SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 7 GIUGNO 1961...

27
Atti Parlamentari 21687 — Camera dei Deputati III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1 CDXLVI . SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 7 GIUGNO 1961 . PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LEON E IND I DEL VICEPRESIDENTE BUCCIARELLI DUCC I INDICE PAG . Congedo 2168 7 Disegno di legge (Seguito della discus- sione) : Stato di previsione dell'entrata e stat o di previsione della spesa del Ministe - ro del tesoro per l'esercizio finanziari o dal 10 luglio 1961 al 30 giugno 196 2 (3013 e 3013-bis) ; Stato di previsione della spesa del Mini - stero delle finanze per l'esercizio fi- nanziario dal l o luglio 1961 al 3 0 giugno 1962 (3014 e 3014-bis) ; Stato di previsione della spesa del Mini- stero del bilancio per l ' esercizio fi- nanziario dal 10 luglio 1961 al 30 giu- gno 1962 (3015) 2169 1 PRESIDENTE 2169 1 ALPINO 2169 1 FoA 2169 6 AMENDOLA GIORGIO 2170 2 SPO NZIE LL O 2170 9 Proposte di legge (Annunzio) 2168 7 Commemorazione dei deputati Fran- cesco De Vita, Raffaele De Car o e Biagio Andò : PRESIDENTE 2168 8 CODACCI PISANELLI, Ministro senza portafoglio 2169 0 Domanda di autorizzazione a proceder e in giudizio (Annunzio) 2168 8 La seduta comincia alle 11 . BIAS TTI, Segretario, legge il process o verbale della seduta antimeridiana di ieri . (E approvato) . Congedo . PRESIDENTE . Ha chiesto congedo il de- putato Marenghi . (B concesso) . Annunzio di proposte di legge . PRESIDENTE . Sono state presentate pro - poste di legge dai deputati : SCHIRATTI ed altri : « Estensione ad altr i comuni dei provvedimenti di cui alla legg e 20 ottobre 1960, n . 1253 » (3059) ; DE MANZI FERNANDO : « Modifica all'arti- colo 6 del regio decreto 18 dicembre 1913 , n . 1453, recante disposizioni sulle importa- zioni temporanee » (3060) ; GEFTER WONDRICH : « Modifica del secondo comma dell'articolo 218 .del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con regi o decreto 27 febbraio 1936, n . 645 » (3061) ; GEFTER WONDRICH : « Norme per la liqui - dazione dei danni subiti da cittadini dell a zona B, per asportazione, per trafugamenti e per requisizioni di beni mobili effettuati d a truppe regolari o da partigiani jugoslavi e proroga dei termini per la presentazione dell e relative domande » (3062) ; MAllONI ed altri : « Modifica delle tass e di concessione governativa per le licenze d i caccia e di uccellagione e per la concession e di riserva aperta di caccia » (3063) ; FRUNZIO ed altri : « Norme per il perso- nale di ragioneria degli uffici del genio civi- le » (3064) . Saranno stampate e distribuite . Le prim e tre, avendo i proponenti rinunciato allo svol- gimento, saranno trasmesse alle Commission i competenti, con riserva di stabilirne la sede ;

Transcript of SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 7 GIUGNO 1961...

Atti Parlamentari

— 21687 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

CDXLVI .

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 7 GIUGNO 1961 .PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LEONE

IND I

DEL VICEPRESIDENTE BUCCIARELLI DUCCI

INDICEPAG .

Congedo 21687

Disegno di legge (Seguito della discus-sione) :

Stato di previsione dell'entrata e stat odi previsione della spesa del Ministe -ro del tesoro per l'esercizio finanziari odal 10 luglio 1961 al 30 giugno 196 2(3013 e 3013-bis) ;

Stato di previsione della spesa del Mini -stero delle finanze per l'esercizio fi-nanziario dal l o luglio 1961 al 30giugno 1962 (3014 e 3014-bis) ;

Stato di previsione della spesa del Mini-stero del bilancio per l ' esercizio fi-nanziario dal 10 luglio 1961 al 30 giu-gno 1962 (3015) 2169 1

PRESIDENTE 2169 1ALPINO 2169 1FoA 2169 6AMENDOLA GIORGIO 2170 2SPO NZIE LL O 2170 9

Proposte di legge (Annunzio) 2168 7

Commemorazione dei deputati Fran-cesco De Vita, Raffaele De Car oe Biagio Andò :

PRESIDENTE 2168 8CODACCI PISANELLI, Ministro senza

portafoglio 2169 0

Domanda di autorizzazione a proceder ein giudizio (Annunzio) 2168 8

La seduta comincia alle 11 .

BIAS—TTI, Segretario, legge il processoverbale della seduta antimeridiana di ieri .

(E approvato) .

Congedo.

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il de-putato Marenghi .

(B concesso) .

Annunzio di proposte di legge .

PRESIDENTE. Sono state presentate pro-poste di legge dai deputati :

SCHIRATTI ed altri : « Estensione ad altricomuni dei provvedimenti di cui alla legg e20 ottobre 1960, n . 1253 » (3059) ;

DE MANZI FERNANDO : « Modifica all'arti-colo 6 del regio decreto 18 dicembre 1913 ,n. 1453, recante disposizioni sulle importa-zioni temporanee » (3060) ;

GEFTER WONDRICH : « Modifica del secondocomma dell'articolo 218 .del codice postale edelle telecomunicazioni, approvato con regiodecreto 27 febbraio 1936, n . 645 » (3061) ;

GEFTER WONDRICH : « Norme per la liqui -dazione dei danni subiti da cittadini dell azona B, per asportazione, per trafugamenti eper requisizioni di beni mobili effettuati d atruppe regolari o da partigiani jugoslavi eproroga dei termini per la presentazione dell erelative domande » (3062) ;

MAllONI ed altri : « Modifica delle tass edi concessione governativa per le licenze d icaccia e di uccellagione e per la concession edi riserva aperta di caccia » (3063) ;

FRUNZIO ed altri : « Norme per il perso-nale di ragioneria degli uffici del genio civi-le » (3064) .

Saranno stampate e distribuite . Le primetre, avendo i proponenti rinunciato allo svol-gimento, saranno trasmesse alle Commissionicompetenti, con riserva di stabilirne la sede ;

Atti Parlamentari

— 21688 —

Camera dei Deputat i

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961.

delle altre, che importano onere finanziario ,sarà fissata in seguito la data di svolgimento .

Il deputato De Marzi, per la sua propost adi legge testé annunciata, ha chiesto l'ur-genza .

Pongo in votazione questa richiesta .

(È approvata) .

Annunzio di una domand adi autorizzazione a procedere in giudizio .

PRESIDENTE. Il ministro di grazia e giu-stizia ha trasmesso una domanda di autoriz-zazione a procedere in giudizio contro il de-putato Silvano Montanari, per il reato di cu iall'articolo 414, n . 2, del codice penale (isti-gazione a delinquere) (Doc . II, n. 232) .

Sarà stampata, distribuita e trasmessa allaGiunta competente .

Commemorazione dei deputati Francesc oDe Vita, Raffaele De Caro e Biagio Andò .

PRESIDENTE . (Si leva in piedi e con luii deputati e i membri del Governo) . Tre grav ilutti hanno colpito contemporaneamente l anostra Assemblea : la morte dell 'onorevoleFrancesco De Vita del gruppo misto, segreta-rio dell'Ufficio di presidenza ; dell 'onorevoleRaffaele De Caro, presidente del gruppo par-lamentare del partito liberale e decano perlegislature della Camera dei deputati ; e del-l'onorevole Biagio Andò, del gruppo del par-tito socialista .

Educato alla scuola di Giovanni Conti –che tutti ricordiamo per la fervida fede, l aprofonda dirittura morale e la vivacità esu-berante del carattere – Francesco De Vita eraespressione di quella nuova generazione d iuomini politici che, con lo studio e con ladiretta conoscenza dei più angosciosi proble-mi della nostra società, avevano preparato l amente e l'animo alle pesanti responsabilit àdell'ora . Il suo impegno De Vita attuò nellasua terra siciliana, specialmente nel trapa-nese dove, in nome degli ideali repubbli-cani, dal 1946 conduceva una costante, coe-rente, lineare battaglia politica, assistito dall afedele simpatia di quella popolazione, ch edall'Assemblea Costituente in poi gli rinnov òil mandato parlamentare .

E questo mandato egli esercitò seguend ouna duplice direttrice : sul piano dei problem idi interesse politico nazionale portando nel -l'ambito del suo partito ed in Parlamento i lcontributo di un singolare equilibrio e di una

consapevole responsabilità ; sul piano dei pro-blemi di interesse locale esercitando, conproposte .di legge, con mozioni ed interpel-lanze, un continuo, assillante intervento di -retto a promuovere, sollecitare e perfezionarei provvedimenti legislativi indispensabili .

La sua intensa attività parlamentare puòdirsi che si polarizzi intorno ai problemi del -l'agricoltura, specie nei settori della politic adel grano e della viticoltura . Egli si rendevacosì interprete delle aspettative e delle ansiedella sua gente, che in quell'estremo lemb od'Italia a questi due settori dell'economia ved elegate le sorti del suo progresso, e talora dell asua sopravvivenza .

Fu proprio nell'ultimo colloquio che egl iebbe con me qualche giorno fa che mi parl òcon premurosa preoccupazione dei ricorrent igravi problemi dell'economia agraria dell aterra di Trapani . E tutti ricordiamo uno de isuoi ultimi interventi in Assemblea sul pian oquinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura ,nel quale dette la misura della sua prepara-zione .

Deputato all'Assemblea Costituente ed alletre legislature repubblicane, l'onorevole Fran-cesco De Vita partecipò ai lavori parlamentar icon assiduità ed impegno, come testimonian oi suoi numerosi interventi in Commissione ein Assemblea, le numerose proposte di legge ,interpellanze ed interrogazioni, la sua parte-cipazione a molte Commissioni speciali .

Attiva fu anche la sua partecipazione ailavori di organismi internazionali quali l'As-semblea della C .E.C .A ., il Consiglio d'Europ ae l'Assemblea parlamentare europea, ai qual ila Camera lo aveva eletto suo rappresentant efin dalla loro costituzione .

Aveva anche fatto parte .del Governo, qualesottosegretario alle poste, nel quarto GabinettoDe Gasperi .

Semplice, modesto, appartato, concepiv ail mandato parlamentare come una missioneda svolgere con costanza di impegno, in umil-tà, senza iattanza ed esibizionismi, quasi aconcentrare nella profonda meditazione dell ospirito i motivi della battaglia politica e l asostanza vera dei problemi ,da affrontare . Nonera portato, come molti di noi, all 'amplifica-zione; anzi era naturalmente incline alla sem-plificazione, alla ricerca del nerbo essenzialeed alla configurazione di concrete conclusioni .La sua oratoria fu asciutta, sobria ; ma perciòpiù efficace .

È morto lontano dalla patria, lontanissimodalla sua Marsala, che egli amava profonda-mente ed alle cui sorti dedicò il meglio dell asua attività, lontano dalla sposa e dai teneri

Atti Parlamentari

— 21689 —

Camera dei beputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

figlioletti ; stroncato come dalla folgore nell apienezza della vita .

Lascia un vivo rimpianto – ed un esempi odi nobile fatica politica – nel P .R.I . ; un vivorimpianto nei suoi colleghi di Presidenza ed i ntutta l'Assemblea, che quasi nello stesso mo-mento in cui la sua salma scende nella terrasi stringe intorno alla famiglia ed ai suoi com-pagni di partito in commossa solidarietà .

Dell'onorevole De Caro fu esattamente af-fermato dall'onorevole Malagodi – quandol'anno scorso celebrammo a Benevento il cin-quantennio dell'inizio della sua attività poli-tica – che la sua « attività sin dal lontan oprincipio nel 1910 sino ad oggi si identific acon tutto quanto vi è stato di liberale, nel -l'accezione più nobile della parola, nella vit acontemporanea della nostra Italia » . Egli in -fatti – che.. aveva compiuto il suo dovere d iufficiale dei bersaglieri in Libia e nella pri-ma guerra mondiale – nel 1919 affrontò pe rprimo, in difficilissime condizioni e vittorio-samente, il cimento delle elezioni politiche .Iniziava così la sua attività parlamentare i nconcomitanza con l'instaurazione del metod oproporzionale e con il presentarsi urgente edrammatico dei grossi problemi sociali e po-litici che la guerra aveva aperto o svelato .Essa sarà violentemente interrotta dalla in-staurazione della dittatura e dallo sfortunatoesperimento dell'Aventino, che gli costò la de -cadenza dal mandato parlamentare .

Le sue prime battaglie nel 1910 per il con-siglio comunale e per il consiglio provincialedi Benevento, tutte le sue campagne elettoral idal 1919 in poi, la sua decisa ed intransigenteopposizione al fascismo, la sua presenza findai primissimi giorni nella ripresa della vit aliberale e democratica del paese, la sua par-tecipazione ai governi più volte come mini-stro, la sua attività parlamentare, la presi-denza del partito liberale italiano e del gruppoparlamentare del predetto partito sono tuttetappe continue, progressive di un solo splen-dido, ancorché faticoso e talora amaro, cam-mino : il cammino della difesa, della rina-scita, del consolidamento della libertà e dell ademocrazia in Italia ; sicché può fondatamenteaffermarsi che in pochi uomini come in D eCaro le vicende della vita si identificano co nle vicende del regime democratico, liberale eparlamentare del nostro paese .

La sua attività politica fu ripresa con l arinascita della democrazia ; e, come nel lon-tano 1919, egli si trovò nel 1943 ad affron-tare, con il suo partito, i più imponenti pro-blemi che la seconda guerra mondiale aveva

consegnato all'impegno ed alla responsabi-lità della nuova classe dirigente .

Come in guerra, e di fronte al fascismo ,così nel 1943 non esiterà a prendere il su oposto di responsabilità ; e sarà sottosegretarioe poi ministro dei lavori pubblici già colGoverno Badoglio .

In quell'ora drammatica in cui i partit ipolitici, consapevoli della tragedia nazionale ,stringono le fila, affinano i programmi, per-fezionano i quadri e si preparano a dare i lloro contributo alla soluzione di problemi isti-tuzionali, di regime, sociali e politici, De Car osarà nel Mezzogiorno una delle più notevol isorgenti di energia, di forza e di consensi ; con-sigliere accorto, equilibrato, alieno da ogn isenso di vendetta, anzi generoso fino al gest osquisitamente cristiano di rispondere al pri-mo governatore alleato di Benevento che gl ichiedeva l'elenco di fascisti da inviare ne lcampo di concentramento : « nessuno » ; riccodi buon senso, conoscitore profondo dell'animodella sua gente, egli contribuì in misura deci-siva alla rinascita nel Mezzogiorno del partit oliberale italiano .

Ogni nuova competizione elettorale – am-ministrativa, provinciale o politica – lo ritro-verà dal 1943 in poi sempre al suo posto : in-tatta la fede, decisa la volontà, mai stanco i lcuore .

Mai stanco il cuore, anche se più volteproprio il cuore lo aveva ammonito a ridurre ,se non perfino ad eliminare, il lavoro. Macome si poteva chiedere ad un temperament ogeneroso e caldo come quello di De Caro d isostare, sia pure per riposare e poi ripren-dere il cammino ? Come si poteva chiedere a lvecchio bersagliere di rallentare la corsa o d iinterrompere la marcia ? Sicché all'indoman idi gravi malattie noi lo rivedemmo di nuov osulla breccia, come se non avvertisse neppurepiù il ricordo delle sofferenze e rifiutasse l'in-vito al riposo . Lo rivedemmo in Assemblea, i nCommissione, nelle riunioni dei capigruppo ,nelle riunioni del suo partito, in tante ceri-monie ed anche in taluni riti di pietà, semprepresente dovunque si sentisse il richiamo de -gli ideali o l'impulso ad un gesto di amicizi ao di solidarietà .

E proprio per un impulso del suo animo dipatriota e di liberale egli era a Torino dov efu colto dalla morte . Era lì per presiedere unconvegno del suo partito nel quale, nel cen-tenario dell'Unità, sarebbe stato commemo-rato Cavour .

Anche se, nel partire da Roma, il cuoremalato gli fece sentire qualche punta di stan-chezza; anche se i familiari tentarono di dis-

Atti parlamentari

-- 21690 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

suaderlo, come poteva egli essere assente dall ecelebrazioni di Cavour ?

Sicché la morte, cogliendolo alla vigili adel centenario della morte del grande stati -sta, ha come impresso sulla sua fronte i lmarchio luminoso di un servizio, che da ldeserto di Zanzur e di Homs e dalle trince edel 1915-18 al 5 giugno di quest'anno portaun solo nome : il nome d'Italia .

L'uomo fu semplice, nella vita familiar ee nella vita pubblica, anche quando fu i nposti di alto rilievo; generoso, perché, se ebbenemici, non ne ricordò mai né il volto né ilnome e li confuse con gli amici ; ma anchefiero e intransigente e di profonda probit àmorale .

