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29/11/2017 Scheda dettagliata  

http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?saveparams=false&db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&resultForward=opac%2Ficcu… 1/1

Livello bibliografico MonografiaTipo documento Testo a stampa

Titolo La qualità della regolazione / a cura di Paolo CarettiPubblicazione Torino : G. Giappichelli, 2009!

Descrizione fisica XV, 383 p. ; 24 cm.Numeri · [ISBN] 978-88-348-9370-8

Fa parte di Osservatorio sulle fonti , 2007Nomi · Caretti, Paolo <1944- > scheda di autorità

Lingua di pubblicazione ITALIANOPaese di pubblicazione ITALIACodice identificativo IT\ICCU\UMC\0799975

Dove si trovaAN0195 ANAMC Biblioteca dell'Assemblea legislativa delle Marche  Sezione

Giuridica  Ancona  AN   il documento potrebbe non esseredisponibile

MC0177 UMCPB Biblioteca di Diritto pubblico e teoria del governo delDipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e dellerelazioni internazionali dell'Università degli studi di Macerata Macerata  MC

MO0169 MODUG Biblioteca universitaria giuridica dell'Università degli studi diModena e Reggio Emilia  Modena  MO

PD0258 PUV25 Biblioteca del Dipartimento di diritto privato e diritto del lavorodell'Università degli studi di Padova  Padova  PD

PR0076 PARGF Servizio biblioteca di giurisprudenza dell'Università degli studi diParma  Parma  PR

PV0295 PAVU3 Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pavia Pavia  PV

RC0140 RCA87 Biblioteca del Dipartimento di Giurisprudenza ed Economiadell'Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria Reggio di Calabria  RC

RM0731 RMGCG Biblioteca Centrale Giuridica  Roma  RMRM0976 RMSDP Biblioteca dell'Istituto di diritto pubblico della Facoltà di

giurisprudenza dell'Università degli studi di Roma La Sapienza Roma  RM

RM1007 RMSSP Biblioteca di Scienze politiche dell'Università degli studi di RomaLa Sapienza  Roma  RM

RM1660 RMG25 Biblioteca del Tribunale amministrativo regionale del Lazio Roma  RM

TE0045 TERR3 Biblioteca Polo Umanistico dell'Università degli studi di Teramo Teramo  TE

TS0276 TSASG Biblioteca del Dipartimento di scienze giuridiche dell'Universitàdegli studi di Trieste  Trieste  TS

 

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Copyright © 2010 ICCU |Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per leinformazioni bibliografiche  Realizzato da Inera s.r.l.

OPAC SBN  Istituto centrale per il catalogo unico 

Scheda: 4/15

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INDICE

INTRODUZIONE

di Paolo Caretti

COME GARANTIRE IL RISPETTO DELLE REGOLE SULLA«BUONA» QUALITÀ DELLE LEGGI DELLO STATO

di Massimo Carli

1. La situazione attuale e le sue cause2. Le insufficienze dell’attuale giurisprudenza costituzionale e il possibile aiuto

derivante dalla modifica dell’art. 70 Cost.3. Legge ordinaria e regolamento parlamentare come possibili fonti delle regole

sulla qualità della normazione4. La clausola di abrogazione espressa come primo strumento, a legislazione inva-

riata, per una migliore qualità della legislazione

RECENTI SVILUPPI SUL TEMA DELLA QUALITÀDELLE NORME REGIONALI

di Giovanni Di Cosimo

1. Gli statuti2. I regolamenti consiliari3. Linea distintiva4. Gli attori5. La prova della prassi6. Meccanismi di reazione

LA QUALITÀ DELLA NORMAZIONE NEI REGOLAMENTIPARLAMENTARI E DEI CONSIGLI REGIONALI

di Pietro Milazzo

1. I regolamenti delle assemblee elettive: una «sede» privilegiata per inserire di-sposizioni sulla qualità della normazione?

2. La qualità della legislazione nei regolamenti parlamentari. Problemi dell’espe-rienza e ristretti orizzonti di giustiziabilità costituzionale

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3. La qualità della legislazione nei regolamenti dei Consigli regionali3.1. L’«occasione» della riforma dei regolamenti consiliari per mettere alla

prova le esperienze regionali in materia di qualità della normazione pri-maria

3.2. Nuovi statuti e disposizioni sulla qualità della legislazione3.3. Regolamenti consiliari successivi ai nuovi statuti e meccanismi per garan-

tire la qualità della legislazione. Modelli e prospettive4. Effettività e giustiziabilità delle disposizioni dei regolamenti dei Consigli regio-

nali sulla qualità della legislazione. La «filiera» statuto – regolamenti consiliari –(eventuale) legge regionale sulla normazione

ALCUNE NOTE A MARGINE IN TEMA DI NORME TRANSITORIE

di Vanni Boncinelli

1. Diritto intertemporale e disposizioni transitorie2. Una classificazione generale (e generica) delle norme transitorie3. (segue) La regolazione della transizione4. (segue) Le norme transitorie improprie o «terze norme»

IL CONTRIBUTO DELLA CORTE COSTITUZIONALEALLA QUALITÀ DELLA NORMAZIONE

di Erik Longo

1. Premessa e metodo della ricerca2. La qualità della legislazione e il processo costituzionale3. I modelli argomentativi utilizzati dalla Corte4. Il paradigma della «chiarezza normativa»

4.1. La giurisprudenza degli anni ’80-’904.2. La giurisprudenza degli ultimi dieci anni

5. Il richiamo alle tecniche legislative5.1. Richiamo condizionante

a) Il difetto di coordinamentob) Le sentenze sul rapporto Stato-regionic) Il richiamo alla tecnica legislativa e i poteri interpretativi dei giudicid) Forme di condizionamento più forti

5.2. Richiamo non condizionante6. Brevi considerazioni conclusive sull’indagine svolta

VI Indice

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IL DRAFTING NELLE PRONUNCE DELLA CORTECOSTITUZIONALE: DOES IT SOUND GOOD?

di Gian Luca Conti

1. Premessa2. Ambito dell’indagine3. Le norme che disciplinano il contenuto delle sentenze della Corte costituzio-

nale4. La struttura delle sentenze della Corte costituzionale5. Le regole di drafting utilizzate nei dispositivi delle sentenze di incostituziona-

lità

LA QUALITÀ DELLA NORMAZIONE NEL DIRITTO COMUNITARIO

di Andrea Cardone

1. Premessa: il diritto comunitario e le prestazioni di qualità normativa2. La qualità dei procedimenti di formazione degli atti normativi: la formazione

delle norme tecniche, la partecipazione, la disciplina dei gruppi di pressione3. La qualità della scelta normativa e l’obbligo di motivazione4. Altri tre orientamenti della Corte di giustizia che impongono standards di qua-

lità alle norme in materia di chiarezza, astrattezza ed adeguatezza5. Considerazioni di sintesi

DELLA MOTIVAZIONE DELLE LEGGI STATALI E REGIONALI

di Marta Picchi

1. Premessa metodologica2. (segue) Breve excursus sull’obbligo di motivazione degli atti legislativi3. Motivazione per mancanza di legittimazione soggettiva4. Motivazione funzionalizzata5. La motivazione degli atti legislativi nella giurisprudenza della Corte costituzio-

nale6. Prime conclusioni: «nomos o panton basileus»?7. (segue) Il fondamento dell’obbligo di motivazione delle leggi. Rinvio8. (segue) Le fonti di enunciazione. Rinvio

TECNICHE DI REGOLAZIONE DELLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVEINDIPENDENTI: ESPERIENZE APPLICATIVE

di Serena Sileoni

1. Actio finium regundorum2. Tecniche di regolazione: esigenze democratiche e profili generali

Indice VII

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3. (segue) Strumenti di trasparenza4. (segue) Strumenti di partecipazione5. Analisi delle tecniche di regolazione delle singole Autorità indipendenti

5.1. Consob5.2. Autorità garante per la concorrenza e il mercato5.3. Autorità garante per le comunicazioni5.4. Autorità garante per il trattamento dei dati5.5. Isvap5.6. Commissione di garanzia per lo sciopero5.7. Autorità garante per l’energia elettrica e il gas5.8. Banca d’Italia

6. Prospettive di una disciplina comune sulle tecniche di regolazione7. Conclusioni

LA COMUNICAZIONE NORMATIVA: VERSO NUOVE FORMEDI PUBBLICITÀ DELLA LEGGE?

di Monica Rosini

1. Premessa2.1. Il tradizionale accesso al prodotto legislativo da parte del cittadino: laGazzetta Ufficiale2.2. La pubblicazione delle leggi e regolamenti regionali nei nuovi statuti

3. La problematica conoscibilità dei regolamenti degli enti locali4. La migliore «leggibilità» del testo normativo e la sua divulgazione secondaria5. Problemi e prospettive

IL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE E L’EFFETTIVITÀDEL SUO RUOLO

di Laura Lorello

1. Premessa2. Il funzionamento del Comitato per la legislazione3. L’effettività del ruolo del Comitato per la legislazione

3.1. Il rapporto tra il Comitato per la legislazione e le Commissioni di merito3.2. Il rapporto tra il Comitato per la legislazione e l’Assemblea3.3. I tempi di pronuncia del Comitato per la legislazione nell’ottica dell’ef-

fettività del suo ruolo3.4. Il seguito dei pareri del Comitato per la legislazione3.5. La graduazione dei rilievi nel parere del Comitato per la legislazione3.6. La presentazione di emendamenti3.7. La presentazione di ordini del giorno per il Governo

4. Considerazioni conclusive

VIII Indice

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LA QUALITÀ DELLA NORMAZIONE NEI RAPPORTIANNUALI SULLA LEGISLAZIONE

di Elettra Stradella

1. Introduzione al tema: la qualità della normazione nei Rapporti annuali sulla le-gislazione. Profili strutturali

2. (segue) Profili sostanziali e quantitativi3. La meta-funzione dei Rapporti con riguardo alla qualità normativa e gli stru-

menti analoghi4. Il ruolo delle Regioni nello sviluppo del tema: un processo circolare

LE LEGGI ANNUALI DI SEMPLIFICAZIONE:APPUNTI PER UN BILANCIO

di Nicola Lupo e Giovanni Tarli Barbieri

1. Leggi «a cadenza annuale» e semplificazione normativa2. La legge di semplificazione annuale nella prassi

2.1. La legge di semplificazione nell’art. 20 della l. n. 59/19972.2. I contenuti della legge di semplificazione: dalla l. n. 59/1997 alla l. n.

229/20032.3. I contenuti delle leggi di semplificazione non prefigurati dalla l. n.

59/1997 (cenni)2.4. Semplificazione e riforma del Titolo V della Costituzione

3. Dalla legge annuale di semplificazione al piano annuale di semplificazione(PAS)

4. Considerazioni conclusive

NOTE IN TEMA DI RIDUZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI

di Carlo Marzuoli

1. Introduzione

SEZIONE I: I dati del problema

2. L’entità di cui occuparsi: l’onere amministrativo3. I vari contenuti degli oneri4. La riduzione: come questione politica o come questione tecnica5. Principi, criteri ed esigenze da considerare6. Il principio base: il diritto alla «giusta» imposizione di prestazioni7. L’ingiustizia dell’onere

SEZIONE II: Alcuni modelli e tendenze della normazione

8. Precisazioni9. Obiettivi, principi, misure organizzative

Indice IX

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10. Un punto determinante: l’obbligo di preventiva valutazione degli oneri ammi-nistrativi nei procedimenti di produzione delle norme

11. Riduzione di oneri provvedimentali: silenzio-assenso, dichiarazione di inizio diattività

12. Gli interventi sui procedimenti: fra versante provvedimentale e versante mera-mente procedurale

13. Riduzione di specifici oneri (cenni)

SEZIONE III: Considerazioni finali

14. Alcune note

PROBLEMI E PROSPETTIVE DI ATTUAZIONEDELLA DELEGA «TAGLIALEGGI»

di Marcello Cecchetti

1. La clausola «taglialeggi» e le deleghe per la semplificazione legislativa nell’art.14 della l. n. 246/2005

2. Le potenzialità e le possibili «virtù» del nuovo strumento di semplificazione3. Le più radicali critiche della dottrina: dalle perplessità sulla funzionalità e l’ef-

ficacia ai dubbi sulla legittimità costituzionale del meccanismo4. I risultati del primo biennio di attività del Governo: l’individuazione degli atti

legislativi statali formalmente vigenti5. I possibili contenuti dei decreti legislativi attuativi: tra elenchi ricognitivi, abro-

gazioni espresse e riordino normativo6. Il problema delle «materie escluse»7. Le aporie della delega integrativa-correttiva8. Considerazioni conclusive

UN PRIMO CONSUNTIVO DELLA NUOVA ISTRUTTORIA LEGISLATIVAA DIECI ANNI DALLA RIFORMA DEL REGOLAMENTODELLA CAMERA DEI DEPUTATI

di Luca Gori e Andrea Marchetti

1. Obiettivo del lavoro e premesse metodologiche2. Genesi e finalità della riforma regolamentare in tema di istruttoria legislativa3. Il «governo politico» dell’istruttoria e l’essenzialità del fattore tempo4. Il ruolo del Governo dalla progettazione legislativa alla fase parlamentare5. Gli strumenti dell’istruttoria attivabili dalle Commissioni parlamentari6. Le sedi del procedimento istruttorio: tra massimizzazione dei tempi e necessa-

ria informalità7. Conclusioni. Nihil sub sole novi?

