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SECONDO I NUOVI PROGRAMMI Nicola Abbagnano Giovanni Fornero con la collaborazione di Giancarlo Burghi LA RICERCA DEL PENSIERO Storia, testi e problemi della filosofia 1 A Dalle origini ad Aristotele © Pearson Italia spa

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SECONDO I NUOVI

PROGRAMMI

Nicola Abbagnano Giovanni Fornerocon la collaborazione di Giancarlo Burghi

LA RICERCA DEL PENSIEROStoria, testi e problemi della filosofia

1A Dalle origini ad Aristotele

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LA RICERCA DEL PENSIERO

SECONDO BIENNIO QUINTO ANNO

VOLUME 1 VOLUME 2 VOLUME 3

1A Dalle origini ad Aristotele 2A Dall’Umanesimo all’empirismo 3A Da Schopenhauer a Freud1B Dall’ellenismo alla scolastica 2B Dall’Illuminismo a Hegel 3B Dalla fenomenologia a Gadamer+ + + Quaderno del sapere fi losofi co Quaderno del sapere fi losofi co Quaderno del sapere fi losofi co1. Il pensiero antico e medievale 2. Il pensiero moderno 3. Il pensiero contemporaneo978 88 395 3201 5 978 88 395 3202 2 978 88 395 3203 9

3C Dalla crisi della modernità agli sviluppi più recenti 978 88 395 3204 6

DIGILIBRO • Il materiale online del libro misto secondo le disposizioni di leggeQuest’opera, secondo le disposizioni di legge, ha forma mista cartacea e digitale, è parzialmente disponibilein internet e rimarrà immutata, nella sua parte cartacea, per il periodo di tempo indicato dalle normative. Per la durata di vita dell’edizione saranno periodicamente resi disponibili materiali di aggiornamento.Le parti dell’opera disponibili online sono:• testi antologici aggiuntivi • Questioni e Tavole rotonde interattive • Percorsi disciplinari di approfondimento • mappe e Concetti a confronto interattivi • verifi che interattive • schede fi lmiche

“La fi losofi a per te” on lineUna ricca proposta di Questioni aggiuntive per ogni annualità, in formato PDF, articolate in quattro ambiti di interesse tematico:• uomo e società • conoscenza e scienza • logica e linguaggio • bellezza e arte

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LIMBOOK • I Classici della Filosofi aQuest’opera è dotata di materiali digitali a disposizione del docente per la Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) o per PC e videoproiettore: • vita e opere dei fi losofi con assi del tempo, immagini, video e testi • mappe concettuali multimediali sui temi fi losofi ci dei principali pensatori • confronti interdisciplinari tra fi losofi a e arte • la sfi da (domande a partire da contenuti multimediali) • lezioni in PowerPoint personalizzabili

eTEXT • La versione digitale scaricabile da internetQuest’opera è acquistabile anche nella versione digitale, sul sito www.scuolabook.it

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icola Abbagnano Giovanni Fornero

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3 tomi indivisibili

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Storia, testi e problemi della filosofiaLA RICERCA DEL PENSIERO

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Storia, testi e problemi della filosofia

1A Dalle origini ad Aristotele

Nicola Abbagnano Giovanni Fornerocon la collaborazione di Giancarlo Burghi

LA RICERCA DEL PENSIERO

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Coordinamento redazionale: Elisa BrunoRedazione: Luisa Gallo, Elisa BrunoProgetto grafico e copertina: Sunrise Advertising, Torino Coordinamento grafico: Elena PetruccelliRicerca iconografica: Chiara Simonetti, Paola BarbieriImpaginazione elettronica: Essegi, TorinoControllo qualità: Andrea MensioSegreteria di redazione: Enza Menel

Tutti i diritti riservati© 2012, Pearson Italia, Milano - Torino

Per i passi antologici, per le citazioni, per le riproduzioni grafiche, cartografiche e fotografiche appartenenti alla proprietà di terzi, inseriti in quest’opera, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti. È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzata.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso di Porta Romana n. 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org

Stampato per conto della casa editrice pressoGrafica Veneta, Trebaseleghe (PD), Italia

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Sono in tutto o in buona parte di Giovanni Fornero i capp. 1, 2 e 3 dell’unità 1 e le unità 2, 3 e 4.Sono di Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero i parr. 2 e 3 del cap. 2 e il cap. 4 dell’unità 1.Le presentazioni della vita e delle opere dei filosofi sono quasi tutte di Nicola Abbagnano.I riepiloghi visivi e i glossari sono di Giovanni Fornero.

Giancarlo Burghi ha curato:- le Tavole rotonde;- le Questioni;- le rubriche “Echi del pensiero”: Le radici socratiche del comportamento democra-

tico, Il difficile rapporto tra economia e politica;- le rubriche “Il concetto e l’immagine”: Il pianto e il riso di Eraclito e Democrito,

La rappresentazione dell’uomo nell’arte greca antica, La “scoperta” dell’aldilà tra arte e filosofia, Platone e Aristotele nella Scuola di Atene di Raffaello ;

- le pagine di inquadramento storico-geografico “I tempi e i luoghi della filosofia”;- i quadri cronologici relativi alla vita di Socrate, Platone, Aristotele;- le rubriche “Laboratorio delle idee” che chiudono le Verifiche di fine unità. Gaetano Chiurazzi ha curato:- le rubriche “Echi del pensiero”: Gli irrazionali: i numeri “contrari” alla ragione,

L’intelligenza della vita;- la rubrica “Il concetto e l’immagine”: Il tempio greco tra ragione e sensibilità.

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competenzedisciplinari etrasversali

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Il titolo che abbiamo scelto per questo nuo-vo progetto si riferisce esplicitamente al pensiero come ricerca, ossia al fatto che

la filosofia, conformemente all’etimologia e all’insegnamento socratico-platonico, non è possesso del sapere ma ricerca inesauribile di esso. Una ricerca in cui l’individuo non opera da solo, ma in stretta connessione con gli altri. Infatti, se esistere è co-esistere, il filosofare è sempre con-filosofare, ossia un dialogo inces-sante degli uomini tra loro, dialogo che si svol-ge nel tempo e di cui la storia della filosofia ri-porta le vicissitudini e i momenti salienti.La costitutiva socialità del filosofare e il suo strutturarsi come ricerca e dialogo fon-dano quindi il valore umano della storia della filosofia. Infatti, come scrive Nicola Abbagnano, sottolineando in modo lucido e appassio-nato la portata esistenziale della storiografia filosofica: «Ogni vero filosofo è un mae-stro o compagno di ricerca la cui voce ci giunge affie-volita attraverso il tempo, ma può avere per noi, per i problemi che ora ci occupano, un’importanza decisiva. Bisogna disporsi alla ricerca con sincerità ed umiltà. Noi non possiamo raggiungere, senza l’aiuto che ci viene dai filosofi del passato, la soluzione dei problemi dai quali dipende la nostra esistenza singola e associata. Noi dobbiamo perciò pro-porre storicamente tali problemi; e nel tentati-vo di intendere la parola genuina di Platone o di Aristotele, di Agostino o di Kant e di quant’al-

tri, piccoli o grandi, abbiano saputo esprimere un’esperienza umana fondamentale, dobbia-mo vedere il tentativo stesso di mettere in chia-ro e portare alla soluzione i nostri problemi. Il problema di ciò che noi siamo e dobbiamo es-sere è fondamentalmente identico col proble-ma di ciò che furono, e vollero essere nella loro sostanza umana, i filosofi del passato. La sepa-razione dei due problemi toglie al filosofare il suo nutrimento e alla storia della filosofia la sua importanza vitale. L’unità dei due problemi ga-rantisce l’efficacia e la forza del filosofare e fon-da il valore della storiografia filosofica».

Tutto ciò significa che i filosofi del passato– al pari di tutti coloro che hanno impresso una loro parola nella storia – non devono essere visti come personalità “imbalsamate” e chiu-se nei loro sistemi, ma come personalità vive e potenti, che attraverso i secoli hanno offerto agli uomini un modo di intendersi e di ritrovar-si, e che ancora possono – e potranno – dare risposte chiarificatrici alle urgenti e vitali do-mande degli uomini.

