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otiziario Bibliografico 32 n. 32 - settembre 1999 - sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di Padov a periodico della Giunta regionale del Veneto

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Notiziario Bibliograficon. 32, settembre 1999periodico quadrimestraled’informazione bibliograficaa cura della Giunta regionale del Veneto

Comitato promotoreGiancarlo Galan (presidente della Giunta regiona-le), Angelo Tabaro (dirigente regionale Cultura,Informazione e Flussi migratori)

Comitato di redazioneClaudio Bellinati (direttore dell’Archivio e dellaBiblioteca Capitolare di Padova), Massimo Canella(dirigente regionale Servizio Attività Editoriali),Chiara Finesso, Bianca Lanfranchi Strina (sovrin-tendente ai Beni archivistici del Veneto), AnelioPellizzon, † Silvio Tramontin, Marino Zorzi (diretto-re della Biblioteca Nazionale Marciana)

Direttore responsabileAnelio Pellizzon

Responsabile di redazioneChiara Finesso

Segreteria di redazioneGiovanna Battiston, Susanna Falchero

Collaboratori alla redazione di questo numeroGiovanna Battiston, Marco Bevilacqua, SoniaCeleghin, Fiorino Collizzolli, Marilia CiampiRighetti, Jolanda Dalla Vecchia, Susanna Falche-ro, Luigina Fontana, Andrea Fosco, Elio Franzin,Gabriella Imperatori, Giovanni P. Luisetto, Massi-mo Galtarossa, Barbara Giaccaglia, Cinzio Gibin,Vasco Gondola, Paola Martini, Cecilia Passarin,Simonetta Pelusi, Ferdinando Perissinotto, FrancoPosocco, Giovanni Punzo, Mario Quaranta, MahmutH. Sakiroglu, Giuseppe Sandrini, Michele Simo-netto, Pier Giorgio Tiozzo, Piero Zanotto

Collaboratori alla rassegna bibliograficaGiovanna Battiston, Patrizia Cecilian, Susanna Fal-chero, Giovanni Plebani, Lorenzo Tiso

Direzione e RedazioneGiunta regionale del VenetoCentro Culturale di Villa Settembrini30171 Mestre Venezia - via Carducci 32tel. 041 980447 - fax 041 980499

Giunta regionale del Veneto - Direzione Cultura,Informazione e Flussi migratori30121 Venezia - Palazzo ScerimanCannaregio Lista di Spagna, 168tel. 041 2792619 - fax 041 2792617

Recapito della Redazione“Notiziario Bibliografico”presso Il Poligrafo casa editrice35128 Padova - via Turazza 19tel. 049 776986 - fax 049 8070910(tutti i materiali per la rivistavanno inviati a questo indirizzo)

Periodicità: quadrimestraleTiratura: 15.000 copie - distribuzione gratuitaEditore: Il Poligrafo, PadovaAutoriz. del Trib. di Padova n. 1291 del 21-6-1991Spedizione in abb. post. art. 2 comma 20/c Legge662/96 - taxe perçue - tassa riscossa - Filiale di PadovaStampa: Arti Grafiche PadovaneIn copertina: Lorenzo Lotto, Ritratto di giovanegentiluomo nel suo studio, particolare

I N D I C E

Collane editoriali e interventi regionali (Massimo Canella) 5

Fondi antichi nelle biblioteche della regione (Marino Zorzi) 14

Gli archivi parrocchiali veneziani (Francesca Cavazzana Romanelli) 16

RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Opere generali

A. Cataldi Palau, Gian Francesco d’Asola e la tipografia aldina (Simonetta Pelusi) 28

Aldus Manutius and Renaissance Culture, ed. by D.S. Zeidberg (Simonetta Pelusi) 28

M. Miato, L’Accademia degli Incogniti di Giovan Francesco Loredan (Simonetta Pelusi) 28

L. Augliera, Libri politica religione nel Levante del Seicento (Simonetta Pelusi) 29

Verso il Polifilo, a cura di D. Casagrande e A. Scarsella (Simonetta Pelusi) 29

Catalogo di manoscritti filosofici nelle biblioteche italiane (Simonetta Pelusi) 30

Musei etnografici del Veneto (Barbara Giaccaglia) 30

Storia della chiesa

Preti nel Medioevo (Massimo Galtarossa) 30

M.C. Miller, Chiesa e società in Verona medievale, a cura di P. Golinelli (Cecilia Passarin) 31

Il buon fedele. Le confraternite fra medioevo e prima età moderna (Cecilia Passarin) 31

L.F. Maschietto, Visite pastorali degli abati di S. Giustina in Padova alleparrocchie dipendenti (1534-1791) (Cecilia Passarin) 31

V. Zaramella, Guida inedita della basilica del Santo (Cecilia Passarin) 32

S. Spiller, Don Giuseppe Arena. La fede, la scienza, la società a Vicenzae nel Veneto 1875-1959 (Cecilia Passarin) 32

Scienze sociali

G. Petrovich, Il Veneto alla ricerca di un nuovo patto sociale. Teoria delle decisioni pubbliche,consenso politico e trasformazioni economiche nel “modello veneto” (Marco Bevilacqua) 33

Combattere il razzismo e la xenofobia. Azione pratica a livello localeProgetti di formazione professionale. Verso le pari opportunità per gli immigratiFormazione della polizia riguardo alle relazioni con i migranti e i gruppi etnici(Susanna Falchero) 33

Padova-Chioggia: trasporti, viabilità, sviluppo socio-economico,a cura di M. Bonsembiante e N.A. De Carlo (Elio Franzin) 33

Democrazia virtuosa. Scienza e cultura al servizio di una eco-città. Progetto Quartiere Aperto,a cura di C. Poli e S. Scanagatta (Susanna Falchero) 34

“Quaderni dell’ADREV” n. 2 (Giovanna Battiston) 34

Atti della Conferenza dei Veneti dell’America Latina, a cura di S. Celi (Giovanna Battiston) 34

Censimento demografico 1991: un modello di analisi per le realtà locali (Andrea Fosco) 34

Veneto in cifre 1996/1997 (Andrea Fosco) 34

Le malattie infettive nel Veneto negli anni 1994 e 1995 (Andrea Fosco) 34

I L P O L I G R A F O

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Preadoloscenze. Problemi, potenzialità e strategie educative,a cura di D. Orlando Cian (Susanna Falchero) 34

Psichiatria di territorio. Almanacco 1999, a cura di F. Fasoloe L. Cappellari (Susanna Falchero) 35

G. Spessotto - S. Travaglia, Ciò che gli angeli non sanno.Esperienzze culturali nella Comunità terapeutica di Camparta(Gabriella Imperatori) 35

G. Stefani, Ogni uomo semplice. Storie di volontari(Susanna Falchero) 35

Ambiente

P. Bevilacqua, Venezia e le sue acque. Una metafora planetaria(Elio Franzin) 35

Guida alla scoperta della laguna di Venezia (Pier Giorgio Tiozzo) 36

G. Zoccoletto, Il bosco Brombeo del comun di Chirignago(Fiorino Collizzolli) 36

L. Brunello, Morte di un fiume (Fiorino Collizzolli) 36

Arte

G.M. Pilo, La giovinezza di Giovan Battista Tiepolo e gli sviluppidella sua prima maturità (Marilia Ciampi Righetti) 36

Antonio Canova. Alcune lettere a Firenze (1801-1821).Inediti dall’Accademia di Belle Arti, dagli Uffizi, dalla BibliotecaNazionale Centrale e dall’Archivio di Stato,a cura di A.P. Torresi (Barbara Giaccaglia) 37

G.C. Custoza, Giovanni da Udine. La tecnica della decorazionea stucco alla “romana” nel Friuli del XVI secolo (Sonia Celeghin) 37

Alle fonti del piacere. La civiltà termale e balneare fra curae svago, a cura di N.-E. Vanzan Marchini (Cinzio Gibin) 38

L. Boranga, Antonio Lazarini pittore bellunese del Settecento(Barbara Giaccaglia) 39

Gli edifici canonicali di Verona: storia, arte, restauri,a cura di E.M. Guzzo (Marilia Ciampi Righetti) 39

R. Scola Gagliardi, La pieve di Bovolone. Indaginestorico-artistica (Barbara Giaccaglia) 39

Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina.Storia, arte e fede, a cura di G.M. Vasina (Barbara Giaccaglia) 40

Gino Rossi e l’Europa, a cura di E. Manzato (Barbara Giaccaglia) 40

Architettura - Urbanistica

Giovanni Battista Cavalcaselle conoscitore e conservatore,a cura di A.C. Tommasi (Sonia Celeghin) 41

V. Lucchese, Giovanni Gavignani e la scagliola carpigiana.Illusionismo barocco nella parrocchiale di Brancolino(Barbara Giaccaglia) 41

G. Bresciani Alvarez, Architettura a Padova,a cura di G. Lorenzoni, G. Mazzi, G. Vivianetti (Sonia Celeghin) 41

A. Conforti Calcagni, Le mura di Verona. La città e le sue difesedalla fondazione romana all’Unità d’Italia (Sonia Celeghin) 42

E.R. Trincanato, La casa veneziana delle origini ed altri scrittisulla casa veneziana (Franco Posocco) 42

S. Carazzolo, Un restauro alle mura di Montagnana(Susanna Falchero) 43

La Villa Loschi Zileri Motterle in Monteviale di Vicenza,a cura di L. Puppi (Sonia Celeghin) 43

G.B. Stefinlongo, Il “Giardino” del Doge - I Giardini del popolo.Studi sul restauro urbano e sul recupero e riuso delle isolee delle fortificazioni della Laguna di Venezia (Pier Giorgio Tiozzo) 43

V. Gregotti, Venezia città della nuova modernità(Susanna Falchero) 44

Il Quartiere Brentella. La città di Padova oltre le mura occidentali,a cura di C. Grandis (Elio Franzin) 44

M. Cassol, I giardini di interesse storico nella cittàdi Belluno (Barbara Giaccaglia) 44

A. Boccato, Chiese di Venezia (Piero Zanotto) 44

V. Bovè, Ville Venete (Piero Zanotto) 45

Storia

P. Lanaro, I mercati della Repubblica Veneta. Economia cittadinae stato territoriale (secoli XV-XVIII) (Piero Zanotto) 45

M.F. Viallon, Venise et la Porte Ottomane (1453-1566).Une siècle de relations vénéto-ottomanes de la prise de Constantinopleà la morte de Soliman (Mahmut H. Sakiroglu) 45

S. Yerasimos - J.-L. Bacquè-Crammont, La résidence Baile de Venicea Balikpazari (Mahmut H. Sakiroglu) 45

B. Zendrini, Memorie storiche dello stato antico e modernodelle lagune di Venezia... (Piero Zanotto) 46

L’area alto-adriatica dal riformismo veneziano all’età napoleonoca,a cura di F. Agostini (Pier Giorgio Tiozzo) 46

G. Nicoletti, Le campagne. Un’area rurale tra Sile e Montellonei secoli XV e XVI (Ferdinando Perissinotto) 47

Società a cultura a Treviso nel tramonto della Serenissima,a cura di B. De Donà (Massimo Galtarossa) 47

M. Girardi, Il leone atterrato. Un secolo di studi sulla cadutadella Repubblica Veneta (Pier Giorgio Tiozzo) 47

Venezia e l’Austria, a cura di G. Benzoni e G. Cozzi (Mario Quaranta) 48

P. Brunello, Voci per un dizionario del Quarantotto. Venezia e Mestremarzo 1848 - agosto 1849 (Elio Franzin) 48

Hatikwà, Il cammino della speranza. Gli ebrei a Padova,a cura di C. De Benedetti (Elio Franzin) 49

Le Scienze della terra nel Veneto dalla caduta della Serenissimaall’Unità d’Italia (Cinzio Gibin) 49

Gentildonne artiste intellettuali al tramonto della Serenissima,a cura di V. Surian (Paola Martini) 50

Processi ai fascisti, 1945-1947 (Fiorino Collizzolli) 50

I CLN di Belluno e Treviso nella lotta di liberazione,a cura di F. Vendramini e M. Borghi (Michele Simonetto) 50

F. Vendramini, Cooperazione e mutualismo nella montagnaveneta (Michele Simonetto) 51

Sindacato e lotte dei lavoratori a Padova e nel Veneto (1945-1969)(Marco Bevilacqua) 51

S. Ravagnan, Riccardo Ravagnan (1894-1970), un padredella Costituzione (Pier Giorgio Tiozzo) 51

F. Rossi - A. Rosina, La popolazione di Adria. Dal taglio di PortoViro alla bonifica padano-polesana (XVI-XIX secolo)(Mario Quaranta) 52

S. Perini, La difesa militare della terraferma veneta nel Settecento(Pier Giorgio Tiozzo) 52

G. Gradenigo, Serie de’ podestà di Chioggia(Pier Giorgio Tiozzo) 52

P. Loncrini, La storia postale di Torri del Benaco(Vasco Gondola) 53

“Quaderni storici” di Molvena (Cecilia Passarin) 53

A. Serena, Cronaca montebellunese, a cura di L. De Bortoli(Elio Franzin) 53

R. Marconato, La famiglia Polcastro (sec. XV-XIX).Personaggi, vicende e luoghi di storia padovana (Elio Franzin) 54

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F. Spagna, Minatori in Val Imperina. Storia e antropologiadi una comunità di montagna (Marco Bevilacqua) 54

A. Cauz, Passa Bonaparte. Cronistoria di Orsago e dintornidal 1797 al 1801(Giovanna Battiston) 54

L. Scalco - A. Berna, Dal filato al manufatto. La Sigismondo Pivadi Valdobbiadene tra ascesa e decadenza (Elio Franzin) 55

L. Biasiolo, Villanova di Camposampiero e la storia(Luigina Fontana) 55

L. Caniato, Conegliano tra Ottocento e Novecento(Marilia Ciampi Righetti) 55

San Martino Buon Albergo. Una comunità tra collina e pianura,a cura di M. Pasa (Giuseppe Sandrini) 56

L. Scalco, Una identità divisa. Albignasego fra storia e memoria(Elio Franzin) 56

Valigia e passaporto. Storie di emigrati del Comune di Riese Pio X(Susanna Falchero) 57

L’immagine in attesa. Una visita alla storia d’Europa attraversoil Museo della Battaglia di Vittorio Veneto, a cura di G. e L. Marson(Marco Bevilacqua) 57

G. Bessegato, Memorie di prigionia (1943-1945), a cura diL. De Bortoli (Marco Bevilacqua) 57

Tradizione storica della vigilanza urbana in Padova. La poliziamunicipale, a cura di A. Lenci (Giovanni Punzo) 57

L. Montobbio, L’Associazione Stampa Padovanacompie cent’anni (Marco Bevilacqua) 58

L’EDITORIA NEL VENETO

Le Fonti relative alla Terraferma venetae alla storia di Venezia (Cecilia Passarin):

Il «liber» di S. Agata di Padova (1304),a cura di G. Carraro 59

Quaderno di bordo di Giovanni Manzini prete-notaioe cancelliere (1471-1484), a cura di L. Greco 60

Le carte del Capitolo della cattedrale di VeronaI (1101-1151), a cura di E. Lanza 60

I documenti dell’Archivio Capitolare di Vicenza (1083-1259),a cura di F. Scarmoncin 61

Diocesi clodiense. SS. Trinità e S. Michele Arcangelo

di Brondolo. Indice, a cura di B. Lanfranchi Strina 61

ISTITUZIONI E CULTURA

La Biblioteca Antoniana del Convento del Santodi Padova (p. Giovanni M. Luisetto OFMconv.) 62

L’Archivio musicale della Cappella antonianadi Padova (Jolanda Dalla Vecchia) 67

RIVISTERIA VENETA

Spoglio dei periodici di cultura varia (1997-1999) 70

Ateneo Veneto. Rivista di scienze, lettere ed arti 70

Atti dell’Istituto Veneto di scienze lettere ed arti 70

Atti e Memorie della Accademia di agricoltura scienzee lettere di Verona 70

Atti e Memorie della Accademia patavina di scienzelettere ed arti 71

Atti e Memorie dell’Ateneo di Treviso 71

La Bassa. Rivista di storia arte e cultura 72

Bollettino della Società Letteraria [di Verona] 72

Bollettino del Museo CivicoMuseo-Biblioteca-Archivio di Bassano 73

Bollettino del Museo Civico di Padova 73

Bollettino della Biblioteca Civica di Verona 73

Cimbri - Tzimbar. Vita e cultura delle comunità cimbre 73

Il Flaminio. Rivista della Comunità montana delle Prealpi trevigiane 74

Il Garda. L’ambiente, l’uomo 74

Memorie dell’Istituto Veneto di scienze lettere ed arti 74

Miscellanea marciana 75

Odeo Olimpico. Memorie dell’Accademia Olimpica di Vicenza 75

Padova e il suo territorio. Rivista di storia arte e cultura 75

Quaderni del Lombardo Veneto 77

Quaderni di cultura cimbra 77

Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina e arte 77

Scienza e storia. Bollettino del Centro internazionale di storiadello spazio e del tempo 78

Thesaurismata. Bollettino dell’Istituto Ellenico di studibizantini e postbizantini di Venezia 79

Altre riviste segnalate 79

Bartolomeo Rubini, Venezia, 1576

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Centocinquanta volumi pubblicati in diciassette collane tematiche,un’altra decina almeno già pronta per la stampa in quest’anno: unintervento regionale di dimensioni ragguardevoli nel campo dellapromozione e della divulgazione delle conoscenze sulla storia esulla civiltà del Veneto. Un intervento la cui immagine però èframmentata dal prisma delle conoscenze specialistiche e dellelogiche editoriali, e di cui è pertanto difficile scorgere gli esatticontorni.

Le opere in questione si trovano segnalate e recensite nelleannate di questo “Notiziario bibliografico”, correttamente classifi-cate per materia: in calce all’articolo ne viene pubblicato l’elenco.In questa sede se ne parla allo scopo di dare conto, per una volta,dell’insieme degli interventi regionali nel campo dell’editoriaculturale: consapevoli del loro ruolo strumentale e organizzatorio,ma anche della logica di progetto piuttosto coerente che li haguidati, al di là della varietà degli strumenti normativi e delleoccasioni contingenti.

Il quadro normativo

Nel nostro ordinamento costituzionale resta in sostanza indeter-minato se le Regioni siano una particolare forma di organizzazionefunzionale della comunità statale, o non piuttosto gli entiesponenziali di comunità in qualche modo preesistenti, se non sulpiano istituzionale, su quello culturale e sociale. Indubbiamentel’attività editoriale della Regione del Veneto riflette questa duplicitàdi ruolo: da una parte essa è stata espletata in relazione all’eserciziodelle funzioni di governo sulla società e sul territorio di suacompetenza; dall’altra essa ha anche cercato di venire incontro a unbisogno identitario, di determinazione della propria ragione diessere.

A un bisogno di identità si possono dare risposte diverse. LaRegione del Veneto ha scelto quella di contribuire alla costruzionedi una memoria comune attraverso la mosaicatura degli apportispecialistici e la loro composizione, sotto la guida di autoritàriconosciute nel campo universitario e accademico, in un quadrotendenzialmente unitario. Non pertanto scorciatoie di miti o di“parole poetiche” fondative, ma l’accettazione della misura diconoscenza della realtà passata e presente che il filtro delle disci-pline scientifiche onestamente consente, sia pure inevitabilmentesegnata dall’approccio soggettivo particolare.

Uno sguardo al quadro normativo fa capire che non si tratta difantasie. Lo Statuto del 1972 afferma che “l’autogoverno dellaRegione del Veneto si attua in modi conformi alla sua tradizione ealla sua storia” e “concorre alla valorizzazione del patrimonioculturale e linguistico delle singole comunità”; affermazioni che

acquistano un senso compiuto se le si mette in relazione con quellacontenuta nell’articolo 4, per cui “la Regione esercita i propri poteri[...] per svolgere una politica intesa a promuovere le attivitàculturali e la ricerca scientifica e tecnologica”. A queste normed’indirizzo si sono sempre richiamati i diversi provvedimentilegislativi in materia di attività culturali. Ai nostri fini ne interes-sano soprattutto tre:

– la legge regionale 10 gennaio 1984, n. 5 (“Disciplina dell’atti-vità di informazione ed editoriale della Giunta”), che amplia ipoteri d’intervento dell’amministrazione in campo editoriale eaffida il potere di varare nuove collane edite o coedite direttamentea un Comitato composto da tre assessori e tre consiglieri regionali;

– la legge regionale 15 gennaio 1985, n. 9 (“Promozione diiniziative editoriali riguardanti la storia, la cultura e la civiltà diVenezia e del Veneto”), che definisce i campi d’intervento inmateria di promozione della pubblicazione di fonti della storia edella civiltà venete e ne stabilisce le modalità;

– la legge regionale 29 aprile 1985, n. 39 (“Collana di studi ericerche sulla cultura popolare veneta”), che adotta un particolareprogetto scientifico di ampia portata e gli assicura il tempo e i mezziper giungere al compimento. Va detto che esistono anche collanepubblicate in esecuzione di altre leggi regionali (p. es. quelleinerenti alla tutela dei beni culturali) e che anche molte monografierivestono un valore conoscitivo che va al di là delle ragioniimmediate che le hanno rese possibili: in particolare gli studi sulterritorio veneto (sui centri storici, sulle città murate, sull’archeo-logia industriale, sulle emergenze archeologiche, sul paesaggio esui giardini), connessi intimamente con la preparazione e la gestio-ne degli strumenti di pianificazione urbanistica e socio-economicadegli anni Ottanta, costituiscono un insieme di valore che merite-rebbe una disamina a parte.

Collane di iniziativa regionale

Oltre agli studi pensati in vista della pianificazione territoriale,anche alcune collane promosse direttamente dalla Regione sonoparti integranti di progetti volti a tutelare, conservare e valorizzareparticolari categorie di beni culturali, offrendo al contempo ilquadro scientifico e informativo necessario a consentirne unacorretta fruizione.

Rientrano senz’altro in questa definizione:a) gli annuali Quaderni di archeologia del Veneto, pubblicati

regolarmente dal 1985 a cura di un comitato di redazione coordi-nato da Guido Rosada e composto da rappresentanti delle Univer-sità di Padova e Venezia e della Soprintendenza archeologica delVeneto;

b) gli Inventari degli archivi non statali della Regione delVeneto, pubblicati principalmente in relazione al progetto, portatoavanti dalla Soprintendenza archivistica per il Veneto, di ordina-mento e inventariazione degli archivi delle amministrazioni terri-toriali che furono sedi podestarili ai tempi della Serenissima;

c) i Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, impresa cheugualmente ha coinvolto la Soprintendenza archeologica e l’Uni-versità di Padova all’interno di un più ampio programma dicatalogazione e inventariazione del patrimonio numismatico con-servato in raccolte pubbliche e private, seguito da Giovanni Gorini;

d) la Pittura murale esterna nel Veneto, di cui sono già usciti ivolumi sulle province di Padova, Venezia, Verona, Belluno eVicenza, e che ha inteso rispondere all’allarme lanciato all’iniziodegli anni Ottanta sul rapidissimo degrado di tale particolare realtà

COLLANE EDITORIALIE INTERVENTI REGIONALIMassimo CanellaDirigente Servizio Attività Editoriali ed Inserzionistiche

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e offrire una base conoscitiva sistematica per gli interventi direcupero e conservazione;

e) i Teatri del Veneto, cinque notevoli tomi che danno conto ditutti i teatri esistenti e scomparsi, da poco tempo o da molto, sia dalpunto di vista architettonico, sia da quello della storia delle rappre-sentazioni e di una abbastanza peculiare “civiltà del teatro”.

Diverso in parte è il discorso che si può fare sulla Pittura nelVeneto, nella cui genesi è stato determinante l’apporto progettualedi Electa (ora Elemond), che in analogia con altre sue produzionia livello nazionale e regionale ha proposto da un lato di sottoporrea un vaglio il più possibile esauriente le notizie sugli sviluppidell’arte pittorica nei diversi secoli raggruppandole col criteriodell’ubicazione nei territori corrispondenti alle attuali province, edall’altro di integrare tali testi con una quantità imponente diillustrazioni e con saggi monografici su aspetti particolari. Ne èuscita un’opera con caratteristiche editoriali abbastanza spettacolari,ed insieme attenta alla produzione cosiddetta minore quanto allegrandi emergenze artistiche, che non vi sono affatto trascurate.Sotto l’egida di un comitato di prestigio e con il coordinamento diMauro Lucco sono stati già editi un tomo sul Trecento, due sulQuattrocento e i due tomi sul Settecento di Rodolfo Pallucchini,che in virtù della particolare personalità dell’autore si distinguonoper certi aspetti nell’impianto dal resto della collana; sono statianche pubblicati due volumi sul Cinquecento, e il terzo ed ultimouscirà senz’altro entro il corrente 1999.

E ancora più diverso può sembrare in apparenza il discorso sullaStoria religiosa del Veneto, frutto di un’iniziativa del compiantodon Silvio Tramontin, che finora è consistita nella pubblicazione divolumi di sintesi sulla storia delle Diocesi venete, nei suoi aspettiistituzionali ma anche con attenzione ai movimenti religiosi e agliaspetti devozionali e di tradizione. Diverso perché l’intento di altadivulgazione, affidata a stimati specialisti, prevale rispetto allavolontà di sinergia con puntigliose e specifiche ricerche di settore.Ma non diverso nell’ispirazione: perché l’ispirazione consistenell’idea di rintracciare il senso della nostra identità presente nelretaggio culturale e linguistico che abbiamo ereditato, e in questosforzo interpretativo è inevitabile constatare, seguendo questocome altri percorsi, quanto profondo sia il radicamento della nostracultura nell’humus del Cristianesimo.

Alle radici delle conoscenze: le fonti

In quest’azione di arricchimento della nostra complessità pre-sente attraverso il recupero del passato, una sensibilità particolareè stata dimostrata per la promozione delle edizioni di fonti edocumenti, oggetti dell’indagine degli studiosi e fondamento diogni successiva elaborazione, e talvolta flash interessanti ed illu-minanti anche per i non addetti ai lavori.

L’iniziativa regionale nel settore è stata avviata in concomitanzacon i lavori preparatori dell’intesa con la Fondazione Giorgio Cinie l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana di Roma per l’edizione dellanota Storia di Venezia. Questa imponente opera di sintesi, malgra-do la sua complessità nell’ideazione del disegno generale e nellagestione coordinata degli interventi di tanti collaboratori di vaglia,è stata portata a compimento nelle sue parti essenziali nei tempioriginariamente previsti, sotto la guida di un comitato diretto daVittore Branca, affiancato dai vicepresidenti Gaetano Cozzi e UgoTucci e dal redattore capo Gino Benzoni: otto volumi “cronologici”di circa mille pagine l’uno sono dedicati alla storia di Venezia dalleorigini alla caduta della Repubblica, e tre volumi “tematici” all’arte

veneziana e al rapporto di Venezia col mare; sono in fase dipreparazione “L’Ottocento. 1797-1918”, a cura di Stuart Woolf eGiandomenico Romanelli, e “Il Novecento”, a cura dello stessoRomanelli e di Mario Isnenghi. La distribuzione puntuale deivolumi finora resi disponibili in gran parte delle biblioteche venete,ed anche il successo del loro collocamento fuori del Veneto da partedell’Istituto dell’Enciclopedia, qualificano la Storia di Veneziacome l’operazione editoriale di maggiore impegno ed impatto cuila Regione del Veneto ha concorso.

È stato appunto in quel frangente che con legge n. 9 del 15gennaio 1985 il Consiglio regionale ha deciso di intervenire asostegno del Comitato per la pubblicazione delle fonti relative allastoria di Venezia guidato dal 1949 dal grande archivista LuigiLanfranchi, che sarebbe scomparso di lì a pochi mesi, nonché dialtri comitati, associazioni o istituzioni che, con il parere favorevo-le del primo, si fossero impegnati nell’edizione di fonti e monu-menti della storia e della civiltà veneta. In attuazione di questanorma sono state siglate altre nove convenzioni.

La prima, fra le più importanti per prospettiva strategica e perrisultati concreti, è stata quella con il Comitato per la pubblicazionedelle fonti relative alla Terraferma veneta presieduto da GiorgioCracco (fra l’altro coordinatore, con Gherardo Ortalli, del secondovolume della Storia di Venezia) con l’intento di creare le condizioniche rendessero possibile il progetto di una storia del Veneto primadi Venezia, malgrado le difficoltà dovute alla frammentazionepolitica e alla carenza di documentazione: sono già stati editi epresentati pubblicamente quindici volumi, e si confida di poterneprodurre altri tre o quattro entro il 2000.

Il Comitato nazionale italiano dell’Association Internationalepour l’Histoire du Verre, animato da Wladimiro Dorigo, è impe-gnato nell’edizione del “Corpus delle collezioni archeologiche delvetro nel Veneto” (quattro volumi già editi, due in corso di stampa).

Il Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera sotto la guidadi Nelli-Elena Vanzan Marchini attende alla impegnativa edizionedelle “Leggi di sanità della Repubblica di Venezia” di GiovanAntonio Boncio, repertorio del XVIII secolo conservato nell’Archi-vio di Stato di Venezia come i documenti di cui offre i regesti, edha pubblicato monografie ricche di suggestioni interdisciplinari edestetiche sulle fonti per la storia della sanità custodite in Marcianae sulla storia del termalismo e della balneazione.

Con la Fondazione Ugo e Olga Levi e con il Comitato per lapubblicazione di fonti relative a testi e monumenti della culturamusicale veneta, sotto la direzione di Giulio Cattin e GiovanniMorelli, si è concorso alla pubblicazione della “Rivista veneta distudi musicali” e di dodici cataloghi di fondi musicali e librettioppure tematici, a volte in più tomi, e si è dato avvio alla pubblica-zione del repertorio frottolistico di Ottaviano Petrucci (XVI seco-lo); altre tredici pubblicazioni già concordate usciranno nei prossi-mi due anni.

Il Centro Veneto di Studi e Ricerche sulle Civiltà Orientali(CEVESCO), diretto da Gustavo Traversari, ha pubblicato volumiriccamente illustrati su manoscritti, per lo più marciani, attinentiper vari versi alle relazioni del Veneto con le culture bizantina,ebraica, indiana e paleoslava (“Novum Testamentum BosniacumMarcianum”), e presto dovrebbe pubblicare uno studio su unmanoscritto armeno del “Romanzo di Alessandro” conservatopresso la biblioteca del Padri Mechitaristi dell’isola di San Lazzaroa Venezia.

Completano il quadro l’Istituto Veneto per la Storia della Resi-stenza e del Veneto contemporaneo di Dino Fiorot e Angelo

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Ventura, con le sue pubblicazioni di documenti sugli anni Quarantae Cinquanta del nostro secolo, e la Associazione Veneta di StoriaLocale di Ferruccio Vendramini e Danilo Gasparini, che ha iniziatoad approfondire tematiche di storia locale al di fuori della nostrarispettabile e plurisecolare tradizione di erudizione municipale oecclesiastica, con particolare attenzione a risorse e problemi degliarchivi cosiddetti “minori”.

Senza contare la Storia di Venezia, si tratta di settanta volumi giàediti e di una ventina di volumi in preparazione.

Cultura popolare

Il progetto di cui la Regione del Veneto più si è fatta carico è inun certo senso complementare agli studi summenzionati, in quantoambisce a ritrovare le voci di chi in capitolo voce non ne aveva one ha avuta poca.

Dal 1987 è insediato a San Giorgio, presso la Fondazione Cini,un comitato scientifico per la pubblicazione di una collana sullacultura popolare, guidato da Vittore Branca e coordinato da UldericoBernardi, di cui hanno fatto parte anche studiosi come GianfrancoFolena e Piero Camporesi. La collana (ampiamente presentata neln. 28 di questo “Notiziario” da Pier Giorgio Tiozzo, cui si rinviasenz’altro) è divisa in due serie dalle caratteristiche editoriali edistributive differenti (essendo i primi sei volumi coediti conl’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e i rimanenti, dal 1991, assiemea Neri Pozza), e raccorda nel suo ambito contributi anche moltodifferenziati nelle ottiche disciplinari, ma accomunati dall’interes-se per le forme d’espressione, comunque inserite nel complessivocontesto culturale, dei ceti popolari e intermedi di città e dicampagna. Nella sua scia è iniziata nel 1997 un’azione di coordi-namento delle realtà associative e istituzionali interessate all’argo-mento, a cominciare dai musei etnografici, che è già sfociata in dueimportanti ed affollati convegni.

Dei ventitre volumi finora pubblicati è opportuno ricordare gliultimi quattro, i cui titoli spiegano meglio di ogni discorso lefinalità della collana: Processioni e feste dogali. “Venetia estmundus”, di Lina Urban; Scartafaccio d’agricoltura. Manoscrittodi un contadino di Spinè di Oderzo (1805-1810), a cura di LucianoMorbiato; Centodieci ricordi che formano il buon fattor di villa diGiacomo Agostinetti (XVII secolo), a cura di Ulderico Bernardi edEnzo Demattè; La fienagione nelle Prealpi venete di GiuseppeGrava e Giovanni Tommasi, atlante che salda lo studio della culturamateriale e quello di lingue e dialetti nella fotografia di un mondorurale colto un attimo prima della sua scomparsa.

Concludendo

Non sta agli uffici enunciare propositi per il futuro dell’attivitàeditoriale di un ente: esso dipenderà dalle scelte delle amministrazio-ni e dalle compatibilità finanziarie. Resta per la Regione del Venetoil risultato di aver contribuito alla realizzazione di opere importanti,che, disseminate in tante biblioteche, sono destinate a rimanere nellamemoria storica e a suscitare nuovi stimoli e nuovi interessi. AldoPalazzeschi diceva che “la poesia è infinita come la vita”: e delleattività di ricerca e di divulgazione di cui abbiamo parlato, purrimanendo con i piedi per terra, in ultima analisi si può dire lo stesso.

LE PUBBLICAZIONI

1. Collane di iniziativa regionaleL.R. 10 gennaio 1984, n. 5

Archivi non statali della Regione del Veneto - Inventari

Archivio comunale di Feltre. Inventari della sezione separata (1511-1950), I: (1511-1866), a cura di Ugo Pistoia, Venezia, Giunta regionale delVeneto, 1994, 4°, pp. XXVIII-140 [“Notiziario bibliografico”, n. 19, 1995,p. 12].

Archivio comunale di Vittorio Veneto. Inventario della sezione separata(1301-1950), I: Serravalle (1301-1866) e Ceneda (1338-1866), a cura diMariagrazia Salvador, Venezia, Giunta regionale del Veneto, 1994, 4°, pp.XLVII-758 [“Notiziario bibliografico”, n. 19, 1995, p. 12].

Archivio comunale di Portogruaro. Inventario (1797-1918), I: (1797-1897), a cura di Franco Rossi, Venezia, Giunta regionale del Veneto, 1995,4°, pp. 424 + 1 tav. ripieg. f.t. [“Notiziario bibliografico”, n. 21, 1995,pp. 9-10].

Archivio del comune di Cittadella. Inventario (sec. XV-1866). 1° interven-to, a cura di Luigi Sangiovanni, Venezia, Giunta regionale del Veneto,1996, 4°, pp. LXXIV-354 [“Notiziario bibliografico”, n. 25, 1997, p. 6].

Archivio storico del comune di Lendinara. Inventario. I parte, a cura di PierLuigi Bagatin, Elisabetta Maletta, Ludovica Mutterle e Bruno Rigobello,Venezia, Giunta regionale del Veneto, 1996, 4°, pp. XII-250 [“Notiziariobibliografico”, n. 25, 1997, p. 6].

Archivio comunale di Lozzo di Cadore. Inventario della sezione separata(1295-1950), a cura di Albina De Martin Pinter, Venezia, Giunta regionaledel Veneto, 1997, 4°, pp. XV-282 [“Notiziario bibliografico”, n. 27, 1997,p. 9].

Le pergamene della Magnifica Comunità del Cadore (sec. XIII-XVIII).Ordinamento e regesti, a cura di Franca Cosmai a Annamaria Pozzan,Venezia, Giunta regionale del Veneto, 1998, 4°, pp. XXVIII-164.

Regione del Veneto - Direzione Cultura, Informazione e Flussi migratori -Servizio Beni Librari e Archivistici30121 Venezia - Cannaregio, 168 - Palazzo Sceriman - tel. 041/2792692

Pittura murale esterna nel Veneto

Pittura murale esterna nel Veneto. Padova e provincia, di Pier LuigiFantelli, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Bassano del Grappa (VI),Ghedina & Tassotti, 1989, 8°, pp. 158, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 5,1990, pp. 8-9].

Pittura murale esterna nel Veneto. Venezia e provincia, di F. Valcanover,M.A. Chiari Moretto Wiel, A. Dalla Pozza, B. Nogara, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Bassano del Grappa (VI), Ghedina & Tassotti, 1991,8°, pp. 216, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 10, 1992, pp. 14-15].

Pittura murale esterna nel Veneto. Verona e provincia, di GunterSchweikhart, Mauro Cova, Giuliana Sona, Venezia, Giunta regionale delVeneto - Bassano del Grappa (VI), Ghedina & Tassotti, 1993, 8°, pp. 134,ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 16, 1994, p. 17].

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Pittura murale esterna nel Veneto. Belluno e provincia, di Anna PaolaZugni-Tauro, Tiziana Franco, Tiziana Conte, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Bassano del Grappa (VI), Ghedina & Tassotti, 1993, 8°, pp.302, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 16, 1994, p. 17].

Pittura murale esterna nel Veneto. Vicenza e provincia, a cura di Alessan-dra Pranovi, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Bassano del Grappa(VI), Ghedina & Tassotti, 1995, 8°, pp. 264, ill. [“Notiziario bibliografico”,n. 22, 1996, pp. 16-17].

Ghedina & Tassotti36061 Bassano del Grappa (VI) - via S.F. Lazzaro, 103 - tel. 0424 566105

La Pittura nel Veneto

La pittura nel Veneto. Il Trecento, a cura di Mauro Lucco, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Milano, Electa, 1992, 4°, pp. 572, ill. [“Notiziariobibliografico”, n. 12, 1992, pp. 29-30].

La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, a cura di Mauro Lucco, Venezia,Giunta regionale del Veneto - Milano, Electa, 1989-1990, 2 voll., 4°, pp.784 complessive, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 7/8, 1991, pp. 78-79].

La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, I tomo, a cura di Mauro Lucco,Venezia, Giunta regionale del Veneto - Milano, Electa, 1996, 4°, pp.442, ill.

La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, II tomo, a cura di Mauro Lucco,Venezia, Giunta regionale del Veneto - Milano, Electa, 1998, 4°, pp. 455-926, ill.

La pittura nel Veneto. Il Settecento, di Rodolfo Pallucchini, a cura di MauroLucco, Adriano Mariuz, Giuseppe Pavanello, Franca Fava, Venezia,Giunta regionale del Veneto - Milano, Electa, 1994-1995, 2 voll., 4°, pp.578-628, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 22, 1996, p. 41-42].

Elemond20134 Milano - via Trentacoste, 7 - tel. 02 215631

Quaderni di Archeologia del Veneto

Quaderni di Archeologia del Veneto. I, 1985, Venezia, Giunta regionaledel Veneto, 1985, 4°, pp. 202, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. II, 1986, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Cedam, 1986, 4°, pp. 212, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. III, 1987, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Cedam, 1987, 4°, pp. 248, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. IV, 1988, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Cedam, 1988, 4°, pp. 438, ill. [“Notiziariobibliografico”, n. 3, 1989, p. 24].

Quaderni di Archeologia del Veneto. V, 1989, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Cedam, 1989, 4°, pp. 312, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. VI, 1990, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Cedam, 1990, 4°, 296, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. VII, 1991, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Treviso, Canova, 1991, 4°, pp. 244, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. VIII, 1992, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Treviso, Canova, 1992, 4°, pp. 248, ill. [“Notiziariobibliografico”, n. 14, 1993, p. 33].

Quaderni di Archeologia del Veneto. IX, 1993, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Treviso, Canova, 1993, 4°, pp. 228, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. X, 1994, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Treviso, Canova, 1994, 4°, pp. 240, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. XI, 1995, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Treviso, Canova, 1995, 4°, pp. 258, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. XII, 1996, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Treviso, Canova, 1996, 4°, pp. 244, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. XIII, 1997, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Venezia, Canal & Stamperia, 1997, 4°, pp. 270, ill.

Quaderni di Archeologia del Veneto. XIV, 1998, Venezia, Giunta regiona-le del Veneto - Treviso, Canova, 1998, 4°, pp. 210, ill.

[di tutti i fascicoli della rivista viene dato, sul “Notiziario Bibliografico”,lo spoglio completo dell’Indice nella rubrica “Rivisteria veneta”: cfr. n. 4,1990, p. 31; n. 11, 1992, pp. 55-56; n. 18, 1994, pp. 56-57; n. 26, 1997, pp.71-72; n. 31, 1999, pp. 72-73; cfr. inoltre n. 3, 1989, p. 24; n. 14, 1993,p. 33].

Cedam (dal n. 2 al n. 6)35121 Padova - via Jappelli, 5/6 - tel. 049 8239111

Canova Società Libraria Editrice (dal n. 7 al n. 12 e n. 14)31100 Treviso - via Calmaggiore, 31 - tel. 0422 546253

Canal & Stamperia Editrice (n. 13)30135 Venezia - Santa Croce, 2180 - tel. 041 719868

Storia religiosa del Veneto

Patriarcato di Venezia, di Bianca Betto, Bruno Bertoli, Giorgio Fedalto,Gabriele Mazzucco, Antonio Niero, Silvio Tramontin, a cura di SilvioTramontin, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Padova, GregorianaLibreria Editrice, 1991, 8°, pp. 376. [“Notiziario bibliografico”, n. 9,1991, p. 9].

Diocesi di Chioggia, di Dino De Antoni e Sergio Perini, a cura di Dino DeAntoni, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Padova, GregorianaLibreria Editrice, 1992, 8°, pp. 398 [“Notiziario bibliografico”, n. 12,1992, p. 7].

Diocesi di Vittorio Veneto, di Rino Bechevolo, Nilo Faldon, Giorgio Mies,Pier Angelo Passolunghi, a cura di Nilo Faldon, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Gregoriana Libreria Editrice, 1993, 8°, pp. 490[“Notiziario bibliografico”, n. 16, 1994, pp. 11-12].

Diocesi di Treviso, di Giorgio Fedalto, Luigi Pesce, Lucio Bonora, SilvioTramontin, Pier Angelo Passolunghi, Daniela Rando, Eugenio Manzato,Giuliano Simionato, a cura di Luigi Pesce, Venezia, Giunta regionale delVeneto - Padova, Gregoriana Libreria Editrice, 1994, 8°, pp. 468 [“Noti-ziario bibliografico”, n. 17, 1994, p. 9].

Diocesi di Vicenza, di Gianni Cisotto, Francesco Gasparini, Alba LazzarettoZanolo, Mariano Nardello, Attilio Previtali, Ermenegildo Reato, GiovanniBattista Zilio, a cura di Ermenegildo Reato, Venezia, Giunta regionale delVeneto - Padova, Gregoriana Libreria Editrice, 1994, 8°, pp. 440 [“Noti-ziario bibliografico”, n. 19, 1995, p. 14].

Diocesi di Belluno e Feltre, di Giuseppe Andrich, Sergio Dalla Rosa, NiloTiezza, Silvio Tramontin, a cura di Nilo Tiezza, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Padova, Gregoriana Libreria Editrice, 1996, 8°, pp. 558[“Notiziario bibliografico”, n. 26, 1997, p. 15].

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Diocesi di Padova, di Filippo Agostini, Sante Bortolami, Anna BurliniCalapoi, Ireneo Daniele, Giuseppina De Sandre, Vergilio Gamboso,Pierantonio Gios, Antonino Poppi, Antonio Rigon, Aldo Stella, a cura diPierantonio Gios, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Padova,Gregoriana Libreria Editrice, 1996, 8°, pp. 602 [“Notiziario bibliografico”,n. 26, 1997, p. 15].

Gregoriana Libreria Editrice35122 Padova - via Roma, 37 - tel. 049 8758455

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia I: Belluno, 2:Feltre, a cura di Caterina Galifi, Padova, Esedra, 1998, 8°, pp. XIII-260 +10 tavv. f.t.

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia II: Treviso, 1:Treviso, a cura di Armando Bernardelli, Bruno Callegher, Giovanni Gorinie Andrea Saccocci, Padova, Editoriale Programma, 1995, 8°, pp. XII-518+ 11 tavv. f.t. [“Notiziario bibliografico”, n. 21, 1995, p. 25].

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia II: Treviso, 2:Oderzo, a cura di Bruno Callegher, Padova, Editoriale Programma, 1992,8°, pp. 335 [“Notiziario bibliografico”, n. 14, 1993, p. 33].

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia IV: Vicenza, 1:Vicenza, a cura di Armando Bernardelli, Padova, Editoriale Programma,1995, 8°, pp. XII-413 + 18 tavv. f.t.

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia IV: Vicenza, 2:Bassano, a cura di Armando Bernardelli, Padova, Esedra, 1997, 8°, pp.XIV-346 + 17 tavv. f.t.

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia VI: Venezia, 2:Venezia - Altino II, a cura di Michele Asolati, Cristina Crisafulli, Padova,Editoriale Programma, 1994, 8°, pp. XXI-283 + 16 tavv. f.t.

Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto. Provincia VI: Venezia, 3:Chioggia, a cura di Michele Asolati, Cristina Crisafulli, Padova, EditorialeProgramma, 1993, 8°, pp. 184 [“Notiziario bibliografico”, n. 16, 1994, p. 31].

Esedra Editrice35138 Padova - via Palestro, 8 - tel. 049 8725445

Studio Editoriale Programma35131 Padova - p.tta Nievo, 5 - tel. 049 8753110

I teatri del Veneto

I teatri del Veneto, vol. I/1: Venezia, teatri effimeri e nobili imprenditori,di Franco Mancini, Maria Teresa Muraro, Elena Povoledo, Venezia,Giunta regionale del Veneto - Corbo & Fiore, 1995, 4°, pp. 436, ill.[“Notiziario bibliografico”, n. 22, 1996, p. 27].

I teatri del Veneto, vol. I/2: Venezia e il suo territorio. Imprese private eteatri sociali, di Franco Mancini, Maria Teresa Muraro, Elena Povoledo,Venezia, Giunta regionale del Veneto - Corbo & Fiore, 1996, 4°, pp. 396,ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 25, 1997, p, 27].

I teatri del Veneto, vol. II: Verona, Vicenza, Belluno e il loro territorio, diFranco Mancini, Maria Teresa Muraro, Elena Povoledo, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Corbo & Fiore, 1985, 4°, pp. 402, ill. [“Notiziariobibliografico”, n. 18, 1994, pp. 41-42].

I teatri del Veneto, vol. III: Padova, Rovigo e il loro territorio, di FrancoMancini, Maria Teresa Muraro, Elena Povoledo, Venezia, Giunta regiona-le del Veneto - Corbo & Fiore, 1988, 4° pp. 450, ill. [“Notiziariobibliografico”, n. 18, 1994, pp. 41-42].

I teatri del Veneto, vol. IV: Treviso e la Marca trivigiana, di FrancoMancini, Maria Teresa Muraro, Elena Povoledo, Venezia, Giunta regiona-le del Veneto - Corbo & Fiore, 1994, 4°, pp. 220, ill. [“Notiziariobibliografico”, n. 18, 1994, pp. 41-42].

Giovanni Maria Fiore Editore30171 Mestre Venezia - vicolo Carso, 15 - tel. 041 961179

2. Storia di Veneziae Fonti della storia venetaL.R. 15 gennaio 1985, n. 9

Storia di Venezia

Storia di Venezia, vol. I: Origini. Età ducale, a cura di Lellia CraccoRuggini, Massimiliano Pavan, Giorgio Cracco, Roma, Istituto della Enci-clopedia Italiana, 1992, 8°, pp. XXIV-962, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. II: L’etàdel Comune, a cura di Giorgio Cracco e Gherardo Ortalli, Roma, Istitutodella Enciclopedia Italiana, 1995, 8°, pp. 962, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. III: Laformazione dello Stato patrizio, a cura di Girolamo Arnaldi, GiorgioCracco, Alberto Tenenti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1997,8°, pp. 996, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. IV: IlRinascimento. Politica e cultura, a cura di Alberto Tenenti, Ugo Tucci,Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1996, 8°, pp. 986, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. V: IlRinascimento. Società ed economia, a cura di Alberto Tenenti, Ugo Tucci,Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1996, 8°, pp. 986, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. VI: DalRinascimento al Barocco, a cura di Gaetano Cozzi, Paolo Prodi, Roma,Istituto della Enciclopedia Italiana, 1994, 8°, pp. 978, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. VII: LaVenezia barocca, a cura di Gino Benzoni, Gaetano Cozzi, Roma, Istitutodella Enciclopedia Italiana, 1997, 8°, pp. 986, ill.

Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. VIII:L’ultima fase della Serenissima, a cura di Piero del Negro, Paolo Preto,Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1998, 8°, pp. 962, ill.

Storia di Venezia, vol. IX: Il Mare, a cura di Alberto Tenenti e Ugo Tucci,Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1992, 8°, pp. 914, ill.

Storia di Venezia. Temi. L’Arte, tomo I, a cura di Rodolfo Pallucchini,Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1994, 8°, pp. 980, ill.

Storia di Venezia. Temi. L’Arte, tomo II, a cura di Rodolfo Pallucchini,Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1995, 8°, pp. 1004, ill.

[Sulla collana si segnala un articolo di Gino Benzoni sul “Notiziariobibliografico”, n. 15, 1993, pp. 5-6].

Istituto dell’Enciclopedia Italiana00186 Roma - piazza dell’Enciclopedia Italiana, 4 - tel. 06 68982159

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Cataloghi di Fondi Musicali

Il fondo musicale Malaspina nell’Archivio di Stato di Verona, di EmanueleNegri, Roma, Torre d’Orfeo, 1989, 8°, pp. 130.

Il fondo musicale dell’archivio capitolare della cattedrale di Adria, diFrancesco Passadore, Roma, Torre d’Orfeo, 1989, 8°, pp. 336 [“Notiziariobibliografico”, n. 5, 1990, p. 12].

Il fondo musicale della biblioteca capitolare del Duomo di Treviso, diFrancesca Ferrarese e Cristina Gallo, Roma, Torre d’Orfeo, 1990, 8°, pp.396, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 7/8, 1990, p. 44; “Notiziariobibliografico”, n. 7/8, 1990, p. 45].