In questa commemorazione solenne e signi-ficativa non ho potuto accennare, neppure perscorcio, a tutti gli aspetti della sua vita pub-blica, ai contributi da lui dati in sei legisla-ture e fuori dell'ambiente strettamente parla-mentare, allo sviluppo della democrazia in Ita-lia ed alla risoluzione dei problemi del Mez-zogiorno . Questi problemi egli sentiva conparticolare sensibilità perché non aveva ma iperduto il contatto con la gente della sua ter-ra, povera e generosa; e delle ansie di questagente era costante interprete sia quando siponeva, con autorità e fermezza, allo studi oed alla risoluzione dei problemi generali, si aquando curava le più piccole istanze dei tantisuoi conterranei, ai quali non chiedeva se fos-sero suoi elettori o meno ; unico lasciapassareper la sua casa aperta in tutte le ore a tutt ele istanze era l'angoscia di una creatura uma-na, l'appello ad un atto di giustizia, la ri-chiesta di un gesto di solidarietà umana .

A chi talvolta fa carico ai parlamentarimeridionali di questo lavoro, che è per altroduro e faticoso, l'esempio di De Caro dica diquanta umana ispirazione sia tale compito ecome esso rappresenti un tentativo, sia pur edi piccolo rilievo, per risanare antiche edancora vistose ingiustizie o sperequazioni .

Era questa la considerazione che ieri chia-mò a spontanea raccolta in Benevento tutt ala cittadinanza e tutto il Sannio : un com-mosso attestato di riverenza e di amore a lgrande figlio di quella terra, che seppe i nfelice equilibrio dare contributo della su apotente personalità all'organizzazione del suopartito ed al progresso della democrazia i nItalia ed insieme continuare a mantener evivo e caldo il contatto con le popolazioni de lsuo collegio .

L'uomo, che aveva il privilegio di sei legi-slature, che era stato ,più volte ministro, quan-do doveva sostenere una istanza di un suo

conterraneo non esitava – carico di anni e d isplendido passato – a salire le scale dei mini-steri, delle direzioni generali, degli uffici per -ché la sua presenza fisica costituisse garanzi adi giustizia e si ponesse come arra di successo .

Ieri nel suo paese natale di Giarre, in pro-vincia di Catania, è improvvisamente ed im-maturamente scomparso all'età di soli 46 ann il'onorevole Biagio Andò, del gruppo del par-tito socialista italiano . Professore ordinario d imatematica e fisica nelle scuole secondarie ,egli fu fondatore della sezione del partito so-cialista italiano di Giarre e partecipò attiva-mente alla organizzazione del suo partito i nprovincia di Catania. La sua vita pubblica hainizio nel 1946, quando egli fu eletto sindac odella sua città, dove esercitò il suo mandatoamministrativo fino al 1952 allorquando l asua attività politica assunse più ampio respir ocon la sua elezione a deputato al Parlamento ,nella consultazione politica dell'anno succes-sivo nella circoscrizione di Catania .

Nella passata, e in questa legislatura, i lcompianto collega partecipò attivamente ai la-vori della Camera e delle Commissioni, met-tendo in evidenza singolari qualità di intelli-genza e di preparazione alle quali si accom-pagnavano sobrietà e riservatezza di carattere .

Vanno ricordate, in questo momento nelquale ne rimpiangiamo la dipartita, alcun esue proposte di legge, tra cui quella relativ aalla richiesta di accesso alle facoltà universi-tarie scientifiche dei diplomati, 'ed i numero-sissimi interventi in sede di discussione de ibilanci del tesoro e delle finanze, nonch équelli da lui svolti in sede di discussione ge-nerale di vari disegni di legge .

Il rimpianto per l'immatura scomparsàdel collega è reso più vivo dalla improvvisaed imprevedibile morte, quando ancora molt oegli poteva dare per gli ideali nei quali pro-fondamente credeva e per i quali, con co-stante dedizione, ha sempre combattuto la su abreve, ma intensa battaglia politica .

Alla sua famiglia, al suo partito espri-miamo il cordoglio più vivo e profondo .

(Segni di generale consentimento) .CODACCI PISANELLI, Ministro senza

portafoglio . Chiedo di parlare .PRESIDENTE . Ne ha facoltà .CODACCI PISANELLI, Ministro senza

portafoglio . Il Governo si associa al cordoglioqui espresso per la immatura dipartita del -l'onorevole De Vita . Lo ricorda come membrodel Governo d'Italia e come parlamentare i lquale, in patria e all'estero, tenne alto il nom edel proprio paese. Chi gli è stato vicino nelConsiglio di Europa e in altre assemblee in-

Atti Parlamentari

— 21691 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

ternazionali può testimoniare di persona d iquale importanza fosse la sua opera e com eimpegnativa la sua partecipazione alle di-verse assemblee . Il Governo esprime il pro-prio cordoglio anche alla famiglia del com-pianto onorevole De Vit a

Nella giornata di ieri a Benevento si èavuta la prova della passione con cui le gene -rose genti non solo di Benevento e di tutta laprovincia, ma dell'Italia intera seguivanol'attività dell 'onorevole Raffaele De Caro . IlGoverno si associa alla commossa commemo-razione che qui è stata fatta ; ricorda l'onore-vole De Caro come ministro che ha parteci-pato intensamente e più volte all'attività go-vernativa, e lo addita alle generazioni ita-liane come esempio di quel Risorgimento d icui egli sembrava a noi la continuazione, com eesempio di dirittura e di fermezza di carat-tere, soprattutto come esempio, di dedizion epiena al servizio degli ideali del nostro paese .

Il Governo si associa anche alla comme-morazione dell'onorevole Biagio Andò, ch econ tanta intensità partecipò alla vita di que-sta Assemblea, ed alle espressioni di cordoglioche verranno porte a nome della Cameraprega di unire anche le espressioni del suocordoglio per la sua immatura dipartita .

PRESIDENTE. In segno di lutto sospendola seduta per venti minuti .

(La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresaalle 11,40) .

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

BUCCIARELLI DUCC I

Seguito della discussione degli stati di pre-

visione dell'entrata e della spesa del Mi-nistero del tesoro (3013 e 3013-bis) e degl i

stati di previsione della spesa del Ministerodelle finanze (3014 e 3014-bis) e del Mi-

nistero del bilancio (3015) per l'esercizi o

finanziario dal 10 luglio 1961 al 30 giu-

gno 1962 .

PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca i lseguito della discussione di bilanci dei mini-steri finanziari .

iscritto a parlare l'onorevole Alpino . Neha facoltà .

ALPINO . Signor Presidente, onorevoli col-leghi, ho ascoltato con vivo interesse le dichia-razioni del ministro del bilancio e condivido ,anzitutto, le sue preoccupazioni per la dila-tazione della spesa pubblica e per i ricorrenti

disavanzi annuali, tradotti in aumenti de ldebito pubblico, il cui attuale livello non sa-rebbe, per altro, di per sé preoccupante .

Vorrei tuttavia ricordare, a questo propo-sito, che se gli attuali 6 mila ,miliardi di de-bito rappresentano un peso reale assai minor edei 154 miliardi del 1939 (circa 9 mila mi-liardi di lire odierne) e se il carico dei rela-tivi interessi è disceso dal 15 a meno del 6per cento del totale della spesa effettiva, ci òè dovuto a una inflazione che ha praticament equasi annullato il vecchio debito, infliggend ouna iniqua spoliazione a una massa di ri-sparmiatori reclutati in gran maggioranza neiceti più modesti . Deve bastare tale dramma-tica esperienza ad armarci contro ogni debo-lezza sul piano della difesa monetaria, di cu il'equilibrio del bilancio è il primo e più va-lido presidio .

Condivido pure le preoccupazioni per i lritmo di aumento della pressione fiscale com-plessiva, che supera di molto quello del red-dito nazionale e che nell'ultimo decennio, in-cludendo i tributi locali e i contributi sociali ,ha elevato dal 23,7 al 34,2 per cento l'inci-denza sul reddito stesso : il che, sommandol'ancor più accresciuta quota di prelievo ope-rato dall'economia pubblica del mercato delrisparmio, implica una crescente restrizion edei mezzi e della sfera di competenza dell eattività private e un crescente grado di col-lettivismo nell'assetto economico e sociale delpaese. L'onorevole Pella ha riaffermato ch e« difficilmente la nostra economia potrebbesopportare una maggior pressione tributaria »e che, per non contrastare un sano sviluppo ,l'aumento della pressione stessa non dovrebb esuperare quello del reddito nazionale .

Un 'opinione assai diversa ha espresso i lministro delle finanze, che pure è ben quali-ficato per valutare le possibilità del nostrosistema fiscale e che di recente, con la ricerc adi coperture per spese neppure tanto straor-dinarie, ha potuto sperimentare le difficoltàe i turbamenti causati da ogni ulteriore ten-sione imposta al sistema stesso . « La pression efiscale » – ha dichiarato il senatore Trabucchi– « può essere giudicata intollerabile solo par-

i tendo dagli schemi liberistici tradizionali ,mentre va considerata in modo del tutto di -verso quando ci si ispira al concetto modern osecondo cui lo Stato ha da svolgere una fun-zione particolare per promuovere lo svilupp o

economico-sociale » .Dico subito che è assai opinabile la mo-

dernità di una concezione tendente ad asser-vire e ridurre le libere attività dei cittadini ,concezione che risale alle civiltà primitive e

Atti Parlamentari

— 21692 —

Camera dei Deputat i

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

che ai tempi nostri è rinfrescata, con vari aintensità, nei paesi d 'oltre cortina .

A parte la questione di principio, nonsi potrà comunque sostenere la modernitàdello strumento inteso a servire quella con-cezione, cioè il sistema fiscale, di cui invan osi attende, dopo che si sono in abbondanz atutelate le ragioni del fisco con le leggi Va-noni e Tremelloni, un vero ammodernamentoe riordinamento. Di fatto, si continua adoperare sul vecchio ceppo creato dalle leggidel regno e dalle riforme del De' Stefani de l1923 e ci si limita a sommare nuovi balzelli ,neppure originali, e ad inasprire aliquot eche, risultando confiscatorie non appena siverifichi il coacervo di più tributi, già s isanno inapplicabili senza il temperamentodell'evasione . E la politica del vivere all agiornata, che ha avuto clamorosa espressionenell'ultima valanga di inasprimenti in ognipossibile campo, nelle imposte dirette e nell eindirette (dimenticando il conclamato impe-gno di modernizzarne il rapporto), pur d ifalciare erba e inseguendo gettiti anche d ipoche decine di milioni . La stessa riformadell'I .G.E . per i professionisti, causa di tanteagitazioni, fu varata per un gettito modesto.Insomma, si è trattato di ennesime raschia-ture del « fondo del barile » e vi è davveroda preoccuparsi per le necessità future .

Si obietterà che ciò è imposto dall'incal-zare delle nuove spese . Ma non è tale incal-zare l'effetto della politica che il senatore Tra-bucchi presenta come espressione di moder-nità ? Proprio quello della spesa, cioè de lsuo energico contenimento o almeno di unadecente qualificazione, è il problema di fon -do della finanza italiana, dal tempo dellosconcertante abbandono della « marcia al pa-reggio » avviata negli anni duri della rico-struzione dall'Enaudi e dal Pella e proseguit apoi anche dallo Zoli, non certo sospetto diconservatorismo finanziario . Onde l'esigenzaessenziale oggi, di fronte al dissidio concet-tuale che spunta dalle dichiarazioni dei mi-nistri del bilancio e delle finanze, è quella d idefinire una precisa politica di bilancio, dopol ' andamento ondeggiante di questi anni, e d iattuarla con coerente fermezza .

Al tempo del primo governo Segni - èbene ricordarlo - si era persino prospettat odi portare il bilancio statale al pareggio pe rla primavera del 1959, quando cioè sarebber ocominciate a scadere le serie dei buoni de ltesoro novennali, onde non trovarci a dove rfronteggiare insieme il rimborso dei buoni ela copertura dei nuovi disavanzi . Troppagrazia !, si poteva dire già allora, e infatti

ci si contentò di vedere il disavanzo scender ea 112 miliardi nel consuntivo 1958-59 e a 12 9nel preventivo 1959-60. Ma il risanamento f ubruscamente interrotto nell'esercizio stesso ,che si chiuse con un disavanzo quasi tripli-cato (361 miliardi) per l'iniezione di ben529 miliardi di spese di intento produttivi-stico, mentre poi i due bilanci successivi son opartiti con disavanzi previsti di circa 300 mi-liardi . Significa ciò - chiedevo giusto unanno fa in quest ' aula - un nuovo corso nell apolitica finanziaria, da anni impegnata nell amarcia al pareggio, o addirittura un rilanci odella teoria del deficit spending, ora piuttostoin ribasso negli stessi paesi d'origine ?

Una diagnosi in tal senso veniva affac-ciata da autorevoli organi stranieri, molt oattenti alle cose italiane soprattutto dopo l'at-tribuzione di un Oscar alla lira, e ribaditacon entusiasmo da vari commentatori intern iche riscoprivano, forse pensando all'apertur aa sinistra, i taumaturgici effetti dell'azionestatale a sostegno della domanda effettiva .

Senonché quella politica . e quei commentierano già in netto ritardo sui fatti, perch éla nostra economia appariva in ripresa d aalmeno sei mesi e riassorbiva gradualment ela liquidità eccessiva, avviando l 'espansionee la prosperità che hanno fatto definire i l1960 come l'anno del miracolo italiano . Ch ivuole il bilancio statale in continua funzion eanticiclica, non vede che la fecondità degl iinterventi è sovente impercettibile o tropp otardiva ? Le modeste misure varate dal pri-mo Governo F 'anfani al momento in cui l arecessione toccava le sponde italiane, cioè nelluglio 1948, si concretarono molto più tard ie la stessa legge n . 622 del luglio 1959 (pre-stito nazionale : 300 miliardi), pur centrat asui settori « pronti » dei lavori pubblici, s iattuò a ripresa inoltrata, tanto che la succes-siva relazione della Banca d'Italia (maggi o1960) parlava di « attesa » degli intervent iprevisti dalla legge e ne richiamava « l espese da erogare nei prossimi anni » . Biso-gna ammettere, dunque, che per la modern apolitica di promozione dello sviluppo, citat adal senatore Trabucchi, non sono quant omeno moderni gli strumenti .

La ripresa già in atto mi consentiva, unanno fa, di affermare in quest'aula che si po-teva tranquillamente liberare il bilancio dal -l'impegno di sorreggere e integrare l'econo-mia, con i rischi di un accentuato disavanz oe indebitamento, lasciando invece il massim odi libertà e di mezzi alle iniziative dei citta-dini e limitandosi lo Stato all'impiego de isuoi precipui strumenti di guida, a tutela

Atti Parlamentari

— 21693 —

Camera dei Deputat i

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

della stabilità e del bene comune, come av-viene nelle progredite economie occidentali ,specie dopo le costose avventure dei dirigism ie delle nazionalizzazioni del dopoguerra .

Si doveva invece tenere il bilancio ne ibinari tradizionali per risolvere i suoi gra-vosi e annosi problemi interni, come la siste-mazione dei rapporti con la finanza locale ,non certo fatta dall'ultima legge stralcio, ela copertura degli impegni arretrati : passivodelle gestioni previdenziali e ammortamentodelle perdite degli ammassi, cui si sono ag-giunti per via i debiti per sovvenzioni all elinee della Finmare, i rimborsi sulle merc iesportate, a mano a mano accumulati e inuovi bisogni straordinari del rimoderna -mento ferroviario, il tutto per circa 2 mil amiliardi, senza contare i « piani » da finan-ziare a parte .

Concetti analoghi doveva poi riaffermare ,dopo assunto il dicastero del bilancio, l'ono-revole Pella, il quale, premesse ottimisticheprevisioni basate sulla felice congiuntura esulla salda situazione valutaria, riconoscev ache il « bilancio era stato sottoposto a gross isforzi e richiedeva particolari cure », rile-vava l'errore di chi crede « che la politica d isviluppo debba passare dalla dilatazione dell aspesa statale e del disavanzo » e parlava d imobilitare mezzi per « un'organica politic adi investimenti nelle aziende private » .

Si delineava, dunque, un'altra svolta nell apolitica di bilancio la cui premessa, date legiuste critiche alla troppo rigida corsa dell apressione fiscale, consisteva e consiste nell aforza politica per imporre una severa sele-zione della spesa pubblica, assai dilatata epeggiorata, nonostante la cura per definir espese produttive molti autentici consumi ,sotto i due precedenti governi .

In questa politica non può certo trovar eposto la tesi, da taluno prospettata, di ren-dere « istituzionale » il disavanzo : ipotes ipericolosa, anzitutto perché basata sul pre-supposto della svalutazione monetaria. In-fatti il continuo indebitamento portato da idisavanzi, che già esprimono una spesa su-periore alle pur progredienti capacità contri-butive consentite dallo sviluppo del reddit onel paese, condurrebbe, con una moneta co-stante nel tempo, alla graduale ipoteca dellerisorse nei venturi esercizi . La sola valvoladi sicurezza sarebbe allora la svalutazione ,che riduce il peso dei debiti e dei relativ iinteressi di fronte al progresso, anche sol oin meri termini monetari, delle risorse degl iesercizi stessi . 2 bene ancora una volta ri-cordare, a questo punto, che la presente pro-

sperità e la stessa valida resistenza alla re -cessione, nel tempo precedente, sono frutto d iuna lunga fase di prudenza finanziaria e d ialmeno relativa stabilità .

