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24 periodico della Giunta regionale del Veneto Notiziario Bibliografico n. 24 -dicembre 1996 - sped. in abb. postale comma 34 art. 2 Legge549/95 - taxe perçue - tassa riscossa - Padova CMP

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Notiziario bibliograficon. 24, dicembre 1996periodico quadrimestraled’informazione bibliograficaa cura della Giunta regionale del Veneto

Comitato promotoreGiancarlo Galan (presidente della Giunta regio-nale), Maurizio Molina (dirigente coordinatoredei dipartimenti per l’informazione-editoria edattività culturali)

Comitato di redazioneClaudio Bellinati (direttore dell’Archivio e dellaBiblioteca Capitolare di Padova), Chiara Finesso,Bianca Lanfranchi Strina (sovrintendente ai Beniarchivistici del Veneto), Anelio Pellizzon, SilvioTramontin (docente di storia della chiesa)

Direttore responsabileAnelio PellizzonResponsabile di redazioneChiara FinessoSegreteria di redazioneGiovanna Battiston, Susanna Falchero

Collaboratori alla redazione di questo numeroFernando Bandini, Donata Banzato, GiovannaBattiston, Enrico Ballerio, Marco Bevilacqua,Annamaria Bonanome, Paolo Cattelan, AntonioCauz, Sonia Celeghin, Lorenzo Cesco, A. Lau-retta Coccato, Maria Pia Codato, Fiorino Col-lizzolli, Giuseppe De Meo, Antonio Fabris, Su-sanna Falchero, Monica Fioravanzo, GuidoGalesso Nadir, Barbara Giaccaglia, Cinzio Gibin,Espedita Grandesso, Giuseppe Iori, François-Xavier Leduc, Antonella Lippo, Giorgio Non-veiller, Lina Ossi, Alessandra Pavanello, LucaParisato, Cecilia Passarin, Simonetta Pelusi,Ferdinando Perissinotto, Anna Pietropolli, Fran-co Posocco, Giovanni Punzo, Mario Quaranta,Anna Renda, Claudio Rossi, Nilda Tempini,Valentina Trentin, Silvia Urbani, Francesco Val-canover, Livio Vanzetto, Anna Vildera

Collaboratori alla rassegna bibliograficadi questo numeroGiovanna Battiston, Susanna Falchero, IsabellaOrfano, Luca Parisato, Giovanni Plebani

Direzione, redazione e amministrazioneGiunta regionale del VenetoDipartimento per l’Informazione30121 Venezia - Palazzo ScerimanCannaregio Lista di Spagna, 168tel. 041/2792616

Periodicità: quadrimestraleTiratura: 15.000 copieDistribuzione gratuita

Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 1291del 21-6-1991Spedizione in abb. postale comma 34 art. 2 Legge549/95 - taxe perçue - tassa riscossa - Padova CMPStampa: Arti Grafiche Padovane

In copertina: Silvestro Lega, La lettura, Bari, Pina-coteca Provinciale, Collezione Grieco

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SOMMARIO

La Fondazione Scientifica Querini Stampalia di Venezia

(Francesco Valcanover) 5

RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Opere generaliDiocesi di Adria-Rovigo, Guida all’inventario dell’Archivio della Curia Vescovile di Rovigo,a cura di F. Bianchini e G. Prandini (Simonetta Pelusi) 8

G. Ingegneri, Biblioteca degli autori cappuccini veneti: 1939-1993 (Simonetta Pelusi) 8

Le mappe dell’Archivio Contarini-Camerini di Piazzola sul Brenta, a cura di G. Suitner(Valentina Trentin 8

I Beni culturali ecclesiastici: punti critici, responsabilità, proposte, a cura del Centro Studi TCI(Sonia Celeghin 8

Bibliotecari nella nuova Europa (Valentina Trentin) 8

Oltre l’automazione: cooperare per l’efficienza dei servizi bibliotecari nel Veneto,a cura di C. Rabitti (Valentina Trentin) 9

Il libro dei musei. Guida ai 3.000 musei d’Italia (Lina Ossi) 9

Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Preistoria e Protostoria. Guide Archeologiche,a cura di A. Aspes e L. Fasani (Lina Ossi) 9

Storia della ChiesaA. Figuereido Frias, Lettura ermeneutica dei “Sermones” di Sant’Antonio di Padova:introduzione alle radici del pensiero antoniano (Simonetta Pelusi) 10

L. Bertazzo, L’ottavo centenario della nascita di S. Antonio di PadovaAntonio di Padova uomo evangelico. Contributi biografici e dottrinali, a cura di L. Bertazzo(Maria Pia Codato) 10

R. Ghidotti, S. Antonio da Padova e il miracolo della donna di Monselice (Nilda Tempini) 10

Confraternite al Santo. Testimonianze di fede e tradizione, a cura di L. Segafreddo(Giovanna Battiston) 11

La chiesa di S. Girolamo in Mestre. Storia-restauro-arte-vita, a cura di G. Zoccoletto(Antonio Fabris) 11

Tradizione e innovazione nella pastoralità di Ferdinando Rodolfi vescovo di Vicenza,a cura di T. Motterle (A. Lauretta Coccato) 11

AmbienteS. Amorosino, La salvaguardia di Venezia. Leggi speciali e programmi d’interventi(Susanna Falchero) 11

I problemi ambientali e l’impresa. Attese dell’impresa, percezioni delle popolazioni,vie di soluzione. Aspetti dell’area centrale veneta (Susanna Falchero) 11

G. Rotondi - M. Zunica, Il Lido di Sottomarina. Processi interattivi di costruzione e consumo(Enrico Ballerio) 11

L’ambiente entra in classe. Percorsi di educazione ambientale per la scuola,a cura di M. Vita e F. Vianello (Fiorino Collizzolli) 12

La siepe come laboratorio didattico, a cura di F. Vianello e M. Vita (Fiorino Collizzolli) 12

M. Zanetti, Il Piave fiume vivente. Ambiente, flora e fauna del basso corso fluviale(Enrico Ballerio) 12

L’Altopiano dei Sette Comuni: uomo ambiente natura (Enrico Ballerio) 13

F. Miotto - P. Sommavilla, Sentieri e Viàz dei Monti del Sole (Alessandra Pavanello) 13

G. Busnardo - C. Lasen, Incontri con il Grappa. Il paesaggio vegetale (Alessandra Pavanello) 13

T. Wundt, Sulle Dolomiti d’Ampezzo (Marco Bevilacqua) 13

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G. Buscaini - S. Metzeltin, Dolomiti. Il grande librodelle vie normali (Maria Pia Codato) 14

Scienze socialiE. Alecci - A. Colasio - A. Lion, Tra identità e solidarietà.Indagine sulle organizzazioni del privato sociale di Padova e provincia(Susanna Falchero) 14

B. Anastasia - G. Corò, Evoluzione di un’economia regionale.Il Nordest dopo il successo (Claudio Rossi) 14

B. Anastasia, L’economia del Veneto Orientale negli anni ’90:le vocazioni da consolidareM. Altieri, L’impiego degli archivi amministrativi presenti in Cgilai fini statistici: prima esplorazione sulle caratteristiche dei dati,sulla loro disponibilità e sulle potenzialità d’usoM. Giaccone, Archivio della contrattazione aziendale Ires Veneto -Cgil regionale Veneto. Rapporto 1995Dinamiche delle imprese e dei lavoratori dipendenti nel Veneto1990-1994 sulla base dei dati di fonte Inps, a cura di F. Occari(Marco Bevilacqua) 14

C. Chinello, Sindacato, Pci, movimenti negli anni Sessanta.Porto Marghera-Venezia 1955-1970 (Claudio Rossi) 15

Il mercato del lavoro nel Veneto. Tendenze e politiche.Rapporto 1995, a cura dell’Agenzia per l’impiego del Veneto(Marco Bevilacqua) 15

Agenzia Regionale per l’Impiego, Job & Orienta ’95. InFormazione.Orientamento, formazione professionale e mercato del lavoroComune di Rovigo - Informagiovani, Guida pratica al mondodel lavoro. Informazioni ed orientamento per chi cerca o vorrebbecambiare lavoro(Susanna Falchero) 15

ArteCima da Conegliano, a cura di P. Humfrey e A. Gentili(Guido Galesso Nadir) 15

Documenti e Fonti su Pisanello, a cura di D. Cordellier(Guido Galesso Nadir) 16

M. Rossi, La poesia scolpita. Danese Cataneo nella Veneziadel Cinquecento (Sonia Celeghin) 16

M. Lucco, Giorgione (Anna Pietropolli) 16

S. Bettini, Il Gotico internazionale, a cura di E. Bordignon Favero(Guido Galesso Nadir) 17

L. Gnocchi, Paolo Veronese fra artisti e letterati (Anna Pietropolli) 17

V. Mancini, Antiquari “vertuosi” e artisti: saggi sul collezionismotra Padova e Venezia alla metà del Cinquecento (Antonella Lippo) 18

F. Ossanna - C. Bellinati, Maria nel pensiero di Sant’Antonioe nell’arte della Basilica antoniana (Anna Pietropolli) 18

La cultura del restauro. Teorie e Fondatori, a cura di S. Casiello(Sonia Celeghin) 18

Alberto Martini. L’opera grafica nel fondo Pariani della BibliotecaCivica di Verona, a cura di D. Arich de Finetti (Lina Ossi) 19

N & 0. Enne & Zero motus etc, a cura di P.L. Siena e A. Hapkemeyer(Antonella Lippo) 19

Renato Varese. Antologica 1970-1996, a cura di G. Segato e P. Rizzi(Lina Ossi) 19

Tono Zancanaro. I teatri. Omaggio alla Fenice (Luca Parisato) 19

G. Segato, Massagrande. Incisioni 1974 - 1994 (Luca Parisato) 20

Piatti popolari veneti dell’Ottocento dalla collezione di Orio Vergani(Barbara Giaccaglia) 20

Architettura - Urbanistica - PaesaggioNatura e arte nel paesaggio veneto. Dalle interpretazioni pittoriche alleimmagini fotografiche, a cura di A. Bettagno (Guido Galesso Nadir) 20

Ville Venete. Catalogo e atlante del Veneto, a cura di A. Padoan,S. Pratali Maffei, D. Dalpozzo, L. Mavian (Franco Posocco) 21

Annuario della ricerca. Anni Accademici 1991-1993,a cura di H. Porfyriou (Sonia Celeghin) 21

G.A. Muraro, La “Compagnia delle Mura di Marostica”.Un esempio di tutela conservativa e di valorizzazione di unacittà murata (Barbara Giaccaglia) 22

C. De Luigi - M. Piantini, La Scala dei Giganti: Teatrodell’Incoronazione dei Dogi. Dalla Città al Palazzo: Itinerari Didatticinel Palazzo Ducale e nella Città di Venezia. Guida ad un percorsodidattico nella scuola dell’obbligo (Lina Ossi) 22

Musica - TeatroS. Toffolo, Strumenti musicali a Venezia nella storia e nell’artedal XIV al XVIII secolo (Silvia Urbani) 22

I Maestri di Musica all’Ospedaletto (Silvia Urbani) 23

Lorenzo Da Ponte, Lettere, epistole in versi, dedicatorie e letteredei fratelli, a cura di G. Zagonel (Anna Renda) 23

A. Schiavo Lena, Anna Fiorilli Pellandi. Una grande attrice venezianatra Sette e Ottocento (Giuseppe De Meo) 23

Memorie di Goldoni e memoria del teatro, a cura di F. Angelini(Giuseppe De Meo) 24

Tra libro e scena. Carlo Goldoni, a cura di C. Alberti e G. Herry(Giuseppe De Meo) 24

LetteraturaSpiritualità e lettere nella cultura italiana e ungherese del BassoMedioevo, a cura di S. Graciotti e C. Vasoli (Cecilia Passarin) 24

Sicco Polenton, Catinia, a cura di P. Baldan (Maria Pia Codato) 25

Noi umili manovali della scienza. Critica e filologiadi Ugo Angelo Canello, a cura di E. Lippi e G. Peron(Mario Quaranta) 25

V. Aganoor, Lettere a Giacomo Zanella (Donata Banzato) 25

Il poeta e il professore. Carteggio Sandro Baganzani -Lionello Fiumi 1914-1949, a cura di G. Volpato (Donata Banzato) 26

Guido Piovene tra idoli e ragione, Atti del convegno di studi,a cura di S. Strazzabosco (Giuseppe Iori) 26

N. Giannetto, Il sudario delle caligini. Significati e fortune dell’operabuzzatiana (Annamaria Bonanome) 26

Goffredo Parise tra Vicenza e il mondo, a cura di F. Bandini,G. Fioroni, V. Scheiwiller (Giuseppe Iori) 26

Lettere a Giovanni Comisso di Goffredo Parise,a cura di L. Urettini (Livio Vanzetto) 27

StoriaW. Dorigo, Venezie sepolte nella terra del Piave. Duemila annifra il dolce e il salso (Cecilia Passarin) 27

Storia dell’Altipiano dei Sette Comuni, I: Territorio e Istituzioni(Monica Fioravanzo) 27

M. Casini, I gesti del principe. La festa politica a Firenzee Venezia in età rinascimentale (Ferdinando Perissinotto) 28

W. Panciera, L’arte matrice. I lanifici della Repubblica di Venezianei secoli XVII e XVIII (Monica Fioravanzo) 28

G. Silvano, Padova democratica (1797). Finanza pubblicae rivoluzione (Ferdinando Perissinotto) 28

Finanza e debito pubblico in Italia tra ’800 e ’900,a cura di P. Pecorari (Giovanni Punzo) 29

Marisa Milani, Vita e lavoro contadino negli autori pavanidel XVI e XVII secolo. Studi e testi (Cecilia Passarin) 29

Il Veneto e Treviso tra Settecento e Novecento, a curadell’Amministrazione comunale di Treviso (Monica Fioravanzo) 29

F. Sartori, L’arte dell’acqua di vita. Nascita e fine di unacorporazione di mestiere veneziana (1618-1806) (Giovanni Punzo) 30

F. Ceschin, Mille anni di storia in pericolo. Storia del cenobiodi San Giorgio Maggiore (Giovanni Punzo) 30

M. Nani Mocenigo, Storia della Marina veneziana da Lepantoalla caduta della Repubblica (Giovanni Punzo) 30

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SERVIZIO REGIONALE DI DOCUMENTAZIONE

DEI BENI CULTURALI

Iconologia: un sapere inutile o un sapere scomparso?(Espedita Grandesso) 31

ISTITUZIONI E CULTURA

La Scuola Grande Arciconfraternita di S. Rocco a Venezia(Lorenzo Cesco) 34

L’Istituto per le Lettere, il Teatro e il Melodrammadella Fondazione Cini (Fernando Bandini) 35

Fondazione Centro musicale Malipiero(Paolo Cattelan) 36

Il Centro per la storia dell’Università di Padova(Cinzio Gibin) 38

MATERIALI D’ARCHIVIO

Il Delta ilariano della Venezia lagunare nel Medioevo(François-Xavier Leduc) 40

Compie 700 anni il confine fra il Veneto e il Friuli(Antonio Cauz) 42

L’EDITORIA NEL VENETO

San Marco: aspetti storici e agiografici (Cecilia Passarin) 43

Musica, scienza e idee nella Serenissima durante il Seicento(Anna Vildera) 44

Giambattista Tiepolo: celebrazioni (Giorgio Nonveiller) 47

L’Orto botanico e il Teatro anatomico di Padova(Mario Quaranta) 50

Art Déco, Art Nouveau, Liberty in mostra a Padova(Marco Bevilacqua, Anna Pietropolli) 52

Giacomo Zanella e il suo tempo (Mario Quaranta) 53

I carteggi di Fedele Lampertico (Mario Quaranta) 54

RIVISTERIA VENETA

Spoglio dei periodici di psicologia, psichiatria, pedagogia -scienze sociali (1995-1996) 55

Psicologia - Psichiatria - Pedagogia:

Centro Ricerche Biopsichiche - Padova 55Consultorio familiare 55Contributi dei Dipartimenti e degli Istituti italiani di psicologia 55Euristica 55IRSE. Istituto Superiore Internazionale Salesiano di ricerca educativa 56Newsletter 56Pratica psicomotoria 56Psichiatria generale e dell’età evolutiva 56Psyche nuova 57Quaderni di psichiatria e psicoanalisi 57Quaderni di Psicoterapia 57Rassegna di Pedagogia - Pädagogische Umschau 57Rivista di psicologia 58Studium educationis. Rivista per la formazionedelle professioni educative 58Synthesis 58

Scienze sociali:

Diritto e società 58Materiali sulla condizione giovanile 59Metis. Ricerche di sociologia, psicologia e antropologiadella comunicazione 59Oltre il ponte - Economia e società regionale 59Pace diritti dell’uomo diritti dei popoli 60Politiche Sociali 61Quaderni di Scienze Antropologiche 61Servizi Sociali 61Sì. Rivista di studi sociali del Veneto 63

Altre riviste segnalate 63

La più antica rappresentazione di una stamperia(dalla Danza della morte, Lione, xilografia)

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Fuori dagli abusati e frastornanti percorsituristici, Venezia conserva molti luoghi chetrattengono momenti di vita autentica, anticae moderna insieme, raggiungibili nei tempilenti e rassicuranti del passo umano o delbattito del remo. Uno di questi è il campielloQuerini Stampalia, a ridosso della Chiesa diSanta Maria Formosa e a breve distanza dapiazza San Marco. Il campiello prende il nomedal palazzo cinquecentesco che su di esso siprospetta al di là del rio. Dimora di una dellepiù antiche famiglie patrizie veneziane, iQuerini di Santa Maria Formosa, il palazzo èoggi sede della Fondazione voluta dall’ultimodiscendente dell’illustre casato, il conte Gio-vanni Querini Stampalia. Nato nel 1799, dueanni dipo la fine della Repubblica di SanMarco, giurista ed economista, appassionatocultore di scienze fisiche, matematiche e natu-rali, il Querini Stampalia fu oculato ammini-stratore di grandi proprietà, soprattutto terriere,i cui profitti destinò alla cura e all’incrementodella ricca biblioteca e delle non meno impor-tanti collezioni d’arte familiari. Affinché l’ine-stimabile patrimonio culturale non andassedisperso, affidò al proprio testamento, datato11 dicembre 1868, precise istruzioni perchéquanto aveva tanto curato ed amato divenissedi pubblica utilità:

«Istituisco erede d’ogni mia sostanza mobi-le, immobile, diritti, azioni e ragioni ovunqueesistenti una fondazione scientifica che oggistabilisco col nome di fondazione “Querini”agli scopi e cogli obblighi che saranno piùsotto indicati... Dopo la mia morte, la miaBiblioteca, Galleria, Medaglie, oggetti d’Arteposti nel mio Palazzo a San Zaccaria diverran-no d’uso pubblico. – Verrà unito agli stessi unGabinetto di lettura nel primo piano del miopalazzo nelle stanze da me abitate. – Il Gabi-netto di lettura e la Biblioteca rimarrannoaperti nei giorni, ed ore che... i curatori deter-mineranno, ma costantemente in tutti queigiorni, ed ore in cui le Biblioteche pubblichesono chiuse, e la sera specialmente per como-do degli studiosi, che saranno collocati nonnella Biblioteca, ma in una Sala vicina, bellacomoda, con stufe, e tappeti per l’inverno. –Vi saranno camere per adunanze serali di dottie scienziati, sì nazionali, che forestieri...

Una terza parte almeno della mia renditaannua verrà impiegata in questa gratuita Isti-tuzione del Gabinetto di lettura, ed adunanzeserali di dotti ed amici del sapere, che mancaora in questa Città, e che credo atta a promuo-vere il culto dei buoni studi, e delle utilidiscipline, scopo principale della fondazioneQuerini...».

Chiaramente espresso con illuminata e mo-derna sensibilità, il desiderio di Giovanni

Querini Stampalia che la Fondazione svolges-se compiti nel contesto e in alternativa dellealtre istituzioni culturali della città è statopienamente rispettato. Anzi negli ultimi tredecenni, sotto la direzione di Giuseppe Maz-zariol, uno dei protagonisti più lungimirantidella vita culturale veneziana, e del suo allievoe continuatore Giorgio Busetto, la sua funzio-ne si è arricchita di pregnanti contenuti esignificati di innovante attualità, anche me-diante imponenti lavori di adeguamento delPalazzo alle nuove esigenze. Al piano terra laristrutturazione dell’impianto ottocentescocondotta tra il 1959 e il 1963 da Carlo Scarpacostituisce uno dei rarissimi esempi a Veneziadi architettura contemporanea, giustamentefamoso per il coerente rigore formale con cuil’ingresso, le sale per le mostre e conferenze,il giardino “segreto”, rievocano antichi signi-ficati in accezione moderna.

Il più ampio sviluppo possibile è stato datoalla biblioteca situata al primo piano. Di carat-tere generale, essa conserva attualmente oltre275.000 volumi, con fondi particolari riguar-danti letteratura italiana e straniera, econo-mia, giurisprudenza, architettura, arti in gene-re e filologia. Grande spazio viene dato allesezioni di materia triveneta e di dizionarilinguistici. La raccolta dei periodici italiani estranieri, comprendente oltre 4.000 titoli fracui circa 50 correnti, si distingue per varietà ericchezza.

Il nucleo più antico è costituito da carte emanoscritti membranacei quali l’importantis-simo Capitolare Nauticum, Il Libro del Sarto,

l’epistolario del Cardinale Angelo MariaQuerini, varie Commissioni ducali e raccoltedi autografi celebri. L’archivio privato dellafamiglia Querini Stampalia offre agli studiosipreziose testimonianze storiche, arricchiteanche da incunaboli rari, circa 1.800 cinque-centine, atlanti, carte geografiche antiche (tracui spicca la pianta di Jacopo De Barbari del1500, una delle pochissime ancora esistenti),oltre 2.800 incisioni e un interessante fondosei-settecentesco contenente fra l’altro raris-sime opere di Giacomo Casanova. Un cosìvasto patrimonio librario è continuamenteaggiornato da acquisizioni annue di circa 4.000unità. Le sale, le stesse in cui viveva il fonda-tore conte Giovanni, mantengono l’arredo inlegno scolpito voluto dal bibliotecario ArnaldoSegarizzi all’inizio del Novecento. Dal 1987le sale di lettura sono state organizzate a“scaffale aperto”, con una ristrutturazione cheha messo a disposizione degli utenti circa31.000 volumi ordinati secondo la Classifica-zione Decimale Dewey.

Custode di una tradizione antica e allo stes-so tempo attenta e aperta all’innovazione,dalla fine degli anni ’80 la Biblioteca parteci-pa attivamente al Polo veneziano del ServizioBibliotecario Nazionale (SBN), la rete pro-mossa dal Ministero per i Beni Culturali eAmbientali che collega ormai quasi quattro-cento biblioteche in tutta Italia, consentendola consultazione e l’utilizzazione in linea diarchivi comuni.

L’unica a Venezia e fra le poche in Europaaperta anche nei giorni festivi e nelle ore seralisin quasi a mezzanotte secondo le disposizio-ni del fondatore, la Biblioteca è capace disvolgere anche un efficace servizio pubblicodi consultazione e lettura per gli studenti edogni fascia sociale, fungendo così da frequen-tatissimo istituto civico.

Organici ed estesi programmi di restaurohanno valorizzato la collezione dei dipinti edegli arredi, che in un allestimento “ambien-tale” del Settecento costituiscono la Pinacote-ca nel secondo piano, sede del Patriarcatonella prima metà dell’Ottocento. La collezio-ne, che conta, fra altri, capolavori di GiovanniBellini, Palma il Vecchio, Andrea Schiavone,Sebastiano Ricci e Giambattista Tiepolo, èparticolarmente famosa per i densi gruppi diopere di artisti veneti del Seicento e per inumerosi esempi della pittura di Pietro Longhi,tanto apprezzata da Carlo Goldoni per la veri-tà appena velata di bonaria ironia con cuievoca la società veneziana del tempo nel suoultimo, irreversibile declino, senza che vada-no perduti la più piccola parvenza di colore eil più sottile umore dei protagonisti. Un verounicum nella civiltà figurativa veneziana sono

La Fondazione Scientifica Querini Stampalia di Venezia(Francesco Valcanover)

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Vincenzo Catena, Giuditta, 1520-30 ca,Venezia,Pinacoteca della Fondazione Scientifica Querini Stampalia

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Pubblicazioni edite o promossedalla Fondazione Querini Stampalia

Pubblicazioni varie

Nuova tendenza 2, Venezia 1963.

Mario De Luigi, Venezia 1966.

G. Franco Tramontin, Venezia 1966.

Sculture di Pierluca, Venezia 1966.

Gastone Novelli, Venezia-Roma 1969.

Franco Flarer, Venezia 1971.

Neri Pozza, Vicenza 1972.

Bruno Pinto. Dipinti, disegni, grafica dal 1968 al 1972,Venezia 1972.

Ung-No-Lee. Pitture 1971-1972, presentazione dellamostra, Venezia 1972.

Venezia città del libro. Cinque secoli di editoria venetae mostra dell’editoria italiana, Venezia 1973.

Mario Tudor, Milano 1974.

Proposta di una mostra di pitture di Zoran Music,Venezia 1974.

Ida Barbarigo, Venezia 1975.

Pulga, Venezia 1975.

Kazimir Malevic. Opera grafica 1913-1930, Padova1976.

Catalogo della Pinacoteca della Fondazione Scientifi-ca Querini Stampalia, a cura di Manlio Dazzi ed EttoreMerkel, Vicenza 1979.

Immagini di Venezia e della laguna nelle fotografiedegli Archivi Alinari e della Fondazione QueriniStampalia, Firenze 1979.

Carlo Levi. Disegni 1920-1935, Venezia 1980.

Immagini di devozione popolare. Ex-voto del Santua-rio napoletano della Madonna dell’Arco e del litoraleveneziano. Secoli XVI-XIX, Venezia 1982.

Paesaggio della città di Napoli, Venezia 1983.

Leggere Darwin, Venezia 1983.

Le opere musicali della Fondazione Querini Stampaliadi Venezia, a cura di Franco Rossi, Torino 1984.

I ripercorsi di Francesca Marangoni, Venezia 1984.

Carlo Scarpa 1906-1978, a cura di Francesco Dal Co eGiuseppe Mazzariol, Milano 1984.

Constructions et Finctions, Parigi 1986.

Madhubani. L’arte di Mithila, Venezia 1987.

Scene di vita privata di Gabriel Bella 1730-1799,Venezia 1987.

Il libro del sarto, Modena 1987.

A tailor’s book, Modena 1987.

Dipinti Madhubani. Strumenti musicali e maschere,Torino 1987.

Rivisitando i lager, a cura di Primo Levi, Firenze 1988.

Cronaca veneziana. Dipinti di Gabriel Bella, Venezia1988.

Altan. “Diario di bordo”. Immagini di vent’anni alladeriva, Venezia 1988.

Giornate della cultura italiana a Sumy, Venezia 1988.

Visioni dello spettacolo a Venezia nei dipinti dellaFondazione Querini Stampalia, Venezia 1989.

La Repubblica napoletana del 1799, Venezia 1989.

Catalogo degli incunaboli posseduti dalla Bibliotecadella Fondazione Querini Stampalia, Venezia 1989.

Giovanni Querini Stampalia, Venezia 1990.

Vetro divino. Design del bere in trenta calici venezianidi Yoichi Ohira, Venezia 1990.

I problemi dell’intervento nell’affido familiare, Attidel convegno organizzato dalla Fondazione ElenaFontanari (Venezia, 17-6-1988), Venezia 1990.

GIORGIO BUSETTO, Giuseppe Mazzariol. Ricordo nelprimo anniversario della morte, Venezia 1990.

Italy by Moonlight, Oxford 1990.

Italia al chiaro di luna. La notte nella pittura italiana1550-1850, Londra 1991.

Prealpi e paesaggio veneto nei dipinti della QueriniStampalia, Treviso 1991.

Scène Venetienne. Gabriel Bella: oeuvres de laFondation Querini Stampalia, a cura di Giorgio Busetto,Milano 1991.

La rivoluzione francese a Venezia, Udine 1992.

Brazil. Segni d’arte. Libri e video 1950-1993, a cura diLucilla Sacc, Milano 1993.

Imai, Hommages a Venise, a cura di Pierre Restany,Milano 1993.

Architecture in Detail. Querini Stampalia Foundation.Carlo Scarpa, a cura di Richard Murphy, Londra 1993.

La poesia incontra la poesia. Il Veneto incontra l’Eu-ropa, Venezia 1994.

Scènes venitiennes. Gabriel Bella. Pret de la FondationQuerini Stampalia, textes de Giorgio Busetto et Elisa-betta Dal Carlo, Milano 1995.

Gli ebrei a Venezia 1938-1945. Una comunità trapersecuzione e rinascita, a cura di Renata Segre, Vene-zia 1995.

F. BELTRAMETTI, Choses qui voyagent “quand on aimeil faut partir”, Milano, 1995.

Collana Queriniana(fondata da Germano Pattaro)

1. Archivio privato della famiglia Querini Stampalia.Inventario, a cura di Viola Domenica Carini Venturinie Roberto Zago, Venezia 1987.

2. Tessuti. Inventario, a cura di Doretta Davanzo Poli,Venezia 1987.

3. I Querini Stampalia: un ritratto di famiglia nelSettecento veneziano, a cura di Giorgio Busetto e MadileGambier, Venezia 1987.

4. Periodici correnti, a cura di Valeria Boscolo, AnnalisaBruni, Stefano Frassetto, Maurizio Messina, CristinaPagan, con la supervisione di Antonio Fancello, Vene-zia 1987.

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Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio,particolare, 1460 ca,Venezia, Pinacoteca della Fondazione

Scientifica Querini Stampalia

le 67 tele nelle quali Gabriele Bella fissa confedeltà del cronista e candore naïf aspettiurbani e di vita pubblica e privata veneziana.

Il terzo piano, che oggi accoglie una grandearea espositiva accanto agli uffici di rappre-sentanza e amministrativi, è già destinato aduna più spaziata distribuzione del materialeartistico, prevista dal progetto generale diridefinizione degli spazi e delle funzioni dellaFondazione, reso possibile anche dal recentis-simo acquisto di alcuni immobili adiacentiall’antico palazzo. Quando in un futuro che sispera prossimo il progetto sarà realizzato, laFondazione attingerà possibilità nuove nellosvolgimento dei propri compiti istituzionali dibiblioteca e di galleria ed anche nell’organiz-zazione di convegni, tavole rotonde, lezioni,mostre e conferenze dedicati a disciplineumanistiche e scientifiche, ed altresì a proble-mi sociali e urbani di Venezia e del Veneto.

Occasioni che danno e daranno contenutovivo e moderno alla volontà di GiovanniQuerini Stampalia che il suo Palazzo servissenon solo per lo studio ma anche per “adunanzeserali di dotti e scienziati, sì nazionali cheforestieri”. Consentanee con lo spirito di que-sto desiderio chiaramente espresso dal fon-datore, avranno ancor maggior impulso leiniziative di raggio nazionale e internazionalegià da tempo attivate dalla Fondazione me-diante prestiti di opere e allestimenti di mostrein Italia e all’estero, le convenzioni stipulatecon il Getty Center for History of Art andHumanities di Santa Monica (USA), l’Uni-versità degli Studi di Venezia, la Fondazionedella Cassa di Risparmio di Venezia e gliaccordi presi con l’Accademia Italiana delleArti e delle Arti Applicate di Londra.

Jacopo Palma il Vecchio, Sacra Conversazione,particolare, 1527 ca,Venezia, Pinacoteca della Fondazione

Scientifica Querini Stampalia

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21. Cento scene di vita veneziana. Pietro Longhi eGabriel Bella alla Querini Stampalia, a cura di GiorgioBusetto, Venezia 1995.

22. Oltre l’automazione per l’efficienza dei servizibibliotecari nel Veneto, a cura di Chiara Rabitti, Vene-zia 1995.

23. L’automazione delle biblioteche nel Veneto dallacatalogazione all’informazione, a cura di Chiara Rabitti,Venezia 1996.

Collana Le Occasioni

1. Germano Pattaro, commemorazione tenuta il 25maggio 1987 da Carlo Ottolenghi alla Querini Stampalia,1987.

2. James Joyce, Po(e)mi un soldo l’uno, traduzione diAldo Camerino, a cura di Rosella Mamoli Zorzi, 1988.

3. La rivoluzione francese duecento anni dopo: unenigma ancora intatto?, a cura di Giannantonio Paladini,1989.

4. Robert Browning a Venezia, a cura di Rosella MamoliZorzi, 1989.

5. Cesare Musatti, commemorazione tenuta il 15 aprile1989 da Enzo Funari e Antonio Alberto Semi, 1989.

6. Carlo Ottolenghi, commemorazione tenuta il 2 aprileall’Ateneo Veneto, 1990.

7. Bruno Bettelheim, 1991.

8. F. SARTORI, L’arte dell’acqua di vita. Nascita e finedi una corporazione di mesteiere veneziana (1616-1806), 1996.

9. Piero Monico, in corso di stampa.

Collana I Pesci

1. GIUSEPPE MAZZARIOL - MARIO BOTTA, Un fiore per LeCorbusier, Venezia 1994.

2. MARIO VIDOR, Fotografie 1995, Venezia 1995.

3. In viaggio con Carlo Scarpa, Venezia 1996.

Collana Mostre

Gino Cortelazzo, a cura di Virginia Baradel, Milano1990.

Eugenio da Venezia, a cura di Virginia Baradel, Milano1991.

D. REATO, The coffee-house. Venetian coffee-housesfrom 18th to 20th century, Venezia 1991.

5. Centovetri. Opere in vetro dal 1951 al 1987, a curadi Alessandro Lenarda, Venezia 1987.

6. Gli Shakers. Una comunità utopica americana, acura di Rosella Mamoli Zorzi, Venezia 1987.

7. Nato Advanced Research Workshop on NicotinicAcetylcholine Receptors in the Nervous System.Scientific Program and Abstracts (Venezia, 16-20Aprile 1988), Venezia 1988.

8. Mechanisms of Toxicity and Repair. ScientificProgram and Abstracts (Venezia, 23-24 giugno 1988),Venezia 1988.

9. Ad usum dimorae, a cura degli Incontri internazionalid’arte, Venezia 1989.

10. Fotografie di Ikona Gallery, a cura di Zirva Kraus,Venezia 1989.

11. Mechanisms of Toxicity and Repair II: ClinicalAspects (Venezia, 5-6 novembre 1990), Venezia 1990.

12. Benedetto Marcello. Un musicista tra Venezia eBrescia, Venezia 1990.

13. Cronaca veneziana. Altag und Feste in Venedig des18 Jahrunderts. Veduten von Gabriel Bella und Druckevon Gaetano Zompini aus der Sammlung der galleriaQuerini Stampalia Venidig, a cura di Giorgio Busetto,Venezia 1991.

14. Cronaca veneziana. Feste e vita quotidiana nellaVenezia del Settecento. Vedute di Gabriel Bella eincisioni di Gaetano Zompini dalle raccolte della Fon-dazione Querini Stampalia di Venezia, a cura di Gior-gio Busetto, Venezia 1991.

15. La bottega del caffé. I caffé veneziani tra ’700 e’900, a cura di Danilo Reato e Elisabetta Dal Carlo,Venezia 1991.

16. Manoscritti. Catalogo della Classe I, a cura diViola Domenica Carini Venturini e Stefania RossiMinutelli, con un’appendice sulle miniature di SusyMarcon, in corso di stampa.

17. L’arte dei Barovier vetrai di Murano 1866-1972, acura di Marina Barovier, Venezia 1993.

18. L’automazione delle biblioteche nel Veneto. Versouna nuova fase della coooperazione, a cura di ChiaraRabitti, Venezia 1993.

19. Nella casa di un uomo prudente. Carlo Goldoni invisita alla famiglia Querini, a cura di Marigusta Lazzari,Venezia 1993.

20. Oltre l’automazione per una politica dei servizibibliotecari nel Veneto, a cura di Chiara Rabitti, Vene-zia 1994.

Italo Valenti, a cura di Virginia Baradel, Milano 1992.

Dino Gavina. Collezioni emblematiche del modernodal 1950 al 1992, Milano 1992.

Giuseppe Mazzariol, a cura di Chiara Bertola, Milano1992.

J. Steward Johnson Jr. - Lifesize Bronze Sculpture,Venezia 1993.

P. WEIBEL, Lokalzeit - Wiener Material im Spiegel desUnbehagens, Wien 1994.

Giò Pomodoro. Ornamenti 1954-1995, Firenze 1995.

Mario Botta. Cinque architetture, Milano 1996.

Pedro Cano. Quaderni di viaggio, Murcia 1996.

Quaderni della Donazione Eugenio da Venezia

1. Donazione Eugenio da Veznezia. Le recentiacquisizioni, a cura di Elisabetta Dal Carlo, Venezia1994.

2. Donazione Eugenio da Venezia, Venezia 1996.

Quaderni del Fondo Giuseppe Mazzariol

1. Carlo Scarpa alla Querini Stampalia. Disegni inedi-ti, a cura di Marta Mazza, Venezia 1996.

Fondazione Scientifica Querini Stampalia

Sede: S. Maria Formosa, 4778 - 30122 Veneziatel. 041/5203433 - fax 041/2711445

Consiglio di presidenza: Marino Cortese (presidente),Ignazio Musu (consigliere delegato), Marino Berengo,Egle Renata Trincanato, Francesco Valcanover

Ente tutore: Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti(presidente Feliciano Benvenuti)

Revisori dei conti: Roberto Parro, Giancarlo Tomasin

Direttore: Giorgio BusettoPietro Longhi, La lezione di Geografia, 1752 ca,Venezia,

Pinacoteca della Fondazione Scientifica Querini Stampalia

Jacopo Palma il Giovane, La Maddalena, Venezia,Pinacoteca della Fondazione Scientifica Querini Stampalia

Alessandro Varotari detto il Padovanino, La Misericordia e ilTempo,1618 ca,Venezia, Pinacoteca della Fondazione

Scientifica Querini Stampalia

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OPERE GENERALI

DIOCESI DI ADRIA - ROVIGO, Guida all’inventario del-l’Archivio della Curia Vescovile di Rovigo, a cura diFrancesca Bianchini e Giacomo Prandini, s.l., ProManoscritto, 1995, 8°, pp. IX-421-LIV, s.i.p.

L’importanza degli archivi ecclesiastici è nota econtinuamente sottolineata dalla mole di interventi peril loro riordino, inventariazione ed informatizzazione,molto spesso patrocinati dalla Pubblica Amministra-zione, sensibile ai problemi di salvaguardia e tutela delpatrimonio storico della nostra regione. La Guida chepresentiamo è uno strumento fondamentale per iniziaread usufruire degli Archivi custoditi presso la CuriaVescovile di Adria-Rovigo, denominazione introdottaa partire dal 1980.

Molti fra i documenti più antichi dell’Archivio dellaCuria, costituitosi fra il XIII e il XIV secolo, sono andatidispersi; quelli ancora reperibili si trovano dislocati fral’Archivio di Stato di Modena e gli archivi dell’Ar-chidiocesi di Ravenna e Ferrara. L’Archivio della Cu-ria di Rovigo è costituito da quattro archivi indipenden-ti: l’archivio della Diocesi di Adria-Rovigo, che già nel1340 contava ben 34 chiese, quello del Seminario dellaDiocesi, quello del Capitolo della Cattedrale di Adriaed infine l’Archivio dell’Azione Cattolica.

Tra i documenti più interessanti, alcune delle perga-mene relative al Monastero di S. Biagio di Lendinara,serie Conventi, b. 6, la più antica delle quali risale al1288; importante anche la serie Mensa Vescovile, mol-to cospicua ed ancora in attesa di studi approfonditi:oltre a documenti del XIII secolo, comprende anchealcune belle mappe a colori tratte dall’estimo del 1755.La serie Matrimoni va dal 1540 al 1991, mentre nellebuste della serie Parrocchie sono conservati documentia partire dal 1384. Da segnalare gli alberi genealogicidelle famiglie Pendasi (Mensa Vescovile) e Biolcati(Parrocchie). Il celebre Codex Adrianus, ora a Monacodi Baviera, è comunque presente, anche se in riprodu-zione fotostatica (Mensa Vescovile, b. 186).

Un utilissimo strumento che può affiancarsi, arric-chendone il contenuto con nuovi spunti di ricerca, alvolume di A. Gabrielli, Comunità e chiese nella diocesidi Adria-Rovigo, Roma 1993 (cfr. “Notiziario Bi-bliografico”, n. 17, 1994).

Simonetta Pelusi

GABRIELE INGEGNERI, Biblioteca degli autori cappucciniveneti: 1939-1993, Venezia–Mestre, Archivio Provin-ciale Cappuccini Veneti, 1995, 8°, pp. 141, L. 20.000.

La tradizione delle bibliografie generali di autoricappuccini risale al 1680, quando il cappuccino Dionisioda Genova (Dionysius Genuensis) pubblicò la primaedizione della sua Bibliotheca Scriptorum OrdinisMinorum S. Francisci Capuccinorum; l’opera vennecontinuata da Bernardo da Bologna che nel 1747, aVenezia, fece uscire un volume dallo stesso titolo delprecedente, ma che lo completava sino a quell’anno.Ioannes a Ratisbona, dello stesso Ordine, proseguiva labibliografia cappuccina con il suo Catalogus ScriptorumO.M.S.F. Capuccinorum ab anno 1747 usque ad annum1859. Più tardi iniziarono a comparire bibliografie discrittori cappuccini raggruppati per Provincia di appar-tenenza, decisione che trasse origine dalle risoluzioniemanate dal Capitolo generale del 1932.

Il primo repertorio bibliografico relativo ad autoricappuccini veneti uscì nel 1944 ad opera di P. GiovanniCrisostomo da Cittadella, e copre l’arco temporale cheva dal 1535, anno della formale costituzione dellaProvincia regolare Veneta, al 1939.

Il volume che presentiamo completa sino ad oggiquel primo lavoro. L’autore, p. Gabriele Ingegneri,docente e archivista provinciale presso il Convento deiCappuccini di Mestre e Padova, nonché autore di nume-rosi saggi relativi alla storia dell’Ordine, ha raccolto idati relativi alla produzione editoriale dei cappuccinidella Provincia Veneta. Gli autori vi compaiono ordinati

alfabeticamente, ed una breve nota biografica precedel’elenco delle opere di ciascuno di essi. P. Ingegneri haritenuto di prendere in considerazione unicamente leopere a stampa, in attesa di un riordino dell’archivioProvinciale che possa rendere pienamente agibile lagran mole di manoscritti conservativi, comprendentitesti di prediche, conferenze e lezioni tenute dai cappuc-cini veneti. Particolarmente utile – anche se potevaessere maggiormente evidenziata, pubblicandola peresempio come “indice degli argomenti” – è lasistematizzazione delle materie operata da p. Ingegneri,che ha indicato i nomi degli autori in relazione ai settoritrattati (pp. 5-7): dall’analisi di questo “panorama”scopriamo che l’area agiografia è quella prediletta dagliautori cappuccini; accanto ad essa, la spiritualità e lapastorale. Non mancano studi dedicati ai grandi teologicappuccini del passato, come S. Lorenzo da Brindisi eGiovanni Maria Zamoro, così come sono elencati autoriche si sono dedicati ad altri temi teologici e filosofici,liturgici e giuridici. Un posto a parte lo occupano glistudi linguistico-lessicografici: le missioni in Africa sisono rivelate per i cappuccini un’occasione di avvicina-mento a popolazioni parlanti spesso lingue non scrittené grammaticalmente codificate. Particolarmente pre-gevoli dunque sono le opere di p. Gaetano Grotto,Dizionario della lingua galla con brevi nozioni gram-maticali, Harar 1939, e di p. Flaviano Petterlini Gramà-tica Kikongo e Dicionàrio Kikongo-português Portu-guês-Kikongo, ambedue pubblicate a Padova nel 1977.

Simonetta Pelusi

Le mappe dell’Archivio Contarini-Camerini di Piazzo-la sul Brenta. Catalogo, a cura di Gianna Suitner,Piazzola sul Brenta (PD), Fondazione G.E. Ghirardi -Villa Contarini, 1994, 4°, pp. 245, ill., s.i.p.

L’archivio Contarini-Camerini è formato da duenuclei distinti. Il primo contiene i documenti dellafamiglia Contarini dal 1413, anno del matrimonio diMarta da Carrara con Nicolò Contarini, fino alla mas-sima estensione proprietaria; il secondo si costituiscedopo l’acquisto, nel 1852, da parte di Silvestro Contarini.Si tratta di circa seicento buste, per una stima dicinquantamila documenti. L’archivio è stato riordinatoma non inventariato. L’autrice del catalogo definiscebrevemente i nuclei documentari più importanti. Uno èrelativo all’opera di Marco Contarini, promotore dellasistemazione della villa e della riforma, allora conside-rata rivoluzionaria, della struttura economica di Piaz-zola con lo sfruttamento idrico della Roggia Contarinaper il funzionamento di filande, cartiere, magli, mulini,pile da riso, fornaci e una tipografia. L’altro riguardal’espansione della proprietà fondiaria (rimasta sostan-zialmente immutata fino ad allora) effettuata da LuigiCamerini, figlio di Silvestro, che acquistò molti beniappartenenti a famiglie vicentine; sono molto interes-santi poi le carte di Paolo, l’artefice dell’ambiziosa,anche se destinata al fallimento, trasformazione di unborgo rurale in un insediamento operario-manifatturie-ro modello.

Nel riordinare l’archivio la maggior parte del mate-riale iconografico è stata sistemata in un fondo a parte,ed è di questo che l’autrice, rielaborando un precedentelavoro del 1981, redige l’inventario analitico. Sonostati descritti circa 350 pezzi, riconducibili a tre tipologie.Le mappe idrauliche sono presenti in maggior numero,a ulteriore dimostrazione della grande attenzione concui lo Stato veneziano seguiva la sistemazione idraulicanel territorio, mediando tra interessi pubblici e privati.Da questo nucleo si evince in particolare la trasforma-zione della Roggia Contarina e del suo bacino, che sipuò seguire dal 1608 fino al XIX sec. Un nucleo nume-ricamente meno rilevante costituiscono le mappe agri-mensori e catastali, rappresentate soprattutto da“catastini” settecenteschi, redatti anche con intentocelebrativo della potenza economica dei proprietari. Laterza tipologia individuabile è formata dai disegniarchitettonici (rilievi e progetti) o relativi a manufattitecnologici, di epoca per lo più tarda.

L’inventario, ricco di illustrazioni, è preceduto da uncorposo saggio, che contiene premesse e chiarimentimetodologici e suggerisce spunti di utilizzo. Moltealtre vie di accesso alle informazioni contenute neidocumenti sono fornite dagli utilissimi indici deitoponimi e degli autori, e da un prezioso glossario deitermini usati nelle didascalie delle mappe.

Valentina Trentin

I Beni culturali ecclesiastici: punti critici, responsabi-lità, proposte, a cura del Centro Studi TCI, Milano,Touring Club Italiano, 1996, 4°, pp. 80, s.i.p.

“I libri bianchi del Touring Club Italiano”, giunti alloro quarto numero, ci propongono un tema spessodibattuto nel campo della valorizzazione del patrimo-nio storico artistico in Italia: la tutela e conservazionedei Beni culturali ecclesistici. L’indagine è volta afocalizzare l’attenzione su alcuni punti sostanziali of-frendo allo stesso tempo delle proposte e sintetizzando,con ottica divulgativa, disposizioni e dati scientificiriguardanti la salvaguardia de Beni culturali ecclesia-stici. La pubblicazione si sofferma principalmente suquesti temi: censimento degli edifici di culto ed inven-tariazione dei loro beni, nonché idonee condizioni diconservazione e di sicurezza che possano impedire alpatrimonio storico-artistico religioso di essere oggettodi continue depredazioni da parte di ladri; apertura deiluoghi di culto garantendone la sorveglianza e prenden-do in considerazione la possibilità di visite a pagamentoestese “solo a poche e precise realtà”; diffusione deimusei ecclesiastici; problema dell’abbandono dei para-menti sacri a causa di una conservazione non accurata;incentivazione delle iniziative di catalogazione e direstauro degli organi e dei fondi musicali; maggioreattenzione al patrimonio della “memoria antica” con-servato negli archivi e nelle biblioteche ecclesiastiche;difficile collaborazione tra Stato e Chiesa.

Per ognuna di queste problematiche il Touring ClubItaliano fornisce delle proposte, completando la pub-blicazione con una serie di tabelle esplicative sullaconsistenza del patrimonio ecclesiastico, sui visitatori,orari e numero dei musei ecclesiastici con relativeschede, sulle aree e monumenti archeologici di proprie-tà ecclesiastica, sui visitatori degli Istituti a carattereecclesiastico non dipendenti e dipendenti dallo Stato esul numero dei furti nelle chiese negli ultimi dieci annie per regione.

Sonia Celeghin

Bibliotecari nella nuova Europa / Librarians in thenew Europe, Atti del Convegno (Trieste, 26-29 novem-bre 1992), Trieste, Biblioteca Civica A. Hortis - Archi-vio Europeo del Neoclassico, 1995, 4°, pp. 380, s.i.p.

Il convegno svoltosi a Trieste nel novembre 1992,nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario dellafondazione della Biblioteca Civica “A: Hortis”, eraorganizzato anche dalla Sezione Friuli Venezia Giulia

Recensioni e segnalazioni

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dell’Associazione italiana biblioteche e posto sotto ilpatrocinio della Commissione Cultura del ParlamentoEuropeo. Nell’euforica atmosfera di aspettative checircondava l’entrata in vigore degli accordi di Ma-astricht, docenti universitari di biblioteconomia e scienzedell’informazione, bibliotecari di Istituti di vario tipo edirigenti delle associazioni professionali dei paesi mem-bri della Comunità Europea si sono confrontati suipercorsi formativi della professionalità attualmentevigenti, sulle proposte di riforma dei corsi di studio,sulle modalità di riconoscimento dei curricola naziona-li in ambito CEE e in generale sulle aspettative che glioperatori e l’utenza delle biblioteche pongono nell’in-tegrazione politica ed economica dell’Europa. Sonostati invitati al dibattito anche alcuni paesi non CEE mamolto vicini alla Comunità Europea, sia geografica-mente che culturalmente, come l’ Ungheria, la Sloveniae la Croazia (l’Austria, che ora fa parte della CEE, hapartecipato allora in qualità di paese membro di Alpe-Adria).

Numerose, interessanti e ricche di notizie difficil-mente reperibili le relazioni. Dal Regno Unito hannopartecipato Ian Johnson (docente di Biblioteconomiascolastica e Informazione, Scozia), Donal Steele (diret-tore del Dipartimento di Biblioteconomia e Scienzedell’informazione, Telford College, Edimburgo),Brynley F. Roberts (Biblioteca nazionale del Galles),Sherry Jespersen (ASLIB, Londra); Danimarca, Olandae Norvegia hanno contribuito al dibattito con AdriaanG.A. Staats (vice direttore del Dipartimento delle bi-blioteche del Ministero dell’assistenza sociale, dellasanità e degli affari culturali, Rijswijk), Albert Boekhorst(Facoltà di Lettere, Dipartimento di Biblioteconomia,Università di Amsterdam), Hellen Niegaard (Direttricedella Biblioteca pubblica di Hilleroed); Spagna, Ger-mania, Francia, Austria, Slovenia, Croazia, Ungheriasono state rappresentate rispettivamente da Mercé Boschi Pou (Scuola universitaria di Biblioteconomia e Docu-mentazione “Jordi Rubiò i Balaguer“, Barcellona),Birgit Dankert (Dipartimento Biblioteca e Informazio-ne, Università di Amburgo), Katy Feinstein (Bibliote-caria per ragazzi a Mediat, Centro di formazione regio-nale dell’Università “Pierre Mendes”), Franz JosephDesput (Biblioteca regionale, Graz), Alenka SauperlZorko (Biblioteca centrale S. Vilhar, Capodistria), DurdaMesic (Biblioteca Nazionale e Universitaria, Zagabria),Miklos Takacs (Biblioteca regionale, Szombathely).

Numerosi gli interventi italiani, tra i quali ricordia-mo quelli di Giorgio Conetti (preside della facoltà diGiurisprudenza, Università di Trieste), Attilio MauroCaproni (Direttore dell’Istituto di Storia, Corso di lau-rea in Conservazione dei Beni culturali, Università diUdine), Giuseppe Vitiello (Biblioteca Nazionale Cen-trale, Firenze), Maria Carla Sotgiu (Osservatorio per iprogrammi internazionali per le biblioteche, Roma),Margherita Canale Degrassi (Associazione internazio-nale Biblioteche Musicali), Giorgio Lotto (Coordina-tore Biblioteche di Alpe Adria, Biblioteca Civica diSchio), Tommaso Giordano (presidente AIB, Bibliote-ca dell’Istituto Universitario Europeo, Fiesole).

In occasione del convegno era stato preparato unquestionario, inviato a oltre 400 biblioteche europee,finalizzato a conoscere il quadro della situazione in cuioperano i bibliotecari. I risultati del questionario (alquale purtroppo hanno risposto poche biblioteche) sonostati elaborati da Carmela Apuzza, Lelia Sereni, MauraSacher Molea e Renzo Arcon, rispettivamente per lebiblioteche pubbliche italiane, per le biblioteche pub-bliche nei paesi CEE, per le biblioteche speciali, per lebiblioteche ecclesiastiche.

Le conclusioni del congresso sono sintetizzate nellerelazioni dei tre gruppi di lavoro costituiti nel suoambito. Le relazioni focalizzano soprattutto le richiestedi professionalità specifiche, fermo restando una pre-parazione culturale di base comune agli operatori diogni paese, di cui si sente l’esigenza nelle diversetipologie bibliotecarie. Per le biblioteche di pubblicalettura si auspica che il bibliotecario sia in grado dimediare tra fasce di utenza diverse per età, preparazio-ne culturale e sociale; collaborare con i vari istituticulturali; privilegiare la conoscenza del territorio; sa-per gestire le informazioni ed occuparsi di animazione

e della lettura dei ragazzi. Per le biblioteche di conser-vazione il gruppo di lavoro è giunto ad una relazione piùconcreta, proponendo le materie di studio necessarieper la formazione del personale addetto: elementi diorganizzazione e di gestione, elementi di diritto, tecno-logie dell’informazione, scienze della documentazio-ne, discipline del libro antico, teoria e tecnica dellaconservazione. Per le biblioteche speciali, la comples-sità delle tipologie descritte da questa definizione haconsentito di mettere a fuoco solo un nucleo minimaledi competenze da mettere alla base di un curriculumeuropeo del bibliotecario, relative alla descrizionesemantica dei documenti, alla ricerca ed elaborazionedelle informazioni e linguistiche.

Valentina Trentin

Oltre l’automazione: cooperare per l’efficienza deiservizi bibliotecari nel Veneto, Atti del Seminario “An-gela Vinay”, a cura di Chiara Rabitti, Venezia, Fonda-zione Scientifica Querini Stampalia, 1995, 4°, pp. 107,s.i.p.

Il volume contiene gli atti del sesto “SeminarioAngela Vinay”, tenutosi a Venezia il 19 dicembre 1994presso la sede della Fondazione Querini Stampalia. ISeminari, i cui atti sono stati tutti pubblicati, sono statidedicati, fin dalle prime pionieristiche esperienze, allariflessione sullo sviluppo delle applicazioni informati-che ai servizi bibliotecari e sull’evoluzione che taliapplicazioni portano sul modo di pensare e gestire labiblioteca.

Questo seminario era articolato in tre sezioni. Nellaprima, “Biblioteche e servizi”, bibliotecari di vari Isti-tuti hanno presentato le novità (o gli aggiornamenti suprogetti in corso) dei programmi di sviluppo informaticodelle loro biblioteche. In estrema sintesi, Luca Bardi haesposto la grande quantità di nuovi servizi offerti ecoordinati dal Centro di Ateneo per le Bibliotechedell’Università di Padova (SBN/DUO, catalogo on-linedella Library of Congress, accesso ad Internet, sistemaADONIS ecc.); Francesca Cavazzana Romanelli, diret-trice dell’ Archivio di Stato di Treviso ha portatol’esperienza di una biblioteca d’Archivio di Stato col-legata in via sperimentale a SBN; Antonio Damin haillustrato finalità e servizi disponibili nel nuovo Centrodi documentazione del Consiglio regionale veneto;Chiara Marri e Anna Campos hanno descritto la loroesperienza come responsabili dell’Ufficio prestito ester-no ed internazionale della Biblioteca NazionaleMarciana con il sistema Unisys/Sql/Sbn; MaurizioMolina ha parlato del Servizio di documentazione delDipartimento per le attività culturali della RegioneVeneto; Roberta Oliviero ha presentato il nascenteServizio bibliotecario della Provincia di Belluno; PierrePiccotti ha illustrato i numerosi servizi informaticiofferti dallo IUAV di Venezia (in particolare il program-ma Easyweb); Elvio Pozzana ha parlato dell’aperturadella nuova Biblioteca Civica di Mestre, centro delSistema bibliotecario urbano di Venezia (dove è stataapplicata l’interfaccia Biblio e Heurisko del sistemaCDS/ISIS); Fausto Rosa ha spiegato il funzionamento delSistema bibliotecario di Abano Terme, cui aderiscono27 Comuni della fascia centrale della provincia diPadova riuniti in consorzio; Pier Antonio Tomasi,responsabile del Servizio bibliotecario della Provinciadi Venezia, ha presentato il progetto del catalogo suCDROM del patrimonio bibliografico delle bibliotechedella provincia; Maurizio Vedaldi ha esposto i nuoviservizi che la Biblioteca “Ettore Anchieri” della Facol-tà di Scienze Politiche di Padova ha elaborato, soprat-tutto in funzione dell’addestramento degli utenti al-l’utilizzo del nuovo OPAC installato; Fabio Venuda haparlato della radicale riorganizzazione e raziona-lizzazione del Sistema bibliotecario di Ateneo del-l’Università di Venezia Ca’ Foscari; Giancarlo Vol-pato, coordinatore generale delle biblioteche di Ateneodell’Università di Verona ha fatto il punto sui serviziofferti dalla Biblioteca centralizzata Frinzi (tra cui unmodernissimo OPAC in braille e viva voce per nonvedenti). Questo intervento va integrato con quello,

non pronunciato al Seminario e perciò pubblicato inappendice, di Daniela Brunelli e Fabrizio Bertoli.

Durante il Seminario è stato organizzato anche undibattito su “Lettura e servizi: la lettura, lo studio, laricerca”. Coordinato da Marino Berengo, ha visto lapartecipazione di una rappresentanza significativa diutenti, che hanno esposto richieste e formulato critichecostruttive al funzionamento attuale delle bibliotecheveneziane, soprattutto relativamente all’accoglienzadei cosiddetti utenti impropri.

La terza parte del seminario, “L’organizzazione deiservizi”, ha ospitato gli interventi conclusivi di LuigiD’Agrò, assessore alla Cultura della Regione Veneto,e di Augusta Adami, già presidente della sezione Venetodell’AIB. Alla fine dei lavori Ornella Foglieni ha espo-sto l’esperienza della Regione Lombardia in materia dicoordinamento e indirizzo delle politiche culturali ri-volte alle biblioteche.

Valentina Trentin

Il libro dei musei. Guida ai 3.000 musei d’Italia, con500 musei consigliati da Valeria Petrucci, GiovanniPinna, Giovanna Nepi Sciré, Licia Borrelli Vlad, sup-plemento al periodico “Il libro dei fatti”, Roma,Adnkronos Libri, 1996, 8°, pp. 607, L. 15.000.

Nell’ordine alfabetico delle varie regioni, i museidel Veneto figurano nell’ultimo capitolo del volume-guida nel quale sono elencati tutti i musei italiani,pubblici e privati, aperti al pubblico. All’interno dellasuddivisione regionale, l’elenco è ordinato per provin-cia e per comune. A ogni museo corrisponde una brevescheda contenente l’essenziale per la identificazione eper la visita: indirizzo e numero di telefono, calendarioe orario di apertura, costo del biglietto di accesso. Sim-boli grafici segnalano la tipologia del museo e i serviziofferti: archivio grafico/fotografico, archivio storico,biblioteca, laboratorio di restauro, sale studio, visiteguidate, bar, bookshop, ristorante, servizi per disabili.

In appendice all’elenco di ogni regione sono segna-lati i musei temporaneamente chiusi per lavori di re-stauro o di allestimento, mentre a quelli più importantisi dedicano alcune pagine supplementari nelle quali siillustra la storia della collezione, della sede, delleraccolte più significative ecc. Del Veneto, compaionoin questa sezione le Gallerie dell’Accademia, il Museodi Palazzo Ducale, il Museo Storico Navale di Veneziae il Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Lascelta dei musei consigliati è interessante per la varietàtipologica e la diffusione territoriale. Nella categoriaartistica, sono una ventina quelli consigliati, concentra-ti per lo più a Venezia, mentre tra le raccolte di tipoartistico-archeologico, altrettanto numerose, quellesegnalate rappresentano tutte le province della regione.

Molto interessanti anche le segnalazioni dellatipologia di museo tecnico-scientifico: vi figurano unadecina di casi, le cui raccolte, di rilevante importanzastorica, non sono note al grande pubblico. Sono traqueste, ad esempio, il Mueso Paleontologico “R.Zardini”-Museo Etnografico delle Regole d’Ampezzo,di Cortina; il Museo Ostetrico di Padova; il MuseoCivico di Storia e Scienze Naturali “Bellona” diMontebelluna. Altrettanto interessanti i casi consigliatitra i musei di tipo naturalistico: vi figurano il Museo delCastello Scaligero di Malcesine e il Museo NaturalisticoArcheologico di Santa Corona di Vicenza.

Lina Ossi

UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SCIENZE PREISTORICHE E

PROTOSTORICHE - MINISTERO PER I BENI CULTURALI E

AMBIENTALI, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Preistoriae Protostoria. Guide Archeologiche, n. 7, a cura diAlessandra Aspes e Leone Fasani, Forlì, A.B.A.C.O.,1996, 8°, pp. 334, ill., L. 20.000.

Il settimo dei dodici volumi dedicati alla Preistoriae Protostoria in Italia - Guide Archeologiche, riguardail Veneto e Friuli-Venezia Giulia. La collana è nata in

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occasione del XII Congresso Internazionale delle ScienzePreistoriche e Protostoriche (Forlì, 1996) che contem-plava una serie di escursioni guidate dai ricercatoriinteressati alle varie aree geografiche. L’opera com-plessiva rappresenta uno strumento essenziale sia per lasistematicità dell’informazione, sia per la quantità disiti e musei presi in considerazione. Ciascuna tappa èpresentata attraverso una breve scheda (2-3 pagg.) initaliano, inglese, francese, corredata di bibliografiaspecifica, di foto ed illustrazioni di vario genere (veduteaeree, mappe, piante ecc.), di parole chiave, di indica-zioni pratiche per l’accesso e la visita, dei nominatividei responsabili della ricerca in atto, con relativi indi-rizzi e numeri telefonici.

La parte dedicata al Veneto segnala numerose tappe(16) che permettono di approfondire una serie ditematiche relative alle più importanti culture preistori-che e protostoriche della regione, comprendenti laciviltà paleoveneta ed etrusca e, ai confini tra Veneto eFriuli, la cultura dei castellieri.

Nella regione molti musei conservano testimonian-ze importanti e diversificate: il Museo ArcheologicoNazionale di Adria si caratterizza per la cospicua docu-mentazione della civiltà etrusca e romana; il MuseoCivico delle Civiltà in Polesine di Rovigo si distinguesia per i materiali provenienti dal complesso protovenetodi Frattesina, centro di intensi traffici commerciali acavallo del 1° millennio con Grecia, Egeo, Italiapeninsulare, costa adriatica e tirrenica, oltre che per ireperti della necropoli etrusca di Balone.

Il Museo Civico di Fratta Polesine ospita i ritro-vamenti dell’abitato e della necropoli di Frattesina; ilMuseo Archeologico della Fondazione Fioroni diLegnago documenta la civiltà preistorica del territoriodella bassa pianura veronese, mentre il Museo Civico diCologna Veneta raccoglie i materiali della necropolipaleoveneta di Baldaria. Sui Monti Lessini, il Museo S.Anna d’Alfaedo conserva i reperti dell’insediamentonella zona dal Paleolitico all’età romana; una testimo-nianza relativa all’età del Bronzo è riscontrabile alPonte di Veia, importante anche dal punto di vistageologico e naturalistico. Nella stessa area, il sito diRiparo Tagliente offre una ricchissima documentazio-ne di età würmiana. A Verona il Museo di StoriaNaturale ospita collezioni preistoriche e paleonto-logiche.

Nell’area berico-euganea, oltre alla città di Vicenza,l’itinerario comprende una visita al complessomegalitico-eneolitico di Sovizzo e al Museo del Bac-chiglione dedicato ai reperti dell’antico sistemaidrografico Bacchiglione-Brenta. Este è una tappa al-trettanto importante per la ricchezza delle sue necropolied abitati e per il suo Museo Nazionale Archeologico.Nel percorso di spostamento verso le tappe della parteorientale della regione, grande interesse presenta ilvillaggio arginato dell’Età del Bronzo de Le Motte diSotto situato al confine tra i Comuni di Castello diGodego (Treviso) e di S. Martino di Lupari (Padova).

Lina Ossi

STORIA DELLA CHIESA

Agostinho Figuereido Frias, Lettura ermeneutica dei“Sermones” di Sant’Antonio di Padova : introduzionealle radici culturali del pensiero antoniano, Padova,Centro Studi Antoniani, 1995, 8°, pp. 192, L. 35.000.

Sant’Antonio di Padova è un autore che continua adessere esplorato e la cui opera è fonte continua diricerche, riedizioni critiche, traduzioni. Numerosi sonostati i contributi apparsi ultimamente, in occasionedell’ottavo centenario della sua nascita. Ricordiamoqui la recentissima traduzione dei Sermones (Padova1994, cfr. “Notiziario Bibliografico”, n. 20, p. 9); ne èinoltre in programma l’edizione digitalizzata su CD, acura del Messaggero, che consentirà di rivisitare il testoanche in una prospettiva di ricerca lessicografica.

Il volume che presentiamo è uno studio sui Sermones,raccolta che, va ricordato, a dispetto del titolo non èformata da sermoni destinati alla predicazione, ma dabrani il cui insieme costituisce un vero e proprio ma-nuale di teologia, indirizzato ai predicatori. L’origina-lità dei Sermones sta nel nel loro essere strutturati nonsecondo l’ordine di capitoli e versetti della Bibbia, masecondo un sistema di riferimenti più strettamenteliturgico. Se le fonti dei Sermones sono già state oggettodi numerosi studi e di un congresso internazionaletenutosi a Padova nel 1981, un approccio ermeneuticoalla raccolta non era ancora stato tentato nella misura incui lo fa A. Figuereido Frias, analizzando e rapportandoi Sermones con testi sinora poco noti, come ilCostumeiro, un tuttora inedito libro liturgico del XIIsecolo, proveniente dal Monastero di Santa Cruz deCoimbra, dove il Santo fu Canonico regolare, ilSermonário del domenicano Paio da Coimbra, che fusuo contemporaneo, il testo dell’ Ars praedicandi attri-buito a Jean de la Rochelle e la Vita di San Teotonio,che fu fra i fondatori del Monastero di Santa Cruz deCoimbra, attestata in un manoscritto del XII secolo.

Una doppia angolazione di ricerca – diacronica, perquanto riguarda lo studio del contesto giuridico e litur-gico nel quale si svolgeva la vita canonicale; sincronica,per affrontare l’esame della struttura esegetica deiSermones, incentrata sui temi della “quadrigaermeneutica” – viene qui affrontata per una penetrazionedel testo che ne faccia emergere riferimenti diermeneutica ed esegesi, oltre che la dipendenza dalCostumeiro. Tuttavia la prima parte dello studio, unlungo capitolo dedicato a recuperare dai Sermones gliindizi della loro affinità con il Costumeiro, conducel’autore a conclusioni diametralmente opposte allesupposizioni che ne avevano informato i principi diindagine: e se questo costituisce, secondo noi, un seriolimite metodologico, non inficia tuttavia il parzialerisultato della ricerca, consistente nell’aver stabilito ladipendenza della parte del breviario dei Sermones daun ordo rapportabile a quello della curia, e di averpalesato gli influssi gallicani che costituiscono il sostratodel messale.

Dopo un breve capitolo dedicato a sondare strutturae funzione dei sermonari nella prima metà del XIIIsecolo, è la sezione dedicata alla “quadriga ermeneutica”a completare la ricerca. L’autore evidenzia qui i riferi-menti antoniani ad ermeneutica ed esegesi, comparan-doli con i precetti delle Artes praedicandi, in particola-re tenendo presente l’opera di Thomas de Chobham,maestro di teologia a Parigi e contemporaneo del Santo,e di fra Paio de Coimbra. Inoltre, per la prima voltaviene qui esaminato l’uso che Sant’Antonio fa, nei suoiSermones, dei Libri naturales di Aristotele, attingendoprobabilmente dalla traduzione di Michele Scoto. Conil suo uso dei testi, Sant’Antonio si pone certamente frai precursori del metodo di commento ai testi per cui saràcelebre, fra gli autori del XIII secolo, San Tommasod’Aquino. Così succinta da apparire addirittura unasemplice “scaletta” è invece la sezione intitolata“Auctoritates e fonti”, che offre spunti interessantisenza però svilupparli.

Simonetta Pelusi

LUCIANO BERTAZZO, L’ottavo centenario della nascitadi S. Antonio di Padova (1195-1995). Cronaca e docu-mentazione, Padova, Centro Studi Antoniani, 1996, 8°,pp. 119, s.i.p.

Antonio di Padova uomo evangelico. Contributi bio-grafici e dottrinali, a cura di Luciano Bertazzo, Padova,Edizioni Messaggero, 1995, 8°, pp. 217, L. 25.000.

Luciano Bertazzo raccoglie la documentazione del-le iniziative prese in vari luoghi e momenti per celebra-re degnamente l’VIII Centenario della nascita di Anto-nio di Padova, soffermandosi in modo particolare sullecelebrazioni che hanno avuto come scenario i dueluoghi geografici a cui la figura del Santo è legata:Padova e il Portogallo, una città e una nazione. Nellaprima le celebrazioni hanno preso avvio il 15 febbraio1995 e si sono concluse l’8 dicembre dello stesso anno;

nel secondo sono iniziate il 16 gennaio 1995 e si sonoconcluse con la festa del Santo il 13 giugno 1996.

Il primo volumetto è articolato in varie sezioni:progettazione del Cenetenario; lavoro delle Commis-sioni (pastorale-liturgica; sociale-assistenziale-caritativa; per le attività culturali). Riporta inoltre ini-ziative varie tra cui la coniazione di medaglie, dimonete ed emissioni filateliche. In appendice sonoriportati: i documenti preparatori; la documentazionedel Centenario; i documenti papali.

Nel secondo volume Luciano Bertazzo raccoglie ilfrutto di ricerche effettuate da un gruppo di docentidell’Istituto Teologico S. Antonio Dottore di Padova,per offrire un omaggio al loro grande confratello, primoministro provinciale e primo professore di Teologianello Studio teologico di Padova.

Vergilio Gamboso, Luciano Bertazzo, AntoninoPoppi, Tiziano Lorenzin, Alfonso Pompei (docente allaPontificia Facoltà S. Bonaventura di Roma), TerenzioDe Poi, Giacomo Panteghini hanno messo a fuoco, coni loro contributi, la figura storica di Antonio, prendendoin esame i Sermones (vere e proprie lezioni di teologia),sette dei quali sono dedicati alla figura di Maria; lafrancescanità di Antonio e nello stesso tempo l’influssoda lui esercitato sul francescanesimo; i contenuti dellasua predicazione; la religiosità popolare che si è costruitae consolidata attorno alla sua figura. Saggi che, con unostile piano ed efficace, contribuiscono a far meglioconoscere la forza evangelica dell’insegnamentoantoniano.

Maria Pia Codato

RICCARDO GHIDOTTI, S. Antonio da Padova e il miracolodella donna di Monselice, con una nota storica diRoberto Valandro, Monselice (PD), Associazione Ami-ci dei Musei, 1995, 16°, pp. 51, ill., s.i.p.

Non tragga in inganno il titolo di questo libretto,smilzo eppure sostanzioso: il processo di canonizzazionedi sant’Antonio e il curioso miracolo della donna diMonselice – che, pur avendo tentato il suicidio gettan-dosi fra le onde di un fiume (forse il canale del Bisatto),non si bagnò, così come negli atti di quella canoniz-zazione appare – non vengono letti nella loro dimensio-ne religiosa o mistica, ma servono da spunto per cerca-re, osservando le scarne vestigia del passato, di “ricre-are almeno parzialmente la trama degli eventi, l’etàdegli antenati, i sogni che nutrirono i loro forti cuori”.

Emergono infatti da questo bizzarro miracolo infor-mazioni concrete sui gesti e i luoghi dei pellegrinimontellicesi e di quanti, giungendo da Est fino a Vene-zia, si accingevano ad attraversare il Nord Italia sullastrada di quello che nel Medioevo fu il pellegrinaggioper eccellenza: quello verso il santuario di Santiago deCompostela in Galizia. Vediamo così il marito (“dimentalità tutta terrestre”) della nostra miracolata diri-gersi verso Padova “per acquistare il necessario per ilpellegrinaggio” e scopriamo la profondità della gioianel cuore della moglie esprimersi lungo la strada a talpunto da indurre il bisbetico marito a cambiare idea,dando inconsapevolmente l’avvio al miracolo.

Possiamo così, per un attimo, intuire qualcosa del-l’anima di questi nostri antenati spesso apparentementepiù lontani nello spirito che nel tempo e tentare di capire“il luogo e l’ambiente dove sorsero l’ospizio di S.Giacomo [...] lungo l’antica strada romana che con-giungeva il capoluogo estense con il castrum diMonselice”, nella seconda metà del XII secolo, perospitare ed assisere quei pellegrini che – armati delfedele bordone e portando bene in vista, quale emblemadel loro status privilegiato, quella conchiglia per attin-gere l’acqua che sarebbe entrata a tal punto nell’imma-ginario che ancora adesso i francesi la chiamano coquilleSaint Jacques – percorrevano quelle lunghe e pericolo-se strade.

Segue poi un intervento di Roberto Valandro sullapossibile lettura, a partire da uno dei più antichi espirituali ritratti del Poverello trovati nell’Italianordorientale e cioè quello presente nella cripta dellachiesa di S. Paolo databile al XIII secolo, di una orgo-

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gliosa volontà dei cittadini di Monselice di affermare lapropria indipendenza e alterità dalla imbaldanzita Pa-dova, vittoriosa su Ezzelino III, scegliendo come pro-tettore della città Francesco quasi in contrapposizioneal francescano Antonio.

Nilda Tempini

Confraternite al Santo. Testimonianze di fede e tradi-zione, a cura di Luciano Segafreddo, Padova, CentroStudi Antoniani, 1996, 8°, pp. 110, L. 14.000.

Il primo convegno nazionale delle confraterniteantoniane, svoltosi a Padova il 27 e il 28 aprile 1996, hariproposto all’attenzione della Chiesa e della societàcivile il ruolo di queste realtà, che rappresentano le piùantiche forme di associazionismo laicale. È per talemotivo che ora i promotori del convegno – “Messagge-ro di sant’Antonio”, Basilica del Santo e Arcicon-fraternita di S. Antonio, in collaborazione con il CentroStudi Antoniani – hanno deciso di pubblicare i risultatidi quell’importante incontro. Il volume, oltre alle rela-zioni del convegno, ospita il primo elenco completodelle Confraternite antoniane presenti in Italia e l’elen-co delle parrocchie, chiese e santuari italiani dedicati alSanto di Padova.

