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Scuola di Pubblica Amministrazione Il sistema delle fonti nel nuovo Titolo V L’azione chiarificatrice della Corte Costituzionale

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Scuola di Pubblica Amministrazione

Il sistema delle fonti nel nuovo Titolo V

L’azione chiarificatrice della Corte Costituzionale

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Programma della giornata

L’avvento dell’idea Federalista in Italia.

L’equiordinazione tra gli enti della Repubblica.

Il nuovo riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni. Le fonti regionali: Statuti, leggi e regolamenti regionali.

I limiti al potere legislativo regionale.

Il nuovo sistema amministrativo.

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La via italiana al “Federalismo”

Agli inizi degli anni ’90 appare in tutta evidenza la grave crisi che attanaglia le Democrazie occidentali e liberali:l’incapacità dei Parlamenti di rappresentare adeguatamente i bisogni della gente.

Le assemblee parlamentari non riescono più ad incidere rispetto alla concentrazione del potere di decisione nelle mani dei Governi e dei centri di potere economico-finanziario.

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La via italiana al “Federalismo”

La diffusione del benessere va di pari passo con la “dispersione” sul territorio del potere decisionale.

Le comunità che hanno raggiunto maggiori livelli di benessere non accettano più che il loro destino venga deciso a centinaia di chilometri di distanza.

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La via italiana al “Federalismo”

Si fa strada anche in Italia l’idea che il modello di Stato federale possa offrire risposta adeguata a due fondamentali esigenze.

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La via italiana al “Federalismo”

1^ esigenza Trasferire il

momento ed il luogo della decisione politica ed amministrativa ad un livello vicino alle comunità e, per ciò stesso, vigilabile.

2^ esigenza Controbilanciare il

potere degli esecutivi e ristabilire l’equilibrio che i Parlamenti non sembrano in grado di assicurare.

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La via italiana al “Federalismo”

Lo scenario politico e sociale in Italia agli inizi degli anni ’90

Il corto circuito istituzionale di Tangentopoli

La necessità di ricostruire il rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e della politica

Il bisogno di avvicinare la Pubblica Amministrazione ai cittadini

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La via italiana al “Federalismo”

La ricostruzione del rapporto fra la società e la politica

Il coinvolgimento diretto nel corpo elettorale nella scelta dei “governi” nazionali e locali, come antidoto allo scollamento fra la società e le istituzioni.Questo avviene con la modifica del sistema elettorale in senso maggioritario ed uninominale per le politiche e con l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province e, successivamente, dei Presidenti delle Giunte Regionali.

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La via italiana al “Federalismo”

Le riforme politico-istituzionali degli anni ‘90

Ridisegnare l’organizzazione della Pubblica Amministrazione e trasferire al livello più prossimo al cittadino “il centro decisionale”

Si leva fortissima la spinta ad un decentramento vero, da alcuni immaginato come un vero è proprio federalismo.

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Cos’è il Federalismo

Uno Stato federale nasce da un patto

fra Stati contraenti. Il termine

“Federalismo” deriva dal termine latino

“foedus” cioè alleanza, patto.

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Cos’è il Federalismo

È inteso come strumento per mettere in primo piano l’economia e la società e molto in secondo piano la politica.

Non è solo una trasformazione giuridica della forma di Stato e di Governo, ma richiede un rinnovamento culturale e sociale.

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La via italiana al Federalismo

Anomalia del caso italiano che prevede

un processo inverso rispetto al classico

procedimento nel quale Stati

indipendenti e sovrani cedono parte dei

propri poteri ad un Soggetto federale.

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La via italiana al Federalismo

Il federalismo italiano è più

correttamente assimilabile al modello di

stampo anglosassone di “Devolution”.

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La via italiana al Federalismo

La difficoltà di compiere la

trasformazione è tutta nella necessità di

modificare una struttura di uno Stato

nato “centralizzato” e di intervenire in

una situazione di “sviluppo”

differenziato fra le regioni.

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La Devolution: Un modello importabile.

Indica un trasferimento di poteri e competenze dal Centro verso le Regioni.

Rappresenta molto di più rispetto ad un semplice decentramento amministrativo.

Conduce ad una riorganizzazione del precedente sistema unitario secondo principi che si richiamano al federalismo.