Il fondo musicale dell’I.R.E Istituzioni di ricovero e di educazione diVenezia, di Stefano De Sanctis e Nadia Nigris, Roma, Torre d’Orfeo, 1990,8°, pp. 324, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 7/8, 1990, p. 44].

Le stampe musicali antiche del fondo Torrefranca del ConservatorioBenedetto Marcello I-II, di Andrea Fabiano, Firenze, Olschki, 1992, 8°, 2voll., pp. XXIII-774 [“Notiziario bibliografico”, n. 13, 1993, pp. 19-20].

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello I, di EmanuelaNegri, Firenze, Olschki, 1994, 8°, pp. XXII-394.

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello II, di SabinaCarboni, Firenze, Olschki, 1994, 8°, pp. XII-360.

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello III, di France-sca Gatta, Firenze, Olschki, 1994, 8°, pp. XII-406.

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello IV, di LivioAragona, Firenze, Olschki, 1995, 8°, pp. XII-336.[i quattro volumi sono stati recensiti sul “Notiziario bibliografico”, n. 20,1995, p. 47].

Leone Leoni e la musica a Vicenza nei sec. XVI-XVII. Catalogo tematico,di Vittorio Bolcato, Venezia, Fondazione Levi, 1995, 8°, pp. 306 [“Noti-ziario bibliografico”, n. 22, 1996, p. 26].

Catalogo del fondo musicale della biblioteca capitolare di Padova, diAntonio Lovato, Venezia, Fondazione Levi, 1998, 8°, pp. LXXIII, 1052.

Catalogo del fondo musicale della biblioteca comunale di Treviso, diUmberto Nensi, Nadia Nigris, Elena Tonolo, tomo I: Musica sacra A - F,a cura di Umberto Nensi, Venezia, Fondazione Levi, 1998, 8°, pp. XXXVII-702.

Catalogo del fondo musicale della biblioteca comunale di Treviso, diUmberto Nensi, Nadia Nigris, Elena Tonolo, tomo II: Musica sacra F - ZAntologie, a cura di Umberto Nensi, Venezia, Fondazione Levi, 1998, 8°,pp. 703-1312.

Catalogo del fondo musicale della biblioteca comunale di Treviso, diUmberto Nensi, tomo III: Musica vocale profana, Autori, Antologie,Venezia, Fondazione Levi, 1998, pp. 1313-1714.

L’Anfione dell’Adria. Catalogo tematico di Carlo Grossi, di Licia Sirch,Venezia, Fondazione Levi, 1999, 8°, pp. LX-274, ill.

Trattatistica e letteratura musicale nel Fondo Torrefranca del Conserva-torio Benedetto Marcello di Venezia, di Francesco Passadore e FrancoRossi, Firenze, Olschki, 1999, 8°, pp. XVII-387, ill.

S. Marco: vitalità di una tradizione. Il fondo musicale e la cappella dalSettecento ad oggi, 1: Introduzione e indici. Claudio Madricardo, dall’Ar-chivio di Stato di Venezia: registrazioni e documenti sulla musica a SanMarco, di Francesco Passadore e Franco Rossi, Venezia, Fondazione Levi,1996, 8°, pp. 930, ill.

S. Marco: vitalità di una tradizione. Il fondo musicale e la cappella dalSettecento ad oggi, 2: Manoscritti A-F, di Francesco Passadore e FrancoRossi, Venezia, Fondazione Levi, 1994, 8°, pp. 604.

S. Marco: vitalità di una tradizione. Il fondo musicale e la cappella dalSettecento ad oggi, 3: Manoscritti G-Z. Antologie, di Francesco Passadoree Franco Rossi, Venezia, Fondazione Levi, 1994, 8°, pp. da 611 a 1226.

S. Marco: vitalità di una tradizione. Il fondo musicale e la cappella dalSettecento ad oggi, 4: Libri liturgici, fondo antico, stampe, di FrancescoPassadore e Franco Rossi, Venezia, Fondazione Levi, 1994, 8°, pp. da 1233a 1634.

[per gli ultimi quattro volumi, su San Marco, cfr. “Notiziario bibliografico”,n. 25, 1997, pp. 37-38].

Fondazione Ugo e Olga Levi30124 Venezia - Palazzo Giustinian Lolin - San Marco, 2893 - tel. 041 786777

Corpus delle Collezioni archeologiche del vetro nel Veneto

Vetri antichi del Museo vetrario di Murano, di Giovanna Luisa Ravagnan,Venezia, Comitato Nazionale Italiano dell’Association Internationale pourl’Histoire du Verre, 1994, 8°, pp. 294, ill. (1) [“Notiziario bibliografico”,n. 17, 1994, p. 19].

Vetri antichi del Museo Archeologico Nazionale di Adria, di SimonettaBonomi, Venezia, Comitato Nazionale Italiano dell’AssociationInternationale pour l’Histoire du Verre, 1996, 8°, pp. 252 + XXIV f.t., ill.(2) [“Notiziario bibliografico”, n. 26, 1997, p. 62].

Vetri antichi del Museo Civico Archeologico di Padova, di GirolamoZampieri, Venezia, Comitato Nazionale Italiano dell’AssociationInternationale pour l’Histoire du Verre, 1998, 8°, pp. 278 + XXIV f.t., ill. (3).

Vetri antichi di raccolte concordiesi e polesane, di Annamaria Larese eEnrico Zerbinati, Venezia, Comitato Nazionale Italiano dell’AssociationInternationale pour l’Histoire du Verre, 1998, 8°, pp. 250, ill. (4).

Association Internationale pour l’Histoire du VerreComitato Nazionale Italiano30100 Venezia centro - Casella Postale 524 - fax 041/5274368

Fonti della Cultura Musicale Veneta

Rassegna veneta di studi musicali V-VI, 1989/1990, a cura del Comitato perla pubblicazione di fonti della cultura musicale veneta presso l’Universitàdi Padova e l’Università di Venezia, Venezia, Comitato per la pubblicazio-ne di fonti della cultura musicale veneta, 1992, 8°, pp. 422.

Rassegna veneta di studi musicali VII-VIII, 1991/1992, a cura del Comitatoper la pubblicazione di fonti della cultura musicale veneta presso l’Univer-sità di Padova e l’Università di Venezia, Venezia, Comitato per la pubbli-cazione di fonti della cultura musicale veneta, 1995, 8°, pp. 350.

Frottole - Libro Undecimo, Ottaviano Petrucci, Fossombrone 1514,edizione critica di Francesco Luisi, edizione dei testi poetici a cura diGiovanni Zanovello, Venezia, Comitato per la pubblicazione di fontirelative a testi e monumenti della cultura musicale veneta, 1997, 4°, pp. 284

Comitato per la pubblicazione di fonti relative a testie monumenti della cultura musicale venetac/o Dipartimento di Storia e critica delle Arti - Università Ca’ Foscari di Venezia30123 Venezia - Dorsoduro, 3199 - tel. 041/717868

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Fonti e studi per la storia del Veneto contemporaneo

Politica e organizzazione della Resistenza armata, 1: Atti del Comandomilitare regionale veneto. Carteggi di esponenti azionisti (1943-1944), acura di Anna Maria Preziosi, prefazione di Angelo Ventura, Padova,Istituto Veneto per la storia della Resistenza - Vicenza, Neri Pozza, 1992,8°, pp. 346 [“Notiziario bibliografico”, n. 14, 1993, p. 29].

Politica e organizzazione della Resistenza armata, 2: Atti del Comandomilitare regionale del Veneto (1945), a cura di Chiara Saonara, Padova,Istituto Veneto per la storia della Resistenza - Vicenza, Neri Pozza, 1993,8°, pp. 278 [“Notiziario bibliografico”, n. 16, 1994, pp. 28-29].

Diario 1931-1948, di don Luigi Rondin, a cura di Pierantonio Gios,Padova, Istituto Veneto per la storia della Resistenza - Vicenza, Neri Pozza,1994, 8°, pp. 514 [“Notiziario bibliografico”, n. 19, 1995, p. 24].

Gli industriali di Belluno e la ricostruzione. Atti dell’Archivio dell’Asso-ciazione fra gli Industriali della provincia di Belluno (1945-1953), a curadi Agostino Amantia, Padova, Istituto Veneto per la storia della Resistenza- Vicenza, Neri Pozza, 1996, 8°, pp. 376 [“Notiziario bibliografico”, n. 26,1997, p. 54].

Politica e amministrazione nella Vicenza del dopoguerra. Verbali delComitato di Liberazione Nazionale Provinciale 7 maggio 1945 - 3 luglio1946, a cura di Maria Grazia Maino, Padova, Istituto Veneto per la storiadella Resistenza - Vicenza, Neri Pozza, 1997, 8°, pp. 248 [“Notiziariobibliografico”, n. 31, 1999, p. 53].

L’insurrezione e il partito. Documenti per la storia dei Triumviratiinsurrezionali del Partito comunista e Atti del Triumvirato veneto (giugno1944 - aprile 1945), a cura di Chiara Saonara, Padova, Istituto Veneto perla storia della Resistenza - Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°, pp. 440.

Istituto Veneto per la Storia della Resistenzac/o Università degli Studi di Padova35122 Padova - via VIII Febbraio, 2 - tel. 049 8273331

Neri Pozza Editore36100 Vicenza - Contrà Oratorio dei Servi, 21 - tel. 0444 320787

Fonti per la storia della Sanità

Dalla scienza medica alla pratica dei corpi. Fonti e manoscritti marcianiper la storia della sanità, a cura di Nelli-Elena Vanzan Marchini, Venezia,Centro italiano di storia sanitaria e ospitaliera del Veneto - Vicenza, NeriPozza, 1993, 8°, pp. 192, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 13, 1993, pp. 28-29].

I mali e i rimedi della Serenissima, di Nelli-Elena Vanzan Marchini,Venezia, Centro italiano di storia sanitaria e ospitaliera del Veneto -Vicenza, Neri Pozza, 1995, 8°, pp. 302, ill. [“Notiziario bibliografico”, n.19, 1995, pp. 28-29].

Le leggi di sanità della Repubblica di Venezia. Volume primo, a cura diNelli-Elena Vanzan Marchini, Venezia, Centro italiano di storia sanitariae ospitaliera del Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1995, 8°, pp. 504 [“Noti-ziario bibliografico”, n. 19, 1995, pp. 28-29].

Le leggi di sanità della Repubblica di Venezia. Volume secondo C-M, acura di Nelli-Elena Vanzan Marchini, Venezia, Centro italiano di storiasanitaria e ospitaliera del Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°, pp. 434.

Alle fonti del piacere. La civiltà termale e balneare fra cura e svago, a curadi Nelli-Elena Vanzan Marchini, Milano, Leonardo Arte, 1999, 4°, pp. 186,ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 32, 1999].

Neri Pozza Editore36100 Vicenza - Contrà Oratorio dei Servi, 21 - tel. 0444 320787

Leonardo Arte - Elemond Editori Associati20134 Milano - via Trentacoste, 7 - tel. 02 215631

CISO - Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera del Veneto30122 Venezia - Castello, 5636 - tel. 041 5286368

Fonti per la storia della Terraferma veneta

Il Catastico di S. Giustina di Monselice detto di Ezzelino, a cura di LuigiCaberlin, introduzione di Gèrard Rippe, presentazione della collana:Giorgio Cracco, Padova, Antenore, 1988, 8°, pp. LVI-402 (1).

Il formulario vicentino-padovano di lettere vescovili (sec. XIV), a cura diGilda Mantovani, Padova, Antenore, 1988, 8°, pp. XXXIV-308 (2).

I documenti del Comune di Bassano dal 1259 al 1295, a cura di FrancoScarmoncin, presentazione di Gina Fasoli, Padova, Antenore, 1989, 8°, pp.L-604, 8 tav. (3).

Le carte dei lebbrosi di Verona tra XII e XIII secolo, a cura di AnnamariaRossi Saccomani, introduzione di Giuseppina De Sandre Gasparini, Pado-va, Antenore, 1989, 8°, pp. XL-210, 2 tab., 4 tav. (4).

Cronicae, di Battista Pagliarini, edited by James S. Grubb, Padova,Antenore, 1990, 8°, pp. XXXV-426, 8 tav. (5).

I “Monumenta reliquiarum” di S. Corona di Vicenza, a cura di FrancescaLomastro Tognato, introduzione all’ufficio ritmico di Giulio Cattin, Pado-va, Antenore, 1992, 8°, pp. LXVIII-176, 8 tavv. a colori (6) [“Notiziariobibliografico”, n. 16, 1994, p. 12].

I Sermones de Beata Virgine (1266), di Bartolomeo da Breganze O.P.,introduzione ed edizione critica di Laura Gaffuri, Padova, Antenore, 1993,8°, pp. CLXXXVIII-882, 6 tavv. a colori (7) [“Notiziario bibliografico”, n.19, 1995, p. 26].

Le carte di S. Colombano di Bardolino (1134-1205), a cura di AndreaPiazza, Padova, Antenore, 1994, 8°, pp. LXII-228, 6 tavv. (4 a colori) (8)[“Notiziario bibliografico”, n. 25, 1997, p. 28].

I documenti del processo di Oderzo del 1285, a cura di Dario Canzian, conuna nota giuridica di Isidoro Soffietti, Padova, Antenore, 1995, 8°, pp. LIII-246, 4 tavv. (2 a colori) (9) [“Notiziario bibliografico”, n. 25, 1997, p. 28].

Il Liber feudorum di S. Zeno di Verona (sec. XIII), a cura di FrancoScartozzoni, saggi introduttivi di Gian Maria Varanini, Padova, Antenore,1996, 8°, pp. CVIII-250 (10).

Il “Liber” di S. Agata di Padova (1304), a cura di Giannino Carraro, notadi diplomatica di Gian Giacomo Fissore, Padova, Antenore, 1997, 8°, pp.LXXXV-538, 3 tavv. (2 a colori) (11) [“Notiziario bibliografico”, n. 32,1999].

Gli Acta comunitatis Tarvisii del sec. XIII, a cura di Alfredo Michielin, conuna nota introduttiva di Gian Maria Varanini, Roma, Viella, 1998, 8°, pp.CX-1176, 16 tavv. (12).

Le carte del capitolo della cattedrale di Verona. I (1101-1151), a cura diEmanuela Lanza, saggi introduttivi di Andrea Castagneti e Ezio Barbieri,Roma, Viella, 1998, 8°, pp. LX-320, 4 tavv. (13) [“Notiziario bibliografico”,n. 32, 1999].

Il processo Avogari (Treviso, 1314-1315), a cura di Giampaolo Cagnin,nota introduttiva di Diego Quaglioni, Roma, Viella, 1999, 8°, pp. CXVI-714, 8 tavv. (14) [“Notiziario bibliografico”, n. 32, 1999].

I documenti dell’archivio capitolare di Vicenza (1083-1259), a cura diFranco Scarmoncin, nota introduttiva di Francesca Lomastro e Gian MariaVaranini, Roma, Viella, 1999, 8°, pp. XLVIII-382, 8 tavv. f.t. (15)[“Notiziario bibliografico”, n. 32, 1999].

Si segnalano articoli sull’intera collana di Piergiorgio Tiozzo [“Notiziariobibliografico”, n. 6, pp. 32-33] e di Giorgio Cracco [“Notiziario biblio-grafico” n. 23, pp. 4-5].

Editrice Antenore (dal n. 1 al n. 11)35124 Padova - via Rusca, 15 - tel. 049 686566

Viella Libreria Editrice (dal n. 12)00198 Roma - via delle Alpi, 32 - tel. 06 8417758

Comitato per la pubblicazione delle Fonti relative alla Terraferma venetac/o Dipartimento di Storia - Università degli Studi di Padova35139 Padova - piazza Capitaniato, 3 - tel. 049 8274510

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Fonti per lo studio dei rapporti con le Civiltà dell’Oriente

Il “Canon medicinae” di Avicenna nella tradizione ebraica. Le miniaturedel manoscritto 2197 della Biblioteca Universitaria di Bologna, a cura diGiuliano Tamani, Padova, Editoriale Programma, 1988, 4°, pp. 96, ill. (1)[“Notiziario bibliografico”, n. 2, 1989, p. 6].

Oracula leonis. Tre manoscritti greco-veneziani degli oracoli attribuitiall’imperatore bizantino Leone il saggio (Bodl. Baroc. 170, Marc. Gr. VII22, Marc. Gr. VII 3), di Antonio Rigo, Padova, Editoriale Programma,1988, 4°, pp. 106, ill. (2) [“Notiziario bibliografico”, n. 3, 1989, p. 9].

Novum Testamentum Bosniacum Marcianum, di Simonetta Pelusi, Pado-va, Editoriale Programma, 1991, 4°, pp .406, ill. (3) [“Notiziariobibliografico”, n. 10, 1992, p. 9].

L’India di Nicolò De’ Conti. Un manoscritto del libro IV del De varietatefortunae di Francesco Poggio Bracciolini da Terranova (Marc. 2560), diAlessandro Grossato, Padova, Editoriale Programma, 1994, 4°, pp. 102, ill. (4)

Centro veneto di studi e ricerche sulle civiltà classiche e orientalic/o Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino OrienteUniversità degli Studi di Venezia30125 Venezia - Palazzo Bernardo - San Polo, 1977 - tel. 041 5287992

Studio Editoriale Programma35131 Padova - p.tta Nievo, 5 - tel. 049 8753110

Fonti relative alla storia di Venezia

Codex Publicorum (Codice del Piovego), vol. I, a cura di Bianca LanfranchiStrina, Venezia, Comitato per la pubblicazione delle fonti relative allastoria di Venezia, 1985, 8°, pp. 264.

S. Giorgio Maggiore, 4: Indice, a cura di Luigi Lanfranchi, Venezia,Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia di Venezia,1986, 8°, pp. 284.

Ragioni antique spettanti all’arte del mare et fabriche de vasselli. Mano-scritto nautico del sec. XV, a cura di Giorgetta Bonfiglio Dosio, con studidi P. Van der Merwe, A. Chiggiato, D. Proctor, Venezia, Comitato per lapubblicazione delle fonti relative alla storia di Venezia, 1987, 8°, pp. 268, ill.

SS. Trinità e S. Michele Arcangelo di Brondolo, 3: Documenti 1200-1229e notizie di documenti, a cura di Bianca Lanfranchi Strina, Venezia,Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia di Venezia,1987, 8°, pp. 632.

SS. Trinità e S. Michele Arcangelo di Brondolo, 4: Indice, a cura di BiancaLanfranchi Strina, Venezia, Comitato per la pubblicazione delle fontirelative alla storia di Venezia, 1997, 8°, pp. 308 [“Notiziario bibliografico”,n. 32, 1999].

Ambasciata straordinaria al Sultano d’Egitto (1489-1490), a cura diFranco Rossi, Venezia, Comitato per la pubblicazione delle fonti relativealla storia di Venezia, 1988, 8°, pp. 380.

Benedettini in S. Daniele (1046-1198), a cura di Elisabeth Santschi,Venezia, Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia diVenezia, 1989, 8°, pp. LIV-228 [“Notiziario bibliografico”, n. 13, 1993, p. 22].

Pietro di Versi. Raxion de’ marineri. Taccuino nautico del XV sec., a curadi Annalisa Conterio, Venezia, Comitato per la pubblicazione delle fontirelative alla storia di Venezia, 1991, 8°, pp. LIV-148, ill.

Consiglio dei Dieci. Deliberazioni miste. Registro V (1348-1363), a curadi Ferruccio Zago, Venezia, Comitato per la pubblicazione delle fontirelative alla storia di Venezia, 1993, 8°, pp. XX-346 [“Notiziariobibliografico”, n. 17, 1994, p. 34].

Quaderno di bordo di Giovanni Manzini prete-notaio e cancelliere (1471-1484), a cura di Lucia Greco, Venezia, Comitato per la pubblicazione dellefonti relative alla storia di Venezia, 1997, 8°, pp. VIII-158.

[Si segnala un articolo di Piergiorgio Tiozzo sulla collana in “Notiziariobibliografico” n. 6, p. 31].

Comitato per la pubblicazione delle Fonti relative alla Storia di Veneziac/o Sovrintendenza archivistica per il Veneto30125 Venezia - S. Polo 3002 - tel. 041 5222491

Studi e fonti di storia locale

Archivi e storia locale, Atti della giornata di studio (Este, Gabinetto diLettura, 20 gennaio 1995) , a cura di Lino Scalco e Giorgetta BonfiglioDosio, Vicenza, Associazione veneta per la storia locale, 1996, 8°, pp. 146[“Notiziario bibliografico”, n. 26, 1997, pp. 56-57].

Una donna in guerra. Diario di Isabella Bigontina Sperti 1917-1918, acura di Adriana Lotto, Vicenza, Associazione veneta per la storia locale,1996, 8°, pp. 136, ill. [“Notiziario bibliografico”, n. 26, 1997, p. 57].

Il diario dell’oste. La Raccolta storica cronologica di Valentino Alberti(Verona, 1796-1834), a cura di Maurizio Zangarini, Vicenza, Associazio-ne veneta per la storia locale, 1997, 8°, pp. 504 [“Notiziario bibliografico”,n. 27, 1997, pp. 49-50].

Associazione veneta per la storia localec/o Museo del Risorgimento e della Resistenza36100 Vicenza - via X Giugno, 115 - tel. 0444/322998

Cierre Edizioni37060 Caselle di Sommacampagna (VR) - via Ciro Ferrari, 5 - tel. 045 8581575

3. Cultura popolare venetaL.R. 29 aprile 1985, n. 39

Canzoni da battello (1740-1750), a cura di S. Barcellona e G. Titton,introduzioni di M. Cortelazzo e G. Morelli, Venezia, Regione del Veneto- Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990, 8°, 2 voll. pp. 234-1098(I) [“Notiziario bibliografico”, n. 28, 1998, p 36].

I dialoghi rusticali di Lorenzo Crico, a cura di E. Demattè, Venezia,Regione del Veneto - Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990, 8°,pp. 434 (VII) [“Notiziario bibliografico”, n. 28, 1998, p. 37].

Entomologia popolare veneta. Le denominazioni degli insetti nei dialettiveneti e delle Venezie, a cura di E. Ratti, Venezia, Regione del Veneto -Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990, 8°, pp. 376, ill. (III)[“Notiziario bibliografico”, n. 28, 1998, p. 37].

Il teatro veneto moderno 1870-1970, di Nicola Mangini, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1992, 8°,pp. 496 (V) [“Notiziario bibliografico”, n. 14, 1993, pp. 35-36; n. 28, 1998,p. 37].

Madonne della laguna. Simulacri “da vestire” dei secoli XIV-XIX, a curadi Riccarda Pagnozzato, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Roma,Istituto della Enciclopedia Italiana, 1993, 8°, pp. 382, ill. (II) [“Notiziariobibliografico”, n. 14, 1993, pp. 38-39; n. 28, 1998, p. 37].

Vocabolario del veneziano di Carlo Goldoni, di Gianfranco Folena,Venezia, Giunta regionale del Veneto - Roma, Istituto della Enciclopedia

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Italiana, 1993, 8°, pp. 718, ill. (IV) [“Notiziario bibliografico”, n. 14, 1993,pp. 34-35; n. 28, 1998, p. 38].

Nuova serie

El filò o la veglia di stalla, di Ulderico Bernardi, Venezia, Giunta regionaledel Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1992, 8°, pp. 176 (nuova serie, 1)[“Notiziario bibliografico”, n. 12, 1992, p. 14; n. 28, 1998, p. 38]

La danza a Venezia nel Rinascimento, di Alessandro Pontremoli e PatriziaLa Rocca, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza,1993, 8°, pp. 308 (nuova serie, 2) [“Notiziario bibliografico”, n. 14, 1993,pp. 37-38; n. 28, 1998, p. 38].

Scuole, maestri e istruzione di base tra Medio Evo e Rinascimento. Il casoveneziano, di Gherardo Ortalli, Venezia, Giunta regionale del veneto -Vicenza, Neri Pozza, 1993, 8°, pp. 152 (nuova serie, 3*) [“Notiziariobibliografico”, n. 17, 1994, p. 25; n. 28, 1998, pp. 38-39].

Maestri, scuole e scolari in Venezia fino al 1500, di Enrico Bertanza eGiuseppe Dalla Santa, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza,Neri Pozza, 1993, ristampa anastatica Venezia 1907, 8°, pp. 420 (nuovaserie, 3**) [“Notiziario bibliografico”, n. 17, 1994, p. 25; n. 28, 1998,p. 39].

Quaderni bibliografici I. Medicina popolare, danza popolare, canti popo-lari, ex-voto, a cura di Ulderico Bernardi, Manlio Cortelazzo e GiorgioPadoan, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza,1994, 8°, pp. 96 (nuova serie, 4) [“Notiziario bibliografico”, n. 17, 1994,p. 7; n. 28, 1998, p. 39].

A catar fortuna. Storie venete d’Australia e del Brasile, di UldericoBernardi, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza Neri Pozza,1994, 8°, pp. 356 (nuova serie, 5) [“Notiziario bibliografico”, n. 17, 1994,p. 28; n. 28, 1998, p. 39].

Le stampe popolari dei Remondini, di Carlo Alberto Zotti Minici, Venezia,Giunta regionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1994, 8°, pp. XXIII-702, ill. (nuova serie, 6) [“Notiziario bibliografico”, n. 19, 1995, p. 35; n.28, 1998, pp. 39-40].

Quel che ghe vol. Le canzoni del Redentore (1866-1935), a cura di RiccardoCarnesecchi, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza,1995, 8°, pp. 210 (nuova serie, 7) [“Notiziario bibliografico”, n. 28, 1998, p. 40].

Le dieci tavole dei proverbi, a cura di Manlio Cortelazzo, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1995, 8°, pp. 174, ill. (nuovaserie, 8) [“Notiziario bibliografico”, n. 25, 1997, p. 20; n. 28, 1998, p. 40].

Vocabolario polesano, di Giovanni Beggio, Venezia, Giunta regionale delVeneto - Vicenza, Neri Pozza, 1995, 8°, pp. XIII-562 (nuova serie, 9)[“Notiziario bibliografico”, n. 28, 1998, p. 40].

Sussidiario di cultura veneta, a cura di Manlio Cortelazzo e TizianaAgostini, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza,1996, 8°, pp. XII-392 (nuova serie, 10) [“Notiziario bibliografico”, n. 25,1997, p. 20; n. 28, 1998, p. 40-41].

Quaderni bibliografici II, a cura di Ulderico Bernardi, Manlio Cortelazzoe Giorgio Padoan - Bibliografia istriana di Flavia Ursini, Venezia, Giuntaregionale del Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1997, 8°, pp. 136 (nuova serie11) [“Notiziario bibliografico”, n. 28, 1998, p. 41].

Quaderni bibliografici III, a cura di Ulderico Bernardi, Manlio Cortelazzoe Giorgio Padoan - 1 Superstizioni e stregoneria di E. Guardalben, 2Proverbi, modi di dire, blasoni popolari di F. Rizzi, 3 Architetturapopolare di C. Alpago-Novello, Venezia, Giunta regionale del Veneto -Vicenza, Neri Pozza, 1997, 8°, pp. 176 (nuova serie, 12) [“Notiziariobibliografico”, n. 28, 1998, p. 41].

Castellavazzo. Un paese di pietra, la pietra di un paese, a cura di AdrianoAlpago-Novello, Venezia, Giunta regionale del Veneto - Vicenza, NeriPozza, 1997, 8°, pp. 252, ill. (nuova serie, 13) [“Notiziario bibliografico”,n. 28, 1998, p. 41].

Processioni e feste dogali. “Venetia est mundus”, di Lina Urban, presen-tazione di Antonio Niero, Venezia, Regione del Veneto - Vicenza, NeriPozza, 1998, 8°, pp. 270 (nuova serie, 14) [“Notiziario bibliografico”, n.31, 1999, p. 56].

Scartafaccio d’agricoltura. Manoscritto di un contadino di Spinè diOderzo (1805-1810), a cura di Luciano Morbiato, Venezia, Regione delVeneto - Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°, pp. 204 (nuova serie, 15)[“Notiziario bibliografico”, n. 31, 1999, p. 56].

Centodieci ricordi che formano il buon fattor di villa, di AgostinettiGiacomo, a cura di Ulderico Bernardi e Enzo Demattè, Venezia, Regionedel Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1998, 8°, pp. 454 (nuova serie, 16)[“Notiziario bibliografico”, n. 31, 1999, p. 57].

La fienagione nelle Prealpi venete, di Giuseppe Grava e Giovanni Tomasi,Venezia, Regione del Veneto - Vicenza, Neri Pozza, 1999, 8°, pp. 156, ill.(nuova serie, 17) [“Notiziario bibliografico”, n. 31, 1999, p. 57].

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FONDI ANTICHINELLE BIBLIOTECHEDELLA REGIONEUn’indagine promossadalla nostra rivista

Marino ZorziDirettore della Biblioteca Nazionale Marciana

In età romana il Veneto era certamente ricco di manoscritti: finoal II o III secolo in forma di volumina, o rotoli di papiro, poi di codiciin pergamena, simili nell’aspetto ai libri di oggi. Le città romane diqualche importanza – e la X Regio, Venetia et Histria ne contavamolte – andavano orgogliose di templi, teatri, terme e biblioteche;spesso gli stessi bagni pubblici, luogo di riposo e di vita associativa,erano dotati di libri a disposizione di chi vi si recava a ricreare ilcorpo e lo spirito. I cittadini più eminenti facevano a gara per dotarei loro municipia di tutto ciò che poteva rendere la città più bella ela vita più ricca e comoda, e non mancavano certo nelle Veneziefacoltosi benefattori. Molti poi nel ceto decurionale (l’aristocraziaprovinciale) tenevano, con ogni probabilità, ampie librerie nelleloro dimore, spesso sontuose, come le ville di Altino che Marzialediceva emule di quelle di Baia.

Poi le guerre intestine e le invasioni decimarono quei patrimonipreziosi; con Attila disparve Aquileia, la guerra greco-goticadevastò l’Italia intera, l’avvento dei Longobardi completò la di-struzione della società antica. Di quella grande civiltà ben pocorimase, in special modo per quel che riguarda il libro: solo unabiblioteca sopravvive, ed è quasi un miracolo, la Capitolare diVerona, il cui nucleo più antico risale al VI secolo ed è ancor oggiconservato, se non nello stesso edificio, almeno nello stesso luogo,con una continuità che non trova altri riscontri. Isole di sapere nelgenerale imbarbarimento erano appunto le biblioteche religiose:quelle delle cattedrali, divenute sede di insegnamento superiorenell’ordinamento carolingio, e quelle dei monasteri. Di questi ilVeneto era assai ricco: per lo più conservavano libri per il culto, maqualche autore classico vi era ammesso perché ritenuto utile allaformazione dei chierici, o perché salvato da qualche dotto sensibileal fascino della cultura antica.

Cessate definitivamente le scorrerie barbariche grazie alla vitto-ria di Ottone sugli Ungheri, autori di terribili devastazioni anchenella nostra regione, l’Occidente tutto, e con esso il Veneto, andòvia via rifiorendo. Con la crescente ricchezza aumentano anche lebiblioteche: quelle dei monasteri, cui si aggiungono, a partire dalDuecento, quelle degli ordini mendicanti e le raccolte dei privati.Di queste non si hanno molte notizie sino al tardo Medio Evo, macerto esistevano. Nel secolo XII doveva avere libri a disposizioneGiacomo Veneto, se traduceva per primo Aristotele dal greco, enon poche letture mostra di avere il suo amico Cerbano, nella suavivace narrazione della traslazione del corpo di S. Isidoro di Chio.

Nel Trecento le biblioteche più importanti sono quelle deiDomenicani e dei Francescani: create a beneficio dei frati, per

renderli atti alla predicazione e all’apostolato, vengono assai piùusate di quelle benedettine, divenendo fattore di sviluppo intellet-tuale per l’intera società. Con la loro tipica forma, una grande salacon i banchi, carichi di manoscritti, disposti in due file, esse sonoil modello di tutte le biblioteche successive. Il Veneto abbonda ditali biblioteche: a Padova alla fine del Trecento i Domenicaniavevano circa 200 codici, oltre 400 i Francescani, forse ancora dipiù gli Eremitani.

In quegli stessi anni il Petrarca dava l’avvio alla rivoluzioneumanistica: preceduto peraltro proprio in terra veneta da queigiuristi-preumanisti che mostrano una sorprendente conoscenza diopere classiche altrove ignorate. Lovato Lovati, Geremia daMontagnone, Benvenuto Campesano leggevano Catullo, graziealla miracolosa sopravvivenza della biblioteca veronese, che neconservava allora una copia poi perduta; Giovanni de Matociissapeva distinguere Plinio il Vecchio dal Giovane basandosi su unPlinio di Verona, anch’esso più tardi scomparso. Sarà il Quattro-cento a vedere il trionfo dell’umanesimo nelle terre venete, grazieanche all’adesione ad esso del patriziato veneziano: con esso illibro si diffonde ancor di più, accanto alle biblioteche religiosesorgono grandi raccolte private, come quelle dei Barbaro e diGiorgio Valla.

Nei secoli successivi l’accumulazione dei libri, manoscritti e poia stampa, continua e si accresce. Se nel Quattrocento possedere uncentinaio di libri è privilegio di pochi, nel Cinquecento non pocheraccolte raggiungono il migliaio di volumi (il Sanudo ne ha almeno6.500), 2/3.000 volumi sono frequenti nel Seicento. Nel Settecen-to, nel campo del libro, il Veneto giunge al suo apogeo; esso appareil paradiso dei dotti. Lo dice, riferendosi in particolare a Venezia,l’erudito spagnolo Juan Andrés. Le città rigurgitano di libri: la paceplurisecolare ne ha favorito la conservazione, la fiorente industriatipografica li ha moltiplicati, la diffusa ricchezza ne ha consentitol’acquisto a numerosi cittadini, non solo ai nobili e ai maggiorenti,ma anche a mercanti, professionisti, funzionari, studiosi. Nella solaVenezia vi erano almeno 27 biblioteche religiose importanti, di cuiuna superava i 40.000 volumi, un’altra i 30.000, un’altra ancora i20.000: le maggiori di tali raccolte erano aperte al pubblico, comeavveniva anche altrove (a Padova la biblioteca di S. FrancescoGrande, ad esempio, era aperta due giorni fissi alla settimana).

Facile l’accesso anche alle biblioteche patrizie; alcune eranoaddirittura aperte a giorni e ore fisse, come quelle Pisani, Soranzo,Grimani; i libri, ben ordinati e catalogati da competenti biblioteca-ri, ammontavano a parecchie migliaia (4.000 manoscritti e 20.000opere a stampa contava, ad esempio, la raccolta Soranzo). Inoltreil mecenatismo privato arricchiva di molto le due grandi bibliote-che pubbliche, quella di S. Marco a Venezia e quella di Padova, one creava di nuove come la Bertoliana a Vicenza, dovuta al giuristaG.M. Bertolo, o la Queriniana a Brescia, nata per le provvidenzedell’eruditissimo cardinale Angelo Maria Querini.

Ma si avvicinava ormai la fine dell’Antico Regime. In nomedella libertà i commissari francesi al seguito delle armate rivoluzio-narie organizzano il saccheggio sistematico più imponente dellastoria: ne sono vittime gli Olandesi al pari dei Tedeschi, gli Italianial pari dei Belgi. Tutta l’Europa viene svenata per saziare la sete didenaro, ricchezze, opere d’arte del Direttorio, dei suoi accoliti, deisuoi eserciti. Le prime vittime della grande rapina sono gli ordinireligiosi, ma anche i privati cittadini pagano pesanti tributi: si pensialle confische subite dai Veronesi dopo le tragiche Pasque, o alladevastazione della Val Sabbia, colpevole di una delle prime “insor-genze” contro il non richiesto liberatore. Anche i libri fanno parte

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della preda: oltre ai 500 codici la cui consegna era prevista daltrattato di pace imposto alla Repubblica da Napoleone, nel ’97 lesole biblioteche monastiche veneziane furono derubate di variemigliaia di libri, codici e incisioni preziose, a beneficio dellebiblioteche pubbliche di Francia e di molte raccolte private, deiFrancesi e dei loro simpatizzanti.

La cessione del Veneto all’Austria salvò per il momento leistituzioni religiose venete dalla totale distruzione: non così perquelle rimaste sotto il dominio francese nella Lombardia Veneta,in cui le soppressioni furono immediate e massicce. Ma con iltrattato di Presburgo Napoleone ritorna, e per le biblioteche religio-se è la fine: tra il 1806 e il 1812 molte chiese e tutti gli ordinimonastici vengono soppressi. Mentre il patriziato impoverito svendei propri beni e le proprie raccolte anche librarie, si rovesciano sulmercato e spariscono spesso nel nulla, invendute e gettate almacero, le biblioteche degli enti religiosi, che il governo confiscae vende a vil prezzo, salvo i pezzi ritenuti di maggior pregio, chevengono destinati a biblioteche pubbliche, spesso fuori del Veneto,a scuole, accademie e altri enti.

La distruzione di edifici, opere d’arte, e anche di libri è imponen-te: si dissolvono raccolte secolari, molti pezzi spariscono, mano-scritti sacri vengono smembrati per cavarne le miniature, archivi sidisperdono irreparabilmente. Il panorama del mondo librario mutaradicalmente: sparite le biblioteche monastiche, venute menomolte delle raccolte nobiliari, le biblioteche dello Stato e delComune assumono un’importanza preponderante. Qualche biblio-teca religiosa tuttavia sopravvive: quelle dei seminari e quelle dellecattedrali. Gli ordini religiosi cercheranno sotto la dominazioneaustriaca di formarsi nuove raccolte librarie, e sarà incredibilmentel’Italia unita a distruggerle nuovamente, con le leggi Siccardi, nel1867. Abrogate le quali con il Concordato, molti enti religiosiriusciranno a ricostruire un’altra volta dei fondi librari: poca cosarispetto all’antica ricchezza, ma pur sempre raccolte interessanti.

Il mondo librario veneto appare dunque, dopo i rivolgimenti delprimo Ottocento, molto semplificato nelle strutture rispetto all’an-tico e gravemente impoverito. Eppure tanta era la ricchezza che ilVeneto aveva accumulato anche in questo campo che, nonostantele distruzioni, i furti, le dispersioni, vi rimasero, e vi rimangonoancor oggi, importanti fondi antichi. Sono famosi quelli delleantiche Pubbliche Librerie dello Stato veneziano, la Marciana el’Universitaria patavina, ancor oggi fiorenti; ma non meno degni dinota quelli delle biblioteche civiche delle città maggiori, alcunesorte nel Settecento, come quelle di Vicenza e Verona, altre piùrecenti, come quelle di Bassano, Belluno, Padova, Treviso, tuttearricchite con fondi di provenienza monastica e conventuale.Conservano importanti raccolte i seminari vescovili di Padova (lacui biblioteca fu fondata nel 1671 dal cardinale Gregorio Barbarigo,futuro santo), Treviso, Venezia, Verona, al pari dei capitoli dellechiese cattedrali: di Verona, la cui veneranda origine si è sopraricordata, di Padova, arricchita dai lasciti di Jacopo Zeno e di altrivescovi patrizi, di Rovigo, di Vicenza, di Treviso; seminari ecapitoli furono infatti risparmiati, come si è detto, dalla scurenapoleonica. Né sono da trascurare le raccolte delle associazionidotte: dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, dell’AccademiaGalileiana di Scienze, Lettere ed Arti in Padova, dell’Accademia diAgricoltura e dell’Accademia Filarmonica di Verona, dell’IstitutoVeneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia. Alla lungimiranzadi due patrizi veneziani, Teodoro Correr e Giovanni Querini, sideve la creazione, nell’Ottocento, del Civico Museo Correr e dellaFondazione Querini-Stampalia di Venezia, istituzioni di vitale

importanza per la cultura veneta, fornite entrambe di cospicuebiblioteche. Un mecenate contemporaneo, Vittorio Cini, ha datovita alla splendida Fondazione che porta il nome del figlio Giorgio,dotata anche di una biblioteca ricca di rare edizioni figurate.Sussiste ancora, a Belluno, la Biblioteca Lolliniana, sorta nelQuattrocento grazie a Dionisio Doglioni e di molto aumentata nelSeicento con il lascito dell’erudito patrizio Alvise Lolin, beneficovescovo di quella città; ad essa è unita la biblioteca del seminario(o Gregoriana).

Sono ancor oggi degne di nota le biblioteche degli ordini religio-si. Due eccellono, la Biblioteca Antoniana di Padova, ricca dipreziosi manoscritti, e quella dei Mechitaristi di S. Lazzaro aVenezia, salvatisi dalla soppressione napoleonica dichiarandosi,ironia della storia, sudditi del sultano turco. Ma anche le altre, purdi origine recente per le ragioni sopra accennate, possono riservaresorprese: nella biblioteca di S. Michele di Murano, ora francescana,Angela Nuovo ha rinvenuto l’unica copia superstite del Coranostampato nel 1538 da Alessandro Paganino, edizione della cuiesistenza si dubitava addirittura; i Benedettini di Praglia sonoriusciti a salvare parte dei volumi che possedevano prima dellasoppressione del 1867 (non però, purtroppo, quelli assai più impor-tanti che avevano prima di Napoleone); in molte altre bibliotechereligiose sono confluite, per doni o lasciti, opere preziose.

La Regione del Veneto ha promosso la catalogazione dei fondidi tali biblioteche, con positivi risultati, ed ha altresì varato unprogetto di censimento e catalogazione dei codici conservati nelVeneto, il cui primo eccellente frutto è stato il volume dedicato aI manoscritti della Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova,uscito nel 1998.

Mentre tale valida campagna continua, la nostra rivista haritenuto di promuovere la pubblicazione di una serie di articoli attia far conoscere i fondi antichi conservati nella regione. Gli autorinon possono essere che i conservatori di tali fondi, che meglio dichiunque altro ne conoscono il pregio. Queste nostre righeintroduttive vogliono essere un appello ai direttori e ai bibliotecaridi tutto il Veneto, ai quali chiediamo di contribuire all’iniziativacon i loro lavori, volti a informare sinteticamente gli studiosi circale opere antiche da essi custodite, le modalità di accesso, i serviziofferti e le altre caratteristiche delle loro istituzioni che essiritengono utile rendere note.

Dal censimento delle biblioteche del Veneto curato dalla Regio-ne insieme al Ministero per i Beni Culturali, i cui risultati sono statidati alle stampe nei tre volumi del Catalogo delle biblioteched’Italia. Veneto (Roma 1997), appaiono esistenti 904 bibliotechedei tipi più diversi. Certo non tutte possiedono libri antichi: mamolte conservano un patrimonio antico talvolta imponente chemerita di essere conosciuto e studiato ancor più di quanto già si siafatto.

A questa finalità risponde l’iniziativa a cui oggi diamo avvio,augurandoci una positiva accoglienza da parte del mondo del libro.

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GLI ARCHIVI PARROCCHIALIVENEZIANIFrancesca Cavazzana Romanelli

L’arca della salvezza

L’immagine dell’Arca di Noè, che connota attraverso l’ingenuae ammiccante raffigurazione di un’incisione quattrocentescal’oramai decennale progetto ARCA per l’inventariazione degliarchivi ecclesiastici veneziani, rinvia con l’immediatezza del suosimbolismo biblico ad una delle componenti più rilevanti dell’interoprogetto, presente con evidenza fin dal suo avvio nello scorciodegli anni ’80. Anche a proposito dei fondi archivistici della Chiesadi Venezia ha avuto luogo infatti in questi anni, ed è tuttorapienamente in corso, un evento a suo modo di storia di salvezza:ove la salvaguardia fisica – nella città lagunare non solo meta-foricamente dalle acque – si è unita al censimento e alla progressivainventariazione analitica della preziosa documentazione, alcondizionamento e talora al restauro, alla creazione delle piùagevoli condizioni di consultabilità delle carte per la ricerca, al lorostudio dal punto di vista propriamente archivistico1, allavalorizzazione di tale patrimonio attraverso attività culturali,scientifiche, espositive e didattiche2.

Si è avuto occasione per il passato di presentare in varie sedi e inquesta stessa rivista storia, vicende, configurazione e consistenzadegli archivi della Curia veneziana, unitamente a quelli di altreistituzioni ecclesiastiche a livello diocesano emersi con una propriaspecifica identità nel corso dei lavori di ordinamento – e come iprimi conservati presso l’Archivio Storico del Patriarcato di Veneziaa Sant’Apollonia – quali i fondi degli antichi episcopati lagunari diTorcello, di Caorle e del patriarcato di Grado, le carte del Primiceriomarciano, l’archivio oggi unitario dei due capitoli canonicali di SanPietro di Castello e di San Marco3. Da ultimo si va in aggiunta pro-filando il recupero e la conseguente valorizzazione delle carte delSeminario patriarcale e di altri importanti fondi ad esso aggregati,nell’ex convento dei Somaschi alla Salute4. E sempre pressol’Archivio Patriarcale sono consultabili, e in progressivo incrementoquanto a sopravvenire di depositi e doni, fondi di associazionidevozionali e confessionali – in primis il grande archivio dell’AzioneCattolica Diocesana5 – o di società di mutuo soccorso6, così come carteed epistolari specie contemporanei di singoli ecclesiastici o di laici.

Un quadro dunque indubbiamente composito. Tuttavia il settoredi attività archivistica che in questi ultimi anni ci pare rappresentila più interessante frontiera avanzata sul piano non solo della tutela,ma pure su quello del recupero di fonti per la ricerca in precedenzasolo difficilmente disponibili – e che, corrispettivamente, sta piùintensamente impegnando gli operatori coinvolti nel progetto,presso l’Archivio patriarcale – è sicuramente il grande e articolatosistema degli archivi parrocchiali della diocesi.

È noto come la documentazione parrocchiale, specie quellaattinente ai “quinque libri” dei battesimi, delle cresime, dei ma-trimoni, dei morti e degli ‘stati delle anime’ sia stata da tempo

individuata dalla storiografia demografica e sociale quale complessodi fonti di riconosciuta importanza per la ricerca, solo parzialmenteutilizzato anche perché sovente fortemente decentrato e diproblematica consultabilità7.

Ma l’interesse verso tali fonti non è solo limitato alla loroutilizzabilità storiografica. Esse presentano infatti, pure dal puntodi vista del lavoro archivistico, risvolti di problematicità e diinteresse particolari, sia per quanto riguarda la delineazione delcomplesso dei fondi parrocchiali nel più vasto insieme degli archiviecclesiastici diocesani – nei confronti dei quali sono ricorrenti gliechi e i richiami: ma non poche risonanze, come si farà cenno piùoltre, vanno aprendosi pure verso le carte di varie epochedell’Amministrazione pubblica statuale o civica, nonché versol’intero assieme dei beni culturali del territorio – sia per quantoattiene più in particolare alle problematiche squisitamentearchivistiche delle modalità di rappresentazione della struttura deifondi, del loro articolarsi in una imprevedibile pluralità di sottofondiaggregati e annessi sovente tra loro stessi commisti, del loroscandirsi in serie e sottoserie dalla fisionomia talora ricorrente etalaltra inedita. La possibilità di sottoporre a studio e ad analisitipologie archivistiche in qualche modo parallele come quelle degliarchivi parrocchiali, rilevandone affinità e varianti, “pieni” e“vuoti” nella struttura, confrontando il tenore diplomatico dimateriali affini o verificando differenti soluzioni descrittive odifformi caratteristiche per analoghe sedimentazioni documentarie:tutto questo rappresenta di per se stesso un laboratorio di eccezionaleinteresse. Un interesse a questo punto non solo archivistico, mapure e più ampiamente di storia culturale e istituzionale, che perquanto riguarda l’area veneziana si va da qualche tempo allargandoa non poche altre diocesi della Provincia Ecclesiastica Venetacoinvolte dal recente progetto di censimento e inventariazionearchivistica “Ecclesiae Venetae” 8.

L’archivio diocesano diffuso

Un cenno innanzitutto al contesto istituzionale e organizzativoentro il quale ha potuto essere avviato ed è tuttora operativo il pianodi censimento e inventariazione degli archivi parrocchialinell’ambito del progetto ARCA. Esso si è sviluppato infatti grazieal confluire di più volontà e risorse. Innanzitutto la disponibiltà el’interesse dei detentori degli archivi stessi: la Chiesa veneziana inprimis e in particolare quei parroci, non pochi dei quali da sempreconsapevoli del valore delle antiche carte conservate presso le lorochiese, che hanno accolto di buon grado la proposta della direzionedell’Archivio patriarcale di dotare i loro fondi archivistici distrumenti conoscitivi scientificamente adeguati, nell’ambito di unorganico piano di rilevazione a dimensione diocesana9.

Anche gli archivi parrocchiali hanno d’altra parte risentito delpiù generale dibattito e delle molteplici iniziative che hannoinvestito la diocesi di Venezia a proposito dei beni culturaliecclesiastici: evidente fin da subito dunque la sintonia implicita intale situazione con alcune delle tematiche cui ha dato voce la letterasu “La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici” della Pontificiacommissione per i beni culturali della Chiesa del 1997 – a tutt’oggiuno dei testi di maggiore afflato sull’importanza degli archiviecclesiastici –, così come con il “Regolamento degli archiviecclesiastici italiani” approvato dalla Conferenza Episcopale Italiananel 1995 sul testo predisposto dall’Associazione ArchivisticaEcclesiastica e fatto proprio con alcune sottolineature dalla Diocesidi Venezia nel 1996.

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Colta con tempestività lavalenza non solo scientifica,ma pure di riscontro e di tuteladell’archivio stesso fornitadall’inventario, che forse perla prima volta identificava inmodo puntuale e dettagliatol’insieme delle carte parroc-chiali, alcune comunità par-rocchiali hanno provveduto,in concomitanza con i lavoridi inventariazione, ad allestireappositi ambienti attrezzati perla conservazione e la consul-tazione dei loro archivi riordi-nati. Altri, e non sono pochi,hanno fatto seguire al com-pletamento dell’inventario larichiesta di deposito del fondoall’Archivio patriarcale, cui attribuire pure la non infrequente ge-stione della consultazione per corrispondenza o la richiesta di copie10.

L’esperienza veneziana si caratterizza infatti, a questo proposito,per la consapevole adozione di un modello misto e graduale, inrapporto alle alternative altrove sperimentate di permanenza deifondi nelle sedi parrocchiali o di una loro concentrazione pressol’Archivio diocesano. Giocano a favore di tale scelta il rispetto piùassoluto dell’autonoma progettualità delle parrocchie, unavalutazione ampiamente pragmatica delle variabili situazioni diconservazione e consultabilità, e non ultimo un sostanzialericonoscimento del primato dell’unitarietà dei beni culturali nellatradizione vivente – liturgica, devozionale, estetico-emozionale –di ogni comunità religiosa, attenta e adusa a cogliere ogni purflebile eco fra l’edificio della chiesa, i suoi altari e i suoi arredimarmorei e lignei, i quadri e le statue, i paramenti e i libri liturgici,e – perché no – i suoi archivi: questi ultimi in qualche caso ancoraconservati entro antichi armadi dai riparti appositamente connotaticon i nomi delle serie archivistiche11.