X Indice

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L’ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONEA LIVELLO REGIONALE: ALCUNE RIFLESSIONISULL’ESPERIENZA TOSCANA

di Elisabetta Catelani

1. Introduzione2. Evoluzione storica3. L’AIR nelle regioni4. L’AIR in Toscana

IL RILIEVO COSTITUZIONALE DEL COSTO DELLA REGOLAZIONE:UN’INTRODUZIONE

di Andrea Simoncini

1. Premessa2. Definizioni

2.1. «Costo»2.2. «Regolazione»2.3. La scelta del campo di osservazione

3. Il costo della regolazione nella Costituzione4. I costi di produzione delle regole (CPR)

4.1. I principi costituzionali diretti alla riduzione dei costi di produzione del-le regole e le «controspinte»a) La forma di governo parlamentareb) Il «numero chiuso» delle fonti primariec) Il principio di sussidiarietà (orizzontale)

5. I costi di applicazione delle regole (CAR)5.1. I principi costituzionali diretti alla riduzione dei costi di applicazione del-

le regole e le «controspinte»5.1.1. I CAR «istituzionali»

a) La pubblica amministrazioneb) La Magistratura

5.1.2. I CAR «funzionali»a) La funzione legislativa: l’art. 81 Cost. e l’obbligo di coperturab) La funzione amministrativa: artt. 118 e 119 Cost.

b.1) Principio di sussidiarietà (verticale): art. 118, c. 1°, Cost.b.2) Principio di sussidiarietà (orizzontale): art. 118, c. 4°, Cost.b.3) Principio della copertura integrale delle funzioni svolte

dagli Enti locali: art. 119, c. 4°, Cost.b.4) Principio del ricorso all’indebitamento solo per le spese

d’investimento: art. 119, c. 6°, Cost.6. Conclusioni

Indice XI

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L’ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAZIONE SULLA CONCORRENZA

di Gabriele Mazzantini

1. Introduzione2. Il ruolo dell’Autorità e il suo interesse per l’AIR

2.1. Le regole del libero mercato2.2. Il livello regionale della regolazione

3. Lo studio sulla disciplina regionale del commercio4. L’analisi di impatto della regolazione sulla concorrenza: il caso della Toscana5. Le prospettive future

LEGIMATICA. DEFINIZIONI, CLASSIFICAZIONI,AMBITI D’APPLICAZIONE

di Pietro Mercatali

1. Dall’informatica legislativa alla legimatica: definizioni e distinzioni2. Percorsi di ricerca e sviluppi applicativi

2.1. Sistemi legimatici in Italia2.2. Sistemi legimatici in Europa2.3. La legimatica nella didattica, nelle professioni, nell’industria

3. Ambiti teorici e applicativi della legimatica: classificazioni3.1. L’analisi e la modellazione del testo3.2. Classificazione in base all’approccio metodologico

3.2.1. La legimatica generativa3.2.2. La legimatica analitica3.2.3. La legimatica valutativa o interpretativa

3.3. Classificazione in base all’ambito d’applicazione3.3.1. Legimatica testuale3.3.2. Legimatica intratestuale3.3.3. Legimatica extratestuale

4. Conclusioni

XII Indice

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1 Con tale espressione intendiamo i riferimenti, contenuti nelle sentenze, ad un linguaggio certo, coe-rente e completo, privo di ambiguità, controsensi e indeterminatezza dei significati. L’uso di questi criteri

IL CONTRIBUTO DELLA CORTE COSTITUZIONALEALLA QUALITÀ DELLA NORMAZIONE

di Erik Longo

SOMMARIO: 1. Premessa e metodo della ricerca. – 2. La qualità della legislazione e il processo costituziona-le. – 3. I modelli argomentativi utilizzati dalla Corte. – 4. Il paradigma della «chiarezza normativa». –4.1. La giurisprudenza degli anni ’80-’90. – 4.2. La giurisprudenza degli ultimi dieci anni. – 5. Il richia-mo alle tecniche legislative. – 5.1. Richiamo condizionante. – a) Il difetto di coordinamento. – b) Lesentenze sul rapporto Stato-regioni. – c) Il richiamo alla tecnica legislativa e i poteri interpretativi deigiudici. – d) Forme di condizionamento più forti. – 5.2. Richiamo non condizionante. – 6. Brevi consi-derazioni conclusive sull’indagine svolta.

1. Premessa e metodo della ricerca

Le osservazioni che svilupperemo in queste pagine riguardano il contributo che laCorte costituzionale offre alla qualità della legislazione. Non è raro trovare nelle deci-sioni della Consulta riferimenti a principi fondamentali che hanno a che fare con la ra-zionalità e la sistematicità dell’ordinamento e indicazioni sulle tecniche di normazioneusate dal legislatore. In alcune pronunce, l’accertamento dei presunti vizi di legittimitàcostituzionale è condotto anche attraverso un richiamo ai difetti nell’uso delle tecnichedi legislazione. Nonostante tali pronunce siano diverse l’una dall’altra, l’elemento chele accomuna è proprio il riferimento alle tecniche legislative o ai principi di certezza deldiritto, di chiarezza, di intelligibilità degli atti normativi.

Da queste premesse, l’obiettivo che ci prefiggiamo in questo studio è quello di ac-certare, sulla base dell’osservazione empirica della giurisprudenza costituzionale, i me-todi con cui la Corte costituzionale si occupa delle leggi mal scritte o che non rispon-dono ai principi sopra menzionati.

Ci concentreremo, perciò, sull’esame di quei complessi giurisprudenziali in cui laConsulta esprime «testualmente» il proprio contributo alla qualità degli atti normativi,attraverso valutazioni, riferimenti, suggerimenti, moniti al legislatore.

La chiave di lettura adottata esige che si prendano in esame solo gli indici direttidella qualità della legislazione, cioè i riferimenti espliciti alla qualità della normazione 1.

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è stato scelto guardando ai fondamenti teorici della certezza del diritto espressi soprattutto nei lavori di G.CARCATERRA, Certezza, scienza, diritto, in Riv. int. fil. dir., 1962, 377 ss.

2 Sul punto si vedano, per tutti, A. CERRI, Tecnica legislativa e giurisprudenza della Corte costituzionale,in Modelli di legislatore e scienza della legislazione, vol. III, Esi, Napoli, 1987, 249 ss.; G.M. SALERNO, Latecnica legislativa e la chiarezza normativa nella giurisprudenza costituzionale più recente, in Rass. parl., 1997,1034 ss.; V. CAIANIELLO, Il drafting delle leggi nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Riv. trim. sc.amm., 1999, 15 ss.; G.U. RESCIGNO, Qualità della legislazione e principio di legalità, in Riv. dir. cost., 2000,152 ss.; M. RUOTOLO, La progettazione legislativa. Un’esigenza di rilievo costituzionale?, in Giur. it., 2000,2440 ss.; M. AINIS, La legge oscura, Laterza, Bari, 2002, 109 ss.

3 Più recentemente, gli studi sull’influenza che le sentenze costituzionali hanno sulla qualità della legi-slazione sono stati condotti analizzando settori specifici della giurisprudenza costituzionale. Cfr., tra tutti,R. ROMBOLI-S. PANIZZA, Tecniche di normazione e tutela dei diritti fondamentali: il punto di vista della giu-risprudenza costituzionale, in AA.VV., Tecniche di normazione e tutela giurisdizionale dei diritti fondamen-tali, Giappichelli, Torino, 2007, 211 ss. e V. PAMIO, Corte costituzionale e tecniche legislative. Il triennio2002-2004, in Dir. e soc., 2005, 75 ss.; P. MAZZINA-A. D’ALOIA, Qualità della legge e giustizia costituziona-le: appunti intorno ad una questione aperta, in AA.VV., I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso lefonti del diritto. La prospettiva della giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2001. Si deve dareconto, per completezza, di uno scritto che ha esaminato i moniti alle tecniche legislative contenuti nei rin-vii del Presidente della Repubblica: S. SCAGLIARINI, Il Presidente e la tecnica legislativa, in Dir. pubbl., 2005,265 ss.

4 M. AINIS, La legge oscura, cit., 113 ss. evidenzia almeno cinque ostacoli e altrettanti paradossi cheimpediscono alla Corte di valutare le «leggi oscure». Molti di questi ostacoli derivano dalla natura stes-sa del processo costituzionale, che è un processo concreto e diretto a sanzionare la incostituzionalità nondi un mero enunciato legislativo, ma della norma, cioè della regola del caso concreto, ed inoltre richiedeche sia indicata la norma costituzionale violata. La mancanza di un preciso termine di raffronto conser-vato tra le righe della Costituzione permette che il sistema sia privo di un rimedio efficace contro le nor-me mal scritte.

5 P. DAMIANI, La certezza del diritto come parametro nei giudizi di costituzionalità. Le esperienze italianae spagnola a confronto, in. Giur. cost., 1999, 2347 ss.

6 M. AINIS, cit., 109.7 V., a tal proposito, il recente lavoro di P. TORRETTA, Qualità della legge e informazione parlamentare,

Esi, Napoli, 2007, 7 ss.

L’esame della giurisprudenza costituzionale su questi temi non è un fatto del tuttonuovo. Il dibattito giuridico ha già evidenziato il contributo offerto dalla Corte costi-tuzionale per migliorare la produzione delle norme 2: più volte la dottrina ha sottoli-neato che il processo costituzionale sarebbe il luogo privilegiato per valutare e solleci-tare la qualità della normazione. Studi recenti hanno dimostrato il valore di singolepronunce per garantire la sistematicità dell’ordinamento e per sollecitare interventi dellegislatore 3. Molti autori, tuttavia, hanno del pari evidenziato gli ostacoli di ordine tec-nico 4, ma anche di ordine filosofico 5, che impediscono ai giudici costituzionali di«contribuire ad arginare il progressivo scadimento del prodotto legislativo» 6.

2. La qualità della legislazione e il processo costituzionale

La nozione unitaria «qualità della legislazione» tradisce una molteplicità di signifi-cati 7 che tale concetto assume all’interno del dibattito pubblico, dove viene usata per

52 Erik Longo

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8 Si parla in questi casi di «qualità redazionale»: v. a tale proposito R. DICKMANN, Il drafting come me-todo della legislazione, in Rass. parl., 1997, 214 ss.; S. BARONCELLI, Sviluppi in tema di qualità della legge eriforma del regolamento della Camera dei deputati, in Osservatorio sulle fonti 1997, Giappichelli, Torino,1998.

9 Una ricostruzione delle diverse discipline che si collegano alla qualità della normazione è stata effet-tuata per primo da G. RECCHIA, La qualità della legislazione, in AA.VV., Applicazione e tecnica legislativa,Giuffrè, Milano, 1997, 187 ss.

10 Vedi da ultimo la Comunicazione 30 gennaio 2008 della Commissione Europea in materia di «betterregulation». Per una ricostruzione dello sviluppo dei concetti di «qualità della regolazione» e di «tecnichelegislative» v. G. TIBERI, Tecniche legislative, in Dizionario di diritto pubblico diretto da S. Cassese, vol. VI,Giuffrè, Milano, 2006, 5870 ss.

11 Bisogna precisare che attraverso l’uso del termine «cattiva legislazione» intendiamo isolare taleconcetto rispetto al fenomeno della «crisi della legge». Termine usato negli ultimi anni per indicare lecause della degenerazione delle fonti legali nell’ordinamento italiano (F. MODUGNO, A mo’ di introdu-zione. Considerazioni sulla «crisi» della legge, in ID. (a cura di), Trasformazioni della funzione legislativaII. Crisi della legge e sistema delle fonti, Giuffrè, Milano, 2000). Rispetto alla nostra indagine il tema del-la crisi della legge è un presupposto di cui tenere conto, ma che non può essere analizzato per brevità.Sul tema ci limitiamo dunque a segnalare – oltre alla dottrina citata – gli autori che più di tutti hannostudiato il tema: F. MODUGNO-D. NOCILLA, Crisi della legge e sistema delle fonti, in Dir. soc., 1989, 412ss.; U. DE SIERVO, Problemi attuali del nostro sistema normativo, in ID. (a cura di), Osservatorio sulle fon-ti 1999, Giappichelli, Torino, 2000, 1 ss.; A. RUGGERI, Stato e tendenze della legislazione (tra molte om-bre e qualche luce), in Rass. parl., 1/1999, 172 ss.; P. CARETTI, Il ruolo della legge, oggi, in M. RUOTOLO

(a cura di), La funzione legislativa, oggi, Esi, Napoli, 2007, 53 ss. Da ultimo v. anche il ricco lavoro di L.GENINATTI SATE, I fatti critici del sistema delle fonti e la crisi del principio di legalità, in Dir. pubbl., 2005,885 ss.

12 Per una disamina complessiva dei rimedi recenti alla cattiva legislazione v. M. CARLI, La qualità del-la normazione in Italia: un problema di cultura, in M. RAVERAIRA (a cura di), «Buone» regole e democrazia,Rubettino, Soveria Mannelli, 2007, 179 ss.; R. PAGANO, Introduzione alla legislativa. L’arte di preparare leleggi, Giuffrè, Milano, 2001, 7 ss.; V. ITALIA, La fabbrica delle leggi. Leggi speciali e leggi di principio, Giuf-frè, Milano, 1994.

13 V. a proposito U. DE SIERVO, Le indicazioni per il futuro risultanti dal Rapporto 2001 sullo stato dellalegislazione, in Osservatorio sulle fonti 2001, Giappichelli, Torino, 2002.

14 Tra i primi a parlare di «inquinamento legislativo» vi è A. MARTINO, La progettazione legislativa nel-

indicare, da un lato, le modalità di formazione delle regole giuridiche 8, la conoscibilitàe la comprensibilità del testo, dall’altro, l’analisi sociologica degli effetti prodottidall’applicazione delle leggi e gli strumenti giuridici ed economici per garantirne l’effet-tività e l’efficacia 9. Nel linguaggio delle istituzioni si usa tale termine per riassumere l’in-sieme di obiettivi e mezzi che servono per risolvere i fenomeni degenerativi della legi-slazione 10. La «qualità» non è anzitutto un termine che sintetizza un tipo ideale di legi-slazione ma una nozione usata per indicare le «cure» contro la cattiva legislazione 11.