Al convegno hanno partecipato rappresentanti diventicinque confraternite antoniane e di altre sessantottodi varia ispirazione, provenienti da tutto il territorionazionale. Le relazioni e gli interventi dell’incontronon hanno riguardato solo la storia e l’attualità dellarealtà confraternale antoniana. Una particolare atten-zione è stata rivolta, soprattutto dalla relazione di LianaBertoldi Lenoci, dell’Università di Trieste, e dagliinterventi del cardinale Vincenzo Fagiolo e di monsignorSebastiano Corsanego, alla storia e alle prospettive ditutte le confraternite oggi.

Nel passato le confraternite hanno svolto moltepliciruoli di primaria importanza nel campo devozionale,sociale e artistico. Esse costituiscono un patrimonioricchissimo che non deve andare disperso, un patrimo-nio che va rivalutato affinché l’inserimento dei laici,attraverso le confraternite, trovi nella Chiesa una pienaaccoglienza. “In questo contesto – afferma padre Se-gafreddo nella presentazione degli Atti – è quanto maiattuale l’invito della Chiesa rivolto innanzitutto almondo associazionistico cristiano per il grande giubi-leo del Duemila: di rinvigorire con la loro testimonian-za, la fede della comunità cristiana; di sostenere il donodella speranza e di ravvivare la carità, operosamenteimpegnata nel servizio dei fratelli”.

Giovanna Battiston

La chiesa di S. Girolamo in Mestre. Storia-restauro-arte-vita, a cura di Giorgio Zoccoletto, Mestre (VE),Istituto di Cultura, 1996, 8°, pp. 107, ill., s.i.p.

L’idea di un volume che raccogliesse le testimonian-ze storiche della chiesa mestrina titolata a S. Girolamovenne nel settembre 1992, in occasione della suariapertura dopo i restauri. L’opera, che esce ora per lacura di Giorgio Zoccoletto, presenta numerose testimo-nianze: la prima, di don Artemio Zordan, è relativa alladescrizione strutturale della chiesa che, fondata nel1269, è la più antica di Mestre e l’unica rimasta delle treche anticamente erano comprese nella cinta murariadella città. Per secoli il culto fu officiato dai PadriServiti; poi, dal 1658, il tempio fu affidato alle quattroconfraternite esistenti in Mestre: del S. Rosario, di S.Marco, di S. Nicolò e di S. Biagio. A cura dell’arch.Fabiano Pasqualetto è una scheda del restauroconservativo da poco ultimato. Gran parte del supportoiconografico del volume è concentrato nella sezione,curata da Renato Idi, relativa al patrimonio artisticodell’edificio, ricco di marmi, quadri e oggetti di culto.Chiude il volume il libro cronistorico tenuto da donZordan, che resse la chiesa dal 1946 al 1971, quasi undiario che permette di seguire non solo le variazioniaccorse all’edificio, quanto soprattutto il mutare della

comunità mestrina, dai difficili giorni del primo dopo-guerra agli anni del boom e del rapido incrementodemografico dell’antica piccola cittadina.

Per Mestre, l’importanza di questa chiesa va certooltre il suo significato storico e artistico: è uno dei pochisegni tangibili della storia della città che non nacquecome periferia di Venezia, ma ebbe per secoli una suastoria e tradizioni autonome, come proprio le proces-sioni con il crocifisso “miracoloso” il Venerdì Santo equella per il Corpus Domini, che partono appunto da S.Girolamo, stanno a dimostrare.

Antonio Fabris

Tradizione e innovazione nella pastoralità di Fer-dinando Rodolfi vescovo di Vicenza. 1911-1943, Attidel Convegno di studio (Vicenza, 23-24 aprile 1993), acura di Tullio Motterle, Vicenza, Diocesi - Istituto perle ricerche di storia sociale e religiosa - TipografiaRumor editrice, 1996, 8°, pp. VII-430, ill., s.i.p.

Il volume raccoglie gli atti del convegno di studioche si è svolto a Vicenza nei giorni 23-24 aprile 1993,nella ricorrenza del cinquantenario della morte diFerdinando Rodolfi, vescovo di Vicenza dal 1911 al1943. I saggi proposti dai vari autori rappresentano untraguardo importante per la bibliografia più chetrentennale su questa straordinaria figura di pastore cheoperò nella diocesi vicentina nel primo dopoguerra edurante tutto il ventennio fascista.

Formatosi alla scuola teologica pavese, appoggiò laparte più dinamica e aperta del clero diocesano, resi-stendo coraggiosamente alle accuse di modernismomossegli dagli intransigenti. Fu attento alla trasforma-zione sociale in atto nella società vicentina, interessatada fenomeni di industrializzazione e scossa dall’emi-grazione. Il Rodolfi avviò un’opera di rinnovamentopastorale che investì tutta la vita religiosa diocesana:dal catechismo alla liturgia, dall’associazionismo cat-tolico alla gestione e conservazione del patrimonioecclesiastico. Il suo rigore pastorale, unito ad un fortesenso di libertà e di giustizia, lo portò ad un atteggia-mento critico, e in momenti cruciali anche di fermacondanna, nei confronti del regime fascista.

Il volume, presentato da mons. Pietro Nonis e intro-dotto da Gabriele De Rosa, grazie ad una esplorazioneapprofondita dal materiale archivistico, riesce alumeggiare la figura e l’attività di questo eccezionalevescovo. I contributi degli studiosi vertono sulle se-guenti tematiche: la formazione culturale e sacerdotaledel Rodolfi, le sue varie attività pastorali, il rapportodella diocesi con il fascismo, i problemi sociali prodottidal fenomeno dell’emigrazione, la novità dell’impe-gno politico dei cattolici con la nascita del PartitoPopolare. Segue ai contributi un’antologia di scrittirodolfiani comprendente: Lettere pastorali, epistolariovario e altri scritti. Una bibliografia essenziale delvescovo e gli indici concludono l’opera.

A. Lauretta Coccato

AMBIENTE

SANDRO AMOROSINO, La salvaguardia di Venezia. Leggispeciali e programmi d’interventi, Padova, Cedam,1996, 8°, pp. XIV-156, L. 22.000.

“In un buio pomeriggio dell’inverno 1972, sotto unapioggia torrenziale...”: con un chiaro riferimentoall’annoso problema dell’acqua inizia questo libro,scritto per raccontarci la storia dell’allora imminenteapprovazione della Legge speciale per Venezia (1973),poi seguita da altre due leggi speciali, rispettivamentebis (1984) e ter (1991), oltre che da svariate leggiregionali.

Il volume, dedicato prevalentemente a un’analisigiuridica del fenomeno, si articola lungo la cronistoriadei tre filoni principali di intervento: la disciplina

urbanistica, la pianificazione territoriale e la salvaguar-dia di Venezia. Nel testo non mancano le riflessioni e lecritiche, senza trascurare il trentennale della catastrofeche nel novembre del 1966 colpì il Veneto, sommer-gendo interi comuni. A questo proposito, l’autore sot-tolinea che a tutt’oggi “qualcosa s’è fatto, ma moltomeno di quanto si sarebbe potuto e dovuto fare”.Ricordando i 194 cm di mare che proprio nel ’66irruppero in Venezia, leggiamo così come per la difesadalle maree e dall’acqua alta “violenta” molto è statodetto e poco fatto, soprattutto a causa di “mancatistanziamenti e di dispute ideologiche”. Per altri proble-mi, quali il disinquinamento e le opere idrauliche,invece, i lavori sono effettivamente iniziati, ma a rilen-to, in forma parziale e per lo più scoordinati. Diversa èla situazione sociale della città e delle isole veneziane,dove – a causa di un mancato piano di rivitalizzazioneeconomica – il numero degli abitanti è in costante calo.

In conclusione, l’autore lancia una serie di proposte:“perché non porre mano a una lieve ripulitura legisla-tiva” e perché non “affidare la responsabilità politicadel coordinamento delle azioni pubbliche – la qualenon può spettare al governo nazionale (anche nei ri-guardi della comunità internazionale) – ad un sottose-gretario della presidenza del Consiglio per Venezia”?

Susanna Falchero

I problemi ambientali e l’impresa. Attese dell’impresa,percezioni delle popolazioni, vie di soluzione. Aspettidell’area centrale veneta, ricerca svolta da Cir - Fonda-zione Centro Informazioni Ricerche e Studi, Padova,Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo,1995, 4°, pp. 158, s.i.p.

Le opinioni dei cittadini e dei responsabili di impre-sa sulle questioni ambientali sono state raccolte inquesto volume, con lo scopo di valutare come sianopercepiti, sui due fronti opposti, i rapporti fra impresae ambiente. L’area presa in esame è il Veneto centrale(città e province di Padova e Rovigo), una zona impor-tante, visto e considerato che al suo interno concentra il24% del reddito, il 22% degli investimenti e il 23% deiconsumi dell’intera regione.

Nel corso dell’indagine, sono stati intervistati 450responsabili di imprese e 800 famiglie delle due provin-ce; i soggetti interpellati hanno così potuto esprimere iloro pareri sui temi ambientali, sulle concentrazioniindustriali e sulla “qualità ambientale” dei luoghi.

Molto interessanti risultano i dati sul campione di“cittadini”. Per quanto riguarda il grado di urgenza deiproblemi ambientali, al primo posto si collocano l’in-quinamento atmosferico e il traffico, seguiti dallosmaltimento dei rifiuti e dall’inquinamento delle ac-que. In particolare, i primi due problemi sono assai piùsentiti dalle donne, mentre gli altri due dai maschi. Perquanto attiene i rischi legati alla salute, la popolazionesi è dimostrata molto sensibile a danni quali lo stress eil nervosismo, l’asma e le cefalee, le malattie polmonariin genere. La distribuzione per fasce di età, invece, cimostra come siano gli adulti fra i 30 e i 40 anni i piùattenti e sensibili. In Appendice sono riportati i questio-nari e le distribuzioni statistiche, caratterizzate da accu-ratezza nel campionamento, nella scelta degli strumen-ti utilizzati e delle tematiche affrontate, e da rigorenell’elaborazione dei dati.

Susanna Falchero

GRAZIANO ROTONDI - MARCELLO ZUNICA, Il Lido diSottomarina. Processi interattivi di costruzione e con-sumo, Padova, Dipartimento di Geografia dell’Univer-sità di Padova, 1995, 8°, pp. 82, ill., con carte all., s.i.p.

Graziano Rotondi e Marcello Zunica, docenti delDipartimento di Geografia dell’Università di Padova,propongono questa ricerca come momento di riflessio-ne per le troppe incertezze e imprevedibilità che grava-no su questo spicchio della laguna di Venezia.

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Il volume è munito di una serie di allegati: carta1:7500, foto e tavole molto utili per una visione d’insie-me e per poter seguire più agevolmente le spiegazionie le descrizioni riportate nel testo. Si tratta di una ricercaimportante in quanti i lidi sono elementi essenziali dellalaguna, in qualità di esili barriere di separazione dalmare. Nel primo capitolo, l’attenzione viene posta sulladifesa ed utilizzazione di questo spazio, focalizzandoquattro momenti: a) quello relativo alla sistemazionedella bocca portuale di Chioggia; b) quello relativo alproblema dei murazzi connesso al contesto urbano diSottomarina; c) quello relativo al Brenta; d) quellorelativo all’evoluzione del Lido.

Passando attraverso un percorso storico, nel secon-do capitolo vengono esaminate le alterne vicende chehanno cadenzato i ritmi dell’urbanizzazione. Da inse-diamento antichissimo, fertile e ricco, tanto da subirepuntualmente dei saccheggi, come testimonia Tito Livio,quasi scomparve, soprattutto nel ’300 con la distruzio-ne operata dai Genovesi, per poi riassumere un nuovoassetto territoriale caratterizzato dal borgo di Sottoma-rina, che ancora oggi conserva la sua struttura tradizio-nale con case a più piani e il tipico camino esterno,affacciate in strette calli e qualche corte, per finire alnuovo impianto del quartiere Spiaggia e Borgo Nuovo.Una nota molto significativa mette in evidenza come,fino agli anni ’50, l’area di Chioggia si distinguessesulla media italiana per i valori di gran lunga più elevatiin quanto a natalità e mortalità.

Interessante e ricco di riferimenti storico-culturali èil terzo capitolo, dedicato agli orti che hanno rappresen-tato e tutt’ora rappresentano un’importante risorsa eco-nomica, ma che rivestono un’importanza anche dalpunto di vista ambientale e paesaggistico.

La scoperta della marittimità e, quindi, il sorgeredella vocazione turistica, è recente, ma ha assunto benpresto il ruolo di attività predominante e in continuaespansione. In un’immagine pubblicitaria dei primi delNovecento, la spiaggia di Sottomarina veniva propostacome Lido di Padova ad indicare il preferenziale bacinodi utenza. Sottomarina mirava essenzialmente alla pic-cola e media borghesia cittadina, senza nessuna velleitàdi concorrenza nei confronti del Lido di Venezia, chenel frattempo aveva acquisito connotazioni specifichecon una clientela fortemente esclusiva sia nazionaleche estera.

In definitiva, gli autori mettono in rilievo il fatto chequello del Lido di Sottomarina è “uno spazio oggetto diuna continua violenza che ne ha ridotto la naturaleelasticità”, in quanto il rapporto uomo-ambiente, cosìfondamentale per l’evoluzione dell’ambiente litoraneo,ha in realtà trasformato il lido, alterando il suo equili-brio complessivo. Di conseguenza, “a questo punto c’èancora da chiedersi se questo spazio sia ancora pro-grammabile [...] se sia possibile insomma annodare itermini ‘uso-consumo’, ‘sistemazione-organizzazione’,‘gestione-programmazione’ ”.

Enrico Ballerio

L’ambiente entra in classe. Percorsi di educazioneambientale per la scuola, Atti dei corsi “L’ambienteentra in classe: moduli per insegnanti delle Scuolematerne, elementari, medie inferiori e superiori”(Mestre-VE, febbraio-marzo 1994), “Progettare, realiz-zare e custodire il verde attorno alla Scuola” (Romanzioldi Noventa di Piave-VE, marzo 1994), “Le risorsefaunistiche del territorio come materia didattica” (Ve-rona, aprile 1994), “Utilizzo dei parchi delle villestoriche per la didattica e la ricerca ambientale”(Preganziol-TV, aprile 1994), a cura di Mimmo Vita eFederico Vianello, Venezia, Regione Veneto - AziendaRegionale Foreste, 1994, 8°, pp. 338, s.i.p.

La concreta realizzabilità di esperienze formative diEducazione ambientale con deciso taglio interdi-sciplinare è alla base dello sforzo dei corsi promossidall’Azienda Regionale Foreste, di cui il testo proponegli atti. I percorsi si articolano in livelli di complessitàcrescenti in modo da coinvolgere tutti gli ordini discuola, per orientare e rendere praticabile la “sfidadell’educazione ambientale”, come pratica educativacapace di coniugare difesa dell’ambiente e principi di“civile convivenza”.

I corsi, il cui obiettivo era la formazione di formatori,cercavano di sciogliere il nodo più difficile, teorico edidattico, della complessa problematica dell’Educa-zione ambientale: la distanza tra l’emergenza reale checoinvolge l’ambiente nei suoi risvolti naturali e storico-sociali e la parzialità o difficile praticabilità di strategieeducativo-comportamentali che inducano cambiamen-ti permanenti di abitudini recenti ma ormai radicate. Iltesto, molto ricco di suggerimenti, di piste di lavoro, diunità didattico-ambientali specifiche per ogni ordine distudi, si articola in vari momenti che tengono costante-mente conto dell’orizzonte affettivo, mentale e cultura-le dell’età a cui si indirizza: attenzione particolarmenterivolta all’età prescolare e della prima scolarizzazione.

Costante pure l’attenzione ai caratteri di un sistemadel quale è necessario comprendere le relazioni, la“struttura che connette”, più che le singole parti isolate.Ricca di stimoli la sezione sulla “progettualità peraffrontare lo studio di un ambiente”, con una convin-cente scheda sulla mano che richiama alla mente l’an-tica teorizzazione di Anassagora sul nesso tra “l’intel-ligenza e la mano”.

I percorsi via via più complessi e sistematici scandi-scono le proposte per Medie e Superiori, rendendo iltesto particolarmente prezioso per la progettazione diPiani di lavoro che pongano la formazione ambientalecome modello di interdisciplinarietà. Interessanti leproposte di F. Correale e F. Vianello sulla possibilità distudio della vegetazione offerto dai Parchi storici, e diP. Paolucci che li propone come laboratorio per laricerca e lo studio della fauna, poiché, anche in ambien-te fortemente urbanizzato è possibile ritrovarvi tracciaconsistente di “entità rare o poco diffuse che abitavanole mesofile planiziali tipiche della padana” o che vive-vano nelle siepi. Ricca e documentata la bibliografiaproposta.

Fiorino Collizzolli

La siepe come laboratorio didattico, Atti del corso “Lasiepe come laboratorio didattico” (Noventa di Piave,aprile 1994), a cura di Federico Vianello e MimmoVita, Venezia, Regione Veneto - Azienda RegionaleForeste, 1994, 8°, pp. 116, ill. + schede, s.i.p.

Ad un viandante che si fosse affacciato dal sommodi un colle all’inizio dell’Ottocento, il paesaggio venetosarebbe apparso come una immensa foresta, ricca divariatissima vegetazione; a chi si fosse posto al livellodel suolo, l’orizzonte sarebbe stato a breve distanzaprecluso da un vignale arborato, da un filare di gelsi oda una siepe: struttura dominante e di lunga durata delsuo modello colturale agricolo era la “piantata”. L’esat-to contrario di ciò che possiamo sperimentare oggi, ovealla combinazione produttiva mista si è sostituita una“agricoltura estensiva a vocazione monoculturale” cheha richiesto: l’interramento di fossi e l’estirpazione di

siepi, l’eliminazione di “macchie marginali per rendereil terreno omogeneo ed atto alla penetrazione mecca-nizzata”.

“Mantenere questa filosofia di comportamento nonpaga più, tanto dal punto di vista economico che am-bientale”. Dalla osservazione che “l’omogeneizzazione,la semplificazione” non sono garanti di “sviluppo dellepotenzialità che un sistema può consentire”, e che “è lacomplessità invece la garanzia della stabilità e dellosviluppo”, prende le mosse l’intento didattico del qua-derno dedicato alla siepe come laboratorio.

Mettendo l’accento sulla necessità di rendere cen-trale la nozione di “tempo” e “tempo della natura”, iltesto illustra in modo agile e convincente l’importanzastorica e ambientale che questa “struttura vegetalediversificata e pluristratificata” assume nelle sue mol-teplici funzioni produttive, trofiche, ecologiche, pro-tettive dei terreni, igieniche, estetiche e ricreative. Ilcorredo di un apparato di schede delle specie arboree edarbustive presenti nelle siepi e di esperienze didattichedi realizzazione di una siepe a scuola e di nidi artificialiconsentono di ottenere un duplice vantaggio educativo.Oltre al contenuto della esperienza di per sé sicuramen-te interessante, è possibile ricavare un notevole vantag-gio di metodo: abituare i giovani studenti a mettersi inrapporto con la “complessità” che governa sia gli equi-libri naturali, sia le relazioni tra uomini. Ricca ed inte-ressante la documentazione iconografica e fotografica.

Fiorino Collizzolli

MICHELE ZANETTI, Il Piave fiume vivente. Ambiente,flora e fauna del basso corso fluviale, Portogruaro (VE),Nuova Dimensione - Ediciclo, 1995, 8°, pp. 175, ill., L.27.000.

I fiumi sono vene di linfa vitale che, spesso, com’èil caso del Piave, sono ridotte a riserve bio-genetichenastriformi, sempre più minacciate dall’impatto am-bientale dovuto all’antropizzazione e alle attività uma-ne che spesso contribuiscono a rompere antichi equili-bri. L’autore propone un’esplorazione del basso corsodel fiume Piave, essendo questa la parte più minacciatama, al tempo stesso, la più interessante dal punto divista scientifico.

Nella dimensione millenaria della storia naturale, ilPiave ha rivestito un ruolo importante per l’interapianura veneta centro-orientale, a causa delle profondeinterazioni sia idrogeologiche, sia ecologiche con ivasti territori forestali della pianura, al punto da rendereomogeneo questo bioma. Le numerose trasformazioniambientali di tipo geomorfologico e idrografico delbasso corso fluviale, qui descritte con dovizia di parti-colari, hanno in buona parte “addomesticato” il fiume,riducendo drasticamente le sue principali caratteristi-che. Tuttavia, l’insieme molto vario dei biotopi del-l’ambiente golenale del Piave, ne fanno un complessotroppo spesso considerato, ingiustamente, di scarsointeresse. L’autore ha, quindi, ritenuto opportuno de-scrivere i vari biotopi nel terzo e quarto capitolo, sia

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singolarmente, sia nel loro complesso interattivo, loca-lizzandoli topograficamente e riportandone le princi-pali caratteristiche ambientali, la dotazione floristica efaunistica, anche attraverso fotografie, figure e utilissi-me schede.

Questa realtà ambientale, così fragile e preziosa, èstata messa, negli ultimi decenni, grandemente a ri-schio e, in taluni casi, i danni prodotti appaiono, pur-troppo, irrimediabili. L’analisi del degrado non è utiliz-zata però per versar lacrime su quanto accaduto, o ai finidi una sterile contestazione sulle responsabilità, bensìviene considerata come il necessario presupposto diqualsiasi progetto di recupero e di salvaguardiadell’ecosistema fluviale. Le cause principali del degra-do sono da ricercarsi nella grave insufficienza culturaleche affligge la nostra società, ma anche nello scarsosenso civico di tutti coloro che, in vario modo, hannocontribuito a ledere il delicato equilibrio di questofiume, così caro alla memoria di tutti gli italiani.

Quest’opera assume quindi una valenza particolar-mente positiva, anche per l’importanza che, giustamen-te, attribuisce all’istituzione dell’area protetta del bassocorso del Piave, come progetto di recupero. Interessantisono, infine, sotto tutti i profili, le varie proposte diescursioni, non solo per gli appassionati, ma anche perle scuole, che potrebbero utilizzarle come piacevolivisite di istruzione e di sensibilizzazione.

Enrico Ballerio

L’Altopiano dei Sette Comuni: uomo e ambiente natu-rale, numero monografico della rivista “Studi Trentinidi Scienze Naturali. Sezione Acta Geologica”, 70 (1993),stampa 1995, 4°, pp. 200, ill., s.i.p.

Nel contesto del generale dissesto idro-geologicodel territorio italiano, ricerche come questa presentatadagli “Studi Trentini di Scienze Naturali”, riguardantel’Altopiano dei Sette Comuni, sono da considerarsiappropriate e del tutto opportune. Si tratta di unaraccolta di articoli, frutto di un programma di ricercainiziato nel 1990, stimolati dall’esigenza di acquisireuna miglior conoscenza dei fenomeni che interessano,nella loro multiforme complessità, l’area esaminata.L’approccio multi e pluridisciplinare è il solo chepermette di cogliere tutte le principali interrelazioniche sono alla base della complessa dinamica di unambiente naturale, fornendo una visione d’insieme chedà la possibilità di valutare correttamente l’impattoumano sull’ambiente e individuare quindi le soluzionipiù idonee per mitigarne le conseguenze.

La ricerca è rivolta ad uno dei più caratteristicigeoecosistemi carsici del nostro paese, con le sue cavitàparzialmente esplorabili e nei cui sedimenti sonoarchiviati materiali paleontologici. Grande importanzaviene data alle acque e alle modificazioni antropiche inquanto, dal monitoraggio e dall’analisi delle prime, sirende possibile lo studio della dinamica dell’unitàmorfocarsica, mentre l’antropizzazione, soprattutto perle attività agricolo-pastorali di antica data e l’immissio-ne di sostanze inquinanti nell’ambiente in tempi piùrecenti, ha notevolmente alterato e trasformato le acquee l’ambiente, essendo gli ecosistemi carsici particolar-mente vulnerabili. E sotto questi aspetti l’Altopiano deiSette Comuni, con le sue 1800 cavità sotterranee, laforte pressione antropica e l’intensa urbanizzazioneoffre condizioni ideali di studio.

Enrico Ballerio

FRANCO MIOTTO - PIETRO SOMMAVILLA, Sentieri e Viàzdei Monti del Sole, Belluno, Fondazione G. Angelini,1996, 8°, pp. 164, L. 20.000.

I Monti del Sole: una catena compresa tra le vallidove scorrono i torrenti Mis e Cordevole; Riseva Natu-rale e parte del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.Sono un gruppo montuoso velocemente raggiungibileper chi proviene dalla pianura, eppure poco conosciutoe frequentato. Le cause sono molteplici: l’asprezza dei

suoi versanti e la vegetazione rigogliosa rendono l’ap-proccio spesso difficoltoso, ma proprio per questo lafauna e la vegetazione rivestono un notevole interessescientifico; inoltre i sentieri sono spesso ridotti a pocopiù di una traccia, comportando così qualche difficoltàagli escursionisti.

Gli autori, Franco Miotto e Pietro Sommavilla, sonodue alpinisti che hanno dedicato la loro vita all’esplo-razione spingendosi nei luoghi più impervi, negli an-fratti più remoti e, seguendo le tracce dei camosci, hansuperato passaggi apparentemente impraticabili (i co-siddetti “viàz”). La loro esperienza, unita alla ricogni-zione sistematica del territorio e allo studio dei docu-menti esistenti (il primo risale al 1903), ha così prodottoun volume prezioso per escursionisti e alpinisti appas-sionati della montagna selvaggia.

Il tutto è stato realizzato grazie all’impegno e alcontributo della Fondazione A. Berti e della Fondazio-ne G. Angelini, i cui rappresentanti nella Presentazionedel testo ci tengono a precisare che “ciò che più impor-ta, in opere di questo genere, è sapere bene chi le hascritte e firmate, perché da questa conoscenza deriva latranquillità e la fiducia di seguirne le non facili tracce”.

Dopo un’accurata descrizione geologica, morfo-logica e naturalistica del territorio, nel testo si analizza,suddividendola in settori, tutta l’area in esame descri-vendo le cime, le forcelle e tutti gli itinerari esistenti conprecisione e abbondanza di particolari, dai sentieri sinoalle vie normali che consentono di raggiungere le vettedi più facile accesso. Per coloro che amano uscire daisentieri tracciati, alla ricerca di nuove avventure, gliautori propongono inoltre un certo numero di itinerari,realizzati seguendo le tracce dei camosci, in luoghi dinotevole interesse escursionistico ed alpinistico. Unaguida che tutti coloro che si avventurano nei Monti delSole dovrebbero possedere.

Alessandra Pavanello

GIUSEPPE BUSNARDO - CESARE LASEN, Incontri con ilGrappa. Il paesaggio vegetale, con la collaborazione diGiovanni Paoletti, Cassola (VI), Moro - Crespano delGrappa, Centro Incontri con la Natura “Don PaoloChiavacci”, 4°, pp. 175, ill., s.i.p.

Il Grappa, montagna profondamente intrisa dellanostra storia, terra che porta i segni delle battaglie emantiene viva la memoria dei caduti, viene raccontatoin questo volume come un inno alla natura. L’idea ènata presso il Centro Incontri con la Natura “Don PaoloChiavacci” di Crespano del Grappa (presso il qualevengono ospitati gruppi e scolaresche che desideranoavvicinarsi al mondo vegetale ed animale, e vengonoguidati attraverso sentieri, tra boschi e prati, da personeesperte), ma molte altre persone hanno dato il loro

contributo affinché Giuseppe Busnardo e Cesare Lasenpotessero realizzare questa pubblicazione. La passioneper il Grappa, la sensibilità verso un ambiente che si staimpoverendo di specie vegetali, lo studio e la conoscen-za della flora e della vegetazione, le lunghe camminateper sentieri, vallecole e anfratti nascosti alla ricerca diimmagini da rubare per il repertorio fotografico, hannodato vita ad un volume vivace e stimolante.

Lo scopo di questa pubblicazione non è solo quellodi colmare le lacune sulle conoscenze dell’ambiente delGrappa e renderne partecipi i lettori, ma anche untentativo di aumentare la consapevolezza che questomondo stia pian piano cambiando aspetto, che l’inter-vento dell’uomo rischia di danneggiare in modo irri-mediabile l’ambiente, che, se sulle pendici del Grappaesistono specie rare e bellissime, è altrettanto vero chealcune sono ormai estinte e altre rischiano l’estinzione.

Il volume si articola in due parti: la prima, di Giusep-pe Busnardo, sulla flora del Grappa di ieri, di oggi e didomani; la seconda, di Cesare Lasen, sulla vegetazione,analizza i vari ambienti, dalle rupi ai ghiaioni, dai pratiagli arbusti e ai boschi, per soffermarsi infine sulleprospettive future di questo territorio.

Alessandra Pavanello

THEODOR WUNDT, Sulle Dolomiti d’Ampezzo (1887-1893), Cortina d’Ampezzo (BL), La Cooperativa diCortina, 1996, 4°, pp. 205, ill., L. 45.000.

La Cooperativa di Cortina ripropone, a cent’annidalla prima edizione in lingua tedesca (Berlino, 1895),il libro di Theodor Wundt Wanderungen in denAmpezzaner Dolomiten, tradotto e ristampato in stileottocentesco. Si tratta dell’affettuoso omaggio di ungiovane alpinista alle vette delle Dolomiti Ampezzane,delle quali egli si innamorò avvertendo “il godimentodella soave bellezza naturale dell’alta montagna e ildesiderio ardente di conservarlo”. Desiderio che Wundtsoddisfece non soltanto redigendo un minuzioso librodi viaggio, ma anche trasportando in quota le scomodee ingombranti attrezzature da fotografia per fissare persempre sulla lastra le bellezze naturali della zona.

Wundt appartiene a quel periodo della storiaalpinistica dolomitica che gli storiografi denominano“seconda fase del pionierismo”, quando – come ricordaCamillo Berti nelle sue note introduttive – lo spirito perl’avventura alpinistica “si stava orientando per trovareappagamento nella scalata delle cime minori ancoravergini, innumerevoli nelle Dolomiti, nel salire le cimegià conquistate per itinerari nuovi [...], nel muoversicomunque alla ricerca del nuovo e dell’inesplorato”.

Le immagini riprese oltre un secolo fa dall’autore, equi ristampate a cornice del suo scritto, conservanointatto il fascino e la solennità che dovettero colpirlodurante le sue ascese: la vetta del Pelmo, la cima della

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Croda da Lago, le Cinque Torri, Passo Falzarego, ilSorapìss, il Belvedere di Pocol sono ancora oggi mètadi escursioni e gite degli amanti della montagna.

Il testo, che esordisce con un capitoletto intitolato“Primo incontro con i monti”, dal quale si arguiscel’intento prettamente didascalico con cui l’autore deci-se di dare alle stampe la sua opera, sta a metà tra la guidanaturalistica e il diario di viaggio. Indicato naturalmen-te agli amanti della montagna, dato il suo carattere didocumento d’epoca, questo libro può costituire ancheuna fonte di conoscenza per coloro che studiano e siinteressano della storia ampezzana.

Marco Bevilacqua

GINO BUSCAINI - SILVIA METZELTIN, Dolomiti. Il grandelibro delle vie normali, Bologna, Zanichelli, 1995, 8°,pp. 185, ill., L. 58.000.

La via normale è l’itinerario più facile, più semplicee quasi sempre anche più sicuro per raggiungere la vettadi una montagna. Generalmente segue le linee naturalisul versante meno ripido e talora coincide con il percor-so individuato dai primi scalatori. Gli itinerari che ilvolume propone comprendono percorsi elementari,adatti per l’escursionismo alpino, scalate facili chegiungono sulle vette per gradoni, cenge e canali, maanche arrampicate impegnative, scelte tra le più signi-ficative sia per la loro autenticità che per le bellezzenaturali che permettono di ammirare.

Molte di queste vie normali, aperte sulle Dolomiti,antecedentemente al primo conflitto mondiale, sonostate trasformate in ferrate e non rientrano più nell’al-pinismo tradizionale. Solo poche sono rimaste quasidel tutto autentiche, in grado di far provare il gusto“dell’andar in montagna”: dell’esplorazione, della sco-perta, della conquista. Sono questi i valori che gli autoridel presente volume vogliono fare ancora rivivere,proponendo 74 itinerari: dal Cimon del Cavallo, scalatoper la prima volta nel 1726 al II Campanile di Popera,raggiunto nel 1914. Per ciascuno danno una brevedescrizione, notizie sulla prima ascensione, sul puntodi partenza, il dislivello, le difficoltà da affrontare, iltempo che si impiega per la salita e la discesa, ilpercorso da compiere. Al volume è allegato un fascico-lo-guida di facile consultazione con relazioni tecnichee schizzi degli itinerari.

Maria Pia Codato

SCIENZE SOCIALI

EMANUELE ALECCI - ANDREA COLASIO - ALESSANDRO

LION, Tra identità e solidarietà. Indagine sulle organiz-zazioni del privato sociale di Padova e provincia,Padova, MO.VI. Movimento Volontario Italiano - Pro-vincia di Padova - Tamari Montagna Edizioni, 1995,8°, pp. 187, s.i.p.

Questo testo – nato per far conoscere meglio ilmondo variegato e ampio dell’associazionismo e delvolontariato – prende le mosse da un’indagine promos-sa dall’Amministrazione provinciale di Padova in col-laborazione con il Movimento di Volontariato italiano.L’indagine – di cui qui ci viene fornito l’ultimo aggior-namento – è partita dal 1990 e cioè dal periodo in cuisono state emanate diverse leggi, fondamentali nelfornire maggiore identità e riconoscimento a tutte que-ste associazioni.

Da un punto di vista storico, la realtà ci mostra comeil volontariato in Italia sia sempre esistito, già primadell’Unità nazionale, soprattutto per merito delle ini-ziative promosse dalla Chiesa a favore dei più poveri.Da allora, nonostante l’enorme diffusione che il feno-meno ha assunto, non sono mai venute a mancare le suecaratteristiche fondamentali: solidarietà, generosità erapporti umani.

Come ci ricorda Andrea Colasio nel suo intervento,nel corso degli ultimi anni il cosiddetto “terzo settore”a Padova e provincia ha conosciuto una ulteriore evo-luzione. Di questa, ci vengono indicate nel testo leprincipali linee di sviluppo, integrate da una velocepanoramica storica.

Trovano spazio gli elenchi delle organizzazioni ope-ranti in Padova e nella provincia. Per ciascuna di esseè possibile così reperire: denominazione ufficiale, si-gla, indirizzo, telefono e/o fax, area di intervento. Gliautori, inoltre, non mancano di fornire ai lettori iregolamenti per l’iscrizione al registro comunale delleassociazioni e cooperative sociali.

Un testo che si rivela estremamente utile sotto diver-si punti di vista, ma in particolare per chi – desiderosodi dare aiuto – intende diventare socio di una di questeassociazioni, o fondarne una nuova.

Susanna Falchero

BRUNO ANASTASIA - GIANCARLO CORÒ, Evoluzione diun’economia regionale. Il Nordest dopo il successo,Portogruaro (VE), Ediciclo - Nuova Dimensione, 1996,8°, pp. 326, L. 34.000.

Dopo la felice collaborazione che diede vita alsaggio I distretti industriali nel Veneto (1993), BrunoAnastasia e Giancarlo Corò ritornano sul tema dellosviluppo di quel grande fenomeno socio-economicorappresentato oggi dalle regioni del Nord-Est italiano.Il volume Evoluzione di un’economia regionale. IlNordest dopo il successo, vuole essere soprattutto que-sto: momento di analisi, di riflessione sul preesistente,dinamicizzando allo stesso tempo la prospettiva diricerca, nel tentativo di individuare i paesaggi futuri incui l’economia triveneta si troverà ad operare.

Il lavoro si divide in tre parti distinte: la prima èdedicata alle origini storiche del fenomeno Nord-Est,cercando di evidenziare le fasi di un processo di svilup-po che, come invece da molti dimenticato, è frutto dicirca trent’anni, periodo in cui l’economia è passata dauna fase di quasi sussistenza ad una di similitudine conle tigri del sol levante (basti pensare che, utilizzando ilmedesimo sistema di calcolo, la disoccupazione venetaè equivalente a quella giapponese). La seconda parte èpiù riflessiva, con tratti in cui gli autori si divertonoanche a lasciarsi andare a passaggi di “filosofia”, se èlecito il termine, economica: l’oramai assodata capaci-tà sistemica di sfruttare appieno le potenzialità umanee tecnologiche della struttura socio-economica, la bra-vura di un popolo nello sfruttare il posizionamentologistico-fondamentale in una prospettiva internazio-nalistica, ma anche aspetti quale l’uscita da una conce-zione fordista-tayloristica del rapporto di produzione(uno dei punti forti del volume), l’auto-imprenditorialità,il fattore cooperativo, l’alto valore sociale del lavoro.

“Uno dei maggiori ostacoli alla continuità del suc-cesso è il successo stesso”, è il preambolo all’ultimaparte: verso quale direzione va il Nord-Est? Gli autoridelineano quattro possibili scenari: a) dualista o “ame-ricano”, caratterizzato da forme di estremizzazionesociale che facciano venir meno la tradizionale coesio-ne globale del sistema (società di ricchi e poverissimi);b) in declino o “inglese”, se la fase di risanamentoitaliana non troverà felice conclusione, provocandocosì una generale crisi di sfiducia tale da indurre gliimprenditori a spostare all’estero le localizzazioni pro-duttive; c) integrazione logistico-aziendale o “giappo-nese”, in cui la prospettiva federalista a livello naziona-le, consentendo un agevole aggancio del Trivenetoall’Europa, doni la possibilità di sfruttare a fondo tuttele specificità del sistema; d) virtuoso, in cui competi-zione economica e cooperazione sociale agiscono as-sieme in termini di qualità generale dei servizi (a livellowelfare) e di produzione di beni (questa fase consenti-rebbe la costante apertura del mercato del lavoro,governando le crisi cicliche dell’economia, attraversoanche una forte presenza istituzionale in tema di forma-zione e di assistenza alla disoccupazione in un quadrodi benessere globale). La scommessa sul futuro del-l’economia triveneta si giocherà dunque molto presto:

se il rinnovamento tecnologico sarà accompagnato dapolitiche di difesa dell’occupazione e da un progressivomiglioramento delle infrastrutture, se la rivoluzionetelematica aprirà scorci positivi in termini di impiegoed il sistema Nord-Est riuscirà a non ingessarsi al puntodi perdere flessibilità (finora punto di forza), allora leprospettive saranno positive. In caso contrario, i pro-cessi di accumulazione del capitale subiranno un pro-gressivo accentramento su scala sociale aprendo lastrada al lento scemare del benessere diffuso, sancendocosì la fine effettuale di un modello economico portatooggi ad esempio nel mondo.

Claudio Rossi

BRUNO ANASTASIA, L’economia del Veneto Orientalenegli anni ’90: le vocazioni da consolidare, ricerca incollaborazione con Cgil Veneto Orientale e Cgil Veneto,Venezia-Mestre, Ires Veneto, 1995, 4°, pp. 61, ill., s.i.p.

MICHELA ALTIERI, L’impiego degli archivi amministra-tivi presenti in Cgil ai fini statistici: prima esplorazionesulle caratteristiche dei dati, sulla loro disponibilità esulle potenzialità d’uso, Venezia-Mestre, Ires Veneto,1996, 4°, pp. 61, ill., s.i.p.

MARIO GIACCONE, Archivio della contrattazioneaziendale Ires Veneto - Cgil regionale Veneto. Rappor-to 1995. La contrattazione aziendale in Veneto: dueanni dopo il 23 luglio, Venezia-Mestre, Ires Veneto,1996, 4°, pp. 44, ill., s.i.p.

Dinamiche delle imprese e dei lavoratori dipendentinel Veneto 1990-1994 sulla base dei dati di fonte Inps,a cura di Fabio Occari, Venezia-Mestre, Ires Veneto,1996, 4°, pp. 40, ill., s.i.p.

Si tratta di quattro pubblicazioni dell’Istituto diricerche economiche e sociali del Veneto, uscite per laserie “Papers” tra la fine del 1995 e i primi mesi del1996. Com’è nella tradizione dell’Ires, anche questepubblicazioni, proponendosi come strumento di analisie di lavoro per insegnanti, amministratori pubblici eprivati, giornalisti e sindacalisti, contribuiscono nellosforzo di rendere quantificabili e comprensibili i pro-cessi socio-economici in atto nella nostra regione.

Il primo fascicolo (L’economia del Veneto Orienta-le negli anni ’90: le vocazioni da consolidare) analizzala realtà economica e sociale dell’area presa in esame,al fine di pervenire all’identificazione di linee di svilup-po che valorizzino le specificità e le vocazioni locali.

Partendo dalla constatazione che, sotto il profiloeconomico, il Veneto Orientale risulta aver “ampia-mente riscattato la situazione di emarginazione in cui lamancata industrializzazione – vale a dire aver ‘perso’ iltreno principale dello sviluppo degli anni ’50-’60 –l’aveva precipitato, costringendo la popolazione a pa-gare un prezzo elevato, soprattutto in termini di emigra-zione”, l’autore, riprendendo per sommi capi lerisultanze di precedenti ricerche, individua nelle citta-dine di Portogruaro e San Donà di Piave i due nuovicentri socio-urbanistici dell’area, rilevandone le diffi-coltà sul piano della adeguatezza dei servizi e dellestrutture sociali e culturali.

Il secondo fascicolo (L’impiego degli archivi ammi-nistrativi presenti in Cgil ai fini statistici: prima esplo-razione sulle caratteristiche dei dati, sulla loro dispo-nibilità e sulle potenzialità d’uso) consiste nella pub-blicazione di una serie di elaborazioni informatichesvolte sui dati inerenti agli iscritti al sindacato e alleaziende contenuti nei due principali archivi ammini-strativi gestiti dalla Cgil del Veneto: l’anagrafe deilavoratori iscritti al sindacato e l’archivio delle impreseche versano le trattenute sindacali mediante la cana-lizzazione. I dati sono disaggregati per provincia, clas-se di attività, tipologia delle aziende, categorie deilavoratori. Obiettivo di questa ricerca è quello di fornireuna prima sistemazione di elementi utili alla redazionedi analisi statistiche e alla definizione di modelli inter-pretativi relativi alla politica sindacale.

La terza pubblicazione (Archivio della contrattazio-ne aziendale Ires Veneto-Cgil regionale Veneto. Rap-porto 1995. La contrattazione aziendale in Veneto: due

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anni dopo il 23 luglio) è una ricerca condotta utilizzan-do i dati relativi a 97 accordi sindacali conclusi nelVeneto entro l’estate del 1995 – vale a dire entro dueanni dall’accordo del 23 luglio 1993 che sanciva in tuttaItalia la diffusione della contrattazione aziendale edella ricodifica del sistema interno di relazioni indu-striali – dalle tre categorie industriali (Fiom, Filcea eFiltea). Proponendosi come fonte di riferimento pertutte le future forme di contrattazione sindacale, l’ana-lisi è stata condotta su sei aree tematiche: procedured’informazione e sistemi di relazioni industriali; orga-nizzazione e mercato del lavoro; inquadramento eformazione professionale; orari di lavoro; politicheretributive (inclusa la previdenza integrativa); pro-blematiche legate all’ambiente e ai diritti.

Il quarto e ultimo fascicolo che qui prendiamo inesame (Dinamiche delle imprese e dei lavoratori di-pendenti nel Veneto 1990-1994 sulla base dei dati difonte Inps) è strutturato sulla base dei dati del-l’“Osservatorio imprese e lavoratori dipendenti 1990-1994” – resi disponibili dal Sistema Informativo Stati-stico dell’Inps – disaggregati per provincia, classe diattività, classe di addetti, anno di riferimento e tipo diimpresa. L’obiettivo è quello di documentare le princi-pali dinamiche degli stock e dei flussi di imprese eoccupati in Veneto negli anni 1990-94, al fine di fornirenuovi e più completi punti di riferimento per quanti sioccupano, per interesse personale o per motivi profes-sionali, delle dinamiche economiche in atto nella nostraregione.

Marco Bevilacqua

CESCO CHINELLO, Sindacato, Pci, movimenti negli anniSessanta. Porto Marghera-Venezia 1955-1970, Tomosecondo: Gli anni 1968-1970, Milano, Angeli, 1996,8°, L. 80.000 (i due voll.).

Cesco Chinello pubblica, con il contributo della Cgilregionale del Veneto, il secondo tomo (dedicato alperiodo 1968-1970), di un’opera avente come punto diriferimento la storia del movimento politico legato alPartito Comunista e ai sindacati negli anni Sessanta,con particolare riferimento alle vicende veneziane e diPorto Marghera. Il risultato lascia pochi dubbi al letto-re: vi è alle spalle un intenso e certosino lavoro diricerca documentale ed archivistica, nonché una pro-fonda conoscenza diretta di fatti e avvenimenti.

L’autore si occupa innanzitutto di passare in rasse-gna gli “eventi” del 1968 veneziano, due in particolare:a) la conflittualità studentesca che trae origine dall’oc-cupazione della facoltà di Architettura nel 1967 e il suosgombero da parte della polizia; b) la conflittualitàoperaia che, in Veneto, trae origine simbolica dall’ab-battimento al monumento a Marzotto in quel di Valdagnoe dagli scioperi generali del marzo 1968, anticipi diquella stagione di lotta movimentista passata alla storiacome “autunno caldo”. Dai legami tra i due fenomeni,Chinello prende spunto per un’analisi di quella che tuttigli studiosi e protagonisti dell’epoca (Rossanda, Trentin,Foa, Garavini, quelli chiamati in causa dall’autore)giudicano come una grande stagione di rinnovamentoper la sinistra italiana; l’esperienza dello spontaneismodi base, dei consigli interni aperti a tutte le componentioperaie nelle fabbriche, l’emarginazione in talune real-tà del movimento sindacale “ufficiale” (Marghera è traqueste), il profondo dibattito che si apre in seno al Pcia seguito della crisi di un rinnovamento ideologico(importante il caso de “Il Manifesto”, il cui gruppoviene radiato dal partito), sono solo alcuni esempi.

Purtroppo, anche in sede veneziana, le resistenzeinterne alla sinistra istituzionale fanno sì che la nor-malizzazione investa gran parte di queste vitalità, vin-cendole. La storia di quegli anni è infatti contraddistinta,nel Pci e nel sindacato, da scontro tra volontà nor-malizzatrice e spinte al rinnovamento; nel Pci l’oppo-sizione interna viene messa a tacere ed emarginata; ilsindacato, per potersi mantenere punto di riferimentodella classe operaia, rivoluziona i sistemi elettivi inter-ni, nel tentativo di allargare la sua base di influenza. Isuccessivi anni Settanta, che anche in Veneto saranno

caratterizzati da profondissime battaglie sociali, pa-gheranno in termini pesanti l’emarginazione attuatanella sinistra italiana, alla fine del decennio precedente,di un’intera ala del movimento stesso.

Claudio Rossi

MINISTERO DEL LAVORO - REGIONE VENETO, Il mercatodel lavoro nel Veneto. Tendenze e politiche. Rapporto1995, a cura dell’Agenzia per l’impiego del Veneto,Milano, Angeli, 1995, 8°, pp. 650, ill., L. 62.000.

I primi mesi del 1995 sembrano indicare una lieve,anche se ancora incerta ripresa sia nella produzione chenell’occupazione del Veneto. Dopo un 1994 in cui – nelNord-est italiano come in tutta Europa – le imprese,anche per effetto delle innovazioni tecnologiche rispar-miatrici di lavoro, hanno notevolmente ridotto la do-manda di impiego, sperimentando ovunque l’utilizzoparziale o stagionale dei salariati e la settimana corta, latendenza in atto è stata quella di un deciso rallentamen-to del tasso di crescita della disoccupazione, contestualea una discreta ripresa della produzione.

Per il terzo anno consecutivo, l’Agenzia per l’impie-go del Veneto, su incarico del Ministero del Lavoro edella Regione, ha realizzato questo Rapporto, che foto-grafa l’andamento dei processi e delle principali dina-miche che guidano e condizionano il mercato del lavo-ro nella nostra regione. Il testo indaga la situazioneoccupazionale veneta, soffermandosi in particolare sulledifferenziazioni delle varie componenti: lavoratori inmobilità, prepensionati, giovani in contratto di forma-zione, precari, extracomunitari, lavoratori autonomi,apprendisti. Il Rapporto è diviso in quattro parti. Laprima si occupa del quadro generale, in un’otticamacroeconomica che serve per inserire l’analisi sulVeneto in un più ampio contesto.

La seconda parte, “Percorsi e forme del lavoro”,entra nello specifico dell’analisi regionale e si occupadi aspetti come il lavoro a tempo parziale e a tempodeterminato, la stagionalità, la formazione professio-nale, la transizione scuola-lavoro, l’apprendistato, icontratti di formazione, la mobilità, il collocamento ob-bligatorio, l’imprenditorialità, supportando ogni capi-tolo con una gran mole di dati riuniti in grafici e tabelle.

La terza parte, “Attori e politiche”, è dedicata allalegislazione regionale e al programma di interventi asostegno dell’occupazione messi in opera e/o attuabilidal settore pubblico, con particolare attenzione agli in-terventi comunitari, alle iniziative dell’Agenzia per l’im-piego e all’uso degli ammortizzatori sociali nel Veneto.

L’ultima sezione del volume ospita gli approfondi-menti tematici e analizza, tra gli altri argomenti,l’informatizzazione dei servizi per l’impiego presso gliUffici periferici del Ministero del lavoro e le tendenzein atto nella nostra regione in merito al declino divecchie professioni e alla nascita di nuove specia-lizzazioni. Tra gli altri interventi, segnaliamo “La crisioccupazionale di Porto Marghera negli ultimi anni e leesperienze dei lavoratori posti in mobilità” di StefaniaBragato e Turiddo Pugliese, e “Indagine sulla domandadi lavoro in provincia di Padova” di Federico Lazzarinie Umberto Scatena.

Marco Bevilacqua

REGIONE DEL VENETO - AGENZIA REGIONALE PER L’IMPIE-GO, Job & Orienta ’95. InFormazione. Orientamento,formazione professionale e mercato del lavoro, Vene-zia, Regione Veneto, 1995, 4°, pp. 182, s.i.p.

COMUNE DI ROVIGO - INFORMAGIOVANI, Guida pratica almondo del lavoro. Informazioni ed orientamento perchi cerca o vorrebbe cambiare lavoro, Rovigo, Comu-ne, 1995, 8°, pp. 109, s.i.p.

Due volumi dedicati a chi cerca di orientarsinell’intricato mondo del lavoro, specialmente in questitempi caratterizzati da una certa precarietà del mercato.

In particolare Job & Orienta ’95 si propone diaiutare i giovani a individuare i percorsi possibili (e

migliori) per realizzarsi professionalmente, offrendo ailettori numerose informazioni utili in tema di formazio-ne professionale. Scorrendo il testo è possibile cono-scere che cosa prevede la legge in materia di diritto allavoro, come si è andata evolvendo la formazioneprofessionale in Veneto nel triennio 1991-94, qualisono i servizi forniti dall’agenzia per l’impiego delVeneto, le recenti tendenze del mercato del lavoro nellanostra regione e – estremamente importante – le lineeformative previste dal Fondo Sociale Europeo.

Guida pratica al mondo del lavoro – pur partendodallo stesso presupposto – fornisce un altro genere dinotizie utili, meno legate all’ambito della formazioneprofessionale e più centrate sul come e dove cercare unposto di lavoro o un nuovo lavoro più gratificante.Vengono così esaminati in dettaglio i principali stru-menti per la ricerca del lavoro: ufficio di collocamento,inserzioni sui periodici, invio del curriculum, colloquie test di selezione, banche dati, società di consulenza.Seguono sezioni dedicate alla legislazione sul lavoro,al lavoro nel pubblico impiego e nelle cooperative, allaformazione e ai corsi.

Susanna Falchero

ARTE

Cima da Conegliano, Atti del Convegno Internaziona-le di Studi (Conegliano, Palazzo Sarcinelli, 1-2 ottobre1993), a cura di Peter Humfrey e Augusto Gentili,apparsi sulla rivista “Venezia Cinquecento. Studi distoria dell’arte e della cultura”, Roma, Bulzoni, a. IV,n. 7, gennaio-giugno 1994, pp. 188, ill. (prima parte);a. IV, n. 8, luglio-dicembre 1994, pp. 193, ill. (secondaparte).

A trent’anni dall’esposizione monografica di Treviso,dedicata a Giovan Battista Cima, i saggi raccolti inquesti due numeri della rivista “Venezia Cinquecento”permettono di fissare lo stato attuale degli studi relativial maestro di Conegliano. Ventuno delle ventitre rela-zioni presentate nel convegno svoltosi nella città nataledel pittore, nei giorni 1 e 2 ottobre 1993, sono opportu-namente pubblicati per permettere il consolidamento el’ulteriore avanzamento delle ricerche. Al di là delleoccasionali ricorrenze – il completamento, nel 1493,della pala per l’altar maggiore della chiesa di S. Mariadei Battuti, celebrato nel secolo scorso con la pubblica-zione della prima biografia scientifica sul pittore – ilconvegno giunse dieci anni dopo la comparsa delleultime due monografie cimesche e permise di constata-re i sostanziali progressi nel frattempo compiuti.

La prima osservazione, proposta da Peter Humfrey,coglie la pressoché totale assenza nelle relazioni disignificativi tentativi di revisione cronologica, prota-gonisti sovente della ricerca storica. Ci sembra giusti-ficato dalla soluzione dei principali problemi didatazione, senza per altro che siano escluse ulterioricorrezioni. Gli interessi degli studi si orientano quindiad indagini specifiche o ad approfondimenti interpreta-tivi che trovano qui evidente rilievo.

In primo luogo assumono primaria importanza lenuove attribuzioni – una Crocifissione, ascritta al pitto-re da Mauro Lucco, e la Madonna della Melagranadella National Gallery di Londra, precedentementeattribuita a Giovanni Bellini e ora riconosciuta daAnchise Tempestini, non senza suscitare perplessità, aCima – che suggeriscono l’opportunità di meglio con-figurare i processi esecutivi, le relazioni e i compitiesistenti nella bottega di Cima, qui esaminati da EnricoMaria Dal Pozzolo, per definire con maggiore precisio-ne il quoziente di autografia di ogni singola opera. D’al-tra parte questi aspetti giustificano l’esigenza delle in-dagini relative ai rapporti con la committenza, che mol-to dovettero influire sulla qualità della realizzazione.

Di notevole interesse, soprattutto in presenza di unincompleto quadro generale delle collocazioni, laricomparsa, rivelata da Leandro Ventura, del politticoproveniente dalla chiesa di S. Anna di Capodistria, ora

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L’obiettivo primario raggiunto è di riunire in ununico volume quanto altrimenti accessibile ricorrendoa disparate pubblicazioni. Ma l’ambizione maggioreche ha guidato i curatori è di attuare, grazie al concorsodi specialisti di varie discipline, una rigorosa revisionecritica dei testi filologicamente editi o riediti accompa-gnati da commenti e apparati che ne agevolino laconsultazione. In questi il complesso lavoro presentatotrova probabilmente il maggiore interesse in quantofornisce, a chi si accinga alla consultazione dei docu-menti d’archivio, gli strumenti che consentono di evi-tare fraintendimenti dovuti alla carenza di competenzespecialistiche. La disponibilità integrale del materialecompletamente restaurato determina le condizioni ne-cessarie per una revisione di precedenti conclusionisulla base di elementi apparentemente scontati oradiversamente illuminati.

Dominique Cordellier, curatore dell’opera, dichiarala propria consapevolezza rispetto alla forzata provvi-sorietà di un’iniziativa, suscettibile al contributo diulteriori ricerche, ma d’altra parte si mostra interessatoal suo ampliamento esteso alla considerazione dellastraordinaria fortuna letteraria goduta dal pittore neisecoli fino al Novecento.

Guido Galesso Nadir

MASSIMILIANO ROSSI, La poesia scolpita. Danese Cataneonella Venezia del Cinquecento, Lucca, Maria PaciniFazzi Editore, 1995, 8°, pp.311, ill., L. 40.000.

Il volume passa in rassegna i capolavori eseguitidall’artista Danese Cataneo tra la prima e la secondametà del XVI secolo, evidenziando, attraverso l’autore-vole esame dei contenuti delle sue produzioni e dellinguaggio con cui esse sono state espresse, il costanteduplice rapporto di poeta-scultore che lo accompagne-rà in tutta la sua carriera artistica.

Coniugando rigore scientifico ed attenzione al con-testo storico-culturale in cui il Cataneo si trovò adoperare, l’autore Massimiliano Rossi insiste su questaduplice professionalità, riconoscendo nel Danese unapersonalità straordinaria e complessa. Ripercorrendoda un lato l’intera produzione scultorea tra Venezia,Padova e Verona e dall’altro ricostruendo i legami conl’opera letteraria e i circoli culturali in cui l’artistaseppe inserirsi, le pagine del libro evocano, attraversouna mirabile analisi, gli eventi determinanti della suacarriera. Il Danese giunge a Venezia probabilmenteintorno al 1530, dopo un periodo di apprendistato aRoma presso Giacomo Sansovino, presentandosi –scrive il Rossi – “con un curriculum scarno ma perfet-tamente al corrente della precettistica figurativa inmerito a decoro e convenienza”. Alla fine degli anni ’40è già affermato, rafforzando, con la sua presenza, lapanoramica artistica del momento in alcune città delVeneto. Attraverso un percorso che si sviluppacronologicamente dal 1540 circa al 1572, l’autore inda-ga i legami che il Danese ebbe con alcuni dei maggioriartisti emergenti fra quelli operanti nelle diverse città:il suo protettore e commentatore illustre Pietro Aretino,che lo definerà “o non meno bel poeta che buonoscultore” e, nel ruolo anche di promotori, Francesco eJacopo Sansovino, Giorgio Vasari, Torquato Tasso,Francesco Patrizio da Cherso, Paolo Manunzio, Giu-seppe Betussi, Celio Magno e Tommaso Stigliani.

Il suo esordio si ha nella città lagunare con larealizzazione di importanti opere: il “Sole” della Zeccae, a fianco di Jacopo Sansovino, Tiziano Minio eGirolamo Lombardo, la “Venere ciprica” della Loggettae, negli anni ’60, la pubblicazione del poema Dell’Amordi Marfisa. La commissione del busto di Pietro Bemboper il Santo di Padova e la statua del letterato, filosofo,scienziato Fracastoro, in Piazza dei Signori a Verona,risultano essere tra gli eventi centrali della carrieraartistica del Cataneo. Ancora nella città scaligera, con“un prestigio sociale ormai raggiunto e goduto”, vienerealizzato, nella chiesa di Santa Anastasia, il monu-mento a Giano II Fregoso, ricordato dal Vasari tra lemaggiori opere eseguite dall’artista. “Nell’estensionetematica dei diversi generi classici affrontati – scrive

Rossi – Danese sa dimostrare come lo studio dell’anti-co possa ridursi a una grammatica superabile nelle piùdiverse soluzioni soggettive, ma nel caso specifico delmonumento veronese, il Cataneo risulta moderno pro-prio perché riesce a conciliare, secondo gli auspiciformulati da Enea Vico già nel ’51, un tipo architettonicoantico, come l’arco di trionfo, la cui legittimità nelcontesto dell’arte funeraria è sottoposta proprio in quelmomento a una verifica rigorosa con le esigenzecelebrative e rituali contemporanee”.

I documenti, le notizie e le precisazioni nel testoportano a considerare tale lavoro come un passaggioobbligato per chi voglia approfondire i momenti cen-trali della vita artistica del Cataneo che lo resero prota-gonista sia nel campo della letteratura che in quelloscultoreo. Il volume è articolato in cinque capitoli, conillustrazioni in bianco e nero che ritraggono le operedell’artista, e una breve appendice con note biografichedi Perseo Cataneo e “un sonetto che documenta l’ese-cuzione di una medaglia con effige femminile inviata aLorenzo Strozzi in Francia”.

Sonia Celeghin

MAURO LUCCO, Giorgione, Milano, Electa - BancoAmbrosiano Veneto, 1996, 4°, pp. 150, ill., s.i.p.

Questo volume fa parte di una serie di pubblicazioni,promosse dal Banco Ambrosiano Veneto in collabora-zione con l’Electa, che ha già al suo attivo altri due libri,il primo sui capolavori di Caravaggio, il secondo sulleinvenzioni di Leonardo. La particolarità di questi volu-mi sta nel fatto che essi non rappresentano una mono-grafia nel senso tradizionale del termine (cosa che iltitolo potrebbe far erroneamente ritenere), ma voglionoconsentire al lettore di accostarsi “in presa diretta” –come viene infatti sottolineato nella Nota introduttiva– alle opere d’arte, grazie alle eccezionali possibilitàfotografiche e riproduttive che la tecnica di oggi cioffre. I dipinti di Giorgione sono stati perciò oggetto dispeciali riprese fotografiche in grande formato, chehanno permesso di esplorare anche opere normalmentepoco accessibili (quali I tre filosofi di Vienna, Latempesta di Venezia, la Giuditta di San Pietroburgo),con risultati eccezionali e spesso superiori alla visionediretta delle opere stesse.

Dopo il bel saggio iniziale, dovuto ad uno dei piùimportanti studiosi del Giorgione, Mauro Lucco, cheripercorre l’intera vicenda storico-artistica del pittore,mettendone in luce soprattutto la funzione di principaleinnovatore della pittura veneziana del Cinquecento,vengono presentati in ordine cronologico i dipinti del-l’artista, riprodotti come in una sequenza filmica, par-tendo dall’immagine d’insieme per poi progressiva-mente avvicinarsi fino alla riproduzione di dettagli a

custodito nel Palazzo Ducale di Mantova. Ma la resti-tuzione delle opere passa anche attraverso l’attività direstauro che può essere occasione per rivelare qualità ecaratteri in precedenza celati. Nel contesto del conve-gno furono presentate le relazioni dei numerosi restauricompiuti negli ultimi dieci anni. Fra questi spicca, perle insospettabili qualità emerse, quello di Navolé diGorgo al Monticano, diretto dalla Soprintendenza aiBeni Artistici e Storici del Veneto e oggetto dellarelazione di Gabriella Delfini Filippi. Il precario statodi conservazione, che ostacola sia l’esposizione che lostudio di molte opere di Cima, sollecita il proseguimen-to della campagna di restauri.

Di notevole interesse gli studi dedicati all’intrecciodi rapporti fra Cima e i suoi contemporanei, nel periododi formazione e oltre, che contribuiscono ad alimentarela conoscenza del crogiolo culturale nel quale operavail pittore veneto e il ruolo che egli vi svolse.

Specifiche proposte di interpretazione occupano unposto di rilievo fra i saggi presentati. In particolare icontributi di Augusto Gentili e Bernard Aikema sirivolgono a uno degli aspetti peculiari della pitturacimesca e veneta, la funzione semantica svolta daipaesaggi. Le riflessioni proposte presuppongono ilriconoscimento di una complessità iconografica –appannaggio non esclusivo del giovane Giorgione –quasi dissimulata dall’apparente semplicità dei sogget-ti religiosi. Prende rilievo una linea interpretativa chericonosce negli sfondi paesistici di Cima la qualità dipaysages moralisés.

Guido Galesso Nadir

Documenti e Fonti su Pisanello (1395-1581 circa), acura di Dominique Cordellier, con la collaborazione diCatia Bergonzoni, Paola Marini, Bernadette Py, GianMaria Varanini, numero monografico di “Verona Illu-strata. Rivista del Museo di Castelvecchio”, n. 8, 1995[Verona 1996], 8°, pp. 282, ill., s.i.p.

A cento anni dall’edizione scientifica voluta daAdolfo Venturi della doppia biografia di Gentile daFabriano e Pisanello scritta da Giorgio Vasari e alloracompletata dal corpus esaustivo dei documenti e dellefonti, il numero monografico della rivista del Museo diCastelvecchio di Verona offre agli studiosi una analogaraccolta sistematica, aggiornata alle testimonianze nelfrattempo emerse dalla ricerca di archivio, dal 1395 al1581, su Antonio di Puccio di Giovanni de Cereto, notocol nome di Pisanello, in concomitanza con il convegnodel Louvre e le mostre dedicategli a Parigi e Verona.L’edizione parallela e autonoma rispetto alle pubblica-zioni e agli studi prodotti per l’occasione si proponequale complemento essenziale a disposizione deglistudiosi.

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grandezza naturale, cioè in scala 1 a 1. Questi consen-tono perciò al lettore di confrontarsi con l’opera d’artequasi nello stesso modo in cui si poneva l’artista,riuscendone ad apprezzare le qualità cromatiche, latecnica pittorica, la consistenza materica. La precisionedella riproduzione è tale che si può persino cogliere lostato di conservazione di ciascun dipinto.

Ogni dipinto è ovviamente corredato da una attentascheda, dove vengono riportate – oltre alle notizietecniche – le vicende storico-critiche e l’analisi stilistica.Concludono il volume una scheda biografica delGiorgione, nato a Castelfranco Veneto nel 1477 circa emorto nel 1510, e un’accurata e aggiornata bibliografia.

Anna Pietropolli

SERGIO BETTINI, Il Gotico internazionale, a cura di EliaBordignon Favero, Vicenza, Neri Pozza, 1996, 8°, pp.257, ill., L. 38.000.

L’esame della vasta e articolata attività svolta daSergio Bettini appare, a dieci anni dalla morte, neces-saria. Egli costituì un punto di riferimento essenzialeper coloro che ebbero modo di formarsi a Padovaguidati dal suo insegnamento, l’influenza del quale siestende nell’ambito ben più vasto del panorama italia-no ed è tale da giustificare la definizione di “maestrodella storia dell’arte”. Opportuna risulterebbe la pub-blicazione del complesso degli appunti di lezione, delledispense destinate agli studenti, realizzate per i nume-rosi corsi universitari. Il volume offre un parzialesaggio dell’importanza che ebbe l’attività di insegna-mento per Bettini, come momento di sintesi fra ricercae didattica.

In concomitanza con la preziosa mostra veronesededicata a Pisanello, Bordignon Favero ha curato l’edi-zione dei testi relativi al corso di Storia della criticad’arte svolto presso l’Università di Padova nell’annoaccademico 1973-74, che ebbe come oggetto Il goticointernazionale. La destinazione originale condizionaovviamente le carattestiche dell’esposizione, ma nonne pregiudica affatto la qualità. Nelle lezioni trovamodo di condensarsi e precipitare, per divenire acces-sibile, il percorso intellettuale seguito negli anni daBettini. La riedizione integrale o una selezione criticadi queste monografie didattiche offrirebbe un quadrosignificativo del suo contributo culturale, non solostrettamente storico-artistico, svolto nel corso di moltidecenni centrali del nostro secolo.

Mantovano di nascita, svolse la sua attività preva-lentemente presso l’Università di Padova, dove giunsenel 1929 al seguito di Giuseppe Fiocco, suo relatore dilaurea a Firenze, e in qualità di direttore del MuseoCivico fra il 1939 e il 1949. Nei decenni successiviesercitò un fondamentale ruolo nell’ambito dell’Ateneo

e divenne un protagonista della vita culturale della città.Bordignon nel presentare il volume traccia un rapidoprofilo dell’intera vita culturale dello storico, segnalan-done i passaggi principali, a partire dalla formazione.

Significativo emerge il confronto con gli esponentidella “scuola di Vienna”, l’insegnamento dei qualiBettini contribuì a diffondere in Italia, promuovendoneanche la traduzione degli scritti, un contributo all’ag-giornamento della cultura storico-artistica del nostropaese nel secondo dopoguerra attraverso il confrontocon le voci straniere. In questo fertile terreno, progres-sivamente aperto allo studio di de Saussure, di Lévy-Srauss, delle correnti strutturaliste e fenomenologiche,trovò modo di esercitare la vocazione di impegno civilenell’ambito anche delle responsabilità assunte nell’at-tività museale, interpretato come momento di congiun-zione fra la ricerca e la crescita nella cittadinanza dellaconsapevolezza del proprio patrimonio culturale, nonsolo specificamente artistico. Una linea di condottasingolare in una città dove la presenza dell’Ateneo eraspesso insufficiente. Emerge una concezione che potémeglio svilupparsi nei corsi universitari negli anniCinquanta e oltre, dove protagonista divenne Venezia,intesa come emblematico connubio fra arte e città.Nelle dispense universitarie è possibile ricostruire,analogamente a quanto andava praticando Bettini, unpercorso intellettuale che continuamente si alimenta dinuovi oggetti ma contemporaneamente riflette sul me-todo del proprio operare.

Nell’affrontare il tema degli sviluppi del goticointernazionale nel Veneto Bettini attua e propone unasostanziale revisione dell’approccio filologico, rivita-lizzato dalla consapevolezza della sua essenzialità comepresupposto ineludibile al processo di ricostruzionestorica. Esso permette l’inserimento dell’opera nel di-scorso inerpretativo dal quale sarà illuminata e che essastessa contribuirà ad illuminare. Oltre ai problemi ine-renti le attribuzioni, che andrebbero confrontati con gliesiti dei fertili studi più recenti, emergono dal testo ipregi di un itinerario storico esplicitamente aperto adulteriori approfondimenti ma contemporaneamente ingrado di evocare una civiltà felicemente chiamata “estatedi S. Martino” del Medioevo. Un affresco culturaledove trovano posto e nuova vita i capolavori e letestimonianze di un’epoca, nei quali “la dimensionespirituale diviene una struttura formale” che è compitodello storico precisare. Esemplare la proposta di una“fenomenologia delle carte da gioco” giunte a noi dallospazio e dal tempo dell’avventura cavalleresca.

Guido Galesso Nadir

LORENZO GNOCCHI, Paolo Veronese fra artisti e lettera-ti, Firenze, Olschki, 1994, 4°, pp. 116+54 tavv., ill., L.90.000.

Come già preannuncia il titolo, questo ampio saggiointende ripercorrere le vicende artistiche di Paolo Ve-ronese attraverso i rapporti che lo stesso pittore instaurònella sua vita con gli altri artisti e i letterati suoicontemporanei. L’autore vuole quindi superare il limi-te formalistico-filologico che ha sempre caratterizzatogli studi sul Veronese, fossero questi monografie o piùo meno impegnative indagini su opere singole o sugruppi ristretti. Per quanto questo tipo di studi siacorretto dal punto di vista storico-critico, esso però nonha finora consentito di andare al di là della mera analisicronologica e delle attribuzioni, non arrivando mai adun tentativo di interpretazione generale su chi sia statorealmente il Veronese come uomo, con la sua pittura econ i suoi amici e consiglieri morali ed intellettuali.

Lo Gnocchi parte perciò dalla pittura di Paolo perconfrontarla con le sollecitazioni che le venivano dallacultura del tempo: attraverso le personalità dei commit-tenti religiosi e laici ricostruisce quindi il quadro cultu-rale entro cui si muoveva il Veronese, ambito che èrisultato sostanzialmente omogeneo sia che si trattassedi committenza religiosa che di quella profana. Ambe-due infatti facevano riferimento alla cultura della cosid-detta “Riforma Cattolica”.

Tra gli amici e committenti laici di Paolo il punto diriferimento principale fu senza dubbio Daniele Barba-ro, patriarca eletto di Aquileia e figura centrale dellacultura accademica veneta: è grazie a lui infatti cheVeronese entra in contatto con le Accademie degliInfiammati a Padova, dei Costanti a Vicenza, degliUnti, poi Veneziana, a Venezia, ed è sempre grazie aBarbaro – committente, fra l’altro, degli affreschi diMaser – che Paolo viene a conoscenza di elementiplatonici, aristotelici, scettici e persino sofistici, spuntiche tornano utili proprio per meglio comprendere leopere dell’artista. Ovviamente non possono essere tra-scurati i rapporti del Caliari con gli altri artisti, in primisTiziano, Tintoretto e Jacopo Sansovino, che costituiro-no quasi per tutta la carriera di Veronese continua fontedi spunti artistici e di inevitabile confronto: ad essi èinfatti dedicato il secondo capitolo del libro, “In rela-zione al Tintoretto e al Tiziano”.

È così quindi che la vicenda pittorica di Paolo siintesse di molteplici elementi comprensivi di retorica,storia, politica, etica, scienza: le pagine di questo inte-ressante libro consentono finalmente di cogliere a fon-do i cambiamenti stilistici del Veronese, frutto di pro-fondi dibattiti etici ed intellettuali, mentre dalla criticaprecedente venivano semplicisticamente utilizzati qualimezzi per datarne le opere; ci si può accostare a capo-lavori quali gli affreschi di villa Maser con una diversachiave di lettura, non più esclusivamente iconografica

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e iconologica. Si scopre così che la decorazione dellavilla segue un preciso itinerario che si riallacciaall’Itinerarium di Bonaventura e alla Commedia, fa-cendo del cammino fisico e visivo che si compieall’interno delle sale una preparazione ad un altrocammino, questa volta interiore e spirituale. Ogni epi-sodio, che prima veniva colto come elemento quasiesclusivamente decorativo, assume ora un significatopiù profondo, nella visione aristotelica che ogni ogget-to e gesto quotidiano, anche il più semplice, è un’ormache consente di risalire alla conoscenza universale.

Il capitolo conclusivo ci accompagna attraverso lalettura delle ultime opere del Veronese, alle prese coni tempi oramai mutati e votati alle idee controriformiste,ma soprattutto posto di fronte alla vecchiaia e allamorte, conosciuta attraverso la perdita dei suoi più cariamici, primo fra tutti Daniele Barbaro. Sono questi glianni – tra il 1573 e la morte, nel 1588 – in cui Paolosviluppa uno stile più introspettivo e discreto, in lineacol purismo che si andava ormai affermando. La volon-tà di approfondire gli uomini gli consente di scoprirnela grazia e la bellezza interiore, consono con l’imporsia fine secolo della cultura scettica e del platonismo.

Anna Pietropolli

VINCENZO MANCINI, Antiquari “vertuosi” e artisti: sag-gi sul collezionismo tra Padova e Venezia alla metà delCinquecento, Padova, Ars Patavina, 1995, 8°, pp. 149,ill., s;i.p.

Sulla scia di un rinnovato interesse per la storia delcollezionismo d’arte veneto nel XVI secolo, si inseriscela recente pubblicazione dello studioso Vincenzo Man-cini. Il testo si articola in tre parti, nelle quali sonotratteggiate le figure più importanti fra gli estimatorid’arte e i mecenati, mettendo anche in luce la fitta tramadi rapporti culturali che legava la città patavina, con ilsuo prestigio accademico, alla Serenissma, nodo stori-co-artistico di indiscusso valore. A tal fine l’operaesamina documenti, talvolta inediti, trascritti ancheintegralmente o nuovamente interpretati alla luce dellepiù recenti ricerche filologiche. Lo studio critico, rigo-roso e puntuale, è supportato da un’ampia bibliografiae dalla copiosità delle note che forniscono utili indica-zioni per ulteriori approfondimenti.

La ricerca prende avvio dai collezionisti della Casa-ta Quiriniana, ovvero Gerolamo Quirini e il figlioFrancesco, patrizi veneziani, titolari di una importanteraccolta epigrafica, custodita nella casa museo di borgoOgnissanti, a Padova. Viene così tracciato a grandilinee l’albero genealogico della famiglia, chiarendosoprattutto il ruolo e lo spessore intellettuale di Gerolamo(spesso confuso con il suo parente omonimo e coeta-neo). Molte sono le testimonianze epistolari che con-fermano le frequentazioni e i rapporti di amicizia conillustri letterati quali l’Aretino, il Bembo, il Dolce.Francesco, avendo ricevuto una “canonica” educazio-ne umanistica, segue le orme paterne dedicandosi allebone lettere. Nell’ambito del collezionismo predilige ibronzetti e la plastica e, per suo volere, il Cavinorealizza una medaglia di ispirazione classica, nellaquale il profilo del giovane è effigiato in chiavecelebrativa. Attraverso l’analisi dei documenti riguar-danti Gerolamo e Francesco Quirini risulta così possi-bile comprendere le ragioni di una raccolta la cuipeculiarità è appunto rappresentata dal ruolo egemonedel materiale epigrafico e dalla presenza irrisoria dialtri pezzi d’antichità.

