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S E TORI ALTRE IN QUESTO NUMERO Spedizione in abbonamento postale 45% - art.2, comma 20/B, legge 662/96v - Filiale di Trento - Supp. alla rivista “Archivio trentino”, n.1/2000, periodico semestrale reg. dal Tribunale di Trento il 20.2.1997, n. 944 Direttore responsabile: Sergio Benvenuti rivista periodica a cura del museo storico in trento, anno secondo, numero tre, luglio 2000 http://www.museostorico.tn.it La “deaustrificazione” dell’Austria di Günther Pallaver Haider e la paura del futuro. Intervista con Joe Berghold di Paolo Piffer Castel Tirolo: un progetto per il nuovo museo Il sindaco Alberto Pacher: “un rapporto sempre più stretto con la città” I 50 anni della rivista del Museo Giuseppe e Vittorio Gozzer: due fratelli in guerra di Giuseppe Ferrandi e Lorenzo Pevarello

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S ETORIALTRE

IN QUESTO NUMERO

Spedizione in abbonamento postale 45%

- art.2, comm

a 20/B, legge 662/96v - Filiale di T

rento - Supp. alla rivista “Archivio trentino”, n.1/2000, periodico sem

estrale reg. dal Tribunale di T

rento il 20.2.1997, n. 944 Direttore responsabile: Sergio B

envenuti

rivista periodica a cura del museo storico in trento, anno secondo, numero tre, luglio 2000h t t p : / / w w w . m u s e o s t o r i c o . t n . i t

La “deaustrifi cazione”

dell’Austriadi Günther Pallaver

Haider e la paura del

futuro. Intervista con

Joe Bergholddi Paolo Piffer

Castel Tirolo:

un progetto per il

nuovo museo

Il sindaco Alberto

Pacher: “un rapporto

sempre più stretto con

la città”

I 50 anni della rivista

del Museo

Giuseppe e Vittorio

Gozzer: due fratelli in

guerradi Giuseppe Ferrandi e Lorenzo Pevarello

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Fino agli anni ottanta l’Au-stria era considerata una nazione con un grado di

organizzazione politica insoli-tamente alto, un consenso tra le élite particolarmente forte ed una altissima prevedibilità poli-tica, e quindi governabilità. Tut-to ciò è visibilmente cambiato. I primi giudizi sulla futura evolu-zione di questo processo formu-lati agli inizi degli anni novanta prevedevano una irrefrenabile erosione del sistema dei partiti, la diminuzione degli elettori dei socialdemocratici (SPÖ) e dei popolari (ÖVP) e la perdita del potere di coesione delle tre sub-culture, quella cattolica, quella socialista e quella nazional tede-sca. In tutte le varianti possi-bili, comunque, gli osservatori erano concordi nel ritenere che l’Austria si trovasse sulla via di una normalizzazione euro-pea: emancipazione della socie-tà dal sistema politico, dalle isti-tuzioni dello stato partitocratico e consociativo ed emancipazio-ne degli elettori dalle subcultu-re.L’evoluzione del sistema politi-co fi no ad una normalizzazione “europea” è sembrata giungere a compimento all’inizio del feb-braio 2000. Per la prima volta nel dopoguerra i due partiti bor-ghesi-conservatori (ÖVP e FPÖ/Freiheitliche Partei Österreichs/Die Freiheitlichen) hanno stret-

to una coalizione. La “Grande Coalizione” tra SPÖ e ÖVP è tramontata, dopo trent’anni di governo il partito del cancelliere (la SPÖ) si è ritrovato all’oppo-sizione.L’alternanza dei partiti e delle coalizioni signifi ca l’avvenuta normalizzazione dell’Austria. In un sistema parlamentare nulla è più normale del cambiamento di ruoli di partito dal governo all’opposizione e viceversa. Altrettanto normale è il fatto che il secondo (FPÖ) ed il terzo (ÖVP) partito più votato gover-nino grazie ad una maggioranza parlamentare, mentre il partito di maggioranza relativa si trova all’opposizione.Alternanza come prova di demo-crazia, se non fosse per l’Unio-ne europea, i cui altri 14 mem-bri sotto la presidenza del Porto-gallo hanno deliberato di ridur-re i rapporti bilaterali con l’Au-stria, il che equivale ad una sanzione. Oltre al monito venu-to dalla commissione europea anche il Parlamento europeo ha condannato apertamente la formazione del nuovo governo austriaco. Questa reazione sen-za precedenti dell’UE alla coali-zione tra la ÖVP e la FPÖ con-traddice la tesi della normalità austriaca. È evidente che il pro-blema non è il cambio di gover-no, ma un partito ben preciso. Per l’Unione europea la FPÖ è e

rimane un partito di estre-ma destra non legittimato a governare. Se le nazioni dell’Unione europea e gli Stati Uniti reagiscono in maniera più critica e di rifi uto nei confronti di partiti di estrema destra tedeschi e austriaci piuttosto che fran-cesi e italiani, il motivo è nella memoria collettiva del nazionalsocialismo e dell’olocausto. L’olocau-sto è infatti, per l’Europa, l’esperienza negativa per antonomasia del secolo passato. L’Unione europea ha sem-

pre avuto l’impressione che la FPÖ giocasse con questa espe-rienza, poiché i suoi esponenti ripetutamente hanno minimiz-zato il nazionalsocialismo, gli hanno attribuito aspetti positivi, messo in dubbio o persino nega-to l’olocausto, praticato una reto-rica xenofoba. Per questi moti-vi la FPÖ è stata sempre isolata a livello europeo ed esclusa dall’Internazionale liberale, poi-ché nessun partito liberale vuole avere legami con un partito che ha rapporti ambigui con il nazi-smo, la xenofobia e l’antisemi-tismo.L’isolamento della FPÖ a livello europeo è stato un prodromo del-l’isolamento del nuovo governo formato con essa. L’Austria vie-ne considerata come outsider che si rifi uta di praticare e di intendere la democrazia così come è intesa dagli altri paesi europei. Per ora la normalizzazione del-l’Austria è quindi rinviata a cau-sa dell’entrata nel governo del-la FPÖ. La “deaustrifi cazione”, di cui spesso si è discusso, che si è espressa nella formazione di un nuovo sistema di partiti, nel-l’erosione delle subculture poli-tiche, nella messa in discussio-ne dello stato consociativo e nel rafforzamento della società civi-le nei confronti dei partiti pri-ma dominanti, è stata messa in ombra dal ritorno del passato.

