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63 otiziario ibliografico periodico della Giunta regionale del Veneto n. 63 / 2010 - sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di Padova n b

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periodico della Giunta regionale del Veneto

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Giunta regionale del VenetoDirezione Attività Culturali e Spettacolo 30121 Venezia - Palazzo Sceriman - Cannaregio Lista di Spagna 168

periodicità quadrimestralespedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di Padovain caso di mancato recapito restituire al mittenteif undeliverable return to Padova CMP - Italy

ISSN 1593-2869

nbin questo numero

Il Centro regionale di cultura veneta Paola di Rosa Settembrini.Un centro per conoscere e divulgare la cultura venetaMarino Zorzato

Jacopo Bassano: la sua pittura e i “virtuosi” inganni dell’occhio.Le celebrazioni per il cinquecentenario della nascita (1510? - 1592)di un protagonista dell’arte venetaAngelo Tabaro

Il Giornale de’ letterati d’Italia trecento anni dopo: scienza, storia, arte, identità.Una rivoluzione “cartacea” nel Veneto del SettecentoMaria Teresa De Gregorio

recensioni e segnalazioni

l’editoria nel venetoPer una storia dell’architettura del Veneto.Opere, protagonisti, modelli dall’antichità ad oggi

istituzioni e cultura

La Fondazione Querini Stampalia di Venezia.Un luogo di produzione culturale dal “cuore antico”

L’Accademia Olimpica di Vicenza

rivisteria venetaStoria della Chiesa e religione

in copertinaJoaquín Sorolla y Bastida

(Valencia 1863 - Cercedilla, Madrid 1923), Clotilde nello studio, 1900, part.

Madrid, Museo Sorolla

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comitato promotore

Luca Zaia Presidente della Regione del VenetoMarino Zorzato Vice Presidente - Assessore al Territorio,alla Cultura e agli Affari GeneraliRegione del VenetoAngelo Tabaro Segretario regionale per la CulturaRegione del Veneto

comitato di redazione

Ulderico Bernardi Università Ca’ Foscari di VeneziaFausta BressaniDirigente regionale Direzione Beni CulturaliMassimo Canella Dirigente Servizio Beni Librari, Archivistici e MuseiSaveria Chemotti Università degli Studi di PadovaMaria Teresa De Gregorio Dirigente regionale Direzione Attività Culturali e SpettacoloChiara Finesso Responsabile di redazionePierantonio Gios Direttore Biblioteca Capitolare Curia Vescovile di PadovaGiuseppe Gullino Università degli Studi di PadovaAmerigo Restucci Università Iuav di VeneziaAnna Maria Spiazzigià Sovrintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le province di Venezia, Padova, Belluno e TrevisoBianca Lanfranchi Strina già Sovrintendente ai Beni archivistici del VenetoLorenzo Tomasin Università Ca’ Foscari di VeneziaMarino Zorzi già Direttore Biblioteca Nazionale Marciana

direttore editoriale

Romano Tonin

responsabile di redazione

Chiara Finesso

segreteria di redazione

Giovanna Battiston, Barbara Da FornoSusanna Falchero

progetto grafico

Il Poligrafo casa editrice, Laura Rigon

impaginazione

Susanna Falchero

collaboratori alla redazione

di questo numero

Giovanna Battiston, Vera CapraniViviana Cattelan, Barbara CeccatoAlberto Cellotto, Martina Ceron Marilia Ciampi RighettiMaria Teresa De Gregorio, Giuseppe De MeoGiovanna Ficarazzi, Guido Galesso NadirGiuseppe Iori, Marigusta LazzariMassimiliano Muggianu, Francesca MunerMariano Nardello, Francesco PassadoreFerdinando Perissinotto, Alessandro Pezzin Mario Quaranta, Anna Renda, Chiara SchiavonMichele Simonetto, Evangelia Skoufari Angelo Tabaro, Matteo Viale, Mirco ZagoFrancesca Zanardo, Alberto ZanotelliPiero Zanotto, Marino Zorzato

collaboratori alla rassegna bibliografica

Giovanna Battiston, Barbara Da FornoSusanna Falchero, Irene MagonSara Pierobon

direzione e redazione

Giunta regionale del VenetoDirezione Attività Culturali e Spettacolo30121 Venezia - Palazzo ScerimanCannaregio Lista di Spagna, 168tel. 041 2792710 - fax 041 2792794e-mail: [email protected]

Recapito della Redazione “Notiziario Bibliografico” presso Il Poligrafo casa editrice35121 Padova | via Cassan 34 (piazza Eremitani)tel. 049 8360887 | fax 049 8360864e-mail: [email protected](tutti i materiali per la rivista vanno inviati a questo indirizzo)

Direttore responsabile: Franco MiraccoPeriodicità quadrimestraleTiratura 15.000 copieEditore Il Poligrafo - Regione del VenetoAutoriz. del Tribunale di Padova n. 1291 del 21-6-1991Spedizione in abb. post. art. 2 comma 20/cLegge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa -Filiale di PadovaStampa Litocenter - Piazzola sul Brenta (pd)chiuso per la stampa: dicembre 2011

Il “Notiziario Bibliografico” è consultabile integralmente on line

I L P O L I G R A F O

Notiziario Bibliograficon. 63 / 10periodico quadrimestrale d’informazione bibliograficaa cura della Giunta regionale del Veneto

Il “Notiziario Bibliografico” si proponecome strumento vivo per conoscere – con rubriche, recensioni, approfondimenti – quanto viene pubblicato, nei più diversi ambiti, in Veneto e sul Veneto.Il percorso iconografico “le murrine”, che attraversale rubriche della rivista, propone, di volta in volta, un tema tratto da varie opere pittoriche. La “murrina”, opera d’artigianato tipicamente veneziano, è il risultato della lavorazione a taglio di una canna di vetro interamente realizzata a mano:la canna viene composta da diversi strati di vetro colorato, con una tecnica artigianale unica, conosciuta solo nell’isola di Murano e tramandata per centinaia di anni di padre in figlio.In questo senso, “le murrine” diventano una lente,dispositivo attraverso cui filtrare lo sguardo sull’arte e sulla tradizione del Veneto, e non solo. In questo numero “le murrine” sono dedicate al tema “fiori”.

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immagine a pagina 5

Christian Berentz e Carlo Maratta, Fiori e frutta con donna che coglie l’uva, part., 1696Napoli, Museo di Capodimonte

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indice

7 Il Centro regionale di cultura veneta Paola di Rosa Settembrini.Un centro per conoscere e divulgare la cultura venetaOn. Marino ZorzatoVice Presidente - Assessore al Territorio, alla Cultura e agli Affari Generali - Regione del Veneto

11 Jacopo Bassano: la sua pittura e i “virtuosi” inganni dell’occhio.Le celebrazioni per il cinquecentenario della nascita (1510? - 1592)di un protagonista dell’arte venetaAngelo TabaroSegretario regionale per la Cultura - Regione del Veneto

15 Il Giornale de’ letterati d’Italia trecento anni dopo: scienza, storia, arte, identità.Una rivoluzione “cartacea” nel Veneto del SettecentoMaria Teresa De GregorioDirigente regionale Direzione Attività Culturali e SpettacoloRegione del Veneto

recensioni e segnalazioni

Lingua - Tradizioni

19 Giovanni Battista Rossi, Vocabolario dei dialetti ladini e ladino-veneti dell’AgordinoMirco Zago

19 Luigi Nardo, Dizionario Italiano-Veneto. A sercar paroleMarilia Ciampi Righetti

20 Silvano Belloni, Grammatica venetaChiara Schiavon

20 Gianluigi Secco, Sulle delizie della Passera & dell’Asparago officinale... Il mondo della sessualità nelle espressioni orali della cultura popolare...Alessandro Pezzin

21 Thomas Pellegrini, Lo slittino da ghiaccio bellunese...Matteo Viale

21 Contastorie. Antologia di testi narrativi popolari veneti, a cura di Luciano MorbiatoMirco Zago

22 Aquiles Bernardi (fra’ Paulino de Caxias), Vita e stória de Nanetto Pipetta nassuo in Italia e vegnudo in Mérica..., a cura di Fiorenzo TosoMatteo Viale

23 Luciano Menetto, La grande laguna da Venezia al Quarnero. Storie e ricette delle isole di San MarcoPiero Zanotto

23 Maria Attilia Fabbri Dall’Oglio, Pranzi e cibi golosi in convento. Diario di un anonimo cappellano sulla cucina, gli usi e i costumiconventuali nella Venezia della seconda metà del SettecentoAlessandro Pezzin

24 Davide Paolini - Giancarlo Saran, Il gastronauta nel Veneto. Viaggio tra le eccellenze del Veneto miglioreAmedeo Sandri - Maurizio Falloppi, Mangiare veneto. Sette province in cucina, a cura di Valeria VicentiniGiovanna Battiston

Arte

24 La memoria della prima guerra mondiale: il patrimonio storico-artistico tra tutela e valorizzazione, a cura di Anna Maria Spiazzi, Chiara Rigoni, Monica PregnolatoViviana Cattelan

25 L’impegno e la conoscenza. Studi di storia dell’arte in onore di Egidio Martini, a cura di Filippo Pedrocco e Alberto CraievichBarbara Ceccato

26 Gianni Aricò. L’opera, presentazione di Sergia JessiMarilia Ciampi Righetti

Architettura - Urbanistica - Paesaggio

26 Wolfgang Wolters, Architettura e ornamento. La decorazione nel Rinascimento venezianoGuido Galesso Nadir

27 Guido Rossi - Gianna Sitran, Portali a Venezia. Funzioni, forme, materiali nelle opere di aspetto romanico e goticoGuido Galesso Nadir

27 Venezia. Acqua, pietre e pagine. L’insula di San Fantin, testi di Ettore Vio, Anna Lombroso, Luciano Menetto, Carlo MontanaroMarilia Ciampi Righetti

28 Roberto Conte, La Chiesa e il Convento di San Gaetano a PadovaBarbara Ceccato

28 Pedemontana Veneta. Il divino del paesaggio: per un’economia della forma, a cura di Renato RizziAlberto Cellotto

29 Pedemontana veneta, a cura di Aldo PeressaGuido Galesso Nadir

Fotografia - Libri illustrati

30 Luca Trevisan, Palladio: le villeGiovanna Ficarazzi

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30 Paolo Cossi, 1432: il veneziano che scoprì il baccalàPiero Zanotto

31 Gianni Berengo Gardin. Polesine, a cura di Paolo MorelloPiero Zanotto

31 Venezia interni contemporanei / Venice interiors. Contemporary homes, testi di Chiara Pasti, fotografie di Lisa FerroGiovanna Ficarazzi

Musica - Teatro - Cinema

32 Vittorio Bolcato, Musiche da 800 anni fa. Voci e suoni delle antiche pievi cadorine. Con un saggio di Nino AlbarosaFrancesco Passadore

32 Gaetano Valeri (1760-1822). Due concerti per organo con strumenti, a cura di Antonio LovatoFrancesco Passadore

33 Maria Rosaria Teni, Una donna e la sua musica: Maddalena Laura Lombardini Sirmen e la Venezia del XVIII secoloFrancesco Passadore

33 Francesco Passadore, Catalogo tematico delle composizioni di Maddalena Lombardini (1745-1818) e Ludovico Sirmen (1738-1812)Alberto Zanotelli

34 Francesco Passadore, Catalogo tematico delle composizioni di Giuseppe Torelli (1658-1709)Alberto Zanotelli

34 Reinhard Strohm, The Operas of Antonio VivaldiFrancesco Passadore

34 Luigi Nono. Carteggi concernenti politica, cultura e partito comunista italiano, a cura di Antonio TruduFrancesco Passadore

35 Annita Lavezzo, “Goldoni e le sue sedici commedie nuove”. Il capolavoro di Paolo FerrariGiuseppe De Meo

36 Eleonora Duse 1858-2008, a cura di Maria Ida BiggiPiero Zanotto

36 Il Teatro Carlo Goldoni di Venezia 1979-2009. Immagini e memorie sceniche di trent’anni d’attività, a cura di Carmelo AlbertiFrancesca Muner

37 La bottega veneziana. Per una storia del cinema e dell’immaginario cinematografico, a cura di Gian Piero BrunettaViviana Cattelan

37 Luci sulla città: Belluno e il cinema, a cura di Alessandro FaccioliPiero Zanotto

38 Set in Venice. Il cinema a Venezia: scatti, protagonisti, racconti, a cura di Ludovica DamianiPiero Zanotto

Storia

38 Dorit Raines, L’invention du mythe aristocratique. L’image de soi du patriciat vénitien au temps de la SérénissimeEvangelia Skoufari

39 Giorgio Dolfin (1396-1458), Cronaca dela nobil cità de Venetia et la sua Provintia et Destreto, a cura di Angela Caracciolo Aricò e Chiara FrisonFerdinando Perissinotto

39 Sebastiano Foscari capitanio di Vicenza. Dispacci 1709-1714, a cura di Fausto SartoriEvangelia Skoufari

39 Francesco Foscari, Dispacci da Costantinopoli 1757-1762, a cura di Filippo Maria PaladiniEvangelia Skoufari

40 Graziella Lugato, La benedeta schuola de miser San Marco da MestreAlessandro Pezzin

40 Angéliki Tzavara, Clarentza, une ville de la Morée latine (XIIIe-XVe siècles)Evangelia Skoufari

41 Sergio Perini, Chioggia medievale. Documenti dal secolo XI al XV

Francesca Zanardo

41 Guerrino Maccagnan, Quando a Cologna c’erano i Podestà. Violenze e criminalità tra il XVI e il XVIII secolo nelle lettere dei Podestà al Consiglio dei DieciMassimiliano Muggianu

42 Giorgio Zoccoletto, La Podesteria di Mestre nei sedici mesi di Girolamo BarozziGiuseppe Iori

42 Tullio Vallery, Personaggi dalmati benemeriti, noti o meno notiEvangelia Skoufari

43 La Contea di Gavello. Un possedimento dei Foscari in Polesine, a cura di Mario BulgarelliEvangelia Skoufari

43 Donne sulla scena pubblica. Società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento, a cura di Nadia Maria FilippiniVera Caprani

44 Maria Vittoria Adami, L’esercito di San Giacomo. Soldati e ufficiali ricoverati nel manicomio veronese (1915-1920)Martina Ceron

44 Giuliano Lenci, Le giornate di Villa Giusti. Storia di un armistizioGiuseppe Iori

45 Claudio Rigon, Passato presente 1922-24/2002-06. Sulle orme di C.D. Bonomo, fotografo: i cimiteri di guerra dell’AltipianoAnna Renda

45 Giorgio Trevisan, Memorie della Grande Guerra. I monumenti ai Caduti di Verona e provinciaFerdinando Perissinotto

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45 Giuseppe Musumeci, La Grande Guerra nelle retrovieFerdinando Perissinotto

45 Filippo Mariani - Francesco Stocco - Giorgio Crovato, La reinvenzione di Venezia. Tradizione cittadine negli anni ruggentiFerdinando Perissinotto

46 “La provincia più agitata”. Vicenza al tempo di Salò attraverso i Notiziari della Guardia nazionale repubblicana e altri documenti della Rsi (1943-1945), a cura di Emilio FranzinaMario Quaranta

47 Ernesto Brunetta, Campagne e Resistenza nel TrevigianoMichele Simonetto

l’editoria nel veneto

49 Per una storia dell’architettura nel Veneto.Opere, protagonisti, modelli dall’antichità ad oggiGuido Galesso Nadir

istituzioni e cultura

53 La Fondazione Querini Stampalia di Venezia.Un luogo di produzione culturale dal “cuore antico”Marigusta Lazzari

59 L’Accademia Olimpica di Vicenza. Arte, cultura, scienza nella città berica dal Cinquecento ad oggiMariano Nardello

rivisteria veneta

Spoglio dei periodici di storia della chiesa e religione (2008-2010)

65 Esodo. Quaderni di documentazione e dibattito sul mondo cattolico

67 Oasis. Rivista semestrale del Centro internazionale studi e ricerche Oasis - socio ordinario dello Studium Generale Marcianum

69 Quaderni di storia religiosa

70 Ricerche di Storia Sociale e Religiosa

72 Studi di Teologia

72 Studi Ecumenici

75 Studia Patavina. Rivista di Scienze Religiose

77 Vita Minorum. Rivista di spiritualità e formazione interfrancescana

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Michelangelo Merisida Caravaggio,

Suonatore di liuto,1595-1596

San Pietroburgo,Museo dell’Ermitage

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Richiamando la celebre sentenza del sociologo canadese Marshall McLuhan, “il mezzoè il messaggio”, sembra evidente che qualsiasi soggetto oggi impegnato a vario titolonelle diverse attività di promozione e valorizzazione del patrimonio culturale debbanecessariamente aprirsi ad una preliminare valutazione relativa all’impatto che lacosiddetta “civiltà dell’immagine” continuerà ad avere sulla trasmissione della cono -scenza. Un obbligo che interviene soprattutto quando, in un’epoca di multimedia -lità come la nostra, si è costretti a fare i conti con un accumulo sempre più freneti-co di dati, di tracce, di testimonianze, esito della crescente pervasività dei media edella comunicazione ad ogni livello. La nostra memoria culturale appare dunque come una sorta di deposito frammen-tario, in cui l’editoria libraria non è più il solo canale privilegiato, ma è accompa -gnata da una pluralità di mezzi espressivi che segnano in profondità il nostroimmaginario collettivo: i film, i documentari, la fotografia ecc. In questa particolareottica, la Regione del Veneto ha scelto di porre le basi per la costituzione di unastruttura in linea con i tempi, in cui la memoria libraria della cultura veneta nonfosse un patrimonio statico, ma potesse essere affiancata e integrata – proprio nelsegno della multimedialità che caratterizza la società del XXI secolo – da una media -teca e da una fototeca, oltre che da una ricca programmazione di eventi che conno-tano la presenza del Centro Regionale di Cultura Veneta Paola di Rosa Settembrinisul territorio.Il nucleo iniziale della struttura risale a più di trent’anni fa. Era il 1980 quandoArnaldo Settembrini, facoltoso libero professionista mestrino, donò alla Regione delVeneto la Villa veneta “Settembrini” situata a Mestre, a condizione che la Regione vipromuovesse un proprio Centro di cultura con annessa biblioteca specializzata, inti-tolato alla moglie scrittrice, e si impegnasse a proseguire la tradizione del Premioletterario omonimo, svolto per la prima volta nel 1959. A distanza di venticinque annida quella donazione, nel febbraio 2005, nell’ambito dell’annuale cerimonia di pre-miazione del Premio letterario Settembrini, è stato ufficialmente inaugurato il CentroRegionale di Cultura Veneta ed è stata aperta al pubblico la Biblioteca di storia locale,la cui gestione è stata affidata al Sistema Bibliotecario urbano del Comune di Veneziae al Centro culturale Padre Kolbe di Mestre. Nasceva così una realtà moderna e arti-colata che comprende tuttora al proprio interno la Mediateca Regionale, la FototecaRegionale, la Biblioteca specializzata in storia locale, la Segreteria del Premio lette -rario Settembrini, lo spazio multimediale per incontri, dibattiti e seminari.

La BibliotecaPer certi versi, il fulcro delle iniziative del Centro e della sua composita struttura èrappresentato dalla Biblioteca. La Biblioteca di Villa Settembrini ha potuto fin quivalersi di una significativa quantità di volumi e di materiali di proprietà regionale oraccolti negli anni proprio dal “Notiziario Bibliografico”, che con la sua ventennaleattività di selezione e recensione libraria ha consentito di arricchire in modo miratoil patrimonio cartaceo della Biblioteca con quanto viene pubblicato nel Veneto e sulVeneto, segnalandola come la prima biblioteca di storia locale dell’Amministrazioneregionale. Quello tra la Biblioteca di Villa Settembrini e il “Notiziario Bibliografico”è un connubio culturale ormai consolidato e certamente molto significativo, spe-cialmente per la rilevanza che il Centro ha assunto in relazione alla conservazione ealla diffusione della cultura veneta. Il “Notiziario”, potendo contare sulla collabo-razione di editori locali e nazionali, ma anche di fondazioni, associazioni, enti pub-blici e privati che pubblicano libri e materiali sulla realtà veneta – libri e materiali

il centro regionale

di cultura veneta

paola di rosa settembrini

Un centro per conosceree divulgare la cultura veneta

On. Marino ZorzatoVice Presidente - Assessore al Territorio, alla Cultura e agli Affari GeneraliRegione del Veneto

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che vengono stabilmente inviati da queste diverse realtà alla redazione della rivista,per approdare infine sugli scaffali di Villa Settembrini – è diventato nel tempo il“retroterra” ideale e il primo riferimento per lo sviluppo della struttura mestrina. È infatti attraverso il materiale che viene recensito periodicamente dal “Notiziario”,ed è poi destinato alla biblioteca, come si è detto, che è stato possibile assemblare eincrementare, dalla nascita del Centro di Villa Settembrini ad oggi, un consistentenucleo librario e documentale. Ed è sempre attraverso questo materiale, che laBiblioteca potrà confermare nel tempo il proprio ruolo di realtà dedicata prioritaria-mente alla conservazione e alla valorizzazione della cultura veneta, ma senzachiusure localistiche, né rigide restrizioni disciplinari. Si tratta infatti di un patri-monio librario in costante aumento, di un caleidoscopio ricco e articolato, com-prendente studi sul territorio, ricerche accademiche e settoriali, ma anche sintesipiù ampie, “grandi opere” e materiali divulgativi, una vasta sezione di “letteraturagrigia” prodotta da associazioni ed enti locali, insieme a un numero ragguardevoledi monografie, profili storici, biografie dei protagonisti della storia veneta, cataloghid’arte e guide ai luoghi del Veneto, saggi e contributi sulle più diverse discipline,dalla storia religiosa agli studi sul pensiero filosofico e scientifico in ambito re -gionale, dall’economia all’urbanistica e alla statistica ecc., e ancora opere di narrati-va e memorialistica, riviste di cultura e divulgazione. Nell’insieme, un patrimonioinvidiabile e sicuramente destinato ad accrescersi nell’immediato futuro, oltre chead intercettare i “punti di vista” e le “ipotesi” che emergono sul Veneto e sui veneti,nonché a riflettere il modo in cui il Veneto di oggi pensa e racconta se stesso.

La Mediateca e la FototecaLa Mediateca è stata invece istituita con legge regionale n. 30 del 6 giugno 1983, econfermata con legge regionale n. 25 del 9 ottobre 2009, con la finalità “di pro-muovere e diffondere la conoscenza del Veneto, con specifiche funzioni di conser-vazione e divulgazione dei materiali audiovisivi riguardanti il Veneto”. La Mediatecadella Regione del Veneto ha ospitato in questo arco di tempo una serie di significa-tive manifestazioni di carattere culturale e ha contribuito ad ampliare l’offerta del-l’ente regionale in questo particolare ambito, dalla produzione, acquisizione, con-servazione e uso di materiali audiovisivi sulla storia, sulla cultura e sul territorioveneto alla conservazione e utilizzazione della documentazione fotografica e dimateriali a stampa. E, ancora, dalla raccolta e valorizzazione della produzione filmi-ca alla promozione del Veneto come luogo per ambientazioni cinematografiche eaudiovisive, sostenuta da un’attività di Film Commission. Oggi la Mediateca Regio -nale, che raccoglie oltre un migliaio di filmati, frutto di produzioni e coproduzionidella Regione, ma anche un notevole quantitativo di diapositive e fotografie, costi-tuisce un centro di documentazione di grande rilievo per la conservazione dellamemoria storica e per la salvaguardia della storia, delle tradizioni e dell’identità delVeneto: un’opera di promozione e tutela che segue in modo scientificamente rigo -roso il mutamento dell’immagine e della percezione del nostro territorio nella rap-presentazione filmica e fotografica. Anche la fotografia, infatti, ha acquisito un peso importante nell’evoluzione di VillaSettembrini. Nel ricco panorama delle attività della Mediateca, la Fototeca rappre-senta un fondamentale luogo di valorizzazione del patrimonio di fotografia storicaaccumulato dalle diverse realtà della nostra Regione e offre così l’accesso a un patri -monio di straordinaria importanza sul piano storico, artistico e culturale.

Il Premio LetterarioCome accennato in precedenza, all’origine delle attività del Centro mestrino è ilPremio letterario “Arnaldo e Leonilde Settembrini”. Fondato nel 1959, per iniziati-va di Arnaldo Settembrini, con la partecipazione di letterati quali Italo Calvino, AldoPalazzeschi, Diego Valeri e Dino Buzzati, il Premio Settembrini è gestito diretta-mente dalla Regione del Veneto dal 1991, in adempimento delle disposizioni testa-mentarie del suo fondatore. Una manifestazione unica nel suo genere, dedicata al racconto, che ha saputo guadagnare un proprio spazio riconoscibile nell’ambitova riegato delle manifestazioni letterarie nazionali, ottenendo un’ampia risonanza

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e segnalandosi tra le più interessanti occasioni che rientrano nelle attività di promozione culturale della Regione del Veneto. Con la loro costante presenza alconcorso, le principali case editrici italiane testimoniano la vitalità del Premio nelcorso degli anni. Tra i vincitori delle scorse edizioni ricordiamo i nomi di EraldoBaldini, Gianni Celati, Cesare De Marchi, Marco Lodoli ecc. L’edizione 2011 ha vistol’affermazione di Giulio Mozzi, con la raccolta di racconti Sono l’ultimo a scendere (e altre storie credibili), edita da Mondadori, che ha avuto anche il Premio della Giuria Giovani.

Manifestazioni ed eventiIl Centro di Villa Settembrini, oltre ad essere un deposito “materiale” e multime -diale di libri, pellicole e immagini, è stato e continua ad essere anche il teatro dieventi di vario tipo, luogo di incontri, presentazioni, seminari che spesso siinseriscono all’interno delle attività editoriali e culturali che la stessa Regione pro-muove e sviluppa. Per esempio, tra gli eventi collaterali al Premio letterario, sonoorganizzati i cosiddetti “Giovedì Letterari in Villa Settembrini”. Si tratta di una seriedi incontri di presentazione e lettura dei libri selezionati e premiati, proposti con laformula dei concerti in prosa che alterna letture di passi scelti, interventi critici edesecuzione dal vivo di brani musicali, con il coinvolgimento degli studenti dei liceicittadini che collaborano alla formazione della Giuria Giovani. Negli ultimi anni, la Villa ha inoltre ospitato diversi cicli di incontri dedicati all’edi-toria veneta, che hanno avuto il merito di focalizzare l’attenzione sullo stato attualedel mondo editoriale in una realtà come il Veneto e sul cata logo di alcuni dei suoiprincipali attori, presentati attraverso le opere e collane maggiormente significativeo attraverso novità librarie di interesse locale. Questi eventi appena elencati, comealtri, hanno senz’altro contribuito ad arricchire ulteriormente la proposta culturaledel Centro Regionale di Cultura Veneta di Villa Settembrini, confermandone annodopo anno il ruolo di riconosciuto polo culturale per il Veneto.

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“Questo è quel vero cibo dei Bassani. / Rapresentar con vera purità / l’umile, pas-toral semplicità. / Questi è de l’ochio i virtuosi ingani”. Virtuosi inganni dell’occhio:sono queste le parole e le immagini che, siamo poco oltre la metà del XVII secolo, unpersonaggio curioso come Marco Boschieri poteva includere nella sua Carta delnavegar pitoresco, rappresentando icasticamente un’arte, uno stile, un intero modo diraffigurare la realtà all’interno di una tra le più singolari opere della letteraturaveneziana. Si narra, ad esempio, che anche un grande pittore come il bologneseAnnibale Carracci rimase vittima di questi stessi “virtuosi inganni” ottici, allorché invisita allo studio di Jacopo tentò vanamente di afferrare un libro che invece era dovu-to proprio ed unicamente alla perizia artistica del bassanese. “Contadini, animali,natura in genere, abbondano in queste pitture e il loro successo ha dato origine aduna illimitata progenie”, noterà ancora, molto più avanti, lo studioso W.R. Rearick,nella voce del Dizionario biografico degli italiani dedicata all’artista. E tuttavia questibrevi accenni, da epoche diverse, non sono ovviamente sufficienti a compendiare edescrivere obiettivamente la parabola di Jacopo Dal Ponte, meglio conosciuto comeJacopo Bassano (1510?-1592): una vicenda biografica che, pur condita da aneddotigustosi e da incontri significativi, come quelli appena ricordati, si inscrive a pienotitolo nella grande epopea della pittura veneta, quella di Tiziano, Bellini, Veronese,Tintoretto ecc. Cinquecento anni sono ormai trascorsi dalla nascita di JacopoBassano e la sua figura è ora posta al centro di un lungo periodo di celebrazioni, des-tinato a coprire l’arco di un triennio, dal marzo 2010 fino al 2012. La città natale di Jacopo, la bella Bassano del Grappa, luogo riprodotto su varie telee in cui ebbe modo di operare la bottega del “capostipite di una dinastia di pittori cheper oltre un secolo dominarono la scena artistica”, ha promosso d’intesa con laRegione del Veneto questo fitto calendario di manifestazioni e di incontri pensatoper omaggiare il suo illustre figlio. Un programma importante, che si è aperto conla mostra “Jacopo Bassano e lo stupendo inganno dell’occhio”, curata dagli studiosiAlessandro Ballarin e Giuliana Ericani, e ospitata dal Museo Civico bassanese (6 marzo - 15 giugno 2010), ma che in realtà vuole toccare ed esplorare tutti gli aspet-ti relativi alla memoria dell’artista, dagli esordi fino alla fase conclusiva della suacomplessa produzione, svolta già in collaborazione con i figli. Il Comitato regionaleper le celebrazioni, presieduto dal sindaco di Bassano e istituito dalla Regione delVeneto con DGR n. 284 del 16.02.2010, risulta invece così composto: Stefano Cimatti(presidente), Alessandro Ballarin, Giuliana Ericani, Augusto Gentili, Fabrizio Magani,Paola Marini, Giuseppe Pan, Giorgio Pegoraro, Vittoria Romani, Maria Teresa DeGre gorio, Claudio Meggiolar, Carlo Alberto Tesserin, Gustavo Franchetto.Ritornando alla mostra appena citata, “Jacopo Bassano e lo stupendo inganno del-l’occhio”, si è affermato nel presentarla che Jacopo “è riuscito a coniugare gli influs-si della scena artistica lagunare anche con nuove tendenze legate al manierismoprovenienti dalla Toscana, differenziandosi in tal modo da grandi artisti qualiTiziano, Tintoretto e Veronese”. Mediatore tra correnti e influssi diversificati, dun-que, ma anche sperimentatore, deciso innovatore, spirito originalmente creativo,Jacopo sceglie di virare in seguito verso una stagione di sperimentalismo caratteriz-zato da “un uso aggressivo della luce da dove prendono il via anche le celebri com-posizioni naturalistiche di soggetto biblico-pastorale che avranno tanto successo sulmercato. Nei decenni successivi si fa strada una pittura spezzata e vibrante che vedein Bassano un precursore della pittura di tocco del Seicento non solo veneto, maeuropeo. I suoi dipinti emanano una fisicità inaudita, una puntualità estrema nel raf-figurare la realtà al punto tale che un tappeto, un trombettiere o un cane sembranouscire dalla tela e prendere vita”. Ancora una volta, in primo piano, la fisicità, la con-cretezza materica della realtà e della vita. L’eredità di Jacopo e della sua scuola rimaneuna eredità viva, patrimonio di assoluta rilevanza europea e internazionale. Nelle saledel Museo Civico sono state esposte, insieme alle ventidue opere dell’artista già con-servate nella medesima sede, una serie di quindici dipinti e un disegno provenientida Londra, Parigi, Budapest, Berlino, Houston, l’Avana, tra i quali il Riposo durante lafuga in Egitto (1547 ca), proveniente dalla Pinacoteca Ambrosiana e La cacciata deimercanti dal Tempio (1535 ca), giunto in Italia da una collezione privata londinese, oancora, dal Louvre parigino, i Due bracchi legati al tronco di un albero (1549 ca).

jacopo bassano:

la sua pittura

e i “virtuosi” inganni

dell’occhio

Le celebrazioniper il cinquecentenario della nascita (1510? - 1592)di un protagonista dell’arte veneta

Angelo TabaroSegretario regionale per la CulturaRegione del Veneto

Jacopo Bassano, Fuga in Egitto, 1534Bassano del Grappa, Museo Civico

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Jacopo Bassano, San Giovanni Battista nel deserto, 1558Bassano del Grappa, Museo Civico (a sinistra in alto)

Jacopo Bassano, Annunzio ai pastori, ca 1560Grantham, Belvoir Castle, collezione del duca di Rutland (a destra in alto)

Jacopo Bassano, Adorazione dei pastori con i santi Vittore e Corona detta il Presepe di san Giuseppe, 1568Bassano del Grappa, Museo Civico (a sinistra in basso)

Jacopo Bassano, San Girolamo in meditazione, ca 1563Venezia, Gallerie dell’Accademia (a destra in basso)

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Il successo di Jacopo costituisce anche un capitolo essenziale della storia della sua città,che nel Cinquecento diviene uno dei centri più attivi dell’arte veneta. Giunto al termineil momento espositivo inaugurale della primavera 2010, le celebrazioni si arricchis-cono di nuovi eventi. Nel mese di dicembre 2010, un’esposizione realizzata con laSoprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici per le province diVerona, Rovigo e Vicenza, “I Bassano ai raggi X”, ha avuto modo di presentare il“dietro le quinte” originale dello studio e dell’analisi delle opere d’arte, un approcciooggi condotto attraverso l’ausilio scientifico di moderne tecnologie, che consentono dieffettuare esami non invasivi su supporti, pigmenti, segni grafici e, nel caso specifico,hanno fatto compiere alla critica specializzata reali progressi nella distinzione dell’au-tografia tra Jacopo e i figli Francesco e Leandro. Le celebrazioni si concluderannosoltanto nel 2012-2013, con un nuovo grande evento espositivo (che speriamo non trovilimitazioni eccessive dalla particolare contingenza economica che interessa il nostroPaese e non solo) dedicato questa volta all’ultimo periodo di Jacopo Bassano, al rap-porto maturo con i figli, alla scuola da lui creata e all’eredità artistica complessiva dellafamiglia, un percorso inedito concepito come ideale prosecuzione della mostra mono-grafica che venne allestita nel 1992 dal Museo Civico di Bassano, coadiuvato dalKimbell Museum di Fort Worth. La nuova iniziativa, intitolata “Jacopo Bassano, i figli,la scuola, l’eredità” (Bassano del Grappa, Museo Civico, 7 dicembre 2012 - 5 aprile2013), esporrà e indagherà l’attività finale di Jacopo, secondo un progetto scientificoche prende avvio dagli studi di Alessandro Ballarin e W.R. Rearick. La collaborazionedi Jacopo con Francesco e Leandro, a partire dalla metà del settimo decennio delCinquecento, segnata da alcune opere firmate congiuntamente, è decisiva per riuscirea penetrare quelli che saranno gli itinerari intrapresi dai più giovani Bassano a Venezia,ambiente umano e artistico in cui sapranno inserirsi entrambi proficuamente, met-tendo a frutto le proprie capacità e la lezione paterna. I Bassano hanno finito per incar-nare nel mondo del collezionismo, dal tardo Cinquecento fino al Settecento, “un parti-colare filone museografico, che ha dato il nome, a Vienna come a Versailles, ai grandisaloni che ospitavano le loro opere. Il filone del collezionismo europeo dei Bassano rap-presenta uno dei temi affrontati dalla mostra e consente un'apertura sul fenomenodella scuola, che ebbe, con alterne vicende qualitativa, ampia diffusione in Europa finoall’avanzato Seicento”. In questo modo le “differenti tematiche affrontate costruisconouna mostra complessa, che dovrà prevedere circa 150 dipinti e 50 disegni, provenientida collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Sono almeno venti le grandicollezioni museali che possiedono opere importanti dei Bassano e che saranno coin-volte per ottenere, nella mostra, una visione complessiva esauriente”.Tra le altre rilevanti opportunità di conoscenza, di ricerca e di valorizzazione diquesto ricco patrimonio culturale, comprese nel programma articolato del triennio2010-2012 e così strettamente connesse all’identità del territorio veneto, sono anco-ra da menzionare la pubblicazione del catalogo della sezione permanente del MuseoCivico di Bassano del Grappa, dedicata a Jacopo Bassano e ai bassaneschi, con il rel-ativo aggiornamento didattico e multimediale; una rappresentazione teatrale ispira-ta alla vita dell’artista, prodotta da Operaestate Festival, e la parallela realizzazione diitinerari tematici in città e nel circondario; il convegno interna zionale “JacopoBassano, i figli, la scuola, l’eredità” (Bassano del Grappa, Museo Biblio teca Archi-vio, Sala Chilesotti, 30 marzo - 1 aprile 2011), incentrato sull’opera dell’artista e sul“dialo go” rinvenibile con la successiva produzione pittorica dei figli. Il convegnoaffronta vari aspetti attributivi, iconologici, tecnici, collezionistici, grazie alla direttapartecipazione di studiosi, conservatori, direttori di museo di livello internazionale.Infine, nella prima parte del 2011, Bassano del Grappa ospita anche un programmadi mostre e manifestazioni di arte contemporanea, parentesi durante la quale unaserie di artisti di differente estrazione e “credo” estetico rileggono l’opera e la figuradi Jacopo Bassano, servendosi degli strumenti e delle risorse del linguaggio con-temporaneo. Nell’insieme, come si è visto, un impegno pianificato e prolungato,anche per la Regione del Veneto, tre anni di intensa attività, di celebrazione e digiusta riflessione, di analisi e indagine critica affiancate a momenti più divulgativi,tappe singole che consentiranno di accedere all’universo insieme “virtuoso” e fasci-nosamente mimetico di Jacopo e alla storia della sua nobile città.

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Frontespizio del Journal des Savants, pubblicato a Parigi nel gennaio 1665

Ritratto di Apostolo Zeno (Venezia, 1668-1750),poeta, librettista, giornalista e letterato.Fu tra i fondatori – insieme al fratello Pier CaterinoZeno, Scipione Maffei e Antonio Vallisneri –del Giornale de’ letterati d’Italia

Frontespizio del primo tomo del Giornale de’ letteratid’Italia, fondato a Venezia nel 1710

Ritratto di Antonio Vallisneri (Trassilico 1661-Padova 1730), medico, scienziato, naturalista e biologo. Studiò a Bologna, Venezia, Padova e Parma e ottenne la cattedra straordinaria di Medicina Pratica (1700) e poi quella di MedicinaTeorica (1709) all’Università di Padova

Frontespizio del XXVI tomo del Giornale de’ letteratid’Italia, Venezia 1716

Ritratto di Scipione Maffei (Verona, 1675-1755), storico, drammaturgo ed erudito. Contribuì, con Muratori, al passaggio dall’età degli eruditi a quella dei riformatori

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I primi esempi di stampa periodica a carattere non informativo compaiono intornoalla metà del Seicento: si tratta soprattutto di pubblicazioni a carattere letterario, cul-turale o scientifico. Un esempio è dato dal settimanale Journal des Savants, pubbli-cato a Parigi nel gennaio 1665. Solo più tardi la formula del giornale letterario sarà importata con successo anche inItalia. Nei primi mesi del 1710, dopo quasi due anni di laboriosa gestazione, vienepubblicato a Venezia il primo fascicolo del “Giornale de’ letterati d’Italia”: il perio-dico veneziano, che avrebbe rappresentato un significativo punto di svolta nella sto-ria del giornalismo veneto e italiano, fu ben presto in grado di raccogliere un vastoconsenso tra il pubblico – ancora molto ristretto ed elitario – dei lettori dell’epoca eriuscì ad abbracciare con le sue uscite un arco di tempo di trent’anni, nella primametà del cosiddetto “secolo dei lumi”, lasciando un’impronta duratura e importan-te. Con una formula innovativa nel panorama italiano, che risentiva certamente delnuovo clima intellettuale e delle idee che provenivano d’Oltralpe, il “Giornale” vene-ziano sarebbe stato infatti edito con cadenza trimestrale fino al 1724 e poi, in modopiù discontinuo, fino al 1740. I tre promotori dell’impresa giornalistica, che nasce e si sviluppa in una delle capi-tali dell’editoria italiana, erano figure di spicco dell’intellighenzia veneta coeva: ilveneziano Apostolo Zeno, librettista e animatore di iniziative culturali, il padovanoAntonio Vallisneri, scienzato illustre, e il nobile erudito scaligero Scipione Maffei.Perché un giornale letterario, allora? I tre promotori condividevano anzitutto il pro-posito di creare un nuovo strumento di informazione bibliografica e culturale per ilpubblico italiano, un “Giornale” in cui poter presentare e discutere una serie di“estratti” o recensioni, diremmo noi, delle più significative novità librarie europee,dalla letteratura all’arte, dalla storia alla filosofia e alle scienze. Proprio questa ispi-razione comune e questa capacità di intuire e di rappresentare con rigore e convin-zione le esigenze di radicale cambiamento, che animavano nel profondo la culturaeuropea settecentesca, saranno l’elemento di fondo che consentirà al periodico vene-ziano di occupare una posizione pionieristica e “d’avanguardia” nel dibattito cultu-rale e scientifico dell’Italia nella prima metà del XVIII secolo. A trecento anni di distanza dalla pubblicazione di quello storico primo fascicolo, laRegione del Veneto ha istituito un Comitato per le celebrazioni del terzo centenariodella fondazione del “Giornale de’ letterati d’Italia”, al fine di rievocare questa gran-de esperienza culturale con una iniziativa specifica e con la partecipazione degli ate-nei veneti. Al Comitato regionale hanno preso parte Cesare De Michelis, BrendanDooley, Mario Infelise, Gilberto Pizzamiglio, Piermario Vescovo, Corrado Viola,Arianna Lazzarini, Carlo Alberto Tesserin, Gustavo Franchetto e Maria Teresa DeGregorio. Le celebrazioni sono state anticipate da una conferenza stampa che si ètenuta al Palazzo del Bo a Padova il 7 ottobre 2010 e che ha visto la presenza diGiuseppe Zaccaria, rettore dell’Ateneo patavino, di Cesare De Michelis, nella suaveste di presidente del Comitato regionale e di Maria Teresa De Gregorio, quale diri-gente regionale per le Attività culturali e spettacolo. Nell’occasione è stata offerta in omaggio ai giornalisti una copia dell’Introduzione al“Giornale” di Scipione Maffei, recentemente ristampata da Marsilio, a cura diFrancesca Brunetti e con un saggio dello stesso Cesare De Michelis, opera che vieneriproposta proprio in concomitanza con il terzo centenario della fondazione delperiodico. Quale migliore opportunità di riandare alla scoperta delle originarie moti-vazioni e del retroterra culturale che avevano animato questa impresa giornalisticae ne avevano fin dall’inizio caratterizzato il profilo innovativo nel panorama ita-liano? Scipione Maffei, grande erudito e autore di questa efficace Introduzione al“Giornale”, fornisce una accurata ricostruzione storica e comparativa della situazio-ne della stampa periodica italiana ed europea, che prende in esame anche i fermen-ti e le novità del mondo protestante. L’aspirazione del nuovo “Giornale” sarà dunque quella di riuscire a colmare unvuoto, cioè di ovviare alla relativa assenza dell’Italia dal circuito europeo della“Repubblica delle lettere”, cercando di rilanciare il ruolo di una cultura veneta e ita-liana che era ormai misconosciuta da larga parte dei lettori ultramontani e identifi-cata per lo più con le ultime stanche evoluzioni del gusto barocco. La rivista si pre-

il giornale

de’ letterati d’italia

trecento anni dopo:

scienza, storia, arte,

identità

Una rivoluzine “cartacea” nel Veneto del Settecento

Maria Teresa De GregorioDirigente regionale Direzione Attività Culturali e SpettacoloRegione del Veneto

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senta quindi “come voce e strumento per l’informazione letteraria italiana, gravatadalla lentezza dei contatti fra le diverse realtà della penisola e dalle difficoltà dei let-terati a dedicarsi interamente agli studi”. Le celebrazioni per il terzo centenario della fondazione del periodico sono poi cul-minate in un ampio convegno di respiro internazionale. “Il Giornale de’ Letteratid’Italia trecento anni dopo: scienza, storia, arte, identità” è infatti il titolo del conve-gno che si è svolto tra Padova, Venezia e Verona nei giorni 17-18-19 novembre 2010,e che ha visto la partecipazione di un nutrito numero di relatori provenientidall’Italia, dalla Francia e dalla Germania. Il programma di questo articolato evento,organizzato – come si è detto – dall’apposito Comitato promosso dalla Regione delVeneto, è stato definito e realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Ita-lia nistica dell’Università di Padova, con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e conl’Università di Verona. Le diverse sezioni in cui è stato suddiviso questo appunta-mento hanno dato modo ai vari interventi di scandagliare in profondità la valenzaideologica del “Giornale” e il suo ruolo nella cultura veneta, italiana ed europea delXVIII secolo, approfondendo temi e questioni rilevanti come il rapporto dei pro-motori della rivista con gli intellettuali europei, la diffusione del periodico nelle differenti aree geografiche, il suo impatto negli ambienti universitari, le traccelasciate nei carteggi e nelle discussioni accademiche dell’epoca, gli spunti filosoficie quelli “libertini”, lo spazio dedicato alle scoperte della scienza, le biografie di al-cuni “giornalisti” ecc. La collaborazione dell’ente regionale e delle università venete rappresenta forse ilmigliore suggello per un programma che si è proposto di collegare la novità effetti-va costituita dal “Giornale de’ letterati” al contesto europeo e alla vivace stagione dirinnovamento culturale e scientifico inaugurata dal Settecento “dei lumi”.

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Ludovico Stern,Ritratto di Franz Ludwig

von Ertal, 1753Monaco,

Staatliche Museen

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Ercole Procaccini il Giovane, Flora,

1625-1630 caBergamo,

Accademia Carrara

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63recensioni e segnalazioni

lingua - tradizioni

GIOVANNI BATTISTA ROSSI, Vocabolario deidialetti ladini e ladino-veneti dell’Agordino.Lessico di Cencenighe, San Tomaso, Vallada,Canale d’Agordo, Falcade, Taibon, Agordo, LaValle, Voltago, Frassenè, Rivamonte, Gosaldo.Con note etnografico-demologiche, prefazionedi G.B. Pellegrini, Belluno, Istituto Bellune-se di Ricerche Sociali e Culturali, 2008 , 8°,pp. 1276, ill., e 60,00.

Si tratta della seconda edizione, a sedicianni dalla prima, di questo importante vo-cabolario che documenta una realtà lingui-stica, quella agordina, estremamente inte-ressante per la sua complessità e per il suoruolo tra i dialetti veneti. Vengono, infatti,qui raccolti i lemmi del dialetto parlato aCencenighe, San Tomaso, Vallada, Canaled’Agordo, Falcade, Taibon, Agordo, La Val-le, Voltago, Frassenè, Rivamonte, Gosaldo,quell’area che si situa tra Agordo e il passodi San Pellegrino lungo il corso del Biois.La lingua presenta forme ladine e ladino-ve-nete, anche se tra le due varietà linguistichenon è possibile compiere una distinzionenetta. In buona parte si ha a che fare conlemmi arcaici e progressivamente semprepiù desueti a causa dell’impatto sempremaggiore di due fenomeni linguistici paral-leli, la venetizzazione e l’italianizzazionedei parlanti. La coscienza di questa situa-zione ha guidato e in parte condizionato illavoro del curatore dell’opera e dei suoi col-laboratori, perché nei centri maggiori, neiquali l’influsso del processo che abbiamoappena indicato si fa sentire in modo più ri-levante, assai più difficoltosa e meno profi-cua è stata la raccolta del materiale lingui-stico. Ciò si è verificato soprattutto ad Agor-do, il centro più grande dell’area esaminata.E Rossi con molta chiarezza nella Premessaammette che l’opera “può considerarsi so-prattutto un dizionario del dialetto di Ce.[Cencenighe], dove è stato possibile fareuna ricerca più vasta e approfondita”. Tut-tavia i limiti imposti da una situazione sto-rica in rapida evoluzione, che muta pro-gressivamente anche il dato linguistico,non ha limitato il valore scientifico e docu-mentaristico del dizionario: infatti nella

Premessa Pellegrini osserva che “la ricchez-za lessicale che viene registrata nell’opera diRossi è veramente straordinaria ed essa co-stituirà una fonte rinnovata anche per glistudi etimologici” grazie alla registrazionedi varianti o di nuovi lessemi.Rossi, nei casi più rilevanti, accompagna laregistrazione di un lemma anche con mi-nuscoli racconti, tradotti in un chiaro italia-no, che documentano l’uso della parola nelsuo contesto. Cito un esempio scelto un po’a caso: per il lemma féda, pecora, viene ri-portato una narrazione il cui inizio è: “Kan-de ke i sas de Agrumiér i se netéa (da la néf)e skomen en in de vert, i gordéa ‘n su laféde” (“Quando la neve si scioglieva in loca-lità Sas de Agrumiér e cominciava a verdeg-giare, accompagnavo le pecore lassù”). Incasi come questi siamo al di là della sempli-ce voce di vocabolario: qui abbiamo una pic-cola, ma estremamente significativa fine-stra su una civiltà con la sua visione dellarealtà, i suoi orizzonti paesaggistici e mate-riali e, non da ultimo, con una sua lingua econ le sue specifiche modalità d’uso. In unaparola con la sua cultura. I dialetti agordini derivano da una realtàagricolo-montana e afferiscono a un mondomateriale in buona parte perduto. Pertantoil materiale fotografico e i disegni che costi-tuiscono l’appendice del vocabolario hannoun grande valore esplicativo perché si riferi-scono a oggetti spesso del tutto desueti, cheil lettore comune ha difficoltà anche solo aimmaginare. Non mera appendice, dun-que, ma uno strumento necessario affinchéi lemmi, o almeno parte di essi, si riprenda-no la loro propria consistenza connotativa. | Mirco Zago |

LUIGI NARDO, Dizionario Italiano-Veneto. Asercar parole, Padova, Editoriale Program-ma, 2009, 8°, pp. 1176, e 39,00.

