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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL RAPIMENTO E SULLA MORTE DI ALDO MORO RESOCONTO STENOGRAFICO AUDIZIONE 107. SEDUTA DI MERCOLEDÌ 19 OTTOBRE 2016 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI INDICE Comunicazioni del presidente: Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 3 Sulla pubblicità dei lavori: Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 4 Audizione di Umberto Giovine: Fioroni Giuseppe, presidente ...... 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 18, 20, 21, 22, 24, 27 Cervellini Massimo (Misto-SEL) .. 24, 25, 26, 27 Corsini Paolo (PD) ...................... 4, 5, 18, 19, 26 Fornaro Federico (PD) ............................... 6, 8 Giovine Umberto ...... 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27 Gotor Miguel (PD) ....... 6, 10, 12, 13, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 Grassi Gero (PD) ........ 15, 16, 18, 20, 21, 22, 24 Liuzzi Pietro (CoR) .............................. 18, 24, 25 Atti Parlamentari 1 Camera Deputati – Senato Repubblica XVII LEGISLATURA DISCUSSIONI COMM. ALDO MORO SEDUTA DEL 19 OTTOBRE 2016 PAG. PAG.

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COMMISSIONE PARLAMENTARE

DI INCHIESTA SUL RAPIMENTO E SULLA

MORTE DI ALDO MORO

RESOCONTO STENOGRAFICO

AUDIZIONE

107.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 19 OTTOBRE 2016

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

I N D I C E

Comunicazioni del presidente:

Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 3

Sulla pubblicità dei lavori:

Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 4

Audizione di Umberto Giovine:

Fioroni Giuseppe, presidente ...... 4, 5, 6, 7, 8, 9,10, 11, 12, 13, 14, 15, 18, 20, 21, 22, 24, 27

Cervellini Massimo (Misto-SEL) .. 24, 25, 26, 27

Corsini Paolo (PD) ...................... 4, 5, 18, 19, 26

Fornaro Federico (PD) ............................... 6, 8

Giovine Umberto ...... 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12,13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25,

26, 27

Gotor Miguel (PD) ....... 6, 10, 12, 13, 16, 17, 18,19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26

Grassi Gero (PD) ........ 15, 16, 18, 20, 21, 22, 24

Liuzzi Pietro (CoR) .............................. 18, 24, 25

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTEGIUSEPPE FIORONI

La seduta comincia alle 14.20.

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, nel corsodell’odierna riunione, l’Ufficio di presi-denza, integrato dai rappresentanti deigruppi, ha convenuto di:

incaricare il generale Scriccia, e ilmaresciallo Pinna di approfondire la que-stione della fonte « Nadia » e della « fontemediorientale » utilizzate dal generale Cor-nacchia;

richiedere all’AISI e al DIS di forniredocumentazione connessa a un rapportodel 16 giugno 1980, relativo a collegamentiinternazionali del terrorismo italiano;

incaricare il dottor Salvini e il tenentecolonnello Giraudo di acquisire sommarieinformazioni testimoniali da una personaal corrente dei fatti;

incaricare la dottoressa Picardi e ladottoressa Tintisona di acquisire sommarieinformazioni testimoniali da due personeal corrente dei fatti;

incaricare il dottor Allegrini di repe-rire documentazione di interesse nell’ar-chivio Andreotti conservato presso l’Isti-tuto Luigi Sturzo;

duplicare e declassificare da riservatoa libero, previa obliterazione dei dati per-sonali sensibili, il documento 748/1.

Comunico inoltre che:

il 13 ottobre 2016 il senatore Fornaroha presentato una proposta operativa, di

libera consultazione, relativa all’acquisi-zione in copia di materiale di interessedell’inchiesta parlamentare, eventualmentepresente nell’archivio Andreotti conservatopresso l’Istituto Luigi Sturzo;

il 14 ottobre 2016 il generale Scricciaha depositato un contributo, riservato, re-lativo al confronto tra le testimonianze diappartenenti alle forze di polizia che giun-sero tra i primi in via Fani;

il 14 ottobre è pervenuta una letteradel Procuratore della Repubblica presso ilTribunale di Roma;

il 17 ottobre 2016 il colonnello Pin-nelli ha depositato una nota, riservata, re-lativa al colonnello Natale De Leonardis eal generale Franco Cardarelli;

il 18 ottobre 2016 è stata acquisitauna nota, riservata, della Questura di Mi-lano, trasmessa dal dottor Salvini, relativaa Duccio Berti;

nella stessa data il generale Scricciaha depositato una nota, riservata, relativaalle audizioni del generale Antonio Fede-rico Cornacchia e dell’ex deputato UmbertoGiovine;

nella stessa data il dottor Donadio hadepositato una nota, riservata, relativa alletematiche oggetto dell’audizione del gene-rale Antonio Federico Cornacchia;

nella stessa data è stata acquisita unaproposta operativa, riservata, del dottorSalvini;

nella stessa data il tenente colonnelloGiraudo ha depositato il verbale, riservato,di sommarie informazioni rese da una per-sona al corrente dei fatti;

il 19 ottobre 2016 il tenente colon-nello Giraudo ha altresì depositato i ver-

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bali, segreti, delle sommarie informazionirese da tre persone al corrente dei fatti.

Comunico inoltre che il 18 ottobre 2016il maggiore Paride Minervini ha prestato ilprescritto assenso e giuramento come col-laboratore della Commissione.

Ricordo che il prossimo giovedì 27 ot-tobre si svolgerà l’audizione di AlbertoFranceschini, alla quale seguirà, il 3 no-vembre, il seguito dell’audizione del gene-rale Cornacchia. A seguire, si prevede disvolgere le audizioni del dottor Torri, deldottor Salvi e del dottor Cafiero De Raho,sulla base del calendario che sarà comuni-cato.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non visono obiezioni, la pubblicità dei lavori saràassicurata anche mediante l’attivazionedell’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di Umberto Giovine.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recal’audizione dell’onorevole Umberto Gio-vine, che ringraziamo per la sua presenzaoggi.

L’onorevole Giovine ha avuto una lungamilitanza nel Partito Socialista, ha svoltouna importante attività culturale e impren-ditoriale e dal 1965 ha collaborato con larivista Critica sociale di cui è stato poidirettore. È stato deputato nella XIII legi-slatura, iscritto al gruppo Forza Italia.

L’onorevole Giovine è stato audito dallaCommissione stragi il 15 luglio 1998, dopoaver rilasciato all’agenzia Adnkronos di-chiarazioni su contatti, durante il seque-stro Moro, tra il generale Dalla Chiesa edelementi dell’Autonomia vicini alle BrigateRosse. Ha reso, inoltre, dichiarazioni loscorso 26 agosto al dottor Salvini, nostrocollaboratore.

Adesso rivolgerò all’onorevole Giovineuna serie di domande.

Inizio dalla questione della « trattativamilanese », così l’abbiamo chiamata. Nellasua audizione alla Commissione stragi lei

espose una serie di considerazioni inter-pretative che potremo eventualmente ri-prendere. In questa sede, però, vorrei al-meno inizialmente soffermarmi sui datifattuali.

Alla Commissione stragi lei ha dichia-rato che, durante il sequestro Moro, lei ealtri avete trattato con un’area che « nonera estranea », ma « anzi aveva parteci-pato » all’organizzazione del rapimento diMoro. Ha anche detto che, nell’ultima fasedel sequestro Moro, si realizzò un contattocon il generale Dalla Chiesa in cui vennechiesta una mitigazione delle condizionicarcerarie dei brigatisti come offerta discambio per la liberazione di Moro. Taleiniziativa derivò da Craxi e si realizzò tra-mite ambienti dell’Autonomia milanese. Daultimo, lei ha precisato al dottor Salviniche si attivò, dopo il congresso di Torinodel PSI, quindi nei primi giorni di aprile del1978, su impulso di Walter Tobagi. Oltre apromuovere adesioni pubbliche a una pos-sibile trattativa, lei si rivolse, tramite AldoBonomi, all’avvocato Guiso. Tramite Guiso,cercaste di mobilitare i detenuti brigatisticome Curcio, lavorando sull’ipotesi diun’attenuazione delle condizioni carcera-rie. Temi su cui, da quel che sembra dicapire, otteneste qualche apertura da DallaChiesa. L’iniziativa non ebbe esito, princi-palmente perché Guiso non espresse unaposizione pubblica sul tema o non riuscì aconvincerne Curcio.

Le chiedo innanzitutto se confermaquesta sommaria ricostruzione e se puòdarci un quadro dell’ambiente di Criticasociale e dei rapporti con l’Autonomia mi-lanese durante il sequestro Moro.

PAOLO CORSINI. Tu hai nominato AldoBonomi...

PRESIDENTE. Tramite Aldo Bonomi incontatto con l’avvocato Guiso.

PAOLO CORSINI. Aldo Bonomi è il so-ciologo di oggi ?

PRESIDENTE. È il sociologo.

UMBERTO GIOVINE. Esatto.

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PRESIDENTE. È il giovane di allora.

PAOLO CORSINI. Ed è il sociologo dioggi.

PRESIDENTE. Adesso parliamo del Bo-nomi giovane di allora.

UMBERTO GIOVINE. Fu lui a intro-durci Guiso. Fu Aldo Bonomi a introdurciGuiso, il quale peraltro era noto a BettinoCraxi, per altre ragioni.

Comunque, presidente, la ricostruzionesommaria che lei ha fatto, secondo me, ècorretta. L’area di cui stiamo parlando èquella che si chiamava allora « area del-l’Autonomia », ed era un’area contigua, an-che se in forma di nebulosa, alle BrigateRosse. Infatti, ci fu anche un processo allarivista Controinformazione che aveva que-sta struttura, cioè colpire Controinforma-zione perché avevano appoggiato le BrigateRosse.

PRESIDENTE. Lei, nel 1998, dice chenon erano « estranei » – come ha dettoadesso, erano contigui – ma anzi avevano« partecipato ». Quindi, era qualcosa di più,quest’area, ...

UMBERTO GIOVINE. Sì, su questo sa-rebbe bene controllare le carte dei processiche furono fatti allora, perché non li hoseguiti. Alcuni furono effettivamente con-dannati, quindi praticamente consideratiBrigate Rosse; altri no, ed era questa l’areache ci interessava nel momento dell’affareMoro, che richiedeva un nostro contattocon i rapitori. Un contatto che chiaramentenon avevamo, ma che ritenevamo di poteravere grazie ai nostri rapporti con questaarea dell’Autonomia, che si manifestavaanche in forme estemporanee.

Per esempio, i volantini delle BrigateRosse, durante il rapimento di Moro, aMilano furono fatti trovare alla libreriaCalusca a Sant’Eustorgio, una libreria chenon era delle Brigate Rosse, però di fatto lìtrovavamo i volantini. Poi, come arrivas-sero lì... C’era Primo Moroni, che ne era ilproprietario, che era un personaggio miticodel quartiere Ticinese.

Quindi, per noi era abbastanza chiaroche c’era una contiguità e che si dovesseandare a pescare lì per cercare in qualchemodo di sapere qualcosa e possibilmente diintervenire, perché la nostra preoccupa-zione era che da un momento all’altroMoro poteva essere giustiziato dai suoi ra-pitori e che quindi il tempo fosse poco.

Tobagi fu molto attivo su questo, anchese il suo giornale gli aveva proibito dioccuparsene.

PRESIDENTE. Per sensibilità, per inte-resse politico, perché era molto attivo suquesto ?

UMBERTO GIOVINE. Beh, intanto eramolto bravo...

PRESIDENTE. Come investigatore ?

UMBERTO GIOVINE. Da bravo gior-nalista era uno che sapeva le cose. Inol-tre, Walter era molto dentro l’ambientesindacale, quindi certi contatti che noinon avevamo lui ce li aveva. In più,essendo socialista, era molto vicino, era-vamo amici. Quindi, lui si è occupato... Fului, quando lo incontrai – come lei, pre-sidente, ha ricordato – al congresso so-cialista, a dirmi: « Guarda che è il casoche interveniamo, a questo punto, perchéio dal Corriere della sera non posso fareniente; vedi un po’ tu, con una piccolarivista, però molto autorevole, vicina aCraxi che cosa possiamo fare ». Si riferivaa Critica sociale. Suggerì Guiso. Però glifeci notare che Guiso aveva appena rila-sciato un’intervista che era contro la trat-tativa. Disse: « No, vedrai che se ci parlilo convinci ».