La “deaustrifi -cazione” dell’Austriadi Günther Pallaver

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Lei scrive, in termini gene-rali, “del risorgere di ten-sioni nazionalistiche ed

etniche” a fronte di “una globalizzazione che va avanti a passi da gigante”. Perché que-sto è accaduto e accade?Indubbiamente questo fatto è riconducibile ad una varietà di cause e fattori. Secondo me, una delle cause principali è comun-que il dilagare di enormi paure davanti alla logica socialdarwini-sta che si sta affermando nel tipo di globalizzazione nel quale ci troviamo coinvolti (caratterizza-to cioè da una forte deregolamen-tazione dei mercati, da un conti-nuo abbassamento delle sicurez-ze sociali e dei valori di solida-rietà, delle virtù civiche e dello spazio accordato alla “res publi-ca”, alle discussioni e decisioni politiche). Andando di pari pas-so con rapide spinte tecnologi-che e scientifi che, questo svilup-po non può non preoccupare for-temente un numero di persone in continuo aumento: sta diventan-do sempre più incerto per sem-pre più attori in quell’arena di concorrenza sconfi nata se si rie-sce ancora a cavarsela, ad evita-re una caduta economica e socia-le nel vuoto. Ad un livello più generale, deve provocare paure esistenziali anche il fatto che nel mondo odierno — che per sopravvivere ha un drammatico

bisogno di una solidarietà capa-ce di comprendere l’intera socie-tà umana — prevalga invece in misura crescente la legge del più forte. Queste paure, se non ven-gono affrontate in modo adegua-to, devono per forza portare sia alla rimozione che al panico, tut-ti e due tipi di reazione che si raf-forzano a vicenda. I vari nazio-nalismi, gli odi etnico-razziali, le xenofobie e le varie “men-talità da fortezza” risultano poi modi particolarmente “idonei” per esprimere quell’insieme di rimozione e panico — non da ultimo perché le contrapposi-zioni nazionalistiche permettono “meglio” di tutte le altre di chiu-dere gli occhi sul fatto che ora-mai ci troviamo tutti nella stessa barca in quanto specie umana che convive su un piccolo piane-ta.Le illusioni che in una comunità “etnicamente epurata” (o in unafortezza-Europa) si possa stare al riparo dai venti gelidi della “libe-ra” concorrenza globale, o che il proprio gruppo sia per natura superiore a tutti gli altri, possono servire alla rimozione; e le pau-re rimosse devono poi cercarsi altri oggetti (spostati) che vengo-no ingigantiti nella fantasia fobi-ca: vari altri gruppi etnico-nazio-nali o “extracomunitari” vengo-no così investiti di percezioni di minaccia, che dovrebbero inve-

ce trovare le loro cause reali in una dimensione sociale diversa — che ben poco ha a che fare con i confl itti che pure possono anche esserci tra varie comunità defi nite per la loro lingua, origi-ne geografi ca o etnica, religione, usi culturali.

L’Austria ha trovato una sua dimensione europea specchio anche di un livello di vita medio e di sviluppo ormai avanzati. Dopo anni di consenso nei con-fronti dei popolari e dei sociali-sti, cosa ha portato la popolazio-ne a schierarsi a destra accla-mando Haider?La notevole perdita di consensi subita dai partiti popolare (Övp) e socialdemocratico (Spö) a par-tire dagli anni ottanta è molto condizionata dalle crescenti insi-curezze nell’ambito della glo-balizzazione in corso, che persi-no in un paese benestante come l’Austria fa aumentare in modo preoccupante il divario tra ricchi e poveri. Mentre quei partiti (e le varie reti corporativistiche ad essi collegate) si dimostrano sempre meno in grado di garantire alle loro clientele le consuete nicchie economiche, si stanno appunto, come già accennato sopra, dif-fondendo le paure del futuro — magari aggravate, nel caso austriaco, da una assai diffusa mentalità infl essibile e chiusa. La destra haideriana cresce in larga misura su questo humus di paure, e al riguardo il messagio di Hai-der si potrebbe riassumere con

Haider e la paura del futuro.Intervista con Joe Bergholddi Paolo Piffer

Joe Berghold, austriaco, si occupa di psicologia politica. È conclusa da poco la traduzione in italiano di un suo ampio lavoro sui rapporti tra Italia e Austria, dalla seco-lare amicizia all’apertura europea. Ora si sta lavorando ad un’attenta revisione del saggio per poterne proporre, in un pros-simo futuro, la pubbli-cazione in Italia. A lui abbiamo rivolto, contattandolo tramite e-mail nella sua casa di Vienna, alcune domande sulla situa-zione austriaca, sui rapporti con l’Europa e l’Italia, su che cosa signifi chi l’ascesa di un leader come Haider.

Rappresentazione satirica dell’Impero austro-ungarico

Joe Berghold, Italien-Austria. Von der Erbfeindschaft zur europäischen Öffnung, Werner Eichbauer Verlag, Wien 1997