Gli studiosi delle scienze gius-pubblicistiche, in particolare, vedono nella qualitàdella legislazione un termine che indica i numerosi rimedi tecnici di cui ogni ordina-mento si dota per superare quelle degenerazioni del sistema legale, distinguibili secon-do due prospettive 12: nella prima categoria rientrano i difetti è ascrivibili all’eccessivonumero delle leggi in vigore, chiamato spesso «inflazione legislativa» 13; alla secondacategoria, invece, appartengono le «irregolarità» provocate dalle leggi malamente re-datte, che per via di un testo oscuro, lacunoso, contraddittorio, eccessivamente com-plesso, generano il fenomeno chiamato «inquinamento legislativo» 14.

Il contributo della Corte costituzionale alla qualità della normazione 53

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l’ordinamento inquinato, in Stud. parl. e di pol. cost., 1977, 1 ss. Per una definizione più recente di «inqui-namento legislativo» cfr. M. RAVERAIRA, Applicazione e fattibilità legislativa, in E. PATTARO-A. ZANNOTTI (acura di), Applicazione e tecnica legislativa, Giuffrè, Milano, 1998, 250 ss.

15 Interventi che negli ultimi anni sono diventati sempre più importanti nell’agenda politica del nostroParlamento. Ci si riferisce alle iniziative in tema di semplificazione, di approvazione di testi unici e alla isti-tuzione, durante la XV Legislatura, di un’apposita commissione tecnica con il compito di individuare unadrastica riduzione del numero delle leggi in vigore, la cd. commissione «Taglia leggi». V. a questo proposi-to il contributo di M. CECCHETTI in questo volume. Per una panoramica generale dei rimedi predisposti perrisolvere l’inflazione legislativa v. anche P. TORRETTA, Qualità della legge e informazione parlamentare, cit.,54 ss.

16 Ma anche tra quest’ultimo tipo di vizi è necessario svolgere alcune distinzioni. In alcuni casi i difettipossono essere talmente gravi da impedire alla legge o all’atto avente forza di legge il riconoscimento allastregua dei canoni esteriori fissati dalla Costituzione. In tali ipotesi, come ha indicato la dottrina, è diffici-le distinguere tra l’invalidità e la radicale inesistenza della legge, e di conseguenza comprendere se si trattadi un vizio conoscibile dalla Corte. M. AINIS, La legge oscura, cit., 110.

17 Come ricorda M. AINIS, Le parole e il tempo della legge, Giappichelli, Torino, 1996, 133, «l’annulla-mento dell’atto legislativo solo a causa della sua difettosa formulazione stride con il favor legis testimonia-to a chiare lettere durante tutto l’arco della giurisprudenza costituzionale» ed è reso «problematico dalladifficoltà di invocare una norma costituzionale violata». «Non di rado», continua l’autore, «la Corte ha pre-ferito salvare la legge, pur auspicandone la revisione formale al fine di scongiurare equivoci in sede di in-terpretazione». Motivi tecnico-giuridici, dunque, ma anche motivi di ordine politico e economicità del giu-dizio costituzionale. Su tali problemi cfr. A. RUGGERI, Corte costituzionale e Parlamento tra aperture del«modello» e fluidità dell’esperienza, in A. RUGGERI-G. SILVESTRI (a cura di), Corte costituzionale e Parla-mento. Profili problematici e ricostruttivi, Giuffrè, Milano, 2000.

Ma gli effetti dannosi della scarsa qualità della legislazione non sono confinati en-tro il terreno del procedimento legislativo. I difetti della decisione normativa, infatti,incidono negativamente sulla certezza del diritto e sulla effettività delle norme giuridi-che, con conseguenze negative anzitutto sulla tutela dei diritti delle persone. Il disor-dine creato da una norma oscura amplia notevolmente i margini interpretativi entrocui si esplica l’interpretazione della legge con una conseguente incertezza nei rapportigiuridici.

Non è raro che una delle irregolarità delle leggi come sopra descritte approdi allaCorte costituzionale. Il processo costituzionale italiano è uno dei luoghi privilegiati peresaminare sia le carenze che riguardano il linguaggio dell’enunciato normativo sia i ri-flessi di queste sui principi e i diritti affermati nella Costituzione. Tuttavia, proprio conriguardo ai difetti indicati, la Corte costituzionale ha spesso le armi spuntate. I giudicicostituzionali, infatti, non possono conoscere il primo tipo di difetti individuati (infla-zione legislativa): l’eccessivo numero di leggi rappresenta un problema risolvibile prin-cipalmente attraverso un intervento del legislatore 15, non spetta agli organi di giustiziacostituzionale occuparsene, a meno che questo problema non si trasformi in un viziodel secondo tipo, cioè in un caso di inquinamento legislativo 16.

Il controllo della Consulta, inoltre, rappresenta solo una extrema ratio di fronte aleggi di scarsa qualità redazionale. La Corte rimane un organo giurisdizionale con li-mitati poteri per la «cura» delle leggi. Il giudizio sulla qualità delle leggi pone delicatequestioni di rispetto dell’autonomia di scelta del legislatore 17: per dichiarare incostitu-zionale una norma non basta la violazione dei principi legati all’interna coerenza del-l’ordinamento; l’irrazionalità della legge derivante dal vizio di «oscurità» deve essere

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18 Questo ragionamento è tributario delle argomentazioni svolte da G. ZAGREBELSKY, La giustizia costi-tuzionale, Il Mulino, Bologna, 1988, 147 ss., riguardo al giudizio di «razionalità».

19 Ad esempio non potrebbe essere dichiarata incostituzionale una norma esclusivamente perché il suocontenuto è «inattuabile» o per il fatto che non produce gli effetti indicati dal legislatore al momento in cuiè stata approvata la relativa legge. Questi aspetti rientrano nelle valutazioni che devono compiere il legisla-tore ed il governo nelle sedi politiche in cui utilizzano le tecniche per garantire la qualità della legislazione.

20 È il tema della c.d. interpretazione conforme, sulla quale v. V. BONCINELLI, I valori costituzionali tra«testo» e «contesto», cit., 41 e 42.

21 Così come è possibile che una legge ben scritta, ma che non viola altri precetti costituzionali, sia unacattiva legge e non serva allo scopo per il quale è stata prodotta. Cfr. M. AINIS, Una finestra sulla qualità del-la legislazione, in Rass. parl., 1996, 191.

22 O per dirla con le parole di M. AINIS, Sulla comunicazione delle regole giuridiche (e su un vuoto di co-municazione nella letteratura giuridica), in Quad. cost., 2002, 627 ss., quando la «forma tradisce la funzio-ne».

23 A. SIMONCINI, Cosa è il diritto? Una domanda «persistente», in F. VENTORINO-P. BARCELLONA-A. SI-MONCINI, La lotta tra diritto e giustizia, Marietti, Genova, 2008.

24 La Corte ci abitua sempre più a quello che P. FALZEA, Aspetti problematici del seguito legislativo del-le sentenze della Corte costituzionale, in A. RUGGERI-G. SILVESTRI (a cura di), Corte costituzionale e Parla-mento, Giuffrè, Milano, 2000, 136, ha definito il privilegio della «costituzionalità complessiva dell’ordina-mento».

anche ingiustificata 18, vale a dire deve collidere con un’esigenza avvertita all’internodell’ordinamento e riconoscibile dalla Consulta.

La Corte costituzionale, perciò, non gode di una notevole libertà di giudizio nel farvalere le contraddizioni che riguardano il testo della legge e si collegano all’uso delletecniche legislative. Per essa, annullare una norma perché viola un principio relativo al-la oscurità del testo rappresenta una decisione complessa, che occorre prendere soloquando vi è l’assoluta certezza della irrimediabilità della scelta e della non «politicità»della questione 19.

Per questi motivi i giudici preferiscono superare la mancanza di qualità attraversol’uso delle normali tecniche ermeneutiche: l’ambiguità, la non chiarezza, la vaghezzadella «lettera» possono essere spesso superate dal normale procedimento interpretati-vo o attraverso l’adeguamento del significato delle norme all’interpretazione dei pre-cetti costituzionali 20. Non basta la mera incomprensibilità linguistica per dichiarare in-costituzionale una norma «oscura». Occorre che insieme alla violazione delle regole se-mantiche da parte della disposizione anche la norma corrispondente sia incostituzio-nale 21.

Nel processo costituzionale, insomma, la forma delle regole viene in gioco solo lad-dove essa stabilisce un rapporto di condizionamento insuperabile con la funzione chele norme stesse hanno 22, cioè quella di fornire un modello di comportamento, «ragio-ni per agire 23».

Ovviamente questo non vuol dire che la Corte rifiuti di occuparsi della qualità del-la legge o che l’importanza delle tecniche legislative sia sconosciuta alle sentenze costi-tuzionali, ma solo che i giudici costituzionali si dimostrano attenti agli obiettivi dell’or-dinamento più che all’astratta considerazione delle regole tecniche 24.

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25 Penso soprattutto alla «chiarezza» e alla «certezza» del diritto. 26 Quella della «legge oscura» è divenuta, dopo la pubblicazione dell’omonimo libro di M. Ainis, la più

nota delle patologie della legislazione ma essa si collega ad un numero più elevato di difetti del testo delleleggi. Per tale opera di sistematizzazione cfr. R. PAGANO, Introduzione alla legistica, Giuffrè, Milano, 2004.

27 Che non siano solo le norme degli artt. 13 e 25 Cost., le quali esprimono il principio della «determi-natezza» delle fattispecie penali. Ci pare necessario far notare che la mancanza di un parametro esplicitosulla qualità della legislazione non è affatto un limite della nostra Costituzione. Riteniamo anzi che l’intro-duzione di indicazioni di natura tecnica in Costituzione avrebbe un effetto inverso a quello che si vorrebberaggiungere. Aveva già parlato di norme sulla normazione come la «peggiore delle pene inflitte alla Costi-tuzione» A. RUGGERI, I paradossi delle esperienze di normazione, attraverso i rapporti tra Parlamento e Go-verno sul piano delle fonti (e dal punto di vista della forma di Stato e della teoria della Costituzione), in Riv.dir. cost., 2002, 147.

28 Ci riferiamo in particolare all’ordinamento francese. V. da ultimo le sentenze del Conseil constitu-tionnel, nn. 499, 500 e 501/2005. Per la situazione spagnola, anteriore al 1999, v. P. DAMIANI, La certezzadel diritto come parametro nei giudizi di costituzionalità. Le esperienze italiana e spagnola a confronto, cit.,2347 ss.

29 Pur avendo condotto un’indagine sulla giurisprudenza degli ultimi venti anni, nelle pagine che se-guono si darà conto solo delle sentenze approvate nel corso degli ultimi dieci anni.

30 Per fare alcuni esempi importanti non abbiamo considerato tutte le numerose sentenze della giuri-sprudenza costituzionale sulle leggi di interpretazione autentica e abbiamo cercato di tenere fuori anche ilgran numero di sentenze contenenti un monito rivolto al legislatore a riformare interi settori di disciplina ele sentenze sulla decretazione d’urgenza recenti in cui la Corte avvicina molto i requisiti dell’art. 77 Cost.ad un sindacato sulle tecniche legislative. Queste sentenze sono state analizzate solo se contenenti un rife-rimento chiaro circa l’uso delle tecniche legislative e nella misura in cui questo sia stato rilevato puntual-mente dalla Corte costituzionale.

3. I modelli argomentativi utilizzati dalla Corte

Una delle difficoltà maggiori che si incontrano nell’esame del contributo che laCorte offre per la qualità della legislazione è la estrema variabilità del linguaggio usatonelle sentenze che affrontano uno di questi problemi. Solo raramente i giudici costitu-zionali impiegano i criteri e le categorie che sono stati elaborati a livello politico per da-re conto delle patologie derivanti dalla cattiva redazione dei testi normativi e raramen-te il richiamo alla qualità del testo normativo è ben distinguibile all’interno delle moti-vazioni delle sentenze. Per cogliere il riferimento ai principi della chiarezza ed alle tec-niche legislative bisogna setacciare bene la giurisprudenza costituzionale, provandoanzitutto a riscontrare l’uso di quelle espressioni che richiamano i principi 25 lesi dalla«oscurità» o le tecniche di redazione dei testi legislativi 26. È evidente che la mancanzadi un parametro costituzionale esplicito 27 – presente in altre carte costituzionali 28 –impedisce che il giudizio della Corte si attesti su un modello argomentativo univoco.

Partendo da questi rilievi, l’indagine condotta ha tentato di verificare in quali cir-costanze e per quali motivi all’interno della recente 29 giurisprudenza costituzionalecompaia non di rado un riferimento alla qualità della legislazione. Per fare questo ab-biamo ristretto il campo dell’analisi a quelle pronunce che utilizzano l’espediente del-la qualità normativa come elemento chiaramente distinguibile nella motivazione, met-tendo da parte tutte quelle sentenze che affrontano un problema solo latamente ricon-ducibile alle questioni di tecnica legislativa o di corretto uso delle fonti giuridiche 30.