Comunque, potrebbe dirsi un'attiva poli-tica di bilancio quella del disavanzo sistema-tico, cioè a senso unico ? L'anno scorso l'ono-revole Tremelloni fu qui anche più precis odi me e, dopo aver definito inquietante l atroppo prolungata mancanza di equilibrio de lbilancio, ricordò che per una seria politicaanticiclica « bisogna che nei periodi di alt acongiuntura Io Stato abbia un bilancio nonsolo in equilibrio, ma in avanzo », come ne ipaesi dove la politica di bilancio si fa . Ifautori nostrani del deficit spending hanno ri-cordato che, qualche millennio prima degl iinsegnamenti di Keynes, i faraoni solevan oerogare le riserve nei settenni delle « vacchemagre » : giustissimo, ma ciò suppone che inquelli delle « vacche grasse » si sappiano co-stituire le riserve . Modernamente, negli ann idi alta congiuntura, lo Stato, che non ha cert obisogno di sostenere la domanda del mercato ,deve risparmiare in via diretta e indirett a(per esempio, rimborsando una quota di de-biti) e crearsi una capacità di spesa e di inde-bitamento, senza rischi di turbamenti finan-ziari, per gli anni di depressione .

Tutto ciò non postula affatto un bloccodella spesa, che può salire in ragionevol eproporzione col progresso del reddito nazio-nale. Tale proporzione è stata violata nel de-cennio trascorso e la spesa, dopo avere dop-piato i 2 mila miliardi nel 1951-52 e i 3 mil anel 1956-57, ha superato i 4 mila già nel con-suntivo 1959-60 . Il peso è gravoso anche perl'anno del miracolo economico, nel quale i lreddito nazionale netto ha superato i 17 mil amiliardi, più che raddoppiando il redditoreale del 1938 . l da notare che sono profonda -mente mutate la struttura dell ' apparato pro-duttivo e la distribuzione delle forze del la-voro. Queste, dal 1952, sono diminuite d aoltre 42 a meno del 31 per cento del totalein agricoltura (cioè già sotto il traguardo de l33 per cento ipotizzato dallo schema Vanon iper il 1964) e aumentate dal 31,7 a quasi i l39 per cento nell'industria e dal 24,9 a oltr eil 30 per cento nei servizi : il che ha volutodire non solo l'aumento del reddito medi oindividuale a lire 346 mila e la riduzionedella disoccupazione da 1,5 milioni a 700 milaunità, ma anche l'avviamento all'assetto de ipaesi industriali progrediti .

Questa trasformazione dovrebbe comple-tarsi nel nuovo decennio, col 1970, nel qual eanno la popolazione italiana sarà salita a 54

Atti Parlamentari

— 21694 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

milioni di abitanti, con 22,5 milioni di occu-pati, di cui solo il 21 per cento nell'agricol-tura, ben il 43 per cento nell'industria e i l36 per cento nei settori terziari . Si calcolache, seguendo il ritmo attuale e data l'esi-stenza di una zona economica (Mezzogiorno )non ancora giunta a maturità e quindi passi -bile di forti tassi annui di sviluppo, il red-dito nazionale netto salirebbe a 28 mila mi-liardi (di lire 1960), quanto dire un redditomedio individuale di circa lire 520 .000, pari aquello che attualmente si rileva in Franci ae che segna l'ingresso tra i paesi benestanti .Perciò nel 1970, se procedesse costantementesecondo l'odierno rapporto col reddito nazio-nale, l'entrata tributaria salirebbe a circa7 mila miliardi e consentirebbe, supponendoun disavanzo medio del 6 per cento, una spesaeffettiva di circa 7.500 miliardi. Nella tristeipotesi, poi, che la spesa dovesse seguire ladinamica crescente (rispetto al reddito nazio-nale) dell'ultimo decennio, si andrebbe ne l1970 a 8 .700 miliardi .

Anche solo il primo aumento, visto oggi ,dovrebbe contentare i più esigenti tra gl i

spenditori » . Vi è tuttavia una condizione .Stime accurate fanno presumere che versoil 1975 potrà permanere nel personale gene-rico non più del 22 per cento della forza d ilavoro, cioè 5 milioni di unità, mentre c ivorranno circa 10,5 milioni di operai spe-cializzati (contro 4,5 di oggi) e circa 4 mi-lioni di tecnici intermedi e capi subaltern i(contro 1 milione), il che comporterà unenorme sforzo sul piano della scuola a tutti ilivelli, incluso il raddoppio degli student iuniversitari . Onde l'aumento della spesa do-vrebbe andare allo sviluppo delle opere pub-bliche e dei servizi pubblici indivisibili (inprimo luogo, appunto, la scuola), della cu ipiù vasta ed efficiente prestazione già si sentegran bisogno, e non ai loro diretti intervent ieconomici, anche per le dubbie capacità im-prenditrici dello Stato e badando agli scars ifrutti in fatto di produzione del reddito e d ioccupazione, per cui è assai difficile apprez-zarne la funzione .

Altra condizione, nella prospettiva di unvieppiù massiccio prelievo tributario, è quell adi correggere alla radice le arretratezze eincongruenze del nostro sistema fiscale, fontedi gravi sperequazioni e malcontenti, nonchédi molta confusione . A dare idea di quest'ul-tima, vale quanto è testé accaduto nel consi-glio comunale di una grande città, dove si sta -vano purtroppo deliberando le supercontribu-zioni all'imposta di consumo. Per mettere inpace le coscienze di fronte ad un nuovo aggra-

vio dell'imposizione indiretta, fu varata un amozione che chiedeva al Parlamento una benmaggiore progressività per l'imposta di fa-miglia, che, come è noto, si ferma in praticaal 14,4 per cento a partire da 12 milioni d ireddito : solo a fatica si potè inserire nel testoil contemperamento con l'imposta comple-mentare, ché, essa pure, tassa il reddito glo-bale, pervenuto già al 50 per cento .

Come ho detto all'inizio, l'evasione appar etalora motivata da una situazione in cui l ealiquote vigenti, quando concorrano più tri-buti (complementare, famiglia, ricchezza mo-bile, tassazioni in abbonamento non traslate) ,andrebbero oltre la confisca del reddito . Unfatto analogo si ha quando, dopo una ridu-zione di aliquote, il fisco bada ad eluder equalsiasi sgravio per i contribuenti, aumen-tando massicciamente la base tassata . Tipicoil caso dell'imposta di registro sui trasferi-menti immobiliari, ove la giusta riduzion edi aliquote viene sovente frustrata da accer-tamenti che vanno anche al triplo dei valorivenali : onde il contribuente avrebbe talor aconvenienza a rilasciare i beni al fisco e pre-ferisce, nelle zone più povere, correre i ri-schi della mancata registrazione, pur di evi -tare esborsi insostenibili .

Alla finzione delle alte aliquote, che si s adi non poter applicare se non transigend osugli imponibili e che si mantengono a for-male ostentazione di severità fiscale, se neaggiungono altre, tipo le detrazioni a titolodi fabbisogno vitale . Un professionista, cuisi rettifica la cifra denunciata con la scusache essa non bastava a mantenere una fami-glia, si replicava, con il linguaggio del fisco ,che egli doveva campare con la detrazion edi 240 mila lire annue e mantenere con 100mila lire moglie e figlio, onde la denunciaipotizzava ancora un ingente risparmio . Ame pare che, invece di elevare demagogica-mente il minimo tassabile nella complemen-tare (con l'ultimo aumento le denunce si son oridotte da 1 .303 mila a 997 mila ed i nucle ifamiliari tassati ad un quattordicesimo deltotale) e nell'imposta di famiglia (nei grandicomuni si va fino al 70 per cento dei nucleiesenti), sarebbe assai meglio confermare l atassabilità per tutti quanti e fissare detrazionidi spesa vitale ben più aderenti alla realtà :così da mantenere altrettanto sicura, ma inmodo razionale e senza sbalzi sperequati ,l'esenzione dei poco abbienti .

Il fatto è che, nel timore di compromet-tere i gettiti, si cerca di evitare ogni riform adi fondo e di non toccare i vecchi strumenti ,riducendosi a vivere sui deprecati raschia-

Atti Parlamentari

— 21695 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

menti del « fondo del barile » . Ma si può con-tinuare così ? Mi duole sia assente il mini-stro Trabucchi, in quanto gran parte dell emie critiche sono proprio rivolte al suo ope-rato. necessario addivenire – con ragione-voli cautele, ma anche con la ferma volont àdi affrontare la sostanza dei problemi e con-siderando le esigenze dell'economia produt-tiva – ad un « piano tributario » pluriennale ,volto a rimodernare e riordinare gli stru-menti, lasciando se mai alla perfezionata di-stribuzione dei carichi – e non a nuove tasse –di assicurare nuovi gettiti in aggiunta al « na-turale incremento » fornito dallo stesso svi-luppo economico .

Dopo l'ufficiosa dichiarazione che son oesaurite le « riserve » di nuove fonti e che allemaggiori spese, a parte l'emissione di pre-stiti, si farà fronte con l'accentuata lotta all eevasioni, si annuncia l ' approntamento del -l'anagrafe tributaria, di cui doveva essere baseil « rilevamento straordinario » previsto dall ariforma Vanoni . Con la meccanizzazione inte-grale dei servizi delle imposte dirette si cree-rebbe un centro unico o centri regionali, a iquali da tutti i centri raccoglitori e da tuttigli uffici affluirebbero le notizie ; dai dati del-l'ufficio centrale I .G.E. e dello schedario, aquelli degli uffici pagatori, dei comuni e degl ienti assicurativi, tutto andrebbe a corredare ,anche giornalmente, le posizioni dei contri-buenti, ai quali – ha rilevato con compiaci -mento il senatore Trabucchi – sarebbe attri-buito un numero « che non potrà abbando-narli per tutta la vita » .

Tutto ciò, però, si tradurrebbe quasi soloin accentuato aggravio per i già adempienti ,se nel contempo non venisse compiuta l'at-tesa « operazione aliquote », iniziata da Vano-ni e poi sempre rinviata, anzi contraddetta i nquesti anni con l'aumento di talune aliquot edi ricchezza mobile, l'aggiunta dell'impostasulle società, la conferma dell'addizionale pro -Calabria e il raddoppio di quella E .G.A. Daltempo della riforma, vado ricordando chel'articolazione della ricchezza mobile con ali -quote assai diverse in base alla natura e font edel reddito – e al suo grado di accertabilità –è superata . L'aliquota massima è nei reddit idi capitale (categoria A) e la minima in quel -li di lavoro subordinato (C 2), onde la mo-desta rendita della vedova paga all'erario i l23 per cento e il guadagno dell'àltissimo diri-gente 1'8 per cento, dopo aver cominciato co l4 per cento . L'alta aliquota di categoria B equella vecchia di C 1 volevano scontare il fat-to che i redditi variabili (imprese e professio-ni) si accertavano solo in parte . Ma oggi, con

le denunce obbligatorie tutelate dal giura -mento e da gravissime sanzioni, c'è da pen-sare che i redditi d'impresa siano acquisit icon forte approssimazione, specie per le so-cietà, e quindi si giustifica un raccorciament odi distanze verso le aliquote minori .

A questa correzione, che opererebbe an-cora sul sistema esistente, deve seguire la ri-forma organica del complesso e dei singol itributi, da fondere (specie nei casi dei noti ecostosi doppioni fra finanza statale e locale) oda modificare. Tipico il problema dell ' I .G.E .(oggetto di un convegno di studi a Torino) ,che non si vorrebbe toccare perché è la co-lonna del bilancio, ma che va riformata com eimposta statale a cascata, sia per la spint adata alla concentrazione verticale delle im-prese, sia per l ' incontrollata incidenza ne icosti di produzione da confrontare in sed eM.E.C. Sono pure da riformare norme e pa-rametri di calcolo : cito il moltiplicatore as-sunto per l'applicazione dell'imposta sull eplusvalenze di bilancio, tuttora a 40 volte l eiscrizioni del 1938, secondo la legge 11 feb-braio 1952, il che dà luogo a tassazione di util ida svalutazione monetaria, cioè inesistenti .E, tanto per citare un altro campo, è chiaroche nelle imposte successorie, già gravose pe ril perdurante concorso della « globale », oc-corre una buona volta adeguare gli scaglionial ridotto valore della lira .

Nel carnet del ministro delle finanze do-vremmo ancora trovare due problemi . Anzi -tutto la correzione delle ingiuste inferioritàcreate ai contribuenti dal vigente contenzioso ,il cui sblocco si è avviato con la recente sen-tenza sull'incostituzionalità del solve et re-pete . Spero si possa presto assolvere alla pro -messa di riformare il contenzioso, all'uop outilizzando la proposta di legge liberale d atempo giacente . È pure giacente altra propostaliberale per la revisione delle evasioni legali ,cioè della miriade di sgravi ed esenzioni i ngran parte superati o palesemente ingiusti .L 'energica deflazione di questi autentici pri-vilegi varrebbe non solo a compensare ilfisco di qualche sacrificio di gettiti a seguit odelle auspicate riforme, ma anche a indurr ela sensazione dell 'eguaglianza fra i contri-buenti .

Ma per questo – e per suscitare quellafiducia che fu assunta come bandiera dell ariforma Vanoni – ci vuole soprattutto unmutamento di sistemi e di spirito, un'equiva-lenza di impegni morali e giuridici nella bila-terale formazione del rapporto tributario . LoStato dovrebbe essere la migliore fra le dueparti e dare esempio di lealtà e legalità, il che

Atti Parlamentari

— 21696 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

sovente non è . Basti citare l'articolo 20 dellalegge 25 luglio 1956, n . 860, che recava l'im-pegno di appositi temperamenti fiscali pe rgli artigiani e che dopo ben 5 anni, nono -stante le sollecitazioni delle organizzazioni enostre, è tuttora inevaso . Sul piano generale ,cito l ' articolo 1 della legge Tremelloni, i lquale prescrive la motivazione analitica del -l 'accertamento, sotto pena di nullità, che f uvantato come una grossa concessione ai contri-buenti, ma che è svuotato dalla facoltà del -l 'amministrazione (articolo 2) di integrare omodificare la motivazione nel corso del giu-dizio dinanzi alle Commissioni .

Così gli uffici possono esimersi dal fornir euna vera motivazione analitica in partenza ,salvo a farlo quando ciò sia poi imposto da lricorso del contribuente . In pratica, troppi ac-certamenti sono fatti con le vecchie motiva-zioni generiche, o poche voci contabili campa -te in aria, tanto per non lasciar cadere i ter-mini e confidando nel solito accordo . È da ri-cordare che la legge Tremelloni ha annullat ola stabilità del concordato, consentendo lariapertura dell'accertamento con la conoscenzadi « nuovi elementi » . Ed anche tale facoltà ,che dovrebbe essere eccezionale e su dati d ifatto sicuri, viene attivata su motivi generic ie come via per più gravose transazioni .

Questo sistema non turba le imprese gros-se o comunque ad amministrazione comples-sa, che si trovano a posto con l'articolo 7 dell alegge Tremelloni e rivendicano la tassazion ea bilancio o comunque sulle risultanze dellescritture, con il presidio di una difesa oggetti-va appoggiata da solide consulenze e lascia in -vece la massa delle imprese minori (con l'ac-certamento basato su dichiarazioni la cui con-gruità di elementi è facilmente contestata da-gli uffici) alla mercè di concordati in condi-zioni di sottomissione . Così, dopo tanti beidiscorsi contro i sistemi induttivi, vi siam oimmersi fino al collo, anche perché il metrodi controllo del fisco è sempre dato dalle fa-mose aliquote di reddito medio per settori ,che parificano imprese buone e cattive, red-ditizie o no, in una presunzione generica .Il senatore Trabucchi ha dichiarato al Senato'di « ispirarsi al criterio che chi può maggior -mente – e non chi è meno provveduto e menointelligentemente difeso – debba pagare d ipiù » . Ma non siamo per nulla su tale via eciò è confermato dall'esistenza, per le soleimposte dirette, di ben 606 mila ricorsi (36 5mila per quest 'anno) i quali, attesa la rilut-tanza di moltissimi contribuenti a prolungarele controversie ed a ricorrere, sono indice d iun vastissimo e convinto malcontento .

chiaro che bisogna parificare le posizion idi tutti i contribuenti, sia perseguendo conpiù validi sistemi i grossi redditi riluttanti adichiararsi (in campo privato ed anche, com eè apparso dai « libri bianchi n, in campo pa-rastatale), sia alleviando la pressione sui con-tribuenti minori e accrescendone le possibi-lità di obbiettiva difesa . Si farà provvida ope-ra sociale, economica ed anche politica, sol -levando dalle comprovate difficoltà fiscali l amassa delle piccole imprese e dei piccoli ope-ratori, che sono i protagonisti più travagliatidella grande avventura del mercato comun ee che, dopo tutto, costituiscono il tessuto difondo della nostra economia ed un fattore es-senziale della libera società . (Applausi) .

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'ono-revole Foa . Ne ha facoltà .

FOA. Signor Presidente, onorevoli colle-ghi, quando si analizzano i risultati di unanno economico di forte espansione come èstato il 1960 (e come si profila dai primi datiil 1961), non solo è necessario guardarsi da lpericolo di facili autocompiacimenti, ma ènecessario, proprio in ragione dei marginiconsentiti dalla fase di espansione, di veri-ficare con attenzione il rapporto che esiste trala situazione economica corrente e le prospet-tive non solo immediate, ma di più largo re -spiro. Questa valutazione di carattere più

.strutturale ci è anche imposta dalle modifica-zioni sconvolgenti nella tecnologia della pro-duzione dei servizi e dell'organizzazione de llavoro, modificazioni che impongono oggi, nel -la misurazione dei fatti economici, una di-mensione temporale indubbiamente assai di -versa da quella che ci era consentita fino agl iultimi decorsi anni .