Che Guiso fosse facile da convincere locapii abbastanza presto, ma questo pur-troppo fu anche il suo punto debole, chepoi non riuscimmo a convincere gli altri.Guiso si fece convincere da Renato Curcio,che non era esattamente lo sponsor chevolevamo.

In ogni caso, la presenza di Aldo Bo-nomi è perché fu Aldo Bonomi a portarciGuiso.

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PRESIDENTE. Erano amici ?

UMBERTO GIOVINE. Erano amici.Ecco, però, su come si conoscessero non homai indagato.

FEDERICO FORNARO. Ma Guiso eraun iscritto al Partito Socialista ?

UMBERTO GIOVINE. No, non mi ri-sulta. Guiso è un avvocato sardo.

FEDERICO FORNARO. GianninoGuiso ?

UMBERTO GIOVINE. Giannino Guiso.

FEDERICO FORNARO. Altri sosten-gono che era iscritto, comunque.

UMBERTO GIOVINE. Se è stato iscrittonon l’ho mai saputo. Non mi pare fosse tipoda iscriversi a qualsiasi partito, per la ve-rità. Il suo punto di riferimento... Sua mo-glie era figlia di un patriarca della giustiziabarbaricina. È un ambiente molto partico-lare, che non c’entra niente con il PartitoSocialista, però non posso escludere niente.Comunque Guiso era molto vicino a noi ea Craxi in questa vicenda, dove poi entrò dimezzo il generale Dalla Chiesa.

PRESIDENTE. Il generale Dalla Chiesacome entrò di mezzo ?

UMBERTO GIOVINE. Tramite Craxi. Ionon ho mai parlato con Dalla Chiesa inquei giorni. Ci ho parlato prima e anchedopo, ma non in quei giorni, quindi lapresenza di Dalla Chiesa io la conoscosoltanto perché fu Craxi a dirlo. Il mioreferente era Craxi, col quale già era dif-ficile tenere i rapporti perché ricordereteforse il clima che c’era all’epoca, dove tuttiavevano paura di tutto. C’era un clima diforte intimidazione e di forte autocensura,e conseguentemente per me anche parlareda Milano con Craxi era un problema.Infatti, come ho già dichiarato, ci tenevamoin contatto telefonandoci a un ristoranteabruzzese dove lui andava, perché non vo-

leva che lo chiamassimo sul suo telefono.Allora non c’erano cellulari.

FEDERICO FORNARO. Per il verbale,Bettino Craxi, ascoltato dalla Commissioneparlamentare di inchiesta il 6 novembredel 1980, consegna un memoriale. In quelmemoriale si dice: « Non ricordo con pre-cisione se nei giorni precedenti il congressoo durante il congresso apparve una dichia-razione su di un giornale dell’avvocatoGiannino Guiso che era ed è iscritto alPartito Socialista ». Si riferiva al congressodi Torino.

UMBERTO GIOVINE. È chiaro che, aquesto punto, prevale l’opinione di Craxisulla mia.

FEDERICO FORNARO. Era solo questoparticolare.

UMBERTO GIOVINE. Ha fatto bene,onorevole, a tirarlo fuori. Io, tra l’altro, nonavevo trovato questa indicazione nella bio-grafia di Craxi scritta da Massimo Pini,quindi mi era sfuggita.

PRESIDENTE. Bonomi era anche luiiscritto al Partito Socialista ?

UMBERTO GIOVINE. No, questo misento in grado di escluderlo assolutamente,perché apparteneva a un ambiente deltutto diverso, e comunque non sarebbestato accettato, dati i suoi precedenti, nelPartito Socialista, per com’era allora il Par-tito Socialista.

MIGUEL GOTOR. Non gestiva l’ana-grafe del PSI...

PRESIDENTE. No, però mi sembra do-cumentato per darci l’indicazione su Bo-nomi, no ?

UMBERTO GIOVINE. Non ho capito.

MIGUEL GOTOR. Non è che lei gestival’anagrafe degli iscritti al Partito Sociali-sta...

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UMBERTO GIOVINE. No, esatto.

PRESIDENTE. La prima domanda at-tiene al coordinamento delle varie inizia-tive. Nel corso dell’aprile 1978, avremmoalmeno quattro iniziative socialiste inpiedi. C’è quella romana, con Signorile chetramite Piperno e Pace cerca di avviare undialogo con Morucci e Faranda. C’è Acqua-viva, che riceve incarico di mantenereaperti dei canali con la Santa Sede. C’èLandolfi, che si muove sembra autonoma-mente, sulla base del suo stretto rapportocon l’area dell’Autonomia. C’è poi questainiziativa milanese, che coinvolge lei in-sieme all’avvocato Guiso, per indicazione diBettino Craxi.

Per quanto attiene all’iniziativa mila-nese, oltre a lei, Bonomi e Guiso, chi altrone era a conoscenza ? Che coordinamentoesisteva tra le varie iniziative di trattativadel Partito Socialista ? Craxi o altri membridella direzione del PSI erano pienamente alcorrente della vostra iniziativa oppure no ?

UMBERTO GIOVINE. Queste trattativeo comunque iniziative che lei ha nominatonon erano sicuramente coordinate fra loro.L’unico che poteva avere questa possibilitàera Bettino Craxi stesso, che, per quantoriguarda la nostra iniziativa, l’unica che ioconosco in prima persona, mi vincolò ov-viamente al segreto. Questo era abbastanzaovvio, data la situazione nella quale – vo-glio ricordare – non c’era solo una que-stione di rapimento di Moro, ma c’eraanche la questione che tutti quelli chestavano cercando in un modo o nell’altro diliberare Moro erano a loro volta sotto sor-veglianza, come ho detto in una precedentedichiarazione. Quindi, il nostro problemaera principalmente quello di come eluderela sorveglianza di organi dello Stato che inquesto caso, anziché occuparsi di cercare ilnascondiglio dove tenevano Moro, si occu-pavano di impedire a persone di buonavolontà di cercare di salvarlo. Su questo cisono varie opinioni, ma la mia è moltochiara, e dopo tanti anni devo dire che l’horafforzata. Quindi, il clima di intimida-zione che dicevo prima era questo. Ave-vamo difficoltà persino a parlare fra noiper timore...

PRESIDENTE. È stato chiaro.Adesso, questa è una domanda un po’

urticante, ma devo fargliela. Relativamentealla trattativa milanese, le sue dichiara-zioni in parte si sovrappongono a quelledell’avvocato Guiso, in parte ne differi-scono. Nella sua audizione presso la Com-missione stragi – 16 marzo 1999 – Guisoparla di lei soprattutto in relazione al ten-tativo di promuovere una presa di posi-zione di Willy Brandt. Sembra invece ac-creditare un rapporto diretto suo, cioè diGuiso stesso, con Craxi per il tramite diGiuseppe Di Vagno e Maria Magnani Noya.In una precedente audizione del 13 novem-bre 1980 Guiso aveva fatto riferimento a leiin un breve battibecco con il senatore Fla-migni, che parlando di lei, onorevole Gio-vine, usa un termine non gentilissimo; ilsenatore Flamigni infatti parla di lei comedi un giornalista a libro paga del SID:« Quando ho visto il nome del Giovine misono ricordato che rientra nell’elenco deigiornalisti pagati dal SID, il vecchio SID ».

UMBERTO GIOVINE. Flamigni era abi-tuato a diffamare le persone. Parce sepulto.

PRESIDENTE. No, Flamigni è vivo.

UMBERTO GIOVINE. Allora vedremodi fare i conti anche su questo, perché èl’ora di finirla con queste cose.

PRESIDENTE. Può dirci con precisione,su questo rapporto con Guiso, com’è an-data e, se le va, può chiarire questa vicendadei suoi rapporti con il SID ?

UMBERTO GIOVINE. Guiso era co-munque in rapporto diretto con Craxi, nonaveva bisogno di Maria Magnani Noya o dialtri, perché lo vedeva regolarmente. Anzi,in questa vicenda in particolare Guiso midisse – non so quanto fosse attendibile –che Craxi l’aveva messo in una stanza dadove lui (Guiso) potesse ascoltare il collo-quio fra Craxi e Dalla Chiesa. Questo ètestuale a me detto da Guiso. Quindi, nonvedo perché Guiso avesse bisogno...

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PRESIDENTE. Colloquio in cui Craxichiedeva a Dalla Chiesa se c’era la possi-bilità di attenuare...

UMBERTO GIOVINE. Ecco, più che lapossibilità di attenuare, questa era unaspecie di teorema. Dalla Chiesa, dato il suoincarico, dato l’incarico nel quale l’avevano– se permettete – « ridotto » qualchetempo prima, aveva la possibilità di inter-venire direttamente sulla sicurezza dellecarceri, quindi si presumeva che fosse nellasua disponibilità concedere o non conce-dere condizioni carcerarie più favorevoli.Quindi, era un’ipotesi, che però i brigatisticonoscevano benissimo. Non solo, ma ibrigatisti erano dei « fan » di Dalla Chiesa.Essendo il loro peggiore nemico, lo apprez-zavano molto, per cui si presumeva daparte di Craxi – perché io con Dalla Chiesanon ho parlato in quei giorni – che l’in-tervento di Dalla Chiesa potesse essereutile. Era un’idea. In quei giorni in cui sicercava di buttare nel tritacarne tuttoquello che c’era a disposizione (anche ilPapa), si pensava di buttare anche questaidea, essendo Dalla Chiesa una personamolto apprezzata dai brigatisti, quindi uninterlocutore possibile, perché era quelloche serviva.

PRESIDENTE. Un interlocutore credi-bile, nel senso che se faceva un accordo lorispettava ?

UMBERTO GIOVINE. Sì, i brigatisti loapprezzavano... C’erano dei precedenti.Basta parlare con uno degli uomini di DallaChiesa per capire qual era il tipo di rap-porto. Tra l’altro, Dalla Chiesa vincolava isuoi uomini al massimo segreto, quindinessuno ha saputo neanche i dettagli dicosa... Però il dottor Salvini ha una suadichiarazione, che sicuramente ha river-sato alla Commissione, dove c’è un verbaleche io considero molto importante per ca-pire il modus operandi di Dalla Chiesa e percapire perché noi abbiamo creduto che luifosse la persona giusta. Non eravamo isoli...

PRESIDENTE. Non serviva una legge,ma già lui nella sua gestione era in grado diallargare o restringere le maglie.

UMBERTO GIOVINE. Esattamente que-sto, presidente.

FEDERICO FORNARO. I vetri doppi,per esempio, nei colloqui carcerari. Eranella sua disponibilità poter decidere chenon ci fossero, per esempio. Robe di questogenere.

UMBERTO GIOVINE. Rientrava nellasua disponibilità. È un caso abbastanzastrano, devo dire, perché non è che luiavesse previsto questo prima, però emerse,nei vari conciliaboli che facemmo per ve-dere cosa fare oltre a raccogliere firme dipersone favorevoli a che Moro venisse ri-lasciato – come padre Balducci, Turoldo,Baget Bozzo; i preti si mossero molto,meno i laici, devo dire la verità – che aparte questo si dovesse fare qualcosa nel-l’ambito carcerario.

Vedo che anche il Vaticano – lo leggoora – aveva pensato a qualcosa del genere,mobilitando il...

PRESIDENTE. Monsignor Curioni.

UMBERTO GIOVINE. Esattamente.Però non c’era nessuna connessione. Ave-vano solamente pensato la stessa cosa, macon intenti diversi. Se ci fossimo intesi,forse, chissà...

PRESIDENTE. E questa battuta di Fla-migni ?