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31 Identificabili nell’art. 13 e nell’art. 25 Cost.32 Per i fondamenti del principio di determinatezza della legge penale v. M. D’AMICO, Qualità della le-

gislazione, diritto penale e principi costituzionali, in Riv. dir. cost., 2001, 11 ss.33 Cfr. M. AINIS, La lingua del legislatore, in S. TRAVERSA (a cura di), Scienza e tecnica della legislazione,

Jovene, Napoli, 2005.34 Le implicazioni della certezza del diritto con il giudizio di costituzionalità sono ben individuate nel

saggio di P. DAMIANI, La certezza del diritto come parametro nei giudizi di costituzionalità. Le esperienze ita-liana e spagnola a confronto, cit., 2347 ss. Oltre a un interessante confronto con la situazione spagnola, talesaggio affronta il problema relativo alla mancanza di un parametro certo con cui la Corte possa esaminareil rispetto del principio della certezza del diritto.

35 Complice la necessità di una dilatazione dei propri poteri e l’affermazione del suo ruolo di garantedell’ordine costituzionale, in quegli anni alcune sentenze famose della Corte stabilirono un nesso di colle-gamento stretto tra la tutela della Costituzione e la tutela della certezza giuridica. Per l’evoluzione di que-sti principi cfr. L. PEGORARO, Linguaggio e certezza della legge nella giurisprudenza della Corte costituziona-le, cit. Quanto allo studio della crescita del ruolo della Corte durante i primi anni della sua attività v. A. SI-MONCINI, L’istituzione della Corte costituzionale e la sua affermazione: una lezione dalla storia, in Giorn. stor.cost., 2006.

L’esame si è svolto guardando a due tipologie di percorsi argomentativi svolti dallaCorte, descritti attraverso una sistematizzazione dei riferimenti alla qualità che sonopresenti nelle motivazioni delle sentenze: da un lato, i riferimenti ai principi che sor-reggono la qualità, ed in particolare il paradigma della «chiarezza normativa»; dall’al-tro, il richiamo espresso nelle motivazioni alle tecniche legislative.

4. Il paradigma della «chiarezza normativa»

4.1. La giurisprudenza degli anni ’80-’90

La nostra Costituzione non contiene una norma esplicita che impone di scrivereuna legge rispettando i principi della «certezza del diritto» e della «chiarezza normati-va». Solo per le fattispecie penali la Carta fondamentale obbliga a redigere le disposi-zioni che descrivono i reati e le relative sanzioni in modo univoco 31. Il principio dellatassatività del diritto penale impone al legislatore di essere più preciso nella descrizio-ne dei comportamenti vietati e di tenere un atteggiamento di favor per la libertà dellepersone 32. Del resto, come ha affermato la dottrina, «dove viene in gioco la libertà per-sonale degli individui nessun sistema giuridico abbastanza evoluto può permettersi illusso d’essere generico, perché ciò equivarrebbe a consegnare un potere formidabilenelle mani del giudice penale» 33.

Il richiamo ai principi della «certezza del diritto» e alla «chiarezza normativa» rap-presenta il metodo più risalente con cui la Corte collega l’esigenza della qualità dellenorme alla Costituzione 34.

Dopo le sentenze adottate nei suoi primi venti anni di attività, in cui la Corte ha in-teso ricostruire il tenore del principio della certezza del diritto e della chiarezza del det-tato normativo 35, negli anni ’80 un gran numero di decisioni incidentali hanno colle-

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36 Si tratta essenzialmente delle sentenze nn. 35/1980, 108/1983, 154 e 237/1984, 206, 207 e 231/1985,74, 102, 157/1985, 152/1985. Per un esame complessivo di queste sentente cfr. L. PEGORARO, Linguaggio ecertezza della legge nella giurisprudenza della Corte costituzionale, cit. e A. CERRI, Tecnica legislativa e giuri-sprudenza della Corte costituzionale, in Modelli di legislatore e scienza della legislazione, cit., 249 ss.

37 Cfr. sentt. nn. 31/1983, 245 e 292/1984, 177/1988.38 Cfr. sent. n. 364/1988, punto n. 27 del c.i.d.39 Pur riferendosi, infatti, al principio dell’ignoranza della legge penale, non si possono non leggere,

nelle parole della sent. n. 364/1988, riferimenti allo stato complessivo dell’ordinamento. Ci si riferisce inparticolare al passo in cui la Corte afferma che «è indispensabile non trascurare le cause, remote e prossi-me della predetta ignoranza, e pertanto, estendere l’indagine al preliminare stato della relazione tra ordi-namento giuridico e soggetti …». Una completa disamina del principio di determinatezza si trova in M.D’AMICO, Qualità della legislazione, diritto penale e principi costituzionali, cit., 5 ss.

40 Cfr. sent. n. 185/1992, punto n. 2 del c.i.d.41 Queste sentenze avranno l’effetto comunque di ridonare vigore al problema della sindacabilità della

cattiva redazione dei testi legislativi. Importante ricordare non solo il commento della sent. n. 185/1992 diG.U. RESCIGNO apparsa sulla Giur. cost del 1992 «L’errore materiale del legislatore, la cattiva redazione del-le leggi e la Corte», ma anche la nota voce «Tecnica legislativa» dello stesso autore, in Enc. giur., XXX, Ro-ma, 1993.

gato alla garanzia dei diritti una costante esortazione a razionalizzare e rendere più si-stematica la normativa esistente, garantendone omogeneità e completezza 36. Nellostesso periodo alcune sentenze, rese in giudizi in via principale, hanno affermato che lamancanza di chiarezza del dettato normativo può essere presupposto della dichiara-zione di incostituzionalità 37.

La sent. n. 364/1988, ad esempio, afferma per la prima volta il valore che ha il prin-cipio della certezza del diritto all’interno del processo costituzionale. La Corte rintrac-cia nell’art. 25, c. 2°, Cost. il principio della necessaria chiarezza e intelligibilità delleleggi penali, fino a ritenere causa di giustificazione l’errore inevitabile dovuto a igno-ranza della legge penale per «mancanza di riconoscibilità della disposizione normati-va 38». Nelle parole della Corte si legge un vero e proprio obbligo per il legislatore –non limitato alle sole norme penali – di formulare «leggi precise, chiare, contenenti ri-conoscibili direttive di comportamento 39».

In questo caso, la qualità della legislazione incide sul principio della determinatez-za/tassatività delle norme penali, «inteso non soltanto quale garanzia contro l’arbitrio delgiudice, ma anche quale presidio della libertà e della sicurezza dei cittadini». L’errore ma-teriale nel quale è incorso il legislatore nel formulare le fattispecie penali rilevanti, dirà laCorte pochi anni più avanti, costituisce per il cittadino un’insidia «palesemente idoneaad impedirgli la comprensione del precetto penale o, quantomeno, a fuorviarlo 40».

Questo orientamento ha avuto echi durante gli anni ’90, nel periodo successivo al-la positivizzazione delle prime regole di drafting legislativo. Nelle sentenze di questi an-ni i giudici costituzionali richiamano spesso i criteri della chiarezza e della intelligibi-lità dei testi legislativi senza però indicare mai nella violazione delle regole della legi-stica un vizio autonomo delle leggi. Le prime pronunce di questi anni, la n. 185/1992e la n. 233/1993, ascrivono la valutazione della chiarezza e dell’intellegibilità del testolegislativo nel giudizio di razionalità. La chiarezza, come era stato per la giurispruden-za formatasi negli anni precedenti, è assunta come un derivato della ragionevolezza 41.

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42 Cfr. G. SALERNO, Tecnica legislativa e chiarezza normativa, cit., 1057.43 P. MAZZINA-A. D’ALOIA, Qualità della legge e giustizia costituzionale: appunti intorno ad una questio-

ne aperta, cit., 860.44 In quegli anni si dimostrarono inefficaci i tentativi di autolimitazione legislativa realizzati attraverso

l’abrogazione espressa e le norme della legge n. 400/1988. V., a tale proposito, U. DE SIERVO, Contributo aldibattito sulle norme sulla produzione normativa contenute in fonti primarie (a proposito del c.d. statuto deidiritti del contribuente), in Osservatorio sulle fonti 2001, Giappichelli, Torino, 2002.

45 M. RUOTOLO, La progettazione legislativa. Un’esigenza di rilievo costituzionale?, cit., 2443.

Le pronunce successive, nn. 312 e 364/1996 e n. 53/1997 impongono un cambiamen-to di questo indirizzo. La Corte tenderà a correggere in via interpretativa le evidentiimprecisioni e le oscurità prodotte dai vizi di elaborazione delle leggi.

Tali sentenze adottano, infatti, soluzioni che rispondono all’esigenza della discipli-na specifica e non alla necessità di indicare al legislatore una strada certa per garantirei principi richiamati. Come ha affermato la dottrina che più da vicino ha analizzatoquesti orientamenti, a seguito delle sentenze menzionate «la chiarezza è valutata solocome ausilio per “rendere più agevole il lavoro dell’interprete e degli operatori giudi-ziari”, e non appare affatto come un connotato essenziale della disciplina legislativache rispetti pienamente la riserva di legge costituzionalmente prevista a tutela dei di-ritti individuali» 42. Quello che emerge dalle sentenze è «un quadro ricostruttivo (…)incerto e (di) non facile delineazione» 43, che trova corrispondenza nella situazione diinefficacia delle prime misure messe a punto al fine di risolvere i problemi delle fontinormative 44.

4.2. La giurisprudenza degli ultimi dieci anni

Negli anni successivi l’intervento della Corte a tutela di questi principi è divenutosempre meno netto, giacché si sono utilizzati molto moderatamente i principi di chia-rezza e di certezza della legge. La tendenza generale che si registra è un abbandono deiriferimenti a questi principi anche come «ausilio» alla decisione. I giudici costituzio-nali evitano di divenire i controllori della chiarezza normativa e limitano il proprio giu-dizio alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con riguardo a parametri cer-ti, riferendosi ai principi legati alla certezza solo se il difetto si sostanzia nella genericitàdella formulazione e a condizione che da essa derivi «un’ambiguità ed un’incertezzache si rifrange sulle intenzioni del legislatore 45».

Le decisioni del triennio 1998-2000 sono esemplificative di questo orientamento.Nella sent. n. 398/1998, ad esempio, le regioni avevano lamentato una violazione

delle proprie competenze legislative per effetto di disposizioni mal scritte e incom-prensibili. La Corte esclude che la lesione di una competenza regionale possa seguiread un difetto di chiarezza o di maggiore conoscibilità della norma. Il richiamo, tutta-via, è espresso non per escludere un valore a tali principi, ma solo per affermare che es-so ha una portata diversa per i soggetti all’interno dell’ordinamento: una lesione dellachiarezza non è invocabile da tutti i soggetti dell’ordinamento allo stesso modo. Diconseguenza, un soggetto istituzionale come la regione non può utilizzare un parame-

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46 Non a caso è richiamata la già citata sent. n. 364/1988 come termine di paragone.47 Secondo i giudici costituzionali «(i) criteri e (i) principi direttivi generali della delega (…) attribui-

scono al Governo una delega assai ampia, enunciata con la medesima formulazione ripetutamente adotta-ta nelle leggi comunitarie annualmente emanate ed in relazione alle quali si é già altra volta espresso l’au-spicio, riferito alle sanzioni penali che esigono il massimo di chiarezza e certezza, che la delega sia enunciatacon una più precisa indicazione di criteri (sent. n. 53/1997)». Cfr. sent. n. 49/1998. Nostro il corsivo.

48 Cfr. Corte. cost., sentt. nn. 69/1999 e 263/2000. 49 L’analisi di questo indirizzo giurisprudenziale è stata già effettuata da M. D’AMICO, Qualità della le-

gislazione, diritto penale …, cit., 52 ss. 50 Cfr. sent. n. 519/2000, punto n. 4 del c.i.d.

tro che nell’ordinamento si applica per garantire la piena conoscenza della legge daparte dei cittadini 46.

La sent. n. 49/1999 allontana ancora di più la giurisprudenza costituzionale dal-l’esame della chiarezza e della certezza quali criteri che possono orientare la definizio-ne della questione di legittimità. La Corte si limita a ricordare, usando l’espediente del-l’«auspicio», che la definizione delle sanzioni penali debba avvenire attraverso il ri-spetto «massimo» della chiarezza e della certezza 47. È evidente, però, che dal richiamoa questi principi i giudici non fanno derivare alcuna conseguenza in termini di incosti-tuzionalità della norma. Piuttosto questa sentenza, insieme ad altre dal tenore molto si-mile 48, esprime un criterio nuovo relativo alla valutazione della qualità delle leggi pe-nali: secondo i giudici, infatti, essa dipende non solo dalla analisi dell’operato del legi-slatore, ma anche dall’interpretazione dei giudici comuni 49.

Nella sent. n. 519/2000 si realizza la definitiva esclusione di una valutazione auto-noma del principio della chiarezza, declinato come necessaria «determinatezza» dellanozione usata dal legislatore.

In essa, con riferimento alle censure di costituzionalità sollevate dal giudice mi-litare nei confronti del reato di grida e manifestazioni sediziose contenuto nel codi-ce militare di pace, la Corte rigetta le censure appellandosi all’indirizzo interpreta-tivo della giurisprudenza costituzionale e della giurisprudenza comune preso comefattore di chiarificazione delle disposizioni impugnate. La sentenza, infatti, inseri-sce una distinzione, riguardo al «principio della necessaria offensività del reato», trail «terreno della previsione normativa» e «quello dell’applicazione giudiziale», eparla di una «lesività in astratto, intesa quale limite alla discrezionalità del legislato-re nella individuazione di interessi meritevoli di essere tutelati mediante lo stru-mento penale, suscettibili di essere chiaramente individuati attraverso la formula-zione del modello legale della fattispecie incriminatrice» ed una «lesività in concre-to», cui «fa riscontro il compito del giudice di accertare (…), nel momento applica-tivo, se il comportamento posto in essere lede effettivamente l’interesse tutelato dal-la norma 50».