Storia, testi e problemi della filosofiaLA RICERCA DEL PENSIERO

Ogni vero filosofo è un maestro

o compagno di ricerca

la cui voce ci giunge affievolita

attraverso il tempo, ma può avere per noi,

per i problemi che ora ci occupano,

un’importanza decisiva. (N. Abbagnano)

Giovanni Fornero

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UNITÀ 1L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO 4

CAPITOLO 1La Grecia e la nascita della filosofia 5

1. In che senso la filosofia è nata in Grecia 5

2. Il problema dei rapporti con l’Oriente 5Le filosofie orientali 6La scienza orientale 7Gli scambi commerciali e culturali con l’Oriente 7

3. Caratteri specifici della filosofia greca 8

4. Caratteri specifici della scienza greca 9

5. Il “genio” ellenico 10

6. Le condizioni storico-politiche che facilitarono la nascita della filosofia 11I caratteri della civiltà greca 11Il dinamismo della società 13

7. Politica, classi sociali e religione nella vita della pólis 13

8. Primordi e retroterra culturale della filosofia greca 15Le cosmologie mitiche 15Il dibattito sui miti greci 16I Misteri e i Sette Savi 17La poesia 18

9. Il nome e la concezione della filosofia presso i Greci 19

10. Le scuole filosofiche 19

11. I periodi della filosofia greca 20

12. Le fonti della filosofia greca 21

Glossario e riepilogo 22

CAPITOLO 2La ricerca del principio 23

1. Presocratici o presofisti? 23

2. La scuola ionica di Mileto 24La sostanza primordiale 24Talete 25Anassimandro 25Anassimene 27

Glossario e riepilogo 28

3. Pitagora e i pitagorici 29La matematica e la dottrina del numero 30La dottrina fisica 33Le teorie antropologiche e la morale 33

Glossario e riepilogo 34

4. Eraclito 35La teoria del divenire 36La dottrina dei contrari 36L’universo come Dio-tutto 37La teoria della conoscenza 37

Glossario e riepilogo 38

Mappa 39

Echi del pensieroGli irrazionali: i numeri “contrari” alla ragione 40

I TESTI 42

Talete 42

T1 Tutto è acqua 42

Anassimandro 43

T2 L’infinito è il principio 43

Pitagora e i pitagorici 44

T3 Il numero come principio 44 T4 La struttura del numero 45 T5 La dottrina fisica 46

Indice I Classicidella Filosofia

L’età arcaica

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ON LINE

Eraclito 47

T6 Il lógos come principio 47 T7 Gli uomini e il lógos 48 T8 La teoria del divenire 48 T9 La guerra 49 T10 L’unità e l’armonia dei contrari 49

CAPITOLO 3Il problema dell’essere 50

1. La filosofia eleatica 50

2. Senofane 50

3. Parmenide 51Il sentiero della verità 51Il mondo dell’essere e della ragione 52Il mondo dell’apparenza e dell’opinione 53Essere, pensiero, linguaggio 54La problematica “terza via” di Parmenide 54

4. Zenone 55La difesa di Parmenide 55Gli argomenti contro la pluralità 56I primi due argomenti contro il movimento 56Le discussioni critiche sull’argomento dell’Achille 56Il terzo e il quarto argomento contro il movimento 58

5. Melisso 59Le caratteristiche dell’essere 59Le differenze rispetto a Parmenide,

ovvero una via verso il pluralismo 60

Glossario e riepilogo 61

Mappa 62

I TESTI 63

Parmenide 63

T1 La ricerca della verità e i due sentieri 63 T2 Le vie da percorrere 64 T3 Verità e opinione 65 T4 Le caratteristiche dell’essere 66 T5 Le opinioni dei mortali 67 T6 La fisica delle apparenze 68

CAPITOLO 4Il principio come sostanza complessa 69

1. I fisici pluralisti 69Empedocle 69Anassagora 71

Glossario e riepilogo 73

2. L’atomismo di Democrito 74Una vita per il sapere 74Verità e scienza 75Il sistema della natura 75L’importanza di Democrito

per la storia della scienza 79L’anima e la conoscenza 80L’etica 81La civiltà, il linguaggio e la religione 82L’enciclopedismo democriteo 83L’arché nei presocratici 83

Glossario e riepilogo 84

Mappa 85

I TESTI 86

Empedocle 86

T1 I quattro elementi 86 T2 Il ciclo del cosmo 87

Anassagora 88

T3 Tutto viene dal tutto 88

Democrito 89

T4 Gli atomi sono il principio 89 T5 La cosmologia atomistica 90 T6 Le qualità sensibili 91

Il concetto e l’immagineIl pianto e il riso di Eraclito e Democrito 92

VERIFICA 96

TAVOLA ROTONDAL’infinito, una sfida per il pensieroMelisso, Anassagora, Democrito 101

Testi antologici ■ La legge naturale (DK 12 B 1) ■ Il rapporto con i saperi orientali (DK 14 A 9) ■ Un pensatore enigmatico e altezzoso (DK 22 A 1) ■ L’universalità del Lógos (DK 22 B 50) ■ L’errore dei mortali (DK 28 B 6) ■ L’Amicizia e la Contesa (DK 31 A 37) ■ L’etica e la civiltà (DK 68 B 5)

Approfondimenti ■ I pitagorici nella storia ■ Eraclito nella storia ■ Parmenide nella storia ■ Zenone nella storia ■ Empedocle e Anassagora nella storia ■ Democrito nella storia©

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I TEMPI E I LUOGHI DELLA FILOSOFIAL’età arcaica

650 a.C. 350 a.C.600 550 500 450 400

>>>>>>>>>>>>Talete

Parmenide (550-450 ca.)>>>>>>>>>>>>>>>>>

Metrodoro di Chio (tra metà V e metà IV sec.)>>>>>>>>>>>>>>

(611/610-547)>>>>>>>>>>>Anassimandro

>>>>>>>>>>>Anassimene (586/585-528/525)

>>>>>>>>>>>>>>>>Senofane (580/565-475?)

>>>>>>>>>>>Pitagora (571/570- 490 ca.)

>>>>>>>>>>>>Eraclito (550-480 ca.)

>>>>>>>>>>>> (500/496-428 ca.)Anassagora

>>>>>>>>>>>>>>Melisso di Samo (485/480-V sec.)

(484/481-424/421 ca.)>>>>>>>>>>Empedocle

>>>>>>>>>>>>>>(480/475-V sec.)Leucippo

>>>>>>>>>>>>>>>>>>(489 ca.-431)Zenone di Elea

(624/623-548/545)

Democrito (460/459-360/350 ca.)>>>>>>>>>>>>>>>>>>Filolao>>>>>>>>>>(470 ca.- tra fine V e inizio IV sec.)

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Empedocle

ParmenideZenone

Scuolapitagorica

TaleteAnassimandro

Anassimene

EraclitoPitagora

Melisso

SenofaneAnassagora

Democrito

ASIAMINORE

TRACIA

GRECIA

MAGNAGRECIA

M A R M E D I T E R R A N E O

M A R E G E O

M A R N E R O

Roma

Elea

Metaponto

Crotone

Agrigento

Siracusa

CorintoMicene

Sparta

TebeDelfi

Abdera

Chio

Siro

Clazomene

TeoColofone

Efeso

Mileto

SamoATENE

Tra il VII e il VI secolo a.C., le città fondate dai Greci sulle coste della Ionia, l’attuale Asia Minore (Mileto, Efeso, Clazomene, Colofone, Samo), erano le più fiorenti, dinamiche e culturalmente vivaci. Collocate tra Occidente e Oriente, aperte alla circolazione di nuove idee e a contatti con civiltà raffinate e progredite (egiziana, assiro-babilonese, persiana), diventarono i centri propulsori di una nuova forma di sapere che dalla Ionia si diffuse

nelle città della Magna Grecia (Elea, Crotone, Agrigento ecc.). Questo nuovo sapere era la “filosofia”, nata da uno sguardo curioso e stupito su una natura vivida, potente e incontaminata, e che proprio per questo inizialmente si diresse verso un’indagine naturalistica, volta a individuare il principio della vita.