UMBERTO GIOVINE. Mah, guardi, ionon so... Flamigni sono vent’anni che, ognivolta che viene fuori il mio nome tira fuoriqualcosa. Appartiene a quella scuola chepensa che tutti quelli che non sono comu-nisti sono della CIA. È una scuola ormaiabbastanza superata, ma lui insiste. Ap-prendo con piacere che è tuttora in vita,bene.

PRESIDENTE. No, è vivo, ma non hadetto questo ora. Questo l’aveva detto nel1980.

UMBERTO GIOVINE. Noti che io holetto anche con interesse alcune cose che

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ha scritto, ma non mi piacciono quelli chesono ideologizzati, perché l’ideologia nonporta da nessuna parte, almeno finora.

PRESIDENTE. Nell’audizione presso laCommissione stragi del 1998 il presidentePellegrino la invitò a indicare chi fosserocoloro che nel 1978 facevano da tramite travoi, che volevate trovare un modo per trat-tare, e le BR. Lei non fece nomi ma cosìrispose: « Non è poi così difficile, mettendoinsieme l’immensa pubblicistica arrivatasul caso Moro e anche le firme degli autoridi articoli espliciti usciti sulla rivista Criticasociale, indagare maggiormente ». In-somma, un invito ad indagare di più percapire chi erano queste persone.

Adesso, che sono passati altri diciottoanni, ci dica qualche nome.

UMBERTO GIOVINE. Lo stiamo già di-cendo. Abbiamo detto Guiso, natural-mente, e abbiamo tirato fuori Aldo Bo-nomi. Devo dire che onestamente mi erodimenticato che era lui la fonte che ciaveva portato Guiso. Me n’ero dimenticato.Quand’è che mi è venuto in mente ?Quando poi Bonomi, dopo la morte diMoro, mise in circuito in Italia il provoca-tore tedesco Weingraber.

PRESIDENTE. Con calma, queste sonocose piuttosto nuove per noi.

UMBERTO GIOVINE. Però, essendo av-venuto dopo la morte di Moro, chiara-mente è un altro... Comunque, c’è stato unprocesso a Firenze intentato contro Wein-graber dai servizi segreti tedeschi chespiega molto chiaramente il tipo di perso-naggio che era. Era un provocatore deiservizi tedeschi che era rimasto coinvoltoin un assassinio di un anarchico tedesco eche quindi i servizi avevano obbligato aemigrare, proibendogli qualsiasi rapportocon i servizi segreti in un Paese occidentalenel quale fosse andato, nel caso l’Italia.

Weingraber contravvenne a questo im-pegno che gli aveva fruttato mezzo milionedi marchi, quindi i servizi segreti tedeschigli fecero causa per riavere indietro i soldi,visto che non aveva rispettato i patti.

PRESIDENTE. E Bonomi che rapportiaveva con lui ?

UMBERTO GIOVINE. Fu Bonomi a in-trodurlo nell’ambiente milanese; cioè fu luiche disse che era un amico di Petra Krause,che era un personaggio importante all’e-poca, come il senatore Corsini ricordabene, quindi con questo Ausweis di PetraKrause Weingraber entrò. Approfittò diquesta presentazione quindi si dedusse expost che Bonomi era una buona fonte an-che prima, quando ci indicava...

PRESIDENTE. Quindi Bonomi giovaneaveva rapporti con Guiso per motivi suoi.

UMBERTO GIOVINE. Sì.

PRESIDENTE. Aveva anche rapporticon questo Weingraber per motivi suoi,quindi era un personaggio poliedrico.

UMBERTO GIOVINE. Poliedrico èquello che si dice generalmente degli agentiprovocatori.

PRESIDENTE. Pure Bonomi era un po-liedrico ?

UMBERTO GIOVINE. Assolutamente sì.Io non ho difficoltà, oggi, viste le cose comestanno, visto il decorso della carriera diAldo Bonomi, a dire che effettivamente èstato sotto processo per il passaporto del-l’anarchico Bertoli, quello che mise labomba davanti alla Questura di Milano.Era nel processo di Controinformazione.Per quanto io sia anche stato amico diBonomi, insomma è difficile sottrarsi alsospetto che Bonomi...

PRESIDENTE. Quindi non era uno ca-pitato lì per caso e spontaneamente, ma eralì perché mandato.

UMBERTO GIOVINE. Mandato.

PRESIDENTE. Non sappiamo da chi.

UMBERTO GIOVINE. No, ma in certicasi questi personaggi agiscono anche...

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XVII LEGISLATURA — DISCUSSIONI — COMM. ALDO MORO — SEDUTA DEL 19 OTTOBRE 2016

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MIGUEL GOTOR. « È difficile sottrarsial sospetto... » ?

PRESIDENTE. Il senatore Gotor diceche io l’ho interrotta mentre stava facendoun’affermazione. Lei ha detto: « È difficilesottrarsi all’ipotesi che Bonomi... » e lafrase è rimasta incompleta. Ma lei l’avevagià detto: un agente provocatore.

UMBERTO GIOVINE. Agente provoca-tore. Siccome Bonomi era un amico – si faper dire – non pensavo... Non si pensamale degli amici, ma con tutte queste cosemesse una dopo l’altra e se aggiungiamoall’inizio il fatto che Bonomi è uno degliestensori del famoso libro La strage di Stato(l’ha scritto in gran parte lui), è difficilenon vedere una carriera in cui c’è... In-somma, io non posso dire per chi ha lavo-rato Bonomi, ma non mi pongo neanche laquestione. Capisco il personaggio perché neho visti di personaggi così: gente che èdisponibile a varie operazioni. E lui erauno di questi; è inutile, dopo trent’anni, farfinta di niente.

Siccome è lui che ha portato Guiso,siccome è lui che aveva il contatto nell’Au-tonomia, è lui che dopo ha portato Wein-graber, grazie a Petra Krause, personaggioanche questo molto discutibile, non so cosadire. Quello che so è che ho suggerito aldottor Salvini di sentirlo e gli ho dato delleindicazioni.

PRESIDENTE. Andiamo avanti. Da di-verse dichiarazioni sue e di Guiso risulte-rebbe che la vostra attività di embrionaletrattativa era sottoposta a controllo: pedi-namento, telefoni sotto controllo. Ci puòdire qualcosa in più o no ? Lei prima haparlato genericamente di « intimidazione ».

UMBERTO GIOVINE. Intimidazione èun termine che ultimamente è stato usatoun po’ a sproposito, quindi magari lo ritiro,perché non mi piace essere intimidito. Peròcertamente per i telefoni sotto controllonon c’era bisogno dell’affare Moro. All’e-poca il controllo dei telefoni era una prassiintrodotta dal SISMI, prevalentemente.Quindi, non posso dire... Ogni tanto alzavo

il telefono e sentivo un’altra conversazione,caso tipico in cui c’è un incrocio sullaplancia. Questo è successo a casa mia aMilano diverse volte, e non solo a me, sicapisce.

Però, invece, per quanto riguarda lasorveglianza fisica, io citai a suo tempo chenel paese di mio padre, nel Cilento, ungiorno per la festa del santo patrono unmaresciallo dei Carabinieri venne a dirmi:« Don Umbe’, ma voi lo sapete che io erosotto casa vostra durante l’affare diMoro ? ». Io non capii quale casa e il ma-resciallo precisò: « Sì, a Milano ». Mi disse,poiché oramai per lui la cosa era superata,che era stato mandato di pattuglia sotto lamia casa in via Manuzio a Milano persorvegliare. Che la casa fosse sorvegliatanon ho aspettato che me lo dicesse il ma-resciallo napoletano per saperlo; si sapevae si vedeva chiaramente. Quindi, i timori diCraxi erano ben fondati.

Su chi abbia organizzato la cosa: esi-steva all’epoca un Ministro dell’interno alquale generalmente fanno capo questo tipodi sorveglianze.

PRESIDENTE. In relazione all’ipotesisollevata più volte nella Commissione stragisecondo cui i brigatisti detenuti ricevevanoinformazioni di prima mano sull’anda-mento del sequestro e degli interrogatori diMoro, lei ha maturato un’opinione ? O di-spone di elementi di fatto ?

UMBERTO GIOVINE. No, su questo,sulle comunicazioni dei brigatisti incarce-rati non ho nessuna informazione.

PRESIDENTE. Una delle affermazioniche più sollevò interesse in occasione dellasua audizione presso la Commissione stragifu quella secondo cui – cito le sue parole –« durante il sequestro Moro il generaleDalla Chiesa riuscì a entrare in contattocon elementi di Autonomia e delle BrigateRosse. Questi ultimi, anche se non diretta-mente coinvolti nel rapimento dello stati-sta, fornirono al generale indicazioni utiliper la trattativa e per le indagini. DallaChiesa utilizzò un margine di manovratramite Craxi, potendo così attivarsi pur

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non essendo ancora stato nominato a capodell’antiterrorismo. In quel periodo il ge-nerale si attivò moltissimo per liberareMoro, aveva conoscenze interne molto va-ste, era in grado di suscitare le confidenzedell’Autonomia e dei brigatisti non diretta-mente coinvolti nel sequestro ».

Su questo punto, tuttavia, sia Guiso siaCraxi sembrano dare una versione più li-mitativa: Dalla Chiesa, in sostanza, si sa-rebbe limitato a facilitare i contatti con ibrigatisti in carcere, concedendo qualchepermesso aggiuntivo o poco più.

UMBERTO GIOVINE. Su questa parte,sui permessi aggiuntivi eventualmente...

PRESIDENTE. No, la domanda non èsui permessi aggiuntivi. È se la versione diGuiso è limitativa. Secondo Guiso DallaChiesa non parlava con l’Autonomia e nonaveva contatti diretti con i brigatisti, masemplicemente sapeva qualcosa dalle car-ceri perché faceva qualche piccolo favore.Ecco, vorremmo capire riguardo alle dueversioni dell’azione di Dalla Chiesa, la suaun po’ più larga e quella di Guiso piùristretta, quali elementi fattuali lei avesseper pensare che Dalla Chiesa fosse in gradodi...

UMBERTO GIOVINE. ConoscendoDalla Chiesa, certamente aveva i suoi in-formatori a tutti i livelli. Uno come luicertamente non se ne privava, perché agivamolto manu militari, diciamo così. Avevadegli uomini molto bravi che lo informa-vano e ne faceva uso. Però nel caso speci-fico della trattativa non abbiamo nessunaprova; io non ho nessuna prova che DallaChiesa abbia fatto qualcosa. Che abbiadetto a Craxi quello che poteva fare, quelloche avrebbe volentieri fatto, questo senz’al-tro: è su questo che si basa l’iniziativa diCraxi a Milano. Sulla circostanza che DallaChiesa abbia fatto qualcosa non esprimoun’opinione, ma non lo so. Semplicementenon mi risulta niente del genere e non avreimodo di saperlo perché Dalla Chiesa que-ste cose se le teneva, naturalmente, per sé.

PRESIDENTE. A proposito di questo,sempre in Commissione stragi lei ha par-

lato del colonnello Giovannone: « Era unuomo di grandissime capacità che conobbiin circostanze fortuite nel 1981 o nel 1982.Ebbene, Giovannone era a conoscenza delruolo svolto dal generale Dalla Chiesa purnon essendoci alcun rapporto tra lui, tra iservizi e il generale. Questo confermò nellamia opinione un intervento da parte delgenerale ».

Perché Giovannone parlò con lei delruolo di Dalla Chiesa ?

UMBERTO GIOVINE. Intanto, come leipresidente ha detto, si tratta di una testi-monianza di seconda mano e tale deverimanere. Io non ho nessun modo di saperese quello che mi diceva Giovannone confi-denzialmente...

PRESIDENTE. Ma a noi interessa sa-pere quello che le ha detto Giovannoneconfidenzialmente. Poi, se è vero o no, lei ciha chiarito benissimo che non lo sa. Ma èper capire come faceva Giovannone a sa-pere una cosa che uno come lui che stavain Libano, e che c’era stato tutto queltempo, non avrebbe potuto mai sapere.