Negli anni successivi si ha una piccola «ripresa» della giurisprudenza sulla chiarez-za. Le decisioni ricostruiscono il quadro teorico di riferimento dei principi della cer-tezza del diritto e della ragionevolezza della decisione normativa, indicando i confinitra l’attività del legislatore (questa volta anche regionale), della Corte e dei giudici co-muni.

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51 La Corte era chiamata, dunque, a giustificare l’uso di uno strumento normativo, la legge di semplifi-cazione, per evitare che l’inerzia regionale nell’esercizio delle competenze regolamentari potesse portareall’anomia in certi settori.

52 L. 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione diprocedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999).

53 Si legge nella motivazione che «la delegificazione (…) è in grado di introdurre, da questo punto di vi-sta, un elemento di chiarezza» della disciplina. La sentenza dichiara l’infondatezza della questione affer-mando che i rilievi mossi con riguardo al principio di chiarezza e di certezza sono «inconsistenti». Bisognapure dare conto che la parte motiva della sentenza contiene un duro monito alle regioni, colpevoli, affermala Corte, di inerzia legislativa in molti dei settori che negli anni sono stati affidati loro attraverso le leggi ditrasferimento delle funzioni. Cfr. c.i.d., sent. n. 376/2002.

54 La Consulta continua spiegando il perché di questa oscurità: «non risulta affatto chiaro in che cosaconsista l’oggetto della concessione e quali beni culturali riguardi. Tanto più che modalità, criteri e garan-zie per l’affidamento in concessione dei servizi finalizzati alla migliore fruizione di tali beni dovrebbero es-sere fissati, secondo la medesima disposizione, da un apposito e dettagliato regolamento ministeriale, chedovrebbe regolare persino aspetti minuti della convenzione concessoria, quali le forme di reclutamento edi livelli di professionalità del personale». Cfr. c.i.d., sent. n. 26/2004.

55 Si legge nella sentenza che «il legislatore, attraverso l’abrogazione dell’art. 7, c. 3°, del d.lgs. n.

La sent. n. 376/2002, ad esempio, richiama i principi legati alla certezza del dirittoper trarne conseguenze non sotto il profilo della ripartizione dei poteri normativi traStato e regioni. In questo caso il giudizio sulla chiarezza assume un volto particolareperché viene svolto all’interno di un giudizio in via principale 51. Oggetto di giudizio dicostituzionalità erano le norme della legge di semplificazione per il 1999 52. Mentre ri-levano che nel giudizio sulle norme statali impugnate opera il cd. meccanismo della«cedevolezza», i giudici costituzionali colgono l’occasione per ricordare alle regioni ilcorretto uso del potere legislativo 53.

Più recentemente si è affermato un indirizzo giurisprudenziale che ha introdottouna variante dell’argomentazione fondata sui principi di chiarezza e certezza del dirit-to rilevando l’«oscurità» del testo normativo. La prima sentenza che inaugura questoorientamento è la n. 26/2004, relativa ad un ricorso delle regioni nei confronti di unalegge statale in cui si afferma la possibilità per il Ministero dei beni culturali di «gesti-re» e «valorizzare» i beni culturali. Per giustificare il relativo potere statale riguardo aibeni culturali, la Consulta ha dichiarato che la norma della legge statale non è per nul-la chiara e ha proseguito dichiarando che il «controverso accoglimento in sede parla-mentare (…) si è evidentemente riflesso su una certa oscurità di formulazione dellanorma e spiega altresì i mutamenti che il testo legislativo ha subito successivamente al-la sua entrata in vigore» 54.

Il quadro della giurisprudenza sull’uso della certezza del diritto si completa condue sentenze recenti che segnano un passaggio importante nel «cammino» interpreta-tivo svolto dalla Corte in questi anni. Si consolida, infatti, l’atteggiamento di autolimi-tazione della Corte e viene sempre più utilizzato il filtro che esclude la rilevabilità de-gli aspetti solo meramente formali della chiarezza normativa.

Nella sent. n. 109/2007, relativa alle norme che disciplinano l’acquisizione delleprove nel processo tributario, i giudici costituzionali escludono la lesione dei principidi chiarezza perché i difetti palesi di «vaghezza» di cui era affetta la disposizione im-pugnata erano stato superati in via interpretativa dai giudici di legittimità 55.

Il contributo della Corte costituzionale alla qualità della normazione 61

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546/1992, ha voluto rafforzare il carattere dispositivo del processo tributario espungendo da esso il po-tere officioso dal quale soprattutto, pressoché unanimemente, la giurisprudenza e la dottrina desumeva-no, quanto all’istruzione, la sua natura di processo inquisitorio (o, secondo altra terminologia, acquisiti-vo) (…). L’estrema vaghezza del dettato legislativo («è sempre data alle commissioni tributarie facoltà diordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia») avevafavorito il formarsi di vari indirizzi giurisprudenziali – talvolta radicalmente divergenti se non contrap-posti – a seconda che della norma fosse valorizzata la sua derivazione, pressoché testuale, dall’art. 36, c.3°, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), ovvero fossesottolineata l’esigenza del suo coordinamento, in generale, con le norme del codice di procedura civile(…) e, in particolare, con il principio dell’allegazione dei fatti riservata alle parti (…)». Cfr. c.i.d., sent.n. 109/2007.

56 Cfr. c.i.d., sent. n. 182/2007.57 R. ROMBOLI, Tecnica legislativa e qualità della legislazione: l’inidoneità del giudizio costituzionale a ve-

rificarne i vizi, in Foro it., 2008, 1472.58 Sarebbe più idoneo parlare di un (paradossale) «tasso di incertezza» nella giurisprudenza costituzio-

nale sul concetto di certezza.59 G.M. SALERNO, La tecnica legislativa e la chiarezza normativa nella giurisprudenza costituzionale più

recente, cit., 1039 ss.60 Il giudizio della Corte non indica che i principi di coerenza, intelligibilità, certezza e chiarezza nor-

mativa sono imputabili esclusivamente alle norme, cioè al risultato interpretativo che si trae dal testo delledisposizioni. L’atteggiamento dei giudici costituzionali, infatti, è sì quello di chi deve trarre da un materia-le incoerente e lacunoso una soluzione univoca, ma anche di chi può indicare la strada per una maggioreresponsabilità degli organi legislativi data la potenza delle sue pronunce. Un’interessante ricostruzione delproblema della «coerenza» dell’ordinamento nella giurisprudenza costituzionale è effettuato da R. BIN, Ra-gionevolezza e divisione dei poteri, in M. LA TORRE-A. SPADARO (a cura di), La ragionevolezza nel diritto,Giappichelli, Torino, 2002.

Eguale percorso argomentativo segue la decisione presa nella sent. n. 182/2007. Inquesto caso si può ricavare un’indicazione ulteriore rispetto ai precedenti: la Corteopera un chiaro self restraint, affermando che non è suo compito «procedere ad aggiu-stamenti delle norme processuali per mere esigenze di coerenza sistematica e simme-tria, in ossequio ad un astratto principio di razionalità del sistema normativo, senza chesi possano rilevare lezioni di principi o regole contenuti nella Costituzione o di dirittocostituzionalmente garantiti 56».

Le parole dei giudici costituzionali sono certamente molto nette e, come è stato af-fermato proprio a commento della sent. n. 182/2007, ribadiscono che lo strumento delprocesso costituzionale e dell’impugnazione delle leggi davanti alla Corte non appareidoneo a garantire la qualità della legislazione 57. La decisione evidenzia tuttavia un da-to tendenziale, riferito solo al richiamo non puntuale ai principi meta-positivi legati al-la certezza del diritto. La chiarezza e la certezza del diritto sono principi utilizzati inmodo «debole» all’interno di queste sentenze 58. La Corte li menziona solo in casi ec-cezionali e mai per arrivare alla declaratoria di incostituzionalità 59.

Alla luce dell’esame effettuato possiamo aggiungere un rilievo ulteriore: il richiamoalla scarsa chiarezza o alla mancanza di intelligibilità del testo normativo serve, specienelle sentenze più recenti, come presupposto per un monito da indirizzare al legislato-re, senza però che questo si traduca in un giudizio sulle scelte di tecnica normativa o inuno sconfinamento della Corte nelle questioni che appartengono solo al legislatore 60.La Consulta, dunque, tende a privilegiare un atteggiamento di «autoesclusione» verso

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61 Con queste parole intendiamo riferirci non all’espansione politica del controllo di costituzionalità,che è un fatto assodato, ma al sindacato da parte della Corte della sfera di discrezionalità politica degli or-gani costituzionali. Come ha di recente ricordato G. ZAGREBELSKY, Principî e voti. La Corte costituzionale ela politica, Einaudi, Torino, 2005, 39, «la Corte costituzionale è dentro la politica, anzi ne è uno dei fattoridecisivi, se per politica si intende l’attività finalizzata alla convivenza. La Corte è non-politica, se per poli-tica si intende la competizione tra le parti per l’assunzione e la gestione del potere». Durante questi anninon sono mancate in dottrina ricostruzioni che hanno tentato di dare una visione più ampia del rapportotra la sfera della rappresentanza politica e l’attività della Corte costituzionale a cui si rimanda per comple-tezza. Cfr. O. CHESSA, Corte Costituzionale e trasformazioni della democrazia pluralistica, in AA.VV., Cortecostituzionale e processi di decisione politica, Giappichelli, Torino, 2005, 17 ss., C. PANZERA, Sentenze nor-mative della Corte costituzionale e forma di governo, in A. RUGGERI (a cura di), La ridefinizione della formadi governo attraverso la giurisprudenza costituzionale, Esi, Napoli, 2006, 496 ss.

62 Cfr. punto n. 3 del c.i.d., sent. n. 182/2007.63 Di recente alcuni autori hanno sottolineato, a partire da alcune pronunce della Corte, l’esistenza di

una forte incidenza della tutela dei diritti sul piano della tecnica della normazione. C. PANZERA, Tutela deidiritti fondamentali, tecniche di normazione e tipologia delle pronunce costituzionali (la «rivoluzione dellaflessibilità»), in A. RUGGERI (a cura di), Tecniche di normazione e tutela giurisdizionale dei diritti fondamen-tali, Giappichelli, Torino, 2007, 298 e 299. Il tema certamente non è nuovo. Si pensi, tanto per fare unesempio, alle decisioni degli anni ’90 in tema di decreto-legge, in cui la Consulta a chiare lettere affermò chenella abusiva «reiterazione» dei decreti-legge si nascondeva non solo la violazione dell’art. 77 Cost., ma ad-dirittura una limitazione dei diritti di quelle persone a cui vanno applicate le norme contenute nelle fontistesse.

questioni qualificate come puramente politiche, le quali sarebbero logicamente fuoridall’orbita del giudizio di legittimità costituzionale 61.

Tuttavia si deve riconoscere che, riservandosi di intervenire nel caso di «lesioni diprincipi o regole contenuti nella Costituzione o di diritti costituzionalmente tutela-ti» 62, la Corte costituzionale mantiene un potenziale sindacato sulla qualità della legi-slazione e soprattutto la possibilità di verificare il rispetto dei principi di chiarezza ecertezza normativa 63; ritorna così quel tipo di giudizio – già richiamato dalla Corte nel-la giurisprudenza sulla determinatezza delle fattispecie penali – che consentiva anchealla Consulta, e non solo ai giudici comuni, di accertare «in concreto» se la mancanzadi chiarezza potesse ledere l’interesse tutelato dalla norma impugnata.

5. Il richiamo alle tecniche legislative

Se il riferimento ai principi di chiarezza, di razionalità e di intelligibilità sta lenta-mente perdendo importanza all’interno del giudizio costituzionale, sempre più spessonegli ultimi anni i giudici lamentano la carente approssimazione del legislatore nel pre-disporre i testi normativi. Con maggiore frequenza rispetto al passato la Corte avanzarilievi specifici sull’uso di una particolare tecnica di redazione delle norme, sull’impie-go di una terminologia errata, sull’esistenza di incoerenze normative che richiedonol’intervento del legislatore e che hanno – in alcuni casi – la capacità di condizionare ladecisione finale della Corte.

Prima del periodo preso in considerazione dalla ricerca (1998-2008), nella sent. n.312/1996 la Corte era arrivata a dare rilievo al vizio dell’uso errato delle tecniche legi-

Il contributo della Corte costituzionale alla qualità della normazione 63

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64 Il dispositivo della sentenza dichiara la questione infondata «nei sensi di cui in motivazione».65 Secondo la nota espressione usata da E. CHELI, Il giudice delle leggi, Il Mulino, Bologna, 1996, 55 ss.66 Per la maggior parte dei casi si tratta di sentenze manipolative o di mero accoglimento. Questo tipo di

decisioni, però, sono utilizzabili – e lo vedremo – solo nel caso in cui il sistema legislativo contiene al suo in-terno un «ostacolo» che non consente di fare propria la norma adeguata al caso». La scelta per la «normaconforme», infatti, richiede che la soluzione sia costituzionalmente vincolata. Cfr. G. SORRENTI, Corte costi-tuzionale, giudici e interpretazione ovvero... l’insostenibile leggerezza della legge, in A. RUGGERI (a cura di), Laridefinizione della forma di governo attraverso la giurisprudenza costituzionale, Esi, Napoli, 2006, 492.

67 Non utilizziamo questa espressione per identificare un ordine gerarchico tra questo tipo di argo-mentazioni. La Corte sceglie il tipo di motivazione in base al caso da decidere. La complessità dei rapportiistituzionali non è legata ad una tecnica decisoria ma aderisce al caso in oggetto.

slative, senza tuttavia fondare su di esso un autonomo vizio di incostituzionalità ma so-lo il dovere di offrire un’interpretazione conforme al principio della determinatezzadelle fattispecie penali 64. Dalla sentenza traspariva anche un invito (implicito) al legi-slatore ad adottare una tecnica legislativa che sapesse coniugare insieme il dovuto tas-so di accuratezza normativa e il margine di elasticità richiesto dalla discrezionalità ap-plicativa.