A fronte di tale varietà di situazioni e di sedi di conservazione –le parrocchie certamente, ma entro ad esse, a fianco delle chiese, lostudio del parroco o la sacrestia o la canonica, e ancora quegli spaziadiacenti dalla configurazione talora irregolare, stretti fra campanile,oratorio, corticelle e antiche sepolture, cappelle e sedi di con-fraternite, uffici già di ottocentesche fabbricerie, stanze del patronato,degli scouts, della dottrina cristiana o del teatro: ma quante carted’archivio ritrovate nei banconi dei paramenti, o sotto le panchedegli inginocchiatoi, o entro armadi in felice promiscuità convasellame liturgico, lanterne e stendardi per processioni, dietro glisportelletti dell’organo nel suo stretto ballatoio, o infine su malfermescaffalature su per i primi tornanti della scala di un campanilecinquecentesco –; a fronte di tale varietà, si diceva, fa riscontro unaforte unitarietà del sistema informativo degli inventari informatizzatidel progetto ARCA, disponibili non solo nelle singole sediparrocchiali ma pure, in forma di cumulativa banca dati o di singoliinventari cartacei, presso l’Archivio patriarcale.

Va segnalata infine come peculiare dell’esperienza veneziana infatto di archivi parrocchiali l’adozione, nel quadro dei progettidella Conferenza Episcopale Italiana per i beni culturali ecclesiastici,di un servizio di assistenza alla consultazione degli archivi conservatipresso le parrocchie denominato “Archivio diocesano diffuso”.Operatori dell’Archivio patriarcale provvedono infatti, se richiesti

e concordando modalità e date delle sedute, a recarsi con glistudiosi presso le parrocchie, sollevando i parroci che lo desiderinoda oneri di sorveglianza o di assistenza alla ricerca, e provvedendocontestualmente all’implementazione e alla revisione della bancadati degli archivi parrocchiali.

Se poi va ricordato come gran parte dell’inventariazione degliarchivi parrocchiali sia stata sostenuta, fin dall’avvio del progettoARCA, dal determinante apporto della Direzione regionale culturae informazione – Servizio beni librari e archivistici (già Centroregionale di documentazione dei beni culturali e ambientali delVeneto) –, va parimenti messo in evidenza come, specie negliultimi anni e in concomitanza con il venir meno del sostegnoregionale, abbiano contribuito direttamente al progredire del lavorodi inventariazione la stessa Curia patriarcale, il Ministero per i benie le attività culturali tramite l’Ufficio centrale per i beni archivisticied il Save Venice Inc. di New York nel quadro del programmaUNESCO-Comitati privati per Venezia. Interessante infinequest’ultimo coinvolgimento, perché vede nuovamente propostoed accolto, in dimensione di tutela e restauro, quell’approcciointegrato ai beni culturali cui si faceva più sopra cenno: l’archiviodi una parrocchia – bene culturale esso stesso – può rivelarsi infattistrumento conoscitivo preliminare ad ogni eventuale operazione direstauro di manufatti architettonici e artistici compresi nella chiesastessa, documentandone la storia o precedenti interventi di tutela.

Il sistema degli archivi parrocchiali

Ma veniamo alla presentazione degli aspetti più specificamentearchivistici del lavoro di ricognizione dei fondi delle parrocchieveneziane. Il vivace dibattito aperto nella comunità archivisticanazionale e internazionale sulle modalità di descrizione degliarchivi come strutture articolate e tridimensionali, sull’analisi delleprocedure più pertinenti per affrontare casistiche complesse esull’applicazione di condivisi standard descrittivi ha accompagnatoe tuttora accompagna come un riferimento costante l’attività dicensimento e di inventariazione degli archivi parrocchiali veneziani.Va innanzitutto sottolineato l’orizzonte del sistema informativogenerale in cui il progetto si struttura riguardante, come si èaccennato più sopra, l’intero settore degli archivi storici dellaChiesa veneziana. In questoquadro, e pur nello sviluppodi un piano di lavoro cheprivilegi priorità di impegno aseconda di particolari esigenzedi tutela dei fondi o di esplicitesollecitazioni di studiosi o deiparroci stessi, il progetto pre-vede il censimento e l’inven-tariazione di tutti gli archividelle parrocchie di anticafondazione della diocesi(escludendo per ora le par-rocchie di fondazione nove-centesca), per un totale di 57sedi parrocchiali, di cui 31nella città insulare, 7 nelleisole (vicariati del Lido edell’Estuario con Murano,Burano, Mazzorbo, Torcello),19 nella terraferma (vicariati

Dall’Archivio di S. Raffaele Arcangelo:Mariegola o Matricola della Scuola del

Santissimo Sacramento, sec. XVI, miniatura.

Dall’Archivio della Parrocchia di S. Samuele:Matricula sive constititiones subsidii sacerdotum

saecularium in ecclesia parochiali et collegiataS. Samuelis... sub Aloisii Sagredo patriarcha

Venetiarum Dalmatieque primatis,1680, con seguiti al 1802.

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di Mestre, Carpenedo, Favaro-Altino, Castellana, Gambara-re, Jesolo, Eraclea e Caorle)12.Ma ben di più di 57 saranno,alla fine del lavoro, i fondicensiti e descritti13.Ad ogni parrocchia infatti si èriscontrato corrispondere nonun solo fondo archivistico, mauna pluralità inattesa e ini-zialmente imprevista di archiviaggregati e annessi a quelloprincipale della parrocchiastessa. Se tale fenomeno dilievitazione nella quantità deifondi è infatti ricorrente nelleprocedure di individuazione,in avvio del lavoro di inventa-riazione, di quelli che gli ar-chivisti chiamano con espres-sione di linguaggio tecnico“enti produttori d’archivio”,per gli archivi parrocchiali eper quelli veneziani in parti-

colare si è potuto assistere ad una vera e propria esplosione di fondiminori, che si affiancano o addirittura si uniscono, con modalità diintegrazione o inclusione diverse, a quello principale: non uno, mapiù archivi di diverse parrocchie, archivi di fabbricerie distinti daquelli della parrocchia presso cui erano state istituite, e ognuno diessi sovente portatore a sua volta di altri fondi di diversa consistenzaspettanti a confraternite, associazioni, movimenti, scuole, societàdi mutuo soccorso. Ogni archivio parrocchiale dunque, lungi dalraffigurare quel rapporto di rispecchiamento fedele che unainveterata e pur autorevole tradizione dottrinale ci ha abituato aleggere – uno a uno – fra le carte e le figure istituzionali che le hannoprodotte, si apre nella pluralità e nella problematicità descrittiva difigure di rapporti molti a molti, in sedimentazioni documentarienon lineari ma a grappolo, ove a fianco (o talora addirittura entro)un fondo ne gemmano altri, e su questi altri ancora.

Assai stimolante appare dunque, quantomeno sul fronte delreperimento e della segnalazione delle fonti per la ricerca storica,il comparire inatteso di una tale ricchezza documentaria. Ma allastoria ricorriamo anche per ripercorrere a ritroso le ragioni di taliaddensamenti di carte e delle differenti modalità del loro aggregarsi.

Una storia, quella delle parrocchie veneziane, rivisitata giusto inavvio del progetto ARCA in un saggio appositamente elaborato dadon Bruno Bertoli, storico della chiesa e felicemente oggi puredirettore dell’Archivio patriarcale14. Fra gli elementi più vistosi ditali vicende, per gran parte comuni a quelle più generali della storiadell’istituto parrocchiale, sta la forte incidenza della presenzalaicale nelle chiese parrocchiali veneziane: comprovata innanzituttodal permanere a lungo della figura del giuspatronato laicale, che siconcretava tra l’altro nel diritto di presentazione al patriarca delleproposte per la titolarità del beneficio; ma pure manifestata, qualecorrispettivo indice di forte radicamento della parrocchia neltessuto sociale circostante, dai documentati legami di committenzaarchitettonica e artistica, e dal fiorire di numerosissime iniziativelaicali, specie a carattere associativo, di tipo devozionale, cultuale,di carità e di assistenza. Pure dagli archivi, dal raccogliersi attornoal fondo vero e proprio della parrocchia di un numero variabile ma

comunque rilevante di archivietti minori da tali realtà prodotti epresso la chiesa parrocchiale tuttora conservati15, emerge dunquevistosamente la centralità della parrocchia quale riferimento ancheterritoriale di tale variegato mondo laicale, dalla fisionomia e dallaspiritualità mutevoli nel tempo – si pensi ad esempio all’asso-ciazionismo devoto otto-novecentesco o ai movimenti cattolici chepresero il posto delle tradizionali confraternite, ben presenti anchea dimensione parrocchiale fin nelle loro varianti di società operaieo di casse di mutuo soccorso confessionali16 – ma connotatiindubbiamente da elementi di persistenza di lunga durata e disempre rinnovata vitalità.

Altrettanto interessante, per i suoi riflessi nella sedimentazionedocumentaria, la vicenda delle fabbricerie parrocchiali di istituzioneprimottocentesca, analoghe nel nome a quelle di antico regime adogni effetto interne alla parrocchia, ma da queste ben differentiquanto ad autonoma natura istituzionale e alla correlata produzionedi materiale d’archivio17. Titolari pertanto di un fondo proprio, lafabbricerie furono in aggiunta protagoniste, specie in taluneparrocchie, di una radicale riorganizzazione dell’archivio par-rocchiale stesso. Fornite di ampia competenza nell’“ammi-nistrazione di tutte le temporalità della Chiesa di qualunqueprovenienza”18, quali redditi stabili, livelli e decime, oblazioni,funzioni ordinarie o straordinarie, incaricate della gestione deilegati e delle questue, impegnate nel predisporre ogni convenienzaper i servizi di culto e in particolare per la manutenzione dellafabbrica della chiesa, le fabbricerie in non pochi casi avocarono asé gran parte dell’archivio parrocchiale preottocentesco, unitamentea quelli delle annesse confraternite, inglobando tale materialesecondo diverse modalità di organizzazione nel proprio archivio:spesso suddividendo carte, pergamene, fin antiche matricole diconfraternite secondo i rinnovati titoli di rubriche e fascicoliottocenteschi e legando infine il tutto in accuratissimi quantoirreversibili inventari19.

Ma le vicende storiche che provocarono le maggiori ripercussioninella configurazione degli archivi parrocchiali veneziani furonosenza dubbio quel complesso di disposizioni normative che nel girodi pochi anni, fra 1806 e 1810, e nel quadro delle politicheriformatrici dell’età napoleonica, ridussero progressivamente ilnumero delle parrocchie stesse da settanta, a quaranta e infine atrenta, secondo un piano di concentrazione che, con la soppressionedi confraternite20 e di capitoli, ridisegnò i confini dell’interatopografia ecclesiastica citta-dina e con essa pure quelladegli archivi delle parrocchieveneziane21. Confluiti ancheessi a fianco di quello dellaparrocchia territorialmentesuperstite22, recarono con séognuno i propri fondi annessidi confraternite e sovvegni,andando a costituire quel com-plesso fortemente articolatodi fondi e sottofondi cui si èfatto più sopra cenno, e che ineffetti viene indicato, con de-signazione cumulativa, qualearchivio delle singole spe-cifiche parrocchie 23.Va da sé che figure di ag-gregazioni di fondi di tal

Dall’Archivio della Parrocchia di S. RaffaeleArcangelo: nel registro dei morti, si registrail 30 agosto 1675 la morte di «Giacomo Corgnaofficial di barca d’anni 43 in circa questa nottepassata a hore 7 in circa li è stata data unaarchibusata nella panza...».

Archivio di Satato di Padova, SS. Agata eCecilia, ‘Liber inventarii seu registracionis...’

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genere comportino, in sede di definizione del corrispettivo sistemadi rappresentazione, alcune sottolineature particolari nelle relazioniche intercorrono tra gli stessi differenti fondi nel loro reciproco ediverso rapportarsi. Se infatti il sistema di analisi della struttura deifondi cui è affidata, fin dall’avvio del progetto ARCA, la restituzionesignificativa dell’ubicazione di ogni singolo fondo nell’architetturad’assieme del sistema informativo, consentendo inserimenti indolorianche in luoghi intermedi della struttura complessiva e lettureorizzontali di fondi dalla natura istituzionale analoga24, ha fino adoggi permesso una rappresentazione sufficientemente fedele ditale tridimensionalità di struttura tipica degli archivi parrocchiali,maggiori difficoltà sono state riscontrate nel delineare talicaratteristiche utilizzando – in occasione del censimento edell’inventariazione dei fondi parrocchiali veneti effettuatanell’ambito del progetto “Ecclesiae Venetae” cui si è fatto piùsopra cenno – le procedure di codificazione previste dal progetto“Anagrafe informatizzata degli archivi”, che risolvono esclu-sivamente nel legame verticale dei differenti livelli del fondo (purse affiancati dalla designazione della natura del complessodocumentario) la rappresentazione dei rapporti a grappolo fral’archivio della parrocchia ‘ospitante’ –nei casi veneti consideratia sua volta ‘ospitato’ entro un archivio diocesano – e gli ulterioriarchivi aggregati e annessi25.

Tipologie documentarie a confronto

Se considerazioni e spunti di riflessione di tal genere possonoessere formulati per quanto riguarda il sistema dei fondi degliarchivi parrocchiali, il discorso si amplia e si fa ancor più – sepossibile – denso di interesse quando si passi a considerare lemodalità in cui i singoli fondi risultano articolarsi nelle loropartizioni interne di sezioni, serie e sottoserie.

Rinviando ad altra sede tale ordine di considerazioni per quantoattiene agli archivi annessi di fabbricerie, confraternite, scuole eassociazioni, e limitando la nostra osservazione ai soli archiviparrocchiali, verifichiamo come l’inventariazione analitica di alcunedecine di archivi parrocchiali veneziani – unita all’analisi di nonpochi fondi parrocchiali concentrati in taluni archivi diocesaniveneti – consenta di riscontrare anche a questo livello il riproporsidi quei caratteri di imprevedibile complessità e di variegatoatteggiarsi delle tipologie documentarie interne, già notato perquanto attiene la struttura dei fondi delle parrocchie.

E anche in questo caso la dialettica fra la fisionomia deinostri archivi e la storia delle istituzioni ecclesiastiche, analizzatain particolare nelle disposizioni da queste emanate a varie istanzecirca la compilazione e la tenuta dei libri canonici e di altradocumentazione parrocchiale, si fa intensa e vivace, aprendosipure alla inevitabile commistione con le prescrizioni ai parroci intale materia formulate dell’autorità laica, sia in antico regime chein epoca napoleonica e asburgica.

La rassegna delle serie dei registri canonici e delle carteparrocchiali, così come sono apparse alle rilevazioni non isolate masistematiche sui fondi parrocchiali veneziani, l’analisi comparatadelle diverse tipologie documentarie man mano che emergevanodagli ordinamenti e dalle descrizioni inventariali, sono state d’altraparte facilitate e in qualche modo rese possibili dall’aver predispostol’inserimento dei dati nell’orizzonte di un sistema informativoaperto ma, anche a questo livello, fortemente unitario. Tra i fruttinon minori di tale impostazione si sono potute riscontrare non solola garanzia di una tendenziale omogeneità di struttura dei diversi

inventari grazie ad analoghe soluzioni di sequenzialità delle serie,ma anche l’acquisizione di un buon grado di uniformità redazionalenelle soluzioni descrittive, sia nelle intestazioni che nella com-plessiva economia informativa delle schede, e il generale sostegnoche la banca dati man mano implementata poteva offrire ai diversioperatori nel riconoscimento di affinità e differenze di situazionidocumentarie poco note rispetto a quelle già identificate, studiatee descritte nelle loro peculiarità26.

La successione delle date di avvio, ad esempio, di alcune seriecruciali dal punto di vista storiografico quali i registri dei battesimi,dei matrimoni o dei morti fornita dalle veloci estrazioni edelaborazioni dei dati consentite dall’impostazione del progetto edai suoi strumenti informatici27, ha aperto la via ad alcune verifichee ricerche – su cui ci si ripromette di dar conto quanto prima inmodo più ampio e diffuso – sulla effettiva ricezione archivistica delConcilio di Trento nella Chiesa veneziana e presso i suoi parroci,sul ruolo di anticipazione e di integrazione del Concilio stessoricoperto da talune prescrizioni diocesane o dai sinodi locali, sullacultura giuridica e sulla sensibilità pastorale, sulle difficoltà, leincertezze o sulla capacità di adeguarsi alle nuove prescrizioni daparte degli estensori delle registrazioni canoniche28.

È noto infatti come i decreti emanati a Trento nella XXIVsessione dell’11 novembre 156329 furono preceduti in molte diocesidall’impostazione di precoci registrazioni di battesimo e dimatrimonio, dal tenore ancora fortemente essenziale e sintetico edalla confezione archivistica spesso unitaria per più serie30. Cosìanche a Venezia – se si escludono i pochi e pur interessantissimicasi fino ad oggi individuati di registrazioni da parte di parroci,negli anni ’30 e ’40 del ‘500, di battesimi, matrimoni e morti dinobili dietro incarico dell’Avogaria di Comun31 –, le date di originedelle serie archivistiche si frastagliano in modo significativo lungogli anni ’50 e ’60 del secolo XVI 32. Del resto il patriarca GiovanniTrevisan fin dal 1560 aveva ordinato ai parroci, ai rettori dellechiese, ai sacristi e alle comari “di provvedere alla segnalazione ealla registrazione delle nascite al fine di togliere gli abusi deimancati o differiti battesimi, a volte differiti per anni, dei bambini‘con grande periculo delle loro anime’”33. E lo stesso patriarcaTrevisan aveva provveduto a pubblicare tempestivamente nelsinodo del 1564 le prescrizioni conciliari in materia di registrazionicanoniche. Così come norme ancora più dettagliate, con veri epropri suggerimenti di formule per la compilazione degli atti,furono riportate ben prima del Rituale Romano di Paolo IV del1614 dai decreti della visita apostolica effettuata a Venezia nel1581 da Lorenzo Campeggi e Agostino Valier34.

Nell’impossibilità di riferire più a lungo in questa sede sullesuggestioni che già si profilano – sulla scorta di quanto quibrevemente anticipato – nell’indagine incrociata fra fonti normativecentrali e locali e prassi scrittoria e archivistica, evoluzione delformulario, interpretazioni, interferenze e contaminazioni culturalidei compilatori dei registri canonici, segnaliamo ancora la ricchezzadi spunti che a ricerche di tal tenore può offrire un’analisi delle seriearchivistiche quale in apertura di queste pagine prospettata, attentaalle lacune e alle mancanze oltrechè alle presenze, a tipi di fontinuove o poco note, al comparire di serie inattese o dalle de-nominazioni inusuali: elementi anch’essi per una storiografia delleistituzioni e della cultura, tanto quanto della sensibilità e del vissutocollettivo, ecclesiastico e civile, a partire dalle tracce rimaste nelleforme e nella struttura della sedimentazione documentaria degliarchivi parrocchiali35. Quale forma di pietoso atteggiamento diassistenza verso i suoi parrocchiani, unito all’osservanza probabile

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di norme sanitarie, avrà spinto – per chiudere con qualche situazioneesemplificativa – il parroco di San Giacomo dall’Orio ad impostareun “Registro degli infermi” distinto da quello dei morti, e limitatoalla sola data, ahimè ben significativa, del 163136? E ancora, qualeconcezione del proprio ruolo di pubblico ufficiale aperta – diremmooggi – alla più avanzata interconfessionalità avrà indotto altriparroci, sempre della stessa parrocchia di San Giacomo, a teneredal 1621 ad Ottocento iniziato una registrazione apposita, separatama rigorosa, dei “morti al fontego dei Turchi”, ossia dei defunti direligione islamica residenti nel fondaco affacciato sul Canal grandepoco lontano dalla chiesa parrocchiale37? E quale considerazionemescolata di pena e di osservanza giuridica avrà mosso il parrocodi Santi Apostoli – caso unico fra quelli fino ad oggi riscontrati –a tenere nel suo ufficio, fra il 1820 e il 1839 un “registro particolaredegli aborti” 38? E quali precoci e forse inespresse intuizioni dispiritualità vocazionale possono ancora essere lette dietrol’intestazione – anche in questo caso con scelta non ovvia rispettoalle consuetudini altrove riscontrate – di un unico registro da partedi alcuni parroci per annotarvi a partire le ‘stride’ ossia lepubblicazioni sia per i nubendi che per gli ordinandi 39?

Orizzonti di ricerca e di analisi, questi come altri consimili, aproposito dei quali l’indagine archivistica – indagine sulle strutturedei fondi, sulla natura e sui modi del loro prodursi e sedimentarsi,sui loro ordinamenti e sulla loro configurazione – può rivelare unavolta ancora valenze di vera e propria storia della cultura.

Note

1 F. CAVAZZANA ROMANELLI, Per un censimento degli archivi storici dellaChiesa veneziana, in “Archiva Ecclesiae”, 30-31 (1987-1988), pp. 249-253; C.SALMINI, Regione Veneto: il progetto ARCA, in “Archivi & computer”, I (1991),1, pp. 83-84; A.SCHIAVON, Arca, in “Archivi & computer”, II (1992), 2, pp. 166-172; F. CAVAZZANA ROMANELLI - C. SALMINI, Inventariazione archivistica estandard descrittivi. Il progetto ARCA, in “Archivi per la storia” V/1 (1992), pp.119-147; C. SALMINI, Arca: un’applicazione di CDS/ISIS per l’ordinamento el’inventariazione degli archivi storici della Chiesa veneziana, in “ArchivaEcclesiae”, 34-35 (1991-1992), pp. 209-218; F. CAVAZZANA ROMANELLI,Archivistica ecclesiastica a Venezia. Dal corso agli atti, in Archivi e chiesalocale. Studi e contributi, a cura di F. Cavazzana Romanelli e I. Ruol (Atti delcorso di archivistica ecclesiastica, Venezia, dicembre 1989 - marzo 1990, Curiapatriarcale di Venezia, Studium cattolico veneziano, Regione Veneto -Assessorato all’Istruzione e cultura), Venezia 1993, pp. 9-14; EAD., Il progettoARCA per gli archivi storici della Chiesa veneziana, in Archivi e chiesa localecit., pp. 23-28; EAD., Chiesa veneziana e archivi storici. Il progetto ARCA, inArchivi ecclesiastici e mondo moderno (Atti del convegno, Padova, 5 ottobre1991, Consulta per i beni ecclesiastici delle Tre Venezie, Giunta regionale delVeneto), Padova 1993, pp. 76-83; B. BERTOLI, Incontro di studio: «L’archiviodell’Azione Cattolica: l’identità storica di un’associazione ecclesiale», in“Rassegna degli Archivi di Stato”, LIII (1993), 1, pp. 93-96; F. CAVAZZANA

ROMANELLI, Archivio Storico del Patriarcato di Venezia, in ASSOCIAZIONE

ARCHIVISTICA ECCLESIASTICA, Guida degli archivi diocesani d’Italia, vol. II, acura di V. Monachino, E. Boaga, L. Osbat, S. Palese (numero monografico di“Archiva Ecclesiae”, 36-37 /1993 - 1994; edito pure come “Pubblicazioni degliArchivi di Stato - Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato. 74”), pp. 285-300; D. PORCARO MASSAFRA, Archivi e Chiesa locale a Venezia. Un contributoalla conoscenza degli archivi ecclesiastici, in “Rassegna degli Archivi diStato”, LIV (1994), 1, pp. 114-123; F. CAVAZZANA ROMANELLI, Fonti per la storiamarciana nell’Archivio storico del patriarcato di Venezia, in San Marco.Aspetti storici ed agiografici (Atti del convegno internazionale di studi,Venezia, 26-29 aprile 1994), a cura di A. Niero, Venezia 1966, pp. 205-222 etavv. 1-4; EAD., L’archivio storico del Patriarcato di Venezia, in “Notiziariobibliografico. Periodico della Giunta regionale del Veneto”, 23 (sett. 1996), pp.23-25; EAD., A proposito di archivi parrocchiali: echi da un dibattito aperto, inA.N.A.I.-SEZIONE EMILIA ROMAGNA, COMUNE DI FIORANO MODENESE, ASSESSORATO

AI SERVIZI E BENI CULTURALI, CENTRO SUGLI ARCHIVI PARROCCHIALI, Gli archivi

parrocchiali: organizzazione, gestione, fruizione e ricerca storica, a cura di E.Angiolini, (Atti dei convegni, Fiorano Modenese, 4 settembre; Ravenna, 5settembre 1996), [Modena 1997], pp.147-150; EAD., Gli archivi ecclesiasticiveneziani per la storia degli esposti, in Benedetto chi ti porta, maledetto chi timanda. L’infanzia abbandonata nel Triveneto (secoli XV-XIX), a cura di C.Grandi (Atti del convegno, Treviso - Venezia, 18-20 giugno 1996), Treviso1997, pp. 215-224; F. CAVAZZANA ROMANELLI, P. BENUSSI, Veneto. Introduzione,in Atti visitali conservati negli archivi diocesani del Friuli Venezia - Giulia,Veneto, Trentino, a cura di Don L. Sparapani, C. Nubola, M. Garbellotti, Cittàdel Vaticano 1998 (Quaderni di “Archiva Ecclesiae”, 4), pp. 57-68; F. CAVAZZANA

ROMANELLI, Le società operaie confessionali di mutuo soccorso. Itineraristoriografici negli archivi ecclesiastici veneziani, in Le società di mutuosoccorso italiane e i loro archivi (Atti del seminario di studio “Le società dimutuo soccorso italiane e i loro archivi”, Spoleto 8-10 novembre 1995), Roma1999, pp. 197-208; M. BARAUSSE, Guida alle fonti per la storia delle societàoperaie cattoliche di mutuo soccorso negli archivi ecclesiastici veneziani, in Lesocietà di mutuo soccorso cit., pp. 209-213.

2 Dal 1996 l’Archivio del Patriarcato collabora con l’IRRSAE del Veneto ealtri enti all’iniziativa “Didattica delle storie locali”. I laboratori organizzatihanno riguardato temi quali “Fonti per la storia della famiglia nell’Archiviostorico del Patriarcato di Venezia” (1996/1997), “Storie di fanciulle, di spose edi madri” (1997/98), “Fonti per la storia di Mestre negli archivi ecclesiasticiveneziani” (1998-1999). Numerose pure le visite guidate all’Archivio e iseminari di studio, specie con corsi Universitari. Si segnala al proposito lacollaborazione dell’Archivio patriarcale alla ricerca “I processi matrimonialicome fonte storica” condotta dall’Università degli studi di Trento e dall’Istitutostorico italo-germanico di Trento.

3 Si veda principalmente F. CAVAZZANA ROMANELLI, Archivio storico delPatriarcato cit.

4 F. CAVAZZANA ROMANELLI - G. BERNARDI - P BENUSSI, Gli archivi deiSeminari veneziani, in Chiesa, chierici, sacerdoti. Clero e Seminari Italia traXVI e XX secolo (Atti del convegno, Siena, 21 maggio 1999), in corso di stampa.

5 BERTOLI, Incontro di studio cit.6 CAVAZZANA ROMANELLI, Le società operaie cit.; BARAUSSE, Guida alle

fonti cit.7 Ad un orientamento storiografico che privilegiava analisi prevalentemente

quantitative e sociologiche si è sostituito oggi un più allargato approccio alcontesto istituzionale che ha prodotto la documentazione parrocchiale, allacultura e alla sensibilità dei suoi estensori. Così, in un’ampia sintesi dellarecente storiografia internazionale cui si fa rinvio, C. POVOLO, Archivi parrocchialie dibattito storiografico, in Archivi e chiesa locale cit., pp. 211-216. Cfr. purepiù oltre, n. 29.

8 Avviato nella primavera del 1997 grazie all’iniziativa congiunta delMinistero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Veneto, il progetto“Informatizzazione degli archivi storici ecclesiastici” – denominato “EcclesiaeVenetae” in omaggio alla grande tradizione di storiografia ecclesiastica locale– è stato realizzato nell’ambito delle iniziative promosse dalla legge statale n.84del 19 aprile 1900 “Piano organico di inventariazione, catalogazione edelaborazione della carta del rischio dei beni culturali, anche in relazioneall’entrata in vigore dell’Atto unico europeo”. Grazie al lavoro di nove catalogatoriguidati dalla direzione scientifica e dalla direzione esecutiva del progetto, egrazie pure alla disponibilità e all’assistenza fornita dai responsabili degliarchivi diocesani, il progetto ha prodotto, nell’arco di poco più di un anno, ilcensimento completo e gran parte dell’inventariazione degli archivi diocesanidi cinque diocesi del Veneto: Padova, Treviso, Verona, Vicenza, VittorioVeneto, cui idealmente unire i fondi del Patriarcato di Venezia, in precedenzasottoposti ad inventariazione secondo analoghi criteri nell’ambito del citatoprogetto ARCA.

Sono state realizzate complessivamente circa 18.000 schede relative sia aisingoli istituti, sia ai fondi in essi conservati (archivi della Curia, innanzitutto,ma pure carte di fondi aggregati e annessi quali Mensa vescovile, carte privatedi singoli vescovi o ecclesiastici, confraternite e associazioni), alle serie edeventuali sottoserie, ai singoli pezzi quali registri, buste, fascicoli. Sono staticompresi nel lavoro di inventariazione anche numerosi archivi di parrocchie, invarie epoche pervenuti negli archivi diocesani e presso di essi tutt’oggiconservati, anche se in prevalenza limitatamente ai registri canonici. L’interabanca dati, creata secondo i tracciati e il programma informatico del progetto“Anagrafe” dell’Amministrazione archivistica statale, è stata pure resadisponibile, attraverso la creazione di un apposito programma di scambio, nelsistema informativo ARCA prodotto dall’Archivio Storico del Patriarcato diVenezia e dalla Regione Veneto. Un ulteriore trasferimento dei dati nel più

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aggiornato sistema ARCANA – frutto del prosieguo del progetto tuttora in corso– consente oggi in aggiunta un’agevole lettura e gestione dei dati perl’interrogazione, per la produzione di censimenti ed inventari a stampa, nonchéper un’eventuale immissione della banca dati in rete. Cfr. le tavole all’appendice n. 6.

9 L’Archivio patriarcale fornisce pure alle parrocchie che lo desiderinoassistenza per problemi di conservazione dei materiali, imbustamenti e, d’intesacon la Soprintendenza archivistica, restauri.

10 Diamo qualche numero: su 25 archivi parrocchiali a tutt’oggi inventariati,11 sono consultabili presso le parrocchie, gli altri 14 sono stati depositati intempi diversi in Archivio patriarcale; di altri, non ancora inventariati o solocensiti, è in corso la pratica di deposito. Le cifre si riferiscono non ai singolifondi (enti produttori), ma alle aggregazioni di fondi presso le singole parrocchie:cfr. più oltre nel testo.

11 CAVAZZANA ROMANELLI, A proposito di archivi parrocchiali cit., p. 148.12 La successione degli archivi nella redazione conclusiva del sistema

informativo si uniforma a quella delle parrocchie così come riportata, entro lasuddivisione dei vicariati, dall’annuario diocesano.

13 Per il progredire del piano di censimento ed inventariazione, che stagiungendo a termine per quanto riguarda i 31 archivi delle parrocchie facentiparte dei vicariati del centro storico – ma alcune anticipazioni sono già statemesse a punto per quanto riguarda alcuni vicariati della terraferma conl’inventariazione degli archivi di San Lorenzo di Mestre, San Martino di Buranoe Santissima Trinità di Treporti –, si veda Progetto ARCA - Archivi storici dellaChiesa veneziana. Indice degli inventari e il Censimento degli archivi delleparrocchie di antica fondazione della Diocesi di Venezia presso l’Archiviostorico patriarcale.

14 B. BERTOLI, Le parrocchie veneziane dal Medioevo al secolo XX. Un profilostorico-istituzionale, in Archivi e chiesa locale cit., pp. 121-152.

15 Non pochi fondi di “scuole piccole e suffragi” di dimensione parrocchialeconfluirono, dopo la soppressione napoleonica e attraverso itinerari analoghi aquelli degli archivi dei monasteri e conventi indemaniati, altrove da chi scriveillustrati (F. CAVAZZANA ROMANELLI, Corporazioni religiose, in coll. con A.SCHIAVON, in MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI - UFFICIO CENTRALE

PER I BENI ARCHIVISTICI, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, IV, voceArchivio di Stato di Venezia, Roma 1994, pp. 1102-1114; F. CAVAZZANA

ROMANELLI, Fondi monastici negli archivi veneti: i viaggi delle carte, in Ilmonachesimo nel Veneto medioevale (atti del convegno di studi in occasione delmillenario di fondazione dell’abbazia di S. Maria di Mogliano Veneto, Treviso,30 novembre 1996), a cura di F.G.B. Trolese, Cesena 1998 (“Italia benedettina”,XVII), pp. 201-215), all’Archivio generale veneto oggi Archivio di Stato deiFrari (cfr. Archivio di Stato di Venezia, a cura di M.T. Tiepolo, in MINISTERO PER

I BENI CULTURALI E AMBIENTALI - UFFICIO PER I BENI ARCHIVISTICI, Guida generaledegli Archivi di Stato Italiani, IV, Roma 1994, pp. 1088-1095). Altro materialedal carattere anche esteriormente pregiato quali statuti o matricole percorse lestrade del collezionismo ed è in buona parte reperibile presso alcune bibliotecheveneziane. È in preparazione, in concomitanza con la conclusione dell’in-ventariazione degli archivi parrocchiali dei vicariati del centro storico, unostudio complessivo che restituisca quantomeno in forma di censimento, al di làdelle divaricazioni della storia esterna delle carte, il quadro integrato di taledocumentazione.

16 CAVAZZANA ROMANELLI, Le società operaie cit.; BARAUSSE, Guida alle fonti cit.17 S. TRAMONTIN, Le fabbricerie parrocchiali e la procuratoria di San Marco,

in Archivi e Chiesa locale cit., pp. 161-167; la normativa di età napoleonica ele istruzioni ai fabbricieri per la gestione della rendicontazione sono raccolte inManuale de’ fabbricieri, Milano 1812; cfr. pure B. SAVALDI, La fabbriceriaparrocchiale nelle Provincie lombardo-venete, Milano 1934.

18 Istruzioni sopra l’istituzione e la direzione delle fabbricerie, 15 settembre1807, in Manuale de’ fabbricieri cit., pp. 10-22, in particolare art. 6, p. 12.

19 Si veda il caso della fabbriceria di S. Giovanni Battista in Bragora, di cuiall’appendice 1.

20 Ad eccezione di quelle del Santissimo, sottoposte alla direzionedell’ordinario e del parroco per “l’esercizio delle sacre funzioni” e amministrate,quanto a gestione dei beni e delle rendite, dalle fabbricerie parrocchiali (DecretoRegno Italico “sopra le confraternite e le fabbricerie” del 26 maggio 1807, citatodall’art. 1) e Istruzioni sopra l’istituzione delle fabbricerie cit., entrambi inManuale de’ fabbricieri cit.

21 B. BERTOLI, Modificazioni strutturali della Chiesa veneziana dalla visitaFlangini alla visita Pyrker, in La visita pastorale di Giovanni Ladislao Pyrkernella diocesi di Venezia, a cura di B. Bertoli e S. Tramontin, Roma 1971 (riedito

con leggeri ritocchi con il titolo di Il patriarcato di Venezia tra regimenapoleonico e restaurazione asburgica quale capitolo del volume B. BERTOLI,Chiesa, società, Stato nel Vento della Restaurazione, Vicenza 1985), pp. XIII-XVII; cfr. pure, alle pp. 227-232, “Elenco delle chiese parrocchiali e succursali,degli oratori e delle chiese soppresse” e “Tavola delle concentrazioni delleparrocchie”, riportate pure in BERTOLI, Le parroccchie veneziane cit., pp. 155-158; S. TRAMONTIN, La riduzione napoleonica delle parrocchie a Venezia:origine - attuazione - conseguenze, in “Ricerche di storia sociale e religiosa”,n.s., XX (1991), 39, gennaio-giugno, pp. 119-136. Più in generale F. AGOSTINI,La riforma napoleonica della Chiesa nella Repubblica e nel Regno d’Italia,Vicenza 1990.

22 Ma in alcune parrocchie successivi, improvvidi ordinamenti procedetteroall’integrazione dei registri canonici di tutte le parrocchie concentrate in serieuniche e indifferenziate.

23 Si vedano al proposito i modelli di struttura dei fondi esemplificati alletavole dell’appendice 1.

24 Si veda la tavola all’appendice 2.25 F. CAVAZZANA ROMANELLI, A proposito di archivi parrocchiali cit., p. 149.

Assai chiaro e diffuso il saggio di A. GONELLA, Archivi parrocchiali e progetto“Anagrafe”, in Gli archivi parrocchiali cit., pp. 91-106. A parere di chi scriveil rapporto fra il fondo principale e gli eventuali i fondi aggregati ed annessi nonpuò essere assimilato, quanto a valore nella rappresentazione plurilivellare, aquello tra un fondo – a qualsiasi livello venga rappresentato – e le sue partizioniquali serie e sottoserie.

26 Si veda l’elenco delle serie all’appendice n. 3.27 Si veda uno stralcio significativo riportato nell’appendice n. 4.28 Illuminanti anticipazioni – e indicazioni di ricerca – sull’accoglimento a

Venezia della lezione del Concilio in tema di archivistica sono formulate nel giàcitato saggio di BERTOLI, Le parrocchie veneziane cit., pp. 130-132: l’esistenzagià in epoca preconciliare delle serie archivistiche dei registri canonici nelleparrocchie è attestata tramite il ricorso alle visite pastorali (cfr. S. TRAMONTIN,Indicazioni delle visite pastorali per la “conta delle anime”: il caso veneziano,in La conta delle anime. Popolazione e registri parrocchiali: questioni di metodoed esperienze, a cura di G. Coppola e C. Grandi, Bologna 1989, pp. 171-185).

29 Ma entrati in vigore dal 1 maggio 1564. Il testo in Concilium Tridentinum,sess. XXIV, de Ref., c. I, c. II, in Conciliorum oecumenicorum decreta, a cura diG. Alberigo, G. Dossetti, P.P. Joannou, C. Leonardi e P. Prodi, Bologna 1973,pp. 756-757. Sui registri parrocchiali si veda in generale COMITATO ITALIANO PER

LO STUDIO DELLA DEMOGRAFIA STORICA, Le fonti della demografia storica in Italia.Atti del seminario di demografia storica 1971-1972, I/I-II, Roma 1974 (inparticolare C.A. CORSINI, Nascite e matrimoni, pp. 647-699); D. BALBONI, I libriparrocchiali dopo il Concilio di Trento, in “Archiva Ecclesiae”, XVIII-XXI(1975-1978), pp. 234-235; P. PRODI, Il Concilio di Trento e i libri parrocchiali.La registrazione come strumento per un nuovo statuto dell’individuo e dellafamiglia nello Stato confessionale della prima età moderna, in La conta delleanime, cit., pp. 13- 20. Sugli sviluppi ottocenteschi in area veneta e trentina:A. GAMBASIN, Anagrafi parrocchiali: fonti per la storia della popolazione, inAnagrafi parrocchiali e popolazione nel Veneto tra XVII e XIX secolo, a cura diF. Agostini, Vicenza 1989, pp. 11-17; C. GRANDI, “Curatore d’anime dello statocivile”: il parroco durante la seconda dominazione asburgica (1814-1918), inLa conta delle anime cit., pp. 251- 273.

30 Anche sui modi adottati in antico di legare assieme in più consistentivolumi unitari i registrini di battesimi, matrimoni e morti, unendo le tre tipologiesecondo bande cronologiche o lasciandole scorrere in serie separate e parallele,sono state verificate differenze di consuetudini fra le diocesi venete.

31 Archivio storico del Patriarcato di Venezia (d’ora in avanti ASPV),Parrocchia di S. Giacomo dall’Orio, Registri dei battesimi, reg. 1 “Libro debattezzati. Principia del 1534 […] 1598”. Le registrazioni, come ricordal’inventario curato da M.G. Siet, riguardano esclusivamente membri dellefamiglie patrizie “dati in notta all’Avogaria di Comun”. Dal 1564 le stesseregistrazioni sono riportate anche nel registro ordinario “Battesimi 1564-1596”; Parrocchia di S. Margherita, Registri di battesimi, matrimoni e morti,reg. 1. “Libro de’ battisii, morti et maritati nobili della collegiata, chiesa etparochial di S. Margarita. 1541 sino 1582” (a c. 1a: “Al nome del la SantissimaTrinità et de tuta la corte celestial. Comenzo mi pre Hieronimo Zuchonianopiovan de la chiesia de madona S. Margarita, da principio et notar sopra questopresente libro con bona ventura tuti li fioli mascoli che de tempo in temponascerà in questa nostra parochia, li quai sarano nobeli et che sum tenuto dar innotta alla Vogaria iuxta il comandamento et le leze dela terra”: così l’inventariocurato da M. Magro).

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32 Si veda appendice 3.33 BERTOLI, Le parrocchie veneziane cit., ampiamente utilizzato anche per le

considerazioni che seguono nel testo. La segnalazione del decreto del 1560rinvia alla tesi di laurea di M. BRUSSATO, La diocesi di Venezia nella visita delpatriarca Trevisan (1560-1590), relatore M. Berengo, Università degli studi diVenezia, Facoltà di Lettere, a. a. 1986-87, pp. 134-135. Il decreto è in ASPV,Curia II, Actorum, mandatorum, preceptorum, reg. 66, c 41v. Ed ecco, atestimonianza di una letterale applicazione del decreto patriarcale che chiedevadi non superare gli otto giorni dalla nascita per la celebrazione del battesimo, ilparroco di S. Margherita impostare nel 1561 un registro di battesimi in formadi partita doppia, con a sinistra la registrazione della data di nascita e a destradi quella del battesimo. Così suggerisce, ad anticipazione illuminante di comuniricerche circa l’impatto della normativa canonica sulla prassi archivisticaveneziana, Ermanno Orlando, che ringrazio vivamente per la segnalazione.

34 S. TRAMONTIN, La visita apostolica del 1581 a Venezia, in “Studi Veneziani”,IV (1967), pp. 453-533.

35 Su questa linea ci pare di leggere alcune osservazioni in G. RABOTTI, Inmargine al volume sugli archivi parrocchiali della provincia di Modena, in Gliarchivi parrocchiali cit., pp. 71-74, ove si ricordava come “Si realizzano cosìvere e proprie scoperte, secondo i tanti aspetti della vita religiosa e sociale cheemergono dalla mera intitolazione delle serie o di singole unità archivistiche; inaltri casi le scoperte verranno solo dallo studio della composizione interna diquelle serie o di quelle unità. […] Così come può essere importante il rendersiconto del perché della presenza, o della assenza, di una determinata seriearchivistica, e questo rispetto anche alla documentazione collaterale ed estraneache si è venuta aggregando e amalgamando con quella propria dell’ente” (p.72).

36 ASPV, Parrocchia di S. Giacomo dall’Orio, Registri degli infermi,, reg. 1“Libro d’amalati di 6 luglio 1631 San Giacomo dall’Orio” (1631, 6 luglio –1631, 17 dicembre). Un caso di registrazione analoga, ma integrata nella seriedei “morti”, in ASPV, Parrocchia di SS. Apostoli, Registri dei morti, reg. 4“Morti. Principia giugno 1627, termina decembre” 1631 (1627-1631):l’inventario, a cura di Ermanno Orlando, segnala “In apertura ‘Libro delli feritidella contrà di SS. Apostoli’, che registra i casi sospetti di peste (1631, ago. 22– 1632, apr. 23). Sul verso della carta di guardia: ‘Libro di morti dal tempo dellapeste, che Iddio ci guardi da quella’”.

37 ASPV, Parrocchia di S. Giacomo dall’Orio, Registro dei morti al fontegodei Turchi, reg. 1 “1621, adì 13 del mese di lulio. Libro de turchi morti” (1621-1823).

38 ASPV, Parrocchia di SS. Apostoli, Registri dei nati morti, reg. 1. Annotal’inventario che il registro “raccoglie le ‘fedi’, o certificazioni giurate, degliaborti spontanei verificatisi in parrocchia, rilasciate al parroco dal medico odalla levatrice assistenti al parto. Ciascuna notazione, in sequenza cronologica,registra oltre alle generalità della partoriente e al suo domicilio, l’ora del partoe il nome dell’assistente”.

39 Alcuni esempi in ASPV, Parrocchia di S. Marco, Pubblicazioni ossia‘stride’ di matrimoni e per ordinandi, reg. 1, (1763-1818).

Appendice 1

Modelli di struttura dei fondiin archivi parrocchiali veneziani

Questi alcuni dei possibili modelli di struttura, resi attraverso minimiaccorgimenti tipografici, dei fondi aggregati e annessi entro gli archivi parroc-chiali veneziani. Gli stessi sono facilmente raffigurabili con la consuetamodalità di rappresentazione plurivellare ad albero rovesciato, o con unaaccorta sequenza di codici dei rispettivi fondi. E’ evidente, nei primi quattrocasi, la presenza in un’unica sede parrocchiale di più archivi di parrocchie echiese concentrati in epoca napoleonica, ognuno con i propri archivi diconfraternite annessi. L’ultimo caso si riferisce alla situazione, cui si fa cennonel testo, conseguente all’acquisizione da parte della fabbriceria parrocchialenel suo proprio archivio di documentazione della parrocchia titolare, di quellaaggregata, e di ben quattordici fondi di confraternite delle due parrocchie citatedi altre due territorialmente contigue. Si tratta di una tipica situazione in cuiesercitare quella descrizione separata e connessa dei fondi e dei loro entiproduttori, con tutta la trafila delle relazioni di connessioni incrociate su piùlivelli, suggerita dalle norme ISAD e ISAAR.

Parrocchia di S. MarcoParrocchia di San Marco (1571-1935)

Scuola della Dottrina cristiana in S. Marco (sec. XX in.)Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli in S. Marco (1931-1935)

Parrocchia di S. Basso (1557-sec. XIX ex., con docc. in copia dal 1475)Parrocchia di S. Geminiano (1550-1808)Parrocchia di S. Zulian (1452-1906, con docc. in copia dal 1922)

Scuola di S. Maria Vergine Addolorata in S. Zulian (1856-1933)Scuola dei devoti della beata Vergine in S. Zulian (1749-1789)Scuola di S. Giuliano in S. Zulian (1749-1801)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Zulian (1603-1807, con docc. in copia dal 1269)Scuola di S. Rocco in S. Zulian (1595-1802)

Chiesa di S. Gallo (1821-1913)Pia Unione della beata Vergine del Buon Consiglio in S. Gallo (1873-1914)

Parrocchia di S. LucaParrocchia di S. Luca (1550-1935, con docc. in copia dal 1328 e notiziedal 1514)

Fabbriceria di S. Luca (1782-1935)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Luca (1514-1906)Scuola della beata Vergine della Neve in S. Luca (1606-1807)Scuola di S. Antonio da Padova in S. Luca (1799-1807)Scuola di S. Giuseppe in S. Luca (1785-1871)Gioventù femminile di Azione Cattolica in S. Luca (post 1935)

Parrocchia di S. Paternian (1183-1827, con docc. in copia dal 1170)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Paternian (1751-1807)Devozione di Sant’Anna in S. Paternian (1718-1783)

Parrocchia di S. Benetto (1437-1927, con docc. in copia dal 1013 e regestidi docc. Dal 1220)

Scuola del Santissimo Sacramento in S. Benetto (1539-1808, con docc. in copia dal 1537)Scuola della beata Vergine in S. Benetto (1613-1805, con docc. in copia dal 1537)

Parrocchia di S. SalvadorParrocchia di S. Salvador (1549-1935)

Fabbriceria di S. Salvador (sec. XVIII-1935)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Salvador (1701-1897, con regesti di docc. dal 1548)Scuola della Dottrina cristiana in S. Salvador (1820-1930)Compagnia di S. Luigi Gonzaga in S. Salvador (1836-1891)Suffragio della Croce in S. Salvador (1798-1805)Scuola del Rosario in S. Salvador (1836-1861)Scuola di S. Maria Nova in S. Salvador (1766-1807)Scuola della beata Vergine del Carmine in S. Salvador (1825-1848)Scuola di S. Adriano in S. Salvador (1777)Scuola di S. Antonio abate in S. Salvador (1859-1862)

Parrocchia di San Bartolomeo (1365-1915, con docc. in copia dall’800e notizie di docc. dal 635)

Scuola del Santissimo Sacramento in S. Bartolomeo (sec. XVII-1882, con docc. in copia dal 1564)

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Scuola di S. Mattia in S. Bartolomeo (1361-1806)Scuola della beata Vergine del Pianto in S. Bartolomeo (1753-1805)Pia Fraterna Prigioni in S. Bartolomeo (1795)Scuola della Sacra Scrittura in S. Bartolomeo (sec. XVII-sec. XVIII)Scuola della Dottrina cristiana in S. Bartolomeo (1821-1935)

Parrocchia di S. Giacomo dall’OrioParrocchia di S. Giacomo dall’Orio (1448-1935, con docc. in copia dal 1237 e notizie dal 555)

Fabbriceria di S. Giacomo dall’Orio (1692-1935, con atti in copia dal 1580 ed estratti di docc. dal 1518)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Giacomo dall’Orio (1568- 1889, con estratti di docc. dal 1507 e notizie dal 1303)Scuola della beata Vergine Annunciata in S. Giacomo dall’Orio (1596-1763, con seguiti al 1771)Compagnia della Messa quotidiana in S. Giacomo dall’Orio (1707-1770)Compagnia della Sacra Famiglia in S. Giacomo dall’Orio (1729-1765)Pia Unione delle Madri cristiane in S. Giacomo dall’Orio (1928-1931, con docc. al 1932)

Parrocchia di S. Stae (1592-sec. XX in., con docc. dalla metà del sec. XVIe notizie dal sec. XV in.)