UMBERTO GIOVINE. No, ma era statocoinvolto, sia pure in modo secondo mesurrettizio, nella questione Moro da partedi quel « partito » che riteneva che ci po-tesse essere un addentellato con il MedioOriente nel rapimento di Moro. Giovan-none era la persona ovvia a cui rivolgersi.Se uno ha conosciuto Giovannone capiscedi cosa sto parlando. È un personaggioassolutamente eccezionale.

Eravamo in confidenza con Giovan-none, al punto che mi offrì di andare aparlare con i suoi amici in Arabia Sauditaper presentarmi a loro. Avendo da fare, glidissi no. Non avevo capito che voleva pre-sentarmi al re e a tutta la famiglia realedell’Arabia Saudita, quindi ho perso forsela mia unica occasione nella vita di averedegli amici molto importanti. Non andai,quindi, in Arabia Saudita con lui, peròrimasi in contatto con lui perché era l’u-nico che era in contatto sia con gli arabi siacon gli israeliani. Infatti la figlia lavoravaper gli israeliani.

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PRESIDENTE. La figlia di Giovannonelavorava per gli israeliani.

UMBERTO GIOVINE. O forse lavoraancora oggi, non lo so, ho perso i contatti.Tuttavia, il personaggio era accreditatocome « uomo di Moro », quindi assoluta-mente credibile.

MIGUEL GOTOR. Scusi, come nasce,per favore, questo suo rapporto con Gio-vannone ? Lei sapeva che tipo di lavorofaceva Giovannone ?

UMBERTO GIOVINE. Sì.

MIGUEL GOTOR. In quali condizioni ?Perché lei racconta con tanta apparentenormalità questo contatto con Giovan-none ?

UMBERTO GIOVINE. Perché fu lui acercarmi.

MIGUEL GOTOR. Tra il 1981 e il 1982,che è un periodo estremamente delicatonella storia dei rapporti con i palestinesi.

UMBERTO GIOVINE. Sì, ora purtroppole date... Può darsi che l’abbia conosciutoanche prima. Io ero all’epoca direttore del-l’Istituto di studi politici internazionali(ISPI), dirigevo la rivista Relazioni interna-zionali, e avevo insegnato alla JohnsHopkins University. Insomma avevo uncerto quadro professionale e dirigevo Cri-tica sociale, una rivista piccola ma moltoautorevole, anche perché fondata da Kuli-scioff e Turati.

Giovannone venne a cercarmi per unaragione precisa, che però non ha a chevedere con questa Commissione: avevamofatto, con Critica sociale, una grossa inchie-sta, dove eravamo andati giù molto duricontro Andreotti, al punto che, siccome gliargomenti erano molto complicati, fa-cemmo addirittura un fumetto sotto, cometrailer, per spiegarlo meglio, altrimentipensavamo che non avrebbero letto fino infondo.

Giovannone bussò alla porta e disse:« Dottor Giovine, vorrei dirle che avete

scritto delle cose molto giuste », per esem-pio sulla P2, su Licio Gelli. Noi pubbli-cammo la foto di Gelli all’ambasciata ita-liana a Buenos Aires; la foto di Andreotti eGelli che poi è stata diffusa da tutti igiornali l’abbiamo pubblicata noi su Criticasociale. E lui negava di averlo mai visto.

Quindi, era logico che Giovannone ve-nisse da noi come fonte. Disse anche:« Guardi, però, che lei su questo ha presouna cantonata, perché in realtà nell’affareENI-Petromin » – era di quello che si stavaparlando – « Andreotti non c’entra ». Devodire che io presi con molto interesse questacosa, perché eravamo andati giù forse unpo’ con l’accetta, non facendo le differenzeche andavano fatte fra due personaggi cosìdiversi come Andreotti e Moro. Fu Craxipoi a inventarsi una diversità molto piùpregnante quando fece l’alleanza con An-dreotti, ma all’epoca non era ancora statafatta.

Sono dati politici ormai superati, peròGiovannone venne da me per correggere lamia visione, la mia Weltanschauung su que-sta faccenda, quindi diventammo amici.Forse avrei dovuto essere più amico diGiovannone, a parte i sauditi. Gli feci moltedomande, anche se Giovannone non eracertamente uno che si offriva di raccontartile cose.

MIGUEL GOTOR. Possiamo passare inseduta segreta ?

PRESIDENTE. Proseguiamo in sedutasegreta. Dispongo la disattivazione dell’im-pianto audiovisivo.

(I lavori proseguono in seduta segreta,indi riprendono in seduta pubblica)

PRESIDENTE. Un secondo ambito didomande attiene alla circolazione di scrittidi Moro – argomento che ci interessa mol-tissimo – e di materiali brigatisti nel pe-riodo del sequestro.

Evocando l’opaco ruolo dell’agente se-greto Weingraber, lei ha detto al dottorSalvini: « Weingraber insisteva, inoltre, peravere da noi copie delle lettere di Moro chein parte provenivano dalla Calusca, e qual-

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cuna da Bonomi. Voleva tradurle in tedescoe accreditarsi in Germania. Preciso chetramite queste vie avevamo avuto questelettere prima che diventassero note ma nonve ne erano di più e diverse da quelle chepoi furono ufficialmente acquisite dagli or-gani di polizia ».

UMBERTO GIOVINE. Presidente, nonsono sicurissimo, perché sono uscite poialtre lettere. Sulla diffusione delle lettere ionon sono al corrente. Mi piacerebbe es-serlo, ma ci sono state altre lettere venutefuori dopo. Io parlo di quelle che cono-scevo io.

PRESIDENTE. Qui la cosa che ci colpi-sce è che questo Weingraber, durante ilperiodo del sequestro Moro, voleva questecopie.

UMBERTO GIOVINE. Però Weingrabervenne dopo.

MIGUEL GOTOR. Ma a noi colpisce, inbase a quello che lei ha dichiarato al dottorSalvini un mese e mezzo fa, che durante ilsequestro Moro, intorno a quella libreria egrazie anche a Bonomi, venivano recapitatedelle lettere di Moro prigioniero.

UMBERTO GIOVINE. Sì.

MIGUEL GOTOR. Prima che fosseroconosciute dalla stampa. Vogliamo in modocartesiano approfondire questo aspetto,che è abbastanza esplosivo ? Non so se nerende conto.

PRESIDENTE. Bonomi come faceva adavercele ?

UMBERTO GIOVINE. Certo, se ne reseconto anche Walter Tobagi, che addiritturasi trovò alla Calusca un giorno che ci fuun’irruzione della Polizia. Bonomi erasemplicemente il tramite della libreria Ca-lusca. Quindi, non so se avesse un ruoloparticolare riguardo alle lettere, però lelettere venivano fatte trovare chiaramentedai brigatisti alla libreria Calusca e poianche in altri posti, ma quello dove anda-

vamo noi era la Calusca. Sarebbe statoassolutamente inutile sottoporre a torturaPrimo Moroni per farglielo dire, perché (aparte che non era il tipo che parlava), inogni caso, come faceva lui a sapere chiveniva lì e lasciava delle lettere sui pacchidi libri ?

MIGUEL GOTOR. Lei questa consape-volezza l’ha avuta durante il sequestro.

UMBERTO GIOVINE. Assolutamente sì,anzi per noi il fatto che fossero state tro-vate alla Calusca era un accreditamentodelle lettere. Cioè erano lettere autentiche,non come il comunicato del lago dellaDuchessa. Erano lettere vere, perché quellafonte lì era una fonte attendibile.

MIGUEL GOTOR. Lei le ha lette ? Le haavute tra le mani, in quei giorni ?

UMBERTO GIOVINE. Le ho anche pub-blicate. Noi abbiamo pubblicato su Criticasociale, con un numero extra, le lettere diMoro. Credo che siamo stati forse i primi.

MIGUEL GOTOR. Dopo la morte diMoro.

UMBERTO GIOVINE. No, no, le pubbli-cammo... ora non vorrei sbagliarmi. Leabbiamo pubblicate via via che venivanofuori. Siccome, però, era un quindicinale,c’erano limitate possibilità. Il rapimentoMoro finì di lì a poco, quindi probabil-mente la cosa si accavalla.

Comunque, Weingraber, quando arrivò,era chiaramente per accreditarsi in Ger-mania con le lettere che avevamo già pub-blicato noi. Ora che conosco la storia diWeingraber – che poi non si faceva chia-mare Weingraber – capisco anche beneperché lui doveva « rifarsi una verginità »con i tedeschi: perché non aveva rispettatouna serie di cose.

PRESIDENTE. Ci aiuti a capire: Bonomida chi le prende queste lettere ?

MIGUEL GOTOR. A Milano, non aRoma.

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PRESIDENTE. Per la Commissione èimportante capire come pervenivano le let-tere. In linea generale, se non erano ancoranote, perché non erano ancora uscite sullastampa, sembra che provenissero da qual-cuno che aveva un filo diretto con le Bri-gate Rosse. Questo tipo di contiguità è statoaccertato per una serie di personaggi del-l’area lombardo-piemontese, da Aldo Bo-nomi a Oreste Strano a Sergio Spazzali. Inquesto caso, il canale era la contiguità chequesti tre avevano ?

UMBERTO GIOVINE. Abbiamo parlatoprima di nebulosa. Parlare di contiguità inmodo meccanico, specialmente se tirate inballo Sergio Spazzali, che non mi pareproprio il tipo adatto a fare queste cose,non dà l’idea. Non erano rapporti del ge-nere: A sta con B e B sta con C.

Tra l’altro, all’epoca non si facevanoneanche tante domande. L’importante eradi acquisire questi documenti da una fonteritenuta valida, ma fare delle domandechiedendo: « Chi ti ha dato questo ? » nonera, diciamo... non era fattibile. Quindi, lapresenza di Bonomi era una cosa logica,perché Bonomi era in quell’ambiente lì. Èstato anche processato per Controinforma-zione, però, oltre a questo...

PRESIDENTE. Per Controinformazionesì, però per noi è importante capire, sic-come è la prima volta che a noi risulta cheBonomi veniva in contatto in anticipo –Bonomi o altri – con lettere delle BR. Se leivedeva magari la sera le lettere alla libreriae il giorno dopo uscivano sulla stampa, vuoldire che c’era un canale privilegiato.

UMBERTO GIOVINE. Certo.

PRESIDENTE. Questa, però, per lei èuna conferma...

UMBERTO GIOVINE. Che l’area c’era eche c’era una contiguità, ma chi fossero glielementi di contiguità di questa nebulosache si chiamava Autonomia...

PRESIDENTE. Ecco, lei dice in so-stanza: « Io le posso aver avute da Bo-

nomi, ma non è detto che Bonomi eral’elemento che le aveva direttamente. Po-teva averle avute anche da altri ».

UMBERTO GIOVINE. Esattamente.

PRESIDENTE. Nelle sue dichiarazionilei ha escluso che l’ambiente dell’Autono-mia milanese avesse qualcosa a che farecon il memoriale Moro. Conferma questasua impressione ?

UMBERTO GIOVINE. Cosa si intendeper « memoriale Moro » ?

PRESIDENTE. Le carte trovate nel covodi via Monte Nevoso.

UMBERTO GIOVINE. Sì, cioè quelloche si è trovato del memoriale Moro. No,su Monte Nevoso non ho più informazionipiù di quelle che sono uscite sulla stampadopo. Noi ci eravamo mossi a caldo sullavicenda Moro. Siamo intervenuti. Ave-vamo un atteggiamento di hands on, dicercare di fare qualcosa, non tanto distudiare la cosa.

PRESIDENTE. Le chiedo questo per-ché, tornando a una domanda ricapito-lativa su Weingraber, lei dice che fu AldoBonomi a presentarle Weingraber comeun compagno tedesco di area anarchicaamico di Petra Krause, che aveva bisognodi un alloggio. È, invece, noto che sitrattava di un agente tedesco infiltratocon il nome di Karl Heinz Goldmann, chele provocò parecchi fastidi. Lei ritiene cheBonomi lo sapesse quando glielo pre-sentò ? In questo caso, lei gliene chiesemai ragione, vista la continuità dei rap-porti che ebbe con lui negli anni Ottanta ?Secondo quanto dichiarato dal colonnelloParisi al giudice Priore il 28 settembre1990, risulterebbe che Goldmann-Wein-graber era all’origine di informative deiservizi tedeschi su Oreste Strano e NadiaMantovani, il che, di nuovo, riporterebbealle carte di Moro di via Monte Nevoso.Lei è al corrente di qualche elemento suquesto tema ? Ritiene, in generale, che il

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vostro ambiente fosse infiltrato anche daaltri Servizi ?