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una affermazione del tipo: “Nel mondo socialdarwinista che si sta delineando, di generalizzata caccia a chi è debole e indifeso, sono io il cacciatore di gran lunga più forte e spietato, e se voi pic-coli uomini volete ancora mante-nere una speranza di sopravvive-re dovete far parte del mio branco e sottomettervi senza discussioni alla mia volontà” In questo con-testo, anche le numerose scanda-lose asserzioni di Haider a favo-re del nazismo trovano un loro signifi cato molto preciso.Del resto trovo interessante che Lei parli della “popolazione” au-striaca, e non solo di un suo setto-re minoritario, che si sia schiera-to con la destra haideriana. Qual-cuno potrebbe certo obiettare che il suo partito Fpö era poi votato dal “solo” 27 per cento dell’elet-torato (o ancora da meno degli aventi diritto al voto). Ma è pur-troppo evidente che quel succes-so elettorale esprime un consen-so indiretto che va molto al di là di quella percentuale, tanto da comprendere, nelle sue varie sfu-mature, una maggioranza tale da giustifi care anche l’espressione “la popolazione”. Altrimenti sa-rebbe infatti impensabile che un partito che non nasconde mini-mamente il suo estremo autori-tarismo e che usa una retorica sconvolgente da caccia all’uo-mo, non riscontri una reazione molto più energica da parte di un’ampia opinione pubblica. Chi non si oppone con fermezza ad un uomo politico che (per citare solo un esempio) ripetutamente descrive i suoi avversari come insetti (ad es., come “pidocchi del pube”) contro i quali il pro-prio partito dovrà agire da “pro-dotto chimico antiparassitario” (“Schädlingsbekämpfungsmittel”) — e persino da “acido cianidri-co” (“Blausäure”), cioè l’agente chimico usato ad Auschwitz!! — in realtà è complice, segnala il suo tacito consenso; perché è lo-gicamente impossibile rimanere neutrali rispetto a quel tipo di propositi che preannunciano bar-barie. Se buona parte della po-polazione è quindi stata portata a schierarsi a favore di Haider, questo è dovuto non da ultimo

al fatto che la società austriaca è stata in larga misura incapace di affrontare e superare mental-mente il suo passato coinvolgi-mento col nazismo (la disfatta del Terzo Reich non avendo cor-risposto in Austria a qualsiasi movimento di liberazione di ri-lievo). Credo che anche l’ege-monia semi-feudale dei partiti popolare e socialdemocratico nei decenni del dopoguerra non sa-rebbe stata possibile senza il pro-fondo effetto stordente e paraliz-zante che il nazismo ha portato su quel poco di cultura democra-tica che la società austriaca era stata in grado di sviluppare pri-ma.

Le recenti sanzioni europee nei confronti dell’Austria rischiano di bloccare il cammino di inte-grazione politica e culturale nel-l’Europa unita o sono solo un incidente di percorso?Queste cosiddette “sanzioni” — che in realtà sono poi misure quasi interamente simboliche — sono l’esatto contrario di un inci-dente di percorso. Corrispondo-no ad una presa di posizione doverosa da parte di chi vuole mantenere la credibilità di una integrazione europea che sia un progetto di società civile, di una comunità vera di cittadini dispo-sti a condividere le responsabi-lità per il comune destino — e non meramente un grande mer-cato omogeneizzato sotto i dik-

tat neoliberisti. Di per sé, le misure bilaterali prese dai quat-tordici governi della UE potreb-bero costituire un segnale impor-tante nella direzione di una inte-grazione sostenibile, capace di contrastare le dinamiche che rischiano di far saltare in aria la coesione sociale necessaria per costituire una “polis europea”. Una preoccupante debolezza del-la presa di posizione dei Quattor-dici consiste invece nel fatto che nell’insieme, le loro politiche si muovano prevalentemente nella stessa direzione neoliberista che fa svuotare lo spazio di parteci-pazione cittadina e fa crescere le paure del futuro che costituisco-no la materia prima per il succes-so di movimenti del tipo haide-riano.

Ha fatto sensazione che gli Stati Uniti, in prima persona, siano intervenuti nei confronti dell’Au-stria. Tanta solerzia non è stata riservata ad altri paesi, quali la Turchia, con problemi ancora più gravi al loro interno quali la discriminazione nei confronti dei curdi e dei musulmani. Come se lo spiega?Il motivo principale mi pare fi n troppo evidente: nessun altro partito in nessun altro governo rompe il consenso antirazzista internazionale del dopo-1945 in modo altrettanto frontale, aperto ed infame quanto lo fa il partito di Haider. Quel consenso risale più che altro alla forte scossa mora-le provocata dai crimini nazisti contro l’umanità e sta alla base di elementi-chiave che hanno mar-cato il nostro mondo dopo la disfatta del fascismo (le Nazioni unite, la dichiarazione universa-le dei diritti dell’uomo, il proces-so di Norimberga, la Corte inter-nazionale di giustizia, il succes-so a lungo termine di movimenti quale Amnesty international, la stessa costruzione europea ini-ziata dai Schuman, De Gasperi ed Adenauer). Questo consenso del dopo-1945 può certo essere criticato, e legittimamente, fi n-ché si vuole (per le sue ipocri-sie, i suoi compromessi fasulli, le politiche di potere che dietro si nascondono, le oppressioni, le

Stemma della Carinzia

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guerre e i massacri che comun-que continuano in tanti luoghi); ma rappresenta un piccolo — seppur troppo piccolo — passo storico in avanti, che ad ogni modo si colloca ad un livello morale superiore anni luce rispet-to al nazismo e a chiunque voglia minimizzare o giustifi care i suoi crimini. Che con l’arrivo del par-tito di Haider al governo suoni-no i campanelli d’allarme anche oltre-Oceano, mi pare quindi pro-prio il segno di un sano senso morale — che purtroppo può anche coesistere con una vergo-gnosa ottusità morale nei con-fronti delle violenze commesse da altri (come ad esempio dal governo turco). Facendo il con-fronto tra l’Austria (con la sua attuale tendenza ad “haiderizzar-si”) ed un paese quale la Tur-chia, si deve certo tenere conto della differenza tra una violenza (in larga misura) “solo” retorica d’una parte ed una massiccia violenza fi sica dall’altra (con le sue conseguenze di gran lunga più sconvolgenti). Indubbiamen-te questa differenza è quanto mai fondamentale e rifl ette la parte di verità che c’è nel detto che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Ma stiamo attenti: se un dire viene ribadito con tanta ossessione come lo vediamo nel caso di Haider e dei suoi seguaci, il mare che c’è di mezzo potreb-be essiccare molto più rapida-mente di quello che si preferireb-be credere.