Scuola del Santissimo Sacramento in S. Stae (1558-1792, con docc. in copia dal sec. XVI in.)Scuola della beata Vergine Assunta in S. Stae (1400-1867)Fraterna dei Poveri in S. Stae (1724-1787)

Parrocchia di S. Giovanni Decollato (sec. XV metà-1824, con docc.al 1881, docc. in copia dal 1274 e notizie dal 1222)

Fabbriceria di S. Giovanni Decollato (1807-1808, con seguiti al 1813)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Giovanni Decollato (1770- 1807, con seguiti al 1808)Oratorio dei SS. Filippo e Girolamo in S. Giovanni Decollato (1823- 1915, con docc. al 1923)Compagnia delle Consorelle del SS. Rosario in S. Giovanni Decollato (1773-1807)

Parrocchia di S. Boldo (1491-1809)Scuola del Santissimo Sacramento in S. Boldo (1717-1807)

Parrocchia di S. Giovanni Battista in BragoraParrocchia di S. Giovanni Battista in Bragora (1561-1935)

Fabbriceria di S. Giovanni Battista in Bragora (1316-1935, con notiziedi docc. dal 1225), con documenti di Parrocchia di S. Giovanni Battistain Bragora, Scuola del Santissimo Sacramento in S. Giovanni Battistain Bragora, Scuola della beata Vergine Assunta in S. Giovanni Battistain Bragora; Scuola di S. Giovanni Battista in S. Giovanni Battista inBragora, Sovvegno del Santissimo Crocefisso in S. Giovanni Battistain Bragora, Suffragio dei morti in S. Giovanni Battista in Bragora,Scuola di S. Giovanni elemosinario in S. Giovanni Battista in Bragora,Parrocchia di S. Antonino, Scuola del Santissimo sacramento in S.Antonino, Scuola della beata Vergine del rosario in S. Antonino,Scuola della beata Vergine addolorata in S. Antonino, Scuola dellabeata Vergine del Carmine in S. Antonino, Scuola di S. Giuseppe e diS. Luigi Gonzaga in S. Antonino, Scuola di S. Spiridione in S.Antonino, Scuola di S. Sabba in S. Antonino, Compagnia della buonamorte in S. Antonino, Scuola del Santissimo Sacramento in S. Provolo,Scuola del Santissimo Sacramento in S. Severo.

Parrocchia di S. Antonino (1540-sec. XIX).

Appendice 2

Esempio di rappresentazione di modelli di strutturadei fondi tramite il sistema di codificazione di ARCA(cfr. pure lo stessa archivio nella tavola all’appendice 1)

Il codice 200 indica lo spazio degli archivi parrocchiali entro il sistemainformativo degli archivi diocesani del progetto ARCA; la decina successiva ilvicariato; l’unità la singola parrocchia ‘ospitante’ secondo la sequenza indicatadall’annuario diocesano. Seguono dopo il punto le cifre indicanti i singoli fondi(l’archivio vero e proprio della parrocchia ospitante e più oltre quelli delleparrocchie concentrate) e, dopo altro punto, i rispettivi fondi annessi. La stessacifra in analoga posizione verticale connota in modo costante fondi analoghi(fabbricerie, scuole del santissimo ecc.), consentendo estrazioni significative

dalla banca dati. Sono attualmente allo studio sviluppi e possibili modifichedell’intero sistema di codificazione impostato in avvio del progetto.

213 Parrocchia di S. Luca

213.0 Parrocchia di S. Luca213.0.0 Fabbriceria di S. Luca213.0.1 Scuola del Santissimo Sacramento in S. Luca213.0.2 Scuola della beata Vergine della Neve in S. Luca3.3.3 Scuola di S. Antonio da Padova in S. Luca3.3.4 Scuola di S. Giuseppe in S. Luca213.0.5 Gioventù femminile di Azione Cattolica in S. Luca213.1 Parrocchia di S. Paternian213.1.1 Scuola del Santissimo Sacramento in S. Paternian213.1.2 Devozione di S. Anna in S. Paternian213.2 Parrocchia di S. Benetto213.2.1 Scuola del Santissimo Sacramento in S. Benetto213.2.2 Scuola della beata Vergine in S. Benetto

Appendice 3

Archivi parrocchiali veneziani: tavola delle serie

L’elenco – lungi dal proporsi quale titolario delle serie degli archivi parrocchialicomposto a priori – rappresenta il risultato cumulativo a posteriori, sempreaperto ad eventuali ritocchi e incrementi, dell’individuazione di tutte le tipologiedi serie archivistiche (fino al codice 399 afferenti ai registri canonici, esuccessivamente alle altre serie) effettivamente ritrovate negli archivi parrocchialiveneziani a tutt’oggi inventariati. Evidente, a fianco delle note serie canonicheavviate dal Concilio tridentino e formalizzate dal “Rituale romanum” del 1614,il fiorire di una grande varietà di serie parallele (quali gli ‘squarzi’ ossia minute)o minori (assai affollate le aree documentarie dei matrimoni) o ancora fruttoarchivistico di specifiche situazioni locali e di aggregazioni particolari.Le ultime due serie – impropriamente assimilate all’archivio – raccolgonoprovvisoriamente il materiale bibliografico reperito assieme alle carte in attesadella sua integrazione in più pertinente catalogo bibliografico in via diapprontamento nell’ambito del progetto “Antiche biblioteche ecclesiasticheveneziane”, giusto a partire da alcune consistenti e pregiate bibliotecheparrocchiali – quali quelle dei Santi Apostoli o dell’Angelo Raffaele – pervenutein Archivio patriarcale assieme ai fondi archivistici delle parrocchie.

090 Repertori dell’archivio

105 Registri di battesimi e matrimoni (Registri di battesimi, cresime,matrimoni e morti)

110 Registri dei battesimi112 Battesimi delle chiese filiali115 Repertori dei battesimi116 ‘Squarzi’ di battesimi, matrimoni e morti (di pubblicazioni matrimoniali

e per ordinandi)120 ‘Squarzi’ dei battesimi140 Libri degli atti di nascita141 ‘Squarzi’ dei battesimi (sec. XIX)142 Libri degli atti di nascita di più parrocchie concentrate145 Repertori degli atti di nascita150 Registri dei battesimi amministrati in Ospedale (o in altri istituti)151 Libri degli atti di nascita all’Ospedale152 Filze dei battesimi amministrati in Ospedale153 Processi verbali di battesimi (amministrati da laici)155 Attestati di battesimo «da fuori parrocchia»160 Battesimi segreti (Battesimi e matrimoni segreti)163 Correzioni e legittimazioni di battesimi165 Repertori di battesimi, matrimoni e morti (Repertori di battesimi,

matrimoni, pubblicazioni e morti)167 Registri dei nati morti168 Registri delle prime comunioni170 Registri delle cresime172 Registri delle cresime amministrate in chiese non parrocchiali175 Repertori delle cresime180 Filze delle cresime

205 Registri di matrimoni e morti210 Registri dei matrimoni

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215 Repertori dei matrimoni220 ‘Squarzi’ dei matrimoni230 Filze dei matrimoni238 Assensi dei genitori dei nubendi minorenni240 Libri degli atti di matrimonio241 ‘Squarzi’ degli atti di matrimonio (sec. XIX)245 Repertori degli atti di matrimonio246 Pubblicazioni ossia ‘stride’ di matrimoni e per ordinandi247 Contraddizioni di matrimoni248 ‘Squarzi’ di pubblicazioni di matrimoni e per ordinandi (‘Squarzi’

e ‘stride’ di matrimoni)249 Filze delle pubblicazioni di matrimoni250 Registri dei matrimoni celebrati in istituti diversi (o in chiese non

parrocchiali)252 Filze dei matrimoni celebrati in istituti diversi (o in chiese non parrocchiali)253 Libri degli atti di matrimonio all’Ospedale254 Filze dei matrimoni all’Ospedale255 Registri dei matrimoni di altri riti260 Matrimoni segreti263 Correzioni e legittimazioni di matrimoni298 Filze di fedi varie

310 Registri dei morti315 Repertori dei morti320 ‘Squarzi’ dei morti330 Filze dei morti340 Libri degli atti di morte341 ‘Squarzi’ dei morte (sec. XIX)342 Notifiche di morte345 Repertori degli atti di morte348 Registri degli infermi349 Registro dei morti nel Fontego dei Turchi350 Registri dei morti all’Ospedale351 Repertori dei morti all’Ospedale352 Filze dei morti all’Ospedale353 Libri degli atti di morte all’Ospedale dei Mendicanti e all’Ospedaletto354 Repertori degli atti di morte all’Ospedale dei Mendicanti e all’Ospedaletto355 Libri degli atti di morte all’Ospedale356 Notifiche degli atti di morte all’Ospedale360 Filze di fedi varie370 Repertori dei battesimi, matrimoni e morti di parrocchie concentrate372 Prospetti dei registri di battesimo, cresime, matrimoni e morti di parrocchie

concentrate380 Stati delle anime383 Anagrafi

410 Catastici e inventari di scritture415 Catastici di atti in copia420 Repertori dell’archivio430 Cronache e memorie storiche450 Pergamene458 Costituzioni e consuetudini (Costituzioni. Chiesa e capitolo)475 Elenchi dei pievani (Registri dei chierici)485 Registro dei celebranti forestieri495 Reliquie498 Visite pastorali499 Confraternite, associazioni e movimenti diversi

501 Corrispondenza con autorità ecclesiastiche e civili502 Corrispondenza con autorità ecclesiastiche503 Corrispondenza con autorità civili505 Normativa e istruzioni parrocchiali (“Ufficio arcipretale”.

Prescrizioni e regolamenti)530 Decreti di autorità ecclesiastiche e civili550 Capitolo. Verbali e ‘parti’560 Capitolo. ‘Parti’570 Capitolo. Atti571 Comunità conventuale. Atti capitolari e costituzioni572 Comunità conventuale. Elezioni e relazioni priorali573 Comunità conventuale. Visite canoniche574 Comunità conventuale. Santi e beati dell’ordine575 Comunità conventuale. “Scrittori”576 Comunità conventuale. “Storia”577 Comunità conventuale. Registri di amministrazione

580 Capitolo. Liti e controversie585 Capitolo. Divisioni (Libri dei ‘partidori’, incerti e livelli)590 Capitolo. ‘Riceveri’591 Capitolo. Utilità592 Capitolo. Riscossioni

601 Registri di amministrazione602 Carte di amministrazione603 Amministrazione605 Decime, affittanze e fabbrica606 Decime607 Affittanze610 Registri di cassa655 Polizze e ‘riceveri’657 Registri delle grazie670 Zecca

710 Inventari di beni735 Fabbrica della chiesa738 Arche e sepolture740 Testamenti750 Commissarie755 Livelli756 Donazioni

830 Elemosine833 Questue840 Mansionarie e legati842 Legati849 Giornali delle messe850 Registri delle messe870 Controversie (Cause e controversie)

920 Scritture diverse spettanti alla chiesa (‘Tomi’ di atti diversi)921 Scritture diverse non spettanti alla chiesa925 Varia928 Registri di incerta attribuzione930 Repertori non più attribuibili935 Legature mute950 Libri liturgici, biblici e devozionali980 Periodici e biblioteca parrocchiale

Appendice 4

Sinossi delle serie. Estrazione parziale dalla banca dati relativamentealla date di avvio e di chiusura dei registri di battesimi, cresime,

matrimoni e morti (misti) e ai registri dei battesimi

Pur in una sostanziale adesione alla normativa tridentina, tempestivamenterecepita in diocesi dal patriarca Giovanni Trevisan nel sinodo del 1564, sinotano non poche situazioni di anticipazione collegate con le prescrizioni del1560 dello stesso patriarca Trevisan circa la registrazione dei battesimi, consollecitazioni dell’autorità civile o con autonome iniziative dei parroci. Benevidenti le parrocchie, già chiese di ordini fino alle indemaniazioni napoleonichee investite della parrocchialità solo successivamente alle riorganizzazioni econcentrazioni del primo decennio dell’800; così come risultano chiare lesospensioni delle registrazioni nelle parrocchie in tale congiuntura concentrate.La data finale in corsivo indica che la serie prosegue nell’archivio corrente.

Registri di battesimi, cresime, matrimoni e morti (105)

211.0 Parrocchia di S. MarcoRegistri di battesimi, cresime, matrimoni e morti 1571 - 1665

211.1 Parrocchia di S. BassoRegistri di battesimi e matrimoni 1564 - 1645

212.1 Parrocchia di S. Maria del giglioRegistri di battesimi e matrimoni 1553 - 1578

212.2 Parrocchia di S. FantinRegistri di battesimi, matrimoni e morti 1560 - 1629

243.3 Parrocchia di S. AgostinoRegistri di battesimi e matrimoni 1564 – 1606

246.2 Parrocchia di S. Giovanni decollatoRegistri di battesimi, matrimoni e morti 1576 - 1685

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255.2 Parrocchia di S. MargheritaRegistri di battesimi, matrimoni e morti 1541 - 1605

Registri dei battesimi (110)211.0 Parrocchia di S. Marco 1665 - 19351.1 Parrocchia di S. Basso 1629 - 18081.2 Parrocchia di S. Geminiano 1563 - 18081.3 Parrocchia di S. Zulian 1564 - 1808212.0 Parrocchia di S. Moisè 1571 - 1810212.1 Parrocchia di S. Maria del giglio 1553 - 1855212.2 Parrocchia di S. Fantin 1629 - 1808213.0 Parrocchia di S. Luca 1550 - 1889213.1 Parrocchia di S. Paternian 1567 - 1808213.2 Parrocchia di S. Beneto 1568 - 1808214.0 Parrocchia di S. Salvador 1564 - 1935214.1 Parrocchia di S. Bartolomeo 1580 - 1810215.0 Parrocchia di S. Stefano 1810 - 1935215.1 Parrocchia di S. Angelo 1564 - 1810215.2 Parrocchia di S. Vidal 1564 - 1810215.3 Parrocchia di S. Samuele 1565 - 1811215.4 Parrocchia di S. Maurizio 1630 - 1810216.0 Parrocchia di S. Zaccaria 1810 - 1926216.1 Parrocchia di S. Provolo 1605 - 1808216.2 Parrocchia di S. Giovanni novo 1554 - 1808216.3 Parrocchia di S. Severo 1571 - 1808217.0 Parrocchia di S. Maria formosa 1564 - 1935217.1 Parrocchia di S. Lio 1566 - 1810217.2 Parrocchia di S. Marina 1564 - 1808218.0 Parrocchia di SS. Giovanni e Paolo 1810 - 1929221.0 Parrocchia di S. Pietro di Castello 1564 - 1935222.0 Parrocchia di S. Martino 1584 - 1914222.1 Parrocchia di S. Biagio 1564 - 1808223.0 Parrocchia di S. Francesco della vigna 1810 - 1935223.1 Parrocchia di S. Ternita 1566 - 1810223.2 Parrocchia di S. Giustina 1596 - 1808224.0 Parrocchia di S. Giovanni Battista in Bragora 1561 - 1938224.1 Parrocchia di S. Antonino 1540 - 1810231.0 Parrocchia di S. Geremia 1569 - 1935235.0 Parrocchia di SS. Apostoli 1571 - 1924242.0 Parrocchia di S. Cassiano 1564 - 1916243.0 Parrocchia di S. Maria gloriosa dei Frari 1810 - 1911243.1 Parrocchia di S. Polo 1564 - 1810243.2 Parrocchia di S. Stin 1564 - 1809243.3 Parrocchia di S. Agostino 1606 - 1808243.4 Parrocchia di S. Tomà 1564 - 1807244.0 Parrocchia di S. Nicola da Tolentino 1810 - 1948244.1 Parrocchia di S. Croce 1576 -1810246.0 Parrocchia di S. Giacomo dall’Orio 1534 - 1935246.1 Parrocchia di S. Stae 1595 - 1810246.2 Parrocchia di S. Giovanni decollato [sec. XVII ]-1808246.3 Parrocchia di S. Boldo 1680 - 1808247.0 Parrocchia di S. Pantalon 1564 - 1921253.0 Parrocchia di S. Raffaele arcangelo 1564 - 1894254.0 Parrocchia di S. Niccolò dei mendicoli 1577 - 1810255.0 Parrocchia di S. Maria del Carmelo 1810 - 1935255.1 Parrocchia di S. Barnaba 1564 - 1810255.2 Parrocchia di S. Margherita 1561 - 1810256.0 Parrocchia di S. Eufemia della Giudecca 1575 - 1934273.0 Parrocchia di SS. Pietro e Caterina di Mazzorbo 1686 - 1906273.1 Parrocchia di S. Pietro apostolo di Mazzorbo 1565 - 1798281.0 Parrocchia di S. Lorenzo martire di Mestre 1576 - 1935361.0 Parrocchia della Ss. Trinità di Treporti 1626 - 1935

Appendice 5

Il sistema dei fondi e delle serie.Esempi da alcune parrocchie veneziane

(dagli inventari a cura di M. Malusa e A.M. Pozzan)

Parrocchia di S. Luca

Registri dei battesimi 1550 - 1889“Squarzi” dei battesimi 1593 - 1935Libri degli atti di nascita 1815 - 1867

Registri dei nati all’ospedale 1882 - 1905 p. 10Battesimi segreti 1780 - 1831 p. 11Registri delle cresime 1803 - 1868 p. 11Filze delle cresime 1865 - 1908

con documenti dal 1803 p.12Registri dei matrimoni 1608 - 1929 p. 13“Squarzi” dei matrimoni 1858 - 1914 p. 16Libri degli atti di matrimonio 1815 - 1869 p. 17Filze dei matrimoni 1609 - 1935

con documenti dal 1598 p. 19Pubblicazioni di matrimoni 1740 - 1927 p. 28Registri dei morti 1606 - 1935 p. 29Libri degli atti di morte 1816 - 1866 p. 34“Squarzi” dei morti 1867 - 1935 p. 36Registri dei morti all’ospedale 1845 - 1905 p. 37Anagrafi 1785 p. 38Catastici sec. XVI metà - 1827 con documenti

in copia dal 1328 e seguiti al 1898p. 38

Cronache e memorie storiche sec. XVIII metà - [sec. XIX in.?]p. 40

Visite pastorali 1845 - 1908 p. 41Corrispondenza con autorità ecclesiastiche e civili

1735 - 1935con documenti dal 1640 p. 41

Decreti di autorità ecclesiastiche e civili1538 - 1797 p. 45

Capitolo. Atti 1513 - 1816 p. 49Capitolo. Liti e controversie 1591 - 1773 p. 53Carte di amministrazione 1647 - 1784 p. 56Affittanze 1793 - 1805 p. 58Registri di cassa 1652 - 1808 p. 58“Riceveri” 1732 - 1805 p. 61“Zecca” 1647 - 1818Inventari di beni 1767 - 1811 p. 63Arche e sepolture 1728 - 1802 p. 64Testamenti 1573 - 1784 p. 65“Livelli” 1723 - 1775Registri di spese per esequie 1676 - 1783 p. 73Cause e controversie 1605 - 1807

con notizie dal 1514 p. 74Varia 1634 - 1797 p. 77Libri liturgici e devozionali 1727 - 1921 p. 78

Fabbriceria di S. LucaRepertori dell’archivio 1828 p. 80Verbali 1907 - 1928 p. 81Bilanci e consuntivi 1808 - 1828 p. 82Registri di amministrazione 1821 - 1935 p. 86Mansionarie e legati 1804 p. 94Atti patrimoniali e amministrativi

1805 - 1935 p. 95Lavori e restauri 1824 - 1826

con seguiti al 1910 p. 102Protocolli corrispondenza 1807 - 1916 p. 103Registri recapito della corrispondenza

1837 - 1906 p. 105Corrispondenza con autorità civili ed ecclesiastiche,con le parrocchie ed istituzioni annesse

1807 - 1911 p. 106Giornali delle messe 1782 - 1823 p. 108Registri delle messe 1822 - 1873 p. 111Registri di messe diverse 1804 - 1935 p. 118Messe del “pubblico” ossia messe di sovvenzionedelle messe pubbliche 1831 - 1832 p. 119Mansionarie, esequie e legati 1804 - 1935 p. 119

Scuola del Santissimo Sacramento in S. LucaMatricole e registri delle parti [sec. XVI metà] - sec. XIX metà

p. 122Registri cariche 1649 - 1817 p. 124Registri delle “luminarie” 1748 - 1807 p. 124Inventari 1805 - 1807 p. 125Bollettari 1822 - 1906 p. 125Registri cassa 1675 - 1884 p. 126

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Amministrazione. Carte diverse 1737 - 1821 p. 127Commissarie 1514 - 1883 p. 129Commissaria Zappelli 1713 - 1780 p. 129Commissaria Montagnola 1514 - 1702 p. 130Commissarie diverse 1610 - 1807 p. 134Libri liturgici e devozionali 1830 - 1878 p. 140

Scuola della Beata Vergine della Neve in S. LucaStatuti 1606 - 1796 p. 141Registri delle “luminarie” 1696 - 1806 p. 141Inventari 1807 p. 142“Riceveri” 1696 - 1806 p. 142Grazie 1774 - 1807 p. 143

Scuola di S. Antonio da Padova in S. LucaCapitoli 1799 - 1807

Scuola di S. Giuseppe in S. LucaRegistri di cassa 1785 - 1871 p. 144

Gioventù femminile di Azione Cattolica in S. LucaVerbali post 1935 p. 145

Parrocchia di S. PaternianRegistri dei battesimi 1567 - 1808 tomo II, p. 1Registri delle cresime 1803 - 1808 p. 2Registri dei matrimoni 1564 - 1808 p. 2Filze dei matrimoni 1623 - 1775 p. 3Registri di battesimi e matrimoni 1670 - 1709 p. 5Registri dei morti 1576 - 1808 p. 5“Squarzi” dei morti 1735 - 1808 p. 6Inventari 1567 - 1774 con documenti in copia dal 1180 e regesti dal 1314 p. 7Cronache e memorie storiche 1581 - 1765 p. 8Pergamene 1183 - 1713 p. 9Scuole piccole diverse 1617 - 1793 con documenti in copia dal 1587 p. 10Decreti di autorità ecclesiastiche e civili

1514 - 1783 con documenti in copiadal 1472 p. 12

Capitolo. Atti 1544 - 1822 con documenti in copiadal 1219 p. 16

Capitolo. “Riceveri” 1788 - 1805 p. 17Amministrazione 1497 - 1838 con documenti in copia

dal 1343 p. 18Miscellanea amministrazione 1672 - 1806 p. 22Registri di cassa 1748 - 1807 p. 23Testamenti 1408 - 1897 con documenti in copia

dal 1311 p. 23Commissarie sec. XIV - 1824 con documenti in copia

dal 1404 e regesti dal 1285 p. 24Livelli 1469 - 1822 con documenti in copia

dal 1333 p. 29Donazioni sec. XV - 1753 con documenti in copia

dal 1170 e regesti dal 1195 p. 31Mansionerie 1573 - 1788 con documenti in copia

dal 1463 e regesti dal 1405 p. 34Varia 1720 - 1776 con documenti in copia

dal 1311 p. 37

Scuola del Santissimo Sacramento in S. PaternianAtti della scuola 1751 - 1807 p. 41

Devozione di Sant’Anna in S. PaternianRegistri consorelle 1778 - 1783 p. 42

Appendice 6

La rappresentazione della struttura plurilivellare di due fondiparrocchiali entro gli archivi diocesani di Vicenza e di Padova,con la prima scheda dei registri dei battesimi, matrimoni e morti

(dagli inventari rispettivamente a cura di M. Michelon e F. Sardi - consulenza di mons.M. Dalla Via - e di P. Benussi z C. Lestani - consulenza di mons. C. Bellinati)

L’architettura della rilevazione e il tracciato descrittivo sono quelli del progetto“Anagrafe”, nell’ambito del quale si è svolto il progetto “Ecclesiae Venetae”.I dati, immessi con il software “Anagrafe” e transitati quindi nel sistemainformativo ARCA, sono stati successivamente trasferiti nel programma ARCANA.

[si veda la tabella della pagina a fianco]

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

alcune delle quali non presenti negli annali aldinidel Renouard); altre sezioni dell’Appendice com-prendono la lista delle edizioni aldine stampateinsieme dai Torresani e dai Manuzio (una trenti-na, 1533-36); la lista delle edizioni di Federico eGian Francesco Torresani (una quarantina, 1537-60); la lista delle edizioni di Bernardo Torresania Parigi (una ventina, 1554-69); e la lista delleedizioni veneziane di Andrea, Bernardo eGerolamo Torresani (trenta, 1561-1589).

Simonetta Pelusi

Aldus Manutius and Renaissance Culture. Essaysin Memory of Franklin D. Murphy, Acts of anInternational Conference (Venice and Florence,14-17 June 1994), ed. by David S. Zeidberg, withthe assistance of Fiorella Gioffredi Superbi, Fi-renze, Olschki, 1998, 8°, pp. 336, ill., L. 95.000.

Dedicati alla maggior figura di stampatore-editore-filologo del nostro Rinascimento, i con-tributi contenuti nel pregevole volume esploranodiversi aspetti della storia culturale, economicaed editoriale del tempo di Aldo Manuzio.

Piero Scapecchi (Tra il gliglio e l’ancora:uomini, idee e libri nella bottega di Manuzio)presenta Manuzio nel contesto dei suoi tempi,specialmente nel periodo fiorentino. Il saggio diMartin Lowry (The Manutius Publicity Cam-paign) raffigura un Aldo imprenditore, impe-gnato nell’opera di ampliamento del propriomercato e nella ricerca di nuovi acquirenti, dopoaver preso coscienza del mutamento incorso nelmondo del libro nell’ultimo quarto del sec. XV.

OPERE GENERALI

ANNACLARA CATALDI PALAU, Gian Francescod’Asola e la tipografia aldina. La vita, le edizoni,la biblioteca dell’asolano, Genova, Sagep, 1998,8°, pp. 830, ill., L. 200.000.

“Uno dei grandi sconosciuti del nostro Rina-scimento”: così A. Cataldi Palau definisce GianFrancesco Torresani, allo stesso tempo renden-dogli giustizia col consacrargli questo pondero-so studio, nel quale viene per la prima volta postain luce l’attività di questo straordinario perso-naggio, che ebbe tra le sue frequentazioni, fra glialtri, studiosi come Jean Grolier ed Erasmo De-siderio da Rotterdam, Baldassarre Castiglione eLazzaro Bonamico. Fu editore, scrittore e fi-lologo, erudito collezionista di codici greci e...cognato di Aldo Manuzio. Il che gli è costatocertamente l’essere rimasto un po’ nell’ombraper quasi cinque secoli, praticamente sino al-l’uscita di questo prezioso libro che ne rivalutal’opera all’interno dell’impresa tipografica aldina.

Lo studio è articolato in tre grosse sezioni(Vita ed edizioni di Gian Francesco d’Asola,Rapporti fra gli Asolani e i figli di Aldo, Labiblioteca di Gian Francesco d’Asola). Unostudio estremamente documentato e approfondi-to, di cui segnaliamo la parte relativa a GianFrancesco curatore degli apparati paratestualidelle edizioni da lui prodotte o seguite (in parti-colare, autore delle lettere dedicatorie); questio-ne quanto mai attuale, che si correla ad un aspet-to, quello delle funzioni del paratesto nel Cin-quecento, recentemente affrontato da MarcoSantoro nel corso del Seminaro sul Libro Antico,che si tiene annualmente a Venezia sotto gliauspici della Biblioteca Marciana.

Un altro aspetto sinora poco studiato – e venu-to finalmente alla luce grazie a questo lavoro – èquello di Gian Francesco collezionista di codicigreci: ben ottantatre di essi si trovano distribuitiattualmente fra la Bibliothèque Nationale di Pa-rigi, la Bibliothèque Royale Albert I di Bruxel-les, la British Library di Londra, il Benedikti-nerstift di Kremsmünster, la Bibliotheek derRijksuniversiteit di Leida e la biblioteca delmarchese di Rosanbo. Molti di essi, come si sadagli studi di M. Sicherl, servirono da modelli distampa per celebri edizioni aldine; ma A. CataldiPalau, in più di 200 pagine, ne ricostruisce l’iden-tificazione e la storia dell’appartenenza (sce-verandone quelli appartenuti ad Aldo Manuzio).

Il volume termina con un’importante Appen-dice che enumera e descrive le edizioni aldine(1515-1529) di cui furono responsabili GianFrancesco d’Asola o uno dei Torresani (119,

RECENSIONIE SEGNALAZIONI

Cecil H. Clough analizza i rapporti fra Aldo egli studiosi ed editori contemporanei, in particolarmodo sull’edizione de Le cose volgari delPetrarca, di Pietro Bembo (1501). Di stampo piùprettamente bibliologico il saggio di NicolasBarker, The Aldine Italic, mentre il paratesto è alcentro della ricerca di Carlo Vecce Aldo e l’in-venzione dell’indice, strumento che aprì nuovipercorsi di lettura, rivoluzionando tutto il siste-ma della conoscenza, ormai non più attraversabileunicamente per via gerarchica e univoca, matrasversalmente, per mezzo di nuove combina-zioni di lettura offerte da apparati paratestualisempre più sofisticati; il saggio di Ralph HexterAldus, Greek, and the Shape of the ClassicalCorpus, puntualizza come gli ampi margini delleedizioni aldine dessero spazio all’annotazioneindividuale, dopo che per i primi decenni dell’ar-te della stampa si erano via via venuti riempiendoin modo soffocante di glosse e commenti.

A proposito dell’arte libraria, ben due saggi, diLilian Armstrong e Helena Szépe, sono dedicatia Benedetto Bordon, il grande miniatore di codi-ci e incunaboli, che sembrerebbe legato anchealle xilografie dell’Hypnerotomachia Poliphili,ipotesi espressa anche in altri recenti lavori (Ver-so il Polifilo, San Donà di Piave 1998). Lapregevole collezione di aldine della Laurenzianadi Firenze – tutte appartenenti al fondo D’Elci eminiate, fra gli altri, da Benedetto Bordon, Stefa-no Lunetti e Attavante Attavanti – è oggetto dellaricerca di Angela Dillon Bussi. Le dispute legateall’esisitenza di una legatoria “aldina” vengonoriprese da Anthony Hobson, che documenta comeper le edizioni precedenti il 1534 le legaturesiano da attribuire ai Torresani e al celebre“Mendoza binder”. La celebre grammatica lati-na di Aldo, che conobbe una straordinaria diffu-sione, viene esaminata da Kristian Jensen (TheLatin Grammar of Aldus Manutius and its For-tuna); in appendice all’articolo, un importantecatalogo di tutte le edizioni delle grammatichealdine latina ed ebraica. L’influenza di Aldo sulmondo ispanico viene messa in rilievo dal saggiodi Clive Griffin (Manutius and the HispanicWorld), che fra l’altro rileva la presenza, già dalXVI secolo, di edizioni aldine in Messico.

Un volume di estrema importanza nel panora-ma della storia dell’editoria, della letteratura edella filologia che, dato il suo spessore, sarebbestato più completo e di più agevole consultazionese corredato da un apparato di indici, comeproprio Aldo Manuzio insegnava cinquecentoanni fa.

Simonetta Pelusi

MONICA MIATO, L’Accademia degli Incognitidi Giovan Francesco Loredan. Venezia (1630-1661), Firenze, Olschki, 1998, 8°, pp. 296, ill.,L. 59.000.

Si avvertiva da tempo l’esigenza di un appro-fondimento del fenomeno accademico venezia-no, che si soffermasse specificamente su quelleche vennero definite di volta in volta “società diuomini eruditi”, “conversazione letteraria”, “adu-nanza d’huomini studiosi” o, secondo il Vocabo-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

lario dell’Accademia della Crusca “adunanzad’huomini illustri”, ma esaminate nello specifi-co del contesto socio-politico-culturale dellaSerenissima. I cinque volumi del repertorio delleaccademie italiane dalle origini al XIX secolo diMaylender (Storia delle Accademie d’Italia,Bologna 1926-30), ormai datati e con tutte lecarenze ben note, costituiscono ancora il solostudio sistematico, cui si affiancano gli appro-fondimenti monografici di E.W. Cochrane(Tradition and Enlightment in the TuscanAcademies, Chicago 1961) e l’importante volu-me miscellaneo Università, Accademie e Societàscientifiche in Italia e in Germania dal Cinque-cento al Settecento (Bologna 1981).

L’importante studio di Monica Miato iniziafinalmente a fare luce sulla specificità venezianadell’accademia secentesca, settore del qualemanca ancora un’analisi storica globale (si ricor-da il contributo di G. Benzoni, Aspetti dellacultura urbana nella società veneta del ’5-600.Le Accademie, “Archivio Veneto”, CXLIII, (1977),pp. 87-159), approfondendo la storia dell’Accade-mia degli Incogniti, una delle più celebri fra lecirca sessanta fiorite nella città lagunare nel XVIIsecolo. La storia dell’Accademia degli Incognitiè indissolubilmente legata a quella del suo fon-datore, Giovan Francesco Loredan (1606-1663),che riunì intorno a sé almeno 290 (come risultadall’elenco in appendice) di quegli “huominiillustri”. Anche la storia dell’editoria venezianasi arricchisce di un nuovo capitolo con il presentestudio: ciò che differenziava l’Accademia degliIncogniti dalle altre entità associative di quelgenere era proprio l’alacrità messa in opera perassicurare la pubblicazione dei lavori degli acca-demici, grazie all’attività del Loredan stesso, cheoperò come tramite fra autori e stampatori grazieai suoi importanti contatti con tutte le maggioritipografie dell’epoca, in un periodo nel qualeandavano sempre di più distinguendosi i ruolidelle figure dell’editore e dello stampatore,sovrapposte all’epoca degli inizi della stampa epoi via via sempre più specializzate.

Fu Francesco Valvasense, poi processato perla stampa di libri proibiti, in attività sin dal 1644,a comparire, dal 1647, come lo “stampatoreufficiale” dell’Accademia degli Incogniti. Il vo-lume contiene, in appendice, il prezioso catalogocronologico delle 144 edizioni stampate dalValvasense fino al 1680, cui si aggiungono seiedizioni senza data e altre sette, apparse senzanote tipografiche complete, o con date false,attribuite a Valvasense nel corso del processo;altre sei edizioni sono descritte ma non rintrac-ciate, e la loro passata esistenza è attestata indocumenti diversi: sono quelle che Alfredo Ser-rai definisce “fantasmi bibliografici”.

Lo studio ripercorre dunque, attraverso unpercorso di indagine delineato sulla storia edito-riale, l’attività e il significato dell’Accademiadegli Incogniti, frutto della passione del Loredanche, ricordiamo, fondò anche le accademie deiDifesi, degli Inoltrati, dei Provveduti e fors’an-che quella dei Sollevati. Ma è anche uno spacca-to della vita socio-culturale del tempo, che trac-cia o approfondisce profili intellettuali di perso-naggi di rilievo.

Simonetta Pelusi

LETTERIO AUGLIERA, Libri politica religione nelLevante del Seicento. La tipografia di NicodemoMetaxas primo editore di testi greci nell’Orienteortodosso, Venezia, Istituto Veneto di Scienze,Lettere ed Arti, 1996, 8°, pp. 265, L. 45.000.

In un’ottica “veneziana”, vengono qui per laprima volta ricostruite in modo organico le com-plesse vicende legate in generale alla stampa ealla diffusione del libro greco e alla figura diNicodemo Metaxàs (Cefalonia, 1585 ca.-1647),noto agli studiosi sia della storia del libro, siadella storia ecclesiastica della Grecia ortodossa.L’aspetto che ne viene qui posto in risalto èquello di promotore della pubblicazione di testigreci, grazie alla fondazione e all’attivazione diuna tipografia a Costantinopoli, rimasta peraltroin funzione soltanto quatto mesi; un tempo suf-ficiente, comunque, a portare a termine alcuneimportanti edizioni. Il volume di Letterio Augliera– studioso di Venezia specialmente in relazioneai dominî oltremarini della Serenissima fra Sei eSettecento – approfondisce anche l’aspetto poli-tico delle attività di Metaxàs, da questi esplicitatenel periodo in cui, in qualità di arcivescovo dellaChiesa ortodossa di Cefalonia e Zante, fu ingrado di esternare la propria adesione verso imoti popolari di ribellione contro il ceto nobilia-re locale e le autorità veneziane, soprattuttodurante la sommossa di Zante del 1628.

Tra la stampa del primo libro greco, Epitomedi Costantino Lascaris, pubblicato a Milano nel1476, e l’apparizione di Egloghè psalteriou, uni-co superstite dell’attività editoriale svolta, a par-tire dal 1759, nell’Athos – perciò in ambitopropriamente greco – da Dukas Sotiris di Taso, siinserisce, con il primato del libro greco stampatoin Oriente, intendendo con questo termine l’areadi dominio dell’ellenismo bizantino, l’attivitàeditoriale del Metaxàs. La presente indaginechiarisce uno dei punti rimasti da sempre oscuriagli studiosi: se Metaxàs abbia continuato lapropria attività a Cefalonia, questione cui, graziealle nuove indagini condotte dall’Autore pressol’Archivio di Stato di Venezia, è possibile darefinalmente una risposta positiva, benché non sisia giunti ancora a determinare quali libri sianostati effettivamente prodotti. Proprio l’attivitàeditoriale condotta a Cefalonia all’insaputa delleautorità costò a Metaxàs un processo, intentatogli

da una Repubblica Serenissima sempre più oc-cupata nella repressione di iniziative culturali aldi fuori del controllo istituzionale.

Fu la prudenza ad obbligare Metaxàs a stam-pare anonimamente i suoi libri: dapprima inInghilterra, dove, giunto tra il 1622 e il ’23,spinto dall’esigenza di fornire al clero grecoortodosso gli strumenti necessari alla sua forma-zione e istruzione, acquistò una piccola tipogra-fia, con l’intento di pubblicare in proprio i testifondamentali, invece di continuare ad importar-li, in gran parte dall’Italia. Metaxàs curò, nel1624, per la Eliot’s Court Press, l’edizione di duevolumi miscellanei di trattati teologici di pole-mica ortodossa antiromana. Nel 1625 appariva-no due operette teologiche di carattere educativodi Teofilo Corydaleus, pubblicate questa voltaper i tipi di William Stansby. Nel giugno del1627, dopo due anni forse ormai impenetrabiliper sempre agli studiosi odierni, Metaxàs riapparea Costantinopoli: vi arriva su un vascello inglese,con le sue casse di libri stampati e tutte le attrez-zature (torchi, caratteri, fregi ecc.) necessarie adaprire una tipografia. Il 1° novembre di quell’an-no appaiono in un volume sette omelie di Massi-mo Margunio e la celebre opera di Cirillo Lucariscontro gli ebrei: stampate, come recita ilfrontespizio, “a Costantinopoli, a spese e curadel più santo ed erudito monaco NicodemoMetaxàs”. È l’inizio dell’avventura che farà diMetaxàs e delle sue produzioni editoriali il ber-saglio dei cattolici, che con tutte le loro forzecontrastarono le speranze di rinascita dello spiri-to del popolo greco.

Simonetta Pelusi

Verso il Polifilo (1499-1999), catalogo dellamostra, a cura di Dino Casagrande e AlessandroScarsella, “Miscellanea Marciana”, XIII, 1998,8°, pp. 253, 24, [2], ill., L. 28.000.

I cinquecento anni che ci separano dalla pub-blicazione dell’Hypnerotomachia, la “pugnad’amor in sogno” in cui il percorso onirico diPolifilo, spinto dall’amore per Polia, si snoda fraVenezia e la Marca trevigiana, non rendono ilPolifilo meno attuale: recentemente ristampatoin lussuosa edizione anastatica, è stato oggetto diun convegno internazionale e di una mostra a SanDonà di Piave, in quella terra che sembra sia statalo sfondo delle fantastiche vicende svoltesi nelNonluogo utopico per eccellenza, il sogno, ametà fra psiche e materia, essenza e sostanza. Èstata imponente la fioritura di ricerche ed espo-sizioni dedicate anche soltanto di recente al gran-de stampatore umanista i cui torchi ci hannolasciato quest’opera indimenticabile, Aldo Ma-nuzio. Il volume, oltre ad essere il catalogo dellamostra, che presentava ben 23 preziose edizioni,è anche un ricco repertorio di studi, che contribui-scono a riaprire il dibattito, da sempre appassio-nato, costituito dall’esistenza problematica delromanzo, attribuito tradizionalmente a France-sco Colonna, pur fra molte ambiguità, e dalla suapresenza fra le produzioni aldine.

Le fortune del romanzo in Oltralpe vengonoriscostruite nel saggio di G. Fazzini (“Fra arte e

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

cabala nella fortuna francese del Polifilo”) men-tre alla sua ricezione novecentesca in Italia,spaziando da Croce a Gadda a Segre, sino aricollegarlo alla tradizione otto-novecentesca delromanzo sperimentale, è dedicato il saggio di A.Scarsella, “Spigolature sulla ricezione di un ro-manzo senza lettori”. La asserita rarità del Polifiloè ormai quasi un luogo comune: con i suoi quasitrecento esemplari conosciuti, e rintracciati da P.Cadelano (“Albo corvo rarior: alla ricerca delPolifilo”), che recensisce gli esemplari superstitidelle edizioni del 1499 e del 1545 (certamentepiù rara della princeps), presenti in bibliotechesia private, sia pubbliche, europee edextraeuropee, esso risulta l’incunabolo più “co-mune” al mondo!

La celebrità del Polifilo è certamente legataalla presenza delle 172 splendide immagini chene costituiscono l’apparato iconografico, di au-tore sconosciuto. S. Marcon (“Note sulla decora-zione libraria veneziana al tempo di Aldo”)ipotizza un coinvolgimento di Benedetto Bordon,miniatore, xilografo ed editore (la cui figura èapprofondita dal saggio di C. Callegari, “Rag-guagli biografici su Benedetto Bordon”), nel-l’impresa editoriale che condusse alla produzio-ne del volume. S. Urbini (“Libri figurati sul finiredel Quattrocento”) e H. K. Szepe (“The body ofthe book”), affrontando da punti di vista diversila problematica artistica legata al Polifilo, nechiariscono questioni importanti come la de-cifrazione della fonte di soggetti antiquari classi-co-romani reperibili nel Polifilo e l’interrelazionefra testo e immagine, elemento imprescindibiledell’opera. Altri saggi (D. Rhodes, Un nuovocatalogo aldino, D. Casagrande, Aldo e il suomondo verso e dopo il Polifilo, M. Paoli, Recentebibliologia italiana e studio del libro come og-getto artistico, M. Corsa, Sulla provenienza delPolifilo Marciano del 1499, M. Fantato, Biblio-grafia commentata sul Polifilo dal 1959) contri-buiscono a gettare nuova luce sul percorso diun’opera tanto declamata quanto – tuttavia –ancora poco conosciuta.

Simonetta Pelusi

Catalogo di manoscritti filosofici nelle bibliote-che italiane, 8: Firenze, L’Aquila, Livorno, Pra-to, Siena, Verona, a cura di G.M. Cao, T. Catallo,M. Curandai, E. Di Mattia, P.E. Fornaciari, E.Peruzzi, F. Santi, premessa di Claudio Leonardi,Firenze, Olschki, 1996, 8°, pp. XXII-290, L. 98.000.

La Biblioteca Capitolare di Verona, sorta in-torno allo scriptorium di cui si hanno notizie apartire dal VI secolo – con la sottoscrizione diUrsicino datata 1° agosto 517 alla Vita S. Martinidi Sulpicio Severo contenuta in un codice ancoroggi conservato presso la stessa biblioteca – puòa buon diritto considerarsi una delle bibliotechepiù antiche in assoluto. Legata alla “Scholasacerdotum sanctae Veronensis ecclesiae”, isti-tuzione impegnata nell’officiatura liturgica e nelcompito di formazione e istruzione degli accoliti,la Bilioteca Capitolare conserva un importantenucleo di manoscritti – tra cui alcuni codicesvetustissimi di autori latini e di diritto romano –

di cui quelli di patristica e liturgia costituisconola parte preponderante e di maggior interesse. Laraccolta manoscritta della Capitolare fu incre-mentata da numerose donazioni (Mansionario,Bianchini, Dionisi, Muselli e Maffei); già ogget-to di importanti studi tra fine Ottocento e l’iniziodel nostro secolo, opera di Giambattista C. Giuliarie A. Spagnolo, si salvò dal bombardamento degliAlleati del gennaio 1945, per ritornare appieno aquel ruolo di strumento culturale di tutta la co-munità, grazie a preziose esposizioni accompa-gnate da cataloghi che si rivelano sempre piùspesso utili spunti per ulteriori studi.

Nell’ambito del censimento dei manoscrittifilosofici (comprendente opere di filosofi medie-vali in latino o volgare e traduzioni di autori delVicino Oriente Antico fino al XVI secolo) con-dotto dall’Unione Accademica Nazionale, ven-gono qui descritti 62 codici di argomento filoso-fico, teologico e scientifico che, pur non costi-tuendo il nucleo fondamentale della Capitolare,sono un fondo di tutto rispetto meritevole dellarivalutazione operata grazie alla presente nuovacatalogazione, condotta da Enrico Peruzzi.

Fra i codici più antichi, un Trattato di compu-to, manoscritto membranaceo del IX-X secolo;Opere di Alcuino, membranaceo del X secolo; unCommento biblico anonimo, manoscritto mem-branaceo del X-XI secolo. Segnaliamo in partico-lare un’epistola di Antonio Panormita a LodovicoFerrari (contenuta nel cod. CLIV, Miscellaneaumanistica) non compresa nell’edizione di G.Resta (L’Epistolario del Panormita, Messina1954), che registra invece due lettere del Ferrarial Panormita. La registrazione e l’indicizzazionedi elementi extrabibliologici, quali le note dipossesso contenute nei diversi manoscritti, con-sentono allo studioso di ricostruire i percorsi chehanno condotto alla formazione del fondo, oltrea chiarire la storia di ciascun codice. Un vero eproprio repertorio descrittivo, completo di estesenote bibliografiche per ciascun codice descritto,degli incipitari e dell’indice dei nomi e delleopere anonime.

Simonetta Pelusi

Musei etnografici del Veneto, introd. di UldericoBernardi, Venezia, Regione del Veneto - Mila-no, Electa, 1998, 8°, pp. 110, ill.

Il volume, facente parte della collana “Guideartistiche Electa”, presenta per la prima volta imusei etnografici e quelli riconducibili a talecategoria ubicati nel territorio veneto; qui i mu-sei di questo tipo rappresentano una realtà forsepoco conosciuta, ma piuttosto diffusa, se si pensache ai musei etnografici veri e propri si possonoaggiungere varie sedi museali dedicate ad unaspecifica produzione, testimoniante una culturalocale: l’occhiale, lo scarpone, il merletto, ilvetro, il legno, l’olio, la ceramica, la grappa...

La Regione del Veneto, considerando l’im-portanza di tali collezioni, ha istituito un albo deimusei etnografici che ne aggiorni costantementela conoscenza e si sta dedicando anche al recuperodi edifici da trasformare in sedi espositive. Comericorda Ulderico Bernardi nell’introduzione al

volume, l’essenza della civiltà veneta è da ricer-carsi in un interscambio cognitivo tra comunitàcostiere e comunità dell’entroterra, in un crogio-lo di esperienze patrizie e popolari, urbane erurali. Sul piano museale è evidente un fortescompenso tra la rappresentazione della culturadelle classi urbane, colte e dominanti, e quelladel ceto popolare, subalterno. Eppure innumere-voli artigiani, dotati di inventiva e creatività,hanno lasciato dietro di sé svariate testimonianzedella loro abilità; per questo dare rilevanza aimusei etnografici significa dare importanza allatradizione e rievocare tutti quei mestieri la cuiconoscenza è destinata a perdersi con la scom-parsa delle ultime persone che ancora conosconoi segreti di una determinata attività: sia essa lapesca, il lavoro dei campi o la produzione di undeterminato oggetto artigianale.

Barbara Giaccaglia

STORIA DELLA CHIESA

Preti nel medioevo, “Quaderni di storia religio-sa”, (1997), Verona, Cierre, 1997, 8°, pp. 334,L. 28.000.

Il volume presenta una vasta raccolta di artico-li sui protagonisti della cura animarum indagatiattraverso il problema del reclutamento e dellaformazione, la cultura e la biografia individuale,la carriera ecclesiastica e l’associazionismo, leforme di autogoverno del clero e gli itinerariclericali, studiati sia in città che nelle campagne,alla ricerca della definizione di un’immaginecomplessa che si sovrappone alla loro coscienzadi sé. Un clero spesso inadeguatamente prepara-to rispetto ai propri compiti religiosi, ma incompenso pienamente inserito nella concretezzadella vita quotidiana dei suoi parrocchiani, alcentro di una fitta rete di relazioni personalicome, pur fra la segmentazione della documen-tazione disponibile (specialmente liste di ordina-zioni), emerge dall’esempio di quel prete Vene-rando Zeno che veniva nominato fedecom-missario, lontano da Venezia, del testamento diEnrico Zusto (p. 39). Denominatore comune chetraspare da alcuni contributi è la tendenza asuperare la vicenda individuale per mettere inluce orientamenti di fondo ed atteggiamenti col-lettivi, come ad esempio la ricerca della zone diprovenienza degli aspiranti al sacerdozio o l’in-dicazione della stipula di contratti di “apprendi-stato” presso sacerdoti al pari di una soluzioneempirica del problema dell’istruzione del prete.Interessante è l’indagine di Curzel sui cappellaniche officiavano presso gli altari minori dellacattedrale di Trento nell’XI secolo, perché alcentro delle scelte devozionali e della sensibilitàreligiosa dei fedeli.

Si segnalano i seguenti contributi specifica-mente dedicati al Veneto: Fernanda Sorelli, Ilclero secolare a Venezia. Note per i secoli XII eXIII, pp. 27-45; Silvana Bianchi, Chierici, manon sempre preti. Itinerari clericali nel Veneto

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

tra la fine del XIII e gli inizi del XV secolo, pp. 47-91; Giampaolo Cagnin, “Ad adiscendum artemet officium clericatus”. Note sul reclutamento esulla formazione del clero a Treviso (sec. XIV),pp. 93-124; Ennio Sandal, Preti tipografi, pp.283-297.

Massimo Galtarossa

MAUREEN C. MILLER, Chiesa e società in Veronamedievale, a cura di Paolo Golinelli, Verona,Cierre, 1998, 8°, pp. 303, L. 28.000.