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1UNITÀ

1

La Grecia e la nascita

della filosofia

CAPITOLO 1

La ricerca del principio

CAPITOLO 2

Il problema dell’essere

CAPITOLO 3

Il principio come sostanza

complessa

CAPITOLO 4

L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIEROPRESOCRATICOIn questa unità ci soffermiamo su coloro che vengono comunemente detti “presocratici”, ovvero su quel gruppo di filosofi (vissuti per lo più prima di Socrate) che si sono concentrati soprattutto sul problema della natura e della realtà in generale.

Nel primo capitolo spieghiamo che cosa si intende quando si afferma che la filosofia è nata nell’Ellade, delineando il retroterra storico e culturale che ne ha favorito la fioritura.

Nel secondo capitolo affrontiamo il pensiero di quei filosofi (ionici, pitagorici, Eraclito) che si sono interrogati sul principio fisico originario (arché) da cui scaturiscono e a cui ciclicamente ritornano tutte le cose.

Nel terzo capitolo ci occupiamo degli “eleati”, cioè di alcuni pensatori che, invece di riflettere sul principio corporeo delle cose, si sono concentrati sulla realtà unica, immutabile ed eterna che sola merita il nome di “essere”.

Nel quarto capitolo studiamo i cosiddetti “fisici pluralisti”, cioè coloro (Empedocle, Anassagora, Democrito) che hanno individuato il principio ultimo delle cose non in un’unica sostanza, bensì in una molteplicità ordinata di elementi, in grado di spiegare non solo l’essere, ma anche il divenire eterno delle cose.©

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CAPITOLO 1La Grecia e la nascita della filosofia

1. In che senso la filosofia è nata in Grecia

Si afferma tradizionalmente che la filosofia dell’Occidente è nata in Grecia. Le ragioni di questa tesi sono parecchie e strettamente connesse tra loro. Procedendo dal semplice al complesso, possiamo individuarne tre fondamentali.

■ In primo luogo, si dice che i Greci sono stati gli iniziatori del pensiero occidentale in quanto essi risultano gli autori dei primi testi scritti di filosofia della civiltà eu ropea.

■ In secondo luogo, si è soliti muovere dai Greci perché si è figli di una cultura e di una tradi-zione speculativa che affondano le loro radici nel mondo ellenico.

■ In terzo luogo, si riconosce che i Greci sono stati i primi a impegnarsi in quel tipo di indagine critica e razionale in cui individuiamo ancor oggi i tratti salienti di ciò che chiamiamo “filosofia”. Tant’è vero che quando si sostiene che la filosofia è storicamente “nata” nell’Ellade del VI secolo a.C., non si intende dire che l’uomo, almeno fin da quando è divenuto homo sapiens, non abbia posseduto una qualche interpretazione della realtà esterna e di se stesso, ossia una propria “visione del mondo”, ma semplice-mente che i Greci sono stati il primo popolo occidentale a creare esplicitamente il modo di pensare filosofico.

2. Il problema dei rapporti con l’OrienteCiò che si è detto lascia aperta un’interessante questione di fondo, tuttora dibattuta tra gli studiosi. Ammesso che i Greci siano i padri del pensiero occidentale, la loro filosofia non potrebbe essere un derivato dell’Oriente? Tale è la tesi degli “orientalisti”, i quali, contrapponendosi agli “occidentalisti”, sostengono che i Greci non sono gli inventori della filosofia e della scienza, ma soltanto i ripetitori e gli intermediari di un sapere più antico, che trova le proprie matrici nelle civiltà pre-elleniche dell’Oriente.

La tesi della derivazione orientale della filosofia greca

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

Le filosofie orientali

In primo luogo, gli orientalisti fanno notare da sempre come prima dell’esordio della filo-sofia greca, o contemporaneamente a essa, abbiano avuto origine in Estremo Oriente alcune tra le più grandi esperienze filosofico-religiose dell’umanità.Ad esempio, mentre la Grecia e Roma giacevano ancora nella preistoria, in India si svilup-pava la corrente dell’induismo, la cui dottrina più antica è contenuta nelle parti arcaiche dei libri sacri del Rig Veda, risalenti probabilmente al 1300-1200 a.C., e delle Upanishad, del IX-VIII secolo a.C.Sempre in India, verso la fine del VI secolo a.C., quando il pensiero greco era ancora agli al-bori, il Buddha (Siddhartha Gautama, 560-480 a.C. circa), traendo spunto da una medita-zione sul dolore, dava origine a una delle più notevoli religioni filosofiche della storia.In Persia, intorno al VII secolo a.C., Zarathustra si faceva profeta di una nuova visione del mondo, interpretando quest’ultimo come un intreccio di positivo e di negativo e come un gigantesco campo di battaglia tra un dio del Bene, Ohrmudz, e un dio del Male, Ahriman.In Cina, nello stesso periodo, visse e pensò Lao-Tze, considerato l’autore della dottrina del Tao, il principio misterioso e indicibile in virtù del quale «la grande fiumana dell’Essere nasce alla vita». A lui si oppose Kong Fuzi (“Maestro Kong”, 551-479 a.C. circa), più noto come Confucio, fautore delle grandi gerarchie sociali e dell’ordine politico della tradizione cinese.

Diversamente dalla filosofia greca degli inizi, che, secondo quanto vedremo, ha come prin-cipale oggetto di ricerca la conoscenza della natura e delle sue forze, la speculazione orien-tale, in particolare quella indiana, si concentra soprattutto sui problemi esistenziali e reli-giosi. Essa concepisce la conoscenza in funzione della salvezza, cioè della “liberazione” dell’uomo, che viene fatta consistere nel passaggio dal piano del “samsara”, cioè della real-tà dubbia e ingannevole che ci circonda e che si esprime nella ruota della nascita e della morte, al piano del “nirvana”, ossia del ricongiungimento con la Realtà primordiale e asso-luta, variamente intesa. In tal modo, la filosofia è concepita come “via alla salvezza” e il filo-sofo come “illuminato” e “santo”.

Tipico, in questo senso, è il buddismo, che, partendo da un’analisi della sofferenza del vivere («Ecco la verità sublime intorno al dolore: la nascita è dolore, la vecchiaia è dolore, la malattia è dolore, l’unione con quelli che non si amano è dolore, la separazione da quelli che si amano è dolore, non ottenere quello che si desidera è dolore», Discorso di Benares), perviene alle quattro «nobili verità» che distruggono l’illusorio attaccamento alla vita dell’uomo comune e preparano la sua liberazione: la realtà del mondo è dolore; l’origine del dolore è la brama di esistere, godere e potere; la liberazione dal dolore è pos-sibile mediante l’estinzione di questo desiderio e il raggiungimento del “nirvana” (stato di pace perfetta); esiste una via che conduce a tale estinzione ed è quella indicata dal Buddha. Questa via si concretizza nel celebre «ottuplice sentiero»: retta comprensione, retto pen-sare, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo, retta concentrazio-ne, retta meditazione.

Filosofia e salvezza

Il buddismo

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Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della fi losofi a

La scienza orientale

In secondo luogo, grazie a una serie di studi che hanno portato alla luce un mondo che il tempo sembrava aver definitivamente sepolto, gli orientalisti sottolineano come nelle civiltà pre-greche si trovino non solo rilevanti invenzioni tecniche nel campo della navigazione, dell’agricoltura, dell’ingegneria edilizia ecc., ma anche interessanti ricerche di medicina e chirurgia, astronomia e matematica.