Diversamente, il giureconsulto padovano MarcoMantova-Benavides incarna il più significativo esem-pio di collezionista “versatile”, interessato sia alleiscrizioni che ai calchi, alle monete, ai dipinti, allestatue. Dagli inventari si ricava che il nucleo dellaquadreria era costituito da ritratti di uomini illustri, frai quali il Petrarca e il Pino o componenti della prestigiosafamiglia. Altrettanto ricco ed interessante doveva esse-re il settore della statuaria, in virtù di una approfonditaconoscenza della plastica antica. Dalla passione per lemedaglie deriva la pratica, molto diffusa, di farnetrasferire l’immagine effigiata in dipinti, decretando

così la fortuna del ritratto di profilo. Recentemente,molti studi sono stati orientati verso la ricostruzione delnesso esistente fra pittura e medaglistica: il testo è,anche in questo senso, uno strumento prezioso perchiarire possibili corrispondenze.

Antonella Lippo

FAUSTINO OSSANNA - CLAUDIO BELLINATI, Maria nelpensiero di Sant’Antonio e nell’arte della Basilicaantoniana, Padova, Edizioni Messaggero, 1995, 8°, pp.220, ill., L. 35.000.

Questo volume trae spunto dalla assidua presenzanella basilica di S. Antonio di immagini mariane: esse(in tutto sono ben 96, tra le quali molte opere dialtissima qualità, come i dipinti di Giusto de’ Menabuoi,di Altichieri da Zevio, di Pietro Liberi, solo per citarnealcuni) testimoniano il posto di primo piano rivestito daMaria nel pensiero e nella vita del Santo e di conseguen-za nella spiritualità e nell’arte a lui ispirate. Non si puòinfatti entrare nella basilica (che, non a caso, è lacontinuazione della chiesetta di Santa Maria MaterDomini, particolarmente cara al Santo, dove egli eser-citò negli ultimi anni della sua esistenza, vero e propriocentro d’origine della pietà mariana) senza accorgersidelle numerose raffigurazioni della Madonna qui pre-senti. Ella compare infatti in altari, statue, dipinti, chela rappresentano nei vari misteri della sua vita terrenae di quella celeste.

I due autori del libro, padre Faustino Ossanna eClaudio Bellinati, ci offrono uno strumento preziosoper comprendere le ragioni di una così ampia presenzadi temi mariani e in questo modo meglio ammirare leopere d’arte della basilica. La prima parte del volume,scritta da padre Ossanna, ricerca nei testi stessi disant’Antonio (i Sermones, dei quali sette chiamatidirettamente “mariani”, anche se il repertorio marianoha una vasta rappresentazione in molti altri sermonidomenicali e festivi) i principi della sua dottrina edevozione nei confronti della Madonna. Il Santo infattiesprime in essi la sua fede e la sua venerazione nellapersona e nel mistero della Vergine Maria.

Dopo questa indispensabile premessa, la secondaparte del libro – di monsignor Bellinati – ripercorre leorigini della basilica, a partire dalla già menzionatachiesetta di Santa Maria Mater Domini, per accompa-gnare poi il lettore in una accurata visita della basilicae dei chiostri annessi, passando in rassegna tutte leimmagini mariane ivi presenti in altrettante accurateschede, tutte accompagnate da belle riproduzioni acolori.

Anna Pietropolli

La cultura del restauro. Teorie e Fondatori, a cura diStella Casiello, Venezia, Marsilio, 1996, 8°, pp. 411, L.60.000.

Tema del libro, che si articola in numerosi saggicurati da specialisti del settore, è l’analisi del processodi formazione delle concezioni del restauro nei secoliXIX e XX. Attraverso un percorso che ha uno sviluppotematico e cronologico per personaggi ed opere dallaseconda metà dell’800 ai primi decenni del ’900, sisnoda un itinerario che rende possibile confronti eriflessioni legate alle teorie del restauro. Lo studio è ilfrutto di una severa riflessione critica sulle fonti, sugliscritti e sulle opere di coloro che hanno operato nelcampo del restauro.

L’“Introduzione” molto puntuale di Stella Casiello,curatrice del volume, è volta a dimostrare, come l’ana-lisi dei diversi personaggi riesca a delineare la storia “diquesta nuova disciplina che trova in Quatremère deQuincy un esponente tra i più significativi”. SergioPratali Maffei, mettendo in luce la personalità dell’ar-chitetto, analizza il contributo offerto dallo stesso allacultura del restauro: dall’originalità del concetto dimonumento alla conservazione in loco delle opered’arte e alla differenza tra il restauro della scultura equello dell’architettura.

Il saggio di Simonetta Ciranna passa in rassegna leprestigiose opere di restauro realizzate a Roma, Viterboed Orvieto da Virginio Vespignani, architetto e restau-ratore romano. Eugenio Vassallo, analizzando il pen-siero di Viollet-le-Duc, ne coglie l’eredità ricevuta daLudovic Vitet e Prosper Mérimée e il parallelo conRuskin, e indica le linee guida per l’interpretazionedell’attività dei restauratori italiani della seconda metàdell’800. L’intervento di Renata Picone illustra l’attivi-tà dell’ingegnere architetto restauratore Federico Tra-vaglini, ripercorrendo le tappe della sua produzioneattraverso l’analisi critica delle opere. Anna MaramottiPoliti indaga sugli aspetti essenziali del critico ingleseJohn Ruskin. “Camilllo Boito e la dialettica tra conser-vare e restaurare” è il titolo del saggio di FrancescoBocchino in cui, illustrando anche alcuni suoi progetti,si attesta l’ampiezza degli interessi dell’architetto, re-stauratore, storico, critico del restauro nonché scrittorefecondo. Le sue teorie hanno segnato il momentofondamentale per la cultura della conservazione, tantoche il documento contenente i punti del suo pensiero“approvato nel IV Congresso degli ingegneri e degliarchitetti italiani (1833) viene considerato, a ragione, laprima Carta del restauro”. Laura Donadono evoca lafigura di Alfredo D’Andrade, studioso di arte e diarchitettura, attraverso accurate ricerche condotte pres-so l’Archivio Centrale dello Stato, portando alla lucenuovi documenti che le hanno consentito di approfon-dire l’approccio metodologico del restauratore porto-ghese “alle differenti problematiche del restauro”.

Il contributo di Emanuele Romeo si propone, attra-verso l’acquisizione di nuove fonti documentarie, dichiarire il ruolo svolto negli interventi di AlfonsoRubbiani sui complessi di San Domenico e di SanFancesco dalla Commissione conservatrice per i monu-menti a Bologna. L’attività di Luca Beltrami vieneesaminata da Amedeo Bellini, che ne individua i variaspetti della sua personalità “ed il carattere unitario delsuo pensiero”. Marco Pretelli analizza la personalià e ilpensiero di Alois Riegl, contemporaneo di Beltrami, etraccia la biografia di Max Dvoràk riportando “uninteressante saggio dell’austriaco tradotto per la primavolta in italiano, dal titolo Francesco Borromini alsrestaurator”. Claudio Menichelli tratteggia l’opera diFerdinando Forlati, illustrando alcuni suoi restauri edevidenziando la competenza, da parte dello stesso re-stauratore, sulle questioni statiche e sugli interventistrutturali negli edifici.

I “Pensieri e principi di restauro architettonico”formulati da Gustavo Giovannoni vengono sintetizzatie ripresi nel saggio di Alessandro Curuni. Gli interventidei restauratori Riccardo Filangieri e Adolfo Avena, inCastel Nuovo, vengono riletti criticamente da MarinaRosi, che mette in luce “non solo le capacità dei dueprotagonisti, ma anche inquadra la loro opera nel climaculturale del periodo”.

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Il volume, che si presenta come uno strumentonecessario per coloro che vogliono documentarsi edapprofondire gli studi sulla cultura del restauro, data lacura nel riscontro delle fonti, conclude la serie di saggicon i due interessanti interventi di Mario Pagano eBruno Sammarco sulla storia del restauro archeologi-co, prendendo in esame l’attività di coloro che hannooperato a Pompei. Segue un’appendice con le notebiografiche dei personaggi analizzati nel testo.

Sonia Celeghin

Alberto Martini. L’opera grafica nel fondo Parianidella Biblioteca Civica di Verona, catalogo della mo-stra (Verona, Biblioteca Civica, 10 maggio-8 giugno1996), a cura di Diego Arich de Finetti, Verona, Colpodi fulmine, 1996, 8°, pp. 95, ill., s.i.p.

Il volume presenta i materiali del fondo Pariani,accompagnandone le riproduzioni con annotazioni dicarattere tecnico, critico, bibliografico.

Alberto Martini (Oderzo 1876-Milano 1954), grafi-co ed illustratore è vissuto a Treviso, Venezia, Milanoe Parigi. Diego Arich de Finetti documenta le vicendebiografiche ed artistiche di Martini e, in parallelo,quelle della raccolta che Alberto Pariani, in poco tem-po, ha messo insieme, acquistando le opere soprattuttonegli anni ’48 e ’49. L’amicizia tra i due ha preso spuntodalla comune passione per gli ex libris, un genere cheMartini ha frequantato prevalentemente negli anniQuaranta. In realtà l’artista è stato legato ai libri fin dalsuo esordio, sentendo molto forte la vocazione a dareorganicità e senso al lavoro grafico, basandolo su unafonte letteraria come un libero commento illustrativo.Sono nati così i cicli più significativi, ispirati alle operedi Tassoni, di Dante, di Poe. I temi prediletti hannocarattere erotico, visionario, macabro, ma nonostante ifacili richiami a Dürer o a Beardsley, su qualunqueattribuzione al simbolismo o al surrealismo, prevale laforza fantastica di un disegno prodigioso.

Tuttavia l’illustrazione artistica nell’editoria nazio-nale non ha mai avuto grande fortuna, in contrap-posizione agli sviluppi delle arti grafiche in Europa.Basti pensare al successo editoriale di Alfred Kubin,l’artista austriaco contemporaneo di Martini. AncheGiovanni Papini, nel 1908, dedicando un saggio all’ar-te grafica di Martini, sostiene che la destinazione natu-rale dei disegni non è la raccolta amatoriale, ma lastampa sui libri. Il disegno infatti nasce strutturalmenteomogeneo alla riproduzione meccanica e perciò è piùmoderno del quadro così come la fotografia è piùmoderna del ritratto ad olio.

Lina Ossi

Renato Varese. Antologica 1970-1996, a cura di Gior-gio Segato e Paolo Rizzi, antologia critica con scritti diAristide Ballis, Franco Batacchi, Luigina Bortolatto,Giovanni Carandente, Enzo Di Martino, GiulioGasparotti, Marco Goldin, Guido Perocco, Ivo Prandin,Franco Solmi, Armando Sutor, Luigi Tito, MarcelloVenturoli, Conegliano (TV), Editrice Arti Grafiche,1996, 4°, pp. 191, ill., s.i.p.

La rassegna antologica all’ex Macello di Padova hacelebrato i quarant’anni di attività dell’artista diConegliano la cui opera è presente in molte collezionieuropee e americane. Il catalogo è insolitamente riccoe riproduce in 88 tavole a colori disegni a china,litografie, olii ecc. scelti in una vasta produzione grafi-ca e pittorica. Le immagini hanno grande forza espres-siva e simbolica e trasmettono con evidenza la dram-maticità della ricerca formale di Varese. Nello stessotempo esse mostrano qualcosa che sfugge alle moltechiavi interpretative che i critici propongono e non siesaurisce nel frequente richiamo ad autori antichi omoderni. Le due sezioni, “grafica” e “pittura”, in cuisono suddivise le tavole, sono aperte ciascuna da unapoesia di Antonio Bruni, i cui versi addolciscono l’im-patto visivo delle immagini sebbene, al pari di quelle,esprimano la lacerazione del distacco continuamentepresente nella vita.

Giorgio Segato, nell’analisi introduttiva, parla dellaconsapevole maestria con cui Varese dà voce al rappor-to tra figura e spazio. La dimensione stessa delle opere,per lo più medie o grandi, costruisce lo spazio dellarappresentazione intesa come luogo della messa inscena dell’inconscio, memore, per certi aspetti, della“terra desolata” di Eliot. L’interesse dell’autore per lareligione, la natura, la storia lo porta ad organizzare laproduzione in cicli che si intitolano “Vescovi”, “Uma-na condizione”, “Case”, “Venezie”, “Natura”.

Paolo Rizzi, parlando affettuosamente con l’amicopittore, gli parla di “quel rovello goticheggiante che ticollega ai maestri del passato: ad un Günewald, adesempio, ma anche allo stesso Francis Bacon”. Com-pleta il volume un’antologia che raccoglie scritti dinumerosi critici. Marco Goldin sottolinea i caratterimorali del particolare espressionismo di Varese e neevidenzia gli aspetti di lotta e di denuncia contro lanegatività della storia. Guido Perocco lo definisce “unvisionario illuminato”, capace di mettere in scena mi-steriose risonanze con improvvisi brividi di morte.Guido Gasparotti vi coglie “impronte e cicatrici delnostro tempo” anche se “l’humor e l’ironia, in alcunicasi, correggono emozioni e tracce inquietanti”. FrancoSolmi vede in Varese la presenza di quelle “componen-ti classiche e misteriche che si accumulano negli artistidi estrazione veneta, testimoni d’oro sontuosi e distremate decadenze”. Luigina Bortolatto scrive che “latendenza alla deformazione, che assume un significatosia caricaturale che plastico, suscita echi risalenti aSchiele e a Kubin, ma è anche rivisitazione del Cubismo,più visto come un insieme di mezzi costruttivi cheavvertito come poetica particolare”.

Altre voci segnalano aspetti differenti e confermanol’interesse di una ricerca pittorica che trasmette qualco-sa che non è ancora stato detto a parole.

Lina Ossi

Tono Zancanaro. I teatri. Omaggio alla Fenice, catalo-go della mostra (Rovigo, Pescheria Nuova, 26 maggio- 7 luglio 1996), Rovigo, Comune - Fondazione dellaBanca del Monte di Rovigo, 1996, 8°, pp. 146, ill., s.i.p.

La mostra tenutasi alla “Pescheria Nuova” di Rovigosull’attività di Tono Zancanaro come costumista escenografo, è l’occasione per i curatori di questo belvolume di continuare l’opera di studio sulla vastaattività dell’artista padovano, attività che lo ha vistoprotagonista anche nel mondo teatrale. Introduce ilcatalogo un breve saggio di Gabbris Ferrari, che tracciaun profilo dell’opera dell’artista soffermandosi sullasolitudine con cui Tono aveva portato avanti certe suescelte. In clandestina solitudine realizza il ciclo del

N & 0. Enne & Zero motus etc, catalogo della mostra(Bolzano, Museo d’Arte moderna, 1/3-19/5/1996 -Padova, Palazzo della Ragione, 1/6-18/8/1996), a curadi Pier Luigi Siena e Andreas Hapkemeyer, Wien-Bolzano, Museion Folio Verlag, 1996, 8°, pp. 176, ill., s.i.p.

Dalle n volte ovvero dal concetto di iterazione emovimento allo zero, cioè la negazione assoluta, perpoter avviare un nuovo processo interpretativo dellarealtà. I gruppi artistici “N” e “Zero”, formatisi rispet-tivamente a Padova e a Düsseldorf, sono stati fra i piùrappresentativi di una situazione culturale in fermento,negli anni ’60, in Europa. Il fenomeno di rilievo eradato, proprio, dal costituirsi di gruppi omogenei, cheoperavano nell’ambito della ricerca cinetico-visuale eche introducevano la componente tecnologica in cam-po estetico. In Italia, con la Biennale di San Marino del’63, il dibattito sulla necessità di superare il nihilismosterile dell’Informale sfocia nel riconoscimento uffi-ciale dei due gruppi, ai quali viene assegnato un premioex-aequo.

Dopo trent’anni di ardite sperimentazioni in arte èimportante anche soffermarsi a valutare l’attivitàpionieristica di “N e Zero”, cogliendone gli aspettisimilari e quelli divergenti. L’occasione è data dalcatalogo bilingue della mostra itinerante, tenutasi aBolzano, Padova e San Marino da marzo ad ottobre ’96.È così possibile appagare la necessità di una rivisitazionecritica, che si avvale di una ben articolata scelta didocumenti, testi programmatici, recensioni e presenta-zioni. Testimonianze fondamentali sono senza dubbioi manifesti dei due gruppi trascritti integralmente, men-tre motivazioni ed intenti sono dettagliatamente conte-nuti nei discorsi inaugurali delle prime esposizioni. Icomponenti del gruppo N, ovvero Biasi, Landi, Mas-sironi, Costa e Chiggio, si autodefinivano “disegnatorisperimentali”, che riconoscevano nelle nuove materiee nella macchina i mezzi espressivi dell’arte, mentreper Mack, Piene e Uecker lo Zero era il principio perdefinire, su nuove basi, il rapporto fra l’artista e lanatura, i suoi elementi, il movimento, la luce.

Del dinamismo delle forme e della persistenza diarchetipi nelle avanguardie artistiche tratta ampiamen-te il contributo critico di Marina Vescovo, mentrel’excursus storico sulla nascita dei gruppi in ambitoeuropeo è affidato alla lucida analisi di Andreas Hap-kemeyer. Più dettagliatamente, Giorgio Segato esami-na per i due gruppi le motivazioni socio-politiche cheindussero a scelte di campo contrapposte all’Informalee che invece abbracciavano atteggiamenti provocatorie polemici. Per il gruppo N, in particolare, era impor-tante provocare visivamente lo spettatore, “facendogliassumere un ruolo critico determinante per l’esistenzastessa dell’opera d’arte”, spesso costituita da schemi estrutture reticolari statiche che tuttavia, in virtù di leggiottiche, apparivano in movimento.

Il catalogo soddisfa ampiamente le aspettative diquanti, fra studiosi o conoscitori, volessero ripercorrerele tappe di una pagina importante della storia dell’artecontemporanea.

Antonella Lippo

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“Gibbo”, dove riporta in centinaia di disegni “tutto ilgrottesco della retorica fascista attraverso le gesta quo-tidiane del suo capo”.

L’impegno civile di questo grande artista si manife-sta anche nelle descrizioni degli impiccati partigiani,nella rappresentazione della città di Padova massacratadai bombardamenti e più tardi nella “documentazione”del lavoro delle mondine e dei braccianti siciliani.Sempre in solitudine Tono seguirà una “via archeo-logica” che segnerà gli esiti finali del suo lavoro.

Era inevitabile, secondo Ferrari, che Tono incon-trasse anche il mondo del teatro, dove riesce a portarela capacità di raccontare, la sua originalità e il suomondo fantastico. Interessante il testo di GiorgioCortenova che vede in Tono, oltre che uno dei piùgrandi disegnatori italiani, un grande “narratore perimmagini”. È questa sua capacità di raccontare cheporta Cortenova a suggerire un originale ed efficaceparallelismo tra l’opera di Zancanaro e le strip dove alposto delle nuvolette dei fumetti il maestro intervienecon la penna. Si crea dunque una situazione teatrale cheè connaturata all’opera i Tono.

“Un fuoco vivo”, così veniva definito Tono da EdoParise ed è anche il titolo con cui apre il propriointervento G.A. Cibotto, che ci descrive un artista che“usa il carboncino come arma per difendere la razza deipoveri”. Anche Cibotto ripercorre le tappe artistiche diZancanaro soffermandosi sulla collaborazione con ilnipote Silvano Bussotti che portò alla realizzazione dispettacoli e costumi che incontrarono un rapido succes-so. Il catalogo si conclude con i cenni biografici di TonoZancanaro ottimamente curati da Manlio Gaddi.

Luca Parisato

GIORGIO SEGATO, Massagrande. Incisioni 1974 - 1994,(Padova, Oratorio di San Rocco), introd. di GiorgioTrentin, s.e. [Conegliano, Litografia Battivelli], 1994,4°, pp. [158], ill., s.i.p.

Matteo Massagrande è sicuramente uno degli artistifigurativi che, nel panorama nazionale, maggiormentesi contraddistingue per una forte originalità, originalitàche traspare con evidenza nei suoi dipinti. All’attivitàdi pittore l’artista affianca anche quella di incisore, edè in questa misteriosa arte che Massagrande arriva amomenti poetici che solo pochi grandi incisori prima dilui sono riusciti a raggiungere. È evidente, fin dalle sueprime prove, la discendenza artistica da quel sommomaestro che fu Giovanni Barbisan. È presso di lui,infatti, che Massagrande apprenderà i rudimenti dellinguaggio artistico, ecco quindi che le acqueforti del1974/76 riprendono tematiche care al maestro per poi,due anni dopo, avviarsi già verso soluzioni originali.

Nell’opera di Massagrande si possono riscontrare leinfluenze dei grandi maestri veneti come Tiziano,Giorgione, Tiepolo, a cui si affiancano le esperienze diRembrandt, Vermeer, De Pisis, Morandi. È la naturache domina l’opera di Massagrande: l’incisore si ponenei suoi confronti con la stessa attitudine di chi ascolta

assorto una sinfonia. La sensibilità di questo artista gliconsente di “sentire” le atmosfere create dalla luce, diemozionarsi per il passaggio delle stagioni, di coglierela nostalgia di certe visione, tutte esperienze che graziealla sua arte siamo in grado di condividere.

Il catalogo dedicato alle incisioni di Massagrande èintrodotto da un bel saggio di Giorgio Segato. Il corredoiconografico è formato da 136 tavole tutte riprodotte apiena pagina che permettono un’ottima conoscenzadell’opera dell’artista.

Luca Parisato

COMUNE DI BASSANO DEL GRAPPA - MUSEO BIBLIOTECA

ARCHIVIO - ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA, Piattipopolari veneti dell’Ottocento dalla collezione di OrioVergani. Museo della ceramica - Palazzo Sturm -Bassano del Grappa, Bassano del Grappa (VI), Ghedina& Tassotti Editori, 1996, 8°, pp. 64, ill., L. 25.000.

A Bassano del Grappa è stato recentemente aperto alpubblico il Museo della Ceramica con sede nel sette-centesco Palazzo Sturm, che costituisce una sezione delMuseo Civico di Bassano. Nelle sale del palazzo hannotrovato la loro ideale collocazione le raccolte di cerami-che del Museo Civico, arricchite negli ultimi quindicianni da magnanime donazioni e importanti acquisti. Ilvolume è stato pubblicato in occasione dell’ingressodefinitivo nel Museo della Ceramica della collezione diOrio Vergani di piatti popolari veneti dell’800. Lasuddetta raccolta, formata da 57 pezzi, è stata compostanegli anni ’50 dal Vergani (1899-1960), milanese,scrittore di novelle e romanzi, personaggio di spicco delgiornalismo italiano, inviato di terza pagina, cronistasportivo, critico teatrale, uomo di grande cultura eappassionato collezionista, fondatore dell’AccademiaItaliana della Cucina.

Il catalogo completo della collezione, integralmenteriprodotta fotograficamente, è curato da Nadir Stringa.Tra i piatti che la compongono la maggioranza appar-tiene a varie serie, tutte incomplete, che hanno persoggetto i mesi dell’anno; i piatti rientranti in questacategoria sono stati prodotti dalle manifatture Cecchettodi Nove, Viero di Nove, Sebellin di Vicenza e Antonibondi Nove. Ciascun piatto presenta l’indicazione del meseunitamente alla rappresentazione di una attività popo-lare tipica del mese stesso; prevalentemente si tratta diattività collegate ai ritmi stagionali dell’agricoltura.Figure tipiche sono, ad esempio, il contadino che potale viti, il pigiatore nel tino, il mietitore, il vendemmia-tore, ma anche il cacciatore e il pescatore. Vi è poi ununico piatto facente parte di una serie avente per sog-getto i quattro evangelisti; esso raffigura S. Luca Evan-gelista ed è uscito dalla manifattura Antonibon di Nove.Infine, nove piatti diversi fra loro e di soggetto vario,risalenti tutti ad un periodo compreso tra la metà e lafine dell’Ottocento. Le manifatture sono Sebellin diVicenza, Cecchetto di Nove e Todescan di MonticelloConte Otto.

Barbara Giaccaglia

ARCHITETTURA - URBANISTICAPAESAGGIO

Natura e arte nel paesaggio veneto. Dalle interpreta-zioni pittoriche alle immagini fotografiche, a cura diAlessandro Bettagno, con testi di Alessandro Bettagno,Giorgio Fossaluzza, Eugenio Turri, foto di MauroRuffini, Roma, Seat, 1995, 4°, pp. 312, ill., L. 120.000.

Il paesaggio come sintesi della ininterrotta dialetticafra uomo e natura, come prodotto del lavoro, destinatoa rendere lo spazio consono alle esigenze umane eadeguato alla necessità di formare un’immagine nellaquale riconoscersi. Il paesaggio veneto emerge, pervolontà dei realizzatori di questo volume, come luogoesemplare di autorappresentazione, di voluttuosoautocompiacimento. Quasi una vocazione geograficache trova il proprio fondamento nelle caratteristichefisiche di un territorio compreso fra montagne e mare,teatro naturale dell’azione umana, “che si presentacome vera e propria sintesi della geografia”, doverilievi, pianura e acqua garantiscono la varietà e siintegrano dando luogo alle soluzioni più varie.

Il volume si articola in tre distinte sezioni. Ognunaaffronta il tema del paesaggio veneto da un diversopunto di vista e per mezzo di strumenti distinti. Laprima si serve della fotografia di Mauro Ruffini, realiz-zata in una campagna destinata ad offrire una documen-tazione visiva della regione nei suoi molteplici aspettiattuali. L’eccellente fotografia non intende costituireuna selezione positiva di luoghi particolarmente sugge-stivi, bensì cogliere una scelta di immagini significati-ve di una realtà specifica, non trasfigurata. Sulle ormedi John Ruskin e di Giovanni Bellini si afferma l’esi-genza di immagini esatte, aderenti alla realtà rappre-sentata, nonostante i sentimenti e le passioni che laassediano. Anche per questa ragione appare compren-sibile la scelta di un sobrio bianco e nero.

La seconda sezione curata da Eugenio Turri ci offreuna descrizione che pare assumere i tratti di un raccontolirico, nonostante rimangano presenti i dati oggettivi digeografia fisica e antropica. Felice la scelta di seguireun percorso simile a quello condotto dai viaggiatori chescendevano dal Nord, attraverso le Alpi, per raggiunge-re quindi la pianura e Venezia, in accordo con lacorrente dei fiumi che lungo le valli prima e poi distesinella pianura raggiungono l’Adriatico. La prospettivacosì aperta coglie nella sua globalità la regione comenon veniva invece vista dai pittori del passato ai qualiinvece le Alpi fungevano da sfondo delle sacre rappre-sentazioni. Meta del percorso, ma non protagonista deldisegno di Turri, è Venezia, la Dominante, alla civiltàdella quale attribuisce la funzione essenziale di sintesidel territorio che in lei trova il suo fulcro scenografico.

Ben diverso, pur se altrettanto consapevole dei pro-cessi storici e delle fratture aperte negli ultimi decenni,è lo sguardo di Alessandro Bettagno e di GiorgioFossaluzza, autori dell’ultima sezione che ha nell’im-magine pittorica il filtro interpretativo. L’evoluzionedel paesaggio veneto nella pittura dal Quattrocento alSettecento viene percorsa a partire dalla consapevolez-za della singolare importanza che assunse nella culturadella regione il dato naturale rispetto al soggetto prima-rio, anche quando ancora rimane componente subordi-nata o complementare, investita di una valenza preva-lentemente simbolica. D’altronde quando nel Settecen-to la pittura di paesaggio acquisirà una sostanzialeautonomia e dignità sarà attraverso due differenti dire-zioni, verso la ricerca di un rinnovato paesaggio idealeilluminato dalla fantasia e incline al pittoresco, o conintento realistico e razionale. Se risulterebbe comun-que forzata l’individuazione di un intento propriamenteritrattistico del paesaggio, a rischio di un suo ingiusti-ficato sradicamento dal complesso figurativo, l’indagi-ne consente invece di riscontrare un interesse e unpiacere contemplativo per gli aspetti di un territoriostoricamente determinato.

La visione ricorrente pone Venezia al centro di unascenografia della quale la città rimane indubbia prota-gonista. Oltre si distendono prima la pianura coltivata

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e la collina, dove si realizza l’armonico connubio frauomo e natura nelle attività agricola e pastorale confor-mi all’esecizio degli ideali umanistici, quindi la monta-gna selvaggia e incolta. Remota nell’ultimo sfondo.Forse le ragioni profonde della pregnanza del paesag-gio nel complesso della civiltà veneta consistono pro-prio nel suo divenire protagonista in quanto immaginee teatro di autorappresentazione ideale per le genera-zioni che vi detennero il potere. Sottratto a questafunzione, fondamento e alimento della sua identità, ilpaesaggio diviene teatro di quei processi economico-produttivi, ripetutamente denunciati nel testo, che nesanciscono la radicale trasformazione e lo smarrimentodel passato prezioso equilibrio nel quale contemplazio-ne e lavoro erano inestricabilmente congiunti.

Guido Galesso Nadir

Ville Venete. Catalogo e atlante del Veneto, a cura diAntonio Padoan, Sergio Pratali Maffei, DemusDalpozzo, Linda Mavian, Venezia, Istituto Regionaleper le Ville Venete - Marsilio, 1996, 4°, pp. 950+XXIV,ill., L. 300.000.

La nostra epoca appare quotidianamente caratteriz-zata da uno sforzo di rilevamento, censimento, catalo-gazione e in genere di rappresentazione degli oggetti edelle forme che connotano la città e il territorio; ciò nonè dovuto solo alla disponibilità di tecnologie topo-grafiche e di strumentazioni informatiche un tempoimpensabili, ma anche al fatto che una conoscenzaesaustiva della realtà fisico-insediativa, nella sua og-gettività attuale e nella sua costruzione storica, è ritenu-ta corredo indispensabile per ogni scelta di pianifica-zione, che non sia avventata operazione progettuale; aciò si aggiunga che un qualche sentimento di vergognae di rimorso per la continua perdita di beni ambientalied artistici causata dalla diuturna aggressione dellamodernità, induce a registrare tracciati, manufatti,archietture e paesaggi, in modo che di essi resti almenola memoria prima della distruzione e dell’offesa.

È questo il caso delle ville venete, la tipologiadistintiva, almeno per quanto riguarda l’architettura,della stessa cultura territoriale veneta e il contributopeculiare, che la nostra civiltà ha recato all’urbanisticaoccidentale; attraverso il Palladianesimo, i canoni diAndrea Palladio sono infatti assurti a linguaggio figu-rativo universale nella costruzione dell’ambienteumanizzato, cioè del paesaggio.

Quando nel primo dopoguerra si avvertì che il patri-monio di ville venete diffuso nella campagna era inpericolo, che addirittura quelle disegnate dal Maestroerano in condizioni di deplorevole degrado, GiuseppeMazzotti, non solo lanciò il segnale d’allarme, maprovvide anche, con i mezzi dell’epoca – la bicicletta,lo schizzo, la macchina fotografica – ad avviare il primocensimento, cui contribuirono gli studiosi più impe-gnati e sensibili di allora, ad esempio R. Cevese, M.Muraro, G. Marchiori ed altri.

Il Catalogo delle ville venete di Giuseppe Mazzotti(Le ville venete. Catalogo, a cura di Giuseppe Mazzotti,I edizione, 1952; II edizione, 1953; III edizione, 1954;rist. anast. con premessa di Lionello Puppi, 1987,Treviso, Canova, pp. 968+XVI, ill.) rimane esempiostraordinario di esplorazione a tappeto di un territorioe di pre-catalogazione tematica ai fini del consegui-mento di un repertorio, ove trovare, assieme alle notiziestoriche fondamentali, anche le informazioni tecnicheed amministrative. Il volume e la campagna di stampache lo accompagnò valsero ad avviare, assieme agliinterventi di emergenza, i necessari provvedimenti divincolo e determinarono subito dopo la costituzione diquell’Ente Ville Venete, poi trasformato nell’omonimoIstituto Regionale, cui fu affidato il compito di finan-ziare i lavori di recupero.

Nel lavoro quotidiano, svolto in collaborazione conle Soprintendenze e successivamente con le Regioni ei Comuni, che andavano elaborando i loro strumentiurbanistici, si resero evidenti le omissioni dell’elencoredatto nel 1952, ove peraltro erano già stati individuatii beni di maggiore rilievo; andò così maturando laprospettiva di una ulteriore e più attenta ricognizioneterritoriale, atta ad individuare i complessi dimenticatie quelli che erano tipologicamente a confine, come ilcastello, il palazzo e le altre fabbriche consimili; perconverso sembrò necessario esplorare parallelamente iterritori limitrofi rispetto alle due regioni, cui si esten-deva la competenza dell’IRVV, anche in considerazio-ne del fatto che la conterminazione di queste ultime noncorrispondeva per nulla con quella dello Stato da Terra,l’area su cui si era concentrato il fenomeno della villa;a questo riguardo va osservato come un’indagine, chesi svolgesse sui territori del Trentino, delle province diBergamo, Brescia, Cremona, Mantova e Ferrara, non-ché un sopralluogo nelle zone un tempo venetedell’Istria, potrebbero riservare ancora parecchie sor-prese.

Le circa 1.350 monografie del catalogo mazzottianosono così divenute le quasi 3.500 schede del repertoriotesté edito dall’IRVV con i tipi di Marsilio Editori. Ilmonumentale volume le rappresenta attraverso unaveste derivante dal supporto informatico, ove sonostate raccolte; nel file, di prevalente carattere ammini-strativo, sono riportati infatti gli elementi oggettivi:catasto, denominazione, proprietà, vincoli, fotografiaecc., e indicate l’epoca di costruzione, l’attribuzioneprogettuale ed una essenziale bibliografia.

L’elenco delle ville venete ivi contenuto riguarda ilsolo territorio della regione Veneto, poiché la regioneFriuli-Venezia Giulia ha autonomamente provvedutoal censimento del suo patrimonio all’epoca della com-pilazione del Piano Urbanistico Regionale (Piano Ur-banistico Regionale (PUR), a cura della Giunta Regio-nale, Trieste, Regione Friuli-Venezia Giulia, 1979, 2fascicoli con tavole allegate, ill., fuori commercio).

La documentazione di schedatura è accompagnatada un ristretto corredo scritto, a tutta evidenza destinatosolo a fornire la chiave di lettura del catalogo, nonpotendo certo costituire un apparato critico-conosciti-

vo; particolarmente utile appare l’atlante tematico alle-gato alle schede, che consente per la prima volta dicogliere, alla scala della Carta tecnica regionale(1:20.000), la distribuzione territoriale delle ville venete;non pubblicata, ma disponibile in dattiloscritto, è laraccolta bibliografica composta da circa 1.900 titolirelativi all’argomento.

È ora opportuno che le informazioni fornite attraver-so l’individuazione topografica ed il repertorio dischedatura vengano sottoposte ad un esame rigoroso diapprofondimento storico-tipologico e di classificazio-ne tecnico-formale. Solo intendendo l’inventario comeun elenco aperto a inserimenti e a cancellazioni, adapprofondimenti filologici e a interpretazioni stilisti-che, sarà possibile coglierne il vero contributo, quellofornito da un materiale faticosamente raccolto ed ora adisposizione degli studiosi e dei tecnici, oltre che degliamministratori e dei cittadini, utile per penetrare questostrato culturale custodito dal territorio veneto, indi-spensabile per poterlo adeguatamente riconoscere eproteggere, cioè, in definitiva, recuperare e valorizzare.

Franco Posocco

Annuario della ricerca. Anni Accademici 1991-1993, acura di Heleni Porfyriou, Venezia, Istituto Universita-rio di Architettura, 1995, 8°, pp. 471, s.i.p.

Il volume, che costituisce la seconda pubblicazionedell’Annuario della Ricerca , è il frutto di una riflessio-ne condotta dall’Istituto Universitario di Architetturadi Venezia sulle strategie proprie di ricerca a 12 annicirca dalla nascita dei dipartimenti.

L’Annuario si divide in due sezioni. Nella primaparte, dopo l’introduzione di Donatella Calabi, i contri-buti critici di alcuni docenti dello IUAV, MarcelloBalbo, Renzo Dubbini, Giulio Ernesti, membri anchedella Commissione Scientifica, affrontano i temi atti-nenti ai settori disciplinari in cui si sono maggiormenteimpegnati, riflettendo sull’evoluzione del lavoro diricerca svolto dai diversi dipartimenti (Daest, Diparti-mento di Storia dell’Architettura, Dipartimento di Ur-banistica) e sui settori di ricerca finanziati.

Heleni Porfyriou conclude questa prima sezionedell’Annuario soffermandosi sulla ricerca scientificadello IUAV negli anni 1991-1993 e sottolineando comeil nuovo ordinamento, che si è venuto a costituire conl’attivazione di due nuovi Corsi di Laurea in Pianifica-zione Territoriale Urbanistica ed Ambientale e in Storiae Conservazione dei Beni Architettonici ed Ambientaliabbia rappresentato “il risultato di una lunga fase pre-paratoria e di un dibattito a livello nazionale, in cuiinteressi e spinte locali si sono contrapposti in baseanche a considerazioni e obiettivi più o meno corporatividi scala più ampia. Sono appunto le implicazioni e gliorientamenti strategici di un simile dibattito... – conti-nua la curatrice – che è utile qui richiamare. Questepossono incidere... sulle ristrutturazioni interne ai di-partimenti e sui nuovi indirizzi della ricerca...”. Illu-strando questa ipotesi di lavoro l’Annuario determina“una griglia interpretativa” in cui vengono riunite lericerche degli ultimi tre anni.

Nella sezione “Ricerca Scientifica” vi è una duplicecatalogazione: una prima, completa, suddivisa per areatematica, raccoglie le informazioni su schede tipo in cuivengono riportati l’autore, il titolo, la consistenza delfinanziamento, il programma, i risultati raggiunti e lepubblicazioni; una seconda è per dipartimento, a sche-datura individuale.

Concludono il volume alcuni grafici e tabelle in cuisono evidenziati sia i finanziamenti totali per diparti-mento e per anno nonché la loro distribuzione in per-centuale sia i finanziamenti per dipartimento e pro-capite per anno per mille.

Sonia Celeghin

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GIUSEPPE ANTONIO MURARO, La “Compagnia delle Muradi Marostica”. Un esempio di tutela conservativa e divalorizzazione di una città murata, Marostica (VI),Edizioni della “Compagnia delle Mura di Marostica”,1996, 4°, pp. 70, ill., s.i.p.

Il volume intende documentare le tappe più signifi-cative dell’intensa attività della “Compagnia delle Muradi Marostica”, che costituisce un rilevante esempio diassociazione volontaria finalizzata alla tutela e allaconservazione del patrimonio storico e architettonicodi una città murata. La nascita di tale associazione risaleal settembre del 1978 e si deve aell’idea di un gruppo diamici della “Pro Marostica” di realizzare qualcosa diconcreto per le mura della propria città, considerando ilfatto che esse si trovavano in stato di grave abbandonoe degrado. Fu così che dal 1979 al 1981 questo gruppodi volontari si dedicò con costanza e grande determina-zione ad un lungo e faticoso lavoro di pulizia e di-sboscamento del tratto occidentale delle mura scaligere,che appariva allora quasi completamente ricoperto dauna fittissima vegetazione.

Nel corso di tale lavoro, e precisamente nel 1980,questo gruppo assunse il nome di “Compagnia delleMura di Marostica”; fu però solamente il 14 gennaio del1983 che il gruppo si costituì in libera associazione,mantenendo il nome già scelto in precedenza. L’impre-sa più rilevante della Compagnia delle Mura è statasenz’altro quella iniziata nel periodo 1980-1986 e ri-presa e quindi portata a compimento tra il 1986 e il1989: la sistemazione del sentiero che conduce alCastello Superiore, sentiero che fu livellato, lastricatodi pietre ed infine dotato di impianto di illuminazione,allo scopo di essere percorribile anche di sera. Neglianni successivi vennero ripuliti anche il tratto orientaledelle mura e il Torresino di Val di Botte e furonoeseguiti gli annuali lavori di manutenzione e pulizia.

Dal 1980 ad oggi, comunque, la Compagnia delleMura ha visto aumentare il numero dei suoi aderenti enon ha mai interrotto il proprio lavoro di valorizzazionedelle cinta muraria di Marostica, nonché dei CastelliInferiore e Superiore.

Il volume accenna in seguito alle vicende storichedella città dal Trecento in poi, evidenziando il fatto chefurono Cangrande della Scala e i suoi successori, tra il1311 e il 1387, a dare a Marostica il volto che attual-mente ancora conserva, modificandone l’impianto ur-banistico e architettonico. Gli Scaligeri, infatti, a causadella sua posizione strategica, decisero di fortificare ilborgo di Marostica con mura imponenti, due rocche equattro robuste porte. Corredato di fotografie recentiche illustrano l’attività della Compagnia delle Mura edi foto d’epoca che mostrano la realtà della vecchiaMarostica, il volume di chiude con l’esame dei varilavori di restauro delle mura e dei castelli eseguiti nelcorso dei secoli.

Barbara Giaccaglia

CATERINA DE LUIGI - MARGHERITA PIANTINI, La Scala deiGiganti: Teatro dell’Incoronazione dei Dogi. DallaCittà al Palazzo: Itinerari Didattici nel Palazzo Ducalee nella Città di Venezia. Guida ad un percorso didatticonella scuola dell’obbligo, Venezia, Comune - Assesso-rato Pubblica Istruzione, 1996, 4°, pp. 111, ill., s.i.p.

L’offerta degli Itinerari Educativi del Comune diVenezia si arricchisce di una nuova interessante propo-sta alla scuola. Il volume intende fornire una guida agliinsegnanti della scuola elementare di Venezia per l’in-serimento nella programmazione individuale di uncomplesso architettonico-urbanistico della città. Il temaconduttore è individuato nella forma architettonicadella scala che in città assume innumerevoli aspetti econfigurazioni. L’itinerario si concentra in particolaresulla forma e sulla funzione della Scala dei Giganti diPalazzo Ducale. L’esempio documenta il potere regaledei Dogi attraverso i significati simbolici e le formearchitettonico-decorative.

Sono messe a confronto varie tipologie di scalepresenti in città: da quelle imponenti per fasto e rappre-

ro le caratteristiche delle esecuzioni al tempo diGiustinian: “suonare con dolcezza” o “tanto soavemen-te che anche essi stessi [violisti] piangono”.

Risultato di una ricerca presso l’Archivio di Stato diVenezia alle sezioni Cancelleria Inferior, Inventarii,Giudici del proprio, Mobili, e Archivio notarile, Atti, èla descrizione presente nel secondo saggio: La diffusio-ne degli strumenti musicali nelle case dei nobili, citta-dini e popolani nel XVI secolo a Venezia, in cui vieneindividuata la diffusione degli strumenti musicali nelleabitazioni private veneziane di ogni ceto sociale. Lapresenza di strumenti musicali in casa di nobili signifi-ca che, per tradizione, veniva impartita ai figli unasolida educazione musicale; quella nella casa dei citta-dini, oltre che per gli stessi motivi, era anche giustifica-ta dal fatto che a questa classe sociale appartenevanomolti musicisti di professione (maestri di cappella eorganisti). La presenza nelle case dei popolani erasemplicemente dovuta al fatto che a questo ceto appar-teneva la maggior parte dei “sonadori veneziani”.

Fonti letterarie, iconografiche e organologiche siintrecciano nella terza parte, nella descrizione del liutoe del suo significato nella Venezia del XVI e XVII secolo.Numerosi sono i pittori che hanno raffigurato unsuonatore di liuto – Giovanni e Gentile Bellini, Cima daConegliano, Vittore Carpaccio, Alvise Vivarini, Gior-gione, Tiziano e molti altri – e si può notare come le lororealizzazioni siano molto accurate, dalla posizione del-la mano a tutti i particolari di costruzione dello stru-mento. Un ricco e variegato apparato iconograficoaccompagna questo saggio.

Sul rapporto fra liuteria e iconografia in area Veneto-Lombarda tra Cinque e Seicento è il titolo del capitoloche offre una ricca digressione a partire da alcunidipinti di scuola veneto-lombarda (Venezia, Bergamoe Brescia), stimolando la curiosità dello studioso arintracciare affinità fra gli strumenti musicali raffigura-ti nell’arte e quelli realizzati dai costruttori.

Nel quinto saggio, Sui liutai tedeschi a Venezia nelCinque e Seicento e sui rapporti tra liuteria tedesca epittura veneziana, vengono individuate le tracce dellapresenza dei liutai tedeschi in Venezia. Fra il XVI e XVIIsecolo il numero appare ormai rilevante e la loro attivitàè riscontrabile in numerose città italiane, Bologna,Milano, Firenze, Brescia, Padova. Ma fu Venezia a“esercitare il richiamo più forte”. Gli strumenti costru-iti da questi liutai presentano fortissime e talora sor-prendenti analogie con quelli rappresentati nei dipintidei grandi maestri loro contemporanei.

Nell’ultima parte, Mosaico dell’“Arsenale” di stru-menti di Vivaldi, Stefano Toffolo cerca di identificaregli strumenti richiesti da Vivaldi nelle sue composizio-ni. Una molteplicità di strumenti ad arco, a pizzico, afiato e a tastiera era infatti prevista dal compositore.Una dettagliata descrizione di queste famiglie di stru-menti conclude il volume.

Silvia Urbani

sentanza a quelle segrete; di tutte si presenta il contestostorico, artistico, sociale, economico in cui sono staterealizzate. Altri esempi sono tratti dalla storia dell’arte:la scala della Biblioteca Laurenziana di Firenze; lascala dello Spazio Olivetti in Piazza S. Marco a Vene-zia, opera di Carlo Scarpa; la scala dell’Ara di Pergamo;la Scala Regia in Vaticano, opera di Bernini, e moltealtre di periodi e luoghi diversi.

La seconda parte del volume fornisce suggerimentioperativi preziosi per gli insegnanti, offrendo piste dilavoro con la classe: come costruire modelli in scala,apprezzare gli elementi plastici comparativi, indivi-duare i materiali e riprodurre i colori, costruire lemarionette e mettere in scena i personaggi. A quest’ul-timo aspetto è rivolta una cura particolare, attraverso lapresentazione di una vicenda da drammatizzare (lacongiura di Marin Faliero), la suddivisione in azioni,l’allestimento delle scene, la realizzazione dei costumi,dei suoni, dei ritmi ecc. Per ogni aspetto si dannoprecise indicazioni per la scelta dei materiali, delletecniche, delle procedure.

Completano il volume, a parte, una pianta del com-plesso di Piazza S. Marco ed una Guida alla visita, diformato tascabile e ricca di illustrazioni che “prendeper mano” lo studente e lo accompagna su e giù per iponti, i campi, le calli, alla ricerca di tante scale bellis-sime o ripidissime o strettissime, per non parlare diquelle scivolosissime che finiscono in acqua.

Lina Ossi

MUSICA - TEATRO

STEFANO TOFFOLO, Strumenti musicali a Venezia nellastoria e nell’arte dal XIV al XVIII secolo, Cremona,Turris, 1995, 4°, pp. 157, ill., L. 60.000.

Attraverso un’attenta ricerca d’archivio di docu-menti letterari e storici e una precisa lettura iconograficadi molte opere artistiche, l’autore illustra la presenzadegli strumenti musicali e il significato di questa pre-senza nella società veneziana. È una raccolta di seisaggi, corredata da un cospicuo apparato di note e dauna ricca sezione iconografica.

Nel primo, Gli strumenti musicali nei dipinti venetidel tempo di Leonardo Giustinian (1388-1446), è rac-colta la testimonianza esistente sugli strumenti musica-li di origine veneziana dell’epoca precedente al XVIsecolo. È infatti solo attraverso i dipinti che si possonoconoscere questi strumenti e distinguerne le forme. Il“ruolo” musicale è affidato nei dipinti di quest’epocaagli angeli, che, disposti sullo sfondo, sono in atto disuonare una grande varietà di strumenti. Altre testimo-nianze sono quelle letterarie, che attestano quali fosse-

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I Maestri di Musica all’Ospedaletto, I ciclo biennale1995/96, Venezia, IRE Istituzioni di Ricovero e diEducazione, 1995, 8°, pp. 46, ill., s.i.p.

Il progetto che intende perseguire il Consiglio diAmministrazione dell’IRE (Istituzioni di Ricovero edEducazione di Venezia) ha avuto un buon avvio con lapubblicazione de I Maestri di Musica dell’Ospedaletto.Questo progetto tende a recuperare, attraverso unaaccurata ricerca musicologica, il ricchissimo patrimo-nio musicale dei quattro ospedaletti veneziani (Incura-bili - Pietà - Ospedaletto - Mendicanti) e a riproporre,con nuove esecuzioni filologicamente precise, le musi-che che per questi ospedali sono state composte.

Come ricordano i numerosi e illustri viaggiatoristranieri che nel ’700 visitarono l’Italia e Venezia, “icori femminili dei quattro ospedali veneziani costitui-vano un riferimento importante nella mappa della mu-sica italiana ed europea”. Compositori famosi e menonoti hanno insegnato – come maestri di coro, maestri diorgano, maestri di strumento, maestri di maniera o disolfeggio – negli ospedali veneziani o composto musi-che per i loro cori. Ma, come osserva Giuseppe Elleronel suo contributo, di questi autori, a differenza delleopere teatrali o delle cantate profane, “raramente sonostati pubblicati gli oratori sacri, le messe, i salmi deivespri, i Magnificat, i Miserere o i mottetti liturgici”.

Il lungo e completo elenco dei maestri dei quattroospedali, presente nel volumetto, mette in evidenzafigure di musicisti illustri accanto a nomi meno cono-sciuti che si sono succeduti ora nell’uno ora nell’altroospedale di Venezia. Questo quaderno pone specialeattenzione sulla tradizione musicale dell’Ospedaletto,dove l’utilizzo del prezioso organo costruito da PietroNacchini nel 1751 consente, da circa vent’anni, l’ese-cuzione di musiche rinascimentali e barocche di scuolaveneziana e non solo veneziana. A due importantimaestri di musica che hanno insegnato all’Ospedaletto,Giovanni Legrenzi e il musicista vicentino che losostituì Carlo Grossi, è dedicata una breve presentazio-ne di Emanuela Marcante, che individua con puntualeprecisione i loro tratti linguistici e stilistici.

Completa il volume la pubblicazione, a cura diJolanda Scarpa, di un’antifona mariana Ave ReginaCoelorum (il cui manoscritto autografo si trova adAmburgo nella Staats-und Universität, fondo FriedrichChrysander, M A/603 n. 4) di Antonio Sacchini, com-positore legato all’ambiente napoletano. Significativaè la presenza nel corso del XVIII secolo di musicistinapoletani a Venezia, soprattutto dopo l’arrivo diNiccolò Porpora. Oltre a Sacchini altri tre musicistinapoletani di grande fama legheranno il loro nome allevicende musicali dell’Ospedaletto: Tommaso Traetta,Pasquale Anfossi e Domenico Cimarosa.

Quella degli ospedali veneziani è una storia musica-le e sociale caratterizzata da un’enorme produzione dimusica vocale e strumentale; essa rimane come prezio-sa testimonianza di un preciso contesto musicale vene-ziano. È proprio per questo che diventa indispensabilecontinuare nel senso avviato da questa prima pubblica-zione, dando, attraverso una ricerca musicologica siste-matica e scientifica, ordine ad una materia ancoraparzialmente poco conosciuta.

Silvia Urbani

LORENZO DA PONTE, Lettere, epistole in versi, dedicatoriee lettere dei fratelli, a cura di Giampaolo Zagonel,Vittorio Veneto (TV), De Bastiani, 1995, 8°, pp. 571, L.150.000.

Si chiamava Emanuel Conegliano (Vittorio Veneto1749-New York 1838) ma è con il secondo nome, chegli viene imposto al momento della conversione dallareligione ebraica al cattolicesimo, che è più noto: Lo-renzo Da Ponte, il celebre librettista di Mozart per ilquale compose i versi del Don Giovanni di Così fantutte e de Le nozze di Figaro.

Indossò l’abito talare poco più che ventenne, ma lasua esistenza non fu un modello di castigatezza tantoche egli stesso, nelle sue Memorie, si descriverà come

un seduttore impenitente. Forse calcando un po’ lamano, per assecondare quel cliché dell’avventurierocosì di moda nel Settecento e a riconferma di un certolibertinismo intellettuale favorito anche da una sostan-ziale adesione ai motivi filosofici di matrice russoviana.

Errabondo sì, per imposizione e per bisogno: daTreviso a Venezia (dai cui territori fu proscritto perdodici anni), a Gorizia, a Vienna (perso il posto, allamorte di Giuseppe II, viene cacciato dalla città), quindia Londra e alla fine in America, dove per guadagnareeserciterà vari mestieri. Sempre in bolletta, tanto che fupiù volte incarcerato per debiti e per insolvenza. E perlui Il ricco d’un giorno, il dramma buffo con cui esordìa Vienna come poeta dei teatri imperiali di corte, nonrimase altro che un titolo.

È il ritratto di un uomo passato da una irrisoltaprecarietà economica e sociale quello che emerge dalle190 lettere scritte da Da Ponte tra il 1763 e il 1838, più24 dei fratelli, che Giampaolo Zagonel ha recentementepubblicato corredate da una biografia riassuntiva (è diquattro anni fa quella più dettagliata di AleramoLanapoppi uscita per i tipi della Marsilio), da accuratenote informative e da un ricco repertorio iconografico.Oltre alla vera e propria corrispondenza, Zagonel pro-pone una scelta di epistole in versi, sonetti e dedicatorietratti dalle Memorie e da altre opere del librettistavittoriese e ordinati in rigorosa sequenza cronologica.

Il linguaggio di Da Ponte è dotto, infarcito di citazio-ni latine e riferimenti alla mitologia greca, adatto adesprimere giudizi di valore sui protagonisti del mondoletterario e musicale del suo tempo ma anche dure presedi posizione contro chi lo fa bersaglio di attacchi epolemiche. Potenti, amici e parenti sono i destinatari diquesti messaggi che hanno come minimo comune de-nominatore la ricerca di protezioni e di un qualche aiutoeconomico. Spesso entrambi disattesi. “Chi presta ilsuo denaro, perde quasi sempre il denaro e l’amico edio non voglio perdere né l’uno né l’altro. State bene.Tutto vostro”. Così gli rispose il banchiere DomenicoPiatti, uno dei tanti personaggi a cui Da Ponte si erarivolto per ottenere credito, con quel misto di umiltà (lafirma, secondo il costume dell’epoca, è quasi semprepreceduta da “Umil.mo Dev.mo Oss.mo Ser.e”) e diinsistenza che connota ogni richiesta.

Lo stesso tono che incombe un po’ su tutta lacorrispondenza inviata a Giacomo Casanova, il piùfamoso e degagé tra i suoi interlocutori, affinché pero-rasse la sua causa e chiedesse un prestito al conte diWaldstein, presso il quale l’avventuriero venezianolavorava come bibliotecario nel Castello di Dux inBoemia (Da Ponte sigillava queste lettere con le parole“mi ami, mi creda e mi scriva”).

Tra le altre missive, tante sono indirizzate a MicheleColombo, compagno giovanile nel Seminario di Cenedae amico di sempre, una al letterato patrizio GasparoGozzi per chiedergli di intercedere per lui presso ilTribunale veneziano che poi lo condannerà ugualmente

all’interdizione dall’insegnamento in tutte le scuoledella Repubblica, e poi allo stravagante, straordinariopoeta aristocratico inglese George Byron, a MariaMalibran (“A te, Regina del più bel canto; a te cui diedela benigna natura la voce degli angeli...”), ad AntonoFortunato Stella, uno dei più importanti editori italianidell’epoca, amico di Vincenzo Monti e di GiacomoLeopardi, a Bartolomeo Gamba da Bassano, l’eccellen-te bibliofilo che raccolse per la biblioteca personale deiRemondini una delle più complete collezioni di aldine,e persino agli Inquisitori di Stato con una lettera didelazione firmata da “il più infimo, umile e miserabilsuddito”. Neppure poche righe a Mozart, che vienesoltanto citato sette volte in un corpus epistolare checopre l’arco di settantacinque anni. Un fatto quasiinspiegabile se si pensa che lo sfortunato sacerdote diVittorio Veneto passerà alla storia non tanto per quel-l’Antonio Salieri o per quel Vincent Martin Soler (dettoMartino lo spagnuolo) per i quali pure fu librettista,bensì proprio per quello che egli stesso definì come il“nome celeberrimo di Mozzart”.

Anna Renda

ALESSANDRA SCHIAVO LENA, Anna Fiorilli Pellandi.Una grande attrice veneziana tra Sette e Ottocento,Venezia, Il Cardo, 1996, 8°, pp. 167, L. 32.000.

Si tratta della prima biografia della grande attriceromantica, acclamatissima sulle scene italiane qualeinarrivabile interprete drammatica, e sulla cui figuranon si avevano, fino ad oggi, che poche e incompleterievocazioni. A diradare le fitte nebbie che, al pari dialtri famosi interpreti del passato, ricoprono la vita e lacarriera di Anna Fiorilli Pellandi, è dedicata la puntualericerca di Schiavo Lena, giovane studiosa di storia delteatro e del cinema. Basandosi sul reperimentoarchivistico di manoscritti inediti e sulla lettura scrupo-losa dei giornali dell’epoca, l’autrice perviene, supe-rando non poche difficoltà storiografiche, a ricostruirela fisionomia artistica e ampi squarci della vita privatadell’attrice, lasciando spazio alla testimonianza direttadei protagonisti di quella intensa stagione del nostroteatro. L’approfondito esame della situazione teatraledel tempo, sullo sfondo di importanti eventi politici,consente alla studiosa di osservare i mutamenti avve-nuti in quella delicatissima fase di transizione che daldefinitivo tramonto della commedia dell’arte approdaal sorgere del gusto romantico, mentre emerge unanuova drammaturgia e si impone il genio di Alfieri.

Anna Fiorilli nasce a Venezia nel 1772 da unafamiglia di comici di antiche origini napoletane (pren-derà poi il cognome del marito, l’attore e capocomicoAntonio Pellandi). Talento precoce, si distingue ancorabambina nelle compagnie in cui recita a fianco deigenitori e arriva a ricoprire, non ancora diciottenne, ilruolo di Prima Donna assoluta. Dopo aver colto i primisuccessi in compagini minori, trova la definitiva affer-mazione nella compagnia di Giuseppe Pellandi, fra il1795 e il 1804. Sensibile alle trasformazioni in atto nelteatro italiano, il Pellandi favorisce, grazie alla propo-sta di un vasto repertorio, l’espressione completa dellaversatile attrice, a proprio agio nel genere comico ebrillante come in quello drammatico e tragico. Accantoa lavori di Goldoni e di Gozzi, prediletti dal pubblico,la giovane interprete assicura il successo delle novitàdel Foppa, del Federici, del Sografi, divenendo, diquest’ultimo, vera musa ispiratrice. I trionfali successiottenuti nei principali teatri dell’Italia settentrionalenon valgono, però, a sanare una difficile situazioneeconomica: sciolta la compagnia, Anna e AntonioPellandi si ritirano in una proprietà di campagna, adAvesa, alle porte di Verona. Inizia così il sogno di unavita felice lontana dalle scene, che si rivela in brevetempo illusorio: l’accesso al carteggio tenuto dai coniu-gi Pellandi con l’amico Alessandro Zanchi permette digettare uno sguardo su questo contrastato periodo diisolamento artistico. Nel 1806 la coppia accetta, dopolunghe trattative e a speciali condizioni, l’offerta diSalvatore Fabbrichesi per una scrittura triennale. LaPellandi si riconferma attrice insigne e Fabbrichesi,

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forte della sua presenza e di quella dell’attore PaoloBelli Blanes nelle proprie file, concepisce e realizza ilprogetto ambizioso di costituire la Compagnia deiCommedianti Ordinari di Sua Maestà Imperiale e Re-ale, primo esempio di compagnia stabile nazionalesussidiata dal governo, che sarà attiva dal 1808 al 1812.

Nonostante i propositi di rinnovamento del teatronazionale che la animano e un repertorio sostanzial-mente di novità (tra le quali figurano tragedie di Foscoloe Alfieri), l’impresa fallisce, Anna Pellandi e PaoloBelli Blanes si staccano dalla Compagnia Reale performarne una propria. Per quattro anni l’attrice si dividefra le interpretazioni goldoniane e il repertorio tragico,cogliendo il suo più grande trionfo con la Mirra alfieriananella prima fiorentina del 1813. Nel ricostruire questoperiodo di piena maturità della Pellandi, l’autrice nedefinisce ulteriormente la fisionomia artistica, il rigoreinterpretativo, i rapporti con l’entourage teatrale. Nel1816, a 44 anni, avviene il ritiro definitivo dalle scene,cui segue il lento tramonto nell’indigenza sopportatacon grande forza d’animo, come testimoniano le letteredell’attrice, scomparsa nel 1841.

Giuseppe De Meo

Memorie di Goldoni e memoria del teatro, a cura diFranca Angelini, Roma, Bulzoni, 1996, 8°, pp. 182, L.28.000.

Il volume raccoglie gli interventi al seminario omo-nimo tenutosi presso il Dipartimento di Italianisticadell’Università di Roma “La Sapienza” nel marzo del1993. Il nucleo principale riguarda l’ampio corpusparatestuale costituito, oltre che dai Mémoires, dallecosiddette “Memorie italiane” e da quella miriade diprefazioni, lettere dedicatorie, “A chi legge” ed altroancora, al quale Goldoni ha affidato la memoria el’apologia del suo teatro. Come mostra Franca Angelininell’“Introduzione: memoria e teatro in Carlo Goldoni”,un ambizioso “progetto di autopromozione” percorre-rebbe tanto le memorie italiane che quelle francesi;queste ultime, d’altro canto, hanno autorizzato a lungoil cliché di un Goldoni bonhomme, influendo fino aigiorni nostri sul modo di concepire la storia del teatroitaliano.

Al tentativo di reinterpretare, alla luce dei modernostrumenti critici, alcuni momenti essenziali della bio-grafia goldoniana, sono dedicati gli studi compresinella prima parte del volume. Siro Ferrone (“Il perso-naggio Goldoni”) mette in discussione, una volta di più,il mito razionale e progressista voluto da Goldonistesso a celebrazione della propria carriera, e riscontratra l’altro “l’oscillazione fra depressione e nevrosi, frateatro e solitudine, fra essere e apparire” ricorrente neiMémoires. Ginette Herry (“Goldoni in commedia: ilpadre, la legge, l’avvocato”) esamina i complessi rap-porti del commediografo con la legge – sia in sensoletterale che metaforico – tra vita e scena, tra carriera(mancata) di avvocato e creazione artistica. Il contribu-

to di Paolo Puppa, “I Mémoires, ovvero ritratto delloscrittore da giovane”, pone in evidenza gli anni diformazione da un punto di vista psicocritico e, analoga-mente, indaga sulla nascita e l’evoluzione del “modellomuliebre” nel teatro di Goldoni, da La donna di garboa La locandiera. Un diverso orientamento informal’intervento di Michel Olsen “Norme e valori: teatro eMémoires”, nel quale lo studioso danese sottolinea ladifferenza tra l’autobiografismo di Goldoni e quello deisuoi contemporanei e si sofferma sull’incidenza, nellesue commedie, dei “valori della ragione borghese”sulle faccende d’amore. Completano la prima parte icontributi di Nicola Mangini e Carmelo Alberti. Loscritto di Mangini, “Su due ‘topoi’ dell’autobiografiagoldoniana”, intende contribuire “alla realizzazione diquella biografia goldoniana che ancora ci manca” eproporre una metodologia di ricerca. Alberti (“ ‘La miavita è una commedia’. Il racconto della ‘vocazione’teatrale nell’età di Goldoni”) ricostruisce la fortunadella vie d’artiste nella letteratura del ’700 ed osservail carattere di “travestimento teatrale” impresso daGoldoni alla propria autobiografia.

Il secondo nucleo del volume è dedicato alle “altrememorie” di protagonisti del teatro settecentesco:Mirella Saulini, Gabriele Muresu, Beatrice Alfonsetti eMara Fazio rivisitano, rispettivamente, le “vite” diLorenzo Da Ponte, Carlo Gozzi, Luigi Riccoboni e F.J.Talma, allargando l’orizzonte dell’avventura goldonianaal confronto, implicito, con gli artisti citati.

La sezione conclusiva, “La memoria nel teatro dioggi”, vede gli interventi di Mario Maranzana, attore,Maurizio Scaparro e Luigi Squarzina, registi, a propo-sito dei loro rapporti con l’opera e con la figura diGoldoni, che nell’intervento di Squarzina acquista trat-ti meno conosciuti e vagamente inquietanti.

Giuseppe De Meo

Tra libro e scena. Carlo Goldoni, a cura di CarmeloAlberti e Ginette Herry, Venezia, Il Cardo, 1996, 8°, pp.259, L. 26.000.

Il volume, promosso dall’Istituto internazionale perla ricerca teatrale di Venezia e pubblicato con il contri-buto della Regione Veneto, rappresenta il primo risul-tato di quella che si prefigge di diventare una pubblica-zione in progress, un “laboratorio di idee” aperto aicontributi di “tutti i cultori della scena goldoniana”.L’iniziativa, nata dall’impulso che il Bicentenario hadato sia al dibattito critico che alla pratica scenicariguardanti il grande veneziano, intende rilanciare “ildialogo tra uomini di teatro e uomini di libro” per un piùampio scambio fra il campo della ricerca documentariae quello della creatività.

La prima sezione si apre con il contributo di GinetteHerry, “Pour une biographie détaillée de Carlo Goldoni:printemps 1755-automne 1756. Premiers matériaux”.La studiosa offre un primo, consistente apporto al

progetto “utopico” di una biografia del commediografojour après jour, ormai improcrastinabile, ma che puòessere realizzata solo grazie ad un impegno collettivo.

Il contributo di Carmelo Alberti “Gare e contrasti tradue ‘poeti comici’ negli anni 1753-1756” propone ecommenta ampi stralci del manoscritto Composizioniuscite su i Teatri, Commedie e Poeti nell’Anno MDCCLIVin Venezia, appartenuto ad Amedeo Svajer. Il preziosodocumento comprende “poemi e sonetti satirici, letteree altri scritti che riguardano il contrasto Goldoni-Chia-ri”, e il cui riesame può rivelarsi utilissimo per illumi-nare il dibattito settecentesco in materia di teatro.

La seconda e terza sezione del volume raccolgonostudi e interventi sulle “Interpretazioni sceniche” piùrecenti di alcuni capolavori goldoniani, e su “Progetti eutopie” di critici e uomini di teatro.

In “Un captif amourex. Diario di regia della Servaamorosa di Jacques Lassalle”, Angela de Lorenzisrievoca il percorso creativo della fortunata produzionedella Comédie Française per il Bicentenario. Lassalle,cultore e promotore del teatro di Goldoni in Francia, habasato la sua messinscena sulla differenza fra la culturaitaliana e quella francese e sul rifiuto di una malintesatradizione goldoniana, utilizzando il virtuosismoscenografico per creare una “foresta di segni” cheesprimesse i riposti significati della commedia. “Larealizzazione delle Massere, Venezia 1993”, a cura diCarmelo Alberti, ricorda la messinscena del celebrecapolavoro realizzata da Gianfranco De Bosio perl’inaugurazione delle celebrazioni goldoniane. Gli in-terventi di Gabriele Vacis e di Fabiana Licciardi riguar-dano la Trilogia della villeggiatura e il dittico musicalePamela nubile e Pamela maritata di, rispettivamente,Pietro Generali e Giuseppe Farinelli, per la regia diVacis. Su Le smanie della villeggiatura, allestita daMassimo Castri, interviene Siro Ferrone, che illustra leintuizioni di fondo del regista: accentuazione dellacomponente tragica dei personaggi, predominio delleconvenienze economiche sulla volontà dei singoli, at-mosfera cecoviano-beckettiana dell’insieme.

La sezione “Progetti e utopie” propone un vivido ea tratti sorridente ricordo di Tullio Kezich, relativo alperiodo della sua collaborazione con Giorgio Strehler,intorno al “fallito tentativo di realizzare per la Rai unaminiserie cinetelevisiva dai Mémoires”. L’avventurie-ro onorato è invece il progetto di messinscena cullatoda un altro grande regista goldoniano, Luigi Squarzina,attratto, secondo Franca Angelini, dall’aspetto meta-teatrale del testo, peraltro spesso presente in Goldoni.

Segnaliamo ancora il colloquio di Carmelo Alberticon Gianfranco De Bosio “Alle radici della lingua e delteatro nelle Venezie”, le “idee per una regia” di ArnaldoMomo a proposito della commedia La guerra e leriflessioni su L’impresario delle Smirne di Sven Heed.Il resoconto di Giovanna Marini e Valeria Tasca sullatrasposizione musicale del canovaccio La baguemagique conclude, insieme ai “progetti goldoniani peril 1996 in Francia” a cura di Ginette Herry, questasezione “progettuale”. Il volume si chiude con la pre-ziosa “Bibliografia goldoniana 1978-1995” di quasi400 titoli.

Giuseppe De Meo

LETTERATURA

Spiritualità e lettere nella cultura italiana e ungheresedel Basso Medioevo, Atti del Convegno (Venezia, Fon-dazione Cini), a cura di Sante Graciotti e Cesare Vasoli,Firenze, Olschki, 1995, 8°, pp. XIV-414, L. 85.000.

Il volume ospita gli atti del convegno promossodalla Fondazione Giorgio Cini, in collaborazione conl’Accademia Ungherese delle Scienze, incentrato sul lerelazione fra spiritualità e produzione letteraria in Italiae Ungheria, con l’intento di vedere le reciproche in-fluenze. La scelta cronologica, il Basso Medioevo(XIII-XV secolo), è stata dettata dal fatto che soltanto in

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L’opera è ambientata in un’osteria di AnguillaraVeneta in cui il Polenton si trova in attesa di rientrare aPadova, al termine del suo anno di vicariato. Quiappunta l'attenzione su un frate questuante antoniano ilquale, improvvisatosi attore-mimo, ricostruisce, in unaininterrotta recitazione univoca, una scherzosa disputascoppiata vent’anni prima nella stessa osteria. Per averl’oste accusato un venditore ambulante di scodelle,“Catinius”, di aver tentato di fargli infrangere la “LeggeBibia” secondo la quale non poteva portargli il conto sein tavola non era rimasto del vino. I personaggi – il fratequestuante, il venditore di scodelle, un lanaro, unpescatore e l’oste – discutono anche sulla “LeggeGilia”, riguardante la lesa maestà, e sulle Arti del Trivioe del Quadrivio. Ma la preoccupazione più grande èquella di sostenere la loro filosofia: “beviamo, mangia-mo, divertiamoci!”. Il nostro stile di vita – dichiarano –supera senz’altro per nobiltà e moralità tutti gli altri,essendo un puro perditempo andar dietro alle ricchez-ze, alla cultura e alle armi. E attaccano il ceto dirigentepatavino e l’ambiente accademico.

La Catinia è ambientata in un momento storico chesegna l’inizio di una fase nuova sia per Padova, passatadal governo dei Carraresi a quello della Serenissima,sia per Anguillara, diventata feudo della VenerandaArca del Santo. Ed è un documento di costume: disegnainfatti due ambienti, la campagna e la città, e due modidi concepire la vita: “epicureo” da un lato, sobrio eaustero dall’altro.

Maria Pia Codato

Noi umili manovali della scienza. Critica e filologia diUgo Angelo Canello, a cura di Emilio Lippi e GianfelicePeron, Treviso, Biblioteca Comunale, 1994, 8°, pp.175, s.i.p.

Su Ugo Angelo Canello (1848-1883) è uscito nel1987 il volume: U.G. Canello e gli inizi della filologiaromanza in Italia, di cui questo numero dei Quaderni di“Studi Trevigiani” intende essere un’utile integrazionecon apporti nuovi. Sei studiosi si soffermano su: irapporti (inconclusi) di Canello con il “Giornale storicodella letteratura italiana” (A. Brambilla), il giornalistamilitante (A. Daniele), una sua pagina trevigiana e ilcarteggio con lo storico veronese Carlo Cipolla (E.Lippi), altri importanti carteggi (R. Melis), una tradu-zione dialettale (G.B. Pellegrini), e Canello editore diArnaud Daniel (M. Perugi). Canello fu insegnanteprima nel Ginnasio di Ravenna, poi nel Collegio Came-rini di Padova; nell’Università patavina tenne nel 1873il primo corso “privato” di filologia romanza, per laquale aveva conseguito la docenza; tre anni dopo iniziòin tale Università a tenere l’insegnamento di storiacomparata delle letterature neolatine.

Brambilla può solo ipotizzare “quale ruolo avrebbepotuto giocare Canello all’interno” del “Giornale stori-co della letteratura italiana”, se avesse collaborato,trovandosi di fronte alla scuola e a un metodo, quelli diDe Sanctis, verso cui è noto il suo atteggiamentocritico. Più interessante e nuova è la puntuale analisidella collaborazione al “Corriere della sera”, iniziatanel marzo 1874, fin dai primi numeri del quotidiano, econclusasi all’inizio dell’anno successivo, dopo il suorientro a Padova da Milano. Le caratteristiche della suaproduzione giornalistica sono così sintetizzate da A.Daniele: “Propensione alla divagazione, gusto dellastroncatura, sbrigatività, acume di giudizio, linguaggiocolloquiale e talora basso, misto a tirate teoriche a volteun tantino supponenti, e a lezioncine di storia estoriografia letteraria”. Si tratta di interventi che, insie-me a quelli dei due altri giornalisti scrittori E. Torelli-Viollier e L. Seiler, vanno a delineare una “terza paginaante litteram ”.

Sul Canello giornalista insiste Lippi, ricordando labreve collaborazione alla “Gazzetta di Treviso” nel1874, il cui testo è riprodotto in appendice. Di evidenteinteresse i carteggi con Carlo Cipolla e con altri studio-si, che rivelano scambi culturali, informazioni accade-miche e una comune volontà di aggiornare la culturaitaliana. G.B. Pellegrini integra una lacuna del prece-

dente volume, ricordando i pur pochi interventi diCanello nel campo della dialettologia, mentre M. Perugisi sofferma sul contributo più rilevante, La vita e leopere del trovatore Arnaldo Daniello, una esemplareedizione critica, con introduzione e versione, di cuisottolinea la perdurante attualità in questi termini:“Dopo la messa a punto canelliana, ben poco di nuovoè stato detto; molto è stato, invece, malamente echeg-giato e riassunto”. E in nota aggiunge: “E per un nuovocommento al testo di Arnaud il tempo non è ancoramaturo”.

Mario Quaranta

VITTORIA AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), a cura di Adriana Chemello, Mirano (VE), Eidos,1996, 8°, pp. 211, L. 33.000.

Nella collana “Le onde”, dedicata alla presenzafemminile della cultura letteraria veneta, la casa editri-ce Eidos pubblica il carteggio finora inedito tra Giaco-mo Zanella e Vittoria Aganoor, allieva tra le piùaffezionate e fedeli del poeta vicentino. Si tratta di uncorpus epistolare di 150 lettere, scritte in un arco ditempo che va dal 1876 al 1888, che vengono definitequasi un “romanzo di formazione” poiché riflettono glianni fondamentali di crescita interiore e letteraria diVittoria Aganoor.