La monografia di Maureen Miller, edita negliUsa nel 1993, trova in questo volume un’adegua-ta traduzione italiana, che peraltro rispecchiafedelmente l’edizione americana, condotta daAntonella Donzelli e Annalisa Bertelli, rivedutae corretta da Paolo Golinelli. L’ampia e docu-mentata ricerca della Miller, nata come tesi didottorato, copre i cento anni compresi fra la metàdel X secolo e la metà di quello successivo. Sitratta di un periodo interessante della storia me-dioevale non solo veronese, perché segnato daiprofondi cambiamenti delle istituzioni ecclesia-stiche in Italia e in tutta la cristianità. Il meritodell’autrice è stato proprio nell’aver posto l’ac-cento, con una puntuale ricerca d’archivio, ilfervore e i mutamenti avvenuti, tali da influenza-re e deteminare tutta la successiva vita religiosae sociale della città. Dalle carte d’archivio è statopossibile correggere non pochi convincimentidella storiografia ecclesiastica medievale datiper scontati; in alcuni punti sono state chiariteombre, altrove l’autrice ha avanzato dubbi sucertezze acquisite circa la realtà dei monasteri,degli ordini mendicanti e di alcune categoriesociali della città. Nasce e si consolida proprio inquesti secoli la Chiesa come organizzazione ge-rarchica culminante con il papa, che si dedicaalla cura delle anime attraverso le chiese localiguidate dai sacerdoti sotto la supervisione deivescovi. In queste realtà locali prende avvio unamoltitudine di istituzioni religiose attraverso lequali a tutta la popolazione era accessibile la“santità”. Durante il IX secolo tanta parte delclero avviò le riforme che culminarono nellariforma gregoriana e nella lotta per le investituree, più tardi, negli orientamenti pastorali del Con-cilio Lateranense IV. Merito della ricercatriceamericana è stato quello di studiare come, nellaVerona del X secolo, sviluppo economico edemografico abbiano pungolato il nascere dinuove istituzioni regiliose, ne abbiano influen-zato il carattere e la forma. Proprio l’interessa-mento di tutti i livelli della popolazione è statoall’origine del successo dei nuovi ordinamentireligiosi, che, tuttavia, non provocarono il decli-no delle istituzioni tradizionali che inverce, comequella benedettina, si mantennero in attività sen-za sperimentare “crisi”.

All’origine della ricerca della Miller c’è pro-prio l’intenzione di mettere in stretta connessio-ne le istituzioni ecclesiastiche con la società chele ha create, sostenute e trasformate e Verona, aquesto proposito, si è rivelata una diocesi rappre-sentativa per l’importanza delle istituzioni pre-senti e per la ricchezza della documentazione che

hanno prodotto o che le ha riguardate. Inoltre, dalpunto di vista socio-economico e geografico èmolto vicina alle città medioevali europee, cosìcome la sua storia politica (da provincia romana,subì le invasione delle popolazioni germaniche,la conquista e la disgregazione dell’imperocarolingio, l’instabilità politica e le lotte signori-li). E così pure la sua storia religiosa segue unmodello di sviluppo comune a quello delle dio-cesi europee; insomma si tratta di una ricercasolo apparentemente “locale”, perché la situa-zione veronese risulta essere rappresentativa perl’Europa cristiana.

Cecilia Passarin

Il buon fedele. Le confraternite tra medioevo eprima età moderna, “Quaderni di storia religio-sa”, 1998, 8°, pp. 286, ill., L. 28.000.

Il quinto volume dei “Quaderni di storia reli-giosa” è stato dedicato allo studio delle con-fraternite nei secoli che segnano il passaggiodall’epoca medioevale alla cosiddetta “età mo-derna”, vale a dire fra ’400 e ’500. Molti hannoscritto e condotto ricerche sulle confraternite esul loro ruolo in età medioevale; la peculiarità delparticolarismo italiano le vede ora dei “corpi”associativi influenti e potenti anche sul versantesocio-politico (come a Firenze o Venezia), oradelle pie confraternite dedite all’assistenza e allapreghiera. Ciascuna, comunque, con caratteristi-che e modalità d’azione specifiche del contestoambientale in cui si trovavano ad operare, diver-samente, invece, da quanto sembra emergeredalla storiografia anglosassone. A questo propo-sito la rassegna curata da Lorenza Pamatoripercorre il cammino delle ricerche, italiane estraniere, condotte sul ricco mondo confraternale(Le confraternite medievali. Studi e tendenzestoriografiche), puntando la sua attenzione alleproduzioni più recenti, in considerazione pro-prio della quantità degli studi in materia.

La monografia punta il proprio interesse nontanto sull’istituzione confraternale, quanto inve-ce sul “vissuto” cristiano dei gruppi, attraverso lepratiche di pietà, le azioni caritative, la costru-zione di un’etica personale (una sorta di “codicedeontologico”) oltre che confraternale. Eccodunque trovare posto nella confraternita lapredicazione, sia quella rivolta dal clero regolarealle confraternite, sia quella esercitata all’inter-no della compagnia stessa ad opera di alcunimembri (Laura Gaffuri, Prediche e confraternite).

I contributi dei numerosi studiosi (Maria Gra-zia Dessì, Maria Teresa Brolis e GiovanniBrambilla, Luca Patria, Marina Gazzini, AnnaEsposito, Anna Cavallaro, Danilo Zardin) sisoffermano, in diverse realtà territoriali, su mol-teplici aspetti della vita delle confraternite (qualiil ruolo della predicazione, della scrittura e dellacircolazione dei libri; la presenza e il ruolo fem-minile...). Una fonte preziosa di studio si sonorivelati i libri sociali delle confraternite; questielenchi, al di là dei numeri delle entrate e delleuscite, dimostrano quali erano le priorità date daidiversi sodalizi, a quali iniziative devozionali ecaritatevoli venivano destinati i maggiori sforzi.

Il contributo di Danilo Zardin analizza glisforzi di riforma portati avanti dal cardinaleCarlo Borromeo, come si modificò la vitaconfraternale e devozionale e quali furono leresistenze nell’applicazioni delle decisionitridentine.

Cecilia Passarin

LUDOVICO FRANCESCO MASCHIETTO, «Ut grexdominicus salubriter regatur, conservetur etcustodiatur». Visite pastorali degli abati di S.Giustina in Padova alle parrocchie dipendenti(1534-1791), Padova, Istituto per la storia eccle-siastica padovana, 1998, 8°, pp. 282, L. 50.000.

Il monastero di Santa Giustina ha una storiaplurisecolare più volte studiata grazie anche alnon esiguo patrimonio documentario conservatonell’Archivio di Stato di Padova. Padre LudovicoMaschietto, monaco di Santa Giustina, è unattento studioso e conoscitore degli avvenimentiche riguardano l’abbazia, l’oggetto privilegiatodei suoi studi. Anche questa ricerca, come lealtre, nasce dopo una lunga frequentazione d’ar-chivio, e vuole ricostruire l’attività degli abati diSanta Giustina durante le visite pastorali effet-tuate nel corso di due secoli alle 16 parrocchiedella diocesi di Padova direttamente dipendentidall’abbazia. Il fondo dell’Archivio di Stato diPadova copre l’intervallo di tempo che va dallametà del XVI secolo fino alla soppressionenapoleonica del 1810.

Le parrocchie visitate dagli abati del cenobiobenedettino erano sottoposte pleno iure alla giu-risdizione dei monaci e ad essi spettava il compi-to, sempre arduo, di controllare lo stato morale espirituale delle popolazioni delle parrocchie di-pendenti dal monastero. La visita, che seguiva unsuo cerimoniale ben preciso, mirava a verificareanche lo stato materiale e patrimoniale dellaparrocchia nonché dei beni fondiari del monaste-ro presenti nelle campagne.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Gli interrogatori ai sacerdoti e poi ai laiciaccertavano la veridicità delle parole degli uni edegli altri e le reali richieste della popolazione.Gli interrogatori venivano condotti dall’abate (odal suo vicario) che si rivolgeva separatamenteora ai parroci, ora ai laici ed erano regolarmenteregistrati dal notaio di fiducia del monastero cheseguiva l’abate nelle visite.

Nei sette capitoli del volume, lo storico bene-dettino è riuscito ad illustrare qual era la compa-gine dei parroci nominati nelle parrocchie, laloro provenienza, la formazione culturale, le lororichieste e le sanzioni comminate dagli abati neicasi di gravi mancanze verso la chiesa e lapopolazione loro affidata. Durante gli interroga-tori, molti laici lamentano l’assenza del parroco,altri una certa negligenza, altri ancora ne lamen-tano il vizio di bere o di giocare alle carte.Dall’altra parte anche la popolazione dimostrauna certa vivacità di costumi accanto, però, a unconcreto impegno per il buon funzionamentodella vita religiosa, specie nella capillare orga-nizzazione delle confraternite presenti in tutte leparrocchie visitate.

A chiusura del volume troviamo i “medaglio-ni” biografici dei 27 abati visitatori; i formularidegli interrogatori ai sacerdoti e ai laici e, infine,i “medaglioni storici” delle sedici parrocchiedella campagna e delle due parrocchie della cittàdipendenti anch’esse dal monastero.

Cecilia Passarin

P. VALERIO ZARAMELLA OFMCONV., Guida ineditadella basilica del Santo. Quello che della Basili-ca del Santo non è stato scritto, Padova, Centrostudi antoniani, 1996, 8°, pp. 813, s.i.p.

È possibile guardare la basilica del Santodall’interno, dai “suoi fori, attraverso le sue spie,in modo da esaminarla e vederla senza esserevisti”, quasi un racconto a bassa voce della suastoria e delle notizie e dei dettagli talora “scarta-ti” dalla ricerca scientifica? È quello che ha fattopadre Zaramella, conventuale della basilica delSanto. Non sono trattati i grandi problemi dellabasilica, ma le minuzie storiche, le curiosità, ifatterelli che emergono dai documenti dopo unalettura meno artificiosa e codificata. Il materialesu cui l’autore, però, ha lavorato è imponente:atti, documenti, epigrafi, monumenti e soprattut-to le iscrizioni, minuziosamente osservati e lettiin modo da rilevare i dettagli che spesso lascienza e il metodo tralasciano perché non rien-trano nei grandi temi. Padre Zaramella ha ricer-cato particolari a completamento di tutto quelloche sulla basilica è stato scritto fino ad oggi.

La passione vera e propria dell’autore sono leiscrizioni, che ha studiato anche al di fuori dellabasilica; in questo volume riporta quelle che hapotuto leggere su tutte le superfici (lapidi, mar-mi, muri, dipinti, oggetti) e con molta cura le hatradotte. L’autore si sofferma quindi a descriverei caratteri di ogni angolo dell’edificio: dallafacciata esterna e interna alle cappelle, passandoattraverso tutti i monumenti. Di ognuno sonoriportate le dimensioni, la data d’inizio e di finelavori e tutta una serie di notizie sulle vicissitu-

dini della costruzione, dei personaggi che viparteciparono. Ogni spazio della basilica ha ilproprio corredo di iscrizioni a testimonianza diun evento: molte sono originali, altre sono “ere-ditate” da monasteri chiusi e depositate, in segui-to, in basilica perché fossero comunque conser-vate, come è accaduto con le lapidi del monasterodi San Giovanni da Verdara.

Un capitolo a parte è stato riservato alle iscri-zioni dell’abside del Santo e un altro ai monu-menti più rilevanti della basilica. Incuriosiscemolto il capitolo dedicato a “Quello che le guideusuali della basilica del Santo non dicono”, nelquale l’autore mostra come la basilica, che restain ogni caso un capolavoro d’arte e d’architettu-ra, presenti asimmetrie, anomalie, sproporzionie disuguaglianze a dimostrazione di quali fosse-ro le reali metodiche di costruzione muraria nelMedioevo. Si tratta in altri casi di tutti quei segnidi trasformazione e intervento che l’occhio delturista, ma anche quello dello studioso, spessonon riesce a cogliere avvinto dall’insieme e dallafusione degli stili.

La basilica è nata ed è sempre stata retta dafrancescani e proprio a questa presenza plu-risecolare dei minori è dedicato un intero capito-lo che passa in rassegna iscrizioni, altari, statuee marmi dedicati ai confratelli di Antonio. Nonmanca neppure la cronaca della ricognizione deiresti mortali del Santo, effettuata all’inizio del1981, anche questa scevra, come tutto il volume,di tecnicismi e del vocabolario scientifico spe-cialistico per addetti ai lavori.

Cecilia Passarin

SERGIO SPILLER, Don Giuseppe Arena. La fede, lascienza, la società a Vicenza e nel Veneto 1875-1959, Vicenza, Egida, 1997, 8°, pp. XVI-425,ill., L. 60.000.

Il volume ripercorre la vita e le opere delsacerdote vicentino nato a Cornedo Vicentinonel 1875. Entrato in Seminario giovanissimo,percorse tutte i gradini previsti dalla leggecanonica prima di essere ordinato sacerdote (lu-glio del 1900).

Arena visse durante gli anni della Rerumnovarum di Leone XIII e nella contrapposizionefra capitale e lavoro, fra uomo e forza lavoro;forse proprio da queste prime riflessioni ebbeorigine tutta la sua convinzione in difesa delleclassi lavoratrici. Le vicende delle due guerre,l’espansione coloniale italiana, la persecuzionefascista e il silenzio cui fu costretto, lo portarono

a porsi al servizio delle categorie più umili eindifese, attivandosi all’interno del movimentosociale cattolico anche durante gli anni in cuiricoprì la carica di rettore del Seminario diVicenza. L’autore del volume analizza in modopuntuale l’impegno del prelato vicentino nelladifesa delle classi più deboli della popolazionevicentina.

Quando Giuseppe Arena fu designato a rico-struire l’Ufficio cattolico del lavoro (nel novem-bre 1908), dimostrò fin da subito d’avere chiarinon solo i principi, ma anche le modalità pertradurre gli impegni in obiettivi e in programmiben preci, scegliendo di difendere la libertà e idiritti dei lavoratori più emarginati quali erano inquel periodo i lavoratori agricoli. Arena si trovòa vivere la ricostruzione del movimento socialecercando di organizzare anche il mondo agrico-lo, fino allora scarsamente strutturato e protetto,soprattutto valutando il lavoratore come uomocompleto con i suoi valori morali, spirituali,intellettuali e professionali. In questo, spiegaSpiller, Arena contrastò il movimento sindacalesocialista che mirava solo ad un miglioramentodel benessere materiale che, per quanto legitti-mo, non teneva conto dell’uomo.

Doveva, infine, promuovere leggi a tutela dellavoratore, facilitarne l’accesso ai servizi socialidi base e promuovere iniziative per miglioraremoralmente e professionalmente i propri soci.L’impegno che egli profuse nella difesa dei lavo-ratori è dimostrato anche dalle denuncie pubbli-cate su “Il Vessillo Bianco” in merito alla cattivapaga dei salariati, ai carichi di lavoro, all’esositàdegli affitti, alle onoranze legate ai patti agrari,alla breve durata dei contratti e agli sfratti annua-li. Nominato delegato vescovile, s’impegnò perla realizzazione dell’istruzione religiosa e socia-le e affinché i cattolici partecipassero attivamen-te e fossero maggiormente presenti nella vitapolitica. Fra i suoi progetti vi era anche l’istitu-zione di scuole popolari, sistematiche.

Accanto all’impegno nella direzione dell’Uf-ficio sociale del lavoro, Arena operò attivamenteanche all’interno dell’Azione cattolica, sempreportando avanti programmi precisi a sostegnodel mondo cattolico. Oltre a quest’incessanteattività, Arena fu nominato alla guida della par-rocchia di Sandrigo, senza mai, peraltro, abban-donare completamente la sua attività alla guidadel cosiddetto “sindacato bianco”.

Durante il fascismo anche Arena fu ridotto alsilenzio, ma la sua azione non ebbe termineperché, nominato rettore del Seminario vicentino,stimolò i nuovi sacerdoti alle tematiche sociali epolitiche.

Il volume, oltre alla cronaca della vita diGiuseppe Arena, propone anche un’antologiadei suoi scritti e un’ampia raccolta di testimo-nianze di quanti lo conobbero.

Cecilia Passarin

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

SCIENZE SOCIALI

GIULIANO PETROVICH, Il Veneto alla ricerca di unnuovo patto sociale. Teoria delle decisioni pub-bliche, consenso politico e trasformazioni eco-nomiche nel “modello Veneto”, Padova, Cedam,1999, 8°, pp. 218, L. 30.000.

Negli ultimi vent’anni, il paesaggio sociale,urbano ed economico del Veneto ha evidenziatotali cambiamenti da trasformare la nostra regio-ne da fanalino di coda della locomotiva-Nord amodello di sviluppo studiato e imitato in tutto ilmondo. Quali sono stati i fattori determinanti diquesta “esplosione”? In altri termini, è sufficien-te ricorrere alla logora categoria della piccolaimpresa per comprendere un simile mutamento?E soprattutto: quali tensioni sociali, quali vuoticulturali ha prodotto questo liberismo impetuosoe, spesso, deregolamentato? Su queste crucialiquestioni si interroga Giuliano Petrovich, pro-fessore di politica economica presso l’Universitàdi Venezia, in questo suo libro. L’autore pun-tualizza che “la struttura delle imprese, la dina-mica delle innovazioni, la presunta flessibilità el’apertura del mercato, vanno rimeditate conrigore e distinte quantomeno per periodi e zonegeografiche venete”. Questo perché la questioneè complessa e “probabilmente non è esistito unVeneto unico, né un Nordest omogeneo, né unNorditalia compatto”.

La tesi di fondo di Petrovich è che le possibilichiavi interpretative dei fenomeni in atto vadanoricercate a partire dall’analisi del “patto sociale”tra governanti e governati. Patto sociale che“costituisce l’accordo sui fini, modi, regole estrumenti e lega eletti ed elettori, governi ecittadini, rappresentanze e rappresentati”.

Il percorso teorico dell’autore si snoda in dueparti. La prima – “Cenni ad alcuni schemi dimodelli decisionali” – è dedicata a quella che sidefinisce Teoria dei livelli di governo. Si tratta diuna ripresa di schemi e teoremi di politica econo-mica e di economia pubblica che analizzanol’articolazione dei centri decisionali di progetta-zione, prelievo e spesa. Gli autori citati sonoTimbergen, Buchanan, Oates.

La seconda parte – “Il Veneto da problema amodello. Considerazioni su consenso politico,evoluzione sociale e trasformazione economicadal secondo dopoguerra” – tratta da vicino iltema del patto sociale, analizzando le tesi con-trapposte di un Veneto “bonario, accattivante,moderato e legalista” e di un Veneto “campani-lista, settario e conflittuale”. Il problema, sostie-ne Petrovich, è capire quando e come sia avvenu-to il passaggio dall’una all’altra “tipologia”, pas-saggio forse più graduale e sfumato di quanto sipossa pensare.

Questo libro, sorretto da una solida impo-stazione scientifica, è uno strumento prezioso,una lente di ingrandimento per osservare più indettaglio il fenomeno-Veneto, che corre il seriorischio di alimentare uno sterile serbatoio didefinizioni socio-giornalistiche, senza però es-sere mai colto nella sua essenza.

Marco Bevilacqua

Combattere il razzismo e le xenofobia. Azionepratica a livello locale. Relazioni interco-munitarie, Venezia, Regione del Veneto - Edi-zioni del Consiglio d’Europa, 1996, 8°, pp. 164,s.i.p.

Progetti di formazione professionale. Verso lepari opportunità per gli immigrati. Direttivepratiche, Venezia, Regione del Veneto - Edi-zioni del Consiglio d’Europa, 1996, 8°, pp. 66,s.i.p.

Formazione della polizia riguardo alle relazionicon i migranti e i gruppi etnici. Direttive prati-che, Venezia, Regione del Veneto - Edizioni delConsiglio d’Europa, 1996, 8°, pp. 186, s.i.p.

Questi tre volumi sono parte di una più ampiaserie promossa dalla Regione del Veneto, conce-pita per accompagnare il rapporto “Le relazioniintercomunitarie e interetniche in Europa” pub-blicato nel 1991 dal Consiglio d’Europa. Lerelazioni intercomunitarie – relazioni tra i mi-granti o i gruppi etnici immigrati e la società e igruppi etnici del paese ospitante – sono già datempo parte integrante della nostra vita quotidia-na, pertanto ben si comprende l’impegno profu-so dal Consiglio d’Europa per l’integrazionedegli immigrati.

Il volume sul razzismo prende le mosse dallariunione tenutasi nel 1993 a Berlino. In essovengono presentate esperienze pratiche e proget-ti in fase di sperimentazione o esecutiva nelRegno Unito, in Germania, in Austria, in Svezia,in Francia, in Olanda, in Norvegia, e anche inItalia. Quello del razzismo è un problema quantomai attuale e drammatico anche nel mondo occi-dentale, più ricco e libero, perché esso – comesottolinea Wieviorka – “transita da un paeseall’altro sotto forme relativamente diversificate:pregiudizi crescenti, manifestati sempre più espli-citamente, come se i tabù fossero saltati, discri-minazione, segregazione, sviluppo di partiti eorganizzazioni in cui il razzismo è una compo-nente più o meno centrale dell’azione e deldiscorso”.

Strettamente collegato al tema del razzismo, omeglio all’abbandono del pensiero razzista afavore dell’integrazione degli immigrati, si col-loca il discorso sulle pari opportunità. Questotema, unitamente al ruolo della formazione pro-fessionale per gli immigrati, è trattato nel volumeche origina dalla riunione del 1992, svoltasi aStrasburgo. Nel testo, oltre alle direttive pratichein materia, emanate dal Consiglio d’Europa,vengono presentati diversi progetti attivi in alcu-ni Paesi europei. La formazione delle giovaniimmigrate senza lavoro, per l’Austria; la forma-zione universitaria, e la formazione dei gruppietnici e sociali svantaggiati, per il Regno Unito;l’apprendistato e formazione al lavoro, per laNorvegia; le risorse disponibili e il mercato dellavoro, per la Svezia; l’informazione dei giovaniimmigrati, e la formazione professionale, per laGermania; l’orientamento, la formazione e l’im-piego per le giovani di minoranze etniche, per iPaesi Bassi.

Infine, il volume dedicato alla formazione deicorpi di Polizia, che fa seguito alla riunione diStrasburgo del 1992, mette a confronto l’im-postazione delle scuole di polizia in Paesi euro-

pei quali Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia,Germania, Olanda, Paesi Bassi, Norvegia, Sve-zia, Regno Unito, Galles.

Susanna Falchero

Padova-Chioggia: trasporti, viabilità, svilupposocio-economico, Atti del Convegno (Agripolis,22 giugno 1998), a cura di M. Bonsembiantee N.A. De Carlo, Milano, Franco Angeli, 1999,pp. 220, s.i.p.

Il convegno si è svolto con la partecipazionedel presidente della Regione del Veneto, delRettore dell’Università di Padova e di numerosirappresentanti degli enti locali interessati ad esa-minare la possibilità di un collegamento ferro-viario fra Padova e Chioggia.

Nello spazio fra le due città sta assumendopeso crescente la direttrice Legnaro-Agripolis,importante polo scientifico dell’Ateneo patavi-no, e Piove di Sacco. Sulle strade fra Padova eChioggia si registra un traffico intensissimo,aggravato anche da mezzi pesanti, che determinanotevoli rallentamenti e perdite di tempo. Ilgrande traffico mediamente raddoppia ogni ottoanni. Già adesso lavorare o studiare ad Agripolis,a pochi chilometri da Padova, comporta deidisagi notevoli. Dall’Interporto padovano, col-locato nella parte orientale della città, partonodecine di treni ogni giorno, che vanno ad immet-tersi nella rete ferroviaria nella parte opposta.Sarebbe più razionale l’istradamento verso lelinee che collegano al Tirreno, utilizzando untratto della ferrovia Padova-Chioggia.

L’area sud-est della provincia di Padova havisto aumentare le sue potenzialità senza dotarsinello stesso tempo delle infrastrutture necessariea garantire il sistema relazionale. Da parte suaChioggia non è ben collegata alla rete ferroviariaregionale e nazionale. È dotata di una sola lineaferroviaria che la collega a Rovigo. Lo studio difattibilità della ferrovia Chioggia-Padova preve-de un costo di realizzazione complessivo di 327miliardi. Il tracciato ha uno sviluppo di 56 km eattraversa Legnaro (Agripolis), Piove di Sacco,Arzergrande e Pontelongo. Tra Piove di Sacco ePontelongo la linea sarebbe interconnessa allaAdria-Mestre. La velocità di percorrenza mediasarebbe di 48-55 km/h a seconda delle fermate. Itempi di viaggio sarebbero di 14-17 minuti finoad Agripolis, 26-31 minuti fino a Piove di Sacco,57-71 minuti fino a Chioggia. La linea sarebbeadatta anche al passaggio di treni merci. Latrazione sarebbe diesel, con carrozze tutte moto-rizzate. L’orario proposto prevede un treno ogni15 minuti nelle ore di punta e ogni 30 minuti nelresto della giornata. Fino ad Agripolis, e vicever-sa, il servizio ogni 15 minuti sarà esteso per tuttala mattina. Il binario sarà quasi ovunque doppio.Il tracciato presenta due alternative alla soluzio-ne base: una fra Padova e Piove di Sacco di minorcosto ma che non fa servizio per Agripolis, l’altrafra Piove di Sacco e Chioggia, per Codevigo, mache salta Pontelongo, quindi con minor bacino diutenza. Il costo di esercizio si attesta sui 15miliardi all’anno.

Elio Franzin

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Democrazia virtuosa. Scienza e cultura al servi-zio di una eco-città. Progetto Quartiere Aperto,a cura di Corrado Poli - Silvio Scanagatta -Simone Dalla Libera, Padova, Cedam, 1999, 8°,pp. 320, ill., L. 38.000.

Progetto Quartiere Aperto nasce con l’intentodi “dare voce ai cittadini” e presenta i risultati diun lavoro svolto capillarmente nella zona diPadova-Est – una realtà definita “complessa eper molti versi contraddittoria”.

Il supporto all’intera iniziativa, nata dall’im-pegno di un gruppo di cittadini, è stato fornito dalConsiglio di Quartiere Brenta/Venezia, che hasaputo accogliere e sostenere questo progettoispirato ai principi della democrazia liberale, eaffrontato secondo il metodo del decentramento.

Il volume, articolato in quattro sezioni, con-tiene saggi inerenti i diversi temi che hannointeressato la ricerca e il Progetto. La prima partecontiene un approccio globale, dedicato a scien-za e cultura a servizio del territorio; con la se-conda sezione si entra nel “cuore” del progettostesso – analizzato in dettaglio dal punto di vistametodologico nella sezione successiva; l’ultimaparte è dedicata al progetto “raccontato” daiprotagonisti.

Il testo offre un esempio chiaro di come siapossibile concretamente dare voce ai cittadini,garantire una maggiore autonomia di gestione aiquartieri – alleggerendo il carico sull’ammini-strazione comunale e diventando interlocutoriprivilegiati della classe politica – e valorizzare almeglio le risorse presenti sul territorio.

Susanna Falchero

“Quaderni dell’A.D.R.E.V.”, n. 2, Venezia, Ar-chivio di Documentazione e Ricerca sull’Emi-grazione Veneta - Centro interuniversitario diStudi Veneti - Ravenna, Longo, 1997, 8°, pp.183,ill., s.i.p.

Dopo il primo volume dei “Quaderni dell’A.D.R.E.V.” in cui hanno visto la luce gli Attidella Conferenza Permanente dei Veneti nelMondo (Verona 14-15 giugno 1996), questa se-conda pubblicazione assume la struttura peculia-re della collana ponendosi come una raccolta distudi, documenti, ricerche e notizie inerenti ilmondo dell’emigrazione veneta. Si susseguonointerventi di carattere storico, quali la ricostru-zione, di Loris Andrioli, della tragedia dei mina-tori di Marcinelle in Belgio e il saggio di UldericoBernardi che forgia a tutto tondo la figuraemblematica del trevisano Geremia Lunardelli,asceso dalla condizione più umile di emigrato diprima generazione a “o rei do café” del Brasile.

Giovanni Meo Zilio presenta un’anteprimadell’ultima opera di padre Joao Leonir Dall’Albasull’epopea della famiglia Ballardin, pionieriveneti nello stato brasiliano di Rio Grande doSul, la quale fornisce uno spaccato di quellaparticolare esperienza ad inizio secolo di straor-dinaria vivezza anche per l’utilizzo da parte delloscrivente della parlata dialettale originaria sottol’influenza della lingua portoghese. Un assaggiodel lavoro di Mariantonia Brustolin Italiani o

Croati: storia di una migrazione focalizza lasguardo su una drammatica situazione di profon-da attualità. Infine il “Notiziario” a cura dellaRedazione offre recensioni bibliografiche, noti-zie di convegni, premi, biblioteche, musei, eragguagli sull’emeroterca e sulle acquisizionibibliografiche dell’Archivio.

Giovanna Battiston

Atti della Conferenza dei Veneti dell’AmericaLatina. Florianopolis - Santa Caterina (Brasi-le), 14-15-16 novembre 1997, a cura di SusannaCeli, “Quaderni dell’A.D.R.E.V.” n. 3, Venezia,Archivio di Documentazione e Ricerca sull’Emi-grazione Veneta - Centro interuniversitario diStudi Veneti - Ravenna, Longo, 1998, 8°, pp.206, s.i.p..

L’America Latina, uno dei bacini privilegiatida tanta emigrazione veneta, è stata individuatadall’Assessorato alla Politiche dei Flussi Mi-gratori come il destinatario della prima Confe-renza d’area promossa dalla Regione del Veneto,di cui questo volume raccoglie gli atti. Le rela-zioni tecniche e scientifiche, gli interventi quali-ficati degli esponenti del mondo industriale epolitico, la partecipazione di tante delegazioniprovenienti da tutti gli Stati del continentesudamericano interessati dal fenomeno, l’appor-to determinante dell’associazionismo ed infinela sottoscrizione di documenti programmaticielaborati da gruppi di lavoro nei diversi campi –cultura, economia, informazione, associa-zionismo – offrono la visione della situazioneattuale di queste comunità all’estero ed evi-denziano l’esigenza intrinsecamente sentita datutti di elaborare progetti e promuovere interven-ti per la valorizzazione dei rapporti con lamadrepatria a qualsiasi livello.

La salvaguardia della cultura originaria comeconsapevolezza delle proprie radici si pone qualemomento fondamentale nella strada da percorre-re: la condivisione di secolari esperienze sedi-mentate, auspicabilmente rinverdite nelle giova-ni generazioni oriunde da una istruzione scola-stica mirata, permetterà di rinsaldare vincolireciproci anche in campo economico, che nonsoltanto favoriranno le comunità emigrate mapromuoveranno il Veneto verso un processo diinternazionalizzazione. In appendice alcuni do-cumenti legislativi e di politica economica.

Giovanna Battiston

Censimento demografico 1991: un modello dianalisi per le realtà locali, Venezia, RegioneVeneto - Dipartimento per la Statistica e l’Infor-matica, 1996, 8°, pp. 261, ill., s.i.p. + cartella conCarte tematiche, 4°, 30 tavv.

Come da tradizione questo volume e le tavoletematiche presentano un’analisi dei risultati delCensimento demografico della popolazione edelle abitazioni 1991 del Veneto. Finalità essen-ziale di questa iniziativa è la divulgazione di

informazioni ad un livello spinto di disag-gregazione territoriale (Comune), e di rappre-sentazioni georeferenziate dei principali indica-tori demografici, sociali ed economici, nonché lafornitura di un supporto metodologico di base,relativo alla struttura concettuale, e della ri-levazione e delle specifiche tecniche di elabora-zione agli Enti locali che abbiano intenzione diripetere l’esperienza di analisi per soddisfarespecifici fabbisogni conoscitivi, in relazione alleproprie competenze programmatiche.

Andrea Fosco

Veneto in Cifre 1996/1997, Venezia, RegioneVeneto - Sistan - Servizio Statistico Regionale,1998, 8°, pp. 373, ill., s.i.p.

Veneto in Cifre è una sintesi di informazioniriferite alla realtà veneta nelle sue diverse espres-sioni ed articolazioni: di carattere sociale, econo-mico, demografico e ambientale. Per chiarezzadei contenuti, essa ben risponde alle esigenzeinformative degli uffici regionali, di operatoripubblici e privati, nonché di studiosi, ricercatorie studenti. Questa sorta di annuario statistico,insomma, offre conoscenze che consentono atutti di avere un valido supporto alla propriaattività, specificamente quando si tratta di assu-mere decisioni in maniera informata e corretta.Veneto in Cifre, quindi, non è un prodotto desti-nato a giacere in qualche scaffale, ma supporto allavoro quotidiano, che trova la sua naturale col-locazione sul tavolo di tutti gli operatori, sianoessi pubblici o privati.

Andrea Fosco

Le malattie infettive nel Veneto negli anni 1994e 1995, Venezia, Regione Veneto - S.I.R.V. Siste-ma Informativo Regione Veneto, 1997, 8°, pp.127, ill., s.i.p.

La decima edizione della serie contiene lasintesi dei dati desunti dalle notifiche delle ma-lattie infettive che gli operatori dei Dipartimentidi Prevenzione delle ULSS hanno raccolto, regi-strato e trasmesso alle competenti Direzioni re-gionali e ministeriali. Questa edizione, rispettoalle precedenti, è stata arricchita con informazio-ni derivate dai flussi informativi riguardanti al-cune malattie di particolare importanza epi-demiologica soggette a sorveglianza speciale,quali ad esempio la tubercolosi, la malaria, leepatiti virali e le meningiti batteriche.

Andrea Fosco

Preadolescenze. Problemi, potenzialità e strate-gie educative, a cura di Diega Orlando Cian,Milano, Unicopli, 1998, 8°, pp. 334, L. 30.000.

Il volume – curato da una eminente pedago-gista dell’Ateneo patavino – raccoglie e proponeuna serie di interessanti studi centrati sulla fascia

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

di età della “preadolescenza”, compresa tra gli11 e i 14 anni. Scorrendo i vari contributi diventacosì possibile conoscere a fondo la realtà sogget-tiva dei ragazzi e il loro modo di rapportarsi aglialtri, in primis alla famiglia e alla società. Lachiave di lettura pedagogica, infatti, offre lapossibilità di inquadrare i problemi della preado-lescenza in un’ottica positiva e propositiva, dallaquale trarre preziosi spunti per fare emergere vieeducative adeguate ai giovani con i quali ci siconfronta quotidianamente.

Susanna Falchero

Psichiatria di territorio. Almanacco 1999, a curadi Franco Fasolo e Lodovico Cappellari, Padova,La Garangola, 1999, 8°, pp. 247, L. 35.000.

Ruolo elettivo della psichiatria è occuparsi delmalessere interiore, di prendersi cura dell’essereumano nella sua globalità. Da qui la necessità diribadire (perché ce n’è sempre bisogno) l’impor-tanza della condivisione della sofferenza umana,presente ovunque nel mondo, e ancor più “senti-ta” negli studi degli psichiatri. L’Almanacco1999, realizzato da un nutrito gruppo di operatoridel settore in territorio veneto, intende ancorauna volta rilanciare questo compito, occupando-si in in maniera centrale di “ridurre la so-matizzazione promuovendo la mentalizzazione”,come ricorda una parte del titolo dell’Introduzio-ne al volume.

In base a tali premesse, Almanacco 1999 con-tiene varie sezioni che affrontano le diverseforme di malessere interiore e i luoghi nei qualila psichiatria può efficacemente diventarepromotrice di ritrovata salute e benessere: neidipartimenti e nei centri di salute mentale, neicasi di violenza, negli interventi di riabilitazione,nelle strutture intermedie, negli ospedali e nellecase di riposo, infine nelle cosiddette “case ulti-me”. Ogni sezione contiene casi, progetti e risul-tati di esperienze concrete messe in atto sulterritorio, e affronta le possibilità di interazionefra la psichiatria e gli altri ambiti del “fare”umano.

Susanna Falchero

GLORIA SPESSOTTO – SANDRO TRAVAGLIA, Ciò chegli angeli non sanno. Esperienze culturali nellaComunità terapeutica di Camparta, Gardolo diTrento (TN), Comunità di Camparta, 1998, 8°,pp. 183, L. 25.000.

Con questo suggestivo titolo wendersianoGloria Spessotto e Sandro Travaglia, entrambipadovani d’adozione, presentano una sorta didiario di bordo delle attività culturali (tutt’altroche tradizionali) che accompagnano un gruppodi ragazzi nel “viaggio immobile” della comuni-tà terapeutica di Camparta verso il recupero dallatossicodipendenza e la ricostruzione della pro-pria personalità. Più che una risalita dall’infernodella droga lasciato ormai alle spalle, si tratta diuna discesa da un mondo irreale senza tempo e

senza spazio verso una realtà piena di limiti, difatica, di dolore ma anche di progettualità, dirisultati concreti, di soddisfazioni: che i tossico-dipendenti non conoscono e che devono affron-tare per diventare finalmente uomini.

Il libro raccoglie e condensa il lavoro svoltodai due autori nel corso di diversi anni con laconvinzione che un interesse per il mondo delleidee, dei sentimenti, dell’arte, è d’aiuto per ritro-vare la forza di vivere e la stima di sé, e persuperare quel disagio così diffuso in un contesto,come quello del Triveneto, in cui nel volgere dipochi decenni si è passati dalla povertà di risorsedella civiltà contadina a modelli di vita basatiprevalentemente sul benessere economico e sulsuccesso a qualsiasi costo.

La scommessa di fondo è dunque che la cultu-ra può diventare un’antidoto al vuoto esistenzia-le riguadagnando i diritti di una razionalità amisura d’uomo che rimetta al centro i bisogniprimari dell’individuo, spesso trascurati dallascuola istituzionale, e i valori irrinunciabili dellasocialità nel rispetto di principi e regole chegarantiscono la civile convivenza.

Il percorso terapeutico è sostenuto da stimoliculturali che spaziano dal cinema al teatro, dallaletteratura all’attualità, dalla storia alla politica,dalla musica allo sport, ed è accompagnato dadibattiti e dall’elaborazione scritta dei vari argo-menti, sicché i ragazzi sono i veri protagonisti diquesta didattica in cui la cultura è in funzionedella vita. Sullo sfondo dell’attività culturale siscorge il dipanarsi della storia, la trasformazionedella società e del fenomeno della tossicodi-pendenza nel corso degli ultimi quindici anni,oltre alla vita e al metodo riabilitativo all’internodi una Comunità terapeutica d’indirizzo psico-analitico.

Gabriella Imperatori

GIOVANNI STEFANI, Ogni uomo semplice. Storie divolontari, Padova, Il Prato, 1998, 8°, pp. 195,L. 22.000.

“...il Bene non fa notizia” ammonisce l’autorefin dalle prime righe, contrapposte al drammati-co interrogativo: “che notizia può fare una perso-na che aiuta il suo prossimo? Dov’è lo spunto dicronaca in un atteggiamento altruista, in unastoria in cui i buoni dominano sui cattivi...?”. Arifletterci, però, la notizia c’è: nel “fenomeno” dimigliaia di persone che – anziché pensare esclu-sivamente a se stessi – dedicano parte del lorotempo libero al volontariato. E proprio di storiedi volontariato ci parla Giovanni Stefani. Dipersone diverse, per età ed estrazione socio-culturale, accomunate dal desiderio e dalla vo-lontà di aiutare il prossimo. In questo caso, illibro diventa un modo interessante per conoscerequeste storie e per riflettere anche sui proprivalori, prima che su quelli altrui. “Cose fuorimoda, oggi” – prosegue con apparente amarezza– ma grazie alle quali “ogni uomo semplice,ascoltando il battito del proprio cuore, può scri-vere per dare un senso alla sua vita”.

Susanna Falchero

AMBIENTE

PIERO BEVILACQUA, Venezia e le sue acque. Unametafora planetaria, postfazione di MassimoCacciari, Roma, Donzelli, 1998, nuova ed. ac-cresciuta e interamente riveduta, 8°, pp. 176, ill.,L. 38.000.

Fin dal XIV secolo Venezia dovette affrontareil problema della conservazione della sua lagu-na, un vasto specchio d’acqua di circa 550 kmq,dai pericoli di alterazione dell’equilibrio natura-le e dai processi di interramento. La lagunadifendeva la città dalle tempeste marine prove-nienti dall’Adriatico. Era stata creata dalle stesseforze che ne minacciavano l’esistenza, il mare ei fiumi della Terraferma: l’ Isonzo, il Tagliamento,il Piave, il Sile, il Brenta, il Bacchiglione, l’Adige,il Po. Contro la violenza periodica esercitata dalmare sui Lidi, i veneziani applicarono specificheforme di difesa a mare. L’insabbiamento dellalaguna da parte dei fiumi era una minaccia piùgrave di quella costituita dal mare.

Nel 1501 fu istituito il Magistrato alle acquecon il compito di far rivedere ogni anno gli arginiche circondavano la laguna. Nel 1505 fu creato ilCollegio solenne sopra le acque. Infine fu creatala figura del Perito ai fiumi, il proto o ingegnereche doveva sapere tutto su di essi. E iniziarono igrandi lavori di deviazione dei fiumi.

Il fiume più dannoso era il Brenta. E la suasistemazione durò quattro secoli. Tra il 1501 e il1507 fu realizzato il Taglio della Brenta nuova.Nel 1604, grazie al Taglio di Porto Viro, anche ilPo fu allontanato dalla laguna. Nel 1610 terminòil Taglio della Brenta nuovissima. La diversionedei fiumi ottenne il grande risultato di impedirel’interramento della laguna, ma sacrificò gli in-teressi della Terraferma. Lo smaltimento delleacque piovane delle terre agricole veniva impe-dito dai fiumi. Gli alvei dei fiumi diventavanopensili rispetto alle campagne ed esse eranocostrette ad impaludarsi. Nel 1815, sotto la do-minazione austriaca, la politica veneziana didiversione dei fiumi dalla laguna fu apertamentecontestata e Vienna concesse un certo spazio agliinteressi delle varie provincie della Terrafermale quali reclamavano che i fiumi fossero ricondottinella laguna. Lo scontro su questo problema duròdal 1815 fino al 1821, finché il Consiglio dellefabbriche di Vienna si pronunciò per il ritornodei fiumi in laguna e la Cancelleria aulica neadottò il parere. Ma solo nel 1840 il Brenta furiportato in laguna mediante il Taglio della Cu-netta a Stra. Era una decisione tecnicamentesbagliata e fu corretta nel 1896 quando il Brentafu riportato nel mare.

La politica di tutela della laguna seguita daVenezia non aveva potuto risolvere una gravissi-ma contraddizione con la Terraferma. Ma essa,per secoli, si è posta su un piano decisamentesuperiore a quello degli interventi novecenteschitendenti a creare il polo industriale, sopratuttochimico, a Marghera. Essi hanno gravementecompromesso l’equilibrio naturale della laguna.Anche l’agricoltura con l’uso indiscriminato deiprodotti chimici ha provocato dei danni ingenti.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

L’inondazione del 4 novembre 1966 ha riportatodrammaticamente l’attenzione dell’opinionepubblica nazionale ed internazionale sui proble-mi gravissimi di Venezia e della sua laguna. Nel1973 e nel 1984 il Parlamento italiano ha emana-to due leggi speciali che hanno posto le premesseper un mutamento positivo nella gestione dellacittà. Da allora a Venezia e in laguna si sonosucceduti molti interventi. Rimane ancora irrisoltala grave questione del progetto di dighe mobilialle bocche di porto chiamato Mose.

Elio Franzin

Guida alla scoperta della laguna di Venezia,Trieste, Oltremare, 1998, 8°, pp. 152, ill.,L. 29.000.

Si è assistito negli ultimi anni ad un rinnovatointeresse verso quel particolare intreccio di ele-menti naturali e opera secolare di interventoantropico costituito dalla Laguna di Venezia.Sono stati pubblicati volumi di vario spessore edapproccio, tanto testi scientifici su aspetti diquesto complesso sistema, come monografie di-vulgative e turistiche. L’agile volumetto con cuisi presenta questa nuova editrice triestina inten-de occupare un ambito settoriale: il target cui sirivolge è costituito dal mondo dei diportisti e diquanti intendono praticare itinerari diretti di esplo-razione lagunare. Il volume si propone alla ma-niera di un moderno “portolano”, ricco di infor-mazioni e di riferimenti, nel quale viene ricercatoun particolare abbinamento fra testo scritto edisegni illustrativi (che esemplificano gli ele-menti e mostrano le località così come si presen-tano ad una visuale dall’acqua).

Il lavoro parte dalla fondata convinzione che ilmodo migliore per visitare la laguna e gustarne ilfascino sia quello di percorrerla direttamente eautonomamente, giocoforza con una piccolaimbarcazione, vogando o a vela. Si tratta di unanuova fruizione della laguna, che si spera riescaa contribuire al superamento del pluridecennaleabbandono in cui è caduta, e che la ha portata adun deterioramento delle sue peculiarità.

La Guida individua 90 siti, tra canali, centriabitati, isole e casoni. Ad un approccio intro-duttivo generale, che sintetizza storia e caratteri-stiche della laguna, e che illustra come affrontarele esplorazioni proposte, vengono fatti seguiregli itinerari, seguendo una articolazione che dal-le isole della laguna nord, con le paludi dellaRosa e della Centrega, passa all’area di Treporti

e Cavallino, e quindi alle isole abbandonatedella laguna sud, la linea di difese a mare, perconcludersi verso Chioggia, con il “giro deicasoni” e i borghi antichi dei pescatori. Comple-tano il testo una serie di informazioni pratichecon approdi, numeri e riferimenti utili, anchecommerciali, strutture ricettive e culturali, alber-ghi e ristoranti.

Curata da Mario Cipollini e Francesca Rech(con una serie di altri apporti specifici), realizza-ta a due colori, riprendendo in forma moderna ilmodo di presentarsi dei portolani, come si accen-nava la Guida fa largo uso di disegni, piantine,profili delle località viste dall’acqua, informa-zioni nautiche. Fornisce riferimenti basilari per idiversi siti lagunari, elementi naturalistici, florae fauna distinta in sott’acqua e fuori acqua.

Pier Giorgio Tiozzo

GIORGIO ZOCCOLETTO, Il bosco Brombeo del comundi Chirignago, Mestre (VE), Gruppo di ricercastorica, 1994, 4°, pp. 111, ill., s.i.p.

Una mappa attuale mostra come il bosco di cuiil testo ricostruisce le secolari vicende fino alcapitolato per la vendita all’asta del 1921,si trovisotto uno spesso mantello di svincoli tangenzialie cavalcavia e che sia necessario un grosso sforzodi immaginazione per ricostituirne sotto la colatadi cemento e asfalto i profili e le prospettivapassate. Il testo però ci viene in aiuto proponendouna ricostruzione degli statuti, delle successivevendite, delle ragione dei Provveditori sopra ibeni comunali, che ne rivendicano il controlloper le esigenze dell’Arsenale e sul quale impon-gono la legge organica sui roveri così preziosiper la vita stessa dello Stato veneziano. Dopo levicende successive alla caduta della Serenissi-ma, il bosco rimane ancora fonte di legnamepregiato. Ma conosce il suo taglio completo conle esigenze belliche per il rafforzamento delletrincee sulla linea del Grappa e del Piave.

Segue una ricca sezione con mappe eseguitene 1697, e un repertorio di documenti che nescandiscono tutta la storia.

Fiorino Collizzolli

LUIGI BRUNELLO, Morte di un fiume, Mestre (VE),Gruppo di ricerca storica - Edizioni Centro Cul-turale Villa Pozzi, 1997, 4°, pp. 45, ill., s.i.p.

Un disegno di copertina traccia un percorsoche partendo dai colli asolani, attraverso Castel-lo di Godego, le resorgive attorno a Resana, a sudest verso Noale, Maerne, Zelarino arriva a Mestree finalmente a Campalto in laguna: è il tracciatodi un fiume antichissimo che aveva contribuito arendere la più fertile della Decima Regio la zonadel graticolato, che fu “l’artefice della geo-morfologia del Canal Grande e della Bocca diPorto del Lido” e del quale per la sua irrequietez-za e la difficoltà della sua regimentazione è statanei secoli XVI e XVII, da parte della Serenissima,decretata la morte. Si tratta del Musone, ed è diquesto fiume scomparso che Luigi Brunello trac-cia con brevi ma precise pennellate il ritratto, perrestituirgli il merito di avere scavato i letti suc-cessivamente occupati da Marzenego, Dese, Sile,Zero e, con il suo alveo, il disegno profondo dellalaguna fino al Porto di Lido.

Brunello ne segue le vicende in terraferma,ricostruendone l’evoluzione per cataclismi natu-rali, come quello del 589 descritto da PaoloDiacono, che ne modificano l’alveo fino allamappa disegnata dall’ingegnere dell’Ofitio delleAcque nel 1556 e successivamente, per la salva-guardia della Laguna dal rischio di interramento,gli interventi di diversione operati direttamentedall’uomo che ne decretano la scomparsa. Ancheil Canal Salso che viene scavato in laguna apartire dal vecchio sbocco in Laguna presso S.Giuliano per reggere il traffico commerciale conla terraferma perderà progressivamente di im-portanza con l’inaugurazione del ponte lagunare.

Fiorino Collizzolli

ARTE

GIUSEPPE MARIA PILO, La giovinezza di GiovanBattista Tiepolo e gli sviluppi della sua primamaturità, Venezia, Regione del Veneto - Mon-falcone (GO), Edizioni della Laguna, 1997, 4°,pp. 242, ill., s.i.p.

Tra le iniziative in occasione del terzo cente-nario della nascita di G.B. Tiepolo promossedalla Regione del Veneto, è particolarmente op-portuna e significativa la pubblicazione del volu-me sulla fase giovanile dell’artista, determinanteper la realizzazione del suo genio, acutamentericostruita dal noto studioso di arte veneta Giu-seppe Maria Pilo.

Giovan Battista Tiepolo (1696-1770), altissi-mo rappresentante della pittura nel “secolo deilumi”, appare originale e grande fin dalle primeopere, nel 1715, a Venezia, dove, superato age-volmente il maestro Gregorio Lazzarini, si acco-sta a Federico Bencovich per intensità espressi-va, arditezza degli scorci e drammatici effetti diluce. Gli Apostoli Tommaso e Giovanni all’Ospe-daletto, dipinti a soli 19 anni, mostrano la genialità

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

dell’artista, già padrone della tecnica in cui tra-durre le immagini della sua ardente fantasia.

Tiepolo brucia le tappe e nella brevissimaformazione rielabora gli insegnamenti di Tin-toretto, Veronese, Piazzetta, Sebastiano Ricci,mentre mette a punto il suo inimitabile stile nelladecorazione di palazzi e di chiese. La primaprova significativa, 1718, è la decorazione delsalone della villa Baglioni a Massanzago (l’As-sunta nella parrocchiale di Biadene, 1716, ètroppo rovinata) con scene mitologiche che rie-vocano motivi culturali del passato con lievità,maestà e grazia. Alla “maniera chiara” dell’af-fresco il giovane Tiepolo alterna una “manierascura” con drammatici contrasti d’ombra e luce:Sacrificio d’Isacco, all’Ospedaletto, San Seba-stiano, già in una collezione privata, Probaticapiscina all’Accademia di Venezia, 1719-20.