L’origine della medicina si perde nella notte dei tempi. All’inizio essa faceva un tutt’uno con la magia. Ad esempio, per citare un caso significativo, parecchi crani umani risalenti all’età neolitica presentano buchetti rotondi limitatamente rimarginati: gli studiosi hanno ipotiz-zato che appartenessero a uomini che subirono la trapanazione del cranio mentre erano ancora in vita, probabilmente da parte di uno stregone che credeva in tal modo di cacciare dai loro corpi gli spiriti maligni.In virtù del papiro Smith, risalente al XVII secolo a.C., sappiamo invece che gli Egiziani ave-vano cominciato a studiare le malattie abbandonando la mentalità magica, classificando i disturbi a seconda dei vari organi interessati e pervenendo allo schema di diagnosi-prognosi-terapia che costituisce ancor oggi l’ossatura della medicina scientificamente intesa.Grazie alle 11000 tavolette di argilla scoperte a Ninive, che offrono una preziosa panoramica sulle conoscenze della civiltà mesopotamica e di cui più di 600 sono dedicate alla medicina, sappiamo dei progressi terapeutici dei Mesopotamici e dell’esistenza di una loro precisa arte chirurgica (tant’è vero che il Codice di Hammurabi stabilisce gli onorari degli interventi e ordina che siano tagliate le mani al medico che operando un paziente ne provochi la morte).Sappiamo anche dell’esistenza di una medicina indiana, stimolata dalle terribili epidemie delle zone del Gange; essa si fondava tuttavia su nozioni e cognizioni anatomiche e fisiolo-giche inadeguate, poiché tanto l’induismo quanto il buddismo, credendo nella reincarna-zione, proibivano l’autopsia dei cadaveri.Infine, cultori di medicina fin da tempi remoti furono anche i Cinesi, ai quali risale, tra l’altro, la famosa e tuttora diffusa pratica dell’agopuntura.

Nell’astronomia si distinsero soprattutto i Caldei, che fin da prima del 2000 a.C. avevano cominciato a registrare e ad esplorare con attenzione i fenomeni celesti, studiando soprat-tutto le eclissi, le forme delle costellazioni, lo zodiaco, i congiungimenti astrali ecc.Del campo matematico furono invece buoni conoscitori sia gli Egiziani, sia i Babilonesi: il papiro Mosca (1800 a.C.) e il papiro Rhind (1650 a.C.) ci hanno infatti rivelato che gli Egizi uti-lizzavano tecniche aritmetiche e geometriche abbastanza avanzate (potenze, radici, frazioni, progressioni ecc.) e rintracciabili anche in Mesopotamia, dove Hammurabi, re di Babilonia, ave-va ordinato che i testi aritmetici e geometrici fossero raccolti e trascritti in migliaia di tavolette.

Gli scambi commerciali e culturali con l’Oriente

Dopo aver ricordato tutta questa mirabile fioritura filosofico-scientifica, gli orientalisti sostengono l’esistenza di precisi rapporti commerciali e culturali tra l’Ellade e l’Oriente, basandosi sul fatto che le prime sedi della cultura greca furono le colonie dell’Asia Minore e delle isole dell’Egeo, che, per motivi geografici, economici e politici, erano facilitate a

La medicina

L’astronomia e la matematica

I rapportitra l’Elladee l’Oriente

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

venire in contatto con i popoli dell’Oriente mesopotamico e che, per l’innata vivacità dello spirito greco, erano portate ad assimilare nuovi costumi e nuove idee. Ad ampliare queste relazioni contribuiva anche l’attività marinara dei Greci, che toccava tutte quelle parti del bacino mediterraneo, soprattutto l’Egitto, che erano sedi di antiche e prestigiose civiltà. Tanto che più tardi gli stessi storici e filosofi greci avrebbero amato presentare i sa-pienti del loro paese come peregrinanti per terre lontane allo scopo di apprendere arti, costumi e dottrine. Secondo le loro testimonianze, ad esempio, Democrito avrebbe viag-giato nell’Estremo Oriente, mentre Pitagora e, secondo notizie più attendibili, Platone avrebbero soggiornato in Egitto; e proprio Platone, contemplando la sapienza dei veneran-di sacerdoti egizi e caldei, interpreti di una saggezza accumulata da secoli, sarebbe giunto a esclamare che i Greci, nei loro confronti, non erano che «bambini»!

> Prima o contemporaneamente alla filosofia greca, in Estremo Oriente

esistevano già grandi dottrine filosofico-religiose, come l’induismo,

il buddismo, il taoismo, il confucianesimo

> Nelle civiltà pre-greche si trovavano non solo importanti invenzioni tecniche, ma anche interessanti ricerche scientifiche (medicina,

chirurgia, matematica, astronomia)

> Tra l’Ellade e l’Oriente esistevano rapporti commerciali favoriti

dall’attività marinara dei Greci

Motivazioni addotte

dagli orientalisti

3. Caratteri specifici della filosofia grecaA questo punto potrebbe sembrare che la disputa tra occidentalisti e orientalisti sia defini-tivamente risolta a favore di questi ultimi. In realtà, per quanto riguarda la filosofia, i primi hanno risposto con una fitta serie di prove a favore della loro tesi. Vediamone le principali.

Innanzitutto, la tesi di una derivazione orientale della filosofia greca non si trova in alcun autore dell’età classica. Sebbene si abbiano accenni alle conoscenze aritmetiche, geometri-che e astronomiche degli Egizi e dei Caldei, mancano note sulla tradizione filosofica orien-tale e risulta assente l’idea di una sua influenza su quella greca. In effetti, l’ipotesi di una genesi orientale del pensiero greco si diffuse soltanto in epoca ellenistica, ossia dopo le con-quiste di Alessandro Magno, in un periodo in cui potenti forze nazionalistiche, culturali e religiose avevano interesse a ricondurre la tradizione greca a quella orientale. Ad esempio, essendosi spostato il centro della cultura scientifica ad Alessandria, sacerdoti e dotti egiziani cominciarono ad affermare che la cultura greca era una filiazione dell’antica sapienza degli abitanti delle pianure del Nilo.In realtà è quasi certo che i primi filosofi greci non avessero notizie organiche e approfon-dite circa le dottrine dell’Estremo Oriente. Non risulta, infatti, che prima della spedizione di Alessandro Magno i Greci possedessero conoscenze rilevanti di dottrine indiane o cinesi. E quei popoli dell’Oriente mediterraneo con cui essi vennero a contatto (soprattutto gli Assiro-Babilonesi e gli Egizi) possedevano una sapienza di tipo religioso e basata su miti cosmolo-

La scarsa consistenza dell’ipotesi

orientalistica

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Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della fi losofi a

gici, cioè relativi alla nascita dell’universo, ma non una vera e propria sapienza filosofica: in altre parole, essi si trovavano nella stessa situazione in cui erano i Greci prima della nascita della filosofia.

Inoltre, anche se si presume (giacché non esistono prove in proposito) la derivazione orientale di qualche dottrina della Grecia antica, ciò non implica l’idea dell’origine orien-tale della filosofia greca in blocco. Anzi, l’originalità del filosofare ellenico emerge proprio in antitesi alla cultura dell’Oriente: se la sapienza orientale è di tipo religioso e tradizio-nalistico (poiché è privilegio e patrimonio della casta sacerdotale, e dunque ancorata a una tradizione ritenuta sacra e immodificabile), la sapienza greca si presenta invece, in quanto filosofia, come una ricerca razionale che nasce da un atto di libertà di fronte alla tradizione, al costume e a qualunque credenza accettata come tale. Ogni uomo, secondo i Greci, può filosofare, in quanto l’uomo è un “animale ragionevole” e la sua “ragionevo-lezza” consiste nella possibilità di cercare in modo autonomo la verità (ovviamente qui si parla di individui “liberi”, poiché agli schiavi la società antica non riconosce dignità di persone). Le parole con cui inizia la Metafisica di Aristotele – «Tutti gli uomini tendono per natura al sapere» – esprimono bene questo concetto, giacché «tendono» vuol dire che non solo lo desiderano, ma possono conseguirlo.Infine – e questo è il punto decisivo –, mentre il sapere orientale pre-ellenico è immerso in un’atmosfera di tipo religioso, il filosofare greco tende fin dall’inizio a strutturarsi come un’indagine razionale fondata unicamente sulla forza del pensiero e da esso soltan-to guidata (si è detto “tende”, perché il trapasso dal mito al pensiero speculativo non si attua, ovviamente, tutto d’un tratto e il mito continua talora a far sentire il proprio peso). Tant’è vero che il termine polemico della filosofia è abitualmente costituito dall’opinione corrente, dalla tradizione e dalla religione, al di là delle quali essa cerca di procedere; e anche quando perviene a una conferma della tradizione, la filosofia deriva il proprio va-lore unicamente dalla forza razionale dell’argomentazione. In questo senso, ossia come libera indagine critica e razionale, la filosofia appare veramente come un prodotto, anzi come il grande parto, del “genio” ellenico.