Proprio i due aspetti messi in luce nella sent. n. 312/1996 – l’interpretazione con-forme a Costituzione di un testo mal scritto e l’invito al legislatore perché faccia teso-ro degli errori in punto di scrittura delle leggi – ci hanno indotti a distinguere le sen-tenze recenti ricomprese nell’esame delle tecniche legislative in due grandi tipologie:sentenze con motivazioni in cui compaiono riferimenti «di natura condizionante» ver-so l’interprete o verso i giudici e sentenze con motivazioni «prive di natura condizio-nante». Precisiamo che tale distinzione non riguarda il tipo di decisione adottata dallaCorte (dichiarazione di incostituzionalità, di infondatezza, di inammissibilità, decisio-ne interpretativa, manipolativa, etc.), ma esclusivamente il tipo di motivazione utiliz-zata e la natura del richiamo all’uso delle tecniche legislative.

Inoltre, per queste pronunce si cercherà anche di «misurare» quanto il giudizio sul-la qualità della legislazione abbia pesato concretamente all’interno della motivazionedella Consulta.

5.1. Richiamo condizionante

Nel richiamo di tipo «condizionante» rientrano anzitutto le sentenze nelle quali la va-lutazione dei difetti riscontrati al livello linguistico e terminologico del testo attiva un in-vito al legislatore a modificare le norme impugnate (valutazione usata per condizionareil legislatore); ancora, di questa tipologia fan parte le decisioni nelle quali la Corte «atti-va il circuito» 65 con il potere giudiziario argomentando la necessità di una nuova inter-pretazione delle disposizioni impugnate (valutazione usata per condizionare/indurrel’interprete a modificare la propria interpretazione); infine, sono «condizionanti» quellepronunce in cui il rilievo della tecnica normativa usata dal legislatore funge da elementotecnico indispensabile per l’argomentazione e per giustificare la soluzione della questio-ne di costituzionalità 66.

In una ipotetica scala di grandezze 67, la scelta di indicare riforme organiche della

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68 Su tema dell’efficacia delle tecniche decisionali della Corte nei confronti sia dei giudici che del legi-slatore v. R. PINARDI, L’horror vacui nel giudizio sulle leggi, Giuffrè, Milano, 2007.

69 Ha rilevato A. RUGGERI, Corte costituzionale e Parlamento tra aperture del «modello» e fluidità del-l’esperienza, cit., 42, che la tecnica dell’interpretazione conforme è «solo apparentemente meno invasiva,ma in realtà ancora più creativa di quanto non possano esserlo le manipolazioni testuali».

70 M. AINIS, Il coordinamento dei testi legislativi, in Giur. cost., 1993, 1481.71 Come ha affermato A. SIMONCINI, Corte e concezione della forma di governo, in AA.VV., Corte co-

stituzionale e processi di decisione politica, Giappichelli, Torino, 2005, 254 e 255, «l’interpretazione deirequisiti di costituzionalità previsti dall’art. 76 Cost. è sempre stata estremamente «lasca» proprio in os-sequio al principio della “supremazia” del legislatore». Di recente, tuttavia, la giurisprudenza costituzio-nale sui decreti legislativi ha registrato un primo significativo cambiamento di orientamento con la sent.n. 280/2004. Su tale punto v. le osservazioni di G. DI COSIMO, Deleghe e argomenti, in Le Regioni, 2005,287 ss.

72 Nel periodo precedente a quello considerato si veda soprattutto la sent. n. 292/1984.

disciplina impugnata, ad esempio, rappresenta il modo più tenue con cui la Corte rile-va la cattiva fattura delle leggi. Incitare il legislatore al coordinamento di un testo ov-vero indurlo a integrare una disciplina lacunosa sono esempi di una strategia che ten-de ad adottare solo quali extremae rationes interventi più invasivi come la dichiarazio-ne di incostituzionalità parziale o dispositivi manipolativi come quelli sostitutivi o ad-ditivi 68.

Ben più oneroso, invece – sia per la Consulta che per i giudici –, superare il difettodella disciplina impugnata traendo dalla disposizione stessa un nuovo significato. Inquesti casi la Corte è costretta a motivare il formarsi di un nuovo diritto vivente ovve-ro a indicare la nuova norma che, secondo una interpretazione conforme a Costituzio-ne, si trae dal testo 69.

a) Il difetto di coordinamento

Si può trovare un chiaro esempio delle due tendenze descritte nelle pronunce cheriguardano il dovere del legislatore delegato di «coordinare» la disciplina pregressadella materia oggetto di delega. Il coordinamento – come ha indicato la dottrina – è lo«strumento inteso a realizzare il valore della chiarezza delle leggi», il modo per «allon-tanare i dubbi sulla portata o sulla vigenza stessa delle norme, di generare certezza lad-dove l’incoerenza della disciplina dà la stura a un groviglio d’interpretazioni discor-danti 70»; dunque è una funzione inerente sia alla forma del testo che al significatodell’atto legislativo.

Nelle pronunce sul difetto di coordinamento la Corte raramente percorre l’itine-rario che la porta a dichiarare incostituzionale una norma o ad integrarne il senso at-traverso le additive o le sostitutive 71. Spesso i giudici costituzionali preferisconospendersi in richiami «pedagogici» verso il legislatore. In due casi la giurisprudenzarelativa al difetto di coordinamento contiene un invito espresso a modificare la disci-plina 72.

Nell’ord. n. 134/2003, richiamando anche il precedente della sent. n. 49/1999, laCorte salva le disposizioni della legge comunitaria 1995-1997 e del decreto legislativoin materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze pericolose, ma

Il contributo della Corte costituzionale alla qualità della normazione 65

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73 Ord. n. 134/2003: «il criterio di delega preso in considerazione dal remittente, espresso con formu-le più volte adottate dal legislatore nel delegare il Governo a dettare norme di attuazione delle direttive co-munitarie, non può dirsi tale da non rispondere ai requisiti minimi dell’art. 76 della Costituzione, ancorché,per la grande varietà degli oggetti della delega, concernente l’attuazione di direttive afferenti alle più di-verse materie, tali formule rischino di risultare di non facile interpretazione: donde l’invito, rivolto da questaCorte al legislatore (cfr. sentt. nn. 53/1997 e 49/1999), in relazione a disposizioni di delega di siffatto teno-re, affinché impieghi formule più precise» (nostro il corsivo).

74 La Corte in questo caso parla di un intervento che «solo il legislatore avrebbe potuto fare» e che lastessa disciplina «sollecitava».

75 Un’ampia disamina dei problemi derivanti dalla prassi in tema di delegazione legislativa è svolta daM. CARTABIA, L’effettività come presupposto e vittima dei decreti legislativi «integrativi e correttivi», in A.BARDUSCO-F. PIZZETTI (cura di), L’effettività tra sistema delle fonti e controlli, Giuffrè, Milano, 1998, 73 ss.

76 In alcuni casi la Corte arriva a superare in via interpretativa anche possibili «sviste» del legislatore insede di coordinamento di un testo normativo complesso come quello di un codice. V. a tal proposito l’ord.n. 77/2003.

invita chiaramente il legislatore a porre criteri di delega più rigorosi al fine di evitareproblemi interpretativi 73.

Anche nella sent. n. 220/2003 la Consulta ribadisce il monito (questa volta più se-vero) verso il legislatore delegato, colpevole – questa volta – di non aver introdotto,nella fase di «test-unificazione» delle norme sulle autonomie locali, una disciplina checoordinasse le incompatibilità e ineleggibilità tra la figura del sindaco e quella del di-rettore delle strutture sanitarie 74.

In queste decisioni può leggersi una chiara affermazione di un principio, la cui por-tata indubbiamente supera il merito delle controversie da cui la Corte trae spunto 75;nella già richiamata sent. n. 220/2003 appare un riferimento molto generale alla natu-ra del compito di coordinamento conferito con la legge di delega. Si legge, infatti, che«coordinare (non solo formalmente) vuol dire anche adeguare la disciplina al nuovoquadro complessivo, derivato dal sovrapporsi, nel tempo, di norme dettate in vista disituazioni e di assetti diversi, anche eliminando dai testi legislativi norme la cui ratiooriginaria non trova più rispondenza nell’ordinamento, e che quindi non appaiono piùrazionalmente riconducibili, quanto meno nella loro portata originaria, all’assetto invigore».

All’interno della giurisprudenza sul difetto di coordinamento non mancano esempidi sentenze nelle quali la Consulta supera l’incoerenza del contenuto precettivo attra-verso un’interpretazione logico-sistematica delle disposizioni impugnate. L’istanza dirazionalizzazione e di chiarificazione attraverso l’uso delle tecniche legislative si impo-ne a ciascun attore, compresi i giudici 76. In tal senso, la sent. n. 173/2002 supera il «di-fetto di coordinamento formale» tra l’originario testo della legge sulla tutela dei beni diinteresse storico ed artistico e il Testo unico sui beni culturali indicando l’interpreta-zione corretta delle norme sulla contraffazione, il commercio e l’autenticazione delleopere d’arte contraffatte o alterate contenuta nella l. n. 1062/1971.

b) Le sentenze sul rapporto Stato-regioni

Un settore molto interessante per analizzare il contributo che la Corte offre allaqualità della legislazione è il giudizio in via principale.

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77 In questo lavoro non affrontiamo il grande tema della qualità della legislazione nell’ordinamento re-gionale. Un tema che rimane sullo sfondo del nostro lavoro e su cui si soffermano altri contributi presentinel volume come quello di G. DI COSIMO.

78 Ad una prima indagine si possono collocare in questo novero le sentt. nn. 186/2003 riguardante i po-teri del Ministro delle politiche agricole e forestali di definire le «linee di indirizzo e coordinamento» degliinterventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale; 307/2003 relativa al-la questione del c.d. elettrosmog che ricostruisce le competenze statali e regionali analizzando la termino-logia usata dal legislatore statale nella definizione della legge quadro; 166/2004 in tema di legge regionalesulla «vivisezione»; 280/2004 sulla definizione dei principi fondamentali delle materie contenuta nella l. n.131/2003 (legge La Loggia). Bisogna rilevare anche che la distinzione tra impugnazione delle leggi regio-nali da parte dello Stato e leggi di quest’ultimo da parte delle regioni non permette alle regioni di rilevarel’incompetenza statale su un certo settore adducendo l’oscurità del testo della legge statale.

79 Cfr. punto n. 5 del c.i.d., sent. n. 193/2003.80 Nello specifico si trattava della descrizione dei poteri sostitutivi regionali nel caso di inerzia dei co-

muni ad approvare integrazioni dei propri strumenti urbanistici che recepiscano le indicazioni della pro-grammazione regionale.

Sempre più – anche in concomitanza con l’aumento delle pronunce in questo tipodi giudizio – la Consulta si pronuncia sull’uso delle tecniche legislative indicando al le-gislatore regionale o statale la via per il corretto esercizio della potestà legislativa o rein-terpretando la disciplina impugnata così da renderla rispondente ai principi costitu-zionali 77.

In questo caso occorre svolgere una precisazione doverosa sul tenore delle pronun-ce esaminate. Numerose sono le sentenze nelle quali la Corte si riferisce a una partico-lare formulazione linguistica usata nella legge per decidere la competenza: questi casihanno a che fare solo incidentalmente con l’impiego delle tecniche linguistiche, perchési confondono con le censure che costituiscono il merito della questione di legittimitàsollevata 78.

La prima sentenza che si segnala per la varietà e la ricchezza di richiami alle tecni-che legislative è la n. 196/2003. La pronuncia è alquanto esemplificativa di un certo at-teggiamento che la Corte ha nei confronti dei legislatori regionali, responsabili, alcunevolte, di palesi violazioni del dovere di produrre leggi di qualità.

La questione muove da una legge della regione Abruzzo, nella quale, anziché disci-plinare ex novo le norme sulle elezioni del consiglio regionale, le disposizioni della l.reg. n. 1/2002 prevedevano un «rinvio mobile» alle norme della l. n. 108/1968 «e suc-cessive modifiche». Nella parte motiva della sentenza, la Consulta afferma che non èprecluso alle regioni disporre con legge la recezione di una legge statale, salvo l’ovviaconsiderazione che le leggi regionali così approvate abbiano una forza formale e un’ef-ficacia spaziale differente. Tuttavia, pur giudicando legittimo l’intervento, la Consultanon usa mezzi termini per rilevare «l’improprietà di una tecnica legislativa, che ope-rando il «recepimento» e poi la parziale sostituzione delle disposizioni della legge sta-tale (…) dà vita ad una singolare legge regionale, dal testo corrispondente a quello del-la legge statale, i cui contenuti, peraltro, non risultano sempre legittimamente assumi-bili dalla legge regionale, in quanto estranei alla sua competenza 79».

Ancora, nella sent. n. 43/2004 i giudici costituzionali rilevano in modo più chiaroche «norme incomplete» non sono di per sé incostituzionali, ma richiedono una inte-grazione del legislatore regionale per essere applicabili 80.