UMBERTO GIOVINE. No, effettiva-mente non ho nessuna informazione pertutto quanto riguarda via Monte Nevoso eanche gli altri episodi che lei, presidente,ha menzionato. La mia conoscenza si li-mita ai postumi dell’affare Moro e a questopersonaggio tedesco che compare improv-visamente. Tra l’altro, Bonomi lo fece por-tare dalla moglie di un compagno milanese;quindi, anche lui evidentemente prendevadelle cautele.

Ci causò dei problemi. Poi ci fu unastoria complessa, per cui dovetti anchedenunciare L’Espresso, che pubblicò dellecose inesatte. Per noi la cosa finì lì. Non misono neanche andato a leggere le carte delprocesso di Firenze che gli hanno intentatoi servizi tedeschi, perché, onestamente, nonmi importava più di tanto. Però non sonient’altro sul giro Bonomi-Petra Krause,eccetto l’episodio estemporaneo della com-parsa di Weingraber.

Poi Weingraber si mise con la moglie diun compagno milanese e creò una famiglia,una roba che finisce a tarallucci e vino.Quindi, era anche poco dignitoso occupar-sene.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghiche intendano intervenire per porre quesitio formulare osservazioni.

GERO GRASSI. Ho due osservazioni. Laprima: a noi, componenti della Commis-sione, ma anche appassionati del casoMoro, risulta essere la prima volta chesentiamo questa storia di Bonomi. A mepersonalmente non risulta nemmeno chesia emersa in qualche processo, in qualcheindagine, in qualche libro.

Secondo lei che l’ha citato, che lo co-nosce, che ha vissuto quella fase, Bonomi –è un’ipotesi – era un brigatista e, quindi,aveva da un canale brigatista le fotocopiedelle lettere di Moro ? È un’ipotesi, maquesta ipotesi va suffragata dal fatto che lelettere di Moro stavano a Roma e dovevanoarrivare a Milano.

UMBERTO GIOVINE. Giusto.

GERO GRASSI. È vero che le domandea Roma arrivavano da Firenze, però, di-ciamo, in quel contesto – non c’era Inter-net – è un po’ difficile.

Poi per quale motivo Bonomi dovevaavere queste cose ? E da chi ? Da un bri-gatista che stava in cella o da qualcunocontiguo a quelli della cella che riceveva lelettere di Moro per smistarle o per valu-tarle ? A noi appare strana questa cosa chelei ha dichiarato. Bisogna cercare di capirechi fosse realmente Bonomi, perché i bri-gatisti non davano le lettere, tra l’altro inanteprima, a uno che passa.

La seconda osservazione: lei ha dettodue o tre cose su Tobagi molto precise dalpunto di vista storico. Dimostrano che leiaveva un rapporto di grande conoscenzacon Tobagi. Ora io non le ricordo che chiha ucciso Tobagi ha scontato pochissimianni di carcere in base a una presuntapremialità derivante dalla legge. Non lericordo nemmeno che la fidanzata dell’o-micida non è mai stata in carcere e che perlei fu applicato il principio « non dovevasapere, non era obbligatorio che sapesse ».Le faccio due domande. La prima: a leirisulta che le Brigate Rosse o loro conti-guità operative milanesi abbiano mai invi-tato Tobagi a intervistare Moro durante i55 giorni ?

Seconda domanda: lei sa che Tobagi eraprotetto da un carabiniere, tale « Cion-dolo » – il cognome era Covolo – e che, perdei meccanismi interni ai Carabinieri diMilano, come evoluzione negativa dell’irru-zione in via Monte Nevoso, a un certopunto, per merito – « merito » lo dico conspiccata tendenza denigratoria – del colon-nello Bonaventura (quello che prima dissedi aver dato le carte a Dalla Chiesa e poinegò di averle date e poi la terza volta nonarrivò a testimoniare perché morì d’infartoda solo in casa), gli fu tolta la scorta ?Quando fu tolta la scorta a Tobagi, Barbonelo uccise.

In tutto questo io non le chiedo un’a-nalisi profonda, ma le domando: lei è aconoscenza della vicenda milanese dellelettere di Moro, del rapporto di Tobagi conle BR per l’intervista a Moro e del rapporto

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di Tobagi con la realtà milanese nella qualepoi lui venne ucciso ? Glielo chiedo perchéc’è qualche fonte che sostiene che l’omici-dio di Tobagi derivi da un mix tra le sueinchieste e il suo sindacalismo interno alCorriere della Sera e il diniego di Tobagi adandare a intervistare Moro, e che Barbonel’abbia ucciso come « atto di eroismo » daoffrire alle Brigate Rosse, alle quali avevachiesto di aderire.

Spero di essere stato chiaro.

UMBERTO GIOVINE. Purtroppo, èstato molto chiaro, perché rivangare quegliepisodi è molto doloroso. Credo che, seTobagi avesse avuto in mente di incontrarele BR, me l’avrebbe detto, visto che io erodiventato in qualche modo il suo alter egoe lui non poteva pubblicare sul Corriere.Quindi, mi sento di escludere quel tipo dirapporto. L’avrei saputo e l’avrebbe saputoanche Bettino, anche perché Tobagi erauna persona prudente; non sarebbe andatoallo sbaraglio dalle Brigate Rosse senzaavere un minimo di copertura politica, perquel che poteva valere.

GERO GRASSI. Infatti, non andò.

UMBERTO GIOVINE. È giusta la suaosservazione, onorevole, sulle motivazionidell’omicidio di Tobagi, che anche nellemotivazioni è una cosa invereconda. Tuttigli omicidi lo sono, ma in quel caso lì,tenendo conto dell’ambiente in cui è nato,il Bollettino di controinformazione demo-cratica, con i genitori di questi terroristi,che ho conosciuto, purtroppo, uno per unoe che sono tuttora attivi, diciamo così...

GERO GRASSI. « Tuttora attivi, diciamocosì » ? Scusi, non abbiamo capito.

UMBERTO GIOVINE. Nel senso chenon è gente che è scomparsa improvvisa-mente dalla circolazione. Voglio dire chec’è il capo della Procura di Torino che èesattamente la persona a cui lei si è riferitoquando parlava di come è stata condottal’inchiesta di Tobagi.

GERO GRASSI. Lei sta dicendo chepensavo al capo della Procura di Torino.

UMBERTO GIOVINE. No.

GERO GRASSI. Vedo che è molto ad-dentrato.

UMBERTO GIOVINE. Intendo dire:come mai Caterina Rosenzweig rimanefuori dall’inchiesta ? È una cosa inaudita.Non esiste una cosa del genere e la giusti-ficazione che dette – e lo dico con nome ecognome – Armando Spataro è ancorapeggio del fatto in sé. Disse che, siccomeCaterina Rosenzweig apparteneva a una« famiglia bene » di Milano – una cosa cheun giudice non dovrebbe neanche pensare(io sono nipote di un magistrato), figuria-moci dirla – per questo è rimasta fuoridall’inchiesta; poi questi assassini hannoavuto delle pene irrisorie. Dopo l’affareMoro questa è la cosa che mi fa più andarein bestia quando penso all’Italia. Sto inSvizzera da dodici anni.

Cosa si può dire ? Non so se qualcunoha il potere di intervenire ex post su unacosa del genere, ma che fosse una cosainvereconda lo si capì subito, solo che noisocialisti non ci comportammo in modointelligente. Non ero io a occuparmene,non avrei fatto delle stupidaggini del ge-nere. La buttarono in politica. Anzichémuoversi in termini di diritto e contestareogni mossa di Spataro, la buttarono inpolitica. Il risultato è che è troppo facilepoi contestare la politica. Tu devi fare delleazioni, in cui gli impedisci di non portare lafidanzata dell’assassino in giudizio, oquanto meno nell’inchiesta.

Comunque, escludo che Tobagi fosse inprocinto di intervistare dei brigatisti. Dabravo giornalista qual era, l’avrebbe fatto.Certo, il suo giornale non avrebbe pubbli-cato niente. Tobagi si era già autoescluso,perché l’avevano escluso. La P2 avevadetto: « No, questo non lo vogliamo ».

MIGUEL GOTOR. Però, scusate, avetetroppe certezze, nel senso che in queglianni sono uscite interviste a brigatisti chegestivano dei rapiti, da Sossi a D’Urso,

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quindi dal 1974 al 1981, che hanno riguar-dato importanti giornalisti e importantiquotidiani o settimanali, che si muovono,quando hanno una notizia, in regime diconcorrenza. Quindi, non si capisce perquale ragione la cosa viene consideratainverosimile o debba far supporre chissàquali rapporti tra il giornalista e i brigati-sti. Si fanno arrivare delle domande allaprigione di Moro e poi queste domanderiescono fuori.

UMBERTO GIOVINE. Sono d’accordocon lei, assolutamente.

MIGUEL GOTOR. Il problema è quel-l’area di contiguità che fa entrare o uscirele domande dalla prigione, perché si pre-sume che possa quantomeno supporredove si trova questa prigione. Questo puòvalere per Sossi nel 1974, può valere nel1981 per D’Urso e può valere, o sarebbepotuto valere, anche nel 1978 per Moro.

Io vorrei ritornare al tema della libreria,di Bonomi e alla sua responsabilità, ono-revole Giovine, perché è qui davanti a noi.Lei ha detto che soltanto dal 1982 in poiconosce Bonomi e viene a sapere del suopassato, perché è Bonomi stesso che glieloracconta.

UMBERTO GIOVINE. Forse era il 1981.

MIGUEL GOTOR. Però da quello che leiha dichiarato a Salvini un mese e mezzo fami sembra di poter dedurre che lei nel1978, con il sequestro Moro in atto, eraconsapevole che arrivassero a quella libre-ria tramite Bonomi delle lettere e che que-ste lettere – mi corregga se sbaglio – lei leha avute tra le mani.

UMBERTO GIOVINE. Sì, certo, le hopubblicate.

MIGUEL GOTOR. Uno le può pubbli-care perché gli arrivano e gli vengono re-capitate da un ignoto. Qualunque giornali-sta riceve una copia di una lettera di Moroda ignoti fa il giornalista e la pubblica.

UMBERTO GIOVINE. Le ho accreditateanche.

MIGUEL GOTOR. Ecco, lei le ha avutetra le mani queste lettere. È un’esperienzaparticolare, ammetterà. Ci vuole raccon-tare quante volte è avvenuto in quei 55giorni, quali sono state le sue sensazioni ?Le sembrava normale avere tra le mani unalettera di Moro e conoscere la persona chegliela dava ?

UMBERTO GIOVINE. No, le ho presealla Calusca, attenzione.

MIGUEL GOTOR. La Calusca era illuogo. Riguardo alla persona mi riferivo aBonomi. Per quanto riguarda l’impersona-lità della libreria, lei conosceva però l’am-biente e il gestore che gliela davano. Lesembrava normale conoscerli e non farenulla ?

UMBERTO GIOVINE. Non fare nullatipo cosa ?

MIGUEL GOTOR. Tipo, ad esempio, an-dare da Craxi.

UMBERTO GIOVINE. Ma Craxi già sa-peva che io ero « sul pezzo », come si dice.

MIGUEL GOTOR. Lei era molto « sulpezzo ». Il problema è che lei « sul pezzo »c’era molto, molto più di quello che finorasi era supposto. L’abbiamo appreso, almenopersonalmente l’ho appreso dalle sue de-posizioni dell’agosto di quest’anno al ma-gistrato Salvini. Le assicuro che di questavicenda non ne sapeva nulla nessuno.

Lo voglio ripetere. Mi contraddica, senon ci capiamo: lei ci sta dicendo che haavuto tra le mani delle lettere di Moro, adesempio in originale o in fotocopia ?