4. Caratteri specifici della scienza grecaPer quanto riguarda la scienza, oggi si è d’accordo nell’escludere l’idea di una nascita “mi-racolistica” delle varie branche della scienza presso i Greci e nell’ammettere l’esistenza di un evidente legame, confermato anche dalle testimonianze di Erodoto e di Platone, tra scienza orientale e scienza greca. Appare, infatti, logicamente e storicamente possibile che la civiltà ellenica, affacciatasi più tardi sulla scena della storia, si sia avvalsa delle cognizioni dei suoi più anziani vicini. Tuttavia, gli occidentalisti mettono in luce la profonda diversità di indirizzi e di metodi che separa la scienza dei Greci da quella degli altri popoli.

Il tratto differenziale specifico della scienza greca tende a essere individuato nel suo carattere teorico.Mentre gli Egiziani e i Mesopotamici sviluppavano le scienze soprattutto per scopi imme-diati e di pratico interesse, i Greci tendevano a coltivarle principalmente per il desiderio di conoscere e comprendere il “perché” delle cose.

L’originalità della filosofia greca

Il carattere teorico della scienza greca

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

Ad esempio, la leggendaria competenza astronomica dei Babilonesi era prevalentemente di tipo astrologico-oroscopistico, in quanto lo studio delle stelle e delle eclissi veniva interpre-tato come una scienza dell’ordine divino del cosmo e aveva come obiettivo la previsione di eventuali sciagure per Babilonia o per i suoi nemici: per queste ragioni, essa inclinava a prendere atto dei moti celesti o delle eclissi senza chiedersi la ragione del manifestarsi di tali fenomeni.I primi filosofi greci, invece, videro nell’astronomia una scienza naturale e quindi si chie-sero il perché dei movimenti astrali, la causa delle eclissi, il motivo per cui i corpi celesti restano sospesi nel vuoto ecc. Alla semplice descrizione degli oggetti celesti e dei loro stadi, o all’interpretazione religiosa dei medesimi, essi sostituirono la ricerca di una spiegazione naturale e razionale delle loro cause. Così facendo, i Greci giunsero a quell’idea dell’astro-nomia come pura ricerca teorica, distinta da ogni fine utilitario o da ogni credenza reli-giosa, che rappresenta il primo passo in direzione di un’astronomia scientifica.Analogamente, le celebrate conoscenze matematiche dell’Egitto presentavano uno spiccato carattere pratico, pienamente confermato dalla tesi di Erodoto secondo cui la geometria sarebbe nata in Egitto sotto forma di agrimensura, cioè per la necessità di misurare la terra e di spartirla tra i suoi proprietari dopo le periodiche inondazioni del Nilo. Le stesse tecni-che matematiche di cui parla il papiro Rhind, nonostante il loro carattere avanzato, difet-tano di spirito scientifico, in quanto, limitandosi al precetto spicciolo «Fa’ sempre come in questo caso», sono prive di quelle tipiche conquiste greche che sono la formula e la legge, vale a dire l’inclusione degli illimitati casi possibili in una regola astratta. E ancora, a Babi-lonia la matematica si configurava come strettamente connessa alla vita quotidiana e i suoi problemi vertevano per lo più su oggetti concreti quali merci, pani, terreni, recipienti ecc.Infine, la scuola medica greca, sorta nel VII secolo a.C. a Cnido, colonia dell’Asia Minore, si diede un’organizzazione più marcatamente scientifica di quella egiziana e babilonese, la quale, sebbene avesse già cominciato a liberarsi dalla mentalità magica e mitica, rimane-va ancora a uno stadio empirico.

5. Il “genio” ellenicoAlla luce di quanto affermato, sembra di poter dire che i Greci non si sono limitati a “rice-vere” nozioni astronomiche, matematiche, mediche ecc. dagli altri popoli, ma a tale mate-riale hanno dato una forma di scientificità che agli altri era per lo più sconosciuta. E sebbene qualche studioso abbia sostenuto che non è legittimo irrigidire la distinzione tra atteggiamento pratico-orientale e atteggiamento teorico-greco in una differenza qualitati-va, e abbia inoltre ipotizzato che alcuni sacerdoti egiziani e caldei fossero a conoscenza di una matematica e di un’astronomia “superiori”, basate su formule e leggi, ciò non cambia la sostanza del problema. Infatti, ammettere che tra l’indirizzo empirico-pratico degli Orientali e quello razionale-teorico dei Greci vi sia una differenza di quantità e di grada-zione non significa escludere che, a un certo livello, ci si trovi di fronte a un vero e proprio salto di qualità. Inoltre, anche se si supponesse ciò che finora non è stato provato, ossia che qualche isolato sacerdote egizio o mesopotamico avesse raggiunto livelli superiori di scien-tificità, con questo non si sminuirebbe affatto l’originalità dei Greci, che sono stati i primi a impegnarsi pubblicamente in un ben preciso tipo di ricerca razionale.

La differenza qualitativa tra

il sapere orientale e quello greco

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In conclusione, quanto si è detto spiega perché gli storici, nonostante l’interesse per il sapere pre-ellenico e per le grandi filosofie dell’Estremo Oriente, continuino a ripetere che, così come sono state intese e praticate in Occidente, «la filosofia e la scienza sono nate in Grecia» ( L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano 1970, p. 26).

> si concentra soprattutto sulla conoscenza della natura e dell’essere in generale

>

> pur presupponendo il mito, tende a riconoscere la ragione

come unica guida

> presenta carattere teorico (dettato dal desiderio di conoscere

il "perché" delle cose)

> nasce da un atto di libertà di fronte

alla tradizione e ad ogni credenza precostituita

> ogni uomo può filosofare in quanto

“animale ragionevole”

Il sapere greco

(secondo gli occidentalisti)

> si concentra soprattutto sul problema della salvezza

o della “liberazione” dell’uomo

> è di tipo religioso

e tradizionalistico, ossia

> è immerso in un’atmosfera mitica ed è intriso di rappresentazioni fantastiche

> persegue scopi prevalentemente pratici

Il sapere orientale

(secondo gli occidentalisti)

> privilegio e patrimonio di una casta sacerdotale

> dipendente da un’autorità

ritenuta sacra e immodificabile

si caratterizza come

libera indagine critica

e razionale, poiché

6. Le condizioni storico-politiche che facilitarono la nascita della filosofia

I caratteri della civiltà greca

Appurata l’originalità della filosofia e della scienza elleniche, sorge spontanea la domanda: quali sono i fattori che spiegano il sorgere del pensiero greco?A questo interrogativo non si può certo rispondere adducendo una serie di “cause” che avrebbero inevitabilmente prodotto la filosofia, ma soltanto chiarendo alcune delle con-dizioni politiche, sociali, economiche e culturali che ne hanno favorito e permesso il ger-moglio e la fioritura. Tali condizioni si assommano nel tipo di civiltà creato dai Greci, del tutto originale rispetto alle culture del vicino e del lontano Oriente.©

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

Le civiltà pre-greche erano, nella loro quasi totalità, monarchie stataliste e accentratrici, con potenti caste sacerdotali e guerriere che detenevano le chiavi del potere e del sapere, e che rappresentavano il basilare strumento di dominio di sovrani assoluti venerati come semi-divinità. Esse presentavano dunque un carattere tendenzialmente autoritario e tradizio-nalista, e quindi statico, poiché tendevano a sottoporre la loro cultura al minor numero di mutazioni possibile, presentando come sacri i modi di vivere e di pensare dominanti. In questo tipo di società, lo sbocciare di una libera indagine critica e razionale, qual è quella della filosofia, avrebbe ovviamente trovato grossi ostacoli.