Si pensi soltanto alla situazione dell'agri-coltura e ai dislivelli territoriali dello svi-luppo economico che non possono essere con-siderati come ombre di un quadro luminoso .Sono aspetti coerenti e collegati al tipo d isviluppo in corso, sono dati strutturali, aspet-ti della struttura dello sviluppo economico i ncorso. A questo riguardo basta considerare ,come dico, l'agricoltura e gli squilibri terri-toriali per comprendere che la spinta ascen-dente rilevante dei dati sul reddito nazionale ,sulla produzione industriale, sul risparmio ,impone delle considerazioni strutturali più at-tente .

Fra le considerazioni strutturali da far evi è indubbiamente quella che riguarda ilpeso che sull'ascesa economica ha avuto econtinua ad avere la domanda estera, doman-da di un certo tipo e di una certa provenienza ,cioè dai paesi capitalistici più industrializ-

Atti Parlamentari

— 21697 —

Camera dei Deputat i

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

zati . P, questa una tendenza di struttura con-tro la quale non ho nulla da obiettare in sé ,in quanto essa rappresenta un elemento d isostegno attivo della domanda e della pro-duzione, ma impone una considerazione at-tenta di rapporti, di proporzioni, se la valu-tazione della prospettiva economica non s iferma all ' immediato, ma viene proiettata ne-gli anni futuri .

Un altro dato di struttura che richiede at-tenzione e verifica è il peso crescente, che èstato clamoroso nel 1960, dei movimenti inter -nazionali di capitali a breve termine, in parteper fattori di attesa puramente speculativi ,in parte, credo più rilevante, per cause og-gettive indipendenti dal diverso andament onel tempo delle congiunture economiche ne ivari paesi .

Si sono create, come è noto, per effetto d iquesti impetuosi spostamenti di capitali abreve termine, dei forti contrasti fra gli im-pulsi esterni che derivano da questo proces-so e le esigenze interne del controllo del cicloeconomico e anche dello sviluppo autonom odell 'economia . Si è riconfermata in quest afase la sterilità dei tradizionali strumenti d imanovra monetaria, come è stato clamorosa -mente illustrato nel caso della Germania fe-derale, nella quale il tipo di espansione eco-nomica, fondato (come in tutta l'Europa oc-cidentale) sui settori a più alta intensità dicapitale, corrispondenti a beni di consumo du-revoli e agli impianti e macchinari che ad essoservono e fondato sui crediti al consumo d ivaste dimensioni, ha di fatto sterilizzato l edecisioni politiche dei governi e delle banchecentrali di fronte al movimento di capitali abreve termine .

Si riconosce oggi in generale, di fronteallo sconvolgimento portato nei due casi li -mite del processo del movimento di capitali ,Stati Uniti e Germania federale, che i trasfe-rimenti di capitali a breve termine non hann ouna funzione equilibratrice e oggi sorgonoin ambienti qualificati dubbi seri in riguard oall'opportunità di continuare e sviluppare ul-teriormente la liberazione delle operazioni fi-nanziarie, liquidando ogni controllo ammini-strativo .

Partendo dal dato di contrasto che nascetra questi movimenti e le esigenze di svilupp onazionale, si avanza una richiesta per certiversi interessante, come quella avanzata congiovanile baldanza, con ambizione ed intelli-genza, dal governatore della Banca d'Italia ,di ovviare a questi elementi di squilibrio edi contrasto con un migliore coordinamentotra le banche centrali e con una maggiore ar -

ticolazione nella scelta delle divise di riserva ,per non concentrare tutta l'esposizione e i lrischio sul -dollaro degli Stati Uniti e sull asterlina britannica .

Ma con queste proposte non ci si rende con-to che non si fa altro che aggravare sempr edi più l'inconciliabilità fondamentale fra l epolitiche che subordinano integralmente l osviluppo economico nazionale al meccanismodella parità dei cambi della liquidità inter-nazionale e le politiche che invece conside-rano, come è giusto, la moneta, la finanza eil credito come strumenti al servizio dellosviluppo interno.

Vorrei ricordare – per citare anch'io, com eil collega Alpino, lord Keynes – che nel 1946 ,al tempo della costituzione del Fondo mone-tario internazionale e dell 'avvio alla conver-tibilità internazionale, lord Keynes indicò l aincompatibilità appunto di una politica ch esubordinasse i livelli di occupazione e di svi-luppo al metro della stabilità monetaria equella della subordinazione della politica mo-netaria e finanziaria alle necessità dello svi-lu ppo economico .

Questa inconciliabiltà sarebbe aggravata ul-teriormente attribuendo un peso crescente a lconsiglio dei governatori delle banche cen-trali . Quella proposta esprime, a mio giu-dizio, un tentativo del capitale finanziario in-ternazionale di riprendere un ruolo ed un aforza che negli ultimi decenni sono andat iperduti per lo sviluppo crescente che ha avuto ,anche per la compenetrazione con le decision istatali, il capitale industriale propriament edetto, il monopolio industriale collegato conla struttura produttiva. Il tentativo di ripro-durre posizioni ottocentesche, di ridare al ca-pitale finanziario, attraverso le banche cen-trali, in una specie di cartello, un potere d iinfluenza, può essere ambizioso, ma è in-dubbiamente anacronistico .

L'inconciliabilità fra una politica di svi-luppo economico reale e la subordinazion emeccanica alla politica monetaria internazio-nale è tipica ed esclusiva dei paesi capitali-stici nei quali, al di fuori delle ipotesi dipura speculazione, sulle quali effettivament eun controllo è possibile (come è stato dimo-strato dalla esperienza del 1960 relativament ealla rivalutazione del marco tedesco e del fio-rino olandese) non esiste possibilità di con -temperamento tra le esigenze di sviluppo eduna politica meccanicamente legata ai metr imonetari .

Infatti, nel quadro di una politica fedel ealla liquidità internazionale, le scelte deglioperatori, delle banche che li appoggiano e

Atti Parlamentari

— 21698 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

dei governi che creano le condizioni general idi sostegno, sono riferite a rendimenti previ-sti e a produttività dei fattori calcolati al li -vello delle singole imprese, senza alcuna con-siderazione delle economie e dei costi social iche sono componenti di una qualsiasi poli-tica di sviluppo che meriti questo nome .

La inconcilibialità tra una politica di svi-luppo e la sua subordinazione ai metri mone-tari è resa sempre più acuta dal crescente pes opolitico che hanno oggi i paesi sottosviluppati ,i quali hanno bisogno di finanziamenti a lun-go termine per i loro programmi di svilupp orapido e per superare la fase della monocol-tura, avviandosi verso la pluricoltura, favo -rendo l'accesso di capitali necessari per lo svi-luppo agricolo e industriale . Sotto questo pun-to di vista bisogna valutare la sterilità delleiniziative che sono state di recente prese pe rcoordinare gli sforzi dei paesi industrializ-zati capitalistici negli aiuti ai paesi sottosvi-luppati . Finora il solo elemento politico cor-rettivo del meccanismo cosiddetto di mercatoè stato quello strategico-militare adottato da-gli Stati Uniti d'America, non solo per la par -te di aiuti specificamente militare, ma anch eper la parte di natura economica, ciò che hacondotto, come tutti sappiamo, al sostegno del -le strutture più arretrate dei paesi sottosvilup-pati, aprendo una crisi politica drammatic ache oggi è ricaduta sull ' amministrazione ame-ricana .

In queste condizioni, sarei quasi tentato d iapprovare il rifiuto che il Governo italianoha opposto alle proposte americane di unapartecipazione sostanziale italiana ai finan-ziamenti ai paesi sottosviluppati, ma restaper lo meno strano e politicamente molto si-gnificativo il fatto che questo « no » sia stat opronunziato al termine di un anno, il 1960 ,che ha visto un movimento di capitali ita-liani di estrema rilevanza . Per la sola par-tecipazione in imprese estere, con trasferi-mento di valuta e con esportazione di ben istrumentali senza contropartita, si sono avu-ti 170 milioni di dollari in uscita ; per espor-tazioni con pagamento differito, 200 milion idi dollari in uscita ; per impieghi all'esterodel sistema bancario italiano, abbiamo un auscita di 400 milioni di dollari, cioè un totaledi 790 milioni di dollari, i cui riflessi sui con-ti in valuta sono evidenti se si pensa che ne l1959 abbiamo avuto una differenza in pi ùper 182 milioni di dollari di oro e di valutae nel 1960 una differenza in meno di 237 .milioni .

singolare udire gli esponenti massim idella nostra amministrazione monetaria af-

fermare che dei due pressanti problemi ch estanno oggi davanti all'Italia in campo inter -nazionale economico – quello degli aiuti aipaesi sottosviluppati e quello della liquiditàinternazionale – l'Italia deve, dare il suo con-tributo essenzialmente a quello della liquiditàinternazionale, affermando poi che per il pri-mo problema ci si deve in ogni caso muover ein limiti e forme compatibili con le esigenz edi sviluppo economico interno del paese ; con-siderazione che non è stata fatta per il nostrocontributo, assai largo e sostanziale, alla li-quidità internazionale .

La verità' che la subordinazione dell apolitica di sviluppo al meccanismo della pa-rità del cambio esterno costituisce una scelt adi una determinata politica di sviluppo ; nonè un meccanismo tecnico, è una scelta cal -colata, fondata (come le politiche di svilupp oproprie di tutta l'Europa occidentale di ogg isulla concentrazione degli impegni. finanziar inel settore capitalistico, nel condizionamentorigido della domanda e nella accentuazion edegli squilibri interni, come quelli macro-scopici del nostro paese nell'agricoltura e ne idislivelli territoriali .

Anche qui vorrei fosse chiaro che nes-suno di noi si illude di poter modificaresostanzialmente un terreno di scambi conl'Europa occidentale o di annullare o modi-ficare radicalmente il tipo della domanda pro-prio dell'Europa occidentale . Quello che s ideve rifiutare è che si ponga come alternati -va o il conglobamento completo del nostrosviluppo economico in un certo settore euro-peo, oppure più vasti rapporti con i paesi sot-tosviluppati . Tra l'altro questa politica è pe rtutto il mondo occidentale di una cecità pau-rosa, giacché conduce fatalmente allo scop-pio di contraddizioni non solo economiche, m apolitiche assai gravi con i paesi sottosviluppati .0 si modifica il tipo di sviluppo economico ne ipaesi industrializzati, e allora si riesce ad in-staurare un certo tipo di rapporti coi paesi sot-tosviluppati, oppure la contraddizione è de-stinata ad elevarsi in termini economici epolitici in notevole misura e, tra l'altro, su lpiano economico porta ad isterilire correnti d iscambio a cui il nostro paese è interessato .

Vi è dunque una cecità di cui non resta ch eprendere atto anche in confronto alle prospet-tive che si pongono tra paesi sottosviluppati epaesi socialisti nella competizione politica in-ternazionale ed in modo particolare con laUnione Sovietica, nella quale il forte svilupp odella produttività del lavoro nell'industria e danche, in questa fase, il divario crescente fr ail rapidissimo aumento produttivo nell'indu-

Atti Parlamentari

— 21699 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

stria ed una relativa stagnazione nell'agri-coltura, pongono problemi nuovi nei confrontidei paesi sottosviluppati ed aprono probabil-mente nuove possibilità, sconvolgenti per ilgrande commercio internazionale, di rappor-ti fra i paesi socialisti ed i paesi sottosvilup-pati .

Cieca indubbiamente questa politica, m anon priva di coerenza, giacché tale ancora -mento meccanico e rigido a schemi monetar iinternazionali corrisponde praticamente all arinunzia ad una politica realmente selettivaall'interno, ad una politica avente fini di svi-luppo nell'uso delle risorse finanziarie e con-duce a finanziamenti non controllati dell escorte, a finanziamenti bancari (clamoroso alriguardo il 1960), alla sopravalutazione deititoli in borsa, conduce indubbiamente ad unprocesso di concentrazione, tramite la distri-buzione puramente produttivistica al livell odelle imprese, della liquidità interna .

Ecco perché la liquidità che si è realizzataper movimenti di capitale a breve termine inItalia, anziché essere realizzata sulla base d iprogrammi di sviluppo, è stata trasferita all eimprese, soprattutto a quelle in grado di far eemissione di azioni o di obbligazioni .

E in tali condizioni la domanda che ci s ipone è questa : che significato hanno le no-tevoli, apprezzabili cifre generiche di miglio-ramento della nostra economia ? Che signi-ficato può assumere il fatto che, di fronte a dun aumento del reddito nazionale del 6,8 pe rcento e della produzione industriale del 13, 8per cento, abbiamo un aumento della produ-zione dei beni di investimento pari al 19,4 percento ? E un dato generico, entusiasmante i nsé, quello relativo al forte aumento della pro-duzione di beni di investimento . Ma la do-manda è questa : in che misura questo au -mento si distribuisce ? In che misura esso cre aeconomie e diseconomie esterne ? In che mi-sura esso è frutto di calcoli produttivistici, siapure a livello dell'impresa, e non invece ,come sembra sia in gran parte, frutto di imi-tazione tecnica ?

In verità le rilevazioni che si fanno sullaelasticità della domanda di macchinari indu-striali e di macchinari utensili dimostranola quasi assoluta anelasticità di tale domanda ,dipendente da prevalenti motivi di imitazion etecnica. Cioè tutti gli elementi selettivi ven-gono praticamente a mancare, proprio perl ' impossibilità di discriminare i dati .

Come organizzatore sindacale, potrei far-mi forte del fatto che i consumi, secondo i dat iufficiali e la relazione economica deI Governo ,sono aumentati in Italia in misura inferiore a

quella dell'aumento del reddito . Questo co-stituisce una testimonianza dei margini esi-stenti per l ' aumento salariale . Ma ancora un avolta ci si domanda : che significato ha i ldato globale dei consumi quando non si in-dichi la sua distribuzione e non si rilevinotutti gli squilibri di tale distribuzione ? Po-tremmo rallegrarci, anche come organizzator isindacali, del fatto che gli investimenti fissi ,i quali sono quelli che possono influire sullaoccupazione, siano aumentati del 14,45 pe rcento ; ma ancora una volta, se non discrimi-niamo all'interno di tale cifra l'orientament oreale di questi investimenti, abbiamo ben poc oda comprendere .

In questa luce, di una valutazione neces-sariamente selettiva, vanno considerate le dif-ficoltà in cui si trova la nostra agricoltura eil crescente dislivello territoriale tra regionee regione : non come ombre di un quadr oluminoso, ma come modi di essere di un cer-to sviluppo, il quale, per la mancanza diprogrammazione, viene affidato alle imprese ,facendo gravare sulla collettività, senza che ci òrisulti in alcun modo da alcun calcolo eco-nomico, i costi sociali dell'operazione del -l'impresa.

Non vorrei parlare qui di piani economic ie delle condizioni della loro effettuazione : neha già parlato l'onorevole Giolitti ed io con -divido quanto egli ha detto . Vorrei ricordar esolo che uno strumento di selezione dello svi-luppo economico degli investimenti è già inatto e che su di esso è aperta una discussion enel nostro paese, anche a livello di Governo ,nei rapporti tra Governo e sindacati, tra sin-dacati dei lavoratori ed organizzazioni pa-dronali . Lo strumento è l'azione salariale esindacale che influisce sul volume e sull adistribuzione degli investimenti, quindi sull ostesso sviluppo : e influisce in ragione dell astrategia differenziata dei sindacati, che h aper ciò stesso effetto differenziato sullo svi-luppo economico; influisce come negoziazion esindacale e come alternative di natura eco-nomica alle richieste sindacali : infine, influi-sce anche chiaramente per la sempre crescent ecoscienza che i lavoratori hanno che i pro-blemi dell'organizzazione del lavoro non pos-sono più essere affrontati quando l'organizza-zione del lavoro sia già stata impiantata : de-vono essere organizzati a monte, cioè nel mo-mento in cui si prende la decisione dell ' inve-stimento; perché una volta presa tale deci-sione, il quadro diventa rigido ed in ess ol'autonomia sindacale perde la sua rilevanza .

Si discute molto, oggi, intorno a questo ; ei lavoratori hanno avvertito la vacuità . ai fini

Atti Parlamentari

— 21700 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

della formulazione di una politica di svilup-po, di criteri fondati sulla schematica contrap-posizione, all'interno del prodotto nazionale ,fra consumi e investimenti, concepiti indif-ferenziatamente, nel senso che, dato un cert oprodotto nazionale, si investe quello che no nsi consuma e viceversa e che bisogna quindiconsumare poco per assicurare un sufficient etasso di accumulazione per l'espansione pro-duttiva. La correlazione inversa fra consumi einvestimenti, dato un certo prodotto globale ,è una verità puramente aritmetica e per ciòstesso priva di qualsiasi contenuto logico . Ciòche conta non è il confronto indifferenziat ofra il livello dei consumi e livello degli in -vestimenti, ma la composizione relativa al -l'interno dei consumi e all'interno degli inve-stimenti .

Solo in questo modo si può qualificare i lcontenuto di una politica di sviluppo ed as-sumono rilievo le politiche salariali e, insie-me con esse, anche le tecniche salariali (strut-ture retributive, forme delle rivendicazioni edelle azioni sindacali volte a conseguire i ri-sultati previsti) .