L’interesse per il dialetto ha sempre avutol’andamento dei fiumi carsici, con lunghiperiodi di latenza e altri di vivace ripresafino alla recente proposta di riconoscerlocome lingua e insegnarlo nelle scuole. Se

per molti l’interesse è stato intermittente,in Luigi Nardo la passione per il dialetto ve-neto è continuata immutabile dal 1980,quando collaborava alla rubrica domenicale“El cantòn dee ciàcoe”, e ha alimentato unaricchissima produzione letteraria: gli artico-li tocheti pubblicati su “il Mattino di Pado-va”, il mensile “Quatro ciàcoe” e 14 volu-metti tra cui A ciascuno il suo. Duemila epi-teti veneti (1992), Dizionarietto Portellato(1993), El Padovan. Dizionario del padovanocittadino (2001), Gramatica veneta problema-tica. In dialetto (2001), Parole venete. Sinoni-mi e contrari (2004). Significative sono an-che le raccolte Adio bisi! Divagazioni suimodi di dire veneti (1993), Bote da orbi. Cata-logo ragionato delle botte venete (1994), Bastaea salute. Erbe, diete, proverbi, cure pratiche eSanti da invocare (1995), Me compare Giaco-meto. Canti, conte e cantilene... (2001).Il lungo amore di Luigi Nardo per il dialet-to trova ora la sua più alta testimonianza nelDizionario Italiano-Veneto. A sercar paroleche ha richiesto venticinque anni di prepa-razione e raccoglie più di 20.000 vocaboli,oltre a modi di dire e proverbi che rievoca-no il mondo di ieri. L’autore traduce dall’i-taliano, come è ormai inevitabile perché,come scrisse Manlio Cortelazzo, oggi non cisi rivolge più “a quei pochi che conosconosolo il dialetto e ambiscono a impadronirsidella lingua italiana... ma a coloro che sicu-ri (o quasi) di questa, vogliono capire unaparlata ancora viva e talvolta vitale...”. L’ini-ziativa ha dei precedenti: nel 1796 France-sco Patriarchi nel Vocabolario Veneziano ePadovano con un Indice delle parole Toscaneaffrontate colle nostre, nel 1856 GiuseppeBoerio nel Dizionario del dialetto venezianocon un Indice italiano-veneto, nel Novecentol’appendice di Eugenio Candiago per il dia-letto vicentino e i vocabolari Italiano-Am-pezzano di Enzo Croatto e quello Italiano-Ladino di Selva di Cadore. Luigi Nardo con la traduzione del vocabola-rio Zingarelli in “tutti (o quasi) i dialetti ve-neti da Belluno e Rovigo...” ha affrontato uncompito enorme con entusiasmo e spiritogiocoso, e insieme con rigore, raccogliendoi termini delle diverse parlate della regione,indicando per ciascuno il luogo di prove-nienza e l’autore che lo usa. Dal confrontoemergono i caratteri del parlare veneto, la

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recensioni e segnalazioni

ricchezza e la vivacità del lessico, dove le pa-role comunicano insieme l’oggetto e le sen-sazioni che l’accompagnano, coinvolgendotutti i sensi, anche quelli di solito trascurati:tatto, olfatto e gusto. Prendiamo ad esem-pio alcuni dei corrispondenti di “fiacco”: ba-soto, fiapo, fòfio, gnanfo, gneco, lòfio, molo desuste, pèpa mola, puìna, sbatùo, straco, stras-so, svodà, trascurà de brodi; di “prepotente”:bardassòn, bulo, comandòn, franciòn, lombar-dòn, paronsòn, sàtrapo, sbraghessòn, sbrega-mandati; di “viscido”: licaisso, limegoso, lì-spio, molegato, molesin, olioso, sbrissoso, smo-lacioso, untisso.I proverbi e i modi di dire riflettono la cul-tura di un mondo che sembrava perduto e torna prepotentemente a vivere con la fa-tica, il coraggio, la furbizia, l’amara saggez-za e la inesauribile fantasia: “A chi no volfar fadighe, el terèn ghe produse ortrighe”,“Co la volpe bisogna volpesar”, “Pansa pas-suda, ànema consolà”, “Val più un a far che sento a comandar”, “Campanòn bono-ra, trista sagra”, “No bisogna lassare ciaparela coa soto la porta”. L’italiano sembra fiac-co e sbiadito, se si paragona, ad esempio“fantasticare” con “filar calìgo (nebbia)”. | Marilia Ciampi Righetti |

SILVANO BELLONI, Grammatica veneta, Pado-va, Esedra, 2009, 8°, pp. 228, e 21,00.

È certamente vero, come scriveva ManlioCortelazzo nella Presentazione dell’edizionedel 1991 (di cui questa nuova edizione man-tiene la sostanza), che grammatiche comequesta, tanto più in assenza di lavori di im-postazione rigorosamente scientifica, costi-tuiscono “preziose fonti” alle quali ricorrereper riconoscere la struttura di un dialetto,ma è altrettanto vero che corrono il rischiodi incappare in alcuni pericolosi equivoci difondo. Un primo equivoco è quello di pen-sare che per controbattere all’accusa mossaai dialetti di non avere una “chiara e defini-tiva codificazione grammaticale, con regoleprecise a cui riferirsi”, si debba rivendicaread essi una presunta superiorità intrinsecasotto altri punti di vista (maggiore espressi-vità, per esempio, o maggiore ricchezza les-sicale). L’autore per lo più evita questo ri-schio, istituendo un parallelo costante tradialetto veneto e italiano e mostrandone si-militudini e differenze. Il parallelo è moltoutile per fornire un punto di riferimentonoto anche a chi, attraverso questo libro, vo-lesse avvicinarsi a una varietà che non gliappartiene; in alcuni casi forse si sarebbepreferito un minor spazio dedicato a que-stioni basilari condivise da entrambe le va-

rietà e un maggiore spazio agli aspetti gram-maticali che caratterizzano il dialetto venetorispetto all’italiano, che spesso sono affron-tati, ma con rapidi cenni, confondendosi tral’altro nella pletora di informazioni menointeressanti. Per esempio più che la distin-zione tra nomi propri e nomi comuni, nomiastratti e nomi collettivi, sarebbe stato piùinteressante approfondire la questione deisoprannomi familiari. O ancora, per rima-nere alla morfologia nominale, nell’elencodei tanti suffissi derivativi con perfetta cor-rispondenza in italiano si perde per esem-pio l’uso di -eta per formare nomi di me-stieri, come el moleta, l’arrotino, colui cheusa la mola (l’autore elenca invece questitermini insieme con i derivati con il suffis-so -eto con valore diminutivo, come caréto).Non si sfugge poi a qualche scivolata enco-miastica del tipo “gli aggettivi qualificativi,nel nostro dialetto, sono moltissimi”, o peg-gio “Questo vecchio documento medievale[si intende l’Indovinello veronese, risalentealla fine dell’VIII o inizio del IX secolo] sta aconfermare che il volgare veneto nacquetanto prima del volgare italiano. Difatti lafamosa ‘carta di Capua’ [il primo dei placiticampani], che i libri di letteratura indicanocome il primo documento del volgare italia-no, fu scritta nel X secolo [...] cioè più diduecento anni dopo”.Un secondo equivoco, cui questo libro in-dulge più facilmente, è che esista il dialettoveneto e non invece i dialetti veneti. L’auto-re, come chiarisce in più occasioni, ha scrit-to una grammatica veneta su base padova-na, basandosi prima di tutto sulla propriacompetenza. Le differenze con le altre va-rietà in alcuni casi vengono esplicitate, inparticolare per quanto riguarda la fonetica ela morfologia verbale, in altri casi si lascia allettore veneto il compito e la possibilità di“confrontare le proprie forme linguistichenotando quelle differenze e sfumature les-sicali e sintattiche che, per libera scelta, nonsono [...] registrate”. | Chiara Schiavon |

GIANLUIGI SECCO, Sulle delizie della Passera &dell’Asparago officinale ovvero Tuti mati paronde semo nati. Il mondo della sessualità nelleespressioni orali della cultura popolare. Prover-bi, indovinelli, modi di dire, blasoni, frottole,racconti, poesie e canti con particolare riferi-mento al Nord-Est ovvero alle Tre Venezie,Istria e zone d’emigrazione, con un saggio in-troduttivo di Emilio Franzina, Belluno, Belu-mat, 2005, 8°, pp. 335, ill., CD allegato, s.i.p.

Come ricorda in apertura di volume lo stes-so autore, Gianluigi Secco, è davvero diffici-

le travisare il titolo di quest’opera: nono -stante le metafore, è chiaro fin da subitoche le pagine a seguire parleranno di ses-sualità. D’altra parte, grazie a quelle stessemetafore è altresì chiaro da quale angola-zione verrà osservato l’argomento. Siamonell’ambito, spiritoso ed esplicito, della ses-sualità popolare e della sua produzione lin-guistica – proverbi, indovinelli, racconti, fi-lastrocche, fino a vere e proprie poesie – at-torno a innamoramento, atto sessuale e re-lativa anatomia. Secco ha raccolto centinaiadi espressioni in dialetto veneto provenien-ti da Triveneto, Istria e vari paesi d’emigra-zione; ben duecentottanta compaiono an-che in formato audio nel CD-rom di file mp3che accompagna la pubblicazione.Il risultato è un gustoso percorso organiz-zato in capitoletti tematici, ridanciani findal titolo – Musica per organo, Goldoni manon Carlo, La donna è bona tutta – nonchében costruiti: i temi trattatati da Secco e i te-sti correlati sono miscelati con buona sceltadi proporzioni. Argomenti più prevedibilicome innamoramento, fertilità, masturba-zione, tradimento, ma anche approfondi-menti, muniti di scorta storiografica, comequello su contraccezione e preservativo. Daun punto di vista linguistico, ma non solo,le sezioni più significative sono quelle dedi-cate agli appellativi riservati agli apparatigenitali, Su alcuni soprannomi di lui e di lei.Decine e decine di espressioni, declinate at-traverso innumerevoli campi metaforici:dalla musica (pìfaro da una parte, campanè-la dall’altra) al regno animale (galèto e gatamora). Un vocabolario ricchissimo, che nonmancherebbe di solleticare anche un esper-to come Roberto Benigni, che ha dato provadi aver pochi rivali in fatto di lessico degliorgani riproduttivi.Forse uno dei maggiori pregi di questo librosta proprio nella capacità di valorizzare, nonsolo in ambito lessicale, lo straordinario apporto che il dialetto dà alla riflessione sulla sessualità, riuscendo, come spiega Sec -co, con la sua immediatezza, a rendere chia-re le situazioni più complesse, in modo ironico e, spesso, imprevedibile; inoltre, aggiungiamo noi, riesce a spiegarci meglioun po’ della nostra natura umana, senza ti-more e preclusioni. Dal bacino dell’espres-sività popolare emerge, infine, un altro da -to: pare totalmente assente quella visionenegativa della sessualità tipica della civiltàoccidentale e della sua morale. In questi te-sti, rinuncia, senso di colpa e tabù vari, ce-dono il passo a un approccio più spensiera-to, benché consapevole, alla sfera sessuale. | Alessandro Pezzin |

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recensioni e segnalazioni

THOMAS PELLEGRINI, Lo slittino da ghiacciobellunese. Ferión - frión - fèrio - ferada - lizét -nizét - jezol - rizét, prefaz. di Marco Perale,Belluno, Istituto bellunese di ricerche socialie culturali, 2009, 8°, pp. 118, ill., e 15,00.

Il ferión, lo slittino da ghiaccio, strumento digioco e di sport un tempo assai diffuso nellevalli bellunesi e oggi perlopiù dimenticato, èal centro di una pubblicazione promossadall’Istituto Bellunese di Ricerche Sociali eCulturali. Il libro, corredato da un ricco ap-parato di foto, raccoglie il frutto di plurien-nali indagini sul campo nei comuni dellaValbelluna (Belluno) di Thomas Pellegrini,che ha catalogato e fotografato gli slittini su-perstiti, “scavato” nella memoria degli abi-tanti e promosso iniziative specifiche perpromuovere la conoscenza di questo stru-mento di gioco presso i bambini delle scuo-le elementari. Lo slittino da ghiaccio, notosoprattutto col nome dialettale di ferión, erauna variante destinata al divertimento deipiù importanti mezzi di trasporto invernaliutilizzati per l’agricoltura. Si trattava di unprodotto di artigianato domestico, realizzatoin casa con legname di scarto. Il legno è sta-to poi via via soppiantato dalla plastica e damateriali più “tecnologici” e la diffusione dialtre forme di divertimento (si pensi allosnowboard) ha finito col relegare i pochiesemplari superstiti in soffitta o nei museietnografici, consentendo di salvarne solo unesiguo numero, in gran parte portato allaluce con questa iniziativa grazie alla fattivacollaborazione degli abitanti della zona.Pellegrini ha catalogato i vari tipi di feriónnelle sue numerose varianti legate alla di-versa dimensione – si va dallo slittino piùpiccolo, feriét o schirata, a quello più grande,lùia –, ne ha descritto i materiali e le tecni-che di costruzione, i metodi e le piste all’e-poca utilizzate, allargando l’orizzonte anchealle tradizioni che ruotano attorno a questostrumento. La ricerca acquista interesse anche per gliaspetti linguistico-dialettologici, dal mo-mento che raccoglie tutte le varianti dialet-tali con cui lo slittino da ghiaccio era deno-minato nelle varie comunità (accanto al ter-mine più noto ferión sono attestati frió, fèrio,ferada, lizét, nizét, jezol e rizét) e cataloga i di-versi nomi dialettali delle sue componenti (i pattini, i montanti, le traverse, il sedile) eil lessico connesso. Il volume propone le fotografie degli oltre110 slittini schedati, che risalgono a vari pe-riodo del Novecento, con una concentrazio-ne di esemplari collocabili tra gli anni Ven-ti e Cinquanta, ma con esempi databili aiprimi anni del secolo e ad anni più recenti. | Matteo Viale |

Contastorie. Antologia di testi narrativi popo-lari veneti, a cura di Luciano Morbiato, conun saggio di Manlio Cortelazzo e una lectu-ra fabulae di Lorenzo Renzi, Padova, Cleup,2009, 8°, pp. 316, ill., e 18,00.

Già Italo Calvino nella sua importantissimaraccolta Fiabe italiane del 1956, che colmò ilritardo italiano più che secolare rispetto adaltre culture europee, prima fra tutte quellatedesca, aveva dato uno spazio significativoalle fiabe dell’area veneta. Da allora si sonosucceduti vari lavori di raccolta e analisi del-le fiabe e di altri racconti popolari veneti,che trovano ora una loro sintesi in questaantologia curata da Luciano Morbiato, chenel 2004 aveva organizzato a Padova unconvegno internazionale proprio sulla fia-ba. La presente antologia ha una strutturaarticolata: non si limita a presentare unarassegna abbastanza ampia di fiabe venete(venti, se si contano anche quelle analizzateda Manlio Cortelazzo e Lorenzo Renzi), male fa, per così dire, dialogare con fiabe dellatradizione italiana e con alcune che appar-tengono all’area mediterranea e orientale,che il curatore ha scelto per la loro varietà,oltre che naturalmente per il loro valorespecifico.Di grande interesse è il saggio introduttivodello stesso Morbiato (Una versione venetadell’anarchia naturale), che fornisce, insie-me a un apparato didattico di nozioni fon-damentali sulla struttura delle fiabe e sullastoria degli studi folklorici specialistici, an-che non pochi spunti di riflessione sul valo-re del racconto popolare nel nostro tempo,in cui sembra che questo tipo di narrazionesia scomparso o almeno che si sia eclissatala sua funzione didattica. Di questo intrec-cio metodologico è testimone un breve rac-conto che lo stesso curatore ha voluto pro-porre come viatico al lettore, un racconto sucome si ascoltavano le storie ancora nonmolti anni fa nelle campagne venete, in cucine umide per i vapori che si alzavanomentre le donne erano intente ai lavori do-mestici. Dopo la definizione della naturanarrativa della fiaba e la delimitazione del-l’ambito specifico di quella veneta, una do-manda non può essere elusa: “Quali sono lestorie, i narratori e i modi della narrazioneche ne [cioè delle fiabe] hanno preso il po-sto?”. I luoghi in cui le fiabe prendevanovita con la voce del narratore popolare sem-brano essere ormai definitivamente scom-parsi. In area veneta questo è stato il desti-no del filò che si teneva nelle stalle e che èpurtroppo morto, stando anche all’autore-vole testimonianza di Andrea Zanzotto, cheal filò ha dedicato nel 1976 un poemetto inveneto. Ma Morbiato non sembra credere aquesta sentenza definitiva perché l’immagi-nario popolare ha trovato altri luoghi, ben-

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ché del tutto diversi, in cui manifestarsi,come il cinema e, in tempi più recenti, la te-levisione: “nel chiuso della sala dagli afroricome di stalla o all’aperto nel cortile albera-to e ventilato del cinema estivo, il filò conti-nua finché si trasferisce, alla fine degli anni’50, nelle poche case con il televisore tro-neggiante nel tinello”. E Morbiato sembraquasi voler vedere una continuazione ono-mastica di filò nell’attuale termine tol-sció,deformazione dialettale di talk-show. Ogni fiaba è preceduta da una breve pre-sentazione che, oltre a indicare i tipi dellaclassificazione Aarne-Thompson e la raccol-ta da cui proviene, delinea i caratteri cultu-rali e folklorici che la caratterizzano; il testoè sempre nella lingua del narratore, cui se-gue una traduzione in italiano. Un certo nu-mero di fiabe qui scelte provengono dallacosiddetta “Raccolta Righi”, che si è costi-tuita alla fine dell’Ottocento grazie alla vo-lontà di Ettore Scipioni Righi (1833-1894),che fece trascrivere dai suoi dipendenti tut-te le fiabe che sentivano raccontare nell’areadella Valpolicella: si tratta, come ben si puòcomprendere, di un documento prezioso per ogni ricerca di questo tipo in area veneta.| Mirco Zago |

AQUILES BERNARDI (fra’ Paulino de Caxias),Vita e stória de Nanetto Pipetta nassuo in Ita-lia e vegnudo in Mérica per catare la cucagna,testo originale in veneto-brasiliano, tradu-zione italiana di Antonio Martellini, a curadi Fiorenzo Toso, Recco (GE), Le Mani -Udine, Università degli Studi di Udine -Centro Internazionale sul Plurilinguismo,2008, 8°, pp. 263, e 20,00.

Il volume propone, per la prima volta inun’edizione pubblicata in Italia, una dellepiù note testimonianze della colonizzazio-ne italiana del Brasile, caratterizzata da unaforte presenza veneta, Vita e stória de Nanet-to Pipetta nassuo in Italia e vegnudo in Méri-ca per catare la cucagna, primo e più famosoesempio di una serie di testi creati e diffusitra i coloni italiani in Brasile. Scritto daAquiles Bernardi, nome sotto cui si cela ilfrate cappuccino fra’ Paulino de Caxias,nato in Brasile da una famiglia di coloni ori-ginari di Pieve di Soligo, il romanzo appar-ve a puntate tra il 1924 e il 1925 nella “Staf-fetta Riograndense”, molto diffusa tra la co-munità italiana. Nel 1925 si festeggiò il cin-quantenario dell’immigrazione italiana aRio Grande do Sul, lo stato brasiliano in cuisi concentravano decine di migliaia di ita-liani, veneti soprattutto, arrivati tra la se-conda metà dell’Ottocento e l’inizio del No-

vecento e le cui vicende la narrazione vuolein un certo senso celebrare.La storia narra le vicende picaresche di ungiovanissimo immigrato italiano in terrabrasiliana ed è anche testimonianza di unavisione della società indigena non priva diforzature e pregiudizi razziali, da ricondur-re tuttavia al periodo storico e al difficilecontesto sociale in cui si è formata. Di grande interesse gli aspetti linguistici,dal momento che il testo è un esempio delcosiddetto talian (o veneto-brasiliano), lalingua degli immigrati veneti in Brasile, ca-ratterizzato da una base di dialetto venetoormai privo di connotazioni locali forti, ve-neto di koiné con tratti riconoscibili del tre-vigiano, vicentino e bellunese, ma aperto alprestito di numerose parole del portoghesee di altre parlate italiane con cui gli emigra-ti veneti in Brasile entravano in contatto. Sitratta di una lingua che dall’espressioneorale in cui nacque si trasferì alla scrittura,dando vita a un’ampia letteratura di cuiquesto romanzo è solo il capostipite e l’e-sempio più fortunato, come mostra la nu-trita serie di edizioni in volume che segui-rono la prima pubblicazione in rivista. Il testo in lingua originale del romanzo èpreceduto dalla presentazione di Carla Mar-cato, direttrice del Centro Internazionalesul Plurilinguismo dell’Università di Udi-ne, e da un’ampia prefazione di FiorenzoToso, che introduce alla lettura dell’opera,al contesto culturale in cui è nata e inquadrain modo esaustivo dal punto di vista socio-linguistico la particolare lingua in cui il ro-manzo è scritto, Il testo in veneto-brasiliano è basato sull’e-dizione proposta nel 1988 dalla Escola Su-perior de Teologia Sao Lourenço de Brindesdi Caxias do Sul in coedizione con la Uni-versidade de Caxias do Sul, che a sua voltaripropone il testo del 1956 ripreso dallostesso autore per dare uniformità graficaalla lingua e che annette interpolazioni ope-ra di altri cappuccini. Opportuna la scelta difar seguire il testo originale dalla traduzio-ne in italiano di Antonio Martellini, cheagevola la lettura e la comprensione del te-sto anche a quanti non hanno familiaritàcon il talian.La pubblicazione è anche occasione percommemorare Giovanni Meo Zilio (1924-2006), studioso che grandi sforzi ha dedi-cato al Veneto in Brasile e di cui VincenzoOrioles, direttore del Centro Internazionalesul Plurilinguismo fino al 2004, traccia unricordo in questo volume dedicato alla suamemoria. | Matteo Viale |

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LUCIANO MENETTO, La grande laguna da Ve-nezia al Quarnero. Storie e ricette delle isole diSan Marco, Venezia, Supernova, 2009, 8°,pp. 63, e 10,00.

È una collana di svelta e insieme intensa cu-riosità culturale quella diretta da GiovanniDistefano e Letizia Lanza, collana minima-lista viene definita, dedicata “alla Città (siintende Venezia) e alle sue tante voci”. Unadi queste voci arriva da quella che l’autorechiama la Grande Laguna, che unisce Vene-zia, Trieste, Pola, Fiume, l’Istria e le isoledel Quarnero, le Assirtidi. Una Grande Laguna popolata da sempre dagenti diverse, ma unite da una comune ma-trice culturale che supera le nazionalità.Come scrive Menetto, da venticinque annipresente sulla scena culturale venezianacon testi anche poetici, e commedie, chehanno lasciato traccia alle Università diGrenoble e Lione e presso l’Istituto di Cul-tura italiano di Washington, nella sua viva,colta e appassionata introduzione. “Uominie donne che vengono dal mare e dall’inter-no e che comunicano con la stessa anticalingua da mar, l’istroveneto, che chiamano iventi con lo stesso nome, che cucinano nel-lo stesso modo le stesse pietanze”.Interventi che via via si raccolgono in unaserie di intensi capitoli che riguardano an-che vicende geograficamente vissute dal-l’autore, tanto varie ma legate da un unicofilo di conoscenza che è quello non sotter-raneo del cibo e che spaziano nel tempo. Siincrociano in saporosi incontri con figuredel passato, emblematiche come quella delDoge Andrea Gritti alle prese, nella calda cu-cina al ritorno da un gelido viaggio, con unpiatto di fumanti croccanti, morbidi bisati(anguille), o quelle di Giacomo Casanova, diErnest Hemingway. Fino ai giorni nostri. Siveda l’affettuoso ritratto “marinaro” del dise-gnatore di Malamocco Lele Vianello.Il cibo comune tra la gente della Grande La-guna, piatti di inconfondibile tradizionalesapore, diventa uno degli essenziali prota-gonisti. Ricette che sono “siparietti” tra i ca-pitoli. “Sono convinto – scrive Menetto par-lando di cultura che unisce le genti – cheper molti veneti e veneziani di terrafermasarebbe un problema preparare del pesce insaor, quello che invece nella Grande Lagunaè un piatto di casa”. Da sempre.Così incontriamo con le sarde in saor, il bi-sato in tecia, il risoto de go, le uova con aspa-ragi selvatici e via via, per citare, i risi e bisi,il baccalà mantecato, i bigoli in salsa, le sepein nero, la spienza, le canoce, gli spaghettialla busara. Alcuni dei tanti piatti ancoraserviti, al tavolo o al banco, in osterie degnedi chiamarsi tali. | Piero Zanotto |

MARIA ATTILIA FABBRI DALL’OGLIO, Pranzi ecibi golosi in convento. Diario di un anonimocappellano sulla cucina, gli usi e i costumi con-ventuali nella Venezia della seconda metà delSettecento, consulenza iconografica a cura diMaria Attilia Fabbri Dall’Oglio, con la colla-borazione e la partecipazione particolare diLaura Ghittino Courir, Venezia, AccademiaItaliana della Cucina - Delegazione di VeneziaSerenissima, 2009, 8°, pp. 230, ill., s.i.p.

Colombini in zuppa, lingua salmistrata, ca-strato, luganega di Vicenza e branzino; e an-cora spumiglie, baicoli, fugazete di pasta dimandorle e crostoli, accompagnati da ricchetazze di caffè e cioccolata... Una cucina de-cisamente ricca e invitante quella che avevala fortuna di assaporare l’anonimo cappella-no che, nella seconda metà del Settecento,rivestì la carica di padre confessore del con-vento di Santa Marta a Venezia. Un pun-tuale spaccato del panorama alimentare ve-neziano dell’epoca, che, descritto minuzio-samente, è giunto fino a noi grazie al diarioche questo prelato teneva e in cui annotava,oltre alle proprie spese, le formidabili liba-gioni che le monache veneziane, e in parti-colar modo suor Maria Celeste Bragadin, gliriservavano.A scovare il manoscritto, oggi conservatonell’Archivio di Stato di Venezia, è stata Ma-ria Attilia Fabbri Dall’Oglio, storica della ga-stronomia e delle tradizioni del costume atavola: dunque, studiosa fra le più adatte adiffondere e valorizzare il contenuto del dia-rio. La forma di pubblicazione che l’autriceha scelto è quella di un volume costruito indue unità fondamentali. Nella prima, ilCommento al manoscritto, Fabbri Dall’Oglioparte dagli spunti offerti dal padre confesso-re per articolare una serie di saggi sulla cu-cina della Venezia settecentesca. Pasta e mi-nestre, carne e pesce, formaggi e dolci (que-st’ultimo, l’argomento che, grazie alla gran-de tradizione dolciaria veneziana, riserva glispunti più sostanziosi), ogni categoria ali-mentare ha la propria trattazione. Fonda-mentali sono anche le schede tecniche e dicostume, che permettono di addentrarsi conmaggiore dimestichezza nella Serenissimadel XVIII secolo: ad esempio quelle sul calco-lo delle ore veneziane e sugli usi e costumidei conventi veneziani di quel periodo.Nella seconda sezione del volume è riporta-ta la trascrizione del manoscritto. Vi si pos-sono leggere le memorie e, soprattutto, i pa-sti che allietarono la vita veneziana dell’a-nonimo cappellano tra 1761 e il 1768. Cibi ericette molto noti ancora oggi, ma anchepietanze meno semplici da riconoscere. Iltutto, ovviamente, caratterizzato dalla pati-na linguistica del veneziano. Ecco che, allo-ra, diventa strumento utile, specie per chiveneziano non è, il glossario posto a con-

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immagini tratte da Pranzi e cibi golosi in convento...

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clusione del volume. Scorrendo l’appendicelinguistica, si ottiene una dettagliata descri-zione della cucina veneziana e, allo stessotempo, si scoprono “saporite” curiosità: ilvino di Scopulo, ad esempio, è un raro vinodell’isola greca di Scoglio, gli sponzioli sonouna varietà di profumatissimi funghi, men-tre i cannellini di Bergamo sono dei confettiil cui ingrediente principale è la cannella. | Alessandro Pezzin |

DAVIDE PAOLINI - GIANCARLO SARAN, Il ga-stronauta nel Veneto. Viaggio tra le eccellenzedel Veneto migliore. 16 itinerari attraverso laprovincia veneta, alla scoperta di luoghi pococonosciuti, Milano, Gruppo 24 Ore, 2010,8°, pp. 384, ill., e 19,50.Amedeo Sandri - Maurizio Falloppi, Man-giare veneto. Sette province in cucina, a curadi Valeria Vicentini, with english transla-tion, Thiene (VI), Edizioni Massimo Vicen-tini, 2009, 8°, pp. 367, ill., e 16,00.

In tempi di globalizzazione e di omologa-zione planetaria, in tempi di pervasivo“McMondo”, come è stato definito questonuovo scenario da qualche autorevole stu-dioso, è forse opportuno ricordarlo: il cibonon è soltanto qualcosa da gustare e assa-porare, ma costituisce anzitutto un fattoreculturale, storico, antropologico, elementoche contribuisce da sempre a costruire l’i-dentità di genti e di luoghi lungo i secoli.Poche cose come le tradizioni gastronomi-che, soprattutto se sono autentiche e sa-pientemente tramandate di generazione ingenerazione, riescono in realtà a restituirel’essenza profonda di un territorio e deisuoi abitanti, le sue stratificazioni culturaliecc. Di più, il cibo può essere un fattoreidentitario, ma sembra vivere non tanto (o almeno non solo) di fiere rivalità e di ri-gide esclusioni quanto di apporti, di incon-tri, di contaminazioni originali. Tutte que-ste considerazioni non possono ovviamenteche valere per una regione ricca di storia e ditradizioni come il Veneto e per due interes-santi volumi pubblicati a pochi mesi di di-stanza l’uno dall’altro: Il gastronauta nel Ve-neto, di Davide Paolini e Giancarlo Saran,promosso dalla Regione del Veneto, e Man-giare veneto, di Amedeo Sandri e MaurizioFalloppi, con la cura di Valeria Vicentini. Si tratta in effetti di due modi diversi e spe-culari di introdurre il lettore alla cucina ve-neta e ai suoi prodotti di qualità, tra confer-me e piacevoli sorprese. Variopinto e “diva-gante” quello del “gastronauta” di Paolini eSaran, che in quasi 400 pagine colorate e il-lustrate hanno selezionato i loro sedici per-

corsi attraverso le eccellenze del Veneto,transitando per cantine, ristoranti, trattoriee altri locali, e privilegiando gli itinerarimeno battuti e meno conosciuti. La veraprotagonista di queste pagine è proprio laprovincia, con i suoi borghi, le piccole città,il suo mutevole paesaggio: dal Cansiglio al-l’Alta Padovana, dai Colli Asolani al Polesi-ne, dall’Entroterra veneziano alla Valpolicel-la ecc. Luoghi e storie minori che, nelle in-tenzioni degli autori, diventano altrettanti“giacimenti golosi”, altrettante tappe “geo-gastronomiche” da conoscere e divulgare. Il secondo di questi volumi, Mangiare vene-to, si presenta invece come un vivace ricet-tario che sceglie di partire dai prodotti tipicidi ogni provincia per compiere una detta-gliata circumnavigazione intorno alla cultu-ra gastronomica veneta (di oggi e di ieri),dalla “carota di Chioggia” fino alle “noci diFeltre”. Il metodo scelto è preciso: ogni ri-cetta è collaudata dal cuoco Amedeo Sandrie ogni specialità è abbinata ad un vino loca-le, secondo il suggerimento del sommelierMaurizio Falloppi. Non manca neppure unabreve sezione storico-letteraria che integra i consigli e le suggestioni culinarie, raccon-tando il rapporto dei veneti con il cibo, at-traverso le parole di una serie di scrittori, daLuigi Meneghello a Tina Merlin, da Roma-no Pascutto ad Andrea Zanzotto, da GinoPiva a Dino Coltro e Giuliano Scabia. Da segnalare, infine, la traduzione in lingua inglese. | Giovanna Battiston |

arte

La memoria della prima guerra mondiale: il patrimonio storico-artistico tra tutela e valo-rizzazione, a cura di Anna Maria Spiazzi,Chiara Rigoni, Monica Pregnolato, con pre-faz. di Mario Isnenghi, Vicenza, Terrafer-ma, 2008, 4°, pp. 501, ill., s.i.p.

La Soprintendenza per i Beni Storici, Arti-stici ed Etnoantropologici per le province diVenezia, Belluno, Padova e Treviso si è fat-ta promotrice dell’encomiabile lavoro di ri-cognizione, i cui esiti sono pubblicati nelpresente volume, dei danni, delle altera-zioni e delle perdite al patrimonio storico-artistico avvenuti durante la Prima Guerramon diale. La ricerca, condotta con estremapassione e intelligenza, ha portato studiosie specialisti del territorio veneto nei museidi provincia, nei loro dimenticati depositi,in sperdute chiese e in sconosciuti archivi.Il risultato è il recupero di un’incredibile va-

rietà di materiale come manifesti e fotogra-fie storiche che risponde in primis alla ne-cessità di catalogazione, conservazione e va-lorizzazione del patrimonio. Le ricerche d’archivio e gli studi si sono uni-ti in un produttivo confronto che ha con-dotto alla rilettura degli eventi bellici chehanno pesantemente ferito il territorio, ri-costruendo la memoria collettiva delle ope-re trasferite, danneggiate o perdute. Il volume si apre con la rassegna dei Museie raccolte della Grande Guerra in Veneto con-dotta da Mauro Passarin. Di seguito, i saggidi Rita Bernini, Luca Caburlotto e MartaNezzo ripercorrono la complessa storia del-le opere durante e dopo i conflitti bellici,giustificando i trasferimenti, i restauri e lemodalità con cui questi avvenivano, riman-dando di volta in volta a quelle che erano ledirettive ministeriali o le commissioni scien -tifiche allora in vigore sulla tutela del patri-monio nazionale. Significative le immaginiche corredano il saggio di Marta Nezzo, inparticolare il “lievo” del cavallo del monu-mento al Gattamelata a Padova e le materas-sature predisposte per proteggere gli affre-schi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Si prosegue affrontando alcuni casi emble-matici dell’attività di restauro di chiese, af-freschi, dipinti, sculture e opere devozionali.Le complesse vicende conservative sono nar-rate per gli affreschi di Giambattista Tiepoloa Villa Soderini da Frabrizo Magani, per lesuppelletili ecclesiastiche presenti nell’Alto-piano dei Sette Comuni da Alberto Bordi-gno, per la tutela delle opere di Antonio Ca-nova presso la Gipsoteca di Possagno da Ga-briella Delfini Filippi e Luca Nicolodi in dueinterventi distinti, arricchiti dalle indimenti-cabili fotografie di Stefano e Sirio Serafin.La figura di Stefano Serafin, allora conserva-tore della Gipsoteca, fu centrale nel dopo-guerra, quando si trovò a ricomporre le“sparse membra”. Il racconto assume tonicommoventi: “non a sanare ma a lenire talegravissimo disastro dette tutto se stesso unuomo umile più che modesto, ma la abilitàgià grande delle sue mani fu centuplicatadall’amore immenso che egli porta al sacroluogo e alle reliquie che esso racchiude”. Laparte dedicata ai “risarcimenti” si chiudecon lo scritto di Ettore Merkel sull’iniziativadell’Opera di soccorso per una nuova palaraffigurante San Venanzio Fortunato desti-nata ala duomo di Valdobbiadene, riportan-do l’inedito bozzetto di Guido Cadorin. Un certo rilievo viene dato all’importanteruolo, durante la guerra e nel dopoguerra,di quegli artisti le cui opere, conservate neimuesi civici, al valore prettamente artisticouniscono una valenza fortemente sociale.In tale comparto troviamo le spregiudicatelitografie della Danza Macabra di AlbertoMartini e i dipinti con le Impressioni di bom-

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bardamento shraphaels e granate di Luigi Rus -solo, analizzati rispettivamente da Paola Bo-nifacio e Diego Antonio Collovini. Di gran-de interesse anche il saggio di Marta Mazzasulla raccolta di manifesti illustrati e opu-scoli di propaganda politica generosamentedonati da Nando Salce nel 1962 e conser-vati presso il Museo Civico di Treviso. Essimo strano uno spaccato di vita italiana diquegli anni in cui emergono gli ideali, i so-gni e le paure.Strettamente legate agli artisti sono le “Mo-stre d’Arte” e le opere promosse dai “Comi-tati per i bisogni della guerra” e dalla CroceRossa Italiana, qui raccontate da StefanoFranzo. Intorno a questo tema si aggiungonogli approfondimenti di Fabrizio Pietropoli suLa Cappella dei Caduti nella Chiesa di SanLuca a Verona, di Anna Malavolta su La Cap-pella dei Caduti della Chiesa Parrocchiale diSanta Maria Immacolata e Sant’Andrea a Som-macampagna e di Donata Samadelli su LaChiesa Ossario di San Rocco di Lendinara.A chiudere questa sezione il saggio di Vit-torio Dal Piaz incentrato sulle inedite vicen-de del cantiere di Gio Ponti per la realizza-zione della “Mostra della Vittoria 1918-1938” nei padiglioni della Fiera campiona-ria a Padova.Nella seconda parte del poderoso volume,come anticipa nell’introduzione Anna Ma-ria Spiazzi, “si percorre il tracciato che laSoprintendenza ha seguito attuando i com-piti istituzionali: catalogazione, progettazio-ne dei restauri, studi preparatori e appro-fondimento”. Per quanto concerne la catalo-gazione si rimanda ai contributi di ChiaraRigoni, Cristina Franchini e Luca Majoliper gli archivi fotografici. Infine, l’attività direstauro presenta due importanti interven-ti: il ciclo pittorico di Tito Chini nell’Ossariodel Pasubio, a cura di Chiara Rigoni e Chia-ra Scardellato, e il Monumento ai Caduti diTreviso nelle relazioni di Monica Pregnola-to e Vasco Fassina. | Viviana Cattelan |

L’impegno e la conoscenza. Studi di storia dell’arte in onore di Egidio Martini, a cura diFilippo Pedrocco e Alberto Craievich, Vero-na, Scripta Edizioni, 2009, 4°, pp. 379, ill., s.i.p.

Il volume vuole essere un omaggio a EgidioMartini, illustre studioso d’arte venezianarecentemente scomparso, da parte dellaFondazione Musei Civici di Venezia conl’appoggio economico della Società San Do-nato II di Milano. Con lo scopo di ringrazia-re ulteriormente lo storico per la donazionedi quasi trecento dipinti della sua collezione

ora esposti a Ca’ Rezzonico, in occasionedel raggiungimento del traguardo dei no-vant’anni, gli amici e i colleghi gli hannodedicato questa raccolta di studi di storiadell’arte di altissimo livello, testimonianzadell’affetto e del rispetto di cui egli univer-salmente ha goduto. I sei contributi posti in apertura delineanola personalità di Egidio Martini quale uomoeclettico pieno di vitalità, appassionato dipittura veneziana, soprattutto del Seicento eSettecento. In qualità di restauratore haavuto la possibilità di scoprire autori ed ope-re non riconosciuti dalla critica e dal merca-to, valorizzandoli e collezionandoli comeun vero mecenate d’altri tempi. La sua rac-colta, che spazia dal Quattrocento al Nove-cento, riflette fedelmente il suo lavoro criti-co e documenta con esaustiva ricchezza l’e-voluzione dell’arte veneta. Innamorato della pittura e dell’arte, i suoiamici lo dipingono come un “burbero be-nefico”, secondo le parole di Filippo Pe-drocco, e come un ineguagliabile conoscito-re dei linguaggi pittorici. Martini è semprestato orgoglioso di distinguersi dagli acca-demici per una conoscenza diretta, tattile esensibile delle opere d’arte, spesso in aper-ta polemica con i colleghi. Meno conosciutaè la sua attività di pittore, illustrata da Enzodi Martino, che descrive una carriera fonda-ta sulla tradizione veneziana della veduta edel ritratto, ma condita da alcuni episodi distraordinaria intensità e originalità. L’altroaspetto poco noto della complessa figura diMartini è la sua vocazione poetica. Lo stu-dioso è stato autore di liriche che, evocandodolori vissuti e amori irrimediabilmenteperduti, esprimono una dolce malinconiaderivata dalla gioia dei ricordi e dalla ineso-rabilità del tempo che passa. I quarantaquattro saggi, a cura di rinomatistorici e critici d’arte, affrontano temi easpetti della pittura veneziana in linea congli interessi di Martini. Si tratta di un modoper celebrare uno dei maggiori conoscitoridell’arte veneta, esperto della materia pit-torica, della qualità della pennellata, del ductus proprio di ogni artista, attraverso stu-di specifici condotti da esperti che colgonol’occasione per rendere noti gli ultimi risul-tati delle loro ricerche. Questi interventi ete-rogenei, che presentano nuove attribuzioni,letture iconografiche, interpretazioni criti-che, precisazioni biografiche, non hannocome oggetto soltanto celebri artisti comeTiziano, Piazzetta o i Tiepolo, ma anche icosiddetti “minori”, per ribadire ed esaltareil fondamentale lavoro svolto da Egidio Mar-tini quale scopritore di talenti dimenticati.| Barbara Ceccato |

immagini tratte da L’impegno e la conoscenza...

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Gianni Aricò. L’opera, present. di Sergia Jes-si, Padova, Il Poligrafo, 2009, 4°, pp. 240,ill., e 40,00.

Tra gli scultori figurativi contemporaneiGianni Aricò occupa un posto di assoluto ri-lievo per “la nobiltà, lo spirito solenne e uni-co dei suoi lavori” e per la sua capacità di co-municare anche con la gente semplice conun linguaggio diretto, rispettoso della tradi-zione, ma aperto agli stimoli della moder-nità. Così scrive nel 1992 Terisio Pignattiche lo accomuna “agli antichi maestri” e loannovera tra i grandi artisti come Martini,Manzù, Marino o Henry Moore che comelui “credono nel mondo primitivo dei senti-menti e delle immagini”. Tra le sue opere più note ricordiamo: i treportali per il Teatro Comunale Carlo Goldo-ni a Venezia, la Fontana di Mestre, il Mo-numento del Piave a Pederobba, il monu-mento a Cristoforo Colombo a New York, il monumento ad Antonio Vivaldi a Vienna(in marmo) e a Venezia (in bronzo). Gianni Aricò è anche pittore: trasferisce neidisegni e nelle tele ad olio i soggetti dellascultura, ma vi aggiunge i paesaggi della Puglia, il mare, l’ardore di estati infuocate,in pennellate larghe, morbide e sensuali.Volume, linea, superficie, sono elementi si-gnificativi di ogni scultura di Aricò. L’artistalavora le superfici in modo sempre diverso,ora le liscia in forme fluide, impreziositedall’oro, ora le rende scabre con piccoli toc-chi di scalpello, ora le incide con tratteggi fi-lamentosi o con solchi profondi, ora le tor-ce, le attraversa, le forza a includere il vuo-to. Il “non finito” di Aricò è un aspetto es-senziale dell’opera che esprime l’interioritàdell’uomo, il suo amore per la vita, la bel-lezza e la musica, l’esperienza del dolore, lareligiosità profonda. L’artista tratta i materiali più diversi – pie-tra, marmo, legno, bronzo, oro, gesso, ce-mento, terracotta, vetro – in forme sugge-stive di luce e trasparenze. Crea figure co-lossali o minuscole, grandi gruppi e formeisolate senza mai abbandonarsi alla retoricae senza mai perdere d’intensità, attento acogliere in ogni raffigurazione il senso con-creto dell’uomo e a renderlo universale. Ari-cò coglie la tenerezza della maternità e laforza dell’amore, la crudeltà della guerra el’orrore della follia, il movimento e la quie-te, la leggerezza e il peso, la musica e il si-lenzio. La sua coerenza e la sua sincerità coinvolgono l’osservatore e lo costringono aentrare nella creazione fin quasi a farneparte. | Marilia Ciampi Righetti |

architettura

urbanistica - paesaggio

WOLFGANG WOLTERS, Architettura e orna-mento. La decorazione nel Rinascimento vene-ziano, Verona, Cierre, 2007, 4°, pp. 320, ill.,e 35,00.

La percezione contemporanea dell’architet-tura del passato è condizionata dalla conce-zione, affermatasi agli inizi del Novecento,secondo la quale è possibile stabilire un net-to confine fra ornamento e ciò che, preci-puamente nell’ambito dell’architettura, nonlo è. Dopo Ornamento e Delitto e dopo l’af-fermazione del funzionalismo degli anniVenti, che sancì una condanna estetica emorale di quanto poteva essere consideratoornamento, noi siamo indotti a interpretarel’architettura del passato secondo degli am-biti linguistici che possiamo rispettivamen-te definire tipologia, morfologia e, infine,stilema, al quale si riconduce l’ornamento.Sebbene questo approccio sia efficace, seassunto rigidamente esso conduce a frain-tendere la stretta relazione che nel passatointeragiva fra i diversi aspetti che si instau-ravano e diversamente presiedevano ognisingolo edificio. Ciò, soprattutto se ignoria-mo le specifiche condizioni storiche chehanno determinato l’edificio, se dimenti-chiamo le interazioni fra le diverse compe-tenze di coloro che contribuirono a realiz-zarlo, sia sul versante autoriale, sia su quel-lo della committenza. Lo studio di Wolters, qui nella versione inlingua italiana, ha come oggetto proprioquanto oggi, guardando all’architettura ri-nascimentale veneziana, potremmo consi-derare ornamento. Questo approccio per-mette all’autore di affrontare un momentocruciale dell’evoluzione dell’architettura ve-neziana nel corso di due secoli, mentre la fi-gura dell’architetto andava distinguendosinell’ambito del cantiere, come responsabiledell’ideazione, rispetto alle maestranze, allequali veniva affidata la realizzazione degliornamenti. Ciò mentre la committenza svol-geva una funzione conservativa nei con-fronti delle scelte stilistiche e dei materiali,in una città propensa a mantenere viva latradizione che la contraddistingueva.Il volume presenta, pur senza ambire allacompletezza, un’analisi estesa dei distintimanufatti nei quali si estrinseca in partico-lare l’ornamento. Ad essa l’autore anteponeuna opportuna descrizione funzionale deimateriali che caratterizzano l’architetturaveneziana e una ricognizione dei rapportivigenti fra progettisti e maestranze concor-renti alla realizzazione. Rivestimenti parie-tali, facciate dipinte, capitelli, lesene e tro-fei, balaustre, transenne e inferiate, dipinti

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immagine tratta da Gianni Aricò...

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e pitture, porte, camini, arredi liturgici, vetrate, pavimenti, volte e soffitti sono quin-di considerati nei distinti capitoli. L’interocomplesso del cantiere e dell’architetturaveneziana del Rinascimento si dispiega daprotagonista nelle pagine, con esclusiva at-tenzione ai molteplici aspetti che in unastoria dell’architettura tradizionale potreb-bero apparire posti ai margini. In particola-re emerge il complesso e controverso pro-cesso evolutivo di assimilazione degli sti-lemi rinascimentali a Venezia, così perva-sa dall’orgoglio per la tradizione medievale.| Guido Galesso Nadir |

GUIDO ROSSI - GIANNA SITRAN, Portali a Ve-nezia. Funzioni, forme, materiali nelle operedi aspetto romanico e gotico, Verona, Cierre -Venezia, Ateneo Veneto, 2008, 4°, pp. 358,ill., e 45,00.

I varchi consentono il passaggio fra i canalie le calli di Venezia e gli edifici e costitui-scono una delle morfologie architettonichepiù frequenti e tipiche della città lagunare;contribuiscono con la loro varietà di formea significare il suo paesaggio. Il volumepubblica i risultati della ricognizione e dellostudio sistematico di un aspetto fra i piùqualificanti Venezia, fra XII e XV secolo, tut-tavia sono stati esaminati manufatti anchesuccessivi ma di forme riconducibili all’e-poca bassomedievale considerata. Il censi-mento, condotto fra 2004 e 2005, ha coin-volto ogni canale e ogni calle di Venezia eogni edificio privato accessibile dall’ester-no, anche quelli sottratti normalmente allavista. Per ognuno di essi è stata recuperatala documentazione archivistica disponibilee sono stati effettuati rilievi grafici e foto-grafici. Sebbene sia stata ridimensionata,sulle orme di Zuliani, la dicotomia fra ar-chitettura religiosa e civile veneziana, la ri-cerca è stata circoscritta alla sola seconda,nell’ambito dei distinti sestieri. La schedatura ha seguito l’impronta dettatada Ruskin nella distinzione di ordini e stili,tuttavia lo studio pone in evidenza e inter-roga la varietà dei contributi degli artigiania fronte delle molteplici esigenze poste dal-la committenza. Sul rapporto fra tipo e va-riante, fra grammatica e sua declinazione,si gioca d’altronde il fascino stesso della cit-tà. Dal sistematico rilievo tipologico offertoin questo volume è consentito procedere aduna storia dell’arco durante i due secoli delbasso Medioevo, fra romanico e gotico, pre-valso sul sistema trilitico per la maggioreestensione della luce, che permetteva senzaricorrere al rafforzamento delle strutture

portanti. È quindi, per esempio, possibilenotare la persistenza nel tempo dell’arco apieno centro, che ne preparò poi il ritornonel Rinascimento, dopo l’egemonia rag-giunta dagli archi a due o più centri. Lo stu-dio, così circoscritto nell’oggetto, nel tempoe nel luogo, concorre a precisare la propen-sione della cultura architettonica venezianaad aprirsi alle soluzioni propriamente go -tiche, provenienti dal Nord Europa, cosìcome a quelle provenienti da Bisanzio e dalMediterraneo, reinterpretandole secondouna tradizione locale, ben attenta a mante-nere la vocazione pittorica della sua archi-tettura. Questo sfruttando la varietà croma-tica dei materiali, mattone, pietra d’Istria epietra veronese innanzitutto, che contribuìa garantire l’identità stilistica della città, bencolta ne Le pietre di Venezia. Lì dove si affer-mò, se pure in nuce, la radicale rivalutazio-ne del Medioevo, forse la sua stessa “inven-zione”, nell’accezione del termine che nediede Starobinski, e dove Venezia assurge,crogiolo di culture, a luogo e simbolo di unaciviltà. | Guido Galesso Nadir |

Venezia. Acqua, pietre e pagine. L’insula diSan Fantin, testi di Ettore Vio, Anna Lom-broso, Luciano Menetto, Carlo Montanaro,disegni originali di Fabio Santin, Venezia,Centro Internazionale della Grafica, 2008,8°, pp. 84, ill., s.i.p.