In Grecia la situazione appariva diversa: ■ innanzitutto, all’antica monarchia patriarcale erano per lo più succeduti, fin dai tempi

omerici, governi e repubbliche di tipo aristocratico; ■ in secondo luogo, al posto di uno Stato accentratore si era costituita una variopinta e

frazionata costellazione di città-Stato, o póleis; ■ in terzo luogo, le aristocrazie dominanti non erano affatto assimilabili alle caste guerriere

o sacerdotali dell’Oriente, poiché quella greca era una civiltà in cui i sacerdoti, nonostante la perdurante importanza della religione, avevano poco potere e scarsa rilevanza.

Per tutte queste ragioni, lo sviluppo delle póleis greche non si arrestò, di norma, allo stadio del predominio delle aristocrazie oligarchiche, ma proseguì, sia pure attraverso convulsioni complesse (delle quali spesso approfittarono singoli individui per attribuirsi un potere in-controllato: i tiranni), verso forme di direzione democratica dello Stato, che furono le prime della storia del mondo.

Il motivo di questa ulteriore e decisiva evoluzione della situazione politica greca, che nei suoi tratti più vistosi avvenne tra il V e il IV secolo a.C., è ancor oggi tema di discussione. A determinarla contribuì probabilmente un nutrito ceto plutocratico, cioè una classe danaro-sa (da plútos, “ricchezza”) formatasi attraverso i commerci marittimi, per la quale la forma prevalente di ricchezza era mobiliare (merci, navi, servi ecc.) e non agraria (come nel caso della vecchia aristocrazia). Tale ceto, che era costituito sostanzialmente dalle borghesie commerciali e dall’artigianato cittadino, e in cui talora confluivano esponenti di una nuo-va aristocrazia più vicina alla mentalità imprenditoriale, finì per ingaggiare una lotta senza quartiere contro il monopolio della vecchia aristocrazia a base agraria: risultati di tale pro-cesso furono il progressivo affermarsi del principio dell’isonomia, secondo il quale i vari ceti di una società devono godere di uguali diritti politici (da ísos, “uguale”, e nómos, “leg-ge”), e l’autocostituzione della pólis come comunità di uomini liberi che decidono auto-nomamente, mediante pubblici dibattiti, su questioni di interesse generale.

Proprio la discussione e lo scontro critico tra le varie opinioni presupponevano, e nello stesso tempo forgiarono, una mentalità che non si accontentava più dell’ossequio passivo e del rispetto cieco per la tradizione e per le sue forme culturali (mito, religione, poesia ecc.), ma che tendeva a ricercare motivazioni intellettualmente convincenti per la propria condotta e per le proprie idee, distinguendo tra ciò che appariva “ragionevole” e ciò che invece non lo era. In un tale dinamico ambiente socio-politico, caratterizzato dal cambia-mento e dalla messa in discussione dei modelli cristallizzati del passato, la filosofia ebbe modo di emergere e di rafforzarsi come mai prima, contribuendo essa stessa allo

Il carattere autoritario

e tradizionalista delle civiltà pre-greche

Il cammino delle póleis verso

la democrazia

La spinta del ceto commerciante

e artigiano

Un atteggiamento critico e dinamico

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Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della fi losofi a

svecchiamento e alla laicizzazione della cultura. Tanto più che in Grecia – e gli studiosi sono ormai unanimi nel riconoscere l’importanza di questo fatto, che non ha pressoché paralleli nelle società precedenti – la classe sacerdotale non era custode di alcun libro sa-cro ritenuto frutto della parola divina, cosa che permise al libero pensiero dei filosofi di affermarsi più facilmente.

Il dinamismo della società

La connessione che abbiamo evidenziato tra pensiero filosofico e società dinamica (che è la consapevole ripresa di una tesi “classica”, oggi nuovamente apprezzata dagli studiosi) ci per-mette anche di capire, come controprova,a) perché la filosofia non si sia sviluppata, ad esempio, in una società come quella spartana;b) perché la filosofia greca sia fiorita nelle colonie prima ancora che nella madrepatria.

Per quanto riguarda il primo punto, una società militarista e autoritaria come quella spar-tana, caratterizzata da una ferrea staticità conservatrice, non era certo l’ambiente ideale per la produzione della filosofia.Del resto, almeno in un primo tempo, non lo era neppure Atene, che presentava ancora il volto di un’antica città chiusa nei propri atavici modi di vivere e di pensare, e che appariva ben lontana da quella plastica capacità di rinnovamento che l’avrebbe caratterizzata in se-guito. Le colonie ioniche dell’Asia Minore, che, come vedremo, avevano raggiunto per pri-me un certo benessere e avevano dato luogo a una società “mista”, fondata non solo sulla terra ma anche sui traffici, presentavano invece condizioni economiche, sociali e politiche atte a favorire il sorgere di una cultura e di una mentalità più elastiche, propizie alla diffu-sione della filosofia. Nella Ionia, infatti, si trovavano quella dinamica circolazione di merci, di idee e di esperienze e quelle libere istituzioni che concorsero a determinare, prima an-cora che in madrepatria, quel tipo di società aperta che abbiamo descritto come specifica della Grecia in rapporto agli altri popoli e come “terreno” atto a stimolare il germoglio del-la razionalità filosofica.

Soltanto dopo le guerre persiane, quando ebbe conquistato il potere politico e cominciato a svecchiare le proprie strutture sociali e culturali, dando luogo a forme istituzionali demo-cratiche, Atene divenne il cuore della vita intellettuale dell’Ellade, assurgendo contempora-neamente, come è stato detto, a capitale della libertà greca e della filosofia.

7. Politica, classi sociali e religione nella vita della pólis

Ciò che si è detto finora sul genere di civiltà creato dai Greci e sulle strutture della pólis dev’essere integrato da alcune precisazioni, senza le quali si avrebbe una visione incompleta e distorta della società ellenica e non si comprenderebbero alcuni caratteri e sviluppi della sua cultura e della sua filosofia.

Dalle colonie ioniche…

… ad Atene

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

■ Innanzitutto occorre notare che il “particolarismo” e l’“individualismo”, di cui si parla spesso come di peculiarità greche e che sembra si addicano a una società a spiccato carat-tere commerciale e marinaro, non vanno intesi in termini troppo moderni. Oggi un citta-dino vive tutta una serie di esperienze private (familiari, ricreative, religiose…) che hanno poco a che fare con lo Stato. Invece nella Grecia antica ogni cosa era legata alla vita della città. Ad esempio, la religione era affare di Stato e così pure gli spettacoli teatrali e sportivi. L’esistenza del cittadino greco era pertanto fortemente plasmata dalla pólis. Da ciò l’interesse verso la politica da parte dei filosofi greci dell’età classica. Talete, Anassimandro e Pitagora furono uomini politici. Di Parmenide si narra che diede le leggi alla sua città e di Zenone che perì vittima del tentativo di liberare i suoi concittadini da un tiranno. Empedocle restaurò la democrazia ad Agrigento. I sofisti furono maestri e consiglieri di uomini politici. Platone fece della ricerca di uno Stato ideale lo scopo della sua vita e della sua filosofia. Solo nell’età ellenistica, con la crisi delle città-Stato e con i rivolgimenti politici dovuti all’inglobamento della Grecia nel regno di Macedonia (338 a.C.), cominciò ad attuarsi quella separazione tra cittadino e Stato che avrebbe portato alla progressiva “spoliticizzazione” del discorso filoso-fico e all’affermarsi dei temi etici ed esistenziali.

■ La democraticità della vita delle città-Stato greche trovava tuttavia un limite nella grande quantità di schiavi e di cittadini stranieri che, pur vivendo nella pólis, erano privi di diritti politici (ad Atene erano chiamati “metèci”): così i cittadini liberi finivano per essere, di fatto, una minoranza, venendo a costituire una specie di aristocrazia rispetto alla restante popola-zione della città. Il dibattito politico e la cultura riguardavano perciò necessariamente un settore ristretto ed elitario della società, e le mirabili conquiste della filosofia e della scienza rimanevano un privilegio di pochi, anche se, rispetto a quanto avveniva nelle società orien-tali, interessavano senz’altro una cerchia più ampia di persone, poiché erano riconosciute come patrimonio potenziale di tutti gli uomini liberi, ovvero dei “cittadini”.