Negli anni dell'immediato dopoguerra, ne lperiodo cosiddetto della ricostruzione, il sin-dacalismo italiano ha di fatto accettato o su-bito, direi, l'idea che un contenimento deilivelli retributivi avrebbe potuto facilitare l'as-sorbimento della disoccupazione strutturale .L'azione salariale si portò essenzialmente , suiminimi salariali, lasciando scoperta tuttal'area produttiva ad alta e crescente produt-tività, sorgente primaria di accumulazion eper nuovi investimenti . Giocava anche, logi-camente, in quel periodo, la necessità di ripor -tare le retribuzioni, lungamente depresse, a dun minimo di sussistenza . Ma non vi fu d ifatto contropartita in termini occupazionali .Né poteva esservi, in mancanza di un qual-siasi controllo sui modi e sulle forme dell'ac-cumulazione e sulla sua destinazione territo-riale, settoriale e tecnologica .

Ora, le politiche salariali, le politiche sin-dacali rivendicative rappresentano in Italia ,come negli altri paesi europei, oggi, in man-canza di una , pianificazione democratica, l'im-mediato strumento selettivo di orientament odegli investimenti più democratico e pi ùavanzato .

Certo, queste politiche salariali sono estre-mamente difficili . Come organizzatore sinda-cale, non ho alcuna difficoltà a dichiararlo .Sono difficili anche in ragione della ostilitàche esse trovano non solo negli ambienti pa-dronali, ma anche nel Governo, nella oppo-sizione che il Governo fa alla formulazione di

una politica rivendicativa salariale . Le politi -che salariali in Italia sono rese particolar-mente complesse dalla disuguaglianza di svi-luppo nell'economia, rappresentata grossomodo da uno schema dualistico, su cui il re -latore sul bilancio si è intelligentemente in -trattenuto. La distribuzione dei redditi d ilavoro e della loro ascesa risente profonda -mente del dualismo nello sviluppo . Il sinda-cato è costretto . a tenerne conto, non può muo-versi come se lo sviluppo economico fosseomogeneo e al tempo stesso non può accet-tare passivamente la disuguaglianza, perch énon corrisponde ai modelli di sviluppo econo-mico caldeggiato dai lavoratori, i quali vo-gliono uno sviluppo equilibrato ed armoniz-zato . Questo dualismo corrisponde ad unastruttura della produzione e ad una strutturadei consumi perfettamente coerenti tra loro . Ebene ha fatto l'onorevole Giolitti a ricordar eche la genesi del dualismo non sta nella strut-tura dei consumi, ma in quella della pro-duzione che li determina .

Data la distribuzione dei redditi, il fort econdizionamento della domanda, la struttur adei servizi civili, il carattere distintivo e diprestigio di certi consumi, il prezzo di mer-cato non misura l'utilità delle scelte, la li-bertà di scelta a livello delle imprese nontiene conto dell'interesse collettivo, delle esi-genze economiche nazionali .

Le politiche salariali presentano dunqu edifficoltà notevoli, anche perché non possiamoaccettare di discutere una politica salarial ecome una scelta a livello di decisioni politi -che statali . La politica salariale è fondatasull'autonomia della organizzazione dei lavo-ratori e sulla lotta che essa sostiene con lacontroparte e non può formare oggetto di u nelemento di prederminata distribuzione daparte di una decisione statale . È certo ch eoggi politiche salariali che siano rivolte a no ncogliere gli elementi differenziati fra situa-zioni economiche e livelli tecnici diversi, aprima vista sembrano corrispondere ad u ntipo di sviluppo economico più omogeneo eperciò più desiderabile. In realtà non è così .Quando questa politica è stata sperimentata ,essa ha creato grosse rendite salariali nell eaziende e nei settori a più alta produttività .La riduzione dei costi unitari si è trasferitasolo in minima parte sui prezzi dei beni d imassa . La concentrazione è aumentata su lpiano territoriale . All ' interno dei settori si èfortemente accresciuto il grado di monopolio .La spesa pubblica è stata fortemente influen-zata dalle scelte economiche del settore a pi ùalta intensità di capitale . I salari di fatto sono

Atti Parlamentari

— 21701 —

Camera dei Deputata

III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

slittati, ma la loro crescente differenziazion enon ha provocato un processo di industrializ-zazione nelle zone sottosviluppate a mino rcosto del lavoro, perché in tutta l'Italia me-ridionale prevalente è stato il peso della de-pressione ambientale di cui il sottosalario èuno dei fattori decisivi, è elemento di disin-centivazione degli investimenti .

Se poi facciamo l'esempio opposto, com eci viene talvolta proposto, cioè quello di un asubordinazione meccanica degli andamenti sa-lariali ai livelli della produttività, vediam oche anche per questa via non si realizza u ncollegamento reale tra politica salariale e svi-luppo . Una linea salariale che segua pedis-sequamente gli andamenti differenziati dell aproduttività (sia a livello di azienda, sia d isettore) implicherebbe l'accettazione integral edell'attuale modo di sviluppo, subordinereb-be il sindacato a scelte non sue. In pratica ,accettando di subordinare in partenza le ri-chieste salariali al livello tecnologico dell eimprese, si rinuncerebbe al compito storic odel sindacato come molla di sviluppo, social ee tecnico, si consoliderebbe la stagnazionedelle aree e dei settori depressi ; si accettereb-bero le gestioni antieconomiche di oggi, rettepraticamente su rendite differenziali salarial igravanti sui lavoratori . In verità, l'aument odel costo del lavoro in settori e aziende arre-trate indurrà ad investimenti intensivi ap-punto nelle aziende arretrate, attuando unamigliore distribuzione anche territoriale e set-toriale degli investimenti .

Vorrei ricordare a questo proposito, co nlealtà, gli importanti dati economici illustrat iin un recente convegno proposto dai nostr icolleghi della C .I .S .L. e le relazioni dei pro-fessori Travaglini e Mazzocchi sulla politicasalariale in rapporto allo sviluppo economico ,relazioni che condividiamo in larga misura .Quello che è certo è che, di fronte ad una po-sizione del padronato italiano che tenta di ir-rigidire le contrattazioni ai livelli nazionalie di impedire differenziazioni nella dinamic asalariale, noi rispondiamo – come ho cercat odi illustrare – affermando che tale differen-ziazione ed articolazione è oggi uno strumen-to selettivo fondamentale dello sviluppo eco-nomico; e, al tempo stesso, non accettiam odi subordinare la politica salariale meccani-camente ai livelli conseguiti dalla tecnologiae dalla produttività, come sì vorrebbe per al-tro fare da parte del padronato più modern oed attrezzato, il quale desidera per quest avia eliminare iI confronto col mondo del la-voro, perché una posizione di questo generesubordinerebbe ancora una volta una politica

di sviluppo economico alle scelte indiscrimi-nate delle imprese .

Questa è la posizione che noi abbiamo su lproblema dei salari come elemento determi-nante oggi, nella libertà dell'espressione sin-dacale e nel riconoscimento della sua posi-zione, e come contributo importante per un asoluzione positiva di una politica di sviluppo .

Vi è la componente del commercio inter -nazionale ed il sindacato sul piano interna-zionale trova dei limiti drammatici in rela-zione alle condizioni in cui la competizion einternazionale pone i sindacati dei singol ipaesi . Ma la nostra posizione è molto semplicee chiara. Noi non crediamo in un coordina-mento delle banche centrali, che rappresent aun tentativo utopistico di dominio del capi-tale finanziario di modo ottocentesco, igno-rando le dimensioni del capitale industrial edi oggi. Noi, invece, crediamo fermamente alcoordinamento di una politica della produ-zione e di una politica sindacale, politica sin-dacale che diventi, al di là dei limiti nazionali ,un elemento di stimolo e di sviluppo per l atrasformazione economica di più vaste areee che ponga in termini nuovi il problema de irapporti tra paesi industrializzati e paesi sot-tosviluppati .

Credo che questa linea sarà sviluppata nelmovimento sindacale internazionale, per i lsuo nesso profondo con le politiche di svilup-po economico dei singoli Stati e coi rapportiinternazionali fra gli Stati . E lo sarà per un aragione che non parte da una premessa ideo -logica o da una premessa politica . Non è ne-cessario essere marxisti in partenza o non ènecessario essere in partenza gente di sinistr aper arrivare a comprendere quel che oggi s icomprende sempre più in ogni paese : cioè cheil processo di trasformazione nell 'organizza-zione dì produzione e di mercato tende sem-pre più ad irrigidire le programmazioni eco-nomiche; non solo ad aumentare l'entità e l edimensioni degli investimenti, ma a cristal-lizzare tutti gli elementi di programmazion eeconomica . L'imprenditore, in un mondo ch esi avvia, sia pure contraddittoriamente, vers ol'automazione, deve programmare tutti i suo isforzi e tutti i suoi elementi di costo e di ri-cavo. Noi usciamo sempre più da una fasedi relativa elasticità per entrare in una fasedi rigidità. In questa tendenza le alternativediventano limpide e semplici . O il pieno po-tere all'impresa, al padrone, che sceglie e de-cide, per l'intera durata dell ' ammortament odegli impianti, tutte le condizioni di lavoroin rapporto al mercato, oppure tutto il po-

Atti Parlamentari

— 21702 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961.

tere alla collettività dei lavoratori con la col-laborazione dei sindacati .

Sono alternative che maturano con un acerta Ientezza, ma non sono cose remote : sonocose già presenti oggi . L'elemento di rigiditànella programmazione economica dell'impre-sa, che porta alla subordinazione complet adelle forze rappresentative, esiste già oggi, aI -meno in parte, e ha importanti riflessi so-ciali .

A questo punto, non solo per il sindacat odi ispirazione marxistica, ma anche per quell idi altre ispirazioni la scelta è chiara . Quando isindacati belgi hanno chiamato alla lotta ilavoratori, hanno posto il problema del cri-terio fondamentale di sviluppo economico .

Questi sono problemi che esistono nell arealtà e che non possono essere ignorati quan-do si discute dei problemi dell'economia sta-tale, quando si fa il consuntivo di un ann odi forte espansione economica, quando si hal'obbligo di verificare alla luce di quest aespansione i dati strutturali che si proiettan osu un futuro più remoto .

Il Governo, nell'attuale paralisi delle con-vergenze, apparentemente non sceglie nulla .Io vorrei chiarire che il non scegliere null aè sempre una scelta . Il non definire un cri-terio di sviluppo economico, il mascherare i lvuoto della programmazione attraverso com-missioni e comitati, come strumenti per elu-dere le scelte, tutto questo è già una scelta ,la scelta fondamentale dell'affidare al settor ecapitalistico la direzione integrale dell'econo-mia, anche nei rapporti internazionali, con leconseguenze che io ho cercato di illustrare .

Questa è la ragione profonda della nostraopposizione, che non riflette un qualche aspet-to tecnico . Non credo nella possibilità, finchérestano questi elementi fondamentali di orien-tamento, di apportare delle modifiche che no nsiano marginali .

La nostra è una critica di fondo che ri-guarda il criterio fondamentale dello svilup-po economico . In questo sta la nostra ragioneprofonda di oppositori come sindacalisti ecome socialisti . (Applausi a sinistra — Con-gratulazioni) .

PRESIDENTE .

iscritto a parlare l'ono-revole Giorgio Amendola. . Ne ha facoltà .

AMENDOLA GIORGIO . Signor Presi-dente, onorevoli colleghi, un problema è a lcentro del dibattito, come della lotta politic ache oggi si conduce in Italia : l'esigenza di unapolitica di sviluppo democratico dell 'economiaitaliana, sulla base di un piano, di un pro-gramma nazionale, che rappresenti una alter -nativa all'attuale indirizzo di espansione mo-

nopolistica, che ha permesso di ottenere al-cuni risultati importanti (aumento del reddito ,della produzione, dell'esportazione), ma sol oa prezzo dell'aggravamento dei problemi d ifondo della società italiana .

necessaria una alternativa democratica ,o bisogna lasciare libero il corso alla espan-sione monopolistica ? possibile realizzareuna alternativa democratica, ed a quali con-dizioni politiche ? Una politica di sinistra, un apolitica che voglia essere di progresso demo-cratico e di rinnovamento del paese, si misur adalla sua capacità ad affrontare questo pro-blema, ad impostare e condurre avanti un apolitica di sviluppo democratico .

Ora, quali sono su questo problema la po-sizione della democrazia cristiana e quella de lGoverno ? E quali posizioni assumono le altr eforze politiche ?

Possiamo concordare con l'onorevole Isgr òquando egli richiede, per misurare il real eprogresso economico raggiunto dal nostropaese, un'elaborazione che tenga conto « degl ieffetti combinati del processo di sviluppo ne lprocesso di formazione del reddito e in quell odella distribuzione, con gli effetti sull'occupa-zione e quelli sugli squilibri regionali » . Sequesti sono gli elementi più significativi pe run tentativo di misura del progresso econo-mico in Italia, il giudizio trionfale dell'onore-vole Pella, sui risultati dell'espansione econo-mica negli anni 1950-60, va necessariament ecorretto e ridimensionato .

Se il concetto « di progresso e di sviluppodi un'economia al servizio dell'uomo richiam ain particolare » come ritiene l'onorevole Isgr ò« le nuove possibilità occupazionali, il miglio-ramento della distribuzione del reddito, il su-peramento degli squilibri territoriali non tra-scurando quale sintomo indicativo l'ovvi oautonomo processo di sviluppo economico » ,allora bisogna giungere alla conclusione ch el'espansione realizzata nell'ultimo decennio ,appunto perché diretta dai gruppi monopoli-stici a loro esclusivo favore, non si è tradott ain un progresso generale dell'economia ita-liana, in un progresso civile e sociale delnostro paese .

Tutti e tre questi indici – distribuzione de lreddito, occupazione, superamento degli squi-libri – non indicano un progresso general edella società italiana .

Innanzitutto la distribuzione del redditonon è migliorata, ma anzi ha dato luogo anuovi e più stridenti contrasti . Non a cas onota l'onorevole Isgrò che « incerto e parzial esi rivela il contenuto della relazione economic aper quanto concerne il processo di distribu-

Atti Parlamentari

— 21703 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

zione del reddito nelle sue molteplici forme » .Ora non è un caso che ciò avvenga . Il rifiuto ,reiterato nonostante le sollecitazioni e le cri-tiche che da anni più volte abbiamo avanzato ,a compiere nella relazione una seria indagin esulla distribuzione del reddito non esprim esoltanto un 'insufficienza tecnica ed una inca-pacità teorica, ma risponde ad una posizion edi classe . Si vuole nascondere il modo con cu iil reddito nazionale, ottenuto dalla fatica e dal -l ' ingegno dei lavoratori italiani, viene poi di-stribuito tra le varie classi sociali . Si vuoi co-prire il fatto che le classi che più lavoran omeno ricevono, e che più prendono, invece ,i ceti parassitari e retrivi, che vivono sfrut-tando il lavoro altrui . Questo è il dato che s ivuol nascondere ; per questo, dopo tanti anni ,non riusciamo ad ottenere che si compia un osforzo per svolgere un'indagine circa la di-stribuzione del reddito nel nostro paese .

Il compagno Pesentì, relatore di mino-ranza, al Senato su questo stesso bilancio, hafornito alcuni dati, non smentiti, sulla con-traddizione, che è alla base dell'espansionemonopolistica, fra' alti profitti e bassi salari ,contraddizione su cui si fonda tutto il process odi espansione in un regime di bassi salar iquale quello che caratterizza il nostro paese ,che registra le retribuzioni meno elevate fraquelle dei paesi del mercato comune europeo .

Secondo l 'onorevole Pesenti, il saggio d iplusvalore (ossia il valore creato dal lavor odegli operai ed estorto dai capitalisti) ani -monta a circa il 23 per cento del prodotto na-zionale del 1960, cioè a circa 4 mila miliardi .Mentre il valore aggiunto della produzione in-dustriale è passato da 2.946 miliardi nel 1950a 7 .593 miliardi nel 1960, la parte dei salar iè passata, secondo i dati forniti dal senatorePesenti, da 934 a 2 .197 miliardi nello stessoperiodo . Per cui il valore aggiunto per operai oè passato da 974 mila a un milione e 687 mil alire . La proporzione dei salari sul valore ag-giunto è quindi scesa dal 31,5 per cento de l1950 al 28,9 per cento del 1960 .

Questi dati non sono nuovi . Li ricordo inquest'aula, dopo che sono stati illustrati a lSenato dal relatore di minoranza, allo scopodi provocare finalmente una discussione daparte dei relatori e del Governo, perché even-tualmente quelle cifre siano discusse, criti-cate, smentite, ma perché si avvii comun-que un dibattito sulla questione della distribu-zione del reddito fra le varie classi . Riconosco ,del resto, il carattere approssimativo di cal-coli effettuati in questo modo; anche il calcolodel professor Mirabella, che ha affermatoavere gli investitori di capitale lucrato nel

quinquennio 1956-60 (tra dividendi, oneri gra-tuiti e plusvalenze delle quotazioni ordinari ein borsa), circa 13 .500 miliardi, una sommapressoché uguale all'ammontare dei salar ipagati in questi anni, è del resto anch'essoapprossimativo e indica tutt'al più una cert atendenza. Se è necessario, dunque, correg-giamo questi dati ; ma teniamo conto che laconoscenza del modo con cui il reddito è di-stribuito tra le classi è indispensabile per po-ter condurre un'efficace politica di sviluppo .