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Il percorso riformatore in Italia

I passaggi fondamentali dal 1997 al 2003

Le leggi Bassanini L’elezione diretta dei Presidenti delle

Regioni (L.Cost. 1/1999) La riforma del titolo V della Costituzione

(L.Cost. n. 2/2001) La legge “La Loggia” (l. n. 131/2003)

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Il federalismo “a Costituzione invariata” del 1997-98

Le Leggi Bassanini

Legge n. 59 del 1997

Il decreto Legislativo n. 112 del 1998

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Il federalismo “amministrativo”

Le leggi “Bassanini” attuano un decentramento vigoroso di compiti e funzioni amministrative verso Regioni, Province e Comuni. È l’avvio, in senso amministrativo, di un progetto di riforma istituzionale che pone al “centro del sistema Paese” la “vecchia periferia”. Lo Stato deve mantenere solo i compiti che per ragioni di uniformità non saranno trasferiti.

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Il federalismo “amministrativo”

Si fa spazio nell’ordinamento italiano il principio della sussidiarietà nella organizzazione della pubblica amministrazione.

La sussidiarietà è il decentramento delle attività amministrative al livello più vicino al cittadino, riservando ai livelli di governo più alti solo quelli che per motivi di uniformità e di adeguatezza non possono che essere riservati a soggetti diversi dall’ente di base (comune).

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La modifica costituzionale del Titolo V

Il decennio di dibattito politico e di riforme amministrative conduce all’approvazione della Legge Costituzionale n. 3 del 2001.

La legge costituzionale modifica il titolo V, parte seconda, della Costituzione e rivoluziona il rapporto fra lo Stato, le Regioni e le autonomie locali.

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La legge Costituzionale n.3 del 2001

Approvata non in maniera “unanime” dal parlamento, nelle ultime settimane della 13^ Legislatura.

Sottoposta al Referendum confermativo, primo caso nella storia della Costituzione Italiana.

Da alcuni ritenuta “copertura costituzionale” delle riforme Bassanini.

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Le modifiche al titolo V

I 5 Pilastri fondamentali della riforma.

1. La pari dignità istituzione tra tutti i soggetti che compongono la Repubblica

2. Il nuovo riparto di competenza legislativa fra Stato e Regioni

3. Il nuovo sistema amministrativo4. L’abolizione dei controlli5. Il nuovo sistema di finanza “Locale”

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Iter di approvazione e struttura della l.c. 3/2001

Approvata nel marzo del 2001 senza la maggioranza dei 2/3 delle Camere è sottoposta a referendum confermativo.

Il referendum si tiene nell’ottobre del 2001: vi partecipa il 34% degli aventi diritto al voto, con una percentuale di favorevoli pari al 64% del totale.

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Iter di approvazione e struttura della l.c. 3/2001

La legge costituzionale si compone di 11 articoli.

Complessivamente gli articoli della Costituzione toccati, tra novelle, abrogazioni e riscritture, sono ben 15 dei 20 che componevano il Titolo V.

È l’intervento più rilevante dal 1948 in termini quantitativi e più ancora sotto l’aspetto qualitativo.

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L’attuazione del Titolo V-La legge La loggia

Legge n. 131 del 2003

Dà attuazioni ad alcune disposizioni della legge Cost. n. 3 del 2001.

Interviene in materia di Potere sostitutivo, di esercizio delle funzioni amministrative, di potestà normativa degli enti locali, di ricorsi alla Corte Costituzionale, di partecipazione di Regioni ed enti locali alla fase ascendente delle decisioni comunitarie.

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L’attuazione del Titolo V-La legge La loggia

Legge n. 131 del 2003

Stabilisce il termine di 1 anno (prorogato a 2 dalla legge di conversione del d.l. 80/2004) entro il quale il governo dovrà effettuare la ricognizione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente, nonché adeguare le leggi in materia di enti locali ed individuare le loro funzioni fondamentali.

Istituisce il Rappresentante dello Stato.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

ARTICOLO 114

È la norma che rivoluziona il tradizionale

assetto che vedeva lo Stato in posizione di

supremazia rispetto agli altri livelli di

governo del territorio.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

Vecchio 114

La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni.

Nuovo 114

La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

La differenziazione tra i Soggetti Istituzionali non è più di tipo gerarchico ma di tipo funzionale.