■ Nelle città greche vi era inoltre una tendenziale contrapposizione, ora sotterranea, ora aperta, tra due componenti sociali: l’aristocrazia, portatrice di una mentalità più con-servatrice e legata al passato, e il popolo (il démos), formato da cittadini benestanti e portatore di una mentalità più progressista e aperta al nuovo. Di conseguenza – pur evi-tando di ridurre la problematica della nascente filosofia greca a una sorta di proiezione fotografica di sottostanti lotte sociali interpretabili secondo punti di vista ideologici e politici odierni – è possibile distinguere, all’interno della filosofia greca degli inizi, un filone più legato al démos e alla sua mentalità progressista e un filone più legato all’aristo-crazia e alla sua mentalità conservatrice1. Esempi del primo gruppo sono i pensatori ionici (Talete, Anassimandro e Anassimene), a cui sono collegati, sebbene cronologicamente successivi, Empedocle, Anassagora, gli atomi-sti e, in parte, i sofisti. Esempi del secondo gruppo, pur in contesti geografici e cronologici diversi, sono Pitagora, Eraclito, Parmenide e Platone. Queste due linee della filosofia greca, più marcate all’inizio, con l’andar del tempo finirono per contaminarsi a vicenda, perdendo sempre di più, anche in rapporto all’approfondirsi della problematica filosofica e agli svi-luppi storici della pólis, la loro primitiva fisionomia e confluendo in filosofie più complesse (ad esempio quella di Aristotele), che ne sintetizzavano le rispettive istanze.

La centralità della politica

Un privilegio per cittadini liberi

Tra popolo e aristocrazia

1 Si veda soprattutto AA.VV., Filosofia e società, Zanichelli, Bologna 1975, vol. 1.© P

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Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della fi losofi a

■ Infine è bene ricordare che la città-Stato greca non era una realtà solamente politica, come gli Stati moderni, ma anche un’entità religiosa. Infatti, sebbene i sacerdoti non ri-vestissero una grandissima importanza, la religione giocava all’interno della pólis un ruo-lo basilare. Ogni città si gloriava di un mitico fondatore di origine divina o semi-divina, e possedeva un suo nume particolare, che considerava suo protettore. Le leggi stesse, all’inizio, venivano ritenute di origine o di ispirazione divina e solo lentamente vennero riconosciute come opera umana. La pólis non rinnegò mai questo suo carattere etico-religioso: piuttosto, nel corso del tempo, lo modificò gradualmente, conciliandolo con nuove istanze. Tutto ciò pose alcu-ne restrizioni a quella libertà di pensiero di cui visse e si nutrì la nascente filosofia greca: il misconoscimento aperto degli dei patri in certi casi provocò accuse di empietà (come quelle mosse ad Anassagora e a Protagora) e fu una delle principali motivazioni del pro-cesso contro Socrate. Queste restrizioni, tuttavia, non assunsero proporzioni tali da bloc-care lo sviluppo della libera ricerca filosofico-scientifica dei Greci.

8. Primordi e retroterra culturale della filosofia greca

Prima che la filosofia prendesse esplicitamente avvio, l’arte e la religione in Grecia aveva-no già abbozzato per loro conto alcune riflessioni generali sull’uomo e sulla realtà. Ciò era avvenuto soprattutto nelle cosmologie mitiche, nelle dottrine religiose dei Misteri, nei motti dei Sette Savi e nella riflessione etico-politica dei poeti. Di conseguenza, è proprio in queste manifestazioni che si possono rintracciare i primordi del pensiero filosofico.

Le cosmologie mitiche

Il più antico documento della cosmologia mitica presso i Greci si deve a Esiodo, poeta vis-suto in Beozia tra l’VIII e il VII secolo a.C., nella cui opera confluirono certamente antiche tradizioni. Secondo la testimonianza di Aristotele, Esiodo fu il primo a cercare il principio delle cose, come emerge dal suo poema intitolato Teogonia, in cui si legge:

primissimo fu il caos, poi fu la terra dall’ampio seno […] e l’amore che eccelle fra gli dèi immortali. (Teogonia, 166 e ss.)

Di natura filosofica appare qui il problema dell’origine delle cose e della forza che le produs-se. Ma se il problema è filosofico, la risposta è mitica. Il caos («abisso sbadigliante»), la terra, l’amore ecc. sono personificati in entità mitiche.

Dopo Esiodo, il secondo poeta di cui conosciamo la cosmologia è Ferecide di Siro, contem-poraneo di Anassimandro, nato probabilmente verso il 600-596 a.C. Egli narrò che prima di ogni cosa ed eternamente c’erano Zeus, Crono e Ctono. Ctono era la terra, Crono il tempo, Zeus il cielo. Quest’ultimo, trasformato in Eros, cioè in amore, procedette alla costruzione dell’universo. Nel mito di Ferecide di Siro compare la prima distinzione tra la materia e la forza organizzatrice del mondo.

Pólis e religione

Esiodo

Ferecide di Siro

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

Il dibattito sui miti greci

Lo studio dei miti greci deve affrontare una serie nutrita di problemi: ■ il carattere oscuro del mito e le conseguenti difficoltà di intenderne il significato; ■ le svariate forme in cui i racconti mitici si presentano (ci sono miti cosmogonici, miti di

dei ed eroi, miti orfici ecc.); ■ la stratificazione di formulazioni differenti e le molteplici modalità di trasmissione; ■ i diversi modi in cui, nelle epoche successive, le narrazioni mitologiche furono conside-

rate dai Greci.Tutto ciò determina una grande varietà di approcci nei confronti di questa forma culturale.

Il primo elemento che emerge è che il mito non è una storia fantastica, ma il tentativo di spiegare o razionalizzare alcuni aspetti della realtà e dell’esperienza. Non a caso lo stu-dioso romeno Karl Kerényi (1897-1973) propone di tradurre il termine greco mythos con l’espressione “storia vera”. Ma allora, più precisamente, che cosa sono i miti? Allegorie de-scrittive di alcuni aspetti della natura, spiegazioni di eventi naturali, tentativi di convalidare determinate pratiche religiose o sociali, o altro ancora?

La svedese Paula Philippson (1874-1949), in un lavoro ormai classico pubblicato nel 1944, individua nel mito una produzione culturale che apre la strada a quella filosofica e scientifica, poiché tenta di conferire ordine e unità alla molteplicità dei fenomeni naturali. Lo stesso pensiero filosofico delle origini non è del tutto adeguato a questo compito: per questo conti-nua a fare ricorso al mito. Così è in Parmenide e, in qualche misura, nello stesso Platone. In questo senso il mito sarebbe dunque l’espressione ancora inadeguata di concetti che verranno gradualmente messi a fuoco nei successivi sviluppi della cultura greca.

L’autonomia della dimensione mitologica è invece affermata con forza dal filosofo tedesco Ernst Cassirer (1874-1945), il quale rigetta esplicitamente il carattere allegorico del mito, che interpreta piuttosto come simbolo, cioè come un modo di rispondere a problemi co-noscitivi e, più in generale, come una forma completa di cultura. Tuttavia, anche Cassirer finisce per intendere il mito come una risposta più emotiva che razionale alle questioni che lo suscitano.

Il dibattito sul tema è stato e continua a essere molto ampio, coinvolgendo antichisti, antropologi e psicoanalisti. Recentemente alcuni studiosi hanno rifiutato le teorie che abbiamo appena ricordato e altre ancora, definite “monolitiche” (Geoffrey S. Kirk, 1921-2003), per il fatto che i miti sono tanti e diversi, e di conseguenza risultano so-spette tutte quelle ipotesi che intendano individuarne un unico significato e una sola funzione.Al di là dei diversi approcci e delle diverse conclusioni, va comunque tenuto sempre presente che il mito arcaico è una forma di sapere, una riflessione sulle divinità, sul cosmo e sul passato che integra una visione del tutto peculiare del mondo. Per questo non è possibile “tradurre” i miti in una forma che oggi a noi sembri razionale: lungi dall’essere un mero rivestimento letterario o favolistico per concetti presenti nella co-scienza arcaica sotto altre spoglie, essi costituiscono un approccio a tali concetti ade-guato allo spirito e alla cultura del tempo, forse l’unico che in quel particolare momento storico fosse praticabile.