A Paolo Lombroso, architetto e urbanista, èdedicato questo prezioso volumetto consaggi di Ettore Vio, Anna Lombroso, Lucia-no Menetto e Carlo Montanaro, illustrato daFabio Santin. La singolarità di Veneziapone agli architetti problemi complessi e ri-chiede soluzioni originali, basate però sullaconoscenza del territorio da salvaguardare evalorizzare. Le scelte del passato sono unpunto di partenza per interventi sul partico-larissimo contesto urbano della città che vainnanzitutto compreso e valutato. Sono per-ciò importanti gli studi di Egle Trincanato(1948) sulla “architettura minore” di Vene-zia, riconosciuta come organica e razionale,inserita nella struttura urbana, funzionale esalubre, rispettosa del nucleo individuale.L’analisi continua con Studi per una operan-te storia urbana di Venezia di Saverio Mura-tori (1959), con L’edilizia gotica veneziana diPaolo Maretto (1960) e con Venezia Originidi Vladimiro Dorigo (1983), autore con Mi-chela Agazzi della monumentale VeneziaRomanica (2003-2004).In Venezia. Acqua, pietre e pagine. Insula diSan Fantin Anna Lombroso descrive lastraordinaria costituzione della città, nata

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dalla fusione di comunità diverse e dall’ag-gregazione di un insieme di isole, ognunacol suo campo, la sua chiesa, la sua fontana,la sua scuola e, a volte, la sua corporazione.Nel tempo questi nuclei svilupparono carat-teri particolari adatti a svolgere ruoli diversie complementari nell’organismo cittadino,così l’insula di San Fantin, dove abitò la fa-miglia di Paolo Lombroso, fu centro cultu-rale, con vocazione all’accoglienza e agliscambi sociali, su cui sorse il grande teatrodella Fenice. In ogni isola si trova una Venezia Maggioree una Minore, si affiancano edifici monu-mentali e semplici abitazioni, le vie pedo-nali sono distinte da quelle del trasportodelle merci, si realizza l’utopia di “una cittàa misura d’uomo”, modello per il futuro.Luciano Menetto descrive l’insula di SanFantin con i suoi sette ponti, gli edifici mo-numentali: la Scuola Grande di Santa Mariadella Giustizia o “degli impiccati” o “dellabuona morte”, ora Ateneo Veneto, la chiesadi San Fantin e il Teatro della Fenice, le cal-li, i ponti, le botteghe, i rii, i toponimi, i per-sonaggi, la storia e la cronaca intrecciate inun tessuto vivo e inimitabile. Venezia, che ha ispirato artisti di ogni tem-po, non poteva non ispirare anche il cinemae l’articolo di Carlo Montanaro che conclu-de il volume: I molti sensi dell’Insula sulloschermo ricorda alcuni dei molti film girati aSan Fantin, tra cui Anonimo Veneziano diEnrico Maria Salerno, Senso e Morte a Vene-zia del grande Luchino Visconti. | MariliaCiampi Righetti |

ROBERTO CONTE, La Chiesa e il Convento diSan Gaetano a Padova, Padova, Il Poligrafo,2009, 4°, pp. 127, ill., e 28,00.

Il presente volume costituisce il primo stu-dio che ricostruisce compiutamente la sto-ria dell’ex Palazzo di Giustizia di via Altina-te a Padova, sorto sulle strutture dell’anticoConvento di San Gaetano, recentementeoggetto di una campagna di ristrutturazio-ne e valorizzazione finalizzata alla creazio-ne del Centro Culturale San Gaetano. Inorigine questo edificio ospitava il conventodell’ordine dei Teatini, che lo acquisironodagli Umiliati il 17 ottobre 1573 e lo feceroingrandire dall’architetto Vincenzo Sca-mozzi, anche se il nuovo complesso venneterminato solo nel Settecento. Il luogo el’ordine religioso divennero un importantepunto di riferimento culturale e di assisten-za per la città, tanto da conferire all’interazona il nome di contrada dei Teatini, e nel-l’Ottocento di San Gaetano.

Basandosi su un cospicuo materiale ineditoscovato in archivi e biblioteche, RobertoConte descrive con ampia documentazioneil progetto originario che ben si armonizza-va con la concezione architettonica del tem-po espressa dallo Scamozzi nell’Idea dell’Ar -chitettura Universale (1615) e con i nuovi det-tami della Controriforma, facendo luce sul-le scelte religiose in ambito edilizio dellaPadova di quegli anni e sulla prima attivitàdello Scamozzi, all’epoca trentenne ma giànoto e stimato da numerose famiglie vene-ziane e dal Senato della Serenissima.Entrando nel vivo della ricostruzione stori-ca, il volume si articola in più parti che illu-strano le vicende costruttive a partire dallaconsacrazione della chiesa, fino alla sop-pressione napoleonica, alla destinazione aPalazzo di Giustizia ad opera dell’architettoTullio Paoletti dopo l’incendio del 1929, eagli ultimi restauri che hanno permesso ilrecupero della sede storica. I ricchi apparatie le numerose illustrazioni permettono dicomprendere appieno lo sforzo dell’autoredi recuperare la memoria e la conoscenza diquesto importante luogo di Padova.Molta parte della trattazione è dedicata alladecorazione pittorica e plastica della chiesa,vero e proprio gioiello del barocco padova-no, caratterizzata da una sedimentazione ditestimonianze artistiche che attraversano isecoli dal Cinquecento al Settecento. L’ap-parato decorativo venne stabilito dagli stes-si Teatini, che vi attribuirono un forte valo-re didattico attraverso un attento studio ico-nografico. Le sculture, gli affreschi e i di-pinti assumono un’importante funzionepedagogica per lo spettatore. La campagnadecorativa, svoltasi in tre fasi, vide all’operaartisti come Ruggero Buscapè, Pietro Da-mini, Alessandro Maganza, Bissoni, Peliz-zari, Louis Vernansal, autore del grandiosoaffresco della cupola, e molti altri. Tra il XVII e il XVIII secolo la chiesa assunsel’aspetto che ancora oggi la contraddistin-gue: da una parte affiora il ritrovato gustotardo cinquecentesco scamozziano, dall’al-tra emerge una profusione barocca altiso-nante, come ben evidenziato dall’autore. | Barbara Ceccato |

Pedemontana Veneta. Il divino del paesaggio:per un’economia della forma, a cura di Rena-to Rizzi, Venezia, Marsilio, 2007, 8°, pp. 193,ill., e 40,00.

Questo volume dell’architetto Renato Rizziraccoglie 15 plastici, presentati tra l’altro an-che in una mostra al MART di Rovereto, e ac-compagna la presentazione di questi mo-

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delli, rappresentativi di alcuni angoli visua-li del territorio interessato dall’infrastruttu-ra, con contributi teorici di grande interes-se. La domanda di fondo che muove il libro,alla quale viene data una risposta affermati-va, appare quantomeno inconsueta anchese, in realtà, profondamente radicata nellostesso oggetto a cui guarda: possono le mo-tivazioni funzionali e pratiche essere legatea temi metafisici? La risposta è, come detto,affermativa, dal momento che qui si parladei luoghi e della loro sacralità. Rizzi sostie-ne che “ormai guardiamo il mondo con l’oc-chio del nichilismo, che prevede solo unavisione tecnico-scientifica. Ma il paesaggioha un carattere di divinità che è oggettivo,che sta nelle cose. Studiandolo, ci rendiamoconto che la nostra cultura è inadeguata acomprendere questa ricchezza formale”. In un altro contributo del volume, Paolo Por -toghesi sostiene che il paesaggistico e il figu -rativo della Pedemontana Veneta rovescia laprassi, candidandosi come motivo di rigene-razione del paesaggio stesso. Per Rizzi l’ar-chitetto deve “dare senso alle opere dell’uo-mo nel territorio, nelle città, nei luoghi dovevive”. Nella sua tesi si individuano impor-tanti echi rosminiani, soprattutto con riferi-mento ad un pensiero che partendo dallapersona arriva al senso (non tanto al signifi-cato) delle cose. Forma, divinità, qualità, me-tafisica: nel discorso di Rizzi tutti questi ter-mini riconducono ad una matrice comuneche è teologica senza essere religiosa. Percerti aspetti una traduzione architettonica-urbanistica del Deus sive natura spinoziano.Il libro cerca di strappare il problema dellacostruzione di nuovi assi viari (o “corridoi”,come vengono spesso definiti oggi) alla solacompetenza tecnico-ingegneristica e paral-lelamente mette in discussione l’utilità diun metodo come quello della Valutazionedi Impatto Ambientale che sta già mostran-do i propri limiti. Molto più opportuno par-lare di assenza di qualità nella forma pro-gettuale, di mancanza di “sapere” della for-ma e provare a riportare il dibattito all’anti-co sapere metafisico-simbolico, qualcosache era forse ben chiaro già ai romani quan-do, con la tessitura viaria dell’Italia antica,offrirono una lettura funzionale e simbolicadel paesaggio e della divinità in esso conte-nuta (pensiamo ad esempio alla Via Emiliae alla sua funzione di confine tra la catenaappenninica e la pianura padana). Intersecando sguardi di provenienza diver-sa (da quello della letteratura a quello dell’i-conografia storica, da quello della pitturaveneta a quello della storia del territorio) ilvolume riesce a far percepire la concretezzadel problema delle infrastrutture in Veneto:non si tratta semplicemente di tracciare unpercorso, espropriare quanto è d’intralcio emettere in funzione il nuovo asse viario. Si

tratta, ogni volta che si affronta un progettodi viabilità determinante per il futuro diquesta regione chiave d’Europa, di com-prendere come il pratico e il funzionale deb -bano essere intimamente legati al metafisi-co e al simbolico. Sembra pura astrazione,eppure non c’è nulla di più concreto di unassunto del genere. | Alberto Cellotto |

Pedemontana veneta, a cura di Aldo Peressa,Padova, Il Poligrafo, 2009, 4°, pp. 172, ill., e 28,00 (“QT. Quaderni del territorio. Ar-chitetture e luoghi del contemporaneo”, 1).

“È possibile coniugare modernità e memo-ria? Evento e citazione”, questa domanda,posta nell’introduzione da Aldo Peressa,esprime con immediata evidenza gli obietti-vi di questo primo volume della nuova colla-na di architettura “QT. Quaderni del territo-rio”. I contributi si interrogano sulla prassiarchitettonica attuata in territori topografica-mente definiti come luogo di confine: qui laPedemontana Veneta, fra Schio e Pordeno-ne. Le dieci opere architettoniche presentaterisalgono agli ultimi cinque anni e vengonointrodotte da tre saggi che illuminano le ca-ratteristiche del territorio con un approcciointerdisciplinare, come attestano in partico-lare i contributi di Gian Mario Villalta, Vita-liano Trevisan e Andrea Zanzotto. La collana intende porre all’attenzione gliinterventi architettonici che si inseriscano evogliano interagire con i territori e i paesag-gi, proponendosi in “termini problematicila questione della contemporaneità senzaindulgere nell’eclettismo, nell’effetto spe-ciale, da un lato, nei revival vernacolare onello spontaneismo rurale, dall’altro”. Aconfronto è posta una condizione ideale delcostruire, astratta dal territorio, sul qualeimporsi con edifici anonimi o spettacolari, euna prassi architettonica che, viceversa, siproponga come linguaggio dello spazio edel tempo proprio del luogo, non rivolto allasola vista, bensì a tutti cinque i sensi. Lasintesi che viene cercata, espressa nel lin-guaggio proprio dell’architettura, intendeescludere sia un approccio neomodernista,proteso su un’idea di progresso tecnicistico-scientifico senza memoria, sia un approcciomimetico, populistico, incline allo storici-smo localistico e sentimentale. Una sintesitesa fra modernità e memoria.“Quaderni del territorio” si propone quindicome collana di tendenza, determinata a sce-gliere e ad assumere una posizione critica;nient’affatto disponibile ad assecondare for-me architettoniche autoreferenziali, dimen-tiche del carattere intrinsecamente lingui -

immagini tratte da La Chiesa e il Convento di San Gaetano...

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stico oltre che funzionale dell’architettura.L’approccio critico emerge per altro anchedal contributo fotografico, che senza indul-gere in alcun facile estetismo, coglie icasti-camente gli aspetti più controversi del pae-saggio pedemontano, le sue contraddizioniesito dell’opera dell’uomo, non solo dell’ar-chitetto. L’architettura “ben riuscita”, comeafferma Margherita Petranzan, è il risultatodi una relazione felice fra architetto e com-mittente, dal loro positivo rapporto scaturi-sce la sintesi fra identità e differenza, frapassato e futuro, di un agire presente che sifaccia carico della continua trasformazionedella realtà, perché essa non sia subita, nel-la consapevolezza espressa da Zanzotto che“l’identità cambia continuamente”, e il lavo-ro dell’architetto deve farsene carico, nonenucleandosi in uno spettacolare gesto sce-nografico. | Guido Galesso Nadir |

fotografia

libri illustrati

LUCA TREVISAN, Palladio: le ville, prefaz. diLionello Puppi, fotografie di Luca Sassi,Schio (VI), Sassi, 2008, 4°, pp. 224, ill., s.i.p.

Pubblicato in occasione del cinquecentena-rio della nascita di Andrea Palladio, il volu-me propone una colta guida per il “forestie-re istruito” fra le stupefacenti ville progetta-te nel XVI secolo dall’architetto padovano.Definite quasi un secolo fa da Fritz Burgercome “i frutti più nobili di quell’ardente de-siderio veneziano di sfarzo e splendore”, leville di Palladio mostrano la sua straordina-ria duttilità creativa nel soddisfare le aspet-tative di una committenza sempre più esi-gente, quale principale interprete dello svi-luppo, nel Cinquecento, della “civiltà delleville venete”.“Sopra un colle di bellissima vista”, a Lene-do di Lugo (Vicenza), si trova villa Godi, laprima abitazione rurale progettata da Palla-dio. Commissionato da Girolamo Godi, fi-glio di Enrico Antonio, e realizzato fra il1536-1537, l’impianto progettuale dell’abita-zione di Lenedo si pone in rapporto con lecoeve ville Garzoni di Sansovino e Soranzadi Sanmicheli, coniugando, secondo la con-sueta prassi rinascimentale, l’otium al nego-tium, con un edificio comodo e funzionale,adatto agli usi agricoli ma confortevole perl’aristocrazia colta. Fra il 1542 e il 1550 l’ar-chitetto ottiene nuove commissioni vicenti-ne: dalla famiglia Pisani per il progetto diun’abitazione a Bagnolo di Lonigo, dai fra-

telli Marcantonio e Adriano Thiene per larealizzazione di una villa a Quinto Vicenti-no, ma anche da Biagio Saraceno per la re-sidenza di Finale di Agugliaro e da Bonifa-zio Pogliana per la villa di Poiana Maggiore. Entrato ormai in contatto con diversi circoliculturali, negli anni cinquanta Andrea diPietro “della Gondola”, che dal 1540 assu-me il classicheggiante appellativo di “Palla-dio”, progetta diverse ville per numerose fa-miglie dell’aristocrazia veneziana: i Pisani, i Cornaro, i Barbaro, gli Emo, i Badoer, i Fo-scari. Di gran valore, fra le abitazioni realiz-zate in questi anni, è villa Barbaro a Maser(Treviso), a cui lavora, oltre all’architetto pa-dovano, anche uno dei principali artisti delRinascimento: Paolo Veronese. L’ingegnodi Palladio traspare nell’impostazione strut-turale del corpo centrale dell’abitazione,dove si evince una perfetta saldatura tra ilnucleo originario del complesso preesisten-te e il nuovo elemento di fabbrica. Il ninfeodella villa costituisce, a sua volta, un unicumfra le opere dell’archiettto, facendo suppor-re una collaborazione con Daniele Barbaro.Alla descrizione del complesso abitativo ilvolume affianca le immagini degli straordi-nari capolavori di villa Barbaro, come l’af-fresco del presunto autoritratto di Veronesenei panni di un nobiluomo con abiti da cac-cia. Accompagnano la Prefazione di LionelloPuppi e il testo di Luca Trevisan le fotogra-fie di Luca Sassi, proponendo, medianteuna simbiotica interazione fra l’analisi criti-ca e la documentazione d’immagini, un’a-deguata lettura della purezza formale estrutturale delle architetture palladiane.| Giovanna Ficarazzi |

PAOLO COSSI, 1432: il veneziano che scoprì ilbaccalà, prefazione di Paolo Quirini, Mila-no, Hazard, 2008, 8°, pp. 105, ill., e 12,50.

Trancio di storia della Serenissima Repub-blica di San Marco raccontato col linguag-gio del fumetto. Con questo volume PaoloCossi, trentenne friulano, prosegue il per-corso narrativo che lo porta a utilizzare ilsuo talento di disegnatore per affrontaretemi anche di serio, talora drammatico, im-pegno. Si veda, edito ancora da Hazard, Il grande male, in cui evoca il genocidio delpopolo armeno per mano ottomana. Stori-camente ineccepibile come lo è questo sullaperigliosa navigazione finita nel 1432 conun disastroso naufragio della nave, chiama-ta “Gemma Querina”, nel pieno dell’inver-no polare che decimò l’equipaggio portandoil nobile mercante veneziano Pietro Queri-ni, con un pugno di sopravissuti, sullesponde dell’isola norvegese Rost.

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immagini tratte da Palladio: le ville

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Sua destinazione, partendo da Candia conun carico di vino e spezie, erano le Fiandre.A Rost venne soccorso per un puro caso dainativi e da questi ospitato. E lì, assieme a co-stumi di vita assolutamente nuovi, scoprì il baccalà. Lo stoccafisso prezioso per lagente in navigazione che, essiccato, godevadi lunghissima conservazione, importatoquindi da accorto mercante a Venezia. Il disegno in chiaroscuro seppiato dà so-stanza anche agli aspetti psicosociali dellastoria, con momenti pure di trattenuto umo-rismo. Cossi ha voluto documentarsi visi-tando la Norvegia. Inserisce nel corso dellanarrazione riproduzioni del diario scritto dalnavigatore veneziano ch’era stato reperito daPaolo Quirini (autore del soggetto oltre chedella chiarificante prefazione e diretto di-scendente di quel casato) nella ApostolicaBiblioteca Vaticana. Usa talora brani di frasiin norvegese. E alterna il racconto di quellalontana vicenda, oggetto anche in tempi re-centi di narrazioni letterarie, come Alla largada Venezia del giornalista Franco Giliberto e dal capitano di lungo corso Giuliano Pio-van, entrambi veneziani, con accattivanti in-serti “didattici” ambientati nella odierna cit-tà lagunare. La copertina riassume emblematicamentel’odissea di Pietro Querini: vi è raffigurato inmezzo alla tormenta di neve e ghiaccio re-cante il vessillo di san Marco ridotto ormai abrandelli. | Piero Zanotto |

Gianni Berengo Gardin. Polesine, a cura diPaolo Morello, Palermo, Istituto Superioreper la Storia della Fotografia, 2008, 4°, pp. 142,ill., e 75,00.

Un elegante e insieme severo volume foto-grafico pubblicato col sostegno della Regio-ne del Veneto dall’Istituto Superiore per laStoria della Fotografia, in continuazione diuna pregiata e ormai folta collana editoriale.Il secondo in questo elenco di opere diGianni Berengo Gardin dopo quello dedica-to a Venezia, che compare con alcune im-magini assieme ad altre di Murano nell’in-fratesto. Si informa nell’indice delle foto-grafie che quelle eseguite in Polesine data-no al 1971. Panorama documentario, quin-di, oggi, di valenza storica. E in taluni casianche folklorica ed etno-antropologica.Già apparse in parte nel volume Alfieri – Polesine – di quello stesso anno, sono sta-te qui riorganizzate dal curatore Morello,insegnante di Storia delle Fotografia all’Uni-versità Iuav di Venezia, autore di numerosistudi sulla fotografia italiana del Novecento,secondo una spartizione tematica: il fiume,

i suoi argini, le città, le ville aristocratiche(anche nei loro interni), il lavoro dei campi,la vita nei paesi, la pesca nel delta. Così daoffrire “uno spaccato della vita di questa re-gione del Veneto, così fortemente caratte-rizzata dalla presenza dei due grandi fiumi,il Po e, poco più a Nord, l’Adige”. Negli ul-timi quarant’anni il Polesine ha subitograndi trasformazioni.Il lavoro di Gardin sfogliando il volume ap-pare il frutto di una estetica che si imparen-ta con la poesia. Non fine a se stessa, in ognicaso partecipe del ciclo della natura e dellavita vissuta quotidianamente. In città e so-prattutto nel lavoro della terra e della pesca.Un totale di 93 immagini rigorosamente inbianco e nero con una scelta di esterni svi-luppate su due pagine. Finestre in questicasi di arioso e talora incantato respiro. Chesembrano affondare nella notte dei tempipur eseguite meno di quarant’anni fa. “Sol-tanto i più anziani hanno un ricordo direttodei ponti di barche, dei traghetti sul fiume,dei mulini a pale, raffigurati in queste foto-grafie”. Il volume si completa in una lungaeppure riassuntiva nota biografica di GianniBerengo Gardin che si estende anche nellaelencazione anno per anno delle sue mostrepersonali dal 1956 ad oggi. | Piero Zanotto |

Venezia interni contemporanei / Venice inte-riors. Contemporary homes, testi di ChiaraPasti, fotografie di Lisa Ferro, Ponzano(TV), Vianello Libri, 2008, 4°, pp. 175, ill., e 36,00.

Nato da un accorto lavoro di ricerca dell’ar-chitetto Chiara Pasti, accompagnato e docu-mentato dalle riprese fotografiche di LisaFerro, Venezia interni contemporanei proponeuna piacevole “intrusione” negli spazi abita-tivi di venticinque splendide case veneziane,tutte accomunate dall’esigenza architettoni-ca di coniugare la vocazione al contempora-neo alla volontà di integrare gli ambienti in-terni con l’esterno, cioè con lo straordinariocontesto lagunare. Abitare a Venezia – spie-ga a tal proposito Chiara Pasti nell’introdu-zione al volume – “è sinonimo di un eserci-zio disuguale nel rapporto con l’esterno”, nelquotidiano dialogo fra spazio privato e calli,campi, campielli e canali della laguna, ele-menti che offrono unicità alla città veneta, dasempre catalizzatrice di memorie storiche.Il volume propone, fra le residenze analiz-zate, immagini fotografiche e una dettaglia-ta recensione dell’interno di Casa Balboni,opera non conclusa di Carlo Scarpa. Portataa termine dall’allievo Giovanni Soccol, lacostruzione-ristrutturazione dell’abitazione

immagini tratte da Gianni Berengo Gardin. Polesine

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fu progettata negli anni Settanta da Scarpasu commissione di Loredana Balboni, rino-mata esperta e collezionista d’arte. Affaccia-ta sul Canal Grande e, nel lato opposto, suun giardino privato, Casa Balboni ha comeprotagonisti assoluti la luce e l’acqua, ele-menti naturali enfatizzati dalle accorte scel-te architettoniche del maestro veneziano edel suo fedele discepolo. Con la progettazio -ne di Casa Max la lezione di Scarpa vieneaccuratamente rielaborata da Luigi Guiz-zardi, offrendo “un piccolo omaggio algran de maestro”. Concettualmente e strut-turalmente differente la casa della nobile fa-miglia Erizzo, situata nel sestiere di Castel-lo, dove le due sale con preziosi affreschi co-stituiscono la chiave di volta attorno allaquale si sviluppa il resto della casa. L’inter-vento di ristrutturazione dell’interno, ope-rato da Valeriano Pastor, ne ha positiva-mente modificato l’assetto originario,creando, mediante il disimpiego attrezzatoalla destra dell’ingresso principale, un “per-corso in trasformazione”. Cura nel dettaglio e armonico uso dei mate-riali connotano il lavoro architettonico con-temporaneo, in Casa Balboni così come nel-l’abitazione nobiliare della famiglia Erizzo,elementi costitutivi che si riscontrano an-che in tutti gli interni recensiti da ChiaraPasti e immortalati dagli scatti fotografici diLisa Ferro. | Giovanna Ficarazzi |

musica - teatro - cinema

VITTORIO BOLCATO, Musiche da 800 anni fa.Voci e suoni delle antiche pievi cadorine. Conun saggio di Nino Albarosa, Belluno, IstitutoBellunese di Ricerche Sociali e Culturali,2009, 8°, pp. 95, ill., ess. mus., s.i.p.

Il 21 marzo 1208 il notaio Benincasa, ro-gante in Vicenza, redige l’atto con il qualeviene sancita l’indipendenza delle sette pie-vi cadorine nate dalla chiesa matrice di San-ta Maria Nascente di Pieve di Cadore: SantoStefano in Comelico, San Martino di Vigo,Santa Giustina in Auronzo, San Giorgio diDomegge, San Martino di Valle, San Vito diCadore e San Giacomo di Ampezzo. Conquesto atto i pievani ottenevano di poter ri-siedere stabilmente presso le rispettive sedidi cui curavano le anime, e che ciascuna diqueste chiese potesse godere di un patrimo-nio autonomo. Tuttavia, per la mancanza didocumentazione, è difficile stabilire la datad’origine della chiesa matrice di Pieve diCadore e quella delle pievi cadorine. Un si-

gnificativo contributo viene offerto, però, dauna decina di frammenti pergamenaceiestrapolati da libri liturgici in uso presso lachiesa di Pieve e di San Vito, e da tre perga-mene conservate in Cadore e provenienti daUdine, appartenenti ad un Graduale, forsedi proprietà della cattedrale sede del patriar-cato di Aquileia.Tali frammenti, posti in relazione tra di lorodal musicologo vicentino Vittorio Bolcato,che appartengono liturgicamente al periodopostcarolingio e si rifanno al cosiddetto ritopatriarchino, si salvarono dalla distruzioneimposta dall’adozione del rito romano, inquanto utilizzati quali legature di libri. Nonè raro infatti che preziosi documenti perga-menacei medievali, specie a contenuto mu-sicale, siano giunti sino a noi grazie al lororiutilizzo quali legature di libri contabili,amministrativi e notarili, a causa di riformeliturgiche e conseguenti mutamenti stilisti-ci. Quattro di questi frammenti, quelli cheospitano notazione musicale adiastematica,vengono studiati approfonditamente, men-tre gli altri vengono solamente descritti.Uno dei quattro è custodito presso l’Archi-vio della Magnifica Comunità del Cadore diPieve e appartiene ad un Messale della pri-ma metà del XII secolo; gli altri tre, di origi-ne aquileiese, sono invece di proprietà deglieredi dei comeliani mons. Giovan BattistaMartini e don Francesco Zanderigo Rosoloche li portarono in Cadore da Udine verso lametà del secolo XIX. Come dimostra NinoAlbarosa nel saggio ospitato nel volume, en-trambi i libri liturgici, seppur redatti per di-versi committenti, sono accomunati da“una notazione musicale di natura germa-nica” molto diffusa in Europa orientale.Le sei pergamenne di San Vito sono quelleche documentano la fondazione delle pievicadorine e la loro liturgia. Esse appartengo-no ad un lezionario e a due messali rispetti-vamente della seconda metà, della fine delXII e della fine del XV secolo. La pergamenadi Borca di Cadore appartiene invece ad unmessale pretridentino del secolo XV, in usopresso la chiesa di San Vito, destinata a ri-coprire un libro di conti della chiesa frazio-nale di Cancìa. | Francesco Passadore |

Gaetano Valeri (1760-1822). Due concerti perorgano con strumenti, a cura di Antonio Lo-vato, Padova, Cleup, 2006, 4°, pp. 94, ess.mus., e 25,00 (Associazione veneta per la ri-cerca delle fonti musicali, Musica veneta, 5).

Antonio Lovato, da sempre impegnato nellaricerca sulla musica a Padova, propone laprima trascrizione moderna, in partitura, di

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immagini tratte da Venezia interni contemporanei...

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due concerti per organo e orchestra del pa-dovano Gaetano Valeri (1760-1822), pertrentacinque anni al servizio della Cattedra-le di Padova, quale organista dal 1785 al1803, poi promosso al rango di maestro dicappella nel 1805, ruolo che tenne fino allamorte. Aveva studiato con Ferdinando Turi-ni presso la Basilica di Santa Giustina a Pa-dova e fu organista delle locali chiese diSanta Maria del Carmine e di Sant’Agosti-no. Fu un eccellente pianista e le fonti so-pravvissute, perlopiù manoscritte, testimo-niano il suo primario impegno nel generesacro, ma anche in quello strumentale e,seppur minoritario, in quello drammatico,con due titoli rappresentati a Padova.Il corpus strumentale conta musiche per or-chestra e soprattutto per tastiera; fra queste,due concerti per organo e orchestra, in sol ein si bemolle, custoditi presso l’Archivio Ca-pitolare di Padova e il Fondo Malerbi dellaBiblioteca Civica di Lugo di Romagna, il se-condo dei quali datato 1797. Entrambi i con-certi si articolano in tre movimenti, secon-do le consuetudini settecentesche, e presen-tano tracce dei criteri propri del classicismoviennese, specie nel primo movimento, incui è evidente l’esposiziome bitematica, se-guita da sviluppo e ripresa.Le partiture sono precedute da un’introdu-zione, nella quale Lovato ripercorre veloce-mente la biografia del musicista e presentalo stato delle conoscenze in tema di fonti or-ganistiche, per poi dedicarsi specificamenteai due concerti, oggetto del suo studio. All’apparato critico, che dà conto delle pe-culiarità e dell’esegesi delle fonti, segueun’aggiornata bibliografia. Particolarmentepreziosa l’appendice dedicata al profilo bio-grafico, redatto da Giovanni Battista, nipotedel compositore, intorno alla metà dell’Ot-tocento. Dal documento manoscritto, gen-tilmente offerto dalla pronipote Marina Va-leri, si evincono ulteriori notizie e precisa-zioni biografiche, in primis la conferma del-la nascita il 21 settembre 1760, data messa indubbio dall’atto di morte, che lo voleva defun-to all’età di 58 anni, e quindi nato nel 1764.| Francesco Passadore |

MARIA ROSARIA TENI, Una donna e la suamusica: Maddalena Laura Lombardini Sir-men e la Venezia del XVIII secolo, prefaz. diFrancesco Mineccia, Novoli (LE), Bibliothe-ca Minima, 2007, 8°, pp. 127, s.i.p.

Maddalena Laura Lombardini, veneziana, èstata la prima virtuosa e concertista di violi-no della storia e si esibì nei più importantiteatri e sale da concerto europei del Sette-

cento. Visse tra il 1745 e il 1818. Entrò gio-vanissima nell’Ospedale dei Mendicanti do-ve iniziò la sua formazione quale cantante,clavicembalista, compositrice e violinista,ma furono determinanti le lezioni ricevuteda Giuseppe Tartini a Padova, dove i Gover-natori dell’istituto pio veneziano acconsen-tirono che lei soggiornasse in diversi perio-di, riconosciutane la valentia allo strumentoad arco. Una volta raggiunta una piena ma-turità artistica lasciò i Mendicanti anticipa-tamente, grazie al matrimonio con il violi-nista Ludovico Sirmen, non senza scatena-re opposizioni e polemiche da parte dei Go-vernatori: essi tentarono il possibile per trat-tenerla, affinché ponesse il suo talento al ser-vizio dell’Ospedale, “restituendo” quantoaveva ricevuto dall’istituzione durante il suosoggiorno. Contravvenendo alle disposizio-ni dei Mendicanti, calcò le scene dei teatrieuropei: da Parigi a Mosca, da Torino a Lon-dra, senza far torto ai paesi di lingua tede-sca. Pubblicò anche musica: concerti perviolino, duetti per due violini, terzetti convioloncello e, assieme al consorte, quartettiper archi; edizioni che vennero stampate (eristampate) a Parigi, Londra, L’Aja, Lipsia,Amsterdam, e che dettero origine a una co-spicua messe di copie manoscritte dispersein varie biblioteche italiane, europee e sta-tunitensi. A giudicare dal primo dei suoi tretestamenti, la sua carriera e la sua abilità ne-gli investimenti terrieri e finanziari le con-sentirono di guadagnare somme considere-voli, che le permisero di vivere più che agia-tamente anche dopo la separazione dal ma-rito e l’abbandono del concertismo, nella se-conda metà degli anni ottanta, e il ritiro nel-la sua residenza veneziana.La monografia di Maria Rosaria Teni, origi-nata dalla tesi di laurea in Storia moderna emediata dal suo articolo Maddalena LauraLombardini Sirmen: una musicista del XVIII

secolo, ospitato nel quadrimestrale “Studi sto-rici” (XXXV/2, maggio-agosto, 2006), nonmanca di fornire uno spaccato della vitamusicale veneziana settecentesca con parti-colare attenzione all’ambiente degli Ospe-dali, dando vita ad un lavoro che sarà so-prattutto apprezzato da musicofili e da melomani. | Francesco Passadore |

FRANCESCO PASSADORE, Catalogo tematicodelle composizioni di Maddalena Lombardini(1745-1818) e Ludovico Sirmen (1738-1812),Padova, Edizioni de I Solisti Veneti - Venezia,Regione del Veneto, 2008, 8°, pp. 178, s.i.p.

Il volume curato da Francesco Passadore èl’ottavo della collana di cataloghi di compo-

sitori veneti o legati al territorio veneto vo-luta e patrocinata da Claudio Scimone e daI Solisti Veneti.La veneziana Maddalena Lombardini, “put-ta” dell’Ospedale di San Lazzaro dei Mendi-canti, fu una delle prime virtuose ad esibir-si in sale e teatri europei e a pubblicare lesue opere in Italia, Olanda, Inghilterra eFrancia. Violinista, violoncellista e clavi-cembalista, si formò dapprima con Bertoni,Barbieri e Martinelli e, dal 1760 al 1764,con Giuseppe Tartini che nel 1770 le indi-rizzò una Lettera su problemi di tecnica vio-linistica più volte pubblicata. Tartini, trami-te Naumann, si adoperò pure, ma invano,per farla maritare al cantante Giuseppe Sco-ti e per farla assumere presso la corte diDresda. Si sposò invece nel 1767 con il vio-linista ravennate Ludovico Sirmen. Insie-me, la coppia intraprese un’apprezzata atti-vità concertistica per tutta Europa, costante-mente accompagnata, con il ruolo di cici-sbeo, da don Giuseppe Terzi, mansionariodei Mendicanti. La strana coppia si separòqualche anno dopo e i due svolsero quindiun’attività indipendente fino al 1783, quan-do insieme si recarono in Russia per unatournée alla fine della quale si separaronodefinitivamente. Cessata l’attività concerti-stica, Maddalena si stabilì a Venezia dovemorì nel 1818.Ludovico Sirmen fu attivo a Ravenna, Man-tova e Bergamo fino al matrimonio conMaddalena Lombardini. Giacobino e mas-sone, ebbe qualche problema con le autori-tà e fu arrestato per poi essere riabilitatodopo aver fatto pubblica ammenda. La suafortunata attività concertistica si svolse qua-si sempre parallelamente a quella della mo-glie. Ritiratosi a Ravenna, partecipò attiva-mente alle manifestazioni concertistiche eteatrali fino alla morte avvenuta nel 1812. Il pregevole lavoro di Passadore si divide intre sezioni: quella delle composizioni diMaddalena Lombardini, quella di LudovicoSirmen e quella delle composizioni condivi-se tra i due compositori. Della Lombardinisono inventariati: sei duetti per violini indue movimenti – come quelli coevi di Rol-la, Nardini, Campagnoli, Trento –, sei triiper due violini e violoncello e sei concertiper violino e orchestra, ridotti anche per cla-vicembalo o pianoforte da Tommaso Gior-dani. Le opere di Sirmen comprendono:una sonata per violino e basso continuo, seiduetti e sei trii per archi, un concerto perflauto e orchestra e tre per violino e orche-stra, una ouverture per orchestra e una mes-sa per soli, coro e orchestra. Sei quartettiper archi sono stati composti in collabora-zione dai due compositori. Le musiche dientrambi, nello stile galante dell’epoca, eb-bero una notevole diffusione; figurano in-fatti nei cataloghi di ben dodici editori eu-

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ropei e sono conservate in un gran numerodi copie manoscritte. Il catalogo, la redazione del quale ha richie-sto il reperimento e lo studio di fonti ma-noscritte e a stampa conservate nelle biblio-teche di quindici nazioni, è preceduto daun’ampia e documentatissima introduzio-ne, dai testamenti dei due musicisti, da unaaggiornata discografia e dalla bibliografia. Ilvolume è corredato dall’indice delle compo-sizioni e delle forme musicali, l’indice deititoli e degli incipit testuali e dall’indice deinomi. | Alberto Zanotelli |

FRANCESCO PASSADORE, Catalogo tematicodelle composizioni di Giuseppe Torelli (1658-1709), Padova, Edizioni de I Solisti Veneti -Venezia, Regione del Veneto - Verona, Comu-ne di Verona, 2007, 8°, pp. LXXXVIII-510, s.i.p.

Il veronese Giuseppe Torelli è uno dei piùsignificativi compositori di musica strumen-tale della seconda metà del Seicento italiano.Allievo di Perti ed esponente di spicco dellascuola bolognese, fu attivo prevalentementenella basilica di San Petronio, come suona-tore di violetta, fino allo scioglimento del-l’orchestra nel 1695, e dal ripristino dellacappella nel 1701 fino alla morte, collaboran-do spesso con il contraltista Pistocchi. Per al-cuni anni svolse l’attività di maestro dei con-certi a Vienna e presso la corte del margra-vio di Brandeburgo Ansbach. Membro del-l’Accademia Filarmonica bolognese, è auto-re di quasi duecento composizioni, in parteancora inedite. Grazie alle approfondite ri-cerche di Francesco Passadore la sua interaproduzione ha ora una definitiva e sistema-tica catalogazione.Il volume rappresenta un sussidio indispen-sabile per lo studio e la valorizzazione del-l’opera di Torelli e per la storia della musicastrumentale italiana del Seicento. Precedutoda una esauriente introduzione biografica ebibliografica, il catalogo elenca tutte le operedi Torelli, per le quali Passadore ha propostouna nuova e razionale classificazione. È di-viso in tre sezioni (A: composizioni stru-mentali, B: composizioni vocali e C: libretti)con sottosezioni per i vari organici. La sezione A, relativa alle opere strumentali,comprende undici sottosezioni distinte perorganici: composizioni per uno e fino a seistrumenti soli in varie formazioni per archie fiati e per strumenti solistici e archi. Vi fi-gurano un concerto per oboe e archi, 18 pertromba e archi, 10 per due trombe e archi, 17 per violino e archi, 8 per due violini e ar-chi, 28 sonate per due violini e bc oltre a nu-merose composizioni per vari strumenti.

Le poche composizioni vocali della sezioneB comprendono: un oratorio (perduto), quat-tro arie sacre, di cui due perdute e due inse-rite in un oratorio di Perti, una cantata, unBenedictus, un Domine ad adiuvandum equattro arie profane di cui due perdute.La sezione C comprende due esemplari dellibretto dell’oratorio L’Adamo scacciato dalParadiso eseguito alla corte imperiale diVienna, uno in italiano e uno in tedesco,entrambi stampati a Vienna nel 1700.Di ciascuna composizione il catalogo ripor-ta il frontespizio completo, la dedica, le noteeditoriali e i dati bibliografici, il numero deilibri-parte, l’elenco degli esemplari a stam-pa e delle copie manoscritte esistenti con lerelative sedi di conservazione, i riferimentia lessici e repertori, le note eventuali non-ché gli incipit musicali di tutti i movimenti. Il catalogo contiene inoltre l’elenco di tuttele edizioni moderne, una discografia aggior -natissima e un’ampia bibliografia. Comple-tano il volume due Tavole di parità tra il ca-talogo parziale di Giegling, i numeri d’ope-ra e la classificazione attuale, gli indici deititoli e degli incipit testuali, delle forme e deinomi. | Alberto Zanotelli |

REINHARD STROHM, The Operas of AntonioVivaldi, 2 voll., Firenze, Olschki, 2008, 8°,pp. XX-790, ill., ess. muss., e 85,00 (Studidi musica veneta. Quaderni vivaldiani, 13).

Il monumentale lavoro di Reinhard Strohmè dedicato ai 46 drammi musicali compostida Antonio Vivaldi (più un progetto ferrare-se del 1738 per il suo patron Giulio Bentivo-glio, poi abortito) e rappresentati nei teatridi mezza Europa tra il 1713 e il 1742; il sag-gio fa da contraltare al volume di MichaelTalbot sulla musica vocale sacra (1995) e aquello di Cesare Fertonani sulla musicastrumentale (1998) del Prete rosso, che necondividono editore e collana vivaldiana.La carriera operistica di Vivaldi prese avvionel 1713 con l’Ottone in villa, su libretto diDomenico Lalli, per il Teatro Nuovo di Vi-cenza, e si concluse con il Feraspe di Fran-cesco Silvani (revisione di Bartolomeo Vit-turi), andato in scena al veneziano TeatroSant’Angelo nel 1739, seguito da una ripre-sa postuma dell’Oracolo di Messenia nel gen-naio del ’42 al Kärtnertortheater di Vienna.A queste si aggiungano 152 arie composteper una novantina di pasticci (esclusi dalpresente studio), ossia partiture a più manio in cui figurano una o più arie del Vene-ziano, il tutto nell’arco di un trentennio.Dopo un centinaio di pagine votate allo stu-dio della storia, della prassi e dell’estetica

dell’opera vivaldiana, Strohm struttura ilsuo lavoro in una cinquantina di ampie e ar-ticolate schede dedicate a ciascun drammamusicato, sia di quelli giunti sino a noicompleti di libretto e partitura, sia di quellitestimoniati dal solo libretto o dalla solamusica, oppure anche da fonti frammenta-rie. Ciascuna scheda presenta la descrizio-ne del libretto: frontespizio, dedicatario, ar-gomento, personaggi e interpreti, mutazio-ni di scena, varie responsabilità, il riassuntodel dramma con i riferimenti alle arie e aiconcertati, osservazioni sul testo poetico, esu eventuali rimaneggiamenti da parte dialtri poeti, sulla partitura, sui cantanti e sueventuali riprese del dramma. Ma questa èsolo la struttura minima in cui si articola lostudio di ciascun soggetto melodrammati-co, destinata a subire variazioni, e, più spes-so, ampliamenti dovuti alla varietà e allamolteplicità di problemi che le fonti libretti-stiche, musicali e archivistiche presentanodi titolo in titolo.Provvidenziali quanto preziose sono le ta-belle (che occupano ben un centinaio di pa-gine), che inquadrano sinotticamente l’inte-ra produzione teatrale di Vivaldi, della qua-le si dà anche lo spoglio delle arie di ciascundramma. Attendiamo dunque il secondovolume (questo, in due tomi, è il primo efunge da preludio e studio preparatorio),annunciato da Strohm nella prefazione, cheaccoglierà contributi di vari specialisti del-l’opera veneziana. | Francesco Passadore |

Luigi Nono. Carteggi concernenti politica, cul-tura e partito comunista italiano, a cura diAntonio Trudu, Firenze, Olschki, 2008, 8°,pp. LXI-317, e 40,00 (Fondazione GiorgioCini, Venezia - Studi di musica veneta. Ar-chivio Luigi Nono. Studi, III),

Decisamente illuminante il saggio introdut-tivo, di una cinquantina di pagine, a firmadel curatore Antonio Trudu, sul pensieropolitico e culturale del compositore venezia-no Luigi Nono, iscritto al Partito ComunistaItaliano dal 1952 (e membro del ComitatoCentrale dal 1975) sino alla sua scomparsaavvenuta l’8 maggio 1990. Sono ben 277 lelettere e i telegrammi scritti e ricevuti daNono, estrapolati dal suo prezioso archivioe offerti in trascrizione al lettore. I suoi in-terlocutori sono importanti uomini politiciitaliani, perlopiù appartenenti all’area dellaSinistra della Prima Repubblica (1954-1990), ma anche leaders stranieri, pittori,uomini di cultura, musicisti, musicologi,critici musicali, sovrintendenti di teatri. Dalcarteggio emerge la figura di un artista po-

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liticamente e socialmente impegnato chevive i mutamenti e le contraddizioni diun’epoca dagli aspetti magmatici e in conti-nua violenta evoluzione. Nono si getta acorpo morto nell’agone, divenendo spessopersonaggio scomodo anche all’interno delsuo partito, per le sue idee e per il modosanguigno di intervenire, discutere e a volteaggredire, con le sue acute e impietose ana-lisi socio-politico-artistiche.Le sue composizioni, immancabilmente in-trise di messaggi politici e indissolubilmen-te contestualizzate nei gravi problemi delmomento, quali la guerra nel Vietnam, lasituazione a Cuba, le lotte operaie in Italia,la Cina di Mao, l’Unione Sovietica e, sopratutto, l’imperialismo americano, si intrec-ciano in lettere infuocate, schiette, ora en-tusiastiche per le vittorie della Libertà e delProletariato, ora violentemente accusatoriee caustiche nei confronti di personaggi (an-che della Sinistra) responsabili di posizionimorbide, quando non addirittura codine, incause che per lui meriterebbero ferme einequivocabili prese di posizione, anche intema di arte e cultura nazionali. Brilla an-che la sua continua “motilità”: è spesso inviaggio, sia per seguire le esecuzioni dellesue musiche, sia per predisporle negli studidi fonologia, ma anche per motivi politici:dai paesi europei all’America Latina (La Ha-bana, principalmente).Il regesto del carteggio conta interlocutoriquali Salvador Allende, Fidel Castro, GiorgioNapolitano (attuale Presidente della Repub-blica Italiana), il pianista Maurizio Pollini eil direttore d’orchestra Claudio Abbado (en-trambi particolarmente in sintonia con ilpensiero politico e artistico di Nono). Nonmancano gli editori Giangiacomo Feltrinellie Giulio Einaudi, il pittore Renato Guttuso,Enrico Berlinguer, Pietro Ingrao, il musico-logo Luigi Pestalozza, e altre personalità po-litiche sovietiche, cubane e cilene.In sintesi, il volume altro non è che unapreziosa testimonianza di una vita integral-mente vissuta e combattuta nel contesto so-ciale in cui si è consumata, e di un’epocanon ancora studiata con sufficiente e dove-roso distacco. | Francesco Passadore |

ANNITA LAVEZZO, “Goldoni e le sue sedici com-medie nuove”. Il capolavoro di Paolo Ferrari,Vicenza, Ergon Edizioni, 2005, 8°, pp. 289,s.i.p.

Paolo Ferrari fu uno dei commediografi piùinfluenti dell’Italia risorgimentale, esponen-te di quel drappello d’autori che aspiraronoalla creazione di un’originale drammaturgia

dell’Italia unita, dotata di specifici caratterinazionali, adeguata ai canoni realistici che sierano imposti da tempo nel teatro europeo erispondente alle esigenze di rispecchiamen-to della borghesia in ascesa. Dopo tentativiinfruttuosi, la strada più sperimentata e per-corribile, a tale fine, si rivelò essere quelladella tradizione italiana, rappresentata so-prattutto dalle commedie di Goldoni, guar-date come un modello da ferventi epigoni,fra i quali lo stesso Ferrari, che seppe indi-care nel realismo teatrale del grande vene-ziano la strada del rinnovamento delle no-stre scene, senza perdere di vista, peraltro, lelezioni di Augier e di Dumas figlio. Annita Lavezzo apre il suo lavoro, dedicato alcompianto professor Umberto Artioli, trac-ciando il ritratto biografico del commedio-grafo di Modena, dagli inizi tumultosi nellacittà natale, fra sentimenti insurrezionali,spirito goliardico e vocazione teatrale, se-guendolo attraverso il cruciale trionfo delsuo primo lavoro scenico impegnativo, lacommedia Goldoni e le sue sedici commedienuove (proclamata dai contemporanei “ini-ziatrice del vero teatro nazionale moderno”).Il profilo si completa con le successive tappedella lunga e prolifica carriera di Ferrari, ric-ca di una quarantina di opere teatrali, nessu-na delle quali però, tranne forse la fortunatacommedia La satira e Parini, fu in grado dieguagliare la sua più acclamata creazione.Il clamoroso esordio di Goldoni e le sue sedi-ci commedie nuove impresse un decisivo im-pulso al mondo teatrale del tempo: la com-media, come detto, venne immediatamenteadditata come esempio di quel nuovo teatroche parte dell’intellettualità italiana piùavanzata andava teorizzando; composta nel1851 e andata trionfalmente in scena a Mo-dena nel 1853, essa focalizzava i temi del di-battito sul rinnovamento delle scene italia-ne suggerendo, in modo teatralmente bril-lante, un’ideale continuità fra la battagliaintrapresa da Goldoni un secolo prima e laricerca attuale di un teatro aderente al pro-cesso di rinnovamento sociale e alla nuovasensibilità estetica, anche se questo proget-to finì per rivelarsi, secondo l’autrice, privodi reali fondamenti, quasi una sorta di “uto-pia ideologico-drammaturgica”.Il saggio dedica un corposo capitolo alla ri-costruzione della tradizione post-goldonia-na dell’Ottocento ed esamina con equilibriocritico la figura e la produzione di Ferrari inrapporto alle molteplici sfaccettature delprocesso di trasformazione del teatro italia-no prima e dopo l’unificazione, per calarsipoi nell’analisi della commedia evidenzian-do la struttura metateatrale dell’opera e ifini morali perseguiti in essa dal comme-diografo modenese. Chiude la ben docu-mentata ricerca un excursus sulla fortunascenica dell’opera, che ha visto, fra le rare

Ritratto di Antonio Vivaldi (in alto)Ritratto di Carlo Goldoni (in basso)

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messinscene del Novecento, interpretazionidi pregio (Baseggio) e riletture eccellenti(come quella di Strehler del 1958), e, neglianni Settanta, una versione televisiva per laregia di Sandro Sequi, la cui analisi riceveadeguato spazio nel capitolo. Il testo teatra-le Rivedersi, in appendice al volume, offreinfine un’originale proposta drammaturgi-ca dell’autrice, che ben si intona alla conce-zione metateatrale del testo ferrariano. | Giuseppe De Meo |

Eleonora Duse 1858-2008, a cura di Maria IdaBiggi, DVD allegato, Venezia, Regione delVeneto - Fondazione Giorgio Cini, 2008,8°, pp. 40, ill., s.i.p.