La società italiana presenta stridenti con-trasti fra la miseria degli uni e la ricchezzadegli altri, tra sfruttati e sfruttatori, fra ch iha troppo e chi manca del necessario . Ed èquesto regime di alti profitti e di bassi salar iche non ha permesso che il progresso tecnic osi sia tradotto, in questo decennio, in pro-gresso sociale .

Negativi sono anche i risultati per quantoriguarda l'aumento dell'occupazione. Anchesu questo punto i dati forniti dalla relazionesono confusi e contraddittori . Non solo nonsi conosce il numero esatto dei disoccupati ,nel contrasto permanente fra i dati del -l' « Istat » e quelli del Ministero del lavoro ,ma non è ben chiaro nemmeno chi debbaconsiderarsi nel nostro paese come disoc-cupato .

L'onorevole Isgrò si domanda « quali son ostati gli effetti provocati fino ad oggi nei con -fronti dell'occupazione dal processo di redi-stribuzione del reddito nazionale e di supera -mento degli squilibri settoriali », e rispond eprudentemente : « indagini recenti e meno re-centi, ufficiali e di privati studiosi, metton oin evidenza l'incertezza del grado degli ef-fetti raggiunti . In realtà la relazione per i l1960 presenta alcune variazioni positive i nquesto campo, ma un loro significato più at-tendibile avrebbe dovuto compararsi con i lnotevole livello raggiunto dal movimento mi-gratorio verso l'estero, anche se prevalente -mente verso i paesi della Comunità europea » .Infatti, in questo decennio, sono emigrati da lpaese due milioni e mezzo di lavoratori (du emilioni permanenti e mezzo milione di tem-poranei) . Cioè l 'emigrazione ha assorbito u nnumero di lavoratori corrispondente all 'ap-porto dato dalle nuove leve . Senza questa emi-grazione di massa, a quale livello si verrebbea trovare oggi la disoccupazione italiana, te-nendo conto che vi è una massa di forze de llavoro, che la relazione Isgrò calcola in circ aquattro milioni di unità, non pienamente oc-cupate, sottoccupate, che devono trovare an-cora una loro stabilità nel processo pro-duttivo ?

Atti Parlamentari

-21704 —

Camera deí Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

La carenza di manodopera qualificata incerte zone ed in alcuni settori del paese nondeve nascondere affatto che il problema del -l'occupazione stabile, della conquista di unposto di lavoro sicuro resta ancora il pro-blema centrale che deve risolvere una poli-tica economica di sviluppo del nostro paese .Tutto ciò avviene perché all'aumento dell aproduttività industriale non ha corrispost oche un debole incremento della occupazion eindustriale . E questo è avvenuto perché vi èstato, sì, un aumento della produttività, d icui ci compiacciamo, sia attraverso le nuov etecniche, sia attraverso i nuovi metodi di or-ganizzazione del lavoro (il che è fatto posi-tivo, perché assicura bassi costi e possibilitàconcorrenziali), ma oltre a questo aument ovi è nelle fabbriche italiane un aumento dellosfruttamento ottenuto attraverso la riduzionedegli organici l 'aumento degli orari di la-voro nella produzione, ciò che significa piùalti profitti e contrazione di più larghe possi-bilità di occupazione.

Se a Torino, dove vi è stato un aumentodella popolazione di circa il 30 per cento ,l'aumento dell 'occupazione nell ' industria siaggirerebbe attorno al 33 per cento nell'ul-timo decennio, possiamo affermare che in tut-ta Italia, in mancanza di dati precisi, l'au -mento dell'occupazione operaia, nel settor edelle industrie fondamentali, non supera i l20 per cento .

Terzo elemento avanzato dal relatore Isgròper misurare il punto di progresso economic oè quello della gravità degli squilibri territo-riali . Non ne discuterò, perché è stata già effi-cacemente illustrata dai compagni Spallone eTognoni la gravità del fenomeno, che si èaccentuato nel corso degli ultimi dieci anni .In dieci anni di espansione economica nonsolo si è aggravata la questione meridionale ,ma si sono creati nuovi squilibri territoriali .

Secondo dunque i criteri avanzati dall'ono-revole Isgrò per misurare il progresso econo-mico del paese, bisogna concludere chel'espansione della produzione del reddito no nsi è tradotta in progresso economico generale .L 'espressione di questo mancato progress oeconomico è fornita dall 'emigrazione forzatadi milioni di italiani : due milioni e mezzoall 'estero; due milioni e mezzo all'interno. Èun prezzo immenso, e più volte lo si è sotto-lineato, un prezzo economico e sociale che ri-cade sulla società, e non sulla, singola impre-sa capitalistica . Si tratta infatti dell'impove-rimento delle regioni di emigrazione, e s itratta del costo di insediamento per ogni im-

migrato interno, che si calcola intorno ad u nmilione per ogni unità immigrata .

L'espansione economica non si traduc edunque in progresso, ma, affidata alla dire-zione dei gruppi monopolistici, determina pi ùgravi contraddizioni . Ci vuole dunque, comenecessaria alternativa, un nuovo indirizzo d ipolitica economica, una politica di sviluppobasata su un piano che non si limiti ad indi -care gli obiettivi ma che si traduca in inter -venti per raggiungere tali obiettivi, e che si afornito di strumenti idonei a tal fine .

L'onorevole Isgrò, avendo avuto 1'« onore » ,come egli ricorda, di far parte della commis-sione nazionale per il programma della demo-crazia cristiana, sente il dovere « di dichia-rarsi solidale e vivamente impegnato affinch éle ipotesi di uno schema indicativo si tradu-cano in interventi di politica economica fina-lizzati verso l'assorbimento delle unità lavo-rative disponibili » .

Prendiamo atto di questo impegno . L'ono-revole Isgrò fissa anche le componenti, glistrumenti e gli obiettivi che ritiene essen-ziali per la possibilità stessa di realizzazion edi un piano di sviluppo. Ed egli ci indicain una politica delle fonti energetiche, unapolitica delle partecipazioni statali, una poli-tica per il Mezzogiorno, una politica di svi-luppo dell'agricoltura, una politica antimono-polistica, la riforma dell'impresa con la par-tecipazione dei lavoratori alla gestione dell aimpresa stessa, la riforma fiscale, la politicadel credito e, tra le altre componenti, anch eil problema della casa, contro la speculazion edelle aree fabbricabili, ed i problemi dellaprevidenza sociale .

Sono indubbiamente i capitoli essenziali diun programma di sviluppo economico di va -sto respiro. E sono indubbiamente i capitol iessenziali di un piano di sviluppo economico .

Su ogni punto, naturalmente, vi sarebbeda avviare una discussione, ma le linee indi-cate dall'onorevole Isgrò offròno una piatta-forma valida di discussione. Ma con chi av-viare questa discussione ? Con noi ? Con i lGoverno ? E a nome di chi egli parla ? A nom edel gruppo parlamentare della democrazi acristiana ? Del gruppo di maggioranza che so-stiene questo Governo ? Perché, questo è ilpunto, quando l'onorevole Isgrò ha scritto l asua relazione, già aveva avuto luogo la di-scussione al Senato, ed egli non poteva igno-rare il discorso dell'onorevole Pella, che neg ainvece l'esigenza di una politica di svilupp ofondata su una programmazione non indica-tiva, fornita di strumenti adeguati, orientatain senso antimonopolistico .

Atti Parlamentari

— 21705 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

La risposta alle esigenze avanzate dallarelazione Isgrò è stata già data chiaramenteal Senato . Basti confrontare con l'enfasi dellarelazione Isgrò le parole prudentissime del -l'onorevole Pella, per sentire quale campanasuoni da questa parte . Infatti, l'onorevole Pel-la ha detto : « Una visione generale organic adi tutta la nostra politica economica, anchesotto il profilo di un eventuale aggiustament odello schema decennale Vanoni, fa parte de lprogramma di Governo . . . quanto meno sottoil profilo di un'adeguata programmazione d iinvestimenti » . Ecco che subito il tono si ab -bassa. E aggiunge l'onorevole Pella : « Sia inrelazione all'impegno assunto, sia in seguit oai fecondi scambi di vedute emersi nella co-siddetta conferenza triangolare, sia anche i nriferimento alla mozione Isgrò a conclusion edella discussione meridionalista, una commis-sione di esperti altamente qualificati, presie-duta dal professore Papi, sta lavorando a delaborare, in sede tecnica, una programma-zione organica su base nazionale » .

È possibile, onorevole Isgrò, ritrovare i nquesto cauto rinvio ai lavori di una commis-sione tecnica di esperti, quell'impegno soli-dale e morale a cui ella si richiama ? Un im-pegno solidale esige anzitutto un obbligo d ichiarezza e dì sincerità che deve essere pre-sente nella lotta politica . Fra le component idi una politica di sviluppo indicata dall'ono-revole Isgrò è compresa, alla ettera g) credo ,una componente chiamata « ideologico-mo-rale » . D'accordo : l'economia è fatta dal la-voro di uomini, di uomini che credono inqualche cosa, che vedono il mondo in u ncerto modo, che hanno certe concezioni, chelottano per i loro ideali . Ma la lotta per unnuovo indirizzo si deve fare chiaramente ,apertamente, sapendo contro chi si lotta . Econtro chi lotta l 'onorevole Isgrò per affer-mare questa concezione ? Non si può limitarela lotta a qualche nota a carattere minuto apie' di pagina, buona solo per pochi iniziati .Così si salva l 'anima, e si prendono posizioni ,avvertibili da pochi iniziati, non si affermauna volontà politica efficiente .

Così da queste note a pie' di pagina si rile-va che il professor Papi, scelto dall'onorevol ePella per la presidenza di quella commissio-ne, è criticato per la sua concezione della pia-nificazione indicativa. Ed anche questa cri-tica l'onorevole Isgrò la rivolge coperto dal-l 'autorità del professore Vito . Neppure quiegli si espone apertamente ; si manda il pro-fessor Vito a criticare il professor Papi .

Ma non è il professore Papi che bisogn acriticare, è l'onorevole Pella, che ha scelto,

e non a caso, a presidente della commissione ,l'uomo che ha una certa concezione della pia-nificazione che corrisponde alle idee degl ionorevoli Pella e Malagodi . l'onorevolePella che nega ogni esigenza di una politicadi sviluppo fondata su misure antimonopo-listiche ; è l'onorevole Pella che indicando gl ispecifici programmi presentati al Parlamento ,o in corso di discussione, o in corso di studio ,indica questa somma di provvedimenti disor-ganici come una programmazione in atto, « unriepilogo dei progetti e delle attività in cors oo in vista, nelle quali, se non è facile vede -re un legame organico, è doveroso ricono-scere un'organicità di ispirazione », osserv amalignamente il commentatore di Mondo eco-nomico, dove l' « organicità di ispirazionedell'onorevole Pella vuole indicare la suacoerente opposizione nel respingere ogni im-postazione organica di una politica di svi-luppo .

Pressato dalla richiesta di una program-mazione, l'onorevole Pella rinvia la questioneallo studio tecnico di una commissione d iesperti, affida questa commissione a uno stu-dioso che non oltrepassa i criteri di una pia-nificazione indicativa, cioè egli rifiuta l ' esa-me di un vero piano di sviluppo con gli obiet-tivi, gli interventi e gli strumenti che sono ne-cessari, e ciò significa rifiuto di affrontare i lproblema in sede politica .

E, l'onorevole Pella nella chiusura del suodiscorso tenuto al Senato ha elencato, unodopo l 'altro, i vari programmi settoriali cheegli ha chiamato programmazione in atto . Liha elencati questi programmi settoriali un oaccanto all'altro, come tante scatole ; pianoquadriennale dell'I .R .I . ; industrializzazionedel Mezzogiorno ; piano decennale delle auto -strade ; piano verde ; piano della scuola ; pianoper la rinascita sarda ; primo stralcio per lasistemazione dei fiumi ; sistemazione dell'azien-da autonoma delle ferrovie dello Stato ; incre-mento edilizio popolare ; qualificazione dell amanodopera; unificazione dei prezzi dell aenergia elettrica ; azionariato popolare ; dimen-ticando, ad esempio, il piano indicato dal-l'onorevole Fanfani relativo alle attrezzaturesportive, e forse, altri piani settoriali che po-trebbero ancora ritrovarsi . Ora tutto ciò nonè che un elenco di provvedimenti settorial ied è pertanto, la negazione di un'organicapolitica di sviluppo . tutto ciò che può of-frire il « centrismo dinamico degli anni 60 » ,caro all'onorevole Pella, cioè un'ammasso diprovvedimenti che in nessun campo offronoun ostacolo alla espansione monopolistica ,ma che anzi le forniscono nuovi strumenti di

Atti Parlamentari

— 21706 —

Camera dei Deputat :

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

penetrazione, assicurata da investimenti pub-blici manovrati da nuovi organismi buro-cratici centrali in direzioni che corrispon-dono a scelte determinate nei centri di poterecostituiti dai gruppi dominanti del capitalemonopolistico . Non vi è nulla in questi prov-vedimenti che possa limitare o colpire il po-tere dei monopoli e basterebbe questo a de-nunciare l'assenza delle premesse stesse d iuna politica di sviluppo .

Non è a caso che su questa linea si è rea-lizzata l'unità del gruppo dirigente della de-mocrazia cristiana, l'accordo fra Governo edestra economica, fra democristiani e libe-rali, accordo di cui l 'onorevole Pella è ottim ogarante e l'onorevole Malagodi l ' interpreteautorizzato della maggioranza dei convergenti .Del resto, l'intervento dell'onorevole Alpino ,di soccorso e di sostegno all'onorevole Pell ane è una conferma, anche se vi sono conte-nute critiche alle posizioni dell'onorevole Tra-bucchi . Del resto, l 'onorevole Pella è sull alinea esposta dall 'onorevole Alpino ed è lu ia dirigere la politica economica, e forse no nsoltanto la politica economica, del Governo ,ed è su questa base che si è fatto l'accord ocon i liberali . Svaniti i vecchi termini di con-trasto fra liberali e democristiani sull'au -mento della spesa pubblica e sugli intervent istatali, l'accordo infatti è stato raggiunto in -torno alle concrete direttive nelle quali l aspesa pubblica e l'intervento della Stato s ipossono realizzare senza colpire posizioni d imonopolio, anzi favorendone l 'espansione .

Tutto ciò è rivelatore del carattere cen-trista e conservatore del Governo Fanfani .L'onorevole Fanfani rappresenterebbe, secon-do alcuni osservatori politici, la tendenza pi ùmoderna della democrazia cristiana, dove l a

modernità » dovrebbe esprimere la dispo-sizione ad una politica che, partendo dall ostesso interesse dei gruppi monopolistici ch ehanno conquistato una capacità concorren-ziale sul mercato internazionale, a liberarsi daimpacci che ostacolano una più rapida avan-zata del processo attuale di espansione, sol-leciterebbe un inserimento collaborazionistadi una parte della classe operaia per la rea-lizzazione di un disegno organico riformista .Questo preteso riformismo dell'onorevol eFanfani è stato oggetto di tenaci speranze maanche di altrettante delusioni da parte deifautori di quella politica di centro sinistrache dovrebbe essere fondata sulla division edella classe operaia, e sulla collaborazion eottenuta, ad un certo prezzo, del partito so-cialista italiano con la democrazia cri-stiana .

Ma, merita l'onorevole Fanfani di esser eoggetto di tante tenaci speranze e di così ir-riducibili avversioni ? C'è veramente quest odisegno politico riformista ? Qual è la suaconsistenza ? Qual è il prezzo che la demo-crazia cristiana ed i gruppi dominanti, il ca-pitale monopolistico sono disposti a pagar eper ottenere questa collaborazione con un aparte della classe operaia ? Quali sono, insom-ma, i limiti di una politica riformista nell aconcreta situazione italiana dove il capitali-smo ha un certo, inconfondibile carattere, edove il movimento operaio conserva un'alta ,fortissima, unitaria, combattiva carica rivo-luzionaria ?

In astratto, un processo di espansione ca-pitalistica non solamente consentirebbe, m arichiederebbe addirittura una liberazione del -l'economia italiana da tutti gli impacci e datutti gli ostacoli accumulati dalle classi diri-genti italiane per conservare le loro posizion idi privilegio economico e sociale conquistat enel corso dello sviluppo storico nazionale .

In astratto una certa riforma agraria, l anazionalizzazione dei monopoli elettrici, l osviluppo dell'autonomia regionale, la rifor-ma della scuola, non solamente non contraste-rebbero con le esigenze di una espansione ca-pitalistica, ma indubbiamente potrebbero fa-vorirla, eliminando alcune strozzature ch eoggi rallentano lo sviluppo economico de lpaese .

E si comprende come siffatta azione libe-ratrice, di epurazione capitalistica, potrebbeessere una valida piattaforma per un incontrotra il riformismo cattolico e il riformismo so-cialdemocratico, cioè per una politica di cen-tro-sinistra che corrisponda alla impostazion edell'onorevole Isgrò . Ma prima di giudicarequesta politica, di esaltarla come fanno i so-stenitori del centro-sinistra, che arrivano adistinguerla persino nei fumi della sibillin aoratoria fanfaniana, nella difficile analisi deidiscorsi di Fanfani da Rapallo a Ravenna, odi avversarla, occorre accertare se questo di-segno esiste e se esso abbia possibilità di rea-lizzarsi nel concreto contesto delle forze socia-li e politiche italiane .