I rapporti di buon vicinato tra Italia e Austria possono risentire di questa situazione?Mi pare improbabile che l’at-tuale governo austriaco avrà un effetto molto negativo specifi ca-mente sui rapporti italo-austria-ci. E’ vero che nel 1992 il parti-to di Haider è stato l’unico nel parlamento austriaco a votare, con dichiarazioni anche acerri-me, contro la quietanza liberato-ria ponendo fi ne defi nitivamente alla vertenza sull’Alto Adige.Ma oramai quei confl itti che per tanto tempo avevano condizio-nato le tensioni tra i due paesi sono acqua passata, almeno in larga misura, e non potrebbero

più creare fuochi rile-vanti di attrito bila-terali — anche se certi attori politici ci pro-vassero. Sotto un punto di vista più generale, però, i rap-porti dell’Italia con l’Austria stanno sicuramente subendo — in modo paragonabile a molti altri pae-si — un effetto di alienazio-ne: sia a causa della natura di un partito che in realtà perde-rebbe la sua ragion d’essere senza un con-tinuo priapismo politico e la demonizzazione dei più variega-ti gruppi, etnico-nazionali o altri, che in linea di principio si potreb-be quindi rivolgere contro pres-soché tutto il mondo; sia a causa della legittima costernazione da parte di un’opinione pubblica che si sente anche solo un minimo solidale con i valori democratici e civili.

I rapporti tra Alto-Adige, Trentino e Tirolo, la collaborazione tran-sfrontaliera, l’Euregio.Non mi aspetterei contraccolpi importanti proprio sui rapporti tra i gruppi etnici o tra le rap-presentanze regionali e provin-ciali dell’area tridentina-tirole-se. Credo che nel giro degli ulti-mi decenni le vecchie ferite han-no potuto essere superate in una misura tale da appartenere quasi interamente ad un passato che è passato davvero. Vi emergeran-no pur sempre varie contrarietà o risentimenti minori, ma credo che nella vostra regione un pro-cesso di pace etnica abbia mes-so radici capillari nella società in modo che i possibili tentativi di aizzare ancora il vecchio odio nazionalistico sono destinati a rimanere senza eco seria. Non mi pare un caso che all’opposto della situazione in Austria, gli haideriani in Alto Adige abbiano fatto naufragio.

Lei come vede l’Euregio, che giudizio ne dà, e, a causa di que-sti diffi cili rapporti con l’Euro-pa, che sviluppo intravede?Vado abbastanza d’accordo con

Bruno L u v e r à

che nel suo ottimo libro di r i f e r i m e n t o “Oltre il confi ne” dimostra come l’attuale regio-nalismo transfrontaliero in Euro-pa sia marcato da una forte ambi-guità. D’una parte può promuo-vere ponti tra le nazioni che favo-riscano il dialogo, la convivenza e la valorizzazione delle diver-sità, e in questo senso fornisce “mattoni” oltremodo validi per la costruzione della casa comune europea. D’altra parte, però, vie-ne anche strumentalizzato da un nuovo tipo di etno-nazionalismo che mira ad un modello di regioni etnicamente omogeneiz-zate e che porterebbe ad una poli-tica intollerante e di discrimi-nazione contro i diversi. Eviden-temente il mio giudizio sull’Eu-regio (Trentino - Alto Adige - Tirolo) dipende molto dalla que-stione del suo orientamento rispetto a quella alternativa; mi pare una questione ancora aper-ta. Sulla base della assai solida convivenza interetnica sviluppa-tasi negli ultimi decenni sarei un po’ più ottimista di Luverà e sarei incline a credere alla probabilità che l’Euregio serva da ponte di intesa anziché da fortezza etno-nazionalista (ma trovo pure inte-ressante anche la sua proposta alternativa di una regione euro-pea alpina). Sulla base dell’anda-mento politico attuale in Austria, e forse tra poco anche in Italia, si potrebbe certo anche essere più pessimisti. D’altra parte, un “euregio-ponte” credibile potreb-be anche esercitare una infl uenza salutare contro le tendenze all’au-toritarismo e alle demonizzazioni nazionalistiche.

Particolare di una scultura nella Biblioteca di Admont (Stiria)

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Il fenomeno Haider è destinato a durare nel tempo o si tratta di un qualche cosa di passegge-ro? Rappresenta cioè uno stato di disagio, di insicurezza pro-fondi, o una protesta momenta-nea?A prescindere dalla futura car-riera della persona in questione — che sarebbe infatti cosa ardua predire — temo, ad ogni modo, che il tipo di uomo politico, di movimento, di umori osses-sionati rappresentati da Haider siano destinati non solo a per-durare, ma a guadagnare ancora d’importanza (e sarei certo mol-to contento se dovessi aver tor-to). Finché la nostra società non saprà mobilitare le sue capacità di compassione, le sue energie e le sue intelligenze per affron-tare le grandi sfi de dei nostri tempi, un continuo aumento di paure diffuse — con i suoi già accennati effetti combinati di rimozione e di panico — farà aumentare ugualmente una “tos-sicodipendenza psichica” nei confronti di demagoghi alla Haider: cioè per un culto mania- cale della forza e dello strapo-tere (del proprio capo-messia e del proprio gruppo), per la cac-cia a tanti capri espiatori, l’os-sessione dei risentimenti e della vendetta, la scissione paranoica del mondo tra buoni e cattivi. Finché non riusciremo a contra-stare l’indebolimento della coe-sione sociale e lo svuotarsi del-lo spazio di partecipazione cit-tadina, a garantire a tutti alme-no un benessere modesto (in un mondo che disporrebbe più che ampiamente dei mezzi neces-sari), ad assicurare uno svilup-po sostenibile dal punto di vista ambientale e a disinnescare nel-le sue radici le minacce esisten-ziali che ci vengono dagli arma-menti moderni, andremo rapi-damente verso il fallimento del-la nostra civiltà. A mio parere, i fenomeni rischiosi e incomben-ti alla Haider sono come baro-metri impazziti che ci indicano drammatici disturbi atmosfe-rici. L’antidoto dovrà consiste-re nel decisivo affermarsi dei valori di solidarietà, di dialogo e della responsabilità condivi-

sa per il comune destino del nostro mondo.