La sua arte evolve rapidamente, si fa più sicurae articolata: Gloria di S. Lucia della parrocchialedi Vascon, Apoteosi di Santa Teresa agli Scalzi,Martirio di San Bartolomeo a San Stae, le telemitologiche all’Accademia: Ratto d’Europa,Diana e Atteone, Diana e Callisto, Apollo eMarsia, ricche di citazioni letterarie, di motivifiabeschi e di spunti realistici. Negli anni succes-sivi partecipa al concorso per la Gloria di SanDomenico, 1723, dipinge la Crocifissione in SanMartino di Burano, 1722-25, le Storie di Zenobiaper Ca’ Zenobio, e il ciclo a fresco e a olio sultema dell’Eloquenza a palazzo Sandi a Venezia.

Tiepolo raggiunge la piena maturità nella ric-ca serie di dipinti a Udine nel Duomo e a PalazzoPatriarcale, tra il 1726 e il 1730, con episodi dellaGenesi e dell’Antico Testamento dove le arditeprospettive e i luminosissimi colori segnano ilpassaggio dal barocco al rococò. Nella comples-sa esecuzione gli è collaboratore il quadraturistaGirolamo Mengozzi Colonna che fornisce l’im-pianto illusionistico alle figure, stimolando lafantasia del maestro, ormai padrone di un propriolinguaggio figurativo.

Raggiunta la notorietà con le dieci Storie ro-mane per Ca’ Dolfin, di grande potenza dramma-tica, viene chiamato a Milano ad affrescare pa-lazzo Archinto e palazzo Casati Dugnani. Quan-to rimane della decorazione attesta una certa aria

teatrale, da melodramma, ed una tecnica sapienteche sfiora il virtuosismo, caratteri presenti anchenel grande fregio il Serpente di bronzo, 1732, perSan Cosma a Venezia.

Nella sua città, Tiepolo dipinge soggetti mito-logici, come il Trionfo di Zefiro e Flora a Ca’Pesaro e scene religiose intensamente patetiche:Orazione di Cristo nell’orto agli Scalzi, Adora-zione del Bambino a San Zulian, Educazione diMaria a Santa Maria della Fava, le due tele nellaScuola di San Rocco Abramo visitato dagli an-geli e Agar e Ismaele nel deserto. Nel 1732-33compie la fastosa decorazione della CappellaColleoni a Bergamo con Storie del Battista lumi-nose e ricche di invenzione e nel 1734, in soli tremesi, porta a termine il ciclo di affreschi sullaNobiltà e il Merito nella villa Loschi-Zileri dalVerme al Biron, presso Vicenza.

Già la sua fama supera i confini di Veneto eLombardia e si espande in vari paesi europei, maper ora compie a Venezia le opere più significa-tive: gli affreschi ai Gesuati con la Gloria di SanDomenico e l’Istituzione del Rosario, 1737-38, ele tele a Sant’Alvise con Storie della Passione.Nel 1740 Tiepolo affresca a Milano il soffitto delsalone a palazzo Clerici con La corsa del carrodel Sole, prova altissima ed esemplare che realiz-za la conquista di uno spazio sconfinato dove lefigure, prese in un vortice, si dissolvono in luce.

Soggetti storici, religiosi, mitologici, letterari,tutta la cultura del passato viene da Tiepolorielaborata e tradotta con l’impronta personaledel suo genio in un linguaggio ricco e inimitabileper creare un mondo dove invenzione e realtà sifondono magicamente.

Marilia Ciampi Righetti

Antonio Canova. Alcune lettere a Firenze (1801-1821). Inediti dall’Accademia di Belle Arti, da-gli Uffizi, dalla Biblioteca Nazionale Centrale edall’Archivio di Stato, a cura di Antonio P. Tor-resi, premessa di Gian Lorenzo Mellini, Ferrara,Liberty House, 1999, 8°, pp. 111, ill., s.i.p.

Dall’indomani della morte di Antonio Canovafino ai nostri giorni si sono susseguiti numerosiprofili biografici dell’artista; nonostante le sva-riate pubblicazioni, tuttavia, rimane a tutt’oggiinedita la maggior parte dei carteggi dello scul-tore, dispersa in fondi archivistici italiani e stra-

nieri, sia pubblici che privati. Le lettere di Canovapubblicate in questo volume sono state reperitenegli archivi pubblici di Firenze: dell’Accade-mia di Belle Arti, degli Uffizi, della BibliotecaNazionale Centrale e dell’Archivio di Stato. Idestinatari di queste missive sono il senatoreGiovanni degli Alessandri, i Granduchi di To-scana, Carlo Fea, Giuseppe Tambroni, IsabellaTeotochi Albrizzi, Alessandro d’Este. Tali lette-re sono rimaste nell’oblio dell’inedito per lungotempo ma, nonostante la loro frammentarietà,documentano i rapporti che il grande scultoreveneto ebbe con l’ambiente artistico fiorentino.In particolare è possibile ricostruire la sua attivi-tà riguardante l’Accademia di Belle Arti e laGalleria degli Uffizi.

Le otto missive rinvenute nel fondo dell’Ac-cademia di Firenze sono, secondo il curatore delvolume, quelle più interessanti: vi si trattanoquestioni relative a copie e a modelli di scultureantiche e moderne e ai loro restauri; vi si lodano,inoltre, i giovani artisti toscani perfezionandinell’atelier romano del maestro.

Nel fondo ottocentesco della Galleria degliUffizi è stato possibile rintracciare un altro nu-cleo, più consistente, di lettere canoviane: sonododici e riguardano l’esecuzione e il trasporto daRoma a Firenze della Venere italica, sculturaconservata a Palazzo Pitti e commissionata almaestro di Possagno per sostituirne una analogarequisita dai francesi.

Alla Biblioteca Nazionale Centrale sono con-servate quattordici lettere, mentre altre due ap-partengono all’Archivio di Stato di Firenze.

Il curatore, Antonio P. Torresi, da vari anni sidedica allo studio dei documenti nell’Accade-mia di Belle Arti di Firenze e alla stesura diprofili biografici di artisti e restauratori operantitra Seicento e Novecento. È docente presso l’Ac-cademia di Belle Arti di Ravenna, ma vive aFirenze.

Barbara Giaccaglia

GIAN CAMILLO CUSTOZA, Giovanni da Udine. Latecnica della decorazione a stucco alla “roma-na” nel Friuli del XVI secolo, prefazione diFrancesco Amendolagine, Pasian di Praio, (UD),Campanotto, 1996, 8°, pp. 157, ill., L.40.000.

Frutto di un lungo progetto di ricerca, il volu-me ripercorre le testimonianze dell’arte plasticanell’ambito del Friuli Venezia Giulia, analizzan-do gli interventi plastici e pittorici dello stucca-tore Giovanni Da Udine nei castelli di Spi-limbergo e Colloredo.

Dopo alcuni cenni sulla tecnica della decora-zione a stucco alla “romana” riscontrabile negliesempi decorativi dei castelli friulani, intornoalla metà del cinquecento, l’autore rivela, par-tendo da una serie di considerazioni sull’identi-ficazione del committente e sulla datazione del-l’opera di Giovanni Da Udine, i momenti piùsignificativi che vedono impegnato il “pictorfurlanis” nelle decorazioni a stucco ed affrescosu di un lato del salone del piano nobile delcastello di Spilimbergo. Negli anni 1555 e ’60un’altra impresa ambiziosa lo vedrà coinvolto

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

“nella decorazione della volta di una studiolo inuna saletta al secondo piano della torre di ponen-te nell’ala ovest dello storico Castello di Colloredodi Monte Albano”. Francesco Amendolaginepresentando il volume, sottolinea come lo studiocondotto dal Custoza venga a “tracciare un branodella trama delle interrelazioni significative fraarchitettura e decoro in Italia”.

L’Autore, infatti, contribuisce a sviscerare ilgiallo che ammantava la storia e l’interpretazio-ne di storia quotidiana dell’artista, dei suoi pro-getti, dove ogni variabile mostra l’incastro con-tinuo fra lo spazio, il manufatto architettonico ele infinite manipolazioni, fino a farlo diventarealtro da sé. Non a caso, quindi, il saggio alla basedi questa pubblicazione – afferma Amendolagine– si fonda a partire dalle testimonianze presentinella regione nel momento in cui l’arte e latecnica dello stucco ricoprono un ruolo signifi-cativo negli edifici del primo Cinquecento so-prattutto a Roma, la città rinascimentale dei PapiMedici, Leone X e Clemente VII, i grandi com-mittenti di Raffaello e di Giovanni Da Udine(p.12). Un saggio, dunque, puntuale ricco diillustrazioni fotografiche ed accompagnato daun’ampia documentazione, che evidenzia l’ac-curato lavoro che l’autore ha sostenuto nel corsodella ricerca.

Sonia Celeghin

Alle fonti del piacere. La civiltà terrnale e bal-neare fra cura e svago, a cura di Nelli-Elena Van-zan Marchmi, Venezia, Regione del Veneto -Milano, Leonardo Arte, 1999, ill., pp. 186, 4°, sip.

Il filo conduttore del volume, che fa parte dellacollana del Centro Italiano di Storia Sanitaria eOspitaliera del Veneto (CISO) promossa dallaRegione Veneto, sono le acque come connettivoculturale ed ambientale. La civiltà delle acque,così presente nella pubblicistica riguardante ilVeneto, viene qui indagata non più sotto l’aspet-to idrogeologico ma da un originale punto divista: quello della sanità del corpo e del piacerepsico-fisico che le acque producono. Ne risulta

una storia, nata dall’incontro del sociale con lasimbologia, la mitologia, la psicologia, che dàconto contemporaneamente della realtà e del-l’immaginario collettivo. Freschezza, libertà,seduzione sono i messaggi subliminali che ac-compagnano quelli reali contenuti nei manifesticreati per pubblicizzare le località balneari otermali. L’acqua come fonte di una molteplicitàdi rappresentazioni ci narrano dunque i testi,scritti dalla Vanzan, da Doretta Davanzo Poli eda Roberto Curci, o ci mostrano le illustrazionicontenute nel volume di cui vanno segnalati inumerosi manifesti conservati presso il Museocivico Luigi Bailo di Treviso.

La Vanzan traccia un affresco dello sviluppodella civiltà termale e balneare prendendo spuntodalla commedia goldoniana La finta ammalata.In essa appare una nuova figura di medico che,riluttante ad ordinare rimedi per la cura delcorpo, preferisce aiutare i suoi pazienti attraver-so il potenziamento della vis medicatrix naturae.In questo contesto terapeutico l’acqua, calda ofredda, bevuta o usata semplicemente per ba-gnarsi, assunse un importante valore terapeutico.Le località montane, in cui vi erano delle fonti, equelle costiere, bagnate dal mare, divennero deicentri terapeutici. Tra Ottocento e Novecento lelocalità termali e marine divennero anche luoghidi passatempo. Proprio il passaggio da una visio-ne terapeutica a quella del loisir è ben evidenziatodalla Vanzan.

Ovviamente il tipo di cultura termale e balnea-re fu pubblicizzato attraverso opuscoli e manife-sti. Dell’aspetto storico-grafico si è occupatoCurci, il quale ha delineato le fasi del movimentoartistico sotteso allo sviluppo della civiltà terma-le e balneare individuandone i principali prota-gonisti. Vi è una sorta di spartiacque tra i mani-festi prodotti in favore delle fonti termali e quelliprodotti per le località marine: i primi, in genere,contengono un messaggio colto; nei secondi,invece, il messaggio è più popolare.

La civiltà termale e balneare non poteva noninvestire il settore dell’abbigliamento. Di questoargomento ha trattato la Davanzo Poli che ha

scritto: “Il tema, solo apparentemente futile, è inrealtà assai complesso, perché si tratta di investi-gare un modo di vestire composito, che com-prende indumenti intimi, costumi da bagno verie propri, completi sportivi e abiti da vacanza insenso lato”.

Nella seconda parte del volume, titolata Ilparco termale e balneare veneto, viene tracciatala storia delle località venete termali (Abano,Montegrotto, Battaglia, Galzignano, Teolo,Recoaro, Caldiero, Venadoro, Làgole, Gogna,Vittorio Veneto, Campo d’Ampezzo e Valgrande)e balneari (Sottomarina di Chioggia, Pellestrina,il Lido di Venezia, Jesolo, Caorle e Bibione).

Cinzio Gibin

LUCIA BORANGA, Antonio Lazzarini pittorebellunese del Settecento, saggio introduttivo diFlavio Vizzutti, Belluno, Istituto Bellunese diRicerche Sociali e Culturali, 1999, 8°, pp. 228,ill., L. 45.000.

Flavio Vizzutti, nel suo saggio introduttivo, ciparla della pittura nel bellunese tra Seicento eSettecento, inserendola nel giusto contesto stori-co e culturale di quel determinato periodo. Lapittura seicentesca nella provincia di Bellunovede inizialmente in primo piano la figura diFrancesco Frigimelica, poi quella di AgostinoRidolfi, che si distacca completamente dai moditardocinquecenteschi del Frigimelica per unaricerca di monumentalità tipicamente barocca.Tra gli allievi del Ridolfi troviamo GiovanniFossa, nonché lo stesso Antonio Lazzarini. Agliinizi del Settecento una scossa innovativa è de-terminata dal rientro in città di Sebastiano Ricci,il cui più abile allievo è Gaspare Diziani. Altripittori settecenteschi sono Egidio Dall’Oglio,Flaminio Grappinelli, Antonio Gabrieli.

Il pittore bellunese Antonio Lazzarini (1672-1732), come precisa Lucia Boranga, non haattirato l’attenzione né dei suoi contemporaneiné degli studiosi dell’Ottocento, i quali ne parla-no poco e quasi sempre in modo impreciso. Ilmerito di aver studiato per prima e a fondo laproduzione dell’artista va a Chiara Marani, chenella sua tesi di laurea del 1956-57 ha analizzatodocumenti archivistici riguardanti la vita e l’atti-vità artistica del Lazzarini ed ha presentato uncatalogo di venti opere del pittore. Successiva-mente sono state riconosciute come sue numero-se altre opere ed il suo catalogo, ora, ne include,tra dipinti e disegni, una cinquantina.

Antonio Lazzarini nacque e morì a Belluno. IlLucco ritiene che l’artista si sia formato allascuola del bellunese Agostino Ridolfi e, nono-stante la mancanza di prove documentarie, laconferma di ciò viene dal confronto delle loroopere. Se già tra il 1700 e il 1702 il Lazzarinivenne chiamato a lavorare fuori Belluno, è moltoprobabile che egli fosse divenuto un artista auto-nomo nell’ultimo decennio del XVII secolo. Si-curamente conobbe Andrea Brustolon e videall’opera, in Belluno, Sebastiano Ricci e GaspareDiziani. Sicuramente fu a Venezia e nel trevigianoper studiare i capolavori di questi ultimi ma, adesclusione di alcuni brevi periodi, si allontanò

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

molto poco dalla sua città. Non viaggiò in Euro-pa, ma lavorò in una zona circoscritta, limitata aBelluno e alle immediate vicinanze, il Cadore, ilFeltrino, l’Agordino, lo Zoldano, il Comelico e ilCenedese. Non si può escludere, inoltre, che ilpittore lavorasse da solo o con pochi aiutanti;questo perché le sue opere non sono molto nume-rose e in esse sembra di riconoscere una solamano. Nel primo periodo della sua attività,assecondando le locali richieste di mercato, lasua pittura rimase legata ad uno stile secentesco,poi rielaborò i modi del Ricci e del Diziani: delprimo riprese in particolare gli schemi compositivie le tipologie figurative, del secondo l’eleganzadelle figure e le tinte forti e vivaci.

Il volume presenta il catalogo delle opereautografe, il catalogo dei disegni, quello delleopere attribuite e quello delle opere disperse.Concludono il volume un’appendice, labibliografia e l’indice alfabetico per ubicazionedelle opere.

Barbara Giaccaglia

Gli edifici canonicali di Verona: storia, arte,restauri, a cura di Enrico Maria Guzzo, present.di Alberto Piazzi, testi di Enrico Maria Guzzo eRomualdo Cambruzzi, Verona, Quaderni delMuseo Canonicale di Verona, 1998, 8°, pp. 68,ill., s.i.p.

Non restano tracce archeologiche certe di uncomplesso monumentale romano sul luogo dellacattedrale di Verona, come vuole la tradizione,mentre sussistono tratti di una strada lastricata edi un muraglione verso l’Adige.

Nella seconda metà del IV sec. d.C. sorse laprima basilica paleocristiana (sotto la chiesa di S.Elena) e un secolo più tardi, cresciuta la comuni-tà cristiana, fu eretto un nuovo più ampio edifi-cio, a tre navate, con un’abside e un nartece. La

basilica durò nei secoli, usata anche come areacimiteriale fino a quando fu distrutta da un incen-dio in età carolingia. Si possono ancora ammira-re porzioni dei mosaici pavimentali, frammentiarchitettonici, resti dei corredi funerari e alcunireperti di bronzo, parti di catene usate per soste-nere le lampade.

La chiesa di Sant’Elena, a una navata e soffittodi legno, ebbe una prima consacrazione nell’813e una seconda nel 1140, dopo gli interventi perrinforzare le strutture carolinge compromessedal terremoto del 1117. La chiesa canonicale,cresciuta nei secoli, mantiene preziose tracce delpassato, come le logge esterna e interna, leepigrafi, il trittico scolpito del primo Trecentogià sulla facciata (ora al Museo), il coro ligneoquattrocentesco, i resti di affreschi e i dipinti tracui la bella pala del Brusasorci, Madonna introno col Bambino e Santi.

Il chiostro romanico del XII secolo è ritmato dauna serie di archetti sostenuti da colonne dimarmo rosato, in due ordini sul lato a est, mentrequello a ovest fu ristrutturato nel Settecento eoffrì una nuova sede alla Biblioteca Capitolare.

REMO SCOLA GAGLIARDI, La pieve di Bovolone.Indagine storico-artistica, studi planimetrici diSante Rossi, Bovolone (VR), Comune diBovolone, 1997, 4°, pp. 110, ill., s.i.p.

Il termine “pieve” indicava originariamenteuna “collegiata”, gestita da chierici e retta da unarciprete, la cui sede era una “chiesa matrice” dacui dipendevano delle chiese minori dette “cap-pelle”. La sua caratteristica peculiare era quelladi essere dotata di un fonte battesimale e di uncimitero, posto nelle immediate adiacenze. Laprincipale fonte di reddito di una pieve derivavadalla riscossione delle decime, riguardanti ilterritorio agricolo posto sotto la propria giurisdi-zione. Il volume intende divulgare un’indaginestorico-artistica svolta dall’autore circa la pievedi Bovolone, in provincia di Verona, e le cappel-le da essa dipendenti.

Per quanto riguarda le origini della pieve diBovolone sembra si possa desumere da un anticodocumento, datato 24 giugno 813, che a quel-l’epoca la chiesa esistesse già. In un altro docu-mento, risalente al 2 ottobre 1179, si scopre,invece, che essa era anticamente dedicata ai SS.Fermo e Rustico. Quando questa antica pievecadde in rovina, all’inizio del XIII secolo, ilvescovo fece dono alla comunità di Bovolone delsuo oratorio, dedicato a S. Biagio, affinché po-tesse esservi insediata la nuova pieve. Varieaggiunte furono fatte agli inizi del ’400 e nellaseconda metà del ’500, fino a quando, nellaseconda metà del ’600, si verificò un notevoleincremento demografico della popolazione loca-le, che passò da 1500 abitanti a 2500. Nel 1741l’arciprete diede inizio ad una radicale ristrut-turazione che portò la chiesa ad assumere leforme che ancora oggi in gran parte conserva.Nuove modifiche furono fatte, infine, nell’800.

La chiesa di S. Biagio è arricchita da numeroseopere d’arte. Sul soffitto della navata spicca ungrande affresco della seconda metà del XVIIIsecolo, raffigurante la SS. Trinità in gloria con isanti Biagio, Fermo e Rustico. Sulla contro-facciata sono state scoperte tracce di affreschiattribuibili ad un pittore veneto trecentesco che,

L’aula usata per il Capitolo reca stucchisecenteschi del lombardo David Reti.

Il Canonicato conserva importanti resti diaffreschi del Duecento e Trecento tra cui: Storiedi David e Salomone e due cicli di Virtù e Vizi,mentre al Cinquecento risalgono le tavolettelignee sul soffitto d’ingresso al museo, comepure la decorazione, purtroppo assai degradata,sulla facciata della prima Biblioteca Capitolare.

Il Museo Canonicale conserva pregevoli ta-vole e sculture del Trecento e Quattrocento eimportanti tele del Seicento e Settecento, comeil Ritratto di Scipione Maffei di fra Galgario e ilRitratto del vescovo Giovanni Morosini di Ales-sandro Longhi.

A conclusione del volume Romualdo Cam-bruzzi presenta una rassegna degli interventiedilizi effettuati nel 1989-1997 sul complessocanonicale, durante i quali vennero alla lucenumerosi affreschi trecenteschi che attendonodi essere restaurati.

Marilia Ciampi Righetti

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

molto probabilmente, facevano parte della deco-razione dell’antico oratorio di S. Biagio. Nellevarie cappelle sono collocate opere scultoree delQuattrocento e del Cinquecento, e diverse paled’altare; tre sono tele cinquecentesche, una diNicola Giolfino, una di Paolo Farinati, con Cri-sto risorto tra S. Caterina e la Maddalena ed unadi Felice Brusasorci, con la Benedizione deipani, e quattro sono tele del XVIII secolo. L’orga-no è settecentesco, come pure il coro ligneo.

Nel 1835 l’arciprete di Bovolone, scartatal’idea di ingrandire ulteriormente la chiesa par-rocchiale di S. Biagio, incaricò l’architetto mila-nese Luigi Clerichetti di progettare una nuovachiesa da erigersi accanto a quella di S. Biagio. Ilavori proseguirono fino al 1857, quando i muriperimetrali avevano raggiunto l’altezza di duemetri. I lavori furono poi ripresi nel 1913, sottola guida dell’architetto Domenico Rupolo, e pro-seguirono a più riprese fino al 1945, anno in cuivenne finalmente consacrata la nuova chiesaparrocchiale di S. Giuseppe. Dalla chiesa diBovolone, essendo una pieve, dipendevano variechiese minori, denominate cappelle o oratori. Ilvolume ne indaga l’origine, che varia da caso acaso; alcune di esse furono sede dell’antica pieve,poi declassate a cappelle, altre erano cappelleprivate ed altre ancora sorsero, nel corso deisecoli, sotto la spinta della devozione popolare.Queste chiese minori sono: la chiesa di S. Gio-vanni Battista, il santuario della Madonna dellaCintura, l’oratorio di S. Pietro, l’oratorio di S.Maria al Bosco. Di ciascuna di esse vengonoricostruite le vicende storiche e descritte le opereartistiche che vi si possono ammirare.

Barbara Giaccaglia

Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina. Sto-ria, arte e fede, a cura di p. Giorgio M. Vasina,Vicenza, Tipografia Campisi, 1996, 8°, pp. 63,ill., s.i.p.

Il volumetto traccia inizialmente un profilostorico riguardante le origini della chiesa di S.Maria del Cengio e la nascita del suo convento.La chiesa si trova nominata per la prima volta inun documento del 1192, mentre l’inizio della vita

conventuale risale al 25 giugno 1456, giorno incui si costituì il primo nucleo di religiosi, quattrofrati dell’Ordine di Santa Brigida che ricevetterodal vescovo l’autorizzazione a vivere nel con-vento. Essi nel 1462 rinunciarono all’investituraed abbandonarono il convento, in cui si stabilìquasi subito un’altra comunità religiosa: i Cano-nici di S. Salvatore, che rimasero a Isola per piùdi trecento anni. Un decreto della Repubblica diVenezia del 1771 soppresse i monasteri dei Ca-nonici Lateranensi nel dominio veneziano ed inparticolare avvenne la soppressione dei Canoni-ci regolari che vivevano a Isola. Ebbe termine,così, la vita conventuale a Isola e il monasterovenne abbandonato. Fu solo nel 1904 che essorinacque, divenendo il convento dei frati Servi diMaria, inizialmente dipendente da quello diMonte Berico e poi divenuto autonomo. Nel1914 venne costruita una nuova ala, ulteriormen-te ampliata negli anni 1944-45. Nella chiesa di S.Maria del Cengio, durante gli anni ’20 e ’30,vennero attuati alcuni restauri e fatte varie modi-fiche e aggiunte.

La chiesa è arricchita da varie opere d’arte, trale quali le più notevoli sono: una statua in pietrapolicroma raffigurante la Madonna con Bambi-no, attribuita a Girolamo da Vicenza, databile al1490; il paliotto in marmo dell’altare maggiore,opera della bottega di Orazio Marinali; brani diaffreschi trecenteschi e quattrocenteschi. La pic-cola guida prosegue con la descrizione dell’anti-co convento e dell’eremo, accenna alla storiadell’Ordine mendicante dei frati Servi di Maria esi chiude con una breve appendice, nella qualesono riportati documenti e cronache riguardantila chiesa di Santa Maria del Cengio.

Barbara Giaccaglia

Gino Rossi e l’Europa, a cura di Eugenio Manzato,Treviso, Canova, 1998, 8°, pp. 160, ill., L. 35.000.

Come osserva Eugenio Manzato, direttore deiMusei Civici di Treviso, Gino Rossi, nato aVenezia e vissuto per lunghi anni a Treviso, nonpuò essere considerato né un artista veneto, nétanto meno un artista trevigiano; egli fu un gran-de viaggiatore nello spazio, con i suoi spostamentiin Francia oltre che in Italia, e nel tempo, poichéstudiò le opere di arte antica conservate neimusei. Per queste ragioni egli è da ritenersi unartista europeo.

La collaborazione tra l’Assessorato alla Cul-tura e l’Associazione Amici dei Musei di Trevisoha portato, nel periodo tra maggio e giugno 1997,alla realizzazione di un breve ciclo di conferenzeche ha approfondito le frequentazioni interna-zionali di Gino Rossi (1884-1947), grande artistaveneziano che con Treviso e col territoriotrevigiano ebbe un forte legame. Successiva-mente è stato pubblicato questo volume, proprioper raccogliere e divulgare i testi di quelle stesseconferenze, unitamente ad altri interventi.

Maria Grazia Messina, nel suo saggio intitola-to Gino Rossi e la Francia 1907-1915, esaminai soggiorni di Gino Rossi in Francia e nei Paesi

Bassi e gli influssi degli artisti francesi sulla suaopera, in particolare Gauguin, Sérusier, Denis. Icontatti dell’artista con la cultura tedesca, a cui siaccostava anche attraverso le riviste specialisti-che, vengono analizzati da Daniela De Angelis.

Nico Stringa, nel suo intervento dal titoloGino Rossi inedito e raro, indaga sugli anni delperiodo formativo di Gino Rossi. Poiché l’artistanon svolse degli studi regolari e poiché sonomolto pochi i dipinti documentati che si possonoassegnare al periodo 1906-1908, non è facilecapire quali siano stati i suoi esordi. Pertanto èpossibile fare solo delle ipotesi partendo da alcu-ni dati certi, che possono aver influito sullaformazione di un determinato “gusto” del pitto-re: l’apprendistato svolto da Gino Rossi a Vene-zia presso il pittore russo Vladimir Scheresche-wskj e la passione per l’arte decorativa orientalee popolare.

Il volume è arricchito, inoltre, da un saggio diAlessandro Del Puppo sulla fortuna critica diGino Rossi e dalla segnalazione di LauraLorenzoni concernente la mostra dell’artista te-nutasi a Verona nel dicembre 1916. Segue unbreve catalogo di opere per documentare il colo-re in Gino Rossi.

Daniela De Angelis presenta, poi, un dipintoda lei riscoperto nelle collezioni del Quirinale aRoma; l’opera, intitolata Testa di pescatore, fuacquistata a nome del re alla IX EsposizioneTrevigiana d’Arte nel 1933. Seguono cinqueschede relative ad altrettante opere di Gino Rossiconservate nel Museo di Treviso, curate da NicoStringa. Chiudono il volume alcuni apparati uti-lissimi per la conoscenza del pittore: una notabiografica, l’elenco delle esposizioni allestitequando Rossi era in vita e relative opere esposteed infine una bibliografia.

Barbara Giaccaglia

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

ARCHITETTURAURBANISTICA - PAESAGGIO

Giovanni Battista Cavalcaselle conoscitore econservatore, Atti del convegno (Legnago-Ve-rona, 28-29 novembre 1997), a cura di AnnaChiara Tommasi, Venezia, Marsilio, 1998, 8°,pp. 393, ill., L.70.000.

Nel ricordare Giovanni Battista Cavalcasellea cent’anni dalla sua scomparsa, le città di Vero-na e Legnago, quest’ultima paese natale dellostorico dell’arte, furono protagoniste nel novem-bre ’97 di un significativo convegno che videcultori ed esperti dell’argomento impegnati nelrievocare la figura dell’illustre studioso. Il volu-me riunisce gli ampi e rigorosi scritti di autorevo-li studiosi quali: Marisa Dalai Emiliani, DonataLevi, Anna Chiara Tommasi, Bernardina Sani,Valter Curzi, Giulio Manieri Elia, JaynieAnderson, Linda Kaiser, Marco Mozzo, CaterinaFurlan, Anna Maria Spiazzi, Piergiacomo Petrioli,Paola Marini, Susy Marcon, Giacomo Agosti,Franco Bernabei, Antonino Caleca, GuidoGuerzoni, Paul Tucker, Nicholas Penny, FlaminiaGennari Santori, Gemma Buonanno, AndreaEmiliani e la conclusione di Francis Haskell. Dainumerosi contributi raccolti si coglie l’ampiezzadelle ricerche condotte dagli studiosi, nella vo-lontà di indagare e comprendere la formazionedel grande storico dell’arte attraverso l’esamedei suoi preziosi taccuini ove puntualmernte eminuziosamente analizzava le opere d’arte, lasua attività di tutela del patrimonio storico arti-stico, i rapporti con i suoi contemporanei, i suoiinstancabili viaggi e la sua politica dell’artenegli anni dell’unificazione italiana.

Ammesso all’Accademia veneziana nel 1834,all’età di 15 anni, il Cavalcaselle dimostra, du-rante l’apprendistato, un “temperamento ribel-le” legato probabilmente da una situazione poli-tica vigente. Significativi saranno gli incontricon il pittore modenese Adeodato Malatesta,direttore dell’Accademia Atestina di Modena,con il maestro Carlo Della Porta a Firenze, impe-

gnato nel restauro e tutela di opere d’arte inUmbria, e, attraverso questi, con TommasoMinardi. Fu un instancabile viaggiatore Giovan-ni Battista e questo lo portò ad incontrare studio-si, eruditi italiani quali Gaetano Milanesi,archivista e storico dell’arte, intellettuali stranie-ri quali John Ruskin e Charles Faifax Murraynonché alcuni conoscitori contemporanei qualiSir Charles Eastlake autore di numerosi taccuini,36 dei quali consultabili nell’Archivio dellaNational Gallery di Londra e Giovanni Morellidi cui sono stati rintracciati i taccuini marchigianiche documentano il viaggio del 1861 con ilCavalcaselle nelle province delle Marche edell’Umbria.

Significativa la presenza del conoscitore econservatore nelle città di Genova, Verona, Ve-nezia e Padova dove si impegnò in “ricognizionipuntuali”, si dedicò allo studio di proprietà dicollezioni private e, proprio a Padova, pose “lepremesse per una corretta metodologia d’inter-vento nel restauro delle opere d’arte”. Interes-sante lo studio sul mercato artistico italiano tra’700 e ’800. Il volume, che si conclude con glianni della vita del Cavalcaselle politico: “quellidella liberazione e dell’unificazione italiana”,rappresenta un’ottimo strumento di rilettura, at-tenta e meditata, sull’attività e personalità delconoscitore e conservatore, nella volontà di re-stituire alla memoria l’operato del grande storicodell’arte.

Sonia Celeghin

VINCENZO LUCCHESE, Giovanni Gavignani e lascagliola carpigiana. Illusionismo barocco nel-la parrocchiale di Brancolino, Trento, Temi,1996, 4°, pp. 170, ill., s.i.p.

Il paese di Brancolino, situato sulle colline chedominano il corso dell’Adige, faceva antica-mente parte della signoria feudale dei ContiLodron, assieme ad altre località, come Nogaredo,che avevano una certa importanza dal punto divista difensivo. Esaminando l’impianto archi-tettonico della chiesa della Beata Vergine inBrancolino, si può constatare che l’edificio subìrimaneggiamenti dallo stile romanico o gotico aquello barocco; fu quindi trasformato da sobrioedificio in una delle “perle” del patrimonio arti-stico del Trentino, grazie ad un episodio dimecenatismo seicentesco dovuto alle illustri per-sonalità di fra Bonaventura Madernino, espo-nente di una nobile famiglia, e dei feudatariFrancesco Nicolò e Paride Lodron. Risulta, co-munque, piuttosto singolare il desiderio dei com-mittenti di dare un volto così prezioso ad unachiesa di modeste dimensioni e di modesto aspettoesteriore.

Vincenzo Lucchese, docente presso la Facoltàdi Architettura di Venezia e autore del volume, aseguito di approfondite analisi ha dedotto chel’insieme architettonico barocco si deve alla col-laborazione tra il grande architetto venezianoBaldassarre Longhena (1597-1682) e l’artistacarpigiano Giovanni Gavignani (1632-1680), aiquali probabilmente si aggiunse il noto architettotrentino Mattia Carneri (1502-1673).

L’attenzione di Vincenzo Lucchese, tuttavia,è stata catalizzata dalla eccezionale “architetturain scagliola”, decorazione a stucco ad imitazionedegli intarsi marmorei, che decora un’ampiezzadi superfici tali da lasciare sbalorditi e che egliritiene sia stata eseguita dopo l’anno 1652. Comeprecisa il docente, l’arte della scagliola non fusoltanto un prodotto artistico-artigianale limita-to all’area emiliana e più precisamente alla zonadi Carpi, ma si diffuse in Germania già nel XVIsecolo e fu presente in diverse aree europee in unperiodo di tempo compreso tra il XVII e il XVIIIsecolo, raggiungendo livelli qualitativi altissimi.

Maestro di quest’arte raffinata fu proprio Gio-vanni Gavignani, che nella decorazione dellachiesa di Brancolino si ispirò ad alcune ideeiconografiche del celebre pittore veneziano GiulioCarpioni (1613-1679). Nella chiesa della BeataVergine vi sono due altari: l’altare maggiore el’altare di Sant’Antonio da Padova nella cappel-la Lodron. Nell’altare maggiore GiovanniGavignani applicò la propria tecnica ad un pro-getto del Longhena.

Nel volume trova spazio anche un interessanteexcursus sulla simbologia dei fiori e sulla culturareligiosa barocca e viene spiegato nei dettagli ilprocedimento tradizionale per la realizzazionedei manufatti in scagliola e quali sono i materialibase per la realizzazione di questo tipo di deco-razione.

Barbara Giaccaglia

GIULIO BRESCIANI ALVAREZ, Architettura a Pado-va, a cura di Giovanni Lorenzoni, Giuliana Maz-zi, Giancarlo Vivianetti, introd. di Lionello Puppi,Padova, Il Poligrafo, 1999, 8°, pp. 606, ill., 251tavv. f.t., L. 150.000.

Fra i grandi protagonisti che hanno lasciato unsegno nello studio della storia dell’architettura edell’arte va ricordato Giulio Bresciani Alvarez,scomparso nell’aprile del ’97. L’omaggio all’in-dimenticabile studioso appare quindi dovuto edinevitabile. L’elegante volume Architettura aPadova riunisce in un’unica raccolta i numerosiscritti che lo impegnarono nei decenni di ricercastorico-critica sull’architettura medievale e mo-derna. L’introduzione di Lionello Puppi evi-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

denzia, in una scrittura vivida ed evocativa, gli“eventi” che concorrono a forgiare la staturadello studioso, che con i suoi preziosi contributiè riuscito spesso a colmare i tanti vuoti di ricer-che sulla storia dell’architettura padovana.

Il volume è articolato intorno a tre granditematiche: architettura religiosa, architettura ci-vile, trasformazioni urbane ed altre architetture.

La prima parte presenta l’ampia raccolta degliscritti sulla Basilica del Santo “nei restauri eampliamenti dal ’400 al tardo barocco”, conapprofondimenti sull’opera dell’architetto-scul-tore Filippo Parodi (a cui Alvarez dedica unostudio sull’attività a Venezia e a Padova) e delloscultore Giovanni Bonazza. Si prosegue quindicon gli studi sulla Cattedrale di Padova la cuistoria del cantiere viene suddivisa in fasicostruttive distinte: dalle origini medioevali finoal completamento tardo barocco, attraversoun’ampia trattazione sull’arredo architettonico eplastico del Duomo, alla cui esecuzione inter-vennero nomi di artisti prestigiosi. “Non c’èautore – sottolinea Giulio Bresciani Alvarez –che scrivendo di Padova, della sua storia, dei suoimonumenti delle sue opere d’arte, non rimangaaffascinato dal complesso abbaziale di S. Giustina[...] risultato di una continua, varia e complessasedimentazione storica...”. E della Basilica lostudioso ha indagato sulle fasi storico- costruttivedell’edificio, sui chiostri, sull’opera del Bedogni,del Sardi, e del Tremignon nell’altare del Santis-simo, approfondendo inoltre l’attività dell’ar-chitetto veronese Giovanni Maria Falconetto,durante la sua permanenza a Padova. La raccoltadegli scritti prosegue con le pagine dedicate allastoria della chiesa di San Gaetano, opera dell’ar-chitetto Vincenzo Scamozzi, alla chiesa di S.Maria del Pianto, detta del Torresino, operadell’architetto padovano Girolamo Frigimelica,all’ospedale, al convento e alla chiesa di SanFrancesco con alcune note sulla Scuola dellaCarità e l’oratorio di Santa Margherita. Chiudo-no la sezione riguardante l’architettura religiosagli studi su l’architettura dell’abbazia di SantaMaria di Praglia, sul Monastero di S. Michele diEste e sulla chiesa di S. Giovanni Battista delPalù in Conselve.

La raccolta degli scritti dedicati all’architettu-ra civile si apre con la storia del Palazzo dellaRagione – dalla costruzione all’intervento quat-trocentesco, agli interventi decorativi e di manu-tenzione tra il ’500 e il ’700 fino a quelli succes-sivi – e prosegue con i capitoli dedicati allefabbriche di Alvise Cornaro, all’architettura ci-vile del Barocco a Padova e alle costruzioni,restauri e manomissioni lungo il Naviglio dal-l’età moderna al secondo dopoguerra.

Alle “altre architetture” sono riconducibili glistudi sull’architettura leccese, sulle opere roma-ne dell’architetto fiorentino del ’700 FerdinandoFuga, in particolare sulla sua attività in S. Ceciliaa Trastevere e su alcuni scritti inediti dell’archeo-logo Giambattista Passeri sulla chiesa di S.Decenzio a Pesaro. Con la ricostruzione, attra-verso materiale archivistico inedito, della forma-zione italiana dell’architetto Filippo Terzi, la cuipiù nota attività è riconducibile in Portogallo, sichiude la raccolta dei saggi di Giulio BrescianiAlvarez, corredata di illustrazioni, disegni, ap-pendici documentarie e della bibliografia degliscritti dello studioso.

Sonia Celeghin

ANNAMARIA CONFORTI CALCAGNI, Le mura di Ve-rona. La città e le sue difese dalla fondazioneromana all’Unità d’Italia, Caselle di Som-macampagna (VR), Cierre, 1999, 8°, pp. 125, ill.,L. 25.000.

“Se per caso vi trovate a Verona in una limpidacalda giornata d’estate e [...] alla fine di essa visentite stanchi, prendete una carrozzella e recate-vi alla porta orientale [...] Vedrete 50 yards al dilà della porta, una buona strada che gira a sinistrae di là immediatamente un’altra che gira pure asinistra e che con una pendenza graduale, comin-cia a salire alla collina su cui sono costruite lemura orientali di Verona...”. Con questa bellacitazione di John Ruskin del 1870 la studiosaPaola Marini introduce il libro di AnnamariaConforti Calcagni, da tempo impegnata nellostudio dell’arte veronese e nella salvaguardia delpatrimonio storico artistico. Nove chilometri distoria della città. Sono le mura di Verona cheracchiudono, tramandano ed esprimono con pie-tre ed iscrizioni 2000 anni di ansie, aspirazioni econquiste di diverse civiltà. Un destino, quellodelle mura della città di Verona, segnato dalunghi periodi di travagli e calamità tra guerrecivili, terremoti, inondazioni, espansioni urbane,che porteranno, spesso, ad un ripensamento del-l’“opera difensiva estesa all’intera città”. Masaranno le presenze significative dell’imperato-re romano Gallieno, di Teodorico e degli Scaligeriche lasceranno segni positivi nella città. Con lascomparsa di Cangrande della Scala nel 1329, e“con il dominio di Gian Galeazzo Visconti, chestravolse la funzione originaria delle antichemura comunali, si spezzò un momento felice perVerona che andò ad incidere sul suo sistemadifensivo”. Morto Galeazzo nel 1402 seguirono“burrascose vicende, al fugace ritorno degliScaligeri prima, alla dominazione carrarese su-bito dopo ed infine il 22 giugno 1405 all’arrivodei veneziani. Il lungo periodo di pace a cui diedeavvio il dominio veneziano subì all’inizio delXVI secolo un’interruzione drammatica quandole truppe di mezz’Europa coalizzate contro laSerenissima inflissero a Venezia la sconfitta diAgnadello che determinò la caduta di Verona...Dal 1509 al 1517 la città restò alla mercè deglieserciti imperiali... Ma il rientro dei veneziani,nel 1577, venne visto come una sorta di ritornoall’età dell’oro... La terribile guerra aveva dimo-

strato che le vecchie mura non bastavano più... eil nuovo criterio di difesa che verrà messo in attoporterà a prosperità”. E dall’incisione di Giovan-ni Caroto nel 1540 si coglie una strutturarinascimentale di grande efficienza e forzad’immmagine. Compare “il monumento princi-pe” dell’architettura militare di Verona: la PortaNuova di Michele Sanmicheli, alla cui mortel’opera fortificatoria continuerà per due secolifino all’arrivo delle truppe napoleoniche cheapriranno un nuovo capitolo “di guerra aspra erovinosa”. Ma quando gli austriaci subentraronoai francesi l’opera che fecero “costituì il risultatodi riflessioni architettoniche, urbanistiche e cul-turali”. Purtroppo “come era avvenuto per ledifese costruite nei secoli passati l’inesorabileprocedere della tecnica della guerra rese prestoinutile anche la più recente cinta di Veronacostruita dagli austriaci”. La città della fine ’800“non ebbe più bisogno di chiudersi dentro le suedifese... Per la prima volta nella loro storia nonservivano più”. Oggi nella consapevolezza delloro straordinario valore... il degrado, si spera,venga a cessare e l’integrale recupero ripreso.

Sonia Celeghin

EGLE RENATA TRINCANATO, La casa venezianadelle origini ed altri scritti sulla casa veneziana,a cura di Corrado Balistreri-Trincanato e EmilianoBalistreri, Venezia, Edizioni Stamperia Cetid,1999, 8°, con 75 disegni, pp. 109, s.i.p.

Il volume pubblica alcuni saggi inediti, ritro-vati dopo la scomparsa tra le carte di Egle RenataTrincanato, ed ora costituenti parte di un legatodocumentario in favore della Fondazione “Gior-gio Cini” di Venezia. La Trincanato, per lungotempo docente presso l’Istituto Universitario diArchitettura di Venezia (IUAV) e protagonistadella storiografia architettonica cittadina con lanota pubblicazione Venezia Minore – testo fon-damentale per l’intelligenza dell’urbanisticalagunare – aveva svolto lungo tutta la sua carrieradiverse ricerche sul tema tipologico della “casaveneziana” e in genere sulla morfologia inse-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

diativa di matrice bizantina. A partire dal 1936,quand’era ancora studentessa presso l’Istituto,con la tesina La casa veneziana delle origini,accompagnata da 13 fogli di disegni, e successi-vamente con i saggi La casa veneziana nel XIV eXV secolo (1937), La casa patrizia veneziana e ilsuo rapporto con l’ambiente (1952) e Tipologiadelle forme architettoniche (1968), la studiosaha continuato ad approfondire la tematica dellaforma urbis dal punto di vista strutturale e fun-zionale, avviando quindi con la collaborazionedegli studenti il rilevamento e la rappresentazio-ne della città antica. In particolare dai disegniemerge tutta la ricchezza di forme e di tipi, che lacittà mirabile offre nei suoi spazi esterni e nellesue strutture più nascoste.

Assai opportunamente agli inediti sopra detti(pare non siano i soli lasciati dall’autrice), è stataaggiunta dai curatori la risposta data ad AntonioCederna (1954), che sul periodico “Il Mondo”aveva assunto una posizione polemica contro ilprogetto di Frank Lloyd Wright per la Fondazio-ne “Angelo Masieri” sul Canal Grande. L’operaè stata pubblicata con il contributo dell’Ordinedegli Architetti della Provincia di Venezia.

Franco Posocco

STANISLAO CARAZZOLO, Un restauro alle mura diMontagnana (con progetto di passeggiata me-dioevale), Montagnana (PD), Centro di Studi suiCastelli, 1998, 4°, pp. 74 + tavv., ill., s.i.p.

Il presente volume ripropone il progetto direstauro alle mura di Montagnana, così come erastato redatto dall’ing. Stanislao Carazzolo nel1959. Per una serie di vicende, il progetto non fumai realizzato; eppure – nonostante siano tra-scorsi 40 anni dalla sua stesura – continua arimanere attuale. Da allora, infatti, nessun inter-vento organico è stato proposto nei confrontidella fortificazione medioevale di Montagnana,né sono stati messi in opera interventi di restaurodelle mura degni di tale definizione.

Oltre a ciò, il volume costituisce un documen-to fondamentale sullo stato di conservazione (aquell’epoca) della cerchia muraria e sulla propo-sta di passeggiata medioevale, realizzabile –secondo Carazzolo – a coronamento del restau-ro, in chiave didattico-museale e turistica.

Susanna Falchero

La Villa Loschi Zileri Motterle in Monteviale diVicenza, a cura di Lionello Puppi, Treviso, Ca-nova, 1998, 4°, pp. 240, ill., s.i.p.

Il volume, lavoro a più mani, curato da LionelloPuppi, rende omaggio all’incantevole patrimo-nio storico-artistico di Villa Loschi Motterle inMonteviale di Vicenza. Studi accurati e scienti-ficamente documentati guidano il lettore allaconoscenza della storia edilizia, degli apparatidecorativi, del parco e del territorio della Villa, iltutto impreziosito dall’abbondante documenta-zione fotografica di Arnaldo Dal Bosco. Attra-verso minuziose ricerche d’archivio la studiosaMartina Frank, ricostituisce le vicende che han-no portato “alla configurazione del complessoedilizio” ripercorrendo le tappe della storia delprestigioso manufatto coadiuvata da fonti mano-scritte e documenti grafici. Il saggio di ValentinaCoticelli offre “nuove proposte iconograficheper gli affreschi di Tiepolo il cui ciclo di VillaLoschi apre la fortunata serie di ville e palazzidecorati dai Tiepolo a Vicenza e nel vicentino”.Nell’autunno del 1734 Giambattista Tiepolo portaa compimento la decorazione dello scalone edella sala principale della Villa. “Il programmaiconografico – due finte statue dipinte a mo-

del parco e del territorio della Villa”. Chiudonoil volume i due brevi ma significativi contributidi Luca Baldin, su alcune “note in margine ad unprogetto di Carlo Scarpa”, contrattato nel 1975dalla famiglia Zilieri “nella logica di un riassettofunzionale della proprietà”, e di Eugenio Motterlee Luca Romano su alcune considerazioni di VillaLoschi come bene culturale.

Sonia Celeghin

GIOVANNI BATTISTA STEFINLONGO, Il “Giardino”del Doge - I Giardini del popolo. Studi sulrestauro urbano e sul recupero e riuso delle isolee delle fortificazioni della Laguna di Venezia,1993-1998, pref. di Pasquale Ventrice, Chioggia(VE), Il Leggio, 1998, 8°, pp. 155-XXXVI, ill.,L. 40.000.

Come abitudine consolidata con altre pubbli-cazioni, l’autore raccoglie una serie di testi pre-sentati in diverse occasioni, nell’ambito di ini-ziative accademiche, convegni a carattere inter-nazionale, con riferimento al laboratorio di pro-gettazione del restauro ambientale e urbanodell’IUAV. Non si tratta di un percorso occasio-nale e marginale: il volume testimonia unatrentennale “militanza” di interessi lagunari, diimpegno sulle tematiche della conservazione edel restauro, recupero e riuso delle isole e delleparticolarità lagunari (orti, murazzi, valli da pe-sca, spiagge litoranee...). Il discorso viene svi-luppato per mezzo di brevi saggi, riprendendo ereinquadrando contributi già avanzati, affiancatida letture di brani letterari e storici, documenta-zione varia di riferimento, 35 tavole di sintesi deiprogetti di analisi e riuso dei siti.

Più che la “aridità e freddezza” del lavoroscientifico e dell’attività accademica, in questotesto ci sembra emergere il fervore e la partecipa-zione dell’approccio intellettuale e operativo, omeglio il lavoro dell’architetto che si pone concoscienza e rigore morale di fronte agli interventida operare nel territorio. L’occhio e la mentesono infatti attenti a salvaguardare le caratteristi-che di ciò che ci circonda, a non comprometterema piuttosto valorizzare i segni che ci testimo-niano interventi e usi passati, a proporre inter-venti e riutilizzi adatti ai nostri tempi ma tesicontemporaneamente a mantenere le caratteri-stiche fondanti, a non cancellare un patrimonioche rischia di andare irrimediabilmente perduto.

Gli elementi centrali del lavoro sono costituitida un approccio alla laguna e alle isole come“giardino” e dal ruolo che in esso svolgono lefortificazioni, da quelle veneziane del ’500-’700,agli interventi austriaci e italiani, fino ai fortinidell’ultima guerra. Le dismissioni militari avvia-te negli ultimi anni pongono il problema delrestauro e riuso innovativo di queste memorie esegni del territorio (anche dei bunker in cementoarmato, propone l’autore), inquadrando questiinterventi in un progetto complessivo, all’inter-no di un costituendo “Parco archeologico urbanomarittimo delle fortificazioni militari”. Molti iriferimenti e le proposte specifiche che vengonopresentate (ad es. sulle isole abbandonate, i fortidel Lido e San Felice di Chioggia), avvalendosi

nocromo, la Nobiltà e il Merito, collocate all’in-terno di una nicchia – gli viene dettato dal com-mittente Nicolò Loschi”, a celebrare il riconosci-mento pubblico del titolo di conti ottenuto dallafamiglia nel 1729. Numerosi inoltre i disegni apenna ed acquerello conservati “a testimonianzadella fase pregettuale della decorazione”.