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81 Riportiamo, per dare conto del tenore delle parole della Corte, i passaggio della motivazione che siriferiscono al vizio della tecnica legislativa: «Si è qui in presenza di una singolare tecnica legislativa, la qua-le, anziché procedere alla diretta formulazione delle proposizioni normative da immettere nell’ordinamen-to, si avvale dei prodotti linguistici superati, contenuti cioè in disposizioni abrogate, e a questi reca un’ag-giunta, che non avrebbe in sé alcun significato normativo se non si congiungesse alla disposizione abroga-ta, che viene così ad acquisire nuova vigenza. Quale che sia il legame di tale tecnica con il fenomeno dellareviviscenza, cui la difesa della Provincia si richiama, è certamente da escludere che si sia determinata unasituazione di improcedibilità sopravvenuta o di cessazione della materia del contendere. È indubbiamentea questo risultato che mirava la complicata operazione del legislatore provinciale; lo attesta la relazione diaccompagnamento al disegno di legge, nella quale, con riguardo a questo specifico punto, si afferma che«in tal modo dovrebbe anche risolversi, per cessazione della materia del contendere, il ricorso per illegitti-mità costituzionale avviato dal Governo avverso l’articolo abrogato». Più avanti i giudici costituzionali ri-badiscono, scendendo nel merito della questione, che «il principio di effettività della tutela costituzionaledelle parti nei giudizi in via di azione non tollera che, attraverso l’uso distorto della potestà legislativa, unodei contendenti possa introdurre una proposizione normativa di contenuto identico a quella impugnata enel contempo sottrarla al già instaurato giudizio di legittimità costituzionale. Si impone pertanto in similicasi il trasferimento della questione alla norma che, sebbene portata da un atto legislativo diverso da quel-lo oggetto di impugnazione, sopravvive nel suo immutato contenuto precettivo». (nostro il corsivo). Cfr.punto n. 3 del c.i.d., sent. n. 533/2002.

82 Trasferimento della questione di costituzionalità sulla norma effettivamente lesiva del piano dellecompetenze per consentire un esame effettivo delle competenze normative lese.

Un esame più preciso sulle tecniche di redazione dei testi normativi e sulle conse-guenze che derivano per il processo costituzionale in via principale è presente nellasent. n. 533/2002. Ad essere impugnate erano le norme della l. 28 dicembre 2001, n. 19della provincia autonoma di Bolzano concernenti la disciplina dello stato giuridico de-gli insegnanti nelle scuole della provincia. La Consulta rileva l’uso di una «singolaretecnica legislativa» consistente nella reviviscenza della disciplina oggetto di impugna-zione in un altro articolo della stessa legge e afferma che l’uso di tale espediente nonconsente alla provincia di eccepire la cessazione della materia del contendere 81. Inquesto caso, dunque, si rivolge un invito al legislatore perché non utilizzi più una tec-nica legislativa erronea, superando la strettoia costituita dalla abrogazione della normaimpugnata attraverso un fine uso degli strumenti interpretativi propri del giudizio co-stituzionale 82.

Nel caso della sent. n. 186/2003, la Consulta supera in via interpretativa i problemisollevati da un ricorso in via principale sollevato dalla provincia di Trento contro unalegge statale che affidava al Ministero delle politiche agricole e forestali un potere di in-dirizzo e coordinamento in materia di «razionalizzazione degli interventi nei settoriagricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale», senza predeterminazione legaledi un qualunque contenuto dell’atto di indirizzo, e la regola della competenza del Con-siglio dei ministri in ordine all’adozione di esso. Per risolvere la questione, la Corte vaalla radice del problema e afferma che la sostanza del potere affidato al Ministero noncorrisponde alla forma usata dalla legge. Dopo aver esposto i caratteri dell’atto i giudi-ci affermano: «la circostanza che il legislatore abbia utilizzato una terminologia impro-pria» non può «dirsi sufficiente ad imprimere all’atto caratteri ed effetti giuridici cheoggettivamente non gli sono propri».

In altre occasioni la Corte supera, attraverso tecniche interpretative, le mancanzeriscontrate nel testo delle leggi, come nella sent. n. 314/2003, concernente un giudizio

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83 V. punto n. 4 del c.i.d., sent. n. 314/2003.84 V. punto n. 8 del c.i.d., sent. n. 5/2008.85 V. punto n. 9 del c.i.d., sent. n. 5/2008.

di legittimità costituzionale di una delibera approvata dalla Assemblea regionale dellaSicilia il 20 aprile 2001, n. 1147. La norma risultava essere redatta in modo alquantocontorto e con l’uso di rinvii multipli a disposizioni regionali e statali. Per risolvere ladifficile questione di legittimità la Corte è stata costretta a sbrogliare il bandolo dellamatassa; e così non perde tempo nel rilevare – in avvio del difficile lavoro interpretati-vo – che la disciplina è «formulata, come di consueto ma non perciò meno reprensi-bilmente, attraverso multipli rinvii che ne rendono impossibile la diretta percezionedel significato» 83.

L’ultimo esempio di rilievo circa l’uso non corretto di una formula legislativa supe-rato in via interpretativa dalla Consulta è contenuto nella sent. n. 6/2004.

In questa pronuncia le regioni deducevano l’incostituzionalità dell’art. 1 del d.l. n.7/2002 perché invasivo del potere regionale di dettare norme di dettaglio traendo iprincipi fondamentali della materia in via interpretativa. Anche in questa circostanza igiudici costituzionali non mancano di offrire una rilettura della «certo non felice» for-mula legislativa usata dal legislatore, ribadendo che proprio l’uso di un decreto-leggeper sospendere l’applicazione di una disciplina statale e dei relativi principi non puòvalere certo per limitare le attribuzioni legislative regionali.

c) Il richiamo alla tecnica legislativa e i poteri interpretativi dei giudici

Non è infrequente che la Corte utilizzi i normali metodi interpretativi per superare illimite della norma mal scritta. Lo spostamento sui giudici costituzionali dell’onere di da-re alla disposizione impugnata un senso costituzionalmente compatibile coinvolge i giu-dici costituzionali nella attività interpretativa che sarebbe propria dei giudici ordinari.

Un esempio molto significativo in tal senso è contenuto nella sent. n. 5/2000, aven-te ad oggetto la disciplina dei rimborsi a favore delle persone esposte all’amianto. Aigiudici di merito che ritenevano incostituzionale la disciplina perché non distinguevatra diversi gradi di esposizione alla sostanza nociva, ma prevedeva un eguale tratta-mento per tutti coloro che erano stati a contatto con l’amianto per più di dieci anni, laCorte ha risposto chiarendo che il giudizio di costituzionalità non può sconfinare nel-l’esame del merito delle opzioni legislative, assorbendo nel paradigma dell’eguaglianzaqualsiasi «incoerenza, disarmonia o contraddittorietà che una determinata previsionenormativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire 84».Anziché intervenire con una sentenza additiva, i giudici costituzionali hanno perciò in-vitato i giudici ordinari a sperimentare tutte le possibili interpretazioni e applicazionidella norma impugnata, così da poter superare anche la «ingiustificata omologazionedi situazioni tra di loro diverse» 85.

Anche nella giurisprudenza più recente compaiono espressioni con cui la Consultainduce i giudici comuni a superare, mediante lo strumento interpretativo, le lacune o idifetti espliciti dei testi normativi. Due esempi di questo particolare rapporto sonocontenuti nelle sentt. nn. 343/2006 e 379/2007.

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86 V. punto n. 2 del c.i.d., sent. n. 343/2006.87 L’utilizzo dei termini «promuovere» e «instaurare».88 Si deve ricordare anche che nello specifico il giudice remittente chiedeva una sentenza additiva. V.

punto n. 2 del c.i.d., sent. n. 379/2007.

Nel primo caso il Tribunale di Roma aveva impugnato una disposizione del d.l. 31dicembre 1996, n. 669 (convertito nella l. 28 febbraio 1997, n. 30) nella parte in cuinon prevedeva che «anche l’intervento, ai sensi dell’art. 551 c.p.c., del creditore di en-ti ed istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatoria organizzati su ba-se territoriale sia proposto, a pena d’improcedibilità rilevabile d’ufficio, esclusivamen-te nei processi esecutivi per espropriazione di crediti ex art. 543 del codice di proce-dura civile pendenti innanzi al giudice dell’esecuzione della sede principale del tribu-nale nel cui circondario ha sede l’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimentoposto a fondamento dell’intervento».

Al di là della questione di merito, sulla quale non possiamo soffermarci, nella ordi-nanza di rimessione il giudice a quo aveva rilevato che lo scopo perseguito dalla normaimpugnata sarebbe stato frustrato dalla formulazione della disposizione, la cui «termi-nologia, dai significati tecnici e linguistici specifici ed univoci, impone di ritenere chela norma (…) si caratterizza per essere stata redatta all’esito di un percorso di forma-zione della volontà legislativa, nel corso del quale sono state ben distinte le fattispeciee le ipotesi oggetto della previsione da quelle ad essa estranee 86». La Corte si dimostraben consapevole dei problemi linguistici del testo. In esso vi sono addirittura errori disignificato prodotti dall’uso di verbi non appropriati 87. Ciononostante l’organo di giu-stizia costituzionale preferisce superare gli inconvenienti di tecnica legislativa assu-mendo il significato univoco e conforme a Costituzione del testo normativo impugna-to.

Anche il secondo caso ricordato riguardava una norma processuale. Questa volta,tuttavia, ad essere impugnate erano le norme che avevano modificato il giudizio pos-sessorio nel codice di procedura civile, norme che non prevedevano un obbligo espres-so per il giudice, al termine di questo giudizio, di provvedere sulle spese. La Corte èconsapevole che la mancanza di una disposizione di questo genere è frutto di una «svi-sta» del legislatore in sede di approvazione delle modifiche al codice di procedura ci-vile, e per questo ricorda che per risolvere il problema è necessario operare una inter-pretazione conforme a Costituzione, utilizzando il principio di ragionevolezza, ondesuperare il difetto provocato dalla norma lacunosa 88.

d) Forme di condizionamento più forti

Nel crinale tra la dichiarazione di incostituzionalità e l’utilizzo di un canone inter-pretativo che consenta di superare il limite della legislazione impugnata dai giudici aquibus, in certe situazioni la Corte costituzionale preferisce adottare una decisione delprimo tipo. In due sentenze i giudici costituzionali hanno sanzionato il vuoto legislati-vo provocato da una disciplina priva dei requisiti di razionalità propri del prodotto le-gislativo approvando pronunce di natura additiva.

Ad esempio, nella sent. n. 162/2001, relativa ad una norma del codice civile che ri-

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89 La non contraddittorietà delle disposizioni impugnate inerisce, come ha affermato di recente la dot-trina, ad «una qualità sintattica del discorso normativo, cioè a segmenti del linguaggio che richiedono di es-sere interpretati». Perciò quella che spesso definiamo una contraddizione logica tra norme, in realtà è uncontrasto che si rivela già a livello sintattico o linguistico. Cfr. V. BONCINELLI, I valori costituzionali tra te-sto e contesto, cit., 128 e 129.

conosce la collocazione semplicemente chirografaria degli interessi sui crediti privile-giati, la Corte ha concordato con i rilievi della dottrina affermando che essa fosse cosìinspiegabilmente mal confezionata da potersi ritenere frutto di una patente svista dellegislatore.

Lo strumento più penetrante con cui la Corte utilizza il proprio controllo sulla coe-renza linguistica della disposizione impugnata è il sindacato sulla razionalità o noncontraddittorietà della disposizione, il quale permette alla Consulta di verificare la«compatibilità logica» delle norme che compongono un medesimo testo legislativo 89.

Il caso più significativo di questo indirizzo durante il periodo preso in considera-zione è certamente quello della sent. n. 476/2002, riguardante l’indennizzo per il per-sonale sanitario contagiato dal virus dell’HIV. La Consulta adotta una decisione addi-tiva motivando a partire dalla necessaria razionalità – sotto il profilo linguistico-sintat-tico – che presuppone un tipo di legge come quella sui danneggiamenti irreversibili davaccinazioni, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.

5.2. Richiamo non condizionante

Ad una latitudine diversa dalle sentenze esaminate da ultimo, si colloca il richiamoalle tecniche legislative di tipo non condizionante.

Le pronunce che rientrano in questa tipologia sono alquanto eterogenee per ogget-to e tipo. L’elemento che più le accomuna, sotto l’aspetto della qualità della legislazio-ne, è la presenza di un generico richiamo alle tecniche legislative. Queste pronuncesembrano frutto di strategie argomentative del tutto differenti. Come per il rilievo con-dizionante, anche in questo caso è raro trovare sentenze che usano medesime conven-zioni linguistiche: la giurisprudenza costituzionale mostra un carattere prevalentemen-te frammentario e di difficile catalogazione, se non con riferimento a criteri estranei almerito del giudizio. L’impossibilità di isolare la «qualità della legislazione» in un auto-nomo parametro di legittimità finisce per affidare ai richiami contenuti nel testo unmero valore di supporto retorico per decisioni che vengono adottate in base a parame-tri costituzionali diversi.

Gli esempi di questi richiami contenuti nelle sentenze sono, dunque, alquanto di-versi quanto a procedimento argomentativo anche se accomunati, per la maggior par-te, dal tipo di decisione: l’interpretativa di rigetto.

Un primo gruppo di sentenze rileva l’errore nella tecnica legislativa ma riconosceprevalente la discrezionalità politica del legislatore.

Il caso più importante è contenuto nella sent. n. 141/1999, decisione molto densarelativa ad una delibera legislativa della regione siciliana impugnata dal Commissariodello Stato. Tra le norme oggetto di rinvio vi era anche una disposizione (art. 3) con la

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90 Ed è interessante notare che in questo caso la Consulta giustifichi la posizione di self restraint dimo-strando che sul tema neanche il legislatore ha una visione univoca, come dimostrato dalle soluzioni etero-genee offerte dai diversi disegni presentati sul tema durante la XIV Legislatura. Cfr. punto n. 6 del c.i.d.,sent. n. 61/2006.