I comuni, le province, le città metropolitane, le regioni e lo stato sono equiordinati ed hanno pari dignità istituzionale, ma fanno fra di loro cose diverse. Allo Stato ed alle Regioni spetta, principalmente, fare leggi.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

La disposizione ha suscitato dubbi in relazione all’articolo 5 della Costituzione (principio di unità ed indivisibilità della Repubblica).

In una prima fase non sono mancate interpretazioni”estreme” che, sulla base della “parificazione” ex art. 114 Cost., sostenevano la necessità di una riconsiderazione delle fonti del diritto, e ciò in particolare alla luce del terzo periodo del comma sesto dell’articolo 117 della Costituzione secondo cui “I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”, inteso come “riserva di regolamento locale”.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

L’ampia riflessione dottrinale sugli aspetti critici del nuovo architrave (art. 114) del Titolo V, unitamente ai primi interventi giurisprudenziali operati dalla Corte Costituzionale, consentono oggi di poter attribuire il giusto peso giuridico e politico ad una norma che molto aveva preoccupato per l‘impressione di una erosione della sovranità dello Stato.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

Il nuovo articolo 114 potrà, infatti, avere un significato sostanziale se quel concetto di equiordinazione tra gli enti che “costituiscono” la Repubblica è coniugato con quello di separazione e differenziazioni delle funzioni ad ognuno dei medesimi riconosciute dall’ordinamento.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

La separazione del concetto di Repubblica e di Stato nell’articolo 114.

L'ordinamento precedente, nonostante la natura antifascistata della Costituzione italiana, era fortemente permeato da un'idea fondamentalmente gentiliana: tutto è nello Stato, ci sono le regioni, le province, i comuni e le comunità montane; lo Stato è il concetto giuridico che tutto comprende, tanto che Stato e ordinamento giuridico sono parole che si possono usare come sinonimi.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

La separazione del concetto di Repubblica e di Stato nell’articolo 114.

Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione la Repubblica vede un insieme di ordinamenti raccordati fra di loro, ognuno dei quali ha una sua propria originarietà, nessuno dei quali è di per sé strutturalmente superiore all'altro; anche se, ovviamente, in forza delle sue attribuzioni, ciascuno di essi ha una specifica relazione con gli altri, che può anche essere una relazione di sovra e di sott’ordinazione, ma in senso funzionale e non più essenziale.

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L’equiordinazione tra gli enti territoriali

La considerazione che gli enti territoriali di cui all’art. 114 Cost. siano tutti egualmente necessari alla esistenza e continuità dell’ordinamento giuridico presuppone che nei rapporti reciproci si impongano protocolli fondati sul principio di leale collaborazione e sul rispetto delle reciproche sfere di autonomia normativa ed organizzativa.

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Il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni

Una seconda fondamentale innovazione costituzionale che predispone l’ordinamento giuridico italiano verso un modello di Stato federale (o, forse più propriamente, verso un regionalismo compiuto) è rappresentata dal capovolgimento del tradizionale assetto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, previsto nel nuovo articolo 117 Cost.

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Il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni

La potestà legislativa regionale non è più relegata nell’area della legislazione concorrente e viene meno quel principio di sostanziale gerarchia tra le due fonti legislative statali e regionali che il vecchio art. 117 Cost. prevedeva.

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Il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni

Il vecchio art. 117 stabiliva una gerarchia tra le due fonti.

Le regioni avevano potestà legislativa solo in alcune materie, nell’ambito dei principi fissati dallo Stato e nel rispetto dell’interesse nazionale e delle altre Regioni. (Legislazione c.d. concorrente).

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Il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni

Nel novellato articolo 117 La potestà legislativa è esercitata dallo

e dalle Regioni in modo “paritario”. Il “valore” delle leggi statali e regionali

è equivalente. La differenza sta nelle materie

attribuite.

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Il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni

I vincoli ordinari per il legislatore statale e regionale

1. Rispetto della Costituzione;2. “ dei Vincoli Comunitari;3. “ dei Vincoli

Internazionali.

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Le materie di competenza legislativa statale

Allo Stato rimane la competenza a legiferare in materie che per la loro “delicatezza” o perché intimamente connesse al concetto di “sovranità” non possono frazionarsi fra le Regioni.