La conoscenza tra Giacomo Zanella e la poetessa diorigine padovana inizia quando Zanella viene incarica-to dalla famiglia Aganoor di seguire l’educazione let-teraria delle cinque figlie, ma tale rapporto continuò,come appunto testimoniano le lettere, anche quando lafamiglia Aganoor si trasferì a Napoli. Il carteggio èprova di un legame di intenso affetto: dalle lettere deiprimi anni, caratterizzate dai toni vivaci e leggeri dicolei che scherzosamente si firma “vicesegretaria”, sipassa ai toni più seri della giovane donna, ora “affe-zionatissima scolara”, che si interroga sulla sua vita esull’esistenza e che trova nello Zanella non solo unaguida per le sue aspirazioni di scrittrice e poetessa (fuproprio Zanella che la spronò ad esercitare l’eserciziodella poesia), ma anche un confidente e una guidaspirituale.

L’affetto profondo che lega Vittoria al suo in-terlocutore viene ribadito di lettera in lettera, in modoaperto e sincero; spesso intervengono i versi, costante-mente sottoposti al giudizio critico di Zanella, a decan-tare e sublimare i sentimenti più intimi. È proprio ilrapporto tra il poeta e l’allieva a costituire uno dei trattiinteressanti di questo carteggio, forse perché si sonoormai persi questi legami di completa comunione spi-rituale tra discepoli e maestri. Per quanto riguardaVittoria, visto che Zanella rimane interlocutore muto,dato che il carteggio non comprende le sue lettere, neesce il ritratto di una donna aperta, capace di ironiaanche nei propri confronti, non timorosa di critiche. Edè tale atteggiamento a farle affinare le personali dotipoetiche, a darle la statura letteraria che il Zanella intuìe a farle maturare quel gusto raffinato unito ad uno stile

quel periodo la cultura letteraria ungherese riesce atrovare sintonia con quanto avviene nel resto d’Europa.Da non dimenticare, infine, che il Basso Medioevovede l’affermarsi degli ordini Mendicanti, delle scuolemistico-ascetiche e dei gruppi eterodossi, insomma sitratta di un momento di grande fervore spirituale e,parimenti, letterario.

Fra i numerosi contributi segnaliamo quelli cheriguardano in maniera particolare l’ambito veneziano ei rapporti che questo ebbe con la cultura ungherese.L’intervento di G. Kristó, su Latini, italiani e venezianinella cronaca ungherese, analizza la presenza di perso-naggi italiani e veneziani nella “cronaca ungherese”, unparticolare tipo di opera storiografica scritta da moltiautori di epoche diverse. Frequente nella cronaca è ilrinvio alle popolazioni venete, a Venezia, si parla dellesue origini, della sua lingua e dei rapporti che essa ebbecon i re ungheresi. Più difficile è identificare cosaintenda il termine Latinus, usato per designare generi-camente coloro che parlavano lingue neolatine e taloraanche i veneziani.

Il contributo di L. Veszprémy (La tradizione unno-magiara nella Cronaca universale di fra’ Paolino daVenezia) prende in esame l’Historia satyrica di fra’Paolino da Venezia (terminata intorno al 1344), verifi-cando che quanto narrato da fra’ Paolino non differisceda quanto già descritto nella cronaca di Andrea Dando-lo e che i fatti riportati sono stati attinti dalla cronacaungherese di Simone da Kéza e che, pertanto la cronacadi fra’ Paolino da Venezia non può essere intesa comefonte per la storia ungherese.

La relazione di P. Erdö, dedicata al Diritto civileveneziano in Ungheria, cerca di individuare se e attra-verso quali canali il diritto cittadino veneziano abbiainfluenzate quello ungherese.

Cecilia Passarin

SICCO POLENTON, Catinia, con testo latino a fronte,traduzione italiana, introd. e note di Paolo Baldan,volgarizzamento del 1482 in Appendice, AnguillaraVeneta (PD), Comune, 1996, 8°, pp. 281, ill., s.i.p.

A Paolo Baldan, docente all’Istituto di Filologia eLetteratura Italiana dell’Università di Padova, va ilmerito di aver riportato alla luce un’opera composta aPadova nel 1419, più conosciuta all’estero che nella suaterra d’origine, perché l’autore, Sicco Ricci, sopran-nominato Polenton (1375-1447), per certi versi an-ticipatore del Ruzante, si era abbandonato ad unagustosa parodia della classe dirigente patavina, che nonglielo perdonò mai del tutto, anche se nel 1778 ilCollegio dei Notai padovani gli dedicò una statua inPrato della Valle.

Sicco Polenton a Padova aveva esercitato per 35anni la professione di notaio ed era stato anche cancel-liere del Comune. La Catinia, dedicata a GiacomoBadoer da Peraga, nobiluomo veneziano e membrodella nobiltà patavina, è definita da alcuni studiosi“fabula tabernaria”, da altri “dialogo giocoso”, da Pao-lo Baldan, che l’ha studiata sia dal punto di vistaletterario che storico, “recita univoca”.

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chiaro e pulito che è ciò che più si loda nella poesia dellaAganoor. Ed è proprio la poesia, come indica AdrianaChemello, la curatrice del volume, a diventare a poco apoco la vera protagonista del carteggio. Si ha modoinfatti di confrontare le varie stesure delle poesie e diosservare da vicino il lavoro di rifinitura sui versi, tral’alternanza di ispirazioni più o meno felici, di momentidi sconforto e di gioia, sostenuti sempre da una sensi-bilità intelligente e raffinata.

Donata Banzato

Il poeta e il professore. Carteggio Sandro Baganzani -Lionello Fiumi 1914-1949, a cura di Giancarlo Volpato,Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere -Cierre, 1996, 8°, pp. 262, ill., L. 29.000.

Il volume Il poeta e il professore curato da GiancarloVolpato presenta il carteggio tra Sandro Baganzani eLionello Fiumi, negli anni dal 1914 al 1949. La biblio-teca del “Centro Studi Internazionale Lionello Fiumi”(nato nel 1976 per volontà della moglie dello scrittore)raccoglie un vasto patrimonio documentario che, av-verte Volpato, meriterebbe studi più approfonditi; lascelta, tuttavia, di pubblicare proprio tale materialeepistolario nasce dalla convinzione che esso rappresen-ti la possibilità di portare alla luce e diffondere unapreziosa testimonianza sul mondo culturale della primametà del nostro secolo, scevra dalla patina di letterarietàche riveste altri studi e ricca invece di immediatezza eaderenza alla realtà. Per sua stessa natura, infatti,l’epistolario riflette direttamente il legame tra le vicen-de personali dei due amici e i riferimenti alle vicendeculturali dell’epoca.

Il carteggio rispecchia un repertorio di storia locale,in particolare la realtà veronese. Ricordiamo, infatti,che Baganzani occupò vari incarichi pubblici, fu diret-tore del giornale “L’Arena”, e accostò a tale attivitàquella di insegnante e preside nella stessa provincia diVerona e in altre località del Veneto. Fiumi, invece, unodei più noti iniziatori del movimento avanguardistaveronese, fu poeta, traduttore, saggista, direttore diriviste letterarie e, abitando in Francia dal 1925 al 1940,entrò nel novero degli studiosi più noti e amati d’Oltral-pe. La sua attività in campo letterario fu molto vasta,grazie ad una stretta collaborazione con un grandenumero di riviste e alla sue molteplici pubblicazioni.Strinse forti legami anche con i maggiori poeti italiani,tra cui Ungaretti e Quasimodo. Nonostante la sua lungaresidenza in Francia, Fiumi mantenne sempre strettilegami con l’ambiente veronese, tanto da eleggere poila città scaligera come sua patria. Proprio il carteggiocon Baganzani dimostra infatti come egli sia sempreriuscito a mantenere stretti legami anche con chi, comeil Baganzani, operò principalmente in una realtà diprovincia. Su quest’ultimo studioso, avverte Volpato,esiste ben poca bibliografia ed è soltanto in questiultimi anni che la critica letteraria ha ricominciato adinteressarsi di questa figura. Eppure, il fatto che dopo lasua morte fosse stato istituito un premio letterario dipoesia a suo nome è ulteriore testimonianza del suovalore in campo di critica e diffusione letteraria. Sottendequindi alla pubblicazione di questo carteggio la volontàdi restituire alla memoria l’operato di queste due figuree, più in generale, quella di mettere a disposizione deilettori la dimensione, scambio e riflessione, della cor-rispondenza.

Donata Banzato

Guido Piovene tra idoli e ragione, Atti del convegno distudi (Vicenza, 24-26 novembre 1994), a cura di Stefa-no Strazzabosco, Venezia, Marsilio, 1996, 8°, pp. 310,L. 48.000.

Un denso e pregnante convegno di studi organizzatodalla sua città di nascita, Vicenza, a vent’anni dallamorte (avvenuta nel 1974 a Londra), trova ora la lucecon la pubblicazione degli Atti, che permettono unarilettura più attenta e meditata dello scrittore. Guido

Piovene viene ripresentato attraverso venti saggi, tuttiugualmente densi di stimoli, di altrettanti critici, se-guendo una “chiave” di interpretazione, felicementecreata dal curatore, tra idoli e ragione. In effetti Pioveneè stato capace di calarsi in una realtà multiforme,coniugando insieme un forte senso dell’impegno lette-rario e l’innato desiderio di amusement, di diletto e digioia di vivere, resi complementari e per alcuni aspettiinscindibili dalla sua curiositas.

Elemento questo che Piovene ricupera dalla piùfertile tradizione europea ed italiana del “viaggio”,inteso in primo luogo come desiderio di “conoscenza”del mondo esterno per poter meglio capire se stesso:una voglia insaziabile di viaggiare tra le dimensioni piùdiverse. Non a caso, infatti, Anco Marzio Mutterle hatitolato il suo intervento “Attenzione, distrazione, stram-beria”. Questa “compresenza” di elementi diversi inPiovene è fortemente voluta dallo scrittore, come giu-stamente sottolinea Fernando Bandini nel suo saggiointroduttivo, dove si sottintende una sottile e trasparen-te comunanza con Foscolo, determinata dal forte eviscerale legame di entrambi con la loro “patria” diorigine, che rimane base fondamentale della loro pro-duzione letteraria non tanto dal punto di vista meramentepaesaggistico, ma soprattutto nella pregnanza del con-tenuto. Si pensi da un lato alla funzione “fecondante”che ha avuto Zacinto nella poetica foscoliana, attraver-so un itinerario che va dai Sonetti alle Grazie, dall’altroalla vitalità di Vicenza, che allarga a dismisura lavisione di vita di Piovene, che, pur rimanendovisceralmente sempre legato alla “sua” città, parte daqui per diventare veramente “cittadino del mondo”.Perché Piovene è capace di dialogare indifferentemen-te con uomini (si vedano, tra l’altro, i saggi dei rapporticon Borgese e Saba di Ricciarda Ricorda e di LorenzoPolato) o con luoghi (al di là dell’amata Vicenza,Piovene “viaggia” continuamente nel presente e nelpassato dell’Italia e dell’Europa, come evidenziano gliinterventi di Renato Camurri, Renato Cevese, MicheleCampagnolo Bouvier, Tina Beretta Trezzi e IlariaCrotti). E anche lo stile riesce a trasformarsi a secondadelle situazioni: dalla leggerezza dell’elzeviro, semprecondotto in punta di penna, si passa alla precisionedell’osservazione e dell’indagine psicologica del sag-gio critico, elementi colti dall’esame delle opere delloscrittore vicentino da parte di Giorgio Barberi Squarotti,Tina Matarrese, Stefano Strazzabosco, LucianoSimonelli (che acutamente definisce Piovene “visiona-rio di cose vere”), Michela Rusi, Michel David, GuidoSommavilla, Giorgio Pullini, Giuliano Gramigna eAndrea Afribo.

Da tutti questi elementi scaturisce un ritratto ancoroggi vivo e pieno di attualità di Guido Piovene che,come afferma Stefano Strazzabosco, “col passare deltempo, invece che sbiadire, acquista più fascino enettezza, fino a porsi come l’enigmatico simbolo delrapporto irrisolto tra verità e menzogna, finzione, bel-lezza e realta”. Una rilettura, in definitiva, “doverosa”della personalità e della ricca produzione di Pioveneche alla fine della sua vita, nel suo incompiuto romanzoVerità e menzogna, come suggerisce puntualmentel’acume critico di Geno Pampaloni, “arriva a ricono-scersi in una vera e propria angoscia della verità comesigillo indecifrabile ma continuamente inquietante delvalore supremo dell’esistenza”.

Giuseppe Iori

NELLA GIANNETTO, Il sudario delle caligini. Significatie fortune dell’opera buzzatiana, Firenze, Olschki, 1996,8°, pp. 265, L. 34.000.

Pochi scrittori italiani hanno conosciuto all’esterotanta fortuna di pubblico e di critica quanta ne ha avutail bellunese Dino Buzzati, tradotto sino ad ora in ben 28lingue. La considerazione di cui egli gode fuori d’Italiae che lo pone ormai nel novero dei “classici” è, diciamocosì, controbilanciata in modo sorprendente dalla di-sattenzione e dai giudizi di scarso valore rivoltigli dallamaggiore critica italiana, che solo negli ultimi annisembra aver cominciato a sgombrare il campo da pre-

concetti ideologici e luoghi comuni. Nella Giannetto,profonda conoscitrice e studiosa dello scrittore bellu-nese, ne esamina le ragioni con chiarezza in questosaggio denso di spunti e conclusioni critiche nuove eoriginali. Partendo spesso proprio dalle valutazioniconsolidate di tanta critica buzzatiana, la Giannettospinge la sua analisi sempre un po’ più in là; di notevolesuggestione la lettura che compie del motivo, centralenell’autore, della dimensione fantastica. Tra i moltitemi già tante volte identificati e analizzati dalla criticanei romanzi e racconti di Buzzati, quello nuovo delladimensione fantastica o, come viene definito, del “co-raggio della fantasia”, sembra avere la capacità didivenire paradigmatico dell’intera arte buzzatiana; ladimensione fantastica è sentita non come evasione efuga, ma come una conquista che richiede forza, corag-gio, sacrificio. Nessuno accetta facilmente di abbando-nare il proprio mondo tranquillo e sicuro; se il viaggioverso l’ignoto affascina, altrettanto spaventa, e spessoper Buzzati chi lo affronta, novello Ulisse, paga con lavita la propria audacia.

In modo altrettanto originale l’autrice individuanella paura un altro dei temi cari allo scrittore, una sortadi simbolo e metafora della fantasia, nel senso che lapaura consente all’uomo di accorgersi del soprannatu-rale e di provare emozioni legate a una percezione delmistero che, per Buzzati, fa sempre parte della nostravita. Ampio spazio è dedicato anche allo studio deirapporti e delle influenze esercitate sulla narrativa diBuzzati da autori come Hoffmann e Poe.

Veramente accurato risulta infine l’esame linguisti-co condotto sull’opera dello scrittore e destinato amodificare in modo sostanziale un ennesimo luogocomune della critica, che frettolosamente e con gravesuperficialità ha definito la lingua di Buzzati irri-mediabilmente “media”, il suo stile “facile”, a volteaddirittura sciatto, ignorando come le sue scelte lingui-stiche siano al contrario assai più complesse e varie diquanto possa a prima vista sembrare.

Annamaria Bonanome

Goffredo Parise tra Vicenza e il mondo, a cura diFernando Bandini, Giosetta Fioroni, Vanni Scheiwiller,Milano, Libri Scheiwiller - Banca Popolare Vicentina,1995, pp. 190, ill., s.i.p.

Dieci anni fa all’Ospedale di Treviso moriva Goffre-do Parise, che era nato a Vicenza nel 1929. Scrittorescomodo per natura, Parise ha sempre avuto con la suacittà un rapporto conflittuale, dato il suo caratterelibertario e insofferente di ogni moralismo perbenisticoe di facciata, che egli ha sempre rimproverato non soload una “certa” Vicenza, ma un po’ anche a gran partedella borghesia italiana, spesso incapace, secondo lui,di cogliere e di interpretare l’evoluzione dei tempi.

Ecco ora uscire questo volume, che vuole essere nontanto una palinodia postuma di Vicenza, quanto unaproposta di rilettura critica, anche perché Parise hasempre vissuto in chiave dialettica il suo difficile dia-logo-contrasto con Vicenza: tutti i critici del resto sonopienamente d’accordo nel sottolineare la piena “vi-centinità” di Parise. Andrea Zanzotto da un lato parlaesplicitamente della “sua fortunatamente incorreggibi-le vicentinità”; dall’altro Gianframco Folena affermache “questo scrittore veneto, che si è aperto sempre piùsu tutto il mondo lontano, come eccezionale reporter diguerre, fami, rivoluzioni, trovando alla fine in sé unavocazione da Marco Polo col fascino di un’alteritàestremoorientale – ma aperto straordinariamente sulmondo anche restando in casa – ci ha dato una versionee immagine così originale della vicentinità”.

Ma Parise, se non è stato tenero con la “sua” Vicenza,non lo è stato nemmeno con se stesso, sempre allaricerca del “sentimento del tempo” e di un’armonia congli uomini di qualsiasi latitudine e razza, pronto allacritica, ma anche alla condivisione del dolore e, soprat-tutto, dell’humanitas. Ecco allora la chiave per leggerequesto libro, che si apre con un denso saggio di FernandoBandini (anche lui, guarda caso, vicentino) e proseguecon una breve ma succosa antologia di alcuni scritti di

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Parise scelti in modo da proporre un preciso percorsocritico, da cui emerge pienamente la poliedrica perso-nalità dello scrittore.

Altrettanto interessante in questo senso appare laricca documentazione fotografica dei vari momentidella vita di Parise, colto nella sua spontaneità edespressività unica, che emerge anche dalla proposta dialcune opere di “Parise pittore” o di “Parise visto daipittori”. Chiudono il volume una breve antologia dellacritica e una precisa biografia dello scrittore.

Pensiamo però che l’immagine migliore e più pun-tuale di Parise emerga dal discorso da lui pronunciatol’8 febbraio 1986 all’Università di Padova in occasionedel conferimento della laurea in Lettere honoris causa,su proposta di Gianfranco Folena, che si configuracome una lucida disanima del ruolo e della funzionedella poesia. Ci piace quindi concludere questo com-mento con alcune espressioni dello stesso Parise: “An-che la mia ora è passata. Mi piacerebbe molto poterancora testimoniare da scriptor privo di computer, nelmodo che è stato riconosciuto come il mio stile, altreavventure del barone di Munchausen, del marinaioAhmed, del sottosuolo e del pavimento tout court. Eforse, chissà, se avrò sufficiente energia potrò farlo! Mail mood è lontano, sempre più lontano e in ogni caso cene fu uno e uno solo. Forse invece non sarà più possibileperché se lo stile ha degli eredi, l’arte è come unafarfalla, senza eredi e capricciosa, si posa dove e quandovuole lei. È inoltre un insetto, come tutti sanno a vitabreve. Forse invece il momento è venuto che anche lamia opera di risibile scrittore venga infilata in unoscaffale, in quel millimetrato ossario che le compete”.

Giuseppe Iori

Lettere a Giovanni Comisso di Goffredo Parise, pref. ecura di Luigi Urettini, due note di Raffaele Manica eSilvio Perrella, disegni di Giosetta Fioroni, Lugo (RA),Edizioni del Bradipo, 1995, 8°, pp. 95, ill., s.i.p.

Sono pubblicate in questo bel volumetto, imprezio-sito dai disegni di Giosetta Fioroni e da due brevi notefinali di Raffaele Manica e di Silvio Perrella, 32 letterescritte da Goffredo Parise a Giovanni Comisso tra il1954 e il 1966. Le lettere, i cui originali sono custoditinell’Archivio Comisso presso la Biblioteca Civica diTreviso, sono state raccolte e ordinate da Luigi Urettini,studioso di storia contemporanea trevigiana nonchédell’opera e della personalità di Comisso, al quale hainfatti dedicato numerosi studi, tra cui il volume Ilgiovane Comisso e le sue lettere a casa 1914-1920(Abano Terme, 1985).

Il sodalizio tra il ventiquattrenne Parise e il cin-quantanovenne Comisso nasce nel 1954, quando ilmaturo scrittore trevigiano accetta entusiasticamentedi fungere da “padrino” del giovane autore de Il pretebello al convegno di San Pellegrino “Romanzo e poesiadi ieri e di oggi. Incontro di due generazioni”. Nascecosì, come dimostrano le lettere di Parise – le rispostedi Comisso non sono state purtroppo rintracciate –,un’alleanza strategica tra i due scrittori per sostenersi avicenda nelle contese letterarie dell’epoca, particolar-mente aspre nei salotti della capitale, dove detta legge“la ghenga romana”. All’inizio degli anni Sessanta,Parise si trasferisce infatti da Milano a Roma e, dopo unprimo periodo di disorientamento, si inserisce perfetta-mente nell’atmosfera, nel contempo stimolante e frivo-la, della capitale. Scrive nel 1961: “Freneticamentevivo ciò che avevo voglia di vivere e che Milano miaveva soffocato, ossia la mia fantasia. Ozio suprema-mente fingendo acuti ragionamenti e studi, litigo atro-cemente con Mariola, m’intano in questa Roma di Papie topi [...]. Vivo insomma intensamente ancora i gio-vani anni che mi restano”.

All’apice del successo, Parise gira il mondo comeinviato speciale del “Corriere della Sera”; e il suorapporto con Comisso e con il Veneto si allenta, diventasempre più distaccato e controllato; non ha più vogliané tempo per ritornare “sotto il cielo nordico del Vene-to”. “Non posso tornare a Treviso – scrive nel 1965 –,cosa farei? La realtà impoetica che ho sotto gli occhi è

l’unica realtà vera e non mi resta che rappresentarel’assenza di poesia di questa realtà. Treviso sarebbe undolce sogno al di fuori della realtà...”.

Il rapporto epistolare di Parise con Comisso si inter-rompe nel 1966, tre anni prima della morte delloscrittore trevigiano, non senza qualche strascico direcriminazioni, piccole incomprensioni e rancori daparte di un Comisso sempre più dolorosamente consa-pevole della propria decadenza fisica e intellettuale.

Livio Vanzetto

STORIA

WLADIMIRO DORIGO, Venezie sepolte nella terra delPiave. Duemila anni fra il dolce e il salso, Roma,Viella, 1994, 4°, pp. XXII-444, ill., L. 150.000.

Il volume nasce grazie all’iniziativa dei Comuni diJesolo, Eraclea e Ceggia che hanno patrocinato questaricerca storico-geografica, dalle origini all’età moder-na, del territorio occupato dai loro comuni che attual-mente coprono una buona parte dell’antica Equilo. Laricerca, partita nel 1986, ha riguardato il territorioincluso idealmente tra le foci del Sile e quelle delLivenza: una vasta zona che era già stata oggetto distudi, limitati tuttavia sia geograficamente checronologicamente: Mancava insomma una storia glo-bale che toccasse tutti gli aspetti della sua formazioneed evoluzione dal periodo paleoveneto fino all’etàmoderna. La quantità delle fonti sfruttate spazia daquelle archivistiche e amministrative, edite ma soprat-tutto inedite, a quelle archeologiche e cartografiche,risalenti, queste ultime, fino al XV secolo. Si tratta, insintesi, di un lungo lavoro di indagine condotto inprevalenza su materiali inediti comprendenti un arco ditempo di circa 22 secoli che cerca di seguire le fasi delletrasformazioni ambientali individuandone le cause na-turali e, soprattutto, quelle dovute agli interventi del-l’uomo. La ricerca prende avvio, inevitabilmente, dallaformazione geologica dell’area per procedere crono-logicamente con gli insediamenti paleoveneti e le suc-cessive centuriazioni romane (dal II sec. a.C. al I d.C.),con la contemporanea costruzione di strade per miglio-rare la rete viaria e per agevolare lo sfruttamento diquella fluviale. Queste terre assunsero notevole impor-tanza a partire dall’epoca delle migrazioni barbariche esuccessivamente con costituzione dell’esarcato. Il fortebaluardo bizantino seppe resistere ben oltre la caduta diRavenna (741), sia per la struttura geografica del terri-torio, sia per la stabile riorganizzazione dell’interaregione guidata dal sorgere degli insediamenti eccle-

siastici ed episcopali. Sfruttando i reperti archeologicie documentari risalenti al periodo altomedioevale ven-gono analizzate le tappe dell’espansione antropica e glieffetti che questa ebbe sul territorio, le dispute suiconfini politici ed ecclesiastici legate alla possibilità diutilizzo delle saline, dello sfruttamento del suolo per laproduzione agricola e delle aree boschive per la cacciae il legname.

L’età medioevale e tardomedioevale è caratterizzatadal moltiplicarsi di chiese, monasteri e ospitali checontribuirono alla colonizzazione e allo sviluppo eco-nomico della regione, aumentando lo sfruttamento del-l’area messo in atto dalla politica veneziana del ’400.Infatti durante i secoli successivi gli effetti disastrosisul delicato equilibrio lagunare e fluviale portarono ainterventi bonifica che continuarono per tutto il ’700 el’800, condotti anche da privati, al fine di salvaguardareil territorio, migliorare la produzione agricola e lecondizioni di vita della popolazione.

Cecilia Passarin

Storia dell’Altipiano dei Sette Comuni, I: Territorio eIstituzioni, Vicenza, Neri Pozza, 1994, 4°, pp. XII-663,ill., L. 90.000.

Il progetto della Storia dell’Altipiano dei Sette Co-muni, pubblicata grazie al contributo finanziario dellaBanca Popolare Vicentina, che in tal modo ha intesocelebrare la fusione con la Banca Popolare dei SetteComuni, è stato promosso e sviluppato dall’AccademiaOlimpica di Vicenza, che da oltre quattro secoli operaper approfondire e valorizzare lo studio della storia edella cultura del territorio e della popolazione vicentina.

L’Accademia ha ritenuto che la zona dell’Altipiano,per le sue tradizioni e per le peculiarità civili e umane,fosse testimonianza preziosa della civiltà e della storiaveneta. L’opera si articola in due diverse sezioni, di cuila prima, pubblicata con il presente volume, è relativaa Territorio e istituzioni, mentre il secondo tomo,ancora in attesa di pubblicazione, sarà dedicato adEconomia e cultura. L’opera è diretta da un comitatoscientifico coordinato da Aldo Stella e composto daFernando Bandini, Alberto Broglio, Luigino Curti,Manlio Pastore Stocchi, Paolo Preto, Giovanni Zalin.

Questo primo tomo, aperto da un saggio introduttivodi Aldo Stella, è articolato in tre capitoli, che affrontanocomplessivamente l’aspetto geomorfologico e floro-faunistico, le caratteristiche archeologiche dell’Alti-piano, e i nodi fondamentali della storia sociale, istitu-zionale, politica e religiosa dell’area dei Sette Comuni.

Alla prima sezione, Il territorio, di taglio naturalisticoe scientifico, hanno collaborato nove studiosi, ai qualisi deve riconoscere il merito di aver saputo esporre informa letterariamente piacevole e soprattutto con unlinguaggio chiaro e comprensibile ad un ampio pubbli-co, una tematica per molti versi ardua e specialistica. Aconclusione del capitolo, oltre a un’aggiornata biblio-grafia, un accurato corredo fotografico illustra gli aspettiprecipui e più rilevanti del territorio e del paesaggiodell’Altipiano.

Il secondo capitolo, La preistoria e l’età romana,comprende sei autorevoli interventi, che muovendodalle fasi più remote dell’insediamento umano nellazona giungono ad abbracciare l’età romana, in cui ladiffusione del popolamento fu comunque sempre assaiscarsa. Le tracce più antiche della presenza umana sonocostituite da oggetti di selce che gli studiosi fannorisalire al Paleolitico inferiore e al Mesolitico: AlbertoBroglio ritiene che l’uomo nella preistoria antica abbiaperò frequentato l’Altipiano complessivamente in quat-tro fasi separate, corrispondenti agli intervalliinterglaciali.

Più ampia, anche per la maggiore documentazionein possesso degli studiosi, è la terza sezione, DalMedioevo all’età contemporanea. In questa possiamoriconoscere alcune linee fondamentali: la storia latosensu religiosa – le relazioni di Pierantonio Gios, dedi-cate a Vescovi e vicari padovani sull’Altipiano. Visitepastorali e vita religiosa (1448-1503) e Parroci epopolazioni nella prima guerra mondiale. Un difficile

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fronte interno –, la storia delle istituzioni politiche eamministrative, studiate anche nel difficile rapporto didipendenza/autonomia rispetto alla Serenissima – isaggi di Gian Maria Varanini, Diplomi scaligeri auten-tici e falsificazioni quattro-cinquecentesche per le co-munità montane venete, di Ivone Cacciavillani, L’auto-nomia dei Sette Comuni nel dominio della Serenissimae di Aldo Stella, Dal tramonto della Serenissima al1866. La problematica dell’annessione al Regno d’Ita-lia – e infine la storia sociale, delle minoranze, rappre-sentata dagli articoli di Josef Riedmann e di WalterPanciera, e la storia del territorio, con i saggi di CallistoGiuseppe Carpanese e di Raffaello Vergani.

Molto suggestivo e ricco di riferimenti a dati e apersone, il “racconto” di Mario Rigoni Stern, che de-linea le tappe fondamentali de La ricostruzione (1919-1921), che si conclude con il ricordo di quella splendidacerimonia che è la Rogazione, che nel 1922 fu ripresadopo una sospensione di sette anni. La rassegna storicagiunge sino alla Liberazione, nel maggio del 1945, conil saggio di Giulio Vescovi, Dal fascismo alla resisten-za.

Monica Fioravanzo

MATTEO CASINI, I gesti del principe. La festa politica aFirenze e Venezia in età rinascimentale, Venezia,Marsilio, 1996, 8°, pp. 448, ill., L. 68.000.

Nel mondo dell’ancien régime l’esibizione del pote-re, il suo rappresentarsi nel senso teatrale del termine –secondo rituali e movenze che, seppure meticolosa-mente codificate, non escludevano, ma contemplavanocome componente necessaria la meraviglia e lo stupore– erano coessenziali all’esercizio dell’autorità, ne co-stituivano una fonte originaria e imprescindibile dilegittimità. La festa civile di cui parla Casini avevaproprio l’essenziale funzione di sancire, nei suoi fastosicerimoniali, il legame fra sudditi e sovrano, agendocome rituale di giustificazione del potere e rinnova-mento della coesione sociale attorno all’autorità costi-tuita. Luogo di “verifica incessante del potere”, la festapo-litica, tra la fine del Medioevo e l’autunno delRinascimento, assumeva un ruolo decisivo soprattuttoin stati, come quello veneziano e fiorentino, che doveva-no scon-tare, in un mondo di monarchie rette dallacontinuità sacrale del principio dinastico, la peculiaritàdella loro condizione di antiche repubbliche o, è il casodella Fi-renze ducale, la propria precaria e recentefondazione.

Significativo in questo contesto è il capitolo dedica-to da Casini ai riti e alle feste di transizione chesegnavano a Venezia il difficile momento della mortee dei funerali di un doge, fino all’intronizzazione delsuccessivo. Il rigoroso cerimoniale che accompagnavae scandiva questo periodo liminale aveva l’evidentefunzione di “neutralizzare l’incertezza della situazionedi successione esprimendo significati politici così fortida rendere tale situazione un momento di relativanormalità”. L’insieme dei rituali doveva così contem-poraneamente separare il doge mortale – di cui sicelebravano le esequie – dall’“eterno regale doge”,incarnazione mistica e sacrale della signoria, e rinsal-dare l’unità della società attorno alle istituzioni, pur nelrispetto rigido delle gerarchie.

Le altre sezioni della comparazione elaborata daCasini riguardano le maggiori processioni di stato e lescadenze del calendario festivo, le celebrazioni orga-nizzate in occasione della visita di importanti principistranieri e la principale festa cittadina, ovvero l’Ascen-sione a Venezia e il San Giovanni a Firenze. Rico-struendo i complessi cerimoniali che animano questericorrenze pubbliche, l’autore scopre il ruolo essenzia-le assunto in età rinascimentale dalla spet-tacolarizzazione degli eventi cittadini. Contemporaneoa questo fenomeno si registra però anche un processo dipurificazione della festa civica da tutti quegli aspetti diludus popolaresco che erano ancora presenti nel bassomedioevo. Ne è un esempio la serie di interventi che nelCinquecento spogliano a Venezia, soprattutto sotto ildogato di Gritti, la ricorrenza del giovedì grasso di ogni

elemento di sovversiva utopia egalitaria, per normaliz-zare la festa in una celebrazione dell’armonia civica. Èin atto, contemporaneamente al ridimensionamento delruolo politico ed economico internazionale di Venezia,un processo di rimodellamento degli aspetti della festain “contenuti sacrali e, soprattutto, sacralizzanti”, quasiche la Serenissima cominciasse ad attrezzarsi, grazieanche ai meccanismi sempre più eleganti e formalizzatidella messa in scena del potere, a quella definitivacodificazione del mito di se stessa che gli permetterà diaffrontare in modo più sereno e stabile il prossimofuturo di crisi.

Ferdinando Perissinotto

WALTER PANCIERA, L’arte matrice. I lanifici della Re-pubblica di Venezia nei secoli XVII e XVIII, Treviso,Canova - Fondazione Benetton Studi e Ricerche, 1996,8°, pp. XIV-398, L. 45.000.

Un quinto volume si aggiunge ai testi già pubblicatidalla Fondazione Benetton nella collana “Studi veneti”,diretta da Gaetano Cozzi e da Gherardo Ortalli. Illavoro di Walter Panciera aggiunge un importantetassello al mosaico complessivo della società e del-l’economia veneta, indagando e ricostruendo le tappedello sviluppo dell’industria laniera dal XVII al XVIIIsecolo. Giungendo sino alle soglie dell’età contempo-ranea, l’opera costituisce un importante guida e unindispensabile punto di riferimento anche per lo studiodell’economia e dello sviluppo industriale nel Venetonell’Ottocento, i cui presupposti risiedevano appuntonella situazione economica, finanziaria e commercialedel periodo precedente.

Il volume si divide in due parti: alla prima parte,dedicata alla narrazione e alla ricostruzione storica,segue una densa appendice.

La prima sezione, introdotta da una presentazione diCarlo Poni, è divisa in quattro capitoli, che ripercorronole due fasi di declino, che prima aveva colpito le cittàdella Terraferma e quindi Venezia e Bergamo, e lasuccessiva fase di espansione, che dal 1670 si sviluppòquasi ininterrottamente sino alla seconda metà delSettecento. Attraverso le verifiche tratte dall’accuratoe approfondito lavoro di scavo archivistico, l’autore haindividuato l’incidenza decisiva che, sulla capacità diinnovazione e di crescita dei lanifici della Repubblicadi Venezia dopo il 1670, ebbero due fattori come lacompetizione con i mercati internazionali e la spintaparallela allo sviluppo e all’allargamento della retecommerciale e mercantile. Una rete diretta non tantoverso l’Oriente, ormai monopolio straniero, quantopiuttosto volta al mercato interno, in primis alla Lom-

bardia e al Piemonte. La competizione internazionale,spesso indicata come elemento propulsivo anche perl’attuale sviluppo industriale veneto, potrebbe dunquecostituire, mutatis mutandis, un fattore di lungo perio-do dell’economia del Nordest. A queste conclusioninon giunge però lo studioso, la cui analisi si dimostrapiuttosto molto attenta a non trascurare i centri minori,a cogliere le differenze locali, valutando la complessaarticolazione e dislocazione dell’attività di produzionee di lavorazione laniera, per evitare giudizi complessivitroppo generalizzanti e univoci.

È significativo che il capitolo conclusivo, quello cheindica le coordinate e fornisce la chiave interpretativafondamentale dell’opera, rechi il titolo Profilo di unastruttura. Il fascino della complessità. Complessità,certo, è termine “alla moda”, eppure in questo casopienamente motivato. E sta appunto a indicare come ilsettore laniero della Repubblica non si riducesse “al piùsemplice degli schemi di protoindustria rurale”, mamostrasse “una gamma molto ampia di soluzioni, forsela più ampia che si possa desiderare nell’ambito dellatransizione tra l’artigianato urbano e il sistema di fab-brica”. L’autore individua almeno tre diverse tipologiefondamentali, diffuse in aree diverse (ivi, p. 304) edipendenti da “la qualità del prodotto, il tipo di materiaprima utilizzata, il ruolo della domanda, le innovazioni,la presenza di un attivo ceto mercantile” (ivi, p. 310). Diquesti diversi modelli di organizzazione del lavoro,compresenti e interagenti nel quadro complessivo del-l’industria laniera sei-settecentesca, a prevalere nel-l’Ottocento fu invece la tendenza all’accentramento,all’occupazione a tempo pieno e il ricorso alla macchi-na: ma fu appunto la selezione di uno solo tra i metodiprecedenti.

L’appendice, oltre ad un glossario, di indispensabileconsultazione per i non addetti, presenta una ventina ditabelle, la maggior parte delle quali illustra le cifre dellaproduzione di panni nelle varie province, divisa per tipodi tessuto, e sei grafici, che rappresentano la produzio-ne laniera nazionale, rapportandola a quella locale.

Monica Fioravanzo

GIOVANNI SILVANO, Padova democratica (1797). Fi-nanza pubblica e rivoluzione, Venezia, Marsilio, 1996,8°, pp. 275, L. 50.000.

Probabilmente si compie un errore di prospettiva se,rileggendo le vicende del tardo Settecento, si proietta lasensazione di paralizzante impotenza suscitata dallarapidità del crollo dello Stato veneziano su tutto l’ulti-mo periodo della storia della Repubblica Marciana,ricavando così l’impressione che il declino progressivodell’ultimo secolo di vita della Repubblica avesse giàinscritta in sé la fine. Abbandonandosi alla metafora dellento, ma inesorabile tramonto, si rischia di perdere lapercezione di imprevedibilità, di radicale novità checolora gli eventi della storia veneta fra l’inizio dellacampagna d’Italia nel 1796 e il trattato di Campoformidodell’ottobre del 1797. Con l’irrompere dell’esercitofrancese che incalza le truppe austriache già insediatepreventivamente nel territorio veneto, il prudente im-mobilismo della Dominante è travolto: si rimescolanorepentinamente i fattori in gioco, mentre emergononuove forze vitali, animate da quelle speranze di rinno-vamento e trasformazione suscitate dall’arrivo dellearmate rivoluzionarie. Constatata l’impossibilità di di-fendere la neutralità della Repubblica, il Maggior Con-siglio decreta il 12 maggio del 1797 la propria estinzio-ne, ratificando ormai quel vuoto di potere che stavaaprendo lo spazio a molteplici e innovative esperienzedi autogoverno nelle città della terraferma.

Giovanni Silvano nella sua ricerca punta l’attenzio-ne sul vigore, sull’autonomia, soprattutto sulla maturitàdelle componenti politiche democratiche nella turbo-lenta gestione dei centri i veneti: “L’esperienza demo-cratica nel Veneto – sostiene Silvano – si sviluppò nonper forza delle armi di un esercito straniero o per leclausole di un qualche trattato internazionale, ma siimpose grazie ad una spinta dal basso”.

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Il caso di Padova, da questo punto di vista, è esem-plare. Nella brevissima stagione della sua indipenden-za, il governo popolare della città veneta dovette af-frontare l’urgenza di problemi drammatici: da un lato,sul piano politico e diplomatico, scontare l’isolamentoe l’assenza di definizione della sua posizione in campointernazionale, dall’altro, sul piano interno, affrontarecoi numeri di un bilancio già dissestato il peso delmantenimento delle forze di occupazione francesi. Sesul versante politico la volontà di unificazione di Pado-va alla Repubblica Cisalpina, già manifestata nel giu-gno del 1797, testimonia la consapevolezza raggiuntadal governo padovano della necessità di superare ilimiti di un ottuso localismo, è soprattutto nel tentativodi risoluzione dei problemi finanziari che si mostra, perl’autore, in maniera più limpida la mentalità progressistadella nuova classe dirigente padovana, la sua volontà dioperare un taglio netto con il passato, l’approccio ri-voluzionario con cui ci si avvicina ad un problema cosìscottante quale quello della redistribuzione del reddito.L’analisi di Silvano si incentra proprio su questo aspet-to, analizzando le dinamiche che portano, in brevissimotempo, alla costruzione di un nuovo estimo generaleche permette una definizione chiara della ricchezzaesistente nel Padovano. I metodi di accertamento, rom-pendo con una tradizione secolare, prevedevano regoleidentiche per gli enti ecclesiastici, per i proprietariveneziani, da sempre arroccati in una posizione diprivilegio, per i padovani, e venivano così a intaccare inprofondità il sistema di ineguaglianza su cui si basavala fiscalità veneziana. Sui redditi accertati si imposequindi un taglione progressivo e un imprestito propor-zionale, mentre si pose atto ad una razionalizza-zionedel sistema della proprietà, abolendo antiquate istitu-zioni quali la mano morta, il fedecommesso e laprimogenitura che ostacolavano il mercato e la circola-zione dei beni. Contemporaneamente si avviò la sop-pressione e la confisca di alcuni enti ecclesiastici.Silvano tende a sottolineare come queste scelte econo-miche e finanziarie, decise dai democratici padovani eportate avanti con una determinazione e una professio-nalità inaspettata, furono anche e soprattutto sceltepolitiche volte a trasformare radicalmente i rapportisociali, politici ed economici esistenti. Nella limitata,ma intensa parentesi “giacobina” le istanze di ugua-glianza e di democrazia si concretizzarono così a Pado-va in un’apparentemente arida politica tributaria, difatto però l’unica via praticabile, nelle concitate vicen-de che precedono Campoformido, per incidere in modorivoluzionario sul tessuto della società veneta.

Ferdinando Perissinotto

Finanza e debito pubblico in Italia tra ’800 e ’900, Attidella Seconda Giornata di studio “Luigi Luzzatti” per lastoria dell’Italia contemporanea (Venezia, 25 novem-bre 1994), a cura di Paolo Pecorari, Venezia, IstitutoVeneto di scienze lettere ed arti, 1995, 8°, pp. 254, L.45.000.

L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, nelquadro dell’iniziativa – varata nel 1993 – delle giornatedi studio “Luigi Luzzatti” per la storia dell’Italia con-temporanea, ha pubblicato gli atti del convegno svolto-si nel novembre 1994 dedicato a “Finanza e debitopubblico in Italia tra ’800 e ’900”.

Il volume, curato da Paolo Pecorari, autore del primosaggio contenuto nel volume, La politica finanziaria diLuigi Luzzatti, ministro del Tesoro nei governi Rudinì(1896-1898), ripercorre sotto vari aspetti, attraversonumerosi contributi di specialisti, le vicende dei deficitdi bilancio alla fine del periodo dell’“allegra finanza”italiana di fine secolo fino all’inversione di tendenzadel periodo giolittiano. Pare opportuno sottolineareche, dietro questa espressione quasi eufemistica – quantod’uso corrente – con la quale si è soliti rievocare ilperiodo storico, si celano episodi di malversazioni allimite dell’incredibile quali quello di un ministro chenon esitava a far stampare doppie serie di biglietti dibanca ugualmente a corso legale per sopperire allenecessità dello Stato.

Nel luglio del 1896 Luzzatti, divenuto ministro delTesoro nel terzo governo Rudinì, ponendosi finalità dirisanamento generale, sottolineava l’importanza di sti-molare l’attività industriale. Diversamente da Son–nino, Luzzatti intendeva tagliare le spese piuttosto cheaumentare le entrate. La situazione era comunque estre-mamente complessa; drammatica quella della finanzalocale e quella della circolazione cartacea che rappre-sentavano le maggiori priorità di intervento. La finanzalocale era infatti fortemente indebitata, sovente conistituti di credito privati; a tale indebitamento si cercavadi sopperire con con i mezzi a disposizione, tra i qualii dazi sui consumi, provocando una certa alterazionenei prezzi. La circolazione cartacea era dominata dadisordine (conseguenza degli anni dell’“allegra finan-za”) e incertezza, dovute all’andamento degli affari dibanca e non garantita da riserve metalliche, valori distato o comunque garantiti da questo.

Gli altri temi trattati sono molti e complessi: Ilcambio e la politica monetaria e fiscale tra ’800 e ’900(Avesani e Spinelli); Alcune riflessioni sul finanzia-mento dell’industria in età giolittiana (Zamagni); Lanazionalizzazione delle ferrovie (La Francesca); Poli-tica della conversione e politica degli sgravi (1904-1906) (Ballini); L’Italia e il sistema finanziario inter-nazionale: il contributo di Luigi Luzzatti (De Cecco).

I contributi permettono, da diverse angolature, dicomprendere alcuni dei meccanismi finanziari che fe-cero uscire dalla crisi di fine secolo e furono alla basedei successi politici ed economici dell’età giolittiana e,al tempo stesso, forniscono utili elementi di riflessionestorica su un problema annoso e ricorrente nel nostropaese come quello del debito pubblico, sulla sua originee sulla sua controllabilità.

Giovanni Punzo

MARISA MILANI, Vita e lavoro contadino negli autoripavani del XVI e XVII secolo. Studi e testi, Padova,Esedra, 1996, 8°, pp. 309, L. 40.000.

L’autrice, da tempo impegnata nello studio dellacultura popolare indagando le innumerevoli forme at-traverso cui si è espressa, prende qui in esame alcunitesti in dialetto composti fra il XVI e il XVII secolo.Alcuni sono già stati editi mentre altri vengono quipubblicati per la prima volta in età moderna corredati diun commento e di una traduzione che facilita enorme-mente la lettura e la comprensione di un dialetto per noimolto difficile. I saggi introduttivi che precedono l’edi-zione risultano indispensabili per comprendere i variaspetti dell’ambiente in cui i testi sono stati composti.

Gli autori, alcuni noti altri ancora ignoti, della poesiarustica veneta iniziano a scrivere i loro versi in epocaquattrocentesca usando il dialetto per distinguere iltono comico di questi loro componimenti che hannocome bersaglio i contadini, dipinti in modo implacabileseppur divertente, considerati inferiori perché ignoran-ti e dediti esclusivamente a umili lavori, presi in girotuttavia più per la loro ingenuità che per disprezzo.Talora questa componente comica antivillanesca è ac-compagnata da accuse rivolte contro i proprietari terrieri,contro la polizia o gli amministratori della città, la-

sciando trasparire in modo più chiaro l’origine lettera-ria e sostanzialmente colta dei componimenti. Indub-biamente colta, sul modello degli autori classici, èl’opera in cui la vita contadina viene esaltata come vitaideale. Fra i testi pubblicati troviamo anche un vero eproprio manuale del contadino, scritto da un piccoloproprietario, nel quale viene precisato che il dialetto èusato perché non sta bene parlare di bestie e campi inlatino o toscano. Nel presentare le origini della poesiadialettale pavana l’autrice spazia attraverso l’interaproduzione dialettale in versi dell’epoca in modo dachiarire i molteplici aspetti di questo genere di compo-nimenti.

Un discorso a parte, invece, è dedicato ai mariazi:non si tratta, in realtà, di poesie quanto di veri e propritesti teatrali indirizzati ad un pubblico molto vivace. Ingenere sono incentrati sui battibecchi fra moglie emarito, si basano su storie di tradimenti ed equivoci e,cosa molto apprezzata all’epoca, sono molto disinibitinel linguaggio. Tutti i testi esaminati, al di là dellalingua usata e pur essendo prodotti da uomini colti,risultano essere oggi una fonte utilissima per ricostruiremolti aspetti della civiltà contadina inerenti le abitudinidi vita, il lavoro dei campi e le occasioni più importantiad esso legate, come i tempi della semina, dellatrebbiatura o l’allevamento degli animali. Durante ilciclo del lavoro dei campi non mancavano i momenti didivertimento che diventavano, allora come adesso,occasioni per incontrarsi, ballare e forse conoscere ilfuturo fidanzato o fidanzata. I giovani contadini pote-vano contare su una certa libertà nel scegliersi la futurasposa, a cui, però, non corrispondeva una altrettantolibera possibilità, soprattutto per le ragazze, di rifiutarelo spasimante. Il fidanzamento seguiva un rituale benpreciso che iniziava con la richiesta rivolta al padredella ragazza di poter frequentare la giovane, al suoassenso i genitori valutavano la dote che la ragazzaavrebbe portato in matrimonio e, ad accordo avvenuto,i giovani potevano frequentarsi e infine sposarsi uffi-cialmente. Il fidanzamento e il matrimonio risultano gliavvenimenti più trattati dagli autori sia perché lascianospazio agli equivoci e alle risate, sia perché rappresen-tano un momento importante nell’arco di una vita quasipredefinita nel suo evolversi; non a caso gran partedella poesia pavana fra ’500 e ’600 e dei secoli succes-sivi sarà composta in occasione di matrimoni.

Cecilia Passarin

COMUNE DI TREVISO - ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISOR-GIMENTO, Il Veneto e Treviso tra Settecento e Novecen-to, XIV Ciclo di conferenze (Treviso, novembre ’93 -maggio ’94), a cura dell’Amministrazione comunale diTreviso, Treviso, Comune, s.d., 4°, pp. 345, s.i.p.

L’opera presenta le relazioni che, annualmente, isoci del Comitato trevigiano e numerosi studiosi venetisvolgono presso l’Istituto di Storia del Risorgimento diTreviso. Si tratta ormai del XIV volume della collezio-ne, che raccoglie le conferenze e gli interventi tenuti dal1980 in poi, contribuendo in tal modo a non disperdereun patrimonio culturale tanto importante, consenten-done la lettura ad un pubblico più ampio.

I volumi, che sono stampati grazie al contributodell’Amministrazione comunale di Treviso e distribu-iti gratuitamente ai soci dell’Istituto, alle scuole e allebiblioteche comunali della Provincia, nonché alle prin-cipali biblioteche del Veneto, sebbene editi in una vestegrafica semplice e quasi “dimessa”, hanno offerto fino-ra un ventaglio estremamente ampio di interventi e unagrande ricchezza di tematiche che si snodano lungo unarco di tempo che dagli ultimi decenni del Settecentogiunge sino al Novecento. Testimonianze che confer-mano la crescente vitalità degli studi e delle ricerchearchivistiche o di memorialistica di storia locale, cheevidentemente rispondono ad una diffusa esigenza direcupero delle proprie radici culturali e storiche.

Le relazioni sono suddivise in otto sezioni, in base acriteri cronologici e tematici: comprendono La fine dellaRepubblica Veneta, Il periodo napoleonico, La domina-zione austriaca, Dal 1866 al 1915, Dopo il 1915, Bio-

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grafie, Giornali e periodici, La scuola. Il maggiornumero di interventi si inserisce nella sezione dedicataalla dominazione austriaca e in quella sul periodo suc-cessivo all’annessione del Veneto e precedente allagrande guerra. Oltre 69 gli autori che hanno collaboratocon saggi e interventi dal 1980 ad oggi, la maggioranzadei quali nativa di Treviso o della provincia.

Il XIV e ultimo volume presenta una raccolta di 17testi, che abbracciano soprattutto l’età contemporanea,tra Otto e Novecento. Anche in questo caso, la tematicaè ampia e articolata: sono relazioni di argomento stori-co, biografie di figure importanti o comunque signifi-cative della storia trevigiana, studi relativi a particolariaspetti di natura artistica e architettonica e, infine,rassegne storiografiche o giornalistiche su specificiargomenti. Non mancano inoltre interventi di soggettoletterario.

L’opera, pur non presentando un vero e proprioapparato fotografico, anche per la sua forma essenziale,comprende comunque alcune riproduzioni in bianco enero di documenti e di foto che corredano i testi.

Apre la fitta serie di relazioni Alfio Centin, autore diIl Museo del Risorgimento a Treviso: cronaca di untentativo: Centin riporta i verbali delle riunioni delComitato trevigiano dell’Istituto per la storia del Risor-gimento di Treviso, in cui era stato proposto e discussoil progetto di costituire un Museo del Risorgimento. Lavicenda si trascinò dall’ottobre 1936 al marzo del 1981,senza trovare però un effettivo sbocco, nonostantel’avvicendarsi delle amministrazioni comunali – e diregime. “Ora i cimeli sono ancora imballati nella man-sarda della scuola Gabelli”, tuttora in attesa di unasistemazione definitiva. L’articolo di Carlo Follador sioccupa de Gli ebrei internati a Valdobbiadene dal1941-43, un tema assai delicato e che è ancora in largaparte carente di approfondimento storico. Ben venganodunque gli studi, anche di ambito locale e circoscritto,soprattutto se basati, come in questo caso, su ineditadocumentazione archivistica ritrovata presso l’Archi-vio del Comune di Valdobbiadene e relativa a 31 ebreidi nazionalità straniera, per lo più jugoslava, e dielevata condizione sociale e professionale, che eranostati appunto internati nella località pedemontana, dacui riuscirono a fuggire, facendo perdere le proprietracce, dopo l’8 settembre. Di questi ebrei l’autore hariprodotto nel testo le schede personali e i documentisul regime di vita loro imposto, reperiti nell’Archiviocomunale.

Notevole attenzione sembra essere riservata allastoria dell’istruzione: due interventi sono infatti dedi-cati a La scuola a Montebelluna dal 1810 al 1866(Antonio Pavan) e a L’istruzione elementare nel dipar-timento del Tagliamento (1806-1814), (Luisa Nobili),ed entrambi per altro costituiscono solo la prima partedi una relazione più ampia, che probabilmente saràsvolta nel prossimo ciclo di incontri.

Monica Fioravanzo

FAUSTO SARTORI, L’arte dell’acqua di vita. Nascita efine di una corporazione di mestiere veneziana (1618-1806), saggio introduttivo di Giovanni Scarabello,Venezia, Fondazione Scientifica Querini Stampalia,1996, 8°, pp. 79, ill., s.i.p.

Il volume, dalla veste grafica raffinata e gradevole,narra la vicenda secolare della corporazione dell’Ac-qua di vita a Venezia, la “Scola de l’aqua di vita”,fondata nel novembre del 1618 da 86 acquavitai nelrefettorio dei padri dei SS. Giovanni e Paolo.

La ricerca è stata promossa da Sandro Bottega,gastaldo della nuova Accademia degli Acquavitai, e siinserisce nel programma di ricerca dell’istituzione, laquale appunto intende recuperare la storia e l’artedell’acquavite, diffondendone la conoscenza anche perassicurarne un consumo più corretto e consapevole, esoprattutto vuole inserire lo studio delle arti applicatealla confezione della bevanda nel quadro più ampiodella cultura italiana. Un proposito che, rappresentandoun’importante opera di recupero della civiltà e dellacultura veneziana, dove la fattura della bevanda diven-

ne appunto un’arte, è stato accolto tra le iniziative dellaFondazione Scientifica Querini Stampalia, in cui sem-pre hanno convissuto “nobilità e mercatura [...] e hannocontribuito a creare ricchezza e civiltà”. Un connubio,tra l’altro, che pare l’emblema stesso dell’animus diVenezia, al contempo città di cultura, di arte e dimercatura.

L’acquavite, che aveva rappresentato a lungo unabevanda povera, nel corso dei decenni si era frattantoraffinata e il suo consumo nobilitato: nel ’700, assapo-rata assieme al caffé, era prodotta in decine di gusti. Nesarebbe scaturita persino una polemica serrata sullaqualità del prodotto.

Il volume è illustrato da immagini suggestive, cheriproducono i documenti conservati presso l’Archiviodi Stato di Venezia, dove l’autore ha svolto la maggiorparte dell’accurata ricerca iconografica e archivistica,che copre due secoli della storia, del costume e dellaciviltà veneziana. Nel 1797 – significativamente dun-que con l’eclissi della Serenissima – l’Arte rinunziòall’appalto del dazio, che possedeva da 40 anni, equando volle tentare di rientrarne in possesso, analoga-mente alle altre Corporazioni, fu travolta dalla soppres-sione di tutte le associazioni di mestiere voluta dalRegno italico, e si sciolse. Utile guida per il lettore, ilsaggio introduttivo di Giovanni Scarabello su Le “Arti”veneziane, che inserisce la storia dell’Arte dell’acquadi vita nel più ampio quadro della storia delle corpora-zioni a Venezia.

Monica Fioravanzo

FEDERICO CESCHIN, Mille anni di storia in pericolo.Storia del cenobio di San Giorgio Maggiore, Venezia,Filippi, 1995, 8°, pp. 51, ill., L. 10.000.

Più che di una storia vera e propria del millenarioinsediamento dei monaci del Cenobio di San GiorgioMaggiore, le riflessioni dell’autore sono fortementeturbate dal futuro possibile destino della comunitàbenedettina sull’antica Isola dei cipressi.

Le vicende più recenti hanno origine dalla cadutadella Repubblica veneta, dalle spoliazioni napoleonichee dall’indemaniamento del convento, nonostante labreve parentesi che vide a San Giorgio il conclave cheelesse papa il benedettino Barnaba Chiaramonti, ve-scovo di Imola (eletto il 15 marzo 1800 ed incoronatosempre in San Giorgio il 21 marzo). Rientrati i francesistabilmente in possesso di Venezia (1805), il convento

fu indemaniato ed iniziò la militarizzazione del com-plesso che ebbe fine solamente dopo il secondo conflit-to mondiale anche se, in verità, una piccola comunità dimonaci fu sempre presente sull’isola.

Secondo la ricostruzione dell’autore, la costituzionedella prestigiosa Fondazione Cini ed i conseguentinumerosi lavori di restauro e conservazione dell’isolarappresentarono comunque per la comunità religiosaun piccolo passo in avanti, ma nacque una complessa edelicata convivenza – regolata sin dal suo nascere dauna convenzione, stilata forse da uno dei massimistudiosi di diritto civile italiano – che, vista col senno dipoi, sembra aver avuto come scopo la progressivariduzione della sfera d’autonomia dei monaci ancheall’interno di quegli spazi che nemmeno i secolarizza-tori dei secoli passati avevano osato toccare. Il restodelle vicende è cronaca.

Giovanni Punzo

MARIO NANI MOCENIGO, Storia della Marina venezianada Lepanto alla caduta della Repubblica, Venezia,Filippi, 1995, rist. anast. Roma 1935, 8°, pp. 384-XXIX, L. 55.000.

Considerato ormai da tempo una rarità libraria oltreche un classico storiografico, ricompare ora – in edizio-ne anastatica – il celebre saggio di Mario Nani Moce-nigo dedicato alla storia della Marina veneziana dallabattaglia di Lepanto alla caduta della Repubblica, pub-blicato dall’Ufficio storico della R. Marina nel 1935.Come l’autore precisa chiaramente nella Prefazione,l’importanza di uno studio sulla Marina veneziana sispiega semplicemente col fatto che le altre marine daguerra italiane (pontificia, toscana, genovese o napole-tana) combatterono normalmente nella stragrande mag-gioranza dei casi coalizzate con la Marina vene-ziana,sebbene questa avesse quasi sempre rappresentato l’en-tità più consistente e meglio organizzata.

Indirettamente viene sottolineato quindi il fatto chequeste altre formazioni navali da sole non fosseropraticamente in grado – fatta eccezione per minori“operazioni di polizia” contro i pirati barbareschi – diintraprendere campagne navali autonome e che dunquela storia della Marina veneziana diventi praticamentela “storia della Marina italiana”.

Tale premessa pare abbastanza corretta perché sideve ricordare anche il secolare attivo impegno militaredi Venezia sul mare nella guerra di Candia (1644-1669), di Morea (1684-1699) e di Corfù (1714-1718),oltre che nelle campagne navali del Mediterraneo finoa tutto il XVIII secolo.

Dopo una prima parte nella quale sono sintetizzatigli ordinamenti marinari veneziani e i loro complessirapporti con il potere politico (complessità nota ecomune del resto a tutti i rami dell’amministrazioneveneziana), l’autore ricorda le singole campagne navalicontro gli Uscocchi, la guerra Ispano-veneta, la lungalotta per Candia e per la Morea fino alla guerra di Corfùe alle ultime glorie dell’ammiraglio Emo.

Di grande interesse l’ultima appendice riportatadall’autore che contiene una memoria del CapitanoGenerale alle navi Angelo Emo dedicata alla riformadella marina da guerra ; non solo compaiono tutti i temilegati alle cause della decadenza economica, civile epolitica di Venezia nel secolo XVIII ma anche, qua e là,le istanze riformatrici della compagine dello stato esoprattutto dell’armata da mar che necessitava di qua-dri capaci, preparati ed addestrati.

Vicende tanto gloriose si concludono purtroppo conl’incendio del leggendario Bucintoro, il saccheggiodell’Arsenale e la requisizione da parte francese dinumerosi vascelli.

Giovanni Punzo

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Iconologia: un sapere inutileo un sapere scomparso?(Espedita Grandesso)

Statuaria e quadreria, in sede di catalogazione,comportano la necessità di definire, nel modo piùesauriente possibile, il soggetto raffigurato nel mar-mo o sul dipinto e, a questo proposito, si intendeevidenziare alcune difficoltà che possono incon-trarsi nel descrivere puntualmente i soggetti sacri.

Una “Crocifissione” o una “Madonna Assunta”vengono riconosciuti immediatamente anche dalcredente digiuno di storia dell’arte. Anche il singolosanto particolarmente venerato (ad esempio: sanGiuseppe o sant’Antonio da Padova) può essereindividuato con sicurezza e, quindi, descritto conprecisione. Ma il santo desueto (chi battezzerebbeun bambino col nome di: Teopisto, Policarpo,Prosdocimo?) non viene riconosciuto e, di conse-guenza, una sua eventuale catalogazione offre dif-ficoltà descrittive.

Ma c’è di più: i mutamenti profondi avvenuti siain campo devozionale sia nell’insegnamento dellastoria dell’arte hanno portato le generazioni piùgiovani a perdere, in parte se non del tutto, ilcontatto con l’iconografia religiosa, inducendole adincorrere facilmente in errori di attribuzione delleimmagini. Questo argomento può apparire ozioso,ma in materia di catalogo è una necessità esserepuntuali anche nelle descrizioni dei soggetti. Nelcontesto di una catalogazione, infatti, a corredodella scheda esistono le immagini fotografiche distatue e dipinti, ma una discrepanza tra immagine edescrizione può sempre suscitare dei dubbi oltre cherisultare una imprecisione fastidiosa. A questo pro-posito si tenga presente che dall’esattezza di unaschedatura “OA” può dipendere anche il ritrova-mento più o meno rapido di opere d’arte trafugate.

L’arte figurativa si esprime per simboli anchequando venga posta al servizio della fede. Il Cristia-nesimo, diversamente dalle altre due religionimonoteiste, accetta l’uso delle immagini e se neserve come aiuto della parola, che non poteva e nonpuò raggiungere la globalità dei credenti in ognimomento della loro vita quotidiana. Che, almenonei tempi passati, da pochi poteva essere letta.

Queste cose sono note e, almeno in apparenza,ricordarlo potrebbe sembrare del tutto superfluo.Purtroppo il presente molto distratto, non solo dellecose spirituali ma anche dei particolari – forse inapparenza minori o minimi – che riguardano lastoria dell’arte, obbliga a riprendere il tema del-l’iconologia e della sua funzione di codificare isimboli per rendere identificabili i soggetti raffigu-rati su dipinti e sculture tanto sacri che profani.

Per prima cosa poniamo attenzione al significatodella parola “santo”. Questo termine, nella formalatina “sanctus” (derivato da “sancire”), significa“inviolabile”; mentre nella forma ebraica “qados” ein quella greca “aghios” significa “separato” (cfr.Dizionaario Ecclesiastico, Torino, 1958). Infatti, seogni persona battezzata è santificata dal battesimo,non tutti in seguito mantengono intatta la santitàricevuta per grazia. Il santo è effettivamente separa-to dalla massa dei fedeli, ancorché pii, dalla sua vitaesemplare (ad imitazione di quella di Cristo) e dalriconoscimento della perfezione raggiunta che lacanonizzazione gli conferisce dopo la morte. Allaluce del significato del termine “santo” si compren-de come la separatezza, per superiorità di sentire edi agire, che ha caratterizzato la vita di un individuo,

si concentri in un compendio di simboli qualoradebba venire tradotta in un’immagine dipinta oscolpita che abbia il compito di descrivere le pecu-liarità della personalità e dell’agire dell’uomo rico-nosciuto come esempio di santità. Questi simboli,trasposti in immagine e collegati alla figura delsanto, assumono il ruolo di “emblemi iconografici”e consentono di riconoscere immediatamente ilpersonaggio raffigurato, determinandone l’identitàanche qualora il volto di un dipinto o di una sculturaabbia subito danni irreparabili o costituisca unostereotipo.

Nel Cristianesimo delle origini i martiri furono iprimi ad essere considerati, con buona ragione,santi e perciò stesso di esempio e di sprone per ognicredente. Subito dopo si tenne conto dei “confesso-ri” ossia di coloro che, pur essendo disposti aconfermare con la vita la propria fede in Cristo, nonvennero martirizzati per cause indipendenti dallaloro volontà. A questi santi, ritenuti degni di culto,si aggiunsero: la Vergine, madre di Dio; san Gio-vanni Battista, che viene distinto con il termine“Precursore”; san Giovanni Evangelista, detto il“Teologo”; san Giuseppe, sposo putativo di Maria;i Re Magi, ridotti nel tempo al numero di tre; i“Giusti” veterotestamentari, impersonati dai Profestie dai personaggi più eminenti dell’Antico Testa-mento. Al culto reso a questi santi si aggiuse quelloriservato agli angeli, quasi riassunti nelle figuredegli arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele.

Fin dai primi secoli la Chiesa produsse elenchi disanti in forma di calendari mensili (menaia) e an-nuali (menologi) nei quali ad ogni giorno corrispon-deva il martirio o la morte di un santo, data conside-

rata il “giorno natale” dello stesso. Da questi elenchie dalle fonti letterarie, che riportano cenni laudativio vere e proprie biografie dei martiri, deriverà inbuona parte la rappresentazione iconografica futuradei santi più antichi. Un’altra fonte di ispirazioneiconografica, per quanto possa sembrare fragilequesta teoria, è il nome stesso del santo (ad esempio:l’agnello accompagna sant’Agnese, il cui nomederiva da “agnus”).

Vi fu l’uso, da parte delle prime comunità cristia-ne, di acquistare gli atti riguardanti i processi intentaticontro credenti che, in seguito alla sentenza emessaa loro carico, pagarono la fede con la vita. Dopol’Editto di Diocleziano libri e arredi sacri apparte-nenti ai Cristiani vennero distrutti sistematicamen-te, per cui si dovette ricorrere alla memoria deifedeli per ricostruire vita e miracoli dei martiri e deiconfessori a cui si prestava culto. È probabile, anzi,che miracoli tanto strabilianti da diventare puerili eagonie interminabili attribuiti ad alcuni martiri pro-vengano da questa ricostruzione a più voci delleloro vite. Nel Medioevo ebbero origine i testiagiografici destinati a venire usati ampiamente an-che in seguito. Uno di questi, notissimo, è la LegendaAurea di Jacopo da Varazze, redatta nel 1298.

L’argomento affascinante porterebbe con facili-tà fuori tema, per cui non si procederà oltre. Sonostati ricordati questi avvenimenti col solo scopo dievidenziare nelle fonti citate l’origine delle scelteiconografiche che riguardano le effigi dei santi neisecoli successivi.

L’uso di attribuire alle immagini dei santi emble-mi iconografici è diffusissimo nel XV secolo eaccompagnerà queste raffigurazioni fino al secoloXIX, durante il quale si afferma una visione laicadell’esistenza, che rende la rappresentazione delleimmagini religiose molto fredda e intrisa di unariverenza più formale che sostanziale.

Gli emblemi iconografici, che ancora attualmen-te contraddistingono i santi su tele e sculture espostenella maggior parte dei luoghi di culto, risalgonoassai lontano nel tempo, ma furono catalogati eordinati con precisione nel periodo della Con-troriforma, altrimenti nota come “Riforma Cattoli-ca”. Nel 1643 il gesuita Jean Bolland di Anversarevisionò gli scritti sui santi, con lo scopo di espurgareciò che apparisse favoloso o puerile e da questagrande fatica uscì il volume Acta Sanctorum. Anchele immagini furono passate al vaglio della RiformaCattolica per renderle compatibili con la nuovasensibilità religiosa.

Il fatto che la quadreria e la statuaria conservatenell’ambito della provincia veneta raramente risal-gano a periodi anteriori al XVI secolo non significa,però, che immagini e loro emblemi iconograficisiano più facilmente riconoscibili, nel tempo pre-sente, rispetto a quelle di epoche più lontane. Queisimboli che caratterizzano il santo o la santa parlanosoltanto a chi conosca, almeno per sommi capi, lastoria o la leggenda che li riguarda.

Un esempio iconografico interessante è rappre-sentato dalla raffigurazione di sant’Osvaldo diNorthumbria, che viene ritratto in vesti regali o diguerriero, con un corvo appoggiato su una spalla osu una mano. Di questo santo si ha per certa la datadella morte, avvenuta nel 642, nel corso della batta-glia ingaggiata per difendere il proprio regno dagliaggressori pagani. Questo ed altri accadimenti dellavita del santo spiegano sia le vesti regali sia quelledi guerriero nelle quali Osvaldo viene raffigurato,ma non spiegano la presenza del corvo che, infatti,sia pure assai raramente, in qualche dipinto piùrecente viene scambiato con una colomba. Per sape-re che cosa rappresenti quel corvo, più che alla vitadel santo bisogna attingere alla leggenda che locirconda, che è graziosissima, ma che non è possi-bile riportare integralmente. Si dirà soltanto che

Pedavena (BL), Chiesa di sant’Osvaldo. Pala d’altare raffigu-rante: “Madonna in trono con Bambino, circondata da sant’Osval-do re ed altri santi” (fotografo: E. Nicolao, Feltre).

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Servizio regionale di documentazione dei Beni culturaliconsiderazioni e spunti di ricerca dalle schede di catalogo)

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lunghi capelli e barba scuri, rivestito di pelli, reggein una mano un vessillo, che ha come impresa unagnello bianco, e nell’altra una ciotola. Da ultimoappare un frate rivestito con una tonaca bianca e unmantello nero, che regge un libro fra le mani mentreai suoi piedi sta un robusto cane bianco e nero cheaddenta una fiaccola accesa.

Questo, press’a poco, è il soggetto di una sacrarappresentazione colto dal punto di vista di unosservatore contemporaneo medio, anche espertodi storia dell’arte e, magari, credente. Questo osser-vatore riconoscerà certo la Madonna, Gesù bambi-no e gli angeli, inquadrerà con precisione il dipintoin un’epoca storica, si avvicinerà al nome del suoautore o alla “scuola” o “bottega” a cui la pala puòappartenere, noterà la maggiore o minore perizia neltrattare la luce e le ombre, nel dare rilievo e vita alleimmagini, ma è probabile che, di tutti i santi e lesante rappresentati, riconosca, sì e no, san Pietro osanta Lucia. E, se anche riconoscerà qualcuno tra isanti raffigurati, difficilmente sarà in grado di de-scriverli tutti in modo corretto perché gli emblemiiconografici che li contraddistinguono rimangonodesolatamente muti all’uomo contemporaneo “me-dio”. Si proverà, adesso, a decodificare le immaginiproposte partendo dagli emblemi iconografici econsiderando come essi conducano lo spettatorealla vita, alle opere o al martirio dei santi raffigurati.

Si comincia dalla parte centrale superiore, conte-nente il trono su cui è assisa la Madonna con ilBambino, per affermare che, forse, soltanto unostraniero non europeo potrebbe nutrire dei dubbi suchi rapresentino questi due personaggi. Però, pas-sando ai putti e alle testine alate, già si nota lapossibilità di confusione. Sia i putti che le testinealate vengono definiti “angeli” o, con un diminutivodavvero poco appropriato, angioletti. In realtà iputti alati appartengono al “coro angelico” dei Che-rubini, mentre le testine dotate di ali e prive di corpoappartengono al più alto dei cori ossia a quello deiSerafini. Non è facile reperire notizie su questiangeli rappresentati come infanti perché le storie (oleggende) che li riguardano vanno a parare moltolontano nel tempo, ben oltre l’avvento del Cristiane-simo, che mutuerà le loro forme da rappresentazionidell’arte romano-ellenistica. Circa le fonti, degliangeli si parla tanto nell’Antico Testamento quantonel Nuovo. Queste presenze arcane percorrono in-stancabilmente le Sacre Scritture e, nell’antichità,vengono percepite dall’uomo in forma eroica erappresentate con dignità regale. Purtroppo questanon è la sede per approfondire un argomento tantointeressante quanto delicato; si è spesa qualcheparola soltanto per indicare la differenza tra angelie cherubini o serafni.

Il vecchio scalzo, ma imponente e fiero, cheregge le mastodontiche chiavi, non può essere chesan Pietro Apostolo, insignito espressamente daCristo del compito di schiudere – o chiudere – sia laporta dei Cieli che quella dell’Inferno, come èriportato nel Nuovo Testamento. Le due dame dallevesti regali ed eleganti sono due antiche martiri,come si può ricavare dal fatto che reggono unapalma e che sono incoronate (anche la corona,infatti, è attributo del martire ossia del premio chespetta a chi ha vinto nella lotta contro il potere delmondo mediante l’accettazione dell’estremo sacri-ficio di sé). Quella che si appoggia alla ruota è santaCaterina d’Alessandria; l’altra, che porge la coppacontenente i suoi occhi, è santa Lucia di Siracusa.

Volutamente non si entrerà nel merito circa lastoricità degli avvenimenti che caratterizzarono lavita e la morte di queste sante. Che la “passione”loro attribuita – e l’esistenza stessa – sia reale oleggendaria importa relativamente poco; interessail fatto che gli emblemi iconografici rimandinoindiscutibilmente alla passione e al martirio delle

due sante: anzi, ci si accorge che gli emblemiiconografici di queste martiri scaturiscono propriodalla leggenda della loro passione. Caterina sarebbestata tormentata in vario modo prima di ricevere ilcolpo di grazia e i suoi carnefici avrebbero tentato diusare, tra i vari strumenti di tortura, una ruotadentata che, però, sarebbe caduta in pezzi prima disfiorare il corpo della santa. Da questo particolareleggendario nasce l’emblema che è quasi indissolu-bilmente legato a questa martire. Lucia, a sua volta,avrebbe subito vari tormenti tra cui l’asportazionedei globi oculari. Colpita con la spada o con ilpugnale alla gola, sarebbe spirata soltanto dopoessere stata comunicata per l’ultima volta da unsacerdote cristiano. Di tutti gli spregi e le crudeltàsubite da Lucia quello che colpì di più la fantasiadegli esegeti fu, evidentemente, l’atto di strapparlegli occhi. Così questa martire è diventata la patronadella vista ed è tuttora venerata il 13 dicembre. Nonè irrilevante, a tale proposito, il significato delnome, Lucia, che deriva da lux (luce).

È chiaro che si possono riconoscere sia Caterinache Lucia (forse meno Caterina) dai loro emblemianche senza conoscere la storia della loro passione,perché si tratta di sante assai note, ma una conoscen-za puramente mnemonica, che non si addentri nellaleggenda o nella storia dei santi rappresentati, rima-ne monca e il santo o la santa finiscono per diventaresimili a “Babbo Natale”, del quale si conoscono leazioni e perfino i percorsi compiuti con la slittatrainata da renne, ma non si conoscono più le originistoriche.

L’austero frate che indossa la veste dei Dome-nicani altri non è che il fondatore dell’ordine: sanDomenico Guzman. E, finalmente, ci si trova difronte un santo inserito a pieno titolo nella storia,poiché Domenico Guzman nacque nel 1170 e morìnel 1221. Fondò l’Ordine dei Padri Predicatori percontestare l’eresia sotto tutte le sue spoglie, maprincipalmente quella degli Albigesi, che imperver-sava nel periodo. L’Ordine, che in seguito presenome dal fondatore, fu particolarmente sensibilealla conoscenza approfondita delle Sacre Scritture,attività indispensabile per poter confutare le teorie

Noale (VE), Chiesa dei santi Felice e Fortunato. Pala d’altareraffigurante: “Madonna del Rosario con Bambino e i santi:Domenico, Lucia, Apollonia e, forse, Giuseppe” di GiuseppeLorenzi, sec. XIX (fotografo: S. Dei Rossi - T.A. Grandis,Mestre).

quel corvo era in realtà un angelo, che consigliavail giovane re su quanto era necessario compiere agloria di Dio e per il bene del prossimo.