91 Si legge a tal proposito nella sentenza: «non può negarsi che la delicata materia del condono edi-lizio potrebbe meritare una più meditata elaborazione tramite l’ordinario procedimento di formazionedelle leggi; al tempo stesso, peraltro, potrebbero essere addotti per questo particolare istituto anche al-cuni specifici motivi per un’immediata adozione ed entrata in vigore del testo normativo, destinato adavere – come prima esposto – efficacia sulle procedure giurisdizionali ed amministrative in corso, ma so-prattutto per evitare o ridurre spinte alla modifica del disegno di legge sotto la pressione di interessi fa-vorevoli a nuove opere abusive. Se a ciò si aggiunge che in questo caso sembra aver pure pesato – sep-pur opinabilmente – la necessità di inserire questo provvedimento in un assai più ampio decreto-leggeintitolato «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei contipubblici», non può negarsi che ci si trovi in un contesto nel quale la Corte costituzionale non può rile-vare un caso di “evidente mancanza” dei presupposti di necessità e di urgenza prescritti dal c. 2° dell’art.77 Cost., secondo la sua ormai consolidata giurisprudenza in materia». Si noti che questa sentenza è sta-ta scritta prima del noto cambio di orientamento in tema di decretazione d’urgenza operato con la sent.n. 171/2007.

92 Più avanti nella motivazione la Corte rilevava che anche il d.l. n. 269/2003 contenesse una «evidentemancanza» dei requisiti della «straordinaria necessità ed urgenza» previsti dall’art. 77 Cost. Ciò nonostan-

quale si prevedeva, attraverso un testo così complesso da risultare oscuro, una sanato-ria per la illegittima utilizzazione di una serie di fondi destinati a enti con finalità cul-turali e artistiche. La Corte ha deciso che la questione fosse «palesemente infondata».La decisione è frutto di una strana inversione dell’onere della prova circa l’effetto cheha la norma redatta con una formula contorta. Poiché non si riusciva a comprenderedal testo della disposizione quale fosse il vero intento del legislatore regionale e gli in-teressi tutelati con la sanatoria, i giudici costituzionali hanno deciso che quello in esa-me non fosse un testo privo di ragionevolezza legislativa.

Un altro esempio di pronuncia in cui prevale la discrezionalità del legislatore è lasent. n. 61/2006, relativa al problema del «nome di famiglia». L’occasione di ritornaresul problema del doppio cognome per i figli legittimi offre ai giudici costituzionalil’opportunità di ribadire che la scelta sul cognome da tramandare ai figli è una «que-stione di politica e di tecnica legislativa di competenza esclusiva del conditor juris», ri-spetto alla quale la Corte non può «aggiungere» nulla 90.

Anche la pronuncia n. 196/2004 esprime – in un settore del tutto differente – lastessa strategia argomentativa della pronuncia ora esaminata. La Consulta manifestaun favor per la disciplina del condono edilizio mediante l’ordinario procedimento le-gislativo, più idoneo perché consente una maggiore meditazione del provvedimento daadottare. Al medesimo tempo, però, ai giudici non appare del tutto errato approvare lastessa misura con un decreto-legge 91. L’entrata in vigore immediata del provvedimen-to legislativo consentirebbe di intervenire sulle procedure giurisdizionali e ammini-strative in atto e soprattutto riparerebbe il testo normativo da contingenze politiche(pressioni favorevoli a ritardare l’approvazione della legge per consentire la sanatoriadi nuove opere abusive), che potrebbero inquinarlo. La Corte, dunque, sceglie di man-tenersi fuori dalle valutazioni politiche – adottando una decisione di infondatezza –,senza evitare però di indicare al legislatore il perimetro e le condizioni da rispettare inbase alle norme della Costituzione 92.

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te il difetto non venne considerato idoneo a legittimare una declaratoria di incostituzionalità della discipli-na. Cfr. punto n. 18 del c.i.d. della sent. n. 186/2004.

93 Esprimono questo intendimento due recenti sentenze, la n. 53/2005 e la n. 341/2007, in materia dicoordinamento legislativo; la sent. n. 22/2007 riguardante il testo unico in materia di immigrazione; la sent.n. 219/1998, in cui era censurato l’uso di una tecnica legislativa che procedeva, attraverso lo strumento deldecreto-legge, ad aggiustamenti successivi della complessa disciplina riguardante il trattamento economicodel personale delle Agenzie dismesse che facevano riferimento alla Cassa per il Mezzogiorno.

94 Per usare le parole di R. ROMBOLI, La mancanza o l’insufficienza della motivazione come criterio di se-lezione dei giudici, in A. RUGGERI (a cura di), La motivazione delle decisioni della Corte costituzionale, Giap-pichelli, Torino, 1994, 334 ss.

Il secondo tipo di sentenze esaminate si contraddistingue non per la tecnica argo-mentativa usata ma per il tipo di vizio che la Consulta esamina: la legislazione eccessi-vamente stratificata negli anni.

Le decisioni recenti che rientrano in questa categoria sono interessanti esempi diquanto la Corte sia interessata a sanzionare la sostanza delle questioni sollevate e nonla generica mancanza di armonia linguistico-sintattica del testo legislativo 93.

6. Brevi considerazioni conclusive sull’indagine svolta

È possibile, arrivati a questo punto, abbozzare alcune considerazioni di chiusuradella presente indagine.

Nell’esame della giurisprudenza costituzionale sono emersi alcuni dati di fondo cheoccorre considerare nell’ottica dello studio della qualità della legislazione ed elementipiù puntuali corrispondenti alla tipologia di motivazione con cui abbiamo suddiviso lesentenze.

Quale è la linea portante di questa giurisprudenza sulla qualità della legislazione? Sinteticamente, si può rispondere che, salvo la necessità di tutelare diritti costitu-

zionali lesi, i giudici costituzionali non usano mai la qualità della legislazione come unparametro autonomo per la decisione; le tecniche legislative hanno un ruolo soprattut-to «persuasivo» – un effetto «esterno» 94 – nei confronti del legislatore e del giudice.

Da questa osservazione di carattere generale scaturisce una serie di notazioni piùspecifiche sul modo con cui la Corte rileva la mancanza di qualità delle leggi.

Prima facie, sembrerebbe che la mancanza di un giudizio sulla qualità della legisla-zione e il modesto ruolo svolto dalla Corte costituzionale rappresenti un limite per l’or-dinamento. La progressiva accentuazione del ruolo normativo della Corte e la cre-scente affermazione quale interlocutore privilegiato del Parlamento nel processo diformazione delle scelte normative fondamentali sembrano trovare in questo settoreuna pietra di confine.

In effetti, il giudizio sulla qualità non è tecnicamente estraneo al processo costitu-zionale. Semmai, il limite cui la Corte si sottopone è funzionale ad una maggiore re-sponsabilità degli altri poteri: le parole delle sentenze esprimono non già la mera ga-ranzia della discrezionalità legislativa e la tutela della libertà del potere giudiziario mail riconoscimento di un campo di competenze e di capacità di intervento che sono pro-

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95 Intesi come coloro sui quali la Corte vuole influire per mezzo della argomentazione scelta.96 A. SAITTA, Logica e retorica nella motivazione delle decisioni della Corte costituzionale, Giuffrè, Mila-

no, 1996, 104 ss. Molto interessante il rilievo compiuto da quest’ultimo secondo cui «la necessità di unamotivazione retorica (…) è tanto più forte quanto più è indeterminato il materiale normativo con il qualesi ha a che fare.

97 P. CARETTI, Motivazione (diritto costituzionale), in Enc. giur., vol. XX, Roma, 1990, 6.98 E. CHELI, Il giudice delle leggi, cit.99 E. CHELI, ibidem.100 G. SILVESTRI, Relazione di sintesi, in A RUGGERI (a cura di), La motivazione delle decisioni della Cor-

te costituzionale, Giappichelli, Torino, 1994, 569.101 In questi casi la Corte non si esime dal dare un giudizio sulla scrittura della norma e dal motivare la

prie del legislatore e dei giudici. La Consulta guarda alla sostanza più che alla forma;sembra interessata a trovare una strada per risolvere i problemi della qualità della legi-slazione attraverso i circuiti esistenti più che ad intervenire in modo singolare e occa-sionale.

La Corte si occupa della qualità – ove sollecitata dal giudice a quo o dal ricorrentenel processo principale – in particolare nella motivazione. Con essa i giudici costitu-zionali cercano di persuadere – e non di costringere – i destinatari 95 della sentenza cir-ca la non conformità delle disposizioni impugnate alla Costituzione. L’uso di «motiva-zioni retoriche» 96 – che hanno come primo obiettivo quello di catalizzare il consensodegli altri attori del processo interpretativo o di indurre il legislatore a rivedere la pro-pria opera 97 – ha questo obiettivo.

Il giudizio sulla qualità, dunque, riguarda il rapporto tra giustizia costituzionale esistema politico. Attraverso il controllo costituzionale sulla qualità «si attua una garan-zia che è politica nella sostanza, ma giurisdizionale nella forma» 98. Nelle sentenze esa-minate si è sempre trovato un fine dosaggio tra politica e giurisdizione. A seconda del-le situazioni la Corte sceglie di volta in volta «i destinatari dei propri interventi ora nel-la sfera della giurisdizione ora nella sfera della legislazione, tenendo più conto della na-tura delle questioni e del quadro istituzionale complessivo dentro cui tali interventi sivenivano a collocare 99».

Sembra chiaro che i giudici costituzionali – almeno in questo ultimo torno di tem-po – non intendono divenire i «parafulmini del sistema politico» 100 né alterare il pro-prio ruolo ma casomai costituire un raccordo sui generis con gli altri poteri.

Sul piano dell’analisi, lo sforzo di trarre un orientamento razionale dalla giurispru-denza esaminata ci pare che abbia aiutato a indicare dei percorsi di indagine ben defi-niti. Gli esempi ultimi della disciplina sul condono, sulla legislazione in materia di im-migrazione, i rilievi condotti sulla disciplina in tema di coordinamento legislativo, di-mostrano che, quando la politicità della questione sollevata è superiore rispetto allanorma stessa, la Corte usa ritrarsi e preferisce lasciare spazio al legislatore o ai giudici.Per operazioni così delicate come quelle che incidono profondamente sull’operato deipoteri costituzionali la Corte richiede che si verifichino delle violazioni ben più so-stanziose delle norme costituzionali: l’irragionevolezza della disciplina o la violazionedei diritti 101.

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prevalenza di un valore sugli altri. Da ultimo v. la nota sent. n. 494/2002 sul riconoscimento dei figli ince-stuosi.

102 Inteso sia come ripartizione del potere normativo tra Parlamento e governo sia come riparto del po-tere normativo tra Stato e regioni.

103 Per un esame generale dell’atteggiamento che la Corte ha assunto sulle fonti del diritto cfr., tra tut-ti, R. ROMBOLI, Decreto-legge e giurisprudenza della Corte costituzionale, in A. SIMONCINI (a cura di), L’emer-genza infinita, Eum, Macerata, 2005, 105 ss.

104 Ci si riferisce alla differenza introdotta nella sent. n. 171/2007 in tema di decreto-legge tra il difettodella «semplice mancanza» dei requisiti costituzionali di «necessità ed urgenza», il quale può essere fattovalere unicamente nell’ambito del rapporto di responsabilità politica che lega il governo al Parlamento equello della «evidente mancanza», sindacabile invece da parte del Giudice costituzionale (anche dopo l’av-venuta conversione del decreto). Su tale punto cfr. R. ROMBOLI, Una sentenza «storica»: la dichiarazione diincostituzionalità di un decreto-legge per evidente mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza, inwww.associazionedeicostituzionalisti.it.

105 Cfr. sent. n. 128/2008.106 Cfr. A SIMONCINI, Corte e concezione della forma di governo, cit., 250.

C’è un’ultima notazione che occorre segnalare.L’analisi condotta ha dimostrato che la qualità della normazione si esprime non so-

lo attraverso la certezza del diritto, la ragionevolezza della decisione politica, gli asset-ti della forma di Stato e della forma di governo, ma soprattutto mediante il «corretto»uso del potere normativo 102.

La giurisprudenza esaminata si inserisce all’interno del generale atteggiamento chela Corte assume nei giudizi sulle fonti del diritto. In questi anni i giudici costituzionalihanno sempre escluso il loro sindacato su questioni che attengono agli aspetti mera-mente formali riguardanti le fonti 103, occupandosi solo di quelle «mancanze» che perla loro gravità si pongono in aperto contrasto con il quadro costituzionale 104. Un esem-pio di questo orientamento è espresso nelle ultime sentenze della Consulta in materiadi decretazione d’urgenza, nelle quali la Corte ha abbandonato l’atteggiamento «mini-malista», fino a quel momento utilizzato, per valutare il rispetto dei requisiti dell’art.77 Cost. ed ha imboccato la strada – per altro confermata da successivi interventi 105 –di un controllo più attento dei presupposti del decreto-legge.

La maggiore attenzione della giurisprudenza costituzionale ai requisiti costituzio-nali (ed alla loro mancanza) che le fonti normative primarie debbono rispettare è incontinuità con gli indirizzi espressi a questo proposito durante gli anni passati dallagiurisprudenza esaminata in tema di tecniche legislative. C’è un filo rosso che lega, in-fatti, i leading cases in tema di fonti normative e le sentenze che prendono in esame laqualità della legislazione. Le norme «vaghe», le leggi mal scritte e i testi normativi inin-telligibili divengono un «pericolo» per l’ordinamento quando sono suscettibili di pro-durre una limitazione dei diritti dei cittadini.

Ci troviamo dunque di fronte ad una Corte costituzionale che in questi anni ha «af-filato molto le armi» ma che è mossa sempre da una «intenzione pratica», che la portaad intervenire in rari casi e sempre per impedire il protrarsi di situazioni che possonorecare un vulnus alla certezza del diritto, intesa come «valore soprattutto strumentalealla difesa dei diritti fondamentali 106».

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