La recente dichiarazione del can-celliere Schüssel che riguarda l’introduzione nella Costituzio-ne della tutela delle minoranze cosa rappresenta e, soprattutto, è un atto che avrà risvolti con-creti o solo di immagine nei con-fronti della Comunità europea?La dichiarazione del Cancel-liere rappresenta certo, come spesso accade nella vita poli-tica, la risultante di una plurali-tà di vettori (infl uenze, motivi, intenti). Tra l’altro, direi, anche di un intento dei popolari di marcare una certa diversità nei confronti dei loro imbarazzanti alleati più a destra, di agire un po’ da contrappeso contro le pretese estremistiche di un Hai-der — che ora non esita nem-meno più a parlare ripetutamen-te di “alto tradimento” (secon-do lui punibile anche con la galera), ad esempio se ai poli-tici dell’opposizione venisse in mente “di non difendere la pro-pria patria” davanti alle “san-zioni” e le critiche internaziona-li contro l’attuale governo (cre-do che neanche ad un Milosevic sarebbe riuscito dirlo meglio). Il vettore più cospicuo e più importante, però, mi pare consista senz’altro nel-la fretta di migliorare l’im-magine del governo davanti all’attenzione critica euro-pea ed occidentale. Se, o in quale misura, la dichiarazio-ne di intenti di Schüssel avrà poi anche auspicabili risvol-ti concreti (o no), dipende non da ultimo proprio dalla pressione esercitata da quel-l’attenzione — dal suo acu-me, dal suo vigore, dalla sua persistenza. Più anco-ra, però, dalla vitalità della cultura critica e democrati-ca all’interno della società austriaca — che attualmen-te invece si trova esposta a crescenti attacchi. In que-sto contesto, il recente caso della condanna in tribunale di Anton Pelinka mi pare oltremodo emblematico per i venti gelidi che soffi ano

contro la libertà di espressione. Pelinka è stato condannato uni-camente per avere espresso una opinione quanto mai giustifi ca-bile e documentabile, e cioè che Haider ha fatto ripetutamente affermazioni che minimizzano il nazismo e che sia perciò responsabile di una certa “normalizzazione” di posizioni di estrema destra. Il messaggio che non si può non cogliere da questa condanna è che se persi-no una persona di chiara fama internazionale non può più per-mettersi di dire come stanno le cose — fi guriamoci allora che cosa può succedere alle persone che non hanno nella vita pub-blica il peso di un Pelinka. Per non parlare poi dei più deboli e degli emarginati, come ad esempio le minoranze o i vari non-cittadini venuti in Austria alla ricerca disperata di rifugio dall’oppressione e dalla miseria dei loro paesi. Visti questi fatti, siamo tutti chiamati ad impe-gnarci per far sì che la tutela delle minoranze non resti solo lettera morta. Non è una cosa da affi dare esclusivamente ad una dichiarazione di intenti di Schüssel.

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Il Museo provinciale di Castel Tirolo sta affrontando un periodo di ristrutturazione

e riorganizzazione che porterà nel giro dei prossimi anni ad un’impostazione completamente nuova dell’assetto museologico e ad una rinnovata apertura verso il pubblico. Il progetto prevede una ridefi ni-zione approfondita dei temi sto-rici e dei percorsi all’interno del Museo stesso. Su gentile concessione del diret-tore del Museo, dott. Siegfried de Rachewiltz, abbiamo avuto la possibilità di visionare il pro-getto scientifi co ed esecutivo. Attraverso uno spaccato ampio della storia e della cultura del territorio inserito nel contesto

generale dello sviluppo europeo, l’esposizione si sviluppa su quat-tro livelli che spaziano dall’ar-cheologia (Ergrabene Geschi-chte); alla storia medioevale (Burg und Land im Mittelalter; Alltag im Mittelalter; Die mitte-lalterliche Gesellschaft), fi no a giungere alla storia più recente dell’Alto Adige (Tirol im 20. Jahrhundert). Dalla premessa scientifi ca estrapoliamo una frase che ci sembra sintetizzare assai effi cacemente contenuti e obiettivi del progetto: “... Castel Tirolo rimarrà anche in futuro un’importante luogo della rap-presentazione del territorio del-l’Alto Adige. In effetti lo era già dall’inizio: sede dei Signori ed espressione della sovranità,

rappresentazione di un territo-rio al quale diede il suo nome. Come una volta Castel Tirolo ha un signifi cato che va al di là dei confi ni del territorio e rimane un importante luogo di ricordo e di identifi cazione, che vede come destinatari i gruppi linguistici ed etnici in tutto il territorio del Tirolo storico. L’obiettivo principale del Museo sarà raccontare epoche impor-tanti di una storia comune e creare spazi per nuovi racconti e nuovi stimoli, in collabora-zione con tutte le istituzioni cul-turali dell’Alto Adige e dei terri-tori vicini per sviluppare piena-mente il concetto di un museo basato sulla cooperazione”.

Castel Tirolo: un progetto per il nuovo museo

Accordo di collaborazione tra il Museo di Castel Tirolo e il Museo storico in Trento Il Museo di Castel Tirolo e il Museo storico in Trento nei mesi scorsi hanno concordato l’avvio di una collaborazione scientifi ca che si concretizzerà in contatti reciproci nel settore di attività didat-tiche e di valorizzazione del patrimonio storico ed artistico e nel prestito di documenti e oggetti da esporre nelle rispettive sedi espositive. Questo risulta quanto mai interessante per il Museo storico in

Trento che, affrontando in questi mesi la fase di elaborazione del progetto per una nuova sede espositiva nella zona adiacente il Castello del Buonconsiglio, potrà trarre grande stimolo per i propri progetti espositivi e culturali e consentirà una comune e complementare visione critica della storia regionale. L’accordo di collabo-razione è stata portata a conoscenza dell’As-semblea generale dei soci del Museo, tenutasi lo scorso 15 aprile, ottenendo un generale apprezzamento.

Progetto del Museo di Castel Tirolo - pianta del 2° livello

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Alberto Pacher, sindaco di Trento, è presidente del Museo storico in Trento.

Quale futuro intravede per un’istituzione quale il Museo nel suo rapporto con la città?Mi sembra un rapporto in cre-scita e le frequentazioni lo stanno a dimostrare. Questo anche grazie ad una serie di ini-ziative particolarmente centrate ed accattivanti. Penso, ad esem-pio, alla mostra che si è svolta recentemente a Palazzo Gere-mia sulla scrittura popolare che ha avuto un buon successo di visitatori. Sono poi convinto che la nuova sede potrà giocare un ruolo importante. Oggi il Museo è all’interno del Castello del Buonconsiglio. Una

sistemazione che certo è funzio-nale dal punto di vista dei per-corsi di visita, ma che fa per-cepire la struttura come qual-cosa di interno al Castello. L’at-tuale nuova sede per biblioteca e archivi consente maggiore auto-nomia e visibilità al Museo.

La strada da percorrere, quindi, quale può essere? L’auspicio è quello di prose-guire e intensifi care il rapporto con la città anche attraverso ini-ziative che attraggano e inte-ressino in particolare, ma non solo, il mondo giovanile, senza ovviamente tralasciare l’attività scientifi ca e di ricerca.

Con quali obiettivi si può colla-borare con gli altri musei?

C’è la necessità di andare sempre più verso forme di collabora-zione strette tra i musei sui grandi temi dentro i quali la città può riconoscersi. Penso, ad esempio, al 2002 anno mondiale della montagna. Ebbene, questo potrebbe essere un momento di forte collaborazione tra le isti-tuzioni museali, ognuna nel suo specifi co settore. Non dimenti-chiamo poi le collaborazioni, già in atto, con il Museo di Castel Tirolo in Alto Adige e con il Landes Museum Ferdinandeum di Innsbruck. Questi contatti e scambi sono sempre più neces-sari per la conoscenza e l’appro-fondimento di una storia comune quanto positivamente ricca di differenze e sfumature.Intervista di Paolo Piffer

Il sindaco Alberto Pacher: “Un rapporto sempre più stretto con la città”

Iniziata nel 1950 dall’allora direttrice, Bice Rizzi, la rivi-sta del Museo che a quel

tempo era intitolata Bollettino del Museo del Risorgimento e della Lotta per la Libertà si pre-sentava nei primi anni come un opuscolo quadrimestrale di poche pagine. Questo bollet-tino, che la Rizzi diresse fi no al 1968, si fece via via più con-sistente. Suo scopo, oltre che tenere informati i soci della vita e delle iniziative del Museo, era la valorizzazione dell’idea nazionale nel Trentino e l’affer-mazione dei principi di libertà e di democrazia.Attraverso l’illustrazione di fatti e personaggi dell’irredentismo trentino, della Grande Guerra e della Resistenza, episodi prima poco noti o del tutto ignorati venivano ad aggiungere qualche nuova tessera, a volte magari molto piccola, ma mai trascura-bile, al complesso mosaico della storia della nostra regione. Tra i collaboratori del periodico vi

furono alcune eminenti fi gure della cultura trentina del tempo: Enrico Brol, Pietro Pedrotti, Ernesta Bittanti Battisti, Quirino Bezzi, Renato Lunelli. A questi, negli anni sessanta, si aggiun-sero Giulio Benedetto Emert e Renzo Francescotti.Nel 1970, dopo un anno di

sospensione nelle pubblicazioni, subentrò nella direzione della rivista il prof. Sergio Benve-nuti.Dalla valorizzazione dell’ideale nazionale attraverso lo studio del Risorgimento e dell’irreden-tismo, il bollettino passò gra-dualmente al giudizio storico su fatti e persone del nostro pas-sato, ampliando i temi trattati dalla storia politica e istituzio-nale a quella sociale e culturale. Con il 1990 la rivista mutò titolo in Archivio trentino di storia contemporanea per divenire dal 1997 semplicemente Archivio trentino, denominazione che fu già della prima rivista storica trentina, fondata nel 1882 e pubblicata a cura del Museo civico e della Biblioteca comu-nale di Trento. Anche la perio-dicità passò da quadrimestrale a semestrale.Negli ultimi anni la rivista si è sensibilmente arricchita in con-tenuti, aprendosi a nuove tema-tiche e nuovi collaboratori.

I 50 anni della rivista del Museo

ALTRESTORIE - Periodico di informazioneComitato di redazione: Giuseppe Ferrandi, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani, Patrizia Marchesoni. Hanno collaborato: Joe Berghold, Günther Pallaver, Lorenzo Pevarello

Via Bernardo Clesio, 3 38100 TRENTO Tel. 0461 230482fax 0461 237418

Museo storico in Trento onlus

http://www.museostorico.tn.it;

e-mail: [email protected]

Per ricevere la rivista o gli arretrati, fino ad esaurimento, inoltrare richiesta al Museo storico in Trento. In copertina: pagina del canzoniere militare di Giacinto Vinante, 1910 (Museo storico in Trento - archivio della scrittura popolare).

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AGENDA

Mostre, seminari, cicli di film, pubblicazioni, incontri pubblici, attività didattiche, ricerche sull’Ottocento e il Novecento

Il Museo pubblica uno studio di Giuseppe Pantozzi dedicato alle vicende del movimento di Resi-stenza in val di Fiemme. Il libro dal titolo Il Minotauro argentato giunge al termine di anni di indagine con-dotta attraverso testimonianze orali e fonti inedite. pp.191, Lire 24.000

Giuseppe Ferrandi è il curatore di un nuovo volume dedicato alla fi gura di Giuliano Pischel. Ad un’ampia e approfondita intro-duzione segue un’antologia di scritti che testimoniano dello spessore cul-turale, politico ed intellettuale del personaggio.pp.234, Lire 30.000

È uscito il n. 1/2000 della rivista Archivio trentino, semestrale del Museo, con contributi di Quinto Antonelli, Sergio Benvenuti, Vin-cenzo Calì, Dario D’Alessandro, Mariolina Damonte, Gianni Fau-stini, Giuseppe Ferrandi, Karin Heller, Enrico Maria Massucci, Giu-seppe Pantozzi, Rodolfo Taiani, Franco Tomazzolli, Ferdinando Tonon, Sergio Trevisan, Mara Val-torta .

pp. 212, Lire 30.000Abbonamento annuo:Lire 50.000

Si è svolta a Trento nel mese di aprile e a Rovereto nel mese di giugno la mostra “Parole che escono dall’ombra. Scritture popolari in Trentino tra Otto e Novecento”.“Il lavoro dell’archivio della scrittura popolare, effi cacemente rappresen-tato nella mostra, evidenzia le enormi possibilità di conoscenza storica custodite in questo materiale eterogeneo, attraverso il quale è possibile studiare modi e tempi dell’apprendimento, funzioni della scrittura, luoghi di produzione e reti di relazione che ne costituiscono il presupposto, cul-ture popolari che agiscono come fi ltro tra l’apprendimento scolastico e il contenuto, la lingua e lo stile della lettera, del diario, della autobiografi a. Insieme alle parole, anche i loro autori possono uscire dall’ombra”. (Il Manifesto, 16 aprile 2000)

Il Museo pubblica in coedizione con l’Union Ladins Fodom e con il sostegno della Comunità europea il volume Opzioni, guerra e resi-stenza nelle Valli ladine, attraverso le memorie di un contadino di Livi-nallongo. pp. 365, Lire 35.000

Inizierà ad ottobre il secondo seminario per laureandi in discipline storiche moderne e contemporanee: si artico-lerà in quattro incontri pomeridiani: due di carattere teo-rico (discipline storiche, ricerca, fonti, ecc.), due “labo-ratoriali” (uso degli strumenti per la ricerca, ricerca bibliografi ca ed archivistica, ecc.). La sede del seminario è presso il Museo storico. Le iscrizioni, obbligatorie e gratuite, si raccolgono entro il 6 ottobre. Gli incontri si terranno i martedì 17, 24, 31 ottobre e 7 novembre

Il Centro di documentazione “Rostagno” organizza per il 9-10 novembre un Seminario di studi dedicato alla storia politica. Il seminario farà il punto su alcuni aspetti metodologici e permetterà di valorizzare alcuni lavori di tesi condotti nell’ambito dei corsi di Storia regionale a Lettere e di Storia dei partiti politici a Sociologia (dott.ssa Elena Tonezzer e i dottori Walter Giuliano e Marco Panizza).

Dopo dieci mesi di chiusura a causa dei lavori di trasferimento, gli archivi e la biblioteca riaprono all’utenza nei nuovi locali di Ca’ dei Mercanti in piazza Torre d’Au-gusto. Orario di apertura:dal lunedì al venerdì, dalle 9,00 alle 16,00.

È stata completata l’acquisizione di un fondo librario appartenuto al prof. Alessandro Migliazza, docente di diritto internazionale. Un vivo ringraziamento alla vedova che ha acconsentito alla donazione e al prof. Renato Mazzolini che si è pro-digato per il buon esito dell’opera-zione

Proseguono gli studi e la ricerca di materiali per la preparazione della mostra sull’Associazionismo spor-tivo in Trentino tra Otto e Nove-cento che il Museo ha in programma per il prossimo autunno del 2001.

Con il n.2/2000 di Archivio trentino dedicato ai temi della storia sociale e culturale dell’alpinismo nei secoli XIX-XX il Museo si apre ad una nuova area di ricerca.

Progetti di ricerche e mostre

Archiblioteca

Centro di documentazione Mauro Rostagno

Archivio della scrittura popolare

Editoria

Proseguono l’inventariazione e l’in-formatizzazione dell’archivio Batti-sti, nonché la catalogazione dell’ar-chivio fotografi co e della raccolta periodici.

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Qualche mese prima della morte, soprag-giunta quest’anno, Vit-

torio Gozzer, trentino di Mezzocorona, figura di parti-giano tra le più significative del panorama resistenziale, rilasciava al Museo storico un’ampia video – intervista. Un documento importante non solo in quanto approfondisce e rimarca alcuni aspetti della Resistenza italiana e dei rap-porti con le Forze alleate, ma anche perché ne risulta un intenso dedalo di sentimenti e profondi affetti con il fratello maggiore, Giuseppe, medaglia d’oro della Resistenza, ucciso dai tedeschi nel campo di con-centramento di Herbruck in Germania.Quello che segue è un sunto dell’intervista a Vittorio Goz-zer che privilegia proprio il rapporto con il fratello Giu-seppe: una storia familiare nel tragico teatro di guerra, in Ita-lia, durante il secondo conflit-to mondiale.

“Giuseppe era quello, tra i fra-telli, più dotato intellettual-mente, più precoce. Era uno spirito irrequieto, vivace, at-tento. All’inizio, a seguito

di una crisi religiosa, voleva diventare salesiano. Era già chierico quando si accorse che non era la sua strada e ne uscì a diciotto – diciannove anni. Pensa che poi si laureò in giu-risprudenza alla Statale di Mi-lano in sole due sessioni, nel 1940, con una tesi di diritto sindacale spagnolo, una rarità per quei tempi. Era infatti appena tornato dalla Spagna dove aveva combattuto come volontario dalla parte dei fran-chisti. Tornò profondamente cambia-to da quell’esperienza e, nel 1941, si arruolò nei paracadu-tisti”.Vittorio Gozzer racconta gli avvenimenti di quegli anni, che mischiano ricordi fraterni a episodi che composero la storia italiana del periodo, con un nitore straordinario, quasi non fossero passati più di cin-quant’anni. “L’avvicinamento al comunismo di mio fratello Giuseppe fu progressivo e de-terminato certo anche dalle amicizie con Umberto Sanni-colò e Maurizio Ferrara, poi deputati del PCI, con Guttuso e Trombadori. Dopo l’8 set-tembre 1943 ebbe il compito, da parte del CLN, di organiz-

zare le bande partigiane nei Castelli Romani. Era una Re-sistenza composita, vi milita-vano democristiani, comunisti ma anche monarchici”. Anche lei fece parte della resistenza sui Colli. Come riuscì ad unir-si a suo fratello? “L’incontro con mio fratello a Roma ha dell’incredibile. Avevo passa-to le linee dopo l’8 settembre ed ero arrivato nella capitale. Avevo un indirizzo di Bepi, ma in quel posto non c’era or-mai più. Stavo vagando per Roma pensando a come avrei potuto trovarlo quando, in pra-tica, ci sbattei contro subito dopo piazza Colonna. Da lì ai Castelli Romani il passo fu breve”. “Devo dire che le bande parti-giane dei Castelli Romani fe-cero piccole azioni, ma molta informazione”, prosegue Vit-torio Gozzer. “Quando Giu-seppe fu catturato dai tede-schi, nel gennaio del 1944, per via di una soffiata, e por-tato nella famigerata sede di via Tasso a Roma, riuscì a sal-varsi, nonostante le torture e le sofferenze, grazie ad una straordinaria forza di volontà. Non fece nomi, negò di essere comunista e dichiarò di chia-

marsi Franco Ruggeri. Al processo prese otto anni di lavori forzati. Uscì con la liberazione di Roma”. Quale fu, invece, il suo percorso in questi anni turbolenti e drammati-ci? “Della lotta parti-giana sui Colli in par-te ho detto. In seguito mi trasferii sui Monti Lepini sopra Latina, i Castelli erano diventa-ti troppo “caldi”. È lì che, con la for-mazione della testa di ponte americana ad Anzio, nel 1944, presi contatto con gli Allea- ti ai quali portammo alcuni loro soldati che erano nella nostra ban-

Giuseppe e Vittorio Gozzer: due fratelli in guerradi Giuseppe Ferrandi e Lorenzo Pevarello

Giuseppe Gozzer, tenente delle “Frecce Azzurre” nel 1938

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da. C’è un episodio curioso a questo proposito. Uno di quei soldati americani, dopo la guerra, ritornò in Italia per una partita di rugby. Riuscì a mandarmi un telegramma e ci vedemmo a Milano”.E prima della Resistenza?“Negli anni precedenti alla Resistenza ero stato in Africa settentrionale, tra il ’38 e il ’40, a Bengasi come allievo ufficiale dell’esercito italiano e, allo scoppio della guerra, in Libia come guardia di fron-tiera. Poi mi trasferirono a far la guardia al campo prigionie-ri di Aversa. Ero molto amico di alcuni ufficiali indiani pri-gionieri e proprio questo cau-sò il mio allontanamento dal campo. Sono quindi tornato al nord, a Milano a fare l’avvistatore aereo e da qui fui spedito in Croazia.L’8 settembre mi sorprese lì. La mia compagnia si rifiutò di arrendersi ai tedeschi. Que-sto ci costò l’arresto e l’av-vio ad un campo di concentra-mento. Riuscii però a scap-pare dal treno nei pressi di Pordenone”. Sia lei che suo fratello avete avuto forti con-tatti con i Servizi alleati, tanto da collaborare attivamente in missioni al nord. “Certo. Io, grazie anche alla conoscenza delle lingue, mi ero laureato a Ca’ Foscari a Venezia, entrai in contatto con gli americani e partecipai alla liberazione di Roma. Poi operai nel bellu-nese e sul Cansiglio. Giusep-pe, dopo essere uscito da Re-gina Coeli, fu paracadutato in Friuli dove divenne Capo di stato maggiore della Repub-blica della Carnia, una delle zone liberate dai partigiani nel nord Italia. Era il coman-dante Franco. Fu poi catturato e spedito al campo di concen-tramento di Flossemburg e da qui a Herbruck dove, tentan-do la fuga, fu ucciso”.Un ricordo forte e ancora vivo quello di Vittorio Goz-

zer verso il fratello Giuseppe, pieno di ammirazione. Un ri-cordo condito anche da pen-sieri scherzosi:”Sono diventa-to antifascista anche per come ci facevano vestire da giova-ni avanguardisti. Era una que-stione estetica. Poi, dopo l’8 settembre, no. Avevo deciso: era ora di fare la guerra, io che non avevo partecipato fino ad allora a nessuna azione in armi, e man-dare via tedeschi e fascisti. È così che sono andato a Roma sotto i bombardamenti

alleati a ricongiungermi con mio fratello. Più tardi – dopo la Resistenza sui Colli, l’ar-resto di Bepi e la prigionia a Regina Coeli – lui, liberato dal carcere, io, in divisa ame-ricana, liberatore di Roma at-traverso Porta Maggiore, mi diceva sempre: “Chi l’avreb-be detto che un poiatel come te sarebbe stato capace di fare queste cose! Sarebbe toccato a me essere al tuo posto”.Riduzione di Paolo Piffer

Roma, 6 giugno 1946: Giuseppe Gozzer, appena uscito da “Regina Coeli”, col fratello Vittorio in divisa americana.

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Il Comune in Internet: risponde la Rete Civica

Prima di tutto l’indirizzo: www.comune.trento.it

E’ questo il sito internet della Rete civicadel Comune di Trento. Una rete civica di-visa in tre spazi, per aree tematiche,ognuna contraddistinta da un colore: blu,rosso e verde.Il “Blu” identifica l’area istituzionale. Vi sipossono trovare informazioni sui servizi,le procedure e l’attività amministrativadel Comune. In particolare: i procedimen-ti, le delibere della Giunta e del Consiglio,l’organigramma dell’ente, gli organi istitu-zionali, i regolamenti, lo stradario cittadi-no, la documentazione relativa a piani,programmi, progetti, studi, ricerche e sta-tistiche su diversi argomenti, bandi e mo-dulistica.Lo spazio “Rosso” è ricco di informazionisulla città. Quindi, orari e luoghi dei ser-vizi, cinema, teatri, attrezzature e im-pianti sportivi, parchi e giardini, galleried’arte e musei, numeri utili e un’edicolacon l’accesso ai principali quotidiani loca-li e nazionali. Infine lo spazio “Verde” dove attualmen-te si trovano le schede delle varie associa-zioni operanti sul territorio comunale. Inprospettiva questo spazio diventerà unluogo di discussione della società civilecon la possibilità di confrontarsi e avereun dialogo diretto.

Osservazioni e domande

Volete fare domande, porre osserva-zioni, presentare reclami? Oltre al nu-mero verde telefonico (800/017615)c’è un’altra possibilità.Andate nella rete civica, l’indirizzo in-ternet è www.comune.trento.it e clic-cate sull’icona “IN DIRETT@ CON ILCOMUNE”: potete scegliere se avereuna risposta pubblica direttamente sulsito, e quindi visibile da tutti, o una ri-sposta privata al vostro indirizzo di po-sta elettronica. Un altro strumento che

permette al cittadino di dialogare diret-tamente con il Comune.

Sempre più contatti

E’ dai primi di maggio dello scorso annoche la rete civica comunale è operativa.Un servizio in progressivo aumento sianell’offerta di informazioni che di accessi.Fino ad ora sono stati infatti più di cin-quantamila i cittadini che hanno contat-tato il sito. Nell’ultimo periodo i contattisono stati in media duecento al giorno,seimila al mese.

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