Il culto di sant’Osvaldo dall’Inghilterra attraver-sò il mare e si diffuse in Germania e in Austria e,probabilmente, da qui passò all’Alto Adige e alTrentino fino a germogliare pressoché in tutte lezone montane del Veneto, mentre l’interesse perquesto santo sembra diminuire in pianura, anche senon scompare del tutto.

Vien fatto di chiedersi come mai il culto per unsanto anglosassone abbia trovato tanta diffusionenell’Europa del nord e una risposta, almeno ipoteti-ca, può venire dall’emblema iconografico rappre-sentato dal corvo. Questo re, morto in combattimen-to per la fede cristiana nel VII secolo, può averetrovato buona accoglienza presso le popolazioni delnord Europa perché – vestito da guerriero e colcorvo sulla spalla – non differisce troppo dal Wotangermanico o dall’Odino scandinavo. D’altra parte ènoto che in molti casi il Cristianesimo mutuò festi-vità e iconologia dalla cultura precedente.

Per rendere evidente questa affermazione, si cer-cherà di illustrarla attraverso un esempio elementa-re. Si immagini di trovarsi davanti ad una palad’altare che, in tempi meno recenti, veniva descrittacome “Sacra conversazione”. Si immagini un tronocentrale occupato da una giovane madre, che reggeamorosamente tra le braccia il suo bambino. Attor-no al suo capo volano degli infanti alati e, più in alto,delle testine di bimbo dotate di ali. Ad un lato deltrono si notano due dame leggiadre, giovanissime,riccamente vestite e incoronate. Entrambe reggonouna palma e, con l’altra mano, rispettivamente, unasi appoggia ad una ruota, l’altra porge una coppacontenente due globi oculari. Al lato opposto, sem-pre presso il trono, un vecchio robusto, scalzo, concapelli e barba bianca, impugna due chiavi smisura-te e, poco discosto, un uomo giovane, rivestito ditunica e mantello, con aria ispirata sostiene uncalice d’oro da cui esce un grazioso piccolo drago.Un altro uomo, giovane ma dall’aria severa, con

Venezia, Basilica di Santa Maria della Salute. Tela raffigurante“San Giovanni Evangelista” di Antonio Triva, sec. XVII (foto-grafo: G. Torresan, Treviso).

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eretiche. Per molti secoli i Padri Domenicani ebberola funzione di inquisitori nei processi di eresia, purnon essendo l’unico ordine ad occuparsi di questamateria. Dal nome del fondatore, Domenico, i PadriPredicatori divennero noti come Domenicani(Dominicanes). Proprio dalla versione latina di que-sta denominazione si ricavò un gioco di parole,definendo i Domenicani “Domini canes” ossia “canidi Dio”. Questo scherzo, che potrebbe contenereanche dell’irriverenza, venne accettato così di buongrado dall’Ordine da trasformarsi in emblemaiconografico. Ecco spiegata la presenza del canebianco e nero (come la veste dei Padri Predicatori)con la fiaccola della fede tra le fauci ai piedi delsanto. E, per contro, qualora poco o nulla si distin-guesse della figura di san Domenico, basterebbe ilcane reggifiaccola a dare la certezza circa l’identitàdell’immagine effigiata.

Rimangono i due giovani uomini: uno dal voltodolce, l’altro dall’espressione quasi corrucciata;sono i due grandi Giovanni, l’Evangdista e il Batti-sta. Giovanni il Battista, detto il Precursore, sicontraddistingue per la veste di pelli, il vessillo conl’Agnello (simbolo del Cristo) e la ciotola con cuibattezzava gli Ebrei nel Giordano in segno di peni-tenza, nell’attesa che Gesù si manifestasse secondole Scritture. Giovanni l’Evangelista, il cui simbolo,in quanto tale, è l’aquila, in questa ipotetica telaregge un calice d’oro dal quale spicca il volo unpiccolo drago. Vuole la leggenda che alcuni sacer-doti pagani tentassero di eliminare Giovanni offren-dogli una coppa di vino avvelenato. Il santo avrebbesventato il tranello benedicendo il vino e subitosarebbe apparso un drago o un serpente, animali dalquale si era ricavato il veleno.

Come si può notare nei due Giovanni, se alcunisimboli (la ciotola, le vesti di pelo di cammello)trovano le loro radici nella realtà e nei gesti compiu-ti, come quello di purificare i penitenti con l’acqua,altri emblemi, quale il serpente o il drago che esconodal calice, trovano la loro origine in fatti leggendarie, ancora, poiché il serpente o il drago raffigura ilveleno contenuto nel calice, l’animale diventa a suavolta simbolo di un elemento che non si può coglierea occhio nudo.

Si concluderà questo excursus sulle problematicheriguardanti gli emblemi iconografici con qualchecenno specificamente dedicato ai due primi grandiGiovanni del Cristianesimo (Giovanni è un nomefortunato e, nel proseguire dei secoli, lo hannoportato molti altri santi) perché ultimamente, attor-

no alle figure del Battista e dell’Evangelista, sembraessersi creata una certa confusione.

Accade che Giovanni l’Evangelista venga scam-biato per il Battista, anche se accanto all’immaginedel santo si trovi l’aquila, suo principale simbolo.Tale confusione non sembra irrilevante in quanto idue Giovanni – pur essendo sottilmente comple-mentari – hanno funzioni, personalità e iconografieben distinte. Il Battista, di poco più anziano di Gesù,lo precede anche nel richiamare il popolo ebraicoalla penitenza. Per questa sua attività di preparare icuori alla parola del Cristo, Giovanni è stato chia-mato il Precursore. L’Evangelista, invece, è l’apo-stolo più giovane di Cristo, trattato da Gesù conaffetto particolare, forse proprio per la sua etàimmatura, ed è anche colui che ha per sorte ditramandare, attraverso la scrittura, la memoria delleparole e delle opere di Cristo ai posteri.

Il nome “Giovanni” ha duplice significato di“Misericordia di Dio” e di “Lode a Dio”. Per fatali-tà, Giovanni Battista viene festeggiato durante ilsolstizio d’estate, mentre la ricorrenza di GiovanniEvangelista ricade nel solstizio d’inverno. Forse,secondo l’acuta osservazione di René Guenon, nonsi tratta di una fatalità, ma di complementarietà deidue Giovanni.

Il Battista – come colui che implora, già col suonome, la misericordia di Dio – nel tempo fisicosegna l’avvento del Cristo e il fatale avviarsi dellostesso alla morte per la salvezza dell’uomo. Giusta-mente Giovanni il Battista viene ricordato durante ilsolstizio d’estate quando, in ottemperanza allaciclicità delle stagioni, la luce e il calore, dopo avereraggiunto l’apogeo, non possono che scemare ediscendere verso l’inverno. Giovanni l’Evangeli-sta, considerando il suo nome come “Lode a Dio”,viene venerato durante il solstizio d’inverno che,nel tempo fisico, rappresenta la lenta risalita delcalore e della luce verso la loro espressione dimassima potenza. E, forse non a caso, accanto alCristo morente sulla croce si trova Giovanni “ilGiovane”, poiché la morte terrena di Cristo nonrappresenta una sconfitta, ma l’inizio di una vitto-ria. Così mentre Giovanni Battista viene ad implo-rare la misericordia di Dio e ad annunciare il sacri-ficio di Cristo, Giovanni Evangelista è accanto aCristo sul Calvario per proclamarne la gloria futura.

Alla luce di quanto si è considerato, i due Giovan-ni appaiono strettamente correlati a partire dal nomee dalla devozione a Dio, nella persona di Cristo, emalgrado ciò conservano personalità e caratteristi-che ben distinte.

Il controllo di schede di precatalogazione e, at-tualmente, d’inventariazione operato presso il Ser-vizio Documentazione, induce a chiedersi se l’ico-nologia abbia ancora una sua funzione specifica e,in tal caso, se il suo studio vada riproposto nei modipiù aderenti alle attuali esigenze. Santi cristiani edivinità pagane, assieme agli emblemi iconograficiche li contraddistiguono, sembrano scomparsi dal-l’immaginario – e per conseguenza dalla memoria –delle ultime generazioni, con qualche ripercussioneanche sull’attività di schedatura. A proposito dellostudio delle immagini, il Servizio Documentazionesarebbe interessato al parere di esperti in materia egradirebbe un contatto con quei settori della culturache più specificatamente si trovano coinvolti nellagestione di questo problema.

Venezia, Basilica di Santa Maria della Salute. Statuetta daacquasantiera, in bronzo a fusione, raffigurante “San GiovanniBattista”, ambito veneziano, sec. XVII (fotografo: G. Torresan,Treviso).

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La Scuola GrandeArciconfraternitadi S. Rocco a Venezia(Lorenzo Cesco)

Con quanto impegno la Serenissima abbia cerca-to di esercitare nei secoli il governo della Repubbli-ca con equilibrio di provvedimenti e sagge istituzio-ni è universalmente noto e fondamentali in quell’il-luminato contesto vanno considerate le Scuole.

Erano sorte tra corporazioni di cittadini eserci-tanti arti e mestieri che, una volta scelto il santopatrono, operavano ponendosi fruttuosamente traDoge e Patriarca per favorire l’incontro del mondoproduttivo non solo con i diseredati e gli afflitti, maanche con i tanti nobili decaduti, non escludendo gliesiliati stranieri che confluivano in laguna un po’ daogni dove. Dovevano l’origine della loro denomi-nazione al greco �����, indicante il luogo dedicatoallo studio e all’elevazione dello spirito, fondamen-to primario sul quale quei sodalizi ponevano la basedel loro operare, fin dalla loro costituzione.

Erano assai numerose e si può affermare che nonvi fosse arte o mestiere che non trovasse in unapropria Scuola una sede cui riferirsi per affidare, tral’altro, le cure e l’assistenza delle vedove o perassicurare la dote alle figlie orfane o indigenti. Granparte di queste istituzioni disponevano di fondi eproprietà immobiliari e la Serenissima non disde-gnava di ricorrere ai loro forzieri in tempi di crisi,specie durante i ricorrenti conflitti con il Turco.

Una delle più importanti se non la più importanteva considerata la Scuola Grande di San Rocco che,fondata nel 1478, ha fin qui conosciuto un’ininter-rotta continuità di vita, sopravvivendo alle soppres-sioni di Napoleone che ne riconobbe la “laicità”,escludendola così dai tanti enti ecclesiastici chesoppresse appunto alla sua “venuta” in Venezia duesecoli orsono.

Caratteristica comune e sempre presente in tuttele Scuole è stata quella di rivaleggiare nel fasto dellesedi e chiese collegate, ricorrendo ai più prestigiosimastri, architetti e pittori ben presenti in Venezia.

In particolare la Scuola di S. Rocco nel ’500 perla sua sede ricorse al Bon, al Lombardo e alloScarpagnino edificando, a più mani quindi, uno

del ’400. Alcuni suoi brani sono stati riproposti nel1995 per le celebrazioni del VII centenario dellanascita di S. Rocco. In quell’occasione è stato pureripresentato il Beatae vitae, composto nel 1620 daClaudio Monteverdi molto probabilmente per lafesta di S. Rocco. Tutti i brani sono stati affidato aiCantori di Santomio, che hanno pure interpretato inmodo magistrale la composizione del giovane mae-stro Giovanni Bonato di Schio cui la Scuola avevacommissionato di porre in musica il salmo 116Dilexi. Un’operazione con la quale il Sodalizio hainteso entrare in contatto con le espressioni dellamusica contemporanea per favorire e cogliere le piùattuali forme espressive.

Inoltre, sempre sul versante musicale, si è direcente costituita l’“Accademia di S. Rocco”, for-mata da giovani esecutori che hanno posto in essereun complesso che si prefigge di attingere con rigo-roso impegno di fedeltà alle stesure originali, algrande patrimonio musicale veneziano, proponen-dolo in modo principale nelle sale della Scuola, conil meritevole intento di valorizzarne e divulgarne ilprestigio anche fuori dei confini nazionali.

Va sottolineato infine come la Scuola si distinguada altre consimili istituzioni per il fatto che, oltre adavere cura della devozione al Santo Patrono e asoccorrere i bisognosi, fa rientrare nelle finalità deisuoi statuti anche la valorizzazione della cultura.Pertanto, accanto al costante impegno della conser-vazione del suo importante patrimonio, persegue edospita iniziative finalizzate alla promozione umanae cristiana divenendo una delle sedi culturali piùprestigiose in Venezia.

Scuola Grande di San Rocco, Sala Grande superiore

degli edifici più prestigiosi della città. A decorare ilsuo interno fu chiamato Jacopo Robusti, il Tintoretto,che vi si dedicò in tre riprese tra il 1564 e 1587 e qui,per sua mano, sarà raggiunta, per l’intensità e varie-tà espressive, una delle più alte mete artistiche ditutti i tempi. Basti far riferimento, tra le oltre sessan-ta tele ivi dipinte ed esposte, al vasto teler dellaCrocifissione, in cui il dramma del Golgota è vissu-to nell’intensa afflizione delle Pie Donne in un piùvasto contesto ove è lecito cogliere l’indifferenza diun’umanità estranea all’avvenimento.

Le celebrazioni indette nel 1994 nella ricorrenzadel IV centenario della morte di Tintoretto ha vistola Scuola particolarmente impegnata a riproporreall’attenzione generale il suo grande patrimonio,riportando al primitivo splendore la policromia deimarmi della facciata della propria sede, suscitandovasta ammirazione e meritandosi l’ambito premio“Pietro Torta” riservato ai migliori interventi direstauro eseguiti in Venezia. Hanno fatto seguitopoi il completamento dell’intero complesso e l’ulte-riore restauro della facciata dell’attigua chiesa chehanno reso quell’angolo di Venezia uno dei luoghipiù suggestivi della città.

Sempre in occasione del centenario l’Electa,d’intesa con la Scuola, ha curato la pubblicazionedel volume Tintoretto. La Scuola Grande di S.Rocco, affidandone la stesura a Gian DomenicoRomanelli, che con impegno e rigore filologico haben illustrato l’opera del grande pittore. Tale pub-blicazione veniva così degnamente ad aggiungersiad altre precedenti, che qui indichiamo in modosommario: Le chiese di Venezia di G.B. Soravia(Venezia 1822), Tintoretto: la Scuola di S. Rocco diR. Chiarelli (Firenze 1965), Tintoretto alla Scuoladi S. Rocco di A. Pallucchini (Milano 1965), LaScuola di S. Rocco di G. Perocco (Venezia 1979),Jacopo Tintoretto e la Scuola Grande di S. Rocco diF. Valcanover (Venezia 1983).

La Scuola non ha trascurato, per il fasto delle suecerimonie, di ricorrere ai più prestigiosi musicisti,specie in epoca rinascimentale. Anzi era considera-ta un dinamico e ricercato “promotore culturale” edampie sono le tracce che al riguardo riservano gliarchivi. Se ne è occupato in particolare F. Luisi nelsuo Laudario Giustinianeo, edito a cura della Fon-dazione Levi di Venezia ove, tra l’altro, vieneriproposta la figura di tale Fra’ Innocentius Dam-monis, dimenticato compositore di laudi della fine

Canaletto (inv.) - Antonio Visentini (inc.),Prospetto della Scuola Grande di San Rocco

Bernardo Bellotto, Campo e Scuola Grande di San Rocco,particolare, disegno, Darmstadt, Landes Museum

Canaletto, Visita del Doge alla Scuola Grande di San Rocco,particolare, Londra, National Gallery

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Istituzioni e cultura

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L’Istituto per le Lettere,il Teatro e il Melodrammadella Fondazione Cini(Fernando Bandini)

Campi di competenza e di ricerca

L’Istituto per le Lettere, il Teatro e il Melodram-ma della Fondazione Cini di Venezia articola lapropria attività su diverse prospettive di ricerca. Sitratta di un Istituto prevalentemente interdisciplinare,nel quale un’acuta attenzione alla realtà culturale-letteraria veneta si collega a un vasto respiro euro-peo, come quello che è rappresentato dallo studiodel Melodramma. Le “Lettere” e il “Teatro” sono,per l’Istituto, fenomeni pluridimensionali, e vengo-no spesso colti nel loro manifestarsi come fattolinguistico. Un’attenzione particolare viene con-cessa alla lingua veneta, studiata nel suo sviluppostorico attraverso la poesia e il teatro e in altridocumenti scritti, ma anche seguita nella sua espan-sione nel Mediterraneo e nel suo confrontarsi con lelingue rivierasche che ad esso si affacciano. Questidue settori di ricerca si concretano rispettivamentenel grande Archivio Lessicale Veneto (ALV) e nel-l’Atlante Linguistico Mediterraneo (ALM).

L’Archivio Lessicale Veneto

Fu ideato e progettato nel 1956 da GianfrancoFolena in collaborazione con i linguisti BrunoMigliorini e Carlo Tagliavini. L’Istituto era appenasorto e suo direttore era allora Giuseppe Ortolani, ilnoto editore dell’opera Goldoni. Nel corso deglianni l’impresa si è concretata con la costruzione diun grande schedario del dialetto veneto, documen-tato in tutte le sue testimonianze, dalle carte latineche contengono documenti dialettali locali, attra-verso la vasta documentazione storica e letteraria,fino alle più recenti testimonianze orali, seguendo lasua espansione in terraferma e “de là da mar”, inossequio al principio che l’aspetto storico e quellogeografico vanno considerati indissolubilmenteconnessi.

Nel corso degli anni, attraverso lo spoglio attuatoda numerosi ricercatori, la consistenza dell’ALV è dicirca mezzo milione di schede, alle quali vannoaggiunte le 250.000 schede relative allo spoglio ditutta l’opera goldoniana, su cui si basa il Vocabola-rio del veneziano di Carlo Goldoni di GianfrancoFolena, pubblicato nel 1993, quando il curatore eradi recente scomparso, nella collana “Cultura Popo-lare Veneta” promossa dalla Regione del Veneto.

L’Archivio si presenta come schedario lemma-tizzato (nelle schede-lemma viene riportato l’insie-me dei dati nella loro varia fenomenologia grafica).Si tratta di uno schedario aperto e in progress, taleda poter essere consultabile in ogni fase della ricer-ca e della documentazione. Esso rappresenta il piùvasto deposito lessicale del dialetto mai realizzatonella storia della cultura regionale. Vi è stata river-sata una vastissima documentazione storica dalleorigini ad oggi (dai primi documenti due-trecenteschialle commedie di Gallina, di Rocca, di Simoni, alleinchieste veneziane dell’Atlante linguistico italia-no). Le schede riportano non solo i precisi riferi-menti ai testi ma anche indicazioni dell’area, dellivello sociale ecc. Sono stati utilizzati tutti i contri-buti lessicografici, anche parziali, disponibili, comeglossari di testi, vocabolari speciali, raccolte diproverbi ecc. Un apposito schedario anagraficoregistra tutte le fonti utilizzate, indicandone anche

l’attendibilità o, nel caso di testi a stampa, i fonda-menti testuali e la necessità del ricorso ad altre fontie del controllo sui manoscritti.

Giunto ad un certo grado di completezza (semprerelativa per la massa pressoché inesauribile dellefonti a stampa e manoscritte, oltre che delle testimo-nianze orali del dialetto veneziano) l’ALV avrebbedovuto essere riversato, condensato e sistemato,attraverso un lavoro di selezione e classificazioneredazionale, entro un Vocabolario Storico Venezia-no. L’impresa risulta critica sia per la mole stessadei dati raccolti sia per il sorgere di sistemi diclassificazione su supporti informatici. L’Istitutoha già approntato un progetto per l’edizione in CDRom di testi dialettali di grande importanza lingui-stica e letteraria, filologicamente rigorosi e forniti diglossario. E su prospettive informatiche si sviluppe-rà la futura attività dell’Archivio Lessicale Veneto.Nel frattempo, dagli anni Sessanta ad oggi, sonostati pubblicati, in margine all’attività dell’ALV,numerosi dizionari che costituiscono a tutt’oggi ilcorpus maggiore della lessicografia veneta per am-piezza e sicurezza metodologica, dal DizionarioValsuganotto di A. Prati, Toponomastica veneta diD. Olivieri, Vocabolario anaunico e solandro (Val-le di Non e Valle di Sole) di E. Quaresima, Vocabo-lario marinaresco giuliano-dalmata di M. Doria;fino ai recenti Vocabolario del veneziano di CarloGoldoni di G. Folena e Vocabolario Polesano di G.Beggio, ambedue questi ultimi nella collana “Cul-tura Popolare Veneta” realizzata su iniziativa dellaRegione del Veneto.

L’Atlante Linguistico Mediterraneo

Si tratta dell’impresa culturale più prestigiosadell’Istituto. Essa si collega al metodo della geogra-fia linguistica ed è nata da un’idea del linguistasloveno Mirko Deanovic: la geografia linguistica disolito rappresenta sulla carta le varianti di un nomein ambiti spaziali linguistici abbastanza omogenei.Il criterio morfologico è in questo atlante sostituitoda quello culturale: un bacino di storia e civiltà doveil lessico del mare (geomorfologia, meteorologia,astri, navigazione e manovre, imbarcazioni, vita dibordo, commercio, pesca, fauna e flora) è rappre-sentato da lingue diverse, da quelle ugro-altaichesulle sponde del Mar Nero a quelle della Turchia,della Grecia, del Nord-Africa e della ex Jugoslavia,

alle parlate romanze della Spagna e della Francia.L’inchiesta ha toccato anche zone esterne all’areacome il Portogallo, il Mar Rosso e il Maroccoatlantico.

Ferma restando la dominante influenza del vene-ziano, il Mediterraneo rispecchia nelle lingue che vivivono una storia che è di contatti e insieme diconflittualità. L’Atlante, qualora pubblicato, costi-tuirebbe una testimonianza di altissimo valore cul-turale, tenuto conto anche della grande e drammati-ca attualità che il Mediterraneo continua a rappre-sentare nei nostri anni. Un Atlante linguistico pre-senta solitamente una carta geografica (la stessa)per ogni parola, con una serie di punti nello spazioterrestre che indicano le forme di quella stessaparola (ad esempio del nome “sàrago” o del nome“vela latina”). I punti scelti nella rappresentazionegeografica dei paesi mediterranei sono 165. Il que-stionario specifico comprendeva 810 domande (lacui risposta era una parola o una frase). L’inchiestaè stata affidata a noti linguisti europei, arabi, israe-liani, della ex Unione Sovietica ecc. L’Atlante, neisuoi dati essenziali, è compiuto ma l’ultima impresa(e forse la più prestigiosa) della geografia linguisti-ca del ventesimo secolo giace negli scaffali del-l’Istituto per le difficoltà, soprattutto di ordine fi-nanziario, che si oppongono alla sua pubblicazione.I costi per la stampa di un atlante a colori eranosenza dubbio notevoli fino a qualche anno fa, maoggi coi nuovi strumenti informatici la stampa dirappresentazioni cartografiche risulta più economi-ca. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta l’ALM haorganizzato convegni internazionali in vari paesidel Mediterraneo, che hanno visto la partecipazionedi insigni studiosi di ogni parte del mondo. E viva-mente attesa negli ambienti scientifici è la stampa diquest’opera. Nel frattempo continua ad uscire larivista che fin dall’inizio ha fiancheggiato il lavorodi preparazione dell’Atlante, il “Bollettino dell’At-lante Linguistico Mediterraneo” (BALM) di cui èdirettore, dopo la scomparsa di Deanovic e Folena,Manlio Cortelazzo.

Le Raccolte Rolandi e Milloss: attività di ricercae convegni di studio. Il fondo documentariodella scenografia

Lo studioso del melodramma Rolandi fu uno deipiù noti collezionisti di libretti d’opera del nostrosecolo. La sua raccolta, acquisita dalla FondazioneCini, fa ora parte della Biblioteca dell’Istituto per leLettere, il Teatro e il Melodramma. Si tratta di27.000 libretti, alcuni rarissimi, che vanno dallaseconda metà del Cinquecento ai nostri giorni: unadelle più grandi collezioni esistenti, con la qualepuò rivaleggiare unicamente il fondo di librettid’opera presente nella Biblioteca del Congresso diWashington. La collezione Rolandi attira studiosidi ogni parte del mondo, come testimonia la lorocostante presenza nella Biblioteca dell’Istituto. Alrapporto tra parola e musica, nella lunga vicenda delMelodramma, l’Istituto dedica ogni anno a settem-bre un convegno, al quale sono invitati come relatorii più insigni studiosi dell’opera musicale e dellapoesia per musica, sia italiani che europei e ameri-cani. Molti di questi convegni sono stati oggettod’importanti pubblicazioni. Attualmente è in corsodi stampa un catalogo ragionato del Fondo Rolandi.

Ugualmente prestigiosa è la collezione di libri,riviste, bozzetti, programmi di sala relativi allevicende della danza nel nostro secolo, collezionelasciata alla Fondazione da Milloss che fu, assiemea Diaghilev, uno dei grandi maestri della danza delNovecento. Si tratta di circa 3.000 pubblicazioniche sono state catalogate su supporto informatico ecostituiscono il nucleo di consultazione più impor-tante esistente oggi in Europa.Biblioteca della Fondazione Giorgio Cini

presso San Giorgio Maggiore, Venezia

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L’Archivio Iconografico Teatrale (AIT)

Per opera soprattutto di Maria Teresa Murarosono state raccolte nel corso degli ultimi vent’anni16.000 immagini fotografiche relative allascenografia e alla architettura teatrale dal Seicentoai nostri giorni. Una ricerca a tutto campo condottanegli archivi delle biblioteche e dei maggiori teatrieuropei che permette di avere oggi, nella Fondazio-ne, la più ricca documentazione iconografica esi-stente. A margine di questo strenuo lavoro di raccol-ta, l’Istituto ha organizzato negli anni Sessanta eSettanta, sempre a cura di Maria Teresa Muraro,importanti mostre dedicate agli scenografi, vene-ziani e non, del passato: da Bagnara e Bertoia(1962), a Pietro Gonzaga (1967), a Inigo Jones(1969), ai Bibiena (1970); successivi convegni han-no avuto come tela la danza, dalle feste di corte al

balletto romantico (1973), e la “illusione e praticateatrale” (1975). L’AIT rappresenta oggi nell’Istitu-to di Lettere, Teatro e Melodramma uno dei piùsuggestivi richiami per gli studiosi da ogni parte delmondo che vi trovano concentrato in una prestigiosaraccolta quanto giace disperso in vari luoghi d’Eu-ropa.

Fondi di lettere e documenti

Di straordinaria importanza sono i fondi e archiviprivati che sono depositati presso la Fondazione. Èimpossibile elencarli qui tutti. Ricordiamo quellirelativi a Eleonora Duse: centinaia di lettere direttealla famosa attrice, firmate da Arrigo Boito, D’An-nunzio, Pirandello ecc. Della Duse si conservanoanche i copioni teatrali con gli interventi dell’attricee le note d’interpretazione da essa redatte in margi-

ne. Gran parte del materiale epistolografico e docu-mentario sulla Duse viene da una donazione diSister Mary of St. Mark, la nipote monaca, che vivenegli Stati Uniti, della grande attrice. Ma altri fondisono tuttora in fase di catalogazione, dal fondoAmadio, che ha per soggetto principale GiuseppeVerdi, a quello Nardi, che raccoglie lettere e docu-menti di Sibilla Aleramo; dal Fondo Malipiero (dicui l’Istituto possiede la biblioteca) a quello DiegoValeri ecc.

La presenza di questo ricco e in qualche sua zonaancora inesplorato archivio è sufficiente di per sestessa a garantire una prospettiva di fervido lavoroper il prossimo decennio, qualora non vengano amancare i fondi necessari per l’istituzione di borsedi studio e per la ricerca.

FondazioneCentro musicale Malipiero(Paolo Cattelan)

Costituzione, composizione e finalità

Costituita nel 1986, la Fondazione Centro Musi-cale Malipiero è stata riconosciuta come personalitàgiuridica dalla Regione del Veneto nel 1990; hasede nella Casa di Malipiero in via del ForestoVecchio ad Asolo (Treviso), su cui detiene la pote-stà per lascito testamentario con l’impegno a con-servarla e mantenerla come sede di attività artisti-che. È un ente con finalità di ricerca e di promozionedell’opera musicale di G. Francesco Malipiero(1882-1973) che risulta dall’associazione di piùistituzioni: il Comune di Venezia, il Gran Teatro LaFenice, il Teatro Comunale di Treviso, la Fondazio-ne Giorgio Cini, la Fondazione Ugo e Olga Levi, ilComune di Asolo, la Provincia di Treviso, il Con-servatorio “Benedetto Marcello” di Venezia. Il Pre-sidente è il Sindaco di Venezia, Massimo Cacciari,altre cariche sono ricoperte da Ernesto Talentino(Vicepresidente) e da Angelo Montanaro (Segreta-rio). L’assemblea dei soci della Fondazione espri-me un Comitato Scientifico, cui compete l’oneredell’ideazione e organizzazione delle attività diricerca e promozione musicale. Membri del Comi-tato Scientifico sono: Giovanni Morelli (Presiden-te), Paolo Cattelan (Segretario), Mario Messinis,John C.G. Waterhouse, Giulio Cattin, Virginio Fa-gotto, Attilio Zamperoni, Giorgio Benati.

Attività di ricerca scientifica

Determinante, sotto il profilo della ricerca e dellaproduzione scientifica è la collaborazione dellaFondazione Malipiero con l’Istituto per la Musicadella Fondazione Giorgio Cini. Nella sede di que-st’ultimo, nell’isola di San Giorgio Maggiore aVenezia, sono riuniti tutti gli autografi superstiti delcompositore (abbozzi e partiture), già qui in granparte da lui stesso depositati alla metà degli anniCinquanta e, successivamente alla sua scomparsa,trasferiti per la parte rimanente (1955-1971) dallacasa di Asolo per volontà della Fondazione Malipieroe della compianta sig.ra Maria Giulia MalipieroOlivieri, la vedova del maestro. Insieme alla ingen-tissima raccolta di lettere e altri materiali specifici

del musicista ciò costituisce il Fondo Malipierodella Fondazione Giorgio Cini (alla FondazioneCini si conserva anche la biblioteca di Malipiero).

Di prossima pubblicazione è lo Studio e la cata-logazione critica degli abbozzi delle musiche, lavo-ro che riguarda l’analisi del processo creativo delcompositore dalla collazione con le stesure defini-tive e dall’interpretazione degli ordinamenti dellapagina nelle prime scritture (a cura di Paolo Cattelan).È inoltre prevista la pubblicazione di un Catalogocritico delle lettere (a cura di Elena Quaranta). Perentrambi i lavori la Fondazione Malipiero ha dispo-sto l’erogazione di borse di studio, mentre la pubbli-cazione sarà inserita nella collana “Studi di MusicaVeneta” dell’Istituto per la Musica della Fondazio-ne Giorgio Cini (editore Leo S. Olschki, Firenze).Altri due studi sono collegati all’esistenza del Fon-do Malipiero a San Giorgio, anch’essi di prossimapubblicazione nella collana “Studi di Musica Ve-neta”. Un primo (a cura di Laura Zanella), stretta-mente implicato con il lavoro di ricostruzione criti-ca delle fonti del teatro malipieriano, riguarda ladescrizione filologica del processo di redazione deitesti per musica – scritti in pratica tutti dal musicistaad esclusione del Sogno di un tramonto d’autunnodannunziano e della Favola del figlio cambiatopirandelliana. Un secondo (a cura di Cecilia Palandri)ha come oggetto il corposo epistolario con il criticomusicale Guido Maggiolino Gatti (1892-1973) checondivide biograficamente lo stesso lunghissimoarco cronologico del Maestro. Proiettato continua-tivamente su più generazioni della musica italianaed europea, questo carteggio è un tracciato docu-mentario fondamentale per capire, non solo la poe-tica e il gusto malipieriano, ma anche le dinamichedella recezione dello sviluppo della musica europea(dal novecentismo alle cosiddette Avanguardie Sto-riche fino alla Nuova Musica del secondo dopo-guerra). (Il carteggio Malipiero-Gatti è ora un corpusinteramente ricostruito poiché le missive del Gatticonservate a San Giorgio sono riunite alle missivedi Malipiero recuperate dal lascito del Gatti.)

Un settore fondamentale di ricerca è quello sulteatro musicale, cui Malipiero si è dedicato ininter-rottamente, prolifico come nessun altro autore delNovecento musicale italiano. Un decisivo contribu-to e impulso è stato offerto da uno studioso delvalore di Marzio Pieri che ne ha curato e pubblicatonel 1989 tutti i testi, ora dunque finalmente riunitinel volume intitolato L’armonioso labirinto. Teatroda musica (1913-1970) edito da Marsilio (in questainiziativa la Fondazione, oltreché della collabora-zione dell’editore, si è avvalsa del contributo della

Regione del Veneto e della Provincia di Venezia).Nell’Introduzione del curatore viene segnalato conforza il valore del lavoro letterario di Malipiero allacomunità dei critici e degli studiosi della letteraturaitaliana novecentesca. Come letterato, Malipiero ècapace di ritrovare una propria efficacissima ma-niera, rivolgendo le prime esperienze nell’orbitadell’estetismo e del gusto antiquario di D’Annun-zio, in una frammentistica concezione del testocome costellazione di resti della civiltà, dove l’og-getto storico-letterario, l’ingombro citazionistico,segna un simbolico limite critico alla libertà delgesto creativo (Pieri vi coglie una sensibile analogiacon l’universo poundiano). Anche nelle irresistibilidiversioni del suo immaginario verso i testi piùradicali ed espressionisti del primo romanticismotedesco (E. Th. A. Hoffmann e il romanzo delleVeglie dell’anonimo Bonaventura). Malipiero restasempre fedele all’ellissi, e sempre enigmaticamentepresente a se stesso, facendo la guardia dietro lemetamorfosi delle sue strane e insensate maschere.Secondo la lettura che ne dà Pieri, si ritrova inoltre,nella manipolazione quotidiana dei materiali, nelritocco essenziale ed ermetico, il gesto di uno scrit-tore avvicinabile, per questo, in qualche momentoanche a Montale.

Oltre al contributo di ricerca di singoli studiosi laFondazione Malipiero ha promosso alcuni signifi-cativi incontri “a più voci” su problematiche piùpuntuali. Un notevole approfondimento è stato de-dicato alla eccezionale collaborazione del musicistacon Luigi Pirandello e Walter Ruttmann per larealizzazione delle colonne sonore del film Acciaio(1933), prodotto dalla Casa Cines sotto la direzionedi Emilio Cecchi (l’incontro di studi si è svolto, il 2marzo 1991, alla Fondazione Olga e Ugo Levi diVenezia e si è avvalso della collaborazione delDipartimento di Storia e Critica delle Arti “Giusep-pe Mazzariol” dell’Università di Venezia e dell’Uf-ficio Attività Cinematografiche del Comune diVenezia). Acciaio, situato nella storia della cinema-tografia italiana all’avvento del sonoro, è esempioisolato, per certi aspetti addirittura unico e irripetibilenel contesto musicale contemporaneo, proprio perlo spazio che s’aprì alle problematiche legate allafortissima, anacronistica, determinazione del musi-cista a condurre autonomamente i contenuti delproprio apporto creativo. A condurre in qualchemodo più il cinema alla musica che la musica alcinema. Ricostruita minuziosamente da tutte le fon-ti disponibili (la sceneggiatura, il film, gli abbozzidella musica, le partiture edite, le lettere), la vicendadi Acciaio ha permesso di capire che Malipiero,

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contrariamente a quanto egli stesso dichiarò a espe-rienza conclusa, investì molto sul proprio ruolo inquella collaborazione “inconsueta”, producendo exnovo allo scopo specifico del film tutte le musichee, ancora, perfino più musica di quanta glie ne fosserichiesta e di quanta sia stata effettivamente accoltanella pellicola (in un secondo momento Malipieropubblicò due serie di opere sinfoniche, le Quattro ele Sette invenzioni dichiarando, con calcolata mi-stificazione, che non erano nate, ma erano stateadattate meccanicamente al film). Infine il riesamedei contrasti col regista Ruttmann, decantati presso-ché unanimamente dalla critica (e a lungo conside-rati come il frutto del disinteresse di Malipiero peril film), permette di smitizzarne la portata quantoalla loro natura artistica e poetica. In una prospettivastorica, del contesto ideologico e dell’evoluzionetecnico-linguistica della “decima musa”, non v’erascampo alla querelle tra gli autori e nessuno riuscìa realizzare ciò che voleva. Ruttmann e Malipieroper altro riuscirono comunque ad inventare mo-menti di collaborazione con esiti di altissima qualitàartistica. Ma questo avvenne proprio nella fram-mentazione delle istanze narrative (dunque legate alproblema del sonoro) e celebrative del film (che,converrà sempre ricordare, fu voluto da Mussoliniper rilanciare l’immagine dell’industria pesante ita-liana). In questi momenti, più che l’interazionedella musica al significato delle immagini, fu ilparallelismo del procedimento costruttivo e forma-le che giunse ad essere evidenziato in studio, nellafase di montaggio. Assolute e irriducibili l’unaall’altra, la scrittura musicale e la scrittura delleimmagini si ritrovarono reciprocamente funzionalisul piano del trattamento astratto della forma deipropri rispettivi materiali. Retroscena d’Acciaio.Indagine su un’esperienza cinematografica di G.Francesco Malipiero, il volume che sviluppa que-ste tematiche di studio, è stato pubblicato nellacollana “Studi di musica veneta” (19) dall’editoreLeo S. Olschki nel 1993 (contributi di GiovanniMorelli, Sergio Miceli, Fabrizio Borin, PaoloPinamonti, Paolo Cattelan).

Altre attività scientifiche promosse dalla Fonda-zione Malipiero sono state la Tavola rotonda intito-lata Dalla ricognizione filologica alla prassi esecu-tiva del primo Novecento musicale italiano (Vene-zia, Fondazione Giorgio Cini, 16 gennaio 1993, coninterventi di Virgilio Bernardoni, Paolo Cattelan,Gabriele Dotto, Mila De Santis, Gian Paolo Minardi,Joachim Noller, Aldo Orvieto), incontro svoltosi inoccasione della presentazione del disco sulla musi-ca da camera di Malipiero prodotto da Casa Ricordicon gli interpreti dell’Ex-Novo Ensemble. E, inol-tre, il 15 marzo 1996, l’Incontro di Studio dedicato,in collaborazione con il Dipartimento delle ArtiVisive e della Musica dell’Università di Padova, altema dell’isolamento in rapporto all’arte di Ma-lipiero, Hartmann e Dallapiccola nel periodo dellaSeconda Guerra Mondiale (Padova, Palazzo del Bò,interventi di Sergio Durante, Giordano Montecchi,Tilman Schlömp, Paolo Cattelan, Veniero Rizzardi).

Infine mette conto di riferire degli Incontri diStudio promossi dalla Fondazione per il Ventennaledella morte di Malipiero (1973-1993), facendosiprecedere da una breve riflessione. Dal 1952, datadella prima e tutt’ora insostituibile silloge di studisu Malipiero, si è instaurata una sorta di ciclicitàventennale in cui si sono dati il passamano alcunidei nomi più significativi della musicologia italiana(da Fedele D’Amico a Massimo Mila a FrancescoDegrada a Mario Messinis, né bisogna dimenticare,negli anni Ottanta, la pubblicazione di un altrovolume miscellaneo di studi, curato da Luigi Pe-stalozza: Malipiero e le nuove forma della musicaeuropea). L’aspetto più proficuo di questa specie ditradizione è certamente l’apertura del dibattito, pro-

gressivamente attraverso diverse generazioni, e lacontinuità nel ricambio dei metodi di approccioscientifico che l’opera di Malipiero sembra esserestata sin qui in grado di stimolare. Tra il 1993 e il1994, la Fondazione Malipiero ha promosso dueincontri: il primo a Cesena, in collaborazione con ilConservatorio “Bruno Maderna” (presso la Saladella Pinacoteca della Cassa di Risparmio il 15dicembre 1993), interamente dedicato a Malipero,con un’introduzione di Mario Messinis che richia-mava le tappe principali dell’esegesi malipieriana ela necessità di rifondarne le metodiche e il quadro dipossibili approfondimenti su temi di studio ancorainesplorati. E appunto in relazione a questo quadrosi è svolto un secondo incontro a Venezia (Fonda-zione Olga e Ugo Levi, 2-3 maggio 1994) che siponeva come obiettivo le relazioni artistiche diMalipiero con Bruno Maderna, per un certo periodoa Venezia allievo, ma anche “figlio snaturatissimo”del Nostro e scomparso prematuramente nello stes-so anno. I saggi sono ora raccolti in un unico volume– Malipiero e Maderna sul fiume del tempo traVenezia e l’Europa – che è in corso di pubblicazionepresso l’editore Longo di Ravenna. Gli studiosi chehanno offerto il loro contributo sono: Mario Messinis,Maurizio Pieri, John C.G. Waterhouse, Mauro Ba-roni, Rossana Dalmonte, Adriana Guarnieri Coraz-zol, Joachim Noller, Paolo Pinamonti, Emilio Sala,Tilman Schlömp, Laura Zanella, Susanna Pasticci,Annibale Cetrangolo, Paolo Cattelan.

Attività di promozione musicale

Si tratta di attività che il Comitato Scientificopropone, preferibilmente coordinandole con i temidella ricerca, su due diversi livelli: monografico estorico, poiché si avverte la necessità di individuaretermini di riferimento e confronto europeo aMalipiero, per molti aspetti ancor oggi imprigiona-to dalla critica nel pericoloso luogo comune del-l’“ermetismo”. Resta tuttavia doverosamente attesol’impegno della Fondazione Malipiero alla divulga-zione del repertorio dell’autore secondo gli ordina-menti specifici, per serie o sezioni dell’opera, da luistesso definiti nel catalogo delle opere (viene in

questo senso caso per caso vagliata dal Comitatoscientifico della Fondazione l’opportunità o menodi una loro riproposizione integrale in concerto o suCD). Cominceremo a riferire da questo settore delleattività di promozione musicale.

Nel 1989 è stata prodotta integralmente su tre CD,in collaborazione con il Conservatorio di Venezia,l’opera pianistica di Malipiero (pianisti Gian LucaSfriso e Matteo Liva) per la Casa Ares. È già statoattualmente portato a buon fine un progetto dicollaborazione con la Casa discografia Dynamic diGenova per la produzione di un doppio CD dedicatoalla serie intera degli otto quartetti per archi eseguitidal Quartetto di Venezia (in distribuzione nel mesedi gennaio 1997). È in corso di definizione per il1997 una collaborazione con la Casa Stradivarius diMilano per la produzione dell’intera serie dei Dia-loghi malipieriani (otto per diversi organicicameristici e orchestrali).

Eventi concertistici collegati all’indagine criticae filologica sulle musiche per il film Acciaio, sonoavvenuti a Venezia (2 marzo 1991 presso il TeatroGoldoni) e al Teatro Comunale di Treviso conl’esecuzione delle Sette e Quattro invenzioni daparte dell’Orchestra Filarmonica Veneta diretta daPeter Maag (il programma è stato poi realizzato suCD con la Casa Marco Polo nel 1992). Nel 1992, incollaborazione con il Comune di Rovereto e nume-rose altre istituzioni internazionali, tra cui il Festival900 di Trento e il Théâtre de la Place di Liegi, èavvenuta, nel corso del Festival Walter Rotmann,Cinema, Pittura, Ars acustica, l’esecuzione dalvivo sulle immagini del film delle colonne sonoremalipieriane (Teatro “Zandonai” di Rovereto 21novembre 1992 e Théâtre de la Place di Liegi 23novembre 1992; ricostruzione critica della partituraa cura di Paolo Cattelan e Paolo Pinamonti; Orche-stra del Conservatorio Reale di Liegi: direttoreMaurizio Dini Ciacci).

Eventi concertistici collegati agli incontri di stu-dio per il Ventennale della morte del compositore sisono svolti tra l’aprile e il maggio 1994 al Teatro LaFenice nel quadro di una rassegna di cinque concertidedicati alla musica di Malipiero e del primoMaderna. I programmi, per la parte malipieriana,prevedevano alcune prime esecuzioni assolute comeil ciclo di liriche per voce e pianoforte Keepsake(Luisa Castellani, soprano; Aldo Orvieto, pianofor-te) e il brano per 11 strumenti intitolato Endecatode(Quartetto di Venezia, Ex-Novo Ensemble, diretto-re Claudio Ambrosini). Un intero programmamalipieriano è stato interpretato da un quartetto disolisti d’eccezione comprendente Giuliano Carmi-gnola, Mario Brunello, Pietro De Maria e AndreaLucchesini. Per la parte dedicata a Maderna è stataproposta, tra l’altro, l’esecuzione del Concerto perdue pianoforti e strumenti nelle versioni di Veneziadel 1948 (inedita) e nella versione pubblicata daMaderna per Suvini Zerboni nel 1955. Di questarassegna è in corso di definizione l’edizione di-scografica con la Casa Fonit-Cetra.

Tra il 4 dicembre 1995 e il 26 marzo 1996 laFondazione Malipiero ha promosso la rassegnaintitolata Isolamenti 1938-1945 in collaborazionecon la Fondazione Giorgio Cini, l’Orchestra diPadova e del Veneto, il Centro d’Arte degli Studentidell’Università di Padova. Configurata in cinqueprogrammi di concerto (per un totale di 15 concerticircuitati in tre provincie della Regione: Venezia-Padova-Treviso-Portogruaro-Asolo) e in una seriedi iniziative informative, didattiche e scientifiche,questa rassegna si proponeva di offrire un percorsooggettivo lungo la musica di sette autori compresanell’arco cronologico tra il 1938 e il 1945 (Malipiero,Luigi Dallapiccola, Karl Amadeus Hartamnn, HansKràsa, Gideon Klein, Viktor Ullmann, Pavel Haase inoltre il brano per nastro magnetico di Luigi Nono

Gian Francesco Malipiero

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Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz). Si propo-neva di offrire, a cinquant’anni dalla Liberazione,un percorso lungo sette diverse realtà di isolamentoo solitudine creativa, per coazione o per scelta,durante gli anni bui della dittatura fascista e dellabarbarie razzista. Lungo la musica di Hartmann(1905-1963), dotatissimo compositore bavareseancora praticamente ineseguito in Italia, che riflettela consapevolezza dell’artista di fronte al diveniretragico della Storia. Lungo la musica di Dallapiccolae Malipiero che, in diverso modo, registra dal 1938,con la protesta tardiva o l’emigrazione verso inquie-tanti isole dell’arte, l’arresto tra la vita civile inEuropa. Lungo quella dei compositori cechi Klein,Haas, Kràsa, Ullmann, internati nel ghetto di Terezìne capaci di produrvi, in condizioni che oggi ciappaiono umanamente “impossibili”, opere di gran-de intensità e qualità artistica. Fino alla loro fine adAuschwitz, essi furono martiri del valore civiledell’arte, della musica – di esperienze e conoscenzein grado di unire gli uomini nel rispetto reciproco e

nella dignità del lavoro per la collettività sociale. Icinque programmi concertistici della rassegnaIsolamenti 1938-1945 sono stati, grazie alla colla-borazione della Casa Fonit-Cetra, interamente “tra-sferiti” su cinque CD di grande importanza siaconoscitiva (numerose le prime edizioni discogra-fiche assolute) sia per la qualità degli interpreti, tracui spiccano i nomi di Mario Brunello, il Quartettodi Venezia, l’Orchestra di Padova e del Veneto, ipianisti Aldo Orvieto, Matteo Liva, e Marina D’Am-broso, l’Athestis Chorus di Filippo Maria Bressan,il Coro di voci bianche della Radio-TelevisioneSlovena e del suo direttore Nada Matosevic.

Per il 1997-98 la Fondazione Malipiero promuo-verà una nuova rassegna di eventi concertisticiintitolata Parabole d’Orfeo e dedicata all’interpre-tazione autobiografica novecentesca del mitofondativo dell’“essere in musica”, alla metafora oall’allegoria del compositore come “essere che siproietta all’esterno” nella dimensione del suono.Essa riguarderà la musica di tre autori oltre a

Malipiero: Alfredo Casella e Hans Werner Henza esi prevede anche una nuova produzione di MarcelloPanni che metterà in musica, per la prima volta,l’unico testo “letterario” di Wolfgang AmadeusMozart, pervenutoci con titolo di Frammenti daglienigmi di Zoroastro (1786).

Infine, il 1997 dovrebbe veder andare in porto unprogetto da tempo ormai coltivato dalla FondazioneMalipiero. Il Comitato Scientifico ha infatti indivi-duato la necessità urgente di istituire un Centro diDocumentazione Discografica della Musica delNovecento collegato al bando di un Premio delDisco sul Novecento. Un’istituzione che realizzi unmomento di confronto costruttivo tra gli editori,ancora mancante nel panorama italiano, con lagrave conseguenza della poca disponibilità dellecase ad impegnarsi con produzioni di alto livello inquesto settore del repertorio. E che possa fornire unvalido contributo alla messa a fuoco di strategie emodalità che favoriscano lo sviluppo dell’ascoltodella musica contemporanea.

Il Centro per la storiadell’Università di Padova(Cinzio Gibin)

Il 31 ottobre 1981 con D.P.R. 1115 il Centro perla storia dell’Università di Padova ottenne il ricono-scimento e l’inserimento nello satuto dell’Universi-tà di Padova. La finalità del Centro è quella di“promuovere con rigore scientifico la conoscenzadella storia dell’Università di Padova dalle originiai nostri giorni e dei suoi rapporti con la culturaitaliana ed europea”. La costituzione del Centro nonè però recente, esso infatti è sorto nel 1922 inoccasione del settimo centenario della fondazionedell’Ateneo patavino. Dapprima fu denominato Isti-tuto e poi Comitato. Dal 1922 al 1939 non sidistingue per la promozione di particolari iniziati-ve; nel ’39, quando Rettore era Carlo Anti, vengonoprodotte delle pubblicazioni. Fu verso la metà deglianni Sessanta che il Centro si riorganizzò. Alla suaricostituzione contribuì in particolare Paolo Sambin,che fu il fondatore della rivista “Quaderni per laStoria dell’Università di Padova” il cui primo nu-mero uscì nel 1968. Sambin rimase alla direzionedel Centro fino al 1981; dal 1982 al 1992 svolsel’incarico di direttore Lucia Rossetti, alla qualesubentrò nell’incarico l’attuale direttore, Piero DelNegro.

Allo scopo di raggiungere il fine di promuoverela conoscenza della storia dell’Università, il Centrocura: 1) la conservazione, riordino e consultazionedegli archivi universitari, nonché la riproduzione inmicrofilm dei manoscritti; 2) la conservazione,schedatura e riproduzione fotografica di epigrafi; 3)la conservazione e schedatura del medagliere; 4) laconservazione e l’incremento di una raccoltabibliografica e iconografica; 5) la promozione tragli studenti universitari di ricerche sulla storiadell’Ateneo; 6) la pubblicazione di monografie.Ricca è stata in questi ultimi trent’anni la pubblica-zione di ricerche. Per favorire gli studi, il Centro èdotato di tre strumenti: la rivista, di cui si è già fattocenno, e due collane, le “Fonti” e i “Contributi”.

Avviata sul finire degli anni Sessanta da Sambin,la rivista, pur mantenendo una continuità diimpostazione, ha modificato negli anni l’assettodirezionale e redazionale. I primi quattro numerivedono infatti nell’organigramma solo il direttoreSambin, il quale, dal quinto all’undicesimo, è statoaffiancato da una redazione composta da LuciaRossetti e Lia Sbriziolo. Dal dodicesimo al ventesi-mo numero la redazione viene notevolmente am-pliata e nella direzione, oltre a Sambin, figura ancheAgostino Sottili. Dal numero ventuno al numeroventicinque entrano a far parte della direzione altristudiosi oltre ai due precedenti: Gregorio Piaia,Luciano Gargan, Piero Del Negro, quest’ultimo conl’incarico di direttore responsabile.

Le Fonti per la storia dell’Università di Padovahanno seguito finora tre filoni di ricerca: la pubbli-cazione degli “Acta graduum academicorum Gym-nasii Patavini”, degli “Acta artistarum” e degli“Acta iuristarum” della Natio Germanica, infine dei“Rotuli”. Degli Acta graduum in quest’ultimo quin-quennio sono stati pubblicati, a cura di MichelePietro Ghezzo, quelli che vanno dal 1451 al 1460;

Giovanna Pengo ha curato invece quelli compresitra gli anni 1461-1470, pubblicati nel 1992. In fasedi preparazione sono gli Acta graduum dall’anno1551 all’anno 1565, curati da Elisabetta HellmannDalla Francesca ed Emilia Veronese Ceseracciu. Lapiù recente pubblicazione degli Acta della Natiogermanica risale al 1986: si tratta di Matriculaartistarum (1553-1721) a cura di Lucia Rossetti;sono invece in fase di studio i Matricula Iuristarum(1546-1801). Dei Rotuli, finora non vi sono statepubblicazioni; in preparazione vi sono i Rotuliartistarum, a cura di Elisabetta Barile.

La pubblicazione delle Fonti informa anchesull’impostazione metodologica seguita dagli stu-diosi dd Centro e che si richiama all’insegnamentodi Sambin: prestare attenzione alle fonti d’archivio,avere cura di ricercare e studiare il documentoperché esso rappresenta la base di qualsiasi indagi-ne condotta dagli storici. È attraverso la documen-tazione archivistica che si procede ad una ricostru-zione storica filologicamente corretta.

Il rigore filologico è la caratteristica della collana“Contributi alla storia dell’Università di Padova”.Una scorsa all’elenco delle pubblicazioni evidenziaimmediatamente l’interesse prestato a GalileoGalilei, di cui è noto che gli anni trascorsi a Padovafurono i migliori della sua vita. Ma sono statieffettuati studi anche su altre figure del mondouniversitario padovano: Giambattista Morgagni,Andrea Alpago, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia,Lazzaro Bonamico; inoltre su personaggi dell’epo-ca contemporanea come Concetto Marchesi e CarloAnti. Non mancano gli studi relativi ai rapporti tral’Ateneo di Padova e altre Università, come quelledi Cracovia e Bologna. Sono state svolte ricerchesullo Studio teologico di Padova e sulle tesi inteologia. Quello che si può notare è che dal 1982accresce l’interesse verso lo studio della storia dellascienza: non vi sono solo le pubblicazioni su Galileo,ma anche su Leibniz, Newton, Bernoulli, Poleni.

Negli anni Novanta, in particolare sotto la dire-zione di Del Negro, il Centro sviluppa un’attività ditipo convegnistico. Nel maggio 1993 viene presen-tato il volume che raccoglie i contributi delle duegiornate di studio organizzate nel marzo 1990 inoccasione del centenario della nascita di Carlo Anti,Rettore dell’Università di Padova. Nell’ottobre 1993,presso il Palazzo del Bo, si tiene il convegno “CarloGoldoni dottore ‘in utroque iure’ a Padova”. Nel

Prospetto del Palazzo del Bo con la torre dei Carraresi e,sulla sinistra, l’antica chiesa di S. Martino demolita agli inizi

del XIX secolo (incisione di Francesco Bellucco)

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maggio 1994 viene dedicata una giornata di studioa Charles Patin (“Celebrazioni Patiniane. CarolusPatinus l633-1693”). Nello stesso anno, dal 27 al 28ottobre, nella sala dell’Archivio Antico del Bo, si ètenuto il convegno “La storia delle università italia-ne. Archivi, fonti, indirizzi di ricerca”. Il Centro hadato altresì la propria adesione al convegno orga-nizzato dal Comune di Padova su “Eugenio Curielnella cultura e nella storia d’Italia”, svoltosi alPalazzo della Gran Guardia nel febbraio 1995.Ultima, in ordine di tempo, la conferenza “Studi distoria dell’Università e della cultura (sec. XV-XX) inonore di Lucia Rossetti”.

Tali iniziative promosse dal Centro hanno ilpregio di proiettare all’esterno l’attività di ricostru-zione della storia dell’Università patavina, favoren-do quello scambio di idee e quella circolazione diconoscenze che sono di estrema importanza nel-l’opera di scavo svolta dallo storico.

Pubblicazioni del Centro per la storiadell’Università di Padova

A) FONTI

ACTA GRADUUM ACADEMICORUM GYMNASII PATAVINI

(1406-1806):

I. ab anno 1406 ad annum 1450, a cura di G. Zontae G. Brotto:

1. ab anno 1406 ad annum 1434, Padova 19702,pp. XXIV-332.

2. ab anno 1435 ad annum 1450, Padova 19702,pp. XXI-335.

3. Index nominum, Padova 19702, pp. XXI-117.

II. ab anno 1451 ad annum 1500:

1. ab anno 1451 ad annum 1460, a cura di M.P.Ghezzo, Padova 1990, pp. XIX-242.

2. ab anno 1461 ad annum 1470, a cura di G.Penco, Padova 1992, pp. XX-489.

III. ab anno 1500 ad annum 1550, a cura di E.Martellozzo Forin:

1. ab anno 1501 ad annum 1525, Padova 1969,pp. XXII-448.

2. ab anno 1526 ad annum 1537, Padova 1970,pp. VII-454.

3. ab anno 1538 ad annum 1550, Padova 1971,pp. VII-423.

4. Index nominum, Padova 1981, pp. XXVIII-200.

IV. ab anno 1551 ad annum 1565, a cura di E.Hellmann Dalla Francesca e E. Veronese Ceseracciu(in preparazione).

V. ab anno 1601 ad annum 1605, a cura di F. ZenBenetti, Padova 1987, pp. XX-748.

NATIO GERMANICA:

I. Acta artistarum:

1-2. Atti della nazione germanica artista nelloStudio di Padova [1553-1615], a cura di A.Favaro, Venezia 1911-1912, voll. 2.

9. E. FRANCESCHINI, Concetto Marchesi. Linee perl’interpretazione di un uomo inquieto, 1978.

10. F.L. MASCHIETTO, Elena Lucrezia CornaroPiscopia (1646-1684), prima donna laureata nelmondo, 1978.

11. T. PESENTI MARANGON, La Biblioteca Universi-taria di Padova, dalla sua istituzione alla fine dellaRepubblica Veneta (1629-1797), 1979.

Trieste, Lint:

12. R. PALMER, The Studio of Venice and itsgraduates in the sixteenth century, 1983.

13. F. DE VIVO, L’insegnamento della pedagogianell’Università di Padova durante il XIX secolo,1983.

14. Il “Catalogo dei libri” di Giambattista Mor-gagni, a cura di E. Barile e R. Suriano, 1983.

15. Scienza e filosofia all’Università di Padova nelQuattrocento, a cura di A. Poppi, 1983.

16. T. PESENTI, Professori e promotori di medicinanello Studio di Padova dal 1405 al 1509. Repertoriobio-bibliografico, 1984.

17. F. PIOVAN, Per la biografia di Lazzaro Bonamico.Ricerche sul periodo dell’insegnamento padovano(1530-1552), 1988.

18. A. GAMBASIN, “Theses” in sacra teologia nel-l’Università di Padova dal 1815 al 1873, 1984.

19. G.A. SALANDIN - M. PANCINO, Il “teatro” difilosofia sperimentale di Giovanni Poleni, 1987.

20. Rapporti tra le Università di Padova e Bologna.Ricerche di filosofia, medicina e scienza, a cura diL. Rossetti, 1988.

21. M.L. SOPPELSA, Leibniz e Newton in Italia. Ildibattito padovano (1687-1750), 1989.

22. A. ROBINET, L’empire Leibnizien. La conquêtede la chaire de mathématiques de l’Université dePadoue. Jakob Hermann et Nicolas Bernoulli (1707-1719), 1991.

23. A. FAVARO, Scampoli galileiani, vol. I, a cura diL. Rossetti e M.L. Soppelsa, 1992.

24. A. FAVARO, Scampoli galileiani, vol. II, a cura diL. Rossetti e M.L. Soppelsa, 1992.

25. A. FAVARO, Adversaria galileiana, a cura di L.Rossetti e M.L. Soppelsa, 1992.

26. Carlo Anti. Giornate di studi nel centenariodella nascita (Verona-Padova-Venezia, 6-8 marzo1990), 1992.

27. M. MINESSO, Tecnici e modernizzazione nelVeneto. La scuola dell’Università di Padova e laprofessione dell’ingegnere (1806-1915), 1992.

28. M.R. DAVI, Bernardino Tomitano filosofo, me-dico e letterato (1517-1576). Profilo biografico ecritico, 1995.

29. A. VEGGETTI - B. COZZI, La Scuola di Medicinaveterinaria dell’Università di Padova, 1996.

Centro per la storia dell’Università di Padova

Sede: Archivio Antico dell’UniversitàPalazzo del Bo - via VIII Febbraio, 2 - Padova

Direttore: Piero Del Negro

Consiglio direttivo: Cesare Pecile, Loris Premuda,Antonio Rigon, Camillo Semenzato

Incisione da Storica dimostrazione della città di Padovanelle sue parti principali..., Padova 1767

3. Acta nationis Germanicae artistarum (1616-1636), a cura di L. Rossetti, Padova 1967, pp.XIV-444, 6 tavv.

4. Acta nationis Germanicae artistarum (1637-1662), a cura di L. Rossetti e A. Gamba (in corsodi starnpa).

II. Acta iuristarum:

1. Atti della nazione germanica dei legisti nelloStudio di Padova [1545-1609], a cura di B.Brugi, Venezia 1912.

2. Acta nationis Germanicae iuristarum (1605-1709), a cura di G. Mantovani, Padova 1983, pp.XII-656, 24 tavv.

III. Matricula artistarum (1553-1721), a cura di L.Rossetti, Padova 1986, pp. XVII-505.

IV. Matricula iuristarum (1546-1801), allo studio.

ROTULI (l430-l8l5):

I. Rotuli artistarum, a cura di E. Barile (in prepara-zione).

II. Rotuli iuristarum, allo studio.

B) CONTRIBUTI

Padova, Antenore:

1. Relazioni tra Padova e la Polonia. Studi in onoredell’Università di Cracovia nel VI centenario dellasua fondazione, 1964.

2. F. LUCCHETTA, Il medico e il filosofo belluneseAndrea Alpago († 1522) traduttore di Avicenna, 1964.

3-4. A. FAVARO, Galileo Galilei e lo Studio diPadova, 1966, 2 voll.

5. A. FAVARO, Galileo Galilei a Padova, 1968.

6. L. GARGAN, Lo Studio teologico e la biblioteca deidomenicani a Padova nel Tre e Quattrocento,1971.

7. A. SOTTILI, Studenti tedeschi e Umanesimo Italia-no nell’Università di Padova durante il Quattro-cento. I: Pietro del Monte nella società accademicapadovana (1430-1433), 1971.

8. G. BRUNETTA, Gli inizi dell’insegnamento pubbli-co dell’architettura a Padova e a Venezia. Cronacae storia, 1976.

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Il Delta ilariano della Venezialagunare nel Medioevo *

(François-Xavier Leduc)

Poche sono le opere dedicate, nel corso dei seco-li, alla storia e, in particolare, alla topografia dellalaguna di Venezia, argomento complesso e diffici-le, in cui solo un ristretto numero di “temerari” haavuto il coraggio, è il caso di dirlo, di immergersi.

Alla fine del XVIII secolo e agli inizi del succes-sivo, la Dissertazione del Temanza (1761), la Legi-slazione del Tentori (1792), seguite dalle Memoriedello Zendrini (1811) e, infine, dalle osservazionisulle stesse del Filiasi (1812), hanno marcato quellache può considerarsi l’emergenza di un punto divista scientifico, fondato sull’analisi delle fontidocumentali, di difficile accesso, coordinamento einterpretazione.

A secolo inoltrato, il poderoso trattato su Veneziae le sue lagune (1847, 4 voll.) tentava una primamessa a punto sull’argomento. Successivamente, ilSaggio di cartografia della regione veneta (1881)del Marinelli facilitava il ricorso a strumenti d’ana-lisi fondamentali.

La pubblicazione, fra il 1919 e il 1930, degliAntichi scrittori di idraulica veneta (rist. 1987) harappresentato una tappa fondamentale, sia per latutt’ora attuale importanza dei testi che vi venivanosvelati, sia, soprattutto, per le osservazioni cheaccompagnavano tali documenti. Quelle del Pava-nello, allegate alle Scritture sulla laguna di MarcoCornaro, che aprivano questa preziosa collezione,restano tutt’oggi opera di primaria rilevanza.

Un’ulteriore tappa è rappresentata dai lavori delCessi che, in questo come in altri settori, fissò alcuniimportanti capisaldi. Ricordiamo due celebri arti-coli del 1921: uno, sulla Diversione della Brenta edil delta ilariano nel XII secolo, uscito negli “Attidell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti”,l’altro, su di un falso documento di Lotario (839)nelle sue relazioni con il delta stesso, apparso nellacorrispondente serie dell’Accademia delle Scienzedi Padova. Diversi altri titoli, raccolti in una secon-da grande opera di sintesi lagunare pubblicata du-rante la guerra (La laguna di Venezia, 1943) e, inseguito, negli “Atti” sopracitati (nel 1957-58 e nel1960), ritornano, ampliandolo, sull’argomento.

A partire dagli anni Sessanta si vive una nuovafase: l’interesse per l’ambiente lagunare (è signifi-cativo che l’articolo del Cessi del 1960 sia statopubblicato in occasione di un convegno dedicatoalla Laguna di Venezia), la nuova tendenza sto-riografica verso ricerche specifiche sulle città, gliscavi di Torcello, contribuirono a far aumentare glistudi in materia, soprattutto rinnovandoli, rivolu-zionandone i metodi.

La Storia di Venezia, nata praticamente già supe-rata nel 1960, si soffermava sull’argomento (grazieai contributi di Brunetti e Brusin), poi, a circa undecennio d’intervallo l’una dall’altra, due mostre acarattere storico prendevano la laguna per tema: nel1970 la Mostra storica della laguna di Venezia, chediede luogo a un’imponente pubblicazione 1, e nel

1983 quella su Laguna, lidi, fiumi. Cinque secoli digestione delle acque, allestita in occasione di unconvegno di studi di cui sono stati pubblicati gli at-ti 2. Ma i sensibili progressi di questo periodo sonodovuti soprattutto all’esemplare pubblicazione deidocumenti del Monastero di Sant’Ilario da parte diLanfranchi e Strina (1965), ai lavori di scavo di E.Canal sul luogo, che vanno avanti da diversi decen-ni, e, infine, alle opere di Wladimiro Dorigo e allericerche da lui suscitate e dirette nell’ambito del suoinsegnamento 3.

Questo sommario richiamo al contesto preceden-te consente di comprendere appieno l’importanza el’originalità della recente opera di Lidia Fersuochdedicata ad alcune fondazioni lagunari medievali.Questa giovane autrice, che partecipa da circa diecianni agli scavi di Canal ed è, dal 1991, Ispettoreonorario per i Beni Archeologici della Gronda La-gunare di Venezia, si era già fatta notare per avereindividuato e commentato un preciso e dettagliatopiano della complessa topografia realtina nel Me-dioevo, in una recente pubblicazione di Princivallie Ortalli sul capitolare degli Ufficiali di Rialto 4. LaFersuoch sta per dare alle stampe anche l’Atlantedel Codex Publicorum (raccolta di sentenze dellaMagistratura più particolarmente competente nelrecupero di beni pubblici indebitamente appropria-ti), una vera e propria “miniera di informazionitopografiche”, in corso di pubblicazione ad operadel “Comitato per la pubblicazione delle fonti rela-tive alla storia di Venezia”.

L’autrice dedica il suo nuovo lavoro alla localiz-zazione e alla storia di tre complessi di edifici ecostruzioni annesse, situati in una zona rimastafinora indeterminata, sui primi dintorni lagunari diVenezia, grosso modo a sud-ovest e a sud-sud-ovestdella città. Gli agglomerati individuati sono i se-guenti: a sud-ovest, all’altezza di Fusina, S. Leonein bucca fluminis e gli edifici civili vicini (questiultimi portati alla luce nel 1970, 1973 e 1985);alcuni chilometri più a nord, S. Onofrio; e infine,alla stessa distanza di S. Leone ma verso sud, S.Leonardo in Bocca Lama, sede della fossa comuneall’epoca della peste nera del 1348. Quest’ultimosito venne scoperto casualmente nel 1966, durantegli scavi per la costruzione del canale petrolifero daMalamocco a Marghera, e in seguito esplorato adintermittenza tra il 1968 e il 1985, con sempremaggiori difficoltà, dato il progressivo degradodel perimetro.

La prossimità con Venezia spiega, ovviamente,l’interesse di questi complessi, che presentano fraloro numerose altre similitudini, conferendo impor-tanza e unità alla zona in esame e al suo studio.Topograficamente essi si trovano sulle rive stessedella laguna, alla foce o nelle vicinanze di fiumi egrandi distese d’acqua, probabilmente tra i piùimportanti della regione. Questo è un settore diffi-cile da studiare per un insieme di fattori sfavorevoli,tra cui, in primo luogo, la complessità e l’instabilitàdel sistema idrografico.

Esso è essenzialmente composto dal corso infe-riore del Brenta, principale fiume della foce lagunaree, dunque, arteria principale del transito in prove-nienza o a destinazione della Terraferma. Si tratta diun vero e proprio delta, dai bracci e dalle imbocca-ture difficilmente localizzabili data la loro instabi-lità. Il Brenta, che fino a circa la metà del XII secolosfociava nei dintorni di Chioggia, era stato deviatonel 1142 dai Padovani a Noventa, in direzione diVenezia, formando quello che fino ai nostri giorniveniva considerato il Brenta detto Brenta Vecchia o,ancora, Una, o Secca, o S. Ilario, le cui foci eranofinora state situate dagli studiosi davanti a S. Gior-gio di Alga. Nascono però diverse complicazioni.Innanzitutto, il suo corso non è situabile con preci-sione. Inoltre, a monte, verso Oriago, il Brenta si

divideva, generando un fiume omonimo, la cui foceveniva localizzata a nord della prima, a Fusina. DaOriago, con lo stesso nome e anche con quello diBrenta Secca, si diramava, a sua volta, un braccio insecca o quasi, che sfociava diversi chilometri a norddi Fusina. Peraltro, tra il Brenta di S. Ilario el’Oriago di Fusina, così definiti, si reperivano diver-se grandi distese d’acque (in particolare, i dueVisignon, la Morenzana, il Tergola), alle qualivenivano ad aggiungersene altre a sud del primo (adesempio, la Lenzina). Il tutto veniva giustamentedescritto dal Pavanello come una immensa zonalacustre. Il limite nord di questo imponente com-plesso idrografico era formato dal Muson-Bottenigo,al di là del quale, sempre verso nord, si potevanoindividuare i corsi che bagnavano Mestre e oltre.

La configurazione teorica qui descritta la si ritro-va già nella Carta Valier (copia realizzata dalCortivo, nel 1540, di uno schema legalizzato findalla prima metà del XV secolo). Tuttavia, l’interes-se della zona non è solo dovuto alle questionisollevate dalla sua topografia. Le difficoltà d’anali-si sono dovute anche alle fluttuazioni della to-ponimia storica, all’oscuratezza dei documenti (inparticolare testimonianze e sentenze), all’assenzadi schemi contemporanei (probabilmente perchéritenuti inutili, fatto molto significativo se si pensa,al contrario, all’impegno frequente di picchetta-menti), alla tardività della cartografia.

Come la Fersuoch fa giustamente notare all’ini-zio della sua opera, questa palude lagunare noncostituiva unicamente una zona di passaggio (diuomini e merci), ma formava anche un insediamen-to abitativo, era sede di comunità ecclesiastiche e,soprattutto, di non trascurabili attività agricole,marittime e agro-industriali. Inoltre, costituiva unasorta di difesa naturale della città, cosa di cui leautorità veneziane compresero ben presto l’impor-tanza, come riflette la costruzione di Sant’Ilario, daparte del doge Partecipazio, già durante il IX secolo.In breve, questa terra “pulsava di vita”. La pace, ilsilenzio profondo che avviluppa oggi questi luoghi(se si eccettua la raffineria con le sue vie d’accessoe il suo funzionamento), non hanno nulla a chevedere con l’attività dell’epoca.

Altri tratti comuni caratterizzano l’insieme degliedifici in questione. La fondazione o, almeno, l’am-ministrazione delle tre comunità non è di autoritàpubbliche ma, per due di esse, è ecclesiastica e, perla terza (S. Onofrio), è dei Minotto, dunque diiniziativa privata.

La nascita dei primi due edifici risale all’annomille, al più tardi all’inizio del XII sec. per S.Leonardo ed esattamente al 1182 per S. Leone. S.Onofrio, invece, sorge all’inizio del XIV secolo.Inoltre S. Leonardo e S. Leone dipendono dal poten-te monastero di S. Ilario, la cui influenza, anche seva declinando nei secoli successivi, si farà sempresentire. Essi costituiscono una sorta di avampostodello stesso monastero, fino ad essere, in specie perS. Leone, tenuto conto della sua vicinanza con lacasa-madre, una propaggine situata sull’entroterralagunare.

Si tratta in ogni caso di strutture stanziali com-plesse (13 costruzioni a S. Leonardo, tra cui unadiga a gomito di circa 35 metri, 9 attorno a S.Leone), comprendendo ciascuna una chiesa al pro-prio interno (S. Leonardo è un insieme di costruzio-ni monastiche, S. Onofrio, ricco di mulini a gual-chiera, prende il nome dal santo, patrono dei tinto-ri), oppure nelle vicinanze (S. Leone).

Nessuno di questi insediamenti supererà il XIVsecolo, lo stesso S. Onofrio sopravviverà solo peralcuni decenni. Questa situazione è legata al declinodi S. Ilario, all’insabbiamento del Brenta, alla co-struzione di una grande diga ad opera dei venezianinel 1324 che, deviando il fiume verso sud, privava

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* Il presente articolo trae spunto dalla recente pubblicazio-ne: LIDIA FERSUOCH, S. Leonardo in Fossa Mala e altrefondazioni medievali lagunari. Restituzione territoriale, sto-rica e archeologica, present. di Wladimiro Dorigo, Roma,Jouvence, 1995, 8°, pp. 115, ill., s.i.p. (collana della Facoltàdi Lettere e Filosofia dell’Università di Venezia - Sezione diStudi storici, artistici, 2 - Materiali e Ricerche, nuova serie, 18).

Materiali d’archivio

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così lo sbocco nei pressi di S. Leone del suo ruolo ditransito regionale e impediva qualsiasi funziona-mento agli stabilimenti tessili dei Minotto.

Infine, la recente riscoperta di questi luoghi e illoro studio hanno contribuito di sicuro a strapparliall’oblio, ma non potranno impedirne la scomparsa:come visto, il rinvenimento e la localizzazioneprecisa di S. Leonardo sono dovuti allo scavo delcanale petrolifero da Malamocco a Marghera, ma ilsuo percorso nel cuore stesso delle rovine e, soprat-tutto, la sua utilizzazione, che provoca una pesanterisacca al passaggio di ogni nave, altereranno il sitoarcheologico, ostacolando i lavori di escavazione,impedendo lo studio simultaneo di tutti gli elementia disposizione, conducendo, nell’arco di vent’anni,al progressivo annientamento. A tale proposito, ilracconto della Fersuoch di questi sconvolgimenti edella progressiva distruzione, nonché dell’assenzadella benché minima misura di salvaguardia (che,peraltro, era forse tecnicamente impossibile), offreun quadro desolante. A S. Leone, l’attuale presenzadi un camping rende impossibile l’allargamentodelle ricerche, mentre a S. Onofrio non è stato fattouno studio sul territorio.