Il lungo intervento di Ruggero Maschio af-fronta, col suffragio di documenti inediti, “ilproblema della villa col suo straordinario corre-do iconografico del parco che la circonda e dellaproprietà terrena su cui dominava”. UmbertoSaccardo, nel contributo intitolato “La Villa e ilterritorio nell’800”, analizza il rapporto esistentetra il complesso Loschi Zileri ora Motterle e ilcontesto territoriale rurale ed urbano in cui èsituato “un insieme naturalisticamente e storica-mente di particolare pregio”; così si presenta ilterritorio circostante Villa Loschi, “compren-dente la piana di Monteviale e le brevi alturecircostanti”. A sottolineare ancor più l’eccezio-nalità del sito è lo studio di Marco Baldin e MariaCiriello sulle “valenze biologiche e naturalistiche

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

della collaborazione di laureati e studiosi e fa-cendo riferimento a documentazione austriacadel secolo scorso. Viene proposto anche un elen-co ragionato delle isole e delle fortificazionilagunari. Il tutto, come si diceva, viene inserito inun contesto che è di testimonianza e di indirizzosu un approccio attento a non provocaredeformazioni irreparabili.

Pier Giorgio Tiozzo

VITTORIO GREGOTTI, Venezia città della nuovamodernità, Venezia, Consorzio Venezia Nuova,1998, 8°, pp. 34, ill., s.i.p.

Il volume di Vittorio Gregotti – ordinariopresso lo IUAV di Venezia – costituisce il nonodella collana promossa dal Consorzio VeneziaNuova affinché la città lagunare continui a essereil punto cruciale dell’attività culturale e artistica.

“L’ipotesi che Venezia possa essere pensatacome città della nuova modernità può apparire aprima vista francamente paradossale: Venezia ènella coscienza del mondo intero la città anticaper eccellenza” – questa la frase con la qualeGregotti esordisce. Una sfida, oltre che una ri-flessione, alla luce della quale l’autore ha rilettoe selezionato la storia di questa città, in modo taleda aiutarci a capire le tendenze in atto, compresequelle critiche o negative, per presentarci infinele possibilità non solo di una nuova architettura,ma anche gli sviluppi positivi, coerenti con l’es-senza autentica e irripetibile di Venezia.

Susanna Falchero

Il Quartiere Brentella. La città di Padova oltre lemura occidentali, a cura di Claudio Grandis,Padova, Comune di Padova - Consiglio di Quar-tiere 11 Brentella - Verona, Cierre, 8°, pp. 226,ill., s.i.p.

Il quartiere Brentella si trova nella periferiaoccidentale di Padova, nella vasta fascia ruralecircostante la città, esterna alle mura o al vallo,detta “termini”. Il quartiere prende il nome dalcanale artificiale, lungo 11 km, scavato dai pado-vani nel 1314, che collega il Brenta al Bac-chiglione. Il canale Brentella prende le sue acqueda una derivazione del Brenta regolata daicolmelloni di Limena. I colmelloni erano solidipilastri in muratura piantati all’interno dell’alveocon la funzione di regolare la bocca d’accessodelle acque del Brenta. Le piene del Brenta, dette“brentane”, durante i secoli abbattevano periodi-camente i colmelloni provocando inondazioninon solo delle campagne ma anche di vari quar-tieri della città di Padova. Numerosi sono gliingegneri e gli idraulici al servizio della Repub-blica di Venezia intervenuti sui colmelloni diLimena: Frà Giocondo, Michele Sanmicheli,Jacopo Sansovino, Cristoforo Sabbadino,Bernardino Zendrini, Giovanni Poleni, Bar-tolomeo Ferracina. Lungo le acque dellaBrentella, oltre ai burci, scendevano periodica-mente zattere di tronchi di legno provenienti

dalla Valsugana e dalla Valbrenta. I burci tra-sportavano sabbia e ghiaia estratti dall’alveo delBrenta fra Limena e Camposampiero. Tre sonole strade che conducono dal centro storico pado-vano al quartiere Brentella uscendo dalle muracinquecentesche: la Mestrina, la Pelosa, la Mon-tanara. La Mestrina inizia da porta Savonarola, laMontanara da porta S. Giovanni e la Pelosa dalconvento di S. Prosdocimo. Due ponti romani amolte arcate, Tadi e di San Giovanni, sonofunzionali alle due strade Montanara e Pelosa.Prima dell’assedio del 1509 fu abbattuto il vec-chio lazzaretto ricavato dal monastero femmini-le benedettino in località Fistomba. E così nel1553 iniziò la costruzione del nuovo lazzarettosulla destra idraulica della Brenta. Esso si pre-sentava nelle forme di un grande chiostro apianta rettangolare ripartito su quattro lati di cuidue e mezzo edificati e porticati. Il lazzarettoperse le due funzioni nel 1775 quando fu costrui-to il nuovo ospedale Giustinianeo. Dopo il 1509il quartiere della Brentella subì le conseguenzedelle numerose demolizioni di casoni, case, vil-le, conventi per il guasto, la spianata di 1500metri funzionale al tiro dell’artiglieria collocatasulle mura nuove costruite dai veneziani. Nel1867 fu costruita la linea ferroviaria, in pratica ilnuovo confine della città. Nel 1923 fu posta laprima pietra del nuovo edificio della Stazionebacologica sperimentale, costruita lungo la viaMontanara. Essa era stata istituita dal ministroLuigi Luzzatti nel 1871 sul modello di quella diGorizia e originariamente situata nel quartiereSanta Croce. Sempre lungo la Montanara è statoedificato nel 1980 l’edificio dell’Archivio diStato. Manca nel volume uno studio sull’Ospe-dale Psichiatrico che fu costruito, lungo la stradaMontanara, agli inizi del Novecento con criteriinnovativi nelle cure e nel trattamenti dei malatimentali.

Elio Franzin

MICHELE CASSOL, I giardini di interesse storiconella città di Belluno, Belluno, Istituto Bellunesedi Ricerche Sociali e Culturali, 1998, 8°, pp. 63,ill., L. 15.000.

La città di Belluno è inserita in un notevolecontesto ambientale, in cui gli spazi verdi occu-pano un ruolo predominante; tuttavia sia nel

centro storico sia nell’immediata periferia vi èuna evidente carenza di giardini di tipo classico.Ciò si rileva anche in molte altre cittadine dimontagna, ma appare in netto contrasto con unarealtà peculiare del Veneto, regione in cui igiardini, oggi classificati come giardini storici,hanno sempre avuto ampia diffusione.

A Belluno, per vari motivi di tipo ambientalee culturale ma anche di ordine pratico, i giardinistorici sono presenti in numero molto limitato.Per prima cosa si può osservare che Belluno èuna città che per posizione geografica è immersanel verde di valli boscose, colline e vaste zoneagricole; è quindi estremamente probabile checiò abbia costituito un valido motivo di scarsointeresse per i giardini in sé. Inoltre il centrostorico di Belluno è uno spazio ristretto, bendelimitato dal fiume Piave e dal torrente Ardo, edè perciò verosimile che la creazione di giardinisia stata limitata anche dalla insufficienza dellospazio a disposizione. Le numerose ville pa-dronali, poi, hanno avuto solo secondariamentelo scopo di evidenziare la ricchezza e il prestigiodelle famiglie ed è per questo che i giardini quiesistenti sono piuttosto sobri. Infine si può ricor-dare che il clima di Belluno è piuttosto rigido egli inverni sono molto lunghi; è dunque plausibi-le che il desiderio di freschi giardini ombrosi nonsia mai stato molto sentito. Questi e forse altrimotivi hanno contribuito a far sì che fino alla finedell’800 Belluno fosse sprovvista di giardini; gliunici giardini di interesse storico-monumentaledi Belluno e della sua periferia, qui presi inesame, sono piuttosto recenti e sono stati per lopiù realizzati tra gli anni ’20 e gli anni ’40.

Barbara Giaccaglia

ALESSANDRA BOCCATO, Chiese di Venezia, Vene-zia, Arsenale, 1999, 16°, pp. 191, ill., L. 16.500.

La collana dell’Arsenale editrice “i piccoli” siarricchisce, dopo l’isolata staffetta rappresentatadal volume fuori serie di Raffaella Russo I Palaz-zi di Venezia, di un gruppo di quattro titoli, quasidelle guide formato tascabile, e quindi del tuttomaneggevoli (cm 10,7 × 15,7), che oltre a Vene-zia e il Veneto toccano altre realtà italiane. Laloro finalità è quella di servire un turismo colto,proveniente anche dall’estero. Infatti sono diffu-se col medesimo impianto editoriale anche nellatraduzione inglese. La prima, di AlessandraBoccato, si intitola Chiese di Venezia. Non vitroviamo tutte le chiese veneziane, ma quelle(sono in totale 54 inclusi gli edifici di culto diMurano e Torcello) ritenute dall’autrice di mag-giore storia, architetturale e artistica.

“L’importanza di architetti come MauroCodussi, Andrea Palladio, Baldassarre Longhena,è ampiamente bilanciata da quella di VittoreCarpaccio, Tiziano Vecellio, Jacopo Tintoretto,Giambattista Tiepolo, solo per citarne alcuni: iprimi hanno modellato gli scrigni dove i secondihanno poi riposto le gioie”, dice AlessandraBoccato. E continua: “Non sarà certo questolibro a svelare l’enormità dei tesori custoditinegli edifici sacri: la speranza è che discretamen-te accompagni il visitatore e aiuti, poi, a conser-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

vare viva memoria di quanto gli occhi hannoabbracciato”.

Per ogni chiesa una scheda, corredata da ma-teriali fotografici a colori, riassuntiva della sto-ria, dei successivi rimaneggiamenti sulla piantadi origine, con descrizione dei materiali usati,dello stile, dei motivi decorativi, degli architettie dei dogi che ne consentirono l’edificazione. Neemerge, vista da un’angolazione certamente par-ticolare, la cura devozionale che la SerenissimaRepubblica dedicava ai luoghi di preghiera, pa-trimonio immenso e prezioso inserito nel suosviluppo di città-stato. Un piccolo glossario po-sto in chiusura aiuta a decifrare talune definizio-ni e quindi a meglio comprendere nelle sue partila struttura dell’edificio.

Piero Zanotto

VALERIA BOVÉ, Ville Venete, Arsenale, Venezia1999, 16°, pp. 191, ill., L, 16.500.

L’agile formula editoriale della presente gui-da alle Ville Venete è stata ideata per essereconsultata via via da quanti vogliono scoprire econoscere a fondo almeno le principali e piùsignificative ville venete nel corso di una pro-grammata “passeggiata” sul territorio. Le paginerappresentano una piccola ma significativa pa-noramica delle ville più importanti, con l’auspi-cio che tale presa di contatto porti a scoprire evisitare anche le altre ville, meno note ma non perquesto da considerarsi “minori”.

Spiega l’autrice che “il primo Quattrocentoviene considerato il momento iniziale per poterparlare di ‘villa veneta’, in occasione dell’annes-sione da parte della Serenissima di Vicenza nel1404 e di Padova e Verona nel 1405. Per la svoltapolitica ed economica di Venezia si avanzanoallora varie motivazioni: la disponibilità improv-visa di un notevole patrimonio di terre, le diffi-coltà dei commerci marittimi dovute al cambiodelle rotte in seguito alle nuove scoperte geogra-fiche e alla conquista di Costantinopoli da partedei turchi, l’aumento dei prezzi agricoli nel pri-mo Cinquecento. Ma soprattutto si verifica ilcambiamento di mentalità: muta l’idea di mer-cante e di mercatura...”. Con una teoria interes-sante. Quella cha vede il nobile veneziano divocazione mercantile seguire, si direbbe per istin-to, l’esempio dei nobili di terraferma, di recentepassato feudale, che nel ripopolamento e nelpotenziamento delle campagne vedono una pro-pria rivalsa orgogliosa nei confronti della Domi-nante che aveva indebolito le loro reali possibi-lità di controllo sulla città.

E propone alcune ipotesi sulla genesi dellatipologia di villa in territorio veneziano, vuoimodellata come derivazione dal castello, ormainon più concepito come “edificio eretto per dife-sa”, ad uso di villeggiatura; vuoi derivata dalprototipo di casa veneziana, sul modello delpalazzo patrizio, di cui spiega anche nei partico-lari la struttura e le diverse funzioni. Con lemodifiche dal Quattro-Cinquecento al Sei-Sette-cento che vedono sul finire della Repubblical’evolversi della villa-palazzo in villa monu-mentale. Ad uso – col palladianesimo del

neoclassicismo e i giardini in particolare di Giu-seppe Jappelli – della nuova borghesia e non piùdelle nobiltà di terraferma e del patriziato vene-ziano.

Piero Zanotto

STORIA

PAOLA LANARO, I mercati nella RepubblicaVeneta. Economia cittadina e stato territoriale(secoli XV-XVIII), Marsilio, Venezia, 1999, 8°,pp. 143, ill., L. 30.000.

Un lavoro di capillare, impegnativa ricercaquesto di Paola Lanaro, testimoniata anche dallanutritissima bibliografia posta in appendice, al-l’interno della quale compaiono altri suoi seiprecedenti volumi dedicati allo stesso argomen-to da angolazioni diverse e con diramazioni chemettono a fuoco più problematiche legate allaeconomia della Repubblica del Leone, la qualeha avuto rapporti legislativi sofferti con le cittàdel suo dominio in merito ai traffici delle mercida esportare. Privilegi economici da difendere,da ognuna delle parti. Soprattutto con Verona,ma lo sarebbe stato anche con altre realtà, Bre-scia e il Friuli, cui viene dedicato ampio spazioall’interno del capitolo “Commercio e privilegiin terraferma veneta nella prima età moderna”.

Il “caso” di Verona rimane comunque em-blematico di una prova reciproca di forza (con laDominante) che si protrasse nel tempo, in un tirae molla di provvedimenti e concessioni più voltemessi in discussione. Si legge testualmente: “Il17 luglio 1405, il Senato veneto, affrontando lamateria della capitolazione di Verona, disponeche la città possa liberamente scegliere i percorsiattraverso cui far transitare le merci vendute.Tuttavia dopo pochi mesi, nel gennaio del 1407,legiferando in merito agli scambi commercialicon i paesi esteri che investono lo stato di terra,il Senato estende a tutte le nuove terre conquista-te gli antichi ordini in vigore nella Repubblica,vale a dire l’obbligo del passaggio delle merciper la dogana, da terra o da mar, posta a Vene-zia”. Una particolarità “naturale” quella di Vero-na, che concedeva alla città la forza di trattarecon il Senato per la libertà dei suoi commerci dauna posizione geografica di privilegio. La città

“si trovava al centro di una rete viaria che,attraverso i percorsi soprattutto fluviali – Adige,Po, Mincio – ma anche terrestri, metteva incomunicazione” con i grandi centri mercantilidell’Italia centro meridionale e dell’Europa delNord, e con sbocchi sul mare indipendentementeda Venezia.

Da questo punto focale l’indagine scientificadi Paola Lanaro, insegnante di storia economicaalla Facoltà di Economia dell’Università di Ve-nezia, si allarga a tutta la politica degli scambicommerciali a lunga distanza, visti attraverso iflussi e le relazioni con Venezia capitale e con lostato di terraferma. Difformità di strategie degliorganismi istituzionali e carenza di univocità(questa la conclusione dell’Autrice) che han fini-to col condizionare fortemente la formazione o lanegazione di una regione economica.

Piero Zanotto

MARIE F. VIALLON, Venise et la Porte Ottomane(1453-1566). Un siècle de relations vénéto-ottomanes de la prise de Costantinople à lamorte de Soliman, Paris, 1955.

Un’interessante opera francese, dedicata alperiodo classico dell’Impero Ottomano, che esa-mina le relazioni tra i due paesi.

Il vasto apparato bibliografico rende meritoall’impegno profuso e rende possibile ricavareuna serie di preziose informazioni, basate suglistudi di R. Mantran, S. Shaw, H. Inalcik, J.F.Hammer-Purgstall. Non vengono trascurate opereimportanti sulla politica orientale della Serenis-sima, né il confronto tra analogie e differenzenelle situazioni politiche dei due paesi e ladisamina delle burocrazie locali.

La sezione dedicata agli incontri bellici siconclude con le vittorie delle truppe ottomane inUngheria. Particolare attenzione è dedicata allavita di due grandi statisti: Ibrahim Pasa e AndreaGritti, due uomini eccezionali ma sfortunati.Pasa – veneto di origine, ma ottomano a pienotitolo – venne giustiziato al culmine della suapotenza; Gritti – da sempre francofilo – nonriuscì ad impedire la guerra del 1537.

L’opera, di carattere divulgativo, chiarisce agrandi linee le vicende cinquecentesche dei duepaesi e – dopo il libro di Valensi sul despotismoottomano – colma la lacuna sugli studi turco-veneti.

Mahmut H. Sakiroglu

STEPHANE YERASIMOS ET JEAN-LOUIS BACQUÈ-CRAMMONT, La résidence Baile de Venice àBalikpazari. Essai de localisation, “AnatoliaModerna / Yeni Anadolu”, VI (1996), Istanbul,Institut Français d’Etudes Anatoliennes GeorgesDumezil, pp. 1-10, con piante, facsimile deidocumenti turchi.

Con il presente volume, due studiosi tentanodi individuare ove si trovasse la residenza vene-ziana del Bailo, nel quartiere antico di Istanbul –

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

argomento discusso da lungo tempo. In passato,gli esperti avevano a disposizione solo docu-menti bizantini e veneti (Brown, Maltezou,Borsari). Oggi però la lacuna è stata colmata dadue documenti cinquecenteschi turchi, con-sultabili presso l’Archivio di Topkapi Sariyi –luogo di eccezionali memorie dell’Impero Ot-tomano.

A una prima lettura, i documenti del 1502-1513 non forniscono particolari indizi della resi-denza veneta, ma esaminando il fondo pio delfondatore emerge l’esistenza di menzil-i balyos(dimora del Bailo) e kenise-i Venedik (chiesa diVenezia/dei veneziani) e del quartiere Balikpazari(mercato del pesce/pescheria) come il centro delcommercio veneto. Da ricordare anche BalkapanHan (fondaco del mercato di miele), come defor-mazione di Balyos Han (fondaco del Bailo) –ipotesi formulata a suo tempo da T. Bertelè eripresa anche in Islam Ansiklopedissi (SemaviEyce, “Balkapan Hani”, s.v.).

Gli studiosi dimostrano l’esistenza della colo-nia veneta durante i periodi citati, mentre iltrasferimento a Galata presso Vigne di Pera deiBaili veneti avvenne in un periodo successivoalla conquista del 29.V.1453.

Mahmut H. Sakiroglu

BERNARDINO ZENDRINI, Memorie storiche dellostato antico e moderno delle lagune di Venezia edi que’ fiumi che restarono divertiti per la con-servazione delle medesime, introd. di UgoStafanutti, Sala Bolognese (BO), 1999, rist.anast. Padova 1811, 2 voll., pp. compless. 872,con 37 tavv. f.t., L. 230.000.

Nella benemerita collana “Bibliografia e Sto-ria Veneziana”, fondata e diretta da Ugo Ste-fanutti, si aggiunge ora la ristampa anastatica diquesti due tomi usciti postumi (a Padova, Stam-peria del Seminario, nel 1811), 64 anni dopo lamorte del suo autore, Bernardino Zandrini, avve-nuta il 18 marzo 1747 a sessantotto anni, a curadel nipote abate Angelo Zendrini, membro delCollegio elettorale de’ dotti e professore di ma-tematica nel R. Liceo Convitto di Venezia.

Bernardino Zendrini, medico, matematico,idraulico eminente, progettista dei Murazzi deiLidi di Venezia, bresciano di Saviore, ebbe mododi farsi conoscere dagli studiosi e dalla gente conla pubblicazione di un opuscolo scritto in seguitoalla tromba marina abbattutasi su Venezia scon-volgendone la vita il 25 gennaio 1708, opuscoloin cui descriveva accuratamente quel fenomeno,unendovi un breve trattato generale dell’aria, deiventi e turbini connessi. Trasferitosi a Venezia aseguito degli affari della sua famiglia, ebbe edu-cazione presso la scuola dei Gesuiti e si laureò inmedicina a Padova nel 1701. Scelse di trasferirsia Venezia dopo avere esercitato la medicinanella città natale, conscio che soltanto in lagunaavrebbe potuto frequentare quegli ambienti cul-turali necessari a dare respiro alle sue aspirazionidi studioso. Diventando nel volgere di anni l’au-torità massima in materia idrostatica, ricono-sciuto perciò in varie città (Ferrara, Modena,Vienna...), e ottenendo per primo (18 gennaio

1720) da parte della Repubblica di Venezia ilconferimento del titolo di Matematico e Sovrin-tendente alle acque dei fiumi, della laguna e deiporti dello Stato Veneziano.

Le Memorie storiche che qui si presentanopartono dal 1300: da allora Zendrini registraquanto si è pensato, proposto ed eseguito allelagune, ai porti, ai fiumi, ai canali “sempre essen-dosene il Governo con somma cura occupato”.La parte descrittiva dei volumi è accompagnata,per una agevole lettura, da 37 carte idrografiche,da lui stesso disegnate o rilevate da originaliautentici, con le immagini e il percorso delleacque, accertate le giuste misure e proporzioni.

Il suo nome è legato alla definitiva soluzionedel secolare problema dell’erosione recata ailitorali veneziani dal mare, attraverso i “murazzi”,il cui primo esperimento, positivo, lo si ebbe nel1738. Chilometri e chilometri di solide difese amare della laguna erette in pietra d’Istria e calcepozzolana fino al 1790. Opera d’intelligenzatitanica lasciata in involontaria eredità pochianni dopo agli stranieri usurpatori della Repub-blica del Leone. I cui benefici sono tangibiliancora oggi.

Piero Zanotto

ISTITUTO PER LE RICERCHE DI STORIA SOCIALE E

RELIGIOSA - ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE

ED ARTI, L’area alto-adriatica dal riformismoveneziano all’età napoleonica, a cura di FilibertoAgostini, Venezia, Marsilio, 1998, 8°, pp. XLIV-663, L. 80.000.

Il volume raccoglie una cospicua parte (25relazioni) degli atti di due convegni promossi inoccasione del bicentenario del 1797 in strettacollaborazione tra il veneziano Istituto Veneto discienze, lettere ed arti ed il vicentino Istituto perle ricerche di storia sociale e religiosa, convegnitenuti uno a Venezia nel maggio 1997 e l’altro aVicenza nell’ottobre 1997, uniti da una impo-stazione e da un titolo unitario, ripreso ora negliatti. L’iniziativa si è rivelata particolarmentesignificativa per la partecipazione di studiosi edocenti italiani (in particolare delle universitàvenete e friulane), ma anche di università e centri

di ricerca di varie aree della ex Iugoslavia, cer-cando di porre a confronto gli approcci e gli studidi diverse tradizioni.

Come sottolinea il curatore Filiberto Agostini(in una premessa che offre anche un inquadra-mento tematico e storico degli avvenimenti eu-ropei e veneto-adriatici intorno al 1797), il volu-me studia l’impatto del crollo dello Stato marcia-no, le conseguenze nel sistema marittimo e com-merciale adriatico, la capacità dell’Adriatico diconservare la funzione di luogo di incontro e diamalgama fra mondo italiano, tedesco e slavo.

Il volume è aperto da un quadro di Piero DelNegro, Gli ultimi venticinque anni di studi sulVeneto giacobino e napoleonico (1971-96): unbilancio. Quindi una serie di interventi su atteg-giamenti e ripercussioni alla “caduta della Re-pubblica”: Michel Vovelle (della Sorbona diParigi) ne affronta i riflessi nell’opinione deifrancesi durante il Direttorio; Carlo Ghisalberghil’utilizzo di Codici e costituzioni nell’area alto-adriatica; Giovanni Zalin le conseguenze nelsistema marittimo-commerciale alto-adriatico;Giovanni Vian, Le chiese e la comunità ebraicadi Venezia.

Un’altra serie di interventi è relativa alla situa-zione culturale, sociale ed economica tra Sette eOttocento: Manlio Pastore Stocchi, Moralità ecostume nei letterati delle province adriatiche eioniche; Antonio Lazzarini, Boschi e legname.Una riforma veneziana e i suoi esiti; WalterPanciera, Imprenditori, tecnici e macchine: l’at-teggiamento verso l’innovazione nel Settecentoveneto; Giovanni Luigi Fontana, Industrializza-zione e de-industrializzazione nella terrafermaveneta: il tessile tra Sette e Ottocento; AndreaZannini, Un personaggio metafisico: la borghe-sia veneziana nel secondo Settecento; GiovanniSilvano, Fisco e società. dalle riforme venezianealla rivoluzione del 1797; Filiberto Agostini, Trapermanenze e mutamenti: le municipalità demo-cratiche e la chiesa diocesana nella terrafermaveneta (1797); Alfredo Viaggiano, Dallo Statopaterno all’età dei codici. Aspetti sociali dellepratiche giudiziarie nei territori veneti tra cadu-ta della Repubblica e restaurazione.

Vengono quindi affrontate una serie di tema-tiche relative ad aree o tematiche specifiche: Mad-dalena Del Bianco Cotrozzi, Gli ebrei dell’areaalto-adriatica nell’età delle riforme e della pri-ma emancipazione. Istituzioni, cultura e religio-ne; Fiorenzo Rossi, Le rilevazioni demografichenelle terre venete: dalle “Anagrafi” venezianealle statistiche nepoleoniche; Michele Cassese,Popolazione locale e dominazione francese: ilcaso goriziano (1797-1813); Dea Moscarda, Notestorico-giuridiche sui contratti di assicurazionemarittima a Trieste e a Venezia nella secondametà del XVIII secolo; Eva Faber, Riforme statalinel litorale austriaco nel secondo Settecento;Egidio Ivetic, Religione ed economia: la diffu-sione delle confraternite laicali nell’Istria del-l’ultimo Dominio veneto; Ana Lavric, L’imma-gine religiosa dell’Istria prima della caduta del-la Serenissima; Michele Gottardi, Echi venezia-ni della perdita di Istria e Dalmazia (1797-1809); Giulio Cervani, La Dalmazia napoleonicanel pensiero di Tullio Erbè; Slavko Kovacic, Ilvescovo di Macarsca Fabijan Blaskovic e il suoambiente curiale di fronte ai cambiamenti poli-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

tico-sociali (1797-1805); Vicko Kapitanovic,Andrea Dorotic e il movimento per l’unionedella Dalmazia alla Croazia; Guido Zucconi,Architettura e strategie urbane nei Domini damar dopo la caduta della Repubblica di Venezia.

Si tratta di un ventaglio molto largo di temistorici (istituzionali, economico-commerciali,giudiziari, religiosi, sociali, architettonico-urba-nistici) correlati con la geografia antropica. Nelloro complesso i convegni hanno sottolineato(anche attraverso le parole conclusive di MichelVovelle) l’importanza della continuità e la pro-duttività del metodo comparativo, nonché il si-gnificato di una iniziativa che per la prima voltaha coinvolto tanti studiosi appartenenti a contestipolitici fino a pochi anni fa contrapposti. Non acaso si è ritenuto opportuno procedere alla costi-tuzione di un gruppo di studio di storia adriaticain modo da continuare il cammino intrapreso.

Pier Giorgio Tiozzo

GIANPIER NICOLETTI, Le campagne. Un’area ru-rale tra Sile e Montello nei secoli XV e XVI,Treviso, Canova, 1999, 8°, 2 voll., pp. 367+200,L. 65.000.

Le campagne costituivano, dopo l’annessionedella Marca trevigiana alla Serenissima, duedelle nuove otto unità fiscali in cui era articolatala struttura amministrativa del territorio. Suddi-visa in una parte settentrionale e in una meridio-nale, la campagna era fra le aree più estese epopolate della Marca, pur se priva al suo internodi ampie realtà urbane. L’analisi del testo prendecome fonti di riferimento gli estimi redatti fra il1518-21 e il 1542-61 e traccia un quadro genera-le del territorio a partire dalla presentazione delpaesaggio rurale, per descrivere poi i tipi diregime fondiario presente, le forme di condu-zione agricola, le tipologie costruttive più fre-quenti, le caratteristiche specifiche delle attivitàlavorative, con una attenzione particolare allediverse colture e alle differenti varietà di alleva-mento praticato.

Uno studio particolare è dedicato alla strutturasociale del mondo rurale. Prendendo spunto daun esame della famiglia contadina, il discorso siestende all’analisi dei rapporti fra città e campa-gna, indagando il quadro complesso delle rela-zioni fra capitale cittadino e mondo rurale escoprendo che, dopo la fine del XV secolo, lapresenza di proprietari urbani si era notevolmen-te ampliata, comprendendo anche una fascia dipiccoli e medi investitori.

Dalla ricerca emerge lo scenario complessivodi una realtà rurale fortemente segnata dallapresenza dell’uomo. Il paesaggio delle campa-gne all’inizio dell’età moderna risulta infattipienamente definito. A partire dalla spianataadiacente alla città, dove, dopo la riedificazionedella cinta muraria in seguito alla guerra diCambrai, si era ripulito il territorio da ogni sortadi vegetazione d’alto fusto, abbattendo anche,nel giro di quasi 1 km, ogni costruzione, ilpaesaggio si allarga sia a nord che a sud in unasuccessione intrecciata di orti, broli, campi, pra-ti, boschi e paludi. Seppur le norme della Repub-

blica tutelassero con attenzione la presenza deglialberi quali castagni e roveri, fondamentali per leesigenze dell’arsenale della Serenissima, l’au-mento costante della popolazione, che subì unulteriore accelerazione nel XVI secolo, e le solle-citazioni di un mercato in forte espansione, spin-sero verso una estensione degli arativi e unariduzione sia dell’incolto sia dei prati, fattorequesto che rischiò di spezzare il precario equili-brio fra allevamento e produzione agricola.

Sempre alla svolta del secolo, in relazione conl’aumento dell’inflazione, si assistette anche adun progressivo incremento dei canoni di affitto.I contratti di conduzione specificano la necessitàper i tenutari di approntare modifiche e migliora-menti ai terreni in affitto, di erigere nuove abita-zioni, scavare fossi, ampliare la piantata, privile-giare le colture a più alto valore aggiunto: la vitee il frumento. Un’attenzione particolare sembradedicata in diverse aree all’introduzione del gel-so, l’unica nuova pianta inserita nell’ambienterurale in questo periodo, la cui coltivazione per-mette importanti entrate monetarie per l’azien-da, mentre tende a sparire la coltivazione del-l’olivo, ancora diffusa nel montebellunese, ma,date le caratteristiche climatiche e del terreno,considerata poco remunerativa.

Ferdinando Perissinotto

Società e cultura a Treviso nel tramonto dellaSerenissima, Atti del convegno di studi (Treviso-Preganziol, 16-17 ottobre 1997), a cura di BrunoDe Donà, Treviso, Ateneo di Treviso, 1998, 8°,pp. 386, ill., s.i.p.

Il convegno è stata l’occasione per contrapporeall’interpretazione tradizionale della Repubbli-ca di Venezia, che sembrava aver concluso nel’700 il proprio ciclo storico (Brunetta, p. 26), latesi di uno stato ancora presente con “manifesta-zioni di vitalità” nel momento della sua caduta(G. Pillinini, p. 15). In realtà ciò che emerge è unadifficile congiuntura determinata dal passaggiodegli eserciti francese ed austriaco sul territorio.Malgrado i dispacci giornalieri del podestà ecapitano di Treviso, Iseppo Diedo, documentinoil tentativo di controllare il fenomeno, era nellalogica degli eserciti invasori la politica delle

requisizioni dei generi alimentari e la richiesta diforniture di guerra che coinvolgeva in primapersona la popolazione trevigiana. La continuitàcon Venezia, dopo il 1797, sussiste comunque esi manifesta ad esempio nella gestione del boscodel Montello, che era stato il fornitore esclusivodel materiale più prezioso per l’arsenale, cioè lequerce da filo, sia nella sostanza delle leggi chenella scelta delle persone che lo amministravano.

Eppure nella cornice delle immagini che con-notavano il paesaggio urbano a Treviso (1797),nel quale vengono scritti I sonetti in vernacolocontro i municipalisti del 1797 di DomenicoLoschi, la Costruzione de’ teatri secondo il co-stume d’Italia di Francesco Riccati, in un mo-mento di transizione per la storia delle matema-tiche, si evidenzia l’atmosfera intellettuale cheviveva nella sede del convegno: villa Albrizzi-Franchetti a san Trovaso di Preganziol. Di questatestimonianza della “civiltà delle ville venete”,come vivace salotto culturale, i cui protagonistisono descritti nei Ritratti della contessa Albrizzi,accanto al Pindemonte, il personaggio più im-portante è il Foscolo, che attribuirà la genesidella composizione dei Sepolcri (1807) alle con-versazioni avute con loro durante le passeggiatenella villa.

Massimo Galtarossa

MARCO GIRADI, Il leone atterrato. Un secolo distudi sulla caduta della Repubblica Veneta. Sag-gio bibliografico, introd. di Carlo Povolo, Vene-zia, Consorzio Editori Veneti - Verona, Cierre,1999, 8°, pp. 159, s.i.p.

Vengono elencati e indicizzati 948 studi rela-tivi agli ultimi anni del Settecento e all’etànapoleonica. Si tratta di monografie, articoli,lavori miscellanei prodotti tra il 1897 e il 1997,prendendo cioè come riferimenti il primo e ilsecondo centenario della caduta della Repubbli-ca di Venezia. Specificatamente viene esclusa lapubblicistica relativa a l’illuminismo e la storiaveneta più complessiva; biografie, medaglionid’uomini illustri e lavori su personaggi pur signi-ficativi; testi sui territori della “Repubblica delLeone di San Marco”, sia “da mare” (Istria,Dalmazia, isole Ionie e Morea), sia “da terra”(Friuli, Brescia, Bergamo, Crema), studi genera-li sul periodo. Oggetto principale dell’attenzionedel Saggio è il biennio 1796-97, il momentofinale, cioè, della Repubblica di Venezia, e ac-canto a questo la situazione del Veneto nell’etànapoleonica.

La bibliografia consta di due parti. Una prima,a carattere generale (pp. 24-56, con 270 titoli),viene articolata per aspetti cronologici nei para-grafi: studi d’insieme; echi della rivoluzionefrancese nella Repubblica; vicende militari dellacampagna di Bonaparte, aspetti diplomatici, lemunicipalità democratiche; il Veneto austriaco;il Veneto nel Regno d’Italia napoleonico; lacaduta del Regno italico. La seconda parte, piùcospicua (pp. 57-139, con 678 segnalazioni), èarticolata per aree geografiche e città della Re-pubblica marciana, ordinate alfabeticamente (aimaggiori centri veneto-friulani si affiancano le

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

città lombarde e la costa istriano-dalmata finoalle isole Ionie).

All’interno delle due parti le segnalazioni ven-gono ordinate cronologicamente. I titoli indivi-duati si riferiscono a monografie, ma sono fruttoanche di uno spoglio sistematico di periodici eopere miscellanee. Infine, gli indici degli autorie curatori e analitico (per argomenti trattati).L’inquadramento della tematica viene affidatoad un sintetico ed acuto saggio introduttivo diClaudio Povolo (Fragilità di un confine sto-riografico: la caduta della Repubblica tra storiae mito), nel quale lo storico affronta la questionedelle motivazioni di fondo del crollo dello statoveneziano, individuate sostanzialmente nello“scollamento” della Dominante dalla terrafermae nella separatezza istituzionale e del ceto patrizio.A queste contraddizioni strutturali ha fatto dacontraltare il mito della Serenisssima, già pre-sente sin dal Cinquecento e cresciuto a dismisuradopo la “caduta”. La ricchezza della pubblicistica(in particolare quella locale), assieme alla rinno-vata maturità storiografica, consentono ora unapiù netta e precisa definizione di questo passag-gio epocale.

Pier Giorgio Tiozzo

Venezia e l’Austria, a cura di Gino Benzoni eGaetano Cozzi, Venezia, Marsilio, 1999, 8°, pp.VIII-494, ill., L. 75.000.

Escono ora, con singolare tempestività, gli attidel convegno che la Fondazione Cini ha dedicatoai rapporti tra Venezia e l’Austria (venticinque icontributi, tra cui trascegliere), che chiudono unciclo di revisione storiografica avviato con ilconvegno sul 1797 e proseguito con un corso dialta cultura. Si sa, esiste una vasta letteratura suirapporti tra Venezia e l’Austria, e la storiografiaè stata a lungo inchiodata a due immagini con-trapposte, tra una “condanna” dell’oppressioneaustriaca e una valutazione del tutto positiva diuna gestione e amministrazione del potere nelcomplesso “illuminato”.

Il compito di sfatare molti idola storiografici èassolto egregiamente da Franco Della Perutanella relazione “Il Veneto nel Risorgimento finoal 1848”; ne accenniamo, in via esemplificativa,a qualcuno. Ad esempio, l’immagine data daCattaneo del sistema comunale del Lombardo-Veneto è “idealizzata”, contraddetta da una real-tà in cui la proprietà della terra era “concentratain un numero relativamente ristretto di mani”, epertanto la vita politica e sociale era diretta daimaggiori proprietari. Inoltre nelle zone di pianu-ra e di collina, gli organismi di autogoverno“somigliavano in molti casi più ad arcaiche as-semblee comunitarie che a moderni istituti dipartecipazione alla gestione della vita locale”.Così l’amministrazione, presentata come fun-zionale e ben diretta, in realtà fu “lenta efarraginosa”, troppo centralizzata per risponderealle esigenze della popolazione. E così via.

Andrea Zannini interviene su “Vecchi, poverie nuovi borghesi. La società veneziana nell’Ot-tocento asburgico”; un contributo per iniziare adissipare quel “buco nero” della storiografia

veneziana sul ruolo e il peso della borghesia nelcorso dell’Ottocento e sul tasso di pauperismo,enfatizzato dal patriarca Pirker nella cifra di40.000 indigenti su 100.000 abitanti. L’autoreritiene invece che i “poveri strutturali” siano3.500, a cui va aggiunto un tasso consueto dimarginalità. I dati fondamentali sono costituitidalla profonda crisi demografica dei primi de-cenni dell’Ottocento (Venezia perde 1/3 dellapopolazione), seguita però dalla ripresa deglianni trenta. Il tenore di vita generale tra Settecen-to e inizio Ottocento è a un livello accettabile enon subisce variazioni, mentre nel cinquantennioaustriaco le novità di maggiore rilievo consistet-te “nella maggiore capacità dei ceti dirigentilocali di adattarsi, seppur tra difficoltà e resisten-ze, alle nuove esigenze dettate dal progresso delsistema dei trasporti e dei servizi urbani”. Insom-ma, di fronte all’esaltazione del patriziato vene-ziano, l’autore evidenzia l’esistenza di uno stratoborghese industrioso che è alla base della ripresaeconomica e sociale della Venezia ottocentesca.

Erika Kanduth si sofferma sui “Nobili vene-ziani al servizio dell’Austria”; un ceto protago-nista nel periodo della Restaurazione, a cui l’Au-stria conferma i titoli di nobiltà e la riammissionenelle funzioni amministrative. Due buoni motiviperché i nobili veneziani assicurassero il loroconvinto consenso al casato degli Asburgo. “Lapolitica linguistica della Monarchia asburgica” èl’argomento analizzato da Hans Goebl. Il domi-nio imperiale, afferma, è in quanto tale poliglot-ta; non si può parlare di una vera e propriapolitica linguistica dell’Austria, ossia di “regola-menti espliciti in sede di glottopolitica”, tanto èvero che nell’attività amministrativa viene usatol’italiano (come nelle scuole). Insomma la cono-scenza del tedesco era di fatto inesistente nel-l’area veneta; si può parlare al massimo di alcuniinflussi linguistici sull’italiano. Lo studioso giun-ge a questa conclusione che può apparire sor-prendente: “L’Austria, sentita dagli Italiani diallora come potenza tedesca, non contribuì innessun modo a ridurre l’isolamento linguistico eculturale dell’Italia rispetto al mondo germanico”.

Cesare De Michelis in “Il letterato e la storia.Ippolito Nievo”’ ci offre una nuova chiave dilettura delle Confessioni d’un Italiano di Nievo,attraverso l’utilizzo di ciò che afferma lo stessoscrittore sia nel “proemio”, ove si troverebbe unaprecisa poetica, esplicita “nei suoi propositimorali, pedagogici, civili”, sia nei due testi pro-grammatici “Rivoluzione politica e rivoluzionenazionale” e “Venezia e la politica d’Italia”. Inquesti due testi è esposto in modo nitido einequivocabile il progetto ideologico del roman-zo, ossia il percorso di un “Veneziano” chediventa “Italiano”; un percorso affatto scontatotra il ’57 e il ’58, quando appunto Nievo scrive ilsuo capolavoro. È la ricerca di un’identità nazio-nale, che Nievo individua nel riconoscimentoaperto di un primato di Venezia, che “dopoRoma è la città più italiana della patria nostra”;un primato che affonda le sue radici nella storia,per cui i valori di cui la Serenissima è portatrice,“la libertà, il senso civile, la virtù patria, lamoderazione”, esprimono in modo eminente “lospirito italiano nella storia moderna”. MarioInfelise ci parla della “leggenda nera di Venezianella prima metà dell’Ottocento”, con riferimen-

ti precisi all’ampia letteratura esistente, fra cuiprimeggia l’opera di Pierre Daru, Storia dellaRepubblica di Venezia (1819) che ha rilanciato la“leggenda” di una Venezia violenta e tirannica,seguita poi da uno stuolo di storici. In particolarequesta idea di Venezia “città corrotta e levantina”è veicolata nella cultura inglese, mentre una solafigura si salva, quella di Paolo Sarpi, attorno ilquale si diffonde un certo mitologismo, espressobene in una tela del pittore Enrico Gamba, chescelse come soggetto l’attentato al padre servitadel 1607.

Gino Benzoni, in uno dei migliori contributidel convegno, “Dal rimpianto alla ricostruzionestoriografica”, contrappone con scoperta ironia,alla “vena necrofila” di molti poeti, che piangonosulla fine di Venezia, ciò che dicono i veneziani,meno noti dei grandi letterati, “con la rotella delbuon senso”. Sono molti infatti coloro che sistracciano le vesti per l’eclissi della Serenissima,italiani e stranieri: Byron, Grillparzer, Platen,Heine, Strachwitz, Wagner, e poi Foscolo (“lacui disperazione culmina nel suicidio di JacopoOrtis”!), Pellico, il quale rimprovera i veneziani,insieme a Grillparzer, “di vivere dimentichi, noninchiodati al rimpianto”. Ma di fronte all’imma-gine romantica di una Venezia irreversibilmenteavviata alla decadenza, cosa accade nella cittàlagunare, descritta dai veneziani che la conosco-no bene? “Decisamente migliorate le condizionidi vita, risanamento edilizio, circoscritta l’areadella ‘povertà’, attivato il primo tronco della‘strada ferrata Fedirnandea’, vie vivacementefrequentate, ‘alberghi pieni’, botteghe con inten-so smercio, fiorir di commerci, moltiplicarsi diiniziative”. Insomma una Venezia lontanissimadall’idea comatosa dei poeti, a dispetto dei qualicontinua a vivere e prosperare. Non è più laDominante, è vero, ma pur sempre uno dei centripiù alti della cultura europea, una tradizione cheil grande cavalier Cicogna, qui ritratto in modosuperbo, restituisce ad attualità.

Mario Quaranta

PIERO BRUNELLO, Voci per un dizionario delQuarantotto. Venezia e Mestre marzo 1848 -agosto 1849, Venezia, Comune di Venezia -Assessorato Pubblica istruzione - Itinerari Edu-cativi, 1999, 4°, pp. 370, ill., s.i.p.

Il Comune di Venezia, come pochi altri comu-ni del Veneto, è stato promotore di varie inizia-tive culturali e didattiche in occasione del 150°anniversario della rivoluzione cittadina del1848-49. Una di esse è stata la mostra “VeneziaQuarantotto”. Nel suo programma il Comuneveneziano ha inserito un percorso per i docenti egli studenti fornendo degli strumenti didatticicostituito da voci corredate da documenti origi-nali. La domanda è: che cosa fu realmente ilQuarantotto a Venezia? Il dizionario di PieroBrunello non è un racconto definito e conclusodell’insurrezione veneziana e permette di ri-scriverlo partendo dall’uso delle fonti e dal con-fronto dei documenti che ogni voce contiene. Ildizionario dedica molto spazio a Venezia, pocoa Mestre e pochissimo alle campagne della Ter-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

raferma benché nei documenti citati spesso com-paiano i contadini con la loro fame di terra e dicampi e con le loro occupazioni dei terreni già diproprietà dei Comuni, poi passati in proprietàalla borghesia. Tuttavia nella voce dedicata alcomunismo vi sono numerose testimonianze sulleoccupazioni di terre da parte dei contadini. Fra levoci Brunello ha inserito la cronaca molto detta-gliata delle giornate iniziali dell’insurrezione,dal 17 al 23 marzo 1848.

È noto che il successo dell’insurrezione non fudovuto soltanto alla determinazione degli operaidell’Arsenale e ai soldati italiani che facevanoparte dell’esercito austriaco i quali si rifiutaronoin vari momenti di sparare sugli insorti. Decisivofu il ruolo assunto da Daniele Manin, prima conla sua azione legale nei mesi precedenti all’insur-rezione, poi con la sua prigionia ed infine con lasua sapiente tattica insurrezionale. Manin fuliberato il 17 marzo per ordine del governatore diVenezia conte Palfy. Ma soltanto la sera del 21prese la decisione di assumere il potere con learmi in nome della Repubblica di San Marco,quando ormai gli insorti avevano ottenuto lacostituzione della Guardia nazionale. Ormai ilpotere politico e militare austriaco aveva mostra-to tutte le sue contraddizioni benché a Venezia vifossero ben 8.370 soldati distribuiti in quindicicaserme. Purtroppo il bel dizionario di PieroBrunello non contiene la voce “Daniele Manin”,al quale finora non è stata dedicata una biografiacompleta. Attraverso la figura e l’azione di Maninpassano tutte le contraddizioni dell’insurrezioneveneziana e di quella veneta. Sono contraddizio-ni politiche e militari. Il governo provvisoriodella Repubblica veneta si era impegnato il 24marzo a elaborare, assieme alle Provincie venete,il nuovo Statuto. Ma la promessa non fu mante-nuta, provocando delle reazioni motivate.

Anche il ruolo delle donne, diventate cittadinegrazie all’insurrezione, fu determinante sia nellapreparazione che nello svolgimento della rivolu-zione. Alcune di loro, come Anna PapadopoliComello, avevano anche delle capacità letterarieche usarono per sostenere la rivoluzione. Gliarsenalotti in lotta per la riduzione dell’orario dilavoro, i contadini che vogliono la terra, le donneche entrano nella vita pubblica, i soldati italiani

che disertano sono i protagonisti del Quarantottoai quali va l’attenzione documentata ed intelli-gente di Piero Brunello.

Elio Franzin

HATIKWÀ, Il cammino della speranza. Gli ebrei ePadova, vol. I, a cura di Claudia De Benedetti,Padova, Papergraf, 1998, 8°, pp. 117, ill.,L. 88.000.

Il documento più antico della Comunità ebrai-ca padovana è un rogito notarile del 1369 rela-tivo alla fondazione di una società per il prestitodi denaro. A Padova si incontrarono ebrei prove-nienti da Roma e dai paesi dell’Est europeo.Nella seconda metà del Trecento, Padova era uncentro manifatturiero, in cui molti banchi diprestito cristiani furono chiusi su pressione dellaChiesa cattolica. Gli ebrei esercitavano, oltre alprestito, anche la compravendita di robe usate ela merceria. Il primo banco ebraico si trovavavicino a ponte Molino, altri in piazza delle Legnee a S. Canziano.

Nel 1384 gli ebrei ottennero dai da Carraral’autorizzazione di acquistare il terreno incontrada S. Leonardo da adibire a cimitero. Sottoi Carraresi gli ebrei erano considerati stranieri.La prima sinagoga si trovava nella casa delbanchiere Musetto vicino a piazza delle Legnegià nel 1405. Nella seconda metà del Quattrocen-to Padova diventò il centro di maggiore impor-tanza per la comunità ashkenazita in Italia. Negliultimi decenni del Cinquecento l’attività degliebrei si estese al commercio della seta. Nel 1581il Senato veneziano impose agli ebrei di Padovadi vivere in un luogo separato, ma all’esecuzionedel progetto si arrivò soltanto nel 1603.

Il ghetto, chiuso da quattro porte, si configuròcome un nodo fondamentale di scambio delmercato cittadino. Con la circolare governativadel 15 marzo 1815 gli austriaci concessero lacessazione legale dei ghetti, il diritto di proprie-tà, l’accesso ad ogni ordine di studi, il liberoesercizio di qualsiasi attività economica. Nellostato dei Savoia fu emanato invece il regio decre-

to 29 marzo 1848 la cui applicazione fu poiestesa a tutta l’Italia.

Nel 1827 fu fondato a Padova il Collegiorabbinico, poi trasferito a Firenze e trasformatoin Collegio rabbinico italiano. A Padova le sina-goghe erano tre, di rito italiano, tedesco e spa-gnolo. Il più antico riferimento alla sinagogatedesca di via delle Piazze, detta Scuola grande,è del 1482. Nel 1892 la sinagoga italiana e quellaspagnola furono chiuse. Dopo l’applicazionedelle leggi razziali fasciste del 1938 la comunitàebraica di Padova contava circa 300 iscritti.All’indomani della fine della guerra gli ebreierano diventati duecento, quarantasei di essifurono deportati senza ritorno. Nel maggio del1943 i fascisti incendiarono la sinagoga tedesca.Essa è stata recentemente restaurata in modoesemplare.

Elio Franzin

Le Scienze della Terra nel Veneto dalla cadutadella Serenissima all’Unità d’Italia, Atti delConvegno (Venezia, 25 ottobre 1997), a cura diCorrado Lazzari, supplemento al vol. 24 dei“Lavori” della Società Veneziana di ScienzeNaturali, Venezia, 1999, 8°, pp. 137, ill., s.i.p.