Esempi classici: politica estera, difesa, ordine e sicurezza pubblica, tutela concorrenza, giustizia, previdenza sociale, …

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Le materie di competenza legislativa statale

Allo Stato spettano le competenze: collegate ai poteri sovrani e

all’identità statale relative ad organismi statali e

competenze relative agli enti locali relative alle fondamentali materie

costitutive dell’ordinamento giuridico Collegate a compiti di

garanzia del sistema economico e dello Stato sociale

next

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Le materie di competenza legislativa statale

Competenze collegate ai poteri sovrani e all’identità statale

Rapporti internazionali e comunitari

Politica della difesa

Moneta e sistema valutario

Tributi e contabilità

Ordine pubblico e sicurezza

Polizia locale

Rapporti con le comunità religiose

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Le materie di competenza legislativa statale

Competenze relative ad organismi statali e competenze relative agli enti locali

Organi dello Stato e relative leggi elettorali Elezioni del Parlamento europeo Organizzazione amministrativa dello Stato Legislazione elettorale, organi di governo

e funzioni fondamentali degli enti locali

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Le materie di competenza legislativa statale

Competenze relative alle fondamentali materie costitutive dell’ordinamento

giuridico

Codice Civile Codice penale Procedura Civile e penale Organizzazione ed ordinamento giudiziario

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Le materie di competenza legislativa statale

Competenze collegate a compiti di garanzia del sistema economico dello Stato sociale

Tutela della concorrenza Perequazione delle risorse finanziarie Livelli essenziali delle prestazioni Tutela dell’ambiente

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Le materie di competenza legislativa concorrente

Il terzo comma del novellato art. 117 Cost. sancisce solennemente che, nelle materie di legislazione concorrente, «spetta alle regioni la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato».

La sola, reale, differenza rispetto al vecchio 117 è nell'omissione degli altri limiti: il contrasto con l'interesse nazionale e con quello delle altre regioni. La ragione è nella diversa disciplina dei rapporti e dei conflitti fra Stato e regioni ai sensi dei rinnovati artt. 120 e 127.

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Le materie di competenza legislativa concorrente

Le novità più rilevanti sono nell'elenco delle materie di legislazione concorrente il quale, rispetto alla disorganica enumerazione contenuta nel testo precedente, si apprezza per ordine e coerenza interna, oltre che, in generale, per l'ampiezza decisamente maggiore.

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Le materie di competenza legislativa concorrente

Disciplina elettorale regionale (ex art. 122 Cost)

Rapporti internazionali e con l’Unione europea

Commercio con l’estero Tutela e sicurezza del

lavoro Istruzione Professioni Ricerca scientifica e

tecnologica Tutela della salute e

alimentazione

Ordinamento sportivo Protezione civile Governo del territorio Trasporti,

comunicazioni e “reti” Previdenza

complementare e integrativa

Bilanci, finanza e tributi

Beni culturali e ambientali

Istituti di credito

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La competenza legislativa residuale (generale) delle regioni

L’articolo 117, in piena coerenza con l'affermato principio di sussidiarietà, stabilisce che in tutte le materie ove lo Stato non gode di una riserva di potestà dichiarata da norme costituzionali (l'art. 117, comma 2), o che non siano incluse fra quelle di legislazione concorrente, (tutte) le regioni esercitano potestà legislativa esclusiva.

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La competenza legislativa residuale (generale) delle regioni

L'indeterminatezza dell'ambito di legislazione regionale esclusiva, posta in confronto alla rilevanza delle materie elencate espressamente quali oggetto di legislazione concorrente, non deve però far ritenere che la prima sia sostanzialmente di poco rilievo.

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Indicazione esemplificativa delle materie residuali regionali

Acque minerali e termali Agricoltura Artigianato Assistenza Assistenza scolastica Camere di commercio Commercio, fiere e

mercati Edilizia Energia (autoproduzione e

profili di interesse locale) Formazione professionale

Industria Lavori pubblici ed appalti Miniere, risorgeb

geotermiche, cave e torbiere

Ordinamento e organizzazione regionale

Politiche occupazione Polizia amministrativa

regionale e locale Trasporti e viabilità Turismo Urbanistica

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L’estensione orizzontale e verticale della potestà “residuale”

L’ampiezza della sfera residuale è stata oggetto di interpretazione della Corte Costituzionale nelle seguenti Sentenze:

La n. 303/2003La n. 370/2003 (in materia “asili nido”)La n. 6/2004 (in materia di “sistema elettrico nazionale”).