L'onorevole Fanfani gradisce evidente-mente di essere oggetto di tante speranze edi tante avversioni, non teme le avversioni egradisce gli applausi, ed è lieto delle pole-miche gli preparano una buona piattaform aelettorale per il 1963 e che lo dipingono comel'uomo che sopporta pazientemente gli indu-gi che gli sono frapposti dall'attuale distri-buzione delle forze, ma che fa comprender edi essere pronto ad agire, appena potrà . Ed

Atti Parlamentari

— 21707 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

egli è presentato come l'uomo che è semprequello del discorso di Rapallo, delle « vie nuo-ve », non meglio indicate . Ma quali sonoqueste vie nuove ? L'approvazione del pian overde alla vigilia della conferenza agraria, l arelazione dell ' onorevole Isgrò messa a con-fronto col discorso di Pella, indicano i limit ie il carattere del cosiddetto riformismo de-mocristiano, e mostrano la doppiezza obbli-gatoria della politica della democrazia cri-stiana, che è costretta da una parte a ricono-scere l 'esistenza di problemi strutturali dell asocietà italiana, aggravati e non attenuati dal -l ' espansione monopolistica, e che attua nell ostesso tempo una politica governativa tutt avolta a favorire questa espansione .

Oggi i problemi di un rinnovamento strut-turale si impongono con forza crescente comei problemi stessi del progresso politico e deconomico della società italiana : agricoltura ,Mezzogiorno, regione, scuola, sanità, sicurez-za sociale, trasporti . Tutti nodi che vengonoal pettine .

La stessa espansione monopolistica, e i lcarattere tumultuoso dei processi che ha susci-tato, pongono con urgenza problemi che oc -corre risolvere per eliminare tante strozza-ture che impediscono un organico svilupp odell'economia italiana .

La democrazia cristiana non può negarel'esistenza di tali problemi, che investono l asua base di massa e vi suscitano inquietudini ,proteste, rivendicazioni e spinte combattive .Per mantenere il controllo politico della su abase di massa, il minimo che la democraziacristiana possa fare è di riconoscere l'esi-stenza di questi problemi e la necessità di pro -cedere a profonde modifiche strutturali . Rla funzione assunta dall'onorevole Isgrò nell asua relazione .

ISGRÒ, Relatore . Ho parlato di plurali-smo politico, sindacale e ideologico nel siste-ma democratico .

AMENDOLA GIORGIO . Vogliamo sape-re qual è la posizione del suo partito, se l asua è la voce di un singolo deputato o quelladell'esponente della maggioranza .

ISGRÒ, Relatore . Vi è un programma del -la democrazia cristiana per questa legisla-tura .

AMENDOLA GIORGIO. Quando ella nonera presente, ho posto in rilievo il contrast otra la sua posizion,, e il discorso dell'onore-vole Pella, contrasto veramente stridente .

Lo stesso onorevole Fanfani non è avar odi gravi riconoscimenti . Cito a memoria al -cune sue espressioni : « L'agricoltura è un agrande malata », « In due sul fondo mezza -

drile non ci si può stare », « Bisogna espro-priare i proprietari inadempienti agli obbli-ghi di miglioria », « L'esistenza delle condi-zioni della Calabria è una Vergogna », « Biso-gna moralizzare », « La macchina dello Statonon funziona », « Non ho invitato a nasconde-re le magagne e le piaghe, ma a individuarle ,ad eliminarle e a sanarle » .

Sono affermazioni gravi, dalle quali do-vrebbe discendere una politica nuova . Ma aqueste parole corrispondono invece provvedi -menti parziali, frammentari, marginali, com equelli proposti dopo il viaggio in Calabria :provvedimenti che non si propongono affatt odi mutare l'indirizzo della politica seguita da iGoverni democratici cristiani nell'ultimo de-cennio, politica che ha favorito l 'espansion emonopolistica, ma solo di operare qualche ri-tocco, qualche parziale aggiustamento, e d igiungere a qualche concessione marginale .

Si tratta di una politica della quale no nvoglio neanche sottovalutare una certa effi-cacia immediata, soprattutto finché essa è so-stenuta da un'alta congiuntura economica . I lriconoscimento della esistenza e della gravit àdei problemi è già un mezzo per mantenereun contatto con le popolazioni travagliate d aquesti problemi, per andare incontro al lor omalcontento . I primi provvedimenti presi ,seppure inadeguati, dovrebbero indicare l avolontà di fare qualcosa . Tutto ciò si appog-gia su una argomentazione che sembra d ibuon senso, la stessa argomentazione che valeper l'agricoltura e per il Mezzogiorno, l'argo-mentazione che ho sentito echeggiare nell ecampagne elettorali di queste ultime setti-rnane . Non si nega la gravità dei problemi ,non si nega nemmeno che ciò che si è fattoè poco di fronte a ciò che ancora si deve fare ,ma si aggiunge che bisogna avere pazienza eche non si può fare in un giorno, in un ann oo in un decennio un'azione che ponga fin eagli squilibri creati in un secolo . L'impor-tante è però che qualcosa si faccia .

Questa è l'argomentazione su cui si reggela politica governativa !

L'onorevole Pastore si riscalda davanti all enostre critiche ed afferma che noi neghiamo ,oppositori preconcetti, che si sia fatto qual-cosa nel Mezzogiorno .

Onorevole Pastore, il problema non è divedere se si sia fatto qualcosa, poco o molt o(ed io penso che si sia fatto molto, ma i nuna direzione opposta a quella imposta dall eesigenze di vita di quelle zone), il problemapolitico su cui occorre fare chiarezza è d iaccertare la direzione dell'attività gover-nativa . Ed allora si vedrà che tutta l 'azione

Atti Parlamentari

— 21708 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

governativa è stata diretta a favorire l'espan-sione monopolistica, fondata sul saccheggi odel Mezzogiorno e dell'agricoltura .

I provvedimenti parziali e settoriali, ch epur comportano impegni per centinaia e cen-tinaia di miliardi, elencati dall'onorevol ePella non sono le prime timide misure diuna politica di sviluppo economico, ma l anegazione di tale politica e gli strumenti dell aespansione monopolistica . Tutti i provvedi-menti governativi e i vari piani settoriali siriportano ad uno schema comune, che è quel -lo del capitale monopolistico di Stato, per l acompenetrazione tra organi burocratici straor-dinari, svincolati dai controlli dell 'ordinariaamministrazione, e i monopoli, secondo i lmodello classico fornito della Cassa per i lmezzogiorno .

L'onorevole Fanfani sostituisce ad una po-litica organica di sviluppo democratico del -l'economia italiana il ricorso all 'attivismo am-ministrativo, al mito dell'efficienza governa-tiva, con una rapida accentuazione di quel -l'elemento di autorità personale che già ca-ratterizzò il suo Governo nel 1958 e che oggiviene rafforzato dalle tendenze autoritarie epoliziesche dell'onorevole Scelba, con le vio-lenze contro i lavoratori che lottano per otte-nere migliori condizioni di vita, e con la mor-tificazione di quelle esigenze autonomiste chesono le premesse per la elaborazione di un ademocratica politica di sviluppo . Il disegnoorganico di una politica di sviluppo svanisc enel trasformismo dell'onorevole Moro, nell eaffermazioni contrastanti dell'onorevole Fan-fani, nella sicurezza dell'onorevole Pella, cheparla a nome di tutti perché ha in mano leleve essenziali della politica governativa . Tut-to ciò tiene la democrazia cristiana su un alinea che, qualunque cosa si dica, è una lineacentrista; tutto ciò consolida l'alleanza tra lademocrazia cristiana e i liberali ; ma tutto ciònon può non aggravare la difficoltà di mante-nere i rapporti con i partiti repubblicano esocialdemocratico mentre toglie ogni possibi-lità di dialogo tra la democrazia cristiana eil partito socialista e lo respinge su posizion idi lotta per una alternativa democratica . Inuna siffatta situazione, i fautori del centro -sinistra sono costretti ad inghiottire rosp isempre più grossi, con grave pericolo per l aloro salute .

La delusione di coloro che aspettavano un ospostamento a sinistra dalle promesse e dall emanovre dell'onorevole Moro e dell'onorevol eFanfani non ci commuove .

Ma dove pensa di poter andare la demo-crazia cristiana con la sua ostinazione conser -

vatrice, con il suo rifiuto di accettare le esi-genze 'che .si levano dalla maggioranza del po-polo di una politica di sviluppo fondata su ri-forme strutturali ? Sì, maggioranza : perchéquesta politica è richiesta dai comunisti e da isocialisti (sono già 11 milioni di voti), dai re -pubblicani, dai socialdemocratici, dai radical ied infine dalle forze lavoratrici cattoliche ; equesta richiesta che parte dalla base cattolicadeve essere particolarmente forte, se l'onore-vole Isgrò ha dovuto accoglierne l ' ispirazionenella sua relazione .

ISGRO, Relatore . È il programma della de-mocrazia cristiana .

AMENDOLA GIORGIO. Ma non l'azionegovernativa . Ecco il contrasto tra le parolee i fatti .

ISGRÙ, Relatore .

anche l'azione gover-nativa .

AMENDOLA GIORGIO . Lo scopo del miointervento è 'di arrivare ad una chiarificazionesu questo punto . Riconoscere le esigenze d iun rinnovamento strutturale per tacitare le im-pazienze, senza fare poi nulla, è una manovraa breve respiro, una manovra che non puòdurare .

Dove si vuole arrivare ? Quali sono i tra -guardi che la democrazia cristiana e per ess ail suo gruppo dirigente attuale indicano all eforze cattoliche, al movimento politico deisuoi alleati ? Quali prospettive si offre alpaese ? Il gruppo dirigente della democraziacristiana può sperare di controllare ancora l asituazione parlamentare ma ciò avviene aprezzo 'di un deterioramento generale dell eistituzioni parlamentari, a prezzo di una poli-tica avvilente di rinvii, di insabbiamenti ,compromessi, a prezzo di una permanente in -stabilità governativa, a prezzo di un crescentelogorio della efficienza dello Stato .

Il Governo Fanfani, nato come governo diemergenza, riesce a prolungare la sua esi-stenza, ma è costretto a ridiscutere periodica -mente l'opportunità di restare in vita e dev equindi perdere prestigio, autorità e sicurezza .

Il gruppo dirigente della democrazia cri-stiana può sperare di poter controllare ancoraper qualche tempo la situazione elettorale, m aquesta è giunta ormai al limite di sicurezza .La maggioranza dei convergenti ha ottenut onelle ultime consultazioni appena il 5f-52 pe rcento dei voti . Gli spostamenti sono minimi elenti, ma avvengono tutti in direzione dellasinistra, e la democrazia cristiana ,è sempr epiù lontana dal vecchio e sempre agognatoobiettivo della maggioranza assoluta, anche s eriesce a pompar voti dalla destra .

Atti Parlamentari

— 21709 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

Ma fin dove l'onorevole Fanfani e l'onore-vole Moro si illudono di poter durare, di pote rimpedire che i grossi problemi strutturali ,aggravati dal tumultuoso processo di espan-sione monopolistica, scoppino in rapidi e ra-dicali spostamenti delle masse lavoratrici ,portate dalle esperienze e dalle lotte a rive-dere i termini nei quali è stata costretta nel -l'ultimo decennio la lotta politica in Italia ?

Questo è l'obiettivo per il quale noi lot-tiamo : la maturazione di una coscienza poli-tica nuova in larghe masse di popolo che vo ioggi ancora controllate, ma che già senton odi non poter più sopportare la vostra politic ae vi sfuggono, dunque, e cercano la via pe runa nuova unità democratica, che è condi-zione per una reale svolta a sinistra . Questoobiettivo è ambizioso, ma è più vicino d iquanto possa apparire, perché la maturazion edi una coscienza nuova procede rapidament ee si esprime nelle grandi lotte unitarie .

Perciò quel che per noi conta è determi-nare una crisi politica e non una semplicecrisi ministeriale, la crisi del centrismo dina-mico degli anni ''60, la crisi dell'unità coatt adella democrazia cristiana fondata sulla mor-tificazione e sulla capitolazione delle forzedella sinistra cattolica, perché lo sciogliment odell 'equivoca maggioranza dei convergenti e dil rovesciamento del Governo Fanfani apranola via ad una soluzione politica positiva eda uno spostamento a sinistra della direzionepolitica del paese .

una lotta che ha le sue scadenze urgenti ,perché i gruppi monopolistici tendono a im-porre una loro soluzione ai problemi dell asocietà italiana, ma è una lotta che occorrecondurre senza frettolose impazienze . unalotta che bisogna saper portare avanti co ntenacia, sapendo che obiettivi di tale impor-tanza possono essere raggiunti soltanto senuove grandi masse di popolo scenderanno i ncampo e si uniranno alle forze che già d atempo si battono coerentemente per un rin-novamento nazionale .

L'entrata nella lotta di nuove e grand iforze di popolo è il fatto nuovo della situa-zione italiana . Allo sviluppo di questo movi-mento unitario di lotta è affidata la possibilit àdi imporre una politica nuova di alternativ ademocratica, una politica di sviluppo demo-cratico .

Guardate quello che avviene nelle campa-gne . Se il Governo pensava, facendo appro-vare il « piano verde » alla vigilia della, con-ferenza nazionale dell'agricoltura, di creareun fatto compiuto, che avrebbe ridotto la con-ferenza ad una accademica discussione, il mo-

vimento delle conferenze comunali gli avràgià dato la prova che i suoi calcoli eran osbagliati, perché non tenevano conto del fattonuovo dell'intervento nella lotta dei protago-nisti del rinnovamento dell'agricoltura : icontadini, che si sono raccolti e sempre piùsi raccoglieranno attorno alla bandiera dellalotta per la riforma agraria generale, per dar ela terra ai contadini che la lavorano, libera -mente associati ed efficacemente assistiti dall oStato .

Guardate oggi il movimento delle univer-sità, dove professori e studenti si battono no nsolo per la riforma della scuola o per miglio-ramenti economici, ma per l'avvenire del no-stro paese che è affidato alla capacità ed all apreparazione delle nuove generazioni . Ed è laclasse operaia che lotta, onorevole Isgrò, per -ché le sue richieste di far partecipare il lavo-ratore alla gestione delle imprese, di ridurr el'orario di lavoro, di migliorare i salari di -ventino realtà, attraverso un nuovo poter econtrattuale imposto nella lotta ai padroni ,malgrado l'appoggio che il Governo democra-tico cristiano e la polizia dell'onorevole Scelb adànno all 'esosa ed egoistica resistenza pa-dronale .

Di fronte a questi movimenti di lotta, d ifronte alle profonde esigenze di rinnovamentoche essi esprimono, cadono i tentativi di co-prire con il riformismo spicciolo e l'attivism oamministrativo la continuazione della vecchiapolitica clericale di involuzione democraticae di espansione monopolistica . Ci vuole altr oCi vuole una politica nuova di rinnovamentodemocratico e socialista . E questa politica sifarà contro il vostro governo e contro la de-mocrazia cristiana, come alternativa fondat asu una nuova unità democratica, conquistat anella lotta dal popolo libero . (Applausi a sini-stra -- Congratulazioni) .

PRESIDENTE .

iscritto a parlare l'ono -revole Sponziello . Ne ha facoltà .

SPONZIELLO . Signor Presidente, onore-voli colleghi, onorevoli ministri, se non si pu òcontestare – e mi piace dichiararlo in aper-tura – la fondatezza di un certo ottimism oche accompagna la presentazione di quest ibilanci ; se può essere fondato il rilievo chei due indici, quello dell'incremento del red-dito nazionale e quello dell'incremento de lbilancio dello Stato, sono di valore, se no naddirittura uguale, alquanto vicino ; se nonpuò del pari essere sottaciuto che un certoequilibrio per ora esiste e che, quindi, il rap-porto tra reddito nazionale e prelievi dell apubblica amministrazione, per l ' adempimentodei servizi a cui essa

tenuta, camminano

Atti Parlamentari

— 21710 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 1961

su un piano di sviluppo pressoché uniforme ;se tutto ciò, per serietà di linguaggio ed one-stà di critica, può essere riconosciuto, è al-tresì vero e incontestabile che, a voler guar-dare o a saper guardare dietro le ottimisti -che affermazioni e al di là delle stesse cifre ,non poche sono le contraddizioni e non scars ele preoccupazioni nel constatare come, mal -grado una situazione indubbiamente favore-vole pérché di alta espansione produttiva ,molti problemi – e tra i più gravi – atten-dano ancora la loro soluzione .

Tra queste contraddizioni e preoccupazionive ne è una di base, di fondo, che non pu ònon determinare scetticismo ed incredulitàper le prospettive del domani rappresenta-teci più che con il verde della speranza, co nle rosee tinte della certezza .

L'onorevole Pella in sede di replica al Se-nato, se non vado errato, esaminando i rap-porti intercorrenti fra la politica economica ,la politica finanziaria e la politica sociale ,ha affermato testualmente : « Non può sussi-stere una politica economica avulsa da un apolitica finanziaria e da una politica sociale .Tutte – ha aggiunto – rappresentano le formedi uno stesso poliedro. È intendimento delGoverno perseguire una politica economicache sia al servizio dell'uomo . Si tratta – haprecisato – di identificare le strade e le for-mule per realizzare un tale tipo di politica » .Dunque, ha detto l 'onorevole Pella che no npuò sussistere una politica economica avulsada una politica finanziaria e da una politicasociale .