La ricerca intrapresa da Lidia Fersuoch risulta diparticolare valore, in primo luogo metodologico.L’approccio archeologico, ossia il preciso rileva-mento sul terreno, seguito da un importante lavorodi descrizione e classificazione in laboratorio, vieneutilizzato per S. Leonardo e, in misura minore, acausa dell’assenza di scavi, per S. Leone. È statainoltre effettuata un’accurata consultazione degliarchivi: in primo luogo gli atti, per la maggior parteoriginali, di S. Ilario, il Codex publicorum, citato inprecedenza, e alcune esecuzioni testamentarie pres-so le Procuratie di San Marco; in secondo luogo,numerose carte antiche per la più parte inedite, chel’autrice ha saputo ritrovare in alcuni fondi poconoti o di difficile accesso, per poi utilizzarle eraffrontarle molto intelligentemente.

La compresenza originale dei tre approcci –archeologico, documentario e cartografico – hapermesso di basare la ricerca su di una massaimponente di documenti: come ci dice Dorigo, 316frammenti di ceramica, 127 lastre di marmo scolpi-te, 116 documenti che datano fra il 1182 e il 1539,45 carte antiche, 43 reperti di mattone, sono statioggetto di una nota museologica o di una trascrizio-ne speciale, rimaste purtroppo inedite.

Lidia Fersuoch dedica il primo capitolo del suolavoro alla complessa questione della topografia ealla precisa descrizione dei tre insediamenti e del-l’ambiente circostante (sbocchi dei fiumi, specchid’acqua, mulini, zone di pesca, coltivazioni). L’ana-lisi conduce a risultati nuovi e importanti: in primoluogo, la conferma del ruolo centrale del Bottenigo,il cui corso inferiore e la cui foce hanno avuto ilbuon gusto di non spostarsi nel periodo considerato.Grazie a questo punto fermo si progredisce sensibil-mente nella questione fondamentale della localiz-zazione del corso e della foce del Brenta, puntocentrale di tutta la topografia storica della regione.L’autrice sposta il corso inferiore e la foce del-l’Oriago, restituendogli una direzione sud-nord daidintorni di Fusina (finora considerati come la suafoce), fino alla alla confluenza con il ramo di Casonche scorre verso est. La foce viene dunque spostataverso nord, poi verso est, per situarsi attualmenteall’altezza di S. Onofrio, esattamente tra il Navigliodell’attuale Brenta e la foce del Bottenigo. Perprocesso regressivo, la foce della Brenta vecchia,consecutiva al taglio del 1142, non è più, come si eracreduto finora, davanti a S. Giorgio di Alga, ma èrespinta anch’essa più a nord, a Fusina. In altritermini, il Brenta inferiore non viene più confusocon l’Oriago delle antiche configurazioni, ma se nedistacca e lo sostituisce. Vengono inoltre precisate

teresse delle autorità politiche nei loro confronti,avrebbero meritato un approfondimento analitico.

Il terzo capitolo è dedicato all’esposizione ar-cheologica del complesso di S. Leonardo (chiesa anavata unica, di circa 13 x 8 metri, e a tre absidisemicircolari inseriti nel rettilineo e massiccio murodel fondo, edifici conventuali e di altro tipo, la cuidestinazione rimane a volte difficile da determina-re), con uno studio particolare delle fondamenta,che rivelano la persistenza di pratiche di origineromana, e della struttura muraria. La chiesa è disapiente progettazione e di accurata costruzione.Importanti innovazioni tecniche sono utilizzate neimateriali, in particolare nei mattoni e nelle lorodimensioni, che permettono di risalire al periodo difabbricazione (tipo romanico dei secoli VII-IX, tipodi transizione dei secoli X-XII, infine l’altinellaveneziana a partire dagli inizi del XII secolo) e,quindi, costituiscono un criterio capitale per ladatazione. L’autrice individua due grandi fasi dicostruzione del luogo: la prima risalente all’XI seco-lo e agli inizi del successivo (in particolare per lachiesa e per quello che sembra essere un edificioconventuale), l’altra di poco posteriore. Quanto alladiga, destinata a proteggere dall’avanzata delle ac-que marine, ne viene situata la costruzione all’incir-ca attorno al 1100, contemporaneamente dunqueall’importantissimo abbandono di Malamocco perle medesime cause.

Un quarto e ricco capitolo inserisce il modelloarchitettonico di S. Leonardo nel contesto regionalee internazionale. Com’è noto, le chiese paleocristianeche presentano un’abside semicircolare iscritta, af-fiancata da locali laterali 6 o da altre absidi ugual-mente iscritte, sono frequenti nel Nord Italia enell’Istria 7. Ad esse viene spesso attribuita un’ori-gine o un’ispirazione siriana. In effetti, un grannumero di edifici della Siria, principalmente delNord, fra cui la chiesa cosiddetta “del Sud” a Ruweiha(80 km a sud-ovest di Aleppo, sui contraffortiorientali del Jebel Zawiye), presentano queste ca-ratteristiche architettoniche 8. Dopo un’attenta ana-lisi comparativa prima con le architetture siriane 9,poi con quelle dell’Istria e della Dalmazia 10, l’autri-ce propende, per i nostri complessi, per un’origine,o meglio per un archetipo romano, ripreso e adattatoad un quadro regionale, in particolare istriano-dalmata, che si diffonde nell’architettura lagunare eurbana fra il VII e il XII secolo. Queste sembrano leipotesi più verosimili, soprattutto se si pensa alloscarso valore attribuito oggi alla vecchia concezio-ne dell’origine siriana 11. Per quanto riguarda S.Leonardo, la cui costruzione risale circa alla fine diquesto periodo, senza identificazione del fondatorerisulta molto difficile determinare le influenze pre-cise, in realtà probabilmente multiple, sull’opera.

Il quinto capitolo è dedicato alle ceramiche rac-colte a S. Leonardo (le circostanze ne hanno impe-dito l’analisi stratigrafica), ai marmi (di grandequalità e di reimpiego), e a una importante pietra disoglia.

Il sesto e ultimo capitolo si sofferma su S. Leone,o meglio sulle strutture vicine, costruzioni civili digrande interesse, poiché illustrano le modalità d’in-serimento delle autorità veneziane nell’immediataterraferma: posta di Fusina, con resti di un pontonee di una diga, di cui alcuni elementi risalgono al XIIIsecolo. Si tratta in particolare di un posto d’ispezio-ne doganale, segnalato in numerosi documenti delXIV secolo, semplice elemento di un fitto reticolato(in corso di studio) che Venezia aveva sviluppatosui bordi della laguna. I resti di altre due dighe(argini), fra cui nientemeno che l’Argine Vecchiodelle antiche carte, completano le scoperte.

Questa opera è di buon presagio per l’Atlante delCodex Publicorum, soprattutto se l’autrice vorràtener conto di una prospettiva storica più ampia.

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le dislocazioni delle varie distese d’acqua (in parti-colare, da sud a nord, i due Visignon, il Fondamen-to, il Tergola) e soprattutto le installazioni agro-industriali più importanti (quelle dei Minotto e deiMarcello). Infine, l’estrema vicinanza dei nostri treinsediamenti ai principali canali che li collegano aVenezia (Canale per il Bottenigo che porta a S.Onofrio; Canale di Vigo per il collegamento con S.Leone) e alla terraferma (complesso dei canali diFossa Mala, di Lova e Maggiore per S. Leonardo) neesce confermata e ben delineata.

I risultati cui giunge la Fersuoch sono di granvalore; in particolare essi superano la prova didocumenti poco noti 5 sui mulini che si trovano neipressi delle foci dell’Oriago e del Bottenigo,insediamenti difficilmente localizzabili a meno dinon situare il corso dell’Oriago secondo le tesi dellanostra autrice.

Nel secondo capitolo del suo lavoro la Fersuochtraccia una “ricostruzione storica” dei luoghi: sitratta di una raccolta documentaria dei rari atti chene fanno menzione. Segnaliamo un gruppo di docu-menti relativo ai mulini dei Marcello sul Visignone sulla Lenzina, la cui origine risale al 1246. Utilisarebbero risultati ulteriori approfondimenti sulleragioni o sul contesto nel quale sono stati decisi gliinsediamenti. La fondazione di S. Leone, non è,infatti, dovuta al caso. Essa è legata all’evoluzionedella navigazione interna, in particolare all’espan-sione di Mira alla fine del XII secolo, alla trasforma-zione delle principali foci nella laguna, all’avanzataconsecutiva delle terre alla stessa epoca. D’un trat-to, le acque si allontanano da S. Ilario, diminuendo-ne sensibilmente il ruolo nelle attività di transito e diaccoglienza. Questa fondazione non è isolata, poi-ché a partire dal XII secolo appaiono a Mestre e allafoce del Piave ospizi analoghi. Inoltre, la costruzio-ne dei mulini da parte dei Minotto riflette un ciclopiù vasto d’investimenti simili, di origine privata,che si possono osservare a Venezia a partire dal-l’inizio del XIV secolo, frutto di una crescitademografica, di una politica (che risulterà impru-dente) di crediti pubblici più accessibili, di unavolontà di dotarsi di una infrastruttura industriale. Irapporti degli insediamenti in questione con S.Ilario e Venezia, le loro attività, la loro evoluzione,le ragioni del loro declino (i mulini, non appenafondati, non ebbero alcun successo e la diga del1324, avendoli esclusi dal suo perimetro, li privò diqualsiasi mezzo di funzionamento), il chiaro disin-

Mappa acquerellata dellla Laguna e dell’entroterra realizzatanel 1557 dal proto inzegner Cristoforo Sabbadino, Venezia,

Biblioteca Nazionale Marciana, mss. it. IV, 485 (=5350)

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Note

1 Mostra storica della laguna di Venezia, Venezia 1970: cfr.in part. H. e L. LANFRANCHI, La laguna dal VI secolo al XIV.

2 Convegno di Studi «Laguna, lidi, fiumi. Cinque secoli digestione delle acque nelle Venezia», Venezia, 10-12 giugno1983, Venezia 1983, 2 voll.

3 Per una sintesi recente e magnificamente illustrata, in part.da antiche carte e fotografie aeree, si veda G. CANIATO - E.TURRI - M. ZANETTI, La laguna di Venezia, Verona 1995 (cfr.in part. S. CAVAZZONI, La laguna: origine e evoluzione, pp.41-75; W. DORIGO, Fra il dolce e il salso: origini e sviluppidella civiltà lagunare, pp. 137-191; E. CANAL, Le Venezie som-merse: quarant’anni di archeologia lagunare, pp. 193-225).

Fra le recenti opere d’interesse generale, si segnalano inol-tre: G. CAPORALI - M. EMO DE RAHO - F. ZECCHIN, BrentaVecchia, Nova, Novissima, Venezia 1980; P. MORACHIELLO,Le bocche lagunari, in Storia di Venezia, XII: Il mare, a cura diA. Tenenti e U. Tucci, Roma 1991; P. BEVILACQUA, Veneziae le acque, Roma 1995.

4 L. FERSUOCH, I luoghi del capitolare degli Ufficiali sopraRialto, in A. PRINCIVALLI - G. ORTALLI, Il capitolare degliUfficiali sopra Rialto. Nei luoghi al centro del sistema econo-mico veneziano (secoli XIII-XIV), Milano 1993, pp. LXXII-LXXVII.

5 Su richiesta di Maffeo Zane, gastaldio di S. Nicolò deiMendicoli (personaggio molto attivo nella zona, che conoscevaperfettamente e sulla quale fu chiamato a testimoniare, cfr.Fersuoch, p. 15), di Marino di Cavarzere e di Pietro Rosso di S.Moisè, che sollecitavano eis concedere graciose aquam apallata Tergolle, eundo superius usque at Botonigum per co-struirvi dei mulini, viene loro concessa ab ore fluminis Oriagiseu Brente siche versus Botenigum, sicut per dictos officiales[publicorum] fuerit dessignatum et terminatum... (ARCHIVIODI STATO DI VENEZIA, Avogaria de Comun, reg. 23,

Deliberazioni del Maggior Consiglio, Philippicus, c. 21 v.,1337, 28 agosto. I limiti non sono precisati).

6 Appare inappropriato qualificare pastophorie questi localiannessi lateralmente al muro di fondo, perlomeno allorché siparli di chiese paleocristiane; si tratta in realtà di vere e propriesacrestie (absida cum secretaria, infatti, come da un mosaicodel V sec. in situ, nella valle di Bachka). Cfr. R. STARAC, Sullascoperta di un’altra chiesa paleocristiana nell’isola di Krk(Veglia), “Hortus artium medievalium”, n. 2, Zagabria -Motovum 1996, pp. 137-141; N. DUVAL, Architecture et litur-gie, “Revue des études augustiniennes”, 42 (1996), p. 132.

7 Cfr. STARAC, op. cit., pp. 141-141.8 Questo tipo di costruzioni era conosciuto già dalla fine del

secolo scorso, grazie ai lavori di M. de Vogüe e in seguito, acavallo della prima guerra mondiale, a quelli di H.C. Butler.Cfr.: M. de VOGÜE, Syrie centrale. Architecture civile etreligieuse du Ier au VIème siècle, 2 voll., Paris 1864-1877 (inpart. vol. II, ill. 68, 69, 91); H.C. BUTLER, Architecture andother Arts. Sculpture, Mosaic and the Djebel Hauran, NewYork 1903 (Part II of the Publication of an AmericanArcheological Expedition to Syria in 1899-1900); ID., EarlyChurches in Syria, Fourth to Seventh Century, edited andcompleted by E.B. Smith, Princeton 1929 (rist. 1969).

9 Per un’informazione sulle architetture siriane si rimanda aifondamentali lavori di LASSUS (1947), di KRAUTHEIMER(trad. it. 1986), di GRABAR (1966) sui quali si sofferma anchela Fersuoch. Altrettanto fondamentali i lavori di G. TCHALENKOsulle chiese: Eglises de villages de la Syrie du Nord. Planches,Paris 1979; Album, Paris 1980; Eglises syriennes à bèma. Texte,Paris 1990 (su Ruweiha cfr. Eglises, pp. 183-192; per la chiesa“del sud”, che Tchalenko fa risalire non già al IV secolo comeButler, ma ai primi del secolo seguente, cfr. Planches, p. 284, n.465 e Album, p. 120, n. 326). Sempre di G. TCHALENKOsegnaliamo Villages antiques de la Syrie du Nord. Le massif deBelus à l’epoque romaine, Paris 1953-1958, 3 voll. Per unulteriore approfondimento sull’argomento si rimanda inoltre a:

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i preziosi contributi di G. Tate e J.M. Dentzer al convegnointernazionale “L’archéologie française au Levant” (Parigi1996), i cui atti sono in corso di stampa; F. RENHART, DasSyrische Bema Liturgisch-archäologische Untersuchungen,Graz 1995; G. TATE, Les campagnes de la Syrie du Nord duIIème au VIIème siècle: un exemple d’expansion démographiqueet économique à la fin de l’Antiquité, Paris 1992, vol. I; XXXVCorso di cultura sull’arte ravennate e bizantina. La Siria dalTardoantico al Medioevo: aspetti e problemi di archeologia estoria dell’arte (Ravenna, 19-26 marzo 1988). La Siria arabada Roma a Bisanzio (Ravenna, 22-24 marzo 1988), Universitàdegli Studi di Bologna, Istituto di Antichità Ravennate e Bi-zantina; La Syrie de Byzance à l’Islam. VIIème-VIIIème siècles.Actes du colloque international de Lyon - Maison de l’Orientméditerranéen, par P. Canivet et J.-P. Rey-Coquais, Paris 1990.

10 Importanti i confronti con l’Istria e la Dalmazia. Cfr. peruna sintesi (che comprende preziosi lavori slavi) gli Atti delconvegno tenutosi a Venezia nel 1988 su La Venezia nell’areapadano-danubiana, Padova 1990. Si deve ora aggiungere l’operacapitale di P. CHEVALIER, Ecclesiae Dalmatiae. L’architecturepaléochrétienne de la province romaine de Dalmatie (IVème-VIème s.) [en dehors de Salona], Roma - Spalato 1995 [=1996].Le chiese ad abside iscritta in un muro di fondo rettilineo, o atripla abside nel muro di fondo, sono rare in questa zona e nellaCroazia settentrionale (cfr. CHEVALIER, op. cit., t. II, pp. 77 e78 e STARAC, op. cit., pp. 140-141).

Per il Nord Africa, i dati segnalati dalla Fersuoch vannocompletati con l’opera fondamentale di L. GUI - N. DUVAL - J.-P. CAILLET, Basiliques chrétiennes d’Afrique du Nord(Inventaires et typologie), I: Inventaires des monuments del’Algérie, Paris 1992, 2 voll.

11 Cfr. N. DUVAL, L’architecture chrétienne de l’Afrique duNord dans ses rapports avec le Nord de l’Adriatique, “AntichitàAltoadriatiche”, V: Aquileia e l’Africa, Udine 1974, pp. 353-368; ID., Quelques remarques sur les églises-halles, “AntichitàAltoadriatiche”, XXII (1981), 1982, pp. 399-412.

la Maggiore, Vittorio Veneto, Godega di S. Urbano,Sacile e negli altri paesi della zona.

Ma oltre alla ricchezza documentata, il “patto”del 14 settembre 1296, sottoscritto e rispettato poi,a quanto si sa, dai contraenti e dai successori, sipropone all’attenzione degli studiosi e dei politicianche per altri motivi: quello di aver individuato learee di pertinenza del Veneto da un lato e del Friulidall’altro, con tutte le conseguenze culturali, econo-miche, amministrative e toponomastiche, e quellodi aver evidenziato, accanto all’autorità feudale, unnuovo protagonista destinato a crescere d’impor-tanza: gli “omini de Comun” di Caneva e Cordi-gnano, rappresentanti delle comunità locali e pre-cursori delle istituzioni democratiche (il ConsiglioComunale), i più propensi a trovare una forma diaccordo che portasse “buona pace e perpetua con-cordia” fra le parti.

Bibliografia essenziale

G. BONIFACCIO, Historia di Trevigi, Treviso 1591.

G.B. VERCI, Storia della Marca Trivigiana e Veronese,Venezia 1786.

G.B. PICOTTI, I Caminesi e la loro Signoria di Treviso,Livorno 1905.

P. PASCHINI, Storia del Friuli, Udine 1934.

AA.VV., Il territorio di Aquileja nell’antichità, Udine1979.

AA.VV., I Caminesi, Vittorio Veneto 1985.

A. CAUZ, Notizie storiche su Cordignano, Pordenone1988.

A. CAUZ, Toponomastica cordignanese, Vittorio Veneto1992.

Compie 700 anni il confinefra il Veneto e il Friuli(Antonio Cauz)

La catena montuosa del Pizzoc, assieme al corsodel Meschio-Livenza, che ne prosegue in pianura ladirettrice, sembra da sempre dividere nella geogra-fia regionale il Veneto dal Friuli; tuttavia tale con-fine, che separa non solo la comunità di Cordignano(Treviso) da quella di Caneva (Pordenone), maanche le suddette provincie e regioni, è assai anticoe trova nei documenti d’archivio la sua definizioneamministrativa; ricorre infatti quest’anno il 700°anniversario della determinazione ufficiale di talecontermine: ce ne dà notizia un rogito dell’anticoArchivio di Sacile, che G.B. Verci pubblicò nellasua Storia della Marca Trevigiana e Veronese (Ve-nezia 1787) col n. 391 dei documenti trascritti. Lasingolarità del contenuto e la particolareggiata to-pografia ne richiederebbero la trascrizione comple-ta, ma anche un semplice sunto può bastare a farneintuire l’eccezionale importanza e i motivi di attua-lità.

Correva dunque il 14 settembre del 1296; aStevenà, sotto il portico di Ser Arpulino, si dannoconvegno Rizzardo IV conte da Camino, figlio diGherardo III, Signore di Treviso (l’amico di DanteAlighieri), e Guigelmo della Torre, gastaldionecivile di Caneva per conto del Patriarca d’Aquileja.Li attendono uno stuolo di testimoni, oltre al NotajoFrancesco Nasimbeni e ai due giudici Tolberto daTopaligo e Aldrigone di Polcenigo, incaricati didirimere l’annosa controversia riguardante la deter-minazione dei confini tra i due fondi e la sovranitàsulla “Strada del Patriarca”, che dal 1274 collegava

la pianura con il Cansiglio e aveva grande importan-za per i trasporti di legname, per il passaggio degliarmenti e per andare nel Bellunese e nel Cadore.

Il notaio introduce l’argomento sintetizzando ipiù recenti avvenimenti: uomini armati del conteRizzardo avevano catturato a Cercenedo alcunimercanti, che transitavano con le loro some lungo lastrada suddetta e li trattenevano nel castello caminesedi Fregona; per ritorsione il gastaldo di Cordignanoaveva fatto altrettanto a Nogaruol con alcuni uominidi Cordignano, che teneva in prigione; ma questinon erano che gli ultimi di una serie di episodiricorrenti di sopraffazione reciproca, che talvoltaerano stati momentaneamente risolti per interventodel vicario patriarcale o di altra autorità superiore,ma a cui si riteneva necessario ovviare definiti-vamente, onde assicurare certezza al confine tra ledue amministrazioni e tranquillità alla zona.

Alla fine dell’istruttoria i due giudici emisero lasentenza, confermando la sovranità di Caneva inrelazione alla strada contesa sulla base di un criterioa tutta evidenza “orografico”, quello che fa coinci-dere approssimativamente la seprazione politicacon lo spartiacque della catena montuosa: il confinetra le sue gastaldie corre infatti dal Col Oliver dellaCrosetta fino al corso del Meschio in località Guadodi Piné e quindi “per medias aquas Mischi” fino alMolino di Ponte della Muda; nel documento sononominate tutte le località di confine e i relativi cippi,alcuni dei quali ancora localizzabili: Col Alt, Val dePosoch, Cima Banche, Val Bona, Cima de ValBona, Faidel, Piné, che tutt’ora costituiscono, salvolievi aggiustamenti apportati nel 1328, la linea didemarcazione fra le due comunità, confermata daVenezia per le podestarie, da Napoleone per i dipar-timenti, dall’Austria e dal successivo Regno d’Italiaper le provincie, infine dalla Repubblica italiana perle regioni. Val la pena di rilevare che per la primavolta viene citato il nome “Posocco”, che caratteriz-zerà una famiglia con antiche diramazioni a Cappel-

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San Marco:aspetti storici e agiografici(Cecilia Passarin)

Esiste un antico e saldo legame fra Venezia e sanMarco, l’evangelista che secondo la tradizionemedioevale fu inviato da san Pietro ad Aquileia perpredicare la fede cristiana che da quella città siirradiò per il mondo.

In occasione dei 900 anni della dedicazione alsanto della Basilica veneziana, antica chiesa ducalee ora cattedrale della città, sono state organizzatenumerose iniziative culturali, tra le quali il conve-gno i cui atti sono ora pubblicati nel poderosovolume che qui si presenta. L’incontro è stato impo-stato sugli aspetti storici e agiografici inerenti l’ori-gine, lo sviluppo, la diffusione e le caratteristichedella devozione a san Marco nella Venetia et Istriae nel dominio veneziano. I 42 interventi sono statiraggruppati seguendo le quattro sessioni del conve-gno: ad una prima parte dedicata alla storia e allaeagiografia del culto marciano, segue la sezionededicata allo studio dei documenti e dei simboli delculto nonché del loro significato non sempre soltan-to devozionale; ampia parte è stata dedicata allenuove ricerche sulle arti figurative e architettonichenonché alla diffusione del culto marciano in tutto ilbacino del Mediterraneo.

La sezione dedicata alle origini del culto e allasua affermazione in area veneta si apre con unaricerca nella quale viene ripercorsa la vita di sanMarco e soprattutto le tappe del suo apostolato,individuando nelle fonti notizie relative alla presen-za del Santo nella penisola italiana, in modo da poterricostruire le origini del legame fra l’evangelista eVenezia, risalendo alle vicende legate alle tensionifra il Patriarcato di Aquileia e la città lagunare perl’autorità vescovile, primaziale e patriarcale chevide Venezia primeggiare su Aquileia, individuan-do nel corpo stesso del santo (la traslazione avvennenell’828) l’elemento concreto di superiorità sul-l’antica sede patriarcale. La devozione cui fu ogget-to l’evangelista nell’Alto Adriatico, comunque, ri-sulta anteriore all’affermazione di Venezia (fra il IXe XI secolo); nella Repubblica, però, si configura fin

dagli inizi carica di significati che oltrepassanol’ambito religioso per costituirsi come espressionedi una identità religiosa, culturale e politica. Questaunione sempre presente fra sacro e profano è unadelle caratteristiche che contraddistinguono il cultomarciano a Venezia, soprattutto da parte dei gruppidi governo. La devozione popolare era viva e con-tinuamente stimolata: non è raro ancora oggi vederestatue o dipinti ornare le facciate o gli angoli deipalazzi veneziani. Si tratta di immagini di san Mar-co, della Vergine e di tutti gli altri santi scelti comeprotettori da una particolare categoria o venerati peri loro miracoli. La presenza di queste raffigurazioni,in ultima analisi, se contribuiva a mantenere viva lafede e la devozione, contribuiva anche a organizza-re la comunità che si riconosceva come un gruppoomogeneo accomunato dalla devozione per il me-desimo patrono.

La costruzione del santuario dedicato a san Mar-co (IX secolo) costituì il fulcro attorno al quale tuttala città trovava la sua unità anche politica, infatti illuogo prescelto era anche cappella ducale e simbo-licamente finiva per unire in sé il culto di san Marcoe la preesistete carica ducale, intrecciando indisso-lubilmente sacro e profano. Questa commistione frai due poteri più importanti in età medioevale è taleche il culto del Santo sembra deformarsi: l’effigiedel leone, simbolo di san Marco, diviene il segnodistintivo dei documenti ducali. Nella classe diri-gente e nobiliare veneziana la devozione per ilSanto diventa una devozione di stato, un’unica cosacon l’ossequio e la fedeltà alla Repubblica.

Procedendo nell’indagine delle fonti relative allabasilica custodite nell’Archivio di Stato di Veneziae in quello patriarcale, è stato approfondito anchel’aspetto istituzionale e organizzativo dell’anticacappella ducale, in particolare la figura del primi-cerio, una carica che resistette nei secoli e che fusmantellata nel 1797 quando, dopo la caduta diVenezia, furono eliminate le istituzioni politiche ereligiose del passato, soprattutto se avevano uncarattere di particolare rappresentatività. L’esem-pio chiarificatore della persistente commistione frasacro e profano è proprio nell’emblema di Venezia,il leone alato dell’evangelista Marco: il Santo nonsolo era stato scelto quale patrono della città, ma erastato elevato a sovrano dello Stato e l’adozione delsuo simbolo ne costituisce la naturale conseguenza.Questa decisione coincise anche con l’affermazio-ne dell’indipendenza politica e religiosa di Veneziae con una fase di assestamento istituzionale: poiché

san Marco non poteva governare direttamente, lacittà concede la carica al dux, il doge, che ne divieneil rappresentante eletto dagli uomini (impedendo,quindi, i tentativi di trasmissione della carica perdiscendenza familiare) ma investito dal Santo.

L’intero arco di vita della Repubblica viene ana-lizzato rinvenendo anche nel patrimonio icono-grafico marciano chiare indicazioni di come findalle origini si sia realizzato un continuo intrecciofra momenti religiosi, avvenimenti politici e presti-gio personale o di casato. I nobili che commissiona-rono i numerosissimi dipinti che impreziosisconoquasi tutte le chiese veneziane, agivano spesso persfruttare a fini propagandistici un efficace mezzo dicomunicazione visiva, come nel caso delle opereeseguite da Paolo da Venezia per il doge AndreaDandolo (1343-1354). Il Dandolo, doge, storico eumanista, volle esaltare la grandezza di Venezia, edel suo dogado, patrocinando il complesso progettodelle decorazioni musive che ornano il battisterodella Basilica marciana. Il ciclo fa capo a un ambi-zioso programma che prevedeva la trasformazionedi questa zona in uno spazio simbolicamente rap-presentativo della centralità religiosa della Basilicanell’organizzazione battesimale configurandosi,sempre a livello simbolico, come un segno anchedella centralità del governo.

Le ricerche sul culto, sulle immagini di sanMarco e sul significato che queste ebbero a Veneziasono arricchite da una sezione dedicata alla diffu-sione della devozione marciana antecedente e suc-cessiva all’affermazione del dominio veneziano nelbacino del Mediterraneo: dall’Istria e dalla Dalmaziasi passa alla Puglia, all’Oriente Mediterraneo (Co-stantinopoli, Candia, Beirut, Tiro, Acri) e a Creta,studiando le chiese, anche quelle minori, intitolatea san Marco oppure la presenza di sue reliquie,come per Reichenau vicino al lago di Costanza.

L’ampia sezione dedicata alle arti figurative pre-senta nuove ricerche e nuove letture delle prezioseopere custodite nella Basilica marciana: le decora-zioni della cupola dell’Ascensione, le scultureduecentesche delle colonne del ciborio e del portalemaggiore studiate solo ora dopo i restauri conserva-tivi, la Pala di Paolo da Venezia e i problemi legatialla sua committenza, i mosaici della cupola degliApostoli del battistero e il loro significato religiosoe politico, le tarsie lignee della sacrestia che portanoalla luce per la prima volta un ciclo marciano soloparzialmente conforme alla tradizione precedente

Il ricevimento delle reliquie di san Marco da parte del doge,del clero e del popolo di Venezia, mosaico 1150 ca,Venezia, Basilica di San Marco, cantoria di destra

Jacopo Tintoretto, Recupero del corpo di san Marco,sec. XVI, Venezia, Gallerie dell’Accademia

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Leone di san Marco.Fortezza a mare di Candia (Iraklion), parete orientale

L’Editoria nel Veneto

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per dedicare spazio raffigurativo anche ai miracolipostumi dell’Evangelista, la presenza di alcuni santimeno famosi nei mosaici della basilica e, infine, ilciclo di dipinti di Jacopo Tintoretto eseguiti per laScuola Grande di San Marco.

San Marco: aspetti storici e agiografici, Atti delConvegno internazionale di studi (Venezia, 26-29aprile 1994), a cura di Antonio Niero, Venezia,Marsilio, 1996, 8°, pp. 748, ill., s.i.p.

INDICE: S. TRAMONTIN, Culto e segni di san Marco nellaterraferma veneta • ORIGINI E AFFERMAZIONE DEL CULTODI SAN MARCO: G. FEDALTO, San Marco tra Babilonia, Romae Aquileia: nuove ipotesi e ricerche • S. TAVANO, San Marconell’Alto Adriatico prima di Venezia • G. CATTIN, Le tre feste persan Marco. Testi e melodie nei libri liturgici della basilica • E.MUIR, Le vie sacre e profane di Venezia • A.J. SCHUTTE, Unospazio, tre poteri: la cappella di san Teodoro, sede dell’Inqui-sizione veneziana • G. BENZONI, Devozioni Dogali • M.F.TIEPOLO, Presenze e testimonianze dell’archivio primicerialenell’Archivio di Stato di Venezia • G. SCARABELLO, Il primiceriatodi San Marco tra la fine della Repubblica e la soppressione •DOCUMENTI E SIMBOLI DEL CULTO MARCIANO: G. VIO,La devozione dell’Eucaristia nella Venezia dei dogi e la proces-sione del Corpus Domini monopolio del governo della Repub-blica • U. LUDWIG, L’Evangeliario di Cividale e il Vangelo disan Marco. Per la storia di una reliquia marciana • F. CAVAZZANA

ROMANELLI, Fonti archivistiche marciane nell’Archivio Storicodel Patriarcato di Venezia • C. SCHMIDT ARCANGELI, L’ico-nografia marciana nella sagrestia della basilica di San Marco• M. MIELE, Ultimo scorci di una “diocesi separata”. Laprelatura marciana in prospettiva canonistica • P.F. BEATRICE,Per la storia dell’esegesi patristica del tetramorfo evangelico •W. RUDT DE COLENBERG, L’emblema del Leone marciano • J.

LEMARIÉ, L’influenza di sant’Ambrogio e di san Cromazio sulleallegorie dei mosaici della cupola dell’Ascensione • SAN MAR-CO: CULTO E ICONOGRAFIA: A. GENTILI, San Marco nelleimmagini del Cinquecento: problemi di iconologia contestuale• R. GOFFEN, Il paliotto della Pala d’oro di Paolo Veneziano ela committenza del doge Andrea Dandolo • M. DA VILLA

URBANI, Le iscrizioni nei mosaici di San Marco: alcune novitànei testi e proposte di lettura • J. LAFONTAINE-DOSOGNE, Lerappresentazioni della vita della Vergine e dell’infanzia diCristo nelle sculture e nei mosaici di San Marco • H. HUBACH,Pontifices, clerus-populus, dux • G.M. PILO, Il trafugamento delcorpo di san Marco: le interpretazioni del Tintoretto e le loropossibili fonti iconografiche • R. GRÉGOIRE, Riflessionisull’agiografia marciana • G. FRASSON, Valori simbolici nellabasilica di San Marco • D. PINCUS, Geografia e politica nelbattistero di San Marco: la cupola degli Apostoli • A.J.M.LOECHEL, L’immagine dell’Evangelista e i meccanismi dellaformulazione del mito urbano • A.N. TSIRPANLIS, La basilica diSan Marco a Venezia in testi bizantini e postbizantini • E.FOLLIERI, Il culto di san Fantino a Venezia • A. NIERO, Problemiagiografici in San Marco: da san Costantino magno asant’Exaudinos • B. LANFRANCHI STRINA, Note archivistiche sulfondo dei procuratori di San Marco de supra • G. TIGLER,Problemi iconografici del portale maggiore: l’archivolto deiProfeti • S. ONDA, Stato delle fonti e ricerca storica sull’esteticagioachimita e l’iconografia marciana • LA DIFFUSIONE DELCULTO MARCIANO: G. CUSCITO, La tradizione marcianaaquileiese come problema storiografico • F. SEMI, Il culto di sanMarco in Istria e Dalmazia • M. POZZA, Le chiese venezianeintitolate a san Marco nell’Oriente mediterraneo nei secoli XIIe XIII • L. BERTOLDI LENOCI, Il culto di san Marco in Puglia • G.PRESSACCO, Marco “christianus et medicus” • P. RATTI VIDOLI,La diffusione del culto di san Marco in alcune piccole chiese enei nomi degli abitanti di Creta • R. DENNIG-ZETTLER - A.ZETTLER, La traslazione di san Marco a Venezia e a Reichenau• A.S. CURUNI, Le chiese dedicate a san Marco nellíisola diCreta: forme architettoniche, trasformazioni e stato di conser-vazione • G. COZZI, Il giuspatronato del doge su San Marco:diritto originario o concessione pontificia? • S. TRAMONTIN,Conclusioni.

Musica, scienza e ideenella Serenissimadurante il Seicento(Anna Vildera)

La comprensione del fenomeno musicale in unsecolo come il Seicento, segnato dal progresso delsapere scientifico, appare impensabile senza tentarel’accostamento delle due discipline, a prima vistacosì lontane, considerando i loro diversi effettisull’esistenza umana. Tuttavia questo approccio èpienamente giustificato anche storicamente, dalmomento che non solo la scienza, ma anche lamusica, come appare nei ripetuti tentativi di una suadefinizione, è sempre alla ricerca di una sua spiega-zione razionale, non vincolata alla pura e sempliceesperienza sensibile.

Il Convegno organizzato dalla Fondazione Levidi Venezia dal 13 al 15 dicembre 1993 si è svoltodunque all’insegna dell’interdisciplinarietà, e sesulle prime ciò è potuto apparire dispersivo, inseguito si è rivelato più che mai funzionale nell’in-tento di fotografare la multiforme realtà di un interosecolo di storia e cultura orbitante attorno allaSerenissima: lo dimostrano gli Atti del Convegno,che purtroppo non rendono testimonianza di tutto illavoro effettivamente realizzato o vagheggiato pertale occasione.

Gian Paolo Marchi (Momenti eterodossi e liber-tini nella cultura medico-scientifica veronese delSeicento, pp. 1-11) descrive il caso di Verona, in cui

un’aristocrazia molto forte economicamente trasfe-risce le proprie velleità autonomistiche dall’ambitopolitico alla sfera culturale, come appare nel poemaepico di Giovanni Fratta intitolato Malteide (Vene-zia, 1596), e si costruisce un ruolo ben preciso in cuiidentificarsi, come quello della prestigiosa Accade-mia Filarmonica. Dall’altra parte, invece, c’è chidimostra insofferenza per la ristrettezza di vedutedegli intellettuali locali o veneziani, come accade adalcuni medici e intellettuali veronesi, dopo esserevenuti a contatto con l’ambiente universitario pado-vano: si tratta di Ottavio Brenzoni, corrispondentedi Galieo Galilei su temi astrologici, di FrancescoPona, autore del libello La Maschera iatropolitica,overo Cervello e Cuore Prencipi rivali aspirantialla Monarchia del Microcosmo (Venezia, 1627) edi Girolamo Franzosi, autore del poemetto Dedivinatione (Francoforte, 1632).

Antonio Lovato (La “Moderna Musica” nel-l’epistolario di Galileo Galilei: il carteggio conFulgenzio Micanzio e Giovanni Giacomo Porro,pp. 151-170) analizza la corrispondenza inviata ericevuta da Galileo Galilei a partire dal periododella sua permanenza a Padova (1592-1610), perrestituire un’idea meno vaga del reale rapportoesistente tra il fisico e la pratica musicale. Moltoricco d’informazioni è lo scambio epistolare con ifamiliari musicisti, ma forse più significativo quellocol servita Fulgenzio Micanzio, tramite venezianoche lo mette in contatto con Giacomo Porro, mae-stro di Cappella dal 1636 presso la corte di Monacodi Baviera. I gusti musicali di Galileo sembranoguidati dalle esigenze dei suoi corrispondenti, inte-ressati al reperimento della tal partitura o del talstrumento, tuttavia traspare la sua competenza inmateria e anche la sua attenzione al progresso delfenomeno musicale, che lo trova aggiornato sia dal

punto di vista organologico sia dal punto di vistadello stile compositivo.

Verona ritorna nel saggio di Paolo Rigoli (Ilvirtuoso in gabbia. Musicisti in quarantena alLazzaretto di Verona (1655-1740), pp. 139-150),ma questa volta solo in forza del suo Lazzaretto,soggiorno obbligato per i musicisti provenienti perlo più dal Nord e diretti spesso a Venezia, i qualidovevano sottostare alla quarantena prescritta dalMagistrato alla Sanità della Repubblica veneta. Idocumenti ritrovati permettono di conoscere me-glio alcune compagnie di musicisti – Anna Renzi,Georg Muffat, Clemente Hader, GabrielangeloBattistini, Domenico Melani, Pisendel, Hasse,Bordoni, Antonia Merighi, Giuseppe Appiani edaltri – e i loro spostamenti, nonché di fare uninventario degli oggetti “musicali” contenuti neiloro bagagli.

Spesso sono le istituzioni religiose a recare nu-merose attestazioni della pratica musicale sei-centesca in territorio veneto, segnata a volte daincidenti che ne svelano la dimensione umana enello stesso tempo la vivacità: così si ravvisa nellericerche di Vittorio Bolcato (Un nuovo capitolodella storia musicale del Seicento a Vicenza: laCappella dell’Incoronata nella Cattedrale, pp. 43-61), Franco Colussi (Nuovi documenti sulla prassimusicale in alcune istituzioni religiose e laiche diUdine nel Seicento, pp. 221-267) e Gastone Vio (Imonasteri femminili del Seicento: gioie e dolori peri musici veneziani, pp. 295-316).

A Vicenza, nel 1610, nasce la Cappella dell’In-coronata, espressione musicale della devozionemariana che costituiva il programma statutario del-la Pia Opera dell’Incoronata: la sede assegnatale,una cappella situata nel Duomo, generò dei proble-mi di convivenza con la Confraternita di Santa

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San Marco evangelista, mosaico, XII sec.,Venezia, Basilica di San Marco, cupola dell’Ascensione

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Maria, poi del Confalone, costretta a condividere lamedesima cappella. Importante fu la sua attività,che vide protagonisti musicisti di notevole levatura,come Leone Leoni, Amadio Freddi, Gaspare Filippi,Carlo Grossi e Giandomenico Freschi, e strumentistiquali Sigismondo Largari, Agostino Facco e Anto-nio Troilo; completamente da ricostruire, invece, èl’attività di Giovanni Castelfranco e Matteo Zanoli,nonché del loro allievo Giovanni Antonio Riccieri.

Incidenti si verificano anche presso la cappelladel Duomo di Udine, questa volta per le intemperanzedi uno dei cantori che pretendeva di cantare la partedi soprano invece di quella di contralto assegnata-gli; un confronto tra gli inventari relativi ai libri dimusica dimostra che, accanto alla pratica del cantofermo, era infatti molto in uso la polifonia, specie diautori veneti. Significativa anche l’attività musicaledelle numerose Confraternite e della Casa secolaredelle Zitelle, per la cui storia, ancora da ricostruire,l’autore raccoglie un pregevole quantitativo di ma-teriale archivistico.

Segue la stessa linea metodologica la ricerca diGastone Vio, che ci addentra nei monasteri venezia-ni: per la loro tranquillità, ordini del Consiglio deiDieci limitavano e regolavano le relazioni con lemonache anche da parte dei musici, proibendoesecuzioni non autorizzate non solo all’interno, maanche nei pressi dei conventi. Le trasgressioni veni-vano regolarmente segnalate ai Provveditori soprai Monasteri, che subito svolgevano indagini e con-ducevano interrogatori: gli atti ci rendono testimo-nianza di questi casi, che in realtà descrivono situa-zioni legate a circostanze del tutto giustificabili(serenate eseguite nelle vicinanze, l’elezione di unanuova badessa, la prova di un’opera). L’autorericava così i nomi dei musici denunciati, di cuitraccia i profili biografici, integrando i documentigià citati dalla musicologa Eleanor Selfridge-Field.

Una lettura dell’impianto architettonico e de-corativo della chiesa annessa al monastero di SanGiorgio Maggiore, intesa a scoprire l’idea e il pro-gramma di vita sottintesi, è offerta da Tracy E.Cooper (Locus meditandi et orandi: architecture,liturgy and identity at San Giorgio Maggiore, pp.79-105). A partire dalla riforma quattrocentesca di

Ludovico Barbo si prospetta un programma di rin-novamento che coinvolge anche gli spazi destinatialla pratica liturgica, e che culmina nella realizza-zione del nuovo coro per opera di Andrea Palladio,in cui gli stalli istoriati da Albert van Brulle raffigu-rano immagini della vita di S. Benedetto. Il testa-mento del doge Leonardo Donà, che vuole esseresepolto a San Giorgio, sancisce ufficialmente ilruolo di cui si è già appropriato il monastero neiconfronti dell’autorità pubblica, come dimostraanche il rito delle cerimonie per la festa di S.Stefano, trascritto in appendice dall’autrice, cheprevede “l’andata con trionfi” del doge a San Gior-gio, accompagnato dal doppio coro della cappelladucale.

L’apporto di Stanislav Tuksar (Croatian, Latinand Italian Musical Terminology in the Dictionary“Blago Jezika Slovinskoga” (Loreto - Ancona, 1649-1651) by Iacobus Micalia, pp. 269-283) allarga ecompleta l’ambito geografico relativo al territoriodella Serenissima: il Tesoro dell lingua slava, que-sta è la traduzione del titolo dell’opera del Micalia(Pescia, 1601 - Loreto, 1654), un missionario gesui-ta che studiò a Roma e a Dubrovnik, presenta unrepertorio di termini croati con la loro traduzione initaliano e in latino. La lingua croata possedeva unaricca terminologia musicale, riferita tanto alla mu-sica strumentale, quanto al canto e alla danza: da ciòrisulta evidente l’alto grado di evoluzione dellapratica musicale in Croazia.

Basato su precedenti ricerche di tipo demograficocondotte su alcuni “campioni” della terraferma ve-neziana, l’intervento di Sandra Olivieri Secchi(“Quando mio padre suonava l’arpicordo ...”. Notesulla famiglia e il sentimento della famiglia nelDominio veneziano e a Venezia tra Cinque e Seicen-to, pp. 13-41) analizza sia la famiglia rurale (aZugliano Vicentino e a Tombolo, nella provinciapadovana), sia quella urbana (Venezia), in partico-lare patrizia, nella quale è messo in evidenza il ruolodella donna. Dall’unica sua funzione veramenteapprezzata – la prosecuzione della stirpe – sembraacquistare maggiori diritti parallelamente al progre-dire dell’istruzione femminile, in cui parte notevoleha la musica: è la conquista della donna colta, che siè guadagnata un nuovo rispetto per la sua affinatacapacità di dare un personale contributo ai rapportifamiliari e sociali.

Nel saggio di Franca Trinchieri Camiz (“La bellacantatrice”: i ritratti di Leonora Barone e BarbaraStrozzi a confronto, pp. 285-294) si sottolinea ladiversa consapevolezza con cui due donne musici-ste vivono la propria professione nella società delSeicento, consapevolezza che traspare da due lororitratti: Leonora Barone, ritratta da Fabio dellaCorgna, sia l’uno che l’altra membri dell’Accade-mia degli Umoristi, è la dama aristocratica e casti-gata della Roma papale, per la quale la musica deveapparire un segno distintivo di rango sociale e nonun mestiere. Barbara Strozzi, invece, sembra inter-pretare la spregiudicata libertà dell’Accademia ve-neziana degli Incogniti, cui era collegata l’Accade-mia degli Unisoni, alla quale la Strozzi era iscritta;di volta in volta denominata Venere, Primavera oMusa, ella rimane fedele interprete di questa “par-te”, in cui vita, amore e musica si confondono senzatogliere nulla all’impegno culturale della professio-nista.

La speculazione delle accademie in materia mu-sicale è trattata in particolare da Ivano Cavallini(L’armonia come utopia e le dissonanze del reale:la musica nel dibattito di alcune accademie venetedel Seicento, pp. 107-117) e da Andrea Luppi (Me-tafora e mito dell’armonia nel “Capitolo in lodedella musica” di Gaspare Torelli, pp. 119-137).

Nel primo dei due saggi si osserva come laconcezione della musica, modellata su schemi di

tipo umanistico, facilmente rilevabili su un’impresadell’Accademia Filarmonica di Verona datata 1543– una giovane figura femminile il cui corpo èradicato nei quattro simboli empedoclei della real-tà: terra, acqua, aria e fuoco –, si accosti in seguitoalla simbologia platonica, che nel primo Seicentotasforma in una sirena la giovane effigiata nellamedesima impresa; così anche il motto in omnibussum et sine me curruent omnia è sostituito dacaelorum imitatur concentum.

Diversa è l’immagine della musica a Veneziapresso l’Accademia degli Incogniti: ex ignoto notusè il loro motto, mentre l’impresa raffigura il Niloche sgorga, appunto, dall’ignoto, sulle cui rive gliIncogniti producono una musica che sale verso ilcielo. Notevole l’impronta data a questa accademiada due forti personalità: Giovan Francesco Loredan,suo fondatore nel 1630, e Ferrante Pallavicino.

A. Luppi esamina il breve trattato poetico sullamusica di Gaspare Torelli († post 1613), sacerdote,poeta e compositore sullo stile di Orazio Vecchi, aPadova almeno dal 1593, dove milita nell’Accade-mia degli Avveduti. L’opera, contenente molti de-gli stereotipi tradizionali ad elogio della musicatratti dal mito classico o dalla bibbia, dipende trop-po dalla forma poetica che ne svolge le tesi e leimmagini, spesso accostate in funzione del metro enon della logica argomentativa, per risultare deltutto efficace come trattato filosofico. Non si devo-no però dimenticare la professione dell’autore el’ambito in cui nasce l’opera, da cui si possonofacilmente arguire il suo movente e la sua funzione,corrispondenti ad una sostanziale volontà propa-gandistica di un musico professionista che nell’ac-cademia trova anche la propria committenza.

Con “Musica speculativa”: un ponte tra musicae scienza (pp. 191-199), Paolo Gozza abbandona ilgenere del trattato inteso come gioco accademico,motivato spesso da fini edonistici o utilitaristici, peroccuparsi del vero e proprio trattato musicale, in cuiil filosofo si pone alla ricerca del significato dellamusica partendo da presupposti decisamente razio-nali, e cerca di recuperare il rapporto tra musica escienza. Questo avviene con autori del calibro diGioseffo Zarlino (Chioggia, 1517 - Venezia, 1590),aggregato all’Accademia Venetiana della Fama, lecui Dimostrationi harmoniche (Venezia, 1571) com-

Illustrazione da Giacomo Franco, Habiti d’Huomeniet Donne venetiane..., Venezia 1614 (Giorno di Natale)

Miniatura raffigurante Monaci in coro,dal Kyriale «K», Venezia, San Giorgio Maggiore, fol. 1

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C. Questa coglie i riferimenti tacitiani nella cul-tura dell’epoca, espressi nel primo melodramma atema storico, L’incoronazione di Poppea di ClaudioMonteverdi (prima rappresentazione veneziana nel1643), sino ad essere utilizzati negli intrighi politicidella corte spagnola, per cui l’allusione all’impera-tore Tiberio, così come viene presentato negliAnnales di Tacito, serve a screditare l’immaginepubblica di Filippo II. Quale primo sondaggio in unlavoro che secondo l’autore dovrebbe valersi distrumenti filologici più rigorosi, sono esaminati poiin un’edizione postuma (Padova, 1667) anche gliScherzi geniali di Giovan Francesco Loredan, dedi-cati ad una serie di ventiquattro personaggi dell’an-tichità, cinque dei quali chiaramente desunti daTacito.

Dimostrano quanto possa assottigliarsi il confinetra musica e scienza gli interventi di Claude V.Palisca (Legami tra Venezia e Francia nella scienzamusicale del Seicento, pp. 171-189) e Patrizio Bar-bieri (Il mesolabio e il compasso di proporzione: leapplicazioni musicali di due strumenti matematici(1558-1675), pp. 201-220), in cui la speculazionemusicale si associa alla sperimentazione condottacon metodo scientifico.

C.V. Palisca riconduce numerose osservazioni diMarin Mersenne (Oize, Maine, 1588 - Parigi, 1648)all’attenta lettura delle opere di alcuni trattatistiveneti: Gioseffo Zarlino; il veronese GirolamoFracastoro, professore di medicina nello Studiopatavino, poeta e autore del De sympathia etantipathia rerum (Venezia, 1546); Giovanni Batti-sta Benedetti, che pubblica nel suo Diversarumseculationum liber (Venezia, 1585) due lettere in-viate nel 1563 a Cipriano De Rore, maestro dicappella presso San Marco a Venezia, contenentiuna spiegazione relativa alla consonanza. AncheVincenzo Galilei, inoltre, con il Dialogo della mu-sica antica et della moderna (Firenze, 1581) e ilDiscorso intorno all’opere di Zarlino (Firenze,1589), contribuì alla formazione del pensieromersenniano.

P. Barbieri affronta l’argomento da un punto divista più tecnico: il mesolabio, la cui invenzione èattribuita ad Eratostene di Cirene, vissuto nel IIIsecolo a.C., è utilizzato da Gioseffo Zarlino per“posizionare i tasti del liuto secondo le lunghezze dicorda corrispondenti al temperamento equabile”.L’inefficacia di tale utilizzazione fu per lo piùrilevata da numerosi suoi contemporanei, e provatasperimentalmente dallo stesso Barbieri. Maggiorfortuna ebbe il compasso di proporzione, inventatonel 1580 dal belga Michel Coignet, e poi perfezio-nato da Galileo Galilei durante il suo soggiornopadovano, dal momento che si ritrovano accennialle sue applicazioni musicali in autori quali AdriaanMetius, Marin Mersenne, Athanasius Kircher,Kaspar Schott, Juan Caramuel Lobkowitz e JosephZaragoza.

Chiude il volume il saggio di Achille Olivieri(Barocco e Rinascimento a Venezia nel Seicento:l’intellettuale, la musica, il mito di Ercole nel“Raguaglio della giostra alla quintana” (1622),pp. 365-379), che esamina i contenuti sottesi ad unavvenimento quale la “giostra” veronese del mag-gio 1622, la cui descrizione appare nella riela-borazione effettuata da Leonaredo Todeschi nel1672. È il reggente di Verona, il veneziano GirolamoCornaro, che fa allestire tale spettacolo: consuetudi-ne dilettevole della corte rinascimentale, rivissutaora da un uomo politico che rappresenta la Repub-blica veneta e da un’aristocrazia locale che rievocail proprio passato imperiale ammiccante al presenteDominio veneziano. Questo è il vero protagonistache adombra il mito di Ercole, volto alla celebrazio-ne delle “virtù” della Serenissima mediante le sug-gestioni della favola classica proprie dell’umanista,

aggiornate, però, dalla musica, che ne sottolinea ilmessagio ideologico interpretandone le emozioni,le nostalgie e le passioni, secondo tematiche careall’uomo barocco.

Musica, scienza e idee nella Serenissima durante ilSeicento, Atti del Convegno internazionale di studi(Venezia - Palazzo Giustinian Lolin, 13-15 dicem-bre 1993), a cura di Francesco Passadore e FrancoRossi, Venezia, Fondazione Levi, 1996, 8°, pp. 414,ill., s.i.p.

INDICE: Premessa • G.P. MARCHI, Momenti eterodossi e liber-tini nella cultura medico-scientifica veronese del Seicento • S.OLIVIERI SECCHI, “Quando mio padre suonava l’arpicordo...”.Note sulla famiglia e il sentimento della famiglia nel Dominioveneziano e a Venezia tra Cinque e Seicento • V. BOLCATO, Unnuovo capitolo della storia musicale del Seicento a Vicenza: laCappella dell’Incoronata nella Cattedrale • C. ANNIBALDI,Tipologia della committenza musicale nella Venezia seicentesca• T.E. COOPER, Locus meditandi et orandi: architecture, liturgyand identity at San Giorgio Maggiore • I. CAVALLINI, L’armoniacome utopia e le dissonanze del reale: la musica nel dibattito dialcune accademie venete del Seicento • A. LUPPI, Metafora emito dell’armonia nel “Capitolo in lode della musica” diGaspare Torelli • P. RIGOLI, Il virtuoso in gabbia. Musicisti inquarantena al Lazzaretto di Verona (1655-1740) • A. LOVATO,La “Moderna Musica” nell’epistolario di Galileo Galilei: ilcarteggio con Fulgenzio Micanzio e Giovanni Giacomo Porro• C.V. PALISCA, Legami tra Venezia e Francia nella scienzamusicale del Seicento • P. GOZZA, “Musica speculativa”: unponte tra musica e scienza • P. BARBIERI, Il mesolabio e ilcompasso di proporzione: le applicazioni musicali di duestrumenti matematici (1558-1675) • F. COLUSSI, Nuovi docu-menti sulla prassi musicale in alcune istituzioni religiose elaiche di Udine nel Seicento • S. TUKSAR, Croatian, Latin andItalian Musical Terminology in the Dictionary “Blago JezikaSlovinskoga” (Loreto-Ancona, 1649-1651) by Iacobus Micalia• F. TRINCHIERI CAMIZ, “La bella cantatrice”: i ritratti diLeonora Barone e Barbara Strozzi a confronto • G. VIO, Imonasteri femminili del Seicento: gioie e dolori per i musiciveneziani • C. QUESTA, Presenze di Tacito nel Seicento venezia-no • M.G. ACCORSI, Morale e retorica nel melodramma diBenedetto Ferrari • A. OLIVIERI, Barocco e Rinascimento aVenezia nel Seicento: l’intellettuale, la musica, il mito di Ercolenel “Ragguaglio della giostra alla quintana” (1622).

Michele Parrisio, Venere e Cupido, XVI sec.,Budapest, Szépmüvészeti Museum

piono un passo in avanti rispetto alle precedentiIstitutioni harmoniche (Venezia, 1558): il dibattitoideale ivi registrato, infatti, è condotto col metodogeometrico-deduttivo proprio dei matematici, men-tre è adottata la forma letteraria del dialogo, predi-letta dagli umanisti.

Il problema della committenza è affrontato inmodo specifico da Claudio Annibaldi (Tipologiadella committenza musicale nella Venezia sei-centesca, pp. 63-77): a Venezia prevale la cosiddet-ta committenza “aulica”, termine che sottolinea siala funzione istituzionale del committente, sia la suadimensione umanistica, in cui prevalgono le qualitàintrinseche del personaggio, con l’equivalenza dinobiltà dell’ingegno e nobiltà del rango. Ne conse-gue che, per le opere di singoli autori, l’editoriadipende dalla committenza “aulica”, mentre le suepubblicazioni autonome si limitano alle antologiedi autori già affermati; inoltre, anche se l’introdu-zione dell’impresariato operistico dirige l’attenzio-ne dei compositori verso un genere più remunerativo,tuttavia è solo attraverso la pubblicazione delle loroopere che essi possono aspirare al perdurare dellaloro fama anche dopo la morte.

Grazie alla stampa siamo quindi in grado diverificare ancor oggi le valenze letterarie del melo-dramma seicentesco, analizzate nei saggi di MariaGrazia Accorsi (Morale e retorica nel melodrammadi Benedetto Ferrari, pp. 325-363) e di CesareQuesta (Presenze di Tacito nel Seicento veneziano,pp. 317-324).

Il musicista Benedetto Ferrari (Reggio Emilia,1597 - Modena, 1681) compose solo il libretto delleopere Andromeda e La maga fulminata, su musicadi Francesco Manelli, andate in scena al teatro SanCassiano, a Venezia, rispettivamente nel 1637 e nel1638, mentre per l’Armida (rapresentata al teatrodei SS. Giovanni e Paolo nel 1639) risulta ancheautore della musica. I suoi testi sentenziosi riguar-danti sia la sfera morale, sia quella ideologica enaturalistica, se da una parte possono esserericollegati ai libretti del cardinal Rospigliosi, dal-l’altra ricevono suggestioni – a partire da L’Ermionadel nobile padovano Pio Enea degli Obizzi – prove-nienti da opere pubblicate quasi esclusivamente aVenezia; il compositore emiliano elabora inoltreuna visione del mondo tutta personale in cui prevaleil pessimismo, espresso da tutto il bagaglio retoricotipico della concettosità barocca. Pietro Longhi, Il Concerto (part.),

Venezia, Gallerie dell’Accademia

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Giambattista Tiepolo:celebrazioni(Giorgio Nonveiller)

Credo che la complessità di una figura grandissi-ma di artista come Giambattista Tiepolo (Venezia,1696 - Madrid, 1770) dalla straordinaria aperturaintellettuale rende a tutt’oggi ardua un’interpreta-zione complessiva della sua vastissima opera pitto-rica che sia pienamente convincente sul piano sto-rico e su quello critico. La stessa situazione storicanella quale Tiepolo si è trovato ad operare lo ponein una prospettiva che è apparsa a dir poco parados-sale: da una parte il fatto che egli sia stato l’ultimogrande maestro della lunghissima e plurisecolarestagione della pittura veneziana, che ha espresso inpieno la cultura dell’ancien régime non solo vene-ziano ma europeo, portandola alle estreme conse-guenze figurative (interpretate come equivoche stig-mate di conservazione) e, dall’altra parte, il fattoche egli abbia aperto nuovi orizzonti alla pittura,senza peraltro aver avuto un seguito dopo la suamorte, avvenuta quando la nuova cultura neoclassicastava ormai affermandosi, sono due fattori che nehanno fortemente segnato la fortuna critica.

Nonostante Tiepolo sia stato col Piazzetta, ilCanaletto, il Guardi e il Longhi tra gli innovatoridella pittura veneziana, più di un secolo di obliodopo la sua morte (a cominciare dalla sostituzionedelle pale d’altare di San Pascual Baylon a MarianoSalvador de Maella decise da Carlo III di Spagna nel1775) è stato determinato dal fatto che si è vistonell’artista il rappresentante di una cultura e di ungusto superati e storicamente scaduti. Comincerà ariparlarne il Molmenti intorno al 1880, poi la pitturadi Tiepolo interesserà la cultura artistica francese daEdgar Degas a Marcel Proust e oltre, con un interes-se che è andato crescendo nel tempo e che hagenerato moltissimi studi in ambito non solo venetoma internazionale.

La poliedricità e gli aspetti diversificati dell’atti-vità pittorica di Tiepolo, come gli studi hanno viavia percisato, rendono “difficile stabilire chi sia ilTiepolo per noi” (come ha notato Adriano Mariuz)e, nel contempo, direi che le varie prospettivemetodologiche della ricerca storico-artistica davan-

Lo stesso modo per ottenere l’unità compositivaperseguita dal Tiepolo è, secondo i due studiosistatunitensi, “una matrice che possiede determinatecaratteristiche, ad esempio elementi individuali confunzioni multiple, figure combinate anziché subor-dinate l’una all’altra, indumenti e altri oggetti unitiin parti uguali con particolari anatomici”. In questosenso ripetizione e indeterminatezza si combinanoassieme, alimentandosi l’un l’altra; così, ad esem-pio, “una faccia drasticamente scorciata cui manca-no i tratti – nient’altro che un naso sporgente da unciuffo arruffato di capelli o da un mento – sta per unatesta; mani in preghiera giustapposte a ginocchia egambe incrociate, equivalgono a un’intera figura”.

Tutto ciò dipende secondo la Alpers e Baxandallda una tendenza decostruttiva insita nella pittura diTiepolo, dove gli elementi vengono sintetizzati esmontati seguendo un’attitudine di tipo ludico sen-za che, d’altra parte, le grandi raffigurazioni dell’ar-tista abbiano un “centro” e una “periferia”, poichénon v’è in quest’ultime un centro narrativo o un’im-magine principale, così come non v’è differenza traprotagonisti e comparse e non sono indispensabiliparticolari effetti illusionistici.

Il lavoro dei due studiosi segue un’essenzialecampionatura cronologica di opere tiepolesche, sot-tolineandone i procedimenti creativi e gli strumenticui si riferiscono: il ruolo effettivo del disegno daiprimi schizzi alla generazione delle apparenze,focalizzando poi il rapporto tra disegno e percezio-ne ottica; lo schizzo a olio come fissazione diun’immagine che non pregiudica mai gli sviluppiche essa avrà in teleri o affreschi di grande formato;le questioni legate alla luce. In questa parte laricerca segue la problematica dell’elaborazionedell’immagine attraverso il colore, tenendo presentii quattro tipi di colore (quello proprio dell’oggetto;quello locale; quello riflesso e quello diffuso) dellateoria settecentesca, precisando come Tiepolo otte-nesse quegli effetti di massima chiarità luminosache hanno caratterizzato la fase matura della suapittura.

Il volume della Alpers e di Baxandall culmina inuna accurata lettura (in funzione della quale l’inda-gine stessa è stata condotta) del grande capolavorodel Tiepolo maturo: l’affresco che raffigura Apolloe i quattro continenti dipinto nella volta delTreppenhaus della Residenza di Würzburg in Au-stria, eseguito nel 1752-53, definito felicementecome “una sorta di labirinto, anche se non ne hal’apparenza”, poiché appena ci si muove negli spazi

Giambattista Tiepolo, Istituzione del rosario, particolare,Venezia, Chiesa dei Gesuati, affresco del soffitto

Giambattista Tiepolo, L’Olimpo e i quattro continenti,particolare con Apollo, Würzburg, Treppenhaus,

affresco del soffitto dello scalone

Giambattista Tiepolo, America, particolarecon la figura di America, Würzburg, Treppenhaus,

affresco del soffitto dello scalone

ti a una figura tanto complessa rivelano le loroinsufficienze, laddove soprattutto non si riescano aintrecciare approcci differenziati.

Anticipando il tricentenario della nascita diGiambattista Tiepolo, Svetlana Alpers e MichaelBaxandall hanno pubblicato nel 1994 per la YaleUniversity Press (London & New Haven) Tiepoloand the Pictorical Intelligence, uscito di recente intraduzione italiana presso la casa editrice Einaudi,tentando come indica il titolo un “esame in modidiretto e a-storico senza riferimenti a circostanze econtesto”, angolato sulla “qualità ottico, visuale-percettiva delle immagini” e non necessariamente“come un contributo agli studi del Settecento”. Chepoi invece i riferimenti, le circostanze delle com-mittenze, il contesto siano ben presenti nell’ampiostudio della Alpers e di Baxandall significa che talifattori non vengono privilegiati nel metodo d’inda-gine adottato e che la problematica di un artistacome il Tiepolo non verte soltanto e primariamentesulla sua complessa posizione storica, ma appuntosulla qualità della sua pittura nelle particolari condi-zioni percettive elaborate dall’artista per dare ragio-ne della straordinaria apertura spaziale e luminosache ha contribuito in maniera decisiva a una ineditalibertà di veduta, eliminando il punto fisso dellaprospettiva barocca (come in Andrea Pozzo) dalquale è possibile costruire un’illusione perfetta di“sfondamento” spaziale delle volte, a favore invecedi una mobilità di visuali legate agli spostamenti delriguardante.

La Alpers e Baxandall si sono resi conto nellaloro ricognizione sulla pittura di Tiepolo che unnotevole passo avanti nell’interpretazione criticapuò venire da un’attenta analisi dei processi mentalidel pittore, percorrendo i procedimenti che so-vrintendono alla messa in forma delle immagini,quando l’artista è “impegnato a rappresentare leforme della realtà”, una realtà sempre suscettibile diamplificazioni immaginative tali da poter dire chela pittura di Tiepolo non punta tanto su un mondospeculare e mimetico, con strumenti di tipoillusionistico, ma piuttosto sulle sofisticate tecnichedell’artificio, dove il riguardante è messo diretta-mente in gioco nell’uso metonimico delle figu-razioni: “immagini suggestive e incomplete [dovequesti] integri l’immagine pur senza essere lasciatoal suo capriccio” (p. 19), in quanto ciò che non vienedirettamente mostrato nei dipinti è sottinteso e vir-tualmente presente in ciò che invece è stato raffi-gurato.

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architettonici disegnati da Balthasar Neumann sivede sempre una parte dell’affresco e non l’altra.Stando alle condizioni architettoniche del grandescalone d’onore gli studiosi identificano quattrofondamentali livelli – dal basso verso l’alto – direcezione del grande affresco e una miriade di altripunti di vista possibili che si moltiplicano soprattut-to al più alto livello del ballatoio della galleria, percui nell’opera del Tiepolo, a seconda del punto distazione del riguardante, si può vedere che “lefigure si adattano ai suoi movimenti”. Così non sologli scorci di singole figure mutano molto e il lorosignificato nel contesto complessivo si rafforza o siattenua, ma alcune figure scompaiono quasi o di-ventano irrilevanti mentre altre divengono il fulcrodi una particolare angolatura compositiva, previstadall’artista. Le molte immagini fotografiche delvolume cercano di esemplificare – per quanto pos-sibile usando obiettivi diversi – tale complessasituazione recettiva. Si può osservare ad esempioche la straordinaria immagine del cielo governatoda Apollo presenta un massimo di visibilità standoall’inizio dello scalone nel vestibolo, e dal primopianerottolo dello scalone centrale, ma quando giun-giamo nel più alto ballatoio della galleria l’enormevolta celeste tende a scomparire e ad appiattirsi,mentre domina l’immagine mutevole dei quattrocontinenti dipinti in ciascuno dei lati della volta delTreppenhaus.

Tra le condizioni preliminarmente studiate dal-l’artista la Alpers e Baxandall identificano le condi-zioni di luminosità della volta del grande scaloned’onore legate alle aperture dettate da porte e fine-stre e dall’orientamento stesso del Treppenhausnell’articolazione dei cortili e delle sale della Resi-denza rispetto alle ore della giornata solare nellediverse stagioni, dimostrando come Tiepolo abbiasaputo trarre partito da tale variabilità di condizionidi luce naturale creando zone cromaticamente con-trastanti laddove filtra meno luce – si veda peresempio la parte dedicata all’America – e più atte-nuate dove la luce è più forte incidendo direttamentesulla configurazione generale dell’affresco.

Non mancano nel libro dei due autori statunitensiacute considerazioni sull’umanità raffigurata dalTiepolo che, a loro modo di vedere, non si ponenella tradizione della narrazione drammatica, daGiotto a David, ma pende più dalla parte di unagrande rappresentazione affine piuttosto alla com-media. In particolare, nell’affresco del Treppenhaus

le figure dei fregi dei quattro continenti “sono inparte concepiti come un saggio sull’uomo e su unasocietà che il cielo teologico, sfumato e distante,sovrasta solo più debolmente” (p. 164). In realtà è ilcielo mitologico di una grandiosa allegoria sull’uo-mo illuminato dal dominio della legalità a costituireil vero tema dell’affresco (in questo senso in conti-nuità con un possibile cielo teologico), dove serpeg-gia pur sempre una grande inquietudine che si placavia via nel ritmo ascendente che culmina nellafigura solare di Apollo. Questo pensiero di Tiepolo,pittoricamente articolatissimo, mi sembra che vadaben oltre la moda rococò per il soggetto adottato dalcommittente, il principe-vescovo della FranconiaKarl Pilipp von Greiffenklau che ha governato dal1749 al 1754.

Il catalogo della grande mostra di Ca’ Rezzonicoa Venezia Giambattista Tiepolo 1696-1996 (espo-sizione che da gennaio 1997 sarà spostata alMetropolitan Museum of Art di New York), editoda Skira, si segnala innanzitutto per la bellezza el’accuratezza delle riproduzioni di affreschi e teleri,quasi tutte a colori, e sicuramente costituisce unodei più bei volumi usciti sul grande pittore venezia-no. Esso raccoglie i frutti delle ricerche dell’ultimoventennio sulle diverse fasi della pittura del Tiepolo,a cominciare dalla ricostruzione degli anni di ap-prendistato e di formazione entro il ricco ambienteartistico veneziano, da Sebastiano Ricci a Giam-battista Piazzetta a Gregorio Lazzarini, affidato quia Filippo Pedrocco e alle numerose schede in cata-logo delle opere giovanili esposte, redatte da variautori. La fase giovanile ha dato luogo a non pochecontroversie storico-critiche (si veda in proposito illungo saggio di Giuseppe Maria Pilo, Per la giovi-nezza di Giovan Battista Tiepolo, pubblicato inTiepolo. 300 anni dalla nascita 1696-1996,Monfalcone, 1996), incentrate anche sull’autografiae l’esatta cronologia di alcune opere dell’Ospedalettoa Venezia: Gli apostoli Tommaso e Giovanni e ilSacrificio di Isacco.

Tra i vari saggi rilevanti del catalogo accenneròalmeno a quello di Donald Posner su Tiepolo e lacultura artistica dell’Europa del Settecento cheparte dal confronto tra la modernità di un AntoineWatteau, scegliendo una tela del 1721 come L’inse-gna di Gersaint, e la rappresentazione di un mondoormai passato e finito come il grande affresco delloscalone della residenza di Würzburg di Tiepolo

dipinto trent’anni dopo, dove oggi possiamo vedereche le strettoie ideologiche dell’interpretazione nonagevolano affatto l’intelligenza di un artista cheparrebbe rappresentare appieno l’aristocrazia e ilclero, come Tiepolo, e non il nuovo ceto mercantileemergente come Watteau, e tuttavia è indubbia-mente l’arte del primo a interessarci di più per la suaincommensurabile vastità e complessità. Non solo èevidente – come nota il Posner – che i due artisti nonvanno misurati con lo stesso metro, ma forse unavisione più articolata del XVIII secolo può essere digrande utilità per comprendere meglio un artistagrandissimo come Giambattista Tiepolo, non tantoperché la sua pittura – come è stato detto – siprotende ben oltre la stagione barocca e rococò,verso quella illuministica, anticipando la proble-matica del sublime, ma perché in effetti la sua arte,pur aderendo alle esigenze della committenza, neesorbita largamente.

E penso alla pressoché illimitata capacità imma-ginativa, connessa a una tecnica strepitosa, checonsentirono al Tiepolo di mettere in forma ognisorta di allegoria, di figurazione mitologica, religio-sa o storica, mostrando non tanto e non solo lacapacità fantastica di evocare un mondo passato o alsuo tramonto, ma anche di indicarne la fragileparvenza, insistendo ironicamente sul meccanismodella rappresentazione senza dissimularne la scarsaconsistenza: la lievità di molte allegorie dell’artistatolgono ogni accento di solennità e ciò che contaveramente è la grande macchina compositiva. (Daquesto punto di vista Tiepolo ha partecipato in pienoalla rivoluzione artistica della prima metà del Sette-cento.)

Il carattere per così dire indefinito e mobile deidipinti del Tiepolo, senza confini netti, volutamente“inconcluso” – che consente anche una diversità diapprocci di lettura – indizia di una forte tendenzainterrogativa (come ha giustamente sottolineato G.Romanelli) sul destino umano e sulla storia (umanae divina), entro una concezione indubbiamente piùvicina alla storia ciclica che a quella lineare. Unastoria che in Tiepolo viene sì sentita attraversol’esemplarità di determinate vicende, ma medianteun’idea di totalità che si dispiega per mezzo dellamolteplicità degli eventi e delle diverse circostanzedipinte dall’artista veneziano, che tendono tuttaviaa ripetersi, non importa se con i tratti del dramma odella farsa. Al di là del carattere giocoso dellapittura del Tiepolo (evidentissimo nelle composi-

Giambattista Tiepolo, La morte di Giacinto, olio su tela,1752-53, Madrid, Fundación Thyssen-Bornemisza

Giambattista Tiepolo, Studio per La morte di Giacinto, pennae guazzo su gessetto rosso, Londra, Victoria and Albert Museum

Giambattista Tiepolo, Sara e l’angelo, particolare,Udine, Palazzo Arcivescovile, galleria

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Giambattista Tiepolo 1696-1996, catalogo dellamostra (Venezia, Museo del Settecento Veneziano,Ca’ Rezzonico, 6 settembre - 8 dicembre 1996; NewYork, The Metropolitan Museum of Art, 24 gennaio- 27 aprile 1997), Milano, Skira, 1996, 4°, pp. 398,ill., s.i.p.

INDICE: L’ARTE DI TIEPOLO: A. MARIUZ, GiambattistaTiepolo: “il vero mago della Pittura” • G. ROMANELLI,Giambattista Tiepolo: il tempo e la morte • D. POSNER, Tiepoloe la cultura artistica dell’Europa del Settecento • A. BAYER,Cronologia documentata della vita e delle opere di GiambattistaTiepolo • CATALOGO DELLE OPERE: F. PEDROCCO, La produ-zione giovanile (1716-1730). Giambattista Tiepolo: gli esordi.Schede 1-12 • W.L. BARCHAM, Committenza laica: Tiepolodecoratore e pittore di scene storiche e mitologiche. Schede 13-26 • C. WHISTLER, Committenza religiosa: Tiepolo e l’artesacra. Schede 27-41 • D. DE GRAZIA, Ritratti e teste di fantasia:Tiepolo e l’“arte” del ritratto. Schede 42-46 • K. CHRISTIANSEN,Modelli, capricci e stampe: L’“infiammata poetica fantasia”di Giambattista Tiepolo. Schede 47-60 • Bibliografia • Indicedei nomi • Indice delle opere per soggetto • Indice delle opereper ubicazione.

Giambattista Tiepolo: forma e colori. La pittura delSettecento in Friuli, Catalogo della mostra (Udine,Chiesa di San Francesco, 14 settembre-31 dicembre1996), a cura di Giuseppe Bergamini, Milano, Electa,1996, 8°, pp. 255, ill., L. 80.000.

INDICE: G. ROMANELLI, Venezia Settecento: centro e periferia• G. BERGAMINI, Il Settecento in Friuli: un secolo d’oro • G.C.MENIS, Il ciclo biblico di Giambattista Tiepolo nel PalazzoPatriarcale di Udine • D. BATTILOTTI, Tra Venezia e Vienna.L’architettura del Settecento in Friuli-Venezia Giulia • P. GOI,Scultura del Settecento nel Friuli-Venezia Giulia • C. FURLAN,Cultura antiquaria, storiografia artistica e “riflessioni pittore-sche” in Friuli nell’età del Tiepolo • CATALOGO • Apparati:Biografie - Esposizioni - Bibliografia.