Il rischio che emerge da tali pronunce è che l’ambito di competenza legislativa ex art. 117, co.4, possa essere “doppiamente residuale”.

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L’estensione orizzontale e verticale della potestà “residuale”

In senso orizzontale, poiché la p.l.r. si estende alle sole materie che, oltre a non essere comprese in uno dei due elenchi contenuti nei commi 2 e 3 del 117 Cost., non siano in alcun modo riconducibili ai due predetti elenchi sulla base di una interpretazione sistematica del testo costituzionale.

In senso verticale, poiché la p.l.r. è suscettibile di essere ulteriormente compressa (in verticale) da interventi statali giustificati dall’applicazione dinamica del principio di sussidiarietà.

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Potestà concorrente e ricognizione dei principi fondamentali

Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti (art. 1, comma 3, legge 131/2003).

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Potestà concorrente e ricognizione dei principi fondamentali

Per orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi principi fondamentali, il Governo adotta, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai princìpi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. (art. 1, comma 4, legge n. 131/2003).

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Potestà concorrente e ricognizione dei principi fondamentali

I criteri direttivi per l’esercizio della delega: individuazione dei principi fondamentali per settori

organici della materia   considerazione prioritaria delle disposizioni statali rilevanti

per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica, nonché il rispetto dei principi generali in materia di procedimenti amministrativi e di atti concessori o autorizzatori;

considerazione prioritaria degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 51, primo comma, e dall’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla legislazione regionale;

coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione.

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L’impugnativa statale e regionale davanti alla Corte Costituzionale.

Il nuovo articolo 127 della Costituzione.

L’apparente parificazione tra la legittimazione ad agire tra Stato e Regioni.

La conferma della Corte Costituzionale dell’asimmetria dei vizi deducibili da Stato e Regioni (Sent. N. 274/2003).

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L’ipotesi di sospensione della legge impugnata.

L’articolo 9 della legge “La Loggia” prevede la “rivoluzionaria” possibilità per la Corte Costituzionale di sospendere “d’ufficio” l’esecuzione dell’atto impugnato (legge statale, legge e statuto regionale) quando ritenga che la sua esecuzione possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini.

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La sentenza 274/2003. Il riconoscimento delle istanze unitarie in capo allo Stato.

La Corte Costituzionale nel giustificare la diversa capacità ad impugnare tra Stato e Regioni, ritiene che:

allo Stato è pur sempre riservata, nell’ordinamento generale della Repubblica, una posizione peculiare desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui all’art. 5 della Costituzione, ma anche dalla ripetuta evocazione di un’istanza unitaria, manifestata dal richiamo al rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come limiti di tutte le potestà legislative (art. 117, comma 1) e dal riconoscimento dell’esigenza di tutelare (attraverso l’esercizio del potere sostitutivo) l’unità giuridica ed economica dell’ordinamento stesso (art. 120, comma 2).

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La sentenza 274/2003. La rilettura dell’art. 114 Cost.

La ricostruzione dell’equilibrio fra i vari livelli di governo territoriali porta la Corte a ritenere che “lo stesso art. 114 della Costituzione non comporta affatto una totale equiparazione fra gli enti in esso indicati, che dispongono di poteri profondamente diversi tra loro: basti considerare che solo allo Stato spetta il potere di revisione costituzionale e che i Comuni, le Città metropolitane e le Province (diverse da quelle autonome) non hanno potestà legislativa”.

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Statuti regionali e sistema delle fonti regionali

La Riforma operata con la legge Cost. 1/1999.

La nuova procedura di approvazione.

L’impugnazione da parte dello Stato.

Il referendum popolare

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Statuti regionali e sistema delle fonti regionali

I contenuti dello Statuto:

La forma di Governo Organizzazione e funzionamento dell’amm.ne regionale Disciplina dell’esercizio dell’iniziativa e del referendum

su leggi e provvedimenti amm.vi. Regolamentazione delle procedure di pubblicazione

delle leggi e regolamenti regionali Disciplina del CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI

IL LIMITE: Essere in “armonia con la costituzione”.