È la pubblicazione, illustrata da foto d’ar-chivio e da documenti, locandine, fram-menti di scritti e altro, egualmente d’epoca,voluta dal Comitato regionale per le cele-brazioni dei 150 anni dalla nascita di Eleo-nora Duse, presieduto da Laura Barbiani, acui si deve la presentazione: sintesi del pas-saggio della grande attrice veneta sulle sce-ne del mondo a cavallo tra Ottocento e No-vecento (1858-1924). Vita e arte alle qualidedicano attenzione approfondita una rosadi “esperti”: la stessa curatrice Maria IdaBiggi, il critico Giorgio Pullini (La modernainquietudine della Duse), lo studioso PaoloPuppa (La Duse: Proteo al femminile).Ventaglio di interventi che “costruiscono”una personalità fortissima, che deve la suagrandezza alla duttilità con la quale sapevacalarsi in personaggi distanti tra loro ancheanni luce. Di Goldoni, Pirandello, Ibsen, Al-fieri, Zola, Shakespeare, Dumas, Sardou,Giacosa e tantissimi altri. Dai quali emer-gono anche significativi brandelli della suavita privata (il legame con Gabriele D’An-nunzio, ad esempio, che si innestò forte-mente, fino alla dolorosa rottura, nella suavita teatrale). Vi è la consapevolezza di poter contare uni-camente sui resoconti giornalistici di coloroch’ebbero la fortuna di poterla applaudire.Resoconti per altro vividi, comunque soloriflessi di ciò che Eleonora Duse, figlia diuna famiglia di teatranti di Chioggia conesordio a quattro anni nel ruolo di Cosettain una riduzione de I miserabili di VictorHugo, fu veramente nelle sue interpretazio-ni. Personalità fisicamente minuta, nonbella, tuttavia grandissima. Capace di co-struirsi come Mito. Della quale rimanecome testimonianza “visiva” soltanto l’uni-co suo film: Cenere del 1916. “Apparizionequasi spiritistica negli anni del suo ritiro – scrive Puppa – dove lei si cela con cupi

scialli nei panni di una madre addolorata”.Film in DVD grazie a un’iniziativa della Re-gione del Veneto. Altro DVD è allegato al vo-lume, dove sono presenti due testimonian-ze: copioni annotati dall’attrice ed EleonoraDuse nella vita e nell’arte. | Piero Zanotto |

Il Teatro Carlo Goldoni di Venezia 1979-2009.Immagini e memorie sceniche di trent’annid’attività, a cura di Carmelo Alberti, saggi diCarmelo Alberti, Cesare De Michelis e LucaDe Fusco, Venezia, Marsilio, 2009, 8°, pp. 155,ill., e 25,00.

A trent’anni dalla riapertura del Teatro Gol-doni di Venezia, questo libro offre l’occasio-ne per fermarsi e volgere lo sguardo ai de-cenni appena trascorsi: se il teatro come for-ma d’arte è lo specchio dell’esistenza uma-na, il teatro come struttura è testimone del-la città in cui sorge, del suo pubblico e dellepersone che vi lavorano. Attraverso i contri-buti di Carmelo Alberti, Cesare De Michelise Luca De Fusco, personalità che hannoavuto rapporti stretti ma differenti con ilteatro veneziano, è possibile cogliere l’evo-luzione del significato, anche simbolico,che il Goldoni ha assunto nel corso del tem-po fino ad oggi. Questo percorso a ritrosofornisce dunque una panoramica esaurien-te dell’attività svolta dal teatro negli ultimianni, affrontando l’argomento da punti divista diversi: Carmelo Alberti è professoredi Storia del teatro presso l’Università Ca’Foscari di Venezia (nonché curatore dell’e-dizione), Cesare De Michelis presiede l’edi-zione nazionale delle Opere di Carlo Goldo-ni ed è consigliere della Fondazione delTeatro La Fenice, mentre Luca De Fusco èstato direttore del Teatro Stabile del Venetodal 2000 al 2009.Da scenario di perdizione nel Seicento aprotagonista della riforma goldoniana delsecolo successivo, il Goldoni ha accompa-gnato la Serenissima nel suo lento declinoper rinascere finalmente nel 1979, quandoriapre in seguito ad un lungo e travagliatorestauro. A partire da questa data, si alter-nano successi e difficoltà, in sintonia o incontrasto con i gusti di un pubblico preva-lentemente tradizionalista e nel contesto diuna città demograficamente sempre più po-vera, fino a giungere alla fondazione delTeatro Stabile del Veneto nel 1992 che, at-traverso la collaborazione con il Teatro Ver-di di Padova, permette di dare un respiro piùampio e internazionale alla selezione deglispettacoli, senza compromettere la valoriz-zazione delle risorse artistiche del territorio.Il volume è corredato da una cronologia dei

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programmi stagionali dal 1979 al 2009 e daun sostanzioso apparato fotografico, unasorta di archivio della memoria che restitui-sce una visione stratificata e al tempo stes-so dinamica degli spettacoli messi in scenadurante quest’ultimo trentennio. Un libro nato quindi per ricordare ma an-che, come suggerisce nella sua presenta-zione Laura Barbiani, presidente del TeatroStabile del Veneto, per pensare e ripensa-re il ruolo del Goldoni, cogliendo la sua ere-dità culturale con l’obiettivo di investire inun futuro innovatore e creativo: il teatro del-la città lagunare non può essere soffocato dal peso della sua stessa tradizione, ma lasua storia, al contrario, dev’essere il primo e fondamentale punto di appoggio per il domani. | Francesca Muner |

La bottega veneziana. Per una storia del cine-ma e dell’immaginario cinematografico, acura di Gian Piero Brunetta, Venezia, Isti-tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti,2007, 8°, pp . 227, ill., e 35,00.

Il volume raccoglie le relazioni presentate alconvegno di studi Per una storia del cinema edell’immaginario cinematografico: la bottegaveneziana, promosso dall’Istituto Veneto diScienze, Lettere ed Arti, tenutosi a Venezianel 2005. L’occasione è stata favorevole perriunine e mettere a confronto i rappresen-tanti delle più importanti istituzioni vene-ziane e venete attive nel settore cinemato-grafico. I contributi degli studiosi hannocome protagonitsta la città di Venezia e la“venezianità”, osservata di volta in volta daocchi diversi, quelli dei fotografi, degli in-tellettuali, dei registi, dei compositori, degliartigiani, ovvero di tutti coloro che hannocontribuito e contribuiscono a creare l’im-maginario filmico e prefilmico che ha resoVenezia un mito senza tempo.L’avventura cinematografica per i più nonsi consumò in territorio veneziano ma cro-mosomi e microcosmi emigrarono tanto dapoter riconoscere, usando le parole di Bru-netta, “la trama e l’ordito di un tessuto visi-vo e cromatico, sonoro, architettonico e ur-banistico [...]. C’è una venezianità sulloschermo che si manifesta nelle reazioniemotive ai suoni e rumori circostanti, neimodi di raccontare le deambulazioni deipersonaggi nelle calli, nei campielli o in rivaal mare, sulle spiagge che vanno al Lido daSan Nicolò agli Alberoni. E c’è una venezia-nità nei modi di catturarare e far sprigiona-re la luce dall’immagine, nel modo di in-quadrare un monumento o un palazzo, unesterno o un interno, o nel modo di osser-

vare un gesto legato al lavoro artigiano, dal-l’infilare le perle al soffiare il vetro, dal cala-fatare una barca”. La venezianità pertanto si alimenta dellospirito della tradizione tanto da poter ritro-vare nei documentari gli echi dei vedutistiveneziani del Settecento e Ottocento, nellepartitutre di Pino Donaggio la musica di Vi-valdi e nelle scenografie di Luigi Scacciano-ce la lezione di Longhena. Il volume offreun excursus sulla storia del cinema legataalla città di Venezia dall’invenzione dei fra-telli Lumière ad oggi, dedicato non solo agliesperti del settore ma ad un pubblico piùvasto che voglia approfondire la conoscenzadi questa città e delle sue peculiarità, anchequelle meno celebri. | Viviana Cattelan |

Luci sulla città: Belluno e il cinema, a cura diAlessandro Faccioli, Venezia, Marsilio,2009, 8°, pp. 229, ill., e 25,00 (Il Veneto eil cinema, 6).

È il sesto volume della collana curata daGiancarlo Beltrame e Paolo Romano, volutacongiuntamente dal Comune di Verona edalla Regione del Veneto, affiancata alla an-nuale rassegna scaligera “Schermi d’amo-re”. Indagine capillare, ancora una volta, diciò che ha offerto e continua a offrire Bellu-no e la sua provincia alla storia del cinema.Con le cose prodotte, ovvio, ma soprattuttoattraverso coloro che vi si sono dedicaticome soggettisti, sceneggiatori, scrittori,critici, storici, registi. Basterà citare duenomi, quelli di Dino Buzzati e di RodolfoSonego. Ma anche, come cronista attento diogni evento, il giornalista-saggista cadorinoFiorello Zangrando. Alessandro Faccioli, coordinatore dei mate-riali pubblicati ed egli stesso autore, in in-troduzione mette a nudo la diversità delBellunese in materia, rispetto ad altre pro-vince venete. Territorio “crocevia nel corsodel Novecento di tensioni storiche di primopiano” che insieme a mediazioni produtti-ve, artistiche , politiche ne “hanno paraliz-zato la possibilità di raccontarsi a volto sco-perto”. La necessità quindi, questa volta, neiconfronti dei volumi precedenti via via de-dicati al cinema di Verona, Padova, Vicen-za, Rovigo, Treviso, di poche necessarie va-rianti, con attenzioni anche alle produzionidi documentari e televisive. Eppure, nonostante questa prudente pre-messa, le scelte di Faccioli danno una visio-ne amplissima, articolata, di quanto il Bel-lunese sia riuscito a raccogliere fin dai gior-ni del cinema silenzioso. Anche se risultaavara la produzione di lungometraggi a sog-

immagini tratte da La bottega veneziana... (in alto)Luci sulla città: Belluno e il cinema (in basso)

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getto di qualità, spesso dovuta a superficialiintromissioni esterne, rivolta nella quasi to-talità allo sfruttamento del paesaggio alpinoofferto da Cortina d’Ampezzo. Si possonosfilare dal “mucchio” almeno due perle dairacconti di Dino Buzzati: Il segreto del boscovecchio di Ermanno Olmi e Barnabo dellemontagne di Mario Brenta. Opera collettiva, il libro può quindi offrire aventaglio approfondimenti su un cinemache possiamo tranquillamente chiamare“verticale” per il paesaggio dolomitico spes-so in primo piano sullo schermo. Che hatrovato più occasioni interessanti, talora didenuncia in giorni anche di pesante confor-mismo, nel documentario e in coraggiosireportage televisivi. In chiusura il “chi è” deiprotagonisti, figli di questa terra, e le sche-de filmografiche di lungometraggi a sogget-to, cortometraggi, documentari e produzio-ni televisive. | Piero Zanotto |

Set in Venice. Il cinema a Venezia: scatti, pro-tagonisti, racconti, a cura di Ludovica Da-miani, introd. di Paolo Mereghetti, con unsaggio di Carlo Montanaro, Milano, Electa,2009, 4°, pp. 288, ill., e 60,00.

Con un’introduzione di Paolo Mereghetti eun saggio sul cinema ancora silenzioso diCarlo Montanaro, è una generosa antologiasoprattutto fotografica e di inusuale grandeformato delle pellicole più rappresentativeambientate dentro il perimetro lagunare.Volume reso possibile grazie al contributodella Regione del Veneto.Venezia suddivisa per capitoli “scenografi-ci” in risposta a tematiche diverse: comme-dia, sentimento, dramma azione e suspense,avventura classica e Casanova, erotismo,animazione, Venezia ricostruita. Fotografie riprodotte in nero e a colori, inobbedienza alla singola realtà produttiva diogni film. Percorsi che si animano, prendo-no corpo, con l’accompagnamento delleschede (crediti e cast) e di brani di dialoghidal sonoro di ogni pellicola. Inoltre com-menti critici stralciati da giornali, periodici,libri. Dichiarazioni-ricordo, confidenze, ri-velazioni di addetti ai lavori, scenografi,mu sicisti, direttori delle luci, costumisti, as-sistenti alle produzioni, produttori esecutivie production supervisor come i venezianiEnrico Ballarin e Guido Cerasuolo di Me-stiere Cinema e Rosanna Roditi di CGR In-ternational. Quindi registi, produttori, alcu-ni attori anche. Il mosaico che ne è uscito farivivere il film anche nelle sue pieghe cu-riose e nascoste. La particolarità che rendevisivamente interessante sul piano docu-

mentario il libro è dovuta al recupero, an-che, di immagini sulle pause di lavorazioneo di preparazione dei set, questi ultimi cu-riosamente allestiti pure in Venezie sfaccia-tamente finte: scenografie ricostruite lonta-no dalla laguna veneziana. Materiali scovatiin archivi diversi, anche privati.Una corte di collaboratori per le varie partidel lavoro editoriale in tutte le sue fasi ha af-fiancato la curatrice Ludovica Mariani. Sitratta di Maria Rita Silvestri, Virginia Pon-ciroli, Rossella Savio, Anna Piccarreta, ElisaSeghezzi, Sonia Servida, Andrea Panozzo,Giancarlo Berti e lo Studio FM di Milano. Illibro chiude le sue pagine con gli apparati,che comprendono anche un prezioso elen-co bibliografico. | Piero Zanotto |

storia

DORIT RAINES, L’invention du mythe aristo-cratique. L’image de soi du patriciat vénitienau temps de la Sérénissime, Venezia, IstitutoVeneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2006, 8°,voll. 2, pp. XVIII-1085, e 65,00 (Memorie.Classe di scienze morali, lettere ed arti, 112).

L’immagine di se stesso che il patriziato ve-neziano elaborò nei secoli è oggetto dellapluriennale ricerca di Dorit Raines. L’operapresenta i modi con i quali i nobili venezia-ni si ponevano rispetto agli altri ranghi so-ciali sia all’interno della Repubblica di Ve-nezia sia nel confronto con le nobiltà euro-pee. Anticipato da un’introduzione metodo-logica, il lavoro si articola in 13 capitoli sud-divisi in quattro parti nelle quali si espon-gono i risultati della ricerca sul patriziatoveneziano come gruppo sociale, le sue ca-ratteristiche patrimoniali, la sua moralità ela sua ideologia. Chiude l’opera una riccaappendice con tabelle riportanti importantidati diacronici sulle famiglie nobiliari, lefonti che documentano le loro genealogie el’inserimento di nuovi elementi nel patri-ziato durante gli ultimi due secoli di vitadella Serenissima. L’autrice ha in generale privilegiato i docu-menti di natura privata, studiando gli archi-vi delle famiglie patrizie e i manoscritti pre-senti nelle loro biblioteche. Lo studio partedalla formazione, nelle isole della laguna,della classe dirigente veneziana che pro-gressivamente accresceva il numero e l’e-stensione dei propri poteri. Tuttavia Rainesnon è interessata a esporre tanto la realesuccessione dei fatti, quanto piuttosto ilmito che lo stesso patriziato proponeva a

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immagini tratte da Set in Venice. Il cinema a Venezia...

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proposito della sua genesi fino alla serratadel Maggior Consiglio del 1297. Le famigliepatrizie veneziane non si limitavano adesporre la propria posizione di superioritàin quanto fondatrici della città lagunare, macercavano anche nella storia la legittimazio-ne alla loro pretesa nobiltà, descrivendo alcontempo le virtù condivise dai loro pari.L’autrice ricerca questi elementi di auto-glo-rificazione delle famiglie patrizie nelle cro-nache “nobiliari”, che in ragione della lorolarga diffusione riescono a storicizzare lepretese del ceto.Secondo Raines, il punto di riferimento“giuridico” di ogni singolo patrizio è rap-presentato dalla famiglia che nei vari perio-di si sviluppa in casata, ramo o lignaggio. Ladistinzione tra famiglie vecchie e nuove, in-sieme a quelle nuovissime entrate nel Mag-gior Consiglio dopo la guerra di Chioggia,non pregiudicava la compattezza del ceto.La crisi si fece sentire invece a metà Seicen-to quando, durante la guerra di Candia, per-sero la vita un quinto dei patrizi del Mag-gior Consiglio. Per fronteggiare l’emergen-za di assoluto bisogno di risorse finanziarie,i patrizi veneziani accettarono nei loro ranghi chiunque fosse in grado di offrire100.000 ducati. Le 125 nuove famiglie divaria provenienza inserite nel Maggior Con-siglio indebolirono moralmente il patriziatoveneziano e, insieme ad altri fattori, poserole basi per la progressiva decadenza dellaRepubblica. | Evangelia Skoufari |

GIORGIO DOLFIN (1396-1458), Cronaca delanobil cità de Venetia et la sua Provintia et De-streto, a cura di Angela Caracciolo Aricò e Chia-ra Frison, introduzione di Angela CaraccioloAricò, vol. I, Venezia, Centro di studi medie-vali e rinascimentali E.A. Cicogna in collabo-razione con Regione Veneto, s.a., 8°, pp. 251,s.i.p. (Medioevo e Rinascimento. Testi).

Giorgio Dolfin, nato intorno al 1396 a Ve-nezia, apparteneva ad una delle più impor-tanti famiglie della Repubblica. La casata,fondata da Domenico della Ca’ Grande, pro-curatore di San Marco nel tardo XI secolo,poteva annoverare una larga schiera di pre-lati, senatori, ambasciatori della Repubblicae anche un Doge, Giovanni Dolfin, che go-vernò con coraggio e determinazione la Se-renissima fra il 1356 e il 1361. Giorgio, che apparteneva al ramo di SanCanziano dei Dolfin, fu insigne storico eletterato, contemporaneo e amico del dogeFrancesco Foscari, scrisse una cospicuaCronaca dela nobil cità de Venetia et la suaProvincia et Destreto che fu abbondantemen-

te sfruttata da storici e cronachisti successi-vi come Marin Sanudo e continuata, dopo lamorte di Giorgio, dal figlio Pietro. La Cro-naca di Giorgio è rimasta inedita fino adoggi e viene pubblicata per la prima voltacurata e rivista da Angela Caracciolo Aricò eChiara Frison. Nel primo volume si narrano le vicende epi-che della fondazione della città, retrodata altempo dell’invasione di Attila, vicende chesi intrecciano, da un lato, con le radici piùantiche e mitiche della vita e della predica-zione di san Marco e, dall’altro, con l’esododei troiani da Ilio in fiamme verso le costeadriatiche. In questo modo, seguendo unaconsolidata trattatistica, Dolfin collega la le-gittimazione sacra del destino della Sere-nissima, condensata nella visione che sanMarco ebbe della futura città di Venezia at-traversando la laguna veneta, con il rinvio alsuggello dell’autorità romana, unita alla Do-minante dalle comuni origini troiane. Nella cronaca di Dolfin la storia comincialentamente a dipanarsi dalla nebulosa delmito intorno alla fine del VII secolo quandola narrazione si concentra sulle origini deldogato. Anche qui Dolfin, raccontando del-l’elezione dei cittadini di Heracliana di Pao-lo Anafesto, primo leggendario doge di Ve-nezia, ribadisce la piena e originaria indi-pendenza del Comune dal potere imperiale,retrodatandone di un secolo l’autonomia daBisanzio. Segue poi la processione dei dogiche, nel primo volume della Cronaca, giun-gono fino a al governo di Piero Gradenigo(1289-1311). Lo scritto di Dolfin, abbandona-to il tono favolistico, si è ormai fatto a que-sto punto preciso e circostanziato e narra dimomenti terribili e gravidi di futuro per ilComune: da un lato la disfatta della Curzo-la contro la flotta genovese, dall’altro la granserrata del Maggior Consiglio del 1297 cheavrebbe definitivamente segnato nei secolia venire il carattere oligarchico della Repub-blica. Come sottolinea Cracco, “Lo stato ve-neziano che sull’onda dei traffici si era svol-to in forme sempre più ampie e complesse,recependo entro i suoi quadri aristocratici epopolo, ora, a causa della crisi dei traffici siirrigidiva, tracciando un solco fra ‘eletti’ ed‘esclusi’”. | Ferdinando Perissinotto |

Sebastiano Foscari capitanio di Vicenza. Dis-pacci 1709-1714, a cura di Fausto Sartori, Ve-nezia, La Malcontenta, 2008, 8°, pp. XXXI-241, s.i.p.

L’edizione raccoglie i dispacci inviati a Ve-nezia dal capitanio di Vicenza tra il 1709 eil 1714. L’incarico di capitanio nei possedi-

menti veneziani nella Terraferma duravasolitamente 16 mesi, ma Sebastiano Fosca-ri rimase a Vicenza per ben 58 mesi. Era re-sponsabile della funzione economica (dazi,danni all’erario, contrabbando, gestione delMonte di Pietà ecc.) e militare, ma tra gli ar-gomenti trattati da Sebastiano Foscari neipropri dispacci se ne trovano alcuni dal con-tenuto criminale e giudiziario, o di media-zione fra patriziato locale e rappresentanzecittadine. La sua posizione lo poneva infattiin rapporto ravvicinato con il podestà, cuiera affidata la funzione civile e giudiziaria,e la suddivisione dei compiti fra i due fun-zionari non era eccessivamente rigida, co-me provato dalla doppia firma di entrambi irettori della città sulla maggior parte dei dis-pacci spediti da Vicenza. Tuttavia il poteredei rettori si scontrava di frequente con gliantichi privilegi giudiziari degli organi loca-li e dei collegi cittadini, riconosciuti dallaSerenissima a patto che questi non ledesse-ro l’interesse della stessa.Gran parte dei dispacci pubblicati in questaedizione rientrano nell’ambito della giusti-zia penale e ne ricompongono fedelmentela cronaca nera del tempo, anni nei qualinumerosi omicidi erano commessi per futi-li motivi, senza premeditazione, per banaleimpulsività. I dispacci dipingono così la di-mensione criminale e violenta di una socie-tà di campagna in cui artigiani e villani, maanche i nobili, erano inclini all’abile uso didiversi tipi di armi a difesa della propria ri-spettabilità, in luoghi d’incontro come l’o-steria, la piazza, il sagrato di una chiesa. Lacritica situazione presentata dai dispacci delFoscari da Vicenza è un sintomo delle ten-sioni sociali ed economiche e dei muta-menti nell’equilibrio di potere tra le fami-glie emergenti e quelle che progressiva-mente perdevano proprietà e introiti: rap-porti che inquadrano con continuità un dif-ficile rapporto fra città e campagna, fra cit-tadini e villani, fra piccola nobiltà e profes-sionisti arricchiti. La giustizia risultavaquanto di più difficile da applicare in uncontesto in cui prepotenze e connivenzaavevano spesso la meglio sulla morale so-ciale e su testimoni reticenti e impauriti. | Evangelia Skoufari |

FRANCESCO FOSCARI, Dispacci da Costantino-poli 1757-1762, a cura di Filippo Maria Pala-dini, Venezia, La Malcontenta, 2007, 8°, pp. LXVI-565, s.i.p.

L’edizione dei dispacci “itineranti” di Fran-cesco Foscari, bailo e ambasciatore straordi-nario a Costantinopoli dal 1756 al 1762,

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s’inserisce nel progetto di “valorizzazionedell’esperienza storica dei membri d’unasingola famiglia patrizia” nel governo dellaRepubblica, intrapreso dalla collana La Mal-contenta con la pubblicazione dei docu-menti d’archivio riguardanti le tre famiglie,poi confluite nell’attuale Foscari-Widmann-Rezzonico. Il volume si propone quale im-portante contributo nello studio dei rappor-ti della Repubblica di Venezia con l’ImperoOttomano in un periodo di rovesci politici,diplomatici e territoriali che segnarono l’ul-timo mezzo secolo di vita della Serenissi-ma. All’edizione dei 98 dispacci l’autorepremette l’esposizione dei risultati della piùrecente ricerca storiografica internazionaleche tendono a rovesciare quanto presentatodalle pubblicazioni precedenti sulla storiadel Settecento ottomano: il nuovo approcciointerpretativo rinuncia così ad allinearsisull’“irrimediabile” declino dell’Impero,evidenziando piuttosto i tentativi di rinno-vamento in campo militare e civile compiu-ti nel corso del XVIII secolo. I dispacci di Francesco Foscari, cui fu affi-dato il cruciale incarico di monitoraggio del-la politica ottomana dal suo centro d’irra-diazione del potere, risultano di difficileconsultazione nella loro edizione originalea causa del deperimento del materiale,come pure nella loro riproduzione su mi-crofilm degli anni 1950, malamente com-piuta. Questa pubblicazione rende quindiaccessibili agli studiosi, attraverso i dispaccidi un notevole funzionario dell’apparato po-litico veneziano, un punto di vista direttosugli eventi del tempo. Il Foscari espone lapolitica del sultano Mustafa III, la particola-re costituzione della corte costantinopolita-na, il complicato spiegamento del potere ot-tomano, radicato, con alterna profondità, suvaste aree geografiche e su popoli di diversenazioni, e i suoi rapporti con gli altri princi-pi, alleati o nemici di Venezia. Il bailo vene-ziano vedeva l’Impero ottomano comeun’entità che andava disgregandosi, da unlato, per insofferenza al potere turco dei po-poli soggiogati e dall’altro per le frequenti eviolenti usurpazioni di potere da parte deicapi provinciali. Nei dispacci di Foscari tra-spare la generale percezione europea dellacultura turca, intrisa di topoi spesso negati-vi, presenti d’altronde nella corrispondenzaufficiale di quasi tutti gli inviati veneziani inOriente. D’altronde i dispacci di ambascia-tori veneziani, considerati dalla maggioran-za degli storici una fonte particolarmenteimportante e interessante per la ricostruzio-ne di avvenimenti e contesti, basati su in-formazioni offerte da persone di provata se-rietà ed esperienza politica, sono rappre-sentativi della stereotipica scrittura di go-verno veneziano e costituiscono piuttosto,come sottolineato da Gino Benzoni, il pun-

to di vista esclusivo della Repubblica e dellasua classe di governo. I dispacci di France-sco Foscari da Costantinopoli restano inogni caso un valido strumento di studio deirapporti fra la Serenissima e l’Impero otto-mano in una congiuntura cronologica diparticolare interesse. | Evangelia Skoufari |

GRAZIELLA LUGATO, La benedeta schuola demiser San Marco da Mestre, Mestre (VE),Centro Studi Storici di Mestre, 2007, 8°,pp. 228, ill., s.i.p.

Le confraternite di penitenti e flagellantiche, nel secolo XIII, percorrevano in corteil’Italia mortificando la propria carne alla ri-cerca della salvezza eterna, col passare deltempo abbandonarono le cruente processio-ni per una diversa forma di penitenza: gliordini mendicanti – ad esempio Disciplina-ti e Battuti – si applicarono ad iniziative dicarità e preghiera verso i poveri e gli afflitti.Nacquero così quelle forme associative (laiche, religiose o miste) definite con moltinomi – come scholae, fraternitates, colligatio-nes, congregationes – che si occupavano dellagestione di ospedali e di molte altre attivitàdi assistenza ai bisognosi. In particolare,tale conversione fu molto rapida nel territo-rio di Venezia, poiché la Serenissima avevasempre osteggiato i flagellanti. Sulle isole lescuole nacquero nella seconda metà del Due-cento, mentre nel territorio mestrino la pri-ma vide la luce nel 1302: era la Scuola diSanta Maria dei Battuti, che si formò per lagestione di un ospedale riservato ai poveri.Retta da una struttura associativa cui parte-cipavano uomini e donne rappresentanti ditutte le professioni del borgo, la scuola ebberapida e fortunata espansione.I legami tra Mestre e Venezia si erano fatti,tra XIV e XV secolo, sempre più stretti, inparticolare dopo la definitiva acquisizionedella città da parte dei Dogi, nel 1388. Fuper rinsaldare questo legame, modellato an-che dagli interessi economici e pratici chemolti veneziani avevano in terraferma, chei mestrini, nonostante la vecchia scuola fos-se sufficiente, decisero di procedere alla co-struzione nella loro città di una nuova se-zione della Scuola di San Marco di Venezia.Era il 25 aprile 1424. La nuova associazionesi prodigò per quasi quattro secoli nell’assi-stenza spirituale e materiale della popola-zione, fino al 1807, anno in cui, a seguitodelle conquiste napoleoniche, la congrega-zione venne soppressa con un provvedi-mento drastico. Il colpo di spugna fu taleche, per lungo tempo, si persero le traccedella scuola e della sua sede.

Da questi presupposti è iniziato il pazientelavoro di ricostruzione storica di GraziellaLugato, che per molti mesi ha esplorato l’ar-chivio del Duomo di San Lorenzo a Mestree altri depositi di documenti alla ricerca del-la storia e dell’attività della benedeta schuolade miser San Marco. Tra i principali risultatidel lavoro della Lugato c’è l’identificazionedel sito originario della congregazione: viaPalazzo, proprio dove oggi si trova l’omoni-mo cinema. La ricchissima offerta di mate-riale storiografico è impreziosita dall’inseri-mento, all’interno del volume, delle ripro-duzioni fotografiche delle pagine e delle mi-niature della mariegola, il manoscritto checonteneva il regolamento della schuola. | Alessandro Pezzin |

ANGELIKI TZAVARA, Clarentza, une ville de laMorée latine (XIIIe-XVe siècles), Venise, Insti-tut Hellénique d’Études Byzantines et Post-Byzantines de Venise, 2008, 8°, pp. 357,s.i.p. (Tommaso Flanghini, 3).

Il volume della giovane ricercatrice grecatratta la città di Clarenza, sul litorale nord-ovest del Peloponneso, fondata dai crociatia metà Duecento. La sua posizione, in cor-rispondenza di un porto naturale protettotutt’intorno dal principato dei Villehar-douin e soprattutto dal potente castello diClermont, era strategica per il controllo deltraffico commerciale sia all’interno del Pe-loponneso che fra la penisola greca e quellaitaliana. La studiosa ha compiuto una plu-riennale ricerca negli archivi di Venezia, diFirenze e di Torino per individuare i rap-porti della città con le repubbliche italiane econ i gruppi di mercanti veneziani e fioren-tini stabilitivisi. Nel suo studio la Tzavarapresenta la storia politica della città di Cla-renza e i suoi rapporti istituzionalizzati conaltri potentati del tempo; le istituzioni am-ministrative, giuridiche, economiche e mili-tari della città, che veniva governata da uncapitano o castellano insieme alla corte deicittadini; l’organizzazione della topografiaurbana attraverso lo spoglio di testimonian-ze archivistiche, filologiche ed archeologi-che; la composizione della popolazione del-la città e la loro occupazione nei diversi set-tori della vita economica.La città era murata e disponeva di una zec-ca. Non si hanno sufficienti notizie per sta-bilire il numero degli abitanti, che in ognicaso variava per via del carattere della cittàin quanto nodo nel traffico commerciale frala penisola italiana e i territori greci; ad ognimodo la popolazione dentro le mura dellacittà non avrebbe potuto superare di molto

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le 1200 unità. I veneziani in particolare go-devano nel porto di Clarenza di sostanzialiprivilegi concessi loro dalla casa dei Ville-hardouin, cosa che di frequente provocavala reazione delle altre comunità di mercan-ti. Gli abitanti della città di origine venezia-na si erano organizzati in una comunità cheveniva rappresentata, dalla fine del XIII se-colo, da un console eletto dai membri dellastessa. I veneziani di Clarenza ebbero an-che il diritto di costruirvi una chiesa e unfondaco. Ovviamente le collezioni archivi-stiche italiane, soprattutto quelle veneziane,offrono maggiori informazioni sui residen-ti o sui visitatori “italiani” della città e sulleloro attività di natura prevalentemente eco-nomica. | Evangelia Skoufari |

SERGIO PERINI, Chioggia medievale. Documen-ti dal secolo XI al XV, 3 voll., introd. di Ghe-rardo Ortalli, Sottomarina (VE), Il Leggio li-breria, 2006, 8°, vol. I, pp. 456, voll. II e III,pp. 1336, ill., s.i.p.

Ricchissima – 2600 atti, dei quali seicentoediti qui per la prima volta – è la raccolta didocumenti pubblicata in questi tre volumi efrutto del paziente e preciso lavoro duratoanni di Sergio Perini. Il soggetto, comeenunciato dal titolo stesso, è la città diChioggia in epoca basso medievale, più inparticolare nei secoli che vanno dal Mille,per arrivare fino al tardo Quattrocento: il vo-lume di documenti qui raccolti ci offre una“vera storia di prima mano di alcuni secolidi vita chioggiotta”, come ricorda GherardoOrtalli nell’accurata introduzione all’opera.È infatti dopo il Mille che si interrompe ilsilenzio pressoché assoluto che coinvolge lefonti alto-medievali, e da queste prime do-cumentazioni, tutte conservate presso mo-nasteri e conventi religiosi, si muove la pub-blicazione. Fino al XIV secolo le fonti perve-nuteci relative alla città di Chioggia appar-tengono quasi esclusivamente all’ambitoreligioso e sono conservate negli archivi de-gli enti ecclesiastici: il primo migliaio circadi documenti qui raccolti riguarda infattisoprattutto contratti e investiture su beniimmobili posseduti da enti religiosi. Biso-gna considerare che diversi fondi archivisti-ci di quel periodo, di notevole importanzaper notizie di ambito sociale ed economico,sono andati perduti. La situazione cambianotevolmente nei secoli XIV e XV, nel corsodei quali i laici sono sempre più spesso pro-tagonisti di accordi commerciali, compra-vendite di beni, patti di apprendistato; cam-biamento, quest’ultimo, forse non tanto daleggersi come un mutamento strutturale in-

tervenuto nella società, quanto piuttosto co -me una sempre maggiore integrazione deilaici nella vita cittadina di Chioggia. Il materiale pubblicato in questi volumi rac-conta, a modo suo, una storia, e, come spes-so avviene in opere di questo tipo, quellache si racconta non è la “grande” storia del-le potenze, bensì la “piccola” storia vissutadalla comunità che ha prodotto questi docu-menti, e che, se letta in filigrana, di quella“grande” storia rappresenta l’eco. Così, adesempio, la scarsità degli atti notarili pro-dotti nel biennio 1379-1380 non può che es-sere spiegata in relazione alla terribile guer-ra con Genova che coinvolse direttamenteChioggia in quegli anni; un altro esempio èl’incremento del numero di testamenti nel1350, anno del Giubileo, in cui molte perso-ne intrapresero il lungo pellegrinaggio daChioggia verso Roma. Interessante poi dalla lettura di questo ma-teriale archivistico è l’individuazione di verie propri elementi precipui e caratterizzantiil vissuto chioggiotto: il ruolo centrale svol-to dalle saline, almeno fino al XII secolo,l’importanza del mare, più che della terra,nel lavoro quotidiano, l’alto numero di tran -sazioni commerciali inerenti imbarcazioni,con la comparsa, a metà Trecento, dei primiinvestimenti di capitali per la cantieristica econ le barche che divengono oggetto di ope-razioni finanziarie. Dei tre volumi, il primo contiene, dopoun’ampia e dettagliata introduzione storica,sociale, economica e religiosa della Chiog-gia medievale, la Mariegola dei calafiti, gliStatuti civili, il Capitolare dei salineri, la Giu-risdizione vescovile e la Promissio maleficio-rum, insieme ai regesti dei documenti pub-blicati e ai vari indici; il secondo e il terzovolume, invece, sono espressamente dedi-cati alla pubblicazione di tutti i documenti,suddivisi per secoli. | Francesca Zanardo |

GUERRINO MACCAGNAN, Quando a Colognac’erano i Podestà. Violenze e criminalità tra ilXVI e il XVIII secolo nelle lettere dei Podestà alConsiglio dei Dieci, present. di Claudio Povolo,Cologna Veneta (VR), Centro Studi “GiulioCardo”, 2006, 8°, pp. XIII-334, ill., s.i.p.

All’epoca della Serenissima Cologna potevaessere considerato un centro minore, nelsenso che aveva una dimensione intermediatra la città e una delle numerosissime picco-le comunità dell’entroterra veneziano. Que-sta caratteristica consentiva a Cologna diavere una propria autonomia politica e unaconfigurazione sociale in grado di generareuna propria memoria storica. Va considera-

immagini tratte da La benedeta schuola... (in alto)Chioggia medievale... (in basso)

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ta inoltre la collocazione di questo centro: faceva parte del territorio che circoscriveval’ingresso alla laguna veneta, e in tal sensoebbe la possibilità di godere di alcuni privi-legi. L’autonomia politica e la complessitàsociale di Cologna sono ben rappresentatedalla descrizione della struttura delle magi-strature locali, estremamente articolata, cheMaccagnan rappresenta mediante il raccon-to di alcune vicende giudiziarie che nel cor-so del Seicento investirono drammatica-mente le istituzioni colognesi.Come ben evidente nel sottotitolo, l’autoreorienta la sua indagine intorno al tema del-l’ordine pubblico mediante la descrizioneminuziosa e attenta degli episodi di crimina-lità e violenza, basandosi sui dispacci che trail XVI e il XVIII secolo i Podestà di Cologna in-viarono a Venezia per informare il Consigliodei Dieci. Questi documenti hanno reso dis-ponibile allo studio dello storico un’ingentemole di informazioni. La realtà che venivarappresentata dai Podestà era costellata diviolenze, soprusi e prepotenze: da un lato,anche se con toni eccessivi e ridondanti, taliresoconti mostravano il disagio ad affrontareuna situazione con ripetute ed eclatanti ma-nifestazioni di violenza; dall’altro i resocontinascondevano l’incapacità da parte dei Pote-stà di assolvere al compito di vigilare sull’or-dine pubblico, compito loro affidato dall’au-torità centrale della Repubblica.L’analisi condotta da Maccagnan, oltre adevidenziare la tipologia di esercizio dell’au-torità, prende in esame anche il contestonel quale si inserivano gli episodi di crimi-nalità: gran parte dei delitti si consumavanoall’interno di faide e secondo l’applicazionedi un codice d’onore. Questa tipologia diespressione della violenza è ben comprensi-bile in una realtà locale come Cologna, do-minata dall’articolazione dei poteri locali edei gruppi familiari dominanti. L’inevitabi-le conflitto generato tra l’autorità centrale el’espressione di poteri familiari locali è unodei temi presenti nei dispacci: si assiste auna progressiva trasformazione, nella qualegli equilibri di potere si evolvono semprepiù a favore dell’imposizione dell’autoritàdella Repubblica su espressioni centrifughedi esercizio di potere. Lo studio di Macca-gnan ripercorre lo sviluppo di questa realtàattraverso vicende in cui azioni di individui,vittime e autori di soprusi, si intrecciano co-stantemente con il dialogo con le istituzioni.| Massimiliano Muggianu |

GIORGIO ZOCCOLETTO, La Podesteria di Me-stre nei sedici mesi di Girolamo Barozzi, Me-stre-Venezia, Centro Studi di Mestre, 2007,8°, pp. 204, ill., s.i.p.

Zan Domenego Venier, nominato nuovo po-destà e capitano della Podesteria di Mestre,al momento della sua presa di possesso delgoverno in sostituzione del predecessore Gi-rolamo Barozzi nel marzo 1778, emana ilsuo “proclama” programmatico, che si rife-risce sia a quello del Barozzi stesso che aquelli di chi l’aveva preceduto nella carica.L’unica curiosità, dal momento che i concet-ti portanti sono più o meno gli stessi, ri-guarda il numero e la lunghezza degli “arti-coli”, 24 per il Venier, 18 per il Barozzi, cherispetto al successore è inoltre più semplicee sbrigativo, accontentandosi di esprimereidee propositive più che disposizioni, evi-denziando anche in questo il suo caratteremite e accomodante più somigliante a unbuon padre di famiglia, come in effetti egliera, che a un governante vero e proprio, so-stenuto in questo dal suo “secondo” il can-celliere Marco Lauro Rujch, esperto conosci-tore delle pratiche burocratiche.Il presente lavoro di Giorgio Zoccoletto ècondotto su precise e accurate ricerche ar-chivistiche e offre un interessante spaccatodi quella microstoria del passato, che è co-munque utile per conoscere in forma esau-stiva la realtà dei fatti colti nelle loro dina-miche quotidiane. Così l’autore divide i se-dici mesi di governo del Barozzi in due pe-riodi, dal dicembre 1776 al luglio 1777 e dal-l’agosto 1777 al marzo 1778. Siamo alla vigi-lia della fine della Serenissima e il territoriodi Mestre vive in un’atmosfera di stagnazio-ne abbastanza serena. Apprendiamo cosìdalle accurate schede finali che la Podesteriadi Mestre all’epoca era divisa in diciotto par-rocchie, che la popolazione ammontava apoco più di ventimila persone, con prevalen-za dei maschi sulle donne, che l’attività prin-cipale dei circa cinquanta villaggi era l’agri-coltura, anche se non mancavano attivitàcome la tessitura e le fabbriche di laterizi,come pure il commercio e il lavoro dei moli-ni, delle seghe, delle fucine.Più di duecento erano i poveri e gli indi-genti, c’erano inoltre quattro istituti di assi-stenza; i problemi sociali non erano molti eriguardavano la microcriminalità e la pre-senza di alcuni forestieri, per cui da questopunto di vista il lavoro del Barozzi non eramolto pesante, tanto che, prima di scadere,egli poté svuotare il piccolo carcere. Interes-sante infine sottolineare che la Podesteriadi Mestre allora non dipendeva dal capoluo-go (Venezia a quei tempi era una vera e pro-pria isola), ma da Treviso. | Giuseppe Iori |

TULLIO VALLERY, Personaggi dalmati beneme-riti, noti o meno noti, Venezia, Scuola Dal-mata dei Santi Giorgio e Trifone, 2009, 8°,pp. 197, ill., s.i.p. (Ricerche Storiche Jolan-da Maria Trèveri).

L’ottavo volume della collana Trèveri consi-ste nella pubblicazione di biografie già ap-parse in varie riviste, ma presentate in for-ma riveduta e ampliata, corredate da note eaccompagnate da illustrazioni. I personaggisono vissuti in periodi diversi dal Cinque-cento all’Ottocento e hanno intrattenuto unqualche rapporto con Venezia: alcuni vihanno trascorso parte della loro vita, altri silegarono alla città attraverso una relazionedi carattere storico-culturale, di altri infinevi si conservano cimeli e documenti.Una delle più antiche famiglie della Dalma-zia sono i conti Alberti, esuli di Firenze dalXIII secolo, noti in varie località dalmatinecome uomini d’armi, prelati, eruditi, giuri-sti e funzionari della locale amministrazio-ne. La nobiltà riconosciuta alla famiglia de-gli Alberti dalla Repubblica di Venezia ven-ne confermata anche dalle autorità austria-che nel 1822. L’archivio della famiglia Al-berti è conservato presso l’Archivio storicodi Zara e presso l’archivio della Scuola Dal-mata a Venezia. Della famiglia degli Albertisi presentano cenni biografici dei più im-portanti rappresentanti soprattutto degli ul-timi sei secoli. Il volume continua con l’esposizione di no-tizie riguardanti la vita di altri individui diorigine dalmata aventi legami con Venezia.Giovanni di Pietro da Lissa, vissuto nel XVI

secolo a Venezia, intraprese, almeno all’ini-zio della sua vita, un percorso sacerdotale,interrotto poi per diventare mercante di vini,attività documentata da numerosi mano-scritti. Giovanni Barich gestiva, insieme alpadre Tomaso, una tintoria a San Giovanniin Bragora. Nel 1794, all’età di 90 anni, pub-blicò sotto pseudonimo il libretto GiornaleSolario e pronostico perpetuo. Nicolò ZechMissevich fu ai vertici della direzione dellaScuola Dalmata per quarant’anni e contribuìa preservarla dall’incameramento francese edalle richieste del demanio austriaco. Se-guono nel testo la descrizione dell’eroicafine dello zaratino don Ambrogio Demetro-vich, ucciso dai soldati austriaci nel 1848;quella della vita di Anna Maria Marovich,delle sue opere poetiche e pittoriche su ar-gomenti religiosi e del suo operato nell’Isti-tuto “Sacra Famiglia”, conosciuto fino adoggi con il nome “Canal-Marovich”; le vi-cende del pittore Giovanni Squarcina (1825-1891) e la travagliata sorte della sua operapiù importante L’abiura di Galileo, oggiesposta nella Scuola Dalmata di Venezia. In-fine si propongono le biografie del filosofoGiorgio Politeo (1827-1913), che per un pe-

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riodo insegnò presso l’Università di Padova,del padre Alfonso Maria Orlini, eletto nel1924 ministro generale dell’ordine dei fratiminori conventuali e di Giuseppe Premuda,presidente della Società Adriatica di Naviga-zione. Dell’antichissima famiglia comitaleTassovich-Dudan si presentano sommaria-mente le note biografiche relative ad alcunipersonaggi, religiosi, giuristi, letterati, medi-ci, vissuti dal XVIII al XX secolo. Il libro si chiude con la presentazione dellatitolare della collana, la professoressa Jolan-da Maria Trèveri (1915-1998), nelle cui vo-lontà testamentarie spicca proprio l’istitu-zione di un premio annuale per la pubblica-zione di studi dalmatini. | Evangelia Skoufari |

La Contea di Gavello. Un possedimento deiFoscari in Polesine, a cura di Mario Bulga-relli, Venezia, La Malcontenta, 2007, 8°, pp. XIII-248, ill., s.i.p.

La ricerca presentata in questa pubblicazio-ne è incentrata sull’esame delle moltepliciimplicazioni sociali e culturali provocatedallo spostamento d’interessi del patriziatoveneziano dal commercio marittimo allarendita degli investimenti fondiari, proces-so avviato dopo la conquista della Terrafer-ma dove le nobili famiglie veneziane, oltreai possedimenti, acquisirono anche titoli einteressi feudali in precedenza estranei alletradizioni veneziane.Ogni capitolo è corredato da un’appendiceche riporta la documentazione relativa agliargomenti trattati, custodita soprattutto nel-l’Archivio Gradenigo Rio Marin, presso l’Ar-chivio di Stato di Venezia. Il ricco archivio,nel quale confluirono i documenti sui Fo-scari, consente di ricostruire la consistenzadei beni della famiglia nel Polesine ma an-che l’antica topografia del territorio di Ga-vello, l’assetto delle campagne e l’idrografia,fornendo al contempo utili informazionisull’organizzazione amministrativa e fiscaledella Terraferma da parte della Dominante.Nella trattazione dell’argomento sono riper-corse le vicende della contea polesana, ini-zialmente gestita dai ferraresi Gilioli, in se-guito dai veneziani Contarini dal Zaffo cheacquistarono le proprietà dai primi quandoquesti si trovarono in difficoltà economi-che, per finire con i Foscari di San Simeon,a cui i possedimenti pervennero per eredità.Nella documentazione proposta, che spaziadal XV al XX secolo, si leggono le controver-sie fra ereditari, fattori e amministratoridelle terre, le politiche matrimoniali e l’in-traprendenza delle famiglie succedutesi allaproprietà, volte a incrementarne gli introiti.

Significativamente, i Foscari si adoperaro-no affinché i beni ottenuti fossero trasmes-si pressoché integri agli eredi fino al XIX se-colo, quando questo ramo della famiglia siestinse. Oltre all’attenzione dedicata dai Foscari alla cura dei propri interessi nei ter-ritori acquisiti in Polesine, spicca il ricono-scimento per il loro contributo nel miglio-ramento dell’assetto idrogeologico dellecampagne locali, che giovò al benessere delle comunità rurali del tempo e a quelleche nei decenni successivi abitarono l’area. | Evangelia Skoufari |

Donne sulla scena pubblica. Società e politicain Veneto tra Sette e Ottocento, a cura di Na-dia Maria Filippini, Milano, Franco Angeli,2006, 8°, pp. 334, e 22,00.

D’istinto, quando si pensa ai personaggi chehanno fatto la Storia, li si immagina in “giac-ca e cravatta”. Strano, però, se si osserva cheil genere grammaticale del termine “storia”è femminile. Ed è proprio una storia di don-ne che questo volume traccia, una miscella-nea in cui si incontrano contadine e operaie,maestre e intellettuali, patriote e scrittrici,madri reali ma anche “sociali” e “simboli-che”. Se l’emancipazione femminile è certa-mente il perno, la leva della ricerca è un piùgenerale processo di libertà: lo si intuisce sindal sottotitolo. L’arco di tempo preso in con-siderazione è figlio delle rivoluzioni, quellainglese e quella francese, e degli influssi chehanno irradiato in tutta Europa. Si fa più complesso il quadro quando si con-sidera lo spazio descritto in queste pagine: ilVeneto. Una regione che attraversa trava-gliati e radicali mutamenti, passando dallagloriosa e decadente Serenissima a territorioannesso all’Impero austro-ungarico, per di-venire poi parte integrante di uno Stato ita-liano dalla decisa vocazione centralizzata.Eppure, a ben vedere, proprio perché spaziodai confini ristretti, quanto traballanti, il Ve-neto si rivela privilegiato punto di osserva-zione, riassunto sintetico di un percorso sto-rico più diffuso che troverà la sua legittima-zione nella Prima Guerra mondiale.Punto focale, lo si è detto, è l’emancipazio-ne femminile. Cionondimeno vale la penasottolineare che con essa debutta sulla sce-na storica la consapevolezza di apparteneread una comunità politica, di essere pertantosoggetti di diritti e doveri, uomini e donne,lavoratori e imprenditori: persone.Si affrontano tematiche diverse, seppure affi-ni: le donne e il rapporto con la città nel Set-tecento, quando le veneziane cominciano a“uscire di casa” in vesti, ore e forme proibite

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per legge, a presiedere in luoghi semipubbli-ci e inventarne di nuovi creando centri di in-contro e opportunità di socializzazione.Anche il Risorgimento è sentito dalle don-ne, e soprattutto è agito. Certo, il linguaggioè ancora quello di madri e sorelle e forte è l’influenza cattolica (seppure “laica”), chediventa sprone di libertà. Nondimeno lascena pubblica si apre sempre più, fino aimovimenti operai, fino alle piazze: figure didonne escono dall’ombra. | Vera Caprani |

MARIA VITTORIA ADAMI, L’esercito di SanGiacomo. Soldati e ufficiali ricoverati nel ma-nicomio veronese (1915-1920), present. diBruna Bianchi, Padova, Il Poligrafo, 2007,8°, pp. 280, ill., e 23,00.