Giandomenico Tiepolo: maestria e gioco. Disegnidal mondo, catalogo della mostra (Castello di Udine,14 settembre-21 dicembre 1996; Indiana UniversityArt Museum, Bloomington, Indiana, USA, 15 gen-naio-9 marzo 1997), a cura di Adelheit M. Gealt eGeorge Knox, Milano, Electa, 1996, 8°, pp. 257, ill.,L. 80.000.

zioni galanti, identificando sempre la bellezza colcriterio supremo della pittura), l’inquietudine è sem-pre presente e ben riconoscibile nelle figure quasimai frontali, che alludono sempre a movimentirotatori, parzialmente definite, portando alle estre-me conseguenze la forma serpentina della maniera,in posture e gesti colti nell’attimo significativo chene contrassegna il divenire, entro complessi e pursempre “inconclusi” bilanciamenti delle figure –quasi sempre sul punto di precipitare verso il riguar-dante – tra cieli e nubi, talora lacerati di architetture,tutti elementi che concorrono ai difficili equilibricompositivi.

Non è questa la sede per approfondire le conce-zioni del Tiepolo, che finalmente appaiono nellaloro straordinaria complessità, grazie alle mostre incorso sagacemente organizzate e ai bellissimi cata-loghi che le accompagnano, da cui sicuramenteverranno nuovi confronti e approfondimenti chedissiperanno vecchie pregiudiziali interpretative.

SVETLANA ALPERS - MICHAEL BAXANDALL, Tiepolo el’intelligenza figurativa, trad. di Michele Dantini,Torino, Einaudi, 1995, 8°, pp. 195, ill., L. 90.000.

INDICE: Prefazione • Cronologia • I. UNA PREDILEZIONEPER TIEPOLO: 1. Un gusto in declino - 2. La pittura - 3.L’artista - 4. Lo sguardo rivolto alle immagini - 5. Interpreta-zioni di Veronese - 6. Cani, nubi, alberi come elementi formali- 7. La scoperta come tema figurativo - 8. Paranarrazione - 9.La musica del ‘Ritrovamento di Mosè’ 10. Incantesimi • II. LACREAZIONE E I SUOI STRUMENTI. DISEGNO, PITTURA,LUCE: 1. Il disegno (Penna e guazzo - Movimenti della mano -Linee e contorni degli oggetti conosciuti - Generare le apparen-ze - Sommario: disegno e percezione ottica) - 2. La pittura (Loschizzo a oli - Tono come timbro: colore come luce - Versol’affresco) - 3. La luce (Cochin commenta le ombre di Tiepolo- Illuminazione mutevole: Tiepolo nella chiesa dei Gesuati -Patteggiamenti con la luce naturale: Tiepolo nella chiesa deiGesuati - Lo stimolo della luce in movimento) • III. LA VOLTADELLO SCALONE D’ONORE A WÜRTZBURG: 1. Il luogo (Ilteatro di luce di Balthasar Neumann: sorgenti e superfici - Unapasseggiata: Tiepolo e le finestre) - 2. Figure (Critica dellasimmetria tridimensionale - Significati e dimensioni - I gruppidi figure: propagazione dello schizzo a olio) - 3. Sintassi rococò(Un labirinto ben costruito - Disegno, scala e modularità - Laleva rococò: oggetti versus campi) - 4. Il gusto di Europa (Ilproblema di Europa - La «morale» dell’affresco. Tentativi diinterpretazione) • APPENDICE: Tiepolo in sito.

INDICE: G. BERGAMINI, Tra segno e colore. Giandomenico aUdine • A. MARIUZ, Giandomenico Tiepolo (1727-1804) • G.KNOX, Giandomenico Tiepolo: disegni • A.M. GEALT, La linearivelatrice di Giandomenico Tiepolo disegnatore/narratore •CATALOGO, a cura di George Knox (Primi pensieri e studi perdipinti e incisioni - Primi modelli a sola penna, in folio - Piccolisoggetti religiosi, penna e acquerello - Grande serie biblica -Animali domestici, animali selvaggi e uccelli; cavalli e cavalie-ri, in quarto - Centauri e satiri - Dei ed eroi - Scene di vitacontemporanea - Divertimento per li Regazzi) • Apparati:Regesto “Scene di Vita contemporanea” - Regesto “Diverti-mento per li Regazzi” • Bibliografia - Esposizioni.

Tiepolo. 300 anni dalla nascita 1696-1996, coordi-namento di Giuseppe Maria Pilo, Monfalcone (GO),Edizioni della Laguna, 1996, 4°, pp. 137, ill., s.i.p.

INDICE: M. PILO DI PRAMPERO, Ancora sui prodromi a Tiepolonell’arredo dell’Ospedaletto: Sferini, non Zanchi • G. ELLERO,Idillio all’Ospedaletto. Un documento d’archivio su CeciliaGuardi, futura sposa di Giambattista Tiepolo • G.M. PILO, Perla giovinezza di Giovan Battista Tiepolo • E. MARTINI, NonBenchovich, ma Tiepolo • A. PIAI, Bellerofonte a palazzo Sandi• P. SCARPA, Rosalba Carriera: un ritratto a olio di GiambattistaTiepolo • V. SGARBI, Lampi tiepoleschi • G. KNOX, The Drawingsof Giustino Menescardi • Indici, a cura di Stefania Massa.

Tiepolo e la vita in villa. Arte e cultura nel Settecen-to veneto, Vicenza, Neri Pozza, 1996, 8°, pp. 151,ill., L. 48.000.

INDICE: G.A. CIBOTTO, L’altra faccia della villa • G. BARBIERI,Tre storie vicentine di Giambattista Tiepolo • F. MARTIGNAGO,Una giornata in villa • G. CAPNIST, Gastronomia fra tradizionee rinnovamento.

Giambattista Tiepolo, Venere consegna Cupido nelle mani delTempo, soffitto su tela, Londra, National Gallery

Giambattista Tiepolo, La Superbia e l’Umiltà, Biron(Vicenza), Villa Loschi-Zileri dal Verme, affresco della sala

centrale

Giambattista Tiepolo, Sacrificio di Ifigenia, particolare,Vicenza, Villa Valmarana, palazzina, affresco dell’atrio

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L’Orto botanicoe il Teatro anatomicodi Padova(Mario Quaranta)

Nel corso del 1995 l’Università degli Studi diPadova ha celebrato onorevolmente due anniversaridi notevole importanza nella storia della scienza(non solo italiana ma internazionale): i 450 annidall’avvio dell’Hortus Medicus Patavinus e i 400anni dall’inaugurazione del Theatrum Anatomicum.Si tratta dei due primi “stabilimenti” della rivolu-zione scientifica dell’età moderna, nei quali si sonoformate generazioni di scienziati; inoltre essi hannocostituito un esempio per le Università di tuttaEuropa, che ne hanno adottato formule e metodi.

L’Hortus è stato istituito su delibera del Senatodella Repubblica di Venezia, che accolse un’istanzaavanzata dallo Studio patavino; originariamente eradestinato alla coltivazione e allo studio delle piantemedicinali, che all’epoca costituivano la grandemaggioranza dei cosiddetti “semplici”, ossia di queimedicamenti direttamente ricavati dalla natura: daciò il nome di Orto dei Semplici (Hortus Semplicium).Da questa iniziale utilizzazione di carattere medico,la botanica si diffonderà poi in altri ambiti scienti-fici; e in questo percorso storico l’Orto di Padova hasvolto un ruolo universalmente riconosciuto, che nefa ancora oggi una delle prime istituzioni mondialidel settore.

Il Theatrum Anatomicum, attivo nel gennaio 1595,è il più antico esempio di laboratorio “stabile”dedicato allo studio dell’anatomia, una disciplinafondamentale degli studi medici, e costituisce unotra i più significativi monumenti mondiali di inte-resse storico-medico. La primogenitura della strut-tura padovana riguarda la sua “stabilità”, nel sensoche il Teatro Anatomico di Padova rappresenta laprima costruzione di uno spazio fisso destinato a

quello scopo. Già nel secolo XV c’erano allestimentitemporanei nelle diverse facoltà mediche delle uni-versità europee per consentire agli studenti di segui-re la visione del tavolo settorio sul quale il docenteeseguiva l’anatomia di un corpo umano; ma Padovafu la prima Università europea ad allestire, già nel1583, un teatro anatomico permanente. Nel 1592esso risultava compromesso, e pertanto si provvidea una nuova costruzione che, inaugurata nel 1595,fu utilizzata per diversi secoli. Oggi essa costituisceun monumento di incommensurabile valore storico.

L’Ateneo patavino ha ricordato queste due fon-damentali istituzioni scientifiche con una serie diConvegni che si sono svolti appunti nel corso del1995: “L’Università di Padova e i primi ‘stabili-menti’ della rivoluzione scientifica”; “Il Teatro diFabrizio e l’evoluzione della medicina sperimenta-le”; “Orti botanici: passato, presente, futuro”. Conl’occasione sono stati editi i due volumi di ricercastorico-scientifica che recensiamo: uno dedicato alTeatro anatomico e l’altro all’Orto botanico. Siattendono inoltre gli atti del grande convegno sugliOrti botanici, che ha rappresentato la prima, organi-ca ricognizione storica degli Orti botanici italiani estranieri, dalla loro fondazione a tutto l’Ottocento;nel corso del convegno si è discusso anche del ruoloche tali istituzioni possono assolvere oggi, nonchédei problemi sollevati dalla loro gestione.

Ricordiamo brevemente alcune relazioni dei pri-mi due convegni, che hanno arricchito la conoscen-za storica di questo periodo e delle due istituzionipadovane. Nel primo Convegno A. La Vergata hadelineato il ruolo che gli “stabilimenti” hanno avutonella rivoluzione scientifica tra Cinque e Seicento,con una rivalutazione dei laboratori e degli strumen-ti, intesi ora come parte integrante e propulsiva nellagenesi dell’impresa scientifica. F. Abbri, ha ribadi-to la necessità di una ricostruzione articolata dellarivoluzione scientifica, nel senso che non si puòporre sullo stesso piano discipline antiche come lamedicina, la fisica matematica, e le nuove scienzesperimentali. In tale modo la nascita della chimicamoderna presenta delle caratteristiche molto speci-fiche rispetto, ad esempio, all’affermazione dellanuova fisica. E lo storico fiorentino, sulla base di

alcuni “casi esemplari”, ha delineato sia l’evoluzio-ne strumentaria (specie quella chimica) sia quelladelle forme e dei luoghi della cultura scientifica,nella persuasione che si tratti di due aspettiinscindibili della rivoluzione scientifica. C. Mac-cagni ha indicato quale è stato il ruolo dell’Univer-sità di Padova nella comunità scientifica internazio-nale, specie in quel secolo XVI che, aperto da Coper-nico, studente a Padova nella Natio Polonia, sichiude nel 1592 con la chiamata alla cattedra dimatematica di Galileo. Essa è stata sorretta dallaRepubblica di Venezia, che per ragioni di politicaculturale (individuate con acume da G. Benzoni) haattribuito all’Ateneo patavino un ruolo strategico edesclusivo nella formazione di un personale culturalee professionale di altissimo livello.

Il secondo Convegno ha permesso di avere un’im-magine a tutto tondo del Cinquecento, “il secolodella stupenda fioritura del pensiero anatomico inPadova”, come ha ricordato lo storico della medici-na Loris Premuda nella sua relazione su “Il pensieroscientifico di Girolamo Federici d’Acquapendente”,il medico che chiuse questo luminoso secolo, e incui si trovano concezioni rivoluzionarie, pur entroun’armatura scientifica di stampo aristotelico-galenico. Premuda si è soffermato sull’opera DeVenatorum ostiolis (Sulle valvole delle vene, 1603),che la storiografia ha privilegiato perché vi ha vistouna tappa della successiva dimostrazione harweyanadella circolazione del sangue. Lo storico si soffermaanche sull’opera De formatu foetu, in cui sono postele basi dell’embriologia descrittiva insieme ai fon-damenti dell’ostetricia.

Enrico Berti ha fornito un’articolata e persuasivarisposta al problema, già sollevato da H. Butterfield,se ci sia un motivo nel fatto che la rivoluzionescientifica è avvenuta a Padova, nella più aristote-lica delle Università europee dei secoli XV e XVI.Secondo lo studioso padovano occorre tenere pre-sente che i più profondi mutamenti sono intervenuti,in questo periodo, nello studio della medicina, unadisciplina che aveva come insegnamenti prope-deutici la fisica e la biologia. Inoltre tutti i grandianatomisti del secolo si ispirarono alla metodologiaaristotelica, una metodologia che proprio nello stu-

Frontespizio dell’Armamentarium chirurgicumdi Johannes Scultetus, Venezia 1665

Lezione di anatomia tratta dal Fasciculo de Medicinaattribuito a Johannes de Ketham, Venezia 1494

Immagine prospettica del Teatro anatomico tratta dalGymnasium patavinum di Jacopo Filippo Tomasini, Udine 1654

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dio dei corpi viventi forniva un modello avanzato etale da integrarsi felicemente con le nuove esigenzescientifiche emergenti.

Per sottolineare la complessità del secolo, D. vonEngelardt ha parlato di Paracelso, uno studioso cheha tentato di coniugare la teoria con l’esperienza.Essenziale per la medicina come scienza ed arte è ilparallelismo tra microcosmo e macrocosmo, o tra lacoscienza umana e l’essenza della natura. SecondoParacelso, che fonda la medicina sulla filosofia,l’astronomia, la chimica e la virtù, questo paral-lelismo vale anche per la terapia e la relazione tramedico e paziente.

Il volume sul Teatro anatomico si apre con unintervento di Loris Premuda sul ruolo di Padovanella medicina europea tra Rinascimento e Baroc-co; un ruolo straordinario che si protrasse nel tempo,anche senza le punte alte del Cinque-Seicento. Leragioni sono individuate dall’autore nella feliceposizione geografica dell’Università, nel valore enella fama dei suoi maestri, nella libertà di cuigodeva l’Ateneo; tutti motivi già emersi nell’ambi-to della storiografia precedente, a cui secondo Pre-muda ne va aggiunto uno di grande importanza,capace di spiegare perché i giovani rampolli dellanascente borghesia europea sceglievano l’Univer-sità di Padova. Esso risiede nella “tradizione del-l’oggettività”, vale a dire nell’impostazione empi-rica, tecnico-operativa dell’insegnamento, che eracosì in armonia con le esigenze di quelle professioni(come quella dei medici) che trovavano a Padova unterreno fertile soprattutto nella pratica scientifica.

Anche K. Bergdolt si sofferma sulla medicina aPadova tra il XVI e il XVII secolo, esaminando isingoli contributi scientifici dati dagli anatomisti,mentre M. Rippa Bonati esplora l’anatomia “teatra-le” nelle descrizioni e nell’iconografia; in particola-re esamina gli otto frontespizi e tavole del Deproprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico e leillustrazioni della Anatomia di Mondino De’ Lucci,immagini “nelle quali i presenti vanno da un mini-mo di due ad un massimo di nove, l’attrezzatura èindistinguibile dalle suppellettili domestiche del-l’epoca e solo in due casi la scena si svolge all’aper-to”. Si tratta di un’analisi che approda a nuoveinformazioni sui modi in cui si facevano le autopsiee le dissezioni. Infine Vittorio Dal Piaz ripercorre lastoria degli interventi edilizi nel complesso del Bo,

in particolare quelli riguardanti il Teatro anatomico,che si sono susseguiti fino all’Ottocento, mentre C.Semenzato ribadisce il valore storico, culturale escientifico di questo manufatto.

Il volume sull’Orto Botanico si apre con duesaggi: uno di Jan de Koning su Lo sviluppo dellabotanica nel XVI secolo, e uno di V. Dal Piaz e M.Rippa Bonati su L’Horto medicinale dello Studiumpatavium: progetto e rappresentazione. Il primofornisce un’esauriente informazione storica sul-l’Orto padovano, le sue caratteristiche rispetto adaltri, e così via. Il secondo descrive la genesi del-l’Orto dalla stesura del progetto alla sua realizzazio-ne, e la sua posizione entro la topografia della città,in ciò aiutato da una ricca documentazionecartografica. Ma la parte più cospicua e interessantedell’opera risiede nelle biografie dei venti prefettiche hanno diretto questa istituzione fino al 1990,“per arricchirla di piante, per vigilarla, per custodir-la”, come dicono le indicazioni originarie. Il prefet-to (nome che permane ancora oggi) è colui chegestisce l’Orto, ed era per lo più un ricercatore conla cattedra per l’insegnamento dei semplici aglistudenti di medicina. La separazione tra la direzionedell’istituzione e l’insegnamento dei semplici èavvenuta solo nel XVIII secolo, e segna la maturitàscientifica della botanica. Queste biografie costitu-iscono un tracciato preciso di storia dell’istituzionee degli studi di botanica, oltre naturalmente diquegli studiosi che hanno contribuito a dirigerla conintelligenza. Completa il volume una descrizionerigorosa delle collezioni attualmente esistenti pres-so l’Orto (di piante fanerogame, di legni, di algheecc.).

Infine c’è uno scritto sulla biblioteca, in cui ilcuratore Minelli che ne ricostruisce rigorosamentela vicenda e il patrimonio librario dalla fondazionea oggi: esso integra felicemente le informazionistorico-scientifiche precedenti, fornendoci così unquadro completo di questa eccezionale istituzioneche funziona, e bene, ancora oggi.

Il teatro anatomico. Storia e restauri, a cura diCamillo Semenzato, con la collaborazione di Vitto-rio Dal Piaz e Maurizio Rippa Bonati, present. diGilberto Muraro, Padova, Università degli Studi -Limena (PD), Offset Invicta, 1994, 4°, pp. 177, ill.,s.i.p.

INDICE: G. MURARO, Presentazione • L. PREMUDA, Padovanella medicina europea tra Rinascimento e Barocco • K.BERGDOLT, Medicina a Padova tra il XVI e XVII secolo • M. RIPPA

BONATI, L’anatomia “teatrale” nelle descrizioni e nel-l’iconografia • V. DAL PIAZ, Architettura, trasformazioni, re-stauri: da laboratorio scientifico a monumento della scienza •C. SEMENZATO, Valore e significato • A.M. SPIAZZI, Criterigenerali sull’intervento di restauro e annotazioni in margine aimanufatti lignei in Padova nel secolo XVI • SCHEDE TECNI-

CHE: E. ARRIGHETTI - I. TOMASONI, Relazione tecnica del restau-ro • A. ARRIGHETTI, Xilogia del Teatro anatomico • R. BONOMI,Analisi chimico-stratigrafiche su prelievi dalle superfici • V.MEGGIOLARO, Indagini chimico-stratigrafiche per la determina-zione dei leganti e dei pigmenti • G. ARRIGHETTI, Determinazio-ne della specie e controllo dello stato fitopatologico • G.PIZZIGONI - E. BORGHI, Esame di una finitura lignea.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA, L’Orto botanicodi Padova 1545-1995, a cura di Alessandro Minelli,Venezia, Marsilio, 1995, 4°, pp. 311, ill., L. 125.000.

INDICE: G. MURARO, Presentazione • L’ORTO BOTANICO DIPADOVA: J. DE KONING, Lo sviluppo della botanica nel XVIsecolo • V. DAL PIAZ - M. RIPPA BONATI, L’Horto medicinaledello Studium patavinum: progetto e rappresentazione • IPREFETTI: R. TREVISAN, Luigi Anguillara • R. TREVISAN,Melchiorre Guilandino • R. TREVISAN, Giacomo Antonio Cortuso• G. ONGARO - P. MARIANI, Prospero Alpini • P. MARIANI, JeanPrévost • P. MARIANI, Johann Rhode • P. MARIANI, Alpino Alpini• N. RASCIO, Giovanni Veslingio • N. RASCIO, Giorgio DallaTorre • N. RASCIO, Jacopo Pighi • N. RASCIO, Felice Viali • G.CASADORO, Giulio Pontedera • G. CASADORO, Pietro Arduino •G. CASADORO, Giovanni Marsili • A. PAGANELLI, GiuseppeAntonio Bonato • A. PAGANELLI, Roberto de Visiani • A.PAGANELLI, Pier Andrea Saccardo • A. PAGANELLI, AugustoBéguinot • F. MARCABRUNO GEROLA, Giuseppe Gola • F.MARCABRUNO GEROLA, Carlo Cappelletti • LE COLLEZIONIVIVENTI DELL’ORTO BOTANICO DI PADOVA NEL SECOLOXVI: • E.M. CAPPELLETTI, Le piante coltivate nell’Orto botanicodi Padova ai tempi di Luigi Squalermo detto Anguillara • A.UBRIZSY SAVOIA, L’Orto di Padova all’epoca del Guilandino(Piante coltivate nell’Orto botanico di Padova negli anni 1571e 1579) • E.M. CAPPELLETTI, Le collezioni viventi nell’Ortobotanico ai tempi del Cortuso (Elenco delle piante coltivatenell’Orto botanico di Padova nel 1591 - Le collezioni viventidell’Orto botanico: situazione attuale) • LE COLLEZIONI BO-TANICHE: F. PEDROTTI, L’Erbario fanerogamico dell’Ortobotanico • P. GIULINI, Le collezioni dendrologiche • G. CANIGLIA,Le collezioni minori. Licheni, briofite, semi • C. TOLOMIO, Lecollezioni algologiche • A. MONTEMARTINI CORTE, Le collezionimicologiche • G. PELLIZZARI, La cecidoteca • A. MINELLI, Labiblioteca dell’Orto botanico di Padova • Bibliografia.

Immagine dell’Orto tratta dal Gymnasium patavinumdi Jacopo Filippo Tomasini, Udine 1654

Tavola del codice Montis Baldi figurati di B. Martini, conservatonell’Archivio della biblioteca dell’Orto botanico di Padova

Veduta prospettica di Andrea Tosini edita dalla Litografia Kierdi Venezia nel 1840 ca. In primo piano l’Hortus sphaericus

e sullo sfondo la Basilica di Sant’Antonio

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Art Déco, Art Nouveau,Liberty in mostra a Padova

Art Déco. Boemia 1918-1938, catalogo della mo-stra (Padova, Palazzo della Ragione, 14 settembre1996 - 1° gennaio 1997), a cura di Jana Horneková,Milano, Electa, 1996, pp. 341, ill., s.i.p.

Perle di luce - Perle di colori. I vetri Daum delMusée des Beaux-Arts di Nancy e l’Art Nouveau,catalogo della mostra (Padova, Piano Nobile delloStabilimento Pedrocchi, 5 ottobre 1996 - 12 gennaio1997), a cura di Mirella Cisotto Nalon e RosaBarovier Mentasti, Padova, Il Poligrafo, 1996, 8°,pp. 200, ill., L. 35.000.

Le radici dell’art déco, o almeno del nome dellostile che ha caratterizzato il Novecento nel periodocompreso tra le due guerre, riportano alla grandeExposition Internationale des Arts Décoratifs In-dustriels et Modernes tenutasi a Parigi nel 1925. Aldéco, che può essere considerato diretto successoredell’art nouveau, Padova ha dedicato una grandemostra, ospitata nei suggestivi spazi del Palazzodella Ragione e caratterizzata dalla presenza deglisplendidi pezzi delle collezioni boeme, tra le piùalte espressioni di questa tendenza artistica.

Il catalogo, pubblicato da Electa con la consuetacura editoriale, testimonia la grande passione concui è stata allestita la mostra da Jana Horneková,coadiuvata dalla direttrice del Museo pragheseHelena Koenigsmarkova. Gli oggetti presentati edescritti nelle pagine del volume (dal mobilio aitappeti, dagli arazzi ai vetri, dalle porcellane alleceramiche, dagli abiti ai giocattoli, dai gioielli aimanifesti) offrono al lettore un esaustivo panoramasu quella che fu la produzione d’avanguardia dellaPrima Repubblica Cecoslovacca (costituita nel1818), in cui operarono gli artisti boemi – a partiredai professori della Scuola Superiore di Arti De-corative di Praga, il cui più noto esponente ful’architetto Pavel Janàk – che presto divennero icapostipiti e gli iniziatori delle varianti più cono-sciute e imitate del déco.

Sfogliando le pagine del catalogo, si possonoquasi toccare con mano i lussuosi materiali utilizza-ti dagli artigiani e dagli artisti boemi, come la lacca,il bronzo, l’ebano, l’avorio. Gli stili Impero e LuigiXVI si mescolano a suggestioni di ispirazione cine-

se, africana e azteca, confluendo talvolta in figu-razioni cubiste o futuriste. Questa “fusione” è benvisibile nella bella serie di manifesti, dove spiccanol’estrosa locandina per la Turandot disegnata nel1923 per il Teatro Nazionale di Praga da ZdenkaBurghauserova utilizzando forme e accostamenticromatici tipicamente orientali, o l’insolita affichepubblicitaria “Grand Restaurant” (1928) di JosefOldrich Schuller, in cui l’accostamento rosso-neroe la stilizzazione essenziale delle due figure diavventori sedute al tavolino ricorda certe illustra-zioni pubblicitarie o propagandistiche sovietichedei primi anni Venti. Decisamente futurista, invece,l’ispirazione della réclame dell’automobile WalterJunior (1932) di Emil Weiss, in cui la vettura,protesa in avanti come la silhouette del lanciatore digiavellotto che si staglia sullo sfondo, riassume tuttala dinamica modernità della sua funzione di mezzodi trasporto, tutta la forza e l’affidabilità dell’ideastessa di automobile nella scia di colore che si staccadalla sua fiancata come emblema della velocità.

Ma i veri “pezzi forti” della mostra e del catalogosono altri. A cominciare dal ciclo di otto arazzi inlana sul tema delle professioni realizzato (1924-25)da Marie Teinitzerova su disegni di Frantisek Kysela.La fantasia e la genialità hanno ispirato anche mo-bili come la scrivania in bubingo e il tavolino diservizio con chiusura “a nido” – entrambi datati1923 e opera di Vàclav Lozek – e i deliziosi calici ele coppe in vetro molato e inciso con motivi florealie vegetali di Josef Drahonovsky e di Adolf Beckert.Oppure i vasi in vetro satinato, opacizzato, inciso adacquaforte e dipinto, prodotti dalla Scuola di Ka-menicky o dalla ditta Erwin Pfohl di Novy Bor.

Parallelamente alla mostra del Palazzo della Ra-gione, il programma patavino di rivisitazione deimovimenti artistici del primo Novecento è prose-guito con un’altra iniziativa dedicata all’art nou-veau: sempre in città, nelle vicine sale del PianoNobile dello Stabilimento Pedrocchi, è allestitainfatti l’esposizione “Perle di luce - perle di colori.I vetri Daum del Musée des Beaux-Arts di Nancy”,che ospita 78 creazioni dell’atelier Daum apparte-nenti alle collezioni del Museo di Belle Arti diNancy. I preziosi oggetti esposti ricostruiscono ilperiodo d’oro dell’attività di questa leggendariaimpresa: dal 1892, anno in cui August Daum avviail primo atelier artistico della famiglia diretto daHenri Bergé, fino al 1925. Il catalogo, edito da IlPoligrafo per la serie “Quaderni del Pedrocchi”,passa in rassegna i pezzi unici di una delle piùraffinate vetrerie d’Europa, che nel corso di untrentennio rivisitò l’arte del vetro dalle prime ispi-razioni d’arte giapponese alle innovative creazioniin pasta vitrea colorata: caraffe, vasi panciuti conincisioni e decori, le famose lampade a fungo daimille colori tratti dalla natura e infine le suggestionidel mondo vegetale e animale, in un percorsoespositivo di grande fascino e suggestione.

Il volume ospita gli interventi di Rosa BarovierMentasti, Béatrice Salmon e Mirella Cisotto Nalon,dedicati, rispettivamente, al ruolo del vetro nell’artnouveau, all’evoluzione dello stile Daum e alletecniche di lavorazione del celebre atelier.

Marco Bevilacqua

Achille Casanova al Santo, a cura di FrancescaCastellani, catalogo della mostra (Padova, MuseoCivico al Santo, 22 settembre - 31 dicembre 1996),Padova, Centro Studi Antoniani - AssociazioneMuseo Antoniano, 1996, 4°, pp. 88, ill., L. 20.000.

Con questo catalogo ha inizio – ad un anno didistanza dall’apertura del Museo Antoniano – lapubblicazione di una serie di volumi intitolata “Qua-

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derni del Museo Antoniano”, nata con l’intento divalorizzare e far conoscere al pubblico i depositid’arte conservati nella Basilica. Il primo appunta-mento con i “Quaderni” è dunque dedicato ad AchilleCasanova, artista nativo di Minerbio in provincia diBologna ed ivi formatosi sotto la guida di AlfonsoRubbiani. Casanova fu impegnato per oltre qua-rant’anni (dal 1898, anno in cui vinse il concorso, al1943) nella realizzazione della decorazione pittori-ca della parte absidale di Sant’Antonio a Padova.L’artista, morto nel 1948, lasciò per disposizionetestamentaria i cartoni e i bozzetti preparatori al suocommittente, la Veneranda Arca di S. Antonio, conla speranza che potessero essere poi esposti nellesale del Museo, allora ancora chiuso. Il presentecatalogo – e la relativa mostra – vengono quindifinalmente a realizzare questa volontà e consentonosoprattutto di compiere la giusta rivalutazione di unmaestro per troppo tempo trascurato, se non addirit-tura dimenticato.

La curatrice della mostra e del volume, France-sca Castellani, fa precedere il catalogo vero e pro-prio dei disegni e dei bozzetti da un saggio, dove,tramite lo studio dei numerosi documenti conserva-ti dalla Veneranda Arca, ripercorre la lunga vicendadella decorazione che, proprio per l’eccezionaledurata e continuità, offre l’opportunità di rileggerel’evolversi e il mutarsi del gusto sia da parte dell’ar-tista che da parte dei committenti e della città.L’artista infatti si sfrondò progressivamente delgrafismo liberty degli esordi per approdare ad unostile sempre più plastico e votato al classico, cheperò venne letto dalla critica contemporanea comeun irrigidimento, mal accettato ed interpretato comeun segno di invecchiamento del maestro. Casanovaperò, come giustamente sottolinea la Castellani,dimostra nei disegni preparatori e nei cartoni unvigore ritrattistico e una sintesi idealizzante chepossono certamente far pensare più ad una manogiovane e in cerca di rinnovamento che ad unvecchio pittore oramai dedicato esclusivamente allaripetizione di modelli già noti. È quindi opportunoosservare attentamente i fogli dell’artista riprodottinel catalogo (affiancati da una breve scheda tecnicacon i riferimenti all’opera poi realizzata), per ap-prezzare anche noi non solo la raffinata periziaesecutiva, ma anche la forza e l’emozione emanatedai soggetti rappresentati.

Anna Pietropolli

Coppa su piede, manifattura Daum, 1890 ca,vetro dipinto a smalto e oro

Achille Casanova, Gerusalemme, particolare,disegno a matita, carbone, gesso colorato su cartone

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approfonditi e ridiscussi anche sulla base di nuovimateriali d’archivio. Emerge così nitidamente lasua opera di educatore e organizzatore della cultura,insieme alla sua azione politica nel periodo qua-rantottesco e oltre. Egli è qui rappresentato, sulterreno suo proprio, quello della poesia, come unodei maggiori fra i poeti minori dell’Ottocento, in cuila misura classicistica è, per così dire, incrinata daistanze intimistiche di stampo “crepuscolare”, incui peraltro l’ispirazione poetica allarga il cerchiodei temi: da quelli naturalistici a quelli scientificifino a quelli economico-sociali. A tale propositorisulta di grande interesse la conclusiva tavola ro-tonda tenuta da tre dei maggiori poeti italiani delNovecento: Franco Fortini, Giovanni Giudici eAndrea Zanzotto i quali, non solo esprimono giudizie valutazioni sull’opera poetica di Zanella, ma nerilevano la presenza in altri poeti: una fecondapresenza carsica insospettabile e suggestiva.

In conclusione, Zanella ha avvertito con grandesensibilità il nesso fra letteratura e progresso scien-tifico, e ha cercato di interpretare i fenomeni nuovidella modernità inserendoli in un quadro di certezze(religiose, politiche, civili), nella persuasione chesia possibile quella che Emilio Franzina (qui pre-sente con un conclusivo saggio su “Poesia ed econo-mia politica in G. Zanella”) ha chiamato la “transi-zione dolce”, ossia un passaggio al mondo modernosenza una forte conflittualità sociale, una lacerazio-ne del tessuto sociale e delle credenze religiose deiceti popolari.

Giacomo Zanella e il suo tempo nel 1° centenariodella morte, Atti del Convegno di studi (Vicenza,Accademia Olimpica, 22-24 settembre 1988), acura di Fernando Bandini, Vicenza, AccademiaOlimpica, 1995, 8°, pp. 514, s.i.p.INDICE: C. OSSOLA, Giacomo Zanella e la poesia della scienza• G. BÀRBERI SQUAROTTI, Le forme dell’idillio • G. PULLINI,Venature intimistico-crepuscolari nella poesia di GiacomoZanella • M. PASTORE STOCCHI, Giacomo Zanella e il “limaelabor” • S. PASQUAZI, Per un ripensamento storico dell’opera diGiacomo Zanella • A. BALDUINO, Zanella critico e storico dellaletteratura • F. BARBIERI, G. Zanella biografo del Palladio • T.MOTTERLE, La biblioteca di Giacomo Zanella • N. MICOLI

PASINO, Giacomo Zanella e Angelina Mangilli • G. NAVA,Zanella e Carducci • A. PIROMALLI, Giacomo Zanella e AntonioFogazzaro • M. PERUGI, Da Giacomo Zanella a Pascoli: comeuna pioggia d’estate • G. LONARDI, Flotte di carta in un rigagno:qualche ricordo di Zanella in Montale • A. CHEMELLO, La prosapedagogico-popolare di G. Zanella • P. MARANGON, La forma-zione filosofica e teologica di G. Zanella • E. REATO, GiacomoZanella e la nuova Italia • E. FRANZINA, La modernizzazioneclassicista: poesia ed economia politica in G. Zanella • A.STELLA, L’eredità culturale e religiosa di G. Zanella • TAVOLA

ROTONDA: Tre poeti d’oggi rileggono Zanella: Franco Fortini,Giovanni Giudici, Andrea Zanzotto.

Giacomo Zanellae il suo tempo(Mario Quaranta)

Nel centenario della morte di Giacomo Zanella(1820-1888) l’Accademia Olimpica di Vicenza haorganizzato un convegno, di cui escono ora gli atti,e contemporaneamente avviato la pubblicazionedell’edizione critica delle opere (sono già usciticinque volumi). Da allora la figura dell’abate vi-centino ha conosciuto un’attenzione pressoché co-stante da parte di storici e studiosi di letteratura, eciò in sintonia con una rivalutazione del moderatismoveneto, di cui Zanella è parte integrante, insieme aisuoi “allievi” Fedele Lampertico e Antonio Fo-gazzaro.

In questa occasione emerge in tutta la varietà deisuoi contributi lo Zanella letterato (poeta, storicodella letteratura e critico); Carlo Ossola affronta intermini nuovi la questione di Zanella poeta dellascienza sia attraverso un confronto, fine e argomen-tato, con altre poesie sulla scienza dello stessoperiodo, peraltro frequenti nel clima di quegli annidi grande sviluppo del sapere scientifico, sia entro laproduzione del poeta vicentino. Basterà ricordare leLezioni di letteratura italiana, in cui “lo Zanellatraccia, per pagine e capitoli distribuiti per ciascunadelle discipline scientifiche, il più bel profilo distoria della scienza che si abbia nelle nostre storieletterarie dell’Ottocento”. La citatissima poesiaSopra una conchiglia fossile fa parte, secondoOssola, di un tentativo di “creare, per l’Italia Unita,un nuovo genere di poesia didascalica”, diffusonella cultura ottocentesca: basti pensare ad analo-ghe poesie di Lorenzo Mascheroni, Alfonso Varvaro,Vincenzo Monti. Già Leopardi, con acuta percezio-ne del nuovo, assegnò un largo spazio a questo“genere” poetico nella sua antologia del Settecento.È il caso di ricordare che nell’area veneta c’era statal’opera del padovano Antonio Conti, il cui poemetto,Il globo di Venere, costituisce uno straordinarioprecedente storico in questa direzione. Ma in Zanellanon c’è solo un interesse verso la natura; egli èanche sensibile interprete della modernità rappre-sentata dall’industria (Industria è il titolo di una suapoesia), in ciò sollecitato senz’altro da quell’am-biente vicentino ove il dinamismo imprenditoriale èben rappresentato da Alessandro Rossi.

Anche Giorgio Barberi Squarotti inizia il suosaggio su “Le figure dell’idillio” evidenziando l’ori-ginalità della Conchiglia fossile, la quale “unisce insé la memoria ancestrale delle ere geologichesuccedutesi sulla terra in base alle ipotesi di evolu-zione delle specie, e l’ipotesi utopica di un avveniredi civiltà e di progresso”. C’è insomma in Zanellauna rappresentazione sostanzialmente ottimisticadella storia, in netta antitesi con quella espressa daLeopardi. Giorgio Pullini scopre, a lato dell’ottimi-smo, “angoli segreti” della sensibilità zanelliana,momenti intimistici caratterizzati dalle figure dellasolitudine come fuga, della memoria come rifugio,insomma temi e timbri che alludono a un “cre-puscolarismo della quotidianità e delle piccole cose”,ove ci sono singolari assonanze con analoghe poe-sie, ad esempio, di D’Annunzio.

Un tentativo di “ripensamento storico dell’operadi G. Zanella” è compiuto da Silvio Pasquazi, ilquale sottolinea l’importanza dell’educazioneclassicistica che il poeta ricevette nel Seminariovicentino (e dove si respirerà il clima artisticocanoviano), e classicistico è il registro della produ-

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zione poetica zanelliana, tanto che di fronte all’ir-rompere dell’evoluzionismo darwiniano egli nonriuscirà, secondo Pasquazi, a inquadrarlo “in unasintesi ideologica”, ossia a definire un accordo trascienza e fede: “da ciò la sua interna battaglia”inconclusa.

Su Zanella “critico e storico della letteratura” sisofferma Armando Balduino, per ribadire l’acumecritico e l’apertura al nuovo di Zanella critico,accanto a elogi non giustificati verso “onesti intel-lettuali di provincia” o poeti di second’ordine. Fran-co Barbieri interviene su “Zanella biografo delPalladio”, mentre Tullio Motterle ripercorre letraversìe della biblioteca dell’abate e NicolettaMicoli Pasini compie una lettura nuova di unafigura controversa, la figlia di Lampertico AngelinaMangilli, la “donna Fedele” del romanzo diFogazzaro Leila.

Giuseppe Nava ridisegna i controversi rapportitra Zanella e Carducci, e Antonio Piromalli quellicon Fogazzaro, più complessi ancora, perché sitratta di un “allievo” che è sì riconoscente verso ilproprio maestro, ma consapevole di uno staccogenerazionale, ossia di gusti, scelte e cultura diver-si. Un altro rilevante contributo è quello di PaoloMarangon, “La formazione filosofica e teologica diG. Zanella”, che attraverso una puntigliosa disaminadei docenti e delle opere (filosofiche e teologiche)lette e studiate dall’abate vicentino perviene a indi-care con esattezza l’influsso subìto dai due filosoficattolici Gioberti e Rosmini nel periodo in cui la suaformazione scolastica era già conclusa; il Primatogiobertiano “andava a ruba” nel Seminario vicentino,secondo la testimonianza di Lampertico, e lo stessoZanella assicura che gli scritti filosofici “furonoavidamente cercati”. Fu un’influenza più politicache schiettamente filosofica, legata alle vicende del’48, che però lo sollecitarono fra l’altro a proporreun nuovo tipo di insegnamento filosofico.

Adriana Chemello affronta lo Zanella “predica-tore”, analizza cioè i molti discorsi rivolti a operai eartigiani, in vista di quell’educazione popolare cheha costituito parte non secondaria del suo “magiste-ro” pedagogico, in difesa di una “socialità” conser-vatrice-riformistica: un’attività moraleggiante checambia di tono via via che si fa più stringente la sfidasocialista.

L’insieme delle relazioni consente senz’altro unamaggiore conoscenza della figura di Zanella. La suabiografia intellettuale, i rapporti con altri scrittori, lasua molteplice attività in vari campi, oltre natural-mente la sua produzione poetica: temi e problemi

Giacomo Zanella

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I carteggi diFedele Lampertico(Mario Quaranta)

Con questo volume (ne sono previsti quattro)inizia la pubblicazione di uno dei carteggi più ampie importanti della nostra cultura ottocentesca. Fede-le Lampertico (1833-1906) fu infatti, dalla metà delsecolo agli inizi del decennio giolittiano, uno deiprotagonisti della vita politica e civile italiana. Lemissive dei fondi archivistici disponibili sono circasessantamila; i corrispondenti da A-E sono 3480con 26.277 lettere: ne sono stati scelti 202 con 503lettere; insieme, costituiscono una rassegna del per-sonale politico e culturale dell’Italia unitaria eumbertina: politici, amministratori, parlamentari,militari, prelati, sacerdoti, economisti, storici, lette-rati, professori universitari fanno parte di quellastraordinaria rete di rapporti che Lampertico haintrecciato nel corso della sua lunga e laboriosa vita.

La scelta, la catalogazione e distribuzione di untale materiale è stata un’impresa notevole, e hasollevato problemi delicati che il curatore via viadipana, con scelte sempre ampiamente motivate.L’Ottocento italiano è infatti ricco di carteggi flu-viali; basta ricordare quelli di Cavour, Mazzini,Ricasoli, Capponi, Tommaseo, Garibaldi, De Sanctise Salvemini. Essi “documentano – afferma Franzina– per il ‘lungo Ottocento’ la centralità e crucialitàdelle comunicazioni epistolari rispetto a quantoaccaduto in altri periodi precedenti e successivi”. Icriteri che hanno presieduto alla scelta sono stativari: prima di tutto, “si è rispettata l’ampiezza deisingoli fondi: ad es. 23 le lettere di Bonomellirispetto alle 270 disponibili”, però in casi analoghi,ma con carteggi non significativi, sono stateantologizzate poche lettere. In conclusione, si è tesoa “fornire uno spaccato attendibile e quasi di tipo‘letterario’ dell’intero carteggio”: un’operazioneriuscita brillantemente, se si pensa poi che di ognicorrispondente il curatore ha delineato una micro-biografia precisa e spesso con rigorosi rinviibibliografici. Veniamo così a conoscere una straor-dinaria galleria di personaggi (noti e meno noti) concui Lampertico ha intrattenuto rapporti che sonostati prolungati nel tempo e che forniscono unquadro mosso e vario della vita civile e politica diuna intera epoca.

Fra le moltissime lettere, prevalgono le corri-spondenze di tipo clientelare, “ovvero legate a rac-comandazioni e richieste di grazie o di favore [...]abbondano e costituiscono anzi il corpo epistolarein assoluto più consistente”. Fra i corrispondenti dispicco ricordiamo, fra quelli presenti in questovolume: Amari, Ascoli, Bonomelli, Breda, Crispi,De Amicis, Depretis, De Sanctis, D’Ancona, Boselli,Einaudi, Ellero, Barzellotti, Cognetti de Martiis.

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andò ben oltre i limiti del neoguelfismo”. Ora, che“conciliatorista e giobertiano” sia stato GiacomoZanella, maestro di Lampertico nel Seminario diVicenza, è cosa nota; la sua conoscenza di alcuneopere di Rosmini e di Gioberti è accertata, anche sel’interesse fu più politico che filosofico, e coincisecon i moti del ’48, illanguidendosi negli anni suc-cessivi. Nella generazione successiva, altri erano iproblemi e le tematiche, e Lampertico è soprattuttoun economista, un politico pragmatico, un duttilemediatore che porta avanti quel lavoro di patronagesecondo una precisa progettualità di moderazionepolitica e stabilità sociale. In tutto ciò l’interessefilosofico è al massimo uno degli ingredienti retori-ci (in senso lato) che danno dignità a un orientamen-to che trova il suo fondamento e gli stimoli più vitaliin un ambito schiettamente politico (etico-politico).Tanto è vero che lo stesso Lampertico riassunsel’insegnamento di Rosmini in quell’“equilibrio del-la scienza con la virtù” in cui più evidente è l’indi-cazione pragmatica, in un momento in cui egli nonaccettava le tesi più radicali dell’intransigentismocattolico e auspicava un impegno più direttamentepolitico dei cattolici nella vita del Paese. Piùpersusiva è la seconda parte della prefazione, in cuiDe Rosa mette in evidenza l’impegno scientifico diLampertico, espresso soprattutto attraverso la pub-blicazione dell’opera solennemente intitolata Eco-nomia dei popoli e degli Stati, rimasta incompiuta(ne sono usciti tre volumi), di cui fornisce questaequilibrata valutazione: “Non faremo di FedeleLampertico un caposcuola, nemmeno un economi-sta di rango: egli certamente si colloca, alla grande,nell’alveo della scuola, come si è detto, lombardo-veneta, che potremmo definire sinteticamente della‘moderazione’ o della ‘transizione dolce’”.

Ma giunti a questo punto, rimane da ricordare chel’aspetto più importante del ponderoso volume èrappresentato dalle lettere, che sono state scelte dalcuratore in modo da fornirci una straordinaria “gal-leria” di personaggi che ci consentono di comprendre,prima di tutto, attraverso quali vie e con qualiuomini sia stata fatta l’Italia.

FEDELE LAMPERTICO, Carteggi e diari 1842-1906,volume I: A-E, a cura di Emilio Franzina, pref. diGabriele De Rosa, Venezia, Marsilio, 1996, 8°, pp.XXXIX-895, L. 120.000.

INDICE: G. De Rosa, Prefazione • E. Franzina, Introduzione(Vita di un notabile: Fedele Lampertico e le molte animedell’Italia moderata - Lettere ed epistolari dell’Ottocento: ilproblema storico dei carteggi e le corrispondenze di FedeleLampertico - Lettere, carte e diari di Fedele Lampertico fraordinamento archivistico e prime edizioni a stampa - Lamperticoepistolografo e raccomandante - Voci dal coro epistolare:immagini e numeri dai carteggi e selezione dei mittenti editi -Cronologie e tipologie: il caso degli economisti - Un’opera incammino: criteri di edizione e ultime considerazioni sui carteg-gi di Fedele Lampertico) • Corrispondenti. Lettere A-E • Indici(Elenco dei corrispondenti - Indice dei nomi).

Fedele Lampertico

Emilio Franzina fornisce una rapida ma esau-riente biografia intellettuale e politica di Lampertico,con una sottolineatura dell’importanza di quella“immensa ragnatela, puntualmente riflessa nei suoicarteggi, di rapporti scientifici, culturali e clientela-ri”, che costituiscono parte essenziale di quellasapiente azione mediatrice che Lampertico condus-se fra esigenze statuali e quelle espresse dalla socie-tà civile, in un momento in cui “delicati e imponentiprocessi di trasformazione organizzativa e struttu-rale ne vengono investendo la compagine avviatasilungo la via della propria modernizzazione”. InfattiLampertico è uno dei maggiori protagonisti di quel-la “transizione dolce” verso la modernità che carat-terizza il Veneto, quel “modello di sviluppo” chetanta fortuna ha avuto anche nella pubblicisticacorrente. Esso si configura come un amalgama dispirito imprenditoriale, sentimento religioso social-mente diffuso, un consenso sociale ottenuto con unaintensa, capillare mediazione politica. Il risultato:una stabilità sociale non statica ma dinamica, apertaalla modernità ma con un tasso di conflittualitàsociale (le “perturbazioni”) tale da non mettere indiscussione l’ordine (sociale e politico) esistente.

Nella prefazione, Gabriele De Rosa presentaLampertico come un “paternalista sui generis, ami-co di parroci e della Chiesa, ma patriota e liberale,sensibile ai fermenti e alle suggestioni religiose eideali della borghesia orleanista, mediati attraversoRosmini e Gioberti”. Come si vede, viene attribuitoun rilievo particolare ai due filosofi nella formazio-ne di Lampertico, finora non segnalato dagli storici.Egli, continua lo storico, “conservava i princìpi diquesta filosofia conciliatorista fra l’antico e il mo-derno, fra fede e liberalismo del Roveretano, che

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Spoglio dei periodicidi psicologia, psichiatria,pedagogia e di scienzesociali (1995-1996)

Il precedente spoglio dei periodici di “Psicolo-gia, psichiatria e pedagogia - Scienze sociali” erastato presentato sul “Notiziario” n. 16 e prendeva inconsiderazione gli anni 1991-1994. Il presente ag-giornamento si riferisce quindi alle nuove uscite apartire dall’ultimo fascicolo segnalato sul “Notizia-rio” n. 16. Delle riviste nuove si è cercato di dare lospoglio dal primo numero uscito.

PSICOLOGIA - PSICHIATRIA

PEDAGOGIA

Centro Ricerche BiopsichichePadova

direttore resp.: Giorgio Forestiperiodicità: annualeeditore: Tip. Pieragnolo, Padovasede della redazione: Centro Ricerche Biopsichiche -via Dante, 60 - 35139 Padova - tel. 049/657996

a. XXXVI-XXXVII (1993, 1994)GIORGIO FORESTI, Imparare a conoscersi • CARLABERLANDA, Cura della malattia o cura del malato? •ANGELO D’ONOFRIO, Frammenti clinici • BRUNASEMENZATO MORATTI, L’alterazione cognitiva nell’obe-sità • Attività della Sezione di Padova della SIMP •Attività del Centro.

a. XXXVIII (1995)GIORGIO FORESTI, Dall’esistere al senso dell’essere •CARLA BERLANDA, Sulla controtraslazione o delleemozioni del terapeuta • PETER REITHAAR, Significatoe funzione dell’animale domestico nella vita quotidia-na e in particolari setting psicoterapici • ANGELOD’ONOFRIO, Lo stress scolastico • Attività della Sezionedi Padova del SIMP • Attività del Centro.

Consultorio familiare

direttore resp.: Paolo Di Benedettocomitato di redazione: Teresa Boccanegra, DonatellaDrago, Gerardo Favaretto, Cesarina Negrizzolo,Rossella Ponchia, Carla Rigoni, Gigliola Tessari, Fran-cesco Viero, Biancarosa Volpeperiodicità: quadrimestraleeditore: Tamari Montagna Edizioni, Maserà (PD)sede della redazione: c/o Cieffe, via Ognissanti 65,35129 Padova

a. VII, n. 3, 1993Atti delle giornate di studio su “Gravidanza, maternitàe primi passi nello sviluppo affettivo” (ConeglianoVeneto, ottobre 1991 - gennaio 1992). Seconda parte.BIANCAROSA VOLPE, Premessa • GRAZIA MARIA FAVAVIZZIELLO, Tra ricerca e clinica: dalla gravidanza albambino • M. ELISA ANTONIOLI - MICHELA MIRICOLA -

EMANUELA TEZZON, Il caso di Anna • BIANCAROSAVOLPE - CATERINA ZINGARELLO, Il caso di Loris. Ilbambino che “si vede” e che “vede” • PAOLOBENCIOLINI, Deontologia professionale e codicideontologici.

a. VIII, n. 1, 1994BIANCAROSA VOLPE - ANNAMARIA FRESCURA, La ma-ternità difficile: l’esperienza dell’Ostello materno in-fantile del SEEF di Padova • ROSANNA BIMBATO - MARI-NA BONATO - PASQUALE BORSELLINO - IOLANDA GALLI- IRMAROSA TOMASINI - PAOLA UNGARO, La periziariguardante i minori • ANNA MARIA ALGERI - ANDREAMOSCONI - NUNZIA RUGGIERI - MANUELA TIRELLI - EMMAZAGO - PATRIZIA ZANTEDESCHI, Un progetto di ricercasulla famiglia monogenitoriale (e una richiesta dicollaborazione) • TERESA SPALIVIERO, La CampagnaBenessere Donna della Regione Veneto • CARLA RIGONI,La ginecologa ascolta l’adolescente: aspetti psicologi-ci della consulenza • ANDREA GROSZ - PAOLA MASAT,La bella addormentata, note sull’uso del T.A.T. nellapsicoterapia di un’adolescente • ANNA APRILE, Lasterilizzazione volontaria è reato?

a. VIII, n. 2, 1994ANDREA BIANCARDI - MARIA TERESA PEDROCCOBIANCARDI - ANNALISA MARCASSA - FRANCESCA RIGON,Bambini maltrattati in famiglia: un tentativo di rispo-sta al problema • GERARDO FAVARETTO - FABIO FOTI -FRANCESCO PESAVENTO, L’interruzione volontaria digravidanza dopo il 90° giorno: la consulenza psichia-trica in gravidanze con malformazioni fetali • MAUROGONZO - MANUELA TIRELLI, Contesti dell’aborto: fatto-ri culturali e sociali del ricorso all’IVG nella popolazio-ne extra-comunitaria • TERESA BOCCANEGRA -ANTONELLA TINTI - PAOLA VALLICELLI, La coppia da-vanti al Consultorio familiare: un percorso di 11 anni• EMANUELA CIRILLO - GIACINTA PORQUEDDUZACCHELLO - DARIA MINUCCI - A. TORRISI, Proposta diun programma di screening del cancro della cerviceuterina nell’Ulss n. 21 • PAOLO BENCIOLINI - ANNAAPRILE, Diritto all’obiezione e dovere di denuncia inConsultorio.

a. VIII, n. 3, 1994DONATELLA GUIDI - GRAZIA MASI - M. NADIA TOSI, Unaesperienza di lavoro di gruppo con genitori adottivi perun processo di acquisizione di identità familiare –Appendice: Favole sull’adozione. Io dov’ero, Il magi-co bip, Il prato mormora, a cura di D. Guidi - S. Bosi •ANNA MARIA ALGERI - ANDREA MOSCONI - NUNZIARUGGERI - MANUELA TIRELLI - EMMA ZAGO - PATRIZIAZANTEDESCHI, Un progetto di ricerca sulla famigliamonogenitoriale: la famiglia M. • GIOVANNI TONELLATO- ANTONELLA BERTINARIA - MAURO CIBIN - NELIO FORTE- LORIS ZAMPIERI, La prevenzione del disagio giovani-le: interventi con operatori di strada • REGIONE VENETO- TERESA SPALIVIERO, Rapporti sui Consultori familia-ri • PAOLO BENCIOLINI - ANNA APRILE, Le situazioni diabbandono dei minori.

a. IX, n. 1-2, 1995Atti del convegno “L’adozione in bianco e nero”,promosso dai Consultori familiari delle Ulss n. 24, n.25, n. 26, n. 27, n. 28, n. 33 della Regione Veneto(Verona, 24-25 novembre 1994).PARTE PRIMA. DAMIEN NGABONBZIZA, Adozione: inte-grazione familiare, sociale culturale • GABRIELLAMERGUICI, In viaggio verso l’adozione: cosa portonello zaino? • DONATELLA GUIDI, L’abbinamento: unmomento fondamentale del percorso adottivo troppospesso dimenticato • FRANCESCA NERI - R. NACINOVICH- P. GALLO - P. ERLICHER, Rischio di fallimento e sviluppipsicopatologici in genitori e bambini adottivi • LUIGIWEISS, L’adozione in Veneto, entità del fenomeno eproblematiche giuridiche connessePARTE SECONDA. L’indagine conoscitiva su sei anni diadozioni nazionali e internazionali in Verona e provin-cia: IOLANDA GALLI, L’indagine conoscitiva: presenta-zione • LAURA GUARIENTO, Metodologia dell’indagine• PALMA BEGHINI - FRANCESCA BRESSAN - CHIARA

GOBETTI - BRUNA ZOCCA - CRISTINA ZAMBONI, Caratte-ristiche psico-sociali delle coppie adottive • GABRIELEBONATO - FRANCO LISSANDRINI - SANTE MIRANDOLA,Sterilità ed adozione: il percorso per rimarginare unaferita • PATRIZIA MENEGHELLI - MARIA SCUDELLARI,Caratteristiche psicologiche delle coppie adottive •ANTONELLA PIETROPOLLI, Iter adottivo • VENANZIABONOMELLI - CRISTINA MAZZI - STEFANIA ZAMBELLI,Riflessioni sull’anno di affidamento preadottivo •BEPPINA BEGHINI - MARA FASOLI - ANTONELLA GRAZIA-NO, Il bambino e la famiglia oggi • ANDREA CAFARELLI,Il contributo dei bambini alla nostra indagine: i lorodisegni • ANTONELLA CONVERTINI - IOLANDA GALLI,L’esperienza emotiva nella relazione con le coppieadottive.

a. IX, n. 3, 1995CRISTINA ESPOSITO, L’adolescenza al maschile: unalunga odissea • GERARDO FAVARETTO - FABIO FOTI -GIULIA FRASSON, La richiesta di interruzione dellagravidanza dopo il 90° giorno: la consulenza psichia-trica con adolescenti, pazienti psichiatriche, donne“con doppia crisi” • CARLA FEDERICI, Fusionalità,separatezza e genitorialità nella coppia • PIER LUIGIRIGHETTI, Le esperienze emotive del feto • A. TORRISI -E. CIRILLO, Il ruolo dei Consultori familiari nella pre-venzione e diagnosi precoce del cervico-carcinomauterino • NANCY INOSTROZA - CRISTINA PANCISI -LORETTA RAFFUZZI, Note per un corso di formazionesulle tematiche di educazione alla sessualità rivoltoagli insegnanti di scuola media superiore • ANNAAPRILE - ALBERTO RAIMONDO, L’accertamento dell’in-fezione HIV nel minorenne: riflessione su di un caso.

a. X, n. 1-2, 1996CIRO GARUTI - FRANCESCO VIERO, “Verba volant, scriptamanent”: alcune considerazioni psicodinamiche sulfenomeno del tatuaggio in adolescenza • FRANCESCOFAVARETTI CAMPOSAMPIERO, Istituzioni e persona •MARIA VITTORIA COSTANTINI - CRISTINA ESPOSITO,Vorremmo adottare un bambino: il legame di coppianel controtransfert degli operatori • DARIA VETTORI -RAFFAELLA SALVO - BARBARA SEGATTO - JOLANDAGALLI, I percorsi dell’adozione • ANNA APRILE - AL-BERTO RAIMONDO, La nuova disciplina sui reati ses-suali.Atti del Convegno “Aids e sessualità”:ANNA MILVIA BOSELLI, Introduzione • PAOLO CADROBBI- ANNAMARIA CATTELAN - RENZO SCAGGIANTE, Tra-smissione sessuale e AIDS • FLAVIA BORTOLOTTI - ANTO-NIO STIVANELLO - ALBERTO BERTOLINI - FRANCONOVENTA, L’osservatorio di Padova e la prevenzionedella trasmissione sessuale dell’HIV • ANTONIOSTIVANELLO - FLAVIA BORTOLOTTI, Prevenzione: dal-l’informazione all’interattività • VIVIANA GARBAGNO-LI, AIDS e violenza: una storia difficile • MAURIZIOKAUFMANN - ANNALISA PISTUDDI, Comportamenti ses-suali a rischio in psicopatologia: un caso clinico •LUCIA DI FURIA - FABRIZIO SCHIFANO - ROBERTASABBION - LORELLA MICONI - PIERLUIGI CECCHETTO -ALESSANDRO VICINI - RENATO BRICOLO, Tossico-dipendenza da oppiacei e sessualità: primi dati speri-mentali.

Contributi dei Dipartimenti e degliIstituti italiani di psicologia

Il periodico ha cessato le pubblicazioni.

Euristica

Nel numero 16 del “Notiziario Bibliografico” è statodato lo spoglio dell’indice del numero unico, settembre1993.

Rivisteria veneta

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IRSE

Istituto Superiore Internazionale Salesianodi ricerca educativa

direttore resp.: Severino Cagnincomitato di redazione: Ernesto Gianoli, Luigi Libralon,Guglielmo Malizia, Michele Pellerey, Paolo Penzo,Arduino Salatinperiodicità: quadrimestraleeditore: ISRE - Istituto Superiore Ricerca Educativa,Veneziasede della redazione: c/o ISRE - Isola di San GiorgioMaggiore - 30124 Venezia - tel. 041/5236114

n. 1, 1994Lettera del presidente prof. Gianni Filippin • EMILIOALBERICH Vicepresidente ISRE, Editoriale • MICHELEPELLEREY, Lo stato di preparazione degli studenti cheentrano nella Scuola Secondaria Superiore nella pro-vincia di Treviso. Riflessioni critiche e proposte opera-tive • GIANCARLO DE NARDI, Verso una nuova compe-tenza. Bilancio di un percorso.

n. 2, 1994Editoriale • GUGLIELMO MALIZIA - JOZE BAJZEK - RENA-TO FRISANCO - RENATO MION - VITTORIO PIERONI -ARDUINO SALATIN, Analisi dei progetti formativi deigiovani della provincia di Belluno. FP, Scuola, Fami-glia, Mondo del lavoro a servizio della Formazione edell’Orientamento Professionale • Proposte formative.

n. 3, 1994LUIGI LIBRALON, La Scuola Superiore Internazionaledi Scienze della Formazione • Editoriale • ANNA RITACOLASANTI, L’incoraggiamento della personalità so-ciale e la promozione della fiducia in situazioni direndimento: verifica di un modello di formazione pergli insegnanti • KLEMENT POLACEK - FRANCO ORIO, Lostato di preparazione degli allievi che entrano nellaFormazione Professionale nella Regione Veneto. Ri-flessioni critiche e rilievi conclusivi.

n. 1, 1995Editoriale • FRANCO MION - RENATO FRISANCO, Dina-miche interpersonali e problemi educativi nella BassaPadovana tra bisogni, risorse e servizi • LUIGIFUMANELLI - GUGLIELMO MALIZIA, La formazione pro-fessionale al servizio dei giovani e delle famiglie:l’esperienza di Este • UMBERTO FONTANA, L’adole-scente italiano nella sua famiglia • ERNESTO GIANOLI,Corso di formazione: Formatori in educazione fami-liare.

n. 2, 1995Editoriale • Il sistema formativo italiano. Problemi eprospettive in un quadro europeo. Relazione magistra-le ad un Seminario Italo-Tedesco di formazione perdocenti • Proposte formative: Le condizioni di ingressonella formazione professionale e nella scuola secon-daria superiore nell’anno scolastico 1994/95 • Po-tenziamento nei giovani del concetto di sé • Il progettodi riqualificazione nella formazione professionale dibase nella provincia di Trento • Training per insegnan-ti che operano con bambini ed adolescenti bosniaciaccolti in Slovenia • Corsi della Scuola SuperioreInternazionale di Scienze della Formazione (SISF).

n. 3, 1995Editoriale • Studio - Ricerca • Catalogo ISRE-SISF: 1.Corsi di aggiornamento e formazione permanente •Corsi di qualificazione e specializzazione • Attività diformazione, informazione e orientamento • Attività chesi sono avvalse della collaborazione dell’ISRE • Proget-ti - Strumenti - Ricerche • Corso di formazione perDocenti Biennio • Corso biennale di specializzazioneper Operatori di Orientamento.

n. 1, 1996Editoriale • Per una diagnosi delle strategie cognitive,affettive e motivazionali coinvolte nell’apprendimentoscolastico e professionale • I bisogni formativi dei

giovani della Bassa padovana e la risposta del “Man-fredini” di Este • Adolescenza al femminile • Trainingteorico-esperienziale: Essere uomo, essere donna.

n. 2, 1996Editoriale • G. MALIZIA - R. FRISANCO - V. PIERONI - A.SALATIN, Formazione professionale, scuola e mondodel lavoro a Schio. Realtà e prospettive • M. PELLEREY- F. ORIO, La dimensione affettiva e motivazionale neiprocessi di apprendimento della matematica • R.OMACINI - A. SALATIN, La formazione professionaleveneta nel 1995 • PIETRO PANZARINO, Attività integratadi orientamento.

Newsletter

L’ultimo fascicolo pubblicato è il n. 1-2 (settembre1993), di cui si è dato lo spoglio dell’indice nel n. 16 del“Notiziario Bibliografico”.

Pratica psicomotoriaEducazione - Rieducazione - Terapia

direttore resp.: Alessandro Russellocomitato scientifico consultivo: B. Aucouturier, G.Benincasa, G. Boccardi, F. Bianchi, A. Canevaro, L.Crasti, I. Darrault, A. Denner, A. Fabbrini, L. Fasce, G.Levi, M. Groppo, S. Masini, C. Morosini, G. Petter, P.Pfanner, A. Racalbuto, F. Simeti, R. Vianelloperiodicità: quadrimestraleeditore: Cisfer, Padovasede della redazione: c/o Cisfer - Via Locatelli, 3 -35123 Padova - tel. 049/8751291

a. X, n. 1, fasc. 25, gennaio-marzo 1994IVAN DARRAULT, La prevenzione precoce dell’insuc-cesso scolastico nei bambini da 2 a 6 anni • LEONKREISLER, L’espressione corporea nella psicopatologiadel bambino. Proposte di base • ROBERTO CARLO RUS-SO, Riflessioni sull’orientamento diagnostico eimpostazione terapeutica nelle sindromi psicomotorie• Incontro al Ministero della Sanità. Profilo professio-nale psicomotricista.

Psichiatria generalee dell’età evolutiva

direttore resp.: Giovanni Gozzetticomitato di redazione: A. Balestrieri, F. Barison, G.P.Braga, G. Caparrotta, G. Carucci, E. Cattonaro, S. DelMonaco-Carucci, D. De Martis, G. D’Errico, G. DiMarco, F. Fasolo, S. Fava, G.P. Guaraldi, E. Massa, L.Massignan, A. Mosconi, E. Novello, L. Pavan, P.Santonastaso, P.E. Turci, D. Zamparoperiodicità: trimestraleeditore: La Garangola, Padovasede della redazione: - via Montona 4 - 35137 Padova- tel. 049/8750550

vol. 32, fasc. 1, 1994FASOLO F., La formazione alla psicoterapia nell’attua-le contesto pubblico • FAVARETTO G. - MUTALIPASSI T.,Infanzia di un’istituzione: paradossi di uno spaziointermedio • AMODEO S. - PANCHERI A., Storia ed evolu-zione del residuo manicomiale di Villanova di Fossaltadi Portogruaro: da Comunità alloggio (CAP) a Comu-nità terapeutica (CTRP) • GENTILE B., Il caso clinico diLorenza: lo spunto per tornare sulle correlazioni tradisturbo ossessivo-compulsivo ed alcuni disturbi neu-rologici, tra i quali in particolare la Sindrome diTourette • DE GIORGI C., Ferita narcisistica e guarigio-ne • SARTOR C. - BONI S. - RUPOLO G., Riflessioni in temadi progettualità terapeutica nell’approccio al tossico-dipendente • PIAZZA C. - CHIESA F. - RENESTO G., L’ac-

compagnatore-educatore nel gruppo terapeutico •RUPOLO G. - DE BERTOLINI C. - COZZI M.T. - BONI S. -AGOSTINIS C. - BORGHERINI G. - TODESCHINI A.L. - URBA-NI A. - SABBADIN E., Disagio psichico e coping neltrapianto di cuore • LIS A. - MUZZIOLI T. - MAGRO T. -ROSSI G. - MELLANO D., Confronto tra Rorschach e Z.Test in soggetti adulti normali • PALMA A., L’immaginedel corpo nelle sindromi ansiose e ossessive: analisidelle risposte al Rorschach • MORSELLI C. - LIS A.,Caratteristiche di personalità nel periodo di latenza:può l’enuresi modificare il quadro psicologico? •BARISON F., Noia, apatia, perseverazione nella schizo-frenia.

vol. 32, fasc. 2, 1994Numero monografico: “Lo stile di lavoro nel S.P.D.C.”,a cura di L. Cappellari.NIGRIS D., L’esperienza del ricovero. Aspetti sociali eidentità del paziente • BORGNA E., Il Servizio di Psi-chiatria come segno di contraddizione • FASOLO F.,L’ISPDC del dipartimento: materiali per una discussio-ne disincantata • GRASSI G., La pratica del ServizioPsichiatrico Ospedaliero • CALLEGARO M. - PESAVENTOF., Il lavoro nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi eCura • ZAMBELLO E. - FAMULARE E. - POLIERI F., L’insie-me dei pazienti e l’insieme dei curanti: riflessioni sulsignificato di gruppi psicoterapici verbali ed espressivi• LUSSANA S. - MORICONI M. - SAPONARO A., Riflessionisu un’esperienza di tirocinio in SPDC comespecializzandi in psichiatria • BERTUZZI G.L. - LAICH L.- NAIM P. - PERGHER R., Il Servizio Psichiatrico diDiagnosi e Cura (SPDC) come spazio transizionalenella rielaborazione del tessuto familiare • FAVA S. -GENTILE B., Problemi di ristrutturazione e di “traslo-co” in un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura •GENTILE B. - PACE A., Il ricovero urgente presso ilServizio Psichiatrico della U.S.S.L. n. 20: la conferma diuna valutazione epidemiologica • FASOLO F., Frontieredella psichiatria a matrice gruppale.

vol. 32, fasc. 3, 1994BALLERINI A., Ai confini tra schizofrenia e disturbodell’umore: “nuove” patologie psichiatriche? • SENINIG. - CHIESA S. - GUAGNINI E. - TONCINI D., Osservazionisul “disturbo stagionale dell’umore” • MENEGHETTI L.- CALLEGARO M. - CAPPELLARI L. - DRI P.E., Depressionee grandiosità in un caso di psicosi schizofrenica •GOZZETTI G. - CALLEGARO M. - MENEGHETTI L. - LIZZA R.,Origine del concetto di psicosi atipiche • DI LERNIA E.- DIMARCO G. - MANCIOPPI E. - VIVALDELLI A. -VIVALDELLI G., Servizio psichiatrico pubblico e “pri-vato sociale”: proposta per il superamento di unadiscontinuità • MOSCONI A. - GONZO M. - SORGATO R. -SPALIVIERO T. - TIRELLI M. - TOMAS M. - ZERIMMI M.,Epistemologia sistemica e pratica terapeutica: diver-genze e punti d’incontro fra alcuni Autori • PULLIA G.G.,L’èquipe psichiatrica nel servizio pubblico • URBANI A.- TASSONE C. - VISMARA F., Un’esperienza di gruppo conpazienti lungodegenti psichiatrici • RUFFATI A. - SOLANON., Trasformazioni nei gruppi e fenomeni transizionali• MANZATO E. - NOTARPIETRO G. - POZZA C. - SAVA V.,Memoria e progetto nella prassi riabilitativa • VALEN-TE E. - RUTIGLIANO R. - RUFFINO C. - PALAZZI C. - GASCAG., La fiabaterapia • GENTILE B. - VIAGGI E., L’analisidella scrittura in un paziente agli esordi di un episodioschizofreniforme • VIVALDELLI A. - BRIGHENTI M., Ana-lisi comparativa dell’utenza dei servizi dineuropsichiatria infantile e psichiatria: qualeinterazione? • DAL CENGIO D. - CAVAION R., Ten yearsafter: ovvero ricerca sul destino del tossicomane.

vol. 32, fasc. 4, 1994DEL MONACO CARUCCI S., Problematiche neuropsi-chiatriche infantili: approccio fenomenologico •INFRASCA R., La struttura caratteriale: dimensioneinnata o acquisita? • SARAÒ G. - MIELI G., “Il luogosegreto” • SABADINI P. - ROCCO P.L., La comprensionedella metafora nei soggetti schizofrenici • FORESTI G. -CAVALLARO E. - PAGLIARA A. - FACCHINETTI P., Un casodi innamoramento tra due pazienti psicotici qualestimolo al lavoro integrato dell’équipe • RUFFATTI A. -

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SOLANO N., Paura dei pipistrelli • PERARO S., Conver-sazione e terapia • CESARIO P., Musica e psichiatria:un’esperienza di gruppi di ascolto musicale per pa-zienti ricoverati • Terra Rossa.