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Statuti regionali e sistema delle fonti regionali

1. Tre quesiti sull’attribuzione allo Statuto della qualità di Fonte per il diritto regionale.

2. Può lo Statuto creare atti con forza di legge della Regione?

3. Le leggi e i regolamenti sono fungibili?4. Dopo la riforma del 1999 a chi spetta la

potestà regolamentare? Quali scelte lo Statuto può adottare?

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La potestà regolamentare

Allo Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva

Alle Regioni nelle materie “concorrenti” e “residuali”

A comuni, province, città metropolitane per la disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite

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La potestà regolamentare regionale

La sentenza 313/2003 (Stato vs. Reg.Lombardia) la modifica del secondo comma dell’art. 121 della

Costituzione, sopprimendo dal testo costituzionale originario l’indicazione della potestà regolamentare quale competenza del Consiglio regionale, ha l’effetto di eliminare la relativa riserva di competenza, consentendo alla Regione una diversa scelta organizzativa.

tale scelta non può che essere contenuta in una disposizione dello statuto regionale, modificativa di quello attualmente vigente

nel frattempo, vale la distribuzione delle competenze normative già stabilita nello statuto medesimo, di per sé non incompatibile con il nuovo art. 121 della Costituzione.

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La potestà regolamentare regionale

La sentenza 313/2003 (Stato vs. Reg.Lombardia)

La difesa della Lombardia sosteneva che la modifica dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione comporterebbe l’immediata attribuzione della potestà regolamentare alla Giunta regionale. (alternativa rigida Consiglio-Giunta).

La Corte ritiene, invece, che poiché le scelte organizzative in proposito possono essere molteplici, oltre le due radicali. Si può immaginare che il potere regolamentare non sia pre-assegnato in via esclusiva (da norma statutaria o costituzionale) al Consiglio o alla Giunta ma che lo statuto riconosca al legislatore regionale la facoltà di disciplinarlo, organizzandolo in relazione alla materia da regolare e in funzione dell’ampiezza di scelta che la legge lascia aperta all’apprezzamento discrezionale del potere regolamentare.

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La potestà regolamentare regionale.

La sentenza 313/2003 (Stato vs. Reg.Lombardia)

Le conseguenze della pronuncia sui regolamenti illegittimi.

quale destino dei regolamenti adottati dal 1999 ad oggi dalle Giunte e delle leggi approvate che attribuiscano alle Giunte stesse poteri normativi secondari, con le eventuali ripercussioni sugli atti conseguenti

Distinguere i casi in cui il regolamento sia stato adottato sulla base di una previsione di legge – successiva al ’99, naturalmente – che espressamente conferisse la relativa potestà alla Giunta, dai casi in cui la Giunta abbia fatto uso di potestà preesistenti, sulla base dell’idea della loro immediata sottrazione al Consiglio.

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La potestà regolamentare regionale.

La sentenza 313/2003 (Stato vs. Reg. Lombardia)

Le conseguenze della pronuncia sui regolamenti illegittimi.

Tenendo presente la dottrina dei rapporti esauriti come limite alla retroattività delle sentenze della Corte – una buona idea, efficace e di rapida attuazione, potrebbe essere quella di una sorta di indemnity act, che riporti tutte le potestà regolamentari al Consiglio e sani, con efficacia retroattiva, gli atti normativi secondari sin qui (illegittimamente) adottati: ciò consentirebbe di stabilizzare la situazione attuale, in attesa della ben più laboriosa approvazione degli Statuti o, eventualmente, dei loro stralci.

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Il potere regolamentare delegato

Il nuovo articolo 117 consente allo Stato di conferire, nelle aree di sua spettanza, competenze normative anche alle regioni.

La regione diventa autorità capace di produrre la normativa secondaria in area statale, ma con un ruolo ancillare, chiamata a sviluppare soltanto una normativa di carattere secondario.

In tal caso, non potrà che trattarsi di regolamenti di attuazione ed esecutivi.

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Il potere regolamentare regionale nelle materie “concorrenti”.

Non appaiono ammissibili i regolamenti regionali, in ambito di potestà concorrente, in assenza di uno o di entrambi i momenti della legislazione primaria: la legge statale di principi o la legge regionale di disciplina della materia nell’ambito di quei confini.