Il volume, attraverso lo studio approfonditodi parte dell’Archivio dell’Ospedale Psichia-trico di Marzana a Verona, contenente lecartelle cliniche dell’ex-manicomio provin-ciale di San Giacomo di Tomba, analizza inprofondità il tema delle nevrosi belliche, del-le loro manifestazioni, interpretazioni e te-rapie, con particolare riferimento al periododella Prima Guerra mondiale, durante ilquale la struttura di San Giacomo di Tomba– assieme ad altre, militari e civili –, rappre-sentò un punto di raccolta per i combattentiche, sulle trincee del fronte trentino, aveva-no subito traumi e “ferite della mente”.Questo testo va collocarsi fra quelle opereche rappresentano un approccio metodolo-gico orientato all’analisi delle fonti soggetti-ve piuttosto che a ricostruzioni politico/mi-litari della Grande Guerra, rappresentandoil corollario psichiatrico di un nuovo ap-proccio storiografico allo studio della PrimaGuerra mondiale, la cui nascita è da ricon-dursi alla metà degli anni Ottanta. Il lavorodi Maria Vittoria Adami esprime l’esigenzadi soffermarsi sul vissuto del soldato per de-lineare e studiare la connessione tra identi-tà personale ed esperienza bellica, dandocosì voce ad aspetti che in passato erano sta-ti scarsamente considerati. Peculiare la volontà dell’autrice di sviluppa-re e mettere a fuoco la formazione dei me-dici che lavorarono nell’ospedale di SanGiacomo, sottolineando come la loro espe-rienza ebbe anche un riverbero nel dibattitoche si svolse a livello nazionale sulle rivistespecialistiche relativamente al fenomeno del-le nevrosi riscontrate nei soldati. Lo studiopreciso delle annotazioni cliniche e dell’at-teggiamento dei medici nei confronti dei sol-dati e delle loro famiglie ha permesso sia diricostruire la pratica clinica quotidiana sia disottolineare un altro aspetto importante del-

la ricerca: il comportamento differente del-l’ospedale di San Giacomo rispetto ad altrestrutture militari. Da San Giacomo, infatti, isoldati uscirono per lo più riformati, al con-trario di quello che accadeva nella contropar-te militare, dove il tasso di uomini recupera-bili al servizio attivo era molto più alta.L’opera è impreziosita da documenti origi-nali prodotti dagli uomini ricoverati: letterealle famiglie e ai propri cari, disegni, autori-tratti e poesie, che trasmettono senza filtri ilvissuto e i sentimenti di questi sfortunati figli della guerra. | Martina Ceron |

GIULIANO LENCI, Le giornate di Villa Giusti. Sto-ria di un armistizio, present. di Mario Isnen-ghi, Padova, Il Poligrafo, 2008, 4°, pp. 261,ill., e 26,00.

Tutti gli italiani probabilmente hanno sen-tito parlare del Bollettino della Vittoria concui Armando Diaz, comandante supremodell’esercito italiano, annunciava il 4 no-vembre 1918 la definitiva sconfitta delletruppe austro-ungariche e la fine dellaGrande Guerra, mentre un avvenimento al-trettanto importante, anche perché premes-sa necessaria al Bollettino, è poco conosciu-to e sottovalutato per il suo significato. Miriferisco all’armistizio di Villa Giusti, firma-to il giorno prima alla Mandria in periferiadi Padova tra i rappresentanti dei ComandiSupremi dei due eserciti in lotta, alla pre-senza di alti ufficiali delle Potenze alleatedell’Italia. La pubblicazione di GiulianoLenci, pisano di origine che vive a Padovada molti anni, medico, appassionato studio-so soprattutto di avvenimenti militari, tracui il Risorgimento, le due guerre mondia-li, la Resistenza, si propone come un ottimocontributo per completare la conoscenza diun momento decisivo per la nostra storia.Lenci infatti non si limita a descrivere igiorni delle trattative, ma li inserisce in uncontesto ben più vasto, riproponendo l’iterdelle operazioni belliche, con particolare ri-guardo al periodo tra la sconfitta di Capo-retto (1917) e il successo decisivo di VittorioVeneto. Da acuto e preciso studioso, l’auto-re non solo compulsa e sceglie le fonti, male rielabora in un discorso che avvince e ap-passiona. Si veda, ad esempio, l’analisi cheegli propone della posizione degli stati im-pegnati nel conflitto nell’ultimo anno: ilfronte centro-europeo che vede da un lato letruppe francesi e inglesi, supportate dallapresenza sempre più importante dell’eser-cito degli USA e anche da un contingenteitaliano, e dall’altro una Germania semprepiù debole, ma ancora potenzialmente peri-

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colosa; il fronte italiano, dove il nostro pae-se riesce progressivamente a ritrovarsi dopoCaporetto e, dopo la battaglia del solstiziodel 1918, decisamente all’offensiva controun impero multinazionale, che, pur resi-stendo con tenacia, stava ormai implodendonella frantumazione delle troppe nazionali-tà che lo componevano.Esemplare per sintesi e chiarezza è anche ladescrizione della conduzione delle trattativeper arrivare all’armistizio; Lenci dimostracome dalla “lunghezza” di queste trattativedipendesse l’esito più o meno veloce e con-sequenziale del conflitto, in quanto il crollodegli austroungarici determinerà la sconfit-ta pure della Germania, non solo, ma anchel’impossibilità dell’Italia di attaccare a suavolta la Germania nel suo territorio, inquanto l’armistizio di Compiègne segneràla conclusione definitiva della guerra, e an-che per questo in molti libri di storia euro-pea Compiègne ha uno spazio più ampio ri-spetto a Villa Giusti.Il volume, che si apre con una Presentazionedi Mario Isnenghi, è corredato da una riccadocumentazione iconografica che illustracon precisione i fatti narrati. | Giuseppe Iori |

CLAUDIO RIGON, Passato presente 1922-24/2002-06. Sulle orme di C.D. Bonomo, foto-grafo: i cimiteri di guerra dell’Altipiano, Vicenza, Galla Libreria Editrice, 2006, 8°,pp. 120, ill., o 20,00.

Nel 1924 Cristiano Domenico Bonomo, foto-grafo ed editore di Asiago, fotografava e pub-blicava quarantuno foto dei cimiteri di guer-ra sparsi sull’Altipiano. Immagini belle materribili, impaginate come in un catalogo.Gli inglesi avevano cimiteri in esclusiva,tutti uguali: minuscoli, ordinati, lindi, pratoverde e ben curato, bassa recinzione in pie-tra e cancelletto d’accesso. Poi c’erano, spe-cialmente al Mosciagh, undici piccoli cimi-teri austriaci con meno di seimila salme.43.000 soldati, tra italiani, austriaci e fran-cesi, giacevano sotto gli stessi fazzoletti diterra, in Val di Nos, a Lemerle, a Camporo-vere, al Passo dell’Agnella sull’Ortigara ecc.Pochi i francesi, erano stati sepolti a Concoinsieme a 2064 italiani. Cinquantamila mor-ti in tutto: 696 inglesi, 280 francesi e i ri-manenti quarantanovemila italiani e au-striaci. In omaggio alla retorica fascista, il li-bro usciva con il titolo Visioni di gloria.Nel 2002 un altro fotografo vicentino, Clau-dio Rigon, decide di rifare lo stesso identicolavoro di Bonomo, un po’ per curiosità pro-fessionale, un po’ per vedere, a ottant’annidi distanza, cosa rimaneva del glorioso pas-

sato. Ricerca uno per uno quei quarantunocimiteri e li rifotografa, dallo stesso puntodi ripresa scelto da Bonomo e con la stessainquadratura. Realizza così quarantunofoto che pubblica, una per pagina, sotto lerelative immagini del 1924, nel volume Pas-sato presente 1922-24/2002-06. Integrano lapubblicazione una piantina topografica conla dislocazione dei quarantuno cimiteri diguerra dell’Altipiano, la loro storia racchiu-sa nel saggio introduttivo di Mauro Passa-rin, conservatore del Museo del Risorgi-mento e della Resistenza di Vicenza, e ilracconto che l’autore fa della sua avventurafotografica sulle orme di Bonomo.Talvolta le immagini accostate sono perfet-tamente sovrapponibili, come quelle deicinque cimiteri inglesi rimasti immutati neltempo. Ma in tutti gli altri casi si notanocambiamenti. Alcuni cimiteri appaiono ri-fatti alla maniera moderna. Altri sono staticancellati dal paesaggio: boschi, strade ocase. Talora se ne intravvede qualche trac-cia, un pezzo di muro di cinta, una croce,una lapide. | Anna Renda |

GIORGIO TREVISAN, Memorie della GrandeGuerra. I monumenti ai Caduti di Verona eprovincia, Sommacampagna (VR), Cierre,2005, 8°, pp. 104, ill., e 10,00.

Come spiega G.L. Mosse nel suo importan-te testo sul mito dei caduti, nel Primo con-flitto mondiale l’incontro con la morte dimassa fu la fondamentale esperienza checoinvolse milioni di europei al fronte, se-gnando in modo indelebile l’immaginariocollettivo e richiedendo di conseguenza unastraordinaria operazione di elaborazionedel lutto all’interno della quale la realtà vio-lenta, brutale, nello stesso tempo orrida e meschina della guerra, si trasfigurò nelmito. La morte anonima e insensata assurseal ruolo di martirio, momento culminantedi una religione civica di rigenerazione nazionale che nobilitò l’evento, innalzando-lo nel regno del sacro. In questo processo, in cui la funzione con-solatoria di rimozione si connetteva all’esi-genza di rifondazione del consenso, ebbeun ruolo fondamentale la proliferazione dimonumenti ai caduti che si diffuse capillar-mente nell’Europa devastata dal conflitto.Sulla scia dei lavori pioneristici di Monte-leone e Sarasini, il testo di Giorgio Trevisanprende in esame l’area del veronese, rico-struendo con dovizia di particolari e ampiriferimenti iconografici il fervore costrutti-vo e commemorativo che animò il capoluo-go, come i piccoli comuni della provincia,

fra la fine del Primo conflitto mondiale e glianni Trenta.Diversi i temi di interesse del lavoro di Tre-visan, che integra, e in parte rivede su baselocale, i risultati di ricerche di più ampio re-spiro. In primo luogo un attento esame del-le fonti mette in luce l’alone prima e lo stra-scico poi di piccole polemiche che accompa-gnarono l’erezione di molti di questi monu-menti, dimostrando che, come spesso acca-de, anche lo spazio dell’elaborazione colletti-va del lutto è, all’origine, prima di diventareorizzonte di riferimento comune, un’areacontesa. C’è spesso una preventiva disputasull’opportunità di queste iniziative. Comecoda dei laceranti contrasti fra interventisti eneutralisti si trova infatti la pregiudiziale op-posizione della componente massimalistadei socialisti, ma ci sono anche, su posizionipiù moderate, voci come quelle di EttoreJanni che propone prammaticamente di edi-ficare scuole, ospedali, asili d’infanzia, sana-tori a memoria dei caduti, preservando l’am-biente dal moltiplicarsi disordinato di statuee steli di dubbia qualità estetica.Altro aspetto in parte innovativo dell’inda-gine di Trevisan riguarda il confronto fra latarda età liberale (dal 1919 al 1922) e l’era fa-scista. L’analisi di Monteleone e Sarasinimetteva in luce una sostanziale continuitàfra queste due fasi con la ripresa di stessitemi iconografici. Fra questi i più ricorrentierano la figura femminile, raffigurante la pa-tria o la vittoria, a seconda dei casi in pose vi-rili o materne, e il soldato, con cipiglio guer-riero, in atteggiamento meditativo, oppureaccasciato e morente, spesso fra le bracciadella patria/madre. Trevisan, al contrario,nota come nel veronese si possa riconoscereuna evidente soluzione di continuità: se nel-le sculture della stagione liberale è più evi-dente la funzione consolatoria e il momentointrospettivo, con l’avvento del fascismo imonumenti cominciano a rievocare l’idea diforza virile, la componente aggressiva: dal ri-cordo contrito si passa all’esaltazione dell’at-to come nel concitato gruppo di Isola dellaScala, “un’opera dall’aria quasi barbarica” incui un fante dall’anacronistico equipaggia-mento (elmetto militare, baionetta e scudoromano) schiaccia e travolge con brutale fu-ria un’aquila morente, simbolo dell’Austriasconfitta. | Ferdinando Perissinotto |

GIUSEPPE MUSUMECI, La Grande Guerra nel-le retrovie, Valdagno (VI), Gino Rossato edi-tore, 2007, 8°, pp. 131, ill., e 16,00.

Il Jus Publicum Europeaum, il codice di nor-me non scritte, ma universalmente ricono-

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sciute, che ordinava, secondo Carl Schmitt,le relazione fra gli Stati europei dalla pacedi Westfalia fino al primo Novecento, pre-vedeva delle forme implicite di regolamen-tazione dei conflitti che saltarono nellaGrande Guerra quando lo scontro fu proiet-tato oltre ogni limite. La mobilitazione tota-le delle risorse della nazione, gettate nellafucina del devastante del conflitto, richiede-va infatti la partecipazione collettiva di tuttala popolazione allo sforzo bellico. Gli appa-rati economici e produttivi dei grandi statiindustriali furono finalizzati all’immane car -neficina: i lavoratori nelle fabbriche delle re-trovie svolgevano un compito complemen-tare a quello dei soldati al fronte e, proprioper questo, diventavano, assieme a tutti glialtri civili, obiettivo diretto degli attacchi ne-mici, limitati, fra il 1914 e il 1918, solo dallarestrizione delle tecnologie offensive – lagittata delle artiglieria, la debole capacità dicarico dell’aviazione – piuttosto che da or-mai superati tabù normativi. Giuseppe Musumeci vuole sottolineare pro-prio questo fondamentale passaggio di men -talità nella parte introduttiva del saggio, de-dicata ad una rapida ricostruzione delle vi-cende militari del conflitto e soprattutto allesue caratteristiche di guerra totale. Nel Pri-mo conflitto mondiale la vita nelle imme-diate retrovie del fronte muta radicalmente,come dovettero constatare tragicamente glistessi abitanti di Castelfranco Veneto, città a cui è rivolto uno specifico approfondi-mento nel saggio di Musumeci. Se nei pri-mi tempi – quelli di un conflitto con le ca-ratteristiche ancora di uno scontro ordinatoottocentesco – l’arrivo delle truppe e l’in-stallazione dei comandi e dei depositi di re-trovia furono un rigoglioso incentivo per icommerci e l’industria locale, con un mi-glioramento complessivo delle condizionidi vita della cittadina e delle campagne, do -po il crollo di Caporetto, quando gli austria-ci giunsero a ridosso del Tomba e del Grap-pa, Castelfranco conobbe, con un anticipodi quasi trent’anni sulla media europea, ledrammatiche conseguenze di un conflittototale. La città fu fatta segno di pesanti bom-bardamenti aerei che, prendendo di mira lastazione dell’importante nodo ferroviario,seminarono panico e distruzioni nella città,provocando decine di morti.Prima di approfondire la situazione del ca-stellano, il testo di Musumeci affronta iltema complessivo della vita nelle retrovie:dalle necessità dei rifornimenti e degli ac-quartieramenti militari, all’urgenza degliospedali fino alla presentazione delle primerudimentali strutture ricreative. Costruite ingran numero, soprattutto dopo la catastrofedi Caporetto, per sostenere il morale dei sol-dati che temporaneamente lasciavano ilfronte, tali strutture andavano dalle Case del

soldato – dove i soldati potevano assistere aqualche spettacolo cinematografico o teatra-le o magari, i molti di loro analfabeti, trovareun aiuto per scrivere a casa – ai postriboli permilitari – necessaria “istituzionalizzazione”della prostituzione, rigidamente controllataper evitare il diffondersi di malattie venereenell’esercito. Sono le pagine dedicate alla vitadei militari nelle retrovie le più interessantidel testo, tutte rivolte a sottolineare quella ri-cerca di “una vita quasi normale” che ani-mava i soldati in questo breve intermezzo di calma, sospeso fra l’orrore delle trincee. | Ferdinando Perissinotto |

FILIPPO MARIANI - FRANCESCO STOCCO - GIOR-GIO CROVATO, La reinvenzione di Venezia.Tradizione cittadine negli anni ruggenti, pre-faz. di Marco Fincardi, Padova, Il Poligrafo,2007, 8°, pp. 194, e 20,00.

La politica di nazionalizzazione delle massecostituisce uno degli aspetti di maggior mo-dernità del fascismo, ciò che distingue inmodo più netto questo regime dalle tradi-zionali forme di autoritarismo reazionario.La volontà di rafforzare la propria base diconsenso e nello stesso tempo il tentativo dirispondere a un reale bisogno di nuovo pro-tagonismo sociale da parte delle massespinse il fascismo a cercare di individuare,al di fuori di ogni partecipazione democra-tica, nuove forme di mobilitazione gregariadei ceti popolari. Il bel testo, che raccoglie isaggi di Filippo Mariani, Francesco Stocco eGiorgio Crovato, focalizza l’analisi delle for-me di produzione del consenso nello scena-rio della Venezia del Ventennio, mostrandocome per il capoluogo veneto i processi d’al-largamento della partecipazione popolare siconiugassero con una dichiarata volontà dirinverdire il mito della Serenissima, in pie-na coerenza con i fasti e le ambizioni impe-riali del regime.Diverse le linee attraverso cui si articolaquesto progetto, tutte convergenti in unanuova istituzione: l’Opera Nazionale delDopolavoro (OND) che tra il 1925 e la Secon-da Guerra mondiale avrebbe avuto il compi-to di mobilitare i ceti popolari, aprendo an-che alle classi subalterne possibilità di pro-mozione culturale e di svago prima appan-naggio solo della buona borghesia ma, nellostesso tempo, inquadrandole in una struttu-ra rigidamente controllata e permeata dall’i-deologia del regime. Esempio illuminantedi penetrazione totalitaria nella società,OND, guidata a Venezia inizialmente dallungimirante Antonio Pellegrini, si ramifi-cava in svariati ambiti, tutti indagati dai di-

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versi saggi del testo: dalle attività culturali,con la promozione di concerti, bande, filo-drammatiche, opere teatrali; al turismo,straordinaria novità per la maggior parte deipopolani veneziani; allo sport, di cui veniva-no privilegiati i settori più consoni alla tra-dizione marinara veneziana, come le specia-lità nautiche, o quelli più moderni e innova-tivi, capaci di dare lustro al regime e alla cit-tà, quali le competizioni aeronautiche.Capitolo a parte: il cinema, arte predilettadal regime per le sue straordinarie capacitàdi fascinazione e coinvolgimento emotivo.Proprio all’utilizzazione propagandisticadella “settima arte” dedica pagine interes-santissime il saggio di Filippo Mariani, rie -vocando le grandiose proiezioni di massaorganizzate dal regime negli anni Venti inpiazza San Marco, trasfigurata da una mu-tazione estetica: “da salotto borghese a spa-zio di esaltazione collettiva”. Davanti aduno schermo gigantesco che proiettava adun pubblico elettrizzato per la novità dell’e-vento pellicole inneggianti al regime, si of-ficiava una liturgia propria del fascismo,quell’estetizzazione della politica all’internodella quale le masse, insieme compatto,plaudente ed indistinto, dovevano figurarecontemporaneamente come spettatrici eprotagoniste delle grandi coereografie attra-verso cui si giustificava e celebrava l’ideolo-gia totalitaria. | Ferdinando Perissinotto |

“La provincia più agitata”. Vicenza al tempodi Salò attraverso i Notiziari della Guardianazionale repubblicana e altri documenti dellaRsi (1943-1945), a cura di Emilio Franzina,Padova, Istituto veneto per la storia dellaResistenza e dell’età contemporanea - Cleup,2008, 8°, pp. 278, e 20,00.

Lo storico Emilio Franzina ha pubblicato iNotiziari giornalieri della Guardia naziona-le repubblicana, insieme ad altri documentidella Repubblica sociale sulla situazioneesistente a Vicenza fra il 1943 e il 1945. Unazona, precisa il curatore, “niente affatto pe-riferica come il Vicentino, in cui preseroprovvisoriamente corpo le istituzioni del-l’effimero Stato collaborazionista”. Sono te-sti con dati precisi, notizie circostanziate,poche le valutazioni; spesso qualche cennoper spiegare certi comportamenti. Il curatore sottolinea che molto presto si av-vertono “avvisaglie di una mobilitazione po-polare spontanea”, espressa in atti indivi-duali di sabotaggio o occultamento di armi emunizioni, o “in atti di solidarietà verso glisbandati”. Ma viene anche ricordato che c’èstato un collaborazionismo da parte non tan-

to dei giovani e giovanissimi che si arruola-rono nella Rsi, ma delle “seconde file del re-gime entrato in crisi già prima del 25 luglio”.La preoccupazione fondamentale dei tede-schi, al di là della stabilità dell’ordine pub-blico, fu quella di sfruttare a fini bellici le ri-sorse locali e di “dare risposte pronte e sod-disfacenti alle esigenze di forniture, di ap-provigionamenti e di reclutamento di ma-nodopera agricola e industriale”. Ma pro-prio i tentativi di realizzare questo obiettivodeterminarono un atteggiamento collettivodi resistenza, tanto che, ci informano alcu-ni documenti, giungono a militari stranieri“persino lettere di esortazione a lasciare lacittà”. La lettura di questi documenti ci for-nisce un quadro attendibile della vita quoti-diana, degli “umori”, delle reazioni all’occu-pazione tedesca, delle prime tendenze di “re-sistenza”, insieme a quelle apertamente col-laborazioniste, di una provincia considerata“più agitata” rispetto a quelle di Rovigo, Pa-dova, Venezia, come afferma il direttore del“Resto del Carlino” Giorgio Pini in visita diispezione al Nord per conto di Mussolini.| Mario Quaranta |

ERNESTO BRUNETTA, Campagne e Resistenzanel Trevigiano, Treviso, Città di Treviso -Istresco, 2006, 8°, pp. 140, ill., e 14,00.

Brunetta ridisegna una sintetica ma efficacestoria economico-sociale del Trevigiano traOtto e Novecento, concepita alla stregua diindispensabile premessa alla comprensionedelle contraddizioni della Resistenza trevi-giana. Il sovraffollamento delle campagne,la pellagra, i contratti agrari, la grande emi-grazione (la prima “rivoluzione sociale” delVeneto dell’Ottocento), il larvato sovversivi-smo antiborghese e anticittadino delle mas-se rurali, la prima industrializzazione, la na-scita delle leghe bianche e l’affermazionedecisiva di un consistente ceto di piccoli pro-prietari, la crisi degli anni Venti e Trenta, itumulti annonari, l’incipiente frattura tramondo contadino e classe operaia. Tutti ele-menti che fanno da sfondo a una lettura del-le vicende politiche della prima metà del No-vecento fino al momento decisivo della guer-ra e del movimento di liberazione, cui siconnette il filo rosso di un’interpretazionedella storia di questo angolo di Veneto rura-le segnata dalla disincantata categoria della“sopravvivenza come norma”. Si tratta del-l’atteggiamento delle masse rurali, poco opunto politicizzate, del senso di radicataestraneità e di indifferenza del contadinomedio di fronte allo Stato e ai governi, allacultura e alla politica con cui la Resistenza

dovette fare inevitabilmente i conti.Brunetta sottolinea continuamente la com-plessità della situazione durante la guerra,soffermandosi sulle convergenze oggettiveche, volta a volta, venivano a determinarsitra le battaglie del movimento partigiano e lestrategie di sopravvivenza delle campagne(l’avversione agli ammassi per esempio). Magli errori politici e le aporie del classismotradizionale nel movimento partigiano chesi rifaceva alla sinistra comunista e sociali-sta, le incomprensioni e l’atteggiamento eli-tario dei gruppuscoli azionisti, la spirale per-versa delle rappresaglie nazifasciste, inevita-bilmente attribuite all’avventurismo dei par-tigiani, il banditismo e la criminalità prezzo-lata che confondeva le acque, contribuironoa creare quella frattura sociale e politica cheil dopoguerra si incaricherà di sanzionarecon la larga e incontrastata egemonia delmovimento cattolico e della Chiesa.Certo, viene da chiedersi allora dove si col-lochino precisamente l’efficacia militare ela valenza pratico-politica della Resistenza.Domanda alla quale Brunetta sembra ri-spondere nel momento in cui lascia intuireche i combattenti della Resistenza aderiro-no a un imperativo morale in senso kantia-no, alla convinzione di essere dalla partegiusta e che nulla avrebbe potuto sviarli dauna battaglia che nella sua incondizionatez-za avrebbe anche potuto lasciar dietro di sé,come inevitabile portato della storia, unascia di rancore e odio che ancora pesa sulnostro destino. | Michele Simonetto |

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Domenico Piola (1627-1703)

e Stefano Camogli(1610-1690)

Allegoria della Primaverae dell’Estate

Chiavari (Genova), Palazzo Rocca,

Raccolta Torriglia

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nb 63l’editoria nel venetonb

per una storia

dell’architettura

nel veneto

Opere, protagonisti, modellidall’antichità ad oggi

Guido Galesso Nadir

Una collana dedicata alla “Storia dell’archi-tettura nel Veneto”: promossa dalla Regio-ne del Veneto con il patrocinio del CentroInternazionale di Studi di Architettura An-drea Palladio di Vicenza, questa nuova im-presa editoriale, di cui qui si presentano iprimi tre volumi pubblicati, si propone dicolmare l’assenza di un’opera destinata aconsiderare complessivamente l’architettu-ra nel Veneto. L’opera prevede dieci volumiestesi dall’antichità romana a Carlo Scarpa,dall’Arena di Verona alla tomba Brion di Al-tivole, ognuno curato da distinti studiosichiamati a coordinare i contributi di espertidei differenti periodi. Affrontare la produ-zione architettonica, nelle intenzioni diGuido Beltramini e Howard Burns che nedirigono la realizzazione, significa rinnova-re nel metodo gli studi, con nuove campa-gne di ricerca capaci di considerare l’archi-tettura come esito e sintesi di molteplici fat-tori, politici, economici, istituzionali, espres -si dalle società. Questo approccio esige l’ap-porto di specifiche competenze di studio e ilconcorso di esperti, italiani e internazionali,in precedenza affermati nei distinti ambiti.

Storia dell’architettura nel Veneto. Il Seicento,a cura di Augusto Roca de Amicis, fotogra-fie di Fulvio Orsenigo e Alessandra Che-mollo, Venezia, Regione del Veneto - Mar-silio, 2008, 4°, pp. 338, ill., s.i.p.

Augusto Roca de Amicis nell’introdurre ilprimo volume della collana, dedicato all’ar-chitettura del Seicento, pone l’accento in-nanzitutto sulla necessità di rivedere l’im-magine consolidata di un secolo nel quale sisvolse un univoco processo di decadimentoeconomico e sociale dei territori inscrittinella Serenissima, opponendovi un profilo

molto più contrastato che trova un riscontroanche nella produzione architettonica. Afronte di una crisi prodotta dalla contrazio-ne dei commerci marittimi, la Repubblicavisse uno sviluppo dell’economia fondiarianell’entroterra veneto, con una conseguen-te crescita demografica di alcune aree nellequali l’investimento nella riqualificazionedella villa, come centro dell’attività agricola,si accompagnò alla ridefinizione della fun-zione rappresentativa della sua architettura,che ebbe nel secolo il suo apogeo. In secon-do luogo Roca coglie la necessità di appro-fondire le relazioni con i modelli della nuo-va architettura romana. I saggi che compongono il volume orienta-no il lettore verso una considerazione arti-colata della produzione architettonica nelVeneto nel Seicento, considerando preci-puamente proprio gli aspetti economici, po-litici e istituzionali entro cui l’architetturafu chiamata a svolgere un nuovo ruolo ri-spetto alla prestigiosa tradizione cinquecen-tesca, consolidata e in lenta evoluzione an-cora nei primi decenni del secolo grazie al-l’opera degli “architetti-funzionari”. In par-ticolare emerge l’importanza di considerarele diverse esigenze della committenza, nonriconducibili a quelle presenti nella Domi-nante. Il conseguente esame della produzio-ne nelle diverse province – esteso a Brescia,Bergamo e al Friuli, luoghi allora inclusinei territori della Repubblica – e le rifles-sioni relative ai fattori specifici che agirononei singoli contesti, pubblici e privati, del-l’architettura civile e religiosa completanoun quadro al quale contribuisce con effica-cia l’inedita e accurata ricerca iconografica.

INDICE: I contesti dell’architettura: Augusto RocaDe Amicis, Contesti e linguaggi architettonici: unapanoramica sul Seicento veneto | Edoardo Demo,Venezia e il Veneto nel secolo del presunto declino |Martina Frank, Committeza pubblica e privata |Andrea Ferrarese, Città e campagna: economia eforme di insediamenti nel territorio della Serenissi-ma | Venezia: dall’architettura delle maestranzealla maturità di Longhena: Augusto Roca De Ami-cis, Il primo Seicento e l’architettura dei proti |Alessandro Borgomainerio, Venezia dopo la pe-ste: l’architettura civile | Andrew Hopkins, SantaMaria della Salute e l’architettura sacra | La terra-ferma: architetture in città e in villa: Franco Bar-

bieri, Vicenza | Augusto Roca De Amicis, Pado-va | Augusto Roca De Amicis, Verona | Gianma-rio Guidarelli, Treviso e la Marca | GianmarioGuidarelli, La Patria del Friuli | Roberta M. DalMas, Belluno e Feltre | Irene Giustina, Brescia eBergamo | Il barocco e il Veneto: ricezioni e resi-stenze: Augusto Roca De Amicis, L’architetturadegli ordini religiosi | Augusto Roca De Amicis,Apporti esterni | Augusto Roca De Amicis, Anto-nio Gaspari e un dialogo con il barocco romano |L’architettura a Venezia nella seconda metÀ delsecolo: Gianmario Guidarelli, L’architettura ci-vile | Augusto Roca De Amicis, Le chiese e le fac-ciate commemorative | Apparati: Fonti su archi-tetti e committenti: Andrew Hopkins, Relazionie proposte su Santa Maria della Salute | AugustoRoca De Amicis, Guarino Guarini e la chiesa diSan Gaetano a Vicenza | Augusto Roca De Ami-cis, Antonio Gaspari e il duomo di Este | Laura Or-sini, Il disegno di architettura | Daniela Tovo,Trattatisti, conoscitori, guide | Laura Orsini, Profi-li biografici | Bibliografia | Laura Orsini, Indice deinomi | Laura Orsini, Indici dei luoghi.

Storia dell’architettura nel Veneto. L’altome-dioevo e il romanico, a cura di JuergenSchulz, fotografie di Filippo Romano, Ve-nezia, Regione del Veneto - Marsilio, 2009,4°, pp. 214, ill., s.i.p.

Il secondo volume, in ordine temporale diuscita, della Storia dell’architettura nel Vene-to, dedicato all’altomedioevo e al romanico ecurato da Jurgen Schulz, comprende dueampi saggi, rispettivamente di Gian PietroBrogiolo e di Giovanna Valenzano. La scel-ta di limitare a due soli studiosi i due di-stinti momenti considerati differisce sensi-bilmente da quella operata nel volume pre-cedente, dove era presente una pluralità divoci coerente con l’approccio metodologicodella collana voluto da Guido Beltramini eHoward Burns. L’introduzione di Jurgen Schulz proponeun rapido profilo storico del lungo periodoconsiderato, in cui lo studioso distingue leprincipali e profondamente distinte fasi, la-sciando a Gian Pietro Brogiolo e a Giovan-na Valenzano di interpretare i loro saggi in

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modo metodologicamente distinto. Brogio-lo avvicina il lettore descrivendo le diver-se testimonianze sopravvissute e conside-rando le città e le profonde trasformazioniche esse subirono fra tardoantico e altome-dioevo; trasformazioni individuate sia nelmutare della gerarchia fra le parti che lecomponevano e di queste rispetto al territo-rio, sia nelle diverse tipologie architettoni-che evolute per rispondere alle inedite esi-genze. Ciò avvenne in particolare alle forti-ficazioni, agli edifici di culto complementa-ri alla diffusione del Cristianesimo, ai luo-ghi del potere politico e alle residenze pri-vate. Sono esaminate inoltre le testimo-nianze degli edifici sorti per rispondere alleesigenze della nuova configurazione assun-ta dal territorio, come i castelli, i monasterie l’architettura rurale.Ben diversa è l’impostazione scelta da Gio-vanna Valenzano, propensa ad inserire l’ar-chitettura veneta nel più ampio dibattito re-lativo alla definizione di romanico europeo.La studiosa ha circoscritto il proprio inte-resse all’architettura ecclesiastica fra XI eXII secolo e ha esaminato distintamente gliedifici sopravvissuti ai secoli, consapevoledella difficoltà costituita dalle trasformazio-ni radicali subite in epoche successive datutte le principali cattedrali nel Veneto,come avvenne per la cattedrale veneziana diSan Pietro in Castello. Significativa la con-statazione dell’ampiezza e varietà di solu-zioni presenti nell’architettura religiosa del-la regione, come nell’ambito particolare deisistemi di copertura a volta e a cupola. I cen-tri locali attestano la capacità di ricezione diesperienze eterogenee, riconducibili anchea relazioni con terre lontane. L’analisi degliedifici e il loro confronto impediscono di af-fermare l’esistenza di un’architettura roma-nica veneta, bensì attestano sia la persisten-za del patrimonio locale ereditato, sia l’ac-coglienza data a soluzioni provenienti daluoghi lontani dalla regione, senza le qualisarebbe impensabile l’originalità di edificiquali la cappella dogale di San Marco a Ve-nezia. Di singolare interesse la revisionedella teoria secondo la quale vi sia stata una

dipendenza dell’architettura veronese ri-spetto a quella lombarda, alla luce, peresempio, della precedenza delle volte a cro-ciera della chiesa di San Fermo e Rustico ri-spetto a quelle di Sant’Ambrogio di Milano.

INDICE: Juergen Schulz, Introduzione | Gian Pie-tro Brogiolo, Architetture e insediamenti nella Ve-netia et Historia tra VI e X secolo | Giovanna Va-lenzano, L’architettura ecclesiastica tra XI e XII se-colo | Apparati: Bibliografia | Indice dei nomi | In-dice dei luoghi.

Storia dell’architettura nel Veneto. Il Gotico, a cura di Juergen Schulz, fotografie di PieroCodato e Massimo Venchierutti, Venezia,Regione del Veneto - Marsilio, 2010, 4°, pp. 205, ill., s.i.p.

Il terzo volume dedicato alla storia dell’ar-chitettura del Veneto analizza i tre seco-li nei quali si diffusero le forme gotiche e presenta un ampio e approfondito quadrodella realtà architettonica che si affermò dal dodicesimo al quindicesimo secolo nel-la regione. Schulz nell’introdurre l’opera affronta inprimo luogo i limiti di una netta definizio-ne del termine storiografico di “gotico” apartire dall’accezione negativa, coniata nelCinquecento in Italia, fino al suo riscatto ot-tocentesco; traccia quindi un profilo storicodell’assimilazione da parte dell’architetturaitaliana e in particolare veneta di morfologiee stilemi di origine francese, dal tardo XII

secolo, diffusi ed evoluti a contatto con unastratificata cultura edilizia preesistente. Lasintesi che ne fu l’esito generò, a parere del-lo studioso, forme originali a loro volta pro-fondamente sedimentate nei secoli succes-sivi nell’architettura del Veneto, quando fu-rono declinate secondo i materiali e le tec-niche offerte dalla tradizione.L’opera si compone di due articolati capito-li. Nel primo Schulz segue la genesi dei

palatia communia, ossia dei palazzi pubblicisorti già nella prima metà del XII secolo, cheassunsero progressivamente le forme defi-nitive proprio nel periodo nel quale pene-travano in un’area più estesa dell’attualeVeneto le prime soluzioni formali di origi-ne francese. La complessa genesi, ora soloin parte leggibile, di Palazzo Ducale di Ve-nezia, del Palazzo Comunale di Verona, delPalazzo della Ragione di Padova e del Pa-lazzo della Ragione di Vicenza, viene de-scritta nei rapporti con la tradizione roma-nica, sedimentata ma tutt’altro che inerte.Il capitolo successivo di Herbert Dellwing èdiviso in due paragrafi, rispettivamente de-dicati all’architettura sacra e all’architetturaprofana. Lo studioso pone l’esigenza di spe-cificare la particolare condizione e gli esitidell’assimilazione della nuova concezionedi origine francese, mediata dalle maestran-ze cistercensi, introdotta prima in Lombar-dia e quindi nel Veneto. Egli riconosce l’a-dozione di singole soluzioni morfologiche estilistiche gotiche, tuttavia scelte e rielabo-rate in autonomia e inserite in una sintassiche permane ancorata al vitale retaggio del-l’antichità classica. Gli esiti di questa sinte-si produssero uno stile peculiare di cui Dell-wing segue il processo genetico fin dalla co-struzione, dal 1235, della basilica padovanadi Sant’Antonio. Fu proprio nell’ambito de-gli edifici eretti dagli ordini mendicanti cheprese forma l’originale linguaggio goticoitaliano e veneto. Considerando l’architettu-ra civile, lo studioso coglie un processo ana-logo, che inizia a Venezia dal settimo de-cennio del Duecento per poi dispiegarsi nel-la terraferma. L’apparato fotografico del volume accompa-gna con puntualità ed efficacia i saggi, per-mettendo al lettore anche non esperto il ri-scontro delle descrizioni condotte nei saggi,secondo un intelligente rapporto fra parolae immagine.

INDICE: Juergen Schulz, Introduzione | JuergenSchulz, I Palatia communia nel Veneto | HerbertDellwing, L’architettura gotica nel Veneto | Appa-rati: Bibliografia | Indice dei nomi | Indice dei luoghi.

l’editoria nel veneto

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l’editoria nel veneto

Venezia, Basilica di Santa Maria della Salute, facciata.Fu edificata su progetto di Baldassarre Longhena (1631-1681), scelto dal Senato tra gli undici presentati, come ringraziamento alla Madonna per la liberazione della città dalla peste del 1630.All’interno importanti opere di Tiziano e Tintoretto.

Venezia, chiesa di Santa Maria del Giglio, facciata.La chiesa prende il nome dalla famiglia Jubanico che l’avrebbe fondata nel IX sec. Fu ricostruita nella seconda metà del Seicento, come monumentoalla famiglia Barbaro, cui sono riferite le quattro statue e i rilievi che decorano la facciata.

Gazzo Veronese (Verona), chiesa di Santa Maria, esterno, facciata.Nata come cappella monastica, documentata giànel IX secolo, la costruzione attuale fu realizzata nel XII secolo, dopo il terremoto del 1117

Gazzo Veronese (Verona), chiesa di Santa Maria, esterno, absidi.

Venezia, basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, absidi.Eretta tra il 1236 e il 1338 ad opera dei Frati Francescani Minori Conventuali, e ricostruita nel XIV secolo, è una delle principali chiese di Venezia. Nell’interno sono conservate alcune delle opere più importanti del Rinascimento, tra cui il Trittico della Madonna e i Santi di Bellini(1488), la pala dell’Assunta di Tiziano (1516-1518), dipinta dall’artista appositamente per l’altare maggiore, la famosa Madonna di Ca’ Pesaro, altramirabile pala di Tiziano (1526) e la statua lignea di S. Giovanni Battista, opera di Donatello (1450 ca).

Venezia, chiesa della Madonna dell’Orto, facciata.Costruita dalla congregazione degli Umiliati verso la metà del XIV secolo, la facciata e il chiostrosono del quadriennio 1460-1464, con statue degli inizi del Cinquecento. Dello stesso periodo il campanile a cupola, terminato nel 1503. All’interno, dipinti di Tintoretto, oggi sepolto nella navata destra.

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Marguerite Gérard,Il dono, 1786-1787San Pietroburgo,

Museo dell’Ermitage

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nb 63istituzioni e culturanb

la fondazione

querini stampalia

di venezia

Un luogo di produzione culturaledal “cuore antico”

Marigusta Lazzaridirettore della Fondazione

Il conte Giovanni, ultimo discendente deiQuerini Stampalia, lasciò in eredità nel1869 alla sua Venezia tutti i propri beni: lo storico palazzo, terre, case, libri, quadri,mobili, oggetti d’arte, monete, stampe. Lanascita della Fondazione ha scongiurato,caso raro, il rischio che il patrimonio del-l’antica famiglia andasse disperso.I Querini, annoverati tra le dodici casate apo-stoliche, insigni fondatrici della città laguna-re, facevano parte del patriziato. Il coinvolgi-mento di Marco Querini nella congiura or-dita da Bajamonte Tiepolo contro il dogePietro Gradenigo nel 1310 segnò la loro sto-ria, macchiando il nome della stirpe, chevenne esclusa per sempre dal dogado.Nel XIV secolo Zuanne Querini divenne si-gnore dell’isola di Astipalea nell’Egeo. Daquesto feudo deriva l’appellativo di Stampa-lia, che solo nel 1808 venne usato da AlviseQuerini alla corte napoleonica di Milano, perdistinguersi da un omonimo, l’ambasciatoredel Regno di Sardegna. Da allora il doppiocognome è rimasto ad indicare prima ilramo della famiglia, oggi la Fondazione.Come stabilito nel testamento di Giovanni,il palazzo è tuttora la sede della QueriniStampalia, che vi ha allestito la Biblioteca alprimo piano, già appartamento del conte, ilMuseo al secondo piano, sede patriarcalenella prima metà dell’Ottocento, e un’areaper esposizioni temporanee al terzo.

Il PalazzoSorge presso campo Santa Maria Formosa,dove i Querini Stampalia possedevano alcu-ne case fin dal Trecento. Un documento at-testa l’inizio dei lavori nel 1514.Un rinnovamento radicale del complesso sisvolse nella seconda metà del Settecento, inoccasione del matrimonio tra Alvise (1758 -

1834), uno dei figli di Zuanne, e Maria Tere-sa Lippomano. Vennero modificati gli spaziinterni, ridotte le dimensioni delle sale, com-missionati nuovi cicli pittorici, ma non ven-ne alterata la facciata cinquecentesca. Dal 20 maggio 1835 al 1° giugno 1850 il se-condo piano dell’edificio venne affittato alpatriarca Jacopo Monico. Il 3 agosto 1849,negli ultimi drammatici momenti dell’as-sedio austriaco a Venezia, il palazzo fu sac-cheggiato. La voce che il patriarca avessesottoscritto una petizione per la resa avevascatenato la rabbia popolare. Mobili, libri,monete, medaglie e altri oggetti preziosivennero gettati in canale con un danno perGiovanni, l’ultimo discendente della fami-glia, di 100.000 lire austriache di allora.Nel 1869, tre anni dopo l’annessione delVeneto all’Italia, unita sotto i Savoia, il pa-lazzo di famiglia divenne, per volontà diGiovanni, sede della Fondazione, istituitaallo scopo di conservare e valorizzare le sueraccolte artistiche e bibliografiche, e di pro-muovere “il culto dei buoni studi, e delleutili discipline”.Nel corpo del palazzo risalta al piano terral’area restaurata nel 1963 da Carlo Scarpa,oggetto di un recente, rigoroso interventoconservativo. È tra le opere più note delmaestro veneziano, la cui architettura è de-finita come la più colta e aristocratica delNovecento italiano.Gli anni Ottanta e Novanta vedono svilup-parsi gli interventi di Valeriano Pastor. Il se-gno più visibile è la scala, che costituisce laprincipale uscita di emergenza del palazzo.Un ponte aereo tra la sede e la palazzina aldi là del giardino, oltre alla trave-parete inMuseo, realizzata insieme all’ingegnereWalter Gobbetto, sono i progetti con cui Pa-stor risolve problemi di fondamentale im-portanza per la fruizione degli spazi di que-sta struttura.Nel decennio seguente Mario Botta, allievodi Scarpa, progetta la nuova area di serviziintorno a una suggestiva corte coperta. Suquesta si aprono le salette della caffetteria, esi affacciano le vetrine del bookshop. Sempre su progetto di Botta, dalla corte siaccede ad un auditorium, dotato di sofisti-cate tecnologie, che completa questa strut-tura unica, complessa e flessibile, dove saleantiche accanto a spazi modernamente at-

trezzati offrono una cornice stimolante efunzionale allo studio individuale, a inizia-tive culturali e ad eventi. Dal 1997 la facciata del palazzo è stata arric-chita da un’importante installazione neon.Si tratta de La materia dell’ornamento di Joseph Kosuth (Toledo, Ohio, 1945), operaeseguita per il progetto “Sarajevo 2000” ecostituita da dodici scritte, tratte dal libro Le pietre di Venezia di John Ruskin.

La BibliotecaTrae origine dalla donazione del patrimo-nio dell’antica famiglia Querini alla città e“all’uso pubblico”, e nei suoi oltre cento-trenta anni di vita è divenuta la “bibliotecadei Veneziani”, frequentata da un pubblicoeterogeneo di lettori, studenti, studiosi, siaitaliani che stranieri, e comuni cittadini,che utilizzano le diverse sezioni delle rac-colte bibliografiche.Collocata al primo piano del palazzo, nellestesse stanze abitate dagli ultimi membri del-la famiglia, la Biblioteca è di carattere gene-rale e mette a disposizione dei lettori circa340.000 volumi, di cui oltre 32.000 colloca-ti a scaffale aperto e circa 400 periodici cor-renti. Secondo la volontà del fondatore è aper-ta fino a notte tarda e anche nei giorni festivi. In un ambiente elegante e confortevolesono messe a disposizione del pubblico di-ciotto testate di quotidiani. Quelli nazionalie locali più importanti e una decina di gior-nali stranieri, fra cui pubblicazioni in arabo,giapponese, russo.Contemporaneamente da dieci postazioniinformatiche si può accedere alla consulta-zione, all’ascolto e alla visione di materialemultimediale (cd audio e dvd) d’argomentoveneziano e navigare in rete gratuitamente,come pure in modalità wireless in tutte le al-tre sale di lettura.Il nucleo originario della biblioteca non èdatabile con certezza. Consiste nella raccol-ta di memorie domestiche, manoscritte, incui ricorre il nome del casato. Vi si aggiun-gono nel corso di sette secoli altri mano-scritti e documenti relativi alle attività e agliinteressi dei membri della famiglia.Fa parte sempre del fondo storico una con-siderevole collezione di libri a stampa dallafine del Quattrocento all’Ottocento, compostadi circa 42.000 esemplari, 3.000 incisioni e

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istituzioni e cultura

oltre 350 fra carte geografiche e mappali. I documenti più antichi sono carte e mano-scritti membranacei quali l’importantissi-mo Capitulare nauticum (XIII-XVI secolo), laPromissio contra maleficia (XIV secolo), le Fa-vole esopiane (XIV secolo), il codicetto con iPrivilegi dei Veneziani in Siria (XIII-XIV seco-lo), il Libro del Sarto (XVI secolo) e variecommissioni ducali.Tra i più appassionati raccoglitori di libri del-la famiglia sono da ricordare: Lauro Querini(1320-1466 ca), umanista filosofo e lettore diAristotele; il cardinale Angelo Maria Querini(1680-1755), uomo di grande ingegno e viva-ce figura di intellettuale, arcivescovo di Cor-fù e poi vescovo di Brescia, prefetto della Vaticana e fondatore della grande BibliotecaQueriniana a Brescia, amico e corrisponden-te degli uomini più in vista del suo tempo,tra i quali Federico II di Prussia, Newton,Montesquieu e Voltaire; Andrea Querini(1710-1795), “ragguardevole amatore e pro-tettor delle lettere”, come ebbe a chiamarlo ilCesarotti; e infine Alvise Querini (1758-1834), padre del fondatore, la cui passionemusicale si tradusse nell’odierno fondo diopere musicali a stampa, tra cui 450 librettid’opera, di balli e cantate, della fine del Set-tecento e dei primi dell’Ottocento.Le collezioni, così come l’archivio, si arric-chirono anche dei testi confluiti nella bi-blioteca familiare attraverso i legami matri-moniali o ereditari con altre nobili casatedella città, come i Tron, i Mocenigo, i Con-tarini, i Lippomano.Notevole rilevanza per lo studio del patri-ziato veneziano, nella sua conduzione dellapolitica e degli affari, detiene l’archivio del-la famiglia. L’Archivio privato si componedi 120 buste contenenti documenti, lettere edisegni dal XVI secolo al 1869: esso è com-pletamente riordinato e descritto nell’Inven-tario edito nel 1987.La fase moderna della storia della Bibliotecaprende avvio con il conte Giovanni (1799-1869), ultimo discendente dei Querini. Giu-rista ed economista, con spiccata vocazioneper le scienze fisiche, matematiche e natu-rali, inventore e imprenditore spregiudicatorispetto al periodo storico e alla struttura del-la società a lui contemporanea, lascia, diquesta sua inclinazione, larga traccia nellecollezioni librarie che cura e riordina, conti-nuando i cataloghi iniziati dai predecessori,colmando, ove possibile, le lacune.Alla sua morte lascia in dono a Venezia ilsuo patrimonio, per istituire una fondazio-ne “...atta a promuovere il culto dei buonistudj, e delle utili discipline”, indicandonecosì la vocazione, che nel tempo si è mante-nuta, di biblioteca di carattere generale, purcon alcune peculiarità e specializzazioni. Nel suo testamento Giovanni Querini stabi-lisce fra l’altro che la Biblioteca dovrà rima-

nere aperta “...in tutti quei giorni, ed ore incui le Biblioteche pubbliche sono chiuse, ela sera specialmente per comodo degli stu-diosi”. Questo dettato testamentario ancoravigente garantisce un’apertura giornalieradi ben dodici ore e la possibilità di usufrui-re delle sale di lettura e delle raccolte anchela domenica e nelle festività.Il fondo moderno a stampa, costituitosi apartire dal 1869, anno dell’apertura al pub-blico della Biblioteca, comprende oggi oltre250.000 volumi e viene incrementato an-nualmente secondo una politica di acquisi-zioni, che tiene conto della complessità ere-ditata dal testamento del fondatore e cercadi rispondere alle esigenze che la sua tradi-zione, la sua storia e la sua mission attualerichiedono.Gli stessi bibliotecari chiamati a dirigerlahanno cercato di mantenersi il più possibi-le fedeli al dettato testamentario e alla tradi-zione della famiglia Querini. Il primo è Gustavo Adolfo Ungher: “miovecchio maestro e distinto filologo”, lo defi-nisce il conte Giovanni, indicandolo nel te-stamento come bibliotecario della nascituraFondazione.Leonardo Perosa (bibliotecario dal 1880 al1904) dà ordine al ricco settore dei mano-scritti. Il suo Catalogo dei codici manoscrittidella Biblioteca Querini Stampalia (luglio1883), integrato dal Repertorio delle persone,dei luoghi e delle cose più notevoli contenutenei codici mss. della Biblioteca Querini Stam-palia (1884), è tuttora in uso.Arnaldo Segarizzi (bibliotecario dal 1905 al1924) applica le più recenti acquisizioni del-la scienza biblioteconomica, dando inizioad un nuovo catalogo per il quale utilizzaschede di formato internazionale; realizzauno tra i primi esempi in Italia di catalogoper soggetti, che alla fine fonda, in un’uni-ca serie alfabetica con le schede per autore,organizzando il catalogo dizionario, ancorain funzione.Manlio Dazzi (direttore dal 1926 al 1957)cura appassionatamente lo sviluppo dellevarie discipline bibliografiche, con partico-lare riguardo (era uomo di lettere e fine poe-ta) a quelle umanistiche, e rende la Fonda-zione un centro vivacissimo di cultura lette-raria, artistica e civile. Giuseppe Mazzariol (direttore dal 1957 al1974) dà all’Istituto un impulso e una vitalitànuova, “ritenendo che una biblioteca per es-sere viva debba assolvere prima di tutto a unafunzione di promozione culturale e civica”.Giorgio Busetto (direttore dal 1984 al 2004)nei vent’anni di direzione imprime alla bi-blioteca e alla Fondazione il suo volto odier-no: la ristrutturazione dello scaffale apertonel 1987; l’adesione, alla fine degli anni Ot-tanta, al Servizio Bibliotecario Nazionale eal suo catalogo; la messa a disposizione del

Facciata esterna del palazzo dove ha sede la Fondazione Querini Stampalia a Venezia

Sala interna del Museo

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istituzioni e cultura

pubblico di tecnologie informatiche; la ri-apertura dell’Emeroteca con oltre 350 perio-dici correnti direttamente consultabili; lesale di lettura e gli orari di apertura amplia-ti; i nuovi depositi librari interni ed esterni;il rilancio del ruolo che la Fondazione haavuto sin dal primo Novecento a Venezia enel mondo nello spirito del Fondatore.Negli ultimi decenni del secolo scorso hatrovato sistematicità e struttura la rete di re-lazioni intessute dalla Fondazione con altreistituzioni culturali di ambito locale e na-zionale. Dal 1979, infatti, una convenzionecon il Comune di Venezia riconosce for-malmente alla Querini Stampalia quel ruo-lo di Biblioteca Civica che ricopre nei fattifin dall’inizio del Novecento, quando ilConsiglio di Presidenza deliberò di trasfor-mare il Gabinetto di Lettura in una Biblio-teca aperta ad una più ampia cerchia di let-tori e in particolare agli studenti. Decennale la collaborazione con le ammini-strazioni regionale e provinciale: nel 1998 laRegione del Veneto istituisce, presso la Fon-dazione, la Biblioteca Regionale specializza-ta in materia di archivi e biblioteche, costan-temente aggiornata dalla Querini con l’ac-quisto di repertori, periodici, monografie. LaBiblioteca aderisce anche al Sistema Biblio-tecario Museale della Provincia di Venezia.

