrative dovrebbero costituire lo strumento principale per la repressione degli illeciti con la possibilità peraltro di prevedere anche sanzioni penali che dovrebbero riguardare a rigore le sole violazioni di maggiore gravità”. Questa impostazione, che sarebbe stata seguita dalla originaria formulazione dell’art. 9 nel testo approvato dal Senato, non sembra che abbia trovato seguito in quello licenziato dalla Camera, “essendo – si sostiene – le sanzioni amministrative poste sullo stesso piano di quelle penali in quanto riferite in molti casi alle medesime condotte, senza un’articolazione che tenga conto della diversa gravità e rilevanza delle singole fattispecie”.

Non si nasconde l’estensore il problema relativo all’ambiguità dell’inciso “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato” e, partendo dal criterio di specialità fissato dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981, afferma che nel nostro ordinamento vige il principio generale secondo cui il medesimo fatto illecito viene in ogni caso sanzionato una sola volta o sul piano amministrativo o su quello penale. Seguendo questi principi la clausola sopra riportata sembrerebbe, quindi, doversi intendere nel senso di escludere l’applicabilità

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delle sanzioni amministrative qualora il fatto costituisca reato. Qualora, però, questa fosse stata l’intenzione del legislatore sarebbe stata impiegata l’espressione comunemente usata in questi casi “Salvo che il fatto costituisca reato”. E l’identità delle condotte di abuso di informazioni privilegiate penalmente rilevanti rispetto a quelle configurate come illecito amministrativo, nonché la perfetta equiparabilità delle condotte di manipolazione del mercato, dovrebbe indurre l’interprete a propendere per l’applicazione del principio di specialità. Vista, però, la diversa formulazione della clausola adoperata nel Disegno di legge, occorrerebbe orientarsi, conclude l’estensore, “verso un’interpretazione nel senso del cumulo delle sanzioni penali ed amministrative in quanto l’opposta soluzione – che per i motivi già detti appare però sistematicamente più coerente se non addirittura dovuta – finirebbe per svuotare quasi del tutto l’ambito di applicazione degli illeciti amministrativi”.

Il Ministro per le politiche comunitarie Buttiglione, nel suo intervento in Commissione, nella seduta del 19 gennaio 2005, aveva, a sua volta, sostenuto che “il miglioramento di un testo normativo è sempre auspicabile e fattibile, purché effettivamente necessario”. A tal fine, invitava le forze parlamentari “ad un esame responsabile, in considerazione del fatto che motivi di contrasto insanabile sulla normativa in esame in realtà non ve ne sono”, e, nella seduta del 3 febbraio 2005, ribadiva che “un nuovo passaggio all’altro ramo del Parlamento sarebbe difficilmente giustificabile”.

Nonostante l’evidenza della gravità del problema in ordine al sistema sanzionatorio in tema di abusi di mercato, la fretta di varare il provvedimento impone di non tener conto di nodi inestricabili, che non vi è dubbio si porranno nella fase applicativa della normativa sia in tema di abuso di informazioni privilegiate che di manipolazioni del mercato.