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Il potere regolamentare regionale nelle materie esclusive regionali

Può prospettarsi ammissibile

l’adozione di regolamenti indipendenti

regionali ove ci si riferisca a materie

rientranti nel quarto comma

dell’articolo 117 Cost.

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La potestà regolamentare regionale.

La scelta “illuminata” del nuovo Statuto della Toscana

(art. 42)Alla giunta spetta l’approvazione dei regolamenti

di attuazione delle leggi regionali, previo parere della commissione consiliare competente.

Al Consiglio spetta l’approvazione dei regolamenti

delegati dallo Stato.

I regolamenti sono emanati dal presidente della giunta

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Il sistema amministrativo nello Stato “Policentrico delle Autonomie”

L’articolo 118 Cost. rappresenta l’elemento di svolta nella configurazione del nuovo sistema amministrativo poiché pone fine al parallelismo tra funzione legislativa e funzione amministrativa attribuendo al Comune, ente più vicino alla collettività, la generale titolarità delle funzioni amministrative.

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Il principio di sussidiarietà

Il nuovo principio costituzionale che su cui si giocherà il destino del FEDERALISMO è quello contenuto all’articolo 118, primo comma, e cioè: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che……(clausola di adeguatezza).

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Sussidiarietà verticale ed orizzontale

L’articolo 118 dà copertura costituzionale al principio della sussidiarietà verticale, introdotto con la Legge Bassanini.

Dà inoltre rilievo al principio della sussidiarietà orizzontale.

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La sussidiarietà nella sentenza 303/2003

Il moto “ascensionale” della sussidiarietà come forza di trascinamento della potestà legislativa.

La sentenza 303/2003 definisce il rapporto complesso ed oscuro tra l’articolo 117 e l’articolo 118 della Costituzione.

La Corte chiarisce chi è legittimato a disciplinare una funzione amministrativa attratta a livello nazionale sulla base delle istanze di unitarietà, in una materia rientrante nella competenza legislativa regionale.

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La sussidiarietà nella sentenza 303/2003

La tendenziale rigidità dell’articolo 117 Cost. trova dinamicità nell’articolo 118, primo comma, Cost., grazie al principio di sussidiarietà che permette di rendere flessibile anche la distribuzione delle competenze legislative.

E’ la ricostruzione del parallelismo accantonato con la riforma del Titolo V, o meglio, la definizione di un parallelismo rovesciato nel quale è la funzione amministrativa che “calamita” la competenza legislativa.

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La sussidiarietà nella sentenza 303/2003

La Corte chiarisce che l’attrazione statale di funzioni regionali può trovare giustificazione solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di quelle funzioni sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata.

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La sussidiarietà nella sentenza 303/2003

La legge statale di attrazione dovrà scaturire da un procedimento nel corso del quali siano stati attivati “momenti di confronto” e di contraddittorio in cui le parti possono allegare, discutere e dimostrare la propria adeguatezza nell’esercizio di una determinata funzione. L’intesa dovrà sempre condurre ad una decisione finale che resta affidata alla responsabilità dello Stato.

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La “Decostituzionalizzazione” dei controlli

È abrogata la norma che prevedeva il Comitato Regionale di Controllo per il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali

È abolita la figura del commissario del Governo nel capoluogo di regione. Con l’abolizione del visto governativo sulle leggi regionali scompare uno degli istituti che più allontanavano l’Italia da un moderno sistema regionale.

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Il Potere Sostitutivo del Governo

Nel quadro della pari ordinazione tra Enti, l’art. 120 riconosce al solo governo il potere di intervento sugli organi di Regioni, Province, Città metropolitane e comuni, ma in casi eccezionali e secondo procedure fissate dalla legge.

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Il Potere Sostitutivo del Governo

La disciplina è introdotta all’articolo 8 della “legge La Loggia”.

La disposizione prevede che: il Consiglio dei ministri, previa fissazione di un termine per

adempiere all’ente inadempiente, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, o nomina un apposito commissario, sentito l’ente interessato (comma 1), salvo i casi di assoluta urgenza (comma 4);

se si verte in materia di violazione di norme comunitarie, l’intervento sostitutivo è attivato dal Ministro per le politiche comunitarie (comma 2);

qualora si tratti di inadempimenti di comuni, province o città metropolitane, la nomina del commissario deve tener conto del principio di sussidiarietà; il commissario provvede sentito il Consiglio delle autonomie locali (comma 3);

I provvedimenti sostitutivi, in ossequio al principio di leale collaborazione, dovranno essere proporzionati alle finalità perseguite (comma 5).