Il MuseoOggi si propone al pubblico come una casamuseo del Settecento, che ospita iniziative,concerti, esposizioni sia di arte antica che diarte contemporanea.In questo museo d’ambiente mobili sette-centeschi e neoclassici, porcellane, biscuit,sculture, globi e dipinti dal XIV al XX secolo,la gran parte di scuola veneta, tramandanol’atmosfera della dimora patrizia tra specchie lampadari di Murano e stoffe tessute suantichi disegni. Tra le opere esposte, pitture di GiovanniBellini, Lorenzo di Credi, Jacopo Palma ilVecchio e il Giovane, Bernardo Strozzi, Lu -ca Giordano, Marco e Sebastiano Ricci, Giam-battista Tiepolo. Ad essi si aggiunge il piùampio documentario pittorico su Venezianel XVI secolo, con un centinaio di tele diPietro Longhi e Gabriel Bella.Intorno al 1750, il Longhi dipinge per An-drea Querini, senatore, mecenate, protetto-re del pittore, quindici tele, fra cui la scenad’interno con la Lezione di geografia; tra il1755 e il 1757 la serie dei Sette Sacramenti,per la camera da letto; nel 1761 la Frateria diVenezia e nel 1762 il Casotto del leone. Sempre per Andrea, nel 1782 lavora nellacasa dominicale ai Santi Quaranta a TrevisoGabriel Bella. Di lui il museo conserva ses-santasette tele, attraverso le quali il pittorefa rivivere feste popolari, balli, teatri, ceri-monie ufficiali della Repubblica.

Figura chiave è stata quella di Alvise, nipo-te prediletto di Andrea e padre del conteGiovanni. Dal 1795 al 1797 è a Parigi, ulti-mo ambasciatore della Serenissima Repub-blica in Francia. Si deve a lui l’acquisto delprezioso servizio di Sèvres, che arreda lasala delle porcellane. Luogo di molti luoghi, luogo delle mille dif-ferenze – si leggono nella sua storia, nellesue architetture, nella varietà delle sue atti-vità – la Fondazione si propone come cam-po di produzione culturale basata sullo stu-dio e la valorizzazione del proprio patrimo-nio storico e museale e sulla riflessione at-tenta a cogliere le proposte più avanzate del-la contemporaneità. Sono le linee che dal 2004, con il sostegnodella Regione del Veneto, ispirano il proget-to “Conservare il futuro”. Artisti contempo-ranei sono chiamati a confrontarsi e a dia-logare con gli spazi della Fondazione, traen-done spunti per il loro lavoro, nel segno diuna vitale sperimentazione. Nel corso degli anni hanno esposto nel mu-seo Giulio Paolini, Giuseppe Caccavale,Remo Salvadori, Georges Adéagbo, StefanoArienti, Maria Morganti, Mariateresa Sarto-ri, Mona Hatoum, Anita Sieff, Marisa Merz.Percorsi analoghi di indagine sono statiaperti nella letteratura, nella poesia, nel tea-tro, nella danza, nel design, nella grafica. Un intenso programma di attività educativepropone a tipi diversi di pubblico – scuole,famiglie, anziani – sempre nuove chiavi dilettura del Museo, della Biblioteca, dellemostre e dell’architettura stessa del palaz-zo, attraverso laboratori e percorsi didattici.

Pubblicazioni della Biblioteca2001-2011

COLLANA “QUERINIANA”(iniziata nel 1987)

bibliotECONOMIA: l’economia della cooperazione bi-bliotecaria, atti dell’11. Seminario Angela Vinay(Venezia, 25-26 febbraio 2000), a cura di C. Ra-bitti, Venezia, Fondazione Scientifica QueriniStampalia, 2001, n. 27.

bibliotECONOMIA: dalla cooperazione all’integra-zione, atti del 12. Seminario Angela Vinay (Ve-nezia, 2-3 marzo 2001), a cura di C. Rabitti, Ve-nezia, Fondazione Querini Stampalia, 2002, n. 28.

bibliotECONOMIA: fund raising e servizi biblioteca-ri, atti del 13. Seminario Angela Vinay (Venezia,5-6 aprile 2002), a cura di C. Rabitti, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2003, n. 29.

bibliotECONOMIA: la frontiera digitale, atti del 14. Seminario Angela Vinay (Venezia, 4-5 aprile2003), a cura di C. Rabitti, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2004, n. 30.

Fondazione Querini Stampalia:area Carlo Scarpa

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56 notiziariobibliografico63

bibliotECONOMIA: dal costo al valore, atti del 15. Se-minario Angela Vinay (Venezia, 1-2 ottobre2004), a cura di C. Rabitti, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2005, n. 31.

bibliotECONOMIA: attività e passività culturali, attidel 16. Seminario Angela Vinay (Venezia, 7-8ottobre 2005), a cura di C. Rabitti, Venezia, Fon-dazione Querini Stampalia, 2006, n. 32.

bibliotECONOMIA: conservare il futuro, atti del 17. Se-minario Angela Vinay (Venezia, 6-7 ottobre2006), a cura di C. Celegon, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2007, n. 33.

COLLANA “QUERINIANA. STUDI E RICERCHE”

Ci vuole pazienza. Lettere di Elena Mocenigo Que-rini. 1733-1788 [sic., ma 1778], a cura di A. Fan-cello e M. Gambier, Venezia, Fondazione Que-rini Stampalia, 2008, n. 7.

COLLANA “LE OCCASIONI”(iniziata nel 1987)

Le porcellane dei Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2002, n. 11.

Adolfo Ottolenghi, a cura di U. Fortis, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2003, n. 12.

Per Adolfo Ottolenghi. Un memorial di Mario Bot-ta nel Bosco di Mestre, Venezia, Fondazione Que-rini Stampalia, 2003, n. 13.

Egle Renata Trincanato e la Scuola superiore di ar-chitettura di Venezia, a cura di F. Tentori, Vene-zia, Fondazione Querini Stampalia, 2003, n. 14.

La Legge Finanziaria 2003 quale strumento di po-litica economica, Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2004, n. 15.

Diritto di vivere e diritto di morire, atti del semi-nario organizzato in collaborazione con il Cen-tro culturale Palazzo Cavagnis (Venezia, 16 mag-gio 2003), Venezia, Fondazione Querini Stam-palia, 2004, n. 16.

Virgilio Guidi, atti del seminario (Venezia, 29 no-vembre 2000), a cura di G. Dal Canton, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, [2004?], n. 17.

La storia dell’altro: israeliani e palestinesi, atti delseminario (Venezia, 24 maggio 2005), Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2005, n. 18.

Don Germano Pattaro, 1925-1986. Un ricordo, attidell’incontro di studio (Venezia, 26 settembre2006), Venezia, Fondazione Querini Stampalia -Venezia, Centro di Studi Teologici GermanoPattaro, 2007, n. 19.

COLLANA “QUADERNI DELLA DONAZIONE

EUGENIO DA VENEZIA”(iniziata nel 1994)

Donazione Eugenio Da Venezia, selezione di in-terventi alla Giornata di studio (Venezia, 9 no-vembre 2000), redazione di D. De Diana, Vene-zia, Fondazione Scientifica Querini Stampalia,2001, n. 8.

Neno Mori. 1899-1968, catalogo della mostra(Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 10 no-vembre 2001 - 3 febbraio 2002), a cura di P. Piz-zamano, introduzione di G. Dal Canton, Rove-reto, Osiride, 2001, n. 9.

Neno Mori a Rovereto. Il carteggio con GiovanniGiovannini, a cura di P. Pizzamano, introduzio-ne di T. Toniato, Rovereto, Osiride, 2002, n. 10.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Venezia, 10 novembre 2001), re-dazione di P. Pizzamano, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia - Rovereto, Museo Civico,2002, n. 11.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Rovereto, 8 novembre 2002), re-dazione di P. Pizzamano, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia - Rovereto, Museo Civico,2003, n. 12.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Venezia, 12 dicembre 2003), re-dazione di M. Savaris, Venezia, Fondazione LaBiennale di Venezia - Venezia, Fondazione Que -rini Stampalia, 2004, n. 13.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Venezia, 14 dicembre 2004), a cura di G. Dal Canton ed E. Dal Carlo, Vene-zia, Fondazione La Biennale di Venezia - Vene-zia, Fondazione Querini Stampalia - Rovereto,Museo Civico, 2005, n. 14.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Rovereto, 14 dicembre 2005), a cura di G. Dal Canton e B. Trevisan, Venezia,Fondazione La Biennale di Venezia - Venezia,Fondazione Querini Stampalia - Rovereto, Mu-seo Civico, 2006, n. 15.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Venezia, 15 dicembre 2006), a cura di G. Dal Canton e B. Trevisan, Venezia,Fondazione La Biennale di Venezia - Venezia,Fondazione Querini Stampalia - Rovereto, Mu-seo Civico, 2007, n. 16.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Venezia, 14 dicembre 2007), a cura di G. Dal Canton e B. Trevisan, Venezia,Fondazione La Biennale di Venezia - Venezia,Fondazione Querini Stampalia - Rovereto, Mu-seo Civico, 2008, n. 17.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Rovereto, 11 dicembre 2008), a cura di G. Dal Canton e B. Trevisan, Venezia,Fondazione La Biennale di Venezia - Venezia,Fondazione Querini Stampalia - Rovereto, Mu-seo Civico, 2009, n. 18.

Donazione Eugenio Da Venezia, atti della Gior-nata di studio (Venezia, 11 dicembre 2009),a cura di G. Dal Canton e B. Trevisan, Venezia,Fondazione Querini Stampalia - Rovereto, Mu-seo Civico, 2010, n. 19.

COLLANA “RACCONTAMI UNA STORIA A CENA. TESTI INEDITI INTERPRETATI

A PALAZZO QUERINI STAMPALIA”

A. Bruni, Langenwang, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2006.

S. Crippa, Cannibali della voce, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2006.

A. Toso Fei, Orazione funebre alla Memoria: mor-ti e misteri a San Michele in isola, Venezia, Fon-dazione Querini Stampalia, 2006.

R. Bianchin, Il mistero della diga lunata, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2007.

A.M. Carpi, Piccola Anna, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2007.

A. Cilento, Fonsino, Venezia, Fondazione Queri-ni Stampalia, 2007.

C. Coco, Il paradiso degli infedeli, Venezia, Fon-dazione Querini Stampalia, 2007.

E. Corradini, Il silenzio dell’assassino, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2007.

M. Crema, L’uomo del confine, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2007.

M. Franzoso, Quaderni d’amore. (Materiali di la-voro), Venezia, Fondazione Querini Stampalia,2007.

A. Marzo Magno, L’orgoglio dell’impero, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2007.

F. Mazzucato, Les Cruces Blues, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2007.

E. Palandri, Canzone a tre voci per Orfeo, Euridi-ce e un tecnico delle luci, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2007.

P. Spirito, Il Natale di Enea, Venezia, Fondazio-ne Querini Stampalia, 2007.

G.M. Villalta, Comeseciàma, Venezia, Fondazio-ne Querini Stampalia, 2007.

T. Avoledo, Danzando con l'ombra, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2009.

A. Monico, Santi stravaganti, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2009.

P. Ruffilli, Il gelo dell’insonnia, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2009.

B. Zarmandili, Il signor Molavi, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2009.

COLLANA “RICORDI”

Carlo Scarpa alla Querini Stampalia, testi di M. Manzelle, Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2003 (edizione anche in inglese conil titolo: Carlo Scarpa at the Querini Stampalia).

Pietro Longhi e il suo tempo, testi di B. Trevisan,Venezia, Fondazione Querini Stampalia, 2003(edizione anche in inglese con il titolo: PietroLonghi and his time).

Porcellane e ceramiche della Fondazione QueriniStampalia, testi di M. Savaris, Venezia, Fonda-zione Querini Stampalia, 2003 (edizione anche

istituzioni e cultura

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notiziariobibliografico63 57

istituzioni e cultura

in inglese con il titolo: Porcelain and others cera-mics at the Querini Stampalia Foundation).

Le vedute di Venezia di Gabriel Bella, testi di T. Bottecchia, Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2003 (edizione anche in inglese conil titolo: Views of Venice by Gabriel Bella).

Gli arredi della Fondazione Querini Stampalia, te-sti di E. Dal Carlo, Venezia, Fondazione Queri-ni Stampalia, 2005 (edizione anche in lingua in-glese con il titolo: The furniture of the FoundationQuerini Stampalia).

La Presentazione di Gesù al Tempio di GiovanniBellini, testi di B. Trevisan, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2007 (edizione anche in in-glese con il titolo: The presentation at the Templeby Giovanni Bellini).

Gian Lorenzo Bernini: Busto di Medusa, a cura diE.B. Di Gioia e B. Trevisan, Venezia, Fondazio-ne Querini Stampalia, 2008.

PREMIO FURLA

The art is a fifth element, catalogo della II edizio-ne del Premio Furla (Venezia, Palazzo QueriniStampalia, 17 marzo - 13 maggio 2001), a cura diC. Bertola, Milano, Charta, 2001.

The horse would know, but the horse can’t talk, catalogo della III edizione del Premio Furla (Ve-nezia, Palazzo Querini Stampalia, 24 marzo - 19 maggio 2002), a cura di C. Bertola, Milano,Charta, 2002.

Fame. Leggi in inglese, read in italian, catalogodella IV edizione del Premio Furla (Venezia, Pa-lazzo Querini Stampalia, 9 marzo - 4 maggio 2003),a cura di C. Bertola, Milano, Postmediabooks,2003.

Follow your shadow, catalogo della V edizione delPremio Furla (Bologna, Galleria d’Arte Moder-na, 29 gennaio - 4 aprile 2005), a cura di C. Bertola e D. Auregli, Milano, Charta, 2005.

On Mobility, catalogo della VI edizione del Pre-mio Furla (Bologna, Galleria d’Arte Moderna,28 gennaio - 10 marzo 2007), a cura di C. Ber-tola e G. Maraniello, Milano, Charta, 2007.

The Spirit in any condition does not burn, catalo-go della VII edizione del Premio Furla (Bologna,Arte Fiera, 23-26 gennaio 2009) a cura di L. Barreca et al., Milano, Charta, 2009.

Pleure qui peut, rit qui veut, catalogo dell’VIII edi-zione del Premio Furla (Bologna, Palazzo Pe-poli, 29 gennaio - 6 febbraio 2011), a cura di L. Bruni et al., Milano, Mousse publishing, 2011.

CARLO SCARPA. L’OPERA E LA SUA CONSERVAZIONE.GIORNATE DI STUDIO ALLA FONDAZIONE

QUERINI STAMPALIA

Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione, I-III,atti delle Giornate di studio (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 28 novembre 1998, 28 no-vembre 1999, 28 novembre 2000), a cura di M. Manzelle, Milano, Skira, 2002.

Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione, IV,atti della Giornata di studio (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 28 novembre 2001), a curadi M. Manzelle, Venezia, Cicero, 2002.

Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione, V,atti della Giornata di studio (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 28 novembre 2002), a curadi M. Manzelle, Venezia, Cicero, 2003.

Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione, VI,atti della Giornata di studio (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 28 novembre 2003), a curadi M. Manzelle, Mendrisio, Archivio del Moder-no. Accademia di architettura, 2004.

Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione, VII,atti della Giornata di studio (Venezia, 28 no-vembre 2004), a cura di M. Manzelle, Mendri-sio, Mendrisio Academy Press, 2005.

Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione, VIII,atti della Giornata di studio (Venezia, 28 no-vembre 2005), a cura di M. Manzelle, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2006.

Canoni e riflessi, interprete Mario Brunello (vio-loncello), Venezia, Fondazione Querini Stampa-lia, 2009 (CD audio) [Carlo Scarpa. Giornate distudio alla Querini Stampalia, XII].

SELEZIONE DI TESTI FUORI COLLANA (2001-2011)

Est. Maya Bajevic, Iliya Chichkan, Christian To-maszewski, catalogo della mostra (Venezia, Pa-lazzo Querini Stampalia, 25 novembre 2001 - 6 gennaio 2002), a cura di C. Bertola, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2001.

Ferruccio Bortoluzzi, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 8 aprile - 13 maggio 2001), Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2001.

Immagini dal mito. La conquista veneziana dellaMorea (1684-1699), catalogo della mostra (Vene-zia, Palazzo Querini Stampalia, 26 maggio - 26 agosto 2001), a cura di L. Marasso e A. Stou-raiti, Venezia, Fondazione Scientifica QueriniStampalia, 2001.

Memorie di un ritorno. La guerra di Morea (1684-1699) nei manoscritti della Querini Stampalia, a cura di A. Stouraiti, Venezia, FondazioneScientifica Querini Stampalia, 2001.

Boris Mikhailov, catalogo della mostra (Venezia,Palazzo Querini Stampalia, 16-30 settembre1999), a cura di C. Bertola e G. Costa, Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2002.

Mauro Sambo. Un lungo viaggio immobile, catalo-go della mostra (Venezia, Palazzo QueriniStampalia, 21 aprile - 26 maggio 2002), a curadi C. Bertola, Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2002.

Nijole Kudirka, Bianca Tarozzi. Gli oggetti dellamemoria, catalogo della mostra (Venezia, Palaz-zo Querini Stampalia, 16 giugno - 7 luglio2002), a cura di C. Bertola, Venezia, Fondazio-ne Querini Stampalia, 2002.

De Poli. Due secoli di navi a Venezia, catalogo del-la mostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia,15 febbraio - 2 marzo 2003), a cura di G. Buset-to, con fotografie di C. Groszer, Venezia, Fon-dazione Querini Stampalia - Venezia, CantiereNavale De Poli, 2003.

Ilya/Emilia Kabakov: Where is our place?, catalo-go della mostra (Venezia, Palazzo QueriniStampalia, 12 giugno - 7 settembre 2003), Mila-no, Charta, 2003.

Incontri contemporanei, atti del ciclo di conferen-ze “Invito al contemporaneo” (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 1998-1999), a cura di C. Bertola, Venezia, Fondazione Querini Stam-palia, 2003.

Brahmâtic. Patrick Mimran, catalogo della mo-stra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 8 aprile - 4 luglio 2004), Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2004.

Dei ed eroi del barocco veneziano. Dal Padovaninoa Luca Giordano e Sebastiano Ricci, catalogo del-la mostra (Catania, Museo Civico di Castello Ur-sino, 3 aprile - 6 giugno 2004), a cura di G. Bu-setto, Catania, Maimone, 2004.

Giulio Paolini. L’ora X, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 28 marzo - 30 maggio 2004), a cura di C. Bertola, [Calen-zano (FI)], Gli Ori, 2004.

Kiki Smith: Homepsun tales. Storie di occupazionedomestica, catalogo della mostra (Venezia, Palaz-zo Querini Stampalia, 9 giugno - 11 settembre2005), a cura di C. Bertola, Venezia, Fondazio-ne Querini Stampalia, 2005.

Lampassi, damaschi e broccati nei dipinti di PietroLonghi. Rubelli interpreta il Settecento veneziano,catalogo della mostra (Venezia, Palazzo QueriniStampalia, 17 dicembre 2005 - 5 marzo 2006), a cura di D. Davanzo Poli, Venezia, Rubelli - Venezia, Fondazione Querini Stampalia, 2005.

Una possibile vocazione. Il contemporaneo nei mu-sei del Veneto, a cura di C. Bertola e M. Savaris,Venezia, Regione del Veneto - Prato, Gli Ori,2005.

Remo Salvadori. L’osservatore non l’oggetto osser-vato, catalogo della mostra (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 18 marzo - 8 maggio 2005),a cura di C. Bertola, Milano, Charta, 2005.

Giuseppe Caccavale. Resi Conto, catalogo dellamostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 21maggio - 15 ottobre 2006), a cura di C. Bertola,Prato, Gli Ori, 2006.

N. Kudirka - B. Tarozzi, La casa di carta, a curadi C. Bertola, Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2006.

P. Terrassan, Carlo Scarpa. La Fondazione Que-rini Stampalia a Venezia, saggi di F. Dal Co e S. Polano, Milano, Electa - Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2006.

Venezia-Parigi 1795-1797. I dispacci di Alvise Que-rini ultimo ambasciatore in Francia della Repub-

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58 notiziariobibliografico63

blica Veneta, a cura di G. Ferri Cataldi e A. Gra-della, introduzione di G. Scarabello con un sag-gio di A. Fancello e B. Poli, Udine, Gaspari - Ve-nezia, Biblioteca Nazionale Marciana - Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2006, 2 v.

Boschi di carta. Mestre nella cartografia storica deiQuerini Stampalia, catalogo della mostra (Me-stre, 7-18 ottobre 2007; Favaro, 27 ottobre - 4 novembre 2007), a cura di C. Celegon e A. Munari, Venezia, Comune di Venezia - Ve-nezia, Istituzione “il Bosco di Mestre” - Venezia,Fondazione Querini Stampalia, 2007.

R. De Cal, Hortus Conclusus. Carlo Scarpa e laQuerini Stampalia, Venezia, Fondazione Queri-ni Stampalia, 2007 (DVD).

Guido Cadorin: 1892-1976, [a cura di] G. Dal Can-ton, testi di P. Rosenberg e J. Clair, Venezia,Marsilio, 2007.

Egle Renata Trincanato. 1910-1998, catalogo dellamostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 15 febbraio - 16 marzo 2008), a cura di M. Sci-memi e A. Tonicello, Venezia, Marsilio - Vene-zia, IUAV - Venezia, Fondazione Querini Stam-palia, 2008.

Georges Adéagbo. "La rencontre"...! Venise - Flo-rence...!, catalogo della mostra (Venezia, PalazzoQuerini Stampalia, 17 novembre 2007 - 10 feb-braio 2008), a cura di C. Bertola, Prato, Gli Ori,2008.

Jacopo Bassano: Il riposo durante la fuga in Egitto.Ritorno e rinascita: Venezia 1612-2008, Venezia,Antichità Pietro Scarpa - [Milano], BibliotecaAmbrosiana - Venezia, Fondazione QueriniStampalia, 2008.

Maria Morganti. Diario cromatico, catalogo dellamostra (Venezia, Venezia, Palazzo QueriniStampalia, 24 maggio - 14 settembre 2008), a cura di C. Bertola, Prato, Gli Ori, 2008.

Mariateresa Sartori. Il suono della lingua, catalo-go della mostra (Venezia, Palazzo QueriniStampalia, 24 maggio - 14 settembre 2008), a cura di C. Bertola, Prato, Gli Ori, 2008.

Stefano Arienti. Disegni dismessi, catalogo dellamostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 9 marzo - 11 maggio 2008), a cura di C. Bertola,Prato, Gli Ori, 2008.

Mona Hatoum. Interior Landscape, catalogo dellamostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia,

4 giugno - 20 settembre 2009), a cura di C. Ber-tola, Milano, Charta, 2009.

La preziosa donazione di un antiquario galantuo-mo, a cura di E. Dal Carlo, Venezia, FondazioneQuerini Stampalia, 2009.

Anita Sieff. Ordine di Senso, catalogo della mo-stra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 28 marzo - 30 maggio 2010), a cura di C. Berto-la, Prato, Gli Ori, 2010.

Museo Querini Stampalia Venezia, a cura di B. Trevisan, Venezia, Fondazione Querini Stam-palia - Ponzano (TV), Vianello Libri, 2010.

Facciamo un ’48! Il Risorgimento veneto a Palaz-zo Querini Stampalia, catalogo della mostra (Ve-nezia, Palazzo Querini Stampalia, 17 marzo - 1° maggio 2011), a cura di C. Celegon, B. Colli eA. Munari, Venezia, Fondazione Querini Stam-palia, 2011.

Fondazione Querini Stampalia

Campo Santa Maria FormosaCastello 5252, 30122 Veneziatel +39 041 2711411 fax +39 041 [email protected]

Biblioteca ed emerotecada martedì a sabato 10.00 / 22.00domenica e festivi 10.00 / [email protected]

Museo e mostre da martedì a domenica 10.00 / 18.00intero euro 10,00 / ridotto euro 8,[email protected]

Tutti i servizi sono chiusi il lunedì

Consiglio di Presidenza

presidente: Marino Cortese vicepresidente: Antonio Foscariconsiglieri: Giovanni Castellani, Irene Favaretto, Giovanni Furlanetto

DirettoreMarigusta Lazzari

istituzioni e cultura

Fondazione Querini Stampalia:interni del Museo e della Biblioteca

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istituzioni e cultura

l’accademia olimpica

di vicenza

Arte, cultura, scienza nella città bericadal Cinquecento ad oggi

Mariano Nardellosegretario dell’Accademia

Non necessariamente la longevità è sinoni-mo e garanzia di valore. Ma può esserlo.L’Accademia Olimpica sorse in Vicenza nel1555 ad opera di “virtuosi et belli ingegni diquel tempo al numero di ventuno” (Giaco-mo Pagello, Bernardino da Mosto, PietroLoschi, Francesco Repa, Orazio Almerico,Antonio Capra, Giuseppe Ovetaro, OrazioCamozza, Elio Belli, Silvio Belli, AndreaPalladio, Bernardino Trinagio, Giovanni Bat-tista Garzadore, Pré Agostino Rapa, ValerioBarbarano, Giulio Galasin, Francesco Ghel-lini, Guido Campiglia, Andrea Fossato,Alessandro Massaria, Vincenzo Magrè) esenza soluzione di continuità, ove si eccet-tui la forzata inattività dal 1813 al 1844, at-traverso quattro secoli e mezzo di una vitadensa molto più di luci che di ombre, ègiunta fino ai giorni nostri. Richiamandosi alle espressioni virgilianecon cui la Sibilla Cumana mette in guardiaEnea sulla difficoltà del rientro sulla terradalle tenebre dell’oltretomba, i fondatori vol-lero che lo spirito e il motto dell’Accademiafossero racchiusi nell’emistichio “Hoc opushic labor est” e che il suo impegno operosonell’agone della storia fosse rappresentatodalla corsa dei carri ad Olimpia. I primi loro interessi si volsero alle scienzematematiche, “la quali sono il vero orna-mento di tutti coloro che hanno l’animo no-bile et virtuoso”, e alle rappresentazioni tea-trali. Fu ad opera dell’Accademia che, tra il1557 e il 1562, vennero messe in scena lecommedie Andria di Terenzio, L’amor co-stante di Alessandro Piccolomini e La Man-dragola di Niccolò Machiavelli, nonché la tra-gedia Sofonisba di Gian Giorgio Trissino.Il bisogno di una sede teatrale fissa e ade-guata spinse gli Accademici ad avvalersidell’opera del collega Andrea Palladio: dalsuo ingegno e dalla loro munificenza nac-que il Teatro Olimpico (1580-1585), “la sedepiù cospicua, che mai si avessero le Muse”,sul cui proscenio campeggiano le statue cheli raffigurano. L’inaugurazione del teatroavvenne nel carnevale del 1585. Vi fu rap-presentato l’Edipo re di Sofocle, nella tradu-zione di Orsato Giustiniani e nell’interpre-tazione magistrale, nei panni del protagoni-sta, dell’umanista Luigi Groto, “il cieco diAdria”. A detta delle cronache del tempo, lospettacolo fu entusiasmante, ed entrò quasi

nella leggenda, consacrando la fama del-l’Accademia alla quale, anche già prima diquell’anno luminoso, cominciavano a far vi-sita personaggi illustri, come Maria d’Au-stria figlia di Carlo V (1561) e il duca di SavoiaEmanuele Filiberto (1566), e perfino esotici,come l’ambasciatore moscovita (1582) e duegiovani principi giapponesi (1585).Non giova ripercorrere partitamente le vi-cende che qualificarono la vita dell’Accade-mia nei secoli XVII e XVIII. Basterà ricorda-re che essa si svolse, con alternanza, tra idue poli del rifugio arcadico e dell’impegno,oggi diremmo, sociale. Al primo polo atten-nero, ancora, le rappresentazioni teatrali(famosa quella del Torrismondo di TorquatoTasso nel 1608), le serate di musica e dan-za, le accoglienze fastose – con il coinvolgi-mento della cittadinanza – a personaggi il-lustri, le dotte disquisizioni su tematicheastratte o cavillose; al secondo si richiama-vano attenzioni e iniziative riguardanti il co-stume sociale, la conoscenza e la divulga-zione di esperimenti scientifici e di innova-zioni tecnologiche, la considerazione di di-scipline non aliene da possibilità applicati-ve, quali l’anatomia, la chimica, la fisica, labotanica, l’astronomia, oltre che, ovviamen-te, la matematica. La vita interna dell’Istituzione manifestavainquietudini che venivano regolate dai suc-cessivi Statuti del 1596 e del 1650. Si puòdire che l’immagine che meglio defini-sce l’Accademia è proprio quella fornita daGoethe, che la visitò nel settembre del 1786e prese parte a una sua adunanza, descri-vendola con simpatia nelle pagine del suoViaggio in Italia: “Questa sera ho preso par-te ad un’adunanza dell’Accademia degliOlimpici. Non è che un passatempo; ma dibuon gusto e che serve a mantenere ancorafra la gente un po’ di brio e di vita. Una gransala accosto al teatro del Palladio, decente-mente illuminata; il Capitano e una rappre-sentanza esclusivamente di persone colte,fra cui molti ecclesiastici; in tutto, circa cin-quecento persone…”.Fu la tempesta napoleonica a privare l’Ac-cademia del suo Teatro Olimpico: con laconvenzione del 19 gennaio 1813 la proprie-tà del Teatro venne assegnata al Comune,mentre all’Accademia rimaneva l’uso gra-tuito del Teatro stesso “in alcuna straordi-naria pubblica sua [dell’Accademia] funzio-ne il cui oggetto potesse ciò meritare”, del-l’annesso Odeo (la “gran sala” goethiana) edella sede sociale. Proprio il XIX secolo segnò il rilancio dellasecolare Istituzione, che divenne la struttu-ra trainante della città di Vicenza e del suoterritorio, e non solo in ambito culturale. Èsingolare e significativo che il “nuovo cor-so” dell’Accademia e del suo influsso sullavita sociale vicentina sia stato segnato, an-

cora, da una rappresentazione teatrale, eproprio dall’Edipo re sofocleo (15 settembre1847). In quella circostanza convennero aVicenza da Venezia, dove si era svolto ilnono Congresso degli Scienziati, molti stu-diosi e pensatori: non è vano ritenere che ilsoggiorno vicentino e la bellezza della tra-gedia sublimata dalle musiche di scena diGiovanni Pacini abbiano infiammato gli ani-mi e poste le premesse di quei moti risorgi-mentali che, destinati a scoppiare in capo apochi mesi, avrebbero visto in prima linea,tra i vicentini, numerosi Accademici.Eredi anche dell’Accademia di Agricolturache, nel 1813, era stata assorbita dall’Olim-pica, e spinti da un sincero desiderio di pro-mozione sociale, gli Olimpici istituirono,nel 1856, una scuola serale gratuita, in cuierano impartite, dagli Accademici stessi, le-zioni di Scienze naturali, Agricoltura teori-ca e pratica, Fisica, Chimica, Meccanica eDisegno. L’obiettivo della scuola era indica-to nell’indirizzo iniziale: “…Propagando l’istruzione del popolo, l’Accademia ha periscopo di promuoverne la coltura intellet-tuale ed accrescerne il benessere; e il popo-lo, non v’ha dubbio, corrisponderà debita-mente a questo proposito liberale, frequen-tando numeroso e di buona voglia le scuolee facendo scelta ciascuno di quell’insegna-mento che più convenga alla speciale suaarte e vocazione”. Confortati dalla massicciaadesione (i frequentanti di quei primi corsifurono circa trecento), gli Accademici fon-darono, nel 1858, la “Scuola di disegno eplastica”, che, diventata nel 1926 la “Scuolad’Arte e Mestieri”, annoverò tra i docenti egli alunni personalità di prestigio (fra i pri-mi: Pietro Negrisolo, Antonio Caregaro Negrin, Vittorio Barichella, Francesco For-menton, Giovanni Barrera, Filippo Sacchi,Licisco Magagnato; fra i secondi: Ubaldo Op -pi, Angelo Pittarlin, Carlo Potente, AchilleBeltrame, Neri Pozza, Otello De Maria, Napoleone Guizzon, Pierangelo Stefani,Osvaldo Parise) e perdura ancora oggi sot-to la recentissima nuova egida del Cen-tro Produttività Veneto della Camera di Commercio.Dopo i fasti iniziali, proprio la seconda metàdell’Ottocento e il primo Novecento posso-no essere considerati il periodo “aureo” del-l’Accademia. La sua attività fu segnata dal-l’apporto di idee e di operatività delle perso-nalità più illustri del mondo vicentino e ve-neto: alla Presidenza si succedettero poeti eletterati come Giacomo Zanella (1883-1888)e Antonio Fogazzaro (1890-1895), economi-sti e politici come Valentino Pasini (1845-1850) e Fedele Lampertico (1870-1882), stu-diosi e promotori di scienze come Ambro-gio Fusinieri (1844), Francesco SecondoBeggiato (1851-1870), Paolo Lioy (1896) e Al-merico da Schio (1897-1930). Partecipe del

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fermento sociale e culturale che vibrava lun-go l’intera nazione, l’Accademia si fece vocedelle problematiche più scottanti, come lacondizione della donna, l’emigrazione vene-ta in Sud-America, i nuovi assetti politiciprodotti dall’espansionismo economico de-gli Stati Uniti, il diffondersi delle nuoveideologie (socialismo, radicalismo, naziona-lismo); diede spazio, nelle sue periodicheconferenze, a molti dei principali esponentidella ricerca scientifica, della riflessione cul-turale e della produzione artistica di queglianni (da Giuseppe Giacosa ad AlessandroLuzio, da Romolo Murri a Enrico Corradini,da Antonio Caregaro Negrin a FrancescoPastonchi); manifestò attenzione a situazio-ni sociali e ambientali di degrado o di peri-colo, realizzando, ad esempio, iniziative diinformazione sugli effetti e sulla cura delcolera, del tifo e della malaria, sulle varia-zioni meteorologiche, sulla statistica sanita-ria, sull’introduzione in città della luce elet-trica, sulla condizione dell’istruzione prima-ria, ed elargendo premi a studiosi meritevo-li che intendevano intraprendere la stradadella ricerca storica o letteraria o economica(Premio Formenton, dal 1871 al 1925). Di tutto questo fervore di attività sono testi-monianza gli “Atti dell’Accademia Olimpi-ca” che, dal 1871 al 1924, fornirono cronacaprecisa e dettagliata di ogni evento e di ogniintervento. L’inevitabile influsso dell’egemonia fascistapesò anche sull’Accademia vicentina, che,durante il ventennio, faticò a mantenere illivello di autonomia di pensiero e di gestio-ne che l’aveva caratterizzata negli anni pre-cedenti. Tuttavia in essa continuarono a tro-vare accoglienza e onore alcune personalitàche ben poco avevano da spartire con il re-gime, quali i cattolici Ettore Boeche, BortoloGalletto, Luigi Capra; e già nel 1940-1941furono introdotti fra gli Accademici perso-naggi che all’alto livello culturale avrebberoaggiunto l’impegno della militanza civile oanche politica, come Giorgio Pototschnig,Piero Nardi, Mariano Rumor, Neri Pozza,Mario Dal Pra, Federico Mistrorigo, Anto-nio Barolini, Giuseppe Faggin. Non può essere un caso il fatto che, dopo laterribile esperienza bellica, nel 1948 il rifio-rire dell’attività dell’Accademia sia statosancito da una ulteriore rappresentazionedell’Edipo re nel Teatro Olimpico: la trage-dia venne messa in scena, dal 2 al 5 settem-bre, nella versione di Manara Valgimigli,sotto la regìa di Guido Salvini, con le musi-che di Arrigo Pedrollo, ed ebbe tra gli inter-preti Renzo Ricci, Andreina Pagnani, Rug-gero Ruggeri, Arndoldo Foà, Gianrico Te-deschi, mentre nel coro figuravano, tra glialtri, i giovani Marcello Mastroianni, NinoManfredi, Rossella Falk, Alberto Bonucci,Giorgio Strehler, Bice Valori.

La storia recente dell’Accademia ha vistol’articolarsi, al suo interno, delle tre Classidi Lettere e arti, Scienze e tecnica (1962) eDiritto, economia e amministrazione (1978),e il succedersi alla Presidenza di MarianoRumor (1959-1989), con Guglielmo Cap-pelletti quale vicepresidente vicario, di Gior-gio Oliva (1990), di Alessandro Faedo(1991-1994), di Lorenzo Pellizzari (1995-2002), di Fernando Bandini (2003-2010) edi Luigi Franco Bottio (2011). La sollecitudine per la corretta gestione delTeatro Olimpico ha prodotto la costituzio-ne, all’interno dell’Accademia, già dal 1935,del “Comitato permanente per le rappre-sentazioni classiche nel Teatro Olimpico”,che, sotto la guida effettiva di Antonio Mar-co Dalla Pozza, ha dato vita, fino al 1970, a venticinque indimenticabili cicli di spet-tacoli, al cui splendore contribuirono lastraor dinariamente felice scelta dei testi(che spaziarono dal teatro antico alle trage-die shakespeariane, fino a titoli come Labottega del caffè di Carlo Goldoni, Agamen-none di Vittorio Alfieri, Ifigenia in Tauride diWolfgang Goethe, Le mosche di Jean-PaulSartre, Caligola di Albert Camus, Calderondi Pier Paolo Pasolini ecc.), dei registi (Ric-cardo Bacchelli, Franco Enriquez, FrancoZeffirelli, Gianfranco De Bosio, GiorgioStrehler, Luigi Squarzina ecc. ) e degli atto-ri (Franco Graziosi, Anna Proclemer, ElenaZareschi, Franco Parenti, Ave Ninchi, Erne-sto Calindri, Adriana Asti, Giulio Bosetti,Anna Miserocchi, Gianni Santuccio, Gior-gio Albertazzi, Salvo Randone, Tino Buaz-zelli, Vittorio Gassman, Marina Dolfin,Paola Borboni, Nando Gazzolo, Monica Vit-ti, Alberto Lupo ecc.). Ancora oggi il corretto utilizzo dell’Olimpi-co resta uno dei compiti dell’Accademia: dal 2002 essa ha dato vita a un’esperienza,chiamata “Laboratorio Olimpico”, che ten-de a portare nello scrigno palladiano i piùgrandi maestri del teatro di ricerca interna-zionale e a promuoverne il contatto con ilpubblico giovanile. Ma se il teatro continua ad essere per l’Ac-cademia Olimpica una delle dimensioniprin cipalmente percorse e perseguite, essanon ha mancato di affermarsi come realtàpresente e propositiva nella vita culturale esociale del territorio vicentino e veneto. Ba-sti ricordare, oltre alle consuete tornate conintensa cadenza, i numerosi convegni distudio (particolarmente importanti quellisul teatro elisabettiano nel 1972, su Gian-giorgio Trissino nel 1979, su Lutero e la Ri-forma protestante nel 1983, su Pierre Cor-neille nel 1984, su Giacomo Zanella nel1988, su Antonio Fogazzaro nel 1992, sulbicentenario della caduta della SerenissimaRepubblica nel 1997, su Paolo Lioy e Gof-fredo Parise nel 2006, su Guido Piovene

istituzioni e cultura

Andrea Palladio, Il Teatro Olimpico,scorcio del prospetto

Vincenzo Scamozzi, Il Teatro Olimpico,prospettiva della scena centrale:in primo piano il costume per la rappresentazionedell’Edipo re del 1948

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istituzioni e cultura

nel 2007, su Antonio Barolini nel 2010),l’attenzione alla peculiarità della civiltà con-tadina vicentina, culminata nei volumi Ci-viltà rurale di una valle veneta. La Val Leogra(1976) e La sapienza dei nostri padri. Voca-bolario tecnico-storico del dialetto del territoriovicentino (2002), la pubblicazione di operedi ampio respiro, di più autori e in più vo-lumi, come la Storia di Vicenza (1987-1993)e la Storia dell’Altipiano dei Sette Comuni(1994-1996), l’edizione delle opere di Gia-como Zanella (1988-1993). Da segnalarsi,inoltre, l’assunzione di problematiche di vi-brante attualità, come la necessità del ri-spetto dell’ambiente e di uno sviluppo soste-nibile, affrontata con appositi gruppi di stu-dio i cui esiti sono stati affidati a pubblica-zioni agili (L’impronta ecologica della provin-cia di Vicenza, 2004; Energia ed emissioni digas serra in provincia di Vicenza, 2006).Giova pure ricordare che, all’inizio degli anniOttanta del secolo scorso, l’Accademia hapromosso l’insediamento nella Villa Morosi-ni Valmarana, di sua proprietà, del CUOA

(Consorzio universitario per l’organizzazio-ne aziendale), che vi è ancora allogato.Oggi l’Istituzione vicentina è la sede opera-tiva del Comitato dell’Edizione nazionaledelle opere di Antonio Fogazzaro: proprioin vista di questa edizione, essa ha pubbli-cato e sta pubblicando, nei suoi “Quaderni”,una serie di carteggi fogazzariani che costi-tuiscono non solo una base di conoscenzeutile per l’Edizione, ma anche e già un com-pletamento dell’Edizione stessa.A favore dei giovani vengono banditi alter-nativamente ogni anno, dal 1987, i due pre-mi “Hoc opus” e “Accademia Olimpica”,che conferiscono contributi finanziari agliautori di tesi di laurea o di opere prime cheattengono a problematiche vicentine o sonoprodotte da ricercatori vicentini.A partire dal 1941 tutti gli atti accademici e,soprattutto, gli studi originali dei Soci vengo-no pubblicati nel periodico ufficiale “OdeoOlimpico”, giunto al ventiseiesimo volume. I documenti che costituiscono la memoriastorica dell’Accademia giacciono in una du-plice collocazione: quelli relativi al periodoche va dalle origini all’inizio dell’Ottocentosono conservati, nell’originale cartaceo,presso la Biblioteca Bertoliana di Vicenza e,in microfilm (con possibilità di lettura pergli studiosi), nella sede storica dell’Accade-mia; i documenti successivi, pure accessibi-li agli studiosi, si trovano esclusivamentenella sede accademica. Nonostante le ri-strettezze degli spazi di cui l’Accademia dis-pone, la Biblioteca (con circa 22.000 volu-mi, principalmente costituiti dalle opere de-gli Accademici) e l’Archivio sono aperti alpubblico (il regolamento, gli orari, i serviziprestati e il catalogo completo della dotazio-ne libraria sono reperibili nel sito Internet).

La fedeltà alla tradizione e l’impegno ine-sauribile, sul piano etico e scientifico, nellacostruzione di un mondo “a misura d’uo-mo” sono le coordinate entro le quali l’Acca-demia – la cui longevità non ha appannato ilnitore originario, anzi lo ha forse affinato –intende muoversi anche oggi: di fatto non sitratta che di dare esecuzione a ciò che dettal’articolo primo del suo Statuto: “promuove-re mediante pubblicazioni, tornate, celebra-zioni, corsi di insegnamento e manifestazio-ni varie gli studi letterari, storici, filosofici,scientifici, tecnici, giuridici, economici, so-ciologici, amministrativi e le attività artisti-che, con speciale riguardo alla cultura, allavita artistica e al progresso della Città di Vi-cenza e del suo territorio storico”.

Pubblicazioni

COLLANA FOGAZZARO

Fabio Finotti (a cura di), Diario di viaggio di An-tonio Fogazzaro in Svizzera, Vicenza, AccademiaOlimpica, 1996, pp. 136 (Q. 22/I ).

Paolo Marangon (a cura di), Carteggio AntonioFogazzaro Brizio Casciola (1904-1910), Vicenza,Accademia Olimpica, 1996, pp. 88 (Q. 22/II).

Ornella Jovane (a cura di), Carteggio Antonio Fo-gazzaro Paolo Lioy (1869-1909), Vicenza, Acca-demia Olimpica, 2000, pp. 179 (Q. 22/III).

Federica Ranzato Santin (a cura di), CarteggioAntonio Fogazzaro Henry Bremond (1903-1910),Vicenza, Accademia Olimpica, 2000, pp. 204(Q. 22/IV).

Luciano Morbiato (a cura di), Carteggio AntonioFogazzaro Ellen Starbuck (1885-1910), Vicenza,Accademia Olimpica, 2000, pp. 460 (Q. 22/V).

Oreste Palmiero (a cura di), “Io ti baciavo in so-gno”. Fogazzaro e i musicisti, Vicenza, Accade-mia Olimpica, 2004, pp. 296 (Q. 22/VI*).

Paolo Marangon (a cura di), Carteggio AntonioFogazzaro Romolo Murri (1905-1909), Vicenza,Accademia Olimpica, 2004, pp. 92 (Q. 22/VII).

Donatella Alesi (a cura di), Lettere di AntoniettaGiacomelli ad Antonio Fogazzaro, Vicenza, Acca-demia Olimpica, 2008, pp. 244 (Q. 22/VIII).

Oreste Palmiero (a cura di), Carteggio AntonioFogazzaro Giuseppe Giacosa (1883-1904), Vi-cenza, Accademia Olimpica, 2010, pp. 416 (Q. 22/IX).

Elena Raponi (a cura di), Carteggio Antonio Fo-gazzaro Carl Muth (1903-1910), Vicenza, Acca-demia Olimpica, 2010, pp. 156 (Q. 22/X).

OPERE DI GIACOMO ZANELLA

Ginetta Auzzas e Manlio Pastore Stocchi (a curadi), Le poesie, Vicenza, Accademia Olimpica,1988, pp. XX+634.

Armando Balduino (a cura di), Saggi critici, Vicenza, Accademia Olimpica, 1990, 2 voll., pp. XLII+522+460.

Ginetta Auzzas e Manlio Pastore Stocchi (a curadi), Poesie rifiutate disperse postume inedite, Vicen-za, Accademia Olimpica, 1992, pp. XVIII+530.

Tullio Motterle (a cura di), Prose e discorsi di ar-gomento religioso e civile, Vicenza, AccademiaOlimpica, 1993, pp. XIV+484.

Elizabeth Greenwood, Vita di Giacomo Zanella, Vicenza, Accademia Olimpica, 1990, pp. XVI+304.

***

Antonio Morsoletto (a cura di), Studi e fonti delmedioevo vicentino e veneto, Vicenza, AccademiaOlimpica, vol. I, 2004, pp. 240.

Antonio Morsoletto (a cura di), Studi e fonti delmedioevo vicentino e veneto, Vicenza, AccademiaOlimpica, vol. II, 2004, pp. 176.

Studi e fonti del medioevo vicentino e veneto, Vicenza, Accademia Olimpica, vol. III, 2007, pp. 256.

Studi e fonti del medioevo vicentino e veneto, Vicen-za, Accademia Olimpica, vol. IV, 2010, pp. 208.

STORIA DELL’ALTIPIANO DEI SETTE COMUNI

Territorio e istituzioni, Vicenza, Accademia Olim-pica, vol. I, 1994, pp. XII+664.

Economia e cultura, Vicenza, Accademia Olimpi-ca, vol. II, 1996, pp. 465.

STORIA DI VICENZA

Alberto Broglio e Lellia Cracco Ruggini (a curadi), Il territorio - la preistoria - l’età romana, Vi-cenza, Accademia Olimpica, vol. I, 1987, 1991ristampa, pp. XVI+328.

Giorgio Cracco (a cura di), L’età medievale,Vicenza, Accademia Olimpica, vol. II, 1989, pp. XIV+460.

Franco Barbieri e Paolo Preto (a cura di), L’etàdella Repubblica veneta (1404-1797), Vicenza, Accademia Olimpica, vol. III/1, pp. XVI+420.

Franco Barbieri e Paolo Preto (a cura di), L’etàdella Repubblica veneta (1404-1797), Vicenza, Ac-cademia Olimpica, vol. III/2, 1990, pp. XIV+484.

Franco Barbieri e Gabriele De Rosa (a cura di),L’età contemporanea, Vicenza, Accademia Olim-pica, vol. IV/1, 1991, pp. XVI+474.

Franco Barbieri e Gabriele De Rosa (a cura di),L’età contemporanea, Vicenza, Accademia Olim-pica, vol. IV/2, 1993, pp. XIV+464.

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Gino Nogara, Cronache degli spettacoli nel TeatroOlimpico di Vicenza dal 1585 al 1970, Vicenza,Accademia Olimpica, 1972, pp. XXIV+420.

Antonio Stefani, Cronache degli spettacoli nelTeatro Olimpico di Vicenza dal 1971 al 1991, Vi-cenza, Accademia Olimpica, 1992, pp. X+162.