Le difficoltà nello studio dei miti

Il mito come “storia vera”

La funzione pre-filosofica e pre-scientifica

del mito

Il mito come simbolo

La peculiarità del linguaggio

mitologico

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Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della fi losofi a

Ad esempio, un antichissimo mito cosmogonico di matrice orfica narra che la notte – sot-to forma di un uccello dalle ali nere – venne fecondata dal vento e depose quindi un gi-gantesco uovo d’argento; esso si divise in due, generando Eros e dando origine al cosmo: sopra una concavità, il cielo, e sotto l’altra, la terra. Ora, è evidente che le due metà dell’uovo sono una raffigurazione fisica e che le ali della notte richiamano l’oscurità: an-che il mito non può rinunciare a confrontarsi con i dati empirici. Allo stesso tempo, però, noi non siamo in grado di indicare, per ogni immagine di questo mito, un corrisponden-te oggetto fisico o cosmologico inteso come oggi lo intendiamo, per il fatto che l’immagi-ne del mondo offerta dai miti è semplicemente diversa e, per certi aspetti, incommen-surabile rispetto alla nostra.

I Misteri e i Sette Savi

Un’ulteriore affermazione dell’esigenza filosofica si nota nella religione dei Misteri, diffu-sasi in Grecia a cominciare dal VI secolo a.C. A questa religione appartennero il culto di Dioniso, che veniva dalla Tracia, il culto di Demetra, i cui riti si celebravano a Eleusi, e so-prattutto l’orfismo.

Anche l’orfismo era dedicato al culto di Dioniso, ma era organizzato in comunità e poneva in una forma di rivelazione l’origine dell’autorità religiosa: rivelazione attribuita al poeta tracio Orfeo (da cui il nome del movimento), del quale si narrava che fosse disceso nell’Ade. Lo scopo dei riti che la comunità celebrava era quello di purificare l’anima dell’iniziato e di sottrarla così alla “ruota” delle nascite, cioè alla trasmigrazione nel corpo di altri esseri viven-ti. In questo senso l’orfismo attuò un vero e proprio capovolgimento della prospettiva antro-pologica della tradizione omerica, secondo la quale l’uomo trovava la sua manifestazione più propria nella vitalità del corpo. Al contrario, per gli orfici il corpo non era che la prigione dell’anima, ovvero di una “scintilla” divina che preesisteva e sopravviveva al corpo e che era necessario liberare dalle catene della materia.L’insegnamento “filosofico” fondamentale dell’orfismo consiste nella visione della scienza e, in generale, dell’attività del pensiero come un cammino di vita, cioè come una ricerca che con-duce l’uomo alla vita autentica. In questo stesso modo, più di un secolo dopo, intenderà e praticherà la filosofia Platone, che nel Fedone si rifarà esplicitamente alle credenze orfiche.

Accanto al primo balenare della filosofia nei miti cosmologici e nei Misteri, troviamo una prima forma di riflessione morale nella leggenda dei Sette Savi. Questi sono variamente enumerati dagli scrittori antichi, ma quattro di essi, Talete, Biante, Pìttaco e Solone, sono compresi in tutte le liste. Platone, che per primo li elencò, a questi quattro aggiunse Cleobulo, Misone e Chilone (Protagora, 343a).Ai Sette Savi si attribuivano brevi sentenze morali (da cui la denominazione di “gnomi-ci”, da ghnóme, “sentenza”), alcune delle quali divennero famose. A Talete si attribuisce il motto «Conosci te stesso» (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, I, 40). A Biante le massime «I più sono malvagi» (Diogene Laerzio, I, 88) e «La carica rivela l’uomo» (Aristotele, Etica nicomachea, V, 3). A Pìttaco il motto «Sappi cogliere l’opportunità» (Diogene Laerzio, I, 79). A Solone le sentenze «Prendi a cuore le cose importanti» e «Nulla di troppo» (Dioge-ne Laerzio, I, 60 e 63). A Cleobulo il motto «Ottima è la misura» (Diogene Laerzio, I, 93). A Misone la massima «Indaga le parole a partire dalle cose, non le cose a partire dalle

L’orfismo

IL CONCETTOE L’IMMAGINE

La “scoperta” dell’aldilà tra arte e fi losofi a, p. 256

I Sette Savi e le sentenze morali

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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO

parole» (Diogene Laerzio, I, 108). A Chilone i motti «Bada a te stesso» e «Non desiderare l’impossibile» (Diogene Laerzio, I, 70).Come si vede, questi motti sono tutti di natura pratica, o morale, e dimostrano che la prima riflessione filosofica si rivolse in Grecia alla saggezza della vita, più che alla pura contempla-zione (come invece preferì credere Aristotele). Questi motti preludono a una vera e propria indagine sulla condotta dell’uomo nel mondo. E forse non a caso il primo dei Sette Savi, Talete, è anche considerato il primo vero rappresentante della filosofia greca.

La poesia

Come abbiamo anticipato, anche la poesia contribuì in modo determinante a creare il clima nel quale poté nascere e fiorire la filosofia greca. La riflessione morale dei poeti, infatti, in Grecia elaborò quei concetti fondamentali che dovevano servire ai filosofi per l’interpreta-zione del mondo.

In Omero si trova per la prima volta il concetto di una legge che dà unità al mondo umano: l’Odissea è tutta dominata dalla fede in una legge di giustizia, di cui gli dei sono custodi e garanti, che determina nelle vicende umane un ordine provvidenziale per il quale il giusto trionfa e l’ingiusto viene punito.Esiodo personifica tale legge nella dea Díke (Giustizia), figlia di Zeus, che siede accanto al padre e vigila affinché siano puniti gli uomini che commettono ingiustizia. L’infrazione di questa legge appare nello stesso Esiodo come tracotanza (hybris), dovuta alla sfrenatezza delle passioni e in generale a forze irrazionali. Oltre a Esiodo, si esprimono in questi termi-ni anche Archiloco, Mimnermo e Teognide.

Solone (uomo politico e poeta ateniese vissuto tra il VII e il VI secolo a.C.) afferma con grande energia l’infallibilità della punizione che colpisce colui che infrange la norma di giustizia sulla quale è fondata la vita associata: anche quando il colpevole si sottrae alla pu-nizione, questa colpisce infallibilmente i suoi discendenti. L’apparente disordine delle vi-cende umane, per il quale la Moira, o il destino, sembra colpire anche gli innocenti, trova la propria giustificazione, secondo Solone, nella necessità di restringere entro giusti limiti i desideri umani smodati e di allontanare l’uomo da qualsiasi eccesso. Sicché la legge di giu-stizia è anche norma di misura, e Solone esprime in un famoso frammento la convinzione morale più radicata nei Greci:

La cosa più difficile di tutte è cogliere l’invisibile misura della saggezza, la quale sola reca in sé i limiti di tutte le cose. (frammento 16)

Il poeta tragico Eschilo (VI-V secolo a.C.) è, infine, il profeta religioso di questa legge uni-versale di giustizia, della quale la sua tragedia vuole esprimere il trionfo.Prima, dunque, che la filosofia scoprisse e giustificasse l’unità della legge al di sotto della molteplicità dispersa dei fenomeni naturali, la poesia greca aveva scoperto e giustificato l’unità della legge al di sotto delle vicende apparentemente disordinate e mutevoli della vita umana associata. Vedremo come la speculazione dei primi fisici non abbia fatto che cercare nel mondo della natura quello stesso ordine che i poeti avevano rintracciato nel mondo degli uomini.

Legge e giustizia

Giustizia e misura

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