UMBERTO GIOVINE. No, allora, eranoin ciclostile addirittura, quindi si vede chene era stato fatto un certo numero.

MIGUEL GOTOR. Quindi, non in origi-nale. Non c’era la grafia di Moro, lei non haquesto ricordo.

Atti Parlamentari — 17 — Camera Deputati – Senato Repubblica

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UMBERTO GIOVINE. No, assoluta-mente no.

MIGUEL GOTOR. Erano dattiloscritte.

UMBERTO GIOVINE. Erano dattilo-scritte e poi non mi ricordo lo strumento.All’epoca c’erano ancora i ciclostili.

MIGUEL GOTOR. Non le ho chiesto lostrumento.

UMBERTO GIOVINE. Non erano foto-copie, questo me lo ricordo bene.

MIGUEL GOTOR. Questo è importante.

UMBERTO GIOVINE. Le avrei ricono-sciute se fossero state fotocopie.

MIGUEL GOTOR. Ecco, lo capisce che èmolto più importante...

UMBERTO GIOVINE. Certo.

MIGUEL GOTOR. Non erano autografe.

GERO GRASSI. Quindi, potevano essereidentiche a quelle di via Monte Nevoso.

MIGUEL GOTOR. Certo.

UMBERTO GIOVINE. A via Monte Ne-voso poi sono sparite un sacco di cose.

MIGUEL GOTOR. Ma questo dopo.

UMBERTO GIOVINE. Sì, dopo.

MIGUEL GOTOR. Il covo di via MonteNevoso viene scoperto nell’ottobre 1978.Quel che ci ha raccontato invece avvienedurante il sequestro Moro. Siamo duranteil sequestro Moro e lei ha tra le mani unalettera dattiloscritta di Moro che le vieneconsegnata da chi ? E quante volte è avve-nuto questo ?

PIETRO LIUZZI. Presidente, posso in-tegrare la domanda del senatore Gotor ? Lechiedo, onorevole Giovine, quando lei riti-rava le lettere dalla libreria, ovvero le aveva

in mano, chi l’avvisava che in quel mo-mento erano arrivate le lettere ?

UMBERTO GIOVINE. Se mi ricordobene, era lo stesso Bonomi.

MIGUEL GOTOR. Quindi, lo conoscevanel 1978.

UMBERTO GIOVINE. Sì, ma c’è un pic-colo qui pro quo. Io ho semplicementedetto che la storia di Bonomi l’ho appro-fondita dopo, ma non che non l’ho cono-sciuto, perché è stato lui a presentarciGiannino Guiso.

MIGUEL GOTOR. Quindi lei nel 1978non sospettava che Bonomi potesse essere,come ci ha detto prima, un agente provo-catore.

UMBERTO GIOVINE. No, diciamo checertamente l’avevamo visto in televisioneche era nella gabbia insieme ai brigatisti.Non ci voleva molto perché era nel pro-cesso di Controinformazione.

MIGUEL GOTOR. Quindi, lei sospettavagià nel 1978 che lo fosse ?

UMBERTO GIOVINE. Ma all’epoca tuttisospettavano di tutti e Flamigni sospettavadi tutto l’universo.

MIGUEL GOTOR. Ma lei cosa sospet-tava ? Pensava forse: « Questa lettera dat-tiloscritta che mi arriva da Bonomi è den-tro una provocazione » ?

UMBERTO GIOVINE. Senatore Gotor,Napoleone diceva: « Le guerre si fanno coni soldati che si trovano ». Se allora mi serveBonomi per vedere...

PRESIDENTE. ...le carte.

UMBERTO GIOVINE. ... io prendo Bo-nomi. Va bene tutto.

PAOLO CORSINI. Mi rendo conto che laraffigurazione che noi facciamo di Bonomiè molto condizionata dalle sue vicende suc-

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cessive. Se io oggi penso a lui, e lo conoscoda tanti anni, penso al sociologo del capi-talismo molecolare, del libro sul rancore alNord e così via, ma nei giorni del rapi-mento Moro...

UMBERTO GIOVINE. Non era sociologoallora.

PAOLO CORSINI. No, assolutamente. Tifaccio una domanda precisa. Chiarito il quipro quo – a me sembra di aver capitoesattamente che tu lo conoscevi già neigiorni del sequestro Moro, poi nel 1981-82hai rivisitato un po’ il suo personaggio e hairipensato a quella che, secondo te, potevaessere la sua identità – tu hai semplice-mente pensato, perché a me al posto tuosarebbe venuto spontaneo, che fosse unagente provocatore, quindi al servizio diqualcuno ? Agente provocatore vuol direqualcuno che intende rimescolare le carte,suscitare degli equivoci, naturalmente se-condo il perseguimento di un certo fine. Oti è venuto di pensare che, invece, fosse unprotagonista, un attore della vicenda delrapimento di Moro ?

UMBERTO GIOVINE. Assolutamenteno.

PAOLO CORSINI. Io da tempo vadofrullando un mio personale sospetto.

UMBERTO GIOVINE. Capisco quelloche tu dici e potrei anche condividerlo, senon che dalla letteratura, leggendoConrad...

PAOLO CORSINI. Cuore di tenebra.

UMBERTO GIOVINE. Esattamente.Un’idea dell’agent provocateur ce la siamofatta un po’ tutti. Quindi, certi comporta-menti antropologici li sappiamo leggere, senon siamo proprio appena arrivati sullascena.

Bonomi corrisponde a questa categoriae vi corrisponde fin dall’inizio. All’inizio hoscelto di non tenerne conto perché mifaceva comodo, diciamo la verità. Era unabuona fonte, perché poi le fonti tu le ve-

rifichi e, se una non è buona, te ne accorgisubito, però anche nel caso Moro lui cipresentò Giannino Guiso. Non fu Craxi, mafu Bonomi. Come mai ? Successe così. Al-l’epoca le cose succedevano e non ci siponevano troppe domande, sicuramentesbagliando.

MIGUEL GOTOR. Torniamo alla lettera.Quanti episodi si ricorda di dattiloscritti diMoro (quindi presuntivamente di Moro)arrivati alla Calusca ?

UMBERTO GIOVINE. Io direi tre epi-sodi. Sono tre.

MIGUEL GOTOR. Tre episodi nei 55giorni ?

UMBERTO GIOVINE. Sì, perché le let-tere non furono mandate...

MIGUEL GOTOR. E poi lei, quando lericeve e ce le ha in mano, cosa fa ?

UMBERTO GIOVINE. C’erano dueobiettivi: primo pubblicarle, perché per noile lettere dovevano essere...

MIGUEL GOTOR. Io le ho chiesto unacosa semplice: cosa fa quando le riceve inmano, non i suoi obiettivi e quello cheavrebbe voluto fare. Lei cosa fa ?

UMBERTO GIOVINE. Vado in tipogra-fia per stamparle in anteprima per Criticasociale. Infatti, fummo i primi a creare poiun dossier su questo. Non ci eravamo resiconto che quelle lettere erano la condannaa morte di Moro e che la loro diffusioneotteneva esattamente lo scopo opposto aquello che volevamo noi, cioè di salvarlo,ma questo è un aspetto e un’interpreta-zione che è venuta fuori dopo. Allora nonlo potevamo capire.

MIGUEL GOTOR. Questo avviene giàdurante il sequestro ?

UMBERTO GIOVINE. Sì, durante il se-questro ci si rende conto, a un certo punto,

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troppo tardi, che Moro ha fatto un graveerrore a scrivere quelle lettere.

GERO GRASSI. Mi scusi, ho una do-manda tecnica: le lettere avevano unadata ?

UMBERTO GIOVINE. No.

GERO GRASSI. Le lettere di Moro ave-vano la data.

UMBERTO GIOVINE. Mi ricordoquando ho ricevuto le lettere, ma qualefosse la data...

GERO GRASSI. No, mi faccia dire. Lelettere di Moro avevano una data. Quandolei riceveva in mano la lettera, vedendo ladata, di quanti giorni era differita, se lo era,rispetto alla pubblicazione romana dellalettera ?

UMBERTO GIOVINE. Ecco, questo nonsono in grado di dirlo, anche per unaragione soprastante: l’analisi che lei stadicendo, molto giustamente, da noi erademandata a Craxi; era lui che giudicavaquesto aspetto che lei ha detto, non io.

GERO GRASSI. La mia domanda tendea capire se lei riceveva la lettera in con-temporanea alla pubblicazione romana,oppure due o tre giorni dopo.

PRESIDENTE. Questo l’ha già dettoprima.

GERO GRASSI. E cioè ?

PRESIDENTE. Mettiamo le cose in fila,sennò ci appassioniamo e non teniamo pre-sente...

Provo a riassumere per capire se hocompreso bene. Prima l’onorevole Giovinesi fa una sua idea sul Bonomi che siconcretizza nel 1978. Però, dietro la frase« Le guerre si fanno con i soldati che sitrovano », emerge che Giovine aveva in-teresse ai materiali e alle notizie cheBonomi era in grado di fornirgli, quindiil collegamento con Guiso e soprattutto

alcune lettere (ne ha citate tre) che luirammenta arrivassero...

GERO GRASSI. Presidente, chiedoscusa, questa cosa del collegamento conGuiso non sta né in cielo né in terra, perchéGuiso è l’avvocato portato dalla MagnaniNoya a Craxi. Craxi chiede di Guiso perseguire il caso Moro, quindi non serve cheil rapporto con Guiso debba passare attra-verso Bonomi, o perlomeno è un falsostorico.

PRESIDENTE. No, Grassi, a me di-spiace per i suoi falsi storici, ma, a menoche lei non fosse lì presente... Giovine diceche lui Guiso non lo conosceva e che lo haportato da lui Bonomi.

GERO GRASSI. Ho capito, ma, se Gio-vine dice di essere stato amico di Craxi, diandare a parlare con Craxi e di essersiservito di Bonomi per arrivare a Guiso, èun falso storico. Dopodiché, va bene.

UMBERTO GIOVINE. No, un momento.Ho detto prima del mio colloquio a Torinocon Tobagi. Fino a quel momento, in cuiTobagi mi ha investito, per me Guiso erauna non entity, non esisteva. Solo quandoTobagi dice: « Guarda, dobbiamo darci unamossa. Datti da fare, vai da Guiso, fai qui,fai là », io dico: « D’accordo ».

GERO GRASSI. Ci siamo capiti, ma,siccome è un rapporto trilaterale, se leiparla con Craxi, del quale è amico, nonserve Bonomi per Guiso, perché Guiso eCraxi sono la stessa cosa. Sta scritto agliatti.

UMBERTO GIOVINE. Lo so, ma lei do-veva conoscere Craxi: non era il tipo concui si potevano fare queste triangolazioni.O te lo diceva lui direttamente...

MIGUEL GOTOR. Torniamo alle lettere.

PRESIDENTE. Onde evitare confusione,vorrei riassumere tre punti. Bonomi pre-senta Guiso a Giovine. Poi, se Craxi eraamico di Guiso, non c’entra niente. Giovine

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conosce Guiso perché glielo dice Bonomi elo conosce e lo va a conoscere il giornodopo che Tobagi gli pone un problema.

Dopodiché, Giovine parla con Craxi emolto probabilmente Craxi aveva già atti-vato Guiso prima, ma Giovine non lo sa-peva, perché puoi essere amico di Craxi –era suo amico Martelli, erano suoi amici intanti – ma Craxi pensava da solo. Che ècosì non ho dubbi.

GERO GRASSI. Questa cosa non regge,perché la storia di Guiso-Craxi parte dopo,al congresso di Torino.

PRESIDENTE. Ho capito, ma non èdetto che Craxi gliela racconti.

GERO GRASSI. Ma non leggeva i gior-nali ? L’onorevole Giovine li scriveva i gior-nali ! Non è possibile. Guiso sta a Torino alcongresso e incontra Craxi. Lei, onorevoleGiovine, è socialista, è un giornalista e nonsa queste cose ? Io non ci credo.