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62 notiziariobibliografico63

Antonio Stefani, Autori veneti al Teatro Olimpico(1950-1997), Vicenza, Accademia Olimpica,1997, pp. 154.

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Giovanni Mantese, Memorie storiche della chiesavicentina, vol. I (Dalle origini al Mille), Vicenza,Accademia Olimpica, ristampa 2002, pp. 18+XXXIX+331.

Giovanni Mantese, Memorie storiche della chiesavicentina, vol. II (Dal Mille al Milletrecento), Vi-cenza, Accademia Olimpica, ristampa 2002, pp. 18+XLIII+584.

Giovanni Mantese, Memorie storiche della chiesavicentina, vol. III (Il Trecento), Vicenza, Accade-mia Olimpica, ristampa 2002, pp. XXXIX+680.

Giovanni Mantese, Memorie storiche della chiesavicentina. Indici dei voll. I - II - III, Vicenza, Acca-demia Olimpica, 2002, pp. 61.

***

Civiltà rurale di una valle veneta. La Val Leogra,Vicenza, Accademia Olimpica, 1976, 1977 ri-stampa, 1986 ristampa, pp. XX+794.

La sapienza dei nostri padri. Vocabolario tecnico-storico del dialetto del territorio vicentino, Vicenza,Accademia Olimpica, 2002, pp. XLVIII+624.

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Remo Schiavo, Guida al Teatro Olimpico, Vicen-za, Accademia Olimpica, 2008, pp. 171, nelle seguenti lingue: italiano, inglese, tedesco e giapponese.

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Antonio Ranzolin (a cura di), L’archivio storicodell’Accademia Olimpica (sec. XVI-XIX), Vicenza,Accademia Olimpica, 1989, pp. 176.

Enrico Niccolini (a cura di), Accademia Olimpi-ca. Gli statuti del 1650, Vicenza, AccademiaOlimpica, 2003, pp. 66.

DOCUMENTI E MONUMENTI

Donata Battilotti, Vicenza al tempo di AndreaPalladio attraverso i libri dell’estimo del 1563-1564,Vicenza, Accademia Olimpica, 1980, pp. XII+240.

Francesca Lomastro, Spazio urbano e potere poli-tico a Vicenza nel XIII secolo. Dal “regestum posses-sionum” del 1262, Vicenza, Accademia Olimpica,1981, pp. VIII+124.

Maria Teresa Dirani Mistrorigo, La chiesa e ilconvento di San Biagio Nuovo, Vicenza, Accade-mia Olimpica, 1988, pp. X+126.

Beatrice Rigon Barbieri, L’Ospedale dei Mendi-canti di San Valentino a Vicenza, Vicenza, Acca-demia Olimpica, 1990, pp. XII+152.

Franco Barbieri - Gianna Gaudini - AntonioRanzolin, La chiesa e il monastero di S. Tomaso,Vicenza, Accademia Olimpica, 2001, pp. 182.

ATTI

Guido Piovene nel centenario della nascita, Atti delConvegno (24-25 maggio 2007), Vicenza, Acca-demia Olimpica, 2009, pp. 120.

Vita e opere di Paolo Lioy, Atti del Convegno (19-20 maggio 2006), Vicenza, AccademiaOlimpica, 2011, pp. 234.

***

Gruppo di Ricerca sulla Civiltà Rurale (a curadi), Una terra, una storia, una fede. Antologia discritti di Terenzio Sartore, Vicenza, AccademiaOlimpica, 2008, pp. 464.

Giovanni Pellizzari, Variae humanitatis silva.Pagine sparse di storia veneta e filologia quattro-centesca, Vicenza, Accademia Olimpica, 2009,pp. 668+CD.

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Consiglio di Presidenza

Ing. Luigi Franco Bottio, PresidenteProf. Franco Todescan, Vice Presidente Cesare Galla, Vice PresidenteProf. Mariano Nardello, SegretarioDott. Giacomo Cavalieri, Amministratore Prof. Suor Albarosa Ines Bassani, Presidente

della Classe di Lettere ed ArtiProf. Gaetano Thiene, Presidente

della Classe di Scienze e Tecnica Prof. Avv. Enrico Ambrosetti, Presidente

della Classe di Diritto, Economia e Amm.ne

istituzioni e cultura

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istituzioni e cultura

Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori (1603-

1673) e Giovanni MariaMorandi (1622-1717)

Ritratto di Mario Nuzziche dipinge un vaso

di fioriAriccia, Palazzo Chigi

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Giuseppe Mentessi,Pace, 1907

Ferrara, Gallerie d’ArteModerna e

Contemporanea

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spoglio dei periodici

di storia della chiesa

e religione

(2008-2010)

Il precedente spoglio dei periodici di “Storiadella chiesa e religione” era stato presentatosul “Noti ziario Bibliografico” n. 57 e prende-va in considerazione gli anni 2005-2008. Il presente ag giornamento si riferisce quindialle nuo ve uscite a partire dall’ultimo fasci-colo se gnalato sul “Notiziario” n. 57.

Esodoquaderni di documentazione e dibattitosul mondo cattolico

direttore responsabile: Carlo Rubinidirettore di redazione: Gianni Manziegacollettivo redazionale: Giuditta Bearzatto, Carlo Beraldo, Carlo Bolpin, Viviana Boscolo, Giuseppe Bovo, Paolo Caena, Paola Cavallari, Marta Codato, Giorgio Corra dini, Roberto Lovadina, Gianni Manziega, Diletta Mozzato, Cristina Oriato, Chiara Puppini, Carlo Rubini, Sandra Savogin, Lucia Scrivantiperiodicità: trimestraleredazione: c/o Gianni Manziega - viale Garibaldi, 117 - 30174 Mestre-Venezia -tel./fax 041/5351908e-mail: [email protected]: http://associazionesodo.webnode.it

a. XXXI, n.s., n. 2, aprile-giugno 2008Il fascino dell’idolatriaG. Manziega, D. Mozzato, L. Scrivanti, Edi-toriale | Parte prima: il fascino dell’idolatria:Immagini, simboli, idoli: C. Bolpin, Liberareil simbolo | A. Favero, Idolatria: tentazione re-ligiosa | M.T. Bettetini, Immagini: amore ido-latra, odio iconoclasta | R. De Monticelli, Per-ché aggredire le tenebre? | Opera manuum ho-minum: P. De Benedetti, “Non nominare ilnome di Dio invano” | P. Stefani, L’obbedienzaa Dio libera dall’idolatria | A. Bodrato, Chitenta chi? | P. Ricca, “Nessuno può servire duepadroni” | L. Manicardi, L’idolo e l’uomo: im-magini di Dio | R. Marvaldi, Sull’idolatria |

Combattere gli idoli, oggi: G. Corradini, Fedee politica: l’idolo della crescita economica |G. Bovo, Idolatria della ragione | A. Causin, Latentazione del potere | F. Macchi, L’idolatria:condizione esistenziale dell’uomo | L.M. Mele,“La verità senza amore è idolatria” | G. Cara-more, Resistere all’idolatria: la strada, l’attesa,l’incontro | Parte seconda: echi di Esodo: Os-servatorio: G. Morlin, F. Macchi, V. Guanci,Dopo le elezioni | G. Pasotto, Qualche riga sul-l’ecumenismo in Georgia | Lettere: G. Grandi,Ricordando Luigi, padre e fratello.

a. XXXI, n.s., n. 3, luglio-settembre 2008Partire da sé, partire da noiCarlo Bolpin, Carlo Rubini, Editoriale | Parteprima: Partire da sé, partire da noi. Rilegge-re la storia: Giovanni De Luna, Democraziaammalata | Angelo Bertani, Il Sessantotto:un’occasione mancata? | Carlo Bolpin, Storia eforme della soggettività | Sergio Tanzarella,Un’Italia dimenticata | Chiara Puppini, PinoGoisis, Alberto Madricardo, Una storia vissu-ta e riletta | Pensieri a fondo: Raniero La Val-le, Tra pessimismo e speranza | Pier Paolo Ba-retta, C’era una volta la classe operaia | PaolaMelchiori, Racconti da Stoccolma: una memo-ria dal futuro? | Angelo Casati, Extra pauperesnulla salus | Giuseppe Goisis, Una salutareinquietudine | Carlo Rubini, Esodo e la storia |Parte seconta: Echi di Esodo. Osservatorio:Giorgio Corradini, Sinti-Rom: come essere co-munità | Francesco Vianello, Assemblea deisoci | Lettere: Daniele Busetto, Ci occupiamodella salute, facciamo un appello.

a. XXXI, n.s., n. 4, ottobre-dicembre 2008Natura, diritto, eticaCarlo Bolpin, Giorgio Corradini, Editoriale |Parte prima: Natura, diritto, etica. Attualitàdelle Scritture | Stefano Levi della Torre, Torà:l’obbligo che libera | Carlo Bolpin, La legge ne-goziata | Piero Stefani, Ma qui c’è qualcosa dipiù grande dell’etica | Daniele Garrone, Leggenaturale e cultura | Aldo Bodrato, L’utero diDio fondamento del diritto | Armido Rizzi, Eti-ca, alleanza, cristologia | Figure e personaggi:Sergio Givone, Costruire l’umano | Maria PiaPattoni, L’Antigone di Sofocle e le sue interpre-tazioni | Il dibattito oggi: Daniele Menozzi, Il ritorno del diritto naturale | Lucio Cortella,Tramonto del diritto naturale | Carlo Molari,Legge naturale in prospettiva evolutiva | Parteseconda: Echi di Esodo. Osservatorio: Diletta

Mozzato, Peregrinare sui confini del religioso |Franco Macchi, Oltre la Leggenda del GrandeInquisitore | Giorgio Morlin, Razzismo, graveemergenza sociale ed ecclesiale | Lettere: AlfioMasi, Ricordando il Sessantotto.

a. XXXII, n.s., n. 1, gennaio-marzo 2008Domanda di scuolaCarlo Bolpin, Paola Cavallari, Editoriale | Par-te prima: Domanda di scuola. Analisi e pro-poste: Renza Bertuzzi, Perché una carta eticadei docenti | Paola Cavallari, Un protezionismostolto | Giorgio Ragazzini, Condotta, deontolo-gia, etica pubblica | Giancarlo Azzano, Scuoladi massa, una scuola del disagio | Paolo Ferli-ga, Autorità e sentimento nel processo educati-vo | Paolo Ricca, “Serve” Dio nell’educazione? |La parola a...: Paola Cavallari, L’insostenibileleggerezza della scuola | Chiara Puppini, Lascuola che vorrei... | Paola Cavallari, La parolaagli eletti | Chiara Puppini, Chiacchierandocon gli addetti ai lavori... | Chiara Puppini, Ri-partire da Barbiana? | Parte seconda: Echi diEsodo. Osservatorio: Piero Stefani, Sul dialo-go ebraico-cristiano: quali novità? | Libri e re-censioni: Franco Macchi, Esiste una religionecivile in Italia? | Carlo Bolpin, Pensieri di ter-ra e di cielo | Lettere: Angelo Casati, Miseri-cordia voglio, non sacrifici.

a. XXXII, n.s., n. 2, aprile-giugno 2009“Io pongo davanti a te la vita e la morte...”Carlo Bolpin, Editoriale | Parte prima: “Iopongo davanti a te la vita e la morte...”. Uma-nizzare la morte: Lucia Santiago Mora, Ate-lier dell’errore, Infermeria della bellezza | Espe-rienze e riflessioni..., a cura della redazione |Giorgio Corradini, “Chi perde la propria vitala salverà” | Ignazio Marino, L’amore, la fede,la cura | Giannino Piana, Umanizzare la ma-lattia | Giovanni Poles, Malattia e sofferenza |Francesco Sopracordevole, Etica di fine vita.Spunti per una riflessione | Marco Bonetti, Il ma-lato, il medico, la famiglia | Mariella Immaco-lato, Testamento biologico: il quadro interna-zionale | Paolo De Benedetti, “Chi sa?” | Li-beri di vivere oltre la morte: Piero Stefani, Lavolontà di guarire | Amos Luzzatto, Laura Vo-ghera, Colloquio con... | Paolo Ricca, Umaniz-zare la morte: si può? | Luciano Manicardi,Gesù e i malati | Daniela Turato, “Muoio per-ché non muoio” | Ahmad Sergio Ujcich, Lavita nell’Islâm | Parte seconda: Echi di Esodo.Libri e recensioni: Franco Macchi, Due filoso-

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fi a confronto su fede, ragione, etica | Osserva-torio: Giorgio Morlin, Il Vescovo di Treviso.

a. XXXII, n.s., n. 3, luglio-settembre 2009I nomi della bellezzaCristina Oriato, Editoriale | Parte prima: I no-mi della bellezza. Vivere la bellezza: BeppeBovo, La “vita bella” di Etty Hillesum | Anto-nietta Potente, Il sottile incantesimo dell’origi-ne | Luigi Verdi, Bellezza e tenerezza | Giu-seppe Goisis, La bellezza come esperienza del-l’essenziale | Olivio Bolzon, Dalla costellazioneetica a quella estetica | Raccontare la bellezza:Carlo Bolpin, Cristina Oriato, Ormai solo labellezza salverà il mondo? | Angelo Casati, Pa-store bello | Aldo Bodrato, Ki tôb, cosa buona-bella: il fine di un inizio | Paolo De Benedetti,La Bellezza nella cultura ebraica | LucianoManicardi, Bellezza della croce? | GabriellaCaramone, La bellezza dell’incontro | PieroMartinengo, Frammenti di bellezza | Parte se-conda: Echi di Esodo. Echi di Esodo: ValerioBurrascano, Sulla vita e sulla morte | RossellaMarvaldi, Quante morti viviamo? | Osservato-rio: Giorgio Corradini, Preti e politica | OlivoBolzon, Lettera aperta al Cardinale ClaudioHummes | Giovanni Cereti, Il cammino versol’unità dei cristiani | Lettere: Mariella Favaret-to, I miei piccoli pensieri...

a. XXXII, n.s., n. 4, ottobre-dicembre 2009La cruna dell’agoGianni Manziega, Lucia Scrivanti, Editoriale |Parte prima: La cruna dell’ago. Vite nascoste:Sandro Spinelli, Un popolo senza voce | Gio-vanni Benzoni, Serena Noni, Ospiti, minoriper il nostro oggi | Fabio Scarsato, Sint mino-res! Cioè... guardoni! | Franco Macchi, JohnWesley e il metodismo | Carlo Bolpin, DanielaTurato, Ida Zavagno, Infinitamente piccole |Amedea Lo Russo, Servirsi, servire | Beativoi...: Piero Stefani, L’essere piccoli tra predile-zione e responsabilità | Dino Pezzetta, Un Dioche si fa servo | Fulvio Ferrario, Regnavit a li-gno Deus | Paolo Ricca, Il Dio potente nella de-bolezza del servo Gesù | Bruno Baratto, Se nondiventerete come stranieri... | Angelo Casati,Appunti per una chiesa minore | Valerio Bur-rascano, Il paradossale messaggio del vangelo |Rossella Marvaldi, Abbandonarsi alla speran-za | Parte seconda: Echi di Esodo. Annama-ria Grandese, Sulla Bellezza.

a. XXXIII, n.s., n. 1, gennaio-marzo 2010Cittadinanza a puntiCarlo Beraldo, Carlo Bolpin, Editoriale | Par-te prima: Cittadinanza a punti. I diritti scon-nessi: Carlo Beraldo, La cittadinanza e i suoidiritti | Marcello Flores, Immigrazione e citta-dinanza | Gianni Tognoni, Il prezzo della cit-tadinanza | Universalità e selezione: Italo De Sandre, Mutazioni della cittadinanza |Sergio Frigo, La sinistra senza popolo | Gio-vanni Benzoni, Il cambiamento che vogliamovedere (Gandhi) | Marco Aliotta, Nuove e vec-

chie povertà | Alessandra Stivali, Forza lavoro,non persone | Mohammed Khalid Rhazzali, Il sintomo delle seconde generazioni | France-sca Alice Vianello, Donne migranti tra presen-za e assenza | Eva Sicurella, Processi di inte-grazione e discriminazione | Parte seconda:Echi di Esodo. Francesco Vianello, Assembleadei soci 2009 | Giorgio Corradini, Il crocifissosegno di contraddizione | Beppe Bovo, Ancorasulla bellezza | Giuditta Bearzatto, L’ebraismovivente visto da Teresa Salzano | Fabrizio Trui-ni, Comporre la vita | Olivo Bolzon, Le chiesetra santità e potere.

a. XXXIII, n.s., n. 2, aprile-giugno 2010Fraternità tra sconosciutiCarlo Bolpin, Carlo Rubini, Editoriale | PartePrima: Fraternità tra sconosciuti. Città: iden-tità/estraneità: Piero Stefani, Dispersione: ca-duta e benedizione | Ivo Lizzola, La città dei giu-sti e la fraternità tra sconosciuti | Giuseppe Goi-sis, Ambiguità e contraddizioni della cittadi-nanza | Enzo Pace, Diversità culturale e cittadi-nanza | Carlo Rubini, Città e cittadinanza |Un’altra partecipazione: Alberto Castagnola,Verso un’altra “partecipazione” | Antonio Tor-resin, Bisogno di una nuova giustizia | MatteoMenegazzo, Tutti i diritti umani per tutti | Ma-rie Louise Niwemukobwa, Il diritto di esistere |Matteo Sandon, Consumo responsabile e parte-cipazione civile | Parte Seconda: Echi di Esodo.Carlo Bolpin, L’assemblea dei soci 2010 | MarioCantilena, Un sanculotto della teologia | BeppeBovo, L’avventura della Parola | Carlo Bolpin,Il Misericordioso e la varietà delle rivelazioni.

a. XXXIII, n.s., n. 3, luglio-settembre 2010Diaspora silenziosa... svolta profetica?Gianni Manziega, Lucia Scrivanti, Editoriale |Parte prima: Diaspora silenziosa... svoltaprofetica? I segni della dispersione: BeppeBovo, Necessità della diaspora? | Piero Stefani,I popoli della terra | Giorgio Pilastro, Conser-vare la fede, cambiare la chiesa | Credenti in ri-cerca: Angelo Favero, La diaspora cattolica |Dino Pezzetta, Chiesa che ritorna al Vangelo |Italo De Sandre, Orgoglio, disaffezione, spe-ranza: una svolta? | Mauro Castagnaro, Comu-nità di base | Paolo Ricca, Dov’è la Chiesa? |Unde origo inde salus: Serena Noceti, Sacer-doti per il nostro Dio | Roberto Betracchini, Ladonna nella Chiesa antica | Antonino Nicotra,Le istituzioni ecclesiali nei primi secoli | Lucia-no Manicardi, La sinodalità: forma nella Chie-sa | Parte seconda: Echi di Esodo. GiorgioCorradini, Intercettazioni e libertà di stampa |Franco Macchi, Ricordando Buzzati | CarloBolpin, Cristiani adulti “dopo” lo scisma som-merso... | Lettere: Silvano Felisati, Sui pretioperai.

a. XXXIII, n.s., n. 4, ottobre-dicembre 2010Il nostro inquieto spiritoCarlo Bolpin, Editoriale | Parte prima: Il no-stro inquieto spirito: Paolo Caena, Una prati-

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Franz Xaver Winterhalter, La Primavera, 1850 caCollezione privata

Giovanni Carnovali detto il Piccio, Giovane donna con fiori (o Flora), 1868-1869Bergamo, Accademia Carrara

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ca di saggezza e compassione | Augusto Shan-tena Sabbadini, Dao. La via oltre il dicibile |Piero del Soldà, La follia di Socrate: uscire da séverso se stesso | Giuseppe Goisis, La spiritualitànello stoicismo romano | Carlo Molari, La sfidadello Spirito | Luciano Manicardi, La vita inte-riore | Antonio Montanari, Il dramma dell’uo-mo in cerca di compimento | Stefano Yavuz Se-lim Meneghetti, L’altro cuore dell’Îslâm | Ah-mad Abd al-Quddus Panetta, La spiritualità se-condo l’Islam | Sergio Givone, Umanesimo enichilismo | Parte seconda: Echi di Esodo: Ful-vio Ferrario, Sul primato di Pietro | Roberto A.Maria Bertacchini, Maria nella Chiesa neote-stamentaria | Mariella Germanotta, Ricordan-do la Shoa | Carlo Bolpin, L’epoca tremenda.

Oasisrivista semestrale del centro internazionale studi e ricerche oasissocio ordinario dello studium generale marcianum

direttore responsabile: Roberto Fontolancaporedattore: Martino Diezcomitato promotore: Card. Angelo Scola, Card. Philippe Barbarin, Card. Josip Bozanic,Card. Péter Erdö, Card. Christoph Schönborn,S.E. Mons. Paul Hinder, S.E. Mons. Antony T. Lobo, S.E. Mons. Fco. Javier Martínez, S.E. Mons. Joseph Powathil, S.B. Fouad Twal,S.E. Mons. Jean-Clément Jeanbart, S.E. Mons. Maroun Lahham, S.E. Mons. Paul Mounged El-Hachem, S.E. Mons. HenriTeissier, S.E. Mons. Camillo Ballincomitato scientifico: Joacquín Alliende, Carl Anderson, Gianni Bernardi, Francesco Botturi, Rémi Brague, Paolo Branca, Michele Brignone, Stratford Caldecott, Maria Laura Conte, Axel Diekmann, Angelika Diekmann, Martino Diez, Jean-Paul Durand, Brian E. Ferme, Francesco Follo, José Andrés Gallego, Paolo Gomarasca, Henri Hude, Samir Khalil Samir, Nicolaus Lobkowicz, Javier Prades López,Claudio Lurati, Cesare Mirabeli, Ignazio Musu, Andrea Pacini, Jean-Jacques Pérennès, Andrea Pin, Dino Pistolato, Gabriel Richi Alberti, Giovanna Rossi, Giovanni Salmieri, Giuseppe Scattolin, Franz Magnis-Suseno, Paolo Terenzi, Boghos Zekiyanconsulenti editoriali: Marco Bardazzi, Bernardo Cervellera, Roberto Donadoni, Camille Eidperiodicità: semestraleredazione: Fondazione Internazionale Oasis -tel. 041/2412934e-mail: [email protected]: www.oasicenter.eu/rivista

a. IV, n. 7, maggio 2008Perché abbiamo bisogno di testimonianza.Struttura della rivelazione cristiana e metododel dialogo religiosoCard. Jean-Louis Tauran, Esposti allo sguardoe alla domanda dell’altro | Attualità: SamirKhalil Samir, Centralità del martirio nell’Is-lam odierno | Ignacio Carbajosa, Il testamentodivino offerto alla libertà umana | S.E. Mons.Shlemon Warduni, Seguire Cristo anche in Iraq | Giovanni Salmeri, L’esistenza come testo |Michel Cuypers, La professione di fede secondoil Corano | Javier Prades López, Il Cristianesi-mo e la necessità del testimone | Habib Malik,La stanchezza del popolo credente | Paolo Mar-tinelli, Se comunicare è una questione di verità |Paolo Terenzi, Lo slancio venuto dal Concilio |Franco Riva, Dalla fedeltà a se stessi al gridodell’“eccomi” | Emma Neri, Nella storia senzasperanza l’amore tenacemente resiste | Docu-menti: Joseph Ratzinger, La fede, un atto sem-pre nuovo | Jean-Louis Leuba, Grazie a Gesùl’altrove si trova qui | Paul Hinder, La missio-ne secondo San Francesco | Incontri | Reporta-ge: Marco Bardazzi, La diaspora dei cristia-ni/1. Quell’angolo di Iraq a Detroit | Contribu-ti: “Love thy neighbour” in Islam, Esplorandol’interiorità umana | Sohail Nakhooda, Dalmessaggio di Amman alla teologia del dupliceamore | Ida Zilio-Grandi, Fede e libertà. Il con-flitto delle interpretazioni | Stratford Caldecott,Sostanza e apparenza di “quello che ci unisce” |Maurice Borrmans, Il “manifesto” dell’Islamsapiente. Struttura, lingua, sorprese e dubbi |Jean-Jacques Pérennès, Jean-Mohammed, ilfrancescano che veniva dall’Islam | Recensioni |Maurice Bormans, Dossier religioni all’esamedi Bruxelles | Giorgio Paolucci, Iraq, chi hamesso i cristiani in trappola | Paolo Gomara-sca, Cittadinanza, idea da ricostruire | Anto-nio Colombo, La Chiesa al vaglio dei tempioscuri | Luca Antonini, Quando l’Europa vuolfare giustizia | Paolo Terenzi, Quel che l’uomoprende a cuore | Henry Hude, Il “disturbatore”Girard va alla guerra | Paolo Terenzi, Perchénon possiamo non dirci religiosi.

a. IV, n. 8, dicembre 2008Libertà religiosa, un diritto senza confiniAttualità: Vincenzo Buonomo, Solo un uomolibero può compiere il dovere della verità | Ni-kolaus Lobkowicz, Il Faraone Amenhotep e laDignitas Humanae | Maroun Lahham, Dallacortesia alla verità, i segnali di una stagionenuova | Francis-Mehboob Sada, Sulla terradelle Madrasse i segni del Generale Zia | Gian-ni Colzani, Sul proselitismo e i suoi troppi si-gnificati | Roberto Simona, Buone notizie dal-l’Azerbaigian | David Novak, Se l’Israelita ab-bandona la legge del Sinai | Abderrazak Saya-di, Quando la scuola razionalista perse la guer-ra | Khalid Al-Jaber, L’uomo macchia la pu-rezza delle religioni | Henri Teissier, L’ineditoconflitto sulla libertà di coscienza | Franz Ma-gnis-Suseno, All’attacco del pluralismo interno

Ferdinand Georg Waldmüller,Ragazze che leggono una lettera, 1841Collezione privata

Gustave Courbet, Les damoiselles des bords de la Seine, part., 1856Parigi, Musée du Petit Palais

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e esterno | Joseph R. Wood, Sogni e incubi deiPadri Fondatori e dei loro figli | Scott Alexan-der, I Musulmani schierati con l’America | Do-cumenti: H.E. Msgr. Celestino Migliore, In-coraggiando le Nazioni Unite a ritrovare il ruo-lo smarrito | Sua Santità Benedetto XVI, I fon-damenti di un inviolabile diritto della persona edella comunità. Quel nucleo di valori alla basedelle relazioni internazionali | Dichiarazionesulla Libertà Religiosa Dignitatis Humanae |Contributi: Andrea Pacini, La rivoluzione si-lenziosa della seconda generazione | Samir-Khalil Samir, Analisi di una giornata storica ei suoi imprevedibili sviluppi | Ángel Ayuso Mi-guel, I travagli dell’Islamologia | Recensioni.

a. V, n. 9, luglio 2009Interpretare la tradizioneAttualità: Henri Teissier, Originale contro Po-polare: il Caso dell’Algeria | Paolo Gomarasca,Bene o male, la “Vecchia talpa” è al lavoro |Pierangelo Sequeri, La ragione impegnatacontro ogni pregiudizio | Jean-Georges Boe-glin, La Grammatica sempre nuova dell’Incar-nazione | Paolo Martinelli, San Paolo e il me-todo della Testimonianza | Giovanni Trabuc-co, Il Segno dell’Umano sulla ComunicazioneDivina | Paolo Dall’Oglio, Chiese Orientali,Sacramento di Buon Vicinato | Diégo Sarrió,Nella Sunna il Profeta dà il Buon Esempio |Andrea Pin, Inventario dei Diritti tra Oriente eOccidente | Documenti: Gilbert K. Chester-ton, Anche i Morti hanno Diritto di Voto | Be-nedetto XVI, Il Concilio e il Conflitto delle DueErmeneutiche | Yves Congar, Ricevere, Custo-dire, Progredire | Taha Hussein, La Parolaprende Vita se a Insegnarla è un Vero Maestro |Incontri: Mustafa Ceric, Viviamo il Coranonella Società Aperta. L’Europa si confronti conNoi | Reportage: Luca Fiore, I SorprendentiSegreti del Kerala | Thomas Koonamakkal, Il Tesoro di Sant’Efrem. Giuramenti e Dissi-denti | Selim Sayegh, Dalle Radici Antichissi-me una Speciale Fioritura | Gian Micalessin,L’Afghanistan delle Tribù tra Caos e Mosaico |Marco Bardazzi, Quindici Anni al “MondoTrasformato” | Jean-Jacques Pérennès, L’Uo-mo che Cambiò il Nostro Sguardo sull’Islam |Giuseppe Scattolin, Quella Domanda cheFonda l’Essere Umano | Recensioni.

a. V, n. 10, dicembre 2009Le fedi alla prova della modernitàAttualità: Stratford Caldecott, Quella stranaalleanza degli opposti | Nikolaus Lobkowicz,La cultura tra indefinibilità e certezza | GabrielRichi-Alberti, Cercare Dio, cercare la verità |John Milbank, L’incoerenza del pluralismo li-berale | Henri Hude, Pensieri per un Occiden-te in guerra | Abderrazak Sayadi, Quando gliulema chiusero le porte | Malika Zeghal, Met-tersi in gioco nello spazio pubblico | AzzedineGaci, Faccia a faccia con lo stato laico | Gio-vanna Rossi, La strada stretta tra madri e figlie |Documenti: Giovanni Paolo II, L’amore al-

l’uomo è la sostanza del messaggio di Cristo |Joseph Ratzinger, La decisione necessaria e lesue conseguenze | Abû Rayhân Bîrûnî, L’am-bizione universale dell’Islam alla prova dell’In-dia | Reportage: Gian Micalessin, Quel maleoscuro che divora l’Eritrea | Contributi: YannRichard, L’ordine dei guardiani regna a Tehe-ran | Franz-Magnis Suseno, La democrazia siconferma a Giacarta (per ora) | PierbattistaPizzaballa, Quel gesto che tutti hanno capito |Pierre Larcher, Tradurre, interpretare: dalleparole agli atti | Mohammad-Ali Amir-Moez-zi, Mistica e ragione nella religione degli Impec-cabili | Michel Cuypers, La regola del Cora-no?La retorica semitica | Jean-Jacques Péren-nès, Cercando fino alla fine la strada verso l’Islam | Recensioni.

a. VI, n. 11, giugno 2010Educazione: una questione globaleAttualità: Jean-Louis Bruguès, Tra le genera-zioni. Le ragioni, la crisi, la sfida | FrancescoBotturi, Adattarsi o consistere. Una questioneantropologica | Tony Blair, Nelle scuole delmondo faccia a faccia con la fede | Paolo Bran-ca, Perché non basta “non essere razzisti” | Lui-sa Ribolzi, Le Buone intenzioni, così buone ecosì pericolose | Azyumardi Azra, Imparare aconvivere in un Islam sorridente | Fouad Twal,Quella semina paziente e tenace in corso da 150anni | Marialaura Conte, Sulle tracce della ca-rità di Dio che accoglie ogni dolore | HenriTeissier, Un’azione che oltrepassa i confini(anche quelli fissati dagli Stati) | AzyumardiAzra, Una riforma contro la violenza e la per-dita di senso | Documenti: Sant’Agostino, Lamisericordia di Dio, cuore di tutta la catechesi |Benedetto XVI, Da una generazione all’altraun sofferto e grandioso passaggio | BenedettoXVI, Il grande cammino comune | Abû Hâmidal-Ghazâlî, Il vero credente si salva con le opere,non con la scienza | Incontri: Georges Corm,Provate a prenderci! Vi spiego perchè nonostan-te tutto nessuno riesce ad intrappolare noi liba-nesi | Reportage: Riccardo Piol, L’esercito diimmigrati che va a messa e innalza grattacieli |Contributi: Paul Hinder, Per il piccolo greggeuna missione possibile. Forse | Ida Zilio-Gran-di, Percorsi femminili nella tradizione musul-mana | Ersilia Francesca, La banca che nonpuò perseguire il suo interesse | Gian Micales-sin, Iraq, il dolore nutre la resistenza dei cri-stiani | Mohammed Sammak, Nel giorno diMaria uniti almeno per un giorno | Recensioni.

a. VI, n. 12, dicembre 2010Libertà e verità camminano assiemeAttualità: Jean-Marie Lustiger, Cittadino, co-munità, Stato. Per una critica della ragionemoderna | John Witte, Dopo la stagione dell’i-solamento diritto e ragione tornano alleati |Iain Benson, Quella falsa lotta tra credenti enon credenti | Paolo Gomarasca, Alla scuoladel “fare con” si comincia dal desiderio | PaoloCavana, I sistemi di istruzione nell’Europa del

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Francesco Hayez, Fiori, 1834Collezione privata

Ferdinand Georg Waldmüller, Mazzo di fiori in un vaso di porcellana, 1839Vaduz, Liechtenstein Museum

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rivisteria veneta

pluralismo | Robert W. Hefner, Dalle madrasedel Medioevo all’urto della globalizzazione |Ridwan Al-Sayyid, I nuovi predicatori arriva-no via satellite | Abdullah Sahin, La complessaeredità della prima generazione | Antoine Mes-sara, Il sistema che vuol far convivere le diffe-renze | Hani Fahs, Quando i deformatori sal-gono in cattedra | Mohamed Samaha, Decalo-go per imparare la fiducia nel creatore | Ashgar-Ali Engineer, Troppe scintille nella polverieradell’identità | Documenti: Stradford Calde-cott, L’ora della coscienza nel tempo dei falsiidoli | S.S. Papa Benedetto XVI, Dio esce da sestesso, inizia la grande avventura | S.S. PapaBenedetto XVI, Fondamenti etici della vita ci-vile, una sfida per le democrazie | John HenryNewman, Quella voce divina che abita in noi |Ahmad Ibn Muhammad Miskawayh, Il du-plice cammino della perfezione | Incontri: Fe-thullah Gülen, Non ho altro scopo che piacerea Dio e diffondere il Suo in ogni angolo delmondo | Reportage: Elisabetta Del Soldato,L’avanzata dell’anglo-Islam | Contributi: Mas-simo Borghesi, La religione come un assolutopolitico | Dominique Avon, Noi, i figli dellamiglior comunità | Mohamed Haddad, Prote-zione o punizione: regole per i dhimmî | Mau-rice Borrmans, Il tenace esploratore della pro-fondità orientale | Recensioni.

Quaderni di storia religiosa

direttore responsabile: Maurizio Zangarinidirezione: Giuseppina De Sandre Gasparini,Grado Giovanni Merlo, Antonio Rigoncollaboratori scientifici: Maria Pia Alberzoni,Giancarlo Andenna, Marina Benedetti, Franco Dal Pino, Carlo Dolcini, Laura Gaffuri, Donato Gallo, Alfredo Lucioni, Raimondo Michetti, Roberto Pa ciocco, Letizia Pellegrini, Michele Pellegrini, Daniela Rando, Maria Clara Rossi, Andrea Tilatti, Gian Maria Varaniniperiodicità: annualeeditore: Cierre - Veronasede della redazione: c/o Cierre - via C. Ferrari, 5 - 37066 Caselle di Sommacam pagna (VR) - tel. 045/8581572 - fax 045/8589883e-mail: [email protected]: www.cierrenet.it

XIV, 2007Religione delle campagneAndrea Dinzelbacher, Notizie dall’aldilà.Nar razioni di contadini tedeschi sul purgato-rio | Luigi Provero, Parrocchie e comunità divillaggio in Piemonte (XII-XIII secolo) | AlfredoLucioni, “...inservit huic ecclesiae vir laycus etuxoratus quem appellant monachum”. Per una

storia della monarchia tra medioevo ed età mo-derna nelle Alpi e Prealpi lombarde | Giampao-lo Cagnin, “Dio ne salve, viva carne e veraciosangue, o digno corpo de Christo...”. Fedeli eparroci in preghiera nelle campagne trevigianenel XIV secolo | David D’Andrea, The Ink andthe Worms: the Nature of Miracles in the Six-teenth-Century Trevigiano | Fausta Piccoli, Tracentro e periferia: testimonianze di pittura e de-vozione del territorio veronese nel secondo Tre-cento | Flavia De Vitt, Chiese, famiglie e villag-gi carnici nel Tre-Quattrocento. Note dai testa-menti | Marta Faggiotto, Aspetti della religiosi-tà contadina nella diocesi di Padova alla metàdel Quattrocento: scongiuri e pratiche magiche |Giuseppe Gardoni, Frammenti di vita religio-sa della campagna mantovana alla fine del me-dioevo | Luga Gufi, Santuari di città e devozio-ni di campagna nella Tuscia viterbese: SantaMaria del Riposo a Tuscania alla fine del me-dioevo | Lucia Palazzi, Considerazioni sulla de-vozione e pietà popolare celestina in età moder-na: prime note | Bruno Chiappa, Gian MariaVaranini, “Christus gloriosus passibilis nonest”. Schematismi teologici e realismo ‘contadi-no’ nell’iconografia cristiana (dalle visite pasto-rali di Agostino e Alberto Valier alla diocesi diVerona, 1592-1599) | Federico Barbierato, “Dipoco senno per la villica condizione”. Episodi dieterodossia e miscredenza nelle aree rurali vene-te del Sei e Settecento | Sofia Boesch Gajano,Postfazione.

XV, 2008Dio, il mare e gli uominiLuciano Fanin, Premessa. Dio e l’uomo a con-fronto col mare nella pagina biblica | EdoardoFerrarini, Pesche miracolose, tempeste sedate edaltri miracoli sul mare nella prima agiografialatina (IV-VI secolo) | Amalia Galdi, EugenioSusi, Santi, navi e Saraceni. Immagini e prati-che del mare tra agiografia e storia dalle costecampane a quelle dell’Alto Tirreno (secoli VI-XI) |Francesco Santi, Il mare affettuoso di Letaldodi Micy | Francesco Veronese, Una devozionenata sul mare: la translatio di santo Stefano daCostantinopoli a Venezia | Maria Luisa Cecca-relli Lemut, Gabriella Garzella, “MirabiliaDomini in pelago”. Cristianizzazione, culti ereliquie a Pisa (secoli III-XIII) | Isabella Ga-gliardi, “Ave maris Stella”: il santuario maria-no di Montenero presso Livorno | Elena Bello-mo, Sapere nautico e geografia sacra alle radicidei portolani medievali (secoli XII-XIII) | Vale-ria Polonio, Devozioni marinare dall’osservato-rio ligure (secoli XII-XVII) | Maurizio Sangalli,Venezia, il mare, le religioni. Note per una ri-cerca (secoli XVII-XVIII) | Francesco Zampieri,Preghiere di marinai. Culto religioso nella Re-gia Marina Italiana tra Ottocento e Novecento.

XVI, 2009Studia, studenti, religionePietro Silanos, Il mestiere di studiare. La vitadegli universitari negli studia medievali (secoli

Antoine Berjon, Fruits et fleurs dans une corbeille d’osier, 1810Lione, Musée des Beaux-Arts

Josef Lauer, Natura morta con fiori, 1839Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

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XII-XIV) | Cécile Caby, Non obstante quodsunt monachi. Être moine et étudiante au Mo-yen Âge | Bert Roest, In Christo absconditisunt omnes thesauri sapientie: Religious lifein the Franciscan school network (13th century) |Marco Rainini, La conversione all’ordine deiPredicatori in ambienti di studio nello specchiodelle Vitas Fratrum | Andrea Aldo Robiglio,Se un ‘savio omo’ diventa santo. Un aspetto del-la reputazione di Tommaso d’Aquino per glistudenti del Trecento | Roberta Bertuzzi, Ho-nor e pietas nei monumenti funebri dei dottoribolognesi tra XII e XV secolo | Simona Negruz-zo, Sedes Sapientiae. Culto e devozione nell’u-niversità di età moderna | Carla Frova, Postfa-zione | Indice dei nomi di luogo e di persona.

Biblioteca dei Quaderni di storia religiosa, VGiovanna Forzatti, Chiesa e società locale. La pieve di Voghera nel Medioevo. Il volume è esaurito e l’editore ha provvedu-to a toglierlo dal catalogo.

Biblioteca dei Quaderni di storia religiosa, VIMartina Cameli, La chiesa scritta. Documentie autorappresentazione dei vescovi di Ascoli Piceno tra XI e XIII secolo.Premessa | I. La produzione diplomatica deivescovi ascolani: l’evidenza dei documentisolenni: I. Necessità e ragioni di una distinzio-ne | 2. L’analisi | 3. Le caratteristiche della do-cumentazione solenne | 4. Una via propria al-l’unicità | II. La documentazione in registro:il Liber quartus: I. La sezione F dell’Archivio ca-pitolare | 2. La prima unità: dal quinterno del1322 al Liber catasti maioris ecclesie Esculane |3. L’unità 4: il registro di curia di Petrus Mori-ci de Plaça | 4. Il dossier del notaio Bonaven-tura | 5. Un registro d’ufficio degli anni Sessan-ta del Duecento | 6. Un cartulario del 1238 | 7. A mo’ di conclusione | III. Vescovi e notai: I. Notai e vescovi: un doppio legame | 2. La du-plice nomina in una Chiesa di frontiera | 3. I no-tai al servizio dei vescovi di Ascoli | 4. ‘Specia-lizzazioni’ notarili | 5. Ne clerici sint tabellio-nes | Conclusioni: i ‘notai vescovili’ ascolani |Conclusioni: La documentazione come stru-mento di governo e il senso di una identità |Apparati: I. Elenco cronologico dei vescovi asco-lani (secoli XI-XIII) | 2. I documenti | 3. Biblio-grafia | Indice dei nomi | Immagini.

Biblioteca dei Quaderni di storia religiosa, VIIMargini di libertà: testamenti femminili nel medioevo, Atti del convegno internazionale(Verona, 23-25 ottobre 2008).Maria Clara Rossi, Parole di gratitudine | Atti-lio Bartoli Langeli, Parole introduttive | Anto-nio Olivieri, Donazioni femminili nell’alto me-dioevo italiano: il problema diplomatistico |Giovanni Rossi, Il testamento nel medioevo fradottrina giuridica e prassi | Valeria Novembri,“Donne di denari”. Testamenti e lasciti femmi-nili nel mondo tardo antico | Régine Le Jan,Donne e testamenti nell’alto medioevo franco |

Laura Gaffuri, “...Que toutes les gens de monostel soient vestu de drap gris...”: le ultime vo-lontà delle principesse di Casa Savoia (XIII-XIV

secolo) | Lorena Barale, “Uxor dilectissima” e“domina rectrix”: personalità giuridica delladonna e spazi di scelta nei testamenti chieresidel XV secolo | Giovanna Petti Balbi, Donna etdomina: pratiche testamentarie e condizionefemminile a Genova nel secolo XIV | FernandaSorelli, Capacità giuridiche e disponibilità eco-nomiche delle donne a Venezia. Dai testamentifemminili medievali | Isabelle Chabot, “I vo’fare testamenti”. Le ultime volontà di mogli emariti, tra controllo e soggettività (secoli XIV-

XV) | Serena Giuliodori, Le bolognesi e le lorofiglie | Andrea Tilatti, “Soror beate Helene”. I testamenti e le altre volontà di Profeta Valen-tinis da Udine | Maria Cipriani, Le disposizio-ni per le esequie e il lutto nei testamenti di don-ne veronesi (prima metà del XV secolo) | Eleo-nora Rava, Le testatrici e le recluse: il fenomenodella reclusione urbana nei testamenti delle don-ne pisane (secoli XIII-XIV) | Maria Teresa Ba-ralis, Ceci in pentola e desiderio di Dio. Religio-sità femminile in testamenti bergamaschi (seco-li XIII e XIV) | Maria Grazia Nico Ottaviani,La pratica testamentaria femminile come espres-sione di socialità attraverso alcuni esempi peru-gini (secoli XV-XVI) | Maria Clara Rossi, Figliad’anima. Forme di ‘adozione’ e famiglie ‘allar-gate’ nei testamenti degli uomini e delle donneveronesi del secolo XV | Vito Rovigo, Publicuminstrumentum scriptum in lingua et litteraebraicha: la documentazione di una minoran-za tra autonomia documentaria e vocazionimaggioritarie | Miriam Davide, I testamentidelle donne nelle comunità ebraiche askenazitee in quelle di origine italiana dell’Italia setten-trionale (XIV-XVI secolo) | Elisabetta Traniello,Percorsi di donne ebree a Ferrara (XVI secolo) |Anna Esposito, I testamenti delle altre: le don-ne delle minoranze nella Roma del Rinasci-mento. Prime indagini | Maria Benedetti, Leultime volontà di un’eretica | Gabriella Zarri,Conclusioni | Indice dei nomi.

Ricerche di Storia Sociale e Religiosarivista fondata da Gabriele De Rosa

direttore responsabile: Federico Codignoladirezione: Liliana Billanovich, Francesco Malgeri, Bruno Pellegrinocomitato di consulenza scientifica: Maurice Aymard, Giacomo Becattini, Louis Bergeron,Antonio Cestaro, Giampaolo D’Andrea, Tullio Gregory, Antonio Lazzarini, Jacques Le Goff, Rudolf Lill, Émile Poulat,Paolo Preto, Jacques Revel, Michel Vovellecomitato di redazione: Rocchina Abbondanza,Filiberto Agostini, Giovanni Luigi Fontana,Alba Lazzaretto, Michelangelo Morano,

rivisteria veneta

Tommaso Salini (1575 ca-1625), Fiasca fioritaForlì, Pinacoteca civica

Maestro della Natura Morta Acquavella (Bartolomeo Cavarozzi?) (prima metà XVII secolo),Vaso di fiori e fruttaCollezione privata

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rivisteria veneta

Walter Panciera, Maria Antonietta Rinaldi,Roberto Violi, Giuseppe Maria Viscardi,Francesco Volpecoordinamento redazionale: Sebastiano Bissonsegreteria di redazione: Donatella Rotundoperiodicità: semestraleeditore: Edizioni di Storia e Letteratura - Romasede della redazione: c/o Edizioni di Storia e Letteratura - via delle Fornaci, 24 - 00165 Romatel. 06/39670307 - fax 06/39671250e-mail: [email protected]: www.storiaeletteratura.it

La rivista esce a cura dell’Istituto per le Ri -cerche di Storia Sociale e Religiosa di Vi cenza(contrà Mure San Rocco 28 - 36100 Vicenza).

a. XXXVII, n. 73, n.s., gennaio-giugno 2008Francesco Volpe, Una fonte per la storia socia-le e religiosa del Mezzogiorno: i libri parroc-chiali dei sacramenti; seconda parte | Luisa Me-neghini, Il governo locale della sanità pubblicanel Veneto post-unitario | Liliana Billanovich,Fra Sant’Ufficio e conflitti intraecclesiali: la mi-stica Lina Salvagnini, il confessore LeopoldoMandic e il vescovo Elia Dalla Costa nella Pa-dova degli anni Venti | Giuseppe Maria Vi-scardi, Tra storia dell’eresia e storia della pietà.Delio Cantimori e don Giuseppe De Luca |Alessio Esposito, Il Populismo e le rivolte diReggio Calabria e dell’Aquila (1970-1971) |Note: Bruno Pellegrino, Il Mezzogiorno d’Ita-lia in età napoleonica | Vittorio De Marco,Cronaca del convegno “Cataldo Naro” | Um-berto Mazzone, Giuseppe Alberigo | Recensio-ni | Libri ricevuti.

a. XXXVII, n. 74, n.s., luglio-dicembre 2008Maria Antonietta Rinaldi, La confisca dei benipatrimoniali degli Ordini religiosi nel Mezzo-giorno napoleonico: il caso Basilicata | ZulmiraSantos, Oração e devoção em modelos de com-portamento femininos do séc. XVIII em Portu-gal: das memórias da Condessa de Atouguia aoelogio de d. Ana Xavier | Giuseppe Maria Vi-scardi, Puglie e Basilicata: agiografia e identitàregionali in movimento | Liliana Billanovich,Amministratore apostolico e inquisitore: il ruo-lo del vescovo A.G. Longhin nella causa di LinaSalvagnini (1923) | Angelomichele De Spiri-to, Il 1943 nel diario di un prete sfollato a SanGiorgio del Sannio | Mario Casella, L’AnnoSanto del 1950, l’Azione Cattolica e la Crociatadel gran ritorno: lettere e relazioni da diocesi eparrocchie dell’Italia settentrionale e centrale |Alba Lazzaretto, Un laboratorio di capitaleumano e sociale: la società veneta tra Otto e No-vecento | Gennaro Mirolla, Tra spiritualità al-fonsiana e azione cattolica: Raffaello Delle Noc-che (1877-1960) | Maurilio Guasco, Ricordo diPietro Scoppola | Recensioni.

a. XXXVII, n. 75, n.s., gennaio-giugno 2009Pio Pampaloni, Le pensioni ecclesiastiche visteda Gregorio Barbarigo: da lettere del periodo ro-

mano 1676-1680 | Marian Surdacki, Il conser-vatorio di Santo Spirito di Roma nei secoli XVII-

XVIII | Maria Teresa Fattori, Documenti, ar-chivi e memoria: Benedetto XIV e il Regno diSpagna | Giuseppe Maria Viscardi, Tra “so-relle illuminate” e briganti devoti. La vita reli-giosa nel Mezzogiorno dal secolo dei Lumi allaRestaurazione | Mario Casella, L’Anno Santodel 1950. L’Azione Cattolica e la ‘Crociata delgran ritorno’. Lettere e relazioni da diocesi eparrocchie dell’Italia settentrionale e centrale |Francesco Sportelli, Lineamenti della religiosi-tà popolare nel magistero postconciliare dellasede apostolica e delle collegialità episcopali | Li-liana Billanovich, L’edizione dell’espistolario diGregorio Barbarigo: un progetto scientifico incorso di attuazione | Marcello Malpensa, Gli“annali” della Fondazione Mariano Rumor.

a. XXXVII, n. 76, n.s., luglio-dicembre 2009Presenza e attività in Italia dei gesuiti ibericiesiliati (1759-1800)Liliana Billanovich, Introduzione | EnriqueGiménez López, I gesuiti e la teoria della co-spirazione | Niccolò Guasti, I gesuiti spagnoliespulsi e la cultura del Settecento | Giulia Lan-ciani, La politica di Pombal e le ragioni dell’e-spulsione dei gesuiti dal Portogallo | Mariagra-zia Russo, L’espulsione dei gesuiti dal Portogal-lo e il loro arrivo in Italia | Saggi: Liliana Bil-lanovich, Amministratore apostolico e inquisi-tore: il ruolo del vescovo A.G. Longhin nellacausa di Lina Salvagnini (1923). Seconda par-te | Mario Casella, L’Anno Santo del 1950. L’A-zione Cattolica e la ‘Crociata del gran ritorno’.Lettere e relazioni da diocesi e parrocchie dell’I-talia settentrionale e centrale. Terza parte | Ele-na Zapponi, Il nesso religione-identità nell’e-sperienza migratoria di famiglie italo-argentinea Buenos Aires | Paola Rivetti, I “Nuovi intel-lettuali iraniani”. Appunti su una questionestoriografica | Note: Mariano Nardello, PadreDavid M. Turoldo per l’“amico e fratello” PierPaolo Pasolini | Recensioni.

a. XXXIX, n. 77, n.s., gennaio-giugno 2010Giampaolo D’Andrea, Per Gabriele De Rosa |Antonella Mazzon, Il più antico inventario deidocumenti del convegno agostiniano romano diSan Trifone-Sant’Agostino | Isabella Gagliar-di, “Servono Dio con le sue mani”. Le officinegesuate come segno di vita apostolica nel TardoMedioevo e nella prima Età Moderna | Giusep-pe Perri, Un nuovo documento sul ruolo dellaNunziatura Apostolica nella formazione dellapolitica italiana nei confronti degli ebrei stra-nieri durante il II conflitto mondiale | FilibertoAgostini, Insediamento e organizzazione dellegiunte municipali nel Veneto della transizione.L’esperienza della provincia di Padova, 1945-1946 | Mario Casella, L’Anno Santo del 1950,l’Azione Cattolica e la ‘Crociata del gran ritor-no’. Lettere e relazioni da diocesi e parrocchiedell’Italia meridionale | Antonio Menniti Ip-polito, Antonella Barzazi, Un nuovo volume

Johann Knapp, Natura morta con mazzo di fiori, part., 1828Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

Bartolomeo Bimbi (1648-1730),Anemoni e giacinti in un vaso di bronzoFirenze, Palazzo Pitti, depositi della Galleria Palatina

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della corrispondenza di Gregorio Barbarigo:due letture a confronto | Antonio Menniti Ip-polito, Gregorio Barbarigo alla corte di Roma(1676-1680). Note sul corpo di lettere familiarie di governo recentemente pubblicate | Antonel-la Barzazi, Dialogo familiare, governo diocesa-no, “negotio pubblico”: la corrispondenza roma-na di Gregorio Barbarigo (1676-1680) | Gen-naro Mirolla, Società, politica e religione in Ba-silicata nel secondo dopoguerra. Il contributodei fratelli Rocco e Mons. Angelo Mazzarone diTricarico | Giuseppe Poli, A proposito di storiadelle chiese di Puglia | Giuseppe Acocella, Ri-cordi di Diomede Ivone (1935-2008) | Recensio-ni | Notiziario.