Psyche nuova

Rassegna di psicoterapia umanistico esistenziale, dipsicoterapia autogena e psicoterapie brevi. Organoufficiale del C.I.S.S.P.A.T.direttore resp.: Marilla Maluganicomitato scientifico: F. Brancaleone, N. Del Longo, W.Nicoliperiodicità: quadrimestraleeditore: C.I.S.S.P.A.T.sede della redazione: c/o C.I.S.S.P.A.T. - piazza DeGasperi, 41 - 35131 Padova - tel. 049/650861

a. XIII, n.s., n. 1, gennaio-aprile 1994M. MALUGANI , Editoriale • G. BUFFARDI, Redazionale• B. LUBAN-PLOZZA, Training autogeno e psicosomaticoantistress • E. KRETSCHMER, Psicoterapia • U. NIZZOLI,Concezione delle cure e valori sociali: il punto di vistamedico, giuridico e sociale • M. PRIMO CARROZZINI,Riflessioni sul concetto di “cambiamento” in psicote-rapia • N. DEL LONGO - M.C. FLORINI - M.G. MANCINI,Disturbi da attacchi di panico: diagnosi integratapsicologica/psichiatrica • G. DE MORI, Rielaborazionedel lutto e disturbi cefalgici • V. CICIA - R. ESPOSITO - F.GENTILE, Le alterazioni dello stato di coscienza duran-te le sedute • Intervista a Max Lüscher • M.G. RUBERTI(a cura di), Un caso di Psicoterapia Breve attuata in unS.I.M.

a. XIII, n.s., n. 2, maggio-agosto 1994M.MALUGANI, Editoriale • G. BUFFARDI, Editoriale • E.KRETSCHMER, Psicoterapia e sistema vegetativo • E.KRETSCHMER, La personalità profonda e la modernatecnica dell’ipnosi • B. LUBAN-PLOZZA, La famiglia èuna risorsa anche per la depressione dell’anziano • G.ROSSI, Alcuni problemi psicopatologici su schizofreni-ci cronici istituzionalizzati • V. CICIA - R. ESPOSITO - F.GENTILE, Attaccamento, sollecitudine, sessualità • M.GREGORJ - E. MARIOTTI-BIANCHI, Pastorali musicali ebattito cardiaco • L. TRAVERSO CALDANA - N. DELLONGO, Applicazione del test di Lüscher ad una squa-dra di calcio professionale sudamericana • B. LUBAN-PLOZZA, Cultura della salute e terza età • I. PAOLINO (acura di), Ipnosi, Neutralizzazione autogena,Oniroterapia, Logoterapia: un continuo scambio diruoli.

a. XIII, n.s., n. 3, settembre-dicembre 1994M. MALUGANI, Editoriale • G. BUFFARDI, Redazionale •Atti del corso di aggiornamento S.I.L.A.E. (Padova, 23-24 aprile 1994): Saluto del direttore del C.I.S.S.P.A.T. • P.GIORDANO, Apertura e presentazione del corso • P.GIORDANO, L’analisi dell’immaginario esistenziale inlogoterapia • B. FARINA BETTONICA, Tossicodipendenzae logoterapia • L. MUNER - G. NEGRI, Sieropositività,terminalità e progetto uomo • V. LESO, Considerazionisull’approccio logoterapico per persone che assumo-no sostanze psicoattive di rilevante impatto • N.PAOLILLO, Psicoterapia e logoterapia • F. ARGENTO,L’utilizzo della logoterapia nella psicoterapia • F.BRANCALEONE, Logodinamica analitico-esistenziale(principi e strutture) • E. PUTTINI, Il cambiamento neigruppi di logoterapia • E. PERILLI, L’orientamentoscolastico alla persona secondo l’ottica logoterapeutica• A. BONATTI GALLEGO, La trascendenza secondo Frankle secondo Assagioli • M.T. PIETROBONO, Psicosintesi elogoterapia • A. ILLIANO, Studi approfonditi dilogoterapia: come indurre la volontà di significato • R.OREFICE, Antropologia ebraica e logoterapia (unatraccia).

a. XIV, n.s., n. 1-2, gennaio-agosto 1995M. MALUGANI, Editoriale • G. BUFFARDI, Redazionale •F. GRANONE, Il fenomeno ipnotico alla luce della

neurofisiologia e della psicologia. Sue applicazionitecniche • F. GRANONE, R “Ipnorapine” e tecnicheipnotiche • B. LUBAN-PLOZZA, Orizzonte salute. Cultu-ra e prevenzione • G. BUFFARDI, Il modello umanisticoesistenziale in psicoterapia • F. PODAVITTE, Ilconsultorio per l’adolescenza: modaltà d’avvio, atteseper il futuro • F. PODAVITTE, Ipnosi ericksoniana: ilfenomeno delle lacrime liberatorie • L. RISPOLI, Basiscientifiche e sviluppi della psicoterapia corporea • G.SPINETTI - C. FOLCO, Aggressività distruttiva umana esua attivazione di fronte a eventi bellici rappresentatidai media: il caso della Guerra del Golfo • F. ZATINI -I. CARTA - G.C. GALVANO - M. LAZZARI - A. PALLAVICINI- L. BARUH - M.G. SANTINI, Esperienze cliniche di tratta-mento psicoterapeutico breve realizzate in ambito isti-tuzionale: presentazione del modello S.T.A.P.P. correttodi P. Sifneos • M. GIANNANTONIO, Training autogeno emeditazione buddhista. Spunti di ricerca per un’inte-grazione sulla base di un’esperienza personale • T.PASIAN - N. BIZZARO - L. MILANI, Ipertensione arteriosaessenziale e training autogeno: uno studio preliminare• V. ARCOLINI, Diventare genitori: cambiamenti e pos-sibili rischi psicopatologici • L. PALLADINO, Feno-menologia e autogenia • F. GRANONE, Da che parte stala ragione negli spettacoli di ipnotismo? • B. LUBAN-PLOZZA, Dalla psicoterapia alla vita quotidiana. In-contro con Paul Watzlawick • B. LUBAN-PLOZZA, Storiadel Monte Verità • A.P. CAMPO, Trattamento in Psi-coterapia Autogena dell’impotentia erigendi psicogena.

a. XIV, n.s., n. 3, settembre-dicembre 1995M. MALUGANI, Editoriale • G. BUFFARDI, Redazionale •M. MALUGANI, Presentazione • G. VASLAMATZIS - M.MARKIDIS - K. KATSOUYANNI, Studio sulle difficoltà deipazienti nel terminare la psicoterapia psicoanaliticabreve • G. VASLAMATZIS - S. VERVENIOTIS, Abbandonidella terapia in psicoterapia dinamica breve • N.MONTGRAIN, Dalla parte della psicoterapia analiticabreve • E. PROSEPE, Riflessioni sulle psicoterapie dina-miche brevi. Alcuni aspetti storici • M. MALUGANI, Iltempo in psicoterapia dinamica breve • G. BUFFARDI,La musica in terapia • A. ORSENIGO, L’anziano oggi.Alcune considerazioni • L. VIAGGIO, La sindrome diSthendal • C. POMA, Il test dei colori di Lüscher el’evoluzione del fenomeno della tossicodipendenza • F.BARBINA, Ipnosi in medicina psicosomatica. Ladispepsia di Debora.

a. XV, n.s., n. 1, gennaio-aprile 1996M. MALUGANI, Editoriale • M. DE VANNA - M. PILARSASIAN, Panico: tra mondo interno e mondo esterno •F. GRANONE, Ciò che è ipnosi: i principali attributi chela definiscono e la differenziano da ciò che ipnosi nonè • E. PROSEPE, Metodi e terapie in psicoterapie dina-miche brevi • F. ZATINI, L’economia, l’uomo e le aspet-tative: un approccio epistemologico al pensiero eco-nomicamente creativo • E.M. ROSSI, L’esperienza deltraining autogeno al centro terapeutico diurno comespazio intermedio tra comunicazione-protezione e te-rapia.

a. XV, n.s., n. 2, maggio-agosto 1996A. PEPOLI, Una risposta alla psicologia di Alfred Adler• M. GIANNANTONIO, Fecondità dell’approccio di uti-lizzazione all’ipnoterapia: esempi tratti da un casosingolo • A. ORSENIGO, La moda: non solo futilità. Nonsolo impero dell’effimero • A. DE FRANCESCO, Il TestCromatico di Lüscher come strumento di lettura nel-l’approccio fenomenologico-esistenziale del pazienteHIV • M. LÜSCHER, Terapia di alleggerimento • Il con-trollo significativo nelle forme cancerogene in base alTest di Lüscher, a cura di Alessandro De Francesco • C.ALBERTINI, Studio sull’efficacia dell’arte in un gruppoallenato con il Training Autogeno. Analisi di un caso diagorafobia • F. BRANCALEONE, Existential counseling.Ambiti e competenze • G. SFERRAZZA - R. BUONOMO,Panorama sull’uso delle tecniche di rilassamento eimmaginative in pazienti affetti da neoplasie • JOVINE- VIGLIOTTA - DE SANTIS, La follia della cultura.

Quaderni di psichiatria e psicoanalisi

direttore resp.: Gerolamo Sirenadirettore: Roberto Cheloniredazione: Renato Battistoni, Giovanni Reginato,Alessio Visentin, Patrizia Furlan, Antonella Vanin,Lorenza Menozzieditore: Canova, Trevisosede della redazione: viale della Repubblica 143 -31100 Treviso - tel. 0422-401799

n. 1, 1992Numero su: Sogno e delirio maniacale. Psicoanalisi eistituzioni.GEROLAMO SIRENA, Per uno statuto clinico della Psi-coanalisi • ROBERTO CHELONI, Mania. Dallo spettrodei fenotipi patogeni al modello clinico • ALESSIOVISENTIN, Il sogno come contenitore: un’esperienzaonirica nella fase della nevrosi di transfert • RENATOBATTISTONI, Il filo di Arianna • BENJAMIN B. WOLMAN,Dr. Jekill and Mr Hyde: A new theory of the manic-depressive disorder • GIUSEPPE L. GIOISIS, Appunti perun’introduzione futura dell’ateismo di S. Freud.n. 2, 1995Numero su: Dal caso alla storia clinica: l’uso delregistratore in seduta - Psicoanalisi e cinema: formedell’arte.GEROLAMO SIRENA, Editoriale • ROBERTO CHELONI,“Shining”: dallo stato oniroide al viraggio maniacale( con una metafora filmica) • GIACOMO SANTINI, Oscil-lazione verso la posizione depressiva di un pazientepsicotico • HORST KÄCHELE, Sul significato delle storiecliniche nella ricerca psicoanalitica (1° parte) • GIU-SEPPE L. GIOISIS, Appunti, a seguire, sulle radici cultu-rali di Freud e sullo specifico ateismo freudiano.

Quaderni di Psicoterapia

L’ultimo fascicolo segnalato sul “Notiziario Bi-bliografico” è il n. 5 (1993).

Rassegna di pedagogiaPädagogische Umschau

direttore: Giuseppe Flores D’Arcaiscomitato scientifico: Theodor Ballauff, Sergio Baratto,Anna Maria Bernardinis, Franco Bertoldi, WinfriedBöhm, José Ortega Esteban, José Luis Garcìa Garrido,Mauro Laeng, Clemens Menze, Luisa Santelli, MichelSoëtard, Herbert Zdarzilperiodicità: trimestraleeditore: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali,56123 Pisa - tel. 050-878066sede della redazione: c/o prof. G. Flores D’Arcais - viaSperoni 43 - 35139 Padova

a. LI, n. 1-2, gennaio-giugno 1993G. FLORES D’ARCAIS, Un cinquatennio • Il “libellus diPier Paolo Vergerio • M. PASTORE STOCCHI, L’ispira-zione umanistica del “De ingenuis moribus et liberalibusstudiis” • G. FLORES D’ARCAIS, Presentazione del “Deingenuis moribus” di P.P. Vergerio • R. FRASCA, PietroPaolo Vergerio Giustinopolitano ad Ubertino diCarrara. Il comportamento corretto e l’educazioneliberale degli adolescenti. Trattatello in due parti • R.ZANZARRI, Il “De educatione” di Antonio De Ferrariisdetto il Galateo • A. VALLERIANI, Pedagogia, retoricaed ermeneutica.

a. LI, n. 3-4, luglio-dicembre 1993Un colloquio pedagogico. M. LAENG, La pedagogia trafilosofia e scienze dell’educazione • R. LAPORTA, Peruna pedagogia naturalistica • A. ZADRO, Rapportipedagogia-filosofia: la scuola di Platone e le dottrinenon scritte • A. M. BERNARDINIS, Autorevolezza lettera-ria ed educativa • W. BÖHM, La nascita della pedagogia

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dallo spirito della musica • G. DALLE FRATTE, Azioneeducativa e ricerca pedagogica • L. SANTELLIBECCEGATO, Il ruolo della pedagogia nella formazionedocente • L. GALLIANI, Pedagogia contro o con latecnologia • I. VOLPICALLI, Umanesimo e scienza • F.RAVAGLIOLI, Il difficile cammino della pedagogia • S.BARATTO, Libertà culturale in “Rassegna di pedago-gia”: una testimonianza • S. ANGORI, Prospettivedell’ducazione permanente • F. FRABBONI, Grazie,Rassegna di pedagogia. Firmato: gli insegnanti di ogniordine e grado • G. GENOVESI, Le riviste di pedagogia:problemi, prospettive e proposte • G. FLORES D’ARCAIS,Cinquanta anni di pedagogia.

a. LII, n. 1, gennaio-marzo 1994Pedagogia dell’infanzia. G. FLORES D’ARCAIS, Fröbel,primo pedagogista dell’infanzia • D. GASPARINI, La“fortuna” della pedagogia fröbeliana in Italia • S.S.MACCHIETTI, Continuità e discontinuità nella pedago-gia dell’infanzia contemporanea • M. CHIARANDA,Motivi Fröbeliani nella riflessione educativa di PaulineKergomard • G. ZAGO, John Dewey lettore di Fröbel •B. VERTECCHI, Cultura pedagogica: “i classici” • Ap-pendice: Dagli scritti “minori” di Fröbel • Presenta-zione della educazione dell”uomo • Sull’educazionetedesca in generale e sull’universale tedesco.

a. LII, n. 2-3-4, aprile-dicembre 1994Pedagogia della Polonia: oggi. Presentazione • F.ADAMSKI, La Polonia dopo il crollo del comunismo:vecchi problemi e nuove sfide • R. DONIEC, Von denunterschiedlichen elternrollen bei der übermittlungvon werten zwischen den generationen • Z. GAWLINA -B. GAWLINA, Stand der polnischen pädagogik zur zeitder systemverwandlungen • E. JANCZUR, Les valeurscomme determinants du sens de la vie • K. PACLAWSKA,Educating teachers in Poland: current situation andnewly established perspectives. The deep socio-politicalchange as a challenge for the educational system • S.PALKA, Ungewisßeit, ambivalenz und die anhaltspunkteder sich auf praxis und auf theorie richtenden pädagogik(an dem beispiel der sachlage in Polen) • B. PELCZAR-BIALEK, Der Therapeutische wert des lesens imjugendalter • J. WLODEK-CHRONOWSKA, Kinder miteiner minimalen dysfunktion des gehims möglichkeitenpädagogiuscher therapie • K. WRONSKA, Axiologicalfoundations of the imitation principle.

a. LIII, n. 1, gennaio-marzo 1995Editoriale: Ricordo di Umberto Padovani • G. FLORESD’ARCAIS, Promesse per la costruzione di una pedago-gia critica • G. FLORES D’ARCAIS, Ermeneutica e Peda-gogia • R. FRASCA, L’apporto della cultura mediterra-nea nella formazione artigianale di Roma antica • G.ZAGO, L’evoluzione del modello di romanzo storicogiovanile dall’Ottocento ad oggi • S. BARATTO, Ladonna educatrice • G. FLORES D’ARCAIS, Risposta “aper-ta” ad un “laico” non laicista.

Rivista di psicologia

direttore resp.: Mario Quarantacomitato di direzione: Paolo Bozzi, Mauro Ceruti,Marcello Cesa-Bianchi, Nino Dazzi, GiuseppeMucciarelli, Giovanni Vicarioperiodicità: quadrimestraleeditore: Il Poligrafo, Padovasede della redazione: c/o Il Poligrafo - via Turazza, 19- 35128 Padova - tel 049/776986

n.s., a. LXXIX, n. 1-2-3, gennaio-dicembre 1994XIII Congresso Nazionale della Divisione Ricerca diBase in Psicologia (Padova, 28-30 settembre 1994).Riassunti delle comunicazioni, a cura di Vanda L.Zammuner. Psicologia animale e comparata • Psicologia fisiolo-gica • Neuropsicologia • Psicologia dell’attenzione •Psicologia della percezione • Psicologia della memo-ria • Psicologia del pensiero • Psicolinguistica • Intel-

ligenza artificiale e connessionismo • Psicologia delleemozioni • Psicometria e metodologia.

n.s., a. LXXX, n. 1, 1995Associazione Italiana di Psicologia. Sezione Ricerca diBase in Psicologia. Congresso Nazionale (Cesena, 18-20 settembre 1995). Riassunti delle comunicazioni, acura di Silvana Contento e Pier Luigi Garotti.Neuropsicologia • Psicologia della percezione • Intel-ligenza artificiale e connessionismo • Psicologia del-l’attenzione • Psicologia animale e comparata • Psico-logia della memoria • Psicolinguistica • Psicologiafisiologica • Psicologia delle emozioni, motivazione,personalità • Psicologia del pensiero • Metodologia.

n.s., a. LXXX, n. 2, 1995Associazione Italiana di Psicologia. Sezione Ricerca diBase in Psicologia dello Sviluppo. Congresso Nazio-nale (Cesena, 20-22 settembre 1995). Riassunti dellecomunicazioni, a cura di Felice Carugati. Recenti sviluppi della ricerca sulla memoria: aspettigenerali e evolutivi • Indicatori di rischio psicologicoe sociale in età evolutiva • Alfabetizzazione e sviluppo:aspetti psicologici e educativi dell’acquisizione dellalingua scritta • Teorie della mente e referenze a statiinterni nel linguaggio • Temi di ricerca sulla primainfanzia • Narrazioni e pensiero narrativo • Aspettiintergenerazionali delle cure ai bambini: identità ingioco e teorie dell’educazione • Temi di ricerca sul-l’adolescenza • Linguaggio e comunicazione • Lo svi-luppo del sé • Espressione e riconoscimento delleemozioni • Interazioni madre-bambino nella primainfanzia • Giudizio morale e comportamento morale:modelli teorici a confronto • Temi di ricerca sullosviluppo cognitivo • L’amicizia tra bambini • Modalitàdi rappresentazione e processi di simbolizzazione nellarelazione genitori-bambini: problemi metodologici •Star da soli, stare insieme: comportamenti e rappre-sentazioni • L’acquisizione del linguaggio nei primi treanni di vita: modelli descrittivi e interpretativi • Pro-cessi cognitivi in età prescolare e scolare • Strumenti divalutazione dello sviluppo • JEAN-PAUL BRONCKART,Action, the unit of analysis of psychology: Vygotsky orPiaget?

n.s., a. LXXX, n. 3, 1995EMILIO GATTICO, La costruzione del discorso esempli-ficativo in bambini tra i 4 e i 6 anni • JEAN-MARIEDOLLE, Figuratività e operatività nel pensiero concre-to. Alcune considerazioni su bambini scolasticamentesvantaggiati e considerati leggeri ritardati mentali •MARIA TERESA BASSA POROPAT - LOREDANA HVASTJASTEFANI, La parafrasi come descrizione di immagini:una ricerca esplorativa • BRUNO NICEFORO, La “Scien-za Cognitiva” e il problema della coscienza • ROBERTOBRIGATI, La ragione per cui vediamo un albero. Husserl,Köhler, Wittgenstein: riflessioni metateoriche • GIOR-GIO CELANI, Aspetti genetici nell’autismo • GIULIANAIACULLI, Mente naturale e mente artificiale: nuoviparadigmi a confronto • MAURIZIO CARDACI - RAFFAEL-LA MISURACA - AMELIA GANGEMI, Ragionamentodeduttivo e Social Contract Theory. Un contributoempirico • FEDERICO DAL BO, Il medico e la filosofia.Un commento a “L’interesse per la psicoanalisi” diFreud.

Studium educationisrivista per la formazione nelle professioni

educative

direttore resp.: Diega Orlando Ciancomitato di direzione: Dario Antiseri, Claudio Desinan,Renato Di Nubilia, Franco Frabboni, Elisa Frauenfelder,Mario Gennari, Erminio Gius, Alberto Granese, AdrianaLuciano, Sira Serenella Macchietti, Mario Manno,Susanna Mantovani, Roberto Maragliano, UmbertoMargiotta, Giuliano Minichiello, Paolo Orefice, DiegaOrlando Cian, Michele Pellerey, Luisa Santelli

Beccegato, Silvio Scanagatta, Luigi Secco, LetterioSmeriglio, Carla Xodo, Giuseppe Zanielloredazione: Guseppe Milan, Emma Gasperieditore: Cedam, Padovasede della redazione: Studium Educationis - via degliZabarella, 19 - 35121 Padova

n. 1, 1996ALBERTO GRANESE, La teoria della Bildung e la forma-zione come problema sociale • CARLA XODO, Dallatecnica della formazione alla teoria della formazione •RENATO DI NUBILIA, Globalizzazione, mercato, cam-biamento e formazione • DIEGA ORLANDO CIAN, For-mazione e educazione: verso l’integrazione dei duesaperi • Scuola: SIRA SERENELLA MACCHIETTI, Ripen-sare la scuola • FRANCO FRABBONI, Per una professio-nalità alta e colta dei docenti. Identità e diversità nellaformazione universitaria degli insegnanti • Territorio:ERMINIO GIUS - ADRIANO ZAMPERINI - INES TESTONI,Psicologia sociale dei poteri: formazione della perso-nalità e processi socio-riabilitativi • COSIMO LANEVE,Formazione e benessere sociale: la città educativa •GIUSEPPE MORO, La valutazione sociologica delle poli-tiche formative: un problema aperto • Lavoro: GIORGIOBOCCA, Il mondo del lavoro e la formazione • SALVA-TORE ARCIDIACONO, Pedagogisti italiani: un debuttoche non finisce • GIUSEPPE IANNI, Intercultura e scuola.Un’esperienza di formazione in servizio • FIORITALUCIANO, I percorsi della notte dei giovani: dallaformazione alla progettualità • Pedagogia generale:Criteri didattici seguiti (a cura di Carla Xodo) • GIUSEP-PE MILAN, “Pedagogia”: considerazioni propedeutiche• CARLA XODO, Introduzione alla pedagogia • DIEGAORLANDO CIAN, Alla ricerca di un paradigma unitarionelle scienze dell’educazione • Pedagogia sociale: ANNAGENCO, Pedagogia sociale e cultura dell’organizza-zione: un dialogo possibile? • Temi e prove di concor-so: Concorso per preside di scuola media inferiore (diAttilio Fabbrini) • Concorso per educatore professio-nale (di Nicoletta Bellugi) • Concorso per l’ammissio-ne al dottorato di ricerca in pedagogia e scienzedell’educazione (di Emma Gasperi) • Formazione (diChiara Biasin) • Solidarietà (di Claudio Desinan).

Synthesis

L’ultimo fascicolo pubblicato è il n. 26, 1993, di cui siè dato lo spoglio dell’indice nel n. 16 del “NotiziarioBibliografico”.

SCIENZE SOCIALI

Diritto e società

comitato scientifico e di direzione: Leopoldo Mazzarolli,Manlio Mazziotti, Franco Modugno, Giorgio Lombardi,Sergio Cotta, Giuseppe De Vergottini, Serio Galeotti,Pietro Giuseppe Grasso, Natalino Irti, Antonio LaPergola, Livio Paladin, Maria Alessandra Sandulli,Giovanni Sartori, Franco Gaetano Scocaperiodicità: trimestraleeditore: Cedam, Padovasede della redazione: c/o prof. Maria A. Sandulli -corso Vittorio Emanuele, 349 - 00186 Roma

n.s., n. 1, 1994ALESSANDRO MONTI, Politica dell’istruzione universi-taria e riforma degli ordinamenti didattici • LUCIOPEGORARO, La tutela della certezza giuridica in alcunecostituzioni contemporanee • AGATINO CARIOLA, Leg-

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ge siciliana sull’elezione diretta del sindaco e principigenerali dell’ordinamento statale • MARIA ROSARIADONNARUMMA, Una tematica sempre attuale: lo “sta-to di diritto” • FRANCESCO RIMOLI, Appunti per unostudio sul diritto alla procreazione • MARIO S. SPASIANO,I Collegi universitari legalmente riconosciuti dal Mini-stero dell’Università e della ricerca scientifica e tecno-logica • VINCENZO TURCHI, Gli insegnamenti di reli-gione nel sistema scolastico italiano.

n.s., n. 2, 1994GIUSEPPE DE VERGOTTINI, Necessità, costituzione ma-teriale e disciplina dell’emergenza • VINCENZOCAIANIELLO, Suggestioni dal pensiero di Aldo Sandulli:dalla giustizia amministrativa al diritto processualeamministrativo • RENZO DICKMANN, Sussidiarietà, so-vranità e regionalismo. Il ruolo delle Assemblee parla-mentari (parte prima) • GIOVANNI RIZZA, I rapporti fragli organi del Governo ed il regolamento interno delConsiglio dei Ministri • MARCO DEVOTO, Profili costi-tuzionali del potere giudiziario, tra crisi della presi-denza del Consiglio superiore della magitratura eriforma delle istituzioni (parte prima).

n.s., n. 3, 1994GUIDO LUCATELLO, Ratio legis e tecniche argomentativenel Cours de droit constitutionnel (1835-1837) • MARCODEVOTO, Profili costituzionali del potere giudiziario econflitto di attribuzione contro il Ministro della giustizia(parte seconda) • RENZO DICKMANN, Sussidiarietà, so-vranità e regionalismo. Il ruolo delle Assemblee parla-mentari (parte seconda) • GIUDITTA BRUNELLI, L’altera-zione del concetto di rappresentanza politica; leggielettorali e “quote” riservate alle donne.

n.s., n. 4, 1994CESARE DELL’ACQUA, La validità giuridica tra forma eintegrazione • DANILO CASTELLANO, Il “concetto” dipersona umana negli atti dell’assemblea costituente el’impossibile fondazione del politico • GINEVRA CERRINAFERONI, Il Presidente della Corte Costituzionale •PAOLO RIDOLA, La rappresentanza parlamentare fraunità politica e pluralismo • HEINZ SCHÄFFER, L’ade-sione dell’Austria alla Comunità Europea: problemicostituzionali ed internazionali • GIANCARLO GIU-ROVICH, Esperienza giuridica e secolarizzazione.

n.s., n. 1, 1995ALDO CORASANITI, La ragionevolezza come parametrodel giudizio di legittimità costituzionale • MARIA CRI-STINA GRISOLIA, L’insindacabilità dei membri delleCamere “per le opinioni espresse e i voti dati”. Unconsolidato istituto parlamentare di difficile rego-lamentazione • SERGIO ANTONELLI, Spunti su riformeistituzionali e norme etiche alla luce del pensiero diGiuseppe Ferrari • PAOLO STANCATI, Sulla estensionee sui limiti del regime di autonomia dei Consigli regio-nali. Considerazioni critiche e ricostruttive.

n.s., n. 2, 1995ANTONIO ZORZI GIUSTINIANI, Forma di governo e di-sciplina dell’economia nell’evoluzione del pensiero diCostantino Mortati • KLAUS STERN, Riflessioni sull’in-terpretazione dei diritti fondamentali • GUIDOLUCATELLO, Considerazioni attuali riguardanti unaproposta di procedimento emendativo della nostraCostituzione • IDA NICOTRA GUERRERA, Contributoalla condizione di ex-cittadino (da un “caso” di oppo-sizione della quota di legittima) • CLAUDIA NASI, Ne-cessitas non habet legem (la decretazione d’urgenzafra Statuto Albertino e Costituzione italiana).

n.s., n. 3, 1995VINCENZO CAIANIELLO, L’educazione alla legalità nelMezzogiorno • ANTONIO FERRARA, Quali Regioni perquale Repubblica? • SILVANO LABRIOLA, Principiomaggioritario e statuto dell’opposizione parlamentare• GUIDO LUCATELLO, Un quadro di legittimità giuridi-ca per le iniziative federaliste prese a livello regionalee infraregionale • PAOLO EMILIOZZI, Le decisioni delleautorità amministrative indipendenti • ALFONSO DI

GIOVINE, Democrazia elettronica: alcune riflessioni •KLAUS STERN, La Costituzione della Germania dopo lariunificazione.

n.s., n. 4, 1995PIETRO GIUSEPPE GRASSO, Rilevanza costituzionale delsistema elettorale nell’ordinamento repubblicano •TOMMASO EDOARDO FROSINI, Sovranità popolare, prin-cipio maggioritario e riforme istituzionali • ANNASIMONATI, Le highways come “beni pubblici” nel Re-gno Unito • ALFONSO CELOTTO, Sarà il Giudice ordina-rio a limitare la reiterazione dei decreti-legge? • VITOCOZZOLI, Il ruolo del Parlamento nel processo diprivatizzazione.

n.s., n. 1, 1996SERIO GALEOTTI, Il valore della solidarietà • ANTONIOD’ATENA, Il principio democratico nel sistema deiprincipi costituzionali • GIORGIO MALINVERNI, Ipotesidi revisione costituzionale: la forma federale delloStato • CLAUDIA SARTORETTI, La scienza del dirittocostituzionale in Italia nella seconda metà dell’Otto-cento: le lezioni di Luigi Amedeo Melegari • MARTIN A.ROGOFF, La recente giurisprudenza della Corte Supre-ma degli Stati Uniti • FRIEDRICH KOJA, Situazione etendenze di sviluppo in Austria.

Materiali sulla condizione giovanile

Il periodico ha cessato le pubblicazioni.

MetisRicerche di sociologia, psicologia eantropologia della comunicazione

direttore resp.: Giancarlo Volpatocoordinatrice: Mariselda Tessaroloperiodicità: annualeeditore: Cleup, Padovasede della redazione: c/o Dipartimento di PsicologiaGenerale - via Venezia, 8 - 35131 Padova - tel. 049/8276500 - 8276665

n. 0, 1994MARISELDA TESSAROLO, Presentazione • SILVIA OLI-VOTTO, “Facevamo che io ero un settenano?” Comu-nicazione e relazione nella scuola per l’infanzia •MARIA PUGLISI, Le organizzazioni “staccate dal mon-do”: il caso del Carmelo • KATIA KRALJ, La musica“assistita” • ENZA GIDARO, Emozione ed esperienzamusicale • LAURA FRANCI - MARISELDA TESSAROLO,Fogli illustrativi dei medicinali da banco: un problemadi informazione • SILVIA BONAVENTURA - ROBERTOMARION, Per un’interfaccia user-friendly: la comuni-cazione e il telefono pubblico • LUIGI PELLIZZONI, Iltelefono e la città • LEOPOLDINA FORTUNATI, Iltelesoccorso nel Veneto: un esperimento vincente ditelefonia sociale • ENZO KERMOL, Le letture proibite ela censura nel 1600 • ESTER MONTI, Ausili informaticiper il non vedente • LEOPOLDINA FORTUNATI, La sogliadell’ombra: la povertà in Europa.

n. 1, 1995MARISELDA TESSAROLO, Presentazione • DANIELABERTASIO, Il titulus. Sulla formazione comunicativadei titoli nell’opera d’arte • GIULIANO BOSCOLO - GIU-SEPPE PORZIONATO, Gli interpretanti musicali. Riferi-menti psicopatologici di alcune titolature nella musicacolta occidentale • DELIA PESENTI, “Di alcune ormesopra la neve”. Un pretesto per il “lector in fabula” •FEDERICA MORINI, Identificazione maschile analizzatanell’opera di Emily Dickinson • ADELE CAVEDON -AURORA BAZZEO - ELENA ZAMBIANCHI, Ricerca speri-mentale su preferenze, associazione e pubblicità concoppie di colore “neon” • MANUELA PUERARI, I giovanie la città: una ricerca su Milano • ELISABETTA COLOSIO,I complimenti: analisi descrittiva degli aspetti salienti

• CRISTINA BIANCARDI, Comunicazione e alimentazio-ne • LEOPOLDINA FORTUNATI, La comunicazione as-sente: il pane nell’ordine del pasto • BARBARA BALBONI,Realtà virtuale: stato della ricerca e relazione con lapsicologia • DANIELE NIGRIS, Tra Jeremy Bentham ePeter Pan: note sociologiche su ripresa televisiva eimmagine individuale.

n. 1, 1996MARISELDA TESSAROLO, Presentazione • FEDERICOBRAGA ILLA, La rappresentazione come problema inintelligenza naturale e artificiale • GIUSEPPE PADOVA-NI, Sul tema fenomenologico della correlazione oriz-zonte-mondo. Una rilettura del problema “Come èpossibile la società?” • DANIELA ZAR, Rapporti comu-nicativi all’interno di un istituto penale per minorenni• MARIA CRISTINA BATTOCCHIO, Comunicazione e re-lazione: il caso dei bambini che hanno subito violenza• GIULIANO BOSCOLO - GIUSEPPE PORZIONATO, Ilparadigma storico-fenomenologico nello studio delleimplicazioni cognitive di alcune titolature della musicacolta occidentale • KATIA KRALJ, La selezione culturaledell’opera lirica • ADELE CAVEDON - ELISABETTAGYULAI - ELENA ZAMBIANCHI, Ricordo di immagini inrelazione al loro grado di interattività • BRUNOSANGUANINI, Società dell’informazione e stato comu-nicativo. Performances del Media System tra pubblicoe privato. In Canada e in Cina • MARIA VITTORIACOLINI, La comunicazione nell’azienda: il caso di unadirezione compartimentale P.T. • MARISELDA TESSA-ROLO - DANIELA SAVI, Il gioco, il giocattolo e il genere.Un’indagine sui bambini delle elementari.

Oltre il ponteeconomia e società regionale

direttore: Francesco Indovinaredazione: Bruno Anastasia, Giancarlo Corò, MaurizioGambuzza, Mario Giaccone, Paolo Marchiori, FulvioMattioni, Stefano Micelli, Fabio Occari, MaurizioRasera, Matelda Reho, Luca Romano, Vladimiro Soli,Mariolina Toniolo Trivellato, Luciano Vettorettoperiodicità: trimestraleeditore: Angeli, Milanosede della redazione: c/o Ires-Cgil - via Peschiera 5 -30170 Venezia-Mestre - tel. 041/5497821

n. 46, 1994BRUNO ANASTASIA, Solidarietà • GIANCARLO CORÒ,Paesaggi elettorali e territori sociali. Considerazionisul sistema politico dopo il 28 marzo • GASPARE NEVOLA,Uso strategico dei temi e società neomaterialista. Lacampagna elettorale del 1994 • DANIELE MARINI, Ri-leggere le disuguaglianze per ripensare le politiche diwelfare • NICOLA IANUALE - LUIGI TRIVELLATO, I con-sumi nel Veneto degli anni Ottanta • GERARDO COPPOLA,Le banche di credito cooperativo venete nel 1993 •VITTORIO FILIPPI, Aspetti del mercato del lavoro inprovincia di Treviso • LUCA CESARO, Il lavoro in agri-coltura nel Veneto. Alcune considerazioni alla lucedell’ultimo censimento.

n. 47, 1994ENZO RULLANI, Piccole imprese e politica industriale.I nodi prossimi venturi • BRUNO ANASTASIA, Il futuroprossimo del Veneto. Note su dinamiche congiunturalie mutamenti strutturali • FLAVIA PRISTINGER, L’evolu-zione del mercato del lavoro femminile in Veneto(1970-90) • OSCAR MANCINI, Venezia, la sua laguna, ilsuo bacino scolante • ENZO SPALTRO, Il sindacato delbenessere nel terzo millennio • LAURA CRISTANINI,Quale formazione all’interno delle organizzazioni sin-dacal? • ANTONIO NAPOLI, La città vivibile per l’etàlibera: aspetti e problemi.

n. 48, 1994PAOLO CHIADES - PAOLO MARCHIORI, L’economia venetanel biennio 1994-1995: uno scenario macroeconomico• ROSALBA STERZI, L’agricoltura veneta attraverso la

Page 60: Notiziario Bibliografico - poligrafo.it · G. Buscaini - S. Metzeltin, Dolomiti. Il grande libro delle vie normali (Maria Pia Codato)14 Scienze sociali E. Alecci - A. Colasio - A.

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classificazione tipologica delle aziende • ANNAMARIALONA, Il lavoro interinale: le esperienze francese etedesca a confronto • MARIO GAMBUZZA - FABIO OCCARI,Una documentazione su diverse ipotesi di classifica-zione funzionale dei comuni veneti • BRUNO ANASTASIA,Le pensioni in Veneto: un profilo quantitativo • ALFRE-DO AIELLO, La piccola impresa e l’artigianato: i sog-getti per un nuovo sviluppo economico nell’area vene-ziana • FRANCO CADORE, I dipendenti di imprese arti-giane in contratto di formazione e lavoro in provinciadi Belluno.

n. 49, 1995Relazioni industriali e politiche retributive: FIORENZABELUSSI, Evoluzione delle imprese e modelli diregolazione sociale del lavoro in provincia di Venezia• MARIO GIACCONE, Non più conflitto, lontani dallapartecipazione. La contrattazione aziendale di fineanni ’80 in Veneto • PIERGIORGIO FERRARESE, La con-trattazione aziendale nella grande impresa: il caso delsettore chimico veneziano • MARIO GIACCONE, La dina-mica delle retribuzioni di fatto in Veneto 1988-1992 •LUCIANO VETTORETTO, Analisi delle morfologie eco-nomico-sociali sulla base di dati censuari aggregati alivello comunale: il caso veneto • PAOLO CRESTANELLO,L’industria del vetro artistico di Murano • ALESSAN-DRO SABIUCCIU, Sindacato e nuovi problemi di svi-luppo nell’area veneziana • RENZO PELLIZON, Temidello sviluppo locale nell’area di Marcon e Quartod’Altino.

n. 50, 1995Distretti industriali e processi di internazionalizzazione:ENZO RULLANI, Distretti industriali ed economia glo-bale • BRUNO ANASTASIA, Flussi di esportazioni eprocessi di internazionalizzazione: il contributo deidistretti industriali veneti • GIANCARLO CORÒ, Il soste-gno locale all’apertura internazionale: le condizioni diun “servizio reale” • PIERGIORGIO FERRARESE, Leiniziative delle Camere di commercio a sostegnodell’internazionalizzazione delle imprese • PAOLA GUER-RA, I servizi all’internazionalizzazione tra sistema emercato globale: un’indagine sul distretto mobilierodel Livenza • GIORGIO SANTINI, Significato politico edeffetti concreti dei referendum sindacali • LUCIANO DEGASPARI, Nessuna indulgenza.

n. 51, 1995MASSIMO PACI, Società e politica in Italia • FRANCESCOINDOVINA, È possibile sperare per Venezia • NICOLAIANUALE - LUIGI TRIVELLATO, Note sul settore distribu-tivo in Veneto • GIOVANNI BENATI, Un distretto indu-striale atipico: il calzaturiero veronese tra occasionalitàe tradizione locale • FRANCO PIACENTINI, Bassa pado-vana: un patto per lo sviluppo • GIANCARLO CORÒ -MAURIZIO GAMBUZZA, La Bassa padovana. Identità esviluppo di un’area in transizione • MAURIZIO MISTRI,Quale sviluppo per la Bassa padovana • MASSIMOMALAGUTI, Il sistema territoriale della Bassa padova-na • Progetto per un’osservatorio della CGIL Veneto sulwelfare regionale • MAURIZIO GAMBUZZA - FABIOOCCARI, Le diverse ipotesi di classificazione funziona-le dei comuni veneti. Un aggiornamento.

n. 52, 1995SEBASTIANO BRUSCO - PAOLO CRESTANELLO, Tre di-versi sistemi produttivi locali: confronto fra Carpi,Thiene, Benetton • LORENZO VIGNO, Istruzione e for-mazione professionale senza sistema • AUGUSTOCUSINATO, Il piano regolatore generale: strumentodella politica urbanistica o della politica tout court?Considerazioni su trent’anni di vicende urbanistiche aCastelfranco Veneto • BRUNO ANASTASIA - GIANCARLOCORÒ - PAOLO CRESTANELLO, Problemi diindividuazione dei distretti industriali: esperienze re-gionali e rapporti con le politiche • MARIO GIACCONE,La contrattazione aziendale in Veneto: due anni dopoil 23 luglio • LUCIANA SIMONETTI, L’immigrazioneextracomunitaria in provincia di Treviso: verso unmodello di insediamento stabile e diffuso? • Problemidello sviluppo nella Riviera del Brenta e nel Miranese:

MURIEL DROUILLE, Identità locali e strategie di svilup-po in un’area intermedia: il caso della Riviera delBrenta e del Miranese • OSCAR MANCINI, Appunti eproposte sulla città diffusa.

Dal numero succesivo il trimestrale“Oltre il Ponte” ha assunto il titolo di

“Economia e società regionale”

n.s., n.1, 1996FRANCESCO INDOVINA, Buon lavoro • ILVO DIAMANTI,Oltre lo Stato nazionale? • ENZO RULLANI, L’impresadiffusa: svalutazione monetaria e “rivalutazione eco-nomica” • FABIO OCCARI - GIUSEPPE TATTARA, Occu-pazione e salario in Veneto negli anni ’90: un’analisisui dati Inps • DANIELE MARINI - VLADIMIRO SOLI, Ilavoratori dipendenti del Nordest tra necessità di tute-la e voglia di autonomia: i risultati di un recentesondaggio • SERGIO CHILOIRO - VLADIMIRO SOLI, L’in-novazione nei servizi pubblici: le indicazioni di treanalisi di caso • GIOVANNI NANTO, Breve storia diun’euforia a lieto fine: l’Aprilia dall’ubriacatura fi-nanziaria degli anni ’90 alla saggezza industriale del2000 • FONDAZIONE CORAZZIN - IRES VENETO, La Re-gione Veneto, le politiche regionali e la ricerca econo-mico sociale.

n.s., n. 2, 1996GIUSEPPE TATTARA, Piccola impresa, tecnologia e in-centivi all’innovazione • FLAVIA PRISTINGER, Intreccitra lavoro familiare e lavoro professionale: cambia-menti e riscontri empirici • GASPARE NEVOLA, Neo-federalismo e governo delle diversità • PIERANGELOSPANO, La situazione economico-finaziaria delle re-gioni italiane in un contesto virtuale di autonomia.Considerazioni in merito a recenti ricerche dell’Istat •BRUNO TRENTIN, Rivendicazioni e politica ieri e oggi •ANTONIO NAPOLI, L’educazione permanente tra l’etàdella pensione e la solidarietà • BRUNO ANASTASIA,Abolire le pensioni e salvare la previdenza: due piccio-ni con una fava • GIOVANNI NANTO, L’insostenibileleggerezza dell’essere “Diesel”.

Pace diritti dell’uomo diritti dei popoli

direttore resp.: Antonio Papiscacomitato di direzione: Antonio Papisca, Sara Volterra,Franco Bosello, Enzo Pace, Giorgio Carnevalicomitato scientifico: Carlo Tullio Altan, Achille Ardigò,Dom Helder Camara, Marcello Cresti, Hèctor GrosEspiell, Antonio Lepschy, Luigi Mascia, Adolfo PerezEsquicel, Fausto Pocar, François Rigaux, Giorgio Spini,Aldo Visalberghiperiodicità: quadrimestraleeditore: Cedam, Padovasede della redazione: c/o Centro di Studi e Formazionesui diritti dell’uomo e dei popoli dell’ Università diPadova - via Anghinoni, 10 - 35121 Padova - tel. 049/8274433-35

a. VI, n. 3, 1992 (1994)Editoriale: La governabilità nell’era dell’interdi-pendenza e dei diritti umani • ANTONIO PAPISCA, Dallostato confinario allo stato sostenibile • FRANCO PAOLOCASAVOLA, È ormai superato il principio di non inge-renza negli Stati sovrani • MARCO MASCIA, La sfidadell’associazionismo transnazionale per nuove formedi governabilità • LUCIO LEVI, Federalismo classico enuove forme di federalismo • DIMITRIS N. CHRYS-SOCHOOU, La democrazia transnazionale nella teoriae nella pratica: il caso dell’Unione Europea • LUCIANOCORRADINI, Educazione e statualità sostenibile • ENZOPACE, Se e come è possibile un consenso etico fraculture. Riflessioni sul documento “Verso un’eticaglobale” del Parlamento delle Religioni Mondiali •PAOLO DE STEFANI, L’adattamento del diritto italianoal diritto internazionale in materia di diritti umani:verso un’integrazione degli ordinamenti • DARIO VELO,L’integrazione monetaria europea: alcuni aspetti co-

stituzionali • ALTIERO SPINELLI, Le prospettive dellapolitica estera italiana • Manifesto di Ventotene. Perun’Europa libera e unita • Verso un’etica globale:documento del Parlamento delle Religioni Mondiali •ONU - Comitato dei diritti economici, sociali e cultura-li: Osservazione generale n. 4 (1991) • ONU - Comitatodei diritti umani: Osservazione generale n. 22 (48)(1993) • ONU - Commissione dei diritti dell’uomo:Risoluzione 199/25 “Applicazione della Dichiarazio-ne sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza edi discriminazione fondate sulla religione o il credo” •Regione Veneto: Circolare 7 maggio 1993, n. 18 "So-lidarietà internazionale”.

a. VII, n. 1, 1993 (1994)FRANCESCO PAOLO CASAVOLA, Dalla proprietà allasolidarietà. Appunti per alcune riflessioni in tema didiritti individuali e sociali • GIUSEPPE PUPILLO, Allean-za tra Regione e Università per la promozione dellacultura dei diritti umani • ANTONIO PAPISCA, Relazionesulle attività del ‘Laboratorio diritti umani’ dell’Uni-versità di Padova, anno accademico 1993-1994 •ANNAMARIA ALBORGHETTI, Oltre lo Stato-Nazione. ter-ritori transnazionali. Il caso dell’Africa Occidentale •MAURO TOGNAZZO, I test genetici predittivi e la possi-bilità di creazione di nuove forme di discriminazionerazziale • ANTONIO PAPISCA, Riflessioni sulla difesacivica nel sistema delle garanzie dei diritti umani •CARLO FALQUI-MASSIDDA, Il difensore civico e la tuteladei diritti umani nella Regione Emilia Romagna •GIOVANNI JUCCI, Il difensore civico e la tutela dei dirittiumani nella Regione Lombardia • ONU - Commissionedei diritti dell’uomo: 49a sessione, 1993 (a cura di PaoloStefani) • ONU - Sottocommissione per la prevenzionedella discriminazione e la protezione delle minoranze,44a sesione, 1992 (a cura di Paolo De Stefani e PaolaOttolini) • ONU - Progetto di dichiarazione sul diritto ela responsabilità degli individui, dei gruppi e degliorgani della società di promuovere e proteggere i dirittiumani e le libertà fondamentali universalmente ricono-sciuti • Il Parlamento europeo e la questione Kurda (acura di Tawfik Jasim Mustafa) • Unione Europea -Risoluzione annuale del Parlamento europeo sul ri-spetto dei diritti umani nella Comunità europea (A3-0025/93) dell’11/03/1993) • Unione europea - Risolu-zione del Parlamento europeo sull’obiezione di co-scienza negli Stati membri della Comunità (A3-0411/93) • Unione europea - Risoluzione del Parlamentoeuropeo sui volontari europei uccisi in Bosnia-Erzegovina (B3-00866 e 0939/93 del 24/06/1993) •Regione Liguria. Legge regionale 27 agosto 1992, n. 21“Interventi a tutela delle popolazioni zingare e noma-di” • Regione Lombardia. Legge regionale 26 gennaio1994, n. 170 “Istituzione della Agenzia regionale per lariconversione dell’industria bellica” • Regione Veneto:Programma regionale degli interventi in materia dipromozione della cultura della pace per l’anno 1994 •Legge regionale 26 gennaio 1994, n. 4 “Celebrazionenel Veneto del 50° anniversario della liberazione nazio-nale” • Legge regionale 7 aprile 1994, n. 15 “Interventiper il recupero, la conservazione e la valorizzazione delpatrimonio culturale di origine veneta nell’Istria enella Dalmazia” • Circolare n. 18 relativa alla applica-zione della legge regionale 7 aprile 1994, n. 15 • “Perfinanziare il Tribunale internazionale contro i crimina-li di guerra”: mozione approvata dal Consiglio regio-nale (n. 160, del 24/02/1994).

a. VII, n. 2, 1993 (1995)Per l’ONU dei popoli • GIOVANNI PAOLO II, Discorsoall’Assemblea generale delle Nazioni Unite • ANTONIOPAPISCA, Il futuro delle Nazioni Unite: dalla parte dellasocietà civile globale • Mozione per la riforma e lademocratizzazione dell’Onu presentata alla Cameradei Deputati il 18 ottobre 1995 • HECTOR GROS ESPIELL,Nazioni Unite, diritti umani e democrazia internazio-nale • LUCIO LEVI, La riforma democratica dell’Onu •PAOLO DE STEFANI, Lo spazio dell’Onu nei processi diproduzione normativa internazionale • GIANFRANCOTUSSET, Lo sviluppo umano: genesi ed affermazione diun nuovo approccio allo sviluppo • MARCO MASCIA, Il

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sinergismo politico Onu-Nazioni Unite • ANTONIOPAPISCA, Giustizia penale internazionale: il contributodell’Italia alla costituzione del Tribunale internazio-nale sui crimini di guerra e contro l’umanità nella exJugoslavia • Appello della Marcia per la pace Perugia-Assisi “Noi popoli delle Nazioni Unite” • Forum inter-nazionale per la riforma e la democratizzazionedell’Onu: documenti di lavoro centrati su obiettivi: Lademocratizzazione dell’Onu - Il potenziamento dellestrutture di protezione dei diritti umani dell’Onu - Ilsistema di sicurezza dell’Onu - Lo sviluppo umanosostenibile • FABIO LOTTI, Le nostre responsabilità •Mozione approvata dalla Camera dei Deputati il 6aprile 1995 su proposta del Coordinamento di societàcivile per il 50° anniversario dell’Onu • Istituzione delComitato nazionale per la celebrazione del 50° anni-versario dell’Onu • Le Nazioni Unite nei loro secondicinquant’anni di vita. Stralci del Rapporto del Gruppoindipendente sul futuro delle Nazioni Unite • Invitoall’azione. Riassunto del Rapporto della Commissionesulla governabilità globale • Proposta del Governoitaliano per l’ampliamento del Consiglio di sicurezza •Dichiarazione di Pechino • Assemblea generale delleNazioni Unite: proclamazione della Settimana Mon-diale della Pace • Statuto del “Tribunale internaziona-le per il perseguimento delle persone responsabili digravi violazioni del diritto internazionale umanitariocommesse nel territorio dell’ex Jugoslavia dal 1991” •Legge n. 120 del 14 febbraio 1994: Disposizioni inmateria di cooperazione con il Tribunale internaziona-le competente per gravi violazioni del diritto umanita-rio commesse nei territori della ex Jugoslavia • Regio-ne Veneto: Giornata del Veneto per la costruzionedella pace nella ex Jugoslavia.

a. VII, n. 3, 1993 (1995)Da una stagione all’altra, la semina continua • ANTONIOPAPISCA, Il futuro prossimo dei diritti umani nell’Unio-ne Europea • GIOVANNI DOGNINI, La questione deidiritti umani negli incontri del Consiglio Europeo •MARCO MASCIA, Il ruolo della Regione per lagovernabilità nel sistema dell’Unione Europea •HECTOR GROS ESPIELL, All’origine dei due Patti inter-nazionali del 1966 sui diritti umani e del Protocollofacoltivo al Patto sui diritti civili e politici. Ricordi eriflessioni • DINO FIOROT, Alcune riflessioni sullo scrit-to “Per la pace perpetua” di Immanuel Kant in occa-sione del duecentesimo anno dalla pubblicazione (1795-1995) • PAOLA DEGANI - PAOLO DE STEFANI, Note suschiavitù e diritti umani. L’attività del Gruppo dilavoro delle Nazioni Unite sulle forme contemporaneedi schiavitù • CLAUDIA PADOVANI, Il nuovo ordinemondiale dell’informazione e della comunicazione:1976-1993 • ANTONIO PAPISCA, La posizione dellasocietà civile europea sul tema della ingerenza umani-taria • GAETANO ARFE, Il mio primo incontro con DonMilani • BOUTROS BOUTROS-GHALI, Discorso al Cam-pidoglio del Segretario generale delle Nazioni Unite (8gennaio 1996) • Commissione delle Comunità europee.Relazione sulla realizzazione delle azioni volte a pro-muovere il rispetto dei diritti umani e la demo-cratizzazione • BOUTROS BOUTROS-GHALI, Un’agendaper lo sviluppo. Sviluppo e cooperazione economicainternazionale • Revisione generale degli accordi sullostatus consultivo delle Organizzazioni nongovernativepresso le Nazioni Unite • Revisione delle direttiveriguardanti le relazioni tra l’Unesco e le organizzazio-ne internazionali nongovernative • Appello per la cre-azione di Istituzioni nazionali per i diritti umani •Regione Veneto: “Interventi regionali per la promo-zione di una cultura di pace”, Legge regionale delVeneto 30 marzo 1988, n. 18 • “Iniziative per lavalorizzazione dei principi della pace, della culturamultietnica e della solidarietà fra i popoli”, Leggeregionale dell’Emilia Romagna 1 febbraio 1994, n. 4 •“Interventi regionali per la promozione di una culturadi pace”, Legge regionale della Toscana 19 luglio1995, n. 78.

Politiche Sociali

a cura del Centro di analisi e documentazione sullepolitiche sociali per la tutela dei soggetti debolidirettore resp.: Tiziano Vecchiatocomitato di consulenza scientifica: Vinicio Albanesi,Elisa Bianchi, Antonio Cecconi, Virginio Colmegna,Elvio Damoli, Italo De Sandre, Gino Faustini, CarloHanau, Antonio Iachino, Renato Marinaro, AlfredoCarlo Moro, Giovanni Nervo, Augusto Palmonari,Giuseppe Pasini, Giovanni Sarpellonperiodicità: bimestraleeditore: Fondazione “E. Zancan”, Padovasede della redazione: c/o Fondazione “E. Zancan”, ViaVescovado 66 - 35141 Padova - tel. 049/663800

n. 1, 1996Politiche: Dove va il volontariato • Manifesto suglieducatori • Immigrati: L’espulsione dal territorio na-zionale dei cittadini dei paesi non appartenenti al-l’Unione Europea • Il decreto legge in materia diimmigrazione • Minori: La direttiva della RegioneToscana sull’affidamento familiare • L’adozione deiminori in situazione di abbandono • Federalismo:Federalismo fiscale e finanziamento dello stato sociale• Occupazione: La domanda di lavoro “inevasa” •Salute: Il bilancio della sanità pubblica • Altri paesi:L’assistenza sociale in Finlandia • Esperienze: Insiemeè meglio: il Centro per le famiglie di Modena • “Pace,diritti umani” negli Statuti dei Comuni e la partecipa-zione degli immigrati a livello locale.

n. 2, 1996Servizio civile: Il servizio civile nazionale • “Istituzio-ne del servizio civile nazionale”. Proposta di legge •Finanziaria: Contributo preliminare per la predi-sposizione della legge Finanziaria ’97 • Il lavoro nel“Documento di programmazione economico-finanzia-ria per gli anni ’97-99” • Carcere: La qualità della vitanelle carceri • Occupazione: Il cambiamento delleprofessioni e l’adeguamento della formazione • Mino-ri: Violenza sessuale sui minori • La legge della Regio-ne Piemonte a sostegno delle attività in favore deigiovani • Altri paesi: Le politiche minorili e familiari inOlanda • Esperienze: Il regolamento dell’Usl di Cesena• Bilanci di giustizia.

Quaderni di Scienze Antropologiche

direttore resp.: Cleto Corrainperiodicità: annualeeditore: Centro Copie Portellosede della redazione: c/o Cleto Corrain - Dipartimentodi Biologia - Università degli Studi di Padova - viaTrieste, 79 - 35131 Padova

n. 20, 1994CAPITANIO M., An aemotypological enquiry in Carnia(Italy Oriental Alps) • CORRAIN C., Alcune curiosità neicommentari di Gerardo Van-Swieten (1700-1772) agliaforismi di Ermanno Boerhaave (1668-1738) • CORRAINC., Spunti per una etnografia di Chioggia e del suoterritorio • BASEZZI N., L’omo selvadego e... le originidi Arlecchino • CORRAIN C., Varie dal Folklore special-mente religioso, VIII • BALLARIN L., La pesca dei clupeidia S. Pietro in Volta.

n. 21, 1995CORRAIN C. - CAPITANIO M., Gruppi sanguigni nellepopolazioni di S. Paolo Albanese e di S. CostantinoAlbanese (Basilicata), sul versante settentrionale delM. Pollino • CORRAIN C., Alcuni resti umani del tardoneolitico, rinvenuti ad Alpicella di Varazze (Savona) •CORRAIN C., Human Skeletons from the Byzantine andGreek levels of the hüyük of Topakli (Turkey) • CORRAINC. - CAPITANIO M., Ricognizioni di alcune reliquie,attribuite a santi orientali, conservate in Venezia •CAPITANIO M. - CORRAIN C., I resti scheletrici umani delsarcofago (sec. IX) scoperto nei pressi dell’atrio della

chiesa paleocristiana di S. Vigilio, in Trento • CORRAINC. - CAPITANIO M., Perizia antropologica sulle spoglieattribuite a S. Secondo, conservate nella chiesa di S.Maria del Rosario o dei Gesuati in Venezia • CORRAINC. - CAPITANIO M., Ricognizione dello scheletro di un S.Felice, proveniente dalle catacombe romane, e conser-vato nel convento di S. Giacomo in Monselice (Padova)• CORRAIN C., Relazione sul convegno di studi su“Sepolture e necropoli tra tardo antico e alto medioevonell’Italia nord-occidentale”, Savona 28-29 novembre1987 • CORRAIN C., Risposta alla lettera del dr. RolandMenk (5-10-1978), dell’Università di Ginevra. La con-sidero tuttora proponibile • CORRAIN C., I resti schele-trici umani della necropoli preromana di Breno, inValcamonica, con l’inserimento della tabella, in pas-sato trascurata per la stampa • MIHOVILIC’ K., Situlacon rappresentazione dell’aratro - da Nesanzio (Vizase)• CORRAIN C., Varie dal folklore, specialmente religio-so, IX • Riflessioni sulla parlata di S. Pietro in Volta(Venezia) III • CORRAIN C., Spunti di religiosità popola-re dall’area costiera veneta.

Servizi SocialiInformazioni e documentazioni

su corsi, studi e ricerche

direttore resp.: Giuseppe Benvegnù Pasiniperiodicità: bimestraleeditore: Centro Studi e Formazione Sociale - Fondazio-ne “E. Zancan”, Padovasede della redazione: c/o Centro Studi e FormazioneSociale - Fondazione “E. Zancan” - via Vescovado 66- 35141 Padova - tel. 049/663800

a. XXI, n. 2, 1994I gruppi di auto-mutuo aiuto nel sistema dei servizi.ANGELO LIPPI, I gruppi di auto-mutuo aiuto nel sistemadei servizi territoriali • ANDREA NOVENTA, Auto aiuto:storia ed evoluzione del concetto e sue realizzazioni •ANGELO DARIO COLOMBO, Salute, solidarietà, comuni-tà, distretto e presa in carico • ANDREA DEVOTO, Ideee metodi dell’auto e mutuo aiuto • ANDREA NOVENTA,Il principio dell’helper-therapy • ANDREA DEVOTO,Funzioni, interazioni e responsabilità dell’auto-mutuoaiuto.

suppl. al n. 2, 1994 (Politiche Giovanili)Giovani e tempo libero.Presentazione • Schede monografiche sul tema “Gio-vani e tempo libero”: Tabella delle voci tematiche •Schede monografiche • Esperienze: Il tempo dei giova-ni (Comune di Padova) • Bisogno di spazi e luoghi diaggregazione (Comune di Rovigo) • Un sistema dirisorse aggregative. Creatività giovanile. RollingVenice e Carta Giovani (Comune di Venezia) • Giovaniprotagonisti (Comune di Verona) • Centri di interesse(Comune di Vicenza) • Crescere divertendosi (Comunedi Villafranca di Verona) • Osservatorio: SERGIODUGONE, Quali politiche sociali con i giovani: respon-sabilità istituzionali e della comunità locale.

a. XXI, n. 3, 1994Processi di decisione nei servizi socio-sanitari.CARLO SCAPIN, Processi di decisione nei servizi socio-sanitari • CORRADO PERTILE, Il sistema informativodirezionale • RUGGERO MENATO, L’impatto economicodelle decisioni • FRANCO DALLA MURA, Le burocrazieprofessionali nell’organizzazione.

suppl. al n. 3, 1994 (Politiche Giovanili)Giovani e disagio.Presentazione • Schede monografiche sul tema “Gio-vani e disagio”: Tabella delle voci tematiche • Schedemonografiche • Esperienze: Lettera sul disagio giova-nile (Comune di Vicenza) • Osservatorio: Indirizzirelativi a “Iniziative e coordinamento delle attività afavore dei giovani di cui all’articolo 7 della L.R. 28giugno 1988, n. 29”.

Page 62: Notiziario Bibliografico - poligrafo.it · G. Buscaini - S. Metzeltin, Dolomiti. Il grande libro delle vie normali (Maria Pia Codato)14 Scienze sociali E. Alecci - A. Colasio - A.

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a. XXI, n. 4, 1994Il gruppo di lavoro sul problema.TIZIANO VECCHIATO, Il gruppo di lavoro sul problema• ENNIO GALLO, Ragioni organizzative favorevoli econtrarie al lavoro integrato • ELISABETTA NEVE, Iden-tità professionali nella cultura dei servizi: dimensionicomuni e specificità • AUGUSTO PALMONARI, Consensoe dissenso nel gruppo di lavoro • FRANCO FASOLO,L’analisi interprofessionale dei problemi • Gli accordidi programma per la gestione integrata dei servizisocio-sanitari.

suppl. al n. 4, 1994 (Politiche Giovanili)Giovani e prevenzione.Presentazione • Schede monografiche sul tema “Gio-vani e prevenzione”: Tabella delle voci tematiche •Schede monografiche • Osservatorio: Relazione an-nuale al Consiglio Regionale sullo stato di attuazionedegli interventi previsti dalla L.R. 29/1988 • Allegati:Circolare Regionale n. 31/93 e allegato A: I serviziInformagiovani nella Regione Veneto • Provvedimentodel Consiglio regionale n. 753 del 14. 6. 93 • Decretodel Ministero dell’Interno n. 47/89 • Decreto del Mini-stero dell’Interno n. 22/92 • Raccomandazione R(90)7del Consiglio d’Europa.

a. XXI, n. 5, 1994Gli anziani non autosufficienti: dove e come accoglierli.PIETRO STEFANINI, Gli anziani non autosufficienti: di-mensione del fenomeno, aspetti socio-demografici •VALERIO ALBERTI, Non autosufficienza dell’anziano:fattori interagenti • GIOVANI NERVO, Il progetto obiet-tivo anziani del piano sanitario nazionale: criteri econdizioni per la sua attuazione • VALERIO ALBERTI,Servizi residenziali previsti dal progetto obiettivo an-ziani • VALERIO ALBERTI, Criteri e strumenti per lavalutazione integrata • GIOVANNI NERVO, Presa incarico e processo di aiuto: componenti deontologiche• PIETRO STEFANINI, Forme di accoglienza residenzialeper anziani non autosufficienti.

suppl. al n. 5, 1994Centro di analisi e documentazione sulle politichesociali per la tutela dei soggetti deboli. Dossier 1: Lepolitiche sociali nella legge finanziaria. Presentazione• Le politiche sociali nella legge finanziaria: qualiricadute sui soggetti deboli • La casa: il rischio el’esclusione • La riforma delle pensioni: riflessionipreliminari.

a. XXI, n. 6, 1994Anziani non autosufficienti: lavoro per progetti e valu-tazione.ALESSANDRO POMPEI, Anziani non autosufficienti: la-voro per progetti e valutazione: Documentare l’attivitàprofessionale • Lavorare per progetti per poter valuta-re • La relazione fra operatore e anziano: quale impli-cazione teorica • Quale obiettivo di salute per i servizi• L’operatore come risorsa • Il protocollo di lavoro: unmodo per standardizzare alcuni processi organizzativiper poterli valutare • La cartella professionale • Ilpiano di lavoro: un modo per valutare il processo diaiuto • Un modello operativo.

suppl. al n. 6, 1994 (Politiche Giovanili)Giovani e lavoro.Presentazione • Schede monografiche sul tema “Gio-vani e lavoro”: Tabella delle voci tematiche • Schedemonografiche • Esperienze: GIANFRANCO POZZOBON,La politica giovanile della Regione Veneto • GUIDOSARCHIELLI, Adolescenti e lavoro: considerazioni cri-tiche e proposte di azione • COOPERATIVA ITACA, Pan-chine tra le nebbie. Percorso per un progetto-interven-to di animazione di strada a Meduna di Livenza •Osservatorio: Relazione annuale al Consiglio Regio-nale sullo stato di attuazione degli interventi previstidalla L.R. 28.6.88 n. 29 e dalla L.R. 11.8.94 n. 37.

suppl. al n. 6, 1994Attività culturali 1995.

a. XXII, n. 1, 1995Volontariato e tutela dei diritti sociali.TIZIANO VECCHIATO, Presenza e azione politica delvolontariato • GIUSEPPE PASINI, Cosa intendiamo perruolo politico del volontariato • ACHILLE ARDIGÒ,Volontariati e welfare state in Europa: il difficilecammino verso e oltre lo stato del benessere • LUCIANOTAVAZZA, Volontariato e nuovi soggetti sociali inItalia e in Europa • ENRICO BACIGALUPO, Un orizzonteinterpretativo: il bene comune • MAURO STABELLINI,Volontariato, reciprocità e partecipazione • PATRIZIOPETRUCCI, Condizioni per lo sviluppo di un ruolopolitico del volontariato • VODIA CREMONCINI, Plura-lismo sociale e ruolo politico delle organizzazioni divolontariato • SANDRA ROCCHI, Per un ruolo politicodel volontariato • MARIENA SCASSELLATI GALETTI,Obiettivi per una presenza politica • ALDO ROMAGNOLLI,Volontariato, sindacato, cooperazione. Antitetici ocomplementari? • MAURILIO ASSENZA, Andare allaradice della crisi politica con scelte precise, lucide,comunitarie • VINICIO ALBANESI, Il volontariato mino-ranza attiva • PAOLA GAIOTTI DE BIASE, Il volontariato,un soggetto sociale operante • GIUSEPPE LUMIA, Per unruolo politico del volontariato • LUCA JAHIER, L’espe-rienza del volontariato internazionale • Contenuti peruna proposta politica del volontariato.

suppl. al n. 1, 1995Centro di analisi e documentazione sulle politichesociali per la tutela dei soggetti deboli. Dossier 2:Presentazione • La riforma delle pensioni. Osservazio-ni sul progetto dei progressisti • Sanità: le nuoveaziende sanitarie • Sanità: norme regionali • Sanità:malati di mente • Diritti dei cittadini: esigibilità, par-tecipazione, prestazioni sociali • Immigrati: accoglienzae assistenza • Immigrati: lavoro • Minori: lo “statutodei diritti” • Minori: la proposta di legge della Fonda-zione “E. Zancan” • Per una più compiuta tutela deiminori • Disabili: diritto al lavoro • Volontariato:norme regionali • Protezione civile • Cooperazioneallo sviluppo • Spesa per la pace.

a. XXII, n. 2, 1995Nuove funzioni del segretariato sociale.MILENA DIOMEDE CANEVINI, Il segretariato tra storia efuturo • LORENZA ANFOSSI, Il segretariato sociale nellarealtà attuale • ALESSANDRO POMPEI, Raccogliere,ordinare, trasmettere informazioni • ISABELLA D’ELISO,Informare e comunicare nella relazione di aiuto e allosportello • Allegati: Decreto 31.3.1994 Ministro fun-zione pubblica. Codice di comportamento dei dirigentidelle pubbliche amministrazioni • Standard del “Servi-zio di segretariato sociale” sperimentato dall’EISS nel-l’ambito dell’intervento socio-educativo nel Mezzo-giorno e in Piemonte (1971).

suppl. al n. 2, 1995Centro di analisi e documentazione sulle politichesociali per la tutela dei soggetti deboli. Dossier 3:Famiglia: Politiche in ambito nazionale: risoluzioni aconfronto. Interventi a favore di anziani nonautosufficienti: la legge 5/94 dell’Emilia Romagna • Ilprogetto per le famiglie del Comune di Bologna •Anziani e salute: il ruolo della famiglia • Previdenza:Pensioni: dimensioni del problema e questioni da con-siderare • La tutela dei soggetti deboli nella riformadelle pensioni • Salute: Il progetto obiettivo “Tuteladella salute mentale 1994-1996” • Il nuovo assetto deiservizi sanitari • Riorganizzazione dei servizi sanitarinelle Regioni • Immigrati: Le politiche formative:alfabetizzazione e istruzione degli adulti, inserimentoscolastico dei minori • Le politiche abitative: carenzeprogrammatorie e gestione dell’emergenza • Anziani:Il lavoro socialmente utile degli anziani: una propostadi legge • Disabili: Tutela delle persone non auto-sufficienti • Agevolazioni a favore di persone disabili edi soggetti che le assistono • Collocamento obbligato-rio • Obiezione di coscienza: Il punto della situazione• Diritti dei cittadini: Diritti dei cittadini, esigibilità,partecipazione, informazione • Carcere: Il regime pe-nale e penitenziario per gli adulti • Il Welfare State e il

trattamento penitenziario • L’area esterna dell’esecu-zione penale.

a. XXII, n. 3, 1995La qualità dei servizi sociali e sanitari.SANDRO SPINSANTI, La qualità dei servizi sociali esanitari: tra management ed etica • TIZIANO VECCHIATO,La valutazione: livelli di esito • FOSCO FOGLIETTA, Lavalutazione di esito • FOSCO FOGLIETTA, La soddisfa-zione dell’utente come obiettivo di qualità nei progettidi incentivazione • TIZIANO VECCHIATO, Promozionedella qualità e formazione • FORTUNATO RAO, La pro-mozione della qualità nella legislazione • FOSCOFOGLIETTA, La promozione della qualità: il quadrogiuridico-istituzionale.

suppl. al n. 3, 1995Centro di analisi e documentazione sulle politichesociali per la tutela dei soggetti deboli. Dossier 4: Leggequadro sui servizi sociali: La sicurezza sociale in unnuovo modello di stato sociale: una proposta di revi-sione organica della normativa • Diritti dei cittadini:La Carta europea della partecipazione dei giovani • LaCarta di Perugia • Servizio sanitario e diritti deicittadini • Salute: La formazione degli operatori nellasalute mentale • Costi del servizio ospedaliero • Ospe-dale e territorio • Le forme integrative di assistenza •Minori: Il bambino e il diritto alla salute • Personesenza dimora: Emarginazione grave • Immigrati: Lepolitiche per la salute: normative nazionali e regionali,l’intervento del volontariato • Disabili: Agevolazioni afavore di persone disabili e dei soggetti • Politichecomunitarie: Wto: una sigla che diventerà famosa •Pace e diritti umani: Commercio di armi • Terzosistema: Il nonprofit italiano • Carcere: La pena dimorte • Politiche locali: Politiche per gli immigrati, igiovani, la protezione civile.

a. XXII, n. 4, 1995Gruppi di lavoro nelle organizzazioni di servizio allepersone.TIZIANO VECCHIATO, Tipi di gruppi per diversi proble-mi • AUGUSTO PALMONARI, Dinamiche di gruppo eprocessi di polarizzazione nelle scelte e relazioni fragruppi • FRANCESCO NOVARA, Organizzazione, risorseprofessionali, struttura di gruppo • ELISABETTA NEVE,Il gruppo di lavoro come alternativa alla moltiplicazio-ne e segmentazione dei servizi e degli interventi •FRANCO FASOLO, Il gruppo di lavoro come sistema difiducia nelle organizzazioni di servizio alle persone.

suppl. al n. 4, 1995Centro di analisi e documentazione sulle politichesociali per la tutela dei soggetti deboli. Dossier 5:Salute: Aziende sanitarie: questioni aperte • Assisten-za: Assistenza sociale: il punto della situazione nel1995 • Occupazione: Lavoro in affitto e contratti disolidarietà • Minori: L’attività degli organismi inter-nazionali per la tutela del bambino maltrattato. Lineeguida per la realizzazione di interventi urgenti a favoredella popolazione minorile • Giovani: La legge dellaRegione Marche in materia di politiche giovanili •Immigrati: Il problema della partecipazione politicanella legislazione nazionale e regionale • Disabili: Siavvia una fase di consolidamento delle politiche afavore dei disabili • Carcere: Misure cautelari detentive• Volontariato: Norme regionali applicative della leg-ge n. 266/91 • Il ruolo del volontariato: un dibattitoaperto • Terzo sistema: Dichiarazione internazionaledi principi sul terzo sistema • Diritti dei cittadini:Informazione e democrazia • Pace e diritti umani:Revisione della legge sul commercio delle armi • Entilocali: Politiche per la famiglia, i servizi socio-sanita-ri, il carcere e il post-carcere.

a. XXII, n. 5, 1995Interventi sociali e sanitari a domicilio.ANNAMARIA PACI, Interventi sociali e sanitari a domi-cilio: lo stato della riflessione, le prospettive aperte •COSTANZA COSTA ZEZZO, Intrecci relazionali edomiciliarità • MARIENA SCASSELLATI GALETTI, Diritti

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di cittadinanza e nuove collaborazioni nel sistema deiservizi • GRAZIANA DELPIERRE, Come operare nell’at-tuale quadro legislativo • MADDALENA GALIZIO, Co-municazione e relazione nell’approccio professionale• ANTONIO LOVATI, Relazioni tra persone • FRANCOMONDINO, Progettazione e gestione di interventi adomicilio. Dinamiche organizzative e strumenti facili-tanti.

suppl. al n. 5, 1995Centro di analisi e documentazione sulle politichesociali per la tutela dei soggetti deboli. Dossier 6: Leggefinanziaria: Le politiche sociali nella legge finanziaria• Disabili: L’esigibilità dei servizi previsti dalla leggen. 104/92, legge-quadro sui diritti delle persone handi-cappate • Volontariato: L’attuazione della legge qua-dro sul volontariato nelle norme regionali • Carcere:Aids e detenzione • Enti locali: Vademecum per lapredisposizione dei piani di zona.

a. XXII, n. 6, 1995Il distretto nel nuovo sistema dei servizi sanitari esociali.ENNIO GALLO - GIORGIO BLASICH, Il distretto nellalegislazione regionale • FABRIZIO OLEARI, Il distrettonella azienda sanitaria: possibili modelli organizzativi• CARLO BERALDO, Il governo delle responsabilitàistituzionali e sociali • ANGELO LIPPI, L’operatività el’integrazione nel distretto di base • L’area comune diformazione delle professioni operanti nel distretto so-cio-sanitario.

suppl. al n. 6, 1995Attività culturali 1996.

a. XXIII, n. 1, 1966I piani di zona dei servizi.FRANO VERNÒ, Programmare i servizi alla persona:obiettivi, contenuti, esperienze • FRANCO DALLA MURA,Il piano di zona: presupposti e strumenti nell’evoluzio-ne normativa dal DPR 616/77 ad oggi • SERGIO DUGONE,Soggetti, contenuti, stretegie per la elaborazione deipiani di zona • TIZIANO VECCHIATO, I piani di zona:criteri e condizioni • Vademecum per la predisposizionedi zona.

a. XXIII, n. 2, 1996I servizi alle persone nella legge 104/92 sull’handicap.FRANCO VERNO’, L’integrazione delle responsabilitàsui problemi e risultati • La legge 104/92, le sueinterazioni con altre norme, la sua attuazione a livelloregionale • PIETRO BENCIOLINI, La legge 104/92 e ilsistema dei servizi socio-sanitari per l’età evolutiva:condizioni istituzionali, organizzative e professionali •GIANCARLO SANAVIO, Il sistema dei servizi per l’inte-grazione sociale e strategie.

Collaborazione Comunitaria Notizie

direttore: Luca Dalla Liberadirettore resp.: Francesco Lazzariperiodicità: trimestraleeditore: Associazione Amici dello Stato BrasilianoEspirito Santo - Centro di Collaborazione Comunitariasede della redazione: c/o A.E.S., via Sacro Cuore, 20 -35135 Padova - tel 049/8753266

CUAMM Notizie

direttore: Gavino Macioccodirettore resp.: Gino Brunelloperiodicità: quadrimestraleeditore: Collegio Universitario Aspiranti Medici Mis-sionarisede della redazione: c/o CUAMM - via S. Francesco 126- 35121 Padova - tel. 049/8756222

Il Moschinoperiodico della comunità dei giovani di Verona

direttore resp.: Renzo Pulieroperiodicità: quadrimestraleeditore: Centro Studi Comunità dei Giovani, Parona(VR)sede della redazione: Comunità dei Giovani - ViaMoschini 3 - 37129 Verona - tel. 045/918168

Il Sestante

direttore resp.: Francesco Zerbettoperiodicità: bimetraleeditore: Centro Padovano di Accoglienza, Camin (PD)sede della redazione: c/o Centro Padovano di Acco-glienza - via Vigonovese 69 - 35127 S. Gregorio diCamin (PD) - tel. 049/8701833

Miopia

direttore: Gastone Redettiperiodicità: trimestraleeditore: Il Roseto, Barbarano Vicentino (VI)sede della redazione: via Ca’ Nova 7 - 36021 Barbarano

a. XXIII, n. 3, 1996Coordinamento e responsabilità nei gruppi di lavoro.TIZIANO VECCHIATO, Gruppi e problemi • ELISABETTANEVE, Gruppi di lavoro e organizzazione: le funzioni dileadership • FRANCO FASOLO, La responsabilità deiservizi alla persona: lavorare sui tempi • GUIDOSARCHIELLI, Nuove esigenze organizzative e stili dileadership.

Sìrivista di studi sociali del Veneto

Il periodico ha cessato le pubblicazioni.

ALTRE RIVISTE SEGNALATE

Appuntiesperienze e dibattiti delle realtà giovanili

direttore resp.: Bruno Bareldirettore esecutivo: Francesco Ghedinisede della redazione: via Rogati, 17 - 35100 Padova -tel. 049/8756777

Archivio pace diritti umanibollettino

direttore resp.: Antonio Papiscaperiodicità: quadrimestraleeditore: Cedam, Padovasede della redazione: c/o Centro di studi e di formazio-ne sui diritti dell’uomo e dei popoli - via Anghinoni 10- 35121 Padova - tel. 049/3274433-35

CNISnotiziario di informazione dell’Associazione per ilcoordinamento Nazionale Insegnanti Specializzati

e la ricerca sull’handicap

direttore: Renzo Vianellodirettore resp.: Ferruccio Piazzoniperiodicità: semestraleeditore: Edizioni Junior, Bergamosede della redazione: c/o prof. Renzo Vianello - Dipar-timento di Psicologia dello Sviluppo e della Socia-lizzazione - via Venezia 8 - 35129 Padova

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periodicità: quadrimestrale

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