UMBERTO GIOVINE. Un momento:Guiso non aveva nessun ruolo nel con-gresso di Torino.

GERO GRASSI. Craxi al congresso diTorino parla di Guiso che ha il rapportocon Curcio e con le Brigate Rosse.

UMBERTO GIOVINE. L’avrà fatto, maio non ero stato ancora ingaggiato da Craxisu questo dossier, scusi.

PRESIDENTE. Fermiamoci a questo.Bonomi presenta Guiso a Giovine. Tutti glialtri lo conoscevano bene. Vuole proibire aBonomi di presentargli Guiso ? No. Se loricorda bene ed è l’unica cosa di cui ècerto.

Poi, seconda cosa, Bonomi fa averealla libreria e a lei, onorevole Giovine,delle lettere che, se non ho capito male,arrivano a lei, come Critica sociale, primadi essere pubblicate sui giornali. Non è ingrado di dire se la data era quella dellalettera scritta sopra o un’altra. Comun-que, una cosa è certa: corre perché, comeha detto al senatore Gotor, il suo obiettivo

era provare a uscire per primo rispettoagli altri giornali.

MIGUEL GOTOR. Con un quindicinale.

UMBERTO GIOVINE. Con un quindici-nale, quindi bisognava fare ogni...

MIGUEL GOTOR. Lei riceve delle let-tere che sono dattiloscritte, cioè non origi-nali manoscritte, ma sono inedite, quandole riceve. L’opinione pubblica non le cono-sce.

UMBERTO GIOVINE. Assolutamenteno.

MIGUEL GOTOR. Questo è avvenutoquante volte ?

UMBERTO GIOVINE. Tre volte, che iosappia.

MIGUEL GOTOR. Quante volte è avve-nuto a lei, non « che io sappia ». A lei èavvenuto tre volte. Se poi è avvenuto altredieci, lo scopriremo.

UMBERTO GIOVINE. Infatti, abbiamopubblicato il dossier con le lettere.

MIGUEL GOTOR. Quando lei riceveuna lettera che presume essere di Moro –dico « che presume » perché non è in ori-ginale manoscritta; è dattiloscritta e chiun-que può scrivere a macchina qualcosa at-tribuendolo a Moro – cosa fa ? Da quantoho capito – chiedo conferma – va daCraxi ?

UMBERTO GIOVINE. Sì, da Craxi aportargli le lettere.

MIGUEL GOTOR. Allora Craxi ha rice-vuto tre lettere di Moro, grazie a lei, primache queste lettere fossero note all’opinionepubblica. Lo possiamo dire questo ?

UMBERTO GIOVINE. Sì, certo.

MIGUEL GOTOR. Io vi assicuro che è laprima volta che lo si sente dire.

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UMBERTO GIOVINE. Non avremmopubblicato le lettere se non fossimo statisicuri che erano non degli originali, ma cheerano...

MIGUEL GOTOR. Erano dei dattilo-scritti !

GERO GRASSI. Scusate, sempre percapire di che cosa stiamo parlando, sena-tore Gotor dice: io, Moro, scrivo la lettera,la do ai carcerieri, i carcerieri la affidano alpostino, il postino la va a depositare...

PRESIDENTE. La affidano a uno chebatte a macchina.

GERO GRASSI. No, un momento. L’af-fidano al postino, che va a depositarla.Contestualmente, c’è qualcuno che la battea macchina e da Roma la porta a Milano el’onorevole Giovine la riceve...

MIGUEL GOTOR. E Craxi la vede.

GERO GRASSI. ... prima che i giornalila pubblichino, il che significa che la letteraparte cinque giorni prima del deposito delpostino, perché se no non ci siamo con itempi.

UMBERTO GIOVINE. Però anche all’e-poca c’erano mezzi di trasmissione di testiche potevano accelerare questa procedura.

PRESIDENTE. Bisogna vedere quali let-tere sono. Bisognerebbe ritrovare il dossiere vedere quali lettere sono, perché potreb-bero essere lettere che abbiamo trovatosolo nel lontano 1990.

MIGUEL GOTOR. Acquisiamo questodossier di Critica sociale, per capire qualilettere sono.

UMBERTO GIOVINE. Sì, lo pubbli-cammo, quindi c’è.

PRESIDENTE. Se sono le lettere cheerano pubblicate su la Repubblica e su altriquotidiani, allora vale il ragionamento delcollega Grassi, ma se sono lettere dattilo-

scritte, potrebbero anche essere quelle chenon sono mai uscite e che abbiamo vistoper la prima volta nel 1990.

MIGUEL GOTOR. Esattamente, pos-siamo scoprire questo. Possiamo vedere sesono lo stesso tipo di dattiloscritto, peròquello che possiamo stabilire – se lei con-viene – oggi pomeriggio perché lei, onore-vole Giovine, in questo caso è un testimonediretto... Come diceva bene l’onorevoleGrassi, queste lettere escono da Roma,dalla prigione...

PRESIDENTE. Come escono non lo sap-piamo.

MIGUEL GOTOR. Vengono dattilo-scritte, arrivano a Milano e sono ancorainedite, nessuno le conosce. A Milano ar-rivano alla libreria Calusca e/o a Bonomi esono ancora sconosciute, inedite. Arrivanoa lei. Lei le consegna a Craxi, Craxi le ha sulsuo tavolo, e sono ancora inedite, cioèsconosciute all’opinione pubblica, alla ma-gistratura, agli investigatori. Questi dattilo-scritti li conoscete lei e Craxi, ma sonosconosciuti alla Polizia e ai Carabinieri.

UMBERTO GIOVINE. Mi permetto, se-natore Gotor, di dire che la Polizia eraaltrettanto al corrente di noi del ruolo...

MIGUEL GOTOR. E vorrei vedere. Melo auguro.

UMBERTO GIOVINE. Non è che devodirglielo io.

MIGUEL GOTOR. Spero e me lo au-guro. Lei ora – sono passati tanti anni –riconoscerà che è il minimo che si potessefare, vero ?

Allora, quando questi dattiloscritti arri-vano a Craxi sono ancora sconosciuti all’o-pinione pubblica e poi soltanto qualchetempo dopo – vorrei che, se lei se loricorda, ci dicesse quando – escono uffi-cialmente ?

PRESIDENTE. Posso farle una do-manda a complemento ? Se lei con le

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lettere fa quel dossier, io mi domando: sea lei arriva il martedì e la Repubblica,poniamo, pubblica la lettera il giovedì, leifa il dossier e fa poca cosa. La cosa daverificare è che, se lei fa un’edizionespeciale con il dossier con tre lettere,quelle tre lettere molto probabilmentesono diventate pubbliche nel 1990. Biso-gna vedere il dossier. È difficile fare unoscoop con un quindicinale rispetto a unquotidiano. Se la lettera le arriva il mar-tedì e il giovedì esce sul quotidiano, ilquindicinale non fa uno speciale.

MIGUEL GOTOR. Io vorrei che l’ono-revole Giovine confermasse o meno che,quando Craxi ha i dattiloscritti sul suotavolo perché gli porta lei – immagino dirà:« Questo l’ho preso alla Calusca, questo mel’ha dato Bonomi... » – queste lettere sonosconosciute all’opinione pubblica e poi, aun certo punto, diventano conosciute per-ché le Brigate Rosse le distribuiscono.

UMBERTO GIOVINE. Però, senatore,Craxi doveva decidere se lanciare un’agen-zia dove si parlava delle lettere, cosa chespesso abbiamo fatto, essendo appunto unquindicinale. Quindi, non ricordo, ancheperché, onestamente, non era mio compito.Io davo le lettere e punto. Poi le pubblica-vamo con comodo. Quindi, quelle che Craxiabbia deciso di lanciare tramite le agenzie– era lui che controllava le agenzie, o Intiniper suo conto – non ero in grado di sco-prirlo e, per la verità, non me ne sononeanche occupato.

MIGUEL GOTOR. La storia di Criticasociale è nobile, ma non mi interessa ilmomento in cui il quindicinale fa il suodossier. Mi interessano le ore o i giorni trail momento in cui Craxi è consapevole deldattiloscritto grazie al suo ufficio, onore-vole Giovine, di postino di secondo grado(perché poi c’è un postino di primo gradoche è Bonomi e ce ne deve essere unaltro, no ?). Poi però ci sono degli anelli:la prigione, primo postino, secondo po-stino e poi arrivano sul tavolo di Craxi.Quante ore, quanti giorni passano fino a

che queste lettere poi vengono effettiva-mente pubblicizzate dalle Brigate Rosse ?

UMBERTO GIOVINE. Lei, senatore,ammetterà che all’epoca era difficile im-maginare che questo potesse avere impor-tanza, né si pensava all’epoca che qua-rant’anni dopo saremmo stati ancora aparlarne. Quindi, mi consenta di dirle cheall’epoca quello che contava per noi eracercare di tirare fuori Moro da lì. Tutto ilresto...

MIGUEL GOTOR. Sicuramente, però sacosa è importante ? Dal momento che esi-steva un canale che da fuori andava dentrola prigione di Moro, è curioso che per laprima volta si individuino uno spazio e untempo sospeso in cui un altissimo dirigentepolitico, Craxi, fa una valutazione, che im-magino essere politica, non di botanica...

UMBERTO GIOVINE. Come tuttoquello che faceva Craxi.

MIGUEL GOTOR. Essendo un altissimodirigente politico, fa una valutazione e,siccome noi oggi sappiamo – allora non sisapeva – che c’era un canale di ritorno cheseguiva il filo socialista e che tornava nellaprigione di Moro... Lo sappiamo perché c’èuna lettera di Moro che dice in sostanza:« L’iniziativa di Claudio Signorile sta fun-zionando ? », quindi noi abbiamo prova cheMoro era informato dell’esistenza di questocanale socialista organizzato a Roma e aMilano e che aveva Craxi come organizza-tore.

UMBERTO GIOVINE. Non è spingersiun po’ troppo in là ?

MIGUEL GOTOR. Siccome esiste questocanale di ritorno, a lei non è mai venuto ilsospetto che si potesse decidere alloraquale lettera pubblicizzare ? Che le BrigateRosse potessero decidere quale lettera pub-blicizzare in base a una valutazione poli-tica esterna alla prigione ?

UMBERTO GIOVINE. Senatore, all’e-poca eravamo tutti galvanizzati negativa-

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mente dalla vicenda del lago della Du-chessa e, quindi, quello che contava era dinon mettere in giro sciocchezze.

MIGUEL GOTOR. Quindi era dopo il 18aprile, sta raccontando.

UMBERTO GIOVINE. Certo.

MIGUEL GOTOR. Come « certo » ? Nonce l’ha detto finora. Queste tre lettere sonotutte dopo il 18 aprile ?

UMBERTO GIOVINE. Assolutamente sì.Quindi, per noi l’importante era cercare dinon essere strumenti – come Flamigni pre-tende che tutti, eccetto lui, siano – diservizi segreti o gente così. Era questa lapreoccupazione.

PRESIDENTE. È proprio questa, e poiGiovine alla fine faceva il quindicinale.

MASSIMO CERVELLINI. La domandache pongo è molto semplice: a seguito delleconsiderazioni fin qui svolte, la decisione dipubblicare le lettere con quella modalità èstata presa da Craxi ? Non è stata una suainiziativa giornalistica, onorevole Giovine ?

UMBERTO GIOVINE. No, in quel casodoveva decidere Craxi. Non che Craxi avesseil controllo di quello che stampavamo. Inquel caso lì era assolutamente Craxi cheaveva in mano la situazione, anche, per pa-rallelismo, nell’affare con Dalla Chiesa. Ionon ho parlato con Dalla Chiesa, era lui checi parlava. Era lui che parlava conGuiso; poiGuiso parlava anche con me, ma per sua de-cisione personale. Quindi, era sempre tuttocentralizzato su Craxi.

MASSIMO CERVELLINI. Quindi, unadecisione politica.

UMBERTO GIOVINE. Politica, assoluta-mente, perché ci rendevamo conto dellasensibilità di quella situazione, però, ripeto,l’atmosfera era quella: eravamo tutti pre-occupati di quello che andava a succedere.Tenendo conto di quello che poi è successoe di come è successo...