Studi di Teologia

direttore responsabile: Pietro Bolognesidirettore: Leonardo De Chiricoperiodicità: semestraleeditore: I.F.E.D., Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione, Padovasede della redazione: I.F.E.D., via Pietro Martire Vermigli, 13 - 35129 Padova - tel. e fax 049/619623e-mail: [email protected]: http://ifeditalia.org

n.s., a. XX, n. 40, II semestre 2008L’Europa delle religioniLeonardo De Chirico, Introduzione | Articoli:Gordon Showell-Rogers, Evangelici in Europatra passato e futuro | Mats Tunehag, Libertà re-ligiosa e libertà di espressione in Europa | Tizia-no Rimoldi, Nominatio Dei, radici cristiane eprocesso costituente europeo | Lidia Goldoni,Religioni e insegnamento della religione in Eu-ropa | Paul Wells, Essere una minoranza: sfidee opportunità | Studi critici: Leonardo De Chi-rico, L’Europa di Ratzinger | Davide Bologne-si, Un Islam europeo? | Giuseppe Rizza, Il re-lativismo in Europa | Sussidi: Risorse per un’a-genda evangelica europea | Segnalazioni biblio-grafiche | Lista dei libri ricevuti.

n.s., a. XX, n. 40, II semestre 2008supplemento n. 6AbortoLeonardo De Chirico, Introduzione | Docu-mento: Aborto. Un documento del Centro Stu-di di etica e bioetica di Padova | Rassegna: Leo-nardo De Chirico, Il ritorno dell’aborto | Sche-da: La Bibbia sull’aborto | Segnalazioni biblio-grafiche | Rubrica: Vita del CSEB.

n.s., a. XXI, n. 41, I semestre 2009Gli scritti di Calvino (1509-1569)Leonardo De Chirico, Introduzione | Articoli:Wulfert de Greef, Gli scritti di Calvino | Segna-lazioni bibliografiche | Lista dei libri ricevuti.

n.s., a. XXI, n. 42, II semestre 2009Israele?Leonardo De Chirico, Introduzione | Articoli:Gianpaolo Aranzulla, L’Israele di Dio e l’al-leanza di grazia | Henri Blocher, Approcci teo-logici alla Shoah | Documenti: Tesine riassunti-ve su Israele ieri, oggi e domani | L’evangelo e ilpopolo ebraico | L’unicità di Cristo e l’evangeliz-zazione degli ebrei nell’Europa di oggi | Sussidi:Glossario su Israele | La difesa del vangelo: la mi-sericordia per ebrei e gentili (Romani 9-11) | Se-gnalazioni bibliografiche | Lista dei libri ricevuti.

n.s., a. XXI, n. 42, II semestre 2009supplemento n. 7Stranieri con noiLeonardo De Chirico, Introduzione | Articoli:Leonardo De Chirico, Stranieri con noi. Le re-sponsabilità dell’accoglienza | Giuseppe Rizza,Chiese, etnie e pluralità | Documentazione:Per un’etica responsabile dell’accoglienza | Im-migrati e confini responsabili | Scheda: Evange-lici per l’accoglienza | Sussidi: Verso chiese in-tegrate | Seganalazioni bibliografiche | Rubrica:Vita del CSEB.

n.s., a. XXII, n. 43, I semestre 2010La teologia del calendarioLeonardo De Chirico, Introduzione | Leonar-do De Chirico, Le mani sul tempo. Sull’ideolo-gia del calendario | Gian Paolo Aranzulla, Lefeste del calendario ebraico | Ritmo del tempo eprofilo cristologico | Pietro Bolognesi, La teolo-gia del calendario | Schede | Chiesa e calenda-rio | Gli appuntamenti annuali dell’AlleanzaEvangelica.

n.s., a. XXII, n. 44, II semestre 2010Idoli tra noiLeonardo De Chirico, Introduzione | MikeOvey, Idolatria e parodia spirituale. La trage-dia delle fedi contraffatte | Giuseppe Rizza,Passioni, idoli e cultura. L’idolatria come chia-ve di lettura culturale | Leonardo De Chirico,L’idolatria in bioetica | Rassegna: I mille voltidell’idolatria in alcune opere recenti | Sussidi:Schemi omiletici per una serie di predicazionisull’idolatria | Documentazione: Tertulliano,De idolatria.

Studi Ecumenici

direttore responsabile: fr. Tecle Vetrali, ofmcomitato di redazione: G. Dal Ferro, R. Giraldo, S. Morandini, R. Sgarbossa, P. Sgroi, T. Vetralisegreteria di redazione: T. Vetrali, S. Morandini, P. Sgroiperiodicità: trimestraleeditore: Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino, Venezia

rivisteria veneta

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rivisteria veneta

sede della redazione: Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino - Castello, 2786 - 30122 Venezia - tel./fax 041/5235341e-mail: [email protected]: www.isevenezia.it

a. XXVI, n. 2, aprile-giugno 2008Editoriale: Teresa Francesca Rossi, “Andatedunque!” | I. Studi e ricerche: Placido Sgroi,Dall’ospitalità ecumenica all’ecumenismo comeospitalità | Simone Morandini, Per un dialogodi pace, nello spazio globale | Marco Dal Cor-so, Sotto l’equatore non esiste il peccato: la mis-sione in prospettiva ecumenica | Roberto Giral-do, Chiesa locale, collegialità e papato | JanusSyty, La “sacramentalità” della Chiesa nella ri-flessione ecumenica | Ecumenismo vissuto:Tecle Vetrali, Ritornati con fame, corroboratida un pane integrale. Frati minori e monaci or-todossi gustano una settimana di condivisionespirituale | II. Chiese in cammino verso l’uni-tà: Valentino Cottini, Ripartire da “una paro-la comune”? | III. Rassegna bibliografica: Indialogo con... | Recensioni | Libri ricevuti.

a. XXVI, n. 3, luglio-settembre 2008“Essere riuniti nella tua mano” (Ezechiele 37,17)Editoriale: Teresa Francesca Rossi, Nella tuamano | I. Studi e ricerche: Marco Nobile, Faredi due spezzoni di nazione un solo popolo. Unariflessione ecumenica a margine di Ez 37,15-28 |Piermario Ferrari, “Solo un dio ci può salvare” |Fulvio Ferrario, Ecumenismo e laicità | Gio-vanni Cereti, “Il mio servo David unico pastore”(Ez 37,24) | Piero Stefani, Sarà un’alleanzaeterna | Simone Morandini, “Stringerò conessi un’alleanza di pace” | Marco Dal Corso, Legenti sapranno (Ez 37,38): testimoniare la pre-senza di Dio | Massimo Ferè, Osare la Pace:un’esperienza ecumenica | Appendici: Settima-na di preghiera per l’unità dei cristiani | Lettu-re bibliche per ogni giorno della settimana conriflessione francescana | Invocazioni e interces-sioni per la celebrazione delle lodi e dei vespridella settimana.

a. XXVI, n. 4, ottobre-dicembre 2008In Memoriam: Pompeo Piva | Editoriale: Te-resa Francesca Rossi, C’era una volta... | I. Studi e ricerche: Tecle Vetrali, Dalla crisi del-la missione all’equivoco dell’identità. Una forma-zione ecumenica per la vita cristiana | TeresaFrancesca Rossi, “C’è un tempo [...] per costrui-re e un tempo per demolire...” (Qoèlet 3, 3). Ri-flessioni sull’ecumenismo oggi | Placido Sgroi,Per un dialogo tra le etiche. La discussione mo-rale nell’orizzonte ecumenico | Roberto Giral-do, Il rapporto tra la Scrittura e la Tradizionenella Dei Verbum | Ecumenismo vissuto:Manuel Làzaro Pulido, Le relazioni tra cultu-ra e spiritualità | II. Chiese in cammino versol’unità: Tecle Vetrali, La scuola teologica ecu-menica. La fondazione dell’Istituto di Studi

Ecumenici “San Bernardino” | Vita dell’Isti-tuto | Tesi di licenza | Giornata di studio “Fi-gure di etica” (22 gennaio 2008) | III. Rassegnabibliografica: In dialogo con... | Recensioni.

a. XXVII, n. 1-2, gennaio-giugno 2009Editoriale: Teresa Francesca Rossi, Con tenon gioco più | I. Studi e ricerche: Dal conve-gno “La Bibbia e i testi sacri delle Religioni(ISE, Venezia 26 marzo 2009): Cesare Bis-soli, Il libro sacro nel dialogo ecumenico ed in-terreligioso alla luce del Sinodo “La parola diDio nella vita e nella missione della Chiesa” |Andrea Pacini, Le Scritture nelle religioni noncristiane | Rav Aaron A. Locci, Aspetti cultualie culturali dell’esilio | Paolo Branca, Bibbia eCorano | Antonio Rigopoulos, Introduzioneallo ‘hinduismo’ e alle sue ‘componenti’ | Dalseminario di ecclesiologia “Parola e Chiesa”(ISE, Venezia 17-18 aprile 2009): Fulvio Fer-rario, Rivelazione, scrittura, ermeneutica. Die-ci tesi | Roberto Giraldo, Parola di Dio e Chie-sa nella prospettiva cattolico-romana | RiccardoBurigiana, Quale tradizione? Riflessioni e defi-nizioni tra la IV Conferenza di Fede e Costitu-zione (Montreal, 12-26 luglio 1963) e la Costi-tuzione Dei Verbum del Vaticano II | DietrichKorsch, Sic sum (WAB 5, 560, 10). Il teologoMartin Luther alla fortezza di Coburgo | Mi-chele Cassese, Parola e Chiesa. Appunti di ec-clesiologia nel card. Girolamo Seripando (1493-1563) | Marco Dal Corso, La lettura popola-re della Bibbia in America Latina | Valenti-no Cottini, Parola e tradizione nell’Islam | II. Chiese in cammino verso l’unità: TecleVetrali, Seoul. Dalla Gerusalemme terrestre aquella celeste | Convegno “La Bibbia e i testi sa-cri delle Religioni” (26.03.2009) | Tesi di licen-za | Rassegna bibliografica.

a. XXVII, n. 3, luglio-settembre 2009Editoriale: Teresa Francesca Rossi, “Voi sare-te testimoni di tutto ciò” | I. Studi e ricerche:Piero Stefani, “Regno di sacerdoti” (Es 19,6).Testimonianza come mediazione sacerdotale diIsraele | Panaghiotis Ar. Yfantis, “Perché cer-cate tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24,4).Una riflessione in prospettiva ecumenica | Gio-vanni Cereti, “Che sono questi discorsi che fatefra di voi durante il cammino?” (Lc 24,17). I discorsi tra le chiese e l’annuncio di Pasqua |Tecle Vetrali, “Sei tu l’unico a Gerusalemme anon sapere?” (Lc 24,18). Il cammino di Cleopae di Gesù: riconoscere il Risorto nelle chiese | Si-mone Morandini, “Che cosa?” (Lc 24,19). La-sciarsi interrogare da Gesù nelle paure e nelledelusioni | Fulvio Ferrario, “Non bisognava cheil Cristo sopportasse queste sofferenze per entra-re nella sua gloria?” (Lc 24,26). Croce e unitàdella chiesa | Placido Sgroi, “Non ci ardeva for-se il cuore [...] quando ci spiegava le Scritture?”(Lc 24,32). La Parola che riscalda il cuore |Piermario Ferrari, “Perché siete turbati e per-ché sorgono dubbi nel vostro cuore?” (Lc 24, 38).Fra dubbi e paure alla ricerca della “gioia” |

Girolamo della Valle, Girasole, 1664Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure

nella pagina a fianco

Jan Brueghel il Giovane, Vaso di fiori con ciclamini,monete, gioielli e pietre preziose sul piano, part., 1620-1625 caPoggio a Caiano, Museo della Natura Morta

Maestro romano (?) del vaso a grottesche (XVII secolo), Coppie di dipinti con vasi fioritiBergamo, Galleria Previtali

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Marco Dal Corso, “Avete qui qualche cosa damangiare?” (Lc 24,41). Per una teologia dell’o-spitalità | Appedici: Settimana di preghiera perl’unità dei cristiani (18-25 gennaio 2010) | Cele-brazione ecumenica della Parola di Dio | Lettu-re bibliche per ogni giorno della settimana conriflessione francescana | Invocazioni e interces-sioni per la celebrazione delle lodi e dei vespridella settimana.

a. XXVII, n. 4, ottobre-dicembre 2009Editoriale: Teresa Francesca Rossi, Torte dianniversario | I. Studi e ricerche: Teresa Fran-cesca Rossi, “On Becoming Christian...”. Ri-flessioni in margine al rapporto finale dellaquinta fase del dialogo teologico cattolico-pente-costale | Giuseppe Dal Ferro, Lo Spirito Santoe la sua immanenza nel mondo. Il contributo diquattro teologi | Tecle Vetrali, Verso una lettu-ra francescana dell’incontro con il fratello pen-tecostale | Martín Carbajo Nuñez, Duns Scotoe il dialogo oggi | Marco Dal Corso, BartolomeoDe Las Casas e la missione | Efthalia Rentetzi,Costantino, Elena e la vera croce. Modelli ico-nografici nell’arte bizantina | Ecumenismovissuto: Pompeo Piva, Il dialogo nella societàpluralistica | II. Chiese in cammino verso l’u-nità: Ennio Rosalen, Clemente Riva vescovodel dialogo | Vita delll’istituto: Giornata di stu-dio “Alla scoperta di Giovanni Calvino e del suomessaggio a cinquecento anni dalla nascita” (22 ottobre 2009) | III. Rassegna bibliografica:In dialogo con... | Recensioni | Presentazioni |Libri ricevuti | Indice generale dell’annata.

a. XXVIII, n. 1, gennaio-marzo 2010Editoriale: Teresa Francesca Rossi, Ecume-nismo ed eschaton: “sacco” e macrothymia | I. Studi e ricerche: Tecle Vetrali, Chi è la chie-sa secondo il Nuovo Testamento? | Roberto Gi-raldo, Successione apostolica e apostolicità dellachiesa | Janusz Syty, Lo sviluppo dell’ecclesiolo-gia eucaristica nella chiesa cattolica | GiuseppeDal Farro, Dibattito su religioni e verità | LuigiSartori, La dottrina dei semi del verbo (con unapresentazione di Luciano Tallarico) | PlacidoSgroi, Un Evangelo, diversi linguaggi. Dire in-sieme cose antiche e cose nuove | II. Chiese incammino verso l’unità: Marianita Montre-sor, SAE. XLVI Sessione: La Parola della croce |Damiano Lanzone, Convegno nazionale deidelegati per l’ecumenismo | III. Rassegna biblio-grafica | Bibliografia ecumenica | Presentazioni |Libri ricevuti.

a. XXVIII, n. 2, aprile-giugno 2010Editoriale: Giacomo Puglisi, I frutti del dia-logo: una consegna alla nuova generazione | I. Studi e ricerche: Roberto Giraldo, Differen-ze sulla Chiesa. Il dibattito ecclesiologico fracattolici e protestanti a partire da “Raccogliere ifrutti” | Ecumenismo, Etica ed Economia: ri-cordando Mons. Pompeo Piva: Alberta Fel-trin, Pompeo Piva: l’uomo, il teologo, il maestro |Placido Sgroi, Pompeo Piva: un percorso ecu-

menico. Dall’etica alla spiritualità | GiovanniScanagatta, Due passioni: verità e chiesa. Il con-tributo di Pompeo Piva all’etica dell’impresa |Carlo Prandi, Pompeo Piva: l’impresa come og-getto teologico | Alberto Bondolfi, Etica ed eco-nomia. Una lettura a partire da un punto di vi-sta etico-teologico | Marco Dal Corso, Il contri-buto dell’ecumenismo al dialogo interreligioso.Suggestioni dalla scuola dell’ISE e da PompeoPiva | Tecle Vetrali, Alla luce di Gv 17. Unagrande famiglia ha vissuto l’unità | II. Chiesein cammino verso l’unità: Roberto Giraldo,“Raccogliere i frutti”. Una iniziativa che fa ri-flettere | Vita dell’istituto | III. Rassegna biblio-grafica | Recensioni.

a. XXVIII, n. 3, luglio-settembre 2010Editoriale: Teresa Francesca Rossi, I didn’tdance... | I. Studi e Ricerche: Piero Stefani,“Onora tuo padre e tua madre”. Giornata ebrai-co-cristiana (17 gennaio 2011) | Panaghiotis Ar.Yfantis, Il modo di vivere eccelesiale. La testimo-nianza preziosa e l’attualità ecumenica della co-munità apostolica | Giovanni Cereti, Moltemembra in un solo corpo. Un solo corpo, un soloSpirito: quale pluralità e quale unità? | RobertoGiraldo, L’amore per l’insegnamento degli apo-stoli ci unisce | Marco Dal Corso, Solidarietà econdivisione dei beni. Ritratto di una comunitàcristiana | Placido Sgroi, Spezzare il pane nellasperanza. Uno sguardo critico all’eucarestia nel-la divisione | Giampaolo Cavalli, Potenziati nel-l’azione dalla preghiera. Uniti nella preghieraper la venuta del Regno | Fulvio Ferrario, Ritor-no al battesimo. Una riflessione sull’esistenza cri-stiana a partire da Rom. 6 | Lorenzo Raniero, Ri-conciliati per riconciliare. Traguardo e compitoper ogni chiesa cristiana | Rassegna bibliografica.

Quaderni di Studi Ecumenicin. 18, 2008La santità terreno di unità, a cura di Tecle VetraliPresentazione | Tecle Vetrali, La santità: dacategoria di separazione a luogo di unità | Ful-vio Ferrario, Credo la Chiesa santa | RobertoGiraldo, “Universale vocazione alla santità nel-la Chiesa” | Giovanni Cereti, La santità nellariflessione ecumenica | Pompeo Piva, La strut-tura dell’etica teologica e gli attuali dissensi trale chiese nella prospettiva di un ecumenismo del-la santità | Panaghiotis Ar. Yfantis, La santitàortodossa nel secondo millennio cristiano. Con-testo ecclesiale, modelli agiologici, personaggi |Günther Gassmann, I Santi nella comprensio-ne della chiesa luterana | Michele Cassese, Lasantità: fattore di appartenenza alla chiesa efondamento di unità. Il contributo di Lutero edei pietisti luterani | Fernando Garrapucho,Alcuni tratti della spiritualità ecumenica comecammino verso la santità.

n. 19, 2009Fr. José Rodríguez Carballo, Presentazione |Il francescano di fronte alle culture | Il dialogo

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vissuto: dall’Africa fr. Benoit-Michel Amous-sou, Itinerario di riscoperta e di riappropriazio-ne della mia identità culturale africana | dallaCina fr. Claudio Pegoraro, In una cultura diversa con i colori di S. Francesco | fr. CarloQueruli, “Grazia su grazia”. Il passaggio interra cinese | fr. Miguel Ángel Campos, DalMessico | Nati e vissuti in una cultura: La cul-tura tradizionale africana | Contesto culturaleasiatico: l’India | Il contesto culturale delle po-polazioni indigene dell’America Latina | Cultu-re latinoamericane: un’autopercezione | Conte-sto culturale in Occidente: crisi e sfide | Il cri-stiano e la cultura: Inculturazione come criterioper l’evangelizzazione | Cultura e spiritualità |Spiritualità e cultura: l’esperienza francescana |Sette espressioni fondamentali (o categorie esistenziali) dell’animo umano e della sua cul-tura: Ascolto | Incontro | Accoglienza | Rappor-to/relazione | Simpatia/empatia | Letizia/festa |Speranza/avvenire | Presupposti francescaniper un dialogo interculturale | Le sfide della cul-tura | Appendice: La cultura nella tradizionefrancescana.

n. 20, 2009Pompeo Piva, Il fatto previo. Scritti, a cura diPlacido SgroiTecle Vetrali, Presentazione | Placido Sgroi, Il contributo di mons. Pompeo Piva. Dal ricor-do al dialogo | 1. Etica fondamentale: La leggemorale naturale. Una idea che non si può can-cellare e non si sa come pensarla | 2. Etica ecu-menica: Da un unico battesimo ad etiche di-verse. I criteri di fedeltà all’evento Cristo nellavita pratica del cristiano | 3. Ermeneutica: Ve-rità ed interpretazione | 4. Ecclesiologia: Chie-se e religioni nel post moderno | 5. Ecumeni-smo: Problemi di antropologia culturale e dia-logo ecumenico | 6. Famiglia: La teologia dellafamiglia | 7. Etica economica: La moralità delprofitto | 8. Etica dell’impresa: Teologia e im-presa moderna. Dalle incomprensioni al dialo-go | 9. Bioetica: Trapianti | 10. Spiritualità: I. La paura di Gesù al Getsemani secondo ilvangelo di Marco; II. Giobbe: figura del doloreumano o implacabile domanda a Dio?

n. 21, 2010Chiamati alla Santità. I fondamenti teolo-gici, ascetici ed ecclesiologici della spiritualitàortodossaPrologo: Panaghiotis Ar. Yfantis, Una testi-monianza preliminare | La spiritualità ortodos-sa come discorso dei santi e discorso sulla santi-tà | Approcci semantici | Intorno alle fonti dellaspiritualità ortodossa | Il quadro antropologico,cristologico e teologico | Martirio, ascesi, terapia,deificazione: il carattere combattivo della vitaspirituale | Il quadro ecclesiale: la dimensionesacramentale e sociale della santità | Dalle im-magini bibliche dello Spirito Santo alle qualitàdell’uomo spirituale | Epilogo: Una testimo-nianza riassuntiva | Appendice: Antologia ditesti ascetici e spirituali.

n. 22, 2010Michele Cassese, Alla riscoperta di GiovanniCalvino e del suo messaggio a cinquecento annidalla nascitaMichele Cassese, Presentazione | MicheleCassese, Giovanni Calvino a 500 anni dallanascita. La storiografia in Italia | L. Ronchi De Michelis, Calvino nella storia della Rifor-ma | D. Korsch, Conoscenza di Dio-conoscen-za dell’uomo. Alla scoperta dell’idea di fondodell’Institutio Religionis Christianae (1559) di Giovanni Calvino | M. Wallraff, I ministerinella chiesa secondo Calvino e le loro radici nel-la chiesa antica | J. Lauster, Giovanni Calvino e le chiese cristiane oggi | P. Gamberini, La questione cattolica del «subsistit» e la dot-trina dell’«extra calvinisticum». Un approccioecumenico.

Studia Patavinarivista di scienze religiose

direttore: Giuseppe Trentinconsiglio di redazione: Valerio Bortolin, Celestino Corsato, Giampaolo Dianin, Er minio Gius, Marcello Milani, Enzo Pace,Sandro Panizzolo, Angelo Roncolato, Giuseppe Trentin, Ermanno Roberto Tura (membri della Facoltà Teologica e dell’Università di Padova)redattori emeriti: Pierfranco Beatrice, Enrico Berti, Luciano Bordignon,Paolo Campogalliani, Italo De Sandre, Paolo Doni, Pietro Faggiotto, Giuseppe Grampa, Giovanni Leonardi, Mario Morellato, Pietro Nonis, Sandro Panizzolo,Antonino Poppi, Ugo Sartorio, Giuseppe Segalla, Andrea Toniolo, Giu seppe Zanonsegreteria di redazione: Celestino Corsatoaddetta alla segreteria: Daniela Zaninperiodicità: quadrimestraleeditore: Seminario Vescovile - Padovasede della redazione: c/o Seminario Vescoviledi Padova - via del Seminario, 29 - 35122 Padova - tel. 049/2950811 - fax 049/8761934e-mail: [email protected]: www.fttr.it/web/studiapatavina

a. LV, n. 2, maggio-agosto 2008Atto Accademico in onore di Luigi Sartori(28.02.08): Giampietro Ziviani, Presentazio-ne | Piero Coda, Sartori e l’ontologia della cari-tà. Un’introduzione metodologica | Sandro Pa-nizolo, L’ecclesiologia di Luigi Sartori | EnricoBerti, Luigi Sartori e “Studia Patavina” | Mar-co Vergottini, Luigi Sartori, docente alla Fa-coltà teologica di Milano | Tecle Vetrali, LuigiSartori: cuore e guida per la vita dell’Istituto

Vincent van Gogh, Vaso con iris, 1890Amsterdam, Rijksmuseum Vincent van Gogh

nella pagina a fianco

Vincent van Gogh, Vaso con quattordici girasoli, 1888Londra, National Gallery

Vincent van Gogh, Ramo di mandorlo in fiore in un bicchiere, 1890Amsterdam, Van Gogh Museum

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Studi Ecumenici | Articoli: Paul Gilbert, La fi-losofia e lo studio della teologia | Ricerche:Giorgio Fedalto, Liste vescovili dell’Africa cri-stiana. Secoli III-IX | Problemi e discussioni:Valerio Bortolin, La religiosità come aperturaal mistero | Giuseppe Trentin, Il discorso dellamontagna nella prospettiva di W. Wolbert:istruzione biblica e riflessione etica | Notiziario:Giuseppe Segalla, Simposio di Sacra Scrittu-ra: la terza ricerca del Gesù storico (Barcellona,15-17 giugno 2008) | Recensioni, schede e segna-lazioni bibliografiche | Libri ricevuti.

a. LV, n. 3, settembre-dicembre 2008Articolo: Gabriele Fadini, Il “cristianesimoanonimo” di Karl Rahner: una riflessione at-tualizzante | Ricerca: Markus Krienze, SanFrancesco e Heidegger: la felicità – un concetto“inattuale”? | Problemi e discussioni: SergioDe Marchi, Forma dell’evento cristologico escrittura evangelica | Pierluigi Giovannucci,Dimenticare l’antimodernismo? Riflessioni inmargine a un libro recente di storiografia filoso-fica | Gabriel Richi Alberti, Causalità eucari-stica della Chiesa: Sacramentum caritatis, 14 |Note: Giuseppe Segalla, Due libri recenti sulladÙja-dojãzein nel Vangelo di Giovanni | Erman-no Roberto Tura, Il settenario sacramentale.Una proposta dal nostro Sud | Recensioni, sche-de e segnalazioni bibliografiche | Libri ricevuti.

a. LVI, n. 1, gennaio-aprile 2009Articolo: Americo Miranda, I due Benedetto(XV e XVI) e i diritti dell’uomo. Avvio e sviluppidi un dibattito novecentesco | Simposio “Chie-sa, diritto e morale”: un dibattito attuale:Giuseppe Trentin, Introduzione: La difficilemediazione dei valori | Werner Wolbert, Ilpunto di vista dell’etica teleologica | ErmannoRoberto Tura, Sul soggetto della norma eccle-siale | Gianluigi Brena, Diritto e morale in si-tuazione di pluralismo | Paolo Campogalliani,Diritto naturale e natura: alcune riflessioni |Problemi e discussioni: Aldo N. Terrin, Rom-pere l’incantesimo. Dennet e la religione comefenomeno naturale | Nota: Pietro Zovatto, DonCalabria, il vangelo della provvidenza | Comu-nicazione: Jan Wladydslav Wos, András Du-dith Sbardellat (1533-1589). Umanista italo-un-gherese negli ambienti ereticali europei | Recen-sioni, schede e segnalazioni bibliografiche | Libriricevuti.

a. LVI, n. 2, maggio-agosto 2009Ricerche: Giuseppe Trentin, “Dio in Maria”.Variazioni su un tema di Wilhelm Klein | Da-vide Polovineo, “Sulla fine del sacrificio”. Il“sapere sacrificale” di W. Burkert ed E. Gansnell’epoca del postnarrativo | Alessandro Paris,Dio, la ragione, il male in Lev Sestov | Proble-mi e discussioni: Gabriele Fadini, Don Mila-ni teologo-politico | Fabrizio Turoldo, Sul con-cetto di onnipotenza divina nella riflessione diHans Jonas | Note: Giulio Trettel, La croce diCostantino e la croce di Cromazio (dai Sermo-

ni) | Pierluigi Giovannucci, Gregorio Barbari-go alla corte di Innocenzo XI | Recensioni, sche-de e segnalazioni bibliografiche | Libri ricevuti.

a. LVI, n. 3, settembre-dicembre 2009Articolo: Giuseppe Trentin, Situazione e pro-blemi della teologia morale cattolica | Conve-gno: La persona in Antonio Rosmini tra eti-ca, diritto e teologia | Francesco Todescan,Presentazione del Convegno | Francesco Tra-niello, Antonio Rosmini: per un inquadramen-to storico-biografico | Renato di Nubila, Rosmi-ni: costruttore di pensiero educativo e maestro dimetodo | Enrico Berti, La persona nella filoso-fia di Antonio Rosmini | Marta Ferronato, Di-ritto e diritti nella persona di Antonio Rosmini |Luciano Matusa, Influssi del pensiero politico-giuridico di Antonio Rosmini nella cultura cat-tolica, e non solo, del Novecento | MarkusKrienke, Essere, conoscere, agire. I presuppostiteoretici dell’antropologia rosminiana | AlbertoPeratoner, All’intersezione dei piani filosofico eteologico del sapere: la persona in Antonio Ro-smini | Giancarlo Grandis, La prospettiva per-sonalistica dell’etica rosminiana | Ricerca:Francesco Barba, La strutturale chiusura del-l’attesa e l’assedio dell’assenza. Note attorno a I Corinzi | Problemi e discussioni: LorettaMarcon, Monaldo Leopardi e il limbo: un casodi censura ecclesiastica nella metà dell’800 |Note: E.R. Tura, I quaderni di Luigi Sartori |G. Fadini, Memoria passionis. Una riproposi-zione della teologia politica di J.B. Metz | Ras-segna: C. Broccardo, Bollettino bibliografico: i Vangeli sinottici | Recensioni, schede e segna-lazioni bibliografiche | Libri Ricevuti.

a. LVII, n. 1, gennaio-aprile 2010Fede Cristiana e ricerche morali. Studi in onoredi Giuseppe Trentin nel 70˚compleannoTabula Gratulatoria: Giampaolo Dianin,Giuseppe Trentin: tappe di un itinerario teolo-gico-Morale | Celestino Corsato, Struttura epercorso del volume: “Fede cristiana e ricerchemorali” | Tra cultura ed etica: Valerio Borto-lin, L’etica di fronte alla sfida della scienza. Ri-flessioni a partire da alcuni numeri della Rivi-sta “Micromega” | Giannino Piana, Il nichili-smo e la crisi dei valori. Verso una nuova fon-dazione dell’etica | Simone Morandini, Perun’etica della finitezza nel tempo della tecnica |Gian Luigi Brena sj, La secolarizzazione comefatto e come valore secondo Charles Taylor |Fonti bibliche e storia della teologia morale:Sergio De Marchi, Gesú e la vita. Una feno-menologia | Giuseppe Segalla, L’etica simboli-ca di Giovanni e la sua fondazione cristologi-ca | Celestino Corsato, Il profeta Elia in Cro-mazio di Aquileia: un giusto dal cuore puro nel-la tempesta delle prove (persecuzione, deserto,carestia) | Karl Golser, Riflessioni sullo svilup-po della teologia morale cattolica dopo il conci-lio Vaticano II | Luigi Lorenzetti cscj, La teo-logia morale sociale prima e dopo il concilio Va-ticano II | Giuseppe Quaranta ofmconv, Il con -

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Vincent van Gogh, La Berceuse, 1889Otterlo, Kröller-Müller Museum

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tributo di Bernhard Häring al rinnovamentodella teologia morale. Riflessioni a margine didue recenti anniversari | Morale fondamentalee speciale: Werner Wolbert, La schiavitù è “insé cattiva”? | Raimondo Frattalone sdb, Lavita morale nel dinamismo dell’eschaton | Er-minio Gius ofmcap, La resilienza familiarenegli stati vegetativi permanenti. Parados-so emotivo e implicazioni bioetiche | Antonio Da Re, Tra metaetica ed etica normativa. Un’e-semplificazione: la sperimentazione farmacolo-gica sulle donne | Alberto Bondolfi, Alcuneconsiderazioni etico-giuridiche attorno agli ulti-mi sviluppi del dibattito svizzero sulle pratichedi fine vita | Morale e pastorale: Ermanno Ro-berto Tura, Il pendolo della vita cristiana. Po-larità complementari dell’esperienza ecclesiale |Livio Tonello, Conversioni pastorali e soggetti-vità ecclesiale | Francesco Compagnoni op,Una spiritualità laicale adulta | Andrea To-niolo, La cura della sofferenza e la speranza.

a. LVII, n. 2, maggio-agosto 2010Articolo: Gianluigi Brena, Ecologia: interpre-tare teologicamente un tempo di minaccia |Simposio: Diventeremo tutti barbari? Plurali-smo cultura e interculturalità | Giuseppe Tren-tin, Introduzione: a piccoli passi verso l’inter-culturalità | G. Zatti, Qualche considerazioneecclesiale e teologica a partire dal libro di T. To-dorov | Valerio Bortolin, L’etica tra unità del-l’umanità e pluralità delle culture. Riflessioni amargine de La paura dei barbari di TzvetanTodorov | R. Battocchio, Sul concetto di “bar-baro”. Il contributo di Roger-Pol Droit | V. Pa-ce, Non possiamo non dirci barbari? Conside-razioni sociologiche | Ricerche: Alice Ponchio,Il rapporto tra etica e diritto in Kant. Lo statusquaestionis e una proposta interpretativa | As-sunta Steccanella, “L’azione in M. Blondel el’agire ecclesiale”. Spunti di riflessione sull’agirenella Chiesa alla luce della fenomenologia blondeliana dell’azione | Francesco Peruzzi,Le “ragioni” della fede e le “strategie” della suacomunicazione in Kierkegaard | Problemi ediscussioni: Enrico Riparelli, Dalla incultura-zione alla interculturalità I. Valore e limiti del-la categoria di inculturazione | G. Mazzocato,L’educazione della coscienza morale e il mondodegli affetti | Nota: P. Benvenuti, La pietrascartata. Riflessioni, tra scienza e fede, sul valo-re salvifico della situazione dei disabili gravi.Una proposta di rilettura del caso Englaro | No-tiziario: D. Cogoni, Convegno di Loreto: “An-nunciare, celebrare, testimoniare l’eucaristiaper la vita quotidiana” | Recensioni, schede e se-gnalazioni bibliografiche | Libri ricevuti.

a. LVII, n. 3, settembre-dicembre 2010Articolo: G. Dianin, Il ritorno alla dottrina del-la legge morale naturale | Simposio: Diventere-mo tutti barbari? | A.N. Terrin, L’Occidentecristiano e la conoscenza dell’“altro” | P. Cam-pogalliani, Diversità culturali e contesti di ri-cerca | G. Segalla, Scontro delle civiltà e dialo-

go delle culture: la vicenda storica del popoloebraico | E.R. Tura, Oltre le forme un asteriscoteologico-pastorale | Problemi e discussioni: P.Giovannucci, Giovanni XXIII e la canonizza-zione di Gregorio Barbarigo (nel cinquantesimoanniversario) | Note: E. Baruzzo, Enrico Ber-toletti e l’evangelizzazione come risposta aduna società post-cristiana | G. Trentin, Moralee storia nella prospettiva di Luigi Lorenzetti | G. Trettel, Cristo medico e celeste medicina inCromazio di Aquileia | S. Didonè, L’interpre-tazione stilistica del cristianesimo nel pensierodi Christoph Theobald. Una proposta teologica |Recensioni, schede e segnalazioni bibliografiche |Libri ricevuti.

Vita Minorumrivista di spiritualità e formazione interfrancescana

direttore responsabile: fr. Luigi Seccocomitato di redazione: Luciano Pastorello, Federico Righetti, Luigi Francesco Ruffato,Daris Schiopetto, Cesare Vaiani, Tecle Vetralidirettore-redattore: fr. Tecle Vetralisegreteria di redazione: fr. Tecle Vetra li, Adria no Busattoperiodicità: bimestralesede della redazione: Convento San Bernardino- str. Provolo, 28 - 37123 Verona - tel. 045/596497e-mail: [email protected]: piazza Sant’Antonio, 10 -Venezia-Marghera - tel. e fax: 041/5383188e-mail: [email protected]

a. LXXIX, n. 1, gennaio-febbraio 2008Insegnare agli ignorantiIn questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco:Il caffè freddo | Cristina Conti, S. Vincenzo, ilmistico della carità | Michela Pontin, S. Fran-cesco di Sales, il dottore dell’amore divino e del-la dolcezza evangelica | Bianca Gualtiero, Gio-vanna de Chantal | Daris Schiopetto, Atten-zione: lo studio uccide (Ammonizione 7) |Chiara Giovanna Cremaschi, Quelli e quelleche non sanno di lettere... | Giuseppe CelsoMattellini, Ignoranza nuova povertà | ChinoBiscontin, Servi competenti della parola | Ele-na Scida, Insegnare agli ignoranti | AlfonsoFratuccello, Una presenza francescana in Ve-rona: Il monastero di S. Elisabetta (I) | Armi-da Maria Bressan, “Tatal nostru care esti in ce-ruri” (Padre nostro che sei nei cieli).

a. LXXIX, n. 2, marzo-aprile 2008Consolare gli afflittiIn questo numero | Tecle Vetrali, * Asterisco:Sono italo-turco | A. Fregona, S. Lorenzo Rus-so da Brindisi, “Dottore apostolico” | A.M. Si-

cari, Santa Teresa d’Avila | A.M. Sicari, SanGiovanni della Croce | C.G. Cremaschi, Laconsolazione in Chiara | G.C. Mattellini, Con-solare gli afflitti | Ch. Biscontin, Ma Dio amala gioia | M. Fingerle, Maturare la speranza |M. Carbajo Núñez, Lavoro ed identità nella lo-gica francescana del dono | M. Włosinski, Di-gnità dell’uomo, solidarietà e patriottismo nel-l’insegnamento di Giovanni Paolo II | AlfonsoFratucello, Una presenza francescana in Vero-na: Il monastero di S. Elisabetta (II) | M. Chi-lin, Sant’Antonio di Padova in Libano | Dallalibreria.

a. LXXIX, n. 3-4, maggio-agosto 2008La conversione... diventare bambiniIn questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco: È vero... Dio è cardiologo | Luciano Sandrin, Il processo psicologico della conversione | MarcoNobile, La “teshouvah”: motivo di dialogo in-terreligioso | Tiziano Lorenzin, “Se non diven-terete come bambini, non entrerete nel regno deicieli” (Mt 18,3) | Chino Biscontin, Anche il fre-tello maggiore è chiamato alla conversione | Pie-tro Maranesi, La conversione di Francesco: rac-conti di una (doppia) identità | Chiara Gio-vanna Cremaschi, La “conversione” di Chiarad’Assisi | Federico Cornacchini, L’amore chetrasforma: S. Margherita da Cortona | Pana-ghiotis Ar. Yfantis, “Metanoia”: la testimo-nianza del deserto | Lorenzo Raniero, Conver-sione e sacramento della riconciliazione | Giu-seppe Celso Mattellini, La notte dell’Innomi-nato | Daris Schioppetto, La fedeltà nella vitafraterna | Giovanni Cereti, Unità, conversionedei cristiani e conversione delle chiese | Giusep-pe Dal Ferro, Dialogo, annuncio e conversione |Giuliano Zatti, La conversione nel Corano enell’Islam.

a. LXXIX, n. 5, settembre-ottobre 2008Consigliare i dubbiosiIn questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco:Faccia da prete... faccia da frate... un po’ di co-smetica | Teresio Bosco, S. Giovanni Bosco |Anita Deleidi, Maria Domenica Mazzarello.Una vita ed un’unica passione: Dio nel volto diogni giovane | S. Giuseppe Benedetto Cottolen-go | Stefano Siliberti, S. Giuseppe Cafasso |Stefano Siliberti, Santa Francesca Saverio Ca-brini | Daris Schiopetto, “Tutte le parole cheabbiamo detto lungo la via” | Chiara GiovannaCremaschi, La certezza della fede | GiuseppeCelso Mattellini, Consigliare i dubbiosi | Silva-no Moro, Dialogo e accompagnamento spiri-tuale. Insieme verso Dio | Gianluigi Moreschi,La consolazione di Dio attraverso la direzionespirituale | Tecle Vetrali, Il Cairo: un festivaldel dialogo | Settimana di preghiera per l’unitàdei cristiani, 2009, con riflessione francescana.

a. LXXIX, n. 6, novembre-dicembre 2008Mi vanterò...In questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco:La sciatica... e i lacci alle scarpe | Mirko Mon-

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taguti, “Mi vanterò ben volentieri...”. Alla ricer-ca di una teologia paolina del “vanto” negliscritti di san Francesco | Antonio Sicari, SantaTeresa di Lisieux | Antonio Sicari, Santa Tere-sa Benedetta della Croce (Edith Stein) | Tom-maso Bogliacino, Il Beato Charles de Fou-cauld, Fr. Charles di Gesù | Mario Benatti, Da-miano de Veuster e Marianna Cope. I Beati diMolokai con Cristo tra i lebbrosi | In libreria.

a. LXXX, n. 1, gennaio-febbraio 2009La regola e vita dei frati minori a ottocento annidalla nascita dell’OrdineGiampaolo Cavalli, Prefazione | S. Francesco,Regula Bullata | Giovanni Miccoli, La sceltaevangelica di Francesco e la Regula Bullata |Thaddée Matura, Lettura spirituale della Re-gula bullata fratrum minorum | Bibliografia.

a. LXXX, n. 2, marzo-aprile 2009 (numero monografico)Vincenzo Brocanelli, La missione cuore dellavita francescanaIntroduzione | I: Evangelizzazione e/o Missio-ne | II: Lo statuto Francescano del missionario |III: Il dinamismo interiore missionario | IV: I con-tenuti della missione | V: Gli orizzonti dellamissione | VI: La missione, cuore che unifica lavita | VII: La reciprocità della missione.

a. LXXX, n. 3, maggio-giugno 2009Ammonire il fratelloIn questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco:Grazie dottore... hai indovinato il collirio | Giu-seppe Celso Mattellini, Ammonire i peccatori |Chiara Giovanna Cremaschi, Il Piccolo e ipiccoli tra le sorelle in San Damiano | MartínCarbajo Núñez, Duns Scoto e il dialogo oggi |Piero Lazzarini, Madre Teresa di Calcutta |Giuseppe Celso Mattellini, Francesco inneg-gia | Amedeo Ferrari, Carismi in comunione:S. Francesco, S. Chiara e Chiara Lubich | Do-menico Alfonsi, La Beata Angela da Foligno |Pacifico Sella, Riflessioni in margine agli in-contri di Formazione Permanente tenuti da fr.Giacomo Bini | In libreria.

a. LXXX, n. 4-5, luglio-ottobre 2009Il perdonoIn questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco:Chi ha visto la candela spenta | U. Curi, Sulconcetto del perdono | P. Dozio, Yom-Kippur |R. Tadiello, Perdono nell’Antico Testamento |Ch. Biscontin, Rimetti a noi i nostri debiti,come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori(Mt 6, 12) | C. Vaiani, Perdono e misericordianegli scritti di Francesco: La Lettera a un mini-stro | Ch. G. Cremaschi, Con Chiara sulla via della riconciliazione | L. Bertazzo, La di-mensione del perdono nei sermoni antoniani |G.C. Mattellini, Perdonare le offese | G.C. Mat-tellini, Francesco inneggia. “Bon Signore” | L. Sandrin, Il perdono: un processo psicologicoche si può imparare | M.G. Cereti, Il perdono:esperienza fondamentale del cuore umano |

L. Raniero, Il perdono nella coppia: un cammi-no nella reciprocità | G. Dal Ferro, Il “perdono”nelle religioni | G. Cereti, La riconciliazionedelle memorie nei rapporti fra le etnie | L. Eu-sebi, Giustizia umana e perdono | G. Lugare-si, Il perdono di un cuore libero: GiovanninoGuareschi | S. Bortolato, Si può parlare di unperdono laico? | P. Mazzolari, Incontro al lupo |Dalla libreria.

a. LXXX, n. 6, novembre-dicembre 2009Ammonire il fratelloIn questo numero | Tecle Vetrali, *Asterisco:Mi credevo “un pò” vecchio | C.M. Teixeria, “Il Signore mi rivelò”: esperienza di rivelazionein san Francesco | M. Carbajo Núñez, Libertàe ospitalità in Maria (I): una prospettiva fran-cesca | A.A. Tozzi, Francesco e Chiara: tra erose agape | P. Sella, La provincia veneta dei Frati Minori: due salienti della genesi storica |G.C. Mattellini, Persone moleste? | G.C. Mat-tellini, Francesco inneggia: il canto della terra |T. Bogliacino, S. Francesco d’Assisi e il BeatoCharles de Foucauld: assonanze | Ch.G. Cre-maschi, A proposito dell’intervento di frate Pa-cifico | Giovani Francescani in cammino. Itine-rari diversi con un’unica meta | F. Cocco, “Il Si -gnore m’insegnò a pregare”.

a. LXXXI, n. 1, gennaio-febbraio 2010Chiara un donoTecle Vetrali, *Asterisco: Natale: Alberto,Lisa... e la tombola per non vincere | sr. ChiaraAlba Mastrorilli, Chiara d’Assisi. Un dono neltempo: carisma, storia e linguaggio giuridico |Martín Carbajo Núñez, Libertà e ospitalità inMaria (II): una prospettiva francescana | Giu-seppe Celso Mattellini, Pregare per i vivi e peri defunti | Giuseppe Celso Mattellini, France-sco inneggia. L’uomo Francesco può cantare |Sergio Ungaro, S. Francesco e l’attuale salva-guardia del creato | sr. Maria Sabina, Io nonero con te ma tu eri con me (testimonianza) | In libreria.

a. LXXXI, n. 2, marzo-aprile 2010“i sacerdoti... miei signori”Tecle Vetrali, *Asterisco: ... bastava cambiaremorsetto | Daris Schiopetto, Le Lettere ai cu-stodi di Francesco d’Assisi | Pietro Maranesi, I sacerdoti nella vocazione minoritica di Fran-cesco | Chiara Giovanna Cremaschi, Chiara ei sacerdoti | Gianluigi Pasquale, L’esegesi dellaScrittura in S. Bonaventura. Il modello delCommentarius in Evangelium Iohannis |Egidio Monzani, S. Massimiliano Kolbe | Lui-gi Francesco Ruffato, Frati operai a Porto-marghera | Giovanni Lugaresi, Il sacerdote se-condo Giovannino Guareschi | Lucio France-sco Saggioro, Il Francesco d’Assisi del cinema |Testimonianze | Dalla libreria.

rivisteria veneta

Paul Gaugin, Te Tiare Farani (Fiori di Francia), 1891Mosca, Museo Puškin

Marc Chagall, La sposa dai due volti, 1927Collezione privata

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rivisteria veneta

Henry Herbert La Thangue,Venditrice di fiori, Liguria,part., 1907-1908Blackburn, Blackburn Museum & Art Gallery

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periodico della Giunta regionale del Veneto

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Giunta regionale del VenetoDirezione Attività Culturali e Spettacolo 30121 Venezia - Palazzo Sceriman - Cannaregio Lista di Spagna 168

periodicità quadrimestralespedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di Padovain caso di mancato recapito restituire al mittenteif undeliverable return to Padova CMP - Italy

ISSN 1593-2869

nbin questo numero

Il Centro regionale di cultura veneta Paola di Rosa Settembrini.Un centro per conoscere e divulgare la cultura venetaMarino Zorzato

Jacopo Bassano: la sua pittura e i “virtuosi” inganni dell’occhio.Le celebrazioni per il cinquecentenario della nascita (1510? - 1592)di un protagonista dell’arte venetaAngelo Tabaro

Il Giornale de’ letterati d’Italia trecento anni dopo: scienza, storia, arte, identità.Una rivoluzione “cartacea” nel Veneto del SettecentoMaria Teresa De Gregorio

recensioni e segnalazioni

l’editoria nel venetoPer una storia dell’architettura del Veneto.Opere, protagonisti, modelli dall’antichità ad oggi

istituzioni e cultura

La Fondazione Querini Stampalia di Venezia.Un luogo di produzione culturale dal “cuore antico”

L’Accademia Olimpica di Vicenza

rivisteria venetaStoria della Chiesa e religione

in copertinaJoaquín Sorolla y Bastida

(Valencia 1863 - Cercedilla, Madrid 1923), Clotilde nello studio, 1900, part.

Madrid, Museo Sorolla

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