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Il Potere Sostitutivo del Governo esclude altre forme di controllo?

Quale è il rapporto fra il potere sostitutivo ex art. 120 Cost, unica forma di controllo che “riemerge” alla demolizione del vecchio sistema costituzionale dei controlli esterni su Regioni ed enti locali, e i numerosi poteri sostitutivi preesistenti al titolo V?La decostituzionalizzazione dei controlli rende illegittima la permanenza di quelli già in vigore? o, piuttosto, è immaginabile un eventuale nuovo regime dei controlli ancorato, però, ai nuovi principi ispiratori della riforma del titolo V?.

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La sent. della Corte Cost. n. 43/2004. Il riconoscimento della legittimità dei controlli regionali sugli enti locali.

La Corte precisa che:

l’articolo 120 della Costituzione deriva palesemente dalla preoccupazione di assicurare comunque, in un sistema di più largo decentramento di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare taluni interessi essenziali che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato

è un potere straordinario che non preclude l’ammissibilità e la disciplina di altri casi di interventi sostitutivi, configurabili dalla legislazione di settore, statale o regionale, in capo ad organi dello Stato o delle Regioni o di altri enti territoriali, in correlazione con il riparto delle funzioni amministrative.

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La sent. della Corte Cost. n. 43/2004. Il riconoscimento della legittimità dei controlli regionali sugli enti locali.

La Corte elenca quattro paletti entro i quali è legittimo prevedere forme sostitutive di intervento regionale sugli enti locali.

1. le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi devono essere previste e disciplinate dalla legge che deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali

2. la sostituzione deve prevedersi esclusivamente per il compimento di atti o di attività “prive di discrezionalità nell’an la cui obbligatorietà sia il riflesso degli interessi unitari alla cui salvaguardia provvede l’intervento sostitutivo”

3. Il potere sostitutivo deve essere poi esercitato da un organo di governo della Regione o sulla base di una decisione di questo

4. la legge “deve apprestare congrue garanzie procedimentali per l’esercizio del potere sostitutivo”, in conformità al principio di leale collaborazione. Dovrà dunque prevedersi un procedimento nel quale l’ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l’autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento.

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La potestà normativa degli enti locali

Il quadro di riferimento normativo:

Articolo 114, co. 2, Cost.: “I comuni, le province, le città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”

Articolo 117, co. 6, Cost.: “I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”

Articolo 4, legge 131/2003 (l. la loggia)

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La potestà normativa degli enti locali

La potestà normativa consiste

Potestà Statutaria (art. 114, co. 2) Potestà Regolamentare

Regolamenti generali di

organizzazione degli enti

Regolamenti per l’organizzazione e lo svolgimento

delle funzioni attribuite

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La potestà Statutaria degli enti locali

Contenuti Lo Statuto stabilisce:

I principi di organizzazione e funzionamento dell’ente

Le forme di controllo (e autocontrollo) anche sostitutivo

Le forme di garanzie delle minoranze Le forme di partecipazione popolare

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La potestà Statutaria degli enti locali

Limiti stabiliti nella legge “la loggia”

Armonia con la Costituzione

Armonia con i principi generali di organizzazione pubblica

Rispetto della legge statale in attuazione dell’articolo 117, co. 2, lettera p)

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La potestà regolamentare degli enti locali

Organizzazione e funzionamento

dell’ente

Disciplina e organizzazione funzioni

attribuite

Parametro costituzionale

Articolo 114, co. 2

STATUTO

Regolamento localeArt. 4, co. 3, l. 131/03

Parametro costituzionale

Articolo 117, co. 6

Leggi di settore statali o regionaliPer requisiti minimi di uniformità

Regolamento localeArt. 4, co. 4, l. 131/03

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I punti problematici del nuovo sistema costituzionale

La mancata trasformazione di una delle due Camere in “Assemblea delle autonomie”

La composizione della Corte Costituzionale

La mancata realizzazione del federalismo fiscale