Principio esatto, principio che sottoscri-viamo . Se è vero che una certa politica eco-nomica si congiunge per « li rami » con un acerta politica finanziaria e con una certa po-litica sociale, credo di non affermare cosainesatta, cosa di sapore squisitamente o sol-tanto polemico, credo cioè di non usare ton odi opposizione a tutti i costi affermando ch ese per caso la politica finanziaria è contraddit-toria, se per caso la politica sociale si presentainsufficiente o lacunosa, magari per concede -re a questo o a quello, magari per indulger ea situazioni contingenti di formule o di com-binazioni politiche, nessuno potrà coscien-ziosamente contestare che anche la politic aeconomica sia contraddittoria, insufficiente ,lacunosa, con tutte le prevedibili negativeconseguenze .

Non voglio allontanarmi minimamente daltema, trasferendo su terreno squisitamentepolitico, come ha fatto testé l 'onorevole Amen-dota, quello che deve essere un discorso squi-sitamente tecnico; ma proprio prendendo lo

spunto dall'esatta affermazione di principiofatta dall'onorevole Pella, non si può non ri-levare come i dissidi di cui si legge quasiogni giorno fra alcuni gruppi o forze poli-tiche che dovrebbero essere omogenee, per-ché sorreggono tutte la stessa maggioranza ,non lascino certamente sperare in una orga-nica, armoniosa, coerente e stabile politicafinanziaria e sociale e, quindi, non lascin oprevedere, secondo l'impostazione esatta, chenoi sottoscriviamo, dell'onorevole Pella, un aorganica, armoniosa, coerente e stabile politic aeconomica .

Badate che non sono tra quelli che pen-sano che gli attacchi quasi quotidiani dei re -pubblicani ai liberali o la schermaglia, quas iquotidiana anch'essa, tra una parte della de-mocrazia cristiana e i socialdemocratici, tutt iforse con obiettivo comune la posizione de iliberali, siano espressione di vuota dialettic ao di esercizio polemico . Né penso, d'altronde ,che l'affannoso accorrere, quasi quotidian oanch'esso, del Presidente del Consiglio per ti -rare l'orecchio a questo o a quello, per mette rpace in famiglia sia determinato da basso cal -colo di convenienza e non invece da quel mag-giore senso di responsabilità, che per mio co-stume, pur nella dialettica politica, pur nellalotta politica, devo riconoscere al President edel Consiglio .

Io sono convinto, invece, che attacchi ,schermaglie, dialettica e affanni siano l'espres-sione di idee, di impostazioni, di indirizzi di -versi, proprio in tema economico, finanziari oe sociale, che si vorrebbero imporre – si condi-vidano o non si condividano – mentre contr odi essi si resiste da parte di altre forze com-ponenti la stessa maggioranza . Però tutto que-sto che cosa determina ? Che non può sfug-gire a nessuno che la preoccupazione e la con-traddizione di fondo alla quale accennavo ,quella contraddizione e quella preoccupazion edi base cui facevo cenno, hanno già una lor oletteratura a causa della composizione, dell avita stessa di questo Governo presentatore de ibilanci in esame .

Lo stesso onorevole Pella ha avvertito che« si presentano due tesi estreme, l'una iden-tificantesi nei propugnatori di una economiastabilizzata, l'altra nei sostenitori di una eco-nomia di mercato, pur se opportunamente gui-data », ponendo con ciò stesso in evidenza suquale strada d'incertezza si muova l'indirizz odi fondo della nostra politica economica .

A meglio convincersi basta spostare la lent ed'indagine su qualcuno degli aspetti del com-plesso quadro economico, quale ad esempio i lrapporto tra consumi e investimenti, Sono

Atti Parlamentari

— 21'711 —

Camera dei Depzttal i

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

anni che il problema viene posto sotto form ad' interrogativo : se si deve cioè preferire unapolitica di espansione dei consumi, oppure un apolitica di sviluppo degli investimenti, al fin edi conseguire un maggiore sviluppo del red-dito ed una maggiore occupazione . Anzi, leg-gendo gli interventi svoltisi al Senato e se-guendo, in parte, gli interventi degli orator idi sinistra qui, mi pare di avere riscontrat oche proprio da parte delle sinistre si è detto esi è ribadito il concetto che quest'alternativa ,così come viene posta dal Governo, avrebbesolo valore teorico, in quanto essa sarebbe sta-ta già risolta – per le sinistre – in favore ad -dirittura degli investimenti e a danno dei con-sumi, con conseguente contenimento del red-dito dei lavoratori .

Noi, pur convinti che il livello dei salar ie delle retribuzioni, e quindi l'incremento de iconsumi, specie là dove i salari sono normal-mente al di sotto del minimo vitale come i nintere regioni sottosviluppate, finisce con l'as-solvere ugualmente anch'esso ad una funzioneeconomica, non crediamo che sia esatta la cri-tica mossa dalla sinistra perché pensiamo ch eanche questo aspetto del complesso quadr oeconomico soffra di quella incertezza, di quel -la stasi, di quei contrasti, di quella contrad-dittorietà, di quei timori e di quelle paure d inon spiacere a nessuno, per cui, se non è fon -dato che ci sia stata politica di conteniment odi salari e quindi di consumi come dicono l esinistre, non vi è stata nemmeno una seriaed organica politica d ' investimenti .

Chè, se così non fosse, non avremmo an-cora una economia italiana che ripropone l avecchia questione meridionale, tuttora nonrisolta, né quella crisi dell'agricoltura (il ch esignifica crisi di mezza Italia) emersa in tuttala sua drammaticità proprio mentre si gridavaaI miracolo italiano. Non avremmo, per esem-pio, la fuga dei lavoratori dalla terra e, i naltri settori, forze di lavoro non impiegate ;non avremmo in serie difficoltà la piccola ela media industria ; non registreremmo, peresempio, la preoccupante situazione in cui s itrova il pubblico servizio delle ferrovie delloStato ; non accuseremmo, per esempio, l'in-sufficienza di alcune indispensabili attrezza-ture d'un paese civile, come scuole, ospedali ,fognature, acquedotti ; non assisteremmo aquel fenomeno sempre più preoccupante dell 'emigrazione; non misureremmo per super-fice il decadimento idrogeologico del terreno .

Quel che occorre sono idee chiare, indi -rizzi precisi e nessuna soggezione a forme pro-pagandistiche .o, peggio ancora, intimidatorie ,sotto la spinta delle quali si adottano a volte

provvedimenti non organici o in contrasto co naltri provvedimenti .

Ben venga la commissione incaricata di for-nirci dati esatti su quanta parte del redditonazionale è andata al mondo del lavoro . Sepotremo accertare che una libera economiaha permesso una formazione di reddito ed un adistribuzione di esso più equa e più utile, nesaremo tutti lieti e ben vengano le conclusion idella commissione . Ben venga anche a dirc i

una parola chiara non soltanto sul settore degliinvestimenti pubblici (perché vogliamo spe-rare che non si esaurirà in questo la commis-sione presieduta dal professor Papi), ma an-che sulla programmazione generale dell ' eco-nomia. In sostanza, se vi sono zone di luce ,è onesto riconoscerle come tali e la posizionedi oppositori politici non deve farci velo nelriconoscerle ; ma se vi sono zone d'ombra, èmeglio non girare altrove lo sguardo per no nvedere e per non conoscere errori e manche-volezze .

Con un prelievo fiscale pari al 34 per centodel reddito nazionale e per un importo chese non sfiora si avvicina ai 6 mila miliardi ,lo Stato dovrebbe essere in grado di fornireadeguati servizi a tutti i cittadini .

Non starò ad elencare lacune, disfunzioni ,ingranaggi guasti della pubblica amministra-zione. Lo stesso Presidente del Consiglio, inun suo recente discorso, ha dovuto ammetter eche vi è qualcosa che non funziona nella mac-china dello Stato . Orbene, noi vi diciamo : s icerchi questo qualcosa, lo si elimini, si stimo -lino quel milione e 170 mila dipendenti sta-tali, eliminando i motivi di doglianza, di scon-forto ; si ripristini sopratutto l'atmosfera mo-rale in cui devono operare e si assicuri loroquella tranquillità materiale senza la qual esi sentono mortificati .

Nelle stesse relazioni è stato messó in evi-denza che il trattamento dei dipendenti dell eaziende autonome è aumentato, in propor-zione, più di quello dei dipendenti statali .Leggo che è stata sollecitata la soluzione d iquesto problema, che determina sconforto, ap-pesantimento, contrasti e a volte anche .igna-via, giustificata sotto un certo profilo morale ,quando è scritto che « merita tuttavia partico-lare attenzione il fatto che il trattamento de idipendenti delle aziende autonome, che puredal 1946 sono scesi di numero da 318 mila erotti a 290.138 del 1958, è aumentato in pro -porzione più di quello dei dipendenti statali ,sia come cifra complessiva sia come remunera-zione individuale . La media individuale annu adei dipendenti statali è di un milione, quella

Atti Parlamentari

— 21'712 —

Camera dei Deputati

III LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

dei dipendenti delle aziende autonome è di 1milione 94 mila » .

Giustamente anche da parte autorevole èstato messo l'indice sui « compensi special iin eccedenza stabiliti per il lavoro straordi-nario in relazione a particolari esigenze d iservizio » .

Si tratta però di compensi che vengono ero-gati con carattere di generalità e di periodi-cità, mentre il decreto del 27 giugno 1946, al -l'articolo 6, dice che « solo in casi assoluta -mente eccezionali e in relazione a particolar iesigenze di servizio, possono essere concess icompensi speciali in eccedenza » .

Si tratta di compensi che vengono quind ierogati con carattere che non è previsto dallalegge. Noi vi diciamo di farli diventare nor-mali, facendoli rientrare in una media, i nmodo che queste sperequazioni non abbiano averificarsi .

Nella stessa relazione è messo l ' indice suquesto grave aspetto dell 'amministrazione fi-nanziaria, che il Parlamento non riesce a co-noscere e a controllare . Questi compensi ineccendenza, per i quali il decreto del 1946 ,vieta il carattere di generalità e periodicità ,hanno assunto veramente questo carattere ,come è facile constatare dalla lettura di qual-siasi bilancio . Infatti, iniziatisi con cifre mo-deste, sono saliti a poco a poco a centinai adi milioni e poi a miliardi . Già nel bilancio1956-57 ascesero a milioni 1 .092; nel 1957-58 amilioni 1 .529, nel 1959-60 a milioni 2 .525 . Eche essi siano diventati normali è fatto palesedagli stanziamenti della relativa spesa in pre-ventivo, sempre crescente da un anno all'altro ;ossia si prevede ciò che non può essere pre-visto, perché a carattere eccezionale .

È stato soggiunto, anche da parte autorevol e(per la verità certe affermazioni vengono ri-petute in occasione di ogni discussione dei bi-lanci) che sembra non solo opportuno, m agiusto e necessario, che si ponga un freno aquesto capitolo, che può accrescersi senza pos-sibilità di un qualsiasi controllo del Parla-mento . Il trattamento economico dei dipen-denti dello Stato-, che nessuno vuole vulnerare ,si sviluppi entro i normali canali della spesa ,ordinaria e straordinaria . Procedere in mododiverso significa 'determinare malumore, mal-contento, ingiustizie, a tutto danno dei citta-dini che, con quello che pagano, con un pre-lievo che raggiunge il 34 per cento del reddit onazionale, avrebbero diritto di pretendereservizi snelli, rapidi, precisi .

In una parola, maggiore sarà l'autorit àdello- Stato quanto minori saranno le dispa -

rifà e quanto più verranno eliminate le zon edi privilegio.

Zone d'ombra emergono dall'esposizion efinanziaria e le preoccupazioni non vengonodissipate dinanzi all'aumento del disavanzo ,che per il prossimo esercizio ammonta a 285miliardi per la parte effettiva e a 450 miliard iper la parte relativa al movimento dei capitali .

indubbiamente una situazione di diffi-coltà determinata da più cause, ma non ultim acertamente quella della tendenza ad assumer eimpegni di spese eccedenti le entrate disponi-bili . È il serpente che si morde la coda, per cuiil Governo è costretto ad escogitare nuovimezzi di pressione tributaria per finanziare l enuove maggiori spese ; pressione tributari ache, come abbiamo detto, ha raggiunto il 34per cento del reddito, traguardo che dovrebb eessere definitivo e sodisfacente . Lo stesso ono-revole Pella, del resto, ha detto che bisogneràevitare ulteriori inasprimenti fiscali ; maquante volte, in sede di esame dei bilanci, ab-biamo ascoltato, anno per anno, queste affer-mazioni !

Mí verrebbe di chiedere se a tale conclu-sione ed affermazione l'onorevole Pella è arri-vato prima che il ministro Trabucchi appron-tasse i noti provvedimenti nei confronti de iprofessionisti . A tale proposito mi sia consen-tito di respingere le ingiuste accuse mosse atutte le categorie dei professionisti, che no nsi sono mai sottratti al loro dovere tributari oanche perché spesso, sotto un apparato di de-coro e di dignità, nascondono dolori e soffe-renze cui molti altri non sono soggetti .

Un punto che deve esser chiarito è quell oche riguarda la possibilità di reperire fondiper certe spese pubbliche non differibili . Senon si intende inasprire la pressione fiscal e(e veramente non la si può inasprire di più) ;se non si deve aumentare il disavanzo del bi-lancio ; se non si deve ricorrere ad altri e ulte-riori indebitamenti ; se l'incremento delle spes epubbliche, per dichiarazione dello stesso mi-nistro del bilancio, deve essere contenuto intassi inferiori all'incremento globale del red-dito, bisognerà pur conoscere come si risol-verà il problema del reperimento dei fondi ,specie se si tien conto dell'ammontare dellecifre previste per interventi non più dilaziona -bili, quali il « piano verde n, il piano dellascuola, quello per la rinascita della Sardegna ,l'ammodernamento delle ferrovie, la regola-rizzazione dei corsi d 'acqua e altri provvedi -menti ancora .

Non riteniamo giusto che si continui a farricorso ad inasprimento delle imposte indi-rette, anche perché siamo convinti che il Go-

Atti Parlamentari

- 21713 —

Camera dei Deputat i

III LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 7 GIUGNO 196 1

verno può accrescere il gettito stroncando i ncerti settori il fenomeno dell'evasione fiscale .È certo che, malgrado il gettito reale sia su-periore sempre al preventivato, ogni anno i ldisavanzo aumenta . E se preoccupa da unaparte il deficit del bilancio, è altrettanto preoc-cupante il deficit della bilancia 'commerciale .

Noi siamo d'accordo che quest'ultimo trovacompensi nello stesso ambito della bilanci adei pagamenti, e precisamente attraverso gl iintroiti del turismo e le rimesse degli emigrati ,ma non si può sottacere che il turismo è un'en-trata alquanto instabile, aleatoria, dipendent eda molte contingenze e legato a situazioni in-ternazionali, che possono così aumentarl ocome notevolmente diminuirlo o interrom-perlo, mentre le rimesse dei nostri emigrat inon vengono certamente compensate dall aperdita di quelle energie sottratte alla nostraeconomia .

Ci rendiamo conto che per migliorare labilancia commerciale non si può far ricors oa riduzioni di importazioni di tutte le materieprime necessarie alle industrie nazionali ; tut-tavia pensiamo che si possa limitare l'importa-zione di altri prodotti non indispensabili o d icarattere squisitamente volottuario, così comeè opportuno limitare le importazioni di pro-dotti agricoli o comunque disciplinarle con in-tuitivo sollievo della nostra economia agraria .

Comunque, pur tra le tante zone d'ombra ,va dato atto al ministro (non si deve fare dell apolemica per la polemica, specialmente in tem itecnici, non si deve fare un'opposizione 'd iprincipio) dell'onestà e responsabilità dimo -

strate con il metterle in luce ; così come vadato attó che il processo di espansione regi-stratosi nel settore della produzione industrial e– che non sarebbe serio non riconoscere – èfrutto di capacità, di volontà di sacrifici dellaclasse imprenditoriale e dei lavoratori tutti ;per cui se sì accantonassero lotte e finalità po-litiche, spesso mascherate da esigenze sociali ,i risultati sarebbero ancor più concreti nell'in-teresse 'di tutti .

Dichiarando che siamo d'accordo sulla ri-forma dei bilanci ad anno solare, che auspi-chiamo la riforma ben più importante di strut-tura del bilancio, del tipo ormai in atto inmolti altri stati, del disegno di legge unicodi presentazione al Parlamento di tutti i bi-lanci, vogliamo chiudere auspicando che s iriducano quelle distanze economiche ch efanno del nostro due paesi distinti, due Itali ediverse, una delle quali, quella del Mezzo-giorno, vive spesso nella miseria, nell'abban-dono, nell'arretratezza .

Questo 'è il miglior auspicio, questo è i lmiglior lavoro per celebrare senza retorical'unità della patria . (Applausi a destra) .

PRESIDENTE . Il seguito della 'discussion eè rinviato alla seduta pomeridiana .

La seduta termina alle 13,50 .

IL DIRETTORE DELL'UFFICIO DEI RESOCONT I

Dott . VITTORIO FALZONE

TIPOGRAFIA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI