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otiziario Bibliografico 31 n. 31 - giugno 1999 - sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di Padova periodico della Giunta regionale del Veneto

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Notiziario bibliograficon. 31, giugno 1999periodico quadrimestraled’informazione bibliograficaa cura della Giunta regionale del Veneto

Comitato promotoreGiancarlo Galan (presidente della Giunta regiona-le), Angelo Tabaro (dirigente regionale Cultura,Informazione e Flussi migratori)

Comitato di redazioneClaudio Bellinati (direttore dell’Archivio e dellaBiblioteca Capitolare di Padova), Massimo Canella(dirigente regionale Servizio Attività Editoriali),Chiara Finesso, Bianca Lanfranchi Strina (sovrin-tendente ai Beni archivistici del Veneto), AnelioPellizzon, † Silvio Tramontin, Marino Zorzi (diretto-re della Biblioteca Nazionale Marciana)

Direttore responsabileAnelio Pellizzon

Responsabile di redazioneChiara Finesso

Segreteria di redazioneGiovanna Battiston, Susanna Falchero

Collaboratori alla redazione di questo numeroCinzia Agostini, Antonia Arslan, Claudio Bellinati,Sergio Bettini, Marco Bevilacqua, AlessandroCasellato, Sonia Celeghin, Fiorino Collizzolli, Giu-seppe De Meo, Vincenza Donvito, Marilia CiampiRighetti, Antonio Fabris, Susanna Falchero, LuiginaFontana, Giuseppe Fort, Elio Franzin, Guido GalessoNadir, Massimo Galtarossa, Barbara Giaccaglia,Cinzio Gibin, Fabrizio Magani, Giorgio Nonveiller,Lina Ossi, Simonetta Pelusi, FerdinandoPerissinotto, Anna Pietropolli, Franco Posocco,Mario Quaranta, Giuseppe Sandrini, MicheleSimonetto, Franco Tagliarini, Pier Giorgio Tiozzo,Piero Zanotto

Collaboratori alla rassegna bibliograficaGiovanna Battiston, Patrizia Cecilian, Susanna Fal-chero, Giovanni Plebani, Lorenzo Tiso

Direzione e RedazioneGiunta regionale del VenetoCentro Culturale di Villa Settembrini30171 Mestre Venezia - via Carducci 32tel. 041 980447 - fax 041 980499

Giunta regionale del Veneto - Direzione Cultura,Informazione e Flussi migratori30121 Venezia - Palazzo ScerimanCannaregio Lista di Spagna, 168tel. 041 2792619 - fax 041 2792617

Recapito della Redazione“Notiziario Bibliografico”presso Il Poligrafo casa editrice35128 Padova - via Turazza 19tel. 049 776986 - fax 049 8070910(tutti i materiali per la rivistavanno inviati a questo indirizzo)

Periodicità: quadrimestraleTiratura: 15.000 copie - distribuzione gratuitaEditore: Il Poligrafo, PadovaAutoriz. del Trib. di Padova n. 1291 del 21-6-1991Spedizione in abb. post. art. 2 comma 20/c Legge662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di PadovaStampa: Arti Grafiche PadovaneIn copertina: E. Viti, Libro bianco, 1929

I N D I C E

Iniziative per la tutela e valorizzazione dei Beni Culturali Ecclesiastici(Fabrizio Magani) 5

I Beni Culturali Ecclesiastici (Claudio Bellinati ) 7

La Miniatura a Padova dal Medioevo al Settecento (Simonetta Pelusi) 9

RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Opere generaliLibri, tipografi, biblioteche. Ricerche storiche dedicate a Luigi Balsamo (Vincenza Donvito) 12

G. Zordan, Repertorio di storiografia veneziana. Testi e studi (Mario Quaranta) 12

G.F. Vivivani - G. Volpato, Bibliografia veronese (Cinzio Gibin) 13

R. Pasta, Editoria e cultura nel Settecento (Mario Quaranta) 13

Gestione e Formazione nei Musei del Veneto, a cura di L. Baldin (Lina Ossi) 13

Hit Parade Libri. 140 consigli di lettura per bambini e ragazzi (Marco Bevilacqua) 14

Filosofia - Storia della scienzaG.T. Bagni, Dopo “Larte de labbacho”. Trattati scientifici e manuali didatticidal XV al XIX secolo nella storia della matematica (Mario Quaranta) 14

Anton M. Lorgna scienziato ed accademico del XVIII secolotra conservazione e novità (Cinzio Gibin) 15

Storia della chiesaP. Gios, Vita religiosa e sociale a Padova. La visita di Diotisalvi da Folignoalle parrocchie cittadine (1452-1458) (Ferdinando Perissinotto) 15

G. Azzolin, Gli Scotton. Prediche battaglie imboscate. Tre fratelli monsignori,papi, cardinali e vescovi tra liberalismo e modernismo (Mario Quaranta) 15

Scienze socialiA.M. Zanetti, Una ferma utopia sta per fiorire. Le ragazze di ieri:idee e vicende del movimento femminista nel Veneto degli anni Settanta (Antonia Arslan) 16

Immagini femminili a confronto. Manifesti e fotografie tra Otto e Novecento,a cura di M.B. Autizi e M. Cisotto Nalon (Marco Bevilacqua) 17

G. Bettin, Laguna Mondo. Conversazione con Renzo Franzin (Ferdinando Perissinotto) 17

E. Milanesi, Fatti a pezzi. Dieci anni che sconvolsero il Nord Est (Marco Bevilacqua) 18

F. Busetto, Traversie e opportunità. La politica: impegno civile e passionedi una vita (Mario Quaranta) 18

Ambiente - Scienze naturaliV. Brunot, Laguna: fragili testimonianze d’autentica vita veneziana (Pier Giorgio Tiozzo) 18

Alla scoperta del museo diffuso. Percorsi didattici nel territorio padovano (Marco Bevilacqua) 19

Il Sile (Giuseppe Sandrini) 19

G.B. Tozzato, Pescatori e barcaroli sul Sile nel ’300 (Michele Simonetto) 20

La montagna oltre il Duemila. Una sfida per l’Europa (Franco Posocco) 20

Lingua - TradizioniL. Divari, Il topo: “...dei battelli chioggiotti detti anche toppi...” (Pier Giorgio Tiozzo) 20

La casa e le tradizioni popolari, a cura di M. Cortelazzo (Fiorino Collizzolli) 21

Grafia Veneta Unitaria (Pier Giorgio Tiozzo) 21

R. Vianello, Toponomastica a Burano (Piero Zanotto) 22

Proverbi e stagioni (Susanna Falchero) 22

I L P O L I G R A F O

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ArteT. Franco, Michele Giambono e il monumento a Cortesiada Serego (Guido Galesso Nadir) 22

La lunetta di Andrea Mantegna al Santo. Arte e cultura(Marilia Ciampi Righetti) 23

A.L. Lepschy, Davanti a Tintoretto. Una storia del gustoattraverso i secoli (Guido Galesso Nadir) 23

Venezia da Stato a mito, a cura di A. Bettagno(Anna Pietropolli) 24

A. Parronchi, Donatello. Saggi e studi (Lina Ossi) 24

La porpora. Realtà e immaginario di un colore simbolico(Guido Galesso Nadir) 25

Lo statuario pubblico della Serenissima. Due secoli di collezionismodi antichità, a cura di I. Favaretto e G.L. Ravagnan (Anna Pietropolli) 26

Antichità sacre di Chioggia del Medio Evo raccoltee illustrate da D. Giannagostino Gradenigo (Cinzia Agostini) 26

F. Magani, Il “Panteon Veneto” (Anna Pietropolli) 27

Se non v’è denar, l’Arcadia... è presto terminata.Simbolismo nelle monete e nelle medaglie tra Controriformae secolo dei lumi (Vincenza Donvito) 27

Il decoro della Fenice: tecniche per la ricostruzionee il restauro degli apparati decorativi, a cura di F. Amendolaginee G. Boccanegra (Sonia Celeghin) 27

La cappella degli Scrovegni. Indagini, restauri, interventi(Barbara Giaccaglia) 27

F. Saya - G. Onesto - M. Vita, Il recupero della Sacrestia Ligneadella Chiesa di San Clemente (Piero Zanotto) 28

F. Vizzutti, Goffredo Sommavilla 1850-1944 (Barbara Giaccaglia) 28

Sante Cancian (1902-1947) (Barbara Giaccaglia) 28

Quaderni della Donazione Eugenio da Venezia (Lina Ossi) 29

S. Viani, Decorazioni (Lina Ossi) 29

Giancarlo Franco Tramontin, a cura di G. Sartoris (Lina Ossi) 30

Renato Pengo. Opere 1966-1996Pengo. Percezioni mutanti (Giorgio Nonveiller) 31

Anna Rossettini, testi di D. Marangon (Barbara Giaccaglia) 31

Murrine e millefiori nel vetro di Murano dal 1800 al 1930,a cura di A. Bova (Marilia Ciampi Righetti) 31

Compendio della “Nuova Guida di Venezia”di Mons. G.A. Moschini (Piero Zanotto) 32

Il lago. Fotografie del Garda dal 1858 ad oggi (Giuseppe Sandrini) 32

M.B. Rigobello - F. Autizi, Palazzo della Ragione a Padova.Vita e arte sotto la volta del cielo (Mario Quaranta) 32

Architettura - UrbanisticaL. Finocchi Ghersi, Alessandro Vittoria. Architettura,scultura e decorazione nella Venezia del tardo Rinascimento(Guido Galesso Nadir) 33

D. Calabi - U. Camerino - E. Concina, La città degli ebrei.Il Ghetto di Venezia: architettura e urbanistica (Sergio Bettini) 34

G. Arbore Popescu - S. Zoppi, Palazzo Papadopoli a Venezia(Sonia Celeghin) 34

L. Vedovato, Villa Farsetti nella storia (Sonia Celeghin) 34

F. Barbieri - G. Candia, Gerardo Marchioro “architettocostruttore” di Castelnuovo Vicentino (Sergio Bettini) 35

Architettura del Polesine. Il recupero di Palazzo Pepoli a Trecenta,a cura di M. Lucat (Guido Galesso Nadir) 35

Padova. La forma del tempo, a cura di C. Rebeschini (Elio Franzin) 36

F. Dotti, Lo spazio e la memoria. Esempi di architettura popolareveneta (Mario Quaranta) 36

Insediamenti alpini nelle Dolomiti, in Carnia e nei territori Walser,a cura di A. Angelini (Sonia Celeghin) 37

Veneto. Itinerari neoclassici. I luoghi, la storia, l’architettura(Barbara Giaccaglia) 37

Noale dei Tempesta (Marilia Ciampi Righetti) 37

R. Russo, Palazzi di Venezia (Piero Zanotto) 38

Le pietre di Verona. La città romana, scaligera e veneziana,testi di P. Brugnoli (Marilia Ciampi Righetti) 38

G. Zucchetta, Venezia e i suoi canali (Eluio Franzin) 38

Musica - Teatro - CinemaAtti del Convegno Internazionale di Studi per il 5° centenariodella nascita di Angelo Beolco il Ruzante (Giuseppe De Meo) 39

F. Fido, La serietà del gioco. Svaghi letterari e teatrali nel Settecento(Giuseppe De Meo) 40

L. Trezzini, Una storia della Biennale teatro 1934-1995(Piero Zanotto) 40

L. Morbiato, Cinema ordinario. Cento anni di spettacolocinematografico a Padova e in provincia (Marco Bevilacqua) 40

L. Fantina, Le trincee dell’immaginario. Spettacoli e spettatorinella grande guerra (Marco Bevilacqua) 41

Letteratura - MemorialisticaLeopardi e la cultura veneta. Edizioni, autografi, fortuna,a cura di G. Ronconi (Giuseppe Sandrini) 41

A. Arslan, Dame, galline e regine. La scrittura femminile italianafra ’800 e ’900 (Giuseppe Fort) 42

Elisabetta Caminer Turra (1751-1796). Una letterata veneta versol’Europa, a cura di R. Unfer Lukoschik (Cinzio Gibin) 42

L’opera di Diego Valeri, a cura di G. Manghetti (Pier Giorgio Tiozzo) 43

Catalogo del Fondo Diego Valeri (Pier Giorgio Tiozzo) 43

E. Bartolini, Vita di Giacomo Casanova (Piero Zanotto) 43

D. Varagnolo, Sie mologhi veneziani (Piero Zanotto) 44

D. Milani Vianello, Fondamenta dei vetrai (Susanna Falchero) 44

G.G. Cappellaro, Porta Altinia (Susanna Falchero) 44

A. Zorzi, San Marco per sempre (Piero Zanotto) 44

A. Trevisiol, Diario di un parroco di periferia (Susanna Falchero) 45

E. Fontana, I mandarini della piccola Atene (Elio Franzin) 45

Viaggi con mezzi pubblici di trasporto, a cura di G. Mozzie M. Bastianello (Marco Bevilacqua) 45

StoriaVeneziani in Levante, musulmani a Venezia,a cura di F. Lucchetta (Giovanna Battiston) 45

J.-C. Hocquet, Denaro, navi e mercanti a Venezia 1200-1600(Franco Tagliarini) 46

B. Mugnai, L’esercito ottomano da Candia a Passarowitz(Piero Zanotto) 46

La caduta della Serenissima nei dispacci della diplomaziapiemontese e inglese (Elio Franzin) 47

Ricciotti Bratti, La fine della Serenissima (Elio Franzin) 47

G. Zoccoletto, Il doge tradito (Antonio Fabris) 47

Rivoli 1797: scenari e riflessi di una battaglia,a cura di G. Banterla (Cinzio Gibin) 48

Venezia Quarantotto. Episodi, luoghi e protagonistidi una rivoluzione (Pier Giorgio Tiozzo) 48

R. Scola Gagliardi, Le corti rurali tra Tartaro e Tionedal XV al XIX secolo (Giuseppe Sandrini) 48

G. Aldrighetti - M. De Biasi, Il gonfalone di San Marco(Antonio Fabris) 49

V. Ruzza, Il Risorgimento a Vittorio Venetoe nella Sinistra Piave (Mario Quaranta) 49

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E. Pessot, 1805-1813. Treviso e il Dipartimento del Tagliamento.Amministrazione pubblica e società in epoca napoleonica(Michele Simonetto) 50

F. Lampertico, Carteggi e diari 1842-1906 (Mario Quaranta) 50

A. Fornasin, Ambulanti, artigiani e mercanti. L’emigrazionedalla Carnia in età moderna (Massimo Galtarossa) 51

A. Casellato, Una ‘piccola Russia’. Un quartiere popolare a Trevisofra fine Ottocento e secondo dopoguerra (Ferdinando Perissinotto) 51

E. Brunetta, Poveri a Treviso. Miseria e apparati assistenzialinel XIX e nel XX secolo (Alessandro Casellato) 51

F. Piazza, Sotto la bandiera di Gigione. Luigi Luzzatti a Oderzo:un deputato e il suo collegio elettorale (Fiorino Collizzolli) 52

958-1998. I Collalto. Conti di Treviso, patrizi veneti,principi dell’Impero (Antonio Fabris) 52

G. Dalla Zuanna - M. Loghi, Popolazione e popolazioni.Studi territoriali preliminari alla storia della popolazione veneta1856-1911 (Ferdinando Perissinotto) 52

M. Oggiano, L’Italia alpina del Nord-Est. Un’analisi demografica(Ferdinando Perissinotto) 53

Politica e amministrazione nella Vicenza del dopoguerra.Verbali del Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale,a cura di M.G. Maino (Marco Bevilacqua) 53

Navi di Legna. Evoluzione tecnica e sviluppo della cantieristicanel Mediterraneo dal XVI secolo ad oggi, a cura di M. Marzari(Cinzio Gibin) 54

Archeologia

G. Zampieri, Vetri antichi del Museo Civico Archeologicodi Padova (Cinzia Agostini) 54

M. De Bellis, Cento frammenti di antichi vetri adriesicustoditi nel Rijks Museum van Oudheden di Leida (Cinzia Agostini) 54

Il Baldo-Garda in epoca romana (Cinzia Agostini) 55

L. Alpago-Novello, L’età romana nella provincia di Belluno(Giuseppe Sandrini) 55

Canar di San Pietro Polesine. Ricerche archeo-ambientalisul sito palafitticolo, a cura di C. Balista e P. Bellintani(Giovanna Battiston) 55

L’EDITORIA NEL VENETO

“Cultura popolare veneta” (Pier Giorgio Tiozzo):

L. Urban, Processioni e feste dogali. “Venetia est mundus” 56

Scartafaccio d’agricoltura. Manoscritto di un contadinodi Spinè di Oderzo (1805-1810), a cura di L. Morbiato 56

G. Agostinetti, Cento e dieci ricordi che formano il buon fattordi villa, a cura di U. Bernardi e E. Dematté 57

G. Grava - G. Tomasi, La fienagione nelle Prealpi venete 57

ISTITUZIONI E CULTURA

L’Accademia Olimpica di Vicenza (Osvaldo Petrella) 59

I cent’anni della Fondazione Bevilacqua La Masadedicata alla giovane arte veneta (Giorgio Nonveiller) 63

RIVISTERIA VENETA

Spoglio dei periodici di storia e archeologia -storia della chiesa e religione (1997-1999) 68

Storia e archeologia:

Altrochemestre 67

Annali dell’Istituto Veneto per la Storia della Resistenza 67

Annuario storico della Valpolicella 67

Archeologia Uomo Territorio 67

Archeologia veneta 68

Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore 68

Archivio Veneto 69

Chioggia. Rivista di studi e ricerche 69

Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco 70

Materiali di storia del movimento operaio e popolare veneto 70

Padusa. Bollettino del Centro polesano di studi storiciarcheologici ed etnografici 71

Patavium. Rivista veneta di Scienze dell’antichitàe dell’Alto Medioevo 71

Protagonisti 71

Quaderni di archeologia del Veneto 72

Quaderni per la storia dell’Università di Padova 73

Studi e ricerche 74

Studi storici Luigi Simeoni 74

Studi Veneziani 75

Terra d’Este. Rivista di storia e cultura 75

Venetica. Annuario degli Istituti per la storia della Resistenzadi Belluno, Treviso, Venezia e Verona 75

Storia della Chiesa e religione:

Esodo. Quaderni di documentazione e dibattitosul mondo cattolico 76

Quaderni di storia religiosa 76

Ricerche di Storia Sociale e Religiosa 77

Studia Patavina. Rivista di Scienze Religiose 77

Studi di Teologia 78

Vita Minorum. Rivista di spiritualità e formazione interfrancescana 79

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Il 15 dicembre 1998 si è svolto a Venezia, presso la ScuolaGrande di San Giovanni Evangelista, un interessante convegnodedicato alla tutela e alla valorizzazione dei Beni Culturali Eccle-siastici promosso dalla Giunta Regionale del Veneto e dalla Con-ferenza Episcopale Triveneta.

Importante per gli interlocutori che hanno voluto promuovere lagiornata di studio – presenti infatti rappresentanti della RegioneVeneto, della Conferenza Episcopale Italiana e del Ministero per iBeni e le Attività Culturali – ma soprattutto perché nell’occasionesi è proceduto a sottoscrivere il Protocollo d’Intesa in materia dicatalogazione dei Beni Culturali di proprietà ecclesiastica, a firmadel Metropolita Patriarca di Venezia Cardinale Marco Cé, perconto della Provincia Ecclesiastica Veneta, e dell’onorevoleGiancarlo Galan, Presidente della Regione Veneto.

Si tratta, dunque, di un momento nodale per le attività di tutelae valorizzazione dei Beni Culturali, di cui la conoscenza attraversola catalogazione costituisce non solo un momento preliminare mapure strutturale rispetto a problemi di individuazione e divulgazio-ne delle informazioni, dato che buona parte dei materiali interessatialle indagini passate e future sono pertinenti all’ente ecclesiastico.

Mai come in questo momento è necessario tornare a riflettere suicontenuti di simili operazioni dopo anni di attività in cui si èassistito a un efficace coordinamento tra Regione e Soprin-tendendenze. Ci si domanda cioè come sia possibile, oggi, ri-disegnare il ruolo della catalogazione di fronte alle urgenze deter-minate dai rapporti tra proprietari delle schede catalografiche edegli oggetti individuati nella prospettiva della fruizione pubblica(e cioè nell’ottica della necessaria attività di tutela del bene) nonchédella divulgazione delle informazioni che, con la messa a punto diBanche Dati e di strutture di comunicazione informatiche daveicolare in Internet, determinano non pochi interrogativi suicriteri d’accesso ai contenuti delle schede, da valutarsi nel pienorispetto delle attuali norme giuridiche in materia.

Nel corso dei lavori del convegno sono apparsi, in proposito,estremamente importanti i pareri espressi da mons. Attilio Nicora,delegato della Presidenza CEI per le questioni giuridiche, e diGuglielmo Monti, Soprintendente per i Beni ambientali earchitettonici del Veneto Orientale. Da due formazioni e da puntidi vista differenti sono pervenuti a contenuti del tutto comuni sulpiano dell’approccio al Bene Culturale oggetto di catalogazione.L’enorme interesse che negli ultimi anni si è venuto a determinareintorno al tema generale dei Beni Culturali ha prodotto un’attenzio-

ne sempre più matura da parte del pubblico, numeroso alle mostredi contenuto storico-artistico, presente negli itinerari del turismocurioso, che continua ad avvicinare un crescente numero di visita-tori a musei, a monumenti e opere del territorio, tra cui, e nonpotrebbe essere altrimenti, le chiese. Interesse, passione semprepiù desiderosa di essere organizzata in più approfondite conoscen-ze sembra da un lato mettere a fuoco un promettente indirizzo sulpiano della formazione di una concreta civiltà culturale, di cui sidovrà necessariamente tenere conto nella futura pianificazione, masolleva alcune perplessità sull’autentica percezione di quei valoristorici e spirituali, nel contesto dei quali le opere religiose sononate. È chiaro come per i responsabili ecclesiastici questa non possaessere una questione trascurabile quando tali problematiche inve-stono la fruizione degli edifici di culto.

Ma non sembrerà un paradosso se simili questioni di “contenuto”siano da tempo abbracciate anche dalla parte laica, cui attiene latutela e la valorizzazione dei Beni Culturali; nel momento in cuil’esperienza ha ormai dimostrato come l’individuazione e la cono-scenza del dato materiale, pur dotato di un proprio livello artistico,a nulla serve se non risulta accompagnato da quei valori storici,ambientali che ne estendano il senso in una dimensione piùpropriamente culturale. È chiaro che un principio così espostorisulta particolarmente rilevante nel momento in cui oggi sivogliono ricercare proficui e innovativi riscontri economici nelcampo dei Beni Culturali: basti pensare, ad esempio, alla semplicee sempre più diffusa “bigliettazione” per l’accesso agli edifici diculto, in ragione di un loro legittimo sostegno, e al generaleintendimento che essi siano da assimilare a dei veri e propri musei,con il rischio della diminuzione di quei valori simbolici e spiritualidi cui si è parlato.

Un’informazione non banale su simili argomenti potrà riversarsisul piano della didattica di base, che si deve ritenere più che maiindispensabile; non solo per la formazione di operatori del settore,ma anche per determinare una larga conoscenza da estendere alconcetto di rappresentazione della storia e della civiltà.

Su queste tematiche si sta muovendo con grande slancio l’Uffi-cio Beni Culturali della Conferenza Episcopale Italiana, su basenazionale, per quanto è risultato dalle disposizioni del Concordatodel 18 febbraio 1984 e della successiva Intesa per la tutela dei BeniCulturali ecclesiastici del 13 settembre 1996, definita a suo tempodal card. Camillo Ruini rilevante sul piano istituzionale, con cui “siconsolida la già viva collaborazione tra Stato e Chiesa […] perchétale collaborazione si sviluppi e si precisi ulteriormente in futuro”.I soggetti chiamati a interagire a livello locale sono da individuarsinei Soprintendenti e nei Vescovi diocesani, ed anche (in relazioneal patrimonio culturale di rispettiva competenza) negli Istituti divita consacrata e nelle Società di vita apostolica, che concorronocon i titolari ecclesiastici a cooperare con gli organi statali adeterminate condizioni e secondo le disposizioni emanate dallaSanta Sede.

Si tratta, invero, di una forma di “centralismo” che in tempi dirivendicazione di autonomie amministrative utili all’efficacia de-gli interventi potrebbe apparire desueta; ma per certi versi è ritenutaoggi necessaria per quelle finalità di rifondazione delle struttureecclesiastiche responsabili dei Beni Culturali, come, in sede diconvegno, ha ribadito mons. Giancarlo Santi, direttore dell’Ufficiocompetente per la Conferenza Episcopale Italiana.

Di grande risalto istituzionale appare la firma dell’Intesa traRegione Veneto e Provincia Ecclesiastica Veneta in materia dicatalogazione e utilizzo delle schede dei Beni Culturali di proprietà

INIZIATIVEPER LA TUTELAE VALORIZZAZIONEDEI BENI CULTURALIECCLESIASTICIFabrizio MaganiDirezione Cultura - Informazione della Regione Veneto

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ecclesiastica. L’atto viene al culmine di anni di collaborazione, cheha visto impegnata l’Amministrazione regionale dal 1986, quandocon la legge n. 2 del 9 gennaio venne istituito il Centro didocumentazione dei beni culturali e ambientali del Veneto, con icompiti di raccolta, elaborazione e divulgazione relativi al patri-monio storico della civiltà del nostro territorio, di cui il beneecclesiastico è parte integrante.

L’atto ha anche il merito di dare continuità, ponendosi in unaprospettiva coerente, con un’altra precedente Intesa di granderilievo tra Regione Veneto e Provincia Ecclesiastica per la conser-vazione e la valorizzazione del patrimonio artistico e storico deglienti ecclesiastici veneti, stipulata nel 1994. Ambedue le particoncorrono nell’impegno di garantire la conservazione e il ripristi-no del patrimonio storico del Veneto; collaborano alla suavalorizzazione secondo programmi di controllo, di attuazione e diimpegno finanziario, avvalendosi dello scambio di informazionireciproche in sede di commissione paritetica. È interessante rileva-re come in Veneto si siano anticipati largamente i contenuti dellacitata Intesa tra il Ministero per i Beni Culturali e la ConferenzaEpiscopale italiana (1996), e quanto, in questo senso, sia avanzatala posizione programmatoria dell’Amministrazione regionale nelcampo dei Beni storico-artistici – soprattutto nei confronti dellaproprietà ecclesiastica – anche alla luce del decreto legislativo n.112 del 31 marzo 1998 riguardante il “Conferimento di funzioni ecompiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali”.Le novità legislative hanno coinvolto di recente la riorganizzazionedegli apparati centrali dello Stato, portando alla creazione delMinistero per i Beni e le Attività Culturali, ma da più parti si ritieneche nella sostanza non si sia pervenuti a quel decentramento chepotrebbe migliorare anche la rete organizzativa della cultura,secondo più decisi princìpi di autonomia gestionale, come sembra-no dimostrare le istanze emerse dallo stesso convegno veneziano ela firma del menzionato Protocollo d’Intesa.

Quest’ultimo si articola in diversi punti: la “Disponibilità delmateriale catalografico di proprietà della Regione”, secondo cuil’Amministrazione mette a disposizione delle Diocesi le schede susupporto cartaceo e corredate da fotografie e grafici previsti dalla

normativa ministeriale, sulle quali l’Ente ecclesiastico ha la capa-cità di controllo dei dati contenuti, nel rispetto della paternitàscientifica degli esecutori. E così, all’insegna del principio delreciproco scambio di informazioni, si ispira il capitolo dedicato all’“Utilizzo del materiale catalografico da parte dell’Ente Ecclesiasti-co”, in cui si determina la piena disponibilità per gli usi inerentiall’identificazione e tutela, definizione patrimoniale, inserimentoin Banche Dati e realizzazione di pubblicazioni a fini di studio oinformativi.

Un punto di grande importanza è costituito dalle deliberazioni inmateria di “Utilizzo del materiale catalografico da parte dellaRegione”, soprattutto per la parte delicata che attiene alla diffusio-ne delle informazioni su reti telematiche, poiché l’Amministrazio-ne dispone di una Banca Dati denominata DO.GE. Veneto (Docu-mentazione Generale) in cui sono inserite le schede e le immaginidi varie tipologie di Beni Culturali. In attesa di un definitivoregolamento d’accesso, la Regione si impegna a fornire la docu-mentazione eventualmente richiesta, previa comunicazione al-l’Ente ecclesiastico, proprietario dei materiali di pertinenza, e adoscurare il campo relativo alla “collocazione specifica” deglioggetti storico-artistici mobili, nonché a fornirne un’immagine arisoluzione ridotta per interdire la riproduzione a stampa.

Non ultimo l’impegno sottoscritto per le “Nuove campagnecatalografiche”, secondo il quale la Regione potrà fornire la colla-borazione per progetti definiti con Stato e Diocesi, riconoscendo aqueste ultime la titolarità organizzativa e scientifica ed impegnan-dosi a sostenere i costi in misura qualificante.

È necessario ribadire quanto appaia rilevante, in termini diprospettiva, l’impegno della Regione Veneto nel segno della tu-tela e valorizzazione del patrimonio storico-artistico del territorio,così come è emerso dal vivace dibattito occasionato dalla firmadell’ultima intesa in materia di catalogazione. Ha una volta in piùdimostrato quanto siano avvertite simili problematiche anchedai nuovi soggetti ecclesiastici chiamati a collaborare in formepiù dirette e responsabili, all’insegna di una progettualità comune,del tutto auspicabile per la vita della rete culturale del nostroterritorio.

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I BENI CULTURALIECCLESIASTICIUn decennio di collaborazionefra la Consulta per i BB.CC.EE.delle Tre Venezie e la Giunta Regionaledel Veneto - Le pubblicazioni

Claudio Bellinati

Alla luce della Lettera Apostolica per il XII centenario del IIConcilio di Nicea, la Consulta per i Beni Culturali Ecclesiasticidelle Tre Venezie (presidente il card. Marco Cé, Patriarca diVenezia, e vicepresidente S.E. mons. Maffeo Ducoli, vescovo diBelluno e Feltre) diede un vigoroso impulso allo studio e allasoluzione dei problemi inerenti il vasto patrimonio storico-artisti-co. Le parole di Giovanni Paolo II sulla “autentica arte cristiana”stimolarono la preparazione di quello che in un decennio (1989/1999) sarebbe stato il primo di ben sei incontri. Fu infatti il 7 ottobre1989 il giorno nel quale, presso la Basilica di sant’Antonio inPadova, venne realizzato il primo Convegno del decennio attuale,dal suggestivo e modernissimo titolo di Conservazione evalorizzazione dei BB.CC.EE. delle Tre Venezie. Dopo gli interventidi mons. Pietro Garlato, del prof. Francesco Sisinni e dell’avv.Ivone Cacciavillani, ebbe luogo un’interessante Tavola rotondacon la partecipazione delle Soprintendenze del Veneto.

La visita alla restaurata Cappella del beato Luca (Belludi),guidata dal prof. Gianluigi Colalucci, diede l’avvio a quella seriedi “visite guidate” che caratterizzarono sempre i vari Convegni.Venne pertanto lanciato l’S.O.S. per diverse chiese che necessita-vano di “intervento urgente” (cfr. pp. 77-78 degli Atti). Nacqueallora l’idea di un Vademecum per gli operatori nei BB.CC.EE. chevide la luce l’anno successivo (1990), a cura dell’avv. IvoneCacciavillani e di chi scrive. La presentazione di un Glossario ditermini attinenti alle varie problematiche dei BB.CC.EE. (unitamenteall’illustrazione degli aspetti giuridici inerenti alle problematichestesse) ha prospettato una moderna rassegna di disposizionicanoniche e civili, assolutamente necessarie ad ogni operatore nelcampo dei Beni Culturali ecclesiastici.

Il primo campo nel quale si faceva impellente una dignitosasoluzione di vari problemi era quello degli Archivi Ecclesiastici.Ecco pertanto farsi innanzi tutto una vasta organizzazione, perpreparare (presso la bella sede della Basilica di santa Giustina inPadova) un appropriato Convegno dal titolo Archivi ecclesiastici emondo moderno (5 ottobre 1991). La presenza della dott. BiancaStrina Lanfranchi, di p. Emanuele Boaga, della dott. FrancescaCavazzana Romanelli ecc. contribuì ad approfondire il problemadella salvaguardia e della valorizzazione di archivi ecelesiastici,grandi e piccoli, con specifica attenzione alla salvaguardia dei“libri antiquiores”, cioè dei registri parrocchiali, talvolta in preca-rie situazioni di custodia e di valorizzazione. Uscivano frattanto, insede nazionale, da porte della CEI, i famosi e sempre attualiOrientamenti (1992), che confermavano e ampliavano in vari puntile già preziose Norme del 1974.

Fu così che il 6 luglio 1993, ospiti della Magnifica Comunità aPieve di Cadore, si svolse un importante incontro sulla “Conferen-za di servizi, alla luce della legge 241/1990”, relatore il prof.Alberto De Roberto, presidente della II sezione del Consiglio diStato. L’esplorazione dell’aspetto partecipativo nelle varieproblematiche, la possibitità di esaurire in un “unico” contestol’iter procedimentale delle varie competenze, l’esplorazione di talenuovo modo di amministrare: tutto l’insieme ha contribuito adaprire nuovi orizzonti e ad incrementare una maggiore partecipa-zione di soggetti alla salvaguardia e alla valorizzazione del patri-monio storico/artistico.

In tutti questi incontri si faceva impellente una risposta alle varieproblematiche della “formazione” degli operatori, nell’ambito deiBB.CC.EE. Ed ecco, allora, uscire per i tipi della Cedam (Padova)un Manuale per studenti di Scuole superiori e operatori nelpatrimonio storico-artistico, curato da chi scrive. Con saggi dimons. Giancarlo Menis, mons. Alberto Piazzi e dell’arch. FrancoPosocco si mirava ad offrire, soprattutto a giovani studenti, lapossibilità di avvicinarsi alla legislazione, alla didattica e allabellezza dell’arte; necessarie non solo per operatori nell’ambito delpatrimonio storico-artistico, ma soprattutto per i futuri custodi edamministratori, in molte parrocchie, del già citato e sempre prezio-so patrimonio di civiltà cristiana costituito dalle opere d’arte e dalpatrimonio archivistico librario. In appendice si stampava anchel’importante Lettera della Pontificia Commissione “de patrimonioartis et historiae conservando” (Roma, 15.10.1992), a firma di S.E.mons. Francesco Marchisano (attuale presidente della PontificiaCommissione per i Beni Culturali della Chiesa). Si dava diffusioneanche ad alcune norme fondamentali, pubblicate nella lettera dellaCEI (28.02.1993) dal titolo: “La progettazione di nuove chiese”.

E fu nel 1994 (15 ottobre), nella splendida abbazia di Praglia, chevenne celebrato un memorabile incontro dal titolo: “Filosofia etecnologia del restauro. Gli ‘emblémata’”. In tale circostanza sigiunse finalmente alla firma di una Intesa fra la Regione Veneto ela Provincia Ecclesiastica Veneta per la conservazione evalorizzazione del patrimonio storico-artistico degli enti ecclesia-stici veneti. Tale intesa precedeva felicemente quanto sarebbe statopoi avallato nella cosiddetta Intesa Ruini-Veltroni, tra il Presidentedella CEI e il Ministro per i BB.CC. in Italia (13 settembre 1996).

Infine, a completare il decennio di attività della Consulta per iBeni Culturali Ecclesiaastici delle tre Venezie, uscivano nel gen-naio del corrente anno gli Atti del Convegno, organizzato a Pragliail 9 novembre 1996, con il suggestivo titolo: Valorizzazione deiBeni Culturali Ecclesiastici e autonomie regionali (attuazionedell’art. 12 del Concordato 1984).

Al Convegno, oltre mons. Giancarlo Santi, avevano partecipatovari rappresentanti di Regioni italiane, ad illustrare le diverseconvenzioni sottoscritte, p.e. tra la Regione Umbria e la Conferen-za Episcopale Umbra; tra la Provincia di Lecce e le diocesi dellaMetropolia ecc. Furono presentate altre convenzioni stipulate nellaRegione Emilia-Romagna. Alla Tavola rotonda presiedette S.E.mons. Attilio Nicora, che concluse l’incontro con un’interessantedisamina dei vari problemi, attinenti alla valorizzazione e allacustodia dei BB.CC.EE., formulando inoltre importanti auspici, allaluce di non pochi interrogativi circa la situazione dei beni stessi allesoglie del terzo millennio.

Un decennio di operosa attività, in collaborazione con la GiuntaRegionale del Veneto e con le Soprintendenze accreditate nellaregione, ha condotto ad una vasta catalogazione dei beni artistici estorici. Un progetto, ancora in fase di programma, dovrebbe

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condurre alla realizzazione di schede attinenti la conoscenza archi-tettonica e ambientale degli edifici ecelesiastici: in particolare dellechiese, parrocchiali o non, che costituiscono il grande patrimoniodi beni ecclesiastici immobili della intera regione Veneto.

È stata inoltre felicemente condotta a termine la informatiazazionedi almeno 7 su 10 degli Archivi storici delle diocesi della RegioneVeneto. Si prospetta inoltre una catalogazione informatizzata deiprincipali archivi parrocchiali, che contengono preziose notizie,non soltanto locali, poiché i cosiddetti “libri antiquiores” (mag-giormente esposti a danni provenienti da mutazione di collocazio-ne) sono vere e proprie fonti di importanti “memorie”, assoltutamentenecessarie per chiunque voglia tessere con positive documentazionila storia della propria parrocchia.

L’auspicio di tutti è che il prossimo Giubileo incrementi ildesiderio e l’attuazione di un’effettiva conoscenza storica dellemolteplici e preziose vicende, inerenti la secolare storia religiosadelle popolazioni venete.

Consulta per i Beni Culturali delle Tre VenezieGiunta Regionale del Veneto

Bibliografia del decennio 1989/1999

Conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali Ecclesiastici, Attidel Convegno (Padova, Basilica del Santo, 7 ottobre 1989), Padova,Cedam, 1990.

Vademecum per gli Operatori nei Beni Culturali Ecclesiastici, a curadi Claudio Bellinati e Ivone Cacciavillani, Padova, Cedam, 1990.

Archivi ecclesiastici e mondo moderno, Atti del convegno (Padova,Basilica di S. Giustina, 5 ottobre 1991), Padova, Cedam, 1993.

La “Conferenza di servizi” nella conservazione, tutela e valorizzazionedei Beni Culturali Ecclesiastici, Atti del Convegno (Pieve di Cadore-Belluno, Salone della Magnifica Comunità di Cadore, 6 luglio 1993),a cura di Claudio Bellinati, s.e., 1994.

Beni Culturali Ecclesiastici. Significato, promozione, valorizzazione.Manuale per Studenti di Scuole Superiori e Operatori nel Patrimoniostorico-artistico, a cura di Claudio Bellinati, Padova, Cedam, 1994.

Filosofia e tecnologia del restauro. Gli “emblemata”, Atti del Conve-gno (Padova, Abbazia di Praglia, Teolo, 15 ottobre 1994), a cura diClaudio Bellinati, s.e., 1995.

Intesa per la conservazione e valorizzazione del Patrimonio Artisticoe Storico degli Enti Ecclesiastici Veneti tra Regione Veneto e Provin-cia Ecclesiastica Veneta, (Padova, Abbazia di Praglia - Teolo, 15ottobre 1994), s.e., 1995.

Valorizzazione dei Beni Culturali Ecclesiastici e Autonomie regionali,nell’attuazione dell’art. 12 del Concordato 1984, Atti del Convegno(Abbazia di Praglia-Teolo, 9 novembre 1996), Padova, Il Poligrafo,1999.

Evangelario di Isidoro, 1170Padova, Biblioteca Capitolare

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Lo sviluppo consistente dell’or-ganizzazione di mostre biblio-grafiche in Italia degli ultimi anni,sviluppo che non ha eguali nel-l’attività delle istituzioni biblio-tecarie estere, è il prodotto di duefattori: da una parte la spinta allaconoscenza dell’arte libraria e gra-fica da parte di un pubblico dimassa sempre più attento e sensi-bile all’importanza del patrimo-nio culturale nazionale, dall’altrail desiderio delle amministra-

zioni di dare visibilità sì agli “oggetti” in sé, ma anche a tuttaquell’attività scientifica e di ricerca che sottende alle politiche divalorizzazione, conservazione e tutela dei beni culturali.

Superati finalmente i pur fondati dubbi dei puristi che conside-ravano i beni librari e archivistici non idonei all’esposizione in unateca, situazione che allontanava irrimediabilmente gli oggetti espo-sti dalla loro primaria destinazione d’uso, la lettura o quantomentola consultazione diretta di più pagine, si è giunti al confezionamentodi prodotti culturali di grande spessore – pur nella consapevolezzache l’unica interpretazione corretta della funzione del bene librariosia quella del coinvolgimento “fisico” del fruitore – comunque nelrispetto dell’identità dei beni esposti.

E, come ricordava Alfredo Serrai (docente all’Università diRoma “La Sapienza” e punto di riferimento per le scienze bi-bliografiche e biblioteconomiche) in diversi suoi interventi, non èsicuramente sufficiente l’esposizione di due pagine affrontate di unvolume, ancorché superbamente illustrate o miniate, se il visitatorenon viene raggiunto da ragguagli che gli consentano di superarequesta obbligata staticità con i mezzi della bibliografia, dellabibliologia e della ricerca soggiacente. In una parola, ciò che staalla base delle mostre bibliografiche è il catalogo che, oltre adenumerare e descrivere le opere esposte, sta a testimoniare l’attivitàdi ricerca ad esse relativa; esso è il cuore e quasi la ragione dellamostra, dà la misura del suo apporto culturale, il valore delle suemotivazioni, gli spunti per nuove indagini.

Spesso quindi i cataloghi di esposizioni bibliografiche divengo-no vere e proprie pietre miliari degli studi di settore: una qualità chesalta agli occhi di chiunque avvicini il catalogo della mostra “Laminiatura a Padova dal Medioevo al Settecento”, pubblicato inoccasione dell’esposizione padovana, suddivisa e articolata in benquattro sedi, che ricostruisce un percorso storico e artistico, parten-do dal manoscritto miniato per approdare alla decorazione del libroa stampa, in un ambito culturale, quello padovano, primario centro

di produzione libraria e al contempo fucina di altissime manife-stazioni di pensiero.

Sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica, con ilpatrocinio del Ministero per le Attività Culturali e con il contributodella Regione Veneto, è stato possibile organizzare questa che si èsubito configurata come una delle più vaste mostre nella storiadella Miniatura mai organizzata in Italia. A promuovere l’iniziati-va, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, attraverso iCivici Musei e il Settore Attività Culturali, assieme alla Provinciadi Padova e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova eRovigo, con la collaborazione di IBM Global Services.

La mostra è il frutto di sette anni di ricerche, coordinate econdotte in prima persona da Giordana Canova Mariani, responsa-bile scientifico dell’iniziativa, che ne ha coordinato anche il proget-to. La direzione è stata affidata a Davide Banzato, direttore deiMusei Civici di Padova, e all’architetto Gian Franco Martinoni,direttore del Settore Attività Culturali. Curatori dell’esposizione,oltre a G. Canova Mariani, D. Banzato e G.F. Martinoni, FedericaToniolo, Giovanna Baldissin Molli, Fiorenza Scarpa, Mirella CisottoNalon e Michela Benetazzo. La schedatura del materiale e lastesura dei saggi del catalogo sono stati affidati ai maggiori espertiitaliani e internazionali. Così come erano da annoverare fra lepersonalità di maggior rilievo nel campo codicologico e archivistico,nonché storico-artistico, i componenti del comitato scientifico, chehanno assicurato la riuscita dell’iniziativa e l’attendibilità, sottotutti i punti di vista, dei contenuti scientifici.

La grande esposizione è articolata in tre sezioni, cui fanno capoquattro sedi: “Parole dipinte. La miniatura a Padova dal Medioevoal Settecento”, allestita a Padova a Palazzo della Ragione e aPalazzo del Monte; “La Bibbia istoriata padovana”, presentata aRovigo nelle sale dell’Accademia dei Concordi; e infine “Calligra-fia di Dio. La miniatura celebra la Parola”, suggestivamentecollocata nell’Abbazia benedettina di Praglia.

Le sedi cittadine espongono alcuni fra i maggiori capolavorid’alta epoca, di cui si parlerà più avanti; ma ricordiamo, oltre ai libriliturgici, in grande maggioranza, la sezione, di grande interesse,dedicata ai libri in volgare che, sotto la cura di Furio Brugnolo,raccoglie testimonianze raffinatissime, come i canzonieri provenzalie il celebre Erbario Carrarese, ora alla British Library. La sezioneospitata dall’Abbazia di Praglia è a tema monografico, e si incentrasull’illustrazione della Bibbia e dei Codici liturgici. Infine, l’ecce-zionale e irripetibile evento della riunificazione ed esposizionedella Bibbia Istoriata Padovana ha luogo presso l’Accademia deiConcordi di Rovigo.

Basta scorrere l’indice del ponderoso catalogo, nella sezionededicata al catalogo delle opere esposte, per avere un’idea schematicama esauriente del percorso disegnato per illustrare la storia dellaminiatura patavina: dal Maestrodel Gaibana all’avvento del goti-co bolognese; il Trecento, la mi-niatura giottesca nei libri liturgicie nei libri della cultura; l’etàcarrarese; l’avvento della domi-nazione veneziana e il tardogoticodel Quattrocento; il Rinascimen-to nei libri della cultura umanisticapadovana; il calligrafo Bartolo-meo Sanvito, a Padova e Roma; labiblioteca di Iacopo Zeno, mano-scritti romani e incunaboli vene-

LA MINIATURA A PADOVADAL MEDIOEVOAL SETTECENTOSimonetta Pelusi

Igino, De Astronomia, Padova, anno c. 1470,New York, The Pierpont Morgan Library

Igino, De Astronomia, Padova, anno c. 1470,New York, The Pierpont Morgan Library

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ziani; Giovanni Vendra-min e il classicismo a Pa-dova; Lorenzo Canozi ti-pografo a Padova; gli inizidi Benedetto Bordon el’apogeo del gusto ferra-rese; la biblioteca di Pie-tro Barozzi e Antonio Ma-ria da Villafora; dal Cin-quecento al Settecento: li-bri liturgici e documentid’archivio miniati.I circa trecento manoscrittie incunaboli miniati espo-sti in occasione della mo-stra, provenienti da più dicinquanta biblioteche emusei di tutto il mondo,sono soltanto una piccolaparte di quella che fu laproduzione del centro cul-

turale patavino, produzione che, pur senza raggiungere la vastità diquella di nuclei quali la Bologna medievale, o Venezia e Firenze nelRinascimento, riuscì a delineare una propria cifra stilistica, riferibileoggi ad un centro religioso e universitario importante ma delimitato.

L’industria libraria patavina, riflesso di una committenza siaecclesiastica – Chiesa e Ordini religiosi – sia laica – classe dirigen-te, mondo culturale e Università in particolare, ma anche diversecorporazioni cittadine laiche e devozionali –, appare finalizzataalla realizzazione di prodotti destinati soprattutto alla liturgia eall’uso accademico.

E non è un caso che proprio a Padova si fossero andate creandonel tempo alcune fra le maggiori raccolte (non pensiamo sia il casodi parlare di “collezioni”) di manoscritti e incunaboli miniati, chediedero vita a inestimabili librerie private e pubbliche. Accanto allegrandi biblioteche ecclesiastiche e monastiche, si ricordano leeccezionali librerie di Pietro Donato, Fantino Dandolo, per cuieseguì miniature forse lo stesso Andrea Mantegna, GiovanniFrancesco Capodilista, Iacopo Zeno, per cui lavorò GiovanniVendramin, Pietro Barozzi, che commissionava lavori ad AntonioMaria da Villafora; e Zeno e Barozzi, in epoche diverse, formaronodue tra le più grandi raccolte di incunaboli, appositamente acqui-stati e fatti illuminare.

Molte di queste raccolte sono andate disperse, anche se i pezziche le componevano sono stati quasi tutti rintracciati nelle piùimportanti biblioteche mondiali. E qui si sfiora un altro argomentoa favore di iniziative culturali quali quella di cui stiamo parlando:la possibilità di ricomporre in unità, pur temporaneamente, la tramadi un tessuto che è andato sfaldandosi nel tempo, restituendo allacomunità culturale odierna un aspetto dello spessore e della gran-dezza di un tempo che va globalmente rivisitato perché, comeammonisce Claudio Bellinati, Consultore della Pontificia Com-missione per i Beni Culturali della Chiesa, “chi non affonda leradici nel passato, non può costruire un solido futuro” (p. 458).

La natura estremamente “mobile” dei beni librari, ne ha semprefatto oggetto di dispersioni per vari motivi, strane sparizioni eimprovvise ricomparse, compravendite, smembramenti, prede diguerra a fatica – e non sempre – restituite. Ben diciassette furonogli inestimabili manoscritti asportati dai Francesi nel 1797 dallabiblioteca dell’abbazia di Santa Giustina: nessuno ritornò. Uno

venne restituito per errore alla Marciana, un altro (Aristophanisvita, grece) risulta disperso, gli altri (sei latini, cinque greci, dueebraici, uno italiano e uno armeno) sono tuttora conservati a Parigi.Lo stesso destino fu seguito dagli otto incunaboli miniati, asportatidai Francesi dalla biblioteca del Capitolo della Cattedrale, tra cuiil pregevole esemplare delle Comoediae di Plauto, in folio (Vene-zia, Vindelino da Spira e Giovanni da Colonia, 1472), miniato daGiovanni Vendramin su commissione di Iacopo Zeno, di cui portale armi, che la mostra presentava in mezzo agli altri suoi tesori.Percorsi segnati dalla Storia, oggi emendati dalla sensibilità diistituti di conservazione libraria che, consapevoli della portataculturale dell’avvenimento, hanno contribuito, con il prestito deipreziosi reperti in loro possesso, alla realizzazione del progettoespositivo, dietro le ricerche degli organizzatori che, sulla base diantichi inventari, hanno potuto identificare la provenienza dialcuni pezzi.

Sempre nell’ottica del recupero e restituzione di documenti allaloro sede naturale, all’Accademia dei Concordi di Rovigo è espostaper la prima volta la celebre Bibbia istoriata padovana, oggi duemanoscritti – conservati rispettivamente a Rovigo e a Londra –originariamente costituenti un unico codice, ormai incompleto,probabilmente già smembrato nel XVI secolo, che con le sue attuali344 illustrazioni (4 vignette tabellari su ciascuna pagina, condidascalia di commento in volgare padovano) rappresenta forsel’opera più illustrata del Trecento padovano, qui per la prima voltaesposta a fogli sciolti, con un sistema che li rende visibili sia dalrecto sia dal verso.

Al di là di questi aspetti spettacolari e di sicuro grande impattosul pubblico, come sottolineato da Giordana Canova Mariani,responsabile del cordinamento scientifico dell’iniziativa, la mostrava considerata soprattutto come un punto di arrivo di esperienzeprecedenti (si ricordano ancora le due esposizioni dei codici miniatidella Biblioteca Capitolare di Padova, del 1950, in occasionedell’Anno Santo, e del 1967, in concomitanza con le manifestazio-ni per il VII centenario della nascita di Giotto) e come base perl’avvio di nuove ricerche: e non c’è dubbio che anche questosecondo risultato sia stato pienamente raggiunto. La disamina del-la vasta e complessa ma-teria condotta da G. Ca-nova Mariani nel suo im-portante saggio di aper-tura del catalogo (La mi-niatura a Padova dal Me-dioevo al Settecento, pp.13-32), indispensabile perchiunque si avvicini per laprima volta all’argomen-to e per chi, pur avendologià affrontato, ne esiga uncompendio aggiornato,contiene già i germi dellefuture ricerche, scaturitidal lavoro preparatoriodella mostra.Innanzitutto, quella che l’Au-trice stessa chiama “unadelle acquisizioni più sor-prendenti di questa mo-stra (p. 15) è la scopertadella mole di lavoro svol-

Salterio del monastero di San Pietro in Padova.Miniatore parigino, sec. XIII.

Padova, Biblioteca del Seminario

Evangelario di Isidoro. Anno 1170, per la Cattedraledi Padova. Padova, Biblioteca Capitolare

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to dai miniatori a Padova dai primi decenni del Cinquecento sinoal Settecento inoltrato, epoca in cui perdurava ancora l’usodell’esemplazione e della miniatura dei grandi corali. Al di là deisontuosi, pur nella loro sobrietà, codici liturgici medievali erinascimentali, si riavvicinano così monumenti dell’arte libraria earchivistica oscurati dal pregio e dalla bellezza dei loro confratellipiù antichi; va sottolineato come anche i codici più tardi siano pursempre esemplari unici, meritevoli di rivalutazione per il pregiodell’esecuzione e la fantasia di temi e invenzioni. E si può dire chequesta sia la prima volta che tale rivalutazione viene operata,sostenuta da un valido impianto scientifico, presente sia nelleschede di descrizione del materiale – pregevoli libri liturgici maanche diplomi e registri universitari e schede di monacazione,spesso inediti – sia nel saggio di G. Baldissin Molli, che fa luce suun settore, quello della fase tarda della miniatura, assai scarsamenteindagato, e i cui pochi contributi derivano quasi esclusivamente daindagini svolte in occasione di esposizioni mirate.

Benché volti ai celebri codici patavini esemplati e miniati dalMedioevo al Rinascimento, neppure gli studi più recenti avevanoancora condotto ad una sistematizzazione dei dati relativi a calligrafie miniatori. Il catalogo presenta, per la cura di V. Dal Santo, unprimo repertorio, suddiviso per epoca, tratto da documenti d’archi-vio padovani spesso inediti, che getta nuova luce sull’attività diquesti artisti e artigiani: il dato che emerge con maggior evidenzaè l’assenza di grandi botteghe e la frammentazione delle attività inpiccoli laboratori, dove i maestri lavoravano autonomamente e adisposizione, di volta in volta, dei facoltosi committenti.

Non è certo questa la sede per ripercorrere le tappe della storiadella miniatura a Padova, che si delinea in maniera estremamenteapprofondita sia nelle schede di descrizione delle opere esposte, sianei saggi a corredo del catalogo, alla cui consultazione e lettura sirimanda senz’altro (C. Bellinati, I “libri miniati” della BibliotecaCapitolare di Padova; F. Flores D’Arcais, Il “giottismo” nellaminiatura padovana del primo Trecento. Proposte e ipotesi;F. Toniolo, La Bibbia Istoriata padovana; M. Medica, Nuovetracce per l’attività padovana del Maestro delle iniziali di Bruxel-les; S. Marcon, La miniatura nei codici di Giovanni Marcanova;A. de la Mare, Bartolomeo Sanvito da Padova, copista e miniatore;L. Armstrong, Copie di miniature del Libro degli uomini famosi,Poiano 1476, di Francesco Petrarca; G. Toscano, Gaspare daPadova e la diffusione della miniatura “all’antica” tra Roma eNapoli; G. Baldissin Molli, La tarda miniatura; D. Banzato,Placchette, legature, miniature; F. Brugnolo, G. Peron, Monumen-ti e testimonianze manoscritte della cultura volgare padovana delMedioevo: sec. XII-XIII). Piuttosto, si preferisce sottolineare quiancora qualcuno fra gli spunti di maggior interesse forniti daglistudi che soggiacciono all’organizzazione dell’iniziativa.

Tra il XII secolo e la prima metà del XIV il committente pereccellenza fu la Cattedrale, grazie al cui impegno possiamo oggiammirare capolavori quali l’Evangelistario di Isidoro (1170) el’Epistolario esemplato da Giovanni da Gaibana (1259),mansionarius e cantor, e miniato da un ancora sconosciuto artista,detto Maestro del Gaibana; e un ruolo non minore lo giocaro-no l’Abbazia di Santa Giustina e il Convento francescano diSant’Antonio.

Il Trecento determinava il cambiamento del linguaggio figurati-vo patavino e di tutta l’area padana: l’evento determinato dall’ese-cuzione, da parte di Giotto, del ciclo di affreschi commissionati daEnrico Scrovegni per la cappella dell’Annunziata annessa alladimora di famiglia, era destinato a rinnovare anche la miniatura, già

comunque in possesso diun suo codice stilistico bendelineato.Un altro contributo offer-to dalla ricerca finalizzataalla presente esposizionealla conoscenza del patri-monio miniaturistico pata-vino, è dato proprio dal-l’analisi delle miniaturedella serie degli Antifonariresponsoriali feriali e fe-stivi secundum consue-tudinem Romanae Curiae,eseguiti su commissionedella Cattedrale che cosìpoté ottemperare all’esi-genza di rinnovare i pro-pri libri liturgici. Ordinatiprobabilmente per il gran-de giubileo del 1300, al-meno due, come risultadall’analisi di documenti sinora inediti, erano già terminati eminiati il 19 luglio 1306 (p. 89), un anno dopo il completamentodegli affreschi della Cappella degli Scrovegni, cui alcune delleminiature che li ornano sono chiaramente ispirate. E sia il Lezionarioeseguito per l’Abbazia benedettina di Santa Giustina, oggi aBerlino, sia la serie di Antifonari fatti esemplare e miniare dallacomunità francescana di Sant’Antonio, oggi conservati presso laBiblioteca Antoniana, testimoniano del clima di rinnovamentovissuto da Padova in quegli anni in cui il libero Comune cedeva ilpasso alla Signoria carrarese.

Ma la committenza non era soltanto quella ecclesiastica o acca-demica: negli anni novanta del Trecento si ha una fioritura di opereminiate destinate ad uso privato, caratterizzate da una maggioreornamentazione. A questa tipologia afferisce una Divina Comme-dia conservata presso la Biblioteca Gambalunghiana di Rimini,esemplata per se stesso dal patrizio veneziano Iacopo Gradenigo,molto legato alla corte padovana. Per la prima volta ne viene quiproposta una collocazione temporale fra il 1393-94, attribuendonela parte miniata preponderante a Cristoforo Cortese, che sareb-be divenuto il massimo esponente della miniatura tardogoticaveneziana.

La miniatura è forse un oggetto per noi fuori dal tempo: essarichiede lunghi tempi di osservazione, di meditazione, di pensiero.La sua struttura complessa, la sua arcana simbologia sembranofatte per intimidire l’osservatore, eppure la sua preziosità e raritàammaliano chiunque la avvicini. Questa mostra eccezionale offreal visitatore l’occasione per accostarsi ad un mondo di delicatabellezza, ed il volume che l’accompagna non solo ne è il comple-mento indispensabile dal punto di vista storico-scientifico, ma,grazie alle sue splendide riproduzioni, è anche lo strumento ingrado di consentirci di riflettere su pagine che mai ci sarebbe datodi sfogliare.

La miniatura a Padova dal Medioevo al Settecento, progetto ecoordinamento scientifico Giordana Canova Mariani, catalogo acura di Giovanna Baldissin Molli, Giordana Canova Mariani,Federica Toniolo, Modena, Panini, 1999, 4°, pp. 623, ill.,L. 130.000.

Erbario carrarese. Per Francesco Novello da Carrara,anno 1350-1405. Londra, British Library

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Lombardia: 1589-1734; P. Bellettini, Il torchioe i caratteri: l’attrezzatura tipografica a Bolo-gna in età moderna; C. Fahy, La descrizione deltorchio tipografico nel Dizionario delle arti e de’mestieri (1768-1778) di Francesco Griselini; A.Petrucciani, Storie di ordinaria tipografia. LaStamperia Lerziana di Genova (1745-1752) eBernardo Tarigo; M. Berengo, Una tipografialiberale veneziana della Restaurazione. Il Gon-doliere.

Nel secondo volume: F. Petrucci Nardelli, Unlegatore viterbese del Quattrocento. Per l’iden-tificazione della figura di un artigiano del libro;L. Quaquarelli, Lodi di Bologna in tipografia; J.Veyrin-Forrer, Provenances italiennes dans laBibliothèque de François Rasse des Neux; R.Campioni, Una ‘fatica improba’: la bibliografiadelle opere di Giulio Cesare Croce; L. Avellini,Un emulo bolognese del Ramusio: Valerio Zanicuratore del “Genio Vagante” (1691-1693); U.Rozzo, ‘Furor bibliographicus’ ovvero labibliomania; A. Serrai, La Chasse aux Biblio-graphes: perizia e paranoia nell’Abbé Rive; M.Lowry, Boyars, Bishops and Bibliophiles: anAldine Network in Revolutionary Europe; D.W.Krummel, Archer Taylor’s Three Epochs ofBibliography; P. Innocenti, Collocazione mate-riale e ordinamento concettuale in bibliotechepre-moderne; S.M. Malinconico, Librarians &Technological Change: Opportunities, Disaf-fection and Management Responsabilitis; A.Olschki, Libri, cultura, banche e dintorni; M.Festanti, Il corso di perfezionamento in Biblio-teconomia di Parma.

Vincenza Donvito

OPERE GENERALI

Libri, tipografi, biblioteche. Ricerche storichededicate a Luigi Balsamo, Firenze, Olschki, 1997,8°, 2 voll., pp. XVII-700, ill., L. 150.000.

La silloge di studi è promossa dall’Istituto dibiblioteconomia e paleografia dell’Universitàdegli studi di Parma, per la curatela di ArnaldoGanda ed Elisa Grignani, e intende onorare l’in-signe studioso delle discipline del libro LuigiBalsamo. La nota biografica finale ne ricostrui-sce la ricca attività professionale: insegnante,ispettore alla Soprintendenza bibliografica per laLombardia, Soprintendente bibliografico per laSardegna, docente universitario, direttore dellacelebre testata “La Bibliofilia” per i tipi di Olschki,presidente del Corso di laurea in Conservazionedei Beni culturali dell’Università di Parma. Lesue acquisizioni nel campo della ricerca sonoripercorribili nell’amplissima bibliografia dei suoiscritti curata da A. Ganda, mentre l’elenco, acura di E. Grignani, delle 45 tesi preparate dasuoi allievi del Corso di perfezionamento inBiblioteconomia di Parma testimonia dell’entu-siasmo sempre riposto nell’attività formativa didocente. I contributi che i due volumi raccolgo-no, oltre ad essere assai numerosi, portano lefirme di studiosi di fama internazionale e sonoulteriore affermazione della stima goduta daBalsamo per gli esiti scientifici delle sue ricer-che. La miscellanea diviene così un punto disolido riferimento per quanti si occupano a variotitolo del libro nell’epoca della sua produzionemanuale; ritengo pertanto gradita la puntualesegnalazione degli interventi.

Nel primo volume: L. Hellinga, Press andText in the First Decades of Printing; M. Daves,Two Book-lists of Sweynheym and Pannartz; A.Ganda, Fortuna Zarotto: stampatore di pococonto e... ladro? (Milano 1471-1476); D.E.Rhodes, Alessandro Ruinagia da Piacenza (1472-1556): vita e opere; E. Barberi, La Frotola novagià attribuita ai torchi di Aldo Manuzio; N.Harris, Filologia e bibliologia a confronto nel-l’Orlando furioso del 1532; R.L. Bruni, Le treedizioni cinquecentesche delle Rime control’Aretino e la Priapea di Nicolò Franco; D.Zancani, Un recupero quattrocentesco: La vitadi Pietro Avogaresco bresciano di AntonioCornazzano e il lavoro di un editore del Cinque-cento (Remigio Nannini); W. Pettas, The Giuntiand the Book Trade in Lyon; P.F. Gehl, CreditSales Strategies in the Late Cinquecento BookTrade; M. Infelise, Ex incognito notus? Note sultipografo Sarzina e l’Accademia degli Incogniti;A.G. Cavagna, Statuti di librai e stampatori in

RECENSIONIE SEGNALAZIONI

GIORGIO ZORDAN, Repertorio di storiografia ve-neziana. Testi e studi, elaborazione informaticae coordinamento a cura di Silvia Gasparini, Pa-dova, Il Poligrafo, 1999, 8°, pp. 366, L. 60.000.

La storia di Venezia ha un posto di rilievo deltutto particolare nella storiografia italiana: essaconosce una continuità di studi e ricerche chenon si riscontra per altre città italiane. È ovvioche ciò è legato alle caratteristiche particolarissi-me della Serenissima, la quale ha svolto un ruolonon paragonabile con nessun’altra città italiana.Venezia è un unicum nella storia occidentale sulpiano territoriale e politico: è costituita da ungruppo di isole collegate da ponti e canali, e haavuto uno Stato che è durato oltre mille anni,svolgendo per un lungo periodo un ruolo interna-zionale imperiale. A ciò va aggiunta una eccezio-nale continuità nella produzione culturale, spe-cie artistica (in senso lato), mentre l’Universitàdi Padova ha costituito l’unico centro di altacultura scientifica e professionale di questo Sta-to, in cui sono stati chiamati a insegnare glistudiosi delle diverse discipline più autorevoli ditutta Europa. La Serenissima fu uno Stato laicodiretto da una oligarchia che mise in atto uncomplesso armamentario istituzionale e ideolo-gico per assicurare una continuità nella direzionedello Stato.

Per questi, e altri motivi, Venezia ha sollevatoda sempre l’interesse degli storici, e proprio inquesti anni, in cui le vicende del 1797-99 sono alcentro di un grande dibattito, gli storici sireinterrogano sulla sua fine, sulle ragioni profon-de che ne hanno determinato la “caduta”, an-ch’essa oggetto di un mitologismo duro a morire.

In questo repertorio bibliografico sono elen-cati migliaia di studi, ricerche, saggi, ordinatisecondo criteri chiari, che facilitano enorme-mente qualsiasi ricerca bibliografica su Venezia,“nelle lingue occidentali correnti” dall’alto me-dioevo alla sua “caduta”. Le fonti, prima di tutto:dalla cronachistica e storiografia politica allefonti normative, giudiziarie, agli atti diplomati-ci. E poi la storia della storiografia, quella civilee politica, la città e l’ambiente, la società, lastoria della legislazione e la politica del diritto, laZecca, il diritto civile, commerciale, marittimo,le professioni legali, le relazioni con paesi esteri,l’economia e la finanza, fino al “quotidiano,l’effimero, l’evento”, e altri argomenti ancora.Insomma, chi intende avviare una ricerca, oanche solo compiere una buona lettura su unargomento, un personaggio, un periodo dellastoria veneziana, dispone oggi di questo stru-mento agile, costruito secondo criteri di elabora-zione chiaramente indicati da Silvia Gasparini.

Nella presentazione Giorgio Zordan, profes-sore di Storia del diritto italiano all’Università diPadova, precisa che sono stati omessi “scritti diesclusivo carattere storico-artistico e storico-letterario”, già catalogati in loro strumenti biblio-grafici, mentre sono presenti quelli dell’areastorico-giuridica, politica e istituzionale. Ben rap-presentata è anche la letteratura storica contem-poranea, che in quest’ultimo decennio ha cono-sciuto un arricchimento di notevoli proporzioni.

Ora, lavori come questo si inseriscono felice-mente in un ordine di studi, quelli su Venezia,che sono cospicui e ininterrotti lungo i secoli.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Scorrendo il volume, vediamo che uno spazioesteso si sono conquistati gli “autori”, ossia iprotagonisti della storia veneziana, da MarinSanudo ad Andrea Dandolo, da MarcantonioSabellico a Gasparo Contarini, e poi Paolo Paruta,Paolo Sarpi, Fulgenzio Micanzio. Il “mito diVenezia” è un altro dei topoi più frequentati; isuoi ordinamenti, le tecniche di gestione delpotere, l’“esemplarità” della sua oligarchia: sonotutti argomenti assai frequentati dalla storiografia,e dove studiosi stranieri hanno sempre manife-stato un vivo interesse. Ma le vicende storiche diVenezia, la storia dei suoi ordinamenti politicihanno ovviamente lo spazio maggiore, ed è quiche si può misurare la continuità degli studi, gliapprofondimenti e i nuovi paradigmi storiograficiche sono stati elaborati per spiegare le ragioniche hanno fatto di Venezia uno Stato, un impero,tra i più longevi della storia occidentale.

Mario Quaranta

GIUSEPPE FRANCO VIVIANI - GIANCARLO VOLPATO,Bibliografia veronese (1993-1996), Verona,Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere diVerona - Università degli studi di Verona, 1998,8°, pp. 607, s.i.p.

Si tratta del quinto volume della Bibliografiaveronese che copre l’arco di tempo che va dal1993 al 1996. I precedenti volumi coprivano iseguenti anni: volume I, 1966-1970; volume II,1971-1973; volume III, 1974-1987; volume IV,1988-1992. È uno strumento utilissimo per tuttigli studiosi che intendano svolgere delle ricercheaventi come oggetto Verona e il suo territorionella sua dimensione naturale e storica. Il proget-to, nato trent’anni fa, ha messo a disposizione delpubblico 13.500 notizie bibliografiche e 100.000informazioni su autori, personaggi, luoghi, fatti,eventi del territorio veneto-occidentale. Il suc-cesso di questa iniziativa è testimoniato dal fattoche la Bibliografia Veronese è presente nellemaggiori biblioteche di 33 Paesi dei quattrocontinenti. Il presente volume è dovuto al “pa-ziente e certosino lavoro – scrivono il Presidentedell’Accademia e il Rettore dell’Università – didue studiosi veronesi che, animati da esemplarespirito di servizio, hanno dedicato parte del loroimpegno all’organizzazione della ricerca scien-tifica, premessa indispensabile allo sviluppo del-la stessa”.

Le schede bibliografiche sono suddivise se-condo il seguente piano di classificazione: gene-ralità, opere generali; filosofia e discipline con-nesse; religione; scienze sociali; linguistica; scien-ze pure; tecnologia (scienze applicate); arti; let-teratura; storia e geografia. Ogni sezione com-prende delle sottosezioni. Ogni scheda bíblio-grafica, redatta con i criteri scientifici attuali,contiene delle sintesi dell’argomento trattato.

Il libro si chiude con gli indici dei nomi e deisoggetti. Lo studioso che intendesse intrapren-dere una ricerca su Verona e il suo territoriotroverà nei volumi della Bibliografia veroneseun indispensabile strumento di lavoro che facili-terà sicuramente la sua ricerca.

Cinzio Gibin

RENATO PASTA, Editoria e cultura nel Settecento,Firenze, Olschki, 1997, 8°, pp. 296, L. 58.000.

L’autore affronta un tema abbastanza nuovonella pubblicistica sul Settecento, ossia il ruoloche l’editoria ha svolto in Italia nel processo dimodernizzazione avviato in quel periodo. Inparticolare viene esaminata la diffusione di testiilluministici e la trasformazione di generi lettera-ri legati alla formazione di un nuovo tipo dipubblico. Ci soffermiamo sui risultati della ricer-ca che riguardano l’area veneta, e che ha neltipografo Bernardo Paperini il suo promotore piùimportante. Dalla sua bottega è uscito, tra il 1753e il 1767, “un best-seller dell’editoria italianasettecentesca”: l’edizione in dieci volumi dellecommedie di Goldoni, edizione che si contrap-pose polemicamente a quella veneziana di Giu-seppe Bettinelli (solo Metastasio conobbe nellostesso periodo un pubblico altrettanto vasto).

Lo stesso Goldoni investì nell’impresa edito-riale più di duemila scudi, ricavandone alla fineil doppio (il costo dell’opera era di tre paolitoscani il volume, equivalenti a venti lire toscaneper l’intera opera); le prime 1750 copie furonoesaurite dalle sottoscrizioni. La fortuna di questaedizione va di pari passo con quella di Goldoni,che intanto è protagonista della vita teatralebolognese, tanto che un’edizione non perfettadelle sue opere è ora realizzata per quell’area daGirolamo Corciolani. Lo stesso accadde in To-scana con l’edizione Paperini, coeva con le rap-presentazioni goldoniane a Firenze. L’edizione(di duemila copie) fu poi affidata allo stampatoreNiccolò Gavelli di Pesaro, il quale aveva unabuona rete distributiva e così si poteva risponde-re più tempestivamente alla domanda teatraleindotta dallo stesso Goldoni, che “costituisce diper se stessa un fenomeno capitale della sociologialetteraria del Settecento italiano”. In tutta questavicenda campeggia l’abile Goldoni, a cui va inlarga parte il merito del successo; egli è infatti“editore di se stesso ed esperto pilota della suacreatura grazie alla accurata regia delle dediche,delle prefazioni e dei manifesti”. È indubbio checon questo lavoro si sta affermando la storiadell’editoria come disciplina con una sua auto-

nomia specifica, volta a darci un’immagine delle“fasi della vita degli stampati quali beni econo-mici e oggetti simbolici”; il binomio libro-edito-ria è infatti strumento essenziale per una piùcompleta esplorazione sociale della cultura, i cuirisultati, come in questo caso, sono di grandeinteresse.

Mario Quaranta

OSSERVATORIO REGIONALE MUSEI DEL VENETO,Gestione e Formazione nei Musei del Veneto. I°Conferenza Regionale dei Musei del Veneto (Ve-nezia, 16-17 giugno 1997), a cura di Luca Baldin,Treviso, Canova, 1998, 8°, pp. 176, s.i.p.

Il volume presenta gli atti della Prima Confe-renza Regionale dei Musei del Veneto che havisto il confronto e il dibattito tra esperti, studio-si, operatori del settore sui temi della gestionemuseale e della formazione-occupazione nel cam-po dei beni culturali. L’Osservatorio Regionalesui Musei del Veneto, recentemente istituito(1997), è il frutto di una convenzione stipulata tral’Università di Venezia Ca’ Foscari e la Regione,finalizzata alla collaborazione in materia di co-noscenza e salvaguardia dei beni culturali.

Giancarlo Galan, introducendo i lavori, discu-te le ragioni che hanno portato alla costituzionedell’Osservatorio permanente e le sue finalitàoperative che si concretano prima di tutto nellaraccolta dei dati, prioritaria rispetto a qualunqueforma di intervento. Della Banca Dati parlanoGiorgio Vigo e Maria Teresa De Gregorio: pre-sentano gli esiti dell’indagine condotta nel 1996sulla realtà museale veneta e le modalità dellaricerca che ha preso avvio dai dati già acquisitidall’ISTAT, dalla pubblicistica corrente, dallaricerca in atto. Alle 259 sedi museali effettive èstato inviato un questionario che ha permesso larilevazione della situazione. Serve di chiarimen-to, a questo proposito, la definizione di museoche è stata adottata quale riferimento per la primaindagine conoscitiva: essa indica nel museo l’isti-tuzione culturale permanente aperta al pubblicoche ricerca, acquisisce, conserva, studia, esponee valorizza testimonianze materiali di civiltà. Eche svolge funzioni di pubblico interesse attinen-ti alla tutela, alla ricerca scientifica, alla didat-tica, alla fruizione e alla valorizzazione relativeai beni di cui ha titolo ad occuparsi. I datipresentati distinguono i musei secondo la ti-pologia, la categoria (scientifico, storico, ar-tistico, archeologico…), la provincia, la proprie-tà, l’accessibilità alla visita, la tipologia dell’edi-ficio, le attrezzature e i sevizi disponibili ecc.

Angela Roncaccioli parla dei problemi di unapproccio direzionale al museo e si interrogasulle strategie di innovazione, di investimento,di rischio. Nicoletta Comar definisce il ruolodelle Province nei confronti del patrimoniomuseale diffuso, precisando l’importanza delcoordinamento provinciale, intermedio tra Co-muni e Regione; sottolinea con forza il valore deimusei locali, tessuto connettivo di buona partedella cultura in Italia. Giovanni Castellani siinterroga sul decentramento in atto tra Stato eRegioni, argomentando su federalismo e autono-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

mia che dovrebbero andare di pari passo. LuigiMalnati parla dei problemi di gestione dei museie delle aree archeologiche, fornendo i dati diriferimento che ne configurano l’entità e discu-tendo dei vuoti legislativi che ne acuiscono ledifficoltà. Guglielmo Bonfante illustra i principiche ispirano la gestione dei Beni Culturali Eccle-siastici e gli obiettivi operativi che la diocesi diVerona intende perseguire di fronte alla crescen-te domanda di cultura. Carlo Gregolin tratta deimusei e delle collezioni scientifiche dell’Univer-sità di Padova; presenta l’attività del CentroInterdipartimentale di Servizi Musei Scientifici,creato nel 1984 per coordinare l’attività dei di-versi musei e delle principali collezioni di cuil’Università è dotata ed è custode.

Francesca Lazzari parla del rapporto tra ilmuseo, la città, il territorio a Vicenza, illustrandole molte iniziative che vi si realizzano e la parti-colare importanza dell’intervento dei privati nel-l’offerta di eventi culturali. Patrizia Manessiparla della realtà e delle prospettive nella gestio-ne di un piccolo museo e presenta la collocazionee il contesto territoriale del Museo di StoriaNaturale di Montebelluna, soffermandosi sulparticolare patrimonio naturalistico ed archeolo-gico che lo distingue e illustrando la scelta diret-tiva che privilegia la didattica.

Nella seconda sezione del volume, dedicataalla Formazione e occupazione nel campo deiBeni Culturali, Massimo Montella definisce ilruolo delle Regioni; Paolo Viti quello dell’im-presa privata; Giovanni Morelli dei Corsi diLaurea in Conservazione dei Beni Culturali;Alessandra Miraglia dei “disoccupati molto spe-cializzati”; Cesare Campa degli interventi regio-nali per la formazione; Willer Bordon della legi-slazione; Fulvio Landillo del ruolo delle coope-rative; Enrico Chiari del volontariato e dell’oc-cupazione; Mario Cavriani dei corsi di formazio-ne per schedatori realizzati nel rodigino.

Di particolare interesse, in questa sezione, èl’intervento a più voci intitolato Il coordinamen-to dei direttori, curatori e tecnici dei museiitaliani, che in qualche modo suggella il dibattitoche si è snodato nelle due intense giornate. Gliautori, Cristiana Morigi Govi, Alessandra MottolaMolfino, Fausto Pesarini hanno organizzato aBologna, nel 1995, un convegno dal titolo “Lagestione dei musei civici. Pubblico o privato?”In seguito al convegno, stimolati dalla richiestaemersa in quell’occasione, i tre studiosi hannocreato una sorta di collegamento tra le diverseistituzioni per intervenire autorevolmente neldibattito sui beni culturali in Italia. Tale organi-smo, denominato Coordinamento, ha sede pres-so il Museo Civico Archeologico di Bologna edha compiti precisi che si sostanziano in agiliconsultazioni permanenti con i colleghi direttoridei musei. In particolare i tre studiosi insistonoperché sia garantita la formazione specialisticadei direttori e dei curatori. Occorre avere diretto-ri studiosi, direttori specialisti e non direttorimanager. Le proposte del Coordinamento inclu-dono anche i musei scientifici che sono in grannumero civici ed universitari, e rappresentanoquindi un caso particolare, ma non secondario,rispetto ai musei storico-artistici sui quali èfocalizzata più spesso l’attenzione.

Lina Ossi

PROVINCIA DI PADOVA - ASSESSORATO ALLA CULTU-RA E INTERVENTI SOCIALI, Hit Parade libri. 140consigli di lettura per bambini e ragazzi, Pado-va, Il Poligrafo, 1998, 8°, pp. 192, ill., s.i.p.

Cosa amano veramente leggere i bambini e iragazzi? La risposta non è ovvia perché i gusti dilettura dei giovanissimi non coincidono con quellidegli adulti. Eppure chi recensisce e promuove ilibri appartiene al mondo “dei grandi” e spessoutilizza dei criteri di giudizio non adatti se rivoltia testi indirizzati a lettori in erba.

Così questo libro – promosso dall’Assessora-to alla Cultura della Provincia di Padova – nascedalla volontà di riempire una possibile lacuna,offrendo la possibilità di scegliere “cosa legge-re” dotandosi dei giusti strumenti per farlo, stru-menti che siano anche “a misura di bambino”. Ilvolume si propone di presentare un ampio oriz-zonte di testi, selezionati in base a difficoltà dicomprensione, caratteristiche tipografiche, con-tenuti, argomenti, eccetera.

Gli interrogativi ai quali dare risposta sonotanti e non facili: come orientarsi fra le tantepubblicazioni (non tutte a buon livello), comericonoscere la qualità, quali titoli sono da consi-gliare, che uniscano pregi di scrittura e nelcontempo risultino gradevoli ai giovani palati.Dal lavoro accurato di una nutrita equipe diinsegnanti scaturiscono le risposte a questi edaltri quesiti; l’obiettivo primario è comunquequello della semplicità e rapidità di consultazio-ne e a questo scopo il catalogo è suddiviso inquattro sezioni in base alle fasce d’età: letture daitre ai sei anni, dai sei agli otto, dagli otto agliundici, dagli undici ai quattordici.

Ogni volume recensito presenta una sinteticascheda che riunisce una serie di dati di utilitàimmediata: nome dell’autore e dell’eventualeillustratore dei testi, casa editrice, argomentotrattato, numero di pagine, formato, prezzo, con-sigli di lettura. A fianco di questa veloce legenda,segue una più accurata descrizione con le notesull’autore, la trama del libro e infine una valu-tazione complessiva dell’opera. Si tratta pertan-to di uno strumento di semplice consultazioneche ha il pregio di cercare di promuovere unaprecoce iniziazione alla lettura, perché lettori sinasce, ma anche si diventa.

Marco Bevilacqua

FILOSOFIASTORIA DELLA SCIENZA

GIORGIO TOMASO BAGNI, Dopo “Larte delabbacho”. Trattati scientifici e manuali didatti-ci dal XV al XIX secolo nella storia della matema-tica, Treviso, Ateneo di Treviso, 1998, 8°, pp.320, ill., s.i.p.

L’autore ci presenta una storia della matema-tica da un punto di vista nuovo, sottolineando,insieme all’importanza dei manuali, il loro pos-sibile uso didattico odierno, con esemplificazio-ni persuasive. Si parte (siamo a Treviso!) con

Larte de labbacho, un testo di aritmetica praticapubblicato a Treviso nel 1478, che costituisce ilprimo manuale di questa disciplina pubblicatoda noi. Poi l’autore fa la storia delle ternepitagoriche, entrando nel merito dei rapporti frala matematica cinese e quella occidentale; rap-porti controversi e ancora oggi non ben definiti.Numerosi sono i manuali medievali, partendodal libro di Fibonacci del 1202, Liber Abaci, persoffermarsi poi sul metodo di sottrazione inpubblicazioni che vanno da quella di Clavio del1738 al testo per le scuole di Pincherle del 1920.Ciò consente di individuare non solo l’affina-mento formale che via via è stato introdotto, maanche un efficace utilizzo didattico, qui beneesemplificato.

C’è poi logica medievale, cui fa seguito losviluppo della teoria dei numeri avviata nel Sei-cento, e l’autore, dando il suo contributo all’at-tuale leopardeide, inizia commentando un branodel giovane Leopardi tratto dallo Zibaldone.Parla poi dell’impostazione assiomatica di Peano,accanto a quella intuizionistica; mentre all’alge-bra dedica un esauriente capitolo: dall’opera delbolognese Rafael Bombelli (la cui Algebra escenel 1572) al grande Euler, la cui Algebra è del1770, e dopo di lui abbiamo una vera e propriaesplosione di questa fondamentale branca mate-matica con Ruffini, Abel e Galois.

Un posto di rilievo assume Cartesio, e poi lageometria nell’Ottocento, mentre ai manuali delcalcolo differenziale è dedicato un informatocapitolo, con il contrasto Newton-Leibniz, pergiungere ai Riccati e a coloro che hanno usato lostrumento della matematica in ambiti scientificidiversi. Siamo di fronte a un’utile excursus dellastoria della matematica, in cui è pressoché assen-te una contestualizzazione storica perché l’obiet-tivo è un altro: porre in evidenza i momenti altidi questa disciplina, ossia i contributi scientificivia via raggiunti, individuando come possonofare parte di una media cultura di base attraversoun adeguato utilizzo didattico. Molto utile sial’apparato iconografico e sia le numerosebibliografie: strumenti per ulteriori letture e ap-profondimenti.

Mario Quaranta

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Anton M. Lorgna. Scienziato ed accademico delXVIII secolo tra conservazione e novità, Atti deiconvegni di Roma (28-29 marzo 1996) e diVerona (29-30 novembre 1996), Roma, Accade-mia nazionale delle scienze detta dei XL - Vero-na, Biblioteca Civica - Accademia di agricolturascienze e lettere, 1998, 8°, pp. 414, ill., sip.

Tra gli scienziati italiani del XVIII secolo unposto di rilievo occupa Anton Maria Lorgna(1735-1796) di cui gli Atti tracciano un ulterioree articolato profilo intellettuale. Noto per averefondato nel 1782 l’Accademia dei Quaranta,denominata allora “Società Italiana”, che avevacome scopo di riunire i più valenti scienziatidella penisola italiana che la geografia politicateneva divisi; un progetto di politica culturalefondato sull’autonomia dell’attività dello scien-ziato. Lorgna ha infatti voluto l’Accademia indi-pendente da ogni forma di sostegno finanziariodi provenienza statale, una scelta che ribadival’importanza della libertà di ricerca.

La fondazione dell’Accademia non fu altroche il punto alto di una linea culturale voluta dalLorgna che a fianco della ricerca privilegiaval’insegnamento e la didattica. Un esempio furappresentato dalla sua esperienza di insegnantedi matematica, prima, e di responsabile, poi, delCollegio militare di Verona.

Egli lasciò un’impronta pedagogica fondata,differentemente dai consimili istituti di allora,sull’insegnamento della matematica e quindi suun forte approccio teorico.

Tuttavia, nella ricerca scientifica, Lorgna nonmancò di affiancare alla riflessione teorica l’in-dagine sperimentale, come attestano i suoi studidi chimica e di idrostatica. Buon conoscitoredella lingua francese, nella sua biblioteca sitrovano libri di scienziati di tutta Europa; accan-to alle opere scientifiche, a documentazione del-l’orizzonte culturale del veronese, se ne trovanoanche di carattere storico-filosofico. In corri-spondenza epistolare con molti scienziati italianied europei, nel Veneto egli collaborò molto conFrancesco Griselini e con Alberto Fortis; que-st’ultimo fu entusiasta sostenitore dell’Accade-mia fondata da Lorgna e dello spirito “libero” e“repubblicano” che la caratterizzava.

Il volume contiene una preziosa rassegnabibliografica curata da Giovanni Paoloni, il qua-le è stato l’allestitore della mostra su Lorgnapresentata a Roma; quella inaugurata a Veronainvece è stata allestita dal direttore della biblio-teca civica Ennio Sandal.

Nel volume, che si avvale delle introduzioni diGian Tommaso Scarascia Mugnozza e di Vitto-rio Castagna, rispettivamente presidente dell’Ac-cademia Nazionale delle Scienze detta dei XL epresidente dell’Accademia di Agricoltura Scien-ze e Lettere di Verona, sono contenuti gli inter-venti dei seguenti studiosi: Calogero Farinella,Franco Piva, Ettore Curi, Antonio Di Meo, Fran-cesco Vecchiato, Piero Del Negro, RobertaPenso, Federico Wurmbrand, Luigi Pepe, Ales-sandra Fiocca, Maria Teresa Borgato, PaolaBianchi.

Cinzio Gibin

STORIA DELLA CHIESA

PIERANTONIO GIOS, Vita religiosa e sociale aPadova. La visita pastorale di Diotisalvi daFoligno alla parrocchie cittadine (1452-1458),Padova, Libraria Padovana editrice, 1997, 8°,pp. 159, ill., s.i.p.

La critica storiografica non ha ancora raggiun-to un’uniformità di giudizio sulla validità delladocumentazione relativa alle visite pastorali comemateriale e fonte diretta per approfondire lostudio della società e della sensibilità religiosatardo medievale. Spesso tali documenti sonoinfatti dei semplici atti burocratico-amministra-tivi che poco lasciano trasparire della concretez-za storica del mondo a cui fanno riferimento, utilipiù a trarre informazioni sull’organizzazioneperiferica del clero o su aspetti secondari dell’or-dinamento canonico che ad aprire uno squarciosulla vita religiosa di una diocesi. Sfuggono inmaniera significativa a queste perplessità i docu-menti relativi alle due visite pastorali promossenel 1452 e 1458 dal vescovo di Padova FantinoDonato e compiute, in veste di vicario generale eluogotenente vescovile, da Diotisalvi da Folignoe i cui verbali originali sono stati riportati neltesto curato da padre Pierantonio Gios.

Come nota il curatore in un breve ma interes-sante saggio introduttivo, i primi decenni del XVsecolo erano stati segnati da un profondo rinno-vamento spirituale che interessava tutta l’areaveneta e che trovava proprio nel monastero diSanta Giustina uno dei suoi più importanti centridi irradiazione. L’opera di Diotisalvi rivela cosìun interessante angolo di prospettiva per analiz-zare l’ambizioso e in parte irrealizzato progettodi riforma e di promozione culturale e spiritualeche l’autorità religiosa compì nel Veneto a caval-lo fra la prima e la seconda metà del XV secoloper attuare una vera e propria opera dievangelizzazione di una massa di fedeli il cuimodello di religiosità era molto spesso inficiatoda pratiche superstiziose e da una rilassatezza deicostumi molto distanti da un retto e coerente stilecristiano di vita. L’attenzione che il legatovescovile dimostra nei confronti della prepara-zione culturale dei parroci nelle pievi come dellacorrispondenza del popolo dei fedeli alle esigen-

ze della liturgia e della morale cristiana, offreinteressanti spunti di riflessione sulle primeavvisaglie di un processo di secolarizzazione giàin atto nella società del tempo, solo in partecontrastato da un clero non sempre preparato adaffrontare il compito a cui era stato preposto. Ladimostrazione di questa inadeguatezza si riscon-tra soprattutto leggendo i verbali della secondavisita, i cui esiti mettono in luce l’incapacità omeglio la poca volontà manifestata dal clerolocale nel mettere in atto gli indirizzi pastoraliproposti nella prima visita. Dal punto di vistaamministrativo non si sono compiuti i censimen-ti dei parrocchiani richiesti dall’autorità vescovile,né si sono aggiornati gli inventari dei beni eccle-siastici; dal punto di vista della morale cristiana,adulterio e concubinato, che erano stati denun-ciati dalla prima visita come i principali vizi dacombattere nella diocesi, si ripresentavano conla stessa estensione e frequenza. La volontà diriforma e rinnovamento spirituale esercitata dal-l’alto dall’autorità ecclesiastica si scontrava conle inerzie e le resistenze di una società apparen-temente refrattaria al cambiamento, ma in effettiattraversata da processi di trasformazione pro-fondi che sarebbero maturati e giunti a compi-mento nei secoli successivi.

Ferdinando Perissinotto

GIOVANNI AZZOLIN, Gli Scotton. Prediche batta-glie imboscate. Tre fratelli monsignori, papi,cardinali e vescovi tra liberalismo e modernismodall’Unità d’Italia al primo Novecento, prefaz.di Gabriele De Rosa, Vicenza, La Serenissima,1999, 8°, pp. 395, L. 40.000.

La letteratura sul movimento cattolico veneto,già molto vasta, si arricchisce ora con questovolume di un altro, importante “tassello”, rap-presentato dai tre fratelli Scotton di Breganze,che per oltre un cinquantennio hanno svolto uninfaticabile ruolo di difensori dell’ortodossia daposizioni ultra reazionarie, appoggiati da Papi etemuti da cardinali e vescovi.

Giacomo (Jacopo) è nato il 3 settembre 1834,Andrea il 2 marzo 1838 e Gottardo il 22 giugno1845; sono stati ordinati sacerdoti rispettiva-mente nel 1857, 1860 e 1869. “Tra il 1860 e il1863 – afferma l’autore – i tre fratelli Scottonsono già nettamente schierati sulle trincee degliintransigenti più rocciosi, guidati e consigliati”da monsignor Domenico Villa (abate di S. Mariain Colle di Bassano) e influenzati da mons.Francesco Panella. I loro primi scontri sono coni preti liberali di Bassano, e poi contro il vescovodi Vicenza Giovanni A. Farina, il quale avevaespresso, sia pure in modo vago, tendenze anti-temporaliste.

L’autore traccia in modo nitido il profilo deitre fra i dodici fratelli (due donne si feceromonache), la loro formazione culturale, metten-do in evidenza il loro radicamento nella campa-gna veneta, anche se andava evidenziato piùnettamente che la loro opposizione al sorgentesindacalismo socialista si esprime con l’esalta-zione della mezzadria elevata a paradigma di ungenerico corporativismo rurale.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

La caratteristica fondamentale che accomunai tre fratelli è la loro eccezionale attività dipredicazione svolta con un grande successo,testimoniato dalle richieste numerose che veni-vano fatte da ogni parte d’Italia per averli neiquaresimali; ci sono rimasti i numerosissimi testi(a stampa e manoscritti) di questa attività, checonsentono di individuare le radici culturali del-le loro prediche, su cui l’autore esprime questaconclusiva valutazione. “Ci sono poi i limiticaratteristici della loro predicazione che s’im-pernia e si sostiene su un metodo apologetico econtroversistico da battaglia, che esclude perprincipio le ragioni degli altri”. E più oltre: “Lostile oratorio dei tre fratelli Scotton è proprio deipredicatori del Sette-Ottocento e oscilla tra illirismo mistico e bucolico, l’invettiva catastrofi-ca savonaroliana e millenaristica e l’anedotticapopolare”. I modelli a cui si ispirano sono, oltrea De Maistre, De Bonald e il primo Lamennais,i predicatori francesi “chiamati ultramontani dellaseconda generazione e cioé Louis Veuillot equelli del gruppo dell’Univers”, e poi JeanBaptiste Massillon, famoso quaresimalista dellacorte di Luigi XIV. Comunque lo schema dellaloro predicazione e della loro posizione entro laChiesa rispetta quello elaborato dal gesuitaBarruel, secondo il quale c’è una stretta continui-tà fra illuminismo, liberalismo, massoneria, so-cialismo, tutti uniti dai tre fratelli in una inappel-labile condanna. È la base ideologica del Sillabo,il testo base dell’azione polemica che esercitanoall’interno della Chiesa contro tutti coloro che sene discostano.

Con la nascita del giornale “La Riscossa” (17agosto 1890) i tre fratelli hanno uno strumentoper esercitare questa loro azione di controllodell’ortodossia entro la Chiesa; il momento piùpropizio è rappresentato dal modernismo; dopola Pascendi essi si fanno paladini della lottaantimodernista, considerando modernisti tutticoloro che divergevano dalle loro posizioni. Èrimasta emblematica la loro crociata contro l’ar-civescovo di Milano Andrea Ferrari, che DeRosa definisce, lui, sempre così diplomatico neigiudizi, “scriteriata”. Non solo, l’autore docu-menta anche l’altra grande battaglia condottacontro il vescovo di Vicenza Ferdinando Rodolfi,che si protrae a lungo, fino a che, dopo il 1914,inizia il declino dell’iniziativa degli Scotton.

Tutta questa attività di ringhiosi censori si èdispiegata perché è stata appoggiata dal papa PioX, il quale ha utilizzato gli Scotton sia entrol’Opera dei Congressi che nell’azione repressivaantimodernista. Comunque l’autore mette inevidenza l’“atmosfera cupa e intimidatoria” chequesti ultrareazionari hanno creato entro la Chie-sa, determinata dalla loro chiusura verso qualsi-asi novità, e da una riduttiva interpretazione delnon expedit anche dopo la Rerum novarum diLeone XIII. Dall’eccezionale attivismo di questiintransigenti è sorto qualcosa di importante, chel’autore non evidenzia: l’embrione di un appara-to per un partito di massa. Si può dire che mentrein Germania, nello stesso periodo, è la socialde-mocrazia che crea l’apparato di un partito dimassa di stampo socialista, in Italia tale azione èsvolta dai clericali, i cui frutti saranno accolti dalmovimento cattolico più tardi.

Mario Quaranta

SCIENZE SOCIALI

ANNA MARIA ZANETTI, Una ferma utopia staper fiorire. Le ragazze di ieri: idee e vicende delmovimento femminista nel Veneto degli anniSettanta, pref. di Lietta Tornabuoni, Venezia,Marsilio, 1998, 8°, pp. 229, s.i.p.

Una “ferma utopia sta per fiorire”: dal beltitolo di questo libro, ripreso da un endecasillabodi Piera Oppezzo, che campeggiava a grandilettere di pennarello su una parete del “Centro diDocumentazione della Donna di Padova” nellontano 1976, il lettore ricava immediatamente ilsenso profondo del volume di Anna Maria Zanetti:offrire una rivisitazione, attraverso i documentiscritti e la memoria orale dei testimoni, delmovimento femminista nel Veneto degli anniSettanta, della sua attività, delle sue proposte, deisuoi risultati, che non sia però soltanto una ope-razione, magari seducente, di ricupero nostalgi-co del “come eravamo”.

Perché l’intenzione dell’autrice appare subitomolto più ricca e complessa. Da un lato, il librosi propone di offrire una onesta e completa docu-mentazione di un periodo cruciale per la presa dicoscienza, non solo culturale, ma anche politica,anche sociale, delle donne italiane; dall’altro, nevuole affermare con forza le conseguenze attua-li, rivendicando la necessità di una memoriastorica che permetta alle giovani donne di oggi dicomprendere che quelle libertà, che esse sentonoormai come connaturate e – si potrebbe dire –esercitano con spontaneità, sono invece il fruttodi una lunga pazienza, di un lungo operare,vigoroso e coraggioso. Infine, ci dovrà essereancora molta fermezza in questa utopia, suggeri-sce l’autrice, perché è un’utopia che ancora oggista per fiorire: la vera ricchezza della donna, lasua originalità strutturale e di pensiero, cominciaappena adesso a fiorire e fruttificare, anche sesono stati superati gli ostacoli più evidenti delcostume e delle leggi. E ancora: Anna MariaZanetti riesce a documentare con precisione,

riscavando fuori dai giornali e dai volantini del-l’epoca mille iniziative e manifestazioni, milleazioni di volontariato a difesa dei diritti femmi-nili, quanto abbia pesato sul progresso femmini-le anche legislativo degli anni Settanta l’apportodei movimenti veneti, spesso all’avanguardia,spesso così innovativi da essere imitati dal restodel paese. Di questo non c’è da stupirsi se sipensa a quali fermenti di contestazione e divelleità rivoluzionarie percorrevano il Nordestin quegli anni, come forte fosse il radicamentonel Veneto dei vari movimenti extraparlamentari,da Lotta Continua a Potere Operaio, con i qualispesso i movimenti femministi ebbero contatti,non tutti agevoli, anzi spesso per la verità conflit-tuali: è di quegli anni l’espressione, che ebbe uncerto successo, di “angelo del ciclostile” (ricor-diamo tutti la fatidica sigla c.i.p., ciclostilato inproprio, dell’epoca precedente a quella dellefotocopie), per definire l’equivalente rivoluzio-nario dell’“angelo del focolare”, cioè la ragazzache sta nell’ombra del capo, l’esecutrice devotadi ordini, priva di iniziativa personale.

E difatti, mentre per il “glorioso ’68” e per glianni successivi della contestazione al maschilefioriscono libri di ricordi e rivisitazioni, dei mo-vimenti femministi la memoria storica è moltocarente, e la documentazione pubblicata scar-sissima. Trovo quindi particolarmente impor-tante, anche da questo punto di vista, l’acqui-sizione storica che questo libro permette di fare.La messe di giornali, volantini, resoconti di riu-nioni, testi di vario genere – tutti di prima mano– qui esemplarmente raccolti e utilizzati, cheprovengono quasi tutti dal prezioso archivio delCentro di Documentazione della Donna di Pado-va, attivo dal 1975 al 1978, disegna un panoramadi estrema plausibilità e completezza della varie-gata mappa dei movimenti femministi veneti diquegli anni, non senza un elemento autobiogra-fico convincente e ben raccontato: si leggano aquesto proposito le belle pagine introduttive.

Il volume è strutturato in due parti. Nellaprima vengono esposti con ordine i temi delfemminismo, secondo l’elaborazione dei gruppiveneti, spesso molto polemici e originali, comela richiesta del salario alle casalinghe. Rivivonocosì fedelmente il clima dell’epoca, quando moltedonne scoprirono il piacere di stare insieme conun progetto, di dar libero sfogo alla propriacreatività, con tutta la carica di entusiasmo (equalche volta ovviamente le ingenuità) che loscoprire se stesse poteva offrire; e poi le polemi-che sul malcostume sanitario, sul sapere scolasti-co tradizionale e così via. L’autrice puntualmen-te segnala i nomi (alcuni ancora molto noti, altridimenticati) di quelle che agirono più attivamen-te: le autrici di proposte che nei vent’anni tra-scorsi da allora sono diventate magari volgariz-zati luoghi comuni, le protagoniste delle lotte piùaccese, le teoriche, le insegnanti, le politiche;sempre, con molta onestà, da una prospettiva dirilettura dei testi di allora e del loro contesto.Nella seconda parte compaiono in ordine crono-logico, tutti i gruppi realmente operativi: di cia-scuno viene riportata una sintetica descrizione eriprodotti alcuni documenti. Il lettore può cosìfarsi un’idea oggettiva del vario aggregarsi diquei movimenti, del rischio di spontaneismo e divelleitarismo che qualche volta essi correvano,

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

ma anche – contemporaneamente – della ric-chezza di proposte e di elaborazioni intellettualiche offrivano. Il libro ben fa vedere, poi, l’inevi-tabile suddividersi di ogni gruppo, e la duratalimitata nel tempo: ma Anna Maria Zanetti giu-stamente mette in rilievo come in questa fase,ancora pre-istituzionale e tutta basata sullo spen-dersi gratuito e volontario delle aderenti, con leloro scarse forze questi gruppi fecero con moltoanticipo quel tipo di proposte che oggi quasi ogniComune, ogni struttura istituzionale prevede efinanzia, come le Commissioni per le Pari Op-portunità, per non parlare delle nuove leggi e deinuovi ministeri.

Antonia Arslan

Immagini femminili a confronto. Manifesti efotografie tra Otto e Novecento, catalogo dellamostra (Padova, Galleria Civica, 28 febbraio - 5aprile 1999), a cura di Maria Beatrice Autizi eMirella Cisotto Nalon, Padova, Il Poligrafo, 1999,4°, pp. 190, ill., L. 45.000.

L’esposizione, organizzata dalla Commissio-ne Pari Opportunità e dall’Assessorato alla Cul-tura del Comune di Padova, ha offerto una chiavedi lettura su come sia cambiata l’identità delledonne nel corso del Novecento e su quali ruoli,quali stereotipi si siano via via imposti nellediverse epoche. I materiali provenivano dallaCollezione Salce del Museo Civico di Treviso edal Fondo Turolla dei Musei Civici di Padova,che, forte dei suoi 30.000 pezzi, è stato messo adisposizione del pubblico per la prima volta conuna notevole serie di fotografie.

Il volume ospita le riproduzioni di tutti i rariposter pubblicitari e le fotografie d’epoca raccol-ti e organizzati nel percorso storico-estetico del-la mostra, che ha preso in esame – per eviden-ziarne, polarizzandoli, i contrasti – due precisiperiodi: gli anni a cavallo tra Otto e Novecento egli ultimi due decenni di questo secolo. Il catalo-go – che, nella parte iniziale, ospita, tra gli altri,un intervento di Sabino Acquaviva (“Il rinnova-mento dei ruoli femminili”), un’intervista a GilloDorfles sul manifesto contemporaneo e un inte-ressante contributo di Eugenio Manzato (“Don-na e pubblicità: variazioni sul tema tra Otto eNovecento”) – lascia parlare le immagini, i volti,gli abiti e i corpi, che sono mutati negli anni cosìcome sono cambiati la società e il vissuto quoti-diano. Accostandosi all’argomento, occorre te-nere presente che la stragrande maggioranzadelle immagini è stata realizzata da pubblicitari,fotografi, disegnatori e registi uomini, che quindidell’immaginario femminile hanno potuto forni-re soltanto una parziale interpretazione.

La donna di fine ’800 ci appare ancora roman-tica, rassicurante, talvolta fragile, quasi sempregenerosa nelle forme (si vedano poster diimpostazione classica come “Liquore StregaAlberti” di Marcello Dudovich, del 1905, e “Espo-sizione Generale Italiana” di Enrico Gamba,1884) e ammiccante nello sguardo (esemplarel’audace affiche pubblicitaria di GiovanniCarpanetto per gli “Impermeabili G. Accon-ciamessa & C.”, 1897), ma già proiettata verso

nuovi ruoli e nuove occupazioni, verso quel-l’emancipazione che, pur tardiva, sarà inarre-stabile. Quella degli ultimi vent’anni del Nove-cento è più consapevole e grintosa, non si cimen-ta più in parti tipicamente maschili – perché nonne sono rimaste –, rivoluziona e gioca di conti-nuo con la sua immagine e, da aggressiva, sitrasforma in garante della stabilità e dei valoridella differenza sessuale, talvolta diventa auto-ironica o dissacrante come nelle fotografie diOliviero Toscani per Benetton. Ma spesso nonrinuncia alla formalità estetica della mannequin,non riuscendo ancora a trovare, nella mente enell’immaginario dei cosiddetti “creativi”, unacollocazione da “semplice” essere umano, privadi doti inarrivabili, di aggettivi e di “trabocchet-ti” visivi fondati sulla facile convenzionalità (siaestetica che filosofica) delle forme. Ma è undestino, questo, che coinvolge completamenteanche l’uomo. Eppure, le sfrontate e spericolateautiste ritratte, nel 1905, da Mario Borgoni per laFabbrica di automobili De Luca-Daimler e, nel1899, dallo stesso Dudovich (“Fiera del Santo”)sembrano paradossalmente più libere eanticonformiste di altre donne protagoniste dellapubblicità degli anni Ottanta, apparentementetrasgressive, ma, di fatto, esornativo simbolo diseduzione come nella migliore (o peggiore) tradi-zione del binomio donna-birra o donna-motori.

Marco Bevilacqua

GIANFRANCO BETTIN, Laguna Mondo. Conversa-zione con Renzo Franzin, Portogruaro (VE),Ediciclo - Nuova Dimensione, Venezia, 1997,8°, pp. 95, L. 10.000.

Il lungo dialogo tra Gianfranco Bettin e RenzoFranzin può essere letto come un viaggio nellacomplessità: la complessità di un’ambiente comequello lagunare dove l’equilibrio instabile tra imolteplici fattori ambientali e umani è stato persecoli, più che un problema irrisolvibile, unarisorsa vitale, complessità di un’esperienza di

vita che dal ribellismo giovanile, all’impegnoambientalista, alle responsabilità di governo nel-l’amministrazione comunale è stata comunquesempre segnata dall’esigenza profonda di co-struire consapevolmente una comuità vivibile,complessità di una realtà variegata, mobile, pul-sante che sfugge ad ogni tentativo banalizzantedi semplificazione e omologazione.

Se qualche tempo fa in Dove volano i Leoni.Fine secolo a Venezia, Bettin si era confrontatocon l’intreccio fra i miti e la realtà della cittàlagunare, oggi in questa conversazione allarga ildiscorso alla dimensione più ampia e articolatadi quel laboratorio metropolitano che connette inuna unità differenziata il centro culturale e stori-co di Venezia, il polo industriale di Marghera, lacittà emporio e dei servizi di Mestre, estenden-dosi poi verso l’entroterra e aprendosi alla realtàpolicentrica e profondamante interconessa delNord-Est. Il problema è, come per il testo prece-dente, l’esperienza della modernizzazione dovela memoria individuale di un ragazzo, nato in unquartiere a ridosso delle fabbriche e che giocavafra montagnole di materiale di scarico e pozzan-ghere iridescenti di rifiuti chimici, si combinacon la memoria collettiva delle lotte operaiedegli anni Sessanta, con una fetta importante distoria italiana, quella attraversata da una vorticosacrescita segnata però dal degrado, dallo sfrutta-mento selvaggio dell’ambiente, da tensioniesplosive. È in questo ambito che matura lascelta ambientalista di Bettin, una scelta chenasce, più che dall’idea romantica di difesa dellanatura, dall’esperienza della fabbrica e dallanecessità di affrontare concretamente le contrad-dizioni dello sviluppo. Il problema non è sempli-cemente quello di contrastare un processo diindustrializzazione incontrollato, che sconvolgeil precario equilibrio dell’eco-sistema lagunare,ma di offrire alternative credibili a questo model-lo di crescita, salvaguardando le esigenze dellavoro e, nello stesso tempo, ribadendo le priori-tà delle ragioni della vita. Alternative ispirate aun’idea di trasformazione complessiva che se-condo Bettin contiene e sintetizza assieme l’ideadi rivoluzione e quella di riforma. Si tratta con-cretamente, per quanto riguarda la realtà del-l’entroterra veneziano, di passare da un’indu-stria pesante, con una terribile incidenza sul-l’ambiente, a un’industria pensante, caratteriz-zata “da alta intensità tecnologica, basso impattoambientale, minima nocività per chi ci lavora,continua innovazione, stretta connessione traproduzione e ricerca, fra fabbrica e università”.In termini più generali si tratta di “agire local-mente, ma pensare globalmente”, tenendo pre-sente che il concetto di interdipendenza, a fiancoa quello di complessità, è la chiave per compren-dere la realtà del nostro tempo.

In quest’ottica si inseriscono nel dialogo traBettin e Franzin le apparenti divagazioni suiviaggi del prosindaco di Venezia a Sarajevo e nelChiapas. Il primo è il luogo della complessitànegata, violentata, l’esempio di come una ottusavolontà di identificazione, di rifiuto e paura delladifferenza possa annientare un’esperienza seco-lare di pluralismo culturale, religioso, etnico; ilsecondo è lo spazio della resistenza, ma anchedella speranza, della possibilità di una sintesiazzardata tra realismo e utopia.

Ferdinando Perissinotto

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

ERNESTO MILANESI, Fatti a pezzi. Dieci anni chesconvolsero il Nord Est. Veneto e dintorni dallepagine del Manifesto 1988-1998, present. diUmberto Curi, Padova, Il Poligrafo, 1998, 8°, pp.188, ill., L. 24.000.

Questo libro raccoglie dieci anni di corrispon-denze di Ernesto Milanesi per “Il Manifesto”.Dieci anni di impegno professionale di un gior-nalista schierato per un quotidiano “scomodo”.Fin dagli incipit, Milanesi palesa la stoffa delgrande corrispondente, attento ai segnali e aimutamenti della società civile. Citiamone alcunia titolo esemplificativo: “È stato lasciato nudo,legato ad un albero. A soli 14 anni ha già assag-giato la violenza razzista”; “Un poliziotto uccisodai banditi, autori di una rapina all’ufficio posta-le, davanti alla stazione ferroviaria”; “Morteecologica a Venezia. La laguna è impestata dallemicroalghe in decomposizione”; “Ventimilacome con il concerto di Elton John. L’Arena diVerona domenica era gremita di giovani per ilterzo meeting dei ‘Beati i costruttori di pace’”.

Tra Padova, Venezia, Verona, Treviso, Vicen-za si snoda la cronaca di questo decennio; rilettaoggi giustifica la reazione di Umberto Curi,autore della presentazione, che elogia Milanesicome un anticipatore dello sviluppo degli eventi;un autentico investigatore che vede e prevede ciòche accade in questo pezzo d’Italia, il Nord Est,oggetto di numerosissimi studi, ricerche, tavolerotonde e quant’altro, per comprendere fenome-ni che fuoriescono dai consueti apparati cate-goriali della sociologia e della politologia.

Milanesi ha scelto quale cronaca seguire, edè rimasto su quel terreno con puntiglio e conun’attenzione ai fatti davvero non comune. Diogni evento e di ogni personaggio che sono“balzati alla cronaca”, come si dice, ci forniscedati precisi, contestualizzati con sobrietà, in cuiil momento valutativo non è mai esplicito maemerge dalla struttura stessa del “pezzo”; dovel’indignazione, quando ad esempio parla delfenomeno tangentopoli (qui seguito fin dai suoisviluppi iniziali), non emerge dalle aggettivazio-ni ma è dentro i fatti, messi in relazione con lasituazione dei partiti o della società civile. Equando ci sono eventi, come l’assalto al campa-nile dei leghisti, interpella lo storico per farecapire le possibili ragioni che possono spiegarequesta singolare vicenda.

Insomma Milanesi ha intuito e capito qualedoveva essere il punto di osservazione per com-prendere il tumultuoso sviluppo del Nord Est, edalla cronaca emerge una continuità di eventianaloghi che, messi in fila, danno un quadroattendibile di ciò che è questo pezzo di Italia,quali sono i costi del suo eccezionale sviluppo.

A conclusione del libro, Daniele Pagnutti ci dàuna breve cronologia del decennio, che va lettacome una efficace preparazione alla lettura diquesta storia di un decennio, che ci fa capire cosaè effettivamente successo in questa parte d’Ita-lia, le ragioni profonde della disgregazione deipartiti tradizionali, e lascia al lettore spazio perulteriori letture, perché ciò che sta avvenendo quisi salda poi con il resto d’Italia, con questa lunga,infinita transizione la quale, se non trova unadeguato sbocco sul terreno politico, renderà piùlacerante la vita di ognuno di noi.

Marco Bevilacqua

FRANCO BUSETTO, Traversie e opportunità. Lapolitica: impegno civile e passione di una vita,present. di Mario Isnenghi, Padova, Il Poligrafo,1998, 8°, pp. 184, L. 22.000.

Franco Busetto delinea il suo percorso politi-co nel contesto dell’azione svolta dal PartitoComunista a Padova. Il periodo qui consideratova dalla Resistenza fino al 1958, anno in cuiBusetto conclude la sua opera come segretariodel Pci a Padova, iniziata nel 1951. L’autoretraccia inizialmente un quadro della Resistenza aPadova in cui un ruolo centrale avrebbe svoltoConcetto Marchesi e l’Università (una valuta-zione controversa, che le più recenti ricerchehanno ridimensionato). Ma l’aspetto più interes-sante è rappresentato dalla descrizione di perso-naggi che l’autore ha conosciuto, e che si staglia-no sullo sfondo di una situazione di radicali erapidi mutamenti. Sull’attività svolta dai comu-nisti in questo periodo viene ricordata la valuta-zione fortemente riduttiva espressa allora daAmendola, che viene contestata da coloro cheagivano a Padova e nel Veneto sulla base di datie fatti, che Busetto mette bene in fila, quasi asmentire le riserve del dirigente nazionale.

È in questo periodo che avviene l’adesione alPartito Comunista, motivata in questi termini:“Quelli della mia generazione sentivano di doversciogliere un debito di gratitudine morale e intel-lettuale verso quei compagni. Perché, a dire ilvero, noi eravamo stati fascisti, seppure moltogiovani”. E proprio questa ragione di fondo è allabase di un atteggiamento forse eccessivamentebenevolo verso quei ‘compagni’ che hanno lotta-to contro il fascismo nel corso degli anni Trenta,sono stati in carcere, ma quando si sono trovati adirigere il Partito Comunista a Padova, nel dopo-guerra, in una situazione completamente nuovache richiedeva tattiche incompatibili con lo stileclandestino precedente, si sono rivelati sostan-zialmente impreparati. È stato il caso di AmerigoClocchiatti, che nel primo dopoguerra dirigevala Federazione del Pci, spostandosi con unanutrita guardia del corpo; tutto ciò nel momentoin cui, ricorda l’autore, “si doveva costruire ilpartito nuovo per affrontare innanzitutto le ur-genti difficoltà della ripresa e della ricostruzio-ne”. Con molta onestà Busetto mette in rilievouna ‘costante’ della vita del Pci a Padova: unadiscrasia più o meno accentuata fra la lineapolitica elaborata dal gruppo dirigente (Togliatti,prima di tutti) e ciò che veniva recepito, e piùspesso frainteso, a Padova. L’autore ricorda ledifficoltà in cui si è svolta l’attività dei comunistipadovani (un paragrafo è dedicato a “Il fanati-smo anticomunista”); in particolare egli tenta unbilancio del ruolo svolto dalla Dc a Padova e nelVeneto dalla Resistenza in poi, ricordando lediverse e contrastanti valutazioni che la stessastoriografia più recente ha espresso. Dall’altraparte delinea un quadro articolato della situazio-ne sociale della città e della provincia, dei risul-tati espressi dalle elezioni della Costituente: Pa-dova è l’unica provincia del Veneto e dell’Italia,insieme a Bergamo, in cui vince la monarchia.Nel 1946 Pietro Secchia invia Giuseppe Gaddi adirigere la federazione di Padova; al di là del-l’amicizia e della gratitudine, Busetto sottolineai limiti di questo comunista che giungeva ‘da

Mosca’: ha emarginato la ‘vecchia guardia’ elimitato l’integrazione delle nuove leve di giova-ni, e ciò non per motivi caratteriali ma politici. Lostesso Togliatti al congresso della federazionepadovana del 1947 fu particolarmente duro neiconfronti di Gaddi oltre che del settarismo deicomunisti padovani. Ma dopo le elezioni del ’48e le tensioni che ne seguirono, ci fu il cambiodella guardia: Gaddi fu mandato nella segreteriadella direzione regionale e Busetto fu scelto perquella di Padova. Egli ci fornisce un puntigliosoresoconto delle lotte condotte dagli operai e daicontadini in quegli anni, dei risultati raggiuntiinsieme agli ostacoli incontrati. Un aspetto inte-ressante è costituito dalla sua attività nel Consi-glio comunale, ove avviene il confronto con lealtre forze politiche e dove più visibile è la lineapolitica dei comunisti, che proprio nel campodella cultura manifestano limiti di fondo.

Busetto individua giustamente nel Pianoregolatore di Padova presentato dall’urbanistaLuigi Piccinato un momento fondamentale dellastoria della città. Egli rivendica l’appoggio datodai consiglieri comunali del Pci; ma sembrasfuggirgli il fatto che, prima del dibattito pubbli-co in Consiglio comunale, il rettore dell’Univer-sità Guido Ferro, soprattutto per conto dellafacoltà di Medicina, aveva imposto dopo unoscontro con l’urbanista rimasto riservato l’inter-ramento (il cosiddetto tombinamento) di duecorsi d’acqua fondamentali per la storia e perl’urbanistica padovana. Il primo fu il canale deiGesuiti o di San Massimo, ai piedi dell’ospedalegiustinianeo; il secondo fu il tratto del Navigliodel ponte romano di San Lorenzo fino alle porteContarine. Ed oggi Busetto afferma con sincerafranchezza: “Commettemmo un errore quandoacconsentimmo alla proposta della Giunta dicoprire l’antico naviglio lungo l’area centrale delcentro, che costituiva una felice combinazione diverde e di acque, un pregio ambientale di Pado-va”. Un ultimo rammarico l’autore esprime aproposito del circolo “Il Pozzetto”, che egli inva-no tentò di tenere in vita malgrado le critiche e leopposizioni di molti.

Mario Quaranta

AMBIENTESCIENZE NATURALI

VINCENT BRUNOT, Laguna: fragili testimonianzed’autentica vita veneziana, traduzione di Isabel-la Bembo, Venezia, Maredicarta, 1998, 8°, pp.64, ill., L. 35.000.

Con questo volume, dedicato a tratteggiare ladimensione antropologica del mondo lagunareveneziano, inizia l’attività una nuova casa editri-ce, la “Maredicarta”, già attiva a Venezia comelibreria nautica, specializzata in pubblicazioni ecartografia sul mare. Unica del genere nel Veneto,ed in aree limitrofe, la piccola libreria-editrice sirivolge decisamente verso un target specifico,quello degli appassionati del mare, delle escur-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

sioni nautiche e della cultura locale legata all’ac-qua. A questa specificità si collega l’attivitàeditoriale, nella quale si tende a far emergerel’oculatezza delle scelte e il buon gusto dettatodalla passione e dalla competenza. Questo primovolume (che conta già un’edizione francese,acquisita dalla Gallimard) apre una collana in cuil’illustrazione fa la parte del leone, essendo pri-vilegiata all’interno di lavori fortemente divul-gativi, che intendono coniugare testi piani con ilgusto della ricerca e della interpretazione, in unaimpostazione editoriale che risente della sempli-cità dei testi rivolti all’infanzia.

Il volume si presenta come un taccuino diacquerelli e di disegni, accompagnati da qualchebreve annotazione, lavori realizzati sul posto tramaggio e luglio 1998 da un giovane, già afferma-to disegnatore e illustratore parigino. Un albumnel quale Vincent Brunot, tratteggiando con lamatita e illustrando con colorati e caldi acquerel-li, rappresenta suggestioni e scorci suggeriti dal-la visita ad ambienti e siti della Laguna di Vene-zia, mostrando luoghi e situazioni così come sisono presentati ai suoi occhi.

Oggetto della sua attenzione è la Veneziacosiddetta “minore”: non il centro Marciano, ipalazzi dell’aristocrazia e il Canal Grande, perintenderci, ma gli spazi lagunari e i segni dellepresenze umane che vi si scorgono. Il volumevuole trasmettere le sensazioni di vita quotidianacolte dall’acquerellista francese, in percorsi svi-luppati al di fuori di itinerari turistici e celebrati-vi. Quasi tutte le illustrazioni della raccolta sonoimperniate sull’acqua, sia per i profili che daquesta emergono (le varie, diverse isole, il litora-le, i casoni, le chiese) e per gli squarci paesaggisticiche offre (valli da pesca, vallesine, “ghebi”), siaper la variegata composizione che l’ambientelagunare offre se visto da terra (le suggestionilagunari con i colori delle vele, il giallo-verdedelle barene, i colori della Giudecca vista dalcampanile di San Giorgio, rappresentato in co-pertina).

Molte le barche illustrate, sin dall’arrivo aVenezia dal Ponte della Libertà, e poi nellaperegrinazione condotta lungo un percorso cir-colare, dal nord delle valli lagunari verso Chioggiaa sud, dall’est del litorale del Lido e di Pellestrinaall’ovest delle barene e dei casoni verso la terra-ferma. Costituisce dunque una testimonianzaviva del rapporto tra le acque e le terre, così comesi articola in questo particolare ambiente veneto.

Pur essendo pressoché inesistenti le rappre-sentazioni di figure umane, le illustrazioni necolgono i segni della presenza. Il trait d’union ècostituito dalle diverse tipologie e modelli dibarca (da trasporto, da svago o da lavoro, finoalle imponenti e moderne navi), dalle attività chesi svolgono in laguna, e soprattutto dai segnidella presenza delle popolazioni che vivono inlaguna: i casoni di pescatori, le bilance per lapesca, la sistemazione delle valli. Pur nellaimpostazione paesaggistica, le illustrazioni diBrunot testimoniano dunque un approccio antro-pologico alle tematiche lagunari, una attenzionealla vita “autentica” (come recita il sottotitolo delvolume) e ci invitano ad addentrarci in questomondo, a viverlo, a mantenerlo vivibile, preser-vandolo dai pericoli di distruzione.

Pier Giorgio Tiozzo

PROVINCIA DI PADOVA - ASSESSORATO ALLA CULTU-RA, Alla scoperta del museo diffuso. Percorsididattici nel territorio padovano, Padova, IlPoligrafo, 1998, 4°, pp. 256, ill., s.i.p.

Si tratta di un volume sulla didattica dei beniculturali e ambientali del territorio padovano.Notoriamente l’Italia palesa, rispetto agli altripaesi, dei ritardi gravissimi in materia di salva-guardia, conservazione e valorizzazione del pa-trimonio artistico e naturalistico. Ritardi cheseguitano a non colmarsi anche e soprattutto perle carenze del nostro sistema educativo e scola-stico, che non ha mai affrontato seriamente unospecifico programma di sensibilizzazione cultu-rale su questi argomenti. In questo senso, il libroin questione si rivolge a insegnanti e studenti,proponendosi di fungere – come indica AndreaColasio nella presentazione – da supporto e sti-molo per la conoscenza e la riscoperta del patri-monio territoriale provinciale, definito come unvero e proprio “eco-museo” diffuso.

I percorsi didattici, che costituiscono una det-tagliata mappa dei luoghi “notevoli” del territo-rio patavino, sono suddivisi in sei sezioni: “Trastoria e archeologia”, “Castelli e giardini stori-ci”, “I luoghi del monachesimo: corti, abbazie,monasteri”, “Incontro all’astronomia”, “Sentierie percorsi naturalistici”, “Mito, storia, ambien-te”. Ogni sezione è corredata da questionari diverifica, diversificati per scuole elementari, me-die e superiori. Inoltre, dove previsto dalla mate-ria, il volume contiene una bibliografia didatticagenerale e delle sintetiche schede di osservazio-ne che possono coinvolgere gli studenti in unapiù specifica e approfondita ricerca sul temaprescelto.

Tra i luoghi storici e naturali descritti trovia-mo i castelli di San Zeno e del Catajo, i giardinidelle ville Contarini e Barbarigo, l’Abbazia diSanta Maria di Praglia, la Corte Benedettina diCorrezzola, la Torre della Specola, i fiumiBacchiglione e Brenta, il Museo di Cava Bomba,l’oasi del Bosco di Rubano, Valle Millecampi, leTerme di Montegrotto e la Casa delle Farfalle diAbano. Ogni scheda informativa è provvista difotografie, disegni, mappe e schemi che aiutano

a visualizzare le caratteristiche essenziali delluogo o del monumento. Il volume, frutto di unprogetto editoriale dell’Assessorato alla Culturadella Provincia di Padova, è stato realizzato conla collaborazione di esperti di associazioni cultu-rali e archeologiche.

Marco Bevilacqua

Il Sile, a cura di Aldino Bondesan, GiovanniCaniato, Francesco, Vallerani, Michele Zanetti,Verona, Cierre, 1998, 8°, pp. 357, ill., L. 96.000.

In coedizione con la Provincia di Treviso, conil supporto dell’Ufficio Unesco di Venezia e conil patrocinio del Ministero per i Beni culturali eambientali e del Dipartimento di geografia del-l’Università di Padova, la Cierre pubblica unosplendido volume dedicato al Sile, primo di unacollana sui fiumi e sul loro ambiente naturale edumano. Rispetto al Piave (argomento del prossi-mo titolo della collana), il Sile gode di una famapiù lieve e domestica: limpido fiume di risorgiva,navigato per secoli da colorate imbarcazioni, lastoria gli ha risparmiato il sangue e la gloria delsuo illustre vicino.

Eppure sono molti i motivi di interesse delSile, corso d’acqua che sgorga improvviso lonta-no dalle valli alpine, nel cuore della pianuraveneta, raggiungendo l’Adriatico con felice len-tezza. Sulla sua strada si è costruita una cittàunica, Treviso (la cui vicenda urbanistica, in-trecciata a una complessa idrografia, è ripercorsain un capitolo del libro), si è allineata una schieradi mulini, sono scesi i barconi delle merci perapprodare a Venezia attraverso la laguna. Oggimolti aspetti del mondo rivierasco del Sile sisono dissolti, i vecchi “burci” si sono fermati aimargini della corrente, con gli scafi invasi dalcanneto; ma l’istituzione del Parco regionale fasperare in un recupero di attenzione.

I testi del volume, accompagnati da una riccaiconografia che spazia dalle mappe d’epoca allefotografie aeree, conducono il lettore alla sco-perta della geografia e del paesaggio di questofiume silenzioso («Silis, qui silet», secondoun’etimologia dubbia ma sempre suggestiva),

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

delle civiltà che si sono sviluppate sulle suesponde, delle attività economiche tradizionali,delle bonifiche, degli artisti che hanno cercatonel Sile il segreto, come scrisse Giovanni Co-misso, di una “ingenua e viva freschezza”.

Giuseppe Sandrini

GIOVANNI BATTISTA TOZZATO, Pescatori e bar-caroli sul Sile nel ’300. Documenti, Treviso,Castello d’Amore - Mogliano Veneto (TV),Arcari, 1998, 8°, pp. 95, ill., s.i.p.

Da un punto di vista microstorico l’autore diquesta interessante pubblicazione ha inteso farluce su aspetti di vita economica e sociale lungole rive del Sile nel corso del Trecento. Ne è uscitoun quadro di storia dal quale si evince la com-plessità ma anche il delicato equilibrio che era afondamento dell’antropizzazione di un ambientecome quello del fiume trevigiano.

Il Sile era una via d’acqua privilegiata per iltrasporto del legname e importante via di scam-bio commerciale. Così rilevante era la sua fun-zione da spingere gli estensori degli statuti delcomune di Treviso ad inserire norme apposita-mente destinate a regolare giuridicamente l’eco-nomia che ruotava attorno al fiume. Norme che,per certi aspetti, spiccano per la loro attualità:periodi di proibizioni, salvaguardia ittica ecc.

Dopo essersi soffermato sulle lotte che siaccesero tra il vescovo di Treviso e i conti diCollalto per il privilegio esclusivo della pesca,che comportava lucrosi introiti sulle licenze, l’autoredescrive la vita dei barcaroli a partire dalle nume-rose tipologie dei mezzi di trasporto che solcavanole acque del fiume. Interessanti le pagine nellequali viene descritta la vita quotidiana, i riti, leabitudini, i costumi degli abitatori dal Sile.

L’autore chiude con suggestivi riferimenti atestamenti medievali di barcaroli e pescatori:documenti che ci restituiscono il volto umano diquesti uomini o delle loro famiglie.

Michele Simonetto

La montagna oltre il Duemila. Una sfida perl’Europa, a cura di Maurizio Busatta, Belluno,Fondazione Montagna e Europa “ArnaldoColleselli”, 1998, 8°, pp. 246, s.i.p.

Che la montagna costituisca uno spazio fisicoe antropico specificamente definito e che la rela-tiva comunità locale nel momento presente siafortemente attratta dalle seduzioni di una ram-pante modernità e al tempo stesso avverta ildovere di conservare il proprio patrimonio ditradizione, è la prima osservazione che sorgespontanea in chi stia sfogliando l’ultimo libroedito dalla Fondazione Montagna e Europa“Arnaldo Colleselli” di Belluno. Già nell’inte-stazione – Montagna oltre il Duemila, sottotitolataUna sfida per l’Europa – e nell’immagine dicopertina – una aguzza dolomite trafitta da unalama d’acciaio – si avverte questa tensione versoun futuro progettuale, tuttavia nel radicamento di

un’identità gelosamente custodita. E in effetti,quando nell’introduzione del curatore MaurizioBusatta si afferma senza incertezze che “negliobiettivi di convergenza e di coesione ricercatidall’Unione Europea è individuabile lo scenarioprospettico entro cui situare la zona alpina”, siammette implicitamente che proprio le Alpi,tradizionale confine tra genti, stati e culture, cioèsito di margine (limes) e di separazione, mutandocompletamente il loro significato politico e terri-toriale, divengono nel continente pacificato unluogo centrale e di integrazione.

Scorrendo le pagine della storia si potrebbeanche osservare che proprio sulle acropoli mon-tane delle comunità ladine e reto-romanze si puòtrovare ancora qualche relitto antropologico diquella idea universale e unificante dell’interoOccidente, che è stata travolta dalla formazionedegli stati nazionali. Avendo attinto alle diverseculture e alle distinte civiltà, peraltro ancoraindividuabili nell’arco alpino orientale (angulusItaliae), Arnaldo Coleselli era consapevole che ildestino europeo delle Alpi non era in contraddi-zione con l’autonomia che le comunità localivolevano formalmente riconosciuta. GianfrancoOrsini con una commossa testimonianza ricordail pensiero e l’attività del collega parlamentare.

Ma al di là degli aspetti celebrativi, la pubbli-cazione mostra la sua utilità soprattutto in alcunisaggi scientifici: quello giuridico di Gian Candi-do De Martin, quello sociologico di AntonioScaglia, quello naturalistico di Cesare Lasen,quello demografico di Gino Zornitta, per farequalche citazione tra le molte possibili, oltre cheattraverso una suggestiva riflessione di FelicianoBenvenuti, uno dei teorici del regionalismo. Diparticolare utilità, perché difficilmente reperibi-li, i documenti e le risoluzioni del Parlamentoeuropeo, che in appendice accompagnano i testiassieme ad una recente lettera del Commissarioeuropeo per l’Agricoltura e lo sviluppo ruraleFranz Fischler. Dal complesso dei contributi edelle ricerche, che si spera la Fondazione vogliaproseguire, producendo con cadenza periodicaulteriori volumi di indagine e di documentazionesulla realtà montana, non emerge solo l’impegnodi una società, un tempo di contadini/emigrantied ora di esperti costruttori di un’economiainnovativa e complessa, ma anche il particolarerapporto uomo/ambiente, che converrà appro-fondire e penetrare più accuratamente, perché inesso sta forse la chiave interpretativa dell’identi-tà storica e della specificità culturale.

La montagna in generale e le Alpi dolomitichein particolare, sono uno spazio forte, ove lanatura indica perentoriamente le modalità in-sediative e suggerisce insieme le “regole” del-l’abitare il territorio. La comunità che lo vive e lopresidia è quella stessa che ne assicura la difesae la manutenzione, realizzando al contempo con-dizioni economiche ed insediative idonee per ilsuo sviluppo civile. È in questo contesto unico eal tempo stesso universale che si può ritrovare ilsenso e(ste)tico della natura, che impone la con-figurazione formale, indica la vocazione del sitoe sollecita la creatività della comunità. Le Alpidivengono in tale prospettiva un laboratorio in-dispensabile per la nuova Europa e la zona diunificazione delle sue diversità.

Franco Posocco

LINGUA - TRADIZIONI

LUIGI DIVARI, Il topo: “...dei battelli chioggiottidetti anche toppi...”, Venezia, Maredicarta, 1998,pp. 64, ill., 8°, L. 35.000.

Noto per i suoi lavori sulle barche lagunari,frutto di una viva passione per le imbarcazionitradizionali minori, il veneziano Lugi Divaripropone un accattivante volume dedicato al‘topo’, una barca adibita prevalentemente ai tra-sporti lagunari, il cui termine è utilizzato per unalarga varietà di tipologie, come sinonimo dibattello.

La ricerca di Divari è centrata sulle caratteri-stiche ed sugli usi del ‘topo’ tradizionale (prece-dente alla motorizzazione), una imbarcazioneutilizzata ormai solo da appassionati (si contanoa Venezia ancora solo poco più di una trentina dibarche con la “vela al terzo”) e che costituiva labarca più semplice e diffusa non solo nei traspor-ti, ma anche nella pesca e nelle più varie attivitàlagunari e litoranee. Questa varietà di utilizza-zione e tipologie è tipica dell’area lagunare me-ridionale, per cui nel complemento del titoloviene specificato “battelli chioggiotti” ripren-dendo una definizione d’epoca e focalizzando ilruolo centrale di Chioggia nelle tradizioni popo-lari e lagunari minori, la sua caratterizzazionecome centro della pesca e delle modeste attivitàcommerciali nella laguna e lungo le coste.

Partendo dalla situazione attuale il discorsoviene sviluppato in forma di brevi schede contesti e immagini sui diversi aspetti del “topo”.Divari delinea la presenza dell’imbarcazione inambito lagunare e lungo tutta la costa dell’AltoAdriatico, sia italiana che dalmata (facendo rife-rimento alla documentazione presente, in so-stanza fine Ottocento e prima metà del Novecen-to) e ne evidenzia gli utilizzi nell’ambito dellapesca: in mare e nelle campagne delle sarde:come “portolata”, cioè come barca per trasportodel pesce dalla zona di pesca (dove rimanevanole compagnie di bragozzi) al mercato più vicino;nei “mistiereti” (cioè delle attività di piccolapesca in laguna e lungo le coste); nella pesca astrascico.

Analizza quindi gli aspetti di costruzione dellabarca e delle varie attrezzature di armamento,dalle vele “al terzo” al timone, agli alberi, remi eforcole, per concludere con riferimenti a partico-lari attività, come il servizio di trasporto daChioggia a Venezia, e l’uso da parte degli orto-lani di Sottomarina. Il testo è completato da unglossario dei termini usati nelle attività di bordo.

Il discorso viene sviluppato in modo piano, esoprattutto sulla base di una forte adesione alladocumentazione disponibile e all’esperienza di-retta di “topante”. Le parole scritte si affiancanoe si integrano fortemente con le illustrazioni,numerosi acquerelli e disegni realizzati con varietecniche, a colori e in bianco e nero. Si tratta di“disegni documentativi”, sempre tratti da riferi-menti iconografici, creativi in quanto illustranocon semplicità e chiarezza di particolari ciò chenelle fotografie storiche si perde nella composi-zione più complessiva, ma che a questa rimango-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

no fortemente ancorati e suffragati. Per questiaspetti il volume segna una nuova sensibilità edespressività dell’autore, e agevola la conoscenzadi un mondo vario e complesso, delle vestigia diuna cultura marinara che rischia di essereirrimediabilmente perduta.

Pier Giorgio Tiozzo

La casa e le tradizioni popolari, a cura di ManlioCortelazzo, Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°,pp.462, ill., L. 90.000.

Economia (oikos casa) nel suo etimo origina-rio, in luogo del significato riduttivo assunto inetà moderna, valeva per cura della casa, definivatutti gli accorgimenti affidati alla cura femmini-le, per prepararla ad accogliere l’ospite. E pro-prio con la descrizione della casa rurale, “comeluogo affettivo, economico, sociale della fami-glia patriarcale” prende l’avvio il lungo raccon-to, che attraverso densi capitoli restituisce allamemoria tradizioni che per secoli hanno accom-pagnato la vita, nella fatica e nella festa, delpopolo delle campagne venete e che le rapidetrasformazioni di questo scorcio di secolo hannodistanziato dalla nostra percezione.

F. Rizzi descrive la casa nei suoi elementistrutturali, nella tipologia, nelle varianti locali,per soffermarsi poi sull’arredo e gli utensili diuso quotidiano con i quali si doveva provvederea tutte le necessità della famiglia. Un capitolomolto interessante è dedicato da E. Borsatto alcibo: accanto alla descrizione dei modi di confe-zionare le pietanza viene dedicata una particola-re attenzione alle fasi che accompagnano il ritocollettivo della cottura del pane e delle polente;segue una ampia sezione dedicata all’orto-giar-dino e al frutteto, la cui cura scandisce, in rappor-to al tempo naturale delle stagioni, i ritmi deltempo sociale, ritualizzato a sua volta dal tempoliturgico.

La vita rurale è sempre stata caratterizzata dauno stretto rapporto di dipendenza reciproca congli animali, e quindi una importante sezionenarra di gatti, cani, polli, conigli, oche, anatre,faraone, si sofferma con minuzia sul maiale(màs-cio, porsèlo, porsèo, porthèl) e sull’alleva-mento del baco e delle api. La vicinanza con glianimali, è vicinanza fisica, che porta fina a cova-re le uova dei bachi nel tepore del letto (coàre iuvi tra el lèto de péna e de scartòsi) ma pureaffettiva e lo denunciano chiaramente i nomisuggestivi che il dialetto è in grado di escogitareper indicare le minute variazione che accompa-gnano le trasformazioni del baco.

La seconda parte del testo segue con compe-tenza antropologica ed etnografica la condizioneumana nelle fondamentali tappe della vita, (L.Cocco), nella cura ed igiene della persona e delleerbe per curare uomini e animali (F. Zampiva)nella moda popolare quotidiana e festiva (M.Ceretta). Ampie sezioni sono dedicate al tempodella festa, della fiera, della sagra, del filò e allaconfigurazione del tempo sociale che questeoccasioni contribuiscono a fissare, rafforzandoun profondo senso di appartenenza alla colletti-vità (C. Battaglin Ignazzi, G. Dellai).

L’ultima parte del poderoso volume è occupa-ta da un glossario etimologico essenziale pergustare il sapore, la densità e il realismo delleespressioni e dei modi di dire dialettali, ampia-mente utilizzati nel testo, e da una altrettantosuggestiva documentazione fotografica che ren-de concreta e viva ogni manifestazione dellacultura popolare raccontata nei vari capitoli.

Fiorino Collizzolli

Grafia Veneta Unitaria, manuale a cura dellaGiunta regionale del Veneto, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Battaglia Terme (PD), LaGaliverna, 1995, pp. 59, 8°, s.i.p.

Il volume propone un quadro di norma-lizzazione del modo di scrivere in veneto, avvia-to sulle indicazioni emerse dalle proposte dilegge in merito allo “Studio e valorizzazionedella lingua veneta” poste in discussione nelConsiglio regionale che aveva rinviato alla Giuntadel Veneto l’intervento in materia. L’ipotesi erastata raccolta con interesse dall’allora assessoreEttore Beggiato, autore anche di una breve pre-sentazione al volume, nella quale viene fatta lacronistoria dei passaggi istituzionali che hannoportato alla pubblicazione.

Il “manuale” è stato redatto da una commis-sione nominata dalla Regione, coordinata daManlio Cortelazzo e composta da esponenti condiversi interessi verso il dialetto, la ricerca espres-sa dal mondo universitario, la pubblicistica e ilmondo editoriale, la “militanza” rappresentatada esponenti dell’associazionismo culturale edella scrittura dialettale.

L’approccio individuato è stato quello di esse-re il più rispondente possibile alle pronunceattuali e alle consuetudini grafiche dell’italiano,optando per soluzioni pragmatiche in grado diaccogliere la varietà espressiva regionale e con-sentendo, dove possibile, l’uso di segni alterna-tivi legati a convenzioni in uso.

Motivati e integrati dagli apparati di riferi-mento, il volume presenta “l’alfabeto grafico”contenente tutti i segni individuati, corredati

ciascuno da esempi e commento. È evidentel’importanza di una scrittura che si presenti informa unitaria, in grado di essere chiaramente esemplicemente comprensibile ai non veneti, edunificante per le diverse tradizioni della nostraregione. Così come era stato per precedenti pro-poste (ricordiamo in particolare quella di L.Canepari e Manlio Cortelazzo, Trascrizione pra-tica dei dialetti veneti, in Introduzione a ricercheetnografiche nel Veneto, Vicenza, AccademiaOlimpica, 1981), la proposta di una grafia scien-tifica dialettale non pare sia stata accolta consufficiente attenzione dai cultori del dialetto,quali la moltitudine di autori di poesie che popo-lano la miriade di concorsi promossi nel Veneto,ma riveste comunque un ruolo importante neilavori di riflessione sulla lingua, o che intendonoavviare attività didattiche sugli usi linguistici delVeneto. Pur non mancando aspetti da chiarireulteriormente e aggiustamenti da fare, il lavororappresenta un riferimento significativo nel per-corso che dovrà condurre all’insegnamento dellalingua (o, come si preferisce, dei dialetti veneti)e alla riflessione critica su di essa.

Pier Giorgio Tiozzo

RICCARDO VIANELLO, Toponomastica a Burano,Venezia, Comune di Venezia - Centro Produzio-ne Multimediale, 1999, 8°, pp. 138, s.i.p.

Sulle orme di Giuseppe Tassini, autore nel1863 del volume (da allora più volte ristampato)Curiosità veneziane, nel quale spiegò i signifi-cati riferiti soprattutto ai secoli dogali di Venezia“nascosti” dietro ai toponimi della città d’acqua.Toponimi che apparvero per la prima volta suimuri, in modo organico, all’inizio dell’Ottocen-to. Possiamo considerarlo addirittura un “picco-lo Tassini” il libro di cui si sta parlando, fruttodella certosina puntigliosa appasionata ricercad’archivio di Riccardo Vianello. Mai prima d’orasi era sconfinati per una simile indagine dalperimetro del cosiddetto centro storico.

È da un quindicennio che Vianello si dedica aquotidiane ricerche toponomastiche nei vari ar-chivi parrocchiali e pubblici, cui ha dedicatovarie opere a cominciare da Sacca Fisola, storiae toponomastica. Aveva già scritto cinque annifa, all’interno del volume Storia di Burano uscitoa cura di Mario De Biasi, una ricerca sui Cogno-mi e soprannomi di Burano nella toponomastica.Una autorità, quindi, in materia. Esploratore,come indirettamente lo definisce De Biasi, diquei territori lagunari che il Tassini ignorò. Èinfatti chiarificante la “spiegazione” ch’egli dàdella realtà di Burano nei secoli nel suo testointroduttivo, solida premessa che consente diinoltralci nella consultazione dei toponimi elen-cati in ovvio ordine alfabetico che forma il corpusdel volume.

E vi troviamo, scritti in corsivo, pure i toponiminel tempo soppressi o sostituiti con altri, munitid’ampie spiegazioni poi ulteriormente sorretteda note, quindi suddivisi in più elenchi, a partiredai toponimi di cui Burano poteva fregiarsi nel1661. Fino a quelli del 1998. Pagine intercalateda piantine e fotografie d’epoca.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Opera meritoria anche per il Comune di Vene-zia che l’ha voluta insieme al Consiglio di Quar-tiere isolano. Per inciso aggiungiamo come l’in-teresse per la materia da parte di RiccardoViannello sia lungi dall’essere esaurita. Conti-nua ora con la Toponamastica a Pallestrina eSan Pietro in Volta tra Settecento e Ottocento, ilcui primo risultato forma un articolo pubblicatosulla Rivista di Studi e ricerche «Chioggia»,n. 14 dell’aprile 1999.

Piero Zanotto

Proverbi e stagioni, Testi significativi del primoconcorso nazionale “Il sale della vita” (Venezia- ottobre 1996), Vicenza, Rezzara, 1997, 8°, pp.126, L. 18.000.

Dopo l’ampio successo e i numerosi riscontripositivi seguiti al Convegno internazionale“La ricerca nelle Università della terza età:autorealizzazione, partecipazione e creatività”,svoltosi nel 1995 a Venezia, il Coordinamentodei Centri Sociali e dei Gruppi Anziani di Vene-zia e la Federuni hanno bandito un concorsoindirizzato ai corsisti delle Università della Ter-za Età. Scopo iniziale di questo interessanteprogetto era dare continuità al discorso con-gressuale tramite l’attività concreta delle Uni-versità della Terza Età. La principale innovazio-ne, forse, poteva essere rintracciata proprio nellafascia interessata dal bando concorsuale: non –come di solito accade – bambini e ragazzi, stu-denti delle scuole o delle università, né tantome-no appassionati di poesia o narrativa desiderosidi mettere alla prova le proprie abilità, ma icorsisti anziani impegnati in ricerche sul tema “Ilsale della vita”.

Gli elaborati raccontano dunque il dipanarsidella vita agricola (mai uguale a se stessa, sem-pre diversa pur nella sua ripetitività) nel succe-dersi dei giorni, delle stagioni e degli anni, attra-verso i proverbi – che costituiscono, appunto, la“saggezza” e “il sale” dei popoli.

Pertanto, il volume – articolato in due sezioni:una dedicata a racconti e testimonianze della vitacontadina e l’altra al confronto fra le diversetradizioni – diventa non solo tributo e riconosci-mento all’impegno dei corsisti, ma soprattuttorappresenta uno strumento preziosissimo per lamemoria collettiva. Condividiamo infatti l’opi-nione che – oltre alle tradizioni – non debbaandare smarrito defintivamente (e senza possibi-lità di recupero) quel patrimonio inestimabilelegato alla tradizionale trasmissione orale, affin-ché – come ricorda Gianna Marcato nel saggiointroduttivo – “...non perda del tutto la sua fun-zione di memoria storica, perché in essa, chi nonha conosciuto partecipando, possa leggere ilsenso di una cultura importante per la sua caricadi condivisione e di profonda appartenenza cheha condensato”.

Susanna Falchero

ARTE

TIZIANA FRANCO, Michele Giambono e il monu-mento a Cortesia da Serego, present. di Alessan-dro Bettagno, Padova, il Poligrafo, 1998, 8°, pp.256, ill., L. 47.000.

La ricostruzione del fitto tessuto costituitodall’attività artistica nel Veneto, nei primi de-cenni del Quattrocento, estesa fin oltre la metàdel secolo, riceve, grazie al presente lavoro diTiziana Franco, un prezioso contributo. Grazie auna più nitida definizione dell’identità storica diMichele Giambono, in alcuni episodi che lovidero protagonista, prendono contorni precisiaspetti in precedenza sottratti ad un organicodisegno. Mentre Venezia era al vertice della suapotenza e le città della terraferma potevano offri-re ricche occasioni, richiamando artisti di scuolelontane, si andavano preparando le condizionidel declino della fortuna dei maestri legati allafertile tradizione tardogotica. Nelle opere diMichele Giambono potevano ancora risplenderele forme preziose dell’immaginario di una civiltàal tramonto. Appare ora possibile una spregiudi-cata stima della sua personalità artistica, “dinotevole respiro, di fantasia libera e vitale”,sottratta all’ombra proiettata a ritroso dagli esitiaperti con le opere padovane di Donatello eMantegna. Le molte attese nutrite da GiuseppeFiocco, Luigi Colletti, Roberto Longhi, EdoardoArslan, Sergio Bettini, Rodolfo Pallucchini eLicisco Magagnato, da tutti coloro che intrapre-sero gli studi nei primi decenni del Novecento,possono ora trovare una precisa riformulazione.Contemporaneamente vengono aperti ulterioriindirizzi di studio e, se pure su un registro diver-so, appare l’opportunità di porre in adeguatovalore aspetti del patrimonio culturale della so-cietà veneta, fino a questo momento rimasti inuna riduttiva penombra.

Il volume, pubblicato nell’ambito della Colla-na di Studi dell’Ateneo Veneto, propone al letto-re un percorso articolato e complesso. L’autriceci introduce con sicurezza, permettendoci didisegnare un orizzonte storico vivace, teso acomprendere la fertile attività degli artisti legatial terreno sociale dell’aristocrazia veneta del

Quattrocento, capace di esprimere una altolocatae ambiziosa committenza. Il titolo del libro con-tribuisce a limitare le aspettative del lettore al-l’esame di un’opera singola, e ciò rende piùefficace il piacere di veder aperti esiti ben piùampi e articolati. La strategia dell’autrice, diproporre un profilo limitato per meglio suggerireprogressive estensioni, traspare nella scelta discandire il volume in due parti: la prima dedicataal Monumento Serego e la seconda destinata achiarire molti momenti dell’attività di Giambonolungo un itenerario che ha in Venezia, Padova eVerona i propri poli. La complessa e ordinatamateria, emersa dalle indagini rivolte al monu-mento veronese, diviene quindi efficace stru-mento per illuminare più complessivamente l’at-tività del maestro veneziano, definendone il ca-talogo, attraverso la verifica delle proposteattributive.

L’esame del Monumento equestre al capitanodell’esercito scaligero Cortesia da Serego, che,nel presbiterio della chiesa di Sant’Anastasia aVerona, affianca l’altare maggiore, è introdotto,in primo luogo, dall’indagine relativa alla suaorigine. Le scelte della committenza sono in-scritte nella cultura, diffusa nei centri veneti e asua volta ben radicata nelle corti europee, chemirava a celebrarsi in quanto aristocrazia, affer-mando le proprie virtù cavalleresche. Le rifles-sioni proposte suscitano l’auspicio di una rico-gnizione specifica, estesa all’insieme compositodei monumenti equestri precedenti all’operadonatelliana realizzata a Padova. Progressiva-mente lo sguardo della studiosa si accentra sul-l’autore e quindi sulle forme dell’opera, focalizzale complesse soluzioni nelle quali ritroviamocongiunti elementi plastici – ascritti a Pietro diNicolò Lamberti – e pittorici, questi ultimi rico-nosciuti, grazie alla ricerca documentale e al-l’analisi diretta, a Giambono.

La sicura quanto problematica attribuzioneveronese, elusa dalla precedente monografia diNorman Land, diviene per Tiziana Franco unostrumento efficace e persuasivo per ridisegnarel’intero catalogo del maestro veneziano. Serraticonfronti, sostenuti da una rigorosa ricerca docu-mentale, permettono di seguire un percorso con-vincente quanto non rettilineo. A un primo motoa ritroso, agli anni della formazione veneziana,attorno al perduto ciclo di pitture per la Sala delMaggior Consiglio in Palazzo Ducale che videroprotagonisti Gentile da Fabriano e Pisanello, nelprimo lustro del secondo decennio, segue unnuovo avanzamento che permette di seguire ilcostituirsi di una personalità artistica definitaentro un quadro ricco quanto oggi frammentario.L’itinerario, segnato dalle precise attribuzioni,conduce all’altro snodo cruciale della presenzadi Giambono, Pictor Santi Marci, nella decora-zione musiva della Cappella dei Mascoli, dellaquale vengono proposte fondate soluzioni at-tributive. Le conclusioni offerte, pur senza unaartificiosa sopravvalutazione delle capacità delmaestro di recepire positivamente gli stimoliprovenienti dalle esperienze padovane, introdu-cono alcune ipotesi capaci di cogliere in tutta lasua drammaticità la svolta avvenuta in quel tornodi tempo.

Il testo nasce da esigenze scientifiche cheguidano ogni momento del lavoro, ma ad esse la

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

studiosa sa coniugare felicemente, sottraendosiad ogni possibile facile concessione riduttiva,una prosa capace di incoraggiare nella letturaanche chi vi si avvicini con strumenti criticimeno sofisticati. I metodi della ricerca appaionosingolarmente compatibili con le potenzialitàdivulgative.

Guido Galesso Nadir

La lunetta di Andrea Mantegna al Santo. Arte ecultura, Atti del Seminario di studio in occasionedel restauro della lunetta del Mantegna (Padova,Basilica del Santo, 22 maggio 1998), numero mo-nografico della rivista “Il Santo”, s. II, XXXVIII,fasc. 3, sett.-dic. 1998, Padova, Centro Studi An-toniani, 1998, 8°, pp. 523, ill., s.i.p.

Il volume raccoglie gli Atti del Seminario distudio (22 maggio 1998), organizzato dal CentroStudi Antoniani in occasione del restauro dellalunetta del Mantegna alla basilica di Sant’Antoniodi Padova. La lunetta di Andrea Mantegna, unodei pochi esempi di pittura a fresco del maestrorimasti a Padova, dopo la distruzione della cap-pella Ovetari, fu staccata nel 1923-24 dal portaledella basilica del Santo e collocata su un nuovosupporto, ma nel 1935 fu definitivamente rimos-sa per sottrarla alle intemperie ed esposta almuseo Antoniano.

Fu dipinta da Mantegna nel 1452, come dicel’iscrizione sull’architrave, in 13 giornate di la-voro, direttamente sul muro, senza cioè ricorrereal trasferimento di un disegno preparatorio.Raffıgura i Santi Antonio e Bernardino che so-stengono una raggera dorata a 12 raggi, circon-data da una scritta inserita in una ghirlanda, cheha al centro il monogramma di Cristo in ramecesellato e dorato. Le due figure sono rappresen-tate con rilievo scultoreo e prospettiva frontaledal punto di vista ribassato dell’osservatore nelsagrato del Santo. Il monogramma, in raffinatelettere gotiche, mostra i caratteri stilistici del-l’orefice Nicolò detto “del Papa”.

Nei cinque secoli di esposizione all’aperto lalunetta subì alterazioni e danni soprattutto nellaparte pittorica che presenta ampie lacune, comeil volto, il braccio e la gamba di S. Antonio e lagamba e il piede di San Bernardino che vennerocompletamente rifatti, non si sa quando. Nume-rosi nei secoli furono gli interventi di restauro,l’ultimo dei quali nel 1997-98, quando fu sosti-tuito il supporto e consolidata la pittura, rimuo-vendo altresì i ritocchi e le ridipinture recenti,lasciando però le parti insostituibili, come ilvolto di sant’Antonio.

La seconda figura della lunetta, ben conserva-ta e nitidamente leggibile, è S. Bernardino daSiena, assai venerato a Padova dove aveva sog-giornato e predicato l’anno prima di morire nel1443. Suo è il simbolo del sole raggiante, d’oroin campo azzurro, intorno al monogramma diCristo; sua la scelta delle parole della scrittaall’interno della ghirlanda: “In nomine Jesu omnegenu flectatur, celestium, terrestrium et in-fernorum”, tratta dalle Lettere di San Paolo.

Ai piedi dei due Santi sono raffigurati conrealistica evidenza i libri, attributo comune, il

giglio candido per S. Antonio e una verde sferasu un vaso per S. Bernardino.

Queste e molte altre considerazioni, specie inrapporto alle contemporanee pitture di Mantegnanella cappella Ovetari, le perdute Storie di SanGiacomo, sono contenute nei due saggi iniziali diGianluigi Colalucci, Il restauro della lunetta diAndrea Mantegna raffigurante i santi Antonio eBernardino adoranti il monogramma “IHS” e diAlberta De Nicolò Salmazo, L’affresco di An-drea Mantegna al Santo: un incontro di “mae-stosa gravità”. L’articolo successivo di Giovan-na Baldissin Molli, Problemi iconografici delsan Bernardino di Andrea Mantegna, sottolineacome proprio a Padova nel quaresimale del 1423si precisò il tipo di predicazione concreta, dram-matica, legata al quotidiano di questo campionedella fede, ben degno di essere raffigurato insie-me a Sant’Antonio. Intorno alla metà del secoloXV il culto di San Bernardino raggiunse il suoapice a Padova dove fu elaborato il tipico ritrattodi profilo del Santo predicatore che poi si imposein tutta l’Italia settentrionale. Quanto all’insolitoattributo di una sfera verde su un vaso cilindrico,già definito come pianta, si tratta molto probabil-mente di un recipiente per aromi usato nellepestilenze, flagello contro il quale San Bernardinoera invocato.

Giordana Mariani Canova nell’intervento In-flussi mantegneschi nella miniatura padovanadel Quattrocento coglie e sottolinea elementidella cultura e del linguaggio di Mantegna e diDonatello in incunaboli e manoscritti di artisticome Giovanni Vendramin padovano, Girolamoda Cremona e il “Maestro dei putti” veneziano.

Il saggio di Donato Gallo, San Bernardino daSiena a Padova: predicazione, devozione civicae culto traccia un quadro della presenza del Santonella città dove suscitò una grande eco di pietàcon due predicazioni nel 1423 e 1443. Una delleprime espressioni del diffondersi del suo culto fuappunto la lunetta del Santo dipinta dal Mantegnasu commissione dell’Arca del Santo.

Fabrizio Magani analizza poi La “fortuna” diAndrea Mantegna a Padova tra Settecento eOttocento, quando studiosi, collezionisti e mer-canti avviarono un movimento di ricupero del-l’arte “primitiva” del Tre e Quattrocento. Uno

dei più attivi in questo campo fu Giovanni deLazara, appassionato estimatore di AndreaMantegna, conoscitore d’arte ed esperto colle-zionista di stampe.

Anna Maria Spiazzi riferisce su Il restauro deiframmenti del ciclo di affreschi della CappellaOvetari agli Eremitani, inviati a Roma dopo ilbombardamento del 1944 che in gran parte risul-tarono non identificabili e dopo un’attenta operadi manutenzione vennero ordinati, numerati eposti in casse omogenee. Dopo il restauro imateriali furono fotografati e le loro immaginitrasferite in CD-ROM. Si è così avviato il progettodi ricomposizione virtuale, mediante il compu-ter, ma le possibilità di riuscita sono però limitateperché i frammenti riguardano solo il 20% dellasuperficie dipinta.

Il volume comprende anche le ricerche: diMaria De Lourdes Sirgado Ganho, Sant’Antonionei Sermoni di P. Antonio Vieira S.J. (1608-1697); di Stefano Di Orsio, Rassegna e rilievicritici a proposito di una nuova storia dei FratiMinori Conventuali; di Gian Luigi Bruzzone,Cinque lettere inedite di Girolamo Pallantieri,Junior, OFMConv.

Marilia Ciampi Righetti

ANNA LAURA LEPSCHY, Davanti a Tintoretto. Unastoria del gusto attraverso i secoli, prefaz. diCarlo Ginzburg, Venezia, Marsilio, 1998, 8°, pp.353, ill., L. 42.000.

La scelta di Anna Laura Lepschy di sottoporreall’indagine la fortuna di Jacopo Tintoretto, dalCinquecento ad oggi, è particolarmente motivatae opportuna. La ricezione avuta dalle opere delmaestro nei secoli ha dato luogo, infatti, a reazio-ni singolarmente contrastanti, in particolare daparte degli storici dell’arte, come Carlo Ginzburgnota nella prefazione. Ciò per altro è avvenuto inpresenza della perdurante popolarità del mae-stro, sia presso il largo pubblico, sia fra i letteratie i filosofi. L’opera di Tintoretto è stata oggettodi valutazioni, anche recenti, in esplicito contra-sto fra loro, fino a giungere, condensate, in unarecente pellicola di Woody Allen, dove il prota-gonista è indotto a condividere un incondiziona-to apprezzamento del ciclo di S. Rocco, pur ri-conoscendo la propria totale incomprensionedelle qualità dei teleri. A fronte delle illustriadesioni possiamo facilmente trovare stroncaturealtrettanto radicali, portate con energia tale daporre molti quesiti sulle ragioni profonde che leoriginavano. D’altronde il testo suggerisce nellettore l’ipotesi di considerarlo portatore di ulte-riori valenze, che investono anche l’immaginestessa di Venezia, spesso coinvolta immediata-mente nei giudizi: “Quando Venezia non eserci-ta alcuna attrattiva, anche le tele di Tintorettoperdono ogni fascino”.

L’autrice ha condotto la sua ricerca rivolgen-dosi precipuamente proprio alle opinioni dei nonprofessionisti, mentre si è limitata a rievocarebrevemente nell’introduzione le più note presedi posizione degli storici dell’arte. Opportunaanche in considerazione di ciò la bibliografiacronologica inclusa nel volume. La scelta del-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

l’autrice permette di assumere come preliminarepiattaforma di osservazione l’insieme delle con-siderazioni più competenti, espresse dagli storicidell’arte e tutte poste a valle delle riserve alimen-tate da Giorgio Vasari nei confronti di Tintoretto.Furono queste a dare inizio ad un confronto nelquale l’appartenenza, dei fautori e dei detrattori,alla cultura tosco-romana o veneta esercitò co-stante pregiudizio. Fra le prerogative del maestroriemerge, indipendentemente dagli orientamentidelle stime, la difficoltà di collocarlo nelle cate-gorie storiche più consolidate: posto in una posi-zione anfibia fra Manierismo e Barocco, nontrova nei teorici dell’uno e dell’altro una consi-derazione organica.

Il lettore è posto nella condizione di apprezza-re compiutamente la singolarità del pittore, maicompletamente dimenticato, neppure da colorodichiaratisi dichiaratamente avversi, come di-mostra la quantità di riproduzioni diffusa nellecollezioni europee. È forse solo nel Settecento,nell’età dell’accademia, che la sua figura attra-versa una più profonda eclissi. Tuttavia anche sulfinire del Seicento gli fu riconosciuto un ruoloprivilegiato, assieme ad altri protagonisti dellascuola veneziana, nell’ambito della polemicache opponeva i sostenitori del colore ai fautoridel disegno. Anche in quell’occasione la feconditàe facilità d’esecuzione, motivi altrimenti consi-derati negativi, furono addotti per accreditarnel’eccellenza. L’incomprensione del valore diTintoretto appare progressivamente il fattorecomune ai critici di parte classicista, anche se diestrazione veneziana: coloro che riconoscevanonei maestri del Centro Italia i propri modellifurono incapaci di comprendere l’opera di Jacopoe di collocarne la singolarità nell’ordine delleproprie concezioni.

Comprensibile e conseguente appare la radi-cale rivalutazione, avvenuta nel corso dell’Otto-cento, da parte in primo luogo di coloro cheseppero apprezzarne i caratteri in precedenzaspregiati sebbene riconosciuti. Accanto agliestimatori di parte veneta, in particolare di PietroSelvatico, sono posti opportunamente in lucedall’autrice le distinte eppure convergenti valu-tazioni di John Ruskin e Hippolyte Taine.Tintoretto sembra tuttavia, pur guardato conocchio favorevole, paradossalmente, di difficilecomprensione anche nelle nuove categorie. En-trambi gli estimatori assunsero una posizioneambigua, in quanto, a fronte di considerazioni

riduttive o marginali esposte nell’ambito deldisegno teorico complessivo, si pronunciaronocon incondizionata stima di fronte alle opere. Ilriconoscimento dell’eccellenza della pittura delmaestro sembra incrinare le convinzioni altri-menti consolidate. L’entusiasmo portò l’inglese,per altro, ad avvicinare Tintoretto ai protagonistidella cultura di ogni tempo, a coloro che sepperoesprimere “la più elevata potenza intellettualedell’uomo”. La forza dell’esperienza visiva di-retta delle opere veneziane portò anche il france-se, pure di estrazione culturale lontana da quelladi Ruskin, a forzare le gerarchie conseguenti allapropria formulazione teorica. La loro distanzanon gli impedì di riconoscere come fattori com-plementari, essenziali dell’arte di Tintoretto, ilnaturale e il sovrannaturale. Taine, inoltre, avviòun’esplicita, quanto determinata, revisione delleriflessioni di parte avversa, a partire dalle in-comprensioni di Vasari, sottoposto, a sua volta,ad una radicale riprovazione.

Oltrepassata la svolta ottocentesca la figura diJacopo Robusti si avvia ad assumere la conside-razione contemporanea. Accanto alle nuove per-plessità, formulate da Roberto Longhi, emergo-no le considerazioni degli scrittori e dei filosofi.Essi vanno a costituire un frastagliato e congruoquadro del gusto contemporaneo, che riserva allettore suggestioni di ulteriori confronti, mentresi afferma, nell’alveo della cultura, con rinnova-ta vitalità, la controversa presenza attuale dellapittura di Tintoretto, estesa oltre lo specificoorizzonte artistico.

Guido Galesso Nadir

Venezia da Stato a mito, catalogo della mostra(Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore, 30agosto - 30 novembre 1997), a cura di Alessan-dro Bettagno, Venezia, Marsilio, 1997, 8°, pp.442, ill., s.i.p.

In occasione del bicentenario della cadutadella Repubblica di Venezia è stata organizzatadalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, gra-zie al contributo della Regione Veneto, l’esposi-zione intitolata “Venezia da Stato a Mito”, tenu-tasi dal 30 agosto al 30 novembre 1997 pressol’isola di San Giorgio Maggiore, di cui il presen-te volume costituisce il catalogo. Le ragioni ditale iniziativa, spiegate nelle Presentazioni da

Giancarlo Galan, presidente della Giunta Regio-nale del Veneto, e dal compianto Feliciano Ben-venuti, allora Presidente della Fondazione Gior-gio Cini, sono da ricercare nel profondo signifi-cato che ebbe la caduta della Repubblica, fattoche, se da un lato pose fine alla secolare storia diVenezia come Stato, dall’altro diede inizio allasua mitizzazione, tuttora ben presente.

Proprio partendo dalla constatazione dell’esi-stenza di questi due distinti periodi, la mostra èstata suddivisa in due filoni, l’uno riguardante lastoria di Venezia nei secoli del suo splendore, dalCinquecento al Settecento, l’altro invece tenden-te ad illustrare l’evolversi di Venezia in mito,alimentato soprattutto dalle parole di scrittori epoeti.

I numerosi saggi che precedono il catalogodelle opere esposte analizzano in modo puntualeed esaustivo i molteplici aspetti insiti in questaduplicità della vita di Venezia: dopo un sinteticoma efficace excursus sui contenuti e sul signifi-cato della mostra realizzato da Alessandro Bet-tagno, si va dalle pagine legate agli anni gloriosidel Cinquecento veneziano e alla volontà didominare la scena politica, sociale e artistica delgoverno lagunare (si vedano gli interventi diEugenio Turri su “Una cartografia per ammini-strare e per glorificare” e di Lionello Puppi su“Dal mito allo Stato. Nota sull’illustrazione pit-torica di una tarda integrazione dell’agiografiamarciana”) a quelle dedicate invece al periodosuccessivo alla caduta di Venezia. È qui forseche si trovano le maggiori novità, in quanto isaggi pubblicati vanno a toccare argomenti menonoti e dunque meno studiati, quali il significato ele forti influenze dell’arte veneziana sulla pitturainglese, americana e soprattutto francese del-l’Ottocento e del Novecento a riprova della tena-cia con la quale Venezia come mito ha continua-to a sopravvivere.

La seconda parte del volume è dedicata alleschede delle opere presenti alla Fondazione Cinidurante l’esposizione, che rappresentano in modochiaro quanto le manifestazioni artistiche dellediverse epoche possano ben illustrare la secolarestoria e il successivo mito di Venezia

Anna Pietropolli

ALESSANDRO PARRONCHI, Donatello. Saggi e studi1962-1997, Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°, pp.186, ill., s.i.p.

Il volume raccoglie una serie nutrita di saggi ,maturati in quarant’anni di lavoro sull’opera diDonatello. L’itinerario di ricerca che l’Autoredispiega è esemplare per la profondità dellalettura formale, la chiarezza pacata della scrittu-ra, la ricca documentazione. L’interesse e l’at-tualità sorprendente della ricerca muovono dauna considerazione iniziale: la valutazione del-l’opera di Donatello è un problema ancora aper-to, mentre il valore delle opere sicuramente attri-buitegli è, da più di 600 anni, al di sopra deigiudizi della critica. Lo scultore infatti non hamai suscitato “quel fenomeno di cristallizzazio-ne che ha fatto delle sculture di Michelangelo deifeticci che si ammirano senza guardarli e si

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

guardano senza vederli. Donatello non ha scolpi-to figure più grandi del vero per l’eternità, halavorato per tutti quanti vivevano intorno a luialla precisa misura di ognuno. Su intenzione eper incarico di Cosimo il Vecchio ha alterato lastoria innalzando a un mediocre condottiero laprima statua equestre in bronzo dopo l’antichità[...] Ma cosa leghi tra loro opere tanto diverse, e,se vogliamo ridurre le domande al minimo, qualsia il centro che le collega, è una domanda allaquale ci si sente impossibilitati a dare una rispo-sta. La sua opera è una grande costellazione diimmagini le più disparate, ma cos’è che puòmettere in relazione la calma olimpica dell’Evan-gelista Giovanni per la facciata del Duomo e ladura, incresciosa scontentezza del Battista diSiena, la sensuosa e impudente bellezza di quelloche vorrà chiamare il Mercurio-David e la grintadel Geremia? È questa disparità di vedute che hadisorientato la critica; la quale si è sentita talvoltaobbligata a togliergli opere sue perché sembra-vano allontanarsi da un suo carattere impostosicome fondamentale”.

I due saggi di apertura della raccolta ripresen-tano un problema già dibattuto dalla critica inoccasione del centenario donatelliano, nel 1986:quello dell’esordio dello scultore, sulla sogliadella cui attività stanno alcuni documenti del-l’Opera del Duomo riguardanti il pagamento perla lavorazione di due figure per la porta dellaMandorla e l’intervento per le tribune dello stes-so Duomo. Si profila fin da queste prime opere iltema della prospettiva nella scultura , che sarà tragli interessi centrali dello scultore: Donatelloassimila immediatamente le nuove regole pro-spettiche ed utilizza gli artifici della pittura neirilievi, veri e propri quadri scolpiti, utilizzandolo strumento dello stiacciato. Si vedano il rilievodi San Giorgio che libera la Principessa daldrago, a Firenze; il Banchetto di Erode, a Siena;i Tondi con le Storie di San Giovanni nellaSagrestia Vecchia; i rilievi dell’altare del Santo,a Padova. Particolarmente interessante è il rap-porto con Masaccio, inizialmente piuttosto ge-nerico e distaccato, poi intenso e indissolubile,tanto da identificarsi in una vera e propria comu-nione di credo artistico, in un vero e propriosodalizio. Sono numerose ed affascinanti le at-tribuzioni discusse: il Crocifisso ligneo di SantaCroce; il Davidino e il San Giovannino; il tondomarmoreo raffigurante Dio Padre ed interpretatocome chiave di volta della cupola brunelleschianaa Firenze; il Lavabo marmoreo collocato sullaparete della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo; laTomba Catrik in Santa Croce; il Battista dei Fraria Venezia. In altri casi l’A. interviene a corregge-re antichi errori di lettura: il famoso David dibronzo rappresenta in realtà Mercurio e di que-st’ultimo possiede tutti gli attibuti: pètaso in-ghirlandato di foglie, figura nuda con i solicalzari, atteggiamento tutt’altro che guerriero,corona d’alloro ai piedi ecc. Altrove è la correttacollocazione originaria ad impegnare lo studio-so: il cosiddetto Amore-Athis del Bargello altronon era in origine che un estroso reggifestone perla Cantoria del Duomo. Una prova cruciale delpercorso critico di Parronchi, già pubblicata laprima volta nel 1963, riguarda la ricostruzionedell’altare del Santo, a Padova. Il tentativo è statofatto almeno una decina di volte dalla critica e

non vi è dubbio che si sia giunti ormai ad unanotevole approssimazione. Lo studioso traccia lelinee guida delle varie ipotesi di ricostruzione,basandosi essenzialmente sulle esemplificazionigrafiche, e isolando in esse i dati che si possonoconsiderare positivi. La ricostruzione con cui siconfronta direttamente è quella praticamente at-tuata, vale a dire quella del Boito, del 1895, e perla quale ipotizza significativi aggiustamenti.

La trattazione di ciascun tema prende il via dalpunto di arrivo ultimo dell’intero corpo dellacritica donatelliana; da lì, Parronchi ci accompa-gna al cospetto dell’opera di un artista che crede-vamo di conoscere, ma del quale restava finora inombra la grande modernità. Più vicini al nostrogusto sono gli aspetti nuovi scoperti nel natu-ralismo integrale, esemplato nei nudi, primi del-la storia dell’arte moderna; nella rilettura diDavid-Mercurio; nella identificazione del SanSebastiano ligneo, di Bologna, che si credevaperduto; infine, nella convincente ricostruzionedell’Altare del Santo di Padova. A queste impor-tanti acquisizioni critiche si aggiungono duenuove proposte per il catalogo dell’artista: unacreta, un ritratto di vecchia, e un piccolo crocifis-so bronzeo di grande qualità formale.

L’apparato bibliografico, documentario e il-lustrativo che accompagna ciascuna tappa delpercorso critico dello studioso impreziosisce ilvolume e gli assegna una collocazione di spiccotra i più importanti studi donatelliani.

Lina Ossi

La porpora. Realtà e immaginario di un coloresimbolico, Atti del Convegno di studio (Venezia,25-25 ottobre 1996), a cura di Oddone Longo,Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere edArti, 1998, 8°, pp. 479, ill., s.i.p.

Nel 1833 il chimico vicentino BartolomeoBizio riscopriva la tecnica inventata dai Feniciper estrarre dai murici, dei molluschi marini, lasostanza capace di generare uno dei colori sim-bolici, il pigmento della porpora, che aveva pro-

fondamente segnato il mondo antico, scompar-so assieme all’impero di Bisanzio. A quasi duesecoli di distanza il convegno dedicato alla por-pora – svoltosi a Venezia nell’ottobre del 1996,del quale ora sono stati pubblicati gli atti – harappresentato il momento conclusivo di un pro-cesso di restituzione al suo valore di uno deisimboli più profondi e radicati del mondo antico,ma ancora oggi penetrato nel nostro immagina-rio. L’insieme, comprendente la mostra realizza-ta nell’autunno del 1996, della quale qui è ripro-dotto il catalogo curato da Doretta Davanzo Poli,si è potuto compiere grazie all’impegno conver-gente di numerosi studiosi, provenienti da ambitidisciplinari diversi. La ricerca ha coinvolto chi-mici, fisici, zoologi, archeologi, filologi, storicidell’arte e della letteratura, portatori di compe-tenze e metodi disciplinari distinti, complemen-tari e convergenti nel medesimo oggetto, perandare a formare un mosaico che ricostruisce ilsontuoso “statuto della porpora“.

La storia del prezioso colore estratto dalla vitadel mare si intrecciò alla storia degli imperi edelle chiese, ebbe aspetti politici, economici,religiosi, ed è innanzi tutto storia di una millenariacultura estesa dal bacino mediterraneo, sia versoil Vicino Oriente, sia verso l’Europa continenta-le, coinvolgendo popolazioni diverse, abbacinatedal fascino del colore sacro, del sangue e delpotere, fino a divenirne aspetto caratterizzante.La sua archeologia si delinea nel saggio di EnricoAcquaro, esteso alle civiltà antiche, ai Fenici e aiGreci, ai centri di produzione del colore diffusilungo le coste del Mediterraneo e oltre le colonned’Ercole. D’altronde il colore, identificato congamme estese dal rosso al viola, seppe trascende-re i limiti ristretti propri della sua consistenzasensibile, per assumere connotazioni diverse eanche contraddittorie, altrettanto varie quanto letonalità cromatiche e le differenti sostanze chepermisero di surrogarlo, in numero tale da consi-gliare di declinarne il nome al plurale.

Le porpore incorporano e trascinano con sé ilcolore del cerchio del sole disteso sopra il vastomare all’aurora e al tramonto, quando congiun-gono la luce e le tenebre. Evocano il sangue, linfavitale, quando scorre nelle vene, e morte, quandofugge dal corpo. Forse già in questa congiunzio-ne ossimorica risiede la potenza simbolica delcolore. Illuminano questo aspetto soprattutto icontributi di Luca Severini, dedicato alla presen-za della porpora nella letteratura greca, e diOddone Longo che protende l’indagine fino aShakespeare. Accanto al richiamo ricorrente alsangue, emerge il costante nesso intrattenuto delcolore con le forme del potere e l’immagine dellostatus, espresso nel carattere suntuale della por-pora. Tuttavia i rapporti fra il sangue, il potere eil colore appaiono non meno controversi, sempreportatori di suggestioni contraddittorie, sia nelcontesto della cultura greca e romana, sia inquella giudaico cristiana. Fu soprattutto nel rea-lizzarsi della passione di Cristo che giunsero aaddensarsi esplicitamente le opposte valenze dellaporpora, evocata dal colore del sangue versato edel mantello irrisoriamente calato sulle spalledella vittima. La connessione realizzata in Cristoritorna poi nella storia degli imperatori romanidopo Costantino, come in quella della chiesacristiana, per contraddistinguerne l’eccellenza

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

delle gerarchie, l’appartenenza ai livelli massimidi nobiltà fondata sul martirio, con il relativoflusso di sangue, e contemporaneamente sul-l’ostentazione del lusso. Ostentazione di magni-ficenza così cara alla corte di Bisanzio e a tutticoloro che guardarono ad essa come modello disacralità e autorità, avvalorato dalla presuntaidentificazione con la più antica aristocraziaimperiale.

Apparentemente estranei alla rete semantica,continuamente arricchita nella cultura occiden-tale, come nei tessuti imperiali nei quali dallaporpora affiorano filamenti d’oro, appaiono glialtrettanto suggestivi richiami al pigmentopurpureo che Boghos Levon Zekiyan ritrova neimiti delle origini della cultura armena, nellaletteratura e nella lingua, ma riconducibili allecromie naturali. Le tracce di continui richiami alcolore ricavati dai molluschi mediterranei èmostrata da Giovanni Lorenzoni nelle operevenete medioevali realizzate in porphyrites lithos,nel marmo di porpora. Questo saggio ha il pregiodi presentare episodi di scultura e architetturaveneziani – in particolare nell’area marciana,dove l’uso del porfido discende dalla stessa ra-gione simbolica dei modelli bizantini – e con-temporaneamente di introdurre un’ulteriore pos-sibile area di ricerca. Il frequente accostamentodel porfido rosso a quello verde – tinta che nelcorso del Medioevo assunse un’intensa valenzasimbolica, in special modo alla corte di FedericoII di Svevia – allarga l’interesse all’associazionedella porpora con altri colori.

La percezione di trovarsi di fronte ad unaricerca ancora foriera di ulteriori filoni è suscita-ta anche dai saggi relativi alla presenza dellaporpora nei manoscritti miniati. Nell’Introdu-zione ai codici purpurei, di Italo Furlan, e nelseguente contributo di Giordana Mariani Canova,dedicato alla produzione rinascimentale e all’at-tività di Bartolomeo Sanvito. In particolare que-st’ultimo permette di constatare come “nell’uma-nesimo veneto la pergamena purpurea si trovausata non tanto per i libri, sacri e profani, desti-nati alla secreta lettura e alla meditazione indivi-duale dei più aristocratici umanisti”. Un fenome-no non diffuso, ma significativo, che pone ilproblema di verificare il rapporto fra i codici tintiantichi e i manufatti moderni, provenienti dallaraffinata cultura padovana, “grande madre dilibri” e polo di irradiazione negli anni centrali delQuattrocento, come testimoniato dai richiamialle forme di Donatello, di Mantegna e dei Bel-lini, presenti nei manoscritti esaminati.

Guido Galesso Nadir

Lo statuario pubblico della Serenissima. Duesecoli di collezionismo di antichità 1596-1797,catalogo della mostra (Venezia, Biblioteca Na-zionale Marciana, 6 settembre - 2 novembre1997), a cura di Irene Favaretto e GiovannaLuisa Ravagnan, Cittadella (PD), Biblos, 1997,4°, pp. 326, ill., L. 50.000.

Questo volume costituisce il catalogo dellabella mostra allestita nel corso del 1997 nell’an-tisala della Biblioteca Marciana, che ha ricostrui-

to proprio in quella che fu la sua sede originariadue pareti dello Statuario pubblico di Venezia,grazie anche ai disegni eseguiti nel Settecento daAnton Maria Zanetti il Giovane. Questa colle-zione, partendo dal suo nucleo cinquecentesco, èandata poi a formare l’attuale Museo Archeolo-gico Nazionale di Venezia.

Nate per volere di Domenico e Giovanni Gri-mani, che, con le loro donazioni a favore dellaSerenissima, a partire dal 1523 diedero vita alloStatuario, le collezioni di antichità, ospitate negliambienti appositamente progettati e studiati daVincenzo Scamozzi dal 1596, si arricchirono nelcorso del XVII e XVIII secolo, divenendo nonsolo campo di intervento per restauratori e copisti,ma anche una fonte continua di ispirazione peruna folta schiera di artisti che trovava nelle saledello Statuario un fertile luogo di modelli.

Dopo la caduta della Repubblica il destino diqueste raccolte fu purtroppo segnato: spostatedalla loro sede materiale e trasferite in PalazzoDucale, esse vennero in seguito smembrate, finoall’attuale ordinamento del Museo Archeologi-co, realizzato da Carlo Anti tra il 1923 e il 1926,che ha completamente annullato il significatocollezionistico di queste opere per la Repubblicadi San Marco nell’arida consequenzialità del-l’evoluzione stilistica e delle scuole.

I vari saggi presenti nel volume – suddiviso intre parti – ripercorrono nella prima sezione levicende storiche relative alle collezioni delloStatuario dalla loro nascita fino allo smembra-mento ottocentesco e alla successiva nascita delMuseo Archeologico, con significativi interven-ti relativi all’architettura scamozziana e al pre-zioso apporto dato da queste collezioni a nume-rosi artisti veneziani. La seconda parte è intera-mente dedicata a problemi relativi ai singolipezzi che costituivano lo Statuario: sculture ro-mane, copie, bronzetti antichi e “all’antica”,numismatica e glittica. La terza parte, infine,raccoglie le schede del materiale esposto.

Il libro viene chiuso da un’appendice dovesono riportati alcuni brani tratti dalle impressioniche numerosi viaggiatori stranieri presenti aVenezia dal XVI al XVIII secolo colsero sulloStatuario.

Anna Pietropolli

Antichità Sacre di Chioggia del Medio Evo rac-colte ed illustrate da D. Giannagostino Gradeni-go monaco casinese vescovo della medesima cit-tà e di suo ordine dissegnate da Giovanni Gre-vembroch nel mese di novembre MDCCLXIII,Chioggia (VE), Edizioni Nuova Scintilla, 1996,rist. anast., 4°, pp. XI-XLIII-52, ill., s.i.p.

Si tratta dell’ultima edizione, curata da Nico eMatteo Sibour Vianello, delle Antichità diChioggia, il Codice attraverso il quale, a metà delXVIII secolo, l’allora vescovo di Chioggia Gian-nagostino Gradenigo, evidenziatosi tra l’altrodurante il suo episcopato in quanto “costituì unpunto di riferimento culturale notevole, aprendoil suo episcopio a un’accademia letteraria, occu-pandosi di storia locale, scrivendo una serie difascicoli di storia ecclesiastica”, ha probabil-mente “inteso far ritrovare alla città la propriaidentità”, commissionando al Grevembrochl’illustrazione delle locali opere sacre di etàmedievale.

Nella nuova veste tipografica il Codice, “cheviene finalmente presentato in modo degno allavisione dei chioggiotti e degli amanti dell’arte”,riproduce, al settantacinque per cento delle lorodimensioni originali e a colori, le quarantre tavo-le di disegni realizzate da Giovanni Grevembroch,e le “Illustrazioni”, descrizioni non esenti da

commenti di ordine estetico dei reperti rappre-sentati (urne e pietre sepolcrali, iscrizioni,sarcofagi, statue, quadri, campane, vasi, sigilli,medaglie, reliquari).

Tali “Illustrazioni”, scritte nel 1835 da mons.Girolamo Ravagnan, sono state, per scelta edito-riale, riportate nel libro copiando fedelmente daimanoscritti originali, “lasciando inalterate tuttele peculiarità di grafia, [...] non sono stati correttinemmeno gli errori di scrittura e le sviste”, edanche nella resa grafica del testo si sono sceltil’uso del corsivo ed altri accorgimenti per cerca-re “di conservare così, per quanto fattibile, allettore il sapore ed il gusto degli originali”.

Esse vengono precedute e seguite da due let-tere dello stesso Ravagnan, indirizzate la prima(datata 30 novembre 1835) al Podestà di ChioggiaFortunato Luigi Naccari, la seconda (del 26aprile 1833) al bibliotecario della Marciana Pie-tro Bettio, aventi come argomento rispettiva-mente “una spezie di ultimo mio Testamento sulcontenuto del Libro medesimo” e lo studio delpastorale di avorio rappresentato nella trenta-cinquesima tavola del Grevembroch.

Cinzia Agostini

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FABRIZIO MAGANI, Il “Panteon Veneto”, introd.Di Giuseppe Pavanello, Venezia, Istituto Vene-to di Scienze, Lettere ed Arti, 1997, 4°, pp. 239,ill., s.i.p.

Ispirato all’iniziativa promossa da AntonioCanova nel 1813 di collocare all’interno delPantheon romano i busti dei più famosi artistiitaliani, il “Panteon Veneto” nacque dalla propo-sta formulata nel 1847 – in occasione del IXCongresso degli scienziati italiani – dall’IstitutoVeneto di Scienze, Lettere ed Arti, che volevacelebrare la storia della Serenissima con l’esecu-zione di busti e medaglioni marmorei dei suoimaggiori protagonisti (non solo politici e milita-ri, ma anche poeti, artisti e letterati). L’esecuzio-ne delle opere venne affidata agli scultori più inauge del momento.

Fabrizio Magani, autore dello studio, ripercorrein questo libro le vicende legate al PanteonVeneto, iniziato nel 1847 e conclusosi nel 1931con la realizzazione del busto di Carlo Gozzi: leopere, collocate in Palazzo Ducale, vennero daqui rimosse nel 1955 (tranne gli otto ritrattidogali e il busto di Fra Mauro Camaldolese,trattenuti nel Palazzo per l’attinenza del sogget-to) e trasferiti presso il Museo di Storia Naturaledel Fondaco dei Turchi. Da qui le sculture passa-rono poi nella sede della Galleria di Arte Moder-na di Ca’ Pesaro, per giungere infine nel 1989 aPalazzo Loredan, sede dell’Istituto Veneto, gra-zie al quale furono restaurate.

Le oltre sessanta opere di questa raccolta,eseguite quasi interamente entro il XIX secolo,sono quasi tutte caratterizzate, come sottolineaanche Giuseppe Pavanello nell’Introduzione, daun forte realismo – nonostante la molteplicità diautori – a volte quasi caricaturale. Ad ogni statuae medaglione è affiancata un’iscrizione conte-nente una breve descrizione dei principali meritie caratteristiche del personaggio, nonché l’indi-cazione del committente.

Oltre ai capitoli dedicati strettamente alla sto-ria del Panteon, il volume contiene anche alcuneinteressanti pagine dedicate agli scultori che neeseguirono le opere (tra questi Pietro Bearzi,Luigi Minisini, Pietro Zandomeneghi, LuigiBorro), nelle quali Magani coglie l’occasioneper ricostruire l’orizzonte e lo stato della scultura

veneziane ottocentesca, molto più articolato einteressante di quanto in passato si potesse pen-sare. Il libro è ovviamente corredato dalle schededei busti e dei medaglioni, tutti ben riprodottidalle immagini di Luigi Baldin.

Anna Pietropolli

Se non v’è denar, l’Arcadia... è presto terminata.Simbolismo nelle monete e nelle medaglie traControriforma e secolo dei Lumi, catalogo dellamostra, Padova, Musei Civici - Trento, Lunieditrice, 1997, 4°, pp. 141, ill., L. 25.000.

Il Museo Bottacin, che ospita significativa-mente il Centro regionale per la catalogazionenumismatica del Veneto, custodisce una raccoltadi collezioni numismatiche fra le più importantidella regione. L’esposizione segue temporal-mente e idealmente analoghe iniziative volte adocumentare il patrimonio dell’istituzione dalTrecento al Cinquecento e intende divulgare laconoscenza di monete e medaglie dei due secolisuccessivi. Il catalogo e i saggi sono divisi in duesezioni, rispettivamente per monete e medaglie.Si indaga così la presenza nella monetazioneitaliana del simbolismo classico, attinto al patri-monio iconografico del mondo antico in partico-lare per il tramite delle incisioni pubblicate neicataloghi a stampa dei collezionisti, dimostran-do che “un filone classicistico non si è mai spentonel lungo cammino dell’arte incisoria italiana”(Giovanni Gorini). Ampio spazio è dato poiall’analisi del complesso rapporto tra le ragionieconomiche e quelle formali – tipologiche esimboliche – nel determinare l’aspetto dellamoneta coniata (Andrea Saccocci).

La sezione dedicata alla medaglistica si aprecon un saggio che appunta l’attenzione sullepersistenze dei temi classici anche nel repertoriodi immagini delle medaglie, analizzate in basealla ricorrenza di alcuni schemi iconografici: iltempio, le personificazioni, i simboli (ElisabettaChino). L’ultimo studio esamina la medagliacome veicolo di diffusione dell’ideologia dellaControriforma, cui fa da contrappunto la produ-zione di medaglie satiriche contro la Chiesa –benché la loro diffusione fosse maggiore pressole nazioni protestanti che non in Italia; interes-santi infine le considerazioni sulla produzioneveneziana e veneta non ufficiale di medagliereligiose e di devozione (Roberta Parise). Acorredo del catalogo dei pezzi in mostra, sonoposte alcune schede di volumi e tariffe dell’epo-ca a stampa (Marco Callegari).

Vincenza Donvito

Il decoro della Fenice: tecniche per la ricostru-zione e il restauro degli apparati decorativi, acura di Francesco Amendolagine e GiuseppeBoccanegra, Venezia, Marsilio, 1997, pp. 150,8°, ill., L. 44.000.

Con la pubblicazione del presente volumeviene messo a disposizione di un pubblico, anchenon specialista, una preziosa indagine, la cui

realizzazione si deve agli sforzi compiuti dall’equipe dell’Associazione Scientifica PalazzoCappello di Venezia, Centro Internazionale perla ricerca e il restauro degli apparati decorativibarocchi e neoclassici. Il volume offre una messedi risultati da studi e ricerche accurate che hanno“giustificato – come ben spiegano, nella lorointroduzione, i due curatori Francesco Amen-dolagine e Giuseppe Boccanegra – come unicapossibilità corretta, sotto tutti i punti di vista, laricostruzione della Fenice così come è stata de-cisa e confermata dalla commissione prefettiziache ha redatto il bando di concorso per la rinasci-ta del Teatro” dopo che l’incendio della tragicanotte del 29 gennaio del ’96, lo aveva distruttoparzialmente. “Che fare dunque di un relittoconsistente, rimasto dopo l’igneo naufragio?”.L’attenzione degli studiosi si è posata sulle cono-scenze degli scritti di Giambattista Meduna, de-coratore, e dei contemporanei e su quelle degliartigiani veneziani che hanno operato per gene-razioni all’interno del cantiere del teatro e suiManuali che, soprattutto nell’Ottocento, hannoarricchito la letteratura di settore (p. 16). Unapubblicazione non realizzata quella del Meduna,sulla ricostruzione del Teatro dopo l’incendiodel 1836, ma che “concentrò tutto il suo materia-le in una relazione destinata ai palchettisti e le cuidecorazioni, come emerso dalle indagini condot-te, furono progettate nel 1854 per partecipareall’acustica della sala palchi”. Dunque un obiet-tivo sia ambizioso sia affascinante quello, ivi,proposto dagli studiosi: “tentare di portare atermine il lavoro del Meduna”.

Nella prima parte del volume, frutto di unalunga indagine archivistica, la studiosa RobertaCuttini, accompagnando il lettore nella “grandeavventura della Fenice attraverso aggiornamentied inediti”, offre un mirabile excursus sulla sto-ria decorativa del teatro. La seconda parte, oveviene evidenziato il lungo e minuzioso lavoroche tutta l’equipe di studiosi ha dovuto sostenerenello svolgimento del progetto per la ricostruzio-ne della Fenice, raccoglie lo studio di F. Amen-dolagine, N. Brasola, A. Cescon dedicato al“percorso della memoria: un contrappunto altesto di Giambattista e Tommaso per ciò cheriguarda l’apparente magnificenza delle decora-zioni” e quello di G. Boccanegra e P. Giordanisulle tecniche decorative.

Il volume, corredato da splendide illustrazionidegli apparati decorativi della Fenice, disegnatiin scala naturale 1:1, si chiude con un utilissimoglossario sui termini di cantiere in relazione alletecniche espletate.

Sonia Celeghin

La cappella degli Scrovegni. Indagini, restauri,interventi, Atti della Giornata di studi (Padova,25 febbraio 1998), Padova, Comune, 1998, 8°,pp. 70, ill., s.i.p.

Alla luce delle polemiche nazionali ed estererelative alla corretta o meno conservazione dellacappella degli Scrovegni da parte del Comune diPadova, è stata indetta una Giornata di studi,tenutasi a Padova il 25 febbraio 1998, che haavuto come oggetto la cappella degli Scrovegni

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

e le problematiche relative alla sua conservazio-ne; il Comune di Padova ha poi promosso lapresente pubblicazione dedicata agli Atti di taleGiornata di studi. Apre il volumetto il contributointitolato Cronistoria degli interventi operatiper la salvaguardia della cappella degli Scro-vegni nella seconda metà del ’900, di SerenellaBorsella, la quale illustra poi anche il fondamen-tale problema della Raccolta e smaltimento delleacque meteoriche e di superficie prossime almonumento; problema evidenziato fin dalla se-conda metà dell’800, poiché la cappella non eramai stata dotata di un sistema per tale raccolta esmaltimento e le acque piovane allagavano loscantinato presente sotto la navata della cappellae in esso ristagnavano.

Un altro importante intervento è quello diClaudio Modena sui problemi di statica dellacappella degli Scrovegni, corredato di alcunefigure, tra cui pianta e sezioni della cappella,grafici e disegni. Altri saggi riguardano il proble-ma dell’umidità nelle murature e gli interventi diconservazione delle stesse, nonché le prove dipulitura e consolidamento degli intonaci; si ve-dano i contributi di Vasco Fassina, Edi Pezzetta,Paola Santopadre. Giuseppe Basile, dell’IstitutoCentrale del Restauro, parla poi del recente inter-vento conservativo sugli affreschi di Giotto, ef-fettuato nell’autunno del 1997, mentre riguardail microclima interno della cappella il contributodi Cesare Bonacina, Piercarlo Romagnoni, Pao-lo Baggio e Marco Mariotti.

Barbara Giaccaglia

FRANCO SAYA - GIAMPAOLO ONESTO - MAURO

VITA, Il recupero della Sacrestia Lignea dellaChiesa di San Clemente, cura editoriale dellaAzienda ULSS 12 Veneziana e della Cassa diRisparmio di Venezia, 1998, 8°, pp. 43, ill., s.i.p.

Furono i padri Camaldolesi insediatisi a SanClemente – isola della laguna veneziana situatanel Canal Morto a circa un miglio dalla città,soggetta nei secoli a molti cambiamenti di pro-prietà e giurisdizione e quindi d’uso da quando,nel 1131, vi si aprì, grazie al ricco e onoratomercante Pietro Gatileso, uno “spedale” – avolere nella seconda metà del Seicento la prezio-sa Sacrestia lignea, definita giustamente “iconadella storia di Venezia”. L’opera è frutto dellavoro di raffinati intagliatori di legno e ditagliapietra, dei quali si documentano nomi einterventi portati a buon fine a cavallo fra ilSeicento e il Settecento. Il 1° luglio del 1693viene stipulato il contratto con il “mistro Bene-detto Marchetti da Brescia, Marangon per lafabrica e la construptione de banchi et armentidella sacrestia et de banchi et spalliere avantiall’altare del Santissimo”.

Chiusa alla vita monastica dal decreto na-poleonico del 25 aprile 1810 che ordinava lasoppressione degli ordini religiosi, l’isola – giàun tempo lazzareto – nel 1855 divenne condecisione del governo austriaco sede di quelmanicomio femminile che rimase attivo fino a unpaio di decenni fa. Lasso di tempo intercorso finoad oggi che ha portato la sacrestia e l’isola al suo

abbandono, con un conseguente degrado di estre-ma gravità (muffe e tarli avevano intaccato seria-mente le finiture anche interne del legno) dacostituire un problema il tentativo di recuperointegrale del manufatto nel rispetto dei suoi pregiartistici originali. Il volume riporta, insieme avari scritti storici, come quello di AgostinoSagredo del 1829 estrapolato da Le isole dellalaguna di Venezia, la descrizione del restauronella sua capillarità a firma degli artefici delrecupero, in primis Mauro Vita.

“Abbiamo accolto con entusiasmo la sfida —scrive Mauro Vita per l’intera equipe di restaura-tori e di quanti hanno creato le condizioni perchéil restauro si rendesse possibile — consapevoli dioffrire ai cittadini, ai fedeli, agli appassionatid’arte, il frutto dei monaci Camaldolesi, restitui-to, per quanto possibile, al suo antico splendore”.Con una raccomandazione: “Al termine del re-stauro è auspicabile che questo complesso vengautilizzato per lo scopo per cui è nato; ciò implicache l’ambiente venga riscaldato, arieggiato edutilizzato. Sarà comunque utile vengano fattepulizie e periodiche incerature, al fine di aiutarela buona conservazione nel tempo”.

In chiusura di volume una doppia sequenzafotografica documenta quale era lo stato di ab-bandono e degrado della sacrestia e come essa sipresenta oggi.

Piero Zanotto

FLAVIO VIZZUTTI, Goffredo Sommavilla 1850-1944, Belluno, Istituto bellunese di ricerchesocilai e culturali, 1998, 8°, pp. 143, ill., s.i.p

L’Istituto Bellunese di Ricerche Sociali eCulturali ha curato la pubblicazione della pre-sente monografia dedicata al pittore belluneseGoffredo Sommavilla (1850-1944). Ne è l’auto-

re Flavio Vizzutti, già interessatosi alla figuradell’artista nel suo volume intitolato Breve sto-ria della pittura bellunese dal secolo XV al XIXsecolo, edito nel 1986; nel 1994, poi, un’impor-tante mostra itinerante promossa dall’Ambascia-ta e dall’Istituto Italiano di Cultura di Montevideo,allo scopo di far conoscere le opere del periodouruguayano del pittore, ha stimolato l’autore adapprofondire le ricerche d’archivio riguardo allafigura, fino ad allora non molto studiata, delSommavilla.

Goffredo Sommavilla ricevette una primaeducazione artistica dal padre Giuseppe, pittorema soprattutto scenografo; continuò lo studio deldisegno sotto la guida del paesaggista GiovanniDanieli (1824-1890) e del pittore AlessandroSeffer (1831-1905) e nel 1867 si iscrisse all’Ac-cademia di Belle Arti di Venezia, dove fu allievodi Michelangelo Grigoletti, assieme a GiacomoFavretto e a Luigi Nono. A quel tempo il mondoartistico veneziano era scosso da innovazioni ditipo veristico e da stimolanti scambi culturalidovuti ai soggiorni in laguna di artisti del gruppodei “macchiaioli” e di artisti partenopei. Nel1874 il Sommavilla si recò a Firenze, per uncorso di perfezionamento presso l’Accademia.Proprio a Firenze vinse il primo premio ad unconcorso di disegno. Nel 1882 si recò dapprimain Argentina e poi nell’Uruguay, a Montevideo;qui accettò il posto di professore di disegno nellaScuola d’Arti e Mestieri e qui morì nel 1944,davanti al suo ultimo quadro incompiuto.

La monografia, oltre al testo che ricostruiscele vicende biografiche dell’artista, presentaun’analisi stilistica accurata delle sue opere, cuifa seguito l’elenco delle fonti consultate, siamanoscritte che a stampa.

Barbara Giaccaglia

Sante Cancian (1902-1947), catalogo della mo-stra (Treviso, Museo Civico “Luigi Bailo”, 3ottobre - 8 dicembre 1998), a cura di LucaBaldin, Giovanni Bianchi, Eugenio Manzato,prefazione di Toni Toniato, Treviso, Canova,1998, 8°, pp. 141, ill., s.i.p.

Nel 1997 è stato celebrato il cinquantesimoanniversario della morte di una tra le maggioripersonalità artistiche della Marca Trevigiana delnostro secolo: Sante Cancian. La Provincia diTreviso, in collaborazione con il Comune diTreviso, ha curato l’allestimento di due diverseesposizioni: nel 1997 ha aperto le celebrazioniuna mostra dedicata alla produzione grafica diCancian, a Castello Roganzuolo, suo paese nata-le, mentre nel 1998 è stata la volta di una granderassegna antologica dell’opera del poliedricoartista, tenutasi nella Galleria d’Arte Modernadel Museo Civico di Treviso. Antologica che sisviluppava lungo diversi percorsi tematici e tem-porali, per permettere all’osservatore di coglieretutta la complessità di una produzione artisticache ha sperimentato vari linguaggi espressivi evarie soluzioni stilistiche.

Il catalogo si avvale degli interventi di Gio-vanni Bianchi, Luca Baldin ed Eugenio Manzato.Come ricorda Giovanni Bianchi, Sante Cancian

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

aveva aderito a quel movimento di pensiero deglianni trenta denominato “strapaese”, il cui scopoera quello di descrivere la semplice vita dellaprovincia; per questo nelle sue opere ritraevaesclusivamente episodi di vita quotidiana dellasua Treviso. Autodidatta, formatosi nell’ambienteartistico locale, fu aperto, però, anche alle sugge-stioni delle avanguardie, che conobbe negli anniVenti, durante i suoi viaggi di formazione aParigi e a Bruxelles. Dotato di una personalitàmolto versatile, fu caricaturista, pittore e graficopubblicitario; la caricatura fu per lui una formaespressiva privilegiata, perché gli permetteva dimostrare il lato ironico della realtà quotidiana el’ironia è la chiave di lettura per poter compren-dere tutta la sua opera. Già negli anni TrentaCancian entrò nel novero degli artisti più impor-tanti che lavoravano a Treviso e nel Veneto, trai quali Arturo Martini e Gino Rossi. In quelperiodo si allontanò dalla pittura ad olio perdedicarsi quasi esclusivamente al disegno e al-l’acquerello. Il disegno, a matita, a carboncino epoi anche a penna, gli permetteva di fermare contratti incisivi la psicologia dei soggetti ritratti,mentre con l’acquerello riusciva a rendere leatmosfere luminose della campagna o il cro-matismo di una sagra di paese.

Luca Baldin, nel suo saggio critico intitolatoL’io allo specchio, spiega l’importanza e il ruoloassunto dall’autoritratto nell’arte di SanteCancian. Egli si ritraeva spesso in mille modidiversi, con una passione per il travestimentoindubbiamente singolare, rimandandoci un’im-magine di sé sempre differente. Ecco, quindi,l’autoritratto come tentativo di autodefinizione.

Eugenio Manzato delinea, invece, il ruolo diSante Cancian come grafico pubblicitario. Neglianni venti e trenta nei centri minori, come Treviso,nei quali lo sviluppo industriale ed economicoera più lento, anche le esigenze pubblicitarieerano minori rispetto a città come Milano, Bolo-gna, Torino, dotate di case editrici con macchi-nari specifici per la stampa di manifesti di grandidimensioni. Nelle città come Treviso i commit-tenti si accontentavano di ciò che potevano offri-re le piccole tipografie del luogo, che si rivolge-vano ai pittori locali; Alberto Martini, BepiFabiano e, fin dagli anni giovanili, Sante Canciansi dedicarono anche a questa attività.

Barbara Giaccaglia

Quaderni della Donazione Eugenio da Venezia,n. 4, diretti da Virginia Baradel e Giuseppina DalCanton, Venezia, Fondazione Querina Stampalia,1998, 8°, pp. 76, ill., s.i.p.

Il Quaderno propone alcuni recenti contributialla ricerca che riguarda la storia dell’arte italia-na degli anni Venti-Quaranta, con particolareriferimento agli artisti che operarono a Venezia.

Giuseppina Dal Canton rende omaggio allafigura e all’opera di Guido Perocco, dedicandoalla preziosa ed impegnativa eredità che lo stu-dioso ci ha lasciato il saggio di apertura, intitola-to Rapporti tra i capesarini e l’Europa. Sisofferma in particolare su tre autori che testimo-niano con la loro opera la complessità delleaperture culturali e la dimensione europea deilinguaggi impiegati: Vittorio Zecchin, TeodoroWolf Ferrari, Eugenio Prati. Nel saggio intitola-to La seconda stagione di Ca’ Pesaro, Alessan-dro Del Puppo entra nel vivo delle vicende chehanno segnato l’evoluzione della ricerca artisti-ca, a partire dal ricordo colorito e vivacissimo diNino Barbantini, riguardante le fasi conclusivedell’esperienza dei primi anni : “Dopo il ’19 Ca’Pesaro cominciò dunque a declinare, non cheanni dopo, come pure anche adesso, non ci sianorivelati e non ci si collaudino giovani bravissimi,ma perché nel ’20, quando gli scartati cronici e

Flavia Scotton fornisce i dati biografici e pro-fessionali di Guido Perocco, sottolineando inparticolare il contributo dello studioso neitrent’anni di direzione del Museo di Ca’ Pesaro,e gli eventi più importanti che sono maturati perl’impegno diretto dello studioso. Ricorda chePerocco, nell’intento di potenziare le collezionidell’Ottocento già presenti nel museo, vi hatrasferito i dipinti di Ippolito Caffi, rendendonote le opere del pittore bellunese-veneziano inItalia e all’estero. Animato dallo stesso intento,nello stesso anno, ha trasferito a Ca’ Pesaro illascito Molmenti, comprendente opere di Giaco-mo Favretto, Guglielmo Ciardi, AlessandroMilesi, Luigi Nono, Ettore Tito e altri artistiveneziani della seconda metà del secolo. E moltealtre sono le oculate acquisizioni di questo stessoperiodo: il bronzo di Henry Moore, Elmetto n. 2,il Triplice gong di Calder, il Monumento agliSforza e il Ritratto di Lilian Gish di ArturoMartini. Tra le donazioni che si sono realizzatenegli anni della sua direzione, spicca su tuttequella della raccolta Lionello De Lisi, ricca diopere di artisti stranieri ed italiani, tra i quali DeChirico, Morandi, Sironi, Carrà, Casorati, Kan-dinsky, Mirò. Dei primi anni ’60 è l’acquisizionedei pastelli di Gino Rossi e della maiolicapolicroma di Leoncillo; del ’66 è la donazione diopere di Francesco Messina, Felice Carena, Vit-torio Zecchin, Ugo Valeri, Emilio Vedova. Nelcorso degli anni ’70 sono stati numerosi i doni daparte diretta di artisti quali Guidi, Licata, Music,Martinuzzi, Turcato.

Tuttavia il lavoro di ricerca e di valorizzazionedel patrimonio artistico dello studioso si è estesoanche fuori degli spazi museali e al di là dell’am-bito locale. Infatti, mentre da un lato ha avviatola schedatura generale delle opere e la campagnafotografica nonché la catalogazione del patrimo-nio esterno, di tutte quelle opere cioè che sonodistribuite nei pubblici uffici (comuni, provin-cia, regione uffici giudiziari e finanziari), dal-l’altro lato in questi stessi anni ha ospitato mo-stre importanti come quella dedicata a Rau-schenberg e a Rothko, eventi che hanno datosostanza al carattere originario, internazionaleappunto, della Galleria veneziana.

Lina Ossi

SIMONE VIANI, Decorazioni, Monfalcone (GO),Edizioni della Laguna, 1998, 8°, pp. 264, ill., s.i.p.

“Si prenda una carta geografica, la si appendaal muro. Quale che sia la parte del mondo cheessa rende visibile, le mancherà sempre qualcosaper divenire ‘quadro’. Sarà sempre, comunquesia trattata, la superficie tabulare della rappre-sentazione, più di un quadro, nonostante l’inter-vento di linee, colori, diciture, riporti, segni enumeri che ne attestino la scientifica aderenzaall’essere e alla sua enunciabilità. Il mondo vi sioffre in spettacolo, come un tappeto di segni,riportati, rigorosi, ridondanti. Il nostro sguardoumano ben difficilmente compirà l’esperienzasimultanea di osservare insieme le coste del-l’Africa e dell’America, il tracciato delle loroconformazioni fluviali o montuose, il vacuo

disperati degli anni prima ci si accamparono, fuviolato lo spirito e oltraggiato il decoro della suaavventura breve ma dignitosa e utile [...] Danotare che gli anziani di Ca’ Pesaro, i pittori cioèe gli scultori del luogo che sapevano fare ilproprio mestiere, s’erano tratti in disparte edesponevano in gruppo in una bottega di piazza. Amodificare poi in definitiva la natura e le funzio-ni di Ca’ Pesaro intervenne, di lì a poco, l’indiriz-zo innovato delle Biennali, che cominciarono econtinuarono egregiamente ad accogliere in casaloro i giovani di merito con la fiducia più solle-cita. Ca’ Pesaro seguita anche lei a fare del bene,e seguiterà a farne. Ma in modi differenti daquello della sua origine, conformandosi ormaialle circostanze e alle convenienze che da allorasono dunque sostanzialmente mutate”.

Sileno Salvagnini disegna il profilo di Mar-gherita Sarfatti, critico irriducibile e ne segue letracce dalla biennale del 1928 alle mostre inScandinavia del 1931-1932.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

conradiano popolato di racconti dei mari sconfi-nati che le fondano e le costituiscono in un lentoed immutabile tessuto dell’essere”.

È questo l’inizio folgorante di un breve sag-gio, Cornice, primo dei due contenuti nel volumeintitolato Decorazioni, opera di Simone Viani,del 1983, edita per il decimo anniversario dellascomparsa dell’Autore. La scrittura, l’oggetto(carta geografica, muro, mondo, quadro...), lascelta di campo (lo spettacolo del mondo che sioffre come un tappeto di segni...) si presentanocome un pensiero perfettamente datato e nellostesso tempo deflagrante. Ecco qui il formali-smo, lo strutturalismo, la fenomenologia dellelezioni di Storia della critica d’arte, di Estetica, diStoria dell’arte contemporanea di Sergio Bettinie di Dino Formaggio, a Padova, negli anni ’60.Ecco l’esercizio della nuova consapevolezza cri-tica sul mondo delle forme che è maturata inquegli anni.

“Quattro listelli d’un qualunque materiale,quattro segni prolissi o nudi nella loro materialità,scoscesi o trasparenti nel fungere da cornice, edecco: si apre lo spazio intangibile, non burocra-tico e deagostiniano, di un’ispezione del mondo.È il limite dell’immaginario, la stretta paratiadell’essere in visione, ove il segno può diveniresogno [...] La cornice chiude ed apre insieme unmondo, una storia; anche il più grande atlanteracchiude lo spazio umano trasformato in historia,impalcato nel sistema simbolico del tempo, dellacronologia con le sue corrispondenze, vane oefficaci, pur sempre ineluttabili. [...] Si prendaancora la carte geografica, forse è meglio disten-derla al suolo, con o senza cornice, sarà piùvicina al suo essere originario, inizierà ad appa-rire più umana, più carta, e materia più densa disegni cromatici e di appigli grafici. Senza nomi,senza località, potrà farsi vedere come la ge-neratrice di significati, l’immaginario in poten-za. Come ogni quadro, come ogni tappeto quan-do siano opere d’arte attuate, nel qual caso dette-ranno le leggi specifiche dell’autonoma scelta edello svolgimento poetico. Allora il resto diverràdecorazione”.

Il secondo saggio è intitolato Decorazioni.Viani prende l’avvio, o meglio, mette in relazio-

ne, le le definizioni di decorativo e di illustrativodate da Riegl, Schlosser, Berenson, Croce, Ma-rangoni, Panofsky, Longhi, Focillon, Read, Bet-tini, Ragghianti, Damisch ed altri ancora, e rin-traccia la sua esemplificazione nelle dichiarazio-ni, negli scritti, nelle opere di Courbet, Cézanne,Matisse, Boccioni, Kandinsky, Newman, Pollock.È un percorso affascinante che tiene insiemequadro e tappeto, nei quali Viani coglie l’intrec-cio della genesi, la struttura formale, la dinamicadella produzione, sempre diverse ma sempresostanza di due orizzonti realizzativi cui miranole varie teorizzazioni dell’arte.

Elia Bordignon Favero traccia la mappa dellerelazioni culturali che stanno alla base degliscritti di Simone Viani, fornendo un contributoindispensabile alla collocazione storica del pen-siero di Viani. Il capitolo intitolato Gli scritti diSimone Viani propone la raccolta bibliograficadi Viani, utile a documentare l’articolazionedegli interessi e la vasta produzione dell’Autorescomparso appena quarantenne.

La seconda parte del volume contiene le im-magini dei Cartoni di Alberto Viani, padre diSimone: 40 opere realizzate nell’arco di tempoche va dal 1956 al 1983 e riconoscibili perché aldisegno vero e proprio si accompagnanoarabeschi, scarabocchi, segni cercati o marcati,un vero e proprio laboratorio per la meditazionee la ricerca dell’artista.

Altri importanti scritti documentano il rappor-to di amicizia tra il maestro Carlo L. Ragghiantie l’allievo Simone Viani, a partire proprio dallarecensione del grande storico dell’arte al saggioDecorazioni.

Mario Piantoni, collega di Simone all’Univer-sità di Udine, parla dell’amico scomparso e deiprogetti lasciati incompiuti; disegna con cura latrama dei riferimenti e delle fonti della produzio-ne critica di Simone, focalizzandone il valoreculturale nella capacità di stabilire relazioni,nella ricerca volta alla scoperta delle relazionidinamiche tra le fonti. A completamento di talestraordinario percorso labirintico, il volume in-clude il corpus dei riferimenti – espliciti edimpliciti – contenuti nel saggio Decorazioni enella recensione di Ragghianti.

Lina Ossi

Giancarlo Franco Tramontin, a cura di GiusiSartoris, present. di Dino Formaggio, saggi diElio Franzini e Simone Viani, Monfalcone (GO),Edizioni della Laguna, 1997, 8°, pp. 324, ill,s.i.p.

Dedicato a Simone Viani, il bel catalogo cheha la presentazione di Dino Formaggio, docu-menta l’opera e la figura artistica di GiancarloFranco Tramontin. Il volume è nato dall’inten-zione dello scultore di fare un bilancio del suolungo lavoro e di lasciarsi guidare in questopercorso da quanto per lui aveva scritto SimoneViani. Alla presentazione di Dino Formaggio siaggiungono un saggio di Elio Franzini e il testodi Simone Viani intitolato Il mondo delle formee la loro visibilità. Quest’ultimo lavoro è inrealtà il frutto di un’attività redazionale che ha

operato una sorta di collage sui singoli contributiche Simone Viani, scomparso prematuramentenel 1988, ha offerto all’amico scultore negli annicompresi tra il 1977 e il 1986, nelle varie occa-sioni espositive. Ma il volume raccoglie altriimportanti contributi: Mario Piantoni documen-ta la produzione critica di Simone Viani attraver-so un accurato apparato bibliografico; GiusiSartoris disegna il percorso dello scultore traattività artistica e critica; un accurato regestodelle opere documenta esemplarmente la produ-zione dello scultore, mentre le belle immagini inbianco e nero riproducono una cinquantina diopere. Completano il volume un’antologia dellacritica che raccoglie scritti di Pier Carlo Santini,Giuseppe Mazzariol, Virgilio Guidi, Diego Va-leri, Umbro Appollonio, Giuseppe Marchiori,Carlo L. Ragghianti, Wladimiro Dorigo, EnricoCrispolti, Toni Toniato, Luigi Serravalli, Gior-gio Segato, Luciano Caramel. Alla rara comple-tezza del volume concorrono anche il registrodelle mostre personali e collettive ed un riccoapparato bibliografico.

Dino Formaggio legge nelle opere dello scul-tore il magistero d’arte di Alberto Viani, a suavolta debitore ad Arturo Martini; riconosce isegni viventi che la città, Venezia, ha lasciato neicorpi scolpiti da Tramontin, nei quali sente lapresenza originale dell’idea stessa di scultura.“L’idea di scultura è, tra tutte le idee subordina-tive che discendono dal grande paradigma gene-rale di una idea di artisticità, certamente unadelle più antiche e più permanenti della storiadell’uomo [...]. Come ogni idea regolativa del-l’esperienza in generale, ma particolarmente del-l’esperienza artistica, essa si riempie di contenutisensibili diversi di tempo in tempo, di artista inartista, di stile in stile, addirittura di opera inopera. La scultura di Tramontin nasce da unlungo cammino storico, anzitutto, sul quale siinnesta una personale sperimentazione tecnico-formale che ne caratterizza l’originalità e il valore”.

L’accostamento delle letture critiche mette inluce una vicinanza affettiva, quella tra il maestroe l’allievo, che rende ancor più palpabile unsentimento forte, diffuso in tutti i contributi delvolume; forte è soprattutto l’affetto dell’artistaper l’amico scomparso ed altrettanto forte sisente l’affetto del giovane critico alle prese conle opere dell’amico scultore.

Elio Franzini completa la lettura critica dellapoetica di Tramontin, ed afferma che “ricercan-do quasi la filosofia, o l’estetica, che guida illavoro di Tramontin appare in primo luogo, piùche una ragionata storia critica, l’ispirazione diuna volontà – volontà artistica, come avrebbedetto Riegl – di non cedere al vuoto di un’arte

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

incapace, al di là di ogni classicismo formalisti-co, di porre se stessa all’interno di una dimensio-ne classica. Classico è certo una parola ambiguache però, nel momento in cui si applica a un’ope-ra d’arte, sa significare la consapevolezza espres-siva di un incontro con la vita, la storia e i lorodissidi che non si disperde, come spesso è acca-duto in questo secolo, nell’elogio dell’effimero oin debolezze citazionistiche bensì è, sempre ecomunque, pur attraverso strade diverse, ricercadi una forma che è visione del mondo, esibizionedi un senso in divenire, metamorfosi che l’artesimbolicamente offre al pensiero”.

Lina Ossi

Renato Pengo. Opere 1966-1996, con scritti diPierre Restany, Giorgio Segato, Gian PieroBrunetta, Dosson di Casier (TV), Canova, 1996,4°, pp. 135, ill, s.i.p.

Pengo Percezioni mutanti, catalogo della mostra(Padova, Palazzo del Monte, 2 gennaio - 7 marzo1999), a cura di Gian Franco Martinoni ed EnricoGusella, con scritti di Renè Major, Renato Barilli,Caterina Limentani Virdis, con traduzioni fran-cese e inglese di Pierre Pellizzari, Milano, Electa,1999, 4°, pp. 135, ill., s.i.p.

Renato Pengo (nato a Padova nel 1943) è unartista che si è formato tra Padova e Venezia, haesordito nella seconda metà degli anni Sessantaproducendo sperimentazioni incentrate sulla pit-tura che attraversano varie modalità linguistichedal neoformalismo al concettualismo. Tali spe-rimentazioni di Pengo sono capaci di accoglieremolteplici suggestioni, con un processo persommatoria di forme e figure, comprendendopoi un movimento duplice di diradamento e

possibile azzeramento e su quello propositivo diuna operatività riflessiva che è avvertibile già incerte proposizioni della sua pittura tra il 1988 e il1990-91 e che nelle opere più recenti trova ade-guati momenti di approfondimento. L’artista usaforme d’interazione tra pittura, fotografia, videoe installazione che implicano sempre un inter-vento diretto e “a caldo”, passando da un mezzoall’altro operando ibridazioni che mettono informa opere i cui dispositivi allargano il contestopercettivo modificandolo attraverso voluti scon-finamenti. Pengo trova in queste recenti opere(dipinti e installazioni) una propria “misura” chenon dipende affatto dai mezzi impiegati, madall’uso sapiente di un certo quoziente di causa-lità, evitando ogni strutturazione rigida. Tipicoesempio può essere un’opera come Discarica,1998, fatta di 60 piccoli dipinti quadrati casual-mente accastati in terra, con un televisore chespunta suggerendo quasi una intercambiabilitàtra immagine fissa e immagine mobile, tra il suofarsi e disfarsi in infiniti pixels, disposti nellefasce orizzontali di fine trasmissione.

La bella serie di dipinti Visibile invisibile(1995-96) mette in forma le soglie impalpabili einoggettuali delle ombre di una o due presenzeumane, mai troppo identificabili, quali epifaniedel loro dissolvimento, entro un elaboratissimotessuto pittorico di scritture o di sottili sfumaturecromatiche che ne accentuano la labilità. Ricor-derei infine l’installazione a parete Eclissi (1996),composta di 15 ovali in cartone blu, incorniciatie variamente disposti evocando un perfetto si-lenzio cosmico affatto aniconico – ma non anni-chilente – ove non v’è informazione né alcunrumore di fondo, ma appunto la condizione ek-statica che li può abolire. Fa parte di quel “vuotoenergetico”, di cui parlava Restany richiamandoYves Klein, in un suo bel testo sul pensiero e illavoro di Pengo.

Giorgio Nonveiller

Anna Rossettini, testi di Dino Marangon, Vene-zia, Edizioni del Cavallino,1998, 8°, pp. 122, ill.,s.i.p.

Il volume costituisce una sorta di diario perimmagini della pittrice Anna Rossettini, nellecui opere ella, come dice Dino Marangon, “…sem-bra voler felicemente ripercorrere l’arduo cammi-no che conduce alle più lontane fonti del com-plesso e articolato linguaggio della pittura…”.

Anna Rossettini nasce a Venezia il 6 maggio1940. Nel 1966 si laurea in giurisprudenza aPadova, ma non praticherà mai, iniziando invecea scrivere sulla pagina culturale del quotidianoAvvenire. Il suo interesse per l’arte ed in partico-lare per il teatro la porta a conoscere il regista delTeatro dell’Avogaria; segue un corso di teatro epartecipa ad uno spettacolo. La Rossettini vienepoi attratta dalla danza, partecipando anche aduna coreografia. Quindi nasce in lei la passioneper la pittura e nel 1980 si iscrive alla ScuolaLibera del Nudo, all’Accademia di Belle Arti diVenezia e conosce il pittore Luciano Gaspari;sotto la sua guida scoprirà i grandi maestri delpassato e si dedicherà completamente alla pittu-

ra. È del 1989 la sua prima mostra personale allaGalleria del Cavallino di Venezia, con catalogocurato da Dino Marangon. Nel giugno del 1994espone per la seconda volta nella stessa galleria.Ha tenuto diverse mostre personali ed ha parte-cipato già a varie mostre collettive. Vive e lavoraa Venezia, in un palazzo veneziano a San Barnaba.

Barbara Giaccaglia

Murrine e millefiori nel vetro di Murano dal 180al 1930, a cura di Aldo Bova, Rossella Junck,Puccio Migliaccio, catalogo della mostra (Vene-zia, Fondazione Querini Stampalia), Venezia,Galleria Rossella Junck, 1998, 8°, pp. 223,ill., s.i.p.

L’elegante volume edito in occasione dellaesposizione presso la Fondazione QueriniStampalia (ottobre ’98 - gennaio ’99), raccogliei saggi di Rosa Barovier Mentasti, Attilia Do-rigato, Rossella Junck e Giovanni Sarpellon sul-le tecniche e sugli artisti del vetro a murrine emillefiori tra la fine dell’800 e i primi anni del’900, corredati da tavole, disegni e schede.

Conclude il volume una rassegna delleesposizioni dei vetri di Murano nell’800, a curadi Aldo Bova.

La denominazione “murrina” fu assunta allafine dell’800 dai maestri muranesi che intende-vano ricuperare la tecnica antica dei vetri pre-senti al museo. Risalgono al 1870 i primi vetri“murrini”, da un’errata interpretazione dei “vasamyrrhina” citati da Plinio il Vecchio, tentativi diriprodurre il vetro mosaico romano, detto anche“vetro etrusco a mille fiori” composto di sezionidi canne vitree o di nastri vitrei policromi, unitiper effetto del calore. Si sviluppò un’ampia pro-duzione di vetri soffiati e interamente coperti dimurrine a millefiori e di vetri non soffiati e colatiin stampi, molati e lucidati, secondo una tecnicaantica, precedente all’invenzione della canna dasoffio.

Al primo cultore della tecnica, VincenzoMoretti, seguirono gli “Artisti Barovier”, Gio-vanni, Benvenuto, Benedetto e Giuseppe cheoperava nello spirito dell’Art Nouveau, ma te-nendo anche presente la grande tradizione

concentrazione su pochi elementi. La pitturaresta per Pengo una base culturale fondamentale,ben presente nella sua interrogazione aperta sul-la contemporaneità e sui rischi che nuovissimeforme di alienazione proiettano sul futuro pros-simo qualora ci si limitasse alla mera acquie-scenza delle sempre più sofisticate tecnologieelettroniche o al loro puro rifiuto, precludendonuovi esiti espressivi, conducendo a una sorta divicolo cieco laddove si escludesse ogni inter-vento creativo, invece di recuperare una pienareattività immaginativa come propone l’artista.

L’interrogazione di Pengo si diparte dall’in-terruzione provocata dall’immagine televisiva –lo schock tecnologico di cui parla Pierre Restany– mantenendosi insieme sul piano critico di un

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

muranese, Vittorio Zecchin, Teodoro WolfFerrari e i maestri della ditta “Fratelli Toso”,attiva fin dal 1854.

Negli anni Venti Umberto Bellotto ideava ilconnubio tra ferro battuto e vetro, mentre altriartisti si cimentavano nell’arte del vetro-mosai-co con esiti di assoluta originalità: i pittori MarioDe Luigi e Luciano Gaspari, Paolo Venini, CarloScarpa, Riccardo Licata, Tapio Wirkkala, Alfre-do Barbini, Yoichi Ohira, Massimo Nordio

Marilia Ciampi Righetti

Compendio della “Nuova Guida di Venezia” diMons. G.A. Moschini - Venezia 1847, Milano,Chimera per The Venise International Foun-dation, 1998, 16°, pp. 48, s.i.p.

Benemerita “The Venice International Foun-dation”, che per gli auguri di fine 1998 ha ripor-tato in luce in 500 esemplari numerati e dedicatiad altrettante persone amiche della Città d’Ac-qua, la “nuova Guida di Venezia” che MonsignorG.A. Moschini scrisse nel 1847 ad uso soprattut-to di coloro che cominciavano ad essere i primivisitatori colti (e danarosi) di Venezia ancorasoggetta alla occupazione austriaca. “Notizieparticolari al Forastiere” (Alberghi e Locandeprincipali), recita il titolo del primo capitolo. E lecuriosità, per noi di respiro storico, sono da qui inavanti infinite. Come quella, quando si parla deiBagni che il turista avrebbe potuto fare, cheignora la spiaggia lidense per privilegiare l’ac-qua della laguna.

Si legge: “Riconosciuta l’importanza del ba-gno salso della lagune di Venezia, vengono erettinella stagione estiva, ogni anno, due stabilimentigalleggianti sul Canal di S. Marco, uno Militaredi contro al Molo, ove havvi scuola di nuoto, el’altro di Rima alla punta della Dogana di terrafra l’imboccatura dei due canali, Giudecca eGrande, con ampia vasca per nuoto in comune, econ appositi gabinetti colle gondole da bagno”.

Un vademecum che non trascura nulla. Dalvalore delle diverse monete che con lieve perditapotevano essere usate a Venezia insieme a quellalegale austriaca nei suoi diversi pezzi, da spende-re nei ristoranti, nelle trattorie, nei caffè, neiteatri (“La Fenice è il maggiore: solitamenteaperto nella stagione di carnevale e di qua-dregesima: Vi si rappresentano opere in musica

e grandi balli, scritturandosi artisti di primonome. Il prezzo dell’entrate ordinaria non è mag-giore di austr. lir. 3”. E poi v’erano il Gallo o S.Benedetto, il Malibran e S. Samuele, la Sala delleMarionette, quindi passeggiate in gondola, contalune precisazioni sulle tariffe “interne” e sullalibera contrattazione per tragitti nei “vicini luo-ghi”, ad uno o a due remi. E come regolarsi coni Servitori di Piazza, ovvero gli odierni intro-mettitori, con un’avvertenza: “Il forestiere devefar quel conto che il suo buon discernimento glidetta, sul valore e su’ raziocinj storici o critici cheavesse a intendere da questa classe di mentori”.

E cenni, importanti, sui vari consolati, sui...banchieri, sui principali artisti e loro studj, suiprincipali negozianti di stampe, libri, oggettid’arte e d’antichità e come regolarsi con la Dire-zione di Polizia al momento della partenza daVenezia. Opportunamente il testo di mons.Moschini è preceduto da una presentazione diMarina Gregotti che illumina davvero, conce-dendosi qualche arguzia evocativa, sulla Vene-zia del tempo. Con gli austriaci dominanti che iveneziani chiamavano “todesch”, prendendo po-sto in Piazza al Florian mentre i militari sedevanoal caffè di fronte, il Quadri. “Di li a poco Venezia,fino ad allora solo breve tappa obbligatoria per iviaggiatori del Gran Tour, che raggiungevanoFirenze, Roma e Napoli, si accorgerà d’essereoggetto di un’altra più pacifica invasione, quelladel turismo. Una data significativa, il 1822, se-gna l’apertura dell’Hotel Reale, proprietà dellafamiglia Danieli sulla riva degli Schiavoni, nel-l’ex palazzo Dandolo”. Di cui l’autore dellaNuova Guida di Venezia (gran conoscitore dellacittà, fu autore anche de La chiesa e il seminariodi S. Maria della Salute, Venezia 1842) specificache è spesso alloggio di principi, epperciò hagrandiosi appartamenti e scelto servizio”.

Piero Zanotto

Il lago. Fotografie del Garda dal 1858 ad oggi,catalogo della mostra (Verona, Scavi Scaligeri -Cortile del Tribunale, 11 luglio-settembre 1998),testo di Italo Zannier, Vicenza, Neri Pozza, 1998,4°, pp. 267, ill., s.i.p.

Nell’estate del 1998 gli spazi espositivi rica-vati negli scavi archeologici sotto i palazziscaligeri, autentico ventre della Verona romanae medievale, hanno ospitato una rassegna difotografie, d’epoca e non, dedicate al lago di

Garda. Il catalogo ne dà una buona riproduzione,accompagnata da un testo di Italo Zannier cheripercorre il mito del Benaco come tappa del“grand tour” dei viaggiatori europei diretti versoil cuore d’ltalia.

Proprio a una famiglia di fotografi stranieri sideve una prima corposa serie di immagini. Par-liamo dei Lotze, in particolare di Moritz, che giàalla metà dell’Ottocento aveva trasferito il suostudio da Monaco di Baviera a Verona, e delfiglio Richard, che rimase in riva all’Adige an-che dopo l’annessione all’Italia. Le fotografledei Lotze, conservate nella Biblioteca Civica diVerona, documentano fortificazioni, ville, bor-ghi, spiagge della riviera gardesana avvolgendo-le in un’aura intatta e senza tempo.

Altre immagini d’epoca, di autori noti o sco-nosciuti, provenienti dalla collezione Milani, cipresentano magnificamente la vita e i paesaggidel lago sul finire dell’Ottocento; l’arrivo delnuovo secolo è segnato da alcune riprese delpittore Angelo Dall’Oca Bianca, che fu anchefotografo attento alla quotidianità e alla vitapopolare, e dalle stampe ricavate per l’occasioneda una serie di bellissime lastre del fotografo ecalcografo Luigi Cavadini.

L’ultima sezione è riservata a immagini re-centissime, con un salto cronologico (circa no-vant’anni, in pratica l’intero Novecento con tuttii suoi traumi) che lascia un po’ perplessi. Si passacosì, direttamente, alle fotografie di GabrieleBasilico, i cui Sguardi gardesani si inserisconocon intelligente modernità nella tradizione delpaesaggio fotografico, e a quelle di Enzo e Raf-faello Bassotto, Cesare Colombo e MassimoVitali.

Giuseppe Sandrini

MARIA BEATRICE RIGOBELLO - FRANCESCO AUTIZI,Palazzo della Ragione a Padova. Vita e artesotto la volta del cielo, Piazzola sul Brenta (PD),Papergraf, 1998, 8°, pp. 151, ill., s.i.p.

I due autori tracciano la storia della Padovamedievale e moderna avendo come centro ilPalazzo della Ragione, che perciò diventa l’em-blema di una città, in cui si riconosce la suaidentità. Dopo il disastroso incendio del 1174che distrusse 2614 case, Padova conobbe uncostante aumento demografico, tanto che nel1281 aveva raddoppiato i suoi abitanti (ora30.000), e con un assetto urbanistico pressochédefinitivo. Un acuto osservatore di questo tu-multuoso sviluppo, Giovanni da Nono, ci forni-sce un’immagine attendibile della Padova me-dievale, governata dopo il 1775 da un Podestàforestiero. Già nel 1217 la città ha una solidaamministrazione, un diffuso benessere e unagiustizia che funziona bene e protegge i piùdebole di fronte alle ricche casate.

Gli autori ci forniscono una esauriente infor-mazione su quello che sarà definito il “principalepalacium communis Padue”, insieme a una pre-cisa descrizione della sua struttura architettoni-ca, utilizzando anche testimonianze dell’epoca ei risultati degli studi che sono stati continui enumerosi nel corso dei secoli.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Ci viene ricordato che sant’Antonio interven-ne presso il Comune per arrestare la prassi dicondannare i debitori insolventi, proponendoche consegnassero i beni che rimanevano e fos-sero allontanati dalla città finché non avesserorisarcito il debito; proposta che fu accettata.

Il luogo in cui si esercita la giustizia è ilPalazzo della Ragione, in cui appunto si decide“il torto e la ragione” di coloro che venivanoportati davanti ai giudici. Gli autori si soffermanosulla Padova medievale e sul ruolo che fin dallanascita, nel 1222, ha svolto l’Università, oveinsegnano i più illustri studiosi del tempo. Primofra tutti viene ricordato Pietro d’Abano, la cuiopera astrologica è alla base del grande ciclopittorico del Palazzo. Si ricordano gli interventitrecenteschi volti ad ampliare il Palazzo: “l’in-tervento di fra’ Giovanni rappresentò il trionfodell’architettura gotica nell’area medievale diPalazzo della Ragione”.

Con la caduta dei Carraresi del 1405 inizia unanuova fase nella storia di questa città; il 2 febbra-io 1420 un grande incendio devasta il Palazzo, esui motivi di tale incendio e sulla struttura dellostesso Palazzo i pareri e le valutazioni deglistorici, cui si fanno precisi riferimenti, sonotuttora discordi. Comunque il Palazzo fu prestorestaurato nell’assetto che oggi ammiriamo. L’in-cendio distrusse il lavoro di Giotto, e la ricostru-zione fu affidata al padovano Nicolò Miretto,coadiuvato da Stefano da Ferrara allievo delloSquarcione. Vengono infine analizzati i varirestauri che dal Cinquecento in poi sono staticompiuti su questo edificio, l’ultimo dei quali èavvenuto due anni fa. Ma il contributo più inno-vativo i due autori lo danno nell’analisi puntualedegli affreschi, di cui forniscono interpretazioniaccurate e più spesso convincenti, attraverso unosplendido apparato iconografico: in ciò consistela novità e l’importanza di questo lavoro.

Mario Quaranta

ARCHITETTURAURBANISTICA

LORENZO FINOCCHI GHERSI, Alessandro Vittoria.Architettura, scultura e decorazione nella Vene-zia del tardo Rinascimento, Udine, Forum, 1998,8°, pp. 318, ill., L. 60.000.

Lo studio propone una visione d’insieme del-l’attività di un versatile artista trentino, protago-nista della scena artistica veneziana del secondoCinquecento, scultore, medaglista, architetto,stuccatore, impresario e collezionista, capace dideclinare le proprie scelte sia nei confronti dellacommittenza, sia rispetto alle personalità deigrandi maestri con i quali dovette e seppe col-laborare. Ogni incontro, ogni rapporto è posto neldovuto rilievo, è delineato dal punto di vista dalquale se ne colgono gli esiti, riconosciuti nelleopere. Esse sono singolarmente analizzate, primaancora che nella loro consistenza formale, nellecircostanze che ne determinarono la realizzazione.

Il contributo di Ghersi, che ha potuto avvalersidell’ampia documentazione messa a disposizio-ne da Riccardo Predelli all’inizio del Novecento,presenta anche originali esiti che vanno a preci-sare il catalogo di Alessandro Vittoria.

La carriera di Alessandro Vittoria è seguita findai primi incerti anni della formazione a Trento,nella città natale, all’arrivo a Venezia e l’inseri-mento nella scena dominata da Jacopo Sansovino,alle esperienze vicentine e padovane, accanto adartisti della levatura di Palladio e Sanmicheli.Nell’interpretazione di Ghersi, che ci porta adapprezzare la capacità di Vittoria nel recepire daimaestri affermati quanto possibile furono quelleesperienze, in ambienti più aperti alla speri-mentazione artistica e alle influenze centro-ita-liane, a consentire la maturazione di una perso-nalità distinta da quella prestigiosa, quanto in-combente, di Sansovino.

Il confronto fra le scelte di quest‘ultimo, ope-rate per la tomba di Alessandro Contarini nellaBasilica di S. Antonio a Padova, e le differentiper il monumento Venier realizzato da Sansovinonella chiesa veneziana di S. Salvador, permettedi dare consistenza ad un autonomo profilo delVittoria. Fu d’altronde proprio la maturità acqui-sita al servizio di committenti privati, nelle cittàsubalterne alla dominante, a permettere al giova-ne artista di ottenere, al termine del sesto decen-nio del Cinquecento, commissioni pubbliche divalore a Venezia, nonostante la perdurante posi-zione privilegiata detenuta ancora Sansovino.Saranno gli anni successivi a sancire il definitivosuccesso, quando, in particolare, si affermò qua-le abile ritrattista presso la nobiltà più influente.Anche in questi episodi Vittoria si rivelò capacedi assecondare e rispondere adeguatamente allecondizioni poste da una esigente committenza

Nelle opere del settimo decennio, Ghersi rico-nosce l’acquisizione di un linguaggio plasticocapace di aprirsi alle novità rappresentate dallacoeva pittura veneziana, di assimilare le aggior-nate esperienze romane. È possibile valutarne lamaturazione negli effetti pittorici di efficaciadrammatica presenti nelle figure destinate all’al-

tare Montefeltro in S. Francesco della Vigna,ribaditi nella cappella Grimani in S. Sebastiano.Queste ulteriori evoluzioni non costituirono an-cora le tappe conclusive dell’attività del maestro.Negli anni ottanta è possibile constatare unanuova svolta che portò lo scultore a soluzioni chepreludevano alla crescita di una precoce sensibi-lità barocca. Per l’altare dei Marzeri in S. Zuliane dei Luganegheri in S. Salvador, Vittoria seppeconcepire una nuova organica unità drammatica,comprendente l’assetto architettonico, scultoreoe pittorico. L’insieme rappresentativo raggiunseuna sintesi teatrale originale e offre un’ulterioreprova dell’apertura alle concezioni formali delnuovo secolo, che videro ancora il maestrotrentino consapevole protagonista, a sua volta ingrado di orientare il linguaggio degli scultoridelle generazioni future.

Esiti altrettanto compiuti non sono inveceravvisabili nelle opere propriamente archi-tettoniche dell’ultimo scorcio del secolo, attribui-te non senza incertezze. La facciata di palazzoBalbi e della scuola di S. Fantin propone un’ac-corta sintesi di soluzioni ampiamente sperimen-tate nel Cinquecento. Ghersi osserva, in partico-lare rispetto al primo edificio, come il suo pregioprincipale consista “nell’essere generato da unuso colto e spigliato della tradizione architettoni-ca cinquecentesca, rimodulata secondo le esi-genze prospettiche e funzionali della fabbrica inbase alla sua posizione privilegiata sulla piùimportante via d’acqua della città”.

L’epilogo del volume costituisce un tentativodi leggere la rappresentazione che il maestrovolle dare di sé nel proprio monumento funebre.Fu pensato nel corso di quarant’anni e fu postonella chiesa di S. Zaccaria, destinato a mantenereviva la memoria del fortunato forestiero. Il bustodi Alessandro Vittoria vi compare circondatodalle personificazioni delle tre arti, diversamen-te partecipi della formazione della sua persona-lità. Agli occhi dello storico appaiono i tratti diun carattere privo di ogni arrogante ostentazione,bensì consapevole del proprio ruolo di protago-nista, conquistato con intelligente determinazio-ne, al cospetto di personalità artistiche di assolu-ta eccellenza, rispetto alle quali sarebbe potutoessere dignitoso e comprensibile subordinarsi.Adeguata quindi l’iscrizione latina posta allabase per completarne la composizione: vivosduxit e marmore vultus.

Guido Galesso Nadir

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

DONATELLA CALABI - UGO CAMERINO - ENNIO

CONCINA, La città degli ebrei. Il Ghetto di Vene-zia: architettura e urbanistica, Venezia, Marsilio,1991, 8°, pp. 260, ill., L. 18.000.

Il completamento dei lavori di restauro dellaScuola italiana e del Museo ebraico di Venezia,condotti da Ugo Camerino tra il 1984 e il 1991 –la cui descrizione e i cui rilievi concludono ilvolume – ha fornito l’occasione per un riesamedell’intera vicenda dell’insediamento ebraico insestiere di Cannaregio.

In una prima sezione, “Parva Jerusalem”, EnnioConcina prende avvio da quel “vivacissimo au-tunno del Medioevo veneziano” quando la zonadell’attuale Ghetto Vecchio ospitava la “Casadel Geto” con le sue quattordici fornaci per lafusione (getto) del rame, successivamente utiliz-zato per il bronzo delle bocche da fuoco dellaSerenissima: una collocazione, nella parte occi-dentale, che si rilevò funzionale quando, nelprimo Quattrocento, Venezia cominciò ad am-pliare il suo “stato da tera”. Solo molto più tardi,nel 1541, la Repubblica, attuando un decretosenatorio del 1516 che accoglieva un suggeri-mento di Zaccaria Dolfin, propose di concentra-re gli ebrei veneziani in quest’area della città e il“Geto de rame” divenne il “Geto dove habita lihebrei”. D’ora in avanti la “storia di un sitoveniva a legarsi così per la prima volta alla storiadell’ebraismo” e il Ghetto veneziano diviene “ilprimo modello di segregazione a vasta scala”(Zevi) da cui discendono, come nome, tutti glialtri ghetti. Concina ricostruisce le tappe evolutivedel quartiere ripercorrendo le fasi di bonificainiziate dal Ghetto Vecchio, tra la fine del Tre-cento e il primo ventennio del Quattrocento,sulla vicina “isola erbosa” e paludosa, che diver-rà il Ghetto Novo. Esamina poi il caratteristicoimpianto urbano che si sviluppa “a corte” attornoal campo pentagonale, con una redditizia opera-zione immobiliare avviata nel 1455 dai costruttoriCostantino e Bartolomeo da Brolo “nella pariferiain espansione della trionfante Venezia dell’ulti-mo tramonto del Medioevo”; e che diventerà nelsecolo successivo, per quella sua forma chiusa ecostretta “ch’è come un castello”, il tessuto edi-lizio ideale per la nascitura “città degli ebrei”.

La migrazione degli ebrei “dal corpo dellacittà” verso “una situazione insulare e nettamen-te suburbana” come quella del Ghetto, viene daConcina fatta iniziare con il rinnovamento del-l’area centrale compresa tra Rialto e S. Marco –ispirato tra Medioevo e primo Rinascimento dauna nuova pietas Reipublicae – che portò alprogressivo allontanamento da questa dei mer-canti ebrei. Peraltro in questo scorcio di Cinque-cento le leggi speciali non vanno solo a lorodanno, come attesta l’autorizzazione a detenereproprietà immobiliari, sino ad allora negata inforza di norme giuridiche medievali. L’istituzio-ne nel 1583, da parte dei Dieci Savi sopra leDecime, della casaca’ (termine mutuato dal-l’ebraico “casacod”, locazione o conduzione ere-ditaria di un fondo), integrava di fatto gli ebrei“nel sistema veneziano di imposizione fiscalesulla rendita immobiliaria, alla stessa stregua deicittadini e di ogni residente in città”.

L’ultimo capitolo curato da Concina descrivele sinagoghe, di cui le tre principali sono raccoltenell’angolo sud-orientale del campo, orientando

l’intero spazio del Ghetto Novo “verso la terra diIsraele”. Sulla più antica, la Scuola Grande Te-desca, ashkenazita, che compare nel primotrentennio del ’500, si hanno pochi documenti,mentre notizie più numerose riguardano la Sina-goga Italiana, istituita probabilmente attorno al1566. Il Talmud impone alla sinagoga di elevarsisulla città, per il “forte simbolismo biblico del-l’ascesa, dell’altezza, della verticalità, dellasacralità dei siti elevati”. Il Talmud chiede inol-tre luminosità agli ambienti per la preghiera: lesinagoghe veneziane hanno tutte cinque finestre,“cinque lumi, per ricorrere alla terminologiaarchitettonica di età rinascimentale, attraverso lequali la luce entra nelle sale della conoscenza edella preghiera”. Il discorso sugli spazi sacritermina con l’esame delle sinagoghe del GhettoVecchio, dal tardo ’500 sino ai rapporti con lechiese cattoliche seicentesche.

Nella seconda sezione, “Il Ghetto e la città1541-1866”, Donatella Calabi estende il discor-so alla molteplicità delle funzioni sociali svoltenel quartiere e più in generale al peculiare signi-ficato che acquista la segregazione ebraica interra veneziana, dove “il consolidamento e ilprimo ampliamento del ghetto a Cannaregio hacomportato un processo di cristallizzazione dipratiche e di comportamenti” e “questo processoha corrisposto sì ad una segregazione nei luoghi,ma una segregazione in qualche modo accettata(se non perseguita) da veneziani ed ebrei” per ilfatto che Venezia, città di mercanti, basò “la suafortuna commerciale proprio sulla necessità del-la compresenza pacifica di diversi gruppi etnici”.Così “gli ebrei non furono mai ‘naturalizzati’ néchiamati ‘sudditi’, ma trattati, con un brillanteescamotage giuridico, come ‘stranieri’ ”.

Nell’esame più articolato delle attività svoltenella “città degli ebrei”, vengono ampiamentedescritti i primi cimiteri ebraici, l’approvi-gionamento di cibo kasher, le forme di governointerno, la costituzione di enti cultrali, comunita-ri e assistenziali legati alle sinagoghe, la nascitadei banchi di prestito, le differenti forme in-sediative e le loro modificazioni nei Ghetti Novoe Vecchio, la nascita dei “senseri” – procacciatorie mediatori di affari fondamentali nel Seicentoper l’economia produttiva ebraica –, il Canaledegli Ebrei (1668), fino al declino settecentescoe alla cultura del “risanamento” ottocentesco.

Sergio Bettini

GRIGORE ARBORE POPESCU - SERGIO ZOPPI, Palaz-zo Papadopoli a Venezia, Roma, Consiglio Na-zionale delle Ricerche, 1993, 8°, pp. 62, ill., s.i.p.

Il volume, edito dal Consiglio Nazionale delleRicerche di Venezia, ripercorre, attraverso lacritica storiografica e le fonti archivistiche, levicende storiche architettoniche del PalazzoPapadopoli, prima dei Coccina e poi del Tiepolo,sede dal 1967 del CNR.

Partendo dalla lettera del 18 dicembre del1568, “rivolta dall’Imperatore Massimiliano IIal suo Ambasciatore presso la Repubblica diVenezia, in cui si chiedevano informazioni sullasituazione artistica veneziana” (p. 3) e ove spiccail nome di “Jacomettus Tagliapietra” ovverosial’autore del Palazzo Coccina, Giancomo DeiGrigi, lo studio di A.G.Popescu e Sergio Zoppioffre al lettore una ricostruzione di ciò che origi-nariamente era l’architettura tardocinquecentescadel palazzo fino agli ultimi interventi della se-conda metà dell’800.

“Dopo l’estinzione dell’ultimo rampollo deiCoccina, Francesco, nel 1748 il Palazzo acqui-stato dai Tiepolo di San Benedetto” (p. 9) vienea rappresentare uno dei luoghi più significativinella vita culturale veneziana, dopo il crollo dellaRepubblica. Con la morte di Giandomenico Al-morò Tiepolo, nel luglio 1837, viene alienato aValentino Camello e successivamente passato,nel 1852, al maresciallo austriaco BartolomeoSturmer che lo vende, dopo soli quattro anni, alconte Alberto Pourtalès, alla cui morte subentre-ranno, nell’acquisizione, i fratelli Nicolò ed An-gelo Papadopoli. Per volontà di questi ultimi ilpalazzo subirà negli anni 1874-75 profonde tra-sformazioni, dovute a “lavori di ingrandimento erimodernamento” per opera di Girolamo Levi eMichelangelo Guggenheim” (p. 12). Dal 1922diverra poi proprietà dei Conti Arrivabene.

Il volume, che è completato anche dal testo ininglese, è corredato dalle illustrazioni degli in-terni del Palazzo e da un’accurata bibliografia.

Sonia Celeghin

LORIS VEDOVATO, Villa Farsetti nella storia I,Santa Maria di Sala (VE), Biblioteca Comunale1994, 4°, pp. 174, ill., s.i.p.

L’interessante pubblicazione di Loris Vedo-vato, primo di due volumi, conferma, ancora unavolta, l’importanza che viene ad assumere ilcontinuo riferimento dedicato allo studio delladocumerntazione archivistica quale elementoindispensabile alla ricerca storica. Fortementeancorata, dunque, a fonti inedite, l’opera rappre-senta una miniera di notizie sia sulle vicendestoriche che hanno portato alla realizzazionedella villa a Sala, nel padovano, sia sui personag-gi coinvolti nell’impresa ove per l’appunto spic-ca la famiglia Farsetti.

Il piano dell’intera opera di Vedovato si arti-cola in due volumi, di cui il secondo tratta inmaniera approfondita il monumento archi-tettonico. A seguire un’appendice che raccogliela ricca documentazione archivistica e bi-bliografica nonché i cataloghi del museo, della

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

galleria, delle piante, dei libri botanici e le operedi Paolo Posi, l’artista rococò che, insieme all’ar-chitetto Charles Louis Clèrisseau, fu incaricatoda Filippo Farsetti nella progettazione delprestigioso complesso edilizio a Sala.

In questa prima parte dell’opera l’attenzionedello studioso è, invece, rivolta all’abate vene-ziano Filippo Farsetti (1733-1774) di cui l’auto-re, tracciando la forte personalità, “mette in luce– come sottolineato, nella presentazione, dalpresidente della Biblioteca comunale di SantaMana di Sala, Antonio Lovato – la sua profondapreparazione e i vasti interessi culturali sui qualiil nobile veneziano fondò la sua visione della vitache lo guidarono nella costruzione della Villa”.La narrazione ha inizio con una panoramica dellevicende storiche riguardanti il luogo ove l’abaterealizzò la sua villa, dal Basso Medioevo, “epocain cui Sala apparteneva all’omonima famigliapadovana di origine germanica”, fino alle originidella famiglia Farsetti, attraverso i vari perso-naggi che si sono susseguiti nel possesso delcomplesso. Il racconto prosegue poi con i corposicapitoli dedicati alla figura e all’attività di Filip-po, discepolo del frate francescano Carlo Lodoli.Ricco, grazie all’enorme fortuna ereditata dainobili Farsetti veneziani, appassionato di bellearti e di scienze naturali, l’abate fu “ dapprima aParigi quindi trascorse parecchi anni, in tempidiversi, a Roma, divenuta allora la capitale del-l’arte”. Quest’ultimo soggiorno fu decisivo perle “sue realizzazioni future”. L’interesse per ilmondo classico lo porterà infatti all’istituzione“nel proprio palazzo Farsetti, sul Canal Grande,di una vera Accademia di disegno, sull’esempiodell’Accademia di Francia a Roma... e sullaquale si formò più tardi il Canova”. E sul giovaneartista Antonio, che tanto ebbe a frequentare, peri suoi studi, il Museo Farsetti, si chiude questaprima parte di studi dedicata alla Villa a Sala, iltutto corredato da una ricca documentazioneiconografica e fotografica.

Sonia Celeghin

FRANCO BARBIERI - GABRIELLA CANDIA, GerardoMarchioro “architetto costruttore” di Castel-nuovo Vicentino, Vicenza, Stocchiero Grafica,1993, 8°, pp. 106, ill., s.i.p.

Gli Autori dedicano un esauriente saggio aGerardo Marchioro (Castelnuovo Vicentino,1850-1922), costruttore di chiese neomedie-valiste nella provincia veneta. L’opera di questo“buon uomo” conferma quel che già notavaL. Patetta nel suo libro su L’architettutadell’Eclettismo (Mazzotta 1975): “In Italia, ilmedievalismo si sviluppa in ritardo rispetto alresto dell’Europa e resta, inoltre, un fenomenoabbastanza marginale e una tendenza che coin-volge una parte minoritaria del professionismo”.Il Marchioro era un “tipico esempio di onestoautodidatta”, che un ingegnere, tal Antonio Bor-go, promosse da “capomastro” a “progettista-costruttore”, come attesta un’autorizzazione al-l’esercizio della professione del 1903, riprodottanel testo. La sua fortuna professionale e la con-seguente invidia provocata nei suoi ex-colleghi

capomastri è da ricercarsi, più che nelle suecompetenze di costruttore, in quella suafrequentazione del mondo delle diocesi vicentino-veronesi-padovane, che si consolidò provviden-zialmente quando il nostro “campione di ‘fedeingenua’ e di ‘pietà edificante’ – come è ricorda-to nel luttino stampato per il trigesimo dalla“famiglia inconsolabile” – sposò, nel 1877, lasorella del parrocco di Povolaro (per il quale piùtardi ampliò la chiesa).

Il «bon Marcioro», che nell’unica immaginepervenutaci ben corrisponde alle descrizioni for-nite dai muratori locali (“basso di statura, tar-chiato, sempre con un cappello in testa e... unacastagna in tasca, motivo questo che gli valse ilsoprannome di ‘ingegner Castagna’ ”), cominciòcome scalpellino, nel 1871, a fianco di VittorioBarichella e Giuseppe Sottoriva, suoi “probabiliprimi maestri”, per i quali dette prova di essere“distinto tagliapietra, bravo, paziente e del dise-gno valente”. Ma Gerardo ambiva a diventare“maestro di se stesso” – come recita la lapidecommemorativa che lo ricorda – e pertanto iniziòa documentarsi, studiando e disegnando archi-tetture su manuali i cui fascicoli slegati sonotuttora conservati dagli eredi. La sua vita profes-sionale, svoltasi fra il 1866 e il 1922, sia pur dimodesta qualità, fu assai intensa, comprendendoun numero rilevante di chiese nella Diocesi diVicenza, Padova e Verona, oltre ad alcune operedi edilizia civile. La sua “tragica morte” – preci-pitò dall’impalcatura della chiesa di Arre – fudovuta, secondo alcune imprecisate “fonti ora-li”, all’epilessia di cui soffriva, mentre altri avan-zano la più intrigante ipotesi “della spinta nelvuoto di qualche ‘invidioso’ ”.

Per l’interesse degli studiosi di storia localeriportiamo in ordine cronologico il catalogo del-le opere del Marchioro a cura di Gabriella Candia,corredato da un’utile piantina per la loro localiz-zazione. Di ogni opera viene fornita la descrizio-ne, alcune foto (il soffitto della navata di S. Pietroa Isola Vicentina ripreso con fish-eye assumeun’indebita suggestione barocca), i disegni auto-grafi disponibili e le fonti.

Chiese datate: Ss. Vito, Modesto e Crescenzoa Gambugliano (VI); S. Maria a S. Vitale aMontecchio Maggiore (VI); S. Pietro a Campiglia

dei Berici (VI); S. Tommaso a S. Tomio di Malo(VI); S. Vitale a Castelnuovo (VI); S. Maria An-nunziata a Nanto (VI); S. Maria Annunciata aSelva di Montebello (VI); S. Pietro a IsolaVicentina (VI); S. Bartolomeo a Rettorgole diCaldogno (VI); Sacro Cuore di Gesù a Belvederedi Rosà (VI); S. Antonio Abate a Rosà (VI); S.Salvatore a Bosco di Nanto (VI); S. Urbano aCresole di Caldogno (VI); S. Giovanni Battista aLugo di Fara (VI); S. Caterina in Villa a S.Giovanni Ilarione (VR); S. Stefano a Brognoligo(VR); S. Maria Assunta a Monteviale (VI); S.Pietro a Castelgomberto (VI); S. Lorenzo in SanPietro a S. Pietro in Gù (PD); Tempio Ossario aBassano del Grappa (VI); S. Antonio Abate aBorgoforte (PD); S. Bartolomeo a Presina (PD); S.Benedetto e Gaetano a Cereda (VI); S. GiovanniBattista a Locara (VR); S. Maria Assunta a Gru-molo delle Abbadesse (VI); S. Martino a Villa delFerro (VI); S. Sebastiano a Povolaro (VI); S. Gior-gio Martire a Costabissara (VI); S. Lorenzo Mar-tire a Pianezze S. Lorenzo (VI); S. Brizio aCostalunga (VR); Ss. Apostoli Filippo e Giacomoa Longara (VI); S. Antonio a Thiene (VI); S.Andrea a Veggiano (PD); S. Daniele a Treville(TV); S. Michele Arcangelo a Sossano (VI); “delVescovo” a Vicenza; S. Giovanni Battista aCarbonara (PD); S. Giorgio a Tremignon (PD); S.Leonardo a Vestanova (VR); Madonna delle Gra-zie a Costabissara (VI); S. Maria Assunta ad Arre(PD); S. Maria Ausiliatrice a Gambellara (VI).

Chiese non datate: SS. Pietro e Paolo a Barbano(VI); S. Apollinare a Bonaldo (VR); S. Michele aBrendola (VI); S. Leonardo a Ignago (VI); S.Stefano a Piovene Rocchette (VI); S. Pietro a S.Pietro Mussolino (VI).

Opere di architettura civile: Palazzo di Rumor,Casa di abitazione rurale, Casa colonica del Sig.Villani Giobatta sito in Montemezzo, Casa diDanzo Domenico e figlio nel territorio di Ca-stelnuovo, Casa comunale di Sossano, Scuola diSossano, Scuola di Campiglia, Scuola di Boscodi Nanto.

Sergio Bettini

Architettura del Polesine. Il recupero di PalazzoPepoli a Trecenta, a cura di Marco Lucat, Vene-zia, Regione Veneto, 1996, 4°, pp. 88, ill., s.i.p.

Il fascicolo propone l’esame del restauro rea-lizzato in una piccola località rurale della provin-cia di Rovigo, affondata nella piatta pianuraveneta e posta fra il corso dell’Adige e del Po. IlPalazzo, a lungo parte dei possedimenti dellafamiglia Pepoli, originaria di Bologna e insediataa Ferrara nel corso del Cinquecento, è l’esito diinterventi avvenuti nei secoli, ma che assunseroun disegno coerente nel corso del Settecento. Nelmagnifico salone d’onore e nella suggestiva sca-la elicoidale si riconosce tuttavia il rispetto di unatipologia edilizia cinquecentesca, che chiama incausa modelli vignoleschi. L’austero esterno nefa una presenza che si impone nel piatto paesag-gio circostante e giustifica l’intervento di restau-ro, avvenuto grazie ai fondi dell’Unione Euro-pea. L’iniziativa si inscrive nel programma de-stinato a promuovere la rivalutazione del patri-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

monio e le risorse delle zone rurali. Il restaurocompiuto mirava al recupero materiale del ma-nufatto, ora compreso nel patrimonio della Re-gione Veneto. Coerente e necessaria appare que-sta pubblicazione, che ripercorre tutte le fasidell’intervento e si offre anche alla lettura ininglese e francese per alcuni efficaci riassunti inlingua. Inoltre presenta una rapida conte-stualizzazione storica dell’edificio. Sebbene ab-bandonato nel corso degli ultimi anni e parzial-mente adibito a funzioni inproprie, si presentavatuttavia in uno stato di degrado limitato, sia nellestrutture, sia nelle parti di maggiore pregio arti-stico, costituite dalle decorazioni a stucco. Lecondizioni originarie si prestavano quindi ad unefficace recupero, avviato opportunamente a par-tire dalle preliminari ricerche intese a compren-derne la consistenza del valore e della materia.

Ora, concluso il recupero materiale, appareinderogabile una riflessione che affronti il cru-ciale problema della nuova destinazione d‘uso.Risulta evidente infatti che l’opera, soprattuttonella sua fragile integrità artistica, è destinata,come un fiore reciso, ad un processo di degrado,forse ancora più rapido ed esiziale dopo il restau-ro, se non inserita in un piano che ne permetta ilreintegro funzionale nella comunità di Trecenta.È infatti solo nell’uso adeguato che qualunqueoggetto, materiale o spirituale, si sottrae al de-grado, alla sterile atrofia della pura contempla-zione estetica, e sollecita la sua continua manu-tenzione.

Guido Galesso Nadir

Padova. La forma del tempo, a cura di ClaudioRebeschini, Elena Annovazzi, fotografie di Ri-chard Khoury, Limena (PD), Signum, 1998, 8°,pp. 159, ill., s.i.p.

Padova: le sue mura, le acque, i portici, lepiazze. Ed accanto a questi quattro elementifondamentali,il Prà della valle, l’Orto botanico,la Basilica del Santo. Uno scrittore francese,Jean Giono, ha osservato, in modo molto acuto,come i turisti stranieri, ma non solo quelli, chearrivano a Padova proveniendo da Venezia nonsiano in grado di assimilare la profonda diversitàesistente fra le due città. Venezia non ha infatti némura né portici. Padova, per moltissimi aspetti,è il suo contrario. La recinzione della città rap-presentata dalla cerchia muraria costruita dopo

l’assedio del 1509 ha un alto valore architettonicoed ha determinato lo sviluppo della città almenofino agli inizi del Novecento. Dentro le sue muracinquecentesche, fino al 1954, data del pianoregolatore di Luigi Piccinato, Padova è stata unacittà d’acque, quelle del Brenta e del Bacchiglionemescolate assieme dal canale della Brentella.Come mostra anche la pianta di Giovanni Valle,dentro le mura cinquecentesche vi era perfinouno squero per riparare le barche ai piedi dellaSpecola, alla biforcazione del Naviglio e delPiovego. I portici rappresentano uno dei caratteripeculiari dell’architettura padovana. Nel suo ter-zo libro dell’Architettura, Palladio indica comemodello della strada ideale quelle padovane do-tate di portici “per i quali possano al coperto icittadini andare a far i loro negozi senza essereoffesi dal sole, dalle piogge e dalle nevi”. Ilportico è uno spazio funzionale che ha originiantiche. Era una parte del suolo privato cheveniva messo a disposizione della colletività perun uso comune. I portici hanno colpito l’atten-zione di Michel de Montaigne durante il suoviaggio in Italia il quale ha scritto che a Padova“Case e portici fanno di tutte le strade pubblicheun chiostro”. Ma già nel piano regolatore cittadi-no del 1872 emerge la scarsa consapevolezza deicaratteri peculiari dell’architettura padovana edin particolare dei portici. Un altro grave colpoall’urbanistica padovana è rappresentato daltombinamento, avvenuto nel 1953, fuori del pia-no regolatore del canale dei Gesuiti-San Massi-mo ai piedi dell’ospedale giustinianeo.

La complessa storia delle acque padovane edel loro rapporto con la vita quotidiana degliabitanti non è stata ancora scritta. Ma la si puòparzialmente immaginare confrontando i pontipiù antichi della città con quelli novecenteschicome quello, privo di caratterizzazione, di corsoMilano.

Padova possiede uno spazio straordinariotriangolato dalla basilica del Santo, l’Orto bota-nico e il Prà della valle. In confronto con i primidue è l’ultimo a rimetterci perché realizzatosoltanto parzialmente in base al progetto di unpatrizio veneziano ricco di una cultura innovativa,Andrea Memmo. La piazza plurifunzionale con-cepita da Memmo in funzione dei magazzinicommerciali e delle numerose botteghe è statatrasformata in un giardino. La sua gestione èmolto più semplice. Non richiede né idee néprogetti. Dopo la prima guerra mondiale a Pado-

va si è scatenata la speculazione edilizia dellaAPE che, grazie anche all’architetto Peressutti,ha distrutto il quartiere medievale di Santa Luciae creato il quartiere della città giardino.

Il destino urbanistico di Padova sarebbe cam-biato se il piano regolatore dell’architetto LuigiPiccinato approvato nel 1954 fosse stato rispet-tato. Ma non fu così. Fu distrutto il quartiereConciapelli. Perfino un architetto del livello diCalabi collocò un edificio modernissimo a pochedecine di metri dal Duomo in una antica strada.L’Università non è stata capace di esprimereinterventi architettonici degni di questo nome,specialmente al di là del Piovego. Si è accontetatadi costruire una bella passerella non particolar-mente rispettosa delle mura cinquecentesche.

Le foto del volume e il commento offrono unaimmagine ed una interpretazione veramente nuo-va di una città straordinaria che da decenni nontrova una gestione urbanistica ed architettonicadegna del suo patrimonio storico.

Elio Franzin

FERNANDO DOTTI, Lo spazio e la memoria. Esem-pi di architettura popolare veneta, present. diDino Scantamburlo, pref. di Gianni Braghieri,Padova, Cleup, 1998, 8°, pp. 143, ill., L. 25.000.

L’autore fornisce un quadro pressoché com-pleto (integrato da un vasto apparato iconografico)delle diverse tipologie abitative e delle trasfor-mazioni che hanno subito nel corso dei secoli,nella persuasione espressa nell’idea-guida diquesta ricerca, ossia che “storia e costume, evo-luzione e progresso trovano il loro concretomodus vivendi nella razionalità dell’architetturadella ragione”. L’autore intende così “catalogarele fasi più importanti della costruzione antro-pizzata” (ossia storicamente via via modificatadagli uomini) della centuriazione Aureliana,quella parte della pianura veneta che dal nord diPadova si dirama nelle due vie romane Postumiae Aurelia. È il classico paesaggio padano, conuna tipologia nettamente caratterizzata e attra-versata da quattro fondamentali corsi d’acqua: ilBrenta, il Muson, il Sile e il Tergolo. L’autorepunta poi all’edilizia popolare, la quale è caratte-rizzata dalle possibilità di ampliamenti e altera-zioni secondo una “poetica” che va da Borrominiagli artigiani, e che si pone in alternativa a unaconcezione della bellezza (del manufatto) comeperfezione e perciò immodificabile.

Nel Medioevo, in un periodo in cui si registraun vuoto del potere politico, la chiesa divental’unico referente e la parrocchia il centro dellavita sociale. Tre sono gli elementi architettonicifondamentali: l’edificio chiesa, il sagrato el’alberone, ossia il grande albero sotto il quale siriuniscono gli anziani per discutere l’organizza-zione della vita civile del paese. Viene poi sotto-lineato il ruolo svolto dai Benedettini nell’operadi bonifica, che peraltro si sviluppa in tuttaEuropa, opera che consente di estendere l’utiliz-zo di aree sempre più vaste per l’agricoltura. Ilterritorio padano è essenzialmente un paesaggioartificiale, il che indica appunto un’intensa vitaagricola, integrata da disboscamenti, bonifiche

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

del terreno e controllo dei fiumi. Un discorso a sédovrebbe essere riservato ai casoni, la cui primaesistenza ci è attestata da Cesare, che nel De bellogallico ci descrive le abitazioni (i casoni, appun-to) dei Galli e dei Germani (e la cui esistenza siprotrae, nel padovano, fino agli anni Trenta diquesto secolo). L’autore distingue i casoni “pri-mitivi”, esistenti fino all’alto medioevo, e quelli“evoluti”, che appaiono nel XIV secolo, arricchitidi un camino.

Dopo avere sottolineato che nel periodo deiComuni (Due-Trecento) c’è una regressione eco-nomica nel territorio padano, Dotti affronta ilproblema del ruolo svolto dalla Serenissima dopoche fu presa la contestata decisione, da parte delgoverno veneziano, di poter acquistare fondiagricoli in terraferma. Ciò determinò infatti unaprofonda modificazione delle campagne e del-l’architettura; basterà accennare, Palladio docet,alle ville cosiddette “estroverse”, ossia affaccia-te su grandi giardini e poste lungo corsi d’acquanavigabili.

Nel terzo e ultimo capitolo l’autore si soffermasulle case rurali dell’Ottocento, su quelle coloni-che operaie e sul tentativo, compiuto dal grandeproprietario terriero Paolo Camerini, di fondareuna “città territoriale” a Piazzola sul Brenta. Unoriginale tentativo di creare una struttura agro-industriale sostanzialmente autarchica, che hauna sua funzionalità fino agli anni Trenta delNovecento, e che comunque ha determinato lacreazione del più grande centro operaio dellaprovincia di Padova, ove permane il villaggiooperaio (case operaie) oltre ad altre strutture.

Mario Quaranta

Insediamenti Alpini nelle Dolimiti, in Carnia enei territori Walser. Alpine Siedlungen in denDolomiten, in Karnien und in den Gebieten, acura di Andrea Angelini, scritti di FrancescoMicelli, Lidia Rui, Franco Vaia, Luigi Zanzi,Sergio Zilli, Venezia, Regione del Veneto -Belluno, Fondazione G. Angelini, 1996, pp. 249,4°, ill., s.i.p.

All’interno del programma di realizzazione“Turismo d’Alta Montagna e Ambiente” sortoper iniziativa della Regione Veneto, della Regio-ne Autonoma Friuli Venezia Giulia e della Pro-vincia Autonoma di Bolzano, si inserisce questapubblicazione congiunta della Fondazione “Gio-vanni Angelini” di Belluno e Regione Veneto,“rivolta ad approfondire il rapporto uomo-terri-torio in quel particolare ambiente che la monta-gna genera”. L’iniziativa, il cui campo d’indagi-ne interessa le popolazioni dell’arco alpino al disopra dei 1000 m di altitudine, si propone dioffrire al lettore un utile strumento d’informa-zione sui tipi di insediamenti alpini nelle Dolo-miti, in Carnia e nei territori Walser. L’opera,elegante nella veste grafica, riunisce i contributidi esperti nel settore.

L’attenzione del primo autore, Luigi Zanzi,professore di Teoria e Metodologia delle Scien-ze storiche all’Università di Pavia, si posa sullarappresentazione dei territori percorsi dai Walsernelle loro migrazioni e l’incidenza che ebbero

queste popolazioni sul paesaggio montano. Agli“insediamenti ed emigrazioni in Carnia” è dedi-cata la seconda parte del volume, il cui studioapprofondito dai professori di Geografìa Fisicaed Antropica dell’Università di Trieste e Trento,Micelli, Vaia e Zilli, nell’esame del rapportodell’uomo con il proprio territorio, sottolinea ilforte legame degli autori con la loro terra. Atestimonianza, ancora una volta, della passioneper i luoghi visitati, lo studio dell’architetto LidiaRui sui paesi in quota dell’Alta Val Cordevoleconclude l’opera, arricchita di uno spIendidorepertorio fotografico e dei delicati acquerelli diVittorio Ceretti.

Sonia Celeghin

Veneto. Itinerari neoclassici. I luoghi, la storia,l’architettura, a cura di Roberto Masiero, DeboraAntonini, Massimiliano Bandera, MichelaMaguolo, fotografie di Alessandra Chemollo eEttore Bellini, Venezia, Marsilio - Regione delVeneto, 1998, 8°, pp. 208, ill., s.i.p.

La presente guida edita dalla Marsilio è inte-ramente dedicata alle numerose testimonianzedell’architettura e dell’arte neoclassica di cui ilVeneto è ricco.

Apre il volume un’introduzione storica adopera di Roberto Masiero, che analizza le tra-sformazioni del territorio veneto all’inizio del-l’età moderna per spiegare il così vasto diffon-dersi in esso di chiese, palazzi, ville, giardini,rustici, cimiteri, teatri e piazze in stile neoclassico.Segue una cartina del Veneto con evidenziati iluoghi in cui è possibile ammirare qualche pre-senza neoclassica.

Di ogni località segnalata al lettore, in cui siconservano queste presenze, viene dapprimaaccennata la storia del periodo considerato esuccessivamente vengono prese in esame le vi-cende e le caratteristiche principali di ciascunedificio o piazza o giardino neoclassico situato inquel luogo o in provincia di esso. La guida elencacosì Bassano del Grappa, Belluno, CastelfrancoVeneto, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Ve-

rona e Vicenza, evidenziando edifici poco notiaccanto ad architetture di fama internazionalecome il Caffè Pedrocchi di Padova e il Teatro LaFenice di Venezia.

Barbara Giaccaglia

Noale dei Tempesta, testi di Mariapia Barzan,Andrea Fattori, Giuseppe Rallo, Francesco Coz-za, foto di Samuele Galeotti, pref. di FrancoPosocco, Noale (VE), Rotary Club dei Tempesta,1998, 8°, pp. 143, ill., s.i.p.

Maria Pia Barzan, Andrea Fattori, GiuseppeRallo, Francesco Cozza, Franco Posocco hannocollaborato con i loro saggi alla ricerca su Noale,città-castello che nel Medioevo ricevette daiTempesta l’impronta originale, ancora presentee riconoscibile, che ne definì l’identità. Noalesorse come borgo fortificato intorno a un merca-to, nodo di scambi tra le vie di terra e d’acquanella pianura contesa tra Padova e Treviso e siarricchì via via di attività legate all’artigianato, alcommercio, alle libere professioni, all’eserciziodell’autorità politica e religiosa.

I Tempesta, avogari (avvocati) del vescovo diTreviso, raggiunsero un alto grado di prestigio edi potere già nel XII secolo e accumularono unvasto patrimonio di terre e feudi intorno a Noale,dove eressero una salda rocca. Nel secolo XIIIconobbero alterne fortune a conseguenza delleagitate vicende politiche e solo alla fine delsecolo stabilizzarono il loro ruolo di protagonistinella politica di Treviso, mantenendolo anchedopo la conquista degli Scaligeri (1329). Solo lapolitica espansionistica di Venezia pose fine allafortuna della famiglia che si estinse nel 1380.

Le fortificazioni, con il complesso apparato dimura, torri, porte, fossati e terrapieni sono rima-ste a confermare l’origine di città-castello, sim-bolo di un’identità gelosamente custodita neisecoli. Le case e i palazzi in cotto sono spessorivestiti di affreschi, come l’Ospedale dei Battu-ti, i palazzi Zogia, Menegazzi, Soranzo, Martini,Campigotto, Due Spade, Tebaldi, Borghesan,Lamberti, Sorgato e altri che conservano ancheall’interno decorazioni eleganti e vivaci, di tradi-zione quattrocentesca che giustificano gli appel-

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lativi di “nobile e vago” per il centro di Noale.Anche i frammenti di ceramiche recuperati, al-cuni appartenenti al genere dei gameli o cerami-che amatorie, doni in occasioni di fidanzamentio nozze, attestano con l’eleganza del segno el’accurata esecuzione l’elevato tono di vitafamigliare e sociale a Noale nei secoli XIV, XV eXVI. Ancor oggi il centro storico offre gli spazi amisura d’uomo adatti a socializzare, esempio diuna aspirazione al vivere civile che affonda lesue radici nel passato e che mai è venuta meno.

Marilia Ciampi Righetti

RAFFAELLA RUSSO, Palazzi di Venezia, Venezia,Arsenale, 1998, 8°, pp. 198, ill., s.i.p.

Di agilissimo formato tanto da poter esseretenuto comodamente in mano, o nella borsa dellesignore, mentre l’ospite passeggia per Venezia,il libro di Raffaella Russo è una sorta divademecum monotematico rivelatore della sto-ria di 66 manufatti di origine patrizia. I palazzi diVenezia erano il segno tangibile della opulenzadelle famiglie che li edificarono, e il loro elevatonumero fu “la conseguenza della moltiplicazio-ne del ceto nobile e della grande ramificazionedelle famiglie. Le varie linee della famigliaContarini, per esempio, nel corso dei secoli co-struirono più di venticinque palazzi...”.

Prima di procedere nella “schedatura” deipalazzi, l’A. disegna nell’introduzione il formar-si della città d’acqua a Rivolato, dal primo dogeeletto nell’anno 697, inizialmente solo un vassal-lo dell’imperatore di Bisanzio. È la ragione percui dalle iniziali costruzioni di legno, soggette adevastanti incendi, si procedette nel XII e XIIIsecolo ad usare gradualmente materiali menoesposti al rischio del fuoco, “quali la pietralavorata, il mattone — che fece sì che il poetaAlfred de Musset nel secolo scorso potesse par-lare di Venise la rouge — e la pietra d’Istria”.

Scrive ancora Raffaella Russo: “È a partire daquesto periodo che iniziò a svilupparsi lo stilegotico veneziano tanto decantato da John Ruskinnel suo libro Le pietre di Venezia. Gli archi asesto acuto, le polifere, i giochi dei marmi colo-rati caratterizzano questo stile che rivela chiara-mente l’influenza bizantina dovuta ai legamipolitici e commerciali che Venezia aveva instau-rato con l’Oriente”. E descrive le caratteristichedel palazzo veneziano “a pianta tripartita in cui lafunzione di abitazione si coniuga con quella diufficio e di fondaco. La facciata principale, ca-ratterizzata da un gruppo centrale di finestre, èsempre rivolta verso l’acqua: l’androne, che vada un capo all’altro dell’edificio e permette diaccedervi sia da terra che dall’acqua, è fiancheg-giato da ampi magazzini al pianoterra, mentre aipiani superiori lungo il pòrtego centrale sonodisposte le varie stanze”.

In età moderna, metamorfosi che continuaancora oggi, “numerosi palazzi sono stati tra-sformati in alberghi, alcuni in sedi di ufficipubblici o appartamenti...”, senza per questo farperdere a Venezia quel fascino che seppe attirarepoeti e artisti e illustri viaggiatori: Proust, LordByron, Renoir, Chateaubriand, Hemingway,

Mozart, Monet, Goethe, Turner, Wagner e, pos-siamo aggiungere come esempio di visitatorefedele con appuntamenti fissi ad ogni fine annoWoody Allen.

Premessa necessaria per entrare nel vivo deicontesti che descrivono l’origine, la storia, lecuriosità di ognuno dei 66 palazzi “schedati”, dicui il libro offre in foltissima campionatura lefoto, anche di interni. A conclusione una piantinaaiuta a individuare la collocazione dei palazziche appartengono soprattutto alle due rive delserpeggiante Canal Grande. Conclude una notabibliografica, guida anche questa per chi volesseallargare il raggio della specifica conoscenza suquelle che Ruskin definì le pietre di Venezia.

Piero Zanotto

Le pietre di Verona. La città romana, scaligerae veneziana, testi di Pierpaolo Brugnoli, foto diAntonio Belvedere, testi in italiano e inglese,Verona, Cierre, 1997, 8°, pp. l28, ill, L. 46.000.

Il territorio intorno a Verona è ricco di marmi“non solo bianchi, ma ancora negri e rossi, e didiversi colori macchiati e divisati; dei quali alcu-ni sono durissimi, altri mezzani e altri teneri”,tutti utilizzati nella costruzione della città che perquesto fu definita “marmorina” dagli Scaligeri.

Le pietre di Verona, col testo a fronte ininglese e corredato di un ricco e suggestivoapparato iconografico, è dedicato a un pubblicodi italiani e stranieri sensibili all’arte, interessatia scoprire o a ritrovare il carattere originale,vivace e multiforme di Verona. La città scaligerasi offre all’esperienza del lettore attraverso illinguaggio delle parole e delle immagini cheinsieme contribuiscono ad illustrare lo scorreredegli eventi, l’eleganza e il significato dei monu-menti, le atmosfere sospese, intense e animate.

La storia lunga e affascinante di Verona ènarrata in brevi capitoli: “La città più romanadopo Roma”, “Da san Zeno al libero Comune”,“Prestigiosa capitale di una grande signoria”,

“Cultura umanistica e arte rinascimentale”, “Ver-so il tramonto della Serenissima”, accompagnatadal fluire di immagini d’acqua e di pietra. Letestimonianze del passato si inseriscono nel tes-suto cittadino: l’Arena romana, il teatro, i ponti,le porte, gli archi, le mura, le strade, le piazze, imonumenti, le chiese, i monasteri, i chiostri, icampanili, i palazzi, le torri, le scale, le case, lefontane realizzate soprattutto in pietra, modella-ta dal tempo, che reca le tracce di una vita fervidae operosa, come il basolato romano nella signifi-cativa immagine che riveste il volume.

Marilia Ciampi Righetti

GIANPIETRO ZUCCHETTA, Venezia e suoi canali,Venezia, Marsilio, 1998, 4°, pp. 155, ill., L. 70.000.

Venezia è stata creata scavando fango cheserviva a bonificare il terreno delle isoletteprescelte per edificare. Così si creavano anchedei nuovi “rii”, l’unica via di comunicazionedentro la struttura urbana. La rete dei rii interni diVenezia era considerata di vitale importanza perla viabilità urbana ma anche per la salute pubbli-ca, data la loro funzione di collettori e depuratoridei liquami fognari.

È molto difficile calcolare quanti sono i riiveneziani. Secondo un Prospetto elaborato dal-l’Ufficio tecnico municipale nel 1869, aggiorna-to, i rii veneziani si sviluppano per una lunghezzacomplessiva pari a circa 37,2 km. A secondadella larghezza e della posizione rispetto ai cana-li principali, ogni rio presenta una sua caratteri-stica velocità con la quale avanza il flusso dimarea. La velocità dei flussi di marea ha unaimportanza vitale per l’attività di esporto edepurazione dei liquami domestici affidata a riiche sono anche una rete fognaria. Dove è scarsoil ricambio di marea vi sono cattivi odori.

Poiché i fanghi si depositano sul fondo ènecessario rimuoverli periodicamente. Quindi lapulizia periodica dei canali interni è un’attivitàessenziale per la sopravvivenza della città. Nelcorso della giornata si svolgono due cicli com-pleti di marea e quindi vi sono due momenti incui il livello delle acque è più basso e due in cuiè più alto. Il livello più alto della marea venivasegnato sulle basi di marmo degli edifici dallafascia verde delle alghe. La Repubblica ordinòche il limite superiore della fascia verde, chiama-to “Comune marino”, fosse segnato con una Calta circa 10-12 cm. Tale C era un punto di ri-ferimento per lo scavo del fango nei rii (cinquepiedi veneti sotto Comune) e per l’altezza dei bordidelle fondamenta (due piedi sopra Comune).

La prima indagine scientifica sui rii risale al1898. Le successive campagne di misura dellaqualità delle acque e dei fanghi dei rii hannoevidenziato un peggioramento generale dellasituazione. Per decenni i rii non sono stati scava-ti. Confrontando la rete attuale dei rii con lapianta della città di Alessandro Badoer del 1672si constata che nel corso di tre secoli sono statifatti sparire 46 rii per una lunghezza di 7.355metri, pari al 20% della rete attuale.

Il fango si accumula sui canali al ritmo costan-te fra i cinque e dieci centimetri all’anno. Allametà degli anni Settanta lo scavo dei rii è statointerrotto. I rii sono diventati impercorribili per

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le imbarcazioni, comprese quelle dei Vigili delfuoco, per varie ore del giorno. La più anticatestimonianza sull’escavazione dei rii è quellacostituita da una annotazione in data 2 marzo1224 nel Liber Plegiarum Comunis. L’operazio-ne è continuata fino alla fine della Repubblica.Nel 1787 si è raggiunto il record di 28 escavazioniportate a termine. Nell’Ottocento, data la crisigravissima della città, per sostenere il flussoturistico lo scavo dei rii si svolse intensamentefino alla rivoluzione di Daniele Manin. Ma du-rante la seconda dominazione austriaca Giusep-pe Salvadori interrò ben 19 canali finché nonintervenne nel 1844 l’ingegnere idraulico PietroPaleocapa. Dopo l’annessione di Venezia al-l’Italia, il successore di Salvadori, l’ingegnerecapo del Comune Giuseppe Bianco, presentò unpiano di intervento sui rii. Agli inizi del Nove-cento ci si illuse di poter pulire i rii senza la loro“messa in asciutto” mediante le draghe mosse daenergia elettrica o a vapore. Si dimenticò che lamanutenzione dei rii era necessaria anche per lariparazione delle fondazioni degli edifici. Spes-so le draghe provocarono dei danni.

Nel 1907 fu istituito il Magistrato alle acqueper le provincie venete e Mantova quale organocompetente per il mantenimento del regime idrau-lico lagunare. Nel 1935 l’ingegner Enrico Miozzidell’Ufficio tecnico comunale lanciò una propo-sta rivoluzionaria, quella di rivestire il fondo deicanali. Essa fu applicata solo parzialmente. Lamanutenzione dei canali continuò fino all’ema-nazione della legge speciale per Venezia n.171del 16 aprile 1973 nella quale non era previstonessun stanziamento per la manutenzione deicanali. Dal 1973 fino alla nuova legge specialeper Venezia del 1984 trascorsero 11 anni dicompleta interruzione dello scavo dei canali.L’otto aprile 1993 finalmente fu firmato un pro-tocollo che stabilì definitivamente la destinazio-ne dei fanghi. Dal 1993 a fine del 1998 sono statiscavati 108.600 metri cubi di fango. Ne rimango-no da scavare altri 320.700. La tecnica di manu-tenzione dei rii ha subito durante i secoli unanotevole evoluzione. I metodi fondamentalmen-te erano due: l’escavazione a secco e quella aumido. Nel primo caso venivano creati deglisbarramenti alle due estremità chiamati casseri.

Gli ultimi casseri in legno sono stati utilizzati nel1957. Sono stati sostituiti da palancole in accia-io. Verso la metà degli anni Sessanta si escogitòil sistema di lasciare un pontone con una gru abenna nell’interno del bacino da asciugare. Maappena ripresero gli scavi nel 1984 si è constatatoche nella tecnica di escavazione vi era stato unregresso. Con l’escavazione a umido il fango delcanale veniva asportato da una specie di grossocucchiaio montato su una zattera manovrata daalcuni uomini, chiamato “zattera e badilon”.Attualmente vengono usate invece delle benne asei ganasce che spesso danneggiano le muraturesotto acqua. Nel maggio del 1993 fu presentatodal consorzio Fagos un nuovo macchinario mol-to innovativo: una testa dragante capace di pom-pare il fango aspirato dal fondo direttamente auna bettolina attraverso una condotta galleggian-te di collegamento. Purtroppo questo sistemanon è stato ancora adottato.

Elio Franzin

MUSICA - TEATROCINEMA

Atti del Convegno Internazionale di Studi per il5° centenario della nascita di Angelo Beolco ilRuzante (Padova-Venezia 5-6-7 giugno 1997), acura di Piermario Vescovo, “Quaderni Veneti”,nn. 27/28, gennaio/dicembre 1998, Ravenna,Longo, 1999, 8°, pp. 391, L. 80.000.

Ricchi e numerosi sono stati gli interventi alConvegno Internazionale di Studi su Ruzante,svoltosi a Padova e Venezia nel 1997, con ilpatrocinio della Regione Veneto, il contributodel Comune di Padova e l’apporto diretto delCentro Interuniversitario di Studi Veneti e delleUniversità di Padova e di Venezia. La pubblica-zione, curata da Piermario Vescovo, riordina gliAtti delle tre giornate di studio suddividendoli inquattro sezioni. Nella prima parte si possonoleggere studi e ricerche riguardanti i territori e glispazi (sia fisici che culturali) entro cui si svolsel’attività di Ruzante; nella seconda, accanto adindagini storico-filologiche troviamo studi sulplurilinguismo di Ruzante e sulle strutturedrammaturgiche del suo teatro. La terza parteriunisce alcune analisi di testi dell’autore-attorepatavino, mentre nella quarta sezione compaio-no contributi che arricchiscono la conoscenzadella produzione letteraria in lingua pavana im-mediatamente precedente o coeva al Beolco,insieme a studi relativi alla ricezione di Ruzantenel secondo Cinquecento o riguardanti la suariscoperta in Francia.

Nella prima sezione, Gino Benzoni con “TraPadova e Venezia: Beolco” esamina il caratteredei legami esistenti fra Ruzante e la città lagunare,visti nel più ampio contesto dei rapporti intercor-renti, nel Cinquecento, fra la Dominante e iterritori di terraferma e con Padova in particola-re, la più orgogliosa delle città suddite. AntonellaPietrogrande (“Giardino e luogo scenico nel-l’epoca di Ruzante”) analizza alcuni dei luoghiscenici che videro le rappresentazioni dell’uo-

mo-spettacolo patavino, a cominciare dalla log-gia Cornaro, a conferma della forte compe-netrazione che, nel Rinascimento, caratterizza ilrapporto fra giardino e teatro. Il contributo diAchille Olivieri affronta il tema affascinante deiriferimenti culturali e filosofici celati o palesinell’opera di Ruzante.

Nella parte seconda, Raimondo Guarino dedi-ca un denso studio a “La ‘Betia’ e il teatro”, nelquale il capolavoro ruzantiano è interpretato allaluce di sottili quanto rigorosi riscontri con leconsuetudini rappresentative che, tra Padova eVenezia, andavano elaborando una alternativalinguistica e antropologica alla commediaclassicista. Ivano Paccagnella esamina invece laquestione del “Plurilinguismo di Ruzante”,soffermandosi sul problema del pavano. APiermario Vescovo si devono poi penetranti in-dagini sulle trasformazioni sceniche edrammaturgiche nel teatro dell’autore padovanoin funzione spazio-temporale.

Apre la terza sezione il contributo di GiorgioPadoan su “La Moscheta da egloga a comme-dia”, nel quale si ricostruisce il processo diristrutturazione compiuto dal commediografosul testo originario dell’opera, al fine di conferir-le la forma canonica della commedia rina-scimentale in cinque atti. Sullo stesso capolavo-ro torna Antonio Franceschetti, dedicando adesso l’ampio saggio “Aspetti e motivi dellaMoscheta”. La ricerca di Georges Ulysse (“Va-riazioni e costanti nel teatro del Beolco: il casodella Vaccaria”)conclude, insieme all’originaleapporto di Andrea Bombi sulla “canzon delRuzante”, la terza sezione. Dei contributi riunitinella quarta parte del volume dobbiamo limitarcia segnalare, oltre alla comunicazione della com-pianta Marisa Milani (“I preruzantiani e qualchepost”), la preziosa ricerca di Emilio Lippi sui“Testi Pavani della Marca Trevigiana”, l’ampioexcursus di Elisabetta Selmi riguardante “Aspet-ti della ricezione di Ruzante nel secondo Cinque-cento” e la ricostruzione sulla “fortuna” tardivadel Nostro, effettuata da Franco Fido con illavoro “Da Maurice Sand a Copeau e oltre: lariscoperta di Ruzante in Francia”.

Giuseppe De Meo

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FRANCO FIDO, La serietà del gioco. Svaghi lette-rari e teatrali nel Settecento, Lucca, Maria PaciniFazzi, 1998, 8°, pp. 233, L. 28.000.

Italianista, docente ad Harvard, fra i maggioristudiosi di Goldoni, Franco Fido rivolge la suaattenzione, con questo saggio, a quella “gaiascienza” che è la letteratura giocosa del Settecen-to, secolo nel quale “la distanza fra cultura‘paludata’ e ‘leggera’ sembra diminuire” e pren-de spazio una “cultura del gioco” intesa comedisposizione positiva verso nuovi modi di cono-scenza. L’autore, senza tralasciare garbatepunzecchiature contro la seriosità letteraria ericordando che “giocare vuol dire essere serisenza prendersi sul serio”, apre un discorso cri-tico su aspetti poco noti della nostra culturaletteraria e teatrale nel secolo dei lumi, sceglien-do di proposito autori e generi considerati, spes-so a torto, minori. Sei (più un’Appendice suLorenzo Da Ponte) sono i capitoli che trattanol’interessante argomento, ciascuno dedicato adun particolare ambito o autore della letteratura“leggera” dell’epoca. Il capitolo primo esplora ilmondo della novella settecentesca, genere ormaial tramonto dopo i fasti del passato e prima dellarifioritura otto-novecentesca, al quale si sostitu-irono, nel favore degli autori e del pubblico, lacommedia ed il romanzo. Tracciando unatassonomia della novellistica del Settecento, l’au-tore ricostruisce momenti significativi per unastoria di questo genere letterario e si soffermasulla produzione di Gasparo e Carlo Gozzi e, inparticolare, su quella di Giambattista Casti e diDomenico Batacchi, autori di novelle satiriche inversi di stampo illuminista e libertino.

La tipologia delle forme letterarie ludichepraticate nel ’700 include le “forme riflesse”della parodia, del pastiche e del remake, che Fidoesamina nel secondo capitolo. Esempio del pri-mo modo, che in Francia e in Inghilterrafuroreggiava nei théâtres de la Foire o nellaveste dei burlesque plays, è fornito da noi daltesto Rutzvanscad il Giovine, del nobile dilettan-te veneziano Zaccaria Valaresso, pubblicato aVenezia nel 1724, rifacimento parodico di un’au-torevole tragedia in versi di Domenico Lazzarinidel 1720. Curioso caso di emulazione stilistica èpoi quello costituito dal pastiche intitolato Lasera, vera e propria prosecuzione, ad opera delveronese Giambattista Mutinelli, del Giorno diParini, che il vate lombardo attendeva di conclu-dere, dopo la pubblicazione dei primi due poemetti(Il Mattino e Il Mezzogiorno) appunto con lacomposizione, già annunciata, de La Sera.

Con il capitolo dedicato a Pietro Chiari, l’aba-te veneziano emulo e concorrente di Goldoni,l’autore spezza una lancia in favore di un autorespesso indicato come fautore di consumismo econformismo culturale. Con le sue sessanta fracommedie e tragicommedie, e i numerosi ro-manzi, l’onnivoro scrittore si rivelerebbe, contutte le sue ambivalenze e contraddizioni, figuradi “modesta, e tuttavia [...] innegabile portataculturale”. L’analisi della Marfisa bizzarra è ilprimo dei due studi che Fido riserva a CarloGozzi nel quarto capitolo. Degna di figurare frale opere maggiori dello scrittore, la Marfisanasce, come abitudine del combattivo conte, daun’occasione polemica, quale “diatriba apoca-

littica contro la filosofia, i costumi, il nuovo stiledel secolo”. Un altro importante filone dellaproduzione del commediografo veneziano è quel-lo dei drammi spagnoleschi, a lungo lasciatigiacere nell’oblio da parte di critici e teatranti,sui quali Fido compie una prima ricognizione.

Giuseppe De Meo

LAMBERTO TREZZINI, Una storia della Biennaleteatro 1934-1995, Venezia, Marsilio, 1999, 8°,pp. 204, ill., L. 35.000.

Storia complessa quella del teatro di prosadella Biennale a Venezia, settore arrivato ultimofra le due guerre (1934) ad affiancare l’Esposi-zione d’Arte (1895) e quindi il Festival interna-zionale di musica contemporanea e la Mostrainternazionale d’arte cinematografica (gli altrisettori che hanno nel tempo ampliato l’attivitàdell’Ente sono nati dopo il 1945). Iniziativapartita con intenti di coinvolgimento “esterno”della città, utilizzata (non senza polemiche, rive-latesi nel tempo spurie se non del tutto miopi) perl’offerta consona e pertinente ch’essa potevadare con l’utilizzo di scorci dei suoi scenariurbani. Ed è rimasta indimenticata la messa inscena appunto nel 1934, con la regia di GinoRocca, in Corte del Teatro a San Luca, dellagoldoniana Bottega del Caffé, protagonista nelruolo di Don Marzio il napoletano RaffaeleViviani. Mentre in campo San Trovaso trovavaesecuzione la mess’in scena dello shakespearia-no Mercante di Venezia con la regia di MaxReinhardt. Due autentici eventi!

Lamberto Trezzini vi arriva tuttavia dopo ave-re doverosamente guardato a quello ch’egli chia-ma il “cammino istituzionale della Biennale” equella che fu a partire dal 1930 la Cooperazionedello spettacolo, voluta dal regime, alla ricerca,nella connessione tra Stato e Teatro e con unacerta demagogia populistica e ideologica, del piùvasto consenso. A Trazzini interressa analizzarei cambianti che all’interno della Biennale siimposero nel tempo, vuoi per il superamento delsuo Statuto vuoi, sull’onda ideologica delSessantotto, in obbedienza a quella che saràchiamata la “nuova Biennale”. Dove la spe-rimentazione trova spazisempre più generosi. Inqulche modo spazzando via il teatro di tradizionech’ebbe ad esempio nel 1957, per i duecento-

cinquant’anni della nascita di Goldoni, una seriedi spettacoli goldoniani in più siti teatrali, offertioltre che da complessi italiani, da compagnietedesche, francesi, rumene, jugoslave, inglesi,polacche. A scorrere i nomi dei complessi teatra-li italiani ed esteri, dei registi, degli attori, i titolidelle piéces portate in laguna (al Teatro Verdedell’Isola di San Giorgio Maggiore si poteronovedere anche alcune rappresentazioni di no giap-ponesi nella loro esecuzione più genuina) dal1934 al 1995, v’è da stupirsi d’entusiasmo per lagrande opportunità offerta dalla Biennale a Ve-nezia attraverso la cultura del teatro di prosa.Una grande lunga stagione!

Piero Zanotto

LUCIANO MORBIATO, Cinema Ordinario. Centoanni di spettacolo cinematografico a Padova e inprovincia, prefazione di Gian Piero Brunetta,Padova, Il Poligrafo, 1998, 4°, ill., L. 40.000.

“Siamo un esercito. Partiamo a difendere loZèbre”. L’immaginazione di Daniel Pennac,nell’ultimo romanzo sulla saga di Malaussène,ha portato un intero quartiere parigino a occupa-re un cinema per salvarlo dalla speculazioneedilizia. L’Italia non è Belleville, ma i segnali diripresa e rinascita del cinema, inteso come luogofisico della rappresentazione filmica, ci sonotutti: aumento e diversificazione dell’offerta(multisale), conseguente incremento di spettato-ri e, soprattutto, consolidamento della mole distudi e di iniziative per la salvaguardia e laconservazione dei vecchi cinema e della loromemoria. La storia cinematografica locale sideve confrontare con la geografia delle sale. Suquesta linea, dopo Tempo e passatempo. Pubbli-co e spettacolo a Treviso tra Otto e Novecento diLivio Fantina, che una decina di anni fa costitu-iva una delle sue prime uscite, l’editore Il Poligrafopubblica ora una appassionante storia del cinema(e dei cinema) padovano stilata con accuratezzada Luciano Morbiato e promossa dall’Assesso-rato alla Cultura della Provincia di Padova.

Padova ne emerge come capitale del cinemadel Veneto, un ruolo che questa città, con la solaparentesi della Biennale e della Mostra di Vene-zia, ha saputo conquistarsi generando variesottospecie di “cinefili, cinedipendenti, cineama-tori, cinèfagi, cinetechisti privati, cineclubisti,

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

cineforisti, cineguffisti, cinecucchisti (intesi comeiscritti al Centro Universitario Cinematografico)e cineautonomisti (soprattutto intesi come fran-gia degli iscritti ad Autonomia Operaia con fortevocazione ad impadronirsi del suddetto CentroUniversitario Cinematografico)…”.

L’homo cinematographicus patavinus già nel-l’ottobre del 1896, al Teatro Garibaldi, potevaassistere alla prima proiezione di uno spettacolodel “Cinematografo Edison”. Nel 1930, all’Eden,risuonavano le note de Il cantante di Jazz, ilprimo film sonoro, cui dovette la sua fama AlJolson. Nel 1933, al Bo’, venne discussa la primatesi italiana di storia del cinema, sancendol’acquisizione tra le arti di questa moderna for-ma espressiva.

Sorretto da un buon apparato di illustrazioni,il volume è suddiviso in tre parti. La prima,intitolata “Panoramica”, è dedicata alla ricostru-zione storica della cinematografia patavina: dal-le prime proiezioni avventurose, nei teatri o inspazi improvvisati, all’avvento del sonoro, dalcinema di regime alla crescita esponenziale deldopoguerra, dalla concorrenza televisiva di “La-scia o raddoppia” alla crisi degli anni Settanta-Ottanta, fino al nuovo sviluppo delle multisale.

La seconda parte, “Sequenza”, contiene oltreduecento schede dedicate a ciascuno dei localicinematografici – ancora attivi e non – della cittàe della provincia. Attraverso questa mappa, lapiù completa e aggiornata mai pubblicata, emer-ge la figura dell’architetto Quirino De Giorgio,autore di numerosi progetti di sale cinematogra-fiche tra cui l’Altino e il Quirinetta, che da luiassunse la denominazione.

L’ultima sezione – “Primo Piano” – completail volume con una serie di approfondimenti suaspetti particolari legati al cinema, dalle espe-rienze di gestori e proiezionisti celebri, dallastoria dell’associazionismo ai film girati in città.

Il volume, tra l’altro, contiene i testi di molterecensioni e segnalazioni d’epoca, tra cui i cele-bri commenti dell’erudito Ettore Rassi, sullepagine de Il Veneto negli anni Venti-Trenta, esuccessivamente, dopo la Liberazione, su quellede Il Gazzettino. Apprezzabile la scelta di inseri-re, in appendice, un dettagliato e utile indicedei nomi.

Marco Bevilacqua

LIVIO FANTINA, Le trincee dell’immaginario.Spettacoli e spettatori nella grande guerra, Ve-rona, Cierre, 1998, 8°, pp. 160, ill., L. 26.000.

È davvero indovinato il titolo di questo libro,ultima fatica di un autore, Livio Fantina, apprez-zato per l’originalità delle sue ricerche nel cam-po della fotografia e del cinema. È quello che sidice, da un punto di vista editoriale, un titoloriuscito, evocativo e accattivante. Tema di que-sto lavoro, che rientra nel novero delle pubbli-cazioni promosse dall’Istituto per la Storia dellaResistenza e della società contemporanea dellaMarca Trevigiana, è l’immaginario, i modelli“estetici” in voga nel Veneto, e in particolarenel trevigiano, negli anni del primo conflittomondiale.

Attraverso una serie di testimonianze, memo-rie di spettacoli, articoli e segnalazioni sullastampa dell’epoca, Fantina ricostruisce un’epo-ca, utilizzando gli eventi e i personaggi dellospettacolo – matrice alla quale hanno aderitosguardi e comportamenti di uomini e donnecoinvolti più o meno direttamente nella guerra –come strumento d’indagine. La storia dello spet-tacolo, sostiene l’autore, è soprattutto storia di unpubblico che, entrando a contatto con esso, “sene impadronisce piegandolo alle sue attese,metabolizzandolo nelle sue esperienze, coagu-landolo in immagini evocatrici, rispecchiandosinei fantasmi strappati al testo e trasformati inimmagini guida delle proprie sensazioni”.

Nei primi anni del Novecento, mutano rapida-mente la qualità e la fruibilità degli spettacoli,che dai teatri e dalle piazze si trasferiscono neicinematografi, nei politeama, nei cafè chantant,ambienti in cui si realizza una certa eterogeneitàdi pubblico, una sorta di nuova “promiscuità” trauomini e donne, soprattutto giovani, sconosciutanell’Ottocento. In particolare il cinema, superatele prime difficoltà tecniche, a furore di popolo“diventa la nuova carta topografica delle cono-scenze, dei sentimenti, delle aspirazioni, dellefedi, strumento di conoscenza e orientamento, sucui si sperimentano i nuovi sentieri del compor-tamento e dei sentimenti collettivi”.

La guerra, però, rimescola le carte, riporta inauge talenti e professioni desueti. Nelle campa-gne e nei paesi tornano i cantastorie, i musicanti,i domatori, gli uomini forzuti e i burattinai.Anche nelle città del NordEst mutano clima egusto, si impongono nuove necessità. E così, “letragiche dinamiche messe in campo dalla guerrasi rispecchiano ben presto, come in uno spec-chio, nelle modalità e nella concezione dellospettacolo”.

Lo spettacolo leggero conosce un periodo diabbandono e di disinteresse, comprensibile datoil clima nazionalistico e irredentista di un paesein guerra, in cui la tragicità degli eventi spinge ilpubblico a privilegiare e a identificarsi in spetta-coli “tragici”, a forte contenuto etico, in unaparola “impegnati”. “Persino le variazioni diatteggiamento nei confronti della guerra cheemergono ad esempio tra il clero trevigiano, cosìattento a non perdere i contatti con la sensibilitàpopolare [...], si riflettono – sottolinea Fantina –nella messa a disposizione delle proprie sedi,persino il prestigioso palazzo Filodrammatici,per allestire le case del soldato, spazi istituzionali

che, assecondando le variazioni di atteggiamen-to intervenute, privilegiano ora il momento didifesa della moralità, ora il momento ricreativo,ora quello assistenziale...”.

La guerra, insomma, nel momento di massimadifficoltà per il paese, diventa un dovere, unimperativo etico che viene filtrato, digerito eriproposto anche dal mondo dello spettacolo. Illibro è ricco di citazioni, rimandi, contributi,testimonianze, che illuminano di luce nuova lastoria della cultura e della vita sociale di un’epo-ca in cui anche lo spettacolo, sul fronte dell’im-maginario, si calava in trincea.

Marco Bevilacqua

LETTERATURAMEMORIALISTICA

Leopardi e la cultura veneta. Edizioni, auto-grafi, fortuna, a cura di Giorgio Ronconi, Padova,Biblioteca Universitaria, 1998, 8°, pp. 217, ill., s.i.p.

È il catalogo della mostra bibliografica che siè tenuta a Padova nel maggio del 1998, in occa-sione del secondo centenario della nascita delpoeta di Recanati e in concomitanza col conve-gno di studi organizzato dall’Università di Pado-va e dall’Istituto Veneto di scienze lettere ed arti.Il Ridotto del Teatro Verdi ha ospitato, per ini-ziativa della Biblioteca Universitaria, del Comu-ne di Padova e della Giunta nazionale leopardiana,una vasta scelta di manoscritti e volumi, nell’inten-to di disegnare la mappa dei rapporti tra Leopardie la cultura, la letteratura, l’editoria veneta.

“Vi entrò recanatese, uscì cittadino del mon-do”, diceva De Sanctis a proposito di quell’im-mensa esperienza umana che fu per il giovanis-simo Leopardi la frequentazione della bibliotecadel padre Monaldo. E di ordine innanzituttolibrario sono i rapporti tra il poeta dell’Infinito eil Veneto, regione che non ha avuto un ruoloimportante nella sua biografia (incentrata sul-l’asse Bologna-Firenze-Napoli oltre che sul “na-tio borgo selvaggio”) ma assai presente nella suaformazione culturale.

I saggi di Giorgio Ronconi, Oddone Longo,Giuliano Tamani, Guido Baldassarri e RolandoDamiani mettono in evidenza, attraverso loZibaldone e i testi antologizzati nella Crestomaziaitaliana, il legame di Leopardi con scrittori venetiquali Melchiorre Cesarotti, Gasparo Gozzi,Scipione Maffei (per far solo alcuni nomi), equello ancor più corposo, se pur forse più ester-no, con l’editoria della Serenissima, così fiorentenel Settecento da costituire per un dotto diRecanati una sorgente inesauribile di letture.

Sfogliando il catatogo ci si imbatte così, peresempio, nel frontespizio del Verter stampato aVenezia, presso Giuseppe Rosa, nel 1796: pro-prio in questa versione, opera del medico pado-vano Michiel Salom, Leopardi conobbe ed amòil romanzo di Goethe.

Giuseppe Sandrini

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

ANTONIA ARSLAN, Dame, galline e regine. Lascrittura femminile italiana fra ’800 e ’900,Milano, Guerini, 1998, 8°, pp. 221, L. 32.000.

Antonia Arslan da almeno un ventennio stadedicando energie ed intelligenza allo studiodella letteratura femminile italiana. Da tempo lasua attenzione si è appuntata particolarmente sulperiodo che va dal 1860 – anno in cui fu procla-mata l’Unità d’Italia – al 1914 – data di iniziodella Prima Guerra mondiale. Periodo partico-larmente interessante poiché è in questi anni checomincia a emergere e ad affermarsi anche da noiuna moderna produzione di romanzi, novelle,poesie scritte da donne.

La convinzione che è alla base di tutti i saggicontenuti nella presente silloge è che la nascita diuna letteratura al femminile otto-novecentescapuò essere compresa solo prendendo le mossedal momento in cui cominciò ad imporsi ancheda noi una letteratura popolare di consumo, tracui fanno spicco da una parte i romanzi d’appen-dice, dall’altra i cosiddetti romanzi “rosa”. Sco-po di queste opere è solo l’intrattenimento e, sevogliamo, un blando effetto pedagogico. Maassai interessante è il fatto che tra il pubblicosempre più vasto attirato da queste letture d’eva-sione, si fanno di anno in anno più numerose ledonne, il cui livello di vita sta migliorando edhanno pertanto più tempo libero da dedicare ailibri. Non solo, ma questo nuovo pubblico dilettrici sollecita la nascita di una letteratura po-polare al femminile. E le scrittrici, che parlanoalle donne e offrono loro sogni da seguire persfuggire alla realtà, fatta di subordinazioni e diemarginazioni, si moltiplicano. A loro si affian-carono ben presto, su un piano di letteratura più“alta” un’ampia schiera di romanziere e dinovellatrici: una vera e propria “galassia som-mersa” che in parte attende ancor oggi una suapiù esatta rivalutazione: essere cioè giudicatacon gli stessi criteri usati per un Verga o und’Annunzio, fuori da ogni preclusione. È questoil compito che le parti componenti la presenteantologia, in cui sono raccolti tutti gli interventicritici dell’autrice sull’argomento dal 1980 adoggi, si propongono. Dall’itinerario critico diAntonia Arslan emerge una vera e propria storialetteraria al femminile otto-novecentesca. Fina-lità comune alla scrittura femminile del periodoè quello di assecondare il desiderio di riscatto edi autorealizzazione delle donne anche in carrie-re fino ad allora riservate agli uomini. Questeproduzioni letterarie si tengono tuttavia lontanedal proporre soluzioni apertamente femministe euna contrapposizione recisa agli uomini e al-l’ambiente. Anzi la caratteristica comune di taleletteratura è quella di oscillare tra il proposito dievidenziare l’importanza fondamentale per ledonne dell’amore (coniugale, materno, filiale)come elemento portante della loro affermazionee quello di esaltare il loro nascente protagonismo.Entro questa cornice culturale comune si collo-cano i profili che il volume dedica ad alcune dellepiù importanti protagoniste letterarie dell’epoca.

Prima di tutte Neera, “spregiudicata e riflessi-va insieme”, dotata di un certo pessimismomelanconico e allo stesso tempo di una profondapassionalità, i cui romanzi presentano protagoni-ste in bilico tra azione e frustrazione. Così in

Teresa, che è del 1886 (per non parlare di altriromanzi, come Sogno o Anima sola), l’autrice,nel disegnare con estrema lucidità la “fisiologiadella zitellona”, pone davanti agli occhi dellelettrici e dei lettori il destino di quelle legioni diragazze non sposate, intristite nel chiuso dellecase, senza un uomo o un futuro per colpa diparenti egoisti, denuncia in modo realistico lacondizione femminile.

Accanto a Neera, Contessa Lara, scrittricedalla vita trascorsa in un aura scandalistica diamori irregolari. Dotata di una intelligenzaintuitiva e di una elegante facilità di immagina-zione e di scrittura, Contessa Lara fu vittima diuna fragilità tipicamente femminile che le fecericercare per tutta la vita un uomo a cui appog-giarsi. Le sue pagine sono basate su una malinco-nica e disincantata disillusione e sul disegno diproporre un impietoso bilancio dell’eternodualismo tra il maschile e il femminile. Le pagi-ne forse più significative scritte da Lara sonocontenute nelle sue due favole: Una famiglia ditopi e La bambola. Se il tema dominante dellaprima è il bisogno di protezione e di reciprococonforto, nella seconda, oltre al disegno delcrudele destino di decadenza della piccola prota-gonista, viene dissacrato l’istituto della famiglia.

Di non minore suggestione è l’analisi che,entro la vastità davvero sorprendente del panora-ma letterario al femminile a cavallo tra Ottocentoe Novecento, il volume dedica – come per esem-plificare le tesi che vi sono proposte – all’esamepuntiglioso di due romanzi di Neera: Teresa eCrevalcuore. Secondo l’Arslan il primo puòessere considerato un vero e proprio Bil-dungsroman al femminile; nel secondo assistia-mo al rovesciamento di alcuni stereotipi dellaletteratura femminile. La protagonista viene do-tata di una intelligenza volitiva, il protagonistamaschile invece di un carattere femmineamentedebole ed insicuro. È con romanzi come questiche la produzione letteraria al femminile a caval-lo dei due secoli riesce a liberarsi dai lacci delletematiche e dei modi della produzione d’evasio-ne (d’appendice o rosa che sia) e ad assumere inpieno la dignità di letteratura “alta”.

Giuseppe Fort

Elisabetta Caminer Turra (1751-1796). Una let-terata veneta verso l’Europa, a cura di RitaUnfer Lukoschik, Verona, Essedue, 1998, 16°,pp. 125, L. 20.000.

Nella protagonista de La Bella e la Bestia, lafamosa favola settecentesca di Jeanne Marie LePrince de Beaumont, si può trovare la chiaveinterpretativa di quella che fu la vicenda intellet-tuale di una grande donna: Elisabetta CaminerTurra. Infatti la sua battaglia in campo culturale,il raggiungimento della felicità umana, non ri-fletteva altro che l’ideale, espresso allegorica-mente, della fiaba: “ciò che conta – scrive lacuratrice – non è la nobiltà di nascita se essa nonè accompagnata dalla nobiltà dei sentimenti ecome siano generosità d’animo, altruismo e laserena disponibilità a far parte integrante edattiva del consorzio umano ad essere l’unica

chiave di una vita appagata”. Ebbene, a questoideale la Caminer donò tutto: la sua intelligenza,le sue energie, i suoi beni materiali tanto chedovette indebitarsi per fare andare avanti il “Nuo-vo Giornale Enciclopedico d’Italia”.

Il libro presenta una biografia a tutto tondodella Caminer. Attraverso la riflessione sul car-teggio e la ricostruzione delle querelles di cui fuprotagonista, Rita Unfer tratteggia un profilobiografico in cui la Caminer emerge nella pie-nezza della sua vitalità. Il pregio del volume staproprio nel presentarci una donna viva, che nonsi ritrae di fronte alle avversità, consapevole delproprio ruolo di intellettuale, pronta a battersi peri suoi ideali anche se ciò poteva costringerlaall’isolamento. Molti furono gli ostacoli chedovette superare in questo suo tragitto culturale:dalle feroci critiche di Carlo Gozzi, alle censurecui era costretto il suo giornale. Ma ciò che nonle fu perdonato dagli ambienti veneziano evicentino fu la sua libertà di interpretare il ruolodi donna: per le convenzioni dell’epoca ellarappresentò un modello negativo in quanto fuportatrice di un’idea non subalterna della donna.Questo atteggiamento, per l’epoca rivoluziona-rio, le sue elevate capacità dirigenziali, la visionemilitante-progressista della cultura non poteva-no che sollevarle l’opposizione dei settori con-servatori veneti e veneziani.

Il saggio della Unfer, che si appresta a pubbli-care il carteggio della Caminer, è affiancato daaltri due molto importanti interventi: quello diCalogero Farinella dal titolo “Nel giornale diBettina”. Elisabetta Caminer Turra e alcuniamici veronesi; quello di Catherine M. Sama,Verso un teatro moderno. La polemica tra Elisa-betta Caminer e Carlo Gozzi.

Il libro ha accompagnato la mostrabibliografica, curata dalla stessa Unfer e daAgostino Contò e Claudio Gallo, allestita pressola Biblioteca Civica di Verona dal 27 novembre1998 al 20 febbraio 1999. All’inaugurazione, siè tenuta una tavola rotonda a cui hanno parteci-pato la curatrice del volume e gli autori degli altridue interventi contenuti nel libro, Luciano Guer-ci, Franco Fido, Volker Kapp. Ad aprire i lavoriil direttore della Biblioteca Civica Ennio Sandal.

Cinzio Gibin

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

L’opera di Diego Valeri, a cura di Gloria Man-ghetti, Atti del Convegno nazionale di studi(Piove di Sacco, 29-30 novembre 1996), Piove diSacco (PD), Biblioteca Comunale, 1998, 8°, pp.177, ill., s.i.p.

Nato a Piove di Sacco nel 1887, morto nel1976, Diego Valeri si è formato a Padova ed havissuto tra Padova e Venezia. Il poeta e scrittoreveneto, uno dei più significativi del nostro seco-lo, con un ruolo riconosciuto anche nella lettera-tura nazionale, ha mantenuto un legame di me-moria verso la Saccisica e il paese natio, sul qualeha scritto poche ma accorate e mirabili pagine. IlConvegno ha inteso rinsaldare questo legame eraccogliere una serie di testimonianze e riflessio-ni di amici di Valeri e di studiosi veneti.

Dopo l’introduzione della curatrice, la mag-giore studiosa di Valeri, vengono pubblicati in-terventi di vario genere. Si parte dalle testimo-nianze, come quella di Vanni Ronsisvalle (regi-sta del filmato-intervista RAI “Incontri: DiegoValeri”, del 1969, riproposto in occasione delConvegno) e Il mio Diego: uomo di gentilezza diGian Antonio Cibotto (che ha ricordato l’amicocon sette ricordi, metaforicamente sette roserosse poste sulla sua tomba), ma anche i ricordidi Milena Milani e di Andrea Zanzotto, interven-ti di Antonella Anedda, Enrico Gusella, Giovan-ni Salmaso. Si hanno quindi visitazioni dei rap-porti dello scrittore con il mondo veneto, propo-sti da Paolo Tieto per quanto riguarda il paesenatio (Piove di Sacco nelle poesie e in altri scrittidi Diego Valeri) e da Silvio Ramat (Città diValeri) per la rappresentazione delle diversecittà venete, con particolare riferimento a Pado-va e a Venezia. La parte prevalente è opportuna-mente occupata da riflessioni sulla poesia: lettu-re del solitario e moderno percorso poeticovaleriano con Diego Valeri: gli inizi. Dialogofiltrato con l’avanguardia, di Ugo Piscopo (cheevidenzia il suo percorso al di fuori dell’avan-guardia poetica) e Valeri, Verlaine e la moderni-tà, di Mario Richter; il legame con Palazzeschianalizzato da Gloria Manghetti (“Gli amici poe-ti”: Aldo Palazzeschi e Diego Valeri); L’ultimoValeri di “Calle al vento” rivisto da CesareGalimberti; proposte di riflessione più comples-siva come Il poeta e la poesia nella scrittura di

Diego Valeri, di Angelo Ferrarini; Il “primotempo” della poesia di Valeri. Le raccolte giova-nili (1908-1913), di Milena Albertin.

Il volume costituisce un approfondimento euna riproposizione della poesia valeriana, delsuo modo di esprimersi semplice, apparente-mente immediato, ma in realtà frutto di un lavo-rio intenso e di un estro originale. Il Convegno,ricco di presenze e di contributi offerti al poetaveneto, è stato anche occasione di intitolareufficialmente la Biblioteca comunale di Piove diSacco a Diego Valeri e di accogliere in unaapposita sezione della Biblioteca la parte dellabiblioteca privata di Valeri che è stata donatadalla figlia alla città, in ricordo perenne delproprio padre.

Pier Giorgio Tiozzo

CITTÀ DI PIOVE DI SACCO - BIBLIOTECA COMUNALE

“DIEGO VALERI”, Catalogo del Fondo DiegoValeri, a cura di Paola Scapin, Raffaella Zannato,Antonio Zanon, introd.di Gloria Manghetti, Pio-ve di Sacco (PD), Biblioteca Comunale, 1998, 8°,pp. XIV-128, 3 ill., s.i.p.

Donato al centro della Saccisica nel 1996 dallafiglia del poeta veneto Diego Valeri, il Fondoviene conservato nella Biblioteca comunale ed ècostituito da quasi 600 documenti (tra libri, estrat-ti, fotografie e articoli) e 300 pezzi (ritagli digiornali e riviste) contenuti in otto cartelle. Que-sto materiale si aggiunge ad altra documentazio-ne lasciata dalla famiglia alla Fondazione Gior-gio Cini di Venezia nel 1977, in occasione delconvegno tenuto ad un anno dalla scomparsa, edi un fondo lasciato da Valeri stesso, nel 1975,alla Biblioteca del Centro interdipartimentale diPalazzo Maldura dell’Università di Padova.

La pubblicazione del Catalogo consenteun’ampia diffusione delle informazioni inerentii materiali conservati ed una più efficace consul-tazione.

Dopo la presentazione di Giorgio Bovo el’introduzione di Gloria Manghetti, che illustra agrandi linee il materiale e il percorso fatto, la notatecnica dei curatori apre il Catalogo, ordinatoalfabeticamente e per numero d’ordine crescen-te, con descrizione catalografica redatta suglistandard Isbd, ordinata per titolo, e indicante lacollocazione del Fondo (la suddivisione, creataappositamente per la sezione, rispecchia latipologia dei documenti, articolandosi in poesia,prosa distinta per argomenti, traduzioni, scrittisu Valeri, libri e riviste vari, vangeli, cartelle diritagli di giornale, fotografie). Il Catalogo siarticola in tre parti. Innanzitutto 467 schede divolumi di contenuto e genere diversi (con testianche di Valeri), all’interno della quali vengonocomprese 44 estratti e 4 fotografie. Nella descri-zione abbondano le note, con indicazione dieventuali dediche, segni e firme, precisazione sueventuali segnature di Valeri contenute all’inter-no. Seguono un elenco di 89 articoli (indicati pertitolo), di e su Valeri, raccolti da 46 testatediverse, e il catalogo delle cartelle di ritagli diarticoli (i 300 pezzi contenuti in otto cartelle,così come pervenute alla Biblioteca), tratti da

giornali e riviste, contenti notizie di o su Valeri.La numerazione progressiva dei volumi e artico-li è funzionale ad un opportuno e utile indice perautori, che ne agevola la consultazione.

Il volume raccoglie anche una ponderosa se-conda parte di elenchi tematici dedicati a DiegoValeri, che occupano le pagine da 73 a 128. Sitratta di cinque bibliografie, tutte ordinatecronologicamente, rispettivamente relative: ainumerosi scritti di Diego Valeri; ai testi di Valerispecificatamente dedicati alle due città della suavita, Padova e Venezia; agli scritti di Valeri inaltre lingue, con pubblicazioni in altre lingue disuoi testi e poesie, articolati per lingua; alle operetradotte da Diego Valeri (dal francese, dal tede-sco, traduzione dei vangeli); agli scritti su DiegoValeri, un’ampia rassegna, che parte dal 1926 edarriva al 1996.

Pier Giorgio Tiozzo

ELIO BARTOLINI, Vita di Giacomo Casanova,Milano, Mondadori, 1998, pp. 426, L. 32000.

È questa la quarta volta che Elio Bartolini,scrittore friulano che festeggia nel 1999 mezzosecolo di attività, con un’ampia esperienza disceneggiatore cinematografico e un film – L’al-tro Dio – da lui diretto nel 1975 e ambientato aMarghera, si accosta alla figura di GiacomoCasanova. Lo fece in prima battuta vent’anni fàcon Il duello ovvero Saggio della vita di G. C.Veneziano. Vi ritornò pubblicando Le 33 letteredi Francesca Buschini e Giacomo Casanova ediede alle stampe nel 1994 Casanova dalla feli-cità alla morte.

Ha dunque esplorato a fondo la natura delcontroverso personaggio, affidandosi per questo“romanzo biografico” non soltanto alle indi-spensabili pagine de l’Histoire de ma vie scritteda Giacomo di suo pugno, bensì portando allaluce carteggi e documenti d’epoca e quanto diimportante han testimoniato storici e studiosinon soltanto italiani in questo secolo. Una vitatumultuosa, come ben sappiamo, dissipata il piùdelle volte dal Protagonista per desiderio di ri-schio e di avventura. Dalle pagine di ElioBartolini, di bella forza narrativa, la figura diGiacomo Casanova si staglia come incastonatanello sfondo di Venezia, dell’Italia e dell’Europacon molti degli eventi storici del Settecento,secolo percorso dai lucidi fremiti dell’Illu-minismo. Ed è seguita, pedinata fin nell’intimodi eventi anche appena sussurrati sfocianti inaltri di eclatante dilatazione come la fuga delpersonaggio dai Piombi dove il rigore delle leggidella Serenissima lo avevano relegato. Dallanascita alla crepuscolare avvilita fine nel Castel-lo di Dux in Boemia dov’era ormai esiliato conmansione di bibliotecario dopo avere perduto lastima di quanti, nobili ed ecclesiastici, lo aveva-no a lungo protetto.

Spirito eclettico e arguto osservatore. È questoche emerge dal puntiglioso affascinante ritrattoche ne fa Bartolini, facendo prevalere in modoconsono sugli aspetti mondani la dimensione delCasanova narratore e letterato. Identità culturaledi molte sfumature, talvolta contraddittoria e

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

perfino enigmatica, permeata di edonismo connel fondo di sé un istinto autodistruttivo. Dun-que, di un vitalismo venato di tristezza (e così lovide nel suo film Federico Fellini). Romanzoesaustivo quindi sulla vita di Giacomo Casanovaquesto di Elio Bartolini? Di certo compendia erisistema con solare dovizioso rigore quantofinora era stato scritto anche autorevolmente sudi lui da illustri indagatori.

Piero Zanotto

DOMENICO VARAGNOLO, Sie monologhi venezia-ni, Venezia, Associazione “Il Teatro alla moda”,1999, 8°, pp. 83, ill.

Il 20 agosto 1949 moriva tragicamente a 67anni Domenico Varagnolo. Uno degli ultimisensibili cantori attraverso la poesia e il teatrovernacolo dell’anima popolare e piccolo borghe-se veneziana. Di una vene colorita e insiemericca di ritrosie, come rivelano anche questi versiscritti per il sonetto intitolato “Presentazion”,attraverso i quali egli si diceva perplesso dellasua attività poetica. Si chiedeva in essi infatti:“Sògio un poeta?... Ma! mi ve confesso / cheproprio garantirvelo no posso, / per el semplicefato che, mi stesso, / soto soto aspeto qua, no meconosso”. Varagnolo donò molto di sé, del suoamore per Venezia, al teatro. Sue commediecome Matina de nozze recitata dalla compagniadi Ferruccio Benini il 20 febbraio 1911 al TeatroGoldoni, che segnò il suo esordio in questadisciplina “specchio della vita nei suoi momentianche minimi eppur altissimi”, o ancora I quadrirititolata La dote di Gigeta, furono espressionisincere di uno stato mentale che sapeva vibrareper ogni palpito della sua città. “Posso peraltrodir, cussì a un dipresso, / che, senza andar infregole a ogni costo, / dele volte me basta anca unsempiesso per sentirme nel’anima comosso”,come ebbe a confessare sempre nel sonetto cita-to. Era anche stato uomo pubblico, avendo creatonell’ambito della Biennale con sicuro entisiasmoe competenza, chiamato nel 1906, appenaventiquattrenne, come suo stretto collaboratoreda Antonio Fradeletto che dell’Ente era il segre-tario generale, l’Archivio storico.

Alcuni suoi celebri monologhi, sei per l’esat-tezza, furono oggetto di un volumetto assai dif-fuso dopo la morte. Vengono ora ripubblicati conlo stesso titolo, con un ritratto del Varagnolo incopertina di Alessandro Milesi risalente al 1929e all’interno alcuni disegni illustrativi del pittoreClauco Benito Tiozzo. Fornito di una approfon-dita prefazione di Bruno Rosada che esamina itesti collocandoli nell’atmosfera storica dei gior-ni in cui essi furono via via scritti, vale a dire trail 1904 e il 1920.

Il primo e forse il più conosciuto dei seimonologhi si chiama Il Cale. Ritratto di unaVenezia povera, popolare, ricca di dignitosi sus-sulti, collocata alla Tana, nei pressi dell’Arsena-le. Testo squisitamente teatrale, perché articola-to con abile coinvolgimento del pubblico. Al-l’inizio invitato a serar i oci per meglio immagi-narsi ciò che gli si andava raccontando, e alla finefingendo di trovarsi dopo tanta lunga litania

davvero di fronte a un auditorium addormentato,che applaudiva sveglissimo quando l’attore allaribalta fingeva di andarsene discreto senza farrumore. E quindi tornava fintamente meraviglia-to: Come? Ve seu svegliai? No l’avaria credudo.../ Dasseno me despiase... scusème... Ve saludo!

Piero Zanotto

DANIELA MILANI VIANELLO, Fondamenta dei ve-trai, pref. di Giovanni Sarpellon, Venezia, Cen-tro Internazionale della Grafica, 1997, 8°, pp.126, ill., s.i.p.

Una piccola isola della laguna veneziana, dal-le lontane origini contadine, oggi famosa tantoquanto la nobile Venezia: “l’isola dei vetri d’ar-te” – arte che valse ai suoi “maestri” dirittiequiparabili alla classe dominante. E, nell’isola,una fondamenta che ne costeggia il canale piùimportante: Fondamenta dei Vetrai. Lungo que-ste sponde, a metà Settecento, si snodano levicende di una serie di personaggi, i cui nomiriecheggiano quelli di famiglie realmente vissuteall’epoca, ma le cui storie nascono dalla brillantefantasia di Daniela Milani Vianello.

Alvise, Chiara e Contarina, tre personaggidiversi, ma le cui vite, nel bene e nel male, sonoindissolubilmente legate all’arte del vetro e allebotteghe dei vetrai. Storie di passioni brucianticome le fornaci, di amori ancora da scoprirecome i tesori nascosti, di passioni ormai sopite oabbandonate come alcune antiche botteghedismesse. E ancora tradimenti alla devozioneamorosa o alla tradizione di bottega, scopertesensuali e affascinanti, incontri fra esistenze ametà fra la magia e la vita quotidiana... Storieraccontate con delicatezza e maestria, accompa-gnate da preziose illustrazioni d’epoca e da unpiccolo glossario.

Fondamenta dei vetrai è indubbiamente unalettura piacevole – oltre che interessante – cheaffascina senza mai stancare, ma rappresentasoprattutto un sentito tributo alla piccola, magrande, Murano.

Susanna Falchero

GIAN GIACOMO CAPPELLARO, Porta Altinia, conuna nota di Andrea Zanzotto, Venezia, CentroInternazionale della Grafica, 1998, 8°, pp. 115,ill. s.i.p.

Il personaggio, se così si può dire, con il qualeinizia Porta Altinia è un’ape, anzi, un’“ape vaga-bonda” che ronza nel giardino... Notazione inso-lita, forse, ma poco dopo ci si trova già di frontea un’“inquadratura” (proprio come in una ripresacinematografica) dalla Stazione Ferroviaria e,pian piano, si dipana il racconto. È il ritratto diuna città “umile, cordiale e afflitta da una povertàdiffusa, con i suoi usi e costumi di vita, i suoilinguaggi, i personaggi bizzarri”, ricorda l’Auto-re, un ritratto fra le due guerre mondiali in unmomento di relativa tranquillità e speranza.

Pagina dopo pagina si incontrano fatti, perso-naggi, avvenimenti speciali, ma anche piccolecose quotidiane. Ecco allora la passeggiata do-menicale delle ragazze, i nomignoli fra paesani ela gita al mare; la “beghina” dal “cappellino afrittola [...] che si è assunta il disperato compitodi governare la moralità del quartiere”; l’attac-chino affetto da una dissenteria perniciosa chegli valse a vita il titolo di “Cagazalo”; il tramchiassoso che faceva vibrare ogni cosa al suopassaggio; le merendate e il bancone delle angu-rie che segnava l’arrivo della bella stagione; lefoto in posa e le canzonette...

Una panoramica di ricordi, grandi e piccoli,ricordi preziosi perché lontani – tanto da assume-re quasi il tono dolce di una favola –, ma ancorpiù preziosi perché vissuti con gli occhi di bam-bino, e con lo stesso “sguardo” raccontati.

Susanna Falchero

ALVISE ZORZI, San Marco per sempre. Una storiamai raccontata, Milano, Mondadori, 1998, 8°,pp. 315, L. 32.000.

In un intarsio esemplare di passato e attualitàche conduce il lettore a capire l’odierna vicendapolitica e soprattutto economica del Nordest delnostro paese, le pagine di questo libro raccontanogli accadimenti della gente veneta nel corso deisecoli: dai giorni della Roma imperiale di cui iVeneti furono fedeli alleati, via via nel tempoquando con tenacia e spinti da imperiosi eventidiventarono gli artefici del “primo autenticomiracolo veneto”, la nascita di Venezia. Con losfaldarsi della millenaria Repubblica del Leone,nei domini ch’essa aveva raccolto sotto la suabandiera si assiste ad atteggiamenti contrappo-sti: mentre da parte delle varie Signorie locali èevidente l’insofferenza (e quindi la latente e orapalese infedeltà) nei confronti del Governo ve-neziano, proprio gli umili, i popoli del bresciano,del bergamasco e d’altre realtà difesero comepoterono, a oltranza e con sacrificio, la bandieramarciana dalle cupidigie degli eserciti stranieri.Non amata dunque dalle classi privilegiate, nelfondo rissose per cupidigia di potere, la Domi-nante riscosse invece dai popoli che ne formaro-no per quattro secoli il suo tessuto sentimentisinceri di lealtà. Zorzi percorre la storia delNordest con esemplare puntiglio documentario

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

anche nel dopo Venezia: la miseria che rischiò disoffocare le sue genti, costringendole ad unaemigrazione di massa; la sofferenza recata nellesue carni dalla Grande Guerra; la triste vicendadal Fascismo portatore di illusoria stabilità; quindila vicenda della Resistenza durante il secondoconflitto. La dura ricostruzione e infine il mira-colo economico che ha portato il Nordest adessere protagonista (non sempre benevolmenteguardato) di dibattiti politici amplificati dalla fi-nestra televisiva.

Piero Zanotto

DON ARMANDO TREVISIOL, Diario di un parrocodi periferia, Padova, Il Prato, 1998, 8°, pp. 239,L. 25.000.

Il Diario di don Armando Trevisiol uscì, nellasua “prima parte” (1974-1986) in occasione dei25 anni di sacerdozio. Il volume che invece oggipossiamo leggere contiene, oltre alla riedizionedella prima parte, l’“aggiornamento” dell’ulti-mo decennio.

Immaginando di rivolgersi a un pubblico piùampio e variegato di quello che assiste alle pre-diche domenicali, Trevisiol ha settimanalmentepubblicato su una rivista parrocchiale i pensierie le riflessioni che la “vita da parroco” gli hasuscitato. Pensieri che riflettono “un’immaginee una testimonianza di prete un po’ diversa dagliarchetipi tradizionali di sacerdote, tutto chiesa ecompunzione” – come ci ricorda lo stesso autore– e che, proprio per questo, rendono ancora piùpreziosa e piacevole la lettura del suo Diario.

Susanna Falchero

ENZO FONTANA, I mandarini della piccola Atene,Treviso, Santi Quaranta, 1999, 8°, pp. 162, L.20.000.

Come è stata vissuta la contestazione studen-tesca, esplosa nel 1968/69, anche nelle città e neipiccoli centri di provincia, dai docenti? Non sonomoltissime le loro testimonianze. Enzo Fontana,trevigiano, docente di storia e filosofia nel liceolocale, ha scelto per raccontarlo lo strumento delromanzo breve.

Il racconto del protagonista, docente di storiae filosofia, comincia con un misterioso e confusomalore che lo colpisce il 7 dicembre 1968, men-tre sta per partire la contestazione studentesca. Ilmalessere fisico e l’oscura crisi psicologica deldocente ai aggravano col passare del tempo, iltempo della contestazione studentesca e dell’oc-cupazione delle scuole, compreso lo storico liceocittadino. Mentre si distacca sempre di più daisuoi colleghi, ripetivi, meccanici nelle loro ideee nelle loro abitudini, il docente guarda frequen-temente con affetto e con tenerezza la bellissimacittà di pietre, mura, chiese, palazzi. Improvvisa-mente, con la malattia, il mondo esterno è diven-tato indecifrabile e ostile per il professore. Leconsuetudini di vita del tempo trascorso primadel ’68 diventano soltanto il ricordo di un tempo

che era o sembrava felice. Il docente vede i suoicolleghi – il preside retore e pavido, il sicilianografomane e traffichino, il frequentatore di oste-rie, l’esibizionista laico, l’operaista parolaio –come delle macchiette.

Davanti alla contestazione studentesca i do-centi si dividono ma le ragioni del loro atteggia-mento non hanno una motivazione profonda. Ilprofessore non sa vedere nessuna via d’uscitache non sia un cambiamento di mestiere pura-mente velleitario. La fragilità del professor Albertiè rimasta nascosta per anni, esattamente comequella della scuola. L’idea di cambiare profes-sione è una fuga, soltanto una velleità. Il viaggioa Roma, alla sede del Ministero della Pubblicaistruzione, per un incontro con il ministro che èloro concittadino, del provveditore agli studi, deipresidi, dei docenti e degli studenti contestato-ri è una specie di pellegrinaggio verso il nulla. Aconclusione dell’anno terribile il docentetrevigiano di storia e filosofia è consapevoleche molte certezza se ne sono andate defini-tivamente.

Elio Franzin

Viaggi con mezzi pubblici di trasporto, a cura diGiulio Mozzi e Marina Bastianello, Padova, IlPoligrafo, 1998, 16°, pp. 138, L. 16.000.

“Viaggiare. Arrivare. E sapere che bisognascendere”. Tre frasi a significare il viaggio, cheè il tema proposto per la seconda edizione di unaselezione di racconti, promossa dall’Arci NuovaAssociazione di Padova con il patrocinio dellaAmministrazione Provinciale. Questo libricci-no, curato da Giulio Mozzi e Marina Bastianello,riunisce quattordici di questi racconti di genteche viaggia, apprezzabile contributo di analisipoetica di questa dimensione dell’universo quo-tidiano.

Un’umanità che viaggia, si incontra e forsenon si rincontrerà mai più; tutti i giorni, allastessa ora, le stesse azioni ripetute alla noia, allanausea: salire, scendere, fermate, stazioni, treni,autobus, stesse strade, stessa gente, ma anche no.Forse la realtà più ordinaria nasconde sfac-cettature, angoli visuali inattesi. Già, perché se tisoffermi un attimo, con l’attenzione scientificadell’osservatore, ad osservare quegli attimi che tipossono sembrare ripetizioni banali e perdononel ripetersi il loro senso e il loro colore, azioniapparentemente così meccaniche riacquistano laloro cifra di imprevedibile novità.

Così queste narrazioni, selezionate tra quantehanno partecipato al concorso, sono fonte diosservazioni, talvolta banali, talora divertenti eargute, che scaturiscono da una realtà, quella delpendolarismo, che fortemente si impone, on-nipresente anche a livello di saturazione di spazi,di odori (spesso spiacevoli), di rumori.

Se si superano le prime pagine con la sensazio-ne di già letto, già sentito, si scoprono ancheinvenzioni gustose come quella di AlessandroCarpin (Trebaseleghe-Padova: corsa delle 7,20),che immagina due passeggeri, a prima vistaordinari, ma che ben presto si rivelano esseremessaggeri celesti che mescolano la loro identità

sovrannaturale alla nostra comune fisicità. An-che in un autobus, Bene e Male si fronteggianocamuffati (non lo sono sempre?), lei seducente inminigonna inguinale, lui in jeans e giubbotto: achi legge il gusto di scoprire quale delle dueidentità riuscirà a prevalere.

Marco Bevilacqua

STORIA

Veneziani in Levante, musulmani a Venezia, acura di F. Lucchetta, Roma, Herder, 1997, 8°, ill.pp. 176, L. 45.000.

Uscito come supplemento monografico dellarivista «Quaderni di studi arabi», il presentevolume offre al lettore una serie di contributi suipersonaggi e sulle merci che nell’Età Modernapercorsero le vie del Mediterraneo, quelle vieche univano la città dei dogi con quelle delBosforo e i suoi dominî. Pur nel rigore dell’inda-gine scientifica e di un puntiglioso ricorso allefonti documentarie, gli autori presentano perso-naggi le cui vicende sembrano uscite da qualcheromanzo di ambiente orientale.

Giovani cristiani fatti prigionieri dai turchi econvertitisi all’Islam, medici ebrei e cristiani cheoperavano contemporaneamente tanto nella casadel bailo veneziano quanto nel serraglio delsultano, tenendo i contatti tra questi due mondi,sono i protagonisti del saggio curato da France-sca Lucchetta che puntigliosamente, giorno dopogiorno, anno dopo anno, segue le loro vicende.Alcuni hanno sorti drammatiche, come il nobileveneziano Marino Pesaro, catturato giovanetto emorto poco più che ventenne, oppure ErcoleMartinengo, catturato sotto le mura di Famagostae ferocemente evirato, o ancora come il figlionaturale del viceré di Sicilia, don Diego diVigliena, che invano tentò di fuggire e tornare incristianità.

Sempre veneziani in Levante sono i protago-nisti del saggio di A. Akif Erdoyru. Si tratta peròdi mercanti che lasciarono volontariamente lapatria per andare a commerciare nella lontanaCipro. Una comune affermazione tra gli storici èche siano soprattutto le liti a lasciare traccia negliarchivi, e infatti qui troviamo sentenze di unacorte di giustizia islamica che cercava di com-porre i dissidi sorti tra mercanti veneziani emusulmani.

Veneziani in Levante furono anche i consoli egli ambasciatori inviati a trattare con i soldanid’Egitto e con i sultani per ottenere le miglioricondizioni possibili per il commercio dei sudditidi San Marco. Gli accordi di pace stabiliti dopol’invasione dell’Egitto da parte degli ottomanisono al centro delle ricerche di Yutaka Horii, chepassa così alla storia del diritto internazionale.

Giuliano Lucchetta ha trovato invece tra lecarte dei Provveditori alla sanità, conservatepresso l’Archivio di Stato di Venezia, elenchi dimusulmani morti in città. Ecco quindi che co-mincia ad uscire dall’ombra una presenza spesso

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

sottaciuta e dimenticata: uomini soli, non ac-compagnati dai familiari, venuti a Venezia o perragioni di commercio o perché fatti schiavi du-rante una guerra, questi musulmani hanno lascia-to poche tracce di loro al di là dell’imponenteFondaco dei Turchi, dove ora ha sede il Museo diStoria naturale, e dove un tempo era stata ricava-ta una piccola moschea. Le loro tombe, chel’autore situa con grande probabilità al Lidopresso il cimitero ebraico, sono ormai da lungotempo scomparse. Ancora musulmani a Veneziasono anche i personaggi descritti nell’articolo diMichela Dal Borgo. Si tratta però di uomini che,divenuti cristiani, cercarono di inserirsi nel mon-do del lavoro veneziano, mettendo a frutto la loroconoscenza delle lingue.

Non solo gli uomini, ma soprattutto le merciviaggiarono verso Oriente. Non deve quindi stu-pire la presenza di placchette di vetro-avventurinaveneziano con iscrizioni inneggianti a Maomet-to, Alì e Fatima nella regione musulmana delGujaråt nell’India nord-occidentale. Di fatturaottocentesca, questo vetro passò dunque dal-l’isola di Murano in Oriente per esservi quilavorato, come dimostra il saggio di Eros Bal-dissera. Altre tracce di un’antica frequentazionecon il mondo orientale si trovano infine nellatoponomastica e nelle parole veneziane, e quindiitaliane, come dimostra Giovanni Battista Pelle-grini che ricostruisce per il termine ‘zattera’un’etimologia araba, stante a indicare un’ordina-ta fila di tronchi.

Giovanna Battiston

JEAN-CLAUDE HOCQUET, Denaro, navi e mercantia Venezia. 1200-1600, Roma, Il Veltro, 1999, 8°,pp. 339, L. 35.000.

L’Autore – direttore di ricerca al Centro na-zionale delle ricerca scientifica di Parigi e diret-tore del laboratorio di Storia dell’Università diLilla –, che dal ’58 ha dedicato i propri studi allastoria di Venezia, presenta in questo volume unatestimonianza della sua riflessione sulla storiadell’economia e della società veneziana.

Dal XIII al XIV secolo Venezia proseguiva unapolitica d’egemonia nel Mediterraneo e nell’Ita-lia padana e resisteva a potenti imperi e coalizio-ni europee. Come si era formata una tale potenzapolitica, economica e militare? Gli introiti delsale, gestiti dalla Camera del sale con funzioni dibanca pubblica e destinati al finanziamento dellaguerra, al pagamento degli interessi e al paga-mento del debito pubblico, contribuirono al-l’espansione e poi alla conservazione dello Sta-to. Il sale aveva a Vanezia finalità commercialidella massima importanza. Le importazioni disale ammortizzavano i costi di navigazione dellegrosse navi armate, riducevano il tasso dei nolirichiesti ai mercanti per le altre merci, e sovven-zionavano la marina. Prestiti finanziati dallaCamera del sale, rimborsati sui trasporti di saleda Cipro e da Ibiza, incoraggiavano la costruzio-ne navale. Venezia riuscì a conservare le proprieposizioni strategiche sulle rotte commerciali me-diterranee, ma perse il proprio ruolo egemonicodi monopolio, che si fondava su tre pilastri: il

monopolio pressocché totale sull’acquisto dellespezie e il primato dei suoi mercanti ad Alessan-dria, le galee dello Stato messe a disposizioneesclusiva dei mercanti nobili, il monopolio deltrasporto di sale. Infatti la ripresa economica allafine del XV secolo e i nuovi progressi dell’arma-mento navale vanificarono tale prerogative. Allafine del XVI secolo il porto di Venezia conobbeun’attività mai vista, ma l’essenziale degli scam-bi era ormai appannaggio dei mercanti stranierie delle loro navi. Nel momento in cui i mercantiveneziani rinunciarono alla proprie iniziative, lacittà affrontò un nuovo mutamento, procedendoall’industrializzazione e alla bonifica agricola.

Da chi erano costruite le élites a Venezia e chioccupava il rango primario nella città mercanti-le? Chi monopolizzava il potere, la fortuna e laricchezza nello Stato patrizio che andava for-mandosi nel XIV secolo? Quali erano le forme dipotere economico, sociale e politico? Come siproducevano le élites e come perpetuavano illoro modo di vivere? I veneziani privilegiavanoalcune forme collettive di proprietà per la neces-sità di riunire i capitali necessari per l’attivitàimprenditoriale. Lo Stato aveva un ruolo impor-tante nella salvaguardia delle solidità; esso rap-presentava il bene comune a tutti. La serrata delMaggior Consiglio aveva definito i confini dellanobiltà, che si riservava, oltre alle magistrature,gli armamenti marittimi e il diritto di concorrerein esclusiva agli appalti delle galere destinate aiviaggi. I saggi raccolti nel volume danno rispo-ste originali a tanti proplemi della storia econo-mica della Repubblica di Venezia e aprono nuo-ve, interessanti prospettive.

Franco Tagliarini

BRUNO MUGNAI, L’esercito ottomano da Candiaa Passarowitz (1645-1718), Venezia, Filippi,1998, 2 voll., pp. 167 e 119, L. 30.000 ciascuno.

Pubblicati a distanza di alcuni mesi, i dueseveri volumi dello storico Bruno Mugnai, granconoscitore della realtà ottomana, ridisegnanodentro un preciso periodo temporale, quello che

fu l’impero della Sublime Porta, vale a dire ilGoverno ottomano che Nicolò Macchiavelli rias-sunse ne Il Principe in una lucidissima frase:“Tutta la monarchia del Turco è governata da unsignore, gli altri sono suoi servi”, il quale a lungoattraverso il suo esercito diede tanto filo datorcere ai Cristiani e in particolare a Venezia.Uno scontro quasi ideologico, spiega Mugnai,quello religioso tra l’Islam e il mondo cristiano.Dilatato per buona parte dell’Europa, delNordafrica, nel Levante e nel Peloponneso.

Nel primo tomo Mugnai ridimensiona taluniradicati luoghi comuni stratificatisi nei secolinel nostro immaginario. Ad esempio per duevolte egli parla della “tradizionale tolleranza deiTurchi in fatto di religione”. E ne spiega storica-mente le ragioni, con puntiglio, così come conanalisi quasi scientifica egli si sofferma sullacomposizione di quello che fu l’Impero degliOttomani di cui facevano parte i principati diTransilvania, di Valachia e Moldavia, e così distati barbareschi, e dell’esercito, sui suoi metodidi reclutamento, l’equipaggiamento, la cavalle-ria, le divise, ogni arma in dotazione e tutto ilresto. Dentro il periodo che comprende l’iniziodella guerra di Creta (1645) e l’anno (1718) dellaconferenza di pace di Passarowitz, quando l’eser-cito ottomano, continuando a riproporre un mo-dello militare vecchio di secoli, stava vivendo ilsuo inarrestabile declino. Nonstante ciò, scriveMugnai, bisogna ricordare quanto “il modellomilitare degli Ottomani abbia influenzato glieserciti europei”, compresa Venezia, che adottòformazioni e tattiche di combattimento messe apunto dai loro avversari turchi molti secoli prima.

Tale puntigliosa disamina storica, servita neidue volumi di cartine e di molti disegni illustra-tivi eseguiti dallo stesso Autore con finalità do-cumentaria e didattica, continua dal primo alsecondo tomo. Ed è in questo che vengono de-scritti, insieme a quello di Vienna da parte turcanel 1683, due assedi che videro contrapposte learmi della Mezzaluna e quelle della Serenissima.I Turchi assediarono la veneziana Candia per treanni, dal 1666 al 1669, ottenendo alla fine l’umi-liata resa della bandiera di San Marco. Il 6settembre, il “Capitano generale da Mar France-sco Morosini trattò la cessione della città; gliufficiali veneti si contesero l’onore di abbando-nare per ultimi la fortezza”. Le perdire umane

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furono spaventose da entrambe le parti: 108.000Turchi e 29.088 Alleati, tra cui 280 patrizi veneti.

Analogo racconto dettagliatissimo Mugnai lofa per un’altra sconfitta veneziana, in una situa-zione rovesciata: a Negroponte nell’Eubea nel1688 gli assedianti erano le formazioni cristiane,composte anche da “venturieri” d’altri Stati,guidate ancora nell’ultima fase dal Morosini.Scrive Mugnai: “La vittoria riportata dai turchi aNegroponte segnò il punto di arresto dell’offen-siva veneta nell’Egeo”.

Usa il metro dell’imparzialità, Bruno Mugnai.Una analisi dettagliatissima ancorché segnata,proprio per questo, da un’equidistanza che rendei due volumi – compendiati da note bibliografichedi riferimento e supporto, financo da un glossariodei termini turchi – un’opera di divulgazionestorico-militare.

Piero Zanotto

La caduta della Serenissima nei dispacci delladiplomazia piemontese e inglese, saggi di Gio-vanni Sforza e Cecil Roth, introd. di StefanoPillinini, Venezia, Deputazione di Storia Patriaper le Venezie, 1998, 8°, pp. 246, s.i.p.

Il volume ripropone, in ristampa anastatica,due saggi di G. Sforza e di C. Roth apparsi nel1913 e nel 1953 sul “Nuovo Archivio Veneto” esull’“Archivio Veneto” dedicati ai dispacci deidiplomatici piemontesi ed inglesi spediti nel1797, mentre la Repubblica Serenissima stavaper autosciogliersi davanti alla pressione del-l’esercito napoleonico. I documenti dei diploma-tici residenti a Venezia sono molto interessantipoiché la storiografia sulla caduta della Serenis-sima è stata finora eccessivamente influenzatadalle testimonianze dirette dei responsabili, ipatrizi veneziani.

Francesco Malingri dei conti di Bagnolo, mi-nistro residente del Re di Sardegna, descrive itentativi di alcuni senatori o di scrivere nel librod’oro una parte dei nobili della Terraferma o diammettere nel Gran Consiglio i deputati delleprovincie. Anche il cavaliere Carlo Bossi, alservizio del Re di Sardegna, descrive dettaglia-tamente lo stesso tentativo compiuto dal patrizioGabriele Marcello, assecondato da un paio dipatrizi fra cui un Grimani. La richiesta di farpartecipare la nobiltà di Terraterma fu avanzataanche dall’ambasciatore francese a VeneziaLallement nei suoi incontri con il senatore Fran-cesco Pesaro, il quale spinse il suo comporta-mento a favore dell’Austria fino a non informar-ne il Senato. Bossi non ha dubbi sul fatto chel’insorgenza nella Terraterma contro l’esercitofrancese di occupazione sia ispirata dagli Inqui-sitori di Stato. E formula una ipotesi interessantesulle ragioni della fuga del senatore Pesaro aVienna facilitata dai membri del Consiglio deiDieci, interessati al suo silenzio sul loro com-portamento nei confronti delle richieste avanzatedai francesi. Viene anche confermata l’ostilitàdelle Municipalità, nominate dai francesi, intutta la Terraferma contro quella di Venezia,erede obbligata della defunta Repubblicaoligarchica.

Elio Franzin

RICCIOTTI BRATTI, La fine della Serenissima,present. di Giuseppe Gullino, ristampa anastaticaa cura della Deputazione di storia patria per leVenezie, Venezia, Deputazione di Storia Patria,1998, 8°, pp. 233, ill., s.i.p.

Ricciotti Bratti,a lungo direttore dei museicivici veneziani, utilizzando la corrispondenza,ricevuta dai parenti, dal podestà di Feltre AndreaVitturi dal gennaio 1796 fino al maggio 1797, hascritto una narrazione continuata dell’ultimissi-mo periodo di vita della Repubblica di Venezia.I parenti erano Stefano Guerra, Michelangelo daRiva e Pietro Marcello. La Deputazione di storiapatria per le Venezie ha deciso la ristampaanastatica del volume apparso per la prima voltanel 1917. La caduta della Repubblica di Veneziaè un periodo storico che inevitabilmente vienedescritto o studiato alla luce di criteri di caratterepolitico-istituzionale o militare. Normalmentegli storici si sono allontanati dalla descrizionedella vita quotidiana della nobiltà e del popolonella Terraferma e a Venezia subendo forticondizionamenti ideologici. Fin dalla prima pa-gina della cronaca ricavata dalla corrsipodenza siincontra fra i nobili veneziani che accolsero inmodo ospitale gli ufficiali francesi LodovicoMaria Widmann un valoroso soldato, morto du-rante la campagna di Russia dopo aver meritatonumerose ed altissime decorazioni. Fu partico-larmente ammirato da Stendhal. E questa figurarompe completamente lo schema storiograficomolto diffuso di una nobiltà veneziana tuttaormai incapace di azione militare. La Repubbli-ca di Venezia ancora nel 1796 aveva un patrimo-nio consistente di ufficiali, di soldati, di marinaie di imbarcazioni perfettamente in grado di resi-stere o di creare dei grossi problemi all’esercitodi Napoleone. Frequentemente nella cronacaemerge il contrasto fra Venezia e la nobiltàpadovana. Lo stesso Melchiorre Cesarotti inter-venne nella polemica fra i provveditori venezianie la nobiltà padovana con la sua opera il Telegonodescrivendo Padova come una città abitata dabelve in forma umana. La mediazione, ancheurbanistica, tentata da Andrea Memmo era com-pletamente fallita. La vita mondana veneziana,teatrale, musicale, era di una intensità quasiisterica. La classe dirigente oligarchica non di-mostrava certo la consapevolezza dei mutamentiintrodotti nella scena internazionale politica emilitare. La proclamazione della neutralità ar-mata o disarmata più che una manifestazione diviltà da condannare moralisticamente, come èavvenuto troppo spesso, è stata l’espressione diuna caduta del livello di cultura politica dellaoligarchia veneziana sempre più ristretta nume-ricamente e non solo. Colpisce la diversità disentimenti e di comportamenti esistenti fra lanobiltà veneziana sempre più confusa, incerta,rinunciataria e i ceti popolari. Più che una crisimilitare quella della Repubblica di Venezia ap-pare come una crisi politica caratterizzata da unaforte sfiducia, conflittualità interna fra gli stessinobili. La resistenza militare veneziana ai primiassaggi da parte dei francesi si frantuma subito,dimostra tutta la mancanza di capacità e di volon-tà di coordinare da parte degli organi politici emilitari superiori.

Elio Franzin

GIORGIO ZOCCOLETTO, Il doge tradito, Venezia,Edizioni Ottoniane - Gruppo di Ricerca storica,1998, 8°, pp. 190, s.i.p.

Il volume narra l’umana e politica vicenda diDaniele Manin, l’ultimo doge di Venezia, dalmomento della sua assunzione al soglio ducalefino alla morte, avvenuta nel 1802, dopo cinqueanni vissuti come privato cittadino, ma gravatodal peso dell’accusa di aver tradito Venezia e laRepubblica.

Per quanto riguarda la conoscenza storica, duesono le novità che il volume propone. In primoluogo l’attribuzione allo stesso Manin, data comeprobabile dall’A., di un manoscritto conservatopresso l’Archivio di Stato di Venezia che narra leultime vicende della Serenissima. In secondoluogo l’addebito del tradimento non al dogestesso, travolto dagli avvenimenti, cui cercò in-vano di opporsi, ma a un gruppo di nobili venetiche lo costrinsero alla resa, con “seduttrice elo-quenza” e “artificiosi discorsi” (doc. 43).

Da un punto di vista strutturale il volume èdiviso in due parti di pari ampiezza. La secondaparte, i “documenti”, è un compendio di fontiaccuratamente trascritte. La prima invece si pre-

senta come il racconto di quanto da queste fontisi evince, in un racconto fatto anche di dialoghi,strutturato nelle sue parti con artifici formali eretorici (dal flash back iniziale a parallellismi estrutture a chiasmo), che il lettore può apprezzaresenza avvertirli. Dunque un saggio storico informa di romanzo, ma che rivendica la scientifi-cità della storia e che a certificazione di ognipassaggio, di ogni periodo, non ricorre alle note,bensì al raffronto puntuale con i testi trascrittinell’appendice documentaria.

Dalla storiografia romantica, alla Michelet,siamo oggi giunti a una storia dotta e apparente-mente asettica, che vuole descrivere il passatosenza cedimenti al sentimento. Molti storici ri-fiutano infatti di accostarsi, anche nei momentidi relax, ai romanza storici per timore di esserefuorviati dall’immaginazione di chi narra. Ulti-manente negli States, ma solo per ragioni legatealla necessità degli autori di coprire le spese delleloro pubblicazioni e far guadagnare l’editore, siaquesto pur anche un’istituzione universitaria, ènato un nuovo filone storiografico che cerca ildato interessante e piacevole in sé, pur senzadebordare dal rigore scientifico. Questo volume,sganciato da necessità editoriali, inaugura una

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

felice sintesi di storia e narrativa poiché non solopermette di partecipare emotivamente ai fatti,senza paura di perdere l’orientamento storico, alpari di molti altri romanzi storici apparsi in questiultimi anni, anche ambientati in territorio veneto,ma permette altresì al lettore di accostarsi allafonte documentaria, dando quindi la possibilitàdi verificare la veridicità della storia e formarsiun’opinione personale. Una felice sintesi chefarà probabilmente scuola.

Antonio Fabris

Rivoli 1797: scenari e riflessi di una battaglia, acura di Gino Banterla, Atti del Convegno inter-nazionale (Rivoli Veronese 17-18-19 gennaio1997), Rivoli Veronese, Comune - ComitatoRivoli ’97, Cologna Veneta (VR), 1998, 8°, ill.,pp. 295, sip.

Il 14 e 15 gennaio 1797 Rivoli Veronese futeatro della battaglia tra le truppe napoleoniche equelle austriache. Il comune di Rivoli Veroneseha voluto ricordare quell’evento con un conve-gno che ha riunito 18 studiosi italiani e stranieri:Fernand Beaucour, Virginia Cristini, Carlo Ghi-salberti, Vasco Senatore Gondola, Franz HeinzHye, Giorgio Lucchini, Gian Paolo Marchi, Fran-cesco Martinati, Giuseppe Papagno, GianniPerbellini, Annarosa Poli, Silvio Pozzani, Giu-seppe Talamo, Achille Tartaro, Jean Tulard,Eugenio Turri, Francesco Vecchiato, RenzoZorzi. Le traduzioni delle relazioni stranieresono state curate da Pierluigi Ligas.

Le relazioni hanno permesso di delineare unampio quadro, non solo militare ma anche poli-tico, di quella battaglia e delle sue conseguenze:il teatro dello scontro, la cronaca della battaglia,le conseguenze militari, quelle politiche, il rior-dino dell’amministrazione, della scuola e del-l’assistenza, la valenza risorgimentale di quellabattaglia sono i temi trattati dai convegnisti.

Dal punto di vista militare, è noto, la vittoriadelle truppe francesi ha spianato la strada allaconquista di Mantova e ha permesso a Napoleo-ne di consolidare il suo dominio nell’Italia delNord. Le conseguenze politiche furono enormi:dal punto di vista internazionale la Francia rivo-luzionaria conquista il suo diritto di esistere, dalpunto di vista dell’Italia Napoleone sarà il gran-de artefice delle trasformazioni politiche cheinvestiranno la penisola italiana. “La battagliadi Rivoli – scrive lo storico Carlo Ghisalberti –rappresenta un evento importante, una svoltacruciale, un fatto addirittura epocale. Essa porta,infatti, alla creazione di un nuovo assetto del-l’Italia settentrionale e pone le basi per un muta-mento della geografia politica della penisola,destinata nel biennio successivo ad essere inte-gralmente rivoluzionata per l’azione congiuntadei patrioti e dell’esercito francese, mentre faassaporare alla repubblica d’oltr’Alpe con lastipulazione dei trattati un momento di tregua equalche riconoscimento internazionale da partedi avversari fino a quel momento decisi a conti-nuare la lotta contro la rivoluzione”.

È noto come la speranza suscitata da Napole-one in tanti giovani italiani ed intellettuali do-

vesse rivelarsi illusoria, infatti il generale fran-cese, a distanza di pochi mesi dalla battaglia diRivoli, avrebbe stipulato il trattato di Cam-poformido. A rappresentare la disillusione di unagenerazione fu Ugo Foscolo le cui parole sonoricordate nell’intervento dello studioso RenzoZorzi: “Il sacrificio della patria nostra è consu-mato. Tutto è perduto e la vita, se pure ne verràconcessa, non ci resterà che per piangere lenostre sciagure e la nostra infamia: Il mio nomeè nella lista di proscrizione. Io so, ma vuoi tu cheper salvarmi da chi mi opprime mi commetta achi mi ha tradito?”.

Cinzio Gibin

Venezia Quarantotto. Episodi, luoghi e protago-nisti di una rivoluzione, 1848-49, a cura diGiandomenico Romanelli, Michele Gottardi,Franca Lugato e Camillo Tonini, Milano, Electa,1998, 4°, pp. 239, ill., s.i.p.

Il volume è il catalogo della mostra omonimapromossa dal Comune di Venezia al MuseoCorrer in occasione del 150° anniversario deimoti che hanno costituito la prova generale delRisorgimento italiano e dell’affermazione dellaborghesia. La mostra ha costituito il momentopiù rilevante di una serie di iniziative attivate aVenezia, e si è affiancata a numerose altre alivello regionale, patrocinate anche dalla Regio-ne Veneto, che con la Legge n. 1 del 1998 hastanziato un miliardo di lire per ricordare i motidel 1848-49 nel territorio regionale.

Realizzata sulla scorta dei materiali conserva-ti al Museo Civico del risorgimento veneziano (ilCorrer appunto), la mostra ripercorre l’epopearivoluzionaria veneziana che tra il marzo 1848 eil novembre ’49 ha costituito l’esperienza della“Repubblica” di Daniele Manin. La pubblicazio-ne si articola in due sezioni: una serie di breviinterventi di riferimento e di approfondimentoed il catalogo vero e proprio, con schede intro-duttive di sezione e riproduzione delle opere.Nella prima parte Franco Della Peruta illustra ilquadro politico e sociale in cui vengono adinserirsi le vicende. Paul Ginsborg delinea unritratto di Daniele Manin, Brigitte Mazhol rivedeil modo in cui la rivoluzione è stata vista inAustria, Francesco Frasca inquadra le operazio-ni militari e Adolfo Bernardello la Guardia civi-ca, Giovanni Pillinini la pubblicistica del perio-do, Bruno Bertoli le posizioni della Chiesa vene-ziana, Piermario Vescovo affronta il teatro e laproduzione letteraria, Giandomenico Romanellile espressioni architettoniche ed artistiche, LuisaAlban la memoria risorgimentale di quell’epopea.A Michele Gottardi il compito di introdurre laseconda parte, articolata per sezioni. La vocazio-ne di Venezia a città capitale, affrontata princi-palmente nella situazione precedente ai moti(attraverso le opere di Ippolito Caffi, il IX Con-gresso degli scienziati italiani tenutosi a Venezianel 1847, la pubblicazione della monumentaleVenezia e le sue lagune edita da Antonelli, lemappe della città e l’interesse per la portualità, ilPalazzo Giovanelli, con i disegni di LeonardoGavagnin, la testimonianza di Emanuele Anto-

nio Cicogna) e ripercorrendo la formazione po-litica dell’avvocato Daniele Manin e del letteratoNiccolò Tommaseo. Quindi le immagini e i voltidella insurrezione, assedio e resistenza, fino allaresa finale (con gli armati e la Guardia civica) esoprattutto le testimonianze oculari, costituitidai “reportage” pittorici di Luigi Querena (con11 grandi tempere ed altre opere), i disegni e levedute di Ippolito Caffi, le scene popolari tra-smessaci dagli oli di Vincenzo Giacomelli, epi-sodi raccontati dagli acquerelli di Giuseppe Lo-renzo Gatteri. Altri fermenti sono costituiti dallemedaglie e monete, con la cartamoneta patriotti-ca e comunale coniata nel biennio, la creazione(nel tardo Ottocento) di monumenti agli eroi diquegli anni, la collezione d’arte raccolta da Do-menico Zoppetti, gli apparati (cronologia 1844-1866 e bibliografia).

Il catalogo ripercorre le vicende attraverso laproduzione artistica e documenta l’abbondanzae significatività dell’oleografia delle vicendeveneziane.

Il Quarantotto è stato un laboratorio di idee, diafflati repubblicani ed unitari, di esperienze po-litiche e sociali, praticate con intendimenti eprospettive anche radicalmente diverse: con unocchio rivolto alla millenaria Repubblica oligar-chica che si era chiusa 50 anni prima e con l’altroocchio teso alla ricerca di una federazione di statiitaliani. Un’esperienza comunque decisiva per lastoria veneziana (per la sua identità contempora-nea) e significativa per i destini veneti, che hapreparato l’unione all’Italia del 1866.

La pubblicazione (e la mostra) si muove lun-go il filo rievocativo e celebrativo ed illustra conabbondanza di riferimenti iconografici e pittoricile vicende della città di Venezia. Rimangono tra lerighe i riferimenti per un bilancio critico di questa“Repubblica Veneta” e non viene affrontato ilquadro lagunare e di rapporti con l’entroterra.

Pier Giorgio Tiozzo

REMO SCOLA GAGLIARDI, Le corti rurali tra Tar-taro e Tione dal XV al XIX secolo, Legnago (VR),Nuovi Orizzonti, 1997, pp. 181, ill., s.i.p.

La Provincia di Verona ha contribuito allapubblicazione di questo volume, che conclude latrilogia dedicata dall’autore alla civiltà e al pae-saggio agrario della Bassa veronese in epocamoderna. Dopo il territorio compreso tra Adigee Menago e quello tra Menago a Tregnon, è orapresa in esame la fascia di pianura amministratadai Comuni di Nogara, Gazzo Veronese, Erbè eSorgà, delimitata a occidente dalla Provincia diMantova.

Siamo in una terra fertile, che digrada versola depressione paludosa del Busatello, oasinaturalistica sopravvissuta a secoli di bonifica.Dove si trovavano boschi e incolti, i benedettinidel monastero veronese di San Zeno avviaronogià nel medioevo un’opera di drenaggio delleacque e di recupero del suolo per arativi e arborati.Questo processo toccò il culmine nel Rinasci-mento, con l’introduzione della coltura del risoche costituisce ancor oggi la nota dominante delpaesaggio agrario della zona.

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Il censimento delle corti rurali e il riassuntodelle loro vicende dall’avvento della Serenissi-ma (1405) fino al secolo scorso è illustrato dallariproduzione di stupende mappe d’archivio, moltedelle quali si riferiscono appunto alla sistema-zione idrografica delle risaie. Gli insediamentidominicali sono spesso di grande pregioarchitettonico; un fascino particolare hanno imulini e le pile da riso alimentati dalle acque delTartaro e del Tione.

Ci limiteremo a due esempi che ancora oggicolpiscono chi viaggia sulla strada da Erbè aSorgà: tra le ville merita una segnalazione il“Palazzon” dei conti Murari dalla Corte Brà,detto anche il “Palazzon del Diaolo” e ispiratosecondo la tradizione a cartoni di Giulio Roma-no; tra gli opifici si distinguono, per imponenza,quelli annessi alla corte Grimani di Pontepossero,che intercettano le placide acque del Tione.

Giuseppe Sandrini

GIORGIO ALDRIGHETTI - MARIO DE BIASI, Il gonfa-lone di San Marco. Analisi storico-araldica del-lo stemma, gonfalone, sigillo e bandiera dellaCittà di Venezia, Venezia, Filippi, 1998, 8°, pp.378, ill., L. 65.000.

Dopo mezzo secolo di attesa, nel 1996 sonostati codificati lo stemma e il gonfalone di Vene-zia, mentre nel 1997 hanno trovato nuova defini-zione anche lo stemma e la bandiera della città.Il volume, preparato per la presentazione allacittadinanza dei nuovi simboli, raccoglie l’anali-si storica ed araldica degli emblemi, necessariaper comprendere le scelte effettuate e la simbo-logia sottintesa alle diverse figure.

Le più antiche notizie risalgono al Mille, quan-do il doge Pietro Orseolo II, ormai pronto apartire per una grande spedizione navale controi Narentani, ricevette da Domenico, vescovo diOlivolo, il “trimphale vexillum”, cioè una ban-diera da combattimento, di cui tuttavia non èchiaro quale fosse il simbolo: alcuni pensano alleone, mentre altri a una croce. Un secolo dopo,nel 1096, l’anno della prima crociata, fu il dogeVitale Michiel I a consegnare a suo figlio Gio-vanni, che stava per pertire per la Terrasanta, lo“stendardo con l’effige di San Marco Protettordella Repubblica, che portava la Croce”: si trattadunque della prima rappresentazione certa delleone marciano. Da allora il “ducis vexillum”iniziò a comparire in tutte le piazze del Levante,portato dai mercanti o piantato dalle armatevenete. Il leone venne rappresentato in manierepiù diverse. Nei tempi antichi apparve soprat-tutto “in maestà”, con termine veneziano “inmoleca”, per la sua similitudine con il granchio;fu poi rappresentato spesso nella forma “passan-te”, cioè con le zampe posteriori poggiate inacqua e le anteriori sulla terra, come nei quadri diVittore Carpaccio, a sottolineare il duplice domi-nio sul mare a sulla terra; oppure venne inseritoin un ubertoso paesaggio, come nelle opere diCima da Conegliano”, a sancire il predominio diuna politica volta alla conquista della terraferma.

Tranne qualche breve periodo in cui Veneziafu simboleggiata in forme femminili, oppure

quando l’arme del Regno d’Italia sostituì quelledi ogni città, Venezia conservò sempre l’emble-ma di san Marco in forma di leone. L’immagineviene ripresa dalla visione di Ezechiele, lettaattraverso l’interpretazione di san Girolamo,laddove si accosta il leone, simbolo di forza,all’evangelista Marco, colui che raccolse le con-fidenze di Pietro, il prediletto tra gli apostoli.

Chiudono il volume la descrizione araldicadegli emblemi e una serie di 120 immagini cheillustrano la storia iconografica del leone mar-cinano, dalle più antiche rappresentazioni finoagli ultimi emblemi ufficiali.

Antonio Fabris

VINCENZO RUZZA, Il Risorgimento a VittorioVeneto e nella Sinistra Piave, Treviso, Antilia,1997, 8°, pp. 236, L. 28.000.

L’autore narra le vicende che hanno coinvoltoi due Comuni di Cèneda e Serravalle dal periodonapoleonico a quello risorgimentale; due Comu-ni che furono a lungo in conflitto con la Serenis-sima, la quale solo nel 1768 impose la sua sovra-nità. In questa azione poté contare sulla nobiltàcenedese, avversa alle ingerenze e prerogativevescovili nella vita della comunità. Questa posi-zione antivescovile fu rafforzata dai canonici delCapitolo, di origine nobiliare, e perciò schieratianch’essi contro il vescovo, che aveva un con-senso popolare. Sul finire del Settecento si dif-fondono, sia pure in un ambito ristretto, le ideegianseniste subito stroncate. Atteggiamenti“francofili” emergono poi in varie occasioni; aConegliano c’è “un vero e proprio partito fran-cofilo” con appoggi anche nel clero locale, e ilpotere cerca di contrastarli con alcuni processi.Negli anni cruciali dal 1797 al 1815 i due Comu-ni riaffermano la loro fedeltà a Venezia e sibattono contro i francesi, tanto che “solo una

sparuta minoranza di filofrancesi li accolse confiducia”. Fiducia che non accordò una popola-zione subito spogliata dei propri averi (specie lechiese) e aggravata da tasse. La fine della Repub-blica di San Marco (12 maggio 1797) fu anchequella dei due Comuni; si costituirono le Muni-cipalità, ma con il trattato di Campoformio ilVeneto passa all’Austria, e “l’arrivo degli au-striaci fu accolto, specie dai conservatori, maanche dalla gran massa della popolazione, addi-rittura con entusiasmo”. Il ristabilimento del-l’ordine austriaco creò presto un diffuso malcon-tento, e sintomi di aperta opposizione si avverto-no già nel marzo 1800, anno in cui ci fu unadisastrosa siccità. L’autore si sofferma sulle vi-cende delle altre due brevi presenze francesi, e ilgiudizio complessivo di questi primi sedici anniè negativo: nel 1813 inizia a diffondersi lapellagra, segno inequivoco di una situazione diindigenza di molta parte della popolazione. Dal1815 al 1848 c’è la dominazione austriaca, e findall’inizio il territorio cenedese viene integratonella provincia di Treviso, “unione, afferma l’au-tore, non solo antistorica ma anche illogica inquanto gli interessi della Destra Piave e quellidella Sinistra Piave sono molto spesso antitetici”.Il primo quinquennio è contrassegnato da unagrave carestia, che limita drasticamente la pro-duzione agricola. Nel biennio 1820-21 non siregistra una presenza carbonara, e più insistenteè la rivendicazione di una unione fra i due Comu-ni, osteggiata però dall’imperatore. Solo sul fini-re degli anni venti c’è un risveglio patriottico cheparte dal Seminario: lo studente Carlo SimeonePadovan parteciperà alle lotte studentesche pa-dovane del 1848.

L’autore individua con precisione la ragionedi fondo dell’opposizione, poi sfociata in unaaperta lotta antiaustriaca, nel fatto che l’Austriaha negato “ogni benché minima autonomia aiveneti, frenando ogni iniziativa industriale, com-merciale e sociale, subordinando ogni decisioneall’esclusivo interesse dell’Impero asburgico”.Precisa e ricca di dati e fatti è l’insurrezione del1848, dove emerge il contributo dato dai dueComuni; e dopo il ritorno degli austriaci l’oppo-sizione palese o più spesso occulta non diminuì,alimentata da un regime fiscale molto pesanteper la popolazione. All’annessione del Veneto sigiunge dopo che si era manifestata l’azione deimazziniani (interessante risultano le notizie sul-l’insurrezione fallita del 1864), e quella delneoguelfismo (presente nel Seminario). Così,subito dopo l’annessione del Veneto i due Co-muni riuscirono a realizzare il loro obiettivo disempre, l’unificazione in una sola città, Vittorio,a cui nel 1923 fu aggiunto “Veneto”. Infinevanno segnalate ben 35 pagine di schede biogra-fiche sugli abitanti dei due Comuni che hannopartecipato alle vicende storiche di quel periodo.Una ricerca condotta con scrupolo, con un utiliz-zo intelligente del materiale d’archivio, da cuiemerge con chiarezza cosa è effettivamente statoil periodo napoleonico e quello risorgimentale indue piccole realtà territoriali, ove si muove unagran parte della popolazione e le istituzioni (ilSeminario, prima di tutto); un’Italia “minore” dacui si comprendono meglio le ragioni profondedella storia italiana.

Mario Quaranta

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

ELENA PESSOT, 1805-1813. Treviso e il Diparti-mento del Tagliamento. Amministrazione pub-blica e società in epoca napoleonica, Treviso,Antilia, 1998, pp. 253, ill., 8°, L. 34.000.

L’autrice ha padroneggiato con sicurezza,“documenti alla mano”, una materia di per séostica e difficile da dipanare come la storia dellestrutture politico-amministrative del Dipartimen-to del Tagliamento tra il 1805 e il 1813. L’ipotesiche segna il sicuro esordio del volume è datadalla presa d’atto della radicale impossibilità diconciliare le sopravvivenze del passato veneto-austriaco con le strutture politico-amministrati-ve del Regno Italico. I piani di riassetto istituzio-nale dei territori veneti prevedevano infattil’azzeramento delle vecchie circoscrizioni co-munitarie, delle giurisdizioni separate, dei confi-ni storici, e la creazione di un’amministrazioneispirata da un ferreo criterio di articolazionegerarchica facente capo alle prefetture alla cuibase si ponevano le nuove entità comunali. Sen-za mai perdere di vista il contesto politico-diplo-matico entro cui si staglia la vicenda storica delDipartimento, l’autrice delinea il quadro delledifficoltà oggettive che condizionarono la pienaattuazione della riforma napoleonica, a comin-ciare dalla necessità di procedere alla cooptazionedel nuovo ceto dirigente sulla base di una culturagiuridico-amministrativa della quale esso era ingran parte sprovvisto.

Via via il libro si addentra nello specifico delleproblematiche giuridico-amministrative offertedalla non facile opera storica di riorganizzazionedel Dipartimento fra cantoni, distretti e comuni,con l’appendice, che pesa ancor oggi, dello spo-stamento degli antichi confini della Marca versol’area isontina definito “l’aspetto più eclatantedella distrettuazione del dicembre 1807”. Nono-stante le notevoli difficoltà incontrate nell’operadi rifondazione di un apparato politico-ammini-strativo efficiente e funzionale lo studio nonmanca di delineare l’emergere, accanto ad ampisegmenti della nobiltà tradizionale le cui fortunee il cui prestigio non sembravano scalfiti dairivolgimenti seguiti alla caduta delle Repubblicaveneta e della cui opera Napoleone si avvalseampiamente, di una nuova classe dirigente che èpossibile identificare con i ceti appartenenti almondo della possidenza e del commercio.

Alcune pagine sono poi dedicate all’esamedelle figure di prefetti, viceprefetti e segretarigenerali del dipartimento del Tagliamento, esa-me che porta l’autrice a individuare una po-larizzazione tra due realtà ben distinte: quella deivertici dipartimentali contraddistinti da una spic-cata competenza e professionalità e quella deigradini più bassi della gerarchia amministrativa;ove operarono funzionari poco preparati, inca-paci di affrontare i notevoli compiti imposti dallanuova e complessa macchina burocratica. Leconseguenze della politica ecclesiasticanapoleonica vengono colte con chiarezza. Lasecolarizzazione degli ordini e il rinnovamentodelle strutture eccelsiastiche comportarono, se-condo la Pessot, una trasformazione irreversibile:“ad una pluralità di espressioni devozionali sisostituì la parrocchia, nella quale furono concen-trate a poco a poco la catechesi e tutte le pratichereligiose e liturgiche”. Nella parrocchia si venne

a concentrare così il senso di tuta la vita comuni-taria della chiesa che si avviava ad affrontare ilnuovo secolo. La parrocchia si rivelava così un“insostituibile... collegamento tra governo e cit-tadini”, anche grazie ai nuovi compiti ammini-strativi che le vennero attribuiti. Il libro chiudecon alcune interessanti note sul tema del rappor-to governanti-governati nell’epoca presa in con-siderazione. L’autrice sospende il giudizio invi-tando a nuove ricerche, ad ulteriori scaviarchivistici e documentari. Ma, intanto, ella haindicato efficacente la via giusta da seguire.

Michele Simonetto

FEDELE LAMPERTICo, Carteggi e diari 1842-1906,vol. II: F-L, a cura di Renato Camurri, Venezia,Marsilio, 1998, 8°, pp. 742, ill., s.i.p.

Con questo secondo volume dell’epistolariodi Fedele Lampertico (1842-1906), curato congrande competenza e acribia da Renato Camurri,veniamo a conoscere 555 lettere di altri 134corrispondenti su 26.775 censite (solo le lettereF-L), rappresentative di un ampio ventaglio so-ciale e culturale: ci sono politici e scienziati,religiosi e letterati, grandi funzionari di stato,giornalisti e amministratori. Camurri, che perogni corrispondente ha scritto una rigorosa sche-da biografica (unite, formeranno una singolareenciclopedia di personaggi legati al clerico-mo-derato vicentino), nell’introduzione ci dice qualisono stati i molteplici problemi che ha affrontatonel corso di dieci anni di attività per ordinare eselezionare il materiale di questo vastissimo fon-do archivistico.

Da queste lettere, viene esplorata la “straordi-naria ragnatela di rapporti che per oltre cin-quant’anni il senatore vicentino ha coltivato ediretto, in un continuo rapporto di intermediazionetra società civile e Stato”. Ciò che emerge allafine è un nitido profilo dei gruppi dirigenti del-l’Italia liberale, in particolare della classe diri-gente veneta liberal-moderata, i problemi che haaffrontato, gli ostacoli che ha dovuto superare, iltipo di rapporti che ha istituito con la società

civile per assicurare un largo consenso al bloccosociale che ha diretto l’Italia in quel periodo.

E tutto ciò avviene attorno a un personaggioche difese una linea di politica economica incontrotendenza. Basterà ricordare quella, oppo-sta, di Alessandro Rossi, il grande imprenditoreindustriale tessile di Schio, che divenne il leaderriconosciuto del blocco protezionista, giustifi-cando la necessità anche del protezionismo agra-rio (dal 1877 al 1887) in funzione dello sviluppoindustriale. Lampertico era sì, come Rossi unsocialpaternalista, entrambi appartenenti al-l’orientamento del “socialismo della cattedra”;avevano avuto una comune educazione clerico-moderata, ma divergevano radicalmente sullapolitica economica. Lampertico, che aveva lesue maggiori proprietà terriere in Toscana, feceparte del blocco liberoscambista. Solo una pic-cola parte della campagna (Piemonte, Veneto)ebbe vantaggi dal blocco protezionista, non certoi contadini. Egli previde con molto anticipo chel’Italia sarebbe stata ridotta alla fame dal prote-zionismo, come puntualmente si verificò, e nel’98 si ebbero gli scoppi di rivolte popolari. Irapporti tra i due erano tali, che nel suo Diario,quando Rossi morì, Lampertico scrisse solo:“Oggi è morto Alessandro Rossi”.

Fra i molti corrispondenti, ne ho letti alcuni, lelettere dello storico di Galileo Antonio Favaro,dell’economista Francesco Ferrara, del filosofoLuigi Ferri, dello scrittore Antonio Fogazzaro,del pedagogista Aristide Gabelli, del rivoluzio-nario russo Alexander Herzen, del pedagogistacattolico Raffaello Lambruschini, del fondatoredell’antropologia criminale Cesare Lombroso:lettere di “scambi culturali”, si diceva una volta,ove non mancano riferimenti ai concorsi univer-sitari, informazioni sulle vicende culturali deiprotagonisti, e in tutti c’è un atteggiamento sin-cero di deferenza verso lo studioso, prima ditutto, ma anche verso chi può intervenire perrisolvere alcuni dei loro problemi professionali.

Ma due sono i carteggi che spiccano per inte-resse, scientifico il primo, umano il secondo. Sitratta dei rapporti che Lampertico ha intrattenutocon Luigi Luzzatti: 862 le lettere, scritte nelcorso di una vita, dal 1861 al 1905. Con Luzzattic’è un’affinità culturale e politica; questoepistolario è essenziale per conoscere a fondouno dei protagonisti della politica italiana; moltospesso Luzzatti “si confessa”, per così dire, edesprime con grande franchezza le sue idee, iprogetti, le letture, con valutazioni, osservazionisempre intelligenti.

L’altro carteggio interessante è quello con lafiglia Angelina, sposata con il marchese FabioMangilli, da cui poi si separò. E se le lettere delprimo periodo giovanile ci offrono, come affer-ma Camurri, “degli affreschi di casa Lamperticomolto convincenti”, quelle successive al matri-monio e al distacco dal marito ci danno l’imma-gine di una donna nuova, che si emancipa anchedalla stretta tutela paterna, per cui il curatore puòconcludere dicendo che questa è una storiaemblematica, in cui troviamo “rappresentate lecontraddizioni della vecchia società cetualepreunitaria e le aspirazioni di quel mondo bor-ghese che proprio negli anni a cavallo del secolosi afferma definitivamente”.

Mario Quaranta

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

ALESSIO FORNASIN, Ambulanti, artigiani e mer-canti. L’emigrazione dalla Carnia in età moder-na, Verona, Cierre, 1998, 8°, pp. 206, L. 26.000.

L’emigrazione dalla Carnia, il più esteso ter-ritorio montano della terraferma veneta, vienecomunemente attribuita allo squilibrio fra pover-tà delle risorse e sovrappopolazione. A questoluogo comune si contrappone la ricerca di questogiovane studioso di storia economica la cui ipo-tesi di fondo è che sia la domanda di lavoro, cioèil “mestiere”, determinante per la maggior partedei flussi migratori della Carnia (p. 156).

Il presente lavoro, risultato di un’ampia rie-laborazione della sua tesi di dottorato di ricerca,è fondato su una solida preparazione demogra-fica, di cui è testimonianza l’appendice dedicataalla popolazione della Carnia (secoli XVI-XIX),in cui l’autore discute sull’attendibilità dellaraccolta di dati statistici e censimenti disponibiliper la Carnia.

Per rendere conto del complesso sistema dicircolazione umana l’autore rintraccia le scansionicronologiche dell’emigrazione di tipo “stagio-nale” attraverso le curve nella registrazione deibattesimi e nei tempi di stipula degli atti notariliin fiorini del Reno, che considera una spia dellapresenza e dell’impatto della stessa. L’impulsodel flusso emigratorio dei cramers, cioè i mer-canti ambulanti della Carnia (p. 39), trae il pro-prio alimento dall’intreccio che si realizza fra iprincipali contratti creditizi e la piccola proprietàdella terra, che funge da garanzia per la ricercadel denaro necessario all’acquisto delle merci.

Il forte legame fra le comunità di partenza e iluoghi di arrivo dell’emigrazione viene analizza-to nell’età moderna e ricostruito attraverso lageografia dell’emigrazione dei mercanti di stof-fe, spezie e medicinali (cremor tartaro, teriaca,mitridato) per i paesi dell’Europa centrale (prin-cipalmente Graz e Augusta), mentre per i tessito-ri, sarti e cappellai la meta preferita era Venezia.

L’emigrazione definitiva è un fenomeno che,pur convivendo con le altre tipologie, si affermanei paesi tedeschi nel corso del XVII e XVIIIsecolo connessa all’insediamento permanentedei negozianti carsici, con l’acquisto di case,magazzini e spesso della cittadinanza, oppurenell’inserimento nel tessuto urbano di Veneziadei pochi capi mastri carnici che si erano affer-mati e avevano superato le difficoltà del control-lo del mercato del lavoro esercitato dalle corpo-razioni.

Diversa sarà la situazione dei semplici lavo-ranti carsici a Venezia la cui occupazione rimanelegata a cicli stagionali o più brevi, oppure lapresenza dei negozianti ambulanti di medicinalinell’Europa centrale, la cui scomparsa è connes-sa con la perdita d’interesse per le merci chetrasportavano, siglando a metà Ottocento unprocesso di lunga durata dell’emigrazione carsica.

Osservando una xilografia del 1568 di Horstvon Amman che ritrae un mercante ambulante,con un cesto ricolmo, che offre la sua bigiotteria(p. 99) si può iniziare a capire come l’immaginetradizionale dell’emigrazione abbia in realtà ungrado di strutturazione maggiore di quanto lasemplicità del documento possa suggerire.

Massimo Galtarossa

ALESSANDRO CASELLATO, Una ‘piccola Russia’.Un quartiere popolare di Treviso fra fine Otto-cento e secondo dopoguerra, Verona, Cierre –Treviso, Istituto per la storia della resistenza edella società contemporanea della Marcatrevigiana, 1998, 8°, pp. 255, ill., L. 35.000.

Uno dei temi più affascinanti della storia con-temporanea è il passaggio dalla memoria allastoria, l’indagine dei i percorsi accidentati chedalle molteplici prospettive individuali conver-gono nel racconto distaccato e oggettivo dellostorico. In questo lavoro paziente di ricostruzio-ne la percezione del tempo passato può subirestrani effetti di straniamento: eventi relativa-mente vicini al nostro presente ci sembrano par-lare da una lontananza remota, anche se dettagli,piccole particolarità, casi marginali del quadrod’assieme ci appaiono con una familiarità cheaccentua piuttosto che attenuare la sensazione dispaesamento. La causa di questo sfalsamentodella prospettiva deriva spesso da processi dirimozione che, il più delle volte inconsapevoli,nonostante la loro genesi sociale, intervengononel tessuto della memoria collettiva, selezionan-do i ricordi e consegnando all’oblio fette consi-stenti del nostro passato. Ancora trent’anni fa aTreviso, giocando a calcio con i ragazzi delquartiere vicino di Fiera, il motto canzonatorio“Fiera gente da galera” era un refrain ricorrenteche sanciva risicate vittorie o, più spesso, cerca-va di riscattare sonanti sconfitte, ma di cui non cisi curava di indagare l’origine. Questo perché ilprocesso di rimozione ha offuscato la causamantenendo l’effetto, cancellando la memoriadella differenza esibita di un quartiere anomaloche di una Treviso perbene, borghese, clericalerappresentava l’anima proletaria, antagonista,orgogliosa della propria specificità rissosa edeffervescente. Dietro la “gente da galera” sinasconde così la storia di una Piccola Russia cheCasellato con un affetto pari alla precisione dellosguardo critico, ricostruisce dalla fine dell’Otto-cento al secondo dopoguerra. La storia di unquartiere di confine, tra la città e la campagna, trala terra e il fiume, cresciuto attorno ai due centriattrattivi del porto e dello squero, che conobbe,tra la fine del secolo scorso e gli inizi del nuovo,l’avvio del processo di industrializzazione. Conle fabbriche si diffusero anche i grandi idealisocialisti che trovarono nell’irrequieta popola-zione del quartiere un fertile terreno di diffusionefino a fare di Fiera un territorio franco, guardatocon un misto di sospetto e paura dalla vicina città.È un esperimento curioso e insolito quella dellaFiera socialista che integra nella nuova ideologiamodi d’essere e tradizioni “arcaiche”. Con parte-cipe ironia Casellato parla del “Socialismo inquartiere solo” per sottolineare, assieme all’iso-lamento rispetto ad una realtà ostile, la particola-rità di un’esperienza che trovava il suo centro piùche nelle sedi di partito o nella casa del Popolo,per altro la prima costituita nella Provincia, nelleosterie del quartiere, ma che seppe reagire inmodo compatto e temerario all’aggressione fa-scista, erigendo trincee e barricate nel 1921 perrespingere le camicie nere, calate in massa aTreviso anche per “normalizzare” la pericolosaeccezione dell’enclave socialista. Ciò che nonpoté la violenza fascista riuscì invece, nel lungo

periodo, alla capacità di penetrazione della Chie-sa che, con la complicità prima del regime, poidella situazione congelata della guerra fredda,erose a poco a poco la diversità del quartiere. Ilcolpo finale fu quindi assestato, nel dopoguerra,dalle trasformazioni economiche ed urbanisti-che: la chiusura del porto, delle vecchie fabbri-che, il degrado del vecchio borgo connesso allacostruzione di nuovi edifici d’edilizia popolareche favorirono la periferizzazione del quartiereed ancora la carenza di servizi sociali, la crisidelle attività economiche tradizionali, la divisio-ne del quartiere attraversato da una nuova arteriadi scorrimento veloce, snaturarono definiti-vamente la vecchia Fiera, sanzionando la rivin-cita della città sulla anomalia, troppo a lungotollerata, di una Piccola Russia nel cuore delVeneto.

Ferdinando Perissinotto

ERNESTO BRUNETTA, Poveri a Treviso. Miseria eapparati assistenziali nel XIX e nel XX secolo,Venezia, Marsilio, 1997, 8°, pp. 200, ill., s.i.p.

Giunge a coronamento di un pluridecennalepercorso di studi il libro che Ernesto Brunetta hadedicato ai “poveri” di Treviso. Si tratta, permolti aspetti, della risposta ad alcune delle que-stioni che l’autore aveva posto sin nella suaprima produzione storiografica contribuendo,agli inizi degli anni Settanta, a riaprire e rinnova-re gli studi sulla Resistenza veneta: quale ful’ancoraggio profondo della lotta di Liberazionee quale il ruolo svolto in essa dalle classisubalterne? quali energie collettive, quali dina-miche sociali quel fenomeno riuscì a intercettare?

Da quelle domande e da quegli studi pio-neristici, l’attenzione di Brunetta si era già datempo spostata verso i temi della storia sociale edeconomica di lungo periodo, gli unici capaci didare spiegazione all’emergere del fenomenoresistenziale e la suo rapido rifluire. Al di sottodegli episodi della politica, spiega l’autore, stan-no infatti “le onde profonde della società, quelleche si muovono nel sottosuolo e che mostrano iloro effetti soltanto nel lungo periodo, conosco-no scansioni diverse e si muovono con altriritmi” [p. 135].

Questa storia della povertà in provincia diTreviso rappresenta quindi un’occasione di sin-tesi e verifica di ipotesi interpretative a lungoindagate e via via precisate. Il lavoro – cheabbraccia due secoli della storia della societàtrevigiana, dalla caduta di Venezia al secondodopoguerra – ripercorre per sommi capi le tappedello sviluppo capitalistico e dei progressivismottamenti e adattamenti del tessuto socialeche di quello sviluppo furono la conseguenza. Inprimo piano, questa volta, la “Marca cenciosa”,cioè le classi subalterne, i cui profili sociologicisono stati recuperati da Brunetta attraverso lostudio degli apparati assistenziali destinati insie-me alla cura e al controllo dei poveri. Restaprevalente, tuttavia, nell’impostazione dell’au-tore, una attenzione alla dimensione istituziona-le del fenomeno. Lontano, quindi, dalle sugge-stioni di Geremek e della storia “dal basso”, lo

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

sguardo di Brunetta predilige una visione pano-ramica, che finisce per sovrapporsi con quelladelle classi dirigenti. Sono esse, in fin dei conti,e non i poveri le vere protagoniste di questastoria: è la borghesia (certo nelle sue componentipiù progressiste e illuminate) che da un latoinnesca il volano del capitalismo e dall’altro nonpuò non farsi carico di aggiornare via via lerisposte alle emergenze sociali legate ai semprenuovi modelli di “povertà”. I poveri, invece,sembrano intrappolati tra la pressione dellestrutture economiche e le soluzioni delle classidirigenti: prevalentemente non scelgono, ma su-biscono gli eventi e le decisioni altrui.

Tutta da indagare, quindi, rimane la dimensio-ne soggettiva del povero, ovvero le strategie cheproprio i ceti popolari urbani e rurali poseroautonomamente in atto non solo per far frontealla miseria, ma anche per mettere a frutto leopportunità che l’evoluzione economica e socia-le andava aprendo anche per le classi subalterne.I brevi cenni che in quest’ottica Brunetta dedicaal fenomeno migratorio e alla incubazione delboom economico fanno intuire la fecondità diulteriori approfondimenti in questa direzione.

Infine, una nota critica all’editore Marsilio,che in questo caso non ha reso onore al prestigiodel suo marchio abbandonandosi alla ormai dif-fusa cattiva abitudine di non corredare il testo diuno strumento prezioso – e doveroso in un’operascientifica come questa – qual è l’indice deinomi.

Alessandro Casellato

FRANCESCO PIAZZA, Sotto la bandiera di Gigione.Luigi Luzzatti a Oderzo: un deputato e il suocollegio elettorale, Treviso, Istituto per la storiadella resistenza e della società contemporaneadella Marca trevigiana - Verona, Cierre, 1998,8°, pp. 83, L. 18.000.

La diffusione del credito e le banche popolariè il testo con il quale il giovane economistaveneziano Luigi Luzzatti propone, nel 1863, lasua visione della cooperazione e del credito e cheinforma la sua febbrile attività di fondatore dibanche popolari e lo porta ad affiancare comesegretario il ministro dell’Agricoltura Industria eCommercio Minghetti. La sua determinazione adiventare membro del Parlamento si incontracon l’urgenza dei notabili di Oderzo di trovare uncandidato di prestigio per il proprio collegioelettorale, bene inserito nel potere centrale, alquale affidare le sorti malandate di un territorioperiferico, vessato dalla passata dominazioneaustriaca. Inizia così un rapporto che, nonostanteuna lunga interruzione, legherà lo statista al suocollegio per cinquant’anni.

Questo rapporto è il tema della ricostruzioneproposta da F. Piazza in questo agile ma comple-to saggio che, partendo dalla precoce elezione,invalidata due volte proprio per il requisito del-l’età, intreccia la grande politica con la cura delpiccolo collegio e i suoi bisogni. In brevi capitolivediamo scorrere sullo sfondo la grande politicanazionale, della quale Luzzatti è da subito stelladi prima grandezza, e gli interventi per il miglio-

ramento del territorio: dall’istituzione di corsi dieducazione tecnico agraria, all’apertura di scuo-le professionali e magistrali che coinvolgonoattivamente la nuova élite culturale postrisor-gimentale nell’attività di promozione educativa,dalla fondazione della stazione biologica di Pa-dova per la preparazione di sperimentatori, allostabilimento bacologico di Vittorio Veneto. Allaapprovazione della costruzione del ponte sulPiave, o in seguito della ferrovia Motta-Treviso.

La rivoluzione parlamentare che porta al go-verno la Sinistra, l’intreccio tra politica e affari,il sospetto che anche Luzzatti si lasci coinvolge-re favorendo S. Breda con la Società Veneta perImprese e costruzioni Pubbliche, ipotesi chePiazza esclude sulla base della considerazioneche Luzzatti rimase sempre un sostenitore del-l’esercizio statale delle ferrovie, la cui statiz-zazione fu approvata su suo impulso nel periodogiolittiano. La legge elettorale del 1882, che lovede contrario all’allargamento del suffragio, el’attivismo per riparare i danni delle inondazionidel Piave e della Livenza; il collegio senza Luz-zatti e il suo ritorno nel 1909; il decennio nerodegli anni Ottanta e i grandi successi di risa-namento finanziario dello Stato che in età gio-littiana si fa promotore di interventi pubblici o lalegislazione sull’emigrazione, messe a confron-to con le modificazioni della composizione so-ciale e lo sviluppo anche nell’area veneta disocietà operaie, fino alle elezioni del 1919, conmetodo proporzionale e a scrutinio di lista checonsacrano i nuovi partiti di massa, e chiudono lastagione politica liberal-borghese che porteran-no Luzzatti ad accettare la nomina a senatore e aduscire dai centri della decisione politica.

Fiorino Collizzolli

958–1998. I Collalto. Conti di Treviso, PatriziVeneti, Principi dell’Impero, Atti del convegno(Castello di San Salvatore, Susegana, 23 maggio1998), Vittorio Veneto (TV), Circolo Vittoriesedi Ricerche Storiche, 1998, 16°, pp. 287, s.i.p.

Nell’àmbito del ciclo di studi promosso dalCircolo Vittoriese di Ricerche Storiche sullefamiglie nobili del territorio trevisano, i Collaltorappresentano un momento importante per l’an-tichità ed importanza che la famiglia ha avutonella storia della Marca. La nobiltà dei Collaltoviene fatta risalire all’801, quando Carlo Magnoconcesse (ma il diploma è andato perduto) lostato e le prerogative comitali a Geraldo e a suamoglie Albergonda; il radicamento della fami-glia Collalto nel territorio è invece attesto da undiploma del 958, con il quale Berengario II red’Italia e suo figlio Adalberto, associato al trono,concedevano a Rambaldo, cioè Regimbaldus, il“campione del re”, la corte di Lovadina, presso ilPiave, nella contea di Treviso. Da allora i Collatodivennero una delle più importanti famiglie deltrevisano, sempre al passo con i tempi dellastoria: conti di Treviso, coaugularono l’opposi-zione antiveneziana ma, inglobata la Marca nellaSerenissima, entrarono nella nobiltà veneziana,ricoprendo incarichi di prestigio nello statoveneto; nel XVI secolo, allorché si attuarono le

condizioni di un’apertura verso il centro Europa,favorirono un nuovo ramo familiare alla corted’Asburgo, che due secoli dopo avrebbe portatonuova potenza e lustro. Ai Collalto, tra l’altro, sideve l’importazione di quei vitigni ungheresi,come il Tocai, che tanto hanno attecchito nellenostre terre.

Il volume raccoglie gli atti del convegno tenu-tosi nel castello di San Salvatore, aperto dopoalcuni decenni, proprio per questa occasione.

Michele Potocnik e Antonio Salvador (inCollalto, il castello e le origini…), ricostruisco-no, facendo tesoro di recenti indagini archeo-logiche, le vicende storiche degli antichi castellidei Collalto, che controllavano quel vasto terri-torio collinare compreso tra i fiumi Piave, Soligoe i torrenti Lierza e Crevada.

Vincenzo Ruzza (Da Conti di Treviso a Contidi Collalto. Mito e realtà), abbozza le diverseleggende sull’origine della famiglia (cimbra,romana), ripercorrendo poi la sua storia più anti-ca alla luce dei pochi dati sicuri che si conoscono.

Con due distinti saggi (I fratelli Collaltino eVinciguerra… e Anche un Collalto tra i corri-spondenti dell’avventuriero Giacomo Casanova),Giampaolo Zagonel entra nel campo della lette-ratura, trattando degli scrittori che la famigliaprodusse. Tra questi il più famoso è Collaltino,figlio di Manfredo, già amico dell’Aretino e delBembo, che visse un lungo e burrascoso amorecon la poetessa-cortigiana Gaspara Stampa neglianni 1548-51, e fu autore di rime di un certopregio. Inoltre si rammenta come a palazzoCollalto a Vienna ebbe luogo la prima esibizio-ne nella capitale austriaca del giovanissimoWolfgang Amedeus Mozart.

Al pari di molte altre famiglie feudali, anche iCollalto fondarono monasteri, su cui vantaronoper secoli un controllo diretto, o attaverso l’ele-zione dell’abate o con diritti di juspatronato. Unsimile monastero fu per i Collalto quello diNervesa, che Alberto Sonego (Il periodo mona-stico a S. Eustachio di Nervesa…), studia soprat-tutto attraverso la figura di due abati, Alberto eBonasio. Da sempre mecenati, i Collalto sepperoriunire attorno a loro artisti di fama, che allieta-rono le loro dimore e le seppero rendere sontuoseal pari del loro lignaggio. Giorgio Mies (con Artee artisti al servizio dei Collalto), enumera, divi-dendoli secolo per secolo, gli artisti che maggior-mente lavorarono per la famiglia. Moltissimi inomi, tra questi Antonio Vivarini, GiovanniAntonio de’ Sacchis, detto il Pordenone, France-sco Pagani da Milano e il Modoli.

Antonio Fabris

GIANPIERO DALLA ZUANNA - MARZIA LOGHI, Popo-lazione e popolazioni. Studi territoriali preli-minari alla storia della popolazione veneta1856-1911, Padova, Cleup, 1997, 8°, pp. 152,ill., L. 35.000.

Già nel titolo della ricerca di Giampiero Zuannae Marzia Longhi si trova implicita la questione sucui si articola lo sviluppo del testo: è possibileparlare, dal punto di vista demografico di una“popolazione” per il Veneto tra la seconda metà

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

dell’800 e la Grande Guerra o è più cauto distin-guere diverse popolazioni data la difficoltà diindividuare comportamenti demografici comu-ni, facilmente identificabili per tutta la regione?Lo studio sembra propendere per questa secondaipotesi anche se ugualmente giunge a definire, apartire da alcuni specifici criteri di riferimento,degli assi di variabilità territoriale che permetto-no, attraverso una comparazione analitica, dimettere a confronto le diverse particolarità giun-gendo comunque a disegnare un quadro d’assie-me da cui risaltano alcune differenze specifichedella situazione veneta sia rispetto all’Italia cheal più generale contesto europeo.

Lo studio si avvale come unità di misuraterritoriale del distretto, unità amministrativa dimatrice austriaca, collocata tra la provincia e laregione. Dopo aver studiato le componenti socioeconomiche dei distretti veneti, organizzandolisecondo le polarità montagna-pianura, città-cam-pagna, conduzione diretta-bracciantato, la ricer-ca prende in esame lo sviluppo delle specifichecomponenti di flusso: mortalità, fecondità, nu-zialità, migratorietà. Per quanto riguarda i primidue fattori presi in esame, lo studio di Zuanna eLonghi evidenzia come solo nel periodo che vadall’Unità alla Grande Guerra il Veneto superi ilregime demografico premoderno, caratterizzatosia da una mortalità che da una fecondità elevataper attestarsi su tassi estremamente ridotti dimortalità (agli inizi del ’900 la più bassa inItalia), mentre la natalità rimane tendenzialmen-te stabile, pur se è variabile, da zona a zona, ilrapporto fra età del matrimonio e fecondità nu-ziale (precoce la prima, relativamente bassa laseconda nelle zone di pianura, a rapporto inver-tito per la montagna).

Il dato, in sé comune a molte regioni europeenel corso dell’800, è in parte sorprendente perchécoincide, quanto meno nella seconda metà delsecolo, con una congiuntura economica partico-larmente sfavorevole, segnata dalla crisi genera-le dell’agricoltura e da un’industria che stenta adecollare. Questa difficile situazione è responsa-bile delle massicce ondate migratorie che inte-ressano un po’ tutto il Veneto e si concentranonel periodo più grave della crisi agraria fra il1887 e il 1897 mentre, a partire dalla ripresaeconomica di inizio secolo, il saldo migratoriotorna ad essere attivo. Nel periodo che va dal1881 al 1914 anche le città rappresentano un polodi attrazione rispetto alla campagna e una meta diflussi migratori interni. Pur non conoscendo fe-nomeni di urbanizzazione massiccia paragonabilia centri come Torino, Milano, Roma, i distretticittadini del Veneto mantengono così tassi dicrescita demografica percentualmente più altirispetto alle altre zone, seppur con una situazioneinterna di mortalità più elevata e fecondità piùridotta. La combinazione di questi fattori com-porta un ringiovanimento complessivo della po-polazione veneta che detiene, agli inizi del seco-lo, la percentuale più elevata di giovani neiconfronti delle altre regioni italiane.

A riprova dell’assunto iniziale, tutte questetrasformazioni non si attuano in modo diffusonel Veneto, ma si distribuiscono seguendo deter-minati assi territoriali. Il ringiovanimento dellapopolazione, ad esempio, segue da un lato ladirettrice Ovest-Est: più elevato nel trevigiano

dove aumenta anche la fecondità, più ridotto nelveronese, dall’altro la trasversale Sud-Nord, per-ché i comuni montani partivano con una popola-zione di età relativamente più anziana e quindi“più facilmente modificabile a parità di variazio-ni del movimento naturale.”.

Ferdinando Perissinotto

MARIO OGGIANO, L’Italia alpina del Nord-Est.Un’analisi demografica, Venezia, Cafoscarina,1996, 8°, pp. 191, ill., s.i.p.

Il lavoro di Mario Oggiano prende in esamel’area alpina del Nord Est per esaminare, a partireda un’analisi comparata dei risultati dei censi-menti del 1971 e del 1991, le situazioni di mag-gior o minor malessere demografico che con-traddistinguono le zone oggetto della ricerca. Lostudio prende così in esame le diverse caratteri-stiche della popolazione, analizzandone le dina-miche di flusso e i diversi fattori di permanenza,crescita, migrazione, suddividendo i comunidell’area in questione non semplicemente perunità amministrative, ma anche per dimensionidemografiche e per fasce altimetriche. Il lavoroè preceduto da una primaria definizione di checosa rappresenta, dal punto di vista dell’analisidemografica, l’ambiente alpino, concentrandol’attenzione sui fattori che tradizionalmente han-no fatto di queste zona un’area contraddistinta daun’economia stentata e con una crescita dellapopolazione contenuta.

I risultati della ricerca giungono ad evidenziarediversi modelli di sviluppo ordinati secondo ungradiente di progressivo malessere demografico.In cima alla scala si situano le zone del Sud-Tirolo caratterizzate da un accentuato sviluppodel terziario e da una rinnovata attività nel settoreprimario. Lo spopolamento delle zone alpine inquest’area è ormai arrestato e, dopo la fase inizia-le in cui ingenti investimenti sono stati rivolti allacostruzione delle infrastrutture per la sviluppodella ricettività turistica, gli interventi sono oradiretti ad una difesa dell’ambiente, attuata anchenell’ottica di una salvaguardia della propria po-sizione di preminenza nel settore dell’industriadelle vacanze, puntando sul miglioramento dellaqualità del servizio piuttosto che sullo sfrutta-mento intensivo delle risorse.

Il modello trentino si trova ad un livello inter-medio con una presenza rilevante del settoreindustriale rispetto ad un terziario comunquesignificativo, con tassi migratori attivi, ma con lapresenza di zone isolate di malessere demo-grafico. L’area veneta appare in netta ripresarispetto un passato recente, trainata da un settoresecondario e terziario in forte crescita, ma segna-ta anch’essa, soprattutto nell’area del bellunese edel vicentino, da zone in cui il saldo migratoriopositivo non colma la denatalità sempre piùmarcata e il costante aumento dell’età media.L’area in cui si concentra infine il più alto males-sere demografico è quella del Friuli. Qui ad unterziario in crescita fa riscontro un’attività indu-striale e soprattutto un settore primario in fortecrisi. Da un punto di vista demografico questasituazione è caratterizzata dalla prevalenza di

comuni contraddistinti da una fecondità moltobassa, scarsa attività, un elevata presenza diultrasessantenni, con saldi migratori e naturalinegativi.

Ferdinando Perissinotto

Politica e amministrazione nella Vicenza deldopoguerra. Verbali del Comitato di Liberazio-ne Nazionale Provinciale 7 maggio 1945 - 3luglio 1946, a cura di Maria Grazia Maino,Vicenza, Neri Pozza, 1997, 8°, pp. 242, L. 30.000.

Quinta pubblicazione della collana di NeriPozza “Fonti e studi per la storia del Venetocontemporaneo”, diretta da Angelo Ventura,questo testo raccoglie i verbali del CLN provin-ciale vicentino datati dal 7 maggio 1945 al 3luglio 1946. Si tratta di una documentazione cheoffre un contributo essenziale per la comprensio-ne di quel periodo storico, quando, nell’immi-nenza della sconfitta dei nazifascisti, già si ac-cendeva il dibattito sul riordino politico-ammi-nistrativo del paese. Nella prefazione, EmilioFranzina ricorda come già l’11 settembre 1944un comunicato del CLNR del Veneto avessecontribuito a indicare la via da seguire per lascelta degli uomini e delle cariche provvisorie,“dichiarando preminente, zona per zona, la com-petenza dei CLN provinciali”. Di qui l’importan-za di conoscere nel dettaglio il contenuto delledeliberazioni prese da quegli organi, per com-prendere quali fossero le regole del gioco e gliattori che, in quelle difficili circostanze, contri-buirono in maniera sostanziale alla creazionedelle fondamenta democratiche del nostro paese.Nelle pagine dei resoconti che da Vicenza veni-vano inviati al CLN regionale “non solo trovanoconferma molte ipotesi già fatte a proposito deiCLN come istituti di governo e di autogoverno –specie da un lato negativo non potendosene tace-re i limiti, le debolezze e le contraddizioni –, mariemergono soprattutto i tratti di una transizionefaticosa, accidentata e vissuta in modo ancheesistenzialmente tumultuoso”.

Maria Grazia Maino, che ha raccolto e com-mentato questi documenti, ricorrendo anche al-l’archivio patavino dell’Istituto veneto per lastoria della Resistenza, ricorda come la circolaredel CLNAI del 29 marzo 1945 abbia mutato laqualità e la natura dell’attività dei comitati regio-nali e provinciali; in tale documento si racco-mandava la trasformazione dei CLN regionali eprovinciali in “Giunte Consultive”, destinate acollaborare e ad assicurare una pacifica assun-zione dei poteri da parte del governo militarealleato. Il che significava, naturalmente, conse-gna delle armi e impegno per una pacifica tran-sizione verso una definizione democratica dellaforma di governo italiana.

Nel CLN berico, nelle cui fila militò anche loscrittore Luigi Meneghello (che nel suo “I picco-li maestri” narra della lotta clandestina sullemontagne vicentine), dovette naturalmente fron-teggiare, al suo interno, la difficile convivenzatra le varie componenti politiche, tant’è che, trala fine del 1945 e l’inizio del ’46, alla vigilia delsuo scioglimento, i verbali già parlano di defe-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

zioni o di assenze dei rappresentanti della Dc edel Pli, che spingevano per un più rapido sciogli-mento di questi organismi paramilitari.

L’ultimo verbale, quello della riunione straor-dinaria del 3 luglio 1946 (“presenti: Lievore,Gallo, Segala, Bubola, Dianese, Guggia, Rumor”)sancisce lo scioglimento del CLN vicentino. Pre-occupazione dei convenuti è erigere una lapidein memoria dei caduti per la lotta di liberazione,ma soprattutto conservare memoria delle azionie delle attività del comitato, curandosi di mante-nere un archivio di tutti i documenti e le deli-berazioni prodotti. Ed è grazie a questa lungimi-rante decisione che oggi possiamo disporre diquesta preziosa fonte storica.

Marco Bevilacqua

Navi di Legna. Evoluzione tecnica e sviluppodella cantieristica nel Mediterraneo dal XVI se-colo ad oggi, Atti del Convegno internazionale(Grado, 21-25 maggio 1997), a cura di MarioMarzari, Trieste, Lint, 1998, 4°, ill., pp. 364,L. 45.000.

Attraverso le relazioni di quaranta relatoriprovenienti da tutto il bacino del Mediterraneo,dalla Romania, dalla Svizzera e dai Paesi Bassi,sono state messe a confronto le differenti espe-rienze sul mondo marinaro, cantieristico e sul-l’evoluzione storico-nautica ed economica deipopoli. Il volume indubbiamente è uno stimoloper nuove e più approfondite conoscenze sullacultura marinara che tanto ha inciso sulla vita deipopoli che si affacciano sul Mediterraneo.

Nel volume viene riportata anche la Dichiara-zione con la quale il Comitato scientifico ha fatteproprie – estendendole a tutto il Mediterraneo –le conclusioni espresse nel Convegno svoltosinel 1995 a Dubrovnik. In essa è sottolineatal’importanza di salvaguardare il patrimonio cul-turale costituito dalle costruzioni navali tradizio-nali nel Mediterraneo. Che ci sia questa necessitàlo ha spiegato Angelo Marzollo dell’UNESCO diVenezia: “Una cultura che sta ora rapidamentescomparendo: i manufatti in legno si conservanocertamente meno dei monumenti di pietra, esono, d’altra parte, futto di una sapienza artigia-nale che raramente si è dotata di codici scritti,basandosi piuttosto su tradizioni orali, traman-date di generaziane in generazione insieme allesue tecniche specifiche. Lo scafo di una barcapuò essere una struttura altamente significativadell’irripetibile tecnologia che l’ha prodotta, e lesue decorazioni possono costituire la rappresen-tazione artistica di importanti tradizioni, creden-ze religiose, superstizioni, leggende popolari”.

I numerosi articoli contenuti nel volume ri-guardano la storia, le tecniche di costruzione, imetodi di misurazione, l’insegnamento delle tec-niche di navigazione così come si sono affermatenel bacino del Mediterraneo. Diversi articoli siriferiscono specificatamente al Veneto in parti-colare a Venezia e a Chioggia: Un centro diriqualificazione degli uomini del mare: la Scuo-la Nautica di Venezia; La scuola di “naval archi-tettura” nell’arsenale di Venezia; Dall’alberoalla nave; Maestri d’ascia e calafati nei portiadriatici pontifici tra settecento e primo ottocen-to; Relitti tra XVI e XIX secolo della costa veneta

dell’Adriatico. Infine una curiosità. Nell’artico-lo Un maestro d’ascia veneziano a Ginevraintorno al 1600: Jean Cayato detto Barba, vienericordato che al programma di costruzioni dinavi da guerra attuato tra il XVI e XVII secolodalla città di Ginevra partecipò nel 1612 comecapo dei maestri d’ascia un certo Jean Caillatodetto Barba nato a Venezia intono al 1536.

Cinzio Gibin

ARCHEOLOGIA

GIROLAMO ZAMPIERI, Vetri antichi del Museo Ci-vico Archeologico di Padova, Venezia, Regionedel Veneto, 1998, 8°, pp. 277, ill., L. 75.000(Corpus delle Collezioni Archeologiche del Ve-tro nel Veneto, 3).

Il volume, terzo della serie curata dalla GiuntaRegionale del Veneto e dal Comitato NazionaleItaliano “Association Internationale pour l’Histoi-re du Verre” che si propone lo studio e la pubbli-cazione dei vetri antichi rinvenuti nella nostraregione e conservati nei musei veneti o in colle-zioni private, ha come argomento la classifica-zione dei manufatti vitrei di età romana trovati aPadova e nel territorio padovano. Edito contem-poraneamente all’allestimento della mostra sullastessa classe di materiali nelle sale dei MuseiCivici patavini, ne ha costituito il catalogo.

I reperti considerati provengono tutti da aree adestinazione funeraria, se si escludono le dona-zioni e i fondi di Museo per i quali non si puòstabilire con certezza la provenienza. Per la mag-gior parte di essi è sicuro il luogo di rinvenimen-to, ma raramente se ne conosce lo specificocontesto e l’esatta associazione: l’inquadramen-to cronologico, quindi, è derivato quasi sempredall’analisi e dai confronti tipologici, cui l’auto-re dedica, per ciascuna morfologia, un’ampiatrattazione, volta a delinearne le derivazioni e gliinflussi nelle varie parti dell’impero romano.

Il nucleo più cospicuo di manufatti, comples-sivamente ascrivibili all’arco di tempo compresotra la fine del I sec. a.C. - inizi del I sec. d.C. edil IV sec. d.C., è riferibile alla necropoli cittadinadella stazione ferroviaria, scavata nel secoloscorso, mentre un secondo gruppo rilevantequantitativamente e qualitativamente, provenien-te dal territorio, è quello formato dalle tombe diMontegrotto e di Vigorovea, frazione di S. An-gelo di Piove.

La classificazione è preceduta da un’introdu-zione generale riguardante la formazione dellacollezione, che si sofferma in modo particolaresui rinvenimenti della necropoli della stazioneferroviaria e sui centri di produzione. Segue ilcatalogo, basato sulla distinzione delle formerappresentate (amphoriskoi, ampolle, aryballoi,balsamari, bastoncini, bicchieri, bottiglie, broc-chette, casseruole, coppe, fiale, kantharoi, sky-phoi, olle e coperchi, ollette, pedine, piatti, rhyta)ordinate alfabeticamente, e spesso, all’internodella stessa classificazione morfologica, sulla

distinzione dei differenti tipi, delle diverse tec-nologie impiegate e delle varie decorazioni uti-lizzate. Ciascun esemplare è accompagnato dal-la ripresa fotografica in bianco e nero, mentrealcuni oggetti in particolare ed alcuni corredipressoché integri sono presentati anche a colori;concludono gli apparati critici, costituiti dalletabelle delle corrispondenze inventariali, dagliindici delle provenienze e delle raccolte, e dalglossario sulle forme, sulle tecniche di lavora-zione e di decorazione, sui termini tecnici legatialla produzione vetraria.

Cinzia Agostini

MICHELE DE BELLIS, Cento frammenti di antichivetri adriesi custoditi nel Rijks Museum vanOudheden di Leida (Olanda), Adria (RO), Apo-geo, 1998, 8°, pp. 123, ill., s.i.p.

In occasione del XIV Congresso dell’Asso-ciation Internationale pour l’Histoire du Verresono temporaneamente tornati ad Adria, ed espo-sti in una vetrina loro riservata del Museo Ar-cheologico, cento frammenti vitrei, risalenti al-l’età romana, trovati nel territorio adriese (pro-babilmente nei dintorni della necropoli di Cuora)dal prof. Conton. Tali reperti furono poi da questivenduti, insieme ad altri 439, al collezionistaolandese van der Meulen, che, nel 1934, li donòal Museo van Oudheden di Leida, dove sonotuttora conservati. Grazie all’interessamento dellastessa associazione e a quello della Soprinten-denza Archeologica del Veneto, per la medesimacircostanza è stato pubblicato il catalogo che neracconta, come appunta l’autore, il “mistero” e levicissitudini.

Il De Bellis, che scrive in lingua inglese ed initaliano, non è un “addetto ai lavori” ma risultaun grande appassionato dei materiali antichi: conun linguaggio semplice ma coinvolgente, propo-ne all’attenzione dei lettori la storia deiritrovamenti e della formazione della collezione,ed in seguito, proseguendo il discorso in paralle-lo, le biografie del Conton e dell’acquirenteolandese, ed alcuni cenni storici sulle città diAdria e di Leida. Entrando quindi nel vivo delladiscussione scientifica, analizza le varie tecnolo-gie utilizzate per la resa decorativa dei frammen-ti (preparazione delle canne “a mosaico”, prepa-razione dei nastri compositi, delle canne spiralate“a retorti” o “a reticelli”, delle coppe costolate,degli “alabastra” a bande dorate), e lo stato diconservazione delle superfici degli stessi (aventitalora pareti con tracce di corrosione, di devi-trificazione, trattate ad alta temperatura). Perdieci pezzi in particolare sono state inserite foto-grafie di manufatti integri di diversa provenien-za, riproducenti le possibili forme originarie cuiessi sono riconducibili. Segue la classificazionedi tutti gli oggetti, divisi in due gruppi (vasellamee non vasellame), il primo dei quali ripartito insottoinsiemi in base al criterio cronologico,tipologico e ornamentale; ciascun reperto vieneillustrato con fotografie a colori per la resa deidiversi elementi decorativi, e con il disegno perla ricostruzione morfologica del repertorio rap-presentato.

Cinzia Agostini

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Il Baldo-Garda in epoca romana, Atti del Con-vegno (Cavaion, 29 novembre 1997), Verona,Centro Turistico Giovanile - AssociazioneArcheologica Cavaionese - Comune di Cavaion,1998, 8°, pp. 95, ill., s.i.p.

Nell’opuscolo, chiaro nell’impostazione, diagevole lettura per quanto dettagliato e rigorososcientificamente, si raccolgono gli atti dell’omo-nimo convegno, promosso dall’Università Am-biente Monte Baldo del Centro Turistico Giova-nile, dall’Associazione Archeologica Cavaionesee dall’Amministrazione Comunale del centro,svoltosi a Cavaion alla fine del 1997. Il convegnosi proponeva una revisione generale delle cono-scenze acquisite e dei dati fino ad oggi emersiriguardanti l’entroterra gardesano in età romana:le informazioni derivatene hanno permesso dicaratterizzare lo stesso ambiente geografico estorico per quanto riguarda le condizioni sociali,economiche e religiose. I contributi, ora confluitinel volume, sono cinque, tutti accompagnati daun vasto repertorio di confronto bibliografico, daesaurienti note critiche, e da un apparato illustra-tivo esemplificativo.

Il primo articolo, a cura di Carlo Bovo, analiz-za la rete viaria che interessava la X Regio,riportando anche le varie connotazioni assuntedalle diverse strade nei secoli, ed in special modoil problema della viabilità nella zona compresatra l’Adige ed il Garda; nel secondo MargheritaBolla si sofferma sulle svariate tipologie di ma-teriali rinvenuti in contesto funerario e rappre-sentanti classi di ceramica fine da mensa, comu-ne da dispensa, lucerne, e soprattutto vetri, tra cuii particolari balsamari bollati della tomba 5 diCavaion. Nel terzo Ilaria Rossi si occupa delrituale funerario e delle tipologie sepolcrali pre-senti e più frequenti nel comprensorio orientaledel Garda, descrivendo le valenze cultuali edescatologiche, oltre che funzionali, degli oggettiformanti il corredo; Alfredo Buonopane, di se-guito, presenta un breve excursus sulla vita eco-nomica, sul quadro sociale e sugli aspetti religio-si della comunità gardesana antica. Infine Fede-rico Biondani, dopo l’interessante introduzionesull’interpretazione della presenza di offertemonetali nelle tombe come “obolo di Caronte” inriferimento alla tradizione letteraria, tratta dellefonti numismatiche nelle diverse fasi preim-periale, alto e medio-imperiale, tardoimperiale ealtomedievale

Cinzia Agostini

LUISA ALPAGO-NOVELLO, L’età romana nella pro-vincia di Belluno, Verona, Cassa di Risparmio diVerona, Vicenza Belluno e Ancona, 1998, 8°,pp. 191, ill., s.i.p.

Terzo della collana di “Studi sul territoriobellunese”, questo volumetto fa il punto delleconoscenze sull’epoca romana, anche alla lucedelle più recenti indagini archeologiche che han-no interessato Belluno, Feltre e altri centri dellaprovincia. Scritto con linguaggio chiaro e tagliodivulgativo, illustrato con foto, disegni e cartine,ci conduce alla scoperta di un passato che spessosi legge ancora in filigrana nelle città e nei borghidi oggi.

Plinio il Vecchio attribuiva ai Veneti il muni-cipio di Belluno, ai Reti quello di Feltre e ai Carniquello degli “Iulienses”, che oltre alla Carniacomprendeva il Cadore: tripartizione conferma-ta dagli studiosi moderni. I due centri principalierano, come oggi, Feltre e Belluno. La topografiadi Belluno romana, sorta alla confuenza dell’Ar-do nel Piave, è ancora un rebus per gli archeologi,non essendo stata identificata con certezza laposizione del Foro. Quanto a Feltre, che la tradi-zione vuole fondata da Giulio Cesare, I’imponentepiano lastricato messo in luce dagli scavi inpiazza Maggiore sembra invece indicare consicurezza che il cuore della città odierna corri-sponde a quello della città romana.

Se a Belluno e soprattutto a Feltre sono riser-vate, come è naturale, le parti più avvincenti dellibro, con l’illustrazione del loro aspetto antico edei ritrovamenti archeologici, molto imeressantisono anche le pagine che ricostruiscono la pre-senza romana nel Cadore, che tra le valli dolo-mitiche è sempre stata la più favorevote agliinsediamenti e ai trasporti.

Utili, infine, le schede dedicate alle straderomane, alla navigazione delle zattere sul Piave,alla centuriazione del territorio, alle ville, alleattività economiche, ai culti religiosi (come quelliconnessi alla fonte sacra di Làgole, presso Calalzodi Cadore) e all’organizzazione politica e ammi-nistrativa.

Giuseppe Sandrini

Canar di San Pietro Polesine. Ricerche archeo-ambientali sul sito palafitticolo, a cura di Clau-dio Balista e Paolo Bellintani, Rovigo, CentroPolesano di Studi storici, archeologici ed etno-grafici, 1998, 4°, pp 190, ill., L. 50.000.

Esce nella collana di studi monografici “Pa-dusa”, promossa dal “Centro Polesano di Studistorici, archeologici ed etnografici” di Rovigo,questo ricco contributo alla conoscenza di unimportante sito preistorico della provincia diRovigo: Canar in San Pietro Polesine. La discus-sione, integrata dei dati emersi dalle analisipaleoambientali, valutati alla luce dei datiarcheologici fino ad ora emersi, ha portato a unaricostruzione dell’ambiente antropizzato di Canàrnel Bronzo antico che si articola in vari aspetti.

Durante la frequentazione dell’insediamentopalafitticolo sono documentate, dai pollini e daimacrofossili, le coltivazioni di cereali (orzo, mo-nococco, dicocco, frumento estivo, miglio), lacura antropica della vite selvatica. Riguardo allafase terminale, il rinvenimento di un granulo dicanapa può far pensare alla coltivazione di que-sta pianta nei dintorni del sito, una ipotesi cherichiede conferme da ulteriori analisi. Sono do-cumentate anche raccolte di frutti spontanei(ghiande, nocciole, more, mele, frutti di sambu-co – sambuco nero e ebbio –, corniolo, castagnad’acqua).

Le colture erano probabilmente localizzate trala fascia rivierasca della palude e il bosco, senzaescludere la possibilità di coltivazioni su lembirilevati tra le aree stagnali-palustri, con possibilealternanza fra coltivi e prato-pascolo, quest’ulti-

mo riflesso nell’elevata quantità di reperti difauna domestica. I numerosi resti di pesce rinve-nuti testimoniano l’interesse delle genti di Canàrverso lo sfruttamento delle zone umide vicineall’abitato. La pesca era esercitata prevalente-mente su tinche, scardole e lucci, pesci tipici delmetapotamon, ovvero il tratto terminale dei fiu-mi caraterizzato da acque lente, torbide e conricca vegetazione.

I dati paleoambientali indicano una originalitàdel sito come sito palafitticolo di ambiente palu-stre planiziario. Questo ambiente deve aver in-fluenzato sia le tecniche costruttive della palafittasia la struttura dell’insediamento con costruzio-ne di fossati per drenare l’area insediata, conpossibili ripercussioni sull’organizzazione e sul-la sistemazione delle superfici agrarie e a pasco-lo poste nelle vicinanze.

I risultati ottenuti, con i limiti di uno studio cheha il carattere di saggio, dimostrano la notevolepotenzialità del sito per cogliere la interazionetra uomo e ambiente nella fase finale del Bronzoantico, per i seguenti motivi:

1) il sito e l’area che lo circonda offrono repertiabbondanti, diversificati e ben conservati, checonsentono una ricostruzione archeoambientaleintegrata;

2) il paesaggio planiziario padano interfluvialeche ospita il sito palafitticolo può essere conside-rato come tipico per il periodo in questione,costituito da un mosaico di dossi alluvionaliforestati intercalati da stagni e acquitrini;

3) il contesto archeoambientale esaminatoappare in larga parte inequivocabilmente natura-le, ma nello stesso tipo già punteggiato dainequivocabili segni antropici: questa individua-lità delle due componenti permette di valutaremeglio i processi ecoinsediativi messi in atto daiprimi gruppi palafitticoli che hanno colonizzatol’area di Canàr.

Giovanna Battiston

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ISTITUZIONI E CULTURA

La collana sulla “Cultura popolare veneta”,promossa dalla Regione del Veneto con lacollaborazione della Fondazione Giorgio Cinidi Venezia e pubblicata nella nuova serie dallacasa editrice Neri Pozza di Vicenza, si avvaledi un apposito Comitato scientifico presiedutoda Vittore Branca e coordinato da UldericoBernardi. Vengono qui presentate le ultimepubblicazioni della collana.

LINA URBAN, Processioni e feste dogali. “Ve-netia est mundus”, present. di Antonio Niero,Venezia, Regione Veneto - Vicenza, NeriPozza, 1998, 8°, pp. 276, ill., L. 35.000 (Cul-tura popolare veneta, nuova serie, 14).

Nota studiosa delle feste e dei divertimentiveneziani, Lina Urban propone in questo vo-lume un itinerario sulle manifestazioni cele-brative che hanno caratterizzato la Repubbli-ca di Venezia in età moderna. Si tratta di unlavoro che intende fornire uno spaccato com-plessivo su queste manifestazioni, assumendoun carattere divulgativo rispetto a studi piùspecifici, con inserimento comunque di ele-menti nuovi. Non manca la materia primaconsiderato che “Venezia ebbe in assoluto ilmaggior numero di processioni e cortei”, ma-nifestazioni che avevano la particolarità dicreare un intreccio inscindibile tra “culto civi-co e celebrazioni religiose”. Sono feste chetrovano la propria esaltazione intorno al cuoremarciano (la piazza e la basilica di San Marco,il Palazzo Ducale), e la cui finalità era ilringraziamento e la esaltazione della potenzae ricchezza della Serenissima, la dimostrazio-ne della sobrietà dell’oligarchia governante,l’ostentazione della sua saggezza, la ricercadella concordia delle classi sociali urbane,l’attrazione nella sfera dei miti veneziani deiceti sociali e dei centri marginali.

Il lavoro illustra l’origine e le principalitradizioni legate alle festività, raccontate sullascorta della ricca memorialistica e letteraturaveneziana, con riferimento ad alcuni testimanoscritti (in particolare di quel monumento

della venezianità costituito dalla BibliotecaCivica Correr). Si articola in cinque parti che,seguendo l’andamento temporale, in sensocronologico e di ritualità annuale, fornisconoun quadro complessivo di un mondo le cuimanifestazioni sono estremamente ricche evarie, con caratteristiche che tendono a cam-biare nel tempo.

Si parte dalle “Processioni per festività an-nuali”, dove vengono indicati i momenti piùantichi e più sentiti delle solennità veneziane:i ludi mariani; le leggende e le feste in onoredi San Marco; i riti contro le scelleratezze delcarnevale; le solennità della Settimana Santa;la sensa, con lo sposalizio del mare; la proces-sione del Corpus Domini e quella di SanGiorgio. A questo gruppo, che costituisce ilcuore della tradizione, seguono le “Processio-ni annuali di ringraziamento”, relative alleuscite solenni del Doge dal Palazzo Ducale eall’andata alla cappella di sant’Isidodro (inricordo della sventata congiura di MarinFaliero) fino alla Madonna della Salute (per lasalvezza dalla pestilenza del 1630-31), pas-sando per i vari santi e momenti degni dimemoria di una storia che ha superato diversifrangenti difficili. Quindi le processioni de-finite “laico-nazionalistiche”, promosse peresaltare alleanze, guerre e paci, e le “Festedogali” vere e proprie, con le celebrazioni inoccasioni delle elezioni del doge e momentiparticolari della sua attività. La disamina delleprocessioni si conclude con i “Solenni ingres-si e cerimonie di investiture”, del modo cioè in

cui la Serenissima salutava autorità e notabili:patriarchi e cancellieri, procuratori e amba-sciatori, capitani da mar...

La narrazione cerca di individuare le carat-teristiche delle diverse feste e fa riferimentoad una serie innumerevole di edizioni delleprocessioni, di occasioni ed avvenimenti par-ticolari, quali si desumono da fonti d’epoca estudi specifici. Le tavole fuori testo riportano26 tra incisioni e stampe d’epoca inerenti gliargomenti trattati.

La presentazione di Antonio Niero evidenziala partecipazione popolare sia nelle processio-ni (prese in esame nelle prime tre parti del-l’opera) come nelle feste dogali (cui si riferi-scono le ultime due), ma soprattutto quel“felice connubio di autorità dogale e di popo-lo” che ha caratterizzato tutte le manifestazio-ni veneziane. Indubbiamente la presenza deldoge per un verso e del popolo per l’altro,costituiscono i due elementi essenziali dellaorganizzazione e della fortuna delle proces-sioni e delle feste veneziane. Nel loro insieme,queste costituiscono il momento festivo e gio-ioso di un potere oligarchico basato su uncompleso e felice equilibrio di sudditanza epaternalismo, un momento di affermazione edi esaltazione della venezianità e del mito diVenezia, verso cui vengono fatti convergeretutti gli aspetti della società (spirituale, cul-turale, istituzionale, economico). Una vene-zianità che nell’orizzonte dei protagonisti siidentifica con l’universo: Venezia è il mondo,come recita appunto il complemento del tito-lo. Per noi, oggi, un osservatorio per cogliereaspetti e riferimenti delle caratteristiche e del-la fortuna di questa civiltà.

Scartafaccio d’agricoltura. Manoscritto diun contadino di Spinè di Oderzo (1805-1810),a cura di Luciano Morbiato, Venezia, RegioneVeneto - Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°, pp.199, ill., L. 34.000 (Cultura popolare veneta,nuova serie, 15).

La collana regionale sulla “Cultura popola-re veneta” si arricchisce di materiali sul mon-do contadino con la pubblicazione di un testosulle tecniche agricole scritto da un contadinoanonimo del territorio opitergino.

Il manoscritto, che ottiene solo ora gli onoridella stampa, era stato raccolto sul finire delsecolo scorso dal prof. Emilio Teza dell’Uni-versità di Padova, presentato alla R. Accade-mia di scienze, lettere ed arti, e depositatonella biblioteca dell’Orto botanico di Padova.

Si tratta di appunti di agricoltura di variogenere, considerazioni tra divulgazione esperimentazione di tecniche agrarie, la cuiparte centrale è costituita da due trattati sullaviticultura e sul formento. Il testo è statoscritto all’inizio del secolo scorso da un con-tadino piccolo proprietario rimasto anonimo,

CULTURA POPOLAREVENETAPier Giorgio Tiozzo

Gentile Bellini, Processione in piazza San Marco (part.).Venezia, Gallerie dell’Accademia

L’EDITORIANEL VENETO

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ISTITUZIONI E CULTURA

chiamato Maso (con una denominazione contutta probabilità di comodo) dal Teza, ed ha ilmodo di scrivere di chi è senza studi, concomposizione dei contenuti in modo indecisoe in forme continuamente cambianti. L’autoreè un ‘patriarca’ di una comunità rurale che siscusa per il proprio parlare “rozo”, tipico del“recoltore”, di chi è avvezzo ai lavori manualie non intellettuali.

Il volume si compone di tre parti, fatteprecedere da una sintetica premessa di inqua-dramento di Manlio Cortelazzo. Innanzituttoun saggio introduttivo sull’opera, scritto dalcuratore Luciano Morbiato (Le due recolture”,pp. 17-50). La parte centrale è costutuita daltesto, lo “scartafaccio” appunto, accompa-gnato da qualche annotazione, seguito da unglossario di termini usati e arricchito da unrepertorio dei disegni più significativi inseritinel manoscritto (13 pagine fuori testo, con 33illustrazioni) e da una “Tavola” con gli incipitdei vari capitoli del testo. In appendice vieneripubblicato il testo della comunicazione svoltada Emilio Teza all’Accademia patavina nel1895 e un campione della corrispondenzaintrattenuta, sempre nel 1895, da Teza con ilPrefetto dell’Orto botanico patavino, il prof.Pier Andrea Saccardo, corrispondenza con-servata tra la Marciana di Venezia e la Biblio-teca Vallisnieri dell’Università di Padova, chefa riferimento al manoscritto e che indica lavarietà di interessi e di competenze del Teza.

“Maso” stesso dichiara che il volume gli ècommissariato da un ecclesiastico, con l’ap-provazione di signori, e questa origine apparesottolineata dai continui afflati devozionalidel cristiano che accompagnano le considera-zioni di filosofia spicciola.

Scritta in un delicato momento di passaggioistituzionale (che vede il susseguirsi di france-si e austriaci dopo la Serenissima e prima chesi possa prospettare concretamente l’unifica-zione all’Italia), la pubblicazione costituisceuna testimonianza di un mondo che ci apparelontano, e del quale ci documenta le caratteri-stiche tecniche del mondo agricolo per unverso, l’orizzonte culturale e ideologico di unpiccolo proprietario per un altro verso, edinoltre un linguaggio significativo, un italianopopolare ricco di elementi dialettali.

GIACOMO AGOSTINETTI, Cento e dieci ricordiche formano il buon fattor di villa, a cura diUlderico Bernardi e Enzo Dematté, Venezia,Regione Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1998,8°, pp. 451, L. 48.000 (Cultura popolare veneta, nuova serie, 16).

Edizione critica di un testo che “tratta quel-lo e quanto deve sapere un buon fattor di villa,che consiste principalmente in tener buonascritura, intendersi d’agricoltura, diligenza nelriscuoter l’entrate, pratica nel conservarle,

occulatezza nell’esitarle, avantaggio nellospender il denaro del patrone”, recita il com-plemento del titolo dell’edizione, e aggiungeancora: “Opera morale et economica che ser-ve ad instruttione de’ fattori et ad avvertimen-to de’ patroni”, con in fine “una raccolta dirimedij per varie infermità di buoi, cavalli etaltri animali”. Condotto sulla editio princeps(spiega Susanna Celi) del 1679, il testo occupale pagine 27-270 del volume, e viene opportu-namente integrato dalla prefazione di UldericoBernardi e dal saggio e apparato critico diEnrico Dematté.

L’introduzione di Bernardi richiama il si-gnificato del lavoro di Giacomo Agostinettisul mondo contadino veneto come testimo-nianza di una sapienza popolare che ha saputoconiugare in modo eccellente la pratica allateoria, inserisce il lavoro all’interno delle atti-vità e delle caratteristiche del paese natio,Cimadolmo di Oderzo, e sottolinea nell’operala prima descrizione della coltivazione delmais, di quel formenton, o sorgoturco, chetanta parte avrà nella storia regionale suc-cessiva. Dematté offre una lunga ed articolataanalisi sulle caratteristiche del testo, sull’au-tore e sul mondo nel quale si inserisce, com-pletando il volume con una nota sulle 5 diver-se edizioni dell’opera (realizzate tra il 1679 eil 1749), un glossario dei termini dialettali egergali, e gli indici di nomi e luoghi.

Dopo 45 anni di ‘onorato’ servizio, ormaisuperati gli ottant’anni, ritiratosi nel paesenativo, Giovanni o Jacopo Agostinetti si mettea scrivere della propria esperienza, racco-gliendo 110 trattazioni, chiamate “ricordi”, suaspetti e momenti della vita del coltivatore,con riferimenti precisi e continui, in particola-re, a come deve comportarsi un ‘buon fattore’.Il discorso viene sviluppato con approccio cheoggi diremmo pluridisciplinare, come sottoli-nea Bernardi, nel quale viene unito “il pregiodel saggio scientifico, la minuziosa precisionedel manuale tecnico, e la sapienzalità etica dichi non immiserisce l’attività d’impresa nellasola ottimizzazione del profitto, ma punta aun’armonia di rapporti sociali, per quantoconsentito dal proprio tempo, dove si realizzial meglio la più generale condizione umana”.Pubblicato per la prima volta nel 1679, illavoro è frutto dunque di conoscenza diretta e

di ‘saggezza contadina’. I Ricordi si snoccio-lano uno dietro l’altro, in forma ancora grade-vole, toccando i diversi aspetti della gestionedella terra, le modalità tecniche della miglioreesecuzione dei lavori sui campi, l’equilibriocon il quale devono essere condotti i rapportiinterpersonali, tra sudditanza al padrone ecomando sui contadini, i riferimenti e i com-portamenti necessari per governare i lavorato-ri dei campi. Vengono posti in evidenza, conintento pratico, gli elementi che oggi chiame-remo di tecnica agraria, seguendo tutti i pas-saggi delle attività del mondo contadino dallacoltivazione al prodotto finito, come ad es. peril vino, e offrendo in modo esplicito unospaccato del modo di comportarsi e di conce-pire questo mondo, il tutto finalizzato all’‘operare bene’ e in funzione del padrone.

L’economia e la vita contadine vengonoscandagliate nei loro molteplici aspetti ag-giungendovi in appendice l’indicazione deirimedi per affrontare le malattie degli animali,i mali dei cani e le infermità dei cavalli.

In questa messe di informazioni Demattéindividua nuove partizioni tematiche: 1. I di-versi tipi di fattoria e la professionalità delfattore, con l’importanza delle scritture conta-bili per una corretta amministrazione; 2. Lavaria natura delle possessioni e le diverseconduzioni dei fondi in base a località, terrenoe coltura; 3. Coltivazione della vite e principidi enologia (interesse primario dell’autore),con collocazione dei vigneti, distinzione delleuve, maniere di fare i vini, disporli, conservar-li e commercializzarli; 4. Criteri per allestiregli alberi (del vigneto e di altre qualità), moda-lità di impianto, piante di sostegno; 5. Il broloe gli alberi da frutto, che costituisce la sezionepiù ricca, con indicazioni sulla tenuta e sulleattrezzature per una migliore produzione, non-ché “sobri riferimenti gastronomici e com-merciali”; 6. Orto, siepi e giardino, con riferi-mento alla dimora padronale; 7. Sostanze erisorse, con rassegna degli allevamenti, delleattività e delle produzioni agricole; 8. Caratte-rizzazione culturale del fattore, come figuravicaria; 9. Etica personale e finalità del vivere,in una specie di testamento spirituale.

Viene così reso accessibile, con inquadra-mento e strumentazione critica, un testo signi-ficativo ed esplicativo del mondo culturale edeconomico della provincia veneta e friulana ditre secoli fa.

GIUSEPPE GRAVA - GIOVANNI TOMASI, La fie-nagione nelle Prealpi venete, Venezia, Regio-ne Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1999, 8°, pp.156, 8°, L. 50.000 (Cultura popolare veneta,nuova serie, 17).

Frutto di una articolata ricerca a carattereetnografico-linguistico sviluppata in dieci anni(tra il 1988 e il 1998), il volume raccoglie

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ISTITUZIONI E CULTURAL’EDITORIA NEL VENETO

un’ampia serie di materiali e illustrazioni. Lostudio è stato condotto in tutta l’area dellePrealpi venete, nella quale, dopo una serie dicampionamenti e saggi semplificati, sono sta-ti focalizzati 67 siti d’indagine: località mino-ri nell’area che fa da cerniera tra la Pianurapadana e le Alpi, scelte sulla base dellasignificatività delle fonti individuate. Si trattadi località periferiche poste intorno alla valledel Brenta, prevalentemente nelle province diBelluno e Treviso ma con sconfinamenti nellearee contermini. Gli informatori sono per lopiù dialettofoni, esperti individuati in loco eresidenti in villaggi appartati, ma non mancaqualche raccoglitore e appassionato di tradi-zioni locali. L’indagine ha coinvolto com-plessivamente circa 300 persone, con alcunedelle quali sono stati realizzati approfondi-menti e ripetuti contatti.

Principale attività economica tradizionaledi queste aree, la fienagione è stata studiataanaliticamente nelle diverse fasi e caratteristi-che, individuando 80 ‘concetti’ attorno ai qua-li è stato realizzato il confronto sull’uso lin-guistico presente nei 67 siti d’indagine. I ‘con-cetti’ evidenziati sono stati articolati attorno aquattro momenti dell’attività: gli attrezzi dellafienagione; i lavori della fienagione; il tra-sporto del fieno; il fienile e la mangiatoia.Lasciando sullo sfondo altri aspetti (come adesempio il complesso fienile-stalla), il lavoroindividua meticolasamente e analiticamentel’oggetto dell’indagine riportando gli 80 argo-menti/oggetti in schede descrittive dei diversitermini usati, con considerazioni storiche,

etnografiche ed etimologiche, illustrate dafoto e disegni documentativi. Si delinea inquesto modo la rappresentazione del quadrodelle attività della fienagione e la riflessionesugli usi linguistici presenti nell’area per idiversi momenti: dalla presentazione e illu-strazione degli attrezzi che venivano usati edel loro utilizzo, ai vari modi di essere (equindi di definizione) del fieno e ai momentidella raccolta, alle varie tecniche e modalità ditrasporto a valle, fino alla conservazione nelfienile del fieno al consumo.

Al percorso intorno alle 80 schede si affian-cano 50 tavole sul modo come i ‘concetti’vengono espressi nelle diverse aree e subaree,costituendo in questo modo un atlante lingui-stico sulla fienagione, individuando le diverse

tradizioni e i vari usi. Vengono illustrati inmodo specifico le tipologie e caratteristiche(oltre alla denominazione) della treggia, laslitta utilizzata come mezzo tradizionale ditrasporto del fieno fin dai tempi più antichi,prima dello sviluppo della rete viaria e deisistemi, introdotti nel nostro secolo. Le sche-de e l’atlante vengono completati da una seriedi fotografie documentative (“I colori del fie-no”) e dagli apparati di riferimento, con elen-co dei punti d’indagine, indice dei ‘concetti’(con indicazione degli appellattivi segnalati),indice delle tavole.

Si tratta di una ricca e precisa documenta-zione di un mondo antico in un’area specifica,dunque, un recupero nato dalla “necessità ditestimoniare, a futura memoria, un settoredell’attività economica su cui per millenni si èbasata la vita della popolazione dell’area inve-stigata”, come sottolinea nella premessa Gio-vanni Tomasi.

Un lavoro appassionato e documentato, nelquale il rigore dell’analisi e della presentazio-ne scientifica si unisce alla semplicità ed effi-cacia delle illustrazioni, nato dal connubio traun “medico umanista” esperto di studi dialettali(autore dei testi) ed un artista illustratore,Giuseppe Grava (autore dei disegni, fotogra-fie e cartografia), che con il Tomasi ha stabi-lito un forte sodalizio culturale.

Il volume ospita anche una breve presen-tazione di Giovanni Battista Pellegrini, cheintroduce la ricerca ed entra nel merito delvalore scientifico della documentazione rac-colta dall’autore.

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ISTITUZIONI E CULTURA

L’Accademia Olimpica di Vicenza fu fon-data nel marzo del 1555, in seguito alla fusio-ne dell’Accademia fondata da Gian GiorgioTrissino con quella dei Conti Gualdo in contràPusterla. La nuova Accademia assunse “perimpresa” il corso dei carri di Olimpia e “permotto” Hoc opus hic labor est. L’AccademiaOlimpica accolse uomini dotti della migliorenobiltà vicentina e teneva le sue adunanze nelsalone della Basilica Palladiana, fino alla fu-sione con l’Accademia dei Costanti (1568).

Per poter disporre di una sede propria eadatta ad ogni tipo di manifestazioni, l’Acca-demia Olimpica dette incarico al consocioAndrea Palladio di avviare una nuova fabbri-ca per tenervi stabilmente le riunioni accade-miche e ospitarvi le varie attività culturali,comprese le rappresentazioni teatrali e le ese-cuzioni musicali. Il Palladio ne approntò ildisegno, ma non completò il previsto Teatro,che fu portato a termine dal figlio Silla e dalloScamozzi.

L’Accademia Olimpica ebbe l’onore diannoverare nel tempo, fra i suoi membri, per-sonaggi illustri e, fra questi, il cardinale Giam-battista Castagna, assurto poi al seggio ponti-ficio con il nome di Urbano VII, e, in tempi anoi più vicini, letterati, scrittori ed economistiinsigni quali Giacomo Zanella, Antonio Fo-gazzaro, Fedele Lampertico, Guido Piovene,non senza dimenticare la figura dello statista,recentemente scomparso, Mariano Rumor.

L’Accademia Olimpica è ente morale dal1935 e gode di contributi specifici degli entipubblici preposti alle attività culturali nazio-nali, regionali e locali. L’attuale statuto, ap-provato nel 1997 con decreto del ministro peri Beni Culturali e Ambientali, prevede treClassi di Accademici: la Classe di Lettere edArti, la Classe di Scienze e Tecnica e la Classedi Diritto Economia e Amministrazione.

Compongono l’Accademia, a titolo elettivo:a) gli Accademici Olimpici Ordinari, eletti

tra coloro che risultino nati nella città o pro-vincia di Vicenza o nel suo territorio storico,o risiedano da almeno tre anni nella RegioneVeneto;

b) gli Accademici Olimpici Corrisponden-ti, eletti tra coloro che non si trovano nellecondizioni di cui al punto precedente,

c) gli Accademici Olimpici Emeriti, e cioè gliAccademici Ordinari e Corrispondenti che abbia-no fatto richiesta di essere trasferiti a questa cate-goria per motivi di salute od altro impedimento.

Sono membri di diritto pro tempore: il Ve-scovo di Vicenza, il Sindaco di Vicenza, ilPresidente dell’Amministrazione Provincialee il Presidente della Camera di Commercio,Industria, Artigianato e Agricoltura di Vicenza.

L’Accademia può conferire la qualifica disoci onorari a coloro che siano ritenuti merite-voli di speciale considerazione o di particola-re onore per il loro eccezionale impegno uma-no e per lo straordinario contributo al progres-so della civiltà in ogni sua espressione.

È negli scopi dell’Accademia promuoveremediante pubblicazioni, tornate, celebrazio-ni, corsi di insegnamento e manifestazionivarie gli studi letterari, storici, filosofici, scien-tifici, tecnici, giuridici, economici, ammini-strativi e le attività artistiche, con speciale

casione primaria di un periodico incontro tragli accademici per la reciproca comunicazio-ne delle idee, delle esperienze e dei risultaticonseguiti da ciascuno, sia nell’ambito deglistudi individuali che di quelli promossi dallaclasse di appartenenza. Inoltre vengono orga-nizzati corsi, conferenze e tavole rotonde suiproblemi di maggiore interesse locale e nazio-nale, e pubblicati saggi, quaderni, collane didocumentazione storica e artistica. Tra le piùsignificative pubblicazioni vanno citate la Sto-ria di Vicenza, in quattro volumi e sei tomi, laStoria dell’Altipiano dei Sette Comuni, in duevolumi, e l’edizione critica di tutte le Opere diGiacomo Zanella.

Recentemente è stata avviata, con ricono-scimento ufficiale, avvenuto con Decreto delMinistero per i Beni Culturali, l’EdizioneNazionale di tutte le Opere di Antonio Fogaz-zaro; per tale iniziativa è stata costituita, sem-pre dal precitato Ministero, una CommissioneNazionale, presieduta dall’attuale Vice Presi-dente dell’Accademia, prof. Fernando Bandini.

Di Antonio Fogazzaro l’Accademia Olim-pica ha, comunque, disposto la ricognizionedel carteggio inedito, del quale sono già statipubblicati due “Quaderni”, Diario di viaggioin Svizzera e Carteggio Fogazzaro-Casciola,di una serie che comprenderà presumibilmenteuna trentina di volumi.

Allo scopo di sollecitare e promuovere l’ap-plicazione allo studio di giovani vicentini el’approfondimento di temi che riguardino ilterritorio storico della provincia di Vicenza,l’Accademia Olimpica bandisce alternativa-mente, uno per ogni anno, i Premi biennali“Accademia Olimpica” e “Hoc Opus”.

Il primo è riservato a cittadini italiani cherisultino nati in provincia di Vicenza o virisiedano da almeno dieci anni consecutivi, esiano autori di tesi di laurea o di opere primeattinenti a qualsiasi disciplina.

Il secondo è aperto agli autori, sia italianiche stranieri, di un’opera prima o di una tesi dilaurea che, sotto qualsiasi profilo, riguardinoparticolarmente o prevalentemente Vicenzaed i territori che facciano o abbiano fatto partedella sua provincia o della sua diocesi.

I Premi sopra citati sono giunti entrambialla loro sesta edizione, registrando un note-vole successo di partecipazioni, in generemolto qualificate.

Viene anche bandito un Premio Triennaleintitolato a Mariano Rumor, fino al 1990 Pre-sidente dell’Accademia, usufruendo della ren-dita del lascito da lui generosamente destinatoall’Istituzione. Secondo la volontà testamen-taria dell’illustre estinto, il Premio sarà asse-gnato ogni tre anni, a conclusione di un con-corso riservato a tesi di laurea vertenti, voltaper volta, su uno dei seguenti argomenti: a)storia del movimento politico e sociale cat-tolico nel territorio vicentino a partire dallaproclamazione della Repubblica, b) sull’ope-ra di Sebastiano Rumor e c) sull’opera diPietro Nardi.

L’ACCADEMIA OLIMPICADI VICENZAOsvaldo Petrella

riguardo alla cultura, alla vita artistica e alprogresso della Città di Vicenza e del suoterritorio storico.

Fu per iniziativa dell’Accademia Olimpicache, già nella metà del secolo scorso, fufondata la benemerita Scuola d’Arte e Me-stieri, con l’intento di promuovere la forma-zione dei giovani a proficuo lavoro.

Partecipò successivamente, con altri Entivicentini, all’istituzione del Cuoa (ConsorzioUniversitario per gli Studi di OrganizzazioneAziendale) per la formazione alle disciplinedirigenziali di giovani laureati; alla costitu-zione del Centro Internazionale di Studi diArchitettura “Andrea Palladio”, che si occu-pa, fra l’altro, di organizzare corsi di perfe-zionamento nelle discipline artistiche; men-tre partecipa ad altre Istituzioni, quale il Cen-tro di cultura e civiltà contadina - Bibliotecainternazionale “La Vigna”.

Il Corpo accademico è convocato in perio-diche tornate per la presentazione di memoriee relazioni: dette tornate rappresentano l’oc-

ISTITUZIONIE CULTURA

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ISTITUZIONI E CULTURA

L’Accademia Olimpica vuole porsi anchecome istituzione attiva per lo studio delleproblematiche che, nei vari settori, riguardanola comunità vicentina, onde portare il propriocontributo di idee agli Enti istituzionalmentecompetenti, al fine della più razionale soluzio-ne delle stesse. L’iniziativa, che va sotto ilnome di “Vicenza verso il 2000”, si è giàconcretata in una serie di riunioni di appositigruppi di lavoro, in particolare in materia dicultura in generale, di territorio e di solidarietàsociale, mentre un quarto gruppo di lavoro èpreposto ai temi relativi al Piano Particolareg-giato per il Centro Storico. È previsto che ditutti questi incontri vengano redatte appositerelazioni che si concluderanno con proposteoperative concrete.

Accademia Olimpicalargo Goethe, 3 - Vicenzatel. 0444 324376-320396 - fax 0444 321875

presidente: Lorenzo Pellizzari

vice presidenti: Fernando Bandini, VirgilioMarzot

segretario: Osvaldo Petrella

amministratore: Luigi Cappellari

presidente della Classe di lettere e arti:Giulio Cattin

presidente della Classe di diritto economiae amministrazione: Lelio Barbieri

presidente onorario: Giorgio Oliva

Pubblicazioni dell’Accademia

OPERE VARIE

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, I: Dalle origini al Mille, 1952, pp.4+XL+332, ill., in brossura (esaurito).

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, II: Dal Mille al Milletrecento, 1954, pp.XLIII+581, ill., in brossura (esaurito).

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, III/I: Il Trecento, 1958, pp. XL+680, L.35.000.

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, III/II: Dal 1404 al 1563, Vicenza, NeriPozza, 1964, pp. XVI+1128, ill. (esaurito).

Kathakali. La storia di Nola Scene del Ramayaha,1967, pp. 24, ill., L. 2.000.

J. WOLFGANG GOETHE, Ifigenia in Tauride, introd. etrad. di Diego Valeri, 1968, pp. 112, L. 12.000(«Opere teatrali per l’Olimpico», 1).

ERMENEGILDO REATO, Le origini del movimento cat-tolico a Vicenza (1860-1891), present. di GiovanniMantese, 1971, pp. XVI+458, ill., (esaurito).

FRANCO BARBIERI, Illuministi e Neoclassici a Vicenza,pref. di Giulio Carlo Argan, 1972, pp. XVI+254, ill.+ carte topografiche (esaurito).

GINO NOGARA, Cronache degli spettacoli nel TeatroOlimpico di Vicenza dal 1585 al 1970, introd. diNeri Pozza, 1972, pp. XXIV+420, ill., L. 50.000.

GIOVANNI POLI, La commedia degli Zanni, a cura diGiovanni Poli, 1973, pp. 100, L. 12.000 («Opereteatrali per l’Olimpico», 2).

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, IV: Dal 1563 al 1700, 1974, 1993 ristam-pa, pp. XXXII+1557, due tomi, L. 100.000.

Carlo Scarpa, catalogo della mostra (Vicenza,Domus Comestabilis, marzo-luglio 1974), introd.di Neri Pozza, 1974, pp. 20, , L. 5.000.

GILLES GÉRARD MEERSSEMANN, L’opera storiograficadi Giovanni Mantese, con rassegna bibliografica acura di Ermenegildo Reato, 1974, pp. 38, L. 5.000.

Il Teatro italiano del Cinquecento, Guida dellaMostra (Vicenza, Teatro Olimpico, 10 giugno-5novembre 1974), a cura di Licisco Magagnato,1974, pp. 48, ill. (esaurito).

AA.VV., Civiltà rurale di una valle veneta. La ValLeogra, a cura di Mario Bardin, Ugo Barettoni, PioBertoli, Maria Grazia Bolfe, Giacomo Collareda,Gianni Conforto, Antonio Cortese, Maria Cristofari,Bruno Dall’Alba, Luisa De Franceschi, Bepi DeMarzi, Giando Drago, Stefano Drago, IsabellaFerraro, Francamaria Galante, Basilio Gasparin,Carlo Geminiani, Germano Gualdo, Bruna Lorato,Ada Losco, Mariano Nardello, Antonio Ranzolin,Maria Sartore, Terenzio Sartore, Diana Sperotto,pref. di G. Cappelletti, cenni storici di G. Mantese,coordinatore scientifico Terenzio Sartore, 1976,1977 ristampa, 1986 ristampa, pp. XX+794, ill., contrascrizioni musicali, L. 100.000.

REMO SCHIAVO - FRANCAMARIA GALANTE, Olimpicovivo, catalogo della mostra (Vicenza, BasilicaPalladiana, 10 settembre-6 novembre 1977), a curadi Remo Schiavo e Francamaria Galante, present. diGuglielmo Cappelletti, 1977, pp. XII+116, ill. L.15.000.

I Veneti in Brasile. Nel centenario dell’emigrazione(1876-1976), catalogo della mostra (Vicenza, 1977),a cura di Mario Sabatini ed Emilio Franzina, 1977,pp. XVI+160, ill. L. 20.000.

MARIO DE RUITZ, Iscrizioni ed epigrafi di BartolomeoBressan, present. e discorso commemorativo diGiovanni Mantese, 1977, pp. XVIII+158, ill. L.15.000.

GIOVANNI MANTESE - MARIO DALLA VIA, Il PalazzoTrissi,o al Duomo ora sede della Cassa di Rispar-mio di Vicenza, 1978, pp. VIII+174, ill. L. 20.000.

ANTONIO CANOVA - GIOVANNI MANTESE, I castellimedioevali del vicentino, present. di Piero Gazzolae Giovanni Perbellini, 1979, pp. 288, ill., con schiz-zi e carte topografiche, L. 40.000.

Edipo Re di Sofocle. Nella traduzione di ManaraValgimigli del 1939 per uno spettacolo non rappre-sentato nel Teatro Olimpico di Vicenza, a cura diAntonio Stefani, introd. di Neri Pozza, 1980, pp.212, ill., L. 25.000.

REMO SCHIAVO, Guida al Teatro Olimpico, 1980,1986 ristampa, pp. 160, ill., L. 18.000.

OTTAVIO BERTOTTI SCAMOZZI, L’origine dell’Acca-demia Olimpica di Vicenza con una breve descri-zione del suo Teatro, ristampa in facsimile della I

ediz. (1790), nota storico-critica di Loredana Olivato,1980,1995 ristampa, pp. 52, L. 20.000.

REMO SCHIAVO, A Guide to the Olympic Theatre,translated by Patricia Anne Hill, 1981, 1985 ristam-pa, 1987 ristampa, pp. 160, ill., L. 18.000.

Introduzione a ricerche etnografiche nel Veneto,coordinaz. di Manlio Cortelazzo, saggi di LucianoCanepari, Mariantonia Capitanio, Cleto Corrain,Manlio Cortelazzo, Giuseppe De Marzi, DiegoFantuzzo, Loris A. Fontana, Daniela Perco, BrunoPianta, Terenzio Sartore, Ugo Sauro, GiuseppeSebesta, Carlo Vanzetti, 1981, pp. XVI+336, L.35.000.

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, V: Dal primo Settecento all’annessionedel Veneto al Regno d’Italia (1700-1866), 1982, pp.XXXVI+1052, due tomi, L. 100.000.

EURIPIDE, Le Baccanti, trad. di Umberto Albini,scheda introd. di Margherita Rubino, 1983, pp. 28,L. 6.000.

REMO SCHIAVO, Il Teatro Eretenio tra cronaca estoria. Nel bicentenario della inaugurazione, 1983,pp. 360, ill., L. 40.000.

JEANNINE GUERIN DALLE MESE, Una cronaca vicentinadel Cinquecento, present. di Paolo Preto, 1983, pp.VIII+240, L. 30.000.

REMO SCHIAVO, Das «Thetro Olimpico» von Vicenza:Eine Einfuhrung, trad. di Julia Marini Slataper,1984, pp. 160, ill. (esaurito).

MARIA TERESA FORTUNA CANIVET, Scritti e memorie,a cura di Pierre Canivet e Giorgio Oliva, present. diMariano Rumor, 1986, pp. 400, ill., L. 30.000.

GIANNI A. CISOTTO, Quotidiani e periodici vicentini(1811-1926). Profilo bibliografico e cenni storici,present. di Ermenegildo Reato, 1986, pp. 320, L.25.000.

L’insediamento Neolitico di Molino Casarotto nel-le Valli di Fimon (Colli Berici, Vicenza), Parte I, acura di Lawrence H. Barfield e Alberto Broglio,present. di Bianca Maria Scarfi e Luigi BernabòBrea, contributi di Giorgio Bartolomei, LawrenceH. Barfield, Alberto Broglio, Annaluisa Pedrotti,Maria Vittoria Duralite Pasa, Donatello Magaldi,Antonio Guerreschi, 1986, pp. 118, ill. (esaurito).

REMO SCHIAVO, Guide au Theatre Olympique, trad.di G.A. Golin e A.C. Darfuille, 1987, pp. 160, ill., L.18.000.

L’Archivio storico dell’Accademia Olimpica con-servato presso la Biblioteca Civica Bertoliana (sec.XVI-XIX), a cura di Antonio Ranzolin, 1989, pp.176, ill., L. 15.000.

ANTONIO STEFANI, Cronache degli spettacoli nelTeatro Olimpico di Vicenza dal 1971 al 1991,introd. di Remo Schiavo, 1992, pp. X+162, ill., L.30.000.

GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesavicentina, V: (1700-1866). Dal primo Settecentoall’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Appen-dice, 1993, pp. XIV+450, in brossura, L. 50.000.

AA.VV., La caccia e gli uccelli nella tradizionevicentina, a cura di Edvige Adda, Bruno Balasso,Pio Bertoli, Antonio Bolfe, Mirella Brojanigo, PioBrotto, Gianni Conforto, Silvano Dalla Cà, France-sco Faccin, Fracamaria Galante, Carlo Geminiani,

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ISTITUZIONI E CULTURA

Lena Lazzarotto, Francesco Marchesin, AntonioRanzolin, Patrizio Rigoni, Dario Rossato, TerenzioSartore, Laura Scarsi, Paolo Snichelotto, DianaSperotto, Lino Zaltron, Fernando Zampiva, 1996,pp. 126, L. 20.000.

REMO SCHIAVO, Shakespeare Olimpico, 1997, pp.51, L. 15.000.

AA.VV., L’alimentazione nella tradizione vicentina,a cura di E. Adda, B. Balasso, M. Bertacco, P.Bertoli, A. Bolf, M. Brojanigo, R. Conforto, G. DalPozzolo, S. Dalla Cà, F. Faccin, F. Galante, C.Geminiani, F. Marchesin, A. Ranzolin, P. Rigoni,D. Rossato, T. Sartore, L. Scarsi, P. Snichelotto, D.Sperotto, L. Zaltron, F. Zampiva, 1998, pp. 206, L.25.000.

CATERINA SOPRANA, Un Olimpico “ameno”. Profilodi Francesco Berlendis, 1998, pp. 259, L. 30.000.

DOCUMENTI E MONUMENTI

DONATA BATTILOTTI, Vicenza al tempo di AndreaPalladio attraverso i Libri dell’Estimo del 1563-1564, pref. di Lionello Puppi, 1980, pp. XII+240,ill., in brossura, L. 25.000.

FRANCESCA LOMASTRO, Spazio urbano e potere poli-tico a Vicenza nel XIII secolo. Dal «Regestumpossessionum» del 1262, present. di Gabriele DeRosa, 1981, pp. VIII+124, ill., L. 25.000.

MARIA TERESA DIRANI MISTRORIGO, La Chiesa e ilConvento di San Biagio Nuovo, present. di FrancoBarbieri, 1988, pp. X+126, ill., L. 25.000.

BEATRICE RIGON BARBIERI, L’Ospedale dei Mendi-canti di San Valentino a Vicenza, present. di FrancoBarbieri, 1990, pp. XII+152, ill., L. 25.000.

ATTI

Convegno di Studi sul Teatro Elisabettiano, Vicenza,25-26 marzo 1972, a cura di Agostino Lombardo eGino Nogara, relazioni di Alessandro Fersen, Gior-gio Melchiori, Sergio Perosa, Lorenzo Salveti,Randolph Shackelford, discorso introduttivo di NeriPozza, 1973, pp. 164, ill., L. 20.000.

Convegno di Studi su Shakespeare e il Giulio Cesa-re, Vicenza 7-9 settembre 1978, a cura di AgostinoLombardo e Neri Pozza, relazioni di MaurizioScaparro, Agostino Lombardo, Sergio Perosa,Gennaro Sasso, Marisa Sestito, Odoardo Bertani,Luigi Squarzina, Neri Pozza, 1980, pp. 160, ill., L.20.000.

Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, Vicenza,Odeo del Teatro Olimpico, 31 marzo-1 aprile 1979,a cura di Neri Pozza, relazioni di Franco Barbieri,Giulio Cattin, Carlo Dionisotti, Giuseppe Fag-gin, Giulio Ferroni, Achille Olivieri, Gilberto Piz-zamiglio, Paolo Preto, Piero Floriani, AmedeoQuondam, 1980, pp. 276, ill., L. 30.000.

Simposio su Lutero e la Riforma, Vicenza, 26-27novembre 1983, relazioni di Fernando Bandini,Giuseppe Faggin, Giovanni Mantese, DomenicoMaselli, Carlo Ossola, Nevio Quattrin, PaoloSimoncelli e Aldo Stella, 1985, pp. 128, L. 20.000.

Convegno di Studi su Pierre Corneille, a cura diMario Richter, relazioni di Giovanni Calendoli,Bernard Dort, Giancarlo Fasano, Marc Fumaroli,

Arnaldo Pizzorusso, Mario Richter e Jean Rousset,1986, pp. 102, ill., L. 20.000.

Convegno di Studi sul Teatro e la RivoluzioneFrancese, Vicenza, 14-16 settembre 1989, a cura diMario Richter, relazioni di Mario Richter, PierreLarthomas, Aurelio Principato, Pierre Franz, W.D.Howarth, Suzanne Jean Bérard, Paul EdouardLevayer, Ruggero Campagnoli, André Tissier,Mariangela Mazzocchi Doglio, Giovanni Morelli,Michel Delon, Giuseppe Radicchio, Michèle Sajous,Claudio Meldolesi, Mario Matucci, Manlio PastoreStocchi, Alessandra Abiuso, Cesare De Michelis,Giovanni Calendoli, Riccardo Carnesecchi, Alber-to Castoldi, Guido Santato, Emilio Bonfatti, Gior-gio Oliva, 1991, pp. 368, L. 30.000.

Convegno di Studi su Antonio Fogazzaro. Le opere,i tempi, Vicenza, 27-29 aprile 1992, a cura diFernando Bandini e Fabio Finotti, relazioni di VittoreBranca, Alessandro Faedo, Fabio Finotti, PaoloRossi, Giorgio Cavallini, Giorgio Pullini, EnricoGrandesso, Giorgio Bárberi Squarotti, Jean-JacquesMarchand, Luciano Morbiato, Giovanni Dal Lago,Adele Scarpari, Paolo Marangon, Lorenzo Bodeschi,Francesca Petrocchi, Nicola Raponi, Giuseppe Roi,Emilio Franzina, Alberto Brambilla, Adriana Che-mello, Umberto Muratore, Gianni Eugenio Viola,Marina Marcolini, Giovanni Bárberi Squarotti,Franco Fido, Franco Barbieri, Ernesto Guidorizzi,François Livi, Max Milner, 1994, pp. 506, ill.,L. 75.000.

Convegno di Studi su Giacomo Zanella e il suotempo, Vicenza, 22-24 settembre 1988, a cura diFernando Bandini, relazioni di Carlo Ossola, Gior-gio Bárberi Squarotti, Giorgio Pullini, Manlio Pa-store Stocchi, Silvio Pasquazi, Armando Balduino,Franco Barbieri, Tullio Motterle, Nicoletta MicoliPasino, Giuseppe Nava, Antonio Piromalli, Mauri-zio Perugi, Gilberto Lonardi, Adriana Chemello,Paolo Marangon, Ermenegildo Reato, Emilio Fran-zina, Aldo Stella, Franco Fortini, Giovanni Giudici,Andrea Zanzotto, 1995, pp. 514, L. 70.000.

QUADERNI DELL’ACCADEMIA OLIMPICA

BONAVENTURA TECCHI, Goethe in Italia (e partico-larmente a Vicenza). Con le giornate del soggiornovicentino, gli appunti per Carlotta von Stein e unapostilla di Giacomo Zanella, present. di MarianoRumor, 1967, pp. XII+66, L. 10.000 (Quaderno, 1).

UMBERTO POTOTSCHNIG, L’unificazione amministra-tiva delle Provincie venete, present. di Giorgio Sala,1967, pp. XVI+112, in brossura (Quaderno, 2)(esaurito).

ANTONIO M. DALLA POZZA, La cultura vicentina nelprimo cinquantesimo della dominazione veneziana,present. di Giovanna Peruffo Dalla Pozza, 1970, pp.148, ill. (Quaderno, 3) (esaurito).

GIOVANNI MANTESE, I mille libri che si leggevano evendevano a Vicenza alla fine del secolo XVI, 1968,pp. 116, ill., L. 10.000 (Quaderno, 4).

GIOVANNI MANTESE, Per una storia dell’Arte medicain Vicenza alla fine del secolo XVI, con dizionariettodi antichi farmaci a cura di Franco Brunello, 1969,pp. 148, ill., (Quaderno, 5) (esaurito).

GIUSEPPE FAGGIN, Giuseppe Mazzini nel primo cen-tenario della morte, 1973, pp. 32 (Quaderno, 6)(esaurito).

LIONELLO PUPPI, Scrittori vicentini d’architetturadel secolo XVI (G.G. Trissino, O. Belli, V. Scamozzi,P. Gualdo), 1973, pp. 140, ill., in brossura, L.12.000 (Quaderno, 7).

NEMI D’AGOSTINO - GIORGIO MELCHIORI - AGOSTINO

LOMBARDO, Teatro Elisabettiano. Marlowe-Webster-Ford, 1975, pp. 68, L. 10.000 (Quaderno, 8).

GIOVANNI MANTESE, I mille libri che si leggevano evendevano a Vicenza alla fine del secolo XVII, 1976,pp. 120, L. 10.000 (Quaderno, 9).

GIUSEPPE FAGGIN, Idealismo classico e civiltà mo-derna. Michelangelo Buonarroti, Johann JoachiinWincklmann, Tommaso d’Aquino e Bonaventurada Bagnoregio, 1976, pp. 68, L. 10.000 (Quaderno, 10).

GIUSEPPE FAGGIN, Spiritualità medievale e moderna.Francesco d’Assisi - Maestro Eckart - Il misticismooggi, 1978, pp. 88, L. 10.000 (Quaderno, 11).

GIOVANNI MANTESE, I Mille libri che si leggevano evendevano a Vicenza alla fine del secolo XVIII,1978, pp. 160, L. 10.000 (Quaderno, 12).

GIUSEPPE FAGGIN, Alla ricerca dell’umano. Beetho-ven, Emerson, Dostoevskij, Van Gogh, 1982, pp.112, ill., L. 10.000 (Quaderno, 13).

ENRICO NICCOLINI, 3 luglio 1548: mezzogiorno disangue a Vicenza, 1985, pp. 128, ill., L. 10.000(Quaderno, 14).

NEVIO QUATTRIN, Nicola Stenone scienziato e Santo(1638-1686), nel III centenario di sua morte, 1987,pp. 170, ill., L. 15.000 (Quaderno, 15).

Gilles Gérard Meersseman O.P. Una vita per lastoria, Atti della tavola rotonda (Vicenza, 31 marzo1989), a cura di Ermenegildo Reato, present. diFranco Barbieri, interventi di Edvige Adda, AgostinoParavicini Bagliani, Giovanni Mantese, Gian PieroPacini, Agostino Marchetto, 1989, pp. 84, L. 10.000(Quaderno, 16).

Vita di Lorenzo De’ Medici. Scritta in lingua latinada Niccolò Valori e resa in volgare dal figlio Filip-

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ISTITUZIONI E CULTURA

po Valori, a cura di Enrico Niccolini, 1991, pp. 152,ill., L. 18.000 (Quaderno, 17).

ANTONIO FOGAZZARO, Discorsi vicentini, a cura diFabio Finotti, 1992, pp. 208, L. 22.000 (Quaderno,18).

Ricordo di Guglielmo Cappelletti (Vicenza, 1907-1991), interventi di Renato Cevese, AlessandroFaedo, Virgilio Marzot, Giorgio Oliva e AchilleVariati, 1992, pp. 40, L. 5.000 (Quaderno, 19).

GIUSEPPE FAGGIN, Simboli. L’albero - Il fuoco - Laluce, 1993, pp. 88, ill., L. 15.000 (Quaderno, 20).

Bibliografia di Giovanni Mantese, a cura di Erme-negildo Reato e Renato Zironda, 1993, pp. 112, L.15.000 (Quaderno, 21).

Diario di viaggio di Antonio Fogazzaro in Svizzera,a cura di Fabio Finotti, 1996, pp. 135, L. 15.000(Quaderno, 22/I - Collana Fogazzaro, diretta daFabio Finotti);

Carteggio Antonio Fogazzaro - Brizio Casciola(1904-1910), a cura di Paolo Marangon, 1996, pp.85, L. 15.000 (Quaderno, 22/II - Collana Fogazzaro,diretta da Fabio Finotti).

GIUSEPPE FAGGIN, Dai Greci a Maometto. Libertà edignità dell’uomo nelle grandi visioni del mondo,1996, pp. 204, L. 20.000 (Quaderno, 23).

ANTONIO STEFANI, Edipo all’Olimpico (1585-1997),1997, pp. 114, L. 15.000 (Quaderno, 24).

ANTONIO STEFANI, Autori veneti al Teatro Olimpico(1950-1997), 1997, pp. 154, L. 15.000 (Quaderno, 25).

«ODEO OLIMPICO»MEMORIE DELL’ACCADEMIA OLIMPICA»Pubblicazione periodica ufficiale dell’AccademiaOlimpica

Vol. I (1941). Saggi di Antonio Mosconi, GiulioFasolo e Antonio M. Dalla Pozza, pp. 112, L.15.000.

Vol. II (1942). Saggi di Antonio Mosconi, PieroNardi, Sebastiano Stocchiero, Paolo M. Tua, GiulioFasolo, Gellio Ghellini e Antonio M. Dalla Pozza,pp. 274 (esaurito).

Vol. III (1943). Saggi di Giorgio Pototschnig, Giu-seppe De Mori, Giovanni da Schio, Alessio De Bon,Gino Sandri, Giovanni Mantese, Neri Pozza, GiulioFasolo e Antonio M. Dalla Pozza, pp. 270 (esaurito).

Vol. IV (1943-1963). Saggi di Egidio Tosato, Giu-seppe Faggin, Giovanni Mantese, Mario Andreis,Gio. Battista Zanazzo e Antonio M. Dalla Pozza,pp. 184, L. 15.000.

Vol. V (1964-1965). Saggi di Renato Treu, LiciscoMagagnato, Franco Barbieri, Renato Cevese, Giu-

seppe Maria Pilo, Fernando Bandini, GiovanniMantese, Gio. Battista Zanazzo, Enrico Niccolini,Leo Maddalena, Alberto Rigobello, Giorgio Bar-tolomei, Benedetto Sala, Alberto Broglio, Giusep-pe Faggin e Antonio M. Dalla Pozza, pp. 268,L. 15.000.

Vol. VI (1966-1967). Saggi di Mariano Rumor,Guglielmo Cappelletti, Licisco Magagnato, Giu-seppe Faggin, Sergio Bettini, Aurelio Peretti, EurialoDe Michelis, Piero Nardi, Vittorino Veronese, Fi-lippo Sacchi, Umberto Pototschnig, Tito Berti, Ales-sandro Faedo, Ernesto Gresele, Silvio Ceccato,Giovanni Mantese e Gio. Battista Zanazzo, pp. 304,L. 15.000.

Vol. VII (1968-1969). Saggi di Fausto Franco,Giuseppe Fiocco, Eugenio Battisti, Renato Cevese,Paola Rossi, Giuseppe Faggin, Piero Nardi, Anto-nio M. Dalla Pozza, Novello Papafava dei Carraresi,Franz De Biase, Alberto Trentin, Tito Berti, MarcelloPeretti, Giovanni Mantese, pp. 324, L. 15.000.

Vol. VIII (1969-1970). Saggi di Franco Brunello,Lionello Puppi, Gabriele Lombardini, FernandoBandini, Alberto Broglio, Giovanni Mantese e Gio.Battista Zanazzo, pp. 264, L. 15.000.

Vol. IX-X (1970-1973). Saggi di Mariano Rumor,Mario Dal Pra, Giovanni Mantese, Augusto Serafini,Lionello Puppi, Franco Brunello, Gino Nogara,Maria Teresa Fortuna Canivet e Loredana Olivato,pp. 256, L. 15.000.

Vol. XI-XII (1974-1976). Saggi di Eurialo DeMichelis, Enrico Niccolini, Stanislaw Wilinski,Renato Cevese, Giuliano Menato e Aurelio Peretti,pp. 268, L. 15.000.

Vol. XIII-XIV (1977-1978). Saggi di Giulio Cattin,Giuseppe Faggin, Augusto Serafini, MarianoNardello, Neri Pozza, Filippo Sacchi, GuglielmoCappelletti, Indro Montanelli, Geno Pampaloni,Oddone Longo, Gino Pavan, Cirillo Maliani e M.Dalle Mole, pp.264, L. 15.000.

Vol. XV-XVI (1979-1980). Saggi di Aurelio Peretti,Giorgio Cracco, Remo Schiavo, Renato Cevese,Lionello Puppi, Mario De Ruitz, Egidio Mazzadi,Gigi Ghirotti, Franco Brunello, Giovanni Mantese,Guglielmo Cappelletti, Giuseppe Faggin, LorenzoPellizzari, Giorgio Faggin, Luigi Meneghello, Gior-gio Sala e Giorgio Oliva, pp. 296, L. 15.000.

Vol. XVII-XVIII (1981-1982). Saggi di MarioRigoni Stern, Fernando Bandini, Aurelio Bernardi,Giorgio Cracco, Michelangelo Muraro, FrancoBarbieri, Aldo Stella, Ettore Gallo, Giovanni Zaupa,Cecilia Salmistraro, Angelo e Paolo Valmarana,Giovanni Chiesa, Giuseppe Mazzariol, CristophLuitpold Frommel e Giorgio Oliva, pp. 284,L. 15.000.

Vol. XIX (1983-1986). Saggi di Fernando Bandini,Franco Barbieri, Aurelio Bernardi, Giuseppe Faggin,Germano Gualdo, Egidio Mezzadri, Marcello Peretti,Mario Rigoni Stern, Augusto Serafini, IreneFavaretto, Leone Piccioni, Dennis E. Rhodes, Gior-gio Bartolomei, Franco Brunello, Piero Leanardi,Luigi Massignan, Giovanni Rossi, Renzo Ven-dramini, Marino Breganze, Danilo Longhi, VirgilioMarzot, Umberto Pototschnig, Tiziano Treu, LivioPaladin, pp. 500, L. 20.000.

Vol. XX (1987-1990). Saggi di Giorgio Bartolomei,Luigi Bottio, Marino Breganze, Lorenza Carlassare,Federico Faggin, Giuseppe Faggin, GiuseppinaGhirardini Santinello, Silvio Giuliari, GaetanoMalesani, Giuseppe Marchesini, Luigi Meneghello,Carlo Perrone Carpano, Claudio Povolo, Neri Poz-za, Giorgia Pullini, Lionello Puppi, Lorenzo Renzi,Mario Richter, Mario Rigoni Stern, Sergio Roma-no, Filippo Sacchi, Aldo Stella, 1996, pp. 536,L. 35.000.

Vol. XXI (1991-1994). Saggi di Alberto Broglio eAldo Villabruna, Renato Cevese, Giampaolo DeVecchi, Giuseppe Faggin, Giancarlo Ferretto, Sil-vio Giuliari, Aldo Marchi, Luigi Massignan, Gio-vanni B. Pellegrini, Lorenzo Pellizzari, AurelioPeretti, Antonio Piromalli, Ermenegildo Reato,Ruggiero Rizzi, Giuliano Romano, RiccardoTrevisan, Leonida Rosino, Giorgio Roverato, 1996,pp. 364, L. 30.000.

Vol. XXII (1995-1996). Saggi di Ettore Gallo, LinoMattarolo, Francesco Framarin, Gaetano Thiene,Cristina Basso, Francesca Valente, ArmandoBalduino, Fernando Bandini, Franco A. Gallo, OttoProkop, Francesco Bertola, Paolo Spezzani, CarloDolcetta, Achille Olivieri, Aldo Stella, AntonioMorsoletto, Lorenzo A. Pinna, Marino Nicolini,Giovanni L. Fontana, Mariano Nardello, LucioPegoraro, 1998, pp. 346, L. 36.000.

Pubblicazioni promossedall’Accademia Olimpica

Storia di Vicenza

Comitato scientifico: Girolamo Arnaldi (coordina-tore), Franco Barbieri, Alberto Broglio, GiorgioCracco, Lellia Cracco Ruggini, Gabriele De Rosa,Paolo Preto

Piano dell’Opera: I. Il territorio, La preistoria,L’età romana; II. L’età medievale; III/1-2. L’etàdella Repubblica Veneta (1404-1797); IV/1-2. L’etàcontemporanea.

Il territorio - La Preistoria - L’Età Romana, vol. I,a cura di Alberto Broglio e Lellia Cracco Ruggini,contributi di Carmen Loriga Broglio, Luigino Curti,Alessandro Minelli, Alberto Broglio, Giorgio

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ISTITUZIONI E CULTURA

Bartolomei, Bernardino Bagolini, Leone Fasani,Giulia Fogolari, Elodia Bianchin Citton, ArmandoDe Guio, Maria Angela Ruta Serafini, Pier LuigiTozzi, Ezio Buchi, Marisa Rigoni, Paolo Visonà,Lellia Cracco Ruggini, 1987, 1991 ristampa, pp.XVI+328, ill., L. 130.000.

L’Età Medievale, vol. II, a cura di Giorgio Cracco,contributi di Aldo A. Settia, Andrea Castagnetti,Giovanni Lorenzoni, Giorgio Cracco, Gian MariaVaranini, Franco Barbieri, Girolamo Arnaldi, 1988,pp. XIV+460, ill., L. 130.000.

L’Età della Repubblica Veneta (1404-1797), vol.III/1, a cura di Franco Barbieri e Paolo Preto,contributi di Giovanni Mometto, Antonio MennitiIppolito, James S. Grubb, Sergio Zamperetti, Lucia-no Pezzolo, Giovanni Mantese, Renato Zironda,Mauro Scremin, Aldo Stella, Pier Cesare IolyZorattini, Laura Megna, Tiziana Pesenti, FrancoBrunello, Raffaello Vergani, Natascia L. Carlotto,Francesca Meneghetti Casarin, Gherardo Ortalli,Gino Benzoni, 1989, pp. XVI+420, ill., L. 130.000.

L’Età della Repubblica Veneta (1404-1797), vol.III/2, a cura di Franco Barbieri e Paolo Preto,contributi di Fernando Bandini, Flavio Fiorese,Antonio Daniele Giovanni Pellizzari, EnricoNiccolini, Angelo Colla, Renato Zironda, LilianaContin, Giulio Cattin, Bruno Brizi, Franco Barbieri,Renato Cevese, Giovanni Zaupa, Elia BordignonFavero, Marilla Battilana, Gianfranco Donella, AnnaBellesia, Paolo Preto, 1990, pp. XIV+484, ill.,L. 130.000.

L’Età contemporanea, vol. IV/1, a cura di FrancoBarbieri e Gabriele De Rosa, contributi di GianniA. Cisotto, Ermenegildo Reato, Mariano Nardello,Gianni Pieropan, Gabriele De Rosa, Piero Del Ne-gro, Maddalena Guiotto, Ernesto Brunetta, AlbaLazzaretto Zanolo, Antonio Lazzarini, Francesco

Berracchio, Renata Clerici, Giovanni Luigi Fonta-na, Franco Bosello, Percy Allum, Ilvo Diamanti,Anna De Angelini, 1991, pp. XVI+474, ill., L.130.000.

L’Età contemporanea, vol. IV/2, a cura di FrancoBarbieri e Gabriele De Rosa, contributi di RenatoCevese, Franco Barbieri, Ugo Soragni, DanieleMeledandri, Alessandro Bevilacqua, Giuliano Me-nato, Beatrice Rigon Barbieri, Fernando Rigon,Donata Bertoldi, Terenzio Sartore, Anco MarzioMutterle, Michela Rusi, Gianni A. Cisotto, NevioFuregon, Giampiero Berti, Gino Benzoni, GiorgioSala, 1993, pp. XIV+ 464, ill., L. 130.000.

Opere di Giacomo Zanella

Comitato scientifico: Manlio Pastore Stocchi (di-rettore), Ginetta Auzzas, Fernando Bandini

Piano dell’opera: 1. Le Poesie; 2. Poesie rifiutatedisperse postume inedite; 3. Traduzioni poetiche;4/I-II. Saggi critici; 5. Prose e discorsi di argomen-to religioso e civile; 6. Epistolario.

Le poesie, a cura di Ginetta Auzzas e Manlio PastoreStocchi, 1988, pp. XX+634, ill., L. 40.000.

Saggi critici, a cura di Armando Balduino, 1990, 2voll., pp. XLII+522+460, L. 65.000.

Poesie rifiutate, disperse, postume, inedite, a curadi Ginetta Auzzas e Manlio Pastore Stocchi, 1992,pp. XVIII+530, L. 40.000.

Prose e discorsi di argomento religioso e civile, acura di Tullio Motterle, 1993, pp. XIV+484, L.40.000.

ELIZABETH GREENWOOD, Vita di Giacomo Zanella,1990, pp. XVI+304, ill., L. 30.000.

Storia dell’Altipiano dei Sette Comuni

Comitato scientifico: Aldo Stella (coordinatore),Fernando Bandini, Alberto Broglio, Luigino Curti,Manlio Pastore Stocchi, Paolo Preto, Giovanni Zalin,Angelo Colla (segretario).

Piano dell’opera: I. Territorio e Istituzioni; II. Eco-nomia e Cultura.

Territorio e istituzioni, vol. I, contributi di AldoStella, Giorgio Barbieri, Dario Zampieri, GiovanniBattista Pellegrini, Ugo Sauro, Luigino Curti, Sil-vio Scortegagna, Andrea Battisti, AlessandroMinelli, Patrizio Rigoni, Alberto Broglio, ElodiaBianchin Citton, Armando De Guio, GiovanniLeonardi, Angela Ruta Serafini, Luciano Bosio,Piero Leonardi, Josef Riedmann, Sante Bortolami,Gian Maria Varanini, Pierantonio Gios, EugeniaBevilacqua, Callisto Giuseppe Carpanese, Raffael-lo Vergani, Walter Panciera, Ivone Cacciavillani,Piero Del Negro, Mario Rigoni Stern, Giulio Ve-scovi, indice dei nomi a cura di Marina Zanazzo,1994, pp. XII+664, ill., L. 90.000.

Economia e cultura, vol. II, contributi di AldoStella, Giovan Battista Pellegrini, Maria Hornung,Manlio Cortelazzo, Sergio Bonato, Pierantonio Gios,francesco zanocco, Francesco G.B. Trolese, manliopastore stocchi, Nico Lobbia, Giorgio Zordan, Mar-co Brazzale, Giovanni Zalin, Giovanni Luigi Fonta-na, Nerep Stella, Patrizio Paganin, Paolo Sartore,Eugenia Bevilacqua, Leonida Rosino, indice deinomi e dei toponimi a cura di renato Gaeta, pp. XII-464, ill., L. 90.000.

Nel volume Emblemi d’arte da Boccioni aTancredi, che considera cent’anni della Fon-dazione Bevilacqua La Masa, non potevamancare una ricerca biografica sulla duchessaFelicita Bevilacqua (Venezia, 1822-1899) laquale, moglie del generale garibaldino Giu-seppe La Masa, viene da un’antica famiglia diAla di Trento, insediatasi nel veronese fin dalXIII secolo, e fa parte di un ramo che fissò lasua permanenza nella città scaligera nel Quat-trocento, con una posizione sociale ed econo-mica preminente. Felicita Bevilacqua fu unadonna straordinariamente forte ed attiva an-che nel governare le traballanti sorti familiari,

che furono storicamente avverse per le posi-zioni anti-austriache di tutti i suoi congiunti,conducendo una vita molto tribolata ma pursempre ispirata ad alti principi umanitari efilantropici che la portarono – non avendoeredi né lei né il marito – ad elargire ben tresignificative donazioni, che lasciò per te-stamento. La prima sarà l’“Opera Pia Bevi-lacqua La Masa”, un asilo di quiete nel Castel-lo di Bevilacqua in “favore di coloro chehanno stancata la vita nello studio e nellefatiche pel bene dell’umanità senza ritrarneequi compensi dalla società [...] per cui sitrovano giunti alla sera della vita, sconfortatie senza mezzi di sussistenza”, che la duchessanon aveva pensato come un istituto di caritàma come “un luogo di villeggiatura e di ripo-

so”. La seconda donazione sarà il cinquecen-tesco Palazzo Bevilacqua di Verona (disegna-to dal Sanmicheli), rivolto a quella municipa-lità per farne la sede di un “Istituto di decoroalla città come sale per conferenze, biblioteca,esposizione di opere d’arte”. Entrambe le do-nazioni ebbero un esito limitato: la prima duròpochi anni per scarsa avvedutezza ammini-strativa; la seconda divenne poi la sede di unascuola.

Solo la terza donazione, avvenuta nel 1898,mantenne abbastanza la fisionomia previstadalla testatrice, vale a dire l’utilizzazione del-l’abitazione veneziana della duchessa, ilseicentesco Palazzo Pesaro, con le seguentidestinazioni: “ l’ultimo piano per gli studi digiovani pittori studenti poveri [...]; il nobile egli ammezzati dovranno servire in tutto o inparte ad Esposizione permanente d’arti e diindustrie veneziane, a profitto specie dei gio-vani artisti, ai quali è spesso interdetto l’in-gresso nelle grandi mostre, per cui sconosciutie sfiduciati non hanno mezzi per farsi avanti,e sono sovente costretti a cedere i loro lavoria rivendiglioli ed intercettatori che sono i lorovampiri”. Più volte – anche col senno di poi –si è rimarcata la straordinaria lungimiranza diFelicita Bevilacqua La Masa che ha creato

I CENT’ANNIDELLA FONDAZIONEBEVILACQUA LA MASADEDICATA ALLAGIOVANE ARTE VENETAGiorgio Nonveiller

Umberto Moggioli, Veduta di Burano con vigna, 1912,olio su tela, Milano, collezione privata

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ISTITUZIONI E CULTURA

Arturo Martini, Fanciulla piena d’amore,1913, terraglia dorata,

Venezia, Galleria internazionale d’arte moderna Ca’ Pesaro

un’istituzione unica al mondo a favore deigiovani artisti, rivelando una notevole apertu-ra culturale, oltre alla grande sensibilità socia-le che tutti le hanno riconosciuto.

Il Consiglio comunale di Venezia accetteràil lascito dopo la morte della duchessa; l’ela-borazione dello statuto sarà una vicenda piut-tosto lunga, dato che non esistevano prece-denti a cui rifarsi, ma risulterà, rispettoso perla gran parte delle volontà di Felicita Bevi-lacqua La Masa e sarà varato nella primaveradel 1906. Nel frattempo i primi studi di pitturaerano stati assegnati ai giovani artisti fin dal1901, mentre già nel maggio del 1902 il Co-mune di Venezia aveva accettato il lascito delprincipe Alessandro Giovannelli, consistentenel gruppo di opere d’arte che egli avevaacquistato alla II Esposizione internazionaled’arte di Venezia del 1897, che verranno spo-state dalla prima sede di Ca’ Foscari al pianonobile di Ca’ Pesaro per la costituenda Galle-ria internazionale d’arte moderna.

L’operazione fu indubbiamente accorta daparte del Comune, inserendo così PalazzoPesaro nel circuito delle frequentazioni deivisitatori italiani e stranieri delle mostre e deimusei veneziani, attenuando certa marginalitàtopografica della zona di San Stae, rispettoalla centralità di altre strutture museali cittadi-ne, ma fu anche un primo atto di sottrazionenei confronti dei giovani artisti in quanto noncorrisponde allo spazio previsto per le “Espo-sizioni permanenti d’arte ed industrie vene-ziane”, ancorché si legga nell’illustrazionefatta dello statuto nelle sedute del Consigliocomunale del 1906 un certo carattere di prov-visorietà, suscettibile di eventuali altre allo-cazioni per la Galleria internazionale d’artemoderna. Tale scelta, che sarà nel tempo l’an-tefatto del cambiamento di destinazione diCa’ Pesaro, non verrà mai del tutto adeguata-mente risarcita dalle Giunte municipali che sisono succedute a Venezia, non sentendosiesse in obbligo di dare il corrispettivo intermini di servizi ai giovani artisti in cambio

di uno spazio espositivo tanto prestigioso,usato per finalità preminentemente museali.

Nella prima fase capesarina fu solo l’am-mezzato ad essere usufruito per le esposizionicollettive che si terranno nell’estate e nell’au-tunno a partire dal 1908. Nel l907 NinoBarbantini vinceva il concorso che lo porteràad assumere, appena ventiduenne, la direzio-ne della Galleria Internazionale d’arte moder-na e insieme la carica di segretario dell’OperaBevilacqua La Masa di Ca’ Pesaro, diventan-do con Vittorio Pica uno dei rari critici mili-tanti del primo Novecento italiano.

L’anno dopo inizia la fase delle mostre diCa’ Pesaro, più famosa e indagata tra il 1908e il l920, dai ben noti studi di Guido Peroccofino alla mostra di undici anni fa titolata, perl’appunto, “Venezia: gli anni di Ca’ Pesaro,l908-1920”, tenutasi nella città lagunare alMuseo Correr e all’Ala Napoleonica con si-gnificativi approfondimenti dei numerosi stu-diosi che vi hanno partecipato (se ne veda ilcatalogo edito dalle edizioni Mazzotta di Mi-lano). È la fase che ha visto in primissimopiano Gino Rossi e Arturo Martini, poi FeliceCasorati e Umberto Boccioni.

L’intreccio di varie istanze d’avanguardia èstato abbastanza particolare: da quelle parigi-ne ispirate prevalentemente a Gauguin e alFauvisme (Rossi, Martini, Cavaglieri), a quel-le di matrice simbolista di un Moggioli, unUgo Valeri o un Guido Marussig; a quelleispirate dalla Secessione monacense di unMartini o di un Teodoro Wolf Ferrari; a quelleaccostabili alla Secessione viennese di unGuido Cadorin o di uno Zecchin; ai casi piùeccentrici di un Garbari, un Oppi, unoSpringolo. E si potrebbero fare parecchi altrinomi, indubbiamente un po’ minori. Nel 1919espone a Ca’ Pesaro Pio Semeghini, una figu-ra che connette la prima fase delle mostre allaseconda, attraversando gli anni Venti e Tren-ta, avendo intorno pittori come Juti Ravenna,Gabriella Oreffice Sacerdoti, Leone Minas-

sian, Giuseppe Santomaso o i più anzianiFioravante Seibezzi, Marco Novati (che sonoanche gli anni delle giovanili frequentazionidi un critico come Giuseppe Marchiori), a nonparlare dei primi soggiorni veneziani di Filip-po De Pisis e di Virgilio Guidi.

È interessante rimarcare che – sopratuttoinizialmente – entro le mostre di Ca’ Pesarotroviamo le proposizioni della tipica pitturaveneziana tardo-ottocentesca dei CesareLaurenti, dei Milesi, dei Fragiacomo, dei Gu-glielmo Ciarmi, per avanzare qualche esem-pio tra coloro i quali poco avevano a che farecon gli artisti che abbiamo nominato più sopraper certe nette contrapposizioni che ne conse-guiranno successivamente. È indubbio chetutta la prima fase capesarina ha visto tra i suoiespositori pittori e scultori che hanno dato unrilevante contributo all’avanguardia artisticaitaliana – che non si può definire ossimori-camente un’“avanguardia moderata” (comesi è proposto recentemente), salvo non tenerconto delle coordinate storico-geograficheentro una ristretta cerchia di artisti. Dopo il1920 abbiamo quella svolta che si è profilatain tutta Europa, caratterizzata dai vari “richia-mi all’ordine”, sia come istanze classicheg-gianti, sia come riferimento a determinatimomenti della storia dell’arte.

Negli anni Venti, se si fa eccezione allepoche e importanti opere prodotte da GinoRossi nel 1922-24, il clima culturale venezia-no si orienta in taluni artisti verso il “Realismomagico”: si pesi soprattutto a Cagnaccio diSan Pietro (talora non lontano da certeformulazioni di un Casorati), più limitata-mente a Dino Martens, e per alcune opereintorno al 1924 a Juti Ravenna e in seguitoanche a Leone Minassian; entro questo orien-tamento vanno ricordati due artisti che sonostati più presenti alle Biennali ch e alle Mostredella Bevilacqua La Masa come Astolfo DeMaria e Bortolo Sacchi. Le istanze novecen-tistiche in pittura erano rappresentate piutto-sto da un Guido Cadorin – sebbene i suoidipinti dei primi anni Venti siano ricchi diascendenze secessionistiche – mentre in scul-tura erano rappresentate da un NapoleoneMartinuzzi.

Un po’ a sé va considerata la partecipazionefuturista: iniziata in maniera clamorosa con ilmanifesto di Marinetti “Contro Veneziapassatista” nell’estate del 1910, durante l’im-portante mostra di Boccioni a Ca’ Pesaro, condipinti però ancora vicini a un Previati prose-gue nelle sporadiche esperienze di ArturoMartini (la Testa di Omero Soppelsa del 1913)e in certi spunti nei dipinti di Gino Rossi (sipensi anche alla sua partecipazione alla rivista“I Pazzi”, numero unico uscito a Venezia nelfebbraio del 1915) fino alle tre sfere futuristeesposte da Cagnaccio di San Pietro nella mo-stra del 1919. Non vanno dimenticate in que-sto contesto l’ampia personale al Lido diPrampolini o la mostra futurista alla Biennaleveneziana del 1926 presentata da Marinetti

Gino Rossi, Maternità, 1913, olio su cartone,Venezia, Galleria internazionale d’arte moderna Ca’ Pesaro

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ISTITUZIONI E CULTURA

(senza partecipazioni veneziane o venete),mentre si forma un “Gruppo futurista venezia-no” che espone nello stesso anno nelle saledella Bevilacqua La Masa, tra cui ricordereiFrancesco Korompay. Tra il 1933 e il 1935troviamo varie presenze come Magda Fal-chetto, Renato Di Bosso, Alfredo G. Ambrosi,Francesco e Giovanni Korompay, AngeloMaren ed altri ancora.

Certamente il ceppo semeghiniano è statoimportante sia per il paesaggismo lagunareburanello e veneziano, sia per i pittori verone-si, facendo riferimento a varie ascendenze,basti pensare a Guido Farina, Orazio Pigato,Albano Vitturi, Angelo Zamboni o ai venezia-ni Juti Ravenna, Fioravante Seibezzi, CarloDalla Zorza, Aldo Bergamini, Marco Novati,Eugenio Da Venezia, Gigi Candiani o altrevigiano Nino Springolo, per dirne alcuni.Si tratta di una sorta di tesaurizzazione di variecifre stilistiche, le quali costituiscono un codi-ce pittorico di figurazione paesaggistica – enon solo – piuttosto stabile (direi fin troppo),estensibile a tutta una generazione di pittoriche ha avuto il suo momento migliore neglianni Trenta.

È tra il 1940 e il 1945 che la situazioneartistica veneziana comincia a mutare. Si pen-si al magistero di Arturo Martini all’Accade-mia che è stato fondamentale non solo per lascultura; si pensi alla presenza di VirgilioGuidi e al suo luminismo speculativo, sempremeno legato a ‘empiriche’ rilevazioni sur lemotif, apportatore di non poche novità; sipensi al soggiorno di Filippo De Pisis checontribuirà ad una moderna e più intensa im-magine di Venezia. Altri artisti hanno avutoun ruolo nella promozione di situazioni cultu-rali come Giuseppe Cesetti o hanno rappre-sentato come Bruno Saetti un’istanza pittoricapiù tellurica, dove un certo suo novecentismoitaliano centro-settentrionale ha trovato nellacittà lagunare notevoli stimoli di rinnovamen-to. Ma dobbiamo anche considerare certe si-tuazioni giovanili: i pochi artisti veneziani chehanno partecipato alle mostre milanesi di “Cor-rente” come Armando Pizzinato, GiuseppeSantomaso ed Emilio Vedova, i soggiorni diRenato Birolli a Venezia, le prime scultureesposte di Alberto Viani, i nuovi sviluppi dellapittura di Mario De Luigi, l’attività critica epittorica di Gastone Breddo. Sono presenzeche l’Opera Bevilacqua La Masa è andatasegnalando tempestivamente (e non sempreadeguatamente), anche se la parte più rag-guardevole della loro carriera si svolgerà al-trove, nelle Biennali veneziane.

Della grande vivacità della situazione vene-ziana negli anni di guerra e tra il 1945-46 finoa tutti gli anni Cinquanta l’istituzione per igiovani artisti rispecchierà abbastanza bene levarie situazioni nelle mostre collettive annualipiuttosto che nelle mostre personali. Trovere-mo così premiati scultori come Salvatore oBruno De Toffoli (1948), o pittori che hannopresentato qualche affinità linguistica con gli

artisti del Fronte Nuovo delle Arti come Lu-ciano Gaspari, Ezio Rizzetto, Mario Dinon edaltri. Né mancheranno successivamente alcu-ni aspetti del Realismo in gravitazioni affini aquelle di Armando Pizzinato (piuttosto che diRenato Guttuso) in pittori come Toni Fulgenzi,Sandro Diani, Giovanni Pontini e AmedeoRenzini, realismo che poi troverà un prolun-gamento nella seconda metà degli anni Cin-quanta in Alberto Giaquinto, Vittorio Basagliae Vincenzo Eulisse con riferimenti stilisticisensibilmente diversi.

Verso il 1950 intorno ad artisti come Virgi-lio Guidi e Mario De Luigi, critici come AntonGiulio Ambrosini e Berto Morucchio, si for-merà il Gruppo dello Spazialismo vaneziano(in concomitanza con quello milanese pro-mosso da Lucio Fontana) che comprenderàpittori come Edmondo Bacci, Gino Morandis,Vinicio Vianello, Tancredi e lo scultore Bru-no De Toffoli, e artisti collaterali come Lucia-no Gaspari e Bruno Gasparini, o più giovanicome Ennio Finzi, Saverio Rampin, RiccardoLicata, Giorgio Zennaro e qualche altro, a cuisi è affiancata la militanza critica di un ToniToniato. Tutti questi artisti hanno avuto più omeno tempestivamente qualche riconosci-mento dall’Opera Bevilacqua La Masa e quin-di fanno parte di vari momenti della sua storia.Con lo slittamento di qualche anno, intorno al1955, si affermano pittori come Renato Bor-sato, Saverio Barbaro, Gustavo Boldrin, GinaRoma, Giorgio Dario Paolucci, Alberto Gia-quinto, Riccardo Licata, Albino Lucatello,Roul Schultz, Carlo Hollesch, Carmelo Zotti,inicisori come Cesco Magnolato, Mario Abised altri ancora, dove prevale una figurazionecon valenze che nei vari artisti sono state viavia espressioniste, neorealiste, di astrazionenaturalistica o più raramente informali che perun decennio saranno molto presenti in mostrecollettive e personali della Bevilacqua LaMasa. Una presenza defilata ma di notevolequalità è quella di Ferruccio Bortoluzzi, di-menticata nella mostra cui questo catalogopure si riferisce.

La situazione andrà cambiando alla metàdegli anni Sessanta con la comparsa di una

generazione nata intorno al 1940: Paolo Gioli,Arabella Giorgi, Franco Costalonga, NinoOvan, Giorgio Nonveiller, Fabrizio Plessi,Giorgio Teardo, Romano Perusini e qualchescultore come Elio Armano, Emilio Baracco eLoris Zambon. Ma il ricambio non sarà pernulla pacifico se nel 1968 si aprirà una vertenzaper il rinnovamento dell’istituzione, portandoalla redazione di un nuovo statuto tra il 1970e il 1971 attraverso una commissione pariteticache da un lato riprenderà la convenzione tra ilComune di Venezia e il Sindacato regionaledegli artisti del 1949 – che era stata disatte-sa – e dall’altro lato cercherà di delineare perla Fondazione Bevilacqua La Masa strutturee funzioni espositive più consone ai tempi. Labattaglia si è protratta fino al 1975, anno nelquale entra pienamente in funzione il nuovostatuto. Nelle collettive tra il ’75 e l’80 preval-gono orientamenti concettuali, iperrealistici,multimediali o di “nuova pittura” e troviamoartisti come Claudio Ambrosini, Guido Sar-torelli, Nino Ovan, Luigi Viola, Sergio Pau-sig, Mauro Sambo, Renato Pengo, SilvestroLodi, Marco Nereo Rotelli, Maurizio Pellegrine pochi altri.

L’effettiva ripresa dell’attività della Fonda-zione si avrà negli anni Ottanta, per meritodelle presidenze di Renato Borsato e poi diToni Toniato, alternando utili ricognizioniretrospettive (come La Scultura di Salvatore,Spazialismo a Venezia, Osvaldo Licini, ArturoMartini. Opere degli anni Quaranta, AlbertoViani. I disegni) a mostre di giovani artistientro un’attenta considerazione critica, docu-mentate da cataloghi ben redatti e molto curatinella veste grafica e tipografica. Vi sarà ancheun incremento di scambi nazionali e interna-zionali. Si affermeranno meglio artisti comeMauro Sambo, Luigi Viola, mentre compari-ranno nuove figure come Franco Ruaro, Rug-gero Cortese, Gaetano Mainenti, CristianoBianchin, Michelangelo Penso, Daniele Bian-chi e altri ancora.

La Fondazione Bevilacqua La Masa, permolti motivi legati a una certa trascuratezzadelle Amministrazioni Comunali nei confron-ti sia della cultura artistica, sia delle proprie

Juti Ravenna, Il discepolo, 1924, olio su tavola,Treviso, collezione privata

Emilio Vedova, Composizione, 1941, olio su tela,Venezia, Galleria internazionale d’arte moderna Ca’ Pesaro

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ISTITUZIONI E CULTURA

istituzioni, ha rischiato più volte di esseresnaturata nella sua effettiva vocazione, se nonaddirittusra di scomparire per sempre – anchein tempi non tanto lontani – per cui la ‘naviga-zione’ entro i Consigli di Vigilanza (oggiConsiglio di Amministrazione, dopo il rego-lamento del 1995-96) è sempre stata difficileanche a causa della sua imperfetta autonomiaistituzionale. E malgrado ciò essa ha datosicuramente un contributo fondamentale nelrivelare nuovi talenti e nell’offrire un aiuto amolti artisti che non vivevano e non vivono incondizioni di agiatezza, segnando alcuni capi-toli importanti della storia dell’arte venezianae veneta, attraversando quasi interamente ilnostro secolo. Il catalogo dedicato al centena-

Arnaldo Pizzinato, Dragamine e faro, 1947, olio su tavola,Venezia, proprietà dell’artista

Tancredi, Ricordo armonico, 1952, tecnica mista,Milano, collezione privata

1899-1944: LUCA MASSIMO BARBERO, Gli anni diricerca tra definizione informale e nascita di unsecondo realismo. Le collettive dal 1947 al 1959 •GIORGIO NONVEILLER, Le mostre collettive. Tracciaper una storia delle arti visive a Venezia negli anniSessanta. Appunti suali anni settanta • PAOLO

CAMPIGLIO, Le annuali collettive della FondazioneBevilacqua la Masa. 1980-1998 • NICO STRINGA,Sculture alla Fondazione Bevilacqua La Masa dal1908 al 1968: temi e schemi • ENZO DI MARTINO, LaCassa di Risparmio di Venezia e la FondazioneBevilacqua la Masa. 1912-1960 • ROSA BAROVIER

MENTASTI, Il vetro di Murano alla Bevilacqua LaMasa. 1912-1960 • GIORGIO TRENTIN, Il contributodella ricerca legata all’arte incisoria nel secolareimpegno culturale svolto dalla Fondazione Bevi-lacqua La Masa.

rio dell’istituzione è arricchito da molti studicon apporti storici e critici spesso originali,utilissimi anche per ricerche future. Peccatoche la parte dedicata alle collettive dell’ultimodiciottennio riveli una limitata conoscenzadelle vicende della Fondazione, con una fo-calizzazione critica discutibile e molto parzia-le, insufficiente a rilevare alcune effettivepresenze artistiche. Il volume si presenta conun’ottima veste tipografica.

Emblemi d’arte da Boccioni a Tancredi. Cen-t’anni della Fondazione Bevilacqua La Masa1899-1999, catalogo della mostra (Venezia,Galleria Bevilacqua La Masa, S. Marco - Sededella Fondazione Bevilacqua La Masa, SanBarnaba, 6 marzo - 2 maggio 1999), a cura diLuca Massimo Barbero, scritti di vari, Mila-no, Electa, 1999, 4°, pp. 279, ill., s.i.p.

INDICE: Emblemi d’arte 1899-1944: GIANNI DAL

MORO, Felicita Bevilacqua. 1822-1899 • FLAVIA

SCOTTON, Da Barbantini a Perocco, dalla Bevilacquaa Ca’ Pesaro • ALESSANDRO DEL PUPPO, Una difficileeredità. Le osposizioni delhrzo decennio • SILENO

SALVAGNINI, Bevilacqua La Masa: gli anni Trenta •FRANCESCO BUTTURINI, Pittori veronesi alle mostredella Bevilacqua La Masa dal 1908 al 1940 •GIOVANNI BIANCHI, I futuristi all’Opera • GIUSEPPINA

DAL CANTON, Le mostre della Bevilacqua degli annidi guerra: 1940-1944 • OPERE. Emblemi d’arte

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RIVISTERIA VENETA

SPOGLIO DEI PERIODICIDI STORIA E ARCHEOLOGIASTORIA DELLA CHIESAE RELIGIONE (1997-1999)

Il precedente spoglio dei periodici di “storiae archeologia - storia della chiesa e religione”era stato presentato sul “Notiziario Biblio-grafico” n. 26 e prendeva in considerazione glianni 1994-1997. Il presente aggiornamento siriferisce quindi alle nuove uscite a partiredall’ultimo fascicolo segnalato sul “Notizia-rio” n. 26.

STORIA E ARCHEOLOGIA

AltrochemestreDocumentazione e storia

del tempo presente

direzione: Piero Brunello, Luca Pesredazione: Giulia Albanese, Filippo Benfante,Piero Brunello, Chiara Girotto, Luca Pesperiodicità: semestraleeditore: Cierre, Veronasede della redazione: Cannaregio, 4533 -30131 Venezia - tel. 041/5228665

n. 6, primavera 1998SILVIA MARCON, Il pomodoro nella stampafemminile • CHIARA TOSI, Ceto medio • PIETRO

DI PAOLA, Diana Spencer • FABIO BRUSÒ, Ope-rai alla Fincantieri • IGINIO ROSSI, “Un nego-zio aperto è una strada che vive” • GIANNAROSA

VIVIAN, Furti in casa • ELENA ROSA, “Barac-che” marine • GIULIA ALBANESE, Morti persostanze nocive • GIOVANNA LAZZARIN, Coin •ELDA GUERRA, Sentirsi dentro o fuori la storia• PIERO BRUNELLO, Due modi di giocare alcalcio • MARIO INFELISE - LIVIO VANZETTO,Dopo il quinto numero • ANTONIO CANOVI, “LaFlavia suonava il basso da dio” intervista aOmbretta Canovi • LUIGI URETTINI, Il sindacodi Treviso • PAOLO K., Il nuovo mondo di miofratello • FABIO PECOCCO, Migrazioni non rac-contate • LUCA PES, Leoni alati • LUCA PES,“La lega come ha fatto?” intervista a LorenzaTulli • ROBERTO ZANCAN, Tra oligarchia e

governo locale • FILIPPO BENFANTE, Centralinedi rilevamento • CHIARA GIROTTO, Interni in unvillino • GABRIELE BARONI, Veneto senza cultu-ra popolare.

Annali dell’Istituto Venetoper la Storia della Resistenza

Il periodico non presenta le caratteristichetecniche della rivista, tuttavia dato il caratteremiscellaneo e l’attinenza dell’argomento trat-tato, si è ritenuto opportuno riportarne ugual-mente lo spoglio.

aa. 17-18, 1996-1997Atti del convegno di studi La società Venetadalla resistenza alla Repubblica, Padova, 9-11 maggio 1996.ANGELO VENTURA, Presentazione • GIANNAN-TONIO PALADINI, La politica della Resistenzaveneta • MAURIZIO REBERSCHAK, Le motivazio-ni della Resistenza e l’atteggiamento dellepopolazioni • MARCO BORGHI, I fascisti repub-blicani: uomini e motivazioni della Repubbli-ca Sociale Italiana • IRENE GUERRINI - MARCO

PLUVIANO, L’Opera Nazionale Dopolavorodall’associazionismo al collaborazionismo •GIAMPAOLO VALLEUIT, Alleati e Resistenza nelleVenezie • CARLO GENTILE, La repressione an-tipartigiana tedesca nel Veneto e nel Friuli •ERNESTO BRUNETTA, Geografia e consistenzadelle formazioni partigiane del Veneto e delFriuli-Venezia Giulia • MARINA ROSSI, Soldatisovietici nelle formazioni partigiane del Friuli-Venezia Giulia • GIAN CARLO BERTUZZI, Ilperiodo insurrezionale: una comparazionetra diverse realtà • GIORGIO ROVERATO, L’eco-nomia veneta nella ricostruzione postbellica •OTELLO BOSARI, Economia di guerra e rifles-sioni sull’agricoltura e i rifornimenti nelTriveneto tra guerra e dopoguerra • MONICA

FIORAVANZO, L’élite politica veneta dalla Li-berazione agli anni Sessanta • FRANCESCO DE

VIVO, La scuola a Padova e nel Veneto traLiberazione e ricostruzione • GIULIANO LENCI,La situazione epidemiologica nazionale e il“Progetto di riforma dell’ordinamento sani-tario” del CLNRV • MARCO PUPPINI, Lotte so-ciali in Veneto e Friuli tra Liberazione e luglio1948 • ALESSANDRO NACCARATO, I processi aicollaborazionisti. Le sentenze della Corted’Assise Straordinaria di Padova e le reazio-ni dell’opinione pubblica • GUIDO JESU, I pro-cessi ai partigiani friulani • MARCO COSLOVICH,

La memoria della deportazione dell’Adria-tisches Küstenland • EMILIO FRANZINA, Lamemoria breve. Fascismo e resistenza nel“ricordo dell’altro ieri” (1945-1948).

Annuario storico della Valpolicella

direttore: Pierpaolo Brugnoliredazione: Andrea Brugnoli, Cristina Bassi,Alfredo Buonopane, Giorgio Chelidonio, Bru-no Chiappa, Valeria Chilese, Marianna Ci-priani, Giuseppe Conforti, Pio Degani, SilviaFerrari, Maria Paola Guarienti, Stefano Lodi,Renzo Nicolis, Uranio Perbellini, Paolo Rigoli,Luciano Rognini, Giuliano Sala, LucianoSalzani, Michele Suppi, Sergio Testi, FlaviaUgolini, Gian Maria Varanini, GiovanniViviani, Silvana Zanolliperiodicità: annualeeditore: Centro di Documentazione per laStoria della Valpolicella - Fumane (VR)sede della redazione: Centro di Documenta-zione per la Storia della Valpolicella - viaVaio, 17 - 37022 Fumane (VR)

1997-1998PIERPAOLO BRUGNOLI - GIULIANO SALA, Vicen-de storiche della chiesa di San Martino aCorrubio di Castelrotto • FEDERICA ARDUINI,La pieve di San Floriano e l’esazione delladecima (1379-1434) • EGIDIO ROSSINI, LaValpolicella e gli estimi dei Lari (XIV-XVIsecolo) • MASSIMO DONISI, Ancora su GabrieleFrisoni lapicida mantovano a Sant’Ambrogio:integrazione al regesto di documenti • GIO-VANNI CASTIGLIONI - FILIPPO LEGNAGHI, Dalladomus seu palacium all’attuale conformazio-ne di villa Della Torre a Fumane • GIUSEPPE

CONFORTI, Villa Del Bene a Volargne: storia earchitettura dalle origini al Cinquecento •PIERPAOLO BRUGNOLI, Le origini ambrosianedei Ferrini poi Tomezzoli lapicidi e scultoriveronesi • ARTURO SANDRINI, Tra “formale” e“pittoresco”: il giardino Rizzardi a Pojega diNegrar • ANDREA TOMEZZOLI, Per l’attività diFrancesco Lorenzi in Valpolicella: la pala diSan Pietro in Cariano • PAOLO RIGOLI, Unnuovo documento sulla costruzione della par-rocchiale di Pescantina e una nuova ipotesisul progettista • EMANUELE LUCIANI, La fonta-na della discordia: un episodio di lotta politi-ca a San Giorgio Ingannapoltron (1906-1909)• In memoriam: Gunter Schweikhart.

Archeologia Uomo TerritorioRivista dei Gruppi Archeologici d’Italia

direttore resp.: Andrea Perinconsiglio di direzione: Ettore Bianchi (G.A.Ligabue), Gino Carraro (G.A. Trevigiano),Daniela De Giovanni (Archeologia), Luigi Di

RIVISTERIAVENETA

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RIVISTERIA VENETA

Cosmo (G.A. Rufrium), Alessandro Pratesi(G.A. Mediovaldarno), Ernesto De Carolis(G.A. Napoletano), Gianfranco Gazzetti (G.A.Romano), Andrea Perin (G.A. Milanese), Pie-tro Ramella (G.A. Canavesano), Claudio Zicari(G.A. del Pollino)redazione: Paolo Fassi, Paolo M. Galimberti,Gianluca Groppelli, Giuseppe Ligato, FabioMalaspina, Alberto Rovida, Dario Savoia,Gianni Zecchiniperiodicità: annualeeditore: Gruppi Archeologici d’Italia c/o Grup-po Archeologico Milanese, Milanosede della redazione: c/o Gruppo Archeologi-co Milanese - via Bagutta, 12 - 20121 Milano- tel. 02/796372

n. 17, 1998GIANFRANCO GAZZETTI, Rinvenimenti ar-cheologici nell’area Prenestina • ERNESTO DE

CAROLIS, I legni carbonizzati di Ercolano:storia delle scoperte e problematiche con-servative • SILVIA PASCALE, Rinvenimenti an-foracei nel trevigiano: tipologie e commerci •LUIGI DI COSMO, Antichi insediamenti abban-donati in area alifano-telesina • PIETRO RA-MELLA, Le stele antropomorfe di Tina (Ivrea)• MARCO GIGLIO - CARLA PERPETUA - NOEMI

REA, Aggiornamento della carta archeologicadei Campi Flegrei • GRUPPO ARCHEOLOGICO

MILANESE - GRUPPO ARCHEOLOGICO TOLERIENSE,Rossilli-Gavignano (Roma). Campagna discavo 1997 • Rivanazzano (Pavia): materialirelativi a una villa in località Le Germane,scritti di ANNA BRESCIANI, LIVIO GRANCHELLI,DAVIDE MANICA, ALBERTO ROVIDA • Corbetta(Milano): “Campo delle Volpi: due tombe aembrici”, scritti di FRANCESCA BAUDI, SUSAN-NA BUSINARO, PAOLA MARCHETTI, GIULIA

MICCINELLI.

Archeologia veneta

direttore resp.: Gianpaolo Candianiredazione: Simonetta Bonomi, Gian PietroBrogiolo, Gianpaolo Candiani, FrancescoCozza, Govanni Gorini, Michelangelo Mu-narini, Marisa Rigoni, Angela Ruta, Giovan-na Tosi, Paola Zanovelloperiodicità: annualeeditore: Società Archeologica Veneta - Padovasede della redazione: c/o Società ArcheologicaVeneta - corso Garibaldi, 41 - C.P. 962 - 35100Padova

nn. XVI-XVII-XVIII, 1993-1994-1995L’intervento di scavo all’interno della cosid-detta Casa gotica di Asolo (Treviso). La se-quenza stratigrafica dalla fine dell’età delBronzo al Medioevo, scritti di ELODIA BIANCHIN

CITTON, SILVIA CIPRIANO, STEFANIA MAZZOC-CHIN, CARLA PIRAZZINI, ITALO RIERA, ANNA

NICOLETTA RIGONI • GIOVANNA MARZIANI -ALESSANDRO IANNONE, Analisi dei frammentidi carbone da U.S. 22 (età del Bronzo finale)

• SILVIA CIPRIANO, La necropoli romana dipiazza de Gasperi a Padova • MARISA RIGONI,L’area archeologica sottostante la piazza delDuomo di Feltre • PAOLO VERGER, Il ritrova-mento di uno scramasax a Sant’Elena d’Este(Padova) • MICHELE ASOLATI, Altino tardo-antica e bizantina attraverso i ritrovamentimonetali • OTTO MAZZUCATO, Il paesaggionella ceramica graffita veneziana.

nn. XIX-XX, 1996-1997Lo scavo urbano pluristratigrafico di via C.Battisti 132 a Padova, scritti di MARIA LUISA

BIANCO, ROSSANA GREGNANIN, ROBERTO CAIMI,JIM MANNING PRESS • STEFANIA MAZZOCCHIN -PATRIZIA PASTORE, Nuove testimonianzeepigrafiche sul commercio dell’olio istriano aPadova • BRUNO CALLEGHER, Monete da in-sediamenti d’epoca romana nella campagnadi Opitergium. Nuove acquisizioni • Statutodella Società Archeologica Veneta.

Archivio Storicodi Belluno Feltre e Cadore

direttore resp.: Paolo Contedirezione scientifica: Adriano Alpago Novel-lo, Giorgio Maggionicomitato di consulenza scientifica: LuisaAlpago-Novello Ferrerio, Ester Cason An-gelini, Orietta Ceiner Viel, Sergio Claut, Clau-dio Comel, Grazioso Fabbiani, GiovanniGrazioli, Cesare Lasen, Carlo Mondini, GiovanBattista Pellegrini, Ugo Pistoia, Sante Rosset-to, Franco Sartori, Bianca Simonato Zasio,Mario Sintich, Giovanni Tomasi, Aldo Vil-labruna, Flavio Vizzutti, Giandomenico Zan-derigo Rosolocomitato di redazione: Gabriella Dalla Vestra,Silvia Miscellaneo, Paolo Pellegrini, MarcoPeraleperiodicità: trimestraleeditore: Archivio Storico di Belluno, Feltre eCadoresede della redazione: c/o Archivio Storico diBelluno, Feltre e Cadore - C.P. 34 - 32100Belluno - tel. 0437/941647 - 0347/949210

a. LXIX, n. 302, gennaio-marzo 19981796-1816: Cronologia • ORIETTA CEINER VIEL,Dal 1797 a Belluno: breve guida d’archivio •RITA DA PONT, Occupazione francese del 1797a Belluno • STEFANO COMUZZI, L’amministra-zione della giustizia durante il periodo dellamunicipalità del 1797-1798 • FLAVIO VIZZUTTI,Abbigliamento e costume borghese-aristocra-tico bellunese nella seconda metà del Sette-cento • SERGIO CLAUT, Il furto delle opered’arte nel 1797 e la dispersione del patrimo-nio artistico.

a. LXIX, n. 303, aprile-giugno 1998RAFFAELLO VERGANI, Una inchiesta del 1801sulle miniere agordine • BIANCA SIMONATO

ZASIO, Le “Marighezze” o “Mariganzie” tra1806 e 1807: fine di un secolare privilegiofeudale nel feltrino • BRUNO DE DONÀ, IlCadore tra francesi e austriaci nelle testimo-nianze letterarie • MARCO PERALE, Belluno traVenezia e Austria: una lirica di Carlo Viennadel 1816 dedicata a Francesco I • PAOLO

CONTE, Commemorazione di Enrico De Nard.Note bio-bibliografiche.

a. LXIX, n. 304, luglio-settembre 1998GIORGIO MAGGIONI, Gli avvenimenti del peri-odo napoleonico nelle lettere inedite di MauroCapellari al camaldolese Placido Zurla (1795-1806) • PAOLO PELLEGRINI, La presunta Acca-demia bellunese • MARCO PERALE, Due epigraficinquecentesche inedite dopo il restauro del-la fontana della Motta • GIOVANNI PANTE, Ilrecente restauro della fontana della Motta •GIOVANNI GRAZIOLI, Gli indici dell’“Archiviostorico di Belluno Feltre e Cadore ” e di“Studi Buzzatiani”, prototipi di una nuovabibliografia bellunese.• GIORGIO MAGGIONI,Ippolito Caffi alla Galleria nazionale d’artemoderna a Roma • GIORGIO MAGGIONI, Pado-va, palazzo Zabarella: Incanto e anatomia delseno • MARCO PERALE, Per il 175° anniversa-rio dell’Istituto “Catullo” di Belluno • PAOLO

DA COL, Antonio Miari (1778-1854): la musi-ca ritrovata • ENZO GARBEROGLIO, Belluno:Convegno naturalistico • GABRIELLA DALLA

VESTRA, Sulle tracce di un’opera dispersa diMatteo Cesa.

a. LXIX, n. 305, ottobre-dicembre 1998CARLO MONDINI - ALDO VILLABRUNA, Nuoviimportanti reperti preistorici donati al MuseoCivico di Belluno • MARCO PERALE, La nascitadello stemma di Belluno: dal fronte antiungarodel X secolo alla lega veronese (1164-1167) •GIANFRANCO CISILINO, Una lettera inedita diTito Livio Burattini all’astronomo di DanzicaJohannes Hevelius • FLAVIO VIZZUTTI, PaoloDe Filippi: un pittore tra Settecento e Otto-cento. Acquisizioni e proposte • GIUSEPPE

BILLANOVICH, Petrarca e il primo umanesimo• GIOVANNI GRAZIOLI, Londra: battuti all’astaalcuni volumi della dispersa biblioteca deiConti Piloni della villa Casteldardo di Tri-chiana • GIORGIO MAGGIONI, Un dipinto diSebastiano Ricci in mostra a Roma • BRUNO

DE DONÀ, Celebrazioni per il 150° del 1848 inCadore • MARIA CERENTIN, Archeologia inprovincia: convegno a Belluno • PAOLO CON-TE, Tre opere di Sebastiano Ricci tra i capola-vori veneti dell’Ermitage esposti a Udine •PAOLO PELLEGRINI, Un foglio miniato di uncodice di Francesco da Bolzano in vendita aLondra • DINO BRIDDA, “L’Agordino di AchilleBeltrame”: una bella mostra con scarsa riso-nanza.

a. LXX, n. 306, gennaio-marzo 1999PAOLO CONTE, L’“Archivio” ha settant’anni •MARCO PERALE, La nascita dello stemma diBelluno: dal fronte antiungaro alla lega vero-nese (1164-1167) • ANTONIO LAZZARINI, Uo-

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RIVISTERIA VENETA

mini, tecniche, organizzazione: il trasportodel legname dal bosco del Cansiglio a Vene-zia fra XVIII e XIX secolo • EMANUELA

ROLLANDINI, Notizie sull’attività giovanile diGiovanni De Min e sul suo rapporto conAntonio Canova • GIULIANO DAL MAS, Duedisegni inediti di Giovanni De Min • FABIO

BUDEL, Le strade che hanno fatto l’Europa: lavia Claudia Augusta • GIORGIO MAGGIONI, Gliorientalisti italiani. Cento anni di esotismo •RENZA FIORI, Calalzo: Convegno e mostra peril centenario dell nascita di Alessio De Bon(1898-1957) • DINO BRIDDA, Il 1848 in monta-gna: convegno a Pieve di Cadore e a Belluno.

a. LXX, n. 307, aprile-giugno 1999CLAUDIO COMEL, Per un inventario dei librieretici o sospetti rinvenuti nelle diocesi diBelluno e di Feltre durante il Cinquecento •SERGIO CLAUT, La famiglia dei pittori DalZocco • FALVIO VIZZUTTI, Un dipinto friulanodi Agostino Ridolfi • GIORGIO MAGGIONI,Gregorio XVI e Giovan Battista Piranesi •PAOLO CONTE, Dipinti e disegni di IppolitoCaffi e un quadro di Pietro Paoletti al MuseoCorrer di Venezia nella mostra sul 1848-49 •LIVIA MAGGIONI, Viterbo: alla mostra diDomenico Corvi una tela della Certosa diVedana • MARCO PERALE, Un fregio a frescocinquecentesco emerso nel restauro della casadi riposo di Cavarzano (Belluno) • LUIGI

GUGLIEMI (a cura di), Rassegna bibliograficabellunese.

Archivio Veneto

direttore resp.: Giovanni Pillininicomitato di redazione: F. Seneca (presiden-te), S. Bortolami, N. Mangini, F. Sartori, A.Stellaperiodicità: semestraleeditore: Deputazione di storia patria per leVeneziesede della redazione: c/o Deputazione di sto-ria patria per le Venezie - S. Croce, 1583 -30125 Venezia - tel. 041/5241009

a. CXXVIII, vol. CXLIX (1997), n. 184EGIDIO ROSSINI, Il Garda prima dell’anno Mil-le • LORENZA PERINI, L’epistolario di ElenaSoranzo Mocenigo (1776-1781) • NICOLA

MANGINI, Unità politica e unità linguistica: il

dibattito ottocentesco sul teatro dialettale dalPiemonte al Veneto • MARCO CALLEGARI, Ilibri di un pubblico perito della città di Pado-va: la biblioteca di Giovanni Andrea Pasini(†1716 c.) • RENATO GAETA, Carlo AntonioPilati e Bolzano. I patrocini per il Magistratomercantile e le autonomie locali tirolesi (1788-1793).

a. CXXIX, vol. CL (1998), n. 185DORIT RAINES, Alle origini dell’archivio poli-tico del patriziato: la cronaca “di consulta-zione” veneziana nei secoli XIV-XV • SERGIO

PERINI, Un fallito accordo commerciale tra laRepubblica veneta e la Danimarca • ANTONIO

LAZZARINI, Boschi e legname. Una riformaveneziana e i suoi esiti • GIORGIO ZORDAN, Ildefinirsi del patriziato nell’esperienza giuri-dica veneziana (a proposito di una recentepubblicazione) • PIER ANGELO PASSOLUNGHI,Letterati bombardieri a Susegana durante laGrande Guerra • BRUNO BERTOLI, SilvioTramontin.

a. CXXIX, vol. CLI (1998), n. 186MARIA CHIARA BILLANOVICH, Una categoria dilavoratori poco nota: i “navari dei sassi deLipsia” nel Quattrocento • SALVATORE CIRIA-CONO, Economia e commerci veneziani in etàmoderna. Il caso dell’olio di Corfù • GIOVANNI

ZALIN, La caduta della Repubblica di Vene-zia e le sue conseguenze sul sistema maritti-mo-commerciale dell’alto Adriatico • GIO-VANNI NETTO, Maggio 1707 - gennaio 1798: iVeneti alle prese anche con il decadario! •MARIO DE BIASI, La Deputazione veneta distoria patria e le terre redente dopo il primoconflitto mondiale • CLAUDIO AZZARA, Le fontiper la storia di Venezia e delle Venezie e laloro edizione. I “Pacta Veneta” • PIERO DEL

NEGRO, I militari veneti nella Grande Guerra:dal mito alla storia.

ChioggiaRivista di studi e ricerche

direttore resp.: Pier Giorgio Tiozzocomitato direttivo: Alberto Elia, Cinzio Gibin,Dino Memmo, Gianni Scarpa, Pier GiorgioTiozzoredazione: Erminio Boscolo Bibi, FabrizioBoscolo, Giorgio Boscolo Femek, Luigi DePerini, Franco Frizziero, Luca Merchiori, Al-berto Naccari, Angelo Padoan, Marina Penzo,Renzo Ravagnan, Sergio Ravagnan, AntonMaria Scarpa, Nico Sibour Vianello, Gian-franco Tiozzo, Loris Tiozzo, Giorgio Vianellocomitato scientifico: Ulderico Bernardi, Gior-getta Bonfiglio Dosio, Manlio Brusatin, EnnioConcina, Manlio Cortelazzo, Dino De’ Antoni,Pierluigi Fantelli, Jean-Claude Hocquet, Bian-ca Lanfranchi Strina, Elvidio Surian, MarcelloZunica

periodicità: semestraleeditore: Comune di Chioggia - Il Leggio Li-breria Editrice - viale Padova, 5 - Sottomari-na (VE)sede della redazione: c/o Biblioteca Civica“Cristoforo Sabbadino” - Campo Marconi,108 - 30015 Chioggia (VE) - tel. 041/5501110

n. 12, giugno 1998Una rivista verso la Chioggia del Duemila •GIOVANNI SILVANO, La città di Chioggia a fineSettecento: l’esperienza democratica • SER-GIO PERINI, Clero e autorità politiche aChioggia tra il tardo Settecento e l’età dellaRestaurazione • MARTINA MININI, Pesi perbilancia in uso a Venezia nel tardo Medioevo:la libbra di Chioggia • MATTEO DORIA, Arche-ologia industriale a Chioggia • GINA DUSE, IlProgetto di bonifica del Foresto Superioredell’ing. Cesare De Lotto • RENATO RAULE,Suoni di Chioggia • FABRIZIO FERRARI, I pesca-tori dell’Adriatico dalle lagune alle grandimigrazioni • ALBERTO NACCARI, Due problemidi numismatica veneziana • ANDREA VARA-GNOLO, La dimensione temporale “passato-presente-futuro” nei proverbi • DIEGO TIOZZO

NETTI, Una rete civica telematica • DINO

MEMMO, La Chioggia di Angelo Brombo •MARIA GRAZIA BEVILACQUA, Chioggia nellaprima metà del Cinquecento (1508-1550) •RITA SANTAMARIA, L’evoluzione urbanisticadi Chioggia nel Medioevo • GINA DUSE, “WBorgo San Giovanni”. Quando la scuola si fapromotrice del quartiere • FABRIZIO BOSCOLO,L’albero della libertà • FRANCO FRIZZIERO,Giuseppe Veronese matematico dell’Univer-sità di Padova.

n. 13, dicembre 1998“L’anno della speranza”. Considerazioni trapresentazione e proposta • PIER GIORGIO TIOZZO

(a cura di) “Chioggia è festa di vita”. Collo-quio informale con Gian Antonio Cibotto •SERGIO PERINI, Il Quarantotto a Chioggia •GIUSEPPE BOSCOLO, La grande domanda. Notesul ’68 a Chioggia: testimonianza per unariflessione • PAOLO SFRISO, Movimenti e grup-pi di ispirazione cattolica a Chioggia tra il1968 e il referendum sul divorzio del 1974 •CINZIO GIBIN, Carlo Amoretti: un viaggiatorea Chioggia • ERMINIO BOSCOLO BIBI, Di cippoin cippo. Sui passi della conterminazione nel-la laguna di Chioggia • GEMMA VIANELLI, Ilpoeta Riccardo Naccari nel ventennale della

Page 70: otiziario Bibliografico - poligrafo.it · otiziario Bibliografico 31 n. 31 - giugno 1999 - sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale

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RIVISTERIA VENETA

scomparsa • GIOVANNI COMISSO, Un poeta aChioggia • RUGGERO DONAGGIO, Il “PactumClugiae”. Diploma del Doge Pietro Gradenigocon cui autentica un antico patto tra i Vene-ziani e Chioggiotti (28 settembre 1293) • GINA

DUSE, Carlo Bullo e Vincenzo Bellemo: dueletture del territorio • ANGELO PADOAN, Dia-letto e poesia popolare a Chioggia • ANTON

MARIA SCARPA, Quadro storico, politico ereligioso di Chioggia tra fine Ottocento emetà Novecento • MARIA DOLFIN, “Lo sten-dardo”. La “scoperta” di un monumento traricerca storica e spettacolo teatrale • ALES-SANDRO TIOZZO BON, L’asta “all’orecchio”.Un approccio al funzionamento del Mercatoittico all’ingrosso di Chioggia • PAOLA TIOZZO

NETTI, “Mostrare le carte”. Strumenti per laconoscenza del territorio • PIER GIORGIO

TIOZZO, Gli snodi del territorio di Chioggianel rilevamento aerofotogrammetrico • PIER

GIORGIO TIOZZO, Rassegna bibliografica, I. Lapubblicistica su Chioggia dal 1994 al 1998.

n. 14, aprile 1999DINO MEMMO, Gli squeri e la costruzione diburchi a Chioggia • RICCARDO VIANELLO,Toponomastica a Pellestrina e S. Pietro inVolta tra Settecento e Ottocento • ENRICO DE

POLIGNOL, Percorsi ciclo-pedonabili di esplo-razione ambientale e di valorizzazione del-l’identità locale nel clodiense • ALBERTO

NACCARI, “Bebe” • SERGIO RAVAGNAN, Il mi-stero della “Nuova Adele”. Una storia dipescatori degli anni Cinquanta • PIER GIORGIO

TIOZZO, Una vita per le barche. Ricordo diGiampaolo Bonaldo (1940-1956) • DINO

MEMMO - PIER GIORGIO TIOZZO, La Chioggia diDario Galimberti (1881-1966) • LAURA

SASSETTO, Il culto dei santi patroni di Chioggiatra Settecento e Ottocento • FRANCESCA FUIANO,La moneta come fonte per la storia. Analisi diuna moneta romana • PIER GIORGIO TIOZZO,Rassegna bibliografica, II. La pubblicisticasu Chioggia dal 1994 al 1998.

LudicaAnnali di storia e civiltà del gioco

direttore: Gherardo Ortallicomitato scientifico: Maurice Aymard, Gae-tano Cozzi, Gherardo Ortalli, Bernd Roeckredazione scientifica, segreteria, editing: Pa-trizia Boschiero, Alessandra Rizziperiodicità: annualeeditore: Fondazione Benetton, Treviso - Viella,Romasede della redazione: Fondazione BenettonStudi e Ricerche, Onlus - piazza Crispi, 8 -31100 Treviso - tel. 0422/579450 - 579719fax 0422/579483

n. 3, 1997HARTMUTH GALSTERER, Sport und Gesellschaftin Griechenland • JOSHUA SCHWARTZ, Ball

Playing in Ancient Jewish Society: the Hel-lenistic, Roman and Byzantine Periods • CLAU-DIO AZZARA, Barbarus ludens. Elementi peruno studio della ludicità nell’alto Medioevobarbarico • TOMMASO DI CARPEGNA FALCONIERI,Gioco e liturgia nella Roma medievale. DalLiber polipticus del canonico Benedetto •ROSA NAVARRO DURÁN, Libros de suertes •IVAN PEDERIN, Athletic Sports in Dalmatiafrom the Middle Ages to the Industrial Era •GINETTE VAGENHEIM, Le dessin de L’essercitiogladiatorio de Pirro Ligorio et le De artegymnastica de Girolamo Mercuriale. De larecherche antiquaire à la propagande de laContre-Réforme: l’exemple du corps aucombat • Materiali per un colloquio: “Jeux,cultures et sociétés du Moyen Age au XXe

siècle”: ROBERT MUCHEMBLED, Jeux, cultureset sociétés • GHERARDO ORTALLI, The Originsof the Gambler-State. Licenses and Excisesfor Gaming Activities in the XIII and XIVCenturies (and the Case of Vicenza) • EVELYNE

VAN DEN NESTE, La fête des trente et un rois deTournai, un jeu de rôle au XIVe siècle • DANIÈLE

ALEXANDRE-BIDON, La vie en miniature:dînettes et poupées à la fin du Moyen Age •BERNARD GRUNBERG, Jeux et fêtes en NouvelleEspagne (XVe siècle-début XVIIe siècle) •ELISABETH BELMAS, Jeu et civilisation desmœurs: le jeu de paume à Paris du XVIe auXVIIIe siècle • ROBERTA BORTOLOZZO, Il Giocopitagorico musicale di Antonio Calegari, 1801• HENNING EICHBERG, Sport, Play and BodyCulture in Trialectical Perspective • MARCO

FITTÀ, Turricula • ERNA TONCINICH, Gioco eiconografia religiosa: due casi dalla Croaziaoccidentale • MICHAEL GOODALL, Thomas dela Rue (1793-1866): the Father of the ModernPlaying Card • THIERRY DEPAULIS, Le MuséeFrançais de la Carte à Jouer ouvre ses portesà Issy-les-Moulineaux • ARND KRÜGER, TheCommon Heritage of European Sport: FirstEuropean Seminar on the History of Sport •ALEX DE VOOGT, From Leiden to Florence,International Board Games Research Con-tinued • RUDOLF DEKKER, Games and Play inthe XVI and XVII Centuries.

Materiali di storia del movimentooperaio e popolare veneto

direttore resp.: Simonetta Pentodirezione editoriale: Giorgio Roveratocomitato di redazione: Bianca Bianchi Bal-duino, Vittorio Marangon, Tiziano Merlin,Giorgio Roverato, Dario Verdicchioperiodicità: trimestraleeditore: Centro Studi Ettore Luccini - Padovasede della redazione: via Beato Pellegrino, 16- 35137 Padova - tel. 049/8755698

n.s., n. 10, marzo-giugno 1998FRANCA TESSARI, In ricordo di Ettore Luccinia 20 anni dalla morte: a Treviso la sua col-

lezione d’arte • ANTONIO NAPOLI, Il “caso”Leone Turra e la Segreteria Gaddi (1946-1951) • SERGIO BASALISCO, Ricordando CescoTolin (13 febbraio 1998) • LORENZO UGOLINI,Il maggioritario della discordia. Le elezionipolitiche del 1953 (1a parte) • PAOLO PANNOC-CHIA, Nomi da non dimenticare: In memoria diAttilio Galvani • Antonio Camporese “Piaz-za”: un eroe della Resistenza • DOLORES NE-GRELLO, Sviluppo organizzativo del PCI a Pa-dova: il PCI padovano nella fase cruciale:1947-1951, la Segreteria Gaddi • Inventariodei fondi archivistici del Csel: le carte diBruno Liviero (2a parte).

Annale n. 2, 1998 (supplemento al n. 10,marzo-giugno 1998)Considerato il carattere miscellaneo e l’argo-mento, viene dato qui di seguito lo spoglio delsecondo “Annale del Centro Studi Luccini”.Sindacato e lotte dei lavoratori a Padovae nel Veneto (1945-1969).S. CECCONI, Prefazione • G. ROVERATO, Notaintroduttiva • A. COLASIO, Operai, bracciantie identità comunista. Organizzazione comu-nista e comunità padovane • A. NACCARATO,Le lotte operaie alle Officine meccaniche del-la Stanga dalla Resistenza agli anni ’50 •S. PARONETTO, Lotte sociali e dinamiche poli-tiche a Verona tra il 1945 e il 1950 • T.MERLIN, Mondine della Bassa. Appunti peruna ricerca • D. PULLIERO, Silvano Pradella,una testimonianza nell’ambito del progettodella CGIL padovana per il recupero dellamemoria storica del sindacato • A. ZIGLIO, IlVeneto nuovo e il part-time agricolo. Un’ana-lisi agricolo-territoriale nei comuni di Loreg-gia, Piombino Dese e Resana • V. MARANGON,L’apprendistato nel padovano nel 1964 inuna indagine delle Acli Padovane • E. PACE,L’identità difficile. L’esperienza storica delleAcli nel Veneto: un bilancio sociologico • C.CHINELLO, Il sessantotto operaio e studente-sco a Porto Marghera • G. ROVERATO, Il 1968a Valdagno: La genesi di un conflitto aziendale• F. TONIATO, I contratti collettivi del periodofascita.

n.s., n. 11, giugno-settembre 1998ANTONIO NAPOLI, Franco Busetto: le ragionidella continuità (Intervista ad un dirigente delvecchio PCI) • LORENZO UGOLINI, Il maggio-ritario della discordia. Le elezioni politichedel 1953 (2a parte) • VALTER VANNI, BertoConte (in ricordo di un dirigente politico delmovimento operaio veneto) • MARIO FAGGION,Gli impiccati di via S. Lucia (1944-1998) •FRANCESCO TONIATO, Uomo e terra: per unastoria di Vigodarzere (1a parte) • Un annaledel Csel: Sindacato e lotte dei lavoratori aPadova e nel Veneto (1945-1969) • Inventariodei fondi archivistici del Csel: le carte diBruno Facchinelli.

n.s., n. 12, gennaio 1999FRANCESCO TONIATO, Uomo e terra: per unastoria di Vigodarzere (2a parte) • MARCELLO

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RIVISTERIA VENETA

MALERBA, Nord-Est, leghismo e sinistra • ICinquant’anni della Costituzione: GIOVANNI

NALESSO, Due iniziative del Csel in collabora-zione con la Provincia, il Comune e il Provve-ditorato agli Studi • BIANCA BIANCHI BALDUINO,Un concorso... (e i rimproveri degli studenti)• PAOLO MASSA, Il patrimonio librario del Cselnel circuito bibliotecario dell’Ateneo di Pa-dova • BRUNO TRENTIN, L’orazione ai funeralidi Enrico Galbo • STEFANO CECCONI - ROBERTO

FRANCO, Ricordando Mario Levorato • GIO-VANNI NALESSO, Paolo Zucchini: un ricordo •L. LOREGGIAN - U. PISANI, Vittorio WilsonDuse, un compagno.

n.s., n. 13, aprile 1999Nel 54° anniversario della Liberazione (1945-1999): MARCO ROSSI, Il conto aperto.L’epurazione ed il caso di Codevigo: appunticontro il revisionismo • Gli inventari dei Fon-di archivistici del CSEL: Le carte dell’avv.Giorgio Tosi • SANTO PELI, Prefazione al librodi Egidio Ceccato, “Resistenza e normalizza-zione nell’Alta Padovana” • ANONIMO PADO-VANO, Aforismi sulla guerra.

PadusaBollettino del Centro polesano di studi

storici archeologici ed etnografici

direttore resp.: Paolo Bellintanicomitato di redazione: Simonetta Bonomi,Pier Luigi Dall’Aglio, Armando De Guio,Giovanna Montanari, Raffaele Peretto, Lu-ciano Salzani, Enrico Zerbinatiperiodicità: annualeeditore: Istituti Editoriali e Poligrafici Inter-nazionali, Pisasede della redazione: c/o C.P.S.S.A.E. - C.P.106 - 45100 Rovigo - tel. 0425/25077

n. XXXII-XXXIII, 1996-1997 [1999]Il sito protostorico di Custoza, scritti di LU-CIANO SALZANI, M. BASSETTI, R. NISBET, A.RIEDEL • NOELLE PROVENZANO, Per una defini-zione della tecnologia ossea nell’età del Bron-zo. L’esempio delle Terramare • KATALIN JAN-COVITZ, La presenza di tegami con manico inItalia e nel Bacino dei Carpazi • ALBERTO

SANCHEZ - MARIA CAÑABATE, Aspetti generalisull’analisi archeologica degli indicatori chi-mici e sulla loro applicazione in un insedia-mento iberico della provincia di Jaén (Spa-gna) • TOMMASINA STEFANI, Organizzazionesociale e ideologica funeraria in una necropolitardo-etrusca: il caso di via Spolverin di Adria• CRISTINA VALLICELLI, Rinvenimenti di signinie tassellati ad Adria • CECILIA FORNARI - ANGE-LA MUTTI, La terramara di Vicofertile: primefasi di frequentazione • CARLO BELTRAME,Sutiles naves e navigazione per acque internein età romana • MIRELLA ROBINO, Problemi didatazione della ceramica a vernice nera nelle

tombe di Adria del IV-II sec. a.C.

Quaderno n. 2, 1998Considerare il carattere miscellaneo e l’argo-mento attinente, viene dato qui di seguito lospoglio del secondo “Quaderno di Padusa”.Canar di San Pietro Polesine. Ricerche ar-cheo-ambientali sul sito palafitticolo, a curadi CLAUDIO BALISTA e PALO BELLINTANI.P. BELLINTANI, Canàr di San Pietro Polesine.Breve sintesi sugli studi archeologici • G.CHELIDONIO, Il materiale litico • C. BALISTA

Geoarcheologia dell’area palafitticola dellatorbiera bassa di Canàr ed evoluzione pedo-alluvionale delle sequenze di riempimento delsuo antico bacino fluvio-palustre • N. MAR-TINELLI - M. PAPPAFAVA - O. TINAZZI, Datazio-ne dendrocronologica dei resti strutturali •E. CASTIGLIONI - S. MOTELLA DE CARLO - R.NISBET, Indagini sui resti vegetali macroscopicia Canàr • Analisi pollinica di saggio perl’insediamento palafitticolo di Canàr - Rovigo,6.80-7.00 m s.l.m. (antica età del Bronzo),scritti di C.A. ACCORSI, M.B. MAZZANTI, A.M.MERCURI, C. RIVALENTI, P. TORRI • A. RIEDEL,The Bronze Age animal bone deposit of Canàr(Rovigo) • J. DE GROSSI MAZZORIN - A.M.FREZZA, Analisi preliminare dell’ittiofaunadell’insediamento dell’età del Bronzo di Canàr• Conclusioni.

PataviumRivista veneta di Scienze dell’antichità

e dell’Alto Medioevo

direttore: Giovanni Ramillidirettore resp.: Giovanni Battista Lanfranchiredazione: Michela Andreani, Silvia Beltrame,Marcella Massari, Alessandra Possamai Vita,Marzia Sartellicomitato scientifico: Luigi Bessone, EzioBuchi, Silvana Collodo, Italo Furlan, France-sca Ghedini, Giovanna Gianola Ramat, Da-niela Goldin Folena, Antonella Nicoletti, Lu-cia Ronconi, Guido Rosada, Rita Scuderi,Fabio Turatoperiodicità: semestraleeditore: Imprimitur, Padovasede della redazione: c/o Imprimitur Editrice- via P. Canal, 13/15 - 35137 Padova - tel. 049/8723730

a. V, n. 10, luglio-dicembre 1997L. HAVAS, Gibt es eine Konzeption derWeltgeschichte bei Florus? • M. DELLA LIBE-RA, Antidosis • G. VIANELLO BOTE, I mosaicipavimentali della Basilica di Santa Giustina •MICHELA ANDREANI, Il naufragio nei poemiomerici • L. BRACCESI, Il luccio aponense •GABRIELLA MASO, Pico della Mirandola, aPadova, nel suo epistolario • M. CAPOZZA,Garibaldi e la vittoria sannitica a Caudio:antiromanesimo o anticlericalismo?

a. VI, n. 11, gennaio-giugno 1998LUIGI BESSONE, Il troppo bistrattato “Libermemoralis” di Lucio Ampelio • CARLA

RAVAZZOLO, Clitarco e il suo tempo • NADIA

ANDRIOLO, Caronda e il problema dell’istru-zione pubblica • PAOLO PAIUSCO, L’interpreta-zione gentiliana del pensiero storico-politicodi Vincenzo Gioberti • ELENA NECCHI, Nuovenote biografiche su Johannes Hasenbeyn daWorms • MICHELE LACALAMITA, Funzionenarratologica e drammaturgica di paura epietà in Erodoto • MICHELA ANDREANI, Il nau-fragio nella Storia vera di Luciano • FRANCE-SCO ALBERONI, Mediocri e servili? Benvenutialla corte del capo.

a. VI, n. 12, luglio-dicembre 1998GIANCARLO SUSINI, L’età della pietra scritta •ACHILLE OLIVIERI, Umberto Corsini e la prati-ca storiografica: Benedetto Croce e AldoFerrabino nel corso di un dibattito interrotto• MONICA FONTANA, Il topos letterario dellascorza incisa • LUIGI BESSONE, Quomodohistoria conscribenda non sit • SABRINA

MENEGHELLO, Da Aristotele a Copernico: leriflessioni storiografiche di Hans Blumenbergsull’origine della modernità • VALERIO CALDESI

VALERI, Le assemblee di Mylasa • GIOVANNI

BATTISTA PELLEGRINI, Ricordo di MassimilanoPavan • LUCIA RONCONI - LISA MARTON, L’oliodel sud nell’antichità • GABRIELLA MASO, Unpatavino tra razionalismo ed empirismo: An-tonio Conti • UMBERTO CURI, In difesa dellatesi di laurea • ALESSANDRA GRAZIOTTIN, Perchètanta emigrazione intellettuale?

ProtagonistiQuadrimestrale di ricerca e informazione

direttore resp. : Ferruccio Vendraminicondirettore: Agostino Amantiacomitato scientifico: Maurizio Busatta, DinoBridda, Diego Cason, Silvano Cavallet,Gianmario Dal Molin, Vincenzo D’Alberto,Emanuele D’Andrea, Valter Deon, AdrianaLotto, Luciana Palla, Paolo Slongoperiodicità: quadrimestraleeditore: Istituto storico bellunese della resi-stenza e dell’età contemporanea, Bellunosede della redazione: c/o Maria FannaCostantini - piazza Mercato 26 - 32100 Belluno- tel. e fax 0437/944929

a. XVIII, n. 67, agosto 1997LUCIANO SEMERANI, Il buono e il cattivo delPiano del Vajont • MARIA TURCHETTO, For-dismo e postfordismo. Qualche dubbio sualcune “certezze” della sinistra • Il distrettodell’occhiale: quali politiche locali nella com-petizione globale, scritti di G. PAT, F. REGALIA,G. CIOTTI, M. ARACRI • IVO MATTOZZI, Gallidella Loggia e il programma di storia • ENZO

Page 72: otiziario Bibliografico - poligrafo.it · otiziario Bibliografico 31 n. 31 - giugno 1999 - sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale

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RIVISTERIA VENETA

FRISO, Scuola e lavoro nel Veneto • G. GRAN-ZOTTO - A. AMANTIA, I partigiani e gli “eccidi”della Val del Biois • MAURIZIO REBERSCHACK,Don Silvio Tramontin, storico della chiesa edella resistenza • GIANNANTONIO PALADINI, Inmemoria di don Silvio • MARIO BERNARDO,Ricordo di “Coledi” (Santo Mussio).

a. XVIII, n. 68, dicembre 1997BARBARA ROTTENSTEINER, La Regione europeaTirolo-Alto Adige-Trentino • GERALD

STEINACHER, L’“eccidio di Gardena” del 1945e la missione dell’OSS “Tacoma” • BARBARA

D’INCÀ, La raccolta privata Costantini a Pon-te nelle Alpi • LORENZO VIGNA, Istruzione ecittadinanza • SILVANA PANTANO, Incontro conla storia contemporanea. La frontiera:un’esperienza didattica • FERRUCCIO VEN-DRAMINI (a cura di ), Dibattito a più voci sullibro Il racconto del Vajont • FERRUCCIO

VENDRAMINI, A proposito di Chiesa e fascismo- Risposta a G. D. B. • Ricordo di Arrigo Riva.

a. XIX, n. 69, aprile 1998FABIO PEROCCO, Marocchini e Senegalesi nelVeneto tra pluralizzazione, adattamento,differenziazione e ricomposizione • GIANMARIO

DAL MOLIN, 1946: l’ombra della pauraovverosia della rivoluzione • PEPPINO ZAN-GRANDO, 18 aprile e dintorni. Note in marginealla campagna elettorale • LUIGI DALL’ARMI,Dalla guerra alla Resistenza. Eventi bellici edesperienza personale nel percorso di un gio-vane ufficiale • FERRUCCIO VENDRAMINI, Scuo-la e uso pubblico della storia • ADRIANA LOT-TO, Le stragi naziste in Italia tra storia ememoria • A proposito dell’“eccidio diGardena”. Lettere di A.R. MATERAZZI E V.GOZZER • In memoria di Nani Fant, MariolaTissi, Dario Casol e Vittore Curto.

a. XIX, n. 70, agosto 1998GIUSEPPE CAPRARO, I luoghi del Vajont: unitinerario spirituale • MARCO MERIGGI, Temi eproposte di ricerca per una storia locale delLombardo-Veneto • Fonti del Lombardo-Veneto, scritti di S. MISCELLANEO, O. CEINER

VEL, M. PERALE, M.L ZAVARISE • ADRIANA

LOTTO, Ernesto Tattoni. Un bellunese traazionismo e Resistenza • VINCENZO D’ALBER-TO, Unità nazionale e riconciliazione nellastoria del PCI • GIANNANTONIO PALADINI, Unrevisionismo all’italiana? • MICHAEL KNAPTON,Storia generale e storia locale del Veneto inetà moderna: al di là del mito di Venezia •Ancora sull’“eccidio di Gardena”. Lettere adAlbert R. Materazzi e a Vittorio Gozzer.

a. XIX, n. 71, dicembre 1998AGOSTINO AMANTIA (a cura di), Un anno di vitain provincia di Belluno: i fatti e le interpreta-zioni • ALESSANDRO CASELLATO, Le storie diquartiere: una prospettiva di lavoro per lastoria locale • PEPPINO ZANGRANDO, 18 aprilee dintorni. Dall’attentato a Togliatti alla scis-sione sindacale • FAUSTO SCHIAVETTO, Il segno

di Aldo. Profilo di un partigiano bellunesetra Resistenza e impegno civile • NUCCIO ORTO,Immagini della Resistenza tra bruti sanguinarie animi gentili • EZIO ANTONIONI, Partigiani e“piccoli maestri” nel ricordo di un protago-nista • ALESSANDRO GIONFRIDA, Fonti dellaprima guerra mondiale presso l’Ufficio Stori-co dello Stato Maggiore dell’Esercito • Anco-ra sul caso Gardena: repliche e conclusioniscritti di A. MATERAZZI, V. GOZZER, S. ANTONINI,G. GRANZOTTO • PAOLO SLONGO, Il lavoro nellastoria e nel pensiero del Novecento.

a. XX, n. 72, aprile 1999RENZO FRANZIN - SERGIO REOLON, L’acquacontesa. Lo sfruttamento a fini idroelettrici eirrigui dell’acqua del Piave (1917-1999) •GIUSEPPE COLANGELO, Ripartire da Una guerracivile. Intervista a Claudio Pavone • GIAN-MARIO DAL MOLIN, Per una storiografia socio-religiosa in provincia di Belluno • Una guidadegli archivi storici delle diocesi di Belluno eFeltre • GIANNANTONIO PALADINI, CescoChinello, tra storia e biografia • OTELLO

BOSARI, Entrare nel merito • MICHELE SI-MONETTO, Ripensare la storia europea del’900? Anticlimax • DIEGO CASON, L’etica deiricordi. Note in margine a una mostra • ILIO

MURACA, Il dopoguerra dei militari italianiall’estero • RENZO FANT, L’applicazione dellalegge per le aree di confine in provincia diBelluno: un bilancio.

Quaderni di archeologia del Veneto

coordinamento scientifico: Guido Rosadaredazione scientifica: Elodia Bianchin Citton,Loredana Capuis, Margherita Tirelli, AnnaPaola Zaccaria Ruggiuperiodicità: annualeeditore: Giunta Regionale del Veneto, Vene-zia - Canova, Trevisosede della redazione: Giunta Regionale delVeneto - Lista di Spagna, 168 - PalazzoSceriman - 30121 Venezia

n. XIII, 1997Per Luciano Bosio.Notiziario degli scavi e dei rinvenimenti.ELENA DI FILIPPO BALESTRAZZI (a cura di),Padova: via Bartolomeo Cristofori. Relazio-ne preliminare degli scavi 1996-1997 • PAOLA

ZANOVELLO, La Bovetta di San Leonardo •

VALENTINA COCCO, Lo scavo • FRANCESCA VE-RONESE, Attività del laboratorio • MICHE-LANGELO MUNARINI, L’attività ceramica nellazona (XII-XVII sec.) • FRANCESCA VERONESE,Materiali diversi • ELENA DI FILIPPO BA-LESTRAZZI, Conclusioni.Treviso: GUIDO ROSADA (a cura di), Cavasodel Tomba: “Castel della Bastia”. Un esem-pio di castrum signorile nel Pedemonte fraBrenta e Piave • RICCARDO ERCOLINO, La fami-glia da Cavaso nelle fonti scritte • MARIA

TERESA LACHIN, Saggio I • RICCARDO ERCOLINO,Saggio II: elementi della lettura della sezione• ANNA NICOLETTA RIGONI, I materiali • ANNA

NICOLETTA RIGONI (a cura di), Mura dellaBastia di Onigo: relazione preliminare del-l’indagine 1996.Venezia: LUIGI FOZZATI (a cura di), Interventidi archeologia subacquea e umida nella lagu-na di Venezia • FRANCESCA BRESSAN, L’inse-diamento sommerso di Fusina I • MARCO

D’AGOSTINO, Isola di S. Giacomo in Paludo •FRANCESCA BRESSAN, Isola di S. Giacomo inPaludo • ROSSELLA CESTER, Isola dellaGiudecca • MARCO BORTOLETTO, Isola dellaCura • GIOVANNA LUISA RAVAGNAN (a cura di),Mestre. Il cantiere urbano di Piazza Ferretto.Notizie preliminari • TIZIANA MARINIG, Loscavo • NICOLETTA ONISTO, Nota antropologi-ca sulle tombe di Piazza Ferretto • LUIGI

FOZZATI (a cura di), Interventi di archeologiasubacquea nel mare Adriatico • FRANCESCA

BRESSAN, Intervento urgente di tutela del relit-to “Caorle 1” • MARCO D’AGOSTINO, Relitto diimbarcazione del XIX secolo dal litorale diEraclea.Verona: LUCIANO SALZANI (a cura di), Segna-lazioni di rinvenimenti archeologici nel Vero-nese • LUCIANO SALZANI, Territorio di Po-vegliano • LUCIANO SALZANI, Nogara, palafittadell’Età del Bronzo • LUCIANO SALZANI,Nogara, necropoli dell’Età del Bronzo finale• LUCIANO SALZANI, Bovolone, abitato enecropoli dell’Età del Bronzo • LUCIANO

SALZANI, Isola della Scala, Abitato dell’Etàdel Bronzo • LUCIANO SALZANI, Gazzo Verone-se, Necropoli paleoveneta • FEDERICO BIONDANI,Mozzecane, rinvenimento di due moneteceltiche transalpine • FEDERICO BIONDANI -GIANLUIGI CORRENT, S. Felice Extra, rinveni-mento di un amorino in bronzo • GIORGIO

CHELIDONIO - LUIGI FARELLO, Verona. Rin-venimenti paleolitici a Ca’ Palui • ALFREDO

RIEDEL, Lo scheletro di cane della fine del-l’Età del Bronzo di Olmo di Nogara.Vicenza: ARMANDO DE GUIO (a cura di), Ricer-che a Montecchio Maggiore 1994-1996: unpercorso critico dalla “archeologia dellemasiere” alla “archeologia cognitiva” • AR-MANDO DE GUIO, Introduzione • Fontana dellaNova, scritti di CARLO BRESSAN, ARMANDO DE

GUIO, MARCO CAGNONI, GIANCARLO GARNA.Contributi di archeologia topografica e areale.SILVIA CIPRIANO, STEFANIA MAZZOCCHIN, PA-TRIZIA PASTORE, Nuove considerazioni sui com-merci del territorio patavino in età imperiale.Analisi di alcune tipologie di anfore da recen-

Page 73: otiziario Bibliografico - poligrafo.it · otiziario Bibliografico 31 n. 31 - giugno 1999 - sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale

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RIVISTERIA VENETA

ti scavi • ISABELLA MODUGNO, Padova: La retestradale extraurbana e gli accessi urbani •ELDA PUJATTI, Rilettura dello scavo di unedificio privato di età romana: la casa cosid-detta Fornasotti di Altino • SILVIA PETTARIN,Testimonianze preromane dai territori situatilungo il fiume Livenza • SILVIA CIPRIANO -MARGHERITA TIRELLI, Il cippo terminale diOderzo • LUIGI FOZZATI (a cura di), S. Alvise diCannaregio - area ex CIGA: l’evoluzione di untratto del margine lagunare urbano dall’ini-zio del Trecento al tardo Cinquecento • LUIGI

FOZZATI, Storia della scoperta • FLAVIO

CAFIERO, La sequenza stratigrafica e le strut-ture arginali • MICHELANGELO MUNARINI, Imateriali ceramici • MARINA MINIMI, I mate-riali vitrei • ARMANDO DE GUIO - RUTH

WHITEHOUSE - JOHN WILKINS (a cura di), Pro-getto Alto-Medio Polesine - Basso Veronese:nono rapporto • ARMANDO DE GUIO - RUTH

WHITEHOUSE - JOHN WILKINS, Introduzione •FLAVIO CAFIERO - ARMANDO DE GUIO, Te-leosservazione • CLAUDIO BALISTA, Castellodel Tartaro • RUTH WHITEHOUSE, Radiocarbondating • ARMANDO DE GUIO - PAOLO CATTANEO,“Dirt roads to Brendola”: le strade preistori-che di Soastene-Brendola (Vicenza) • ANDREA

RAFFAELE GHIOTTO, La dedica Nymphis Lym-phisque Augustis dalla chiesa di S. Martinoalle Aste presso Schio • MIRTA FALESCHINI,Ipotesi ricostruttiva del tracciato viario ro-mano da Timau al passo di Monte CroceCarnico • FRANCESCA MORANDINI, Contrappe-si da torchio nella Venetia et Histria: il casobresciano. Nota preliminare • GIOVANNA LUI-SA RAVAGNAN - GINO BOMBONATO, Considera-zioni sull’architettura ecclesiastica in unavalle dolomitica tra V e XV secolo: S. MariaAssunta a Fiera di Primiero • JACOPO BONETTO,Le difese urbane e le acque nella Venetiaromana: i casi di Verona, Padova, Vicenza,Mantova, Altino.Miscellanea.ALESSANDRA MENEGAZZI (a cura di), Museo diScienze Archeologiche e d’Arte, Università diPadova: attività di aggiornamento per inse-gnanti nel triennio 1994-1997 • ALESSANDRA

MENEGAZZI, Le esperienze 1994-1996 • ROSALIA

DI BLASI BURZOTTA, I laboratori 1997 • ALES-SANDRA MENEGAZZI, Il questionario • MIRELLA

CISOTTO NALON, Archeologia nella didatticadel museo e del territorio. L’esperienza pa-dovana • ELISABETTA BAGGIO BERNARDONI,Trento Porta Veronensis • ALDO PROSDOCIMI,Protostoria e storia del “Venetorum angulus”• GIUSEPPE BELLUZZO, Dalla Terra al Museo •RAFFAELE C. DE MARINIS, La necropoli gallicae romana di S. Maria di Zevio • ADRIANO

MAGGIANI, La protostoria tra Sile e Taglia-mento. Antiche genti tra Veneto e Friuli.

n. XIV, 1998Notiziario degli scavi e dei rinvenimenti.Padova: Este. Lo scavo nell’area dell’Ospe-dale Civile.ANGELA RUTA SERAFINI, Nota preliminare •VINCENZO STRINO, L’insediamento veneto (IX /

VIII - II sec. a.C.) • PAOLO LELLI, Il quartiereromano (I sec. a.C.- III sec. d.C.) • Rovigo:Rinvenimenti archeologici in provincia diRovigo • LUCIANO SALZANI, Fratta Polesine.Nuovi ritrovamenti da Frattesina • LUCIANO

SALZANI, Castelguglielmo. Abitato dell’età delBronzo in località Precona.Treviso: Ricerche preliminari sul sito meso-litico di San Giuseppe (Tarzo) • ROBERTO

AVIGLIANO, Inquadramento geologico e geo-morfologico del sito • L’insieme litico meso-litico • MARCO PERESANI - ROBERTO FAVERO,Attribuzione cronologico-culturale e confronti• GIOVANNA LUISA RAVAGNAN (a cura di), Mottadi Livenza. L’indagine archeologica nell’areadel castello. Notizie preliminari • FLAVIO

CAFIERO, Lo scavo • RICCARDO ERCOLINO, Alcu-ne considerazioni sulle strutture in muraturadel castrum medievale di Castel della Bastia aCavaso del Tomba. Problemi e spunti per unapprofondimento.Venezia: LUIGI FOZZATI (a cura di), Interventidi archeologia subacquea e umida nella La-guna di Venezia • MARCO D’AGOSTINO, Attivi-tà di ricognizione e monitoraggio delle operedi manutenzione e salvaguardia del Magi-strato delle Acque di Venezia • PAOLO MAR-CASSA, Chioggia: interventi archeologici nelcentro storico e nel territorio comunale. Ilcaso del “Fondaco delle farine”.Verona: FEDERICO BIONDANI, Verona. Via PontePietra 19. Rinvenimenti di strutture in operareticolata • LUCIANO SALZANI (a cura di), Se-gnalazioni di rinvenimenti archeologici nelVeronese • Nogara. Nuovi dati sul ripostigliodella Pila del Brancòn • Velo. Depositi votivinel Covolo di Camposilvano? • LUCIANO

SALZANI, Isola della Scala. Rinvenimento inlocalità Mazzaporchi • FEDERICO BIONDANI -LUCIANO SALZANI, Vigasio. Necropoli celticain località La Pietà di Isolalta • GIORGIO

CHELIDONIO, Officine litiche a Torre di Trez-zolano. Considerazioni.Contributi di archeologia topografica e areale.SILVIA CIPRIANO - STEFANIA MAZZOCCHIN, Bo-nifiche con anfore a Padova: distribuzionetopografica e dati cronologici • JACOPO BO-NETTO - MARIA STELLA BUSANA, Argini e cam-pagne nel Veneto romano: i casi del Terra-glione di Vigodarzere e dell’“Arzaron” diEste • ELODIA BIANCHIN CITTON - EMANUELA

GILLI, Il sito dell’età del Bronzo recente diCornuda - Case Boschiero • La ceramica •Classi ceramiche • EMANUELA GILLI, Elementitipologici • ELODIA BIANCHIN CITTON, Consi-

derazioni sul sito • Dai dischi di Montebellunaal disco di Ponzano: iconografia e iconologiadella dea clavigera nel Veneto • GIOVANNA

GAMBACURTA, La tomba di Ponzano • LOREDA-NA CAPUIS, Per una rilettura dell’iconografia/iconologia dei dischi • RICCARDO ERCOLINO, Lestrutture residue della fortificazione medie-vale sul Col Muson a Castelcucco. Primoapproccio • La villa suburbana e gli impiantiproduttivi lungo il Sioncello ad Altinum •SILVIA CIPRIANO, Gli interventi di scavo e lavilla • GIOVANNA M. SANDRINI, Gli impiantiproduttivi: l’area settentrionale • SILVIA

CIPRIANO - GIOVANNA M. SANDRINI, Alcuneconsiderazioni sugli impianti produttivi • ITALO

RIERA, Acquedotto di Verona: alcune consi-derazioni a riguardo d’una vecchia notizia •GIUSEPPE GUIDA - MASSIMO VIDALE - GIOVANNI

E. GIGANTE, Metallurgia veneta antica delrame e del bronzo: la questione dei centriurbani di pianura • CRISTIANO SAVIATO, Ami-cus et heres in una iscrizione della pianuraveronese.Miscellanea.ELODIA BIANCHIN CITTON, Il complessofunerario-cultuale di tipo megalitico dell’Etàdel Rame di Sovizzo - Località S. Daniele •Santa Giulia. Museo della città. Brescia ro-mana nella nuova esposizione museale • CLARA

STELLA, L’iter del progetto • FRANCESCA

MORANDINI, Criteri e prospettive del progettoespositivo • Il Museo diffuso del monte Cinto:1° stralcio • Scopo dell’intervento • Il castellodi monte Cinto • GIOVANNI CAGNONI, Meto-dologie applicate • MATTEO LAUDATO, MonteCinto. Apertura di una finestra stratigraficanell’area del castello • STEFANO BOARO, Rico-gnizione archeologica • FLAVIO AIRUNDO, Si-stema multimediale per il Museo diffuso •ALFREDO BUONOPANE - GIOVANNELLA CRESCI -MARGHERITA TIRELLI, Iscrizioni latine delMuseo Archeologico Nazionale di Altino: pro-getto di un’edizione sistematica • GIOVANNELLA

CRESCI, “Vigilia di romanizzazione. Altino e ilVeneto Orientale tra II e I sec. a.C.” • GUIDO

ROSADA, Carta geomorfologica della PianuraPadana. Carta altimetrica e dei movimentiverticali del suolo della Pianura Padana.

Quaderni per la storiadell’Università di Padova

direttore resp.: Pietro Del Negrodirezione: Piero Del Negro, Gregorio Piaiaredazione: Maria Chiara Billanovich, DonatoGallo, Maria Cecilia Ghetti, Gilda P. Man-tovani, Francesco Piovan, Luciana Sitran Rea,Emilia Veronese Ceseracciu, Francesca ZenBenettiperiodicità: annualeeditore: Antenore, Padovasede della redazione: c/o Antenore - via Rusca,15 - 35124 Padova - tel 049/686566

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RIVISTERIA VENETA

n. 30, 1997Carlo Goldoni dottore “in utroque iure” aPadova (22 ottobre 1993). Atti.PIERO DEL NEGRO, L’Università di Padovanegli anni 1730 • GIORGIO ZORDAN, Il dottora-to padovano di Carlo Goldoni tra fonti docu-mentarie ed autorappresentazione • GILBERTO

PIZZAMIGLIO, L’avvocato in romanzo • MARIO

A. CATTANEO, Carlo Goldoni uomo di legge •Miscellanea: FRANCESCO PIOVAN, Lauree editee inedite in un diario padovano della primametà del Cinquecento • JONATHAN WOOLFSON,The Paduan sojourns of Samuel and SimeonFoxe • CESARE PRETI, L’epistolario di Baldas-sarre Labanca e la cultura europea del tardoOttocento • KATARINA STULRAJTEROVA, LaSlovacchia e l’Università di Padova • PRIMO

GRIGUOLO, I diplomi di laurea in arti (1470) ein medicina (1473) di Giovanni Urri da Cipro(tav. I-II) • DANIEL CARPI, Alcune nuove consi-derazioni su Lazzaro di Raphael “de Frigiis”• GIULIANA CRISTOFORETTI, I diplomi di laureapadovani del fondo “Diplomi” della Bibliote-ca Civica di Rovereto • Analisi di lavori del-l’ultimo decennio • Bibliografia retrospettivae corrente dell’Università di Padova.

n. 31, 1998L’Università di Padova e i primi “Stabilimen-ti” della rivoluzione scientifica (27 giugno1995). Atti.GILBERTO MURARO, Inaugurazione delle gior-nate celebrative dedicate alle Istituzioni scien-tifiche a Padova nel XVI secolo • GINO BENZONI,La Repubblica di Venezia e l’Università diPadova • ANTONELLO LA VERGATA, Gli stabi-limenti della rivoluzione scientifica • FER-DINANDO ABBRI, La rivoluzione scientifica:laboratori e strumenti • VITTORIO DAL PIAZ,L’Orto botanico e il Teatro anatomico diPadova. Indagini e contributi • Miscellanea:GIUSEPPE SPECIALE, “Libri legales” a Padova:note sul ms. London, British Library, Arundel433 • LUCIA SAMADEN, Giovanni TommasoMinadoi (1548-1561): da medico della “na-zione” veneziana in Siria a professore univer-sitario a Padova • PAOLA BIANCHI, Universitàe riforme: la “Relazione dell’Università diPadova” di Francesco Filippo Piconio (1712)• ELDA MARTELLOZZO FORIN, Su due maestri digrammatica condotti dal comune di Monselicenella prima metà del sec. XV. I. La convenzio-ne tra il comune di Monselice e il maestro digrammatica Giacomo (1411); II. Sul maestro

di grammatica Francesco da Lendinara e sulmedico Pietro da Monselice suo figlio • PAOLA

BENUSSI, Fonti archivistiche per la storia delcollegio Tornacense di Padova.

Studi e ricerche

comitato di redazione: Claudio Beschin, Mat-teo Boscardin, Sergio Pegoraro, GiorgioVicariottoeditore: Comune di Montecchio Maggiore -Museo Civico “G. Zannato” - piazza Marconi,15 - 36075 Montecchio Maggiore (VI) - tel.0444/698874

numero unico, 1998Lettera del Presidente AMZ e del direttore delMuseo Civico “G. Zannato” • CLAUDIO BE-SCHIN, Il Cav. Uff. Giuseppe Zannato fondato-re del Museo scolastico di Montecchio Mag-giore ora Museo Civico “G. Zannato” • EUGE-NIO RAGAZZI, Ambra: mito e realtà • ANTONIO

DE ANGELI, Gli Albuneidae (Crustacea,Hippoidea) del Terziario vicentino (Italia set-tentrionale) • DANILO RIZZOTTO, Nuovo esem-plare di Cyrtorhina globosa nell’Eocene me-dio della Valle del Chiampo • LAURA DAL

POZZO - MARCO VICARIOTTO, Teriofauna fossi-le del Museo del Seminario Vescovile diVicenza • ROBERTO BERNARDI, I minerali delgiacimento bentonitico di Campotamaso(Valdagno, Vicenza) • LAURA DAL POZZO -MARCO VICARIOTTO, Nuove segnalazioni sullamicroteriofauna del territorio vicentino • GIU-SEPPE TESCARI, Derephysia sinuatocollis Puton1879 (Insecta, hemiptera, Tingidae) primasegnalazione per l’Italia Nord-Orientale •GIUSEPPE BUSNARDO, Il Monte Nero di Mon-tecchio Maggiore: un’isola per la biodiver-sità • ANDREA CHECCHI - GIOVANNI PELTRIN,Rinvenimento di una tomba di epoca tar-doromana nel territorio di Montecchio Mag-giore (Vicenza).

Studi Storici Luigi Simeoni

direttore: Giorgio Borellicomitato scientifico: Francesco Barbarani,Giorgio Borelli, Andrea Castagnetti, TommasoFanfani, Angela Girelli, Alberto Guenzi,Pierluigi Laita, Paola Lanaro Sartori, GianPaolo Marchini, Paola Massa Piergiovanni,Achille Olivieri, Alessandro Pastore, PaoloPecorari, Egidio Rossini, Enrico Stumpo,Lanfranco Vecchiato, Gloria Vivenza, Gio-vanni Zalinredazione: Renzo Nardinperiodicità: annualeeditore: Istituto per gli Studi Storici Veronesi- Verona

sede della redazione: c/o Istituto per gli StudiStorici Veronesi - C.P. 180 - 37100 Verona

vol. XLVIII, 1998GIUSEPPE VITTORIO PARIGINO, Il tesoro del Prin-cipe. Il patrimonio della famiglia Medici nelCinquecento • GIUSEPPE CONFORTI, Miti fami-liari e autoglorificazione domestica: Mar-cantonio Serego, Palladio e la Villa di S. Sofia• LISA DELLA GIUSTINA, Erasmo e il Cinque-cento: tracce erasmiane in Alessandro Citolini(1540-1561) • VALERIA CHILESE, La coppia, lafamiglia, l’onore nella documentazione di unTribunale ecclesiastico nel CinquecentoVeneto • DANIELA RANCAN, La Fraglia deimerciai di Vicenza tra XVII e XVIII secolo •ENRICO MARIA GUZZO, Quadrerie barocche aVerona: le collezioni Turco e Gazzola • MAR-CO BOCCI, Costruttori di città: le società perazioni immobiliari nell’Italia post-unitaria(1861-1894) • GIORGIO BORELLI, Dall’econo-mia-mondo alla globalizzazione • STEFANIA

INAMA, Lo sviluppo del borgo intorno allachiesa SS. Apostoli in Verona nei secoli XII-XIII • PIERPAOLO BRUGNOLI, Famiglie di lapicididi origine lombarda a S. Ambrogio di Val-policella tra Quattro e Cinquecento • MASSI-MO GALTAROSSA, Rassegna sarpiana (1994-1997) • ANTONIO NOVI, Etica ed economia inVictor Modeste (Echi di un dibattito nellaFrancia del Secondo Impero) • SILVIO POZZANI,Un giornale democratico nella Verona di fineOttocento.

Studi Trevisani

direzione: Emilio Lippidirettore resp.: Maurizio Vaninperiodicità: annualeeditore: Biblioteca Comunale di Trevisosede della redazione: c/o Biblioteca Comuna-le - Borgo Cavour, 18/20 - 31100 Treviso - tel.0422/545342.

n. 8, 1997GIAMPAOLO CAGNIN, Il castagno nel paesaggioagrario e nell’economia a Treviso nel Medio-evo • FABIO D’ALESSI, Libri di un trevigianotra Riforma e Controriforma. L’inventario diGiovanni Antonio Oliva • GIULIANO GALLETTI,Prime note sui processi dell’Inquisizione aConegliano (1549-1568) • ELENA SVALDUZ,

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RIVISTERIA VENETA

Una fabbrica “fatta a pezzi in vari tempi”: ilMonte di Pietà di Treviso • ANTONIO FERRACIN,Sulla Biblioteca Civica di Treviso: il FondoGiuseppe Bocchi e il ms. 90.

Studi Veneziani

a cura dell’“Istituto di Storia della Societàe dello Stato Veneziano” e dell’“Istituto Ve-nezia e l’Oriente” della Fondazione Gior-gio Cinidirettore resp.: Vittore Brancadirettore scientifico: Gaetano Cozziperiodicità: semestraleeditore: Istituti Editoriali e Poligrafici Inter-nazionali - Pisa-Romasede della redazione: c/o Fondazione GiorgioCini - Isola di San Giorgio Maggiore - 30125Venezia - tel. 041/5289900

n.s. XXXIII (1997)WLADIMIRO DORIGO, Leggendo il primo volu-me della nuova “Storia di Venezia” • UGO

TUCCI, Marco Polo: andò veramente in Cina?• WALTER HABERSTUMPF, La dissoluzione dellesignorie latine in Morea di fronte alla tur-cocrazia • GINO BENZONI, Alla ricerca del-l’identità: tra università e accademia • MARION

LEATHERS KUNTZ, “Venezia portaua el fuochoin seno”: Guillaume Postel before the councilof ten in 1548: priest turned prophet • ANDREA

PELLIZZA, La crisi finanziaria degli ospedalimaggiori veneziani fra 1777 e 1797 • GIOVAN-NI VIAN, La chiesa del doge al tramonto dellaRepubblica di Venezia • MASSIMO RINALDI,Alcune indagini sulle orationi di Luigi Grotoil “Cieco d’Adria” • IRINA ANDREESCU-TREADGOLD, Moro Salviati, and the mosaics ofSant’Ambrogio in Milan.

n.s. XXXIV (1997)RICHARD MACKENNEY, The Guilds of Venice:State and Society in the longue Duree • ATTILIO

BARTOLI LANGELI, “Littera clugiensis” e mo-delli veneziani. I codici legislativi medievalidi Chioggia e Venezia • MICHELE JACOVIELLO,La controversa orazione di Antonio Giustinianiall’imperatore Massimiliano I d’Asburgo nella“Storia d’Italia” del Guicciardini. Una pole-mica durata oltre tre secoli • GINO BENZONI,La repubblica di Venezia e l’università diPadova • MAURIZIO SANGALLI, “Venezia non ètera de studii”? Educazione e politica nelsecondo Cinquecento. I gesuiti e i procuratoridi San Marco de supra • MASSIMILIANO ROSSI,Raffiguazioni e riscritture della Liberata daFirenze a Venezia: un intervento di BernardoCastello recuperato • GIGI CORAZZOL, Duedocumenti su Giovanni Battista Barpo • FRAN-CESCA ZANATTA, L’inventario come fonte perlo studio della storia della ricchezza privata:Venezia nel 1661 • ROSSANA D’ALBERTON VI-TALE, La scala di Durazzo negli anni delconsole Rosa (1705-1733).

n.s. XXXV (1998)LINDA GUZZETTI, Le donne a Venezia nel XIVsecolo: uno studio sulla loro presenza nellasocietà e nella famiglia • GIOVANNI DIQUATTRO,Angelo Matteazzi (1535-1601). Un giurista“culto” nella Repubblica di Venezia • WILLIAM

L. BARCHAM, Re-examining Federico Cor-naro’s Retirement to Rome • MARTA TOR-TORELLA, “Questa reputata communementesalutare illuminatione”. Un servizio pubbliconella Venezia settecentesca • GINO BENZONI,Prima e dopo: Goethe a Venezia; Wagner aVenezia.

n.s. XXXVI (1998)GINO BENZONI, La specola lagunare • DENNIS

ROMANO, Molto ben sepe guidar la optimaconstelation sua: Francesco Foscari asProcurator of San Marco • BERNARD DOUMERC

- CLAIRE JUDDE DE LARIVIERE, Le rôle dupatriciat dans la gestion des galères mar-chandes à Venise au début du seizième siècle• JONAHATAN WALKER, Bravi and VenetianNobles, C. 1550-1650 • TIZIANO ZANATO,Marginalia Philologica su un’edizione deiPensieri sarpiani • GUIDO CANDIANI, Conflittidi intenti e di ragioni politiche, di ambizioni edi interessi nel patriziato veneto durante laguerra di Candia • IRINA ANDREESCU-TREADGOLD, The real and the Fake. Two Mo-saics from Venice in American Collections.

Terra d’EsteRivista di storia e cultura

direzione: Francesco Selmindirettore resp.: Enzo Righetticomitato di redazione: Luigi Contegiacomo,Felice Gambarin, Claudio Grandis, TizianoMerlin, Claudio Povolo, Francesco Selmin,Mauro Vigatoperiodicità: semestraleeditore: Gabinetto di Lettura - Este (PD)sede della redazione: c/o Gabinetto di Letturadi Este - Piazza Maggiore, 12 - 35042 Este(PD) - tel. 0429/2301

a. VI, n. 12, luglio-dicembre 1996CLAUDIO POVOLO, Due processi nel Veneto delSei e Settecento • ALDO PETTENELLA, Altripromessi. Storia padovana del secolo XVII •

MILA MANZATTO, Un contraddittorio giudi-ziario a Este agli inizi del Settecento • LUCIA-NO MORBIATO, Riflessi del caso Dreyfus aPadova. Echi dell’affaire nella stampa del-l’epoca • DANILO FANTINATO, Pietro Balan,una vita per il Papa-Re • CINZIA TAGLIAFERRRO,Un nuovo Actiacus da Este • ENRICO ZERBINA-TI, Una nuova silloge delle iscrizioni latine diEste • ANDREA COLASIO, Tra identità e fe-deralismo: il caso veneto.

a. VII, n. 13, gennaio-giugno 1997TIZIANO MERLIN, Giovanni Stella, un brigantedella Bassa tra storie e leggenda • CLAUDIO

GRANDIS, Una villa a Valle San Giorgio. Noted’archivio su villa Guidotti, Torta, Mantova,Benavides • LORIS MENEGON, I figli naturalinell’ambito della famiglia patrizia venezianain età moderna. Un primo approccio • DANILO

FANTINATO, Pietro Balan, una vita per il Papa-Re • ALDO PETTENELLA, Giustizia per CamilloGuerra detto Pesce. Una storia monselicense• LUIGI URETTINI, Tra cinema e fotografia.Comisso ne “L’Italiano” di Longanesi • LUIGI

URETTINI, Una lettera inedita di Umberto Sabaa Comisso • CARLO CARRÀ, Benedetto Croce ela monumentomania italiana.

VeneticaAnnuario degli Istituti per la storiadella Resistenza di Belluno, Treviso,

Venezia e Verona

direttore resp.: Ferruccio Vendraminidirezione scientifica: Emilio Franzina, MarioIsnenghi, Livio Vanzettocomitato scientifico: Agostino Amantia,Ernesto Brunetta, Silvio Lanaro, GiannantonioPaladini, Luca Pes, Maurizio Reberschak,Giorgio Roverato, Maurizio Zangariniperiodicità: annualeeditore: Cierre Edizioni - via Verona,16 -37060 Caselle di Sommacampagna (VR)

terza serie 1, n. XII, 1998Per una storia dell’agricoltura veneta.MICHELE SIMONETTA, L’“inchiesta” Arduino ei grandi problemi dell’agricoltura veneta nelSettecento.Processi ai fascisti. 1945-1947.MAURIZIO REBERSCHACK, Epurazioni. Giusti-zia straordinaria, giustizia ordinaria; giusti-zia politica • ALESSANDRO NACCARATO, La resadei conti. Desiderio di vendetta e uso dellaviolenza nel primo processo della Corte stra-ordinaria d’Assise di Padova • FEDERICO

MAISTRELLO, La Corte straordinaria d’Assisedi Treviso • ALESSANDRO REBERSCHEGG, LaCorte straordinaria d’Assise di Venezia •MICHELE CASSANDRINI, La Corte straordinariad’Assise di Verona • FERRUCCIO VENDRAMINI,Cortina d’Ampezzo: una sentenza d’asso-luzione.

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RIVISTERIA VENETA

STORIA DELLA CHIESAE RELIGIONE

EsodoQuaderni di documentazione e dibattito

sul mondo cattolico

direttore resp.: Carlo Rubinidirettore di redazione: Gianni Manziegaredazione: Giuditta Bearzatto, Carlo Beraldo,Carlo Bolpin, Paola Cavallari, Giorgio Corra-dini, Gianni Manziega, Luigi Meggiato, CarloRubini, Lucia Scrivantiperiodicità: trimestralesede della redazione: c/o Gianni Manziega -v.le Garibaldi, 117 - 30174 Venezia - Mestre- tel. e fax 041/5346328

a. XX, n. 1, gennaio-marzo 1998L’agire.VITTORIO FOA, Perché la storia non finisca •NICOLETTA BENATELLI, Dal perdono alla spe-ranza • FRANCO SOTTOCORNOLA, La via delloZen ... e dei mistici • CARLO BERALDO, Azioni dipace, azioni contro la guerra... • PIERO STEFANI,Auschwitz e il ritrarsi di Dio • FULVIO FERRARIO,“Solo nell’azione è la libertà” • GIANCARLO

GAETA, Passa la scena di questo mondo • ALEX

ZANOTELLI, “Vedere” per poter agire • GIU-SEPPE GIOISIS, L’agire politico: tre considera-zioni • FRANCO BOSELLO, Sviluppo e sottosvi-luppo • PIERLUIGI DI PIAZZA, La chiesa è fonda-ta sulla “forza dell’amore”? • ROBERTO BERTIN,Azione e relazione: un nuovo incontrarsi.

a. XX, n. 2, aprile-giugno 1998Dove sei? Riflessioni sulla cura di sé.Amici o nemici di se stessi • C. BOLPIN, Traaffermazione e negazione di sé • G. BENZONI,“Non so se il riso o la pietà prevale” • P.BETTIOLO, Cura e dissipazione di sé • P. CA-VALLARI MARCON, Fecondità, fedeltà a sé nelpatto • G. CARAMORE, La leggerezza dell’ala •B. BOVO, Il sogno dell’eterna giovinezza • R.BERTIN, Sguardo d’amore • Mistica e Politica:A. DE PERINI, Introduzione • A. BUTTARELLI,Annarosa Buttarelli • L. MURARO, Luisa Mu-raro • G. GAETA, Giancarlo Gaeta • P. TOR-RESAN - M. BETTIOL (a cura di), Simone Weil tradivino e umano.

a. XX, n. 3, luglio-settembre 1998Non solo spirito. Riflessi sulla corporeità.RENZO MARCOLONGO, Medici e pazienti: lamalattia condivisa • STEFANO TOSCHI, Il segnodel corpo • ENRICO SPANIO, Come il sole d’in-verno • GIOVANNA PONS, Vivere a immagine diDio • LETIZIA TAMASSONE, Corpo e relazione •ROBERTO DELLA ROCCA, La corporeità nell’ebraismo • GIANNINO PIANA, “La Parola sifece Carne...” (Gv 1,14) • GIULIANA GRANDO,Tra bisogno e desiderio • GIOVANNI BENZONI,Il corpo mio e quello dei filosofi • MARTINO

MORGANTI, Essere un corpo o avere un corpo?• SILVIA VOLTOLINA, Antonio, l’idiota di Dio •BENEDETTO CALATI, Aforismi monastici sullacorporeità • SUOR EMMANUELLE-MARIE, Salutee salvezza • MAURIZIO DEL MASCHIO, Intervistaa D. Cassuto, vice-sindaco di Gerusalemme •CARLO BERALDO, La conta dei corpi: sussi-diarietà e riforma della Costituzione • GIO-VANNI VIAN, Elementi di continuità e di novitàdell’attuale pontificato.

a. XX, n. 4, ottobre-dicembre 1998Vent’anni di Esodo.Verso una fede “non politica” • GIANNI

MANZIEGA, Introduzione • GIOVANNI BENZONI,Moderatore • MONI OVADIA - MASSIMO CAC-CIARI, Interventi.Verso una politica “non religiosa” • CARLO

RUBINI, Moderatore • MARCO PAOLINI -GIANFRANCO BETTIN, Interventi.

a. XXI, n. 1, gennaio-marzo 1999ENRICO PEYRETTI, Tollerare, cioè farsi carico• ENZO PACE, Verso una società multiculturale• ETTORE PERRELLA, I pericoli della semplifica-zione • NADIA LUCCHESI, Differenti, grazie a D• ANTONIO RIGOPOULOS, “Oriente” ed “Occi-dente”: un difficile dialogo • PIERO STEFANI,“Siate fecondi e moltiplicatevi” • PAOLO RIC-CA, Presso il pozzo di Giacobbe • ALDO BO-DRATO, “Un solo gregge e un solo pastore” •CARLO MOLARI, La Verità oltre il Cristo stori-co • GABRIELLA CARAMORE, La verità dellapoesia • ROBERTA DE MONTICELLI, Dal vivo.

a. XXI, n. 2, aprile-giugno 1999GIORGIO CORRADINI, Non ci può essere vita népace senza amore • CINZIA MION, Uomini edonne: la ricerca dell’identità • MARTINA

AMADUZZI, La forza dell’attrazione • GIORGIO

MARCON, Nutrimenti celesti • LAURA GUA-DAGNIN, De-sidero • ENRICHETTA BUCHLI, Lemalattie dell’eros • CARLO BOLPIN, Caro Gio-vanni • MONI OVADIA, La sessualità nellaBibbia • PIERO STEFANI, La vita coniugaleebraica • CETTINA MILITELLO, L’arte di chiede-re e di donarsi • PAOLA CAVALLARI, Un invitoa nozze • MARIA CATERINA JACOBELLI, Lafecondità dell’amore • DINO PEZZETTA, “Non èbene che l’uomo sia solo” • LEANDRO ROSSI,Nuove vie dell’etica sessuale • UMBERTO CURI,Eros e filosofia • TRENTI ZELINDO, Ripensare larelazione con la chiesa • CLAUDIO DONADEL,Una casa per Vesna.

Quaderni di storia religiosa

direttore resp.: Maurizio Zangarinidirezione: Giuseppina De Sandre Gasparini,Grado Giovanni Merlo, Antonio Rigonperiodicità: annualeeditore: Cierre - Veronasede della redazione: c/o Cierre Edizioni - viaVerona, 16 - 37060 Caselle di Sommacam-pagna (VR) - tel 045/8581575

a. IV, 1997Preti nel Medioevo.COSIMO DAMIANO FONSECA, Riforma ecclesia-stica e collegialità del clero. Il caso di Aversa(sec. XII) • FERNANDA SORELLI, Il clero secola-re a Venezia. Note per i secoli XII e XIII •SILVANA ANNA BIANCHI, Chierici, ma non sem-pre preti. Itinerari clericali nel Veneto tra lafine del XII e gli inizi del XV secolo • GIAMPAOLO

CAGNIN, “Ad adiscendum artem et officiumclericatus”. Note sul reclutamento e sullaformazione del clero a Treviso (sec. XIV) •EMANUELE CURZEL, Cappellani e altari nellacattedrale di Trento nel XIV secolo • DANIEL

BORNSTEIN, Parish Priests in Late MedievalCortona: The Urban and Rural Clergy • DAVID

S. PETERSON, An Experiment in Diocesan Self-Government: The “universitas cleri” in EarlyQuattrocento Florence • ELISABETTA CANOBBIO,Preti di montagna nell’alta Lombardia delQuattrocento (Como 1444-1445) • VICTORIA

M. MORSE, The Vita mediocris: The secularPriesthood in the Thought of Opicino deCanistris • ENNIO SANDAL, Preti tipografi.

a. V, 1998Le confraternite tra Medioevo e prima etàfeudale.LORENZA PAMATO, Le confraternite medievali.Studi e tendenze storiografiche • LAURA GAF-FURI, Prediche a confraternite • ROSA MARIA

DESSÌ, Parola, scrittura, libri nelle confra-ternite. I laudesi fiorentini di San Zanobi •MARIA TERESA BROLIS - GIOVANNI BREMBILLA,Mille e più donne in confraternita. Il con-sorcium Misericordiae di Bergamo • LUCA

PATRIA, Gli spazi dello Spirito: confrarie ecomunità in val di Susa (secc. XIII-XV) • MA-RINA GAZZINI, Il consortium Spiritus Sancti inEmilia fra Due e Trecento • ANNA ESPOSITO,Amministrare la devozione. Note dai librisociali delle confraternite romane (secc. XV-

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RIVISTERIA VENETA

XVI) • ANNA CAVALLARO, L’AnnunciazioneTorquemada di Antoniazzo Romano: memo-ria e celebrazione della carità confraternale •DANILO ZARDIN, Riforma e confraternite nellaMilano di Carlo Borromeo.

Ricerche di Storia Sociale e Religiosa

direttore resp.: Gabriele De Rosacomitato di consulenza scientifica: MauriceAymard, Antonio Cestaro, Giorgio Cracco,Emile Goichot, Tullio Gregory, AntonioLazzarini, Jacques Le Goff, Rudolf Lill, EmilePoulat, Jacques Revel, Michel Vovellecomitato di redazione: Rocchina Abbondan-za, Filiberto Agostini, Liliana Billanovich,Alba Lazzaretto, Francesca Lomastro, Mi-chelangelo Morano, Fulvio Salimbeni, Fran-cesco Volpeperiodicità: semestraleeditore: Edizioni di Storia e Letteratura -Romasede della redazione: c/o Edizioni di Storia eLetteratura - via Lancellotti, 18 - 00186 Roma- tel. 06/68806556La rivista esce a cura dell’Istituto per le Ricer-che di Storia Sociale e Religiosa di Vicenza(contrà Mure San Rocco 28 - Vicenza), del-l’Associazione per la Storia Sociale del Mez-zogiorno e dell’Area Mediterranea (Potenza)e con un contributo dell’Associazione donGiuseppe De Luca.

n.s., a. XXVI, n. 52, luglio-dicembre 1997LILIANA BILLANOVICH, Gregorio Barbarigo fraantichi e nuovi modelli episcopali • FILIBERTO

AGOSTINI, Il seminario diocesano di Padovafra antico regime e restaurazione • ANTONIO

LAZZARINI, Un progetto fallito. Il bosco delCansiglio dopo la riforma veneziana del 1792• PIERPAOLO MARTUCCI, La “salvifica morte”.Supplizi e tecniche del consenso a Bolognadal XVI al XVIII secolo • MIRIAM SIMONETTI,Predicatori nel territorio extraurbano delladiocesi di Verona dal 1736 al 1758 • OTTO

WEISS, Chiesa cattolica, religione e societànella più recente storiografia tedesca • GIANNI

ZEN, Tra antiperfettismo e principio di giusti-zia. Appunti sulla ricerca rosminiana di una

Enciclopedia integrale della politica • MARIA

ANTONIETTA RINALDI, Prassi educativa e reli-giosa dei Gesuiti: il Real Collegio di Basilicata(1850-1860) • ANNIBALE ZAMBARBIERI, La sto-ria del Vaticano II diretta da G. Alberigo •WALTER PANCIERA, Il 23° congresso dell’In-ternational Committee for the History ofTechnology (ICOHTEC) • GABRIELE DE ROSA,Don Silvio Tramontin: storia di un sodalizio •GABRIELE DE ROSA, François Furet e la cultu-ra rivoluzionaria nel XX secolo.

n.s., a. XXVII, n. 53, gennaio-giugno 1998GABRIELE DE ROSA, Antonio Rosmini e “Dellecinque piaghe della Santa Chiesa” • MI-CHELANGELO MORANO, Tra storia e antropolo-gia: la cultura materiale • RITA DA PONT,Municipalità e governo centrale a Belluno nel1797: innovazione e continuità • FILIBERTO

AGOSTINI, Belluno e il Bellunese dalla cadutadella Serenissima all’età napoleonica • SER-GIO PERINI, Una controversia giurisdizionaletra vescovo e canonici di Verona nell’etàdella Controriforma • VICKO KAPITANOVIC,Fra Andrea Dorotic e la questione croata •ANNA OSBAT, “È il perdonar magnanima ven-detta”: i pacificatori tra bene comune e amordi Dio • SERGIO ROMANO, Saremo mai gover-nati dall’ONU? • NICOLA ANTONIETTI, Stato,regime e partito nella riflessione di GiacomoPerticone • Uno storico dell’Italia religiosa:Gabriele De Rosa: Discorso per il con-ferimento della medaglia d’oro della città diVicenza del sindaco MARINO QUARESIMIN •GIORGIO CRACCO, Laudatio per Gabriele DeRosa • MARIO SERAFIN, L’incontro del prof. DeRosa con la città di Vicenza • GABRIELE DE

ROSA, Origini e percorsi culturali dell’Istitutoper le ricerche di storia sociale e religiosa diVicenza • GABRIELE DE ROSA, Alcune rifles-sioni sui “Tribunali della coscienza” e sulla“Bibbia al rogo” • ANGELOMICHELE DE SPIRI-TO, Ricordando Alfonso Maria Di Nola.

n.s., a. XXVII, n. 54, luglio-dicembre 1998GIACOMO BECATTINI, Distretti industriali e sto-ria dell’industria italiana. Di alcune possibiliimplicazioni, per la ricerca storica, di unarecente “rilettura” dell’industria italiana •GABRIELE DE ROSA, Genesi e percorsi dell’in-dustrializzazione vicentina dal XIX secolo alla“globalizzazione” • ALMERIGO APOLLONIO, Tri-este fra guerra e pace (1797-1824) • ANTONIO

TRAMPUS, Da Maria Teresa a Giuseppe II: gliex gesuiti e la tradizione letteraria degli elogi• FILIPPO MARIA PALADINI, “Se pol far, comenelle fortezze, acquistando grado a grado” •GENNARO CASSIANI, L’“esercizio pratico” del-la carità. I primi vent’anni di vita della societàdi S. Vincenzo de Paoli a Roma (1842-1863)• MARIAN SURDACKI, La vita religiosa nel “Con-servatorio” dell’ospedale di Santo Spirito inRoma, nei secoli XVII-XVIII • COSTANZA LONGO

TIMOSSI, La Compagnia e l’ospedale del Suf-fragio de’ Convalescenti nella Genova delprimo Seicento: statuti di fondazioni e attività

caritativa • MASSIMO VIGLIONE, Il problemadella crociata dal II concilio di Lione allamorte di Pio II (1274-1464) con relativabibliografia • VALERIO CASTRONOVO, Le origi-ni dell’economia distrettuale in Lombardia •CARLA KOWOHL, La pace di Westfalia in unamostra del Consiglio d’Europa a Münster •VALERIA VERRASTRO, I santuari cristiani inItalia.

Studia PatavinaRivista di Scienze Religiose

direttore: Giuseppe Segallaredazione: Enrico Berti, Valerio Bortolin,Celestino Corsato, Giovanni Federspil, Er-minio Gius, Giuseppe Grampa, MarcelloMilani, Enzo Pace, Antonino Poppi, AngeloRoncolato, Giuseppe Trentin, Ermanno Ro-berto Tura, Giuseppe Zanon (membri dellaFacoltà Teologica e dell’Università di Padova)periodicità: quadrimestraleeditore: Seminario Vescovile - Padovasede della redazione: c/o Seminario Vescoviledi Padova - via del Seminario, 29 - 35122Padova - tel. 049/657099

a. XLIV, n. 3, settembre-dicembre 1997BRUNO FORTE, La Rivelazione della Parola edel Silenzio • HUBERT WINDISCH, Percorsi diteologia pastorale. La riflessione in area dilingua tedesca: I. Lo sfondo storico; II.Approssimazioni sistematiche • ELENA ROSSINI,“Come l’ape saggia...”. Storia e fortuna diuna metafora nei padri • GINO TEMPORIN, R.Descartes: testimonianze sulla sua religiosità.Una filosofia religiosa o l’inizio dell’ateismomoderno? • MARIA PASTRELLO, A confronto sultema della speranza: Ernst Bloch e GabrielMarcel • EDOARDO BEATO, Per un dialogo traBuddhismo e Cristianesimo • MARCELLO

MILANI, La profezia apologetica di epoca per-siana ed ellenistica. X Convegno di StudiVeterotestamentari (Rocca di Papa, 8-10 set-tembre 1997) • GIUSEPPE SEGALLA, Tendenzepostmoderne al 52° congresso della SNTS(Birmingham, 8 agosto 1997) • GIOVANNI

LEONARDI, Fariseismo e origini cristiane.VIIConvegno di Studi Neotestamentari (Rocca diPapa, 11-13 settembre 1997).

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RIVISTERIA VENETA

a. XLV, n. 1, gennaio-aprile 1998GIUSEPPE SEGALLA, Un Gesù storico incerto eframmentato: guadagno o perdita per la fede?• ALBERTO BONDOLFI, L’uomo di fronte allanatura e al suo sviluppo sostenibile. Alcunelinee di fondo della riflessione etico-ecologi-ca in Europa • GIULIANO TREVISIOL, La solleci-tudine pastorale dei presbiteri verso le perso-ne in situazioni matrimoniali irregolari • FRAN-CESCO FRANCO, La verità metaforica: una pro-spettiva su Paul Ricoeur • CARLA MENEGUZZI

ROSTAGNI, Il Veneto e la Rerum Novarum •JAN-WLADISLAW WOS, Dante in Polonia. Laricezione del poeta italiano nella letteraturapolacca • GIOVANNI LEONARDI, I documentiextra-biblici di Qumrân e le origini dellacomunità essenica (secondo gli studi diF.Garcìa Martínez e collaboratori) • CARLO

SACCONE, Rassegna bibliografica sull’Islam. Iparte.

a. XLV, n. 2, maggio-agosto 1998Simposio: Dolore, sofferenza e angoscia: pro-spettiva psicologica e teologicaANDREA TONIOLO, Introduzione • ERMINIO GIUS,La ricerca scientifica in ambito psicologicosul dolore, sulla sofferenza e sull’angoscia •PIERANGELO SEQUERI, L’umana psicologia deldolore. Motivi di fenomenologia della culturaper l’ermeneutica teologica • GIUSEPPE POR-ZIONATO, Storia della psicologia e cura dellasofferenza • GIUSEPPE SOVERNIGO, Prospettivapsicologica e teologica a confronto di fronteal dolore/sofferenza • GIUSEPPE MAZZOCATO, Ildolore e le scienze psicologiche: l’imprescin-dibile riferimento alla coscienza • GIUSEPPE

TRENTIN, Dolore e tensioni della vita quotidia-na considerazioni teologico-morali • GIORGIO

PENZO, La rivolta esistenziale come rivolta“pia”: il problema della sofferenza • GIOVAN-NI LEONARDI, Paura e angoscia di Gesù alGetsemani (Mc 14,33b) • ERMANNO ROBERTO

TURA, Piccole attese deluse • LUCIA NOCENTINI,Unità, concordia, pluralismo ecclesiale nellaModica theologia di Ugo Grozio • PIETRO

ZOVATTO, La seconda piaga della chiesa: l’in-sufficiente educazione del clero nel pensierodi A. Rosmini • ALBERTO GARNIGA, Per unanuova lettura dell’idea di Dio nel pensiero diMax Scheler: Il Dio che si fa cosmo ed uma-nità. II parte • CARLO SCILIRONI, Il “pensareecumenico”. Nota a margine degli scritti scel-ti di Luigi Sartori • AUGUSTA LENA, Storiareligiosa dei popoli. Convegno a Villa Cagnoladi Gazzada (Varese) • TERESA SALZANO, L’ere-dità di Abramo: “In te saranno benedetti tuttii popoli della terra” (Genesi 12,3). XVIII Col-loquio ebraico-cristiano.

a. XLV, n. 3, settembre-dicembre 1998Bibbia ed ermeneutica. Scritti per i settant’annidi Giovanni Leonardi.GIUSEPPE SEGALLA, Per i settant’anni di Gio-vanni Leonardi • GIOVANNI LEONARDI, Cristo ilservo: modello dei ministeri-servizi nella chie-sa. Uno sguardo alle prime comunità cristia-

ne per un rinnovamento nel Terzo Millennio •Scritti in onore di Giovanni Leonardi:MARCELLO MILANI, Nota bio-biliografica •CELESTINO CORSATO, Segretario/Direttore diStudia Patavina: 1968-1988 • MARCELLO

MILANI, Quinta settimana biblica diocesana.Villa Immacolata (Torreglia-Padova) 24-28agosto 1998 • LUIGI SARTORI, Scuole di teolo-gia per laici • GIUSEPPE SEGALLA, Ermeneuticabiblica. Alla ricerca di chiavi per l’interpreta-zione della Sacra Scrittura • MARCELLO MILANI,La produzione sapienziale in Italia negli ulti-mi 25 anni. Rassegna bibliografica • G.BOSCOLO, La parabola del granello di senape• PIETRO FAGGIOTTO (a cura di), Una discussio-ne epistolare inedita fra Ernesto Buonaiuti edAgostino Faggiotto. Il dogma trinitario: pro-spettiva “economico-biblica” o metafisica? •GIUSEPPE SEGALLA, LIII Congresso annualedella Studiorum N.T. Societas, Copenhagen 4-7 agosto 1998 • GIUSEPPE SEGALLA, Primosimposio fra studiosi di N.T. ortodossi e nonortodossi. Neamts (Romania) 4-11 settembre1998. Ermeneutica filosofica ed ermeneuticateologica • M. RUGGENINI, La verità dell’even-to. L’ermeneutica tra la filosofia e la fede • G.RUGGIERI, Teologia e filosofie nel contestoculturale contemporaneo • A. MILANO, Teolo-gia cristiana e ragione ermeneutica • M.C.BARTOLOMEI, Filosofia “versus” teologia?Ermeneutiche in dialettica?

a. XLVI, n. 1, gennaio-aprile 1999RICCARDO BATTOCCHIO, Una lettura teologico-pastorale della Fides et ratio • LUIS ARENAS

MALDONADO, Percorsi di teologia pastorale,4: La riflessione in area di lingua spagnola •MILA ALBERTO, Il Proslogion ed il De Veritatedi Anselmo d’Aosta: un’ipotesi di lettura •ORLANDO TODISCO, Il pensare francescano e lafilosofia contemporanea • CATI MAURIZI ENRICI,La passività del soggetto tra Heidegger eLèvinas • MARIA ROBERTA CAPPELLINI, AndréNeher e l’ermeneutica biblica • MASSIMO

GIULIANI, Il Midrash come teologia ebraicadella storia • GIAN PAOLO TERRAVECCHIA, L’in-flusso della liturgia sulla formazione dellapersonalità nell’opera di Dietrich von Hilde-brand • ANNA FABRIZIANI, Il coraggio di pen-sare: Simone Weil • ROSSELLA TAMBURLINI,L’inizio delle missioni in Africa. Documentisul vicariato apostolico nell’Africa centrale(1846-1862).

a. XLVI, n. 2, maggio-agosto 1999Il Giubileo tra storia delle idee e teologia, Attidel simposio (Padova, Seminario Maggiore,15 aprile 1999), a cura di GREGORIO PIAIA eRICCARDO BATOCCHIO.RICCARDO BATTOCCHIO, Presentazione •GREGORIO PIAIA, La folla, il rito, le idee. Ilperché di una ricerca • RICCARDO QUINTO,L’idea del Giubileo in alcuni commenti me-dievali al Levitico e nella letteratura teologi-ca fino al 1250 • FRANCESCO BOTTIN, Premesseteoriche del giubileo del 1300: indulgenze e

plenitudo potestatis • ELVIO ANCONA, La glossadel cardinale Jean Lemoine all’Antiquorumhabet e l’ecclesiologia del Corpus Mysticum• RICCARDO BATTOCCHIO, Niccolò Cusano eMartin Lutero: due tedeschi ‘riformatori’ e ilgiubileo • GREGORIO PIAIA, Modelli di approc-cio al Giubileo nell’oratoria sacra francese •ACHILLE OLIVIERI, Il giubileo e l’enciclope-dismo del Settecento: idea religiosa, festataumaturgica • GREGORIO PIAIA, Il dibattito sulgiubileo al tempo delle Lumières • GREGORIO

PIAIA, Intellettuali dell’Otto-Novecento di fron-te all’Anno Santo • GIUSEPPE TOFFANELLO, Set-te secoli di giubilei. Una lettura teologico-spirituale • ERMANNO ROBERTO TURA, Dueosservazioni sul simposio • CARLO PRANDI, Ilgiubileo, pellegrinaggio “par excellence” •GIOVANNI LEONARDI, Il pellegrinaggio giubi-lare in prospettiva cristiana.

Studi di Teologia

direttore resp.: Pietro Bolognesiperiodicità: semestraleeditore: I.F.E.D., Istituto di Formazione Evan-gelica e Documentazione - C.P. 756 - 35100Padovasede della redazione: via Jacopo della Quer-cia, 81 - Padova - tel.049/613891

a. X, n. 19, I semestre 1998Pier Paolo Vergerio (1498-1565) e il “CasoSpiera”.DANIELE WALKER, Pier Paolo Vergerio (1498-1565) e il “Caso Spiera” (1548) • L’ istoriadel Spiera.

a. X, n. 20, II semestre 1998Una storia breve (1978-1998).VALERIO BERNARDI, Vent’anni dopo:unarivisitazione • GINO CONTE, Una dignità cultu-rale • GIOELE CORRADINI, Sotto la signoria diCristo • AUGUSTO LELLA, Una palestra percrescere • ANTONINO RAMIREZ, Un impegnoper la centralità della Parola di Dio • SERGIO

ROSTAGNO, Universalità e laicità nella teolo-gia protestante • ALDO MODA, Che cosa hoimparato leggendo “Studi di teologia” • TO-NINO RACCA, Note per una storia delle rivisteevangeliche in Italia (1978-1998) • LEONARDO

DE CHIRICO, Ad fontes. Le dichiarazioni delmovimento evangelicale.

a. XI, n. 21, I semestre 1999Pietro Martire Vermigli (1499-1562).PHILIP MCNAIR, Pietro Martire Vermigli: unprofilo biografico • JOSEPH MC LELLAND, Teo-logia e filosofia in P.M. Vermigli • MARIANO

DI GANGI, L’eredità di Vermigli • LEONARDO

DE CHIRICO, Biblioteca Vermigliana • PIETRO

MARTIRE VERMIGLI, Una semplice dichia-razione sopra gli XII articoli della FedeCristiana.

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RIVISTERIA VENETA

Vita MinorumRivista di spiritualità e formazione

interfrancescana

direttore resp.: P. Luigi Seccoredazione: P. Gianfranco Zaggia, P. ClaudioSimioniperiodicità: bimestralesede della redazione: c/o Casa S. Chiara - viaMezzavia, 45 - 35036 Montegrotto Terme(PD) - tel. 049/793495

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 5,settembre-ottobre 1997ITALO FORNARO, Due sermoni di Matteo daAcquasparta su S. Chiara.• ANGELA ANNA

TOZZI, La “Riconciliazione” nel Magistero diGiovanni Paolo II • UGOLINO VAGNUZZI, PadrePio da Petrelcina un Santo in Anticamera •GIULIO BASETTI-SANI, San Francesco ha pro-posto l’ordalia al Sultano d’Egitto • FILIPPO

DE MARCHIS, A proposito della ricerca delleRelique di S. Giovanni da Capestrano • GIULIO

BASETTI-SANI, Studio Francescano Inter-familiare campano-lucano • UGOLINO VA-GNUZZI, Il saluto “Pace e Bene” • GIULIO

BASETTI-SANI, Presentazione concreta del cor-po mistico di Cristo nel capitolo ventitré dellaRegola non Bollata • GIULIO BASETTI-SANI,Quando Iddio ci fa incontrare i Santi.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 6,novembre-dicembre 1997SERGIO ANDREOLI, Angela da Foligno peniten-te francescana.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 1,gennaio-febbraio 1998ITALO FORNARO, Amore e fede in Alessandrod’Hales • BOGDAN FAJDEK, Francesco allaricerca della sua “Forma Vitae” alla lucedella “Legenda Major” di S. Bonaventura •G. TODESCO, La famiglia nella spiritualitàfrancescana • DAVID FLOOD, AmmonizioneXIV: La povertà di spirito • Ammonizione XV:La cultura di pace dei Francescani • LUIGI

LATINI, La Fraternità • M.L. VALENTI, SantaCaterina da Bologna e il suo “Trattato dellesette armi spirituali”.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 2,marzo-aprile 1998LINO RANDELLINI, La Minorità nel Nuovo Te-stamento • BOGDAN FAJDEK, La vita di France-sco secondo il Vangelo alla luce della“Legenda Major” • ITALO FORNARO, Amore efede in Alessandro d’Hales (II) • ANGELA ANNA

TOZZI, Il Pellegrinaggio dei popoli. Conver-sione Carità. Verso il Giubileo dell’AnnoDuemila • FLORINDO REFATTO, Sofferenza inDio • LUIGI LATINI, Beati quelli che hanno famee sete della giustizia perché saranno saziati.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 3,maggio-giugno 1998LINO RANDELLINI, La Minorità nel Nuovo Te-stamento • BOGDAN FAJDEK, Alcuni aspetti

caratteristici dell’Apostolato dell’Ordine deiFrati Minori secondo S. Bonaventura • ANGE-LA ANNA TOZZI, Sequela in Francesco d’Assisi• CORNELIO DEL ZOTTO, Antonio di Padova,dottore Evangelico primo maestro della scuo-la francescana • A. QUAGLIA, Sugli “abitirattoppati” dei frati minori • LUIGI LATINI,Beati i misericordiosi perché troveranno mi-sericordia.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 4,luglio-agosto 1998S.E. MONS. G. CHIARETTI, Ricordati, Poverella!• CORNELIO DEL ZOTTO, Contemplazione: Espe-rienza di comunione trinitaria in S. Chiarad’Assisi • LINO RANDELLINI, La Minorità nelNuovo Testamento • FELICE ACROCCA, Lo Spi-rito Santo ministro generale dell’Ordine •DAVID FLOOD, Ammonizione XVI: il linguag-gio canonico di una politica diversa • LUCIANA

MIRRI, Il Beato Bartolomeo Maria Dal Monte• CELSO VOLCAN, Osservazioni e riflessioni sualcuni articoli delle Costituzioni Generali ofm.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 5,settembre-ottobre 1998GIOVAMBATTISTA MONTORSO O.F.M., TeresaGardi. Una “santa” per il Giubileo.Il Confessore: Vita del confessore; Sua parti-colare competenza; Sua eccezionale pruden-za; Sua assoluta attendibilità • Cronologia.•Il cammino verso la perfezione: TerziariaFrancescana; Educatrice esemplare; Confes-sione frequente; Aspra mortificazione; Conti-nua preghiera; Comunione quotidiana; Medi-tazione della passione • Esercizio delle virtù:Ricca di fede; Sicura nella speranza; Sovrab-bondante nell’amore di Dio; Esemplare nel-l’amore del prossimo; Prudente in tutte lecircostanze; Giusta con tutti; Forte nelle pro-ve; Temperante in ogni cosa; Serena nellapovertà; Angelo in carne; Sempre pronta al-l’obbedienza; Umile serva del Signore •Purificazioni: Purificazione passiva dei sen-si; Sofferenze; Aridità • Tentazioni Purifi-cazione passiva dello spirito; Interventi diDio; Interventi degli uomini; Situazioni parti-colari della serva di Dio • Vita con Dio:Preghiera vocale; Meditazione; Contempla-zione acquisita; Contemplazione infusa; Pre-ghiera di unione; Preghiera di unione estati-ca, o fidanzamento spirituale; Preghiera diunione trasformante o matrimonio spirituale• Grazie straordinarie: Ha rivissuto la passio-

ne del Signore; È stata arricchita di donistraordinari; È vissuta nella perfetta letizia;Ha goduto e gode fama di santità • Attualitàdella serva di Dio: Aiuta a comprendere chetutti sono chiamati alla santità; Aiuta ad esse-re fedeli agli impegni del quotidiano; Aiuta acomprendere l’importanza di operare senzaostentazione; Aiuta a scoprire il valoresalvifico della sofferenza; Aiuta a riscoprire ilvalore del sacramento della riconciliazione;Aiuta a non ricercare doni straordinari.

a. LXVIII, s. VI (a. 39°), n. 6,novembre-dicembre 1998CTIRAD VACLAV POSPISIL, La misericordia diDio come giustizia • FLORINDO REFATTO, IlPadre. La fede illuminata da Francesco •ENZO FORTUNATO, Itinerari formativi • ITALO

FORNARO, Amore e fede in Alessandro D’Hales(III) • O. GIANAROLI, Galvani, fede e scienza •BOGDAN FAJDEK, Il Collegio S. Bonaventura •DAVID FLOOD, Teologi Francescani della finedel XIII secolo • LUIGI LATINI, Dio è amore.

a. LIX, s. VII (a. 40°), n. 1,gennaio-febbraio 1999CORNELIO DEL ZOTTO, Il Padre - Dio dellatenerezza e della consolazione nelle preghie-re di S. Francesco • ITALO FORNARO, Fede eamore in Alessandro D’Hales (III-2) • DAVID

FLOOD, Storie francescane di solidarietà •LUIGI LATINI, Padre nostro • G. CASONATO,Padre Pio da Pietralcina finalmente beato •E. BURGIO, “Un vento, un etere, un soffio” • A.MARTINI, Mons. Settimio Ferazzetta una splen-dida “Lettera di Cristo”.

a. LIX, s. VII (a. 40°), n. 2,marzo-aprile 1999GABRIEL BARTOSZEWSKI, Sulla croce di Cristo• DAVID FLOOD, L’impazienza e la rovina dellacomunità • ITALO FORNARO (a cura di), Assun-zione della Beata Vergine Maria. Sermone diGiovanni da Rupella • GIUSEPPE CHIARETTI,Veronica:vera icona di Cristo • ENZO FORTU-NATO, Itinerari formativi 2: Educare, formare,accompagnare, pazientare e guardare nelcammino formativo • CARLO CHIURCO, La figu-ra della reductio in Alano di Lilla ed in SanBonaventura • LUIGI LATINI, Padre Nostro chesei nei cieli.

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periodicità: quadrimestrale

Giunta regionale del Veneto - Centro Culturale di Villa Settembrini30171 Mestre Venezia - Via Carducci 32

spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di Padova

in caso di mancato recapito restituire al mittente