Sono rimasto molto impressionato poidalla descrizione fatta dal giornalista Cuc-chiarelli di come è stato materialmenteucciso Moro, una cosa terrificante. Quei 12proiettili infilati nel corpo...

MASSIMO CERVELLINI. Voi davate aBonomi una grande autorevolezza.

MIGUEL GOTOR. Portava le lettere !

UMBERTO GIOVINE. Certo, però, at-tenzione... Detto così da noi oggi, può sem-brare... ma non c’era questo meccanismo,anche perché Bonomi, onestamente, eramolto abile. Era allora e, secondo me, èancora oggi molto abile. Appartiene a unacategoria che non...

GERO GRASSI. Ma per quale motivoavrebbe dovuto darle a voi, le lettere, se poiandavano sulla stampa ?

UMBERTO GIOVINE. Noi eravamoCraxi. Noi eravamo il Partito Socialista,quindi trattare con noi, Critica sociale ecce-tera, era parlare con Craxi e Craxi era, ovvia-mente, un soggetto molto importante all’e-poca per chi voleva certi risultati. Evidente-mente Bonomi ci ha identificato in questomodo. Di qui il fatto cheBonomimi presentaGuiso, che io non conoscevo. Lo conoscevaCraxi, ma non io. Forse anche Massimo Pinilo conosceva, non lo so, però io no.

PRESIDENTE. Noi dobbiamo acquisireil dossier per vedere di quali lettere sitratta: è importante. L’altro elemento ag-giunto è che, quando arrivava il dattilo-scritto a Craxi, alla fine Craxi la cosa chedoveva decidere era, di fatto, se darlo o noall’agenzia.

UMBERTO GIOVINE. Esattamente.

PIETRO LIUZZI. Craxi, ovvero Criticasociale, faceva o meno la valutazione sul-l’autenticità delle lettere e, se la faceva,come ?

UMBERTO GIOVINE. No, faceva la va-lutazione sull’opportunità. Sull’autenticità

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non poteva saperne di più di quanto nesapevo io, per dire, perché eravamo difronte a dei fogli di carta che potevano dareadito... Quindi, diciamo, l’« autenticità »giornalistica, prima di andare da Craxi, giàl’avevamo verificata noi.

PIETRO LIUZZI. Anche per via di chipoi le recapitava, immagino.

UMBERTO GIOVINE. Sì, esattamente,in base a una serie di fatti o di presunzioni.Poi la decisione, invece, di Craxi era quellapolitica di come intervenire su questi datidi fatto, come diffonderli, se diffonderli onon diffonderli, perché non dimentichiamoche all’epoca i rapporti fra Craxi e Andre-otti erano di un certo tipo e si modificanoproprio in quel periodo lì, quindi è anchedifficile capire. Noi eravamo del parere chenon si dovesse entrare in quel Governo.Craxi, invece, ci entrò.

MIGUEL GOTOR. Si ricorda se tutte etre le lettere cui fa riferimento poi uscironoe furono divulgate pubblicamente dalleBrigate Rosse o no ?

UMBERTO GIOVINE. Ecco, lei hamesso il dito proprio su una cosa che ioavrei dovuto verificare già allora e cheancora oggi non ho verificato. Nel sensoche ritenevo che, una volta morto Moro, siarchiviasse tutto. Mi sbagliavo clamorosa-mente.

MIGUEL GOTOR. No, intendevo du-rante il sequestro, con Moro vivo. Lei nonebbe mai a pensare: « Ma questa lettera cheio ho avuto in mano dattiloscritta e hoportato riservatamente a Craxi è la stessache dopo due, tre, quattro giorni o dopootto ore le Brigate Rosse hanno divul-gato » ? Lei non ha mai fatto questo pen-siero ?

Aggiungo una cosa: questi dattiloscrittiavevano una funzione tecnica, che eraquella di uscire dalla prigione senza checolui che se ne faceva tramite, nel caso incui fosse stato intercettato dalla Polizia,potesse prendere l’ergastolo, perché unconto è trovarsi con un autografo di Moro

in tasca, che sia un autografo in originale oche sia una fotocopia di un originale, unaltro conto è trovarsi con un volantino doveci sono dei dattiloscritti con delle frasi diuna persona. Poi bisogna anche vedere seerano firmati, perché non sempre i datti-loscritti che noi conosciamo lo erano. Fir-mati sempre in dattiloscritto, intendo, nonautografati. Quindi, il motivo per cui a voiarrivano i dattiloscritti era molto tecnico.Vi arrivano i dattiloscritti prima che sianodistribuiti e vi devono arrivare senza rischiper il postino; poi vengono valutati, non dalei – lei fa il postino – ma da Craxi. Siricorda quante ore o giorni passano (e sepassano per tutte e tre le lettere o soltantoper una) finché diventano pubbliche ?

UMBERTO GIOVINE. Senatore, non miricordo e le spiego anche il perché. Ho unagiustificazione. Lei ora ha affrontato unaspetto che chiamerei poliziesco, che era ilpiù lontano possibile dal nostro atteggia-mento di allora. A noi non importava as-solutamente niente la veridicità di certifatti. Interessava che erano uscite dellelettere e che bisognava cercare di fare inmodo di utilizzare quello che c’era pertirar fuori Moro da lì, perché non venisseammazzato con 12 proiettili infilati incorpo.

MASSIMO CERVELLINI. Scusi, macredo che abbiate avuto consapevolezzache, essendo voi il soggetto della potenzialetrattativa, volta ovviamente alla salvezza diMoro, eravate il terminale evidente diquanti magari avevano lo scopo opposto.Credo che questa consapevolezza, anche inquei giorni e in quelle ore terribili l’abbiateavuta, perché, se no, mi spavento io adesso.

UMBERTO GIOVINE. Temo di doverripetere che il nostro problema all’epocaerano la Polizia e i Carabinieri, non ibrigatisti. Il nostro problema era di comeeludere la sorveglianza di quelli che pale-semente volevano che Moro venisse am-mazzato. È per spiegare l’atmosfera.

MIGUEL GOTOR. Queste però sono ide-ologie o interpretazioni.

Atti Parlamentari — 25 — Camera Deputati – Senato Repubblica

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UMBERTO GIOVINE. La domanda è:« Come mai non vi siete occupati... ? »Certo, perché non ci importava niente.

MIGUEL GOTOR. Lei capisce – io lodico con franchezza – che mi sembra re-ticente, passati trentotto anni dal fatto, selei sostiene di non ricordare di aver riflet-tuto se quel dattiloscritto che ha avuto inmano è uscito o non è uscito effettiva-mente ? Lasci stare la Polizia eccetera;quelle sono polemicucce.

UMBERTO GIOVINE. Guardi, la Calu-sca era una garanzia sull’origine.

PAOLO CORSINI. Sulla veridicità.

UMBERTO GIOVINE. Sulla veridicità,come il senatore Corsini sicuramente ri-corda. Quindi, una volta stabilito questo,che la Calusca è « a posto », che PrimoMoroni sarà il miglior ballerino del Tici-nese, ma è anche intelligente e tutto quelloche volete, il resto...

MIGUEL GOTOR. Che la Calusca siagaranzia di veridicità va benissimo, però iole ho fatto un’altra domanda. Lei ricevequesto dattiloscritto, lo porta da Craxi e leinon ha mai riflettuto, pensato, sul fatto cheè proprio il dattiloscritto che ha portato aCraxi quello di cui il giorno dopo o tregiorni dopo parlano la Repubblica, Il Mes-saggero o l’ANSA ? Oppure non si è maichiesto: « Io quattro giorni fa ho portato aCraxi un dattiloscritto, ma non è ancorauscito: che fine ha fatto ? » Queste do-mande lei non se l’è mai fatte ?

UMBERTO GIOVINE. Ho anche cercatodi spiegare che avevamo altre priorità, unapriorità: salvare il Presidente Moro.

MIGUEL GOTOR. Queste domandesono estremamente legate al salvare Moroo non salvarlo.

UMBERTO GIOVINE. No, temo di no.

MIGUEL GOTOR. I risultati parlano dasoli su come è andata a finire.

UMBERTO GIOVINE. Temo che ancoraoggi non ci rendiamo conto di qual era lavera situazione allora.

MIGUEL GOTOR. Questo viene usatocome un alibi, glielo assicuro.

UMBERTO GIOVINE. Non ci sono alibipossibili. Quello che è la realtà è che noivolevamo salvare Moro. Eravamo pratica-mente i soli, più alcuni preti e quelli diLotta Continua: quattro gatti in Italia. Glialtri sono rimasti chiusi in casa. Lei havisto dei democristiani scendere in piazzaper salvare il loro presidente ? No, lei nonli ha visti !

MIGUEL GOTOR. Non siamo a un co-mizio.

UMBERTO GIOVINE. Se non lo faccioqui il comizio, dove lo faccio ?

MIGUEL GOTOR. Non in una sede par-lamentare e in una Commissione d’inchie-sta.

UMBERTO GIOVINE. Lei non ha visto idemocristiani scendere in piazza !

L’episodio di Moro mi è rimasto qua e cimorirò con questa cosa.

MIGUEL GOTOR. E fa bene.

UMBERTO GIOVINE. Mi dispiace, biso-gnava scendere in piazza e i primi a scen-dere dovevano essere i democristiani. Nonl’hanno fatto. Perché ? La ragione l’ha dettaCossiga. Cossiga dice ad Andreotti: « L’ab-biamo ammazzato noi ».

MASSIMO CERVELLINI. Quindi voi,mossi da questo scopo, qualsiasi cosa vifosse arrivata, l’avreste pubblicata.

UMBERTO GIOVINE. Sì.

MASSIMO CERVELLINI. Quindi, an-che se vi arrivava proprio da quanti ave-vano l’obiettivo dell’uccisione di Moro, chenon credo sia solo riconducibile ad alcuni

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esponenti dei Servizi o dei corpi armatidello Stato, no ?

UMBERTO GIOVINE. No, dopo l’episo-dio del lago della Duchessa questa ipotesinon era più credibile.

MASSIMO CERVELLINI. Oppure vi ar-rivava attraverso Servizi magari deviati cheusavano anche questi vostri contatti.

UMBERTO GIOVINE. Non vedo comepoteva succedere.

MASSIMO CERVELLINI. Tutto andavabene, insomma.

UMBERTO GIOVINE. Sì, andava bene,ma perché era realistico. Infatti, non si èverificata questa ipotesi. Era realistico chefossero...

MASSIMO CERVELLINI. Ma quando èstata verificata questa ipotesi ?

PRESIDENTE. Giovine dice che era re-alistico che le lettere erano vere.

MASSIMO CERVELLINI. Però lei nonha nemmeno verificato se successivamentequeste lettere sono state rese note.

UMBERTO GIOVINE. No, ammetto chenon me ne sono interessato.

MASSIMO CERVELLINI. Quindi, comefa a dire che erano vere ? Come può direadesso anche che erano vere ?

UMBERTO GIOVINE. Andrebbero visteuna per una.

MASSIMO CERVELLINI. Che cosa havisto ? Ha visto un volantino ciclostilato ?

UMBERTO GIOVINE. Le lettere sonostate pubblicate. Ci sono stati dei libri, deidossier.

MASSIMO CERVELLINI. Quindi, le haverificate successivamente.

UMBERTO GIOVINE. Non mi sono piùoccupato dell’affare Moro e, ripeto, nonpensavo quarant’anni dopo di tornarmenea occupare, quindi non mi sono emozio-nato su questa cosa. Una volta che è statoucciso il Presidente Moro, per me abbiamofallito il nostro obiettivo e fine. Purtroppo,è così, però non sono in disaccordo con leie con quanto ha detto.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri in-terventi, ringraziamo l’onorevole Giovine eci aggiorniamo a giovedì prossimo alle 14.

Dichiaro conclusa l’audizione.

La seduta termina alle 16.10.

IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTI

ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE

DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

DOTT. RENZO DICKMANN

Licenziato per la stampa

il 14 dicembre 2016

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

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