Tra le iniziative promosse in occasione delduecentesimo della caduta della Repubblicaveneta, quella organizzata dalla Società Vene-ziana di Scienze Naturali si è caratterizzata perl’impronta storico-scientifica. Il convegno, svol-to in collaborazione con il Centro Studi RicercheLigabue e con il Liceo Ginnasio “MarcoFoscarini”, ha avuto come oggetto di riflessionelo studio delle Scienze della Terra nell’Ottocen-to e quindi ha voluto “costituire – ha scrittol’attivo Presidente della Società, il Prof. CorradoLazzari – un contributo alla conoscenza di unfondamentale periodo storico, momento di tran-sizione verso una visione moderna delle Scienzedella Terra, al quale gli scienziati veneti hannodato un contributo fondamentale”.

La manifestazione è servita dunque a valoriz-zare alcuni protagonisti della ricerca geologicaottocentesca e a mettere a fuoco alcuni nodipresenti nel dibattito di allora. Tra le figurericordate spiccano quelle di Giuseppe MarzariPencati, su cui è intervenuto Ezio Vaccari, e diTommaso Antonio Catullo, di cui ha parlatoNicoletta Morello. Il primo, attraverso le sueosservazioni, ha messo in crisi il sistema diAbraham Gottlob Werner, dimostrando “in modoinequivocabile l’origine non sedimentaria deigraniti”. Ciò gli attirò le critiche, ha messo inevidenza Fabrizio Bizzarini, del wernerianoLeopold von Buch, che per confutare le tesi diMarzari Pencati si trasferì dalla Sassonia alla valdi Fiemme per studiarne le caratteristiche geolo-giche. L’altro protagonista della geologiaottocentesca fu il Catullo. La Morello, partendodalla Zoologia fossile del 1827 di Catullo, rico-struisce il contesto storico-scientifico entro cui sicalava il lavoro catulliano e delinea i passaggiche fecero approdare il bellunese alla formula-zione del criterio della zoostratigrafia. Il conve-gno si è tenuto nell’Aula Magna del Liceo Gin-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

nasio “Marco Foscarini”. Istituito il 14 marzo1807, con decreto del principe EugenioBonaparte, il Liceo, che allora si chiamava Li-ceo-convitto Santa Caterina, fu la principaleistituzione di studio presente nell’Ottocento aVenezia. Non è stato un caso, quindi, che si siascelto questo luogo per riflettere sulle vicendedella geologia nell’Ottocento. Dall’altra parte,come ha ricordato Daniela Magnanini, docentedel “Foscarini”, il Liceo ha contato degli illustridocenti di discipline scientifiche: il naturalistaLuigi Maria Rossi e il fisico Francesco Zan-tedeschi che fu chiamato all’Università di Pado-va, solo per citarne alcuni. Ma va soprattuttoricordato che il primo Rettore del Santa Caterina,l’abate Anton Maria Traversi, un amateurs distoria naturale, ebbe il merito di portare presso ilLiceo una ricca collezione di mineralogia.

Cinzio Gibin

Gentildonne artiste intellettuali al tramonto del-la Serenissima, a cura di Vittoria Surian, Mirano(VE), Eidos, 1998, 8°, pp. 129, L. 22.000.

Il presente volume raccoglie gli atti dell’omo-nimo Seminario tenutosi a Venezia il 24 aprile1998, nell’ambito delle celebrazioni del secondocentenario della caduta della Repubblica di Ve-nezia. Gli interventi, di specialisti di storia dellacultura e di studi delle donne, si articolano attor-no ad alcune figure femminili, protagoniste inVenezia della vita letteraria, artistica e musicaledella seconda metà del ’700. Antonia Arslan, inesordio, avvisa: “Noi vogliamo proporre, farriemergere dall’ombra, far studiare queste robu-ste personalità di donne”. Nominare queste don-ne è già un passo importante, dice Maria LuisaMinio Paluello: “Le donne di Venezia senza unnome mi hanno colpito improvvisamente quan-do qualche anno fa ho avuto la grande idea dicercarle, cominciando dall’Archivio di Stato.Trovavo che le famiglie di nobili veneziani ave-vano solo figli maschi. Poi comincia a comparirequalche femmina, sposata. Pian piano ho capito.Solo quelle che andavano sposate a qualcunoconquistavano la menzione. Altre ce n’erano, maandavano a riempire i conventi o rimanevanonelle famiglie, innominate. Le Innominate”.

Da questo mare di innominate sta riemer-gendo, grazie alla ricerca, una grande tradizioneintellettuale ed artistica femminile. Queste don-ne rappresentano una continuità che si esprimenei salotti, se sono aristocratiche, e se si devonoguadagnare da vivere si esprime nel giornalismo,nelle botteghe d’arte, nelle chiese e nei teatri conconcerti e canti. Ricordiamole. Giustina RenierMichiel, nobildonna veneziana, animò uno deisalotti più importanti della Venezia colta, mante-nendo contatti con letterati e artisti di famainternazionale. Elisabetta Caminer Turra, fu gior-nalista, direttrice ed editrice dei suoi giornali.Iniziò a Venezia e proseguì a Vicenza, pubbli-cando il “Nuovo Giornale Enciclopedico d’Ita-lia”. Di Contarina Barbarigo è stata ritrovata nelMuseo Correr una cartella contenente disegniarchitettonici, intestata anche a Cecilia Barbarigo.Maddalena Lombardini Sirmen, educata nella

scuola musicale dell’Ospedale dei Mendicanti,ebbe una brillante carriera internazionale comecompositrice, violinista virtuosa e cantante egestì da sé anche i propri affari.

Paola Martini

Processi ai fascisti, 1945-1947, numero mo-nografico della rivista “Venetica. Annuario distoria delle Venezie”, XII, Verona, Cierre, 1998,8°, pp. 247, L. 28.000.

Dedicato ai processi ai fascisti nelle corti diAssise straordinarie del Veneto, l’ultimo nume-ro di “Venetica” rivolge la propria attenzione piùche a saggi che portano tesi conclusive a docu-menti e lavori in corso sui quali giovani studiosipossono scambiarsi ipotesi e tagli storiografici einterpretativi. Nel primo dei saggi, Epurazioni egiustizie, M. Reberschack, prendendo spunto daconclusioni alle quali giunge A. Battaglia che “lesanzioni contro il fascismo siano state applicatenel senso voluto dal legislatore nel 1945, edinterpretate ed applicate alla rovescia nel 1947”,ripercorre i passaggi che da una iniziale volontàdi procedere ad una “giustizia politica” giunge altempo dell’amnistia celebrativa del giugno 1946.Tra questi due termini viene esplorato l’intrecciotra fonti di giurisdizione, mettendo in particolareevidenza la volontà del Allied milytari gover-nement (Amg) di garantire come prioritaria ri-spetto alla defascizzazione la “legittimità tradi-zionale” e la “autorità dello Stato storico”.

Il principio ispiratore dell’epurazione di “col-pire in alto e indulgere in basso” viene di fattorovesciato per cui a iniziali sentenze che colpi-scono esemplarmente personaggi secondari maparticolarmente odiati per essersi resi visibili,seguono procedimenti che attenuano se non esclu-dono del tutto la volontà di epurazione. L’unicagiustizia “politica” veramente andata a buonesito e che merita, secondo il saggio, di esserescritta “con rigore e profondità” è quella che,rovesciate le posizioni iniziali, vede sul bancodelle Corti d’Assise ordinarie e fino alla metà

degli anni Cinquanta i partigiani. La tesi dell’ini-ziale rigore e della determinazione a perseguireresponsabili di delitti attribuiti ai collaborazioni-sti padovani del battaglione Muti si trova bendocumentata nel resoconto del processo dellaCorte d’Assise straordinaria di Padova ricostrui-to nel saggio curato da A. Naccarato: vi traspareun comprensibile desiderio di vendetta per vio-lenze ancora brucianti e che oltre al linciaggio diRomito assassino del prof. Todesco vede esegui-re tre condanne a morte. La medesima ricostru-zione viene proposta da F. Maistrello per Treviso,da A. Reberschegg per Venezia, da M. Cas-sandrini per Verona, e da F. Vendramini chericostruisce una sentenza di assoluzione aBelluno. Da tutti i dispositivi di sentenza esce laconclusione che fino al momento in cui la situa-zione di guerra civile si protrae la via dellagiustizia politica sembra prevalere, ma appena ilmonopolio della violenza viene ripreso da partedello Stato le condanne si attenuano e il processodi normalizzazione viene imposto dalla stessagiurisprudenza, per cui “l’amnistia Togliatti”più che un nobile perdono è un riconoscimentodi fatto.

Fiorino Collizzolli

I CLN di Belluno e Treviso nella lotta di libera-zione. Atti e documenti, a cura di F. Vendraminie M. Borghi, Padova, Istituto veneto per la storiadella Resistenza e dell’età contemporanea - Cleup,1999, 8°, pp. 368, L. 20.000.

Preziosa e insostituibile l’opera di FerruccioVendramini e Marco Borghi, i quali hannorecuperato e messo a disposizione degli studiosii verbali dei CLN di Belluno e Treviso riguardan-ti il periodo clandestino. Non meno encomiabileil serio e competente lavoro di corredo e annota-zione dei documenti, completato dalle denseintroduzioni degli autori. Vendramini e Borghiconcordano nella valorizzazione del significatopiù generale assunto dall’attività dei CLN nellafase finale della crisi bellica prima, all’iniziodella ricostruzione democratica poi. In particola-re Vendramini polemizza con convinzione neiconfronti di quegli orientamenti politico-storiografici volti ad accreditare la tesi secondocui le “degenerazioni partitocratiche”, se nonaddirittura il consociativismo che avrebbero con-trassegnato l’Italia del dopoguerra, abbiano leloro scaturigini proprio nella prassi dei CLN. Inrealtà i problemi erano ben altri: la gestione dellaquotidianità, l’attività militare, i rapporti tra icomitati stessi e la popolazione dei rispettiviterritori, i contrasti interni circa la tattica e lastrategia, i grandi problemi della legittimazioneetica e politica del movimento partigiano, ilbanditismo e l’ordine pubblico, il rapporto con lachiesa. A ragione, chiudendo il suo intervento,Vendramini nota come dai verbali “non emergo-no forti petizioni di principio, né elaborazionipolitiche di grande respiro: si resta legati agliassillanti problemi quotidiani da risolvere”, e, seun filo conduttore esisteva, questo era costituitodal patriottismo che faceva da corollario all’ov-vio antifascismo dei membri dei CLN.

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Borghi disegna i tratti essenziali che contrad-distinsero l’aspra lotta politica attorno alla sceltee all’attività del CLN trevigiano, il quale, rispettoalla situazione bellunese, pare dovesse affronta-re problemi di ordine pubblico di maggiore gra-vità. La stessa disomogeneità del territorio resepiù arduo il controllo da parte del CLN rispetto alquale sfuggivano le formazioni partigiane che siandavano politicizzando in maniera crescente;senza mettere nel conto i non mai definiti rappor-ti con il Comitato militare provinciale.

Borghi chiude con le considerazioni relativealla funzione propedeutica alla democrazia cuiassolsero i CLN: gestione della fase post-bellica,politica e ordinaria amministrazione. Non è uncaso che in una delle prime riunioni del CLN siparlasse di preparazione dei quadri per la vitacivile, aspetto che, evidentemente, era ai primiposti nelle preoccupazioni dei dirigenti partigia-ni clandestini.

Michele Simonetto

FERRUCCIO VENDRAMINI, Cooperazione e mutua-lismo nella montagna veneta. Una storia diBelluno e Ponte nelle Alpi in età contemporanea,Belluno - Ponte nelle Alpi, Comunità montanabellunese, 1999, 4°, pp. 322, ill., L. 40.000.

Il sottotitolo della pubblicazione rende benel’idea dell’opera di Ferruccio Vendramini: unastoria della cooperazione che è, nello stessotempo, una disamina delle vicende delle duestoriche comunità delle montagne venete. L’au-tore da avvio al suo excursus con la nascita dellaprima cooperativa bellunese all’indomani del-l’annessione al Regno d’Italia nel 1866: la fratel-lanza artigiana Giuseppe Garibaldi. Da quiVendramini imprime al suo lavoro il serratoandamento di una ricerca o di una discussione suinodi fondamentali della storia del mutualismobellunese entro un’ottica politica, sociale, eco-nomica, culturale. La cooperativa testé citataaveva un’impronta nettamente laica che la porta-va a sostenere il superamento dell’ottica dibeneficienza con la quale si era fino ad alloraaffrontata la problematica delle disuguaglianzesociali, non a caso Vendramini nota il suo pro-gressivo spostamento su posizioni sociali-steggianti verso la fine del secolo. L’autore simostra attento alle discussioni che animarono iprotagonisti avvalendosi di una documentazioneampia e variegata: fonti d’archivio, ma anchegiornali d’epoca e opuscoli pressoché introvabiliche egli ha il merito di riportare alla luce e divalorizzare pienamente.

Via via la ricerca risale la storia delle comunitàbellunesi fino all’età contemporanea toccando,attraverso la I Guerra mondiale, il fascismo, ilsecondo conflitto e la ricostruzione, momentiche scandirono ora l’organizzazione, ora lariorganizzazione, ora la sconfitta e la scomparsadelle numerose società di mestiere. Si va dallaCooperativa di lavoro di Ponte nelle Alpi, allasocietà degli zattieri, dall’attivissimo settore del-le latterie sociali, all’importante ruolo assoltodalle cooporative di lavoro nel contrastare glieffetti più devastanti della crisi economica se-

guita alla Grande guerra. E poi la storia di ieririassunta in quella che Vendramini chiama la“cristallizzazione burocratica durante il fasci-smo”, la quale segnò da un lato la definitivasoppressione delle cooparative rosse o la mar-ginalizzazione di quelle bianche che poteronosopravvivere solo al prezzo di una loro neu-tralizzazione politica, dall’altro, appunto, il con-trollo dello stato totalitario su strutture fonda-mentali per l’economia provinciale come, a tito-lo di esempio, quelle facenti capo al settorelattiero-caseario. Infine l’oggi e le sue incerteprospettive: qui Vendramini si interroga sul fu-turo della cooperazione in un’economia glo-balizzata su scala planetaria.

Lo studio è una vera miniera di informazioni,riccamente illustrato, documentato e rigoroso(prezioso l’indice dei nomi), basti solo un’oc-chiata all’apparato filologico per rendersene con-to. Il materiale ritrovato conferma, semmai ve neera bisogno, come il settore del mutualismo edella cooperazione attenda ulteriori indagini edapprofondimenti i quali seguano i variegati per-corsi ideologici, le alterne vicende istituzionalidi enti di cui si è in gran parte perduta la memoria.

Michele Simonetto

Sindacato e lotte dei lavoratori a Padova e nelVeneto (1945-1969), Padova, Centro Studi Etto-re Luccini, 1998, 8°, pp. 269, L. 30.000.

Il Centro Studi Ettore Luccini, nell’annale n. 2della propria rivista “Materiali di storia del mo-vimento operaio e popolare veneto”, ha raccoltole ultime ricerche – condotte da diversi autori –sulla storia e l’evoluzione del sindacalismo edelle lotte operaie a Padova e nel Veneto neglianni che vanno dal dopoguerra alla fine deiSessanta. Il testo ospita dieci contributi. Il primo,di Andrea Colasio, indaga le radici comuniste eoperaiste delle comunità dei lavoratori padova-ni, soffermandosi in particolare sulle formeorganizzative. Altro argomento trattato sonoanche le comunità bracciantili, mentre particola-re attenzione viene posta sulla storia della“cittadella operaia” di Battaglia Terme, dove le“Officine Galileo” hanno rappresentato per de-cenni l’autentico polo aggregante degli abitanti.

Il secondo intervento, curato da AlessandroNaccarato, tratta delle lotte operaie alle OfficineMeccaniche Stanga, una realtà imprenditoriale eoccupazionale di prima grandezza nella storiaeconomica e sociale della città. Il periodo consi-derato va dalla Resistenza agli anni Cinquanta,periodo cruciale in cui furono sperimentate nuo-ve forme di azione tra cui i Consigli di gestione.

“Lotte sociali e dinamiche politiche a Veronatra il 1945 e il 1950”, di Sergio Paronetto; “Il1968 a Valdagno: la genesi di un conflittoaziendale”, di Giorgio Roverato; “Il Sessantottooperaio e studentesco a Porto Marghera”, diCesco Chinello, sono i tre capitoli dedicati allostudio di tre aree industriali lontane dal padova-no, e per questo esemplificative di un panoramaregionale composito, non sempre riconducibilead univoci modelli di analisi. Il testo ospita poidue interventi riguardanti una realtà molto pre-

sente nella storia sindacale cittadina e regionale:quella delle Acli. I due contributi – rispettiva-mente “L’apprendistato padovano nel 1964 inuna indagine delle Acli padovane”, di VittorioMarangon, e “L’esperienza storica delle Acli nelVeneto: un bilancio sociologico”, di Enzo Pace– forniscono due angoli visuali e temporali di-versi, e per questo compongono un quadro chepuò offrire diversi approcci di indagine.

“Mondine della Bassa”, capitolo curato daTiziano Merlin, si occupa dell’attività nelle risa-ie e del bracciantato avventizio, tipologia dilavoro molto diffusa fino alla fine degli anniCinquanta che coinvolse soprattutto le donne.

Più prettamente “sindacale” è il capitolo dedi-cato da Diego Pulliero all’opera di SilvanoPradella, artefice del progetto della Cgil padova-na per il recupero della memoria storica delsindacato, mentre incentrato sulla realtà econo-mica della provincia (in particolare dei comunidi Loreggia, Piombino Dese e Resana) è l’inter-vento di Antonino Ziglio, “Il Veneto nuovo e ilpart-time agricolo”. In appendice, un utileexcursus di Francesco Toniato sui contratti col-lettivi del periodo fascista, terreno su cui poi,negli anni successivi al conflitto, dovevano con-frontarsi i sindacati.

Questo volume, alla vigilia del nuovo millen-nio, aiuta a comprendere l’evoluzione della real-tà sociale ed economica in un periodo fondamen-tale nella storia recente della nostra regione.

Marco Bevilacqua

SERGIO RAVAGNAN, Riccardo Ravagnan (1894-1970), un padre della Costituzione, Taglio di Po(RO), Diemme, 1998, 8°, pp. 298, ill., s.i.p.

Può sembrare contraddittorio, in questo climadi superamento delle ideologie e dei dibattititeorici, ripercorrere l’attività di un dirigente po-litico non di primissimo piano, come impone lamoda presidenzialistica e massmediale. Non lo èinvece se si è convinti, come lo siamo noi, cheoccorra far tesoro delle esperienze concrete rea-lizzate prima di noi, che le realtà, anche minori,abbiano un ruolo nell’individuare i caratteri delnostro tempo e della nostra identità.

Il lavoro inquadra il profilo biografico e gliinterventi più importanti del senatore comunistaRavagnan, un significativo dirigente regionaleed uno dei più prestigiosi protagonisti chioggiottidel nostro secolo. Si articola in due parti: “I fatti”,dove ne viene ripercorsa e sintetizzata l’attività;“Le parole. Le idee”, dove viene pubblicata unaselezione di scritti. L’autore evidenzia il percor-so che ha portato il povero orfano chioggiotto adiventare un padre della Repubblica (avendopartecipato alla Commissione dell’AssembleaCostituente che tra il 1946 e il 1948 ha preparatola nostra Costituzione) e ne ripercorre gli ele-menti biografici, politici, culturali che ne carat-terizzano la figura: l’ambiente chioggiotto in cuisi è formato e col quale è rimasto sempre incontatto nonostante gli impegni di politico rivo-luzionario, le caratteristiche dell’uomo, del par-lamentare e dirigente politico, del giornalista eintellettuale. Vengono pubblicati numerosi do-

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

cumenti: lettere alla moglie, i più significativiinterventi parlamentari, articoli e resoconti gior-nalistici (tra cui quello del Congresso del Pci diLione, del 1926, scritto assieme ad AntonioGramsci), appunti su aspetti culturali (sul Veneto,Ippolito Nievo e ricordi di intellettuali comuni-sti). Un percorso lungo e complesso, questo diRavagnan, passato dalla formazione del Pci e daisuoi primi orientamenti negli anni Venti all’op-posizione militante al fascismo, prima in Italia epoi in Francia, fino alla ricostruzione del dopo-guerra, al superamento delle miserie del popoloitaliano.

Il volume è completato da una appassionataprefazione di Nilde Iotti, che ricorda con affettoe partecipazione e attualizza l’attività nella Co-stituente del collega di partito. Il lavoro di SergioRavagnan è stato condotto sull’archivio del pro-tagonista, conservato dai familiari e destinatoora alla Fondazione Gramsci di Venezia, trac-ciando un profilo fermo e documentato del sena-tore Riccardo Ravagnan (il cognome, diffuso aChioggia, non è supportato da alcun legamefamigliare), usando la pietas del concittadino e dichi in qualche maniera ha cercato di riproporre alproprio tempo questa esperienza intellettualeprima che politica.

Pier Giorgio Tiozzo

FIORENZO ROSSI - ALESSANDRO ROSINA, La popo-lazione di Adria. Dal taglio di Porto Viro allabonifica padano-polesana (XVI-XIX secolo).Quattro saggi di storia demografica, Padova,Cleup, 1999, 8°, pp. 221, ill., L. 40.000.

In quattro saggi i due studiosi forniscono unquadro completo dell’andamento demograficodi Adria dalla seconda metà del Cinquecento allafine dell’Ottocento, utilizzando i dati disponibi-li, ossia essenzialmente quelli forniti dalle par-rocchie.

Il paradigma di riferimento è il lavoro diBeltrami, Storia della popolazione di Venezia(1954), via via integrato e modificato tenendoconto dei notevoli progressi compiuti in questocampo dalla modellistica demografica. Vienecosì delineata, con una abbondante strumen-tazione tecnica (mappe, tabelle, stampe), la strut-tura della popolazione per sesso e per età, levariazioni subìte nel corso dei secoli, registrandoil dato tendenziale di un “incremento, nel lungoperiodo, del 6 per mille”, con un’accelerazionenella seconda metà dell’Ottocento e una succes-siva stasi negli ultimi vent’anni. Lo studiosorileva che nel Settecento c’è un consistente flus-so migratorio dalla campagna alla città; per quantoriguarda la mortalità infantile, essa va attribuitain misura rilevante a cause endogene (il tifo del1817 determina un calo della popolazione dal 7al 9%). L’ultimo dei quattro saggi è di A. Rosinasu “Ricostruzione aggregata dei processi evolu-tivi della popolazione di Adria”. Lo studioso,scandisce il periodo che va dagli ultimi decennidel Seicento fino a tutto il Settecento in treperiodi, caratterizzati da una stagnazione fino al1710, da una lenta crescita nei successivi ses-sant’anni, seguita da una ulteriore, notevole cre-

scita negli ultimi trent’anni. Quest’ultimo feno-meno è collegato a una diminuzione della morta-lità adulta, che si registra in seguito a una mag-giore salubrità dell’ambiente urbano. Nel corsodell’Ottocento c’è una crescita costante dellapopolazione (la natalità rimane costante). Infineun esame accurato delle relazioni tra fecondità(molto elevata nel Polesine) e nuzialità, mortali-tà infantile e adulta, seguito da utili raffronti, faemergere, fra l’altro, che ad Adria il numero deifigli è il più elevato del Polesine. Si può conclu-sivamente affermare che siamo di fronte sì aun’indagine geograficamente e territorialmentedelimitata, ma molto significativa; un contributoche consente una più approfondita comprensio-ne dei processi sociali ed economici che caratte-rizzano anche la storia di aree più ampie”.

Mario Quaranta

SERGIO PERINI, La difesa militare della terrafer-ma veneta nel Settecento, Chioggia (VE), Il Leg-gio, 1998, 8°, pp. 185, ill., s.i.p.

Qual è stata la politica di difesa militare attiva-ta dalla Repubblica veneziana nella terrafermaveneta, su quali centri fortificati si basava, conquale tipo di armamento e organizzazione delletruppe ed inoltre, visto il disfacimento del 1797,quali i limiti e i difetti di questo sistema? Ilvolume di Sergio Perini affronta queste pro-blematiche in un saggio articolato, condotto, conpiglio discorsivo, sui fondi dell’Archivio di Sta-to di Venezia.

L’inquadramento non può che partire dal Quat-trocento e dalla politica di conquista della terra-ferma sviluppata dalla Repubblica veneziana(con il momento culminante costituito dalla scon-fitta di Agnadello del 1509), e dall’equilibriodifficile tra le due anime del patriziato venezia-no, rivolte verso l’entroterra e verso il mare. Inquest’ultimo caso si tratta di un interesse decisa-mente sbilanciato verso il dominio delle rottedello “Stato da mar”, come testimonia la con-notazione originaria della sua storia marinara e lastessa organizzazione dei “Provveditori alle for-tezze”, che accanto al controllo del proprio hin-

terland (“I lidi”) si articolavano in giurisdizionesulla “terraferma” da un lato e su “Dalmazia”(con Istria e Albania) e “Levante” dall’altro.

Fatto sta che il modo in cui è crollata laRepublica (avvenuto per occupazione dello “Statoda terra” appunto) ha posto sotto accusa il siste-ma di organizzazione della difesa in terraferma,vedendone limiti e incoerenze. Il volume offreun ricco spaccato sulla consistenza e l’organiz-zazione delle fortezze e dell’armamento di terra-ferma, con l’articolazione territoriale (da Veronaa Palmanova) e la presenza dei contingenti diuomini (i dati del secolo oscillano da 2.000 a17.000 militari, secondo il periodo, con unaconsiderevole diminuzione nella seconda metàdel secolo); affronta quindi una disamina dellaorganizzazione delle forze armate (composizio-ne etnica, struttura e quadri militari, reclutamen-to e milizie di leva, costi), per soffermarsi sullefunzioni (servizi, trattamento dei militari, disci-plina), i difetti (cause di cattiva immagine, diser-zioni e contraddizioni interne) e i tentativi diriforma (significativi soprattutto quelli sviluppa-ti tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo).L’ultima parte offre alcuni spunti sulla politica di“neutralità armata” della Repubblica e sulla suaestrema difesa, inadeguata e colpevole.

Noto per i lavori realizzati prevalentementesulla storia di Chioggia, Perini affronta con que-sto saggio un ambito geografico molto più este-so, fornendo, più che piste o risultati interpreta-tivi, una messe di riferimenti e documentazionesul tema prescelto.

Pier Giorgio Tiozzo

GIANNAGOSTINO GRADENIGO, Serie de’ podestà diChioggia, rist. anast. Venezia 1767, pref. di NicoSibour Vianello, Chioggia (VE), Il Leggio, 1999,4°, pp. XVIII-VIII-88, ill., s.i.p.

Viene qui presentata l’edizione anastatica del-l’opera del vescovo di Chioggia GiannagostinoGradenigo, esponente della nobile famiglia ve-neziana che ha dato un contributo rilevante allaconoscenza storica (basti pensare agli incarichicommissionati all’illustratore Giovanni Gre-venbroch). Edita a Venezia nel 1767, come omag-gio offerto in occasione della partenza dal reggi-mento del podestà uscente Giovanni PaoloBaglioni, in luogo delle più scontate raccolte dipoesie. Dopo la dedica (pp. I-VIII), il volume ècostituito da un proemio (pp. 1-26) che delinea iriferimenti storici di Chioggia e affronta la situa-zione degli studi storici locali (ricorda in partico-lare l’opera di Filippo de Zorzi, Istoria dell’an-tichità e onorevolezza di Chiozza, che dovevaessere stampata a fine ’500 a cura della comuni-tà, ma di cui si sono perse le tracce, e la Storia diPietro Morari, diffusa in parecchie copie mano-scritte e che sarà stampata solo nel 1870), facen-do riferimento in particolare alla documentazio-ne conosciuta e alle fonti che presentano indica-zioni sul governo e le attività del podestà, sui loroprimi insediamenti, agli inizi del 1200.

La parte centrale è data dall’elenco dei pode-stà dal 1211 al 1765 (una serie completa che vadall’inizio per arrivare al reggitore in partenza),

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

individuati uno per uno nelle fonti dell’epoca (iLibri dei Consigli ed altra documentazione) conil relativo periodo di reggimento ai quali vengo-no aggiunte una serie di annotazioni. Un elencoalfabetico finale, “per famiglie”, agevola l’indivi-duazione della presenza e del periodo di reggi-mento, normalmente di 18 mesi.

Per le caratteristiche e gli obiettivi con i qualisi presenta, ed inoltre per la metodologia sto-riografica di approccio, l’opera costituisce unafonte della storia chioggiotta dal Duecento alSettecento. Si tratta, infatti, di una delle primepublicazioni locali, basata su un solido impiantodocumentario, la cui realizzazione s’inserisce inun vivace movimento intellettuale locale, uncenacolo accademico e letterario che ha foca-lizzato l’attenzione sulla storia della città, sul-l’attività letteraria e sulla ricerca scientifica, for-nendo notevoli contributi e formando una gene-razione di studiosi di notevole pregio. Si trattadel concretizzarsi di uno spirito culturale inno-vativo e riformatore, nel quale la figura delvescovo Gradenigo svolge un ruolo centrale edecisivo, spezzato dal suo improvviso trasferi-mento alla diocesi di Ceneda.

Pier Giorgio Tiozzo

PAOLO LONCRINI, La storia postale di Torri delBenaco, Torri del Benaco (VR), Biblioteca Co-munale, 1999, 8°, pp. 77, ill., s.i.p.

Non si può certo dire che gli appassionati difilatelia e numismatica del Circolo di Torri delBenaco, il bel centro nel cuore della rivieraveronese del Garda, non abbiano dimostratocostantemente attivismo e competenza nel loroagire. Dal 1977, infatti, quando decisero di darevita al Circolo, fino ad oggi essi hanno organiz-zato sistematicamente, anno dopo anno, manife-stazioni ed iniziative di notevole interesse cultu-rale, attraverso le quali hanno contribuito avalorizare aspetti storici, naturalistici, artistici epersonaggi della loro terra. Tale impegnopluriennale collettivo si è ora arricchito di unulteriore prezioso apporto, frutto della ricercaattenta e meticolosa di Paolo Loncrini, uno deisoci fondatori del Circolo stesso. Si tratta di unelegante ed agile volumetto dedicato a La storiapostale di Torri del Benaco, pubblicato sottol’egida del Comune e della Biblioteca di Torri,con la presentazione di Angelo Peretti e unapreziosa introduzione del presidente del Circolostesso, Franco Pezzi. L’opera costituisce unapagina di microstoria gardesana, nella quale, peraltro, attraverso il “caso” di Torri si lumeggia informa garbata e sintetica, ma precisa, l’evoluzio-ne storica del servizio postale italiano.

Con forza evocativa, Paolo Loncrini ci rac-conta dell’istituzione del servizio postale ruralea Torri nel 1869, pochi anni dopo che il Venetoera entrato a far parte del Regno d’Italia, e sisofferma in particolare a descrivere le peripeziedei postini di allora, i pedoni collettori, chepartivano il mercoledì e il sabato da Malcesine,percorrevano a piedi la riviera raccogliendo laposta in partenza dai singoli Comuni e la recapi-tavano a Bardolino, capoluogo del Circondario,

dove ritiravano la posta in arrivo, che poi depo-sitavano nei singoli Comuni sulla via del ritorno:realtà che possono apparire lontanissime e cheinvece erano vita quotidiana solo cent’anni fa ditutti i piccoli centri dell’Italia appena costituita.

Con cenni precisi e veloci Paolo Loncrini ciragguaglia pure sulla nascita del primo ufficiopostale di Torri, intorno ai 1884, e sulle suediverse sedi in paese; ricorda i Marai, la famigliastorica dei postini del paese, che tramandarono ilprezioso ruolo sociale di generazione in genera-zione; si sofferma sulla tipologia dei diversitimbri postali utilizzati nel corso degli anni.Un’opera interessante, impreziosita da tante im-magini e documenti rari, che sicuramente appas-sionerà i fruitori di storia locale e non.

Vasco Gondola

AMMINISTRAZIONE COMUNALE - BIBLIOTECA CIVICA

DI MOLVENA (VI), “Quaderni storici”, 3, 1997, 8°,pp. 130, ill.

È sempre più frequente trovare iniziative edi-toriali che danno spazio a ricerche sulla storia, lacultura e le tradizioni locali allo scopo di riper-correre attraverso i documenti superstiti gli eventie i fatti del proprio passato. In questa tendenza siinserisce anche il terzo numero dei “Quadernistorici” pubblicati dal Comune di Molvena (pro-vincia di Vicenza). Di Dionigi Rizzolo è il con-tributo più consistente dedicato alla chiesa di SanZenone di Molvena a cavallo fra XV e XVIsecolo, nel cui archivio sono stati ritrovati duedocumenti qui riprodotti nell’originale latino enella traduzione in italiano (a cura di PierantonioGios). Il primo documento è datato 1486 e ilsecondo 1564 e contengono entrambi l’elencodei terreni di proprietà della parrocchia e quellodei terreni sui quali essa aveva il diritto di deci-ma: si tratta del patrimonio che garantiva lasopravvivenza al sacerdote nonché la manuten-zione dell’edificio sacro. Da questi documenti,nonostante l’essenzialità del linguaggio e dellaforma notarile, è possibile ricostruire la fisiono-mia del paesaggio agrario dell’epoca, le coltiva-zioni prevalenti e il loro utilizzo. Inoltre i docu-menti si sono rivelati una fonte importante per gli

studi di toponomastica sia dei luoghi sia dellefamiglie e delle persone. Di Egidio Azzolin è ilsecondo, interessante contributo tutto dedicato afatti e vicende narrate e tramandate a voce, informa di racconto, a dimostrazione di come lacosiddetta “memoria orale” possa anche oggicontribuire alla storia del proprio passato (AMolvena un tempo… da voci raccolte e messeinsieme. La memoria orale).

Cecilia Passarin

AUGUSTO SERENA, Cronaca montebellunese, acura di Lucio De Bortoli, Treviso, Canova, 1998,8°, pp. 395, ill., L. 40.000.

Sono numerosi gli eruditi e gli storici chehanno formulato delle ipotesi sulle origini delnome Montebelluna. Uno di essi era il famosoGiovanni Pietro Valeriano da Belluno, noto atutti gli studiosi di iconografia e di iconologia. Ilnome di Montebelluna si trova, per la primavolta, in un diploma del 1000 con il quale Ottoneimperatore delimitava i beni concessi a Rambaldodi Collalto. Il paese costituiva un importantefeudo del vescovo di Treviso. Nel 1170 il vesco-vo trevigiano Udalrico cedeva per 29 anni ilcastello. Secondo gli Statuti del Comune diTreviso, nel 1316 i capitani di Montebellunadovevano essere due e restare in carica sei mesi.Nel 1318 Montebelluna fu conquistata daCangrande della Scala. Nel 1373 il castello fudistrutto dal duca d’Austria e non fu più ricostrui-to. Dal 1388 fino al 1797 Montebelluna, comeTreviso, fu sotto il dominio di Venezia. Durantela guerra della Lega di Cambrai, il paese fuconquistato da monsignor de La Palisse checomandava i soldati del re di Francia. Monte-belluna aveva un antichissimo mercato che fuconfermato dagli Statuti trevigiani. Vi furonodelle lunghe liti giudiziarie a difesa dell’esenzio-ne dai dazi. Nel 1778 alcuni membri della fami-glia Pola di Treviso ottennero l’autorizzazione direndere settimanale un loro mercato a Barcon inaperta concorrenza a quello di Montebelluna.Durante il Regno Italico il prevosto AngeloDalmistro, poeta e letterato, fu autore di numero-se pubblicazioni a favore di Napoleone. Durantela rivoluzione del 1848 il generale Durando,comandante in capo dell’armata pontificia, sta-bilì il suo quartier generale a Montebelluna. Nelmaggio si svolse il combattimento di Cornuda,fra l’avanguardia del Nugent e i volontari italianidel generale Durando, non sostenuto dal Duran-do malgrado un formale impegno. Nel 1869 fudeciso il trasferimento del vecchio mercato dallacollina alla pianura. Grazie al trasferimento lachiesa perdeva i diritti di dazio. La decisioneprovocò delle divisioni fra la popolazione. Nel1886 fu inaugurata la ferrovia Treviso-Belluno.Nel 1901 fu costruito l’acquedotto. Ancora nel1903 l’alimentazione dei contadini era scarsa edi cattiva qualità. I contratti agrari erano di brevedurata e decisamente sfavorevoli ai fittavoli. Icoltivatori diretti erano oppressi dalle imposte,privi di capitali e di credito. Una delle loroentrate era quella dovuta all’allevamento deibachi da seta. Già nel 1902 l’industria della

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

scarpa contava circa 200 laboratori. La chiesaprepositurale di Santa Maria in colle aveva as-sunto un ruolo centrale nella vita comunitaria.Nel febbraio del 1908 cominciarono i lavori perla costruzione della nuova chiesa non più sullacollina, vicino al vecchio mercato, ma in pianura.Il trasferimento prima del mercato e poi dellachiesa segnarono una fase di radicale trasforma-zione del paese che da agricolo diventò primamercantile e poi industriale.

Elio Franzin

RUGGIERO MARCONATO, La famiglia Polcastro(sec. XV-XIX). Personaggi, vicende e luoghi distoria padovana, Camposampiero (PD), LionsClub, 1999, 4°, pp. 375, ill., L. 50.000.

Capostipite della famiglia Polcastro, origina-ria di Vicenza ma poi trasferitasi a Padova, èconsiderato il conte Giovanni, citato in un docu-mento del 1181. Uno dei suoi discendenti,Sigismondo, nel secondo decennio del Quattro-cento iniziò una lunga carriera di studi universi-tari laureandosi in medicina nel 1424 all’Univer-sità di Padova, all’interno della quale seguì lacarriera di docente in varie cattedre. Amico diMichele Savonarola, Sigismondo fu uno degliultimi medici-filosofi del medioevo padovano.Egli pose le basi della fortuna economica dellafamiglia con numerosi investimenti fondiari. Nel1455 Sigismondo iniziò gli acquisti immobiliarianche a Loreggia. Nel Settecento i Polcastropresenti nella vita culturale padovana furonodue: Giandomenico e Sertorio. Il primo diventòun filologo noto in tutte le città venete; il secondonel 1769 entrò a far parte dell’Accademia diagricoltura di Padova, appena fondata, della qua-le facevano parte alcuni degli intellettuali piùprestigiosi ed innovatori della città e dell’Uni-versità (Marco Carburi, Pietro Arduino, AntonioVallisnieri, Giuseppe Toaldo, Girolamo Dottoried altri). Girolamo Polcastro, figlio di Gian-domenico, fu l’ultimo discendente della fami-glia. Nato nel 1763, alla sua educazione contri-buì Melchiorre Cesarotti, amico del padre. Fuautore di numerose pubblicazioni, partecipò allavita amministrativa e politica della città e nel1793 divenne uno dei sedici deputati della città diPadova. Il 29 aprile 1797 Polcastro fu uno dei 22membri della Municipalità padovana nominatada Teulié. Assieme a Girolamo de’ Lazara eMelchiorre Cesarotti fu inviato in delegazione aTreviso per incontrare Napoleone, reduce dal-l’incontro di Leoben. Il 2 maggio il generale fuospite nella casa dei Polcastro di via Santa Sofiaa Padova dove incontrò numerose personalitàdella vita cittadina. Dopo il trattato di Cam-poformio a Padova ritornarono gli Austriaci eGirolamo si ritirò a vita privata. In seguito allapace di Presburgo, nel maggio 1806 Padova fuunita al Regno d’Italia. Il principe EugenioBeauharnais nominò Polcastro prefetto del di-partimento del Brenta. Successivamente egli di-ventò Consigliere uditore di Stato presso la Cortedi Milano dove rimase per circa tre anni. Nelleelezioni del 1808 fu eletto senatore assieme alpadovano Rocco Sanfermo. Come membro del

Senato nella riunione del 17 aprile 1814 si schie-rò con coloro che volevano che Eugenio conser-vasse la corona del Regno d’Italia. Nel 1818sposò in seconde nozze Caterina QueriniStampalia. Negli anni seguenti i coniugi visserofrequentemente a Venezia. Il loro salotto vene-ziano fu frequentato anche da Stendhal che neldicembre 1830 vi conobbe e diventò amico delpoeta dialettale Pietro Buratti. Girolamo fecedecorare la stanza del palazzo di via Santa Sofiain cui Napoleone aveva incontrato i notabilipadovani con le api d’oro, simbolo dell’impera-tore, come la sala Rossini del Caffè Pedrocchi.Lo stanzino da bagno fu dipinto da GiovanniDemin. Nel 1828 l’architetto Giuseppe Jappelliiniziò i suoi interventi nella casa dominicale deiPolcastro a Loreggia. Vi progettò anche il giardi-no all’inglese e il parco, probabilmente su richie-sta della moglie di Girolamo. Girolamo morì nel1839 mantenendo le sue convinzioni politichebonapartiste. La moglie Caterina, che glisopravisse, partecipò al movimento di opinioneantiaustriaco e per l’unità italiana.

Elio Franzin

FRANCESCO SPAGNA, Minatori in Val Imperina.Storia e antropologia di una comunità di monta-gna, Belluno, Museo Etnografico della Provin-cia di Belluno, 1998, 8°, pp. 128, ill., s.i.p.

Promosso dal Museo Etnografico della pro-vincia di Belluno, questo libro è dedicato a unaparte importante della storia mineraria del-l’Agordino e, in particolare, di Val Imperina, aisuoi protagonisti e alle vicende che, nel corso deisecoli, ne hanno formato e condizionato i costu-mi e le possibilità di vita.

L’estrazione del minerale per la lavorazionedel rame – una delle poche risorse naturali dellecomunità montane dell’area dolomitica – risale acirca 4000 anni fa, e ciò rende l’idea di quantoquesta attività economica costituisca una delle“matrici” più radicate di queste zone e di paesicome Rivamonte Agordino, La Valle e Taibon.

Sulla miniera di rame di Val Imperina si ritro-vano tracce documentate risalenti alla prima

metà del Cinquecento. Ma le prime esplorazionipionieristiche del giacimento riconducono aiprimi del secolo precedente, quando, sotto ildominio della Repubblica di Venezia, “il nuovoimpulso all’esplorazione del giacimento di ValImperina venne inizialmente dall’esterno, fa-cendo tesoro dell’antica tradizione mineraria deipaesi al di là delle Alpi, e fu legato al contributofondamentale di esperti minatori provenientidall’area germanica, i quali richiesero alla Re-pubblica le prime concessioni per l’estrazionedel minerale”.

Indagate le origini “germaniche” dell’attivitàdi sfruttamento su vasta scala del giacimento,Francesco Spagna conduce il lettore passo passo,attraverso i secoli, alla scoperta di un mondo a séstante, con proprie regole e caratteristiche di vitauniche, fino ai giorni nostri, quando alle fontidocumentate si affianca il racconto dei vecchi,ultimi depositari di tradizioni di lavoro e diartigianato ormai cadute in disuso.

Questo libro, risultato di un lavoro di ricercadelle fonti e di raccolta iconografica davveroaccurato, è una buona testimonianza di come sipossa salvaguardare la memoria di un luogo e digenti considerati “minori” rispetto ai grandi per-corsi della storiografia. Solitamente, la perditairreparabile di testimonianze e la irreperibilità didocumenti fanno sentire il loro peso solo quandoè ormai troppo tardi. Questa volta, per la comu-nità di Val Imperina, le cose, per fortuna, sonoandate diversamente.

Marco Bevilacqua

ANTONIO CAUZ, Passa Bonaparte. Cronistoria diOrsago e dintorni dal 1797 al 1801, Orsago (TV),Università della Terza Età “Don Giuseppe Zago”,1998, 8°, pp. 63, s.i.p.

Passa Bonaparte si propone come una rico-struzione localistica – ma nel contempo regiona-le – delle vicende di Orsago e dintorni durante glianni delle due campagne napoleoniche in Italia.

Il saggio recupera e colloca un importantetassello nel mosaico della storia locale, narratacon gli occhi di un osservatore del tempo earricchita da testimonianze lasciate da GiovanniBattista Graziani di Conegliano, Giovanni Batti-

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sta Toffoli da Pordenone e dal sacilese ColombanoFrezza. Il lavoro è frutto di un’indagine attentadei documenti conservati negli archivi storicilocali e nazionali, indicati in nota a fine testo,mentre in appendice sono stati opportunamenteriassunti gli avvenimenti che si sono succedutidal 1802 al 1815. Anni, conclude l’autore – checostituirono l’evoluzione e l’epilogo del periodofamoso e funesto che va sotto il nome di“napoleonico”.

Giovanna Battiston

LINO SCALCO con la collaborazione di ALESSIO

BERNA, Dal filato al manufatto. La SigismondoPiva Spa di Valdobbiadene tra ascesa e deca-denza (1827-1989), pref. di Giorgio Roverato,Padova, Esedra, 1998, 8°, pp. 238, ill., L. 40.000.

Nel novembre 1827 Pietro Piva acquistò aValdobbiadene, nella pedemontana trevigiana,un filatoio. È l’atto originario di una impresasviluppatasi e durata fino al 1989. Già nel 1646un filatore e mercante di Venezia, Antonio DalFollo, aveva avviato in paese il primo filatoio diorsogli alla bolognese. L’orsoglio, un filo di setaformato da due o più fili ritorti, veniva prodottonell’area bolognese mediante mulini. Dal 1827al 1857 la famiglia Piva entrò in possesso di tuttie tre i setifici esistenti a Valdobbiadene. Nel1858 un rapporto della Camera di commercio edi industria di Treviso dà un notevole rilievoall’opificio serico di Pietro Piva. La filatura dellaseta è una delle poche industrie esistenti nellaprovincia.

Negli anni immediatamente successivi all’an-nessione del Veneto all’Italia, l’attività dei Pivaincontrò notevoli difficoltà, dovute anche allapolitica di libero scambio che facilitava la con-correnza delle sete asiatiche. Gravi danni furonoprovocati anche dalla diffusione della pebrina,detta anche mal delle petecchie, una malattia cheprovocava l’atrofia del baco da seta. Nell’ambitodell’Inchiesta industriale del 1870-74, Sigismon-do Piva chiese dei provvedimenti per garantire laqualità dei bachi da seta. Nelle filande furonointrodotte le caldaie a vapore per la trattura.Dall’atlante del 1884 “Treviso all’esposizionenazionale di Torino. Le condizioni dell’industriaagraria nella provincia di Treviso” risulta chediversamente da quelli degli altri distretti i con-tadini di Valdobbiedene vivevano in discretecondizioni grazie al salario delle donne che era-no occupate per cinque mesi all’anno nelle filande.

Durante la prima guerra mondiale, Valdob-biadene subì delle enormi distruzioni. Nei primigiorni del giugno 1922 si svolse a Padova uncongresso serico nazionale al quale parteciparo-no eminenti studiosi, operatori agricoli ed indu-striali, rappresentanti del governo. Ne fu grandeanimatore il conte Paolo Camerini di Piazzolasul Brenta. L’industria serica stava rinascendo.Nel 1921 i Piva aprono un calzificio con macchi-ne importate dalla Germania. Nel 1925 si avviala produzione di calze di seta naturale pura con ilmarchio SI-SI.

Nel 1933 la depressione colpisce il settore.Nel 1934 il prezzo del bozzolo del baco da seta

scende dalle 35 lire al kg del 1926 alle tre lire. Sicomincia ad abbattere i gelsi. Nel 1933 E. Jelmoniscrive che in provincia vi sono 40.000 famiglie diallevatori di bachi da seta e 9.000 operaie. Trevisoe Udine hanno un numero di gelsi più elevato ditutto il resto d’Italia. Nessuna provincia italianapuò competere sul piano tecnico con Treviso,Udine e Venezia. Dopo la fine della Secondaguerra mondiale, a Treviso si svolge il 1° con-gresso serico nazionale. Il grande problema èquello del seme dei bachi. Un anno dopo il 2°congresso serico nazionale viene organizzatoancora a Treviso, diventata la capitale della seta.La famiglia Piva ormai assume caratteri alto-borghesi grazie ai matrimoni dei suoi compo-nenti con membri delle famiglie Cosulich,Borletti, Visconti di Modrone, Piaggio. Alla finedegli anni Cinquanta l’impresa Piva affronta ilproblema della diversificazione produttiva e siallea con la Maidenform americana diventandola maggior produttrice di corsetteria in Europa.Nei decenni successivi le vicende interne del-l’impresa si complicarono in modo notevole finoal luglio del 1989 quando essa cessò di esistere.L’autore lamenta giustamente il pessimo statodell’aziendale, uno strumento prezioso per rico-struire la storia di un settore produttivo, quelloserico, che secondo uno storico autorevole comeLuciano Cafagna, ha avuto un ruolo guida nellosviluppo economico delle regioni del Nord.

Elio Franzin

LUCIANO BIASIOLO, Villanova di Camposampieroe la storia. Immagini, documenti, testimonianzedall’Unità d’Italia al secondo dopoguerra, Vil-lanova di Camposampiero (PD), Biblioteca Pub-blica Comunale, 1996, 4°, pp. 292, ill., s.i.p.

Villanova di Camposampiero può non distin-guersi dai tanti paesi dell’Alto Padovano più omeno coinvolti nelle vicende che vanno dal-l’Unità d’Italia al secondo dopoguerra. Perché,allora, raccontare la storia di questo piccolocomune? Quali proposte ha saputo offrire alla“grande storia”? Che insegnamenti può lasciareal presente? Chi leggerà il lavoro di LucianoBiasioni scoprirà che egli non ha voluto avvolge-re la sua opera nelle cortine fumogene dellaretorica, che non ha voluto “monumentalizzare”documenti e fotografie. Egli ha inteso fissarel’attenzione sugli “aspetti materiali” che sonopropri della vita di un paese e sui quali s’innesta-no le tragiche vicende e le grandi sofferenze dicoloro che sono rimasti per conservare la memo-ria degli eventi. L’opera, proposta attraversoimmagini, documenti e testimonianze, è, pertan-to, essa stessa storia di fatti politici, di fenomenisociali ed economici perché è la storia degliuomini che di quei fatti sono stati protagonisti,delle loro arti e dei loro mestieri, delle loro regoledi comportamento sociale, dei loro principi mo-rali e religiosi. L’affresco così ricomposto conpazienza documentaria, nutrito di storie di vita edi personaggi, propone alla memoria collettiva lanecessità di non disperdere questo patrimonioculturale. Le immagini e i ricordi sono lì che ciguardano e dal loro susseguirsi e dal nostro

interrogarci è possibile costruire la storia diVillanova: il funzionamento del Comune, gliinterventi in esso operati, la vita dei suoi abitanti,le condizioni igienico-sanitarie, le malattie, leabitazioni (interessanti sono le fotografie chemostrano i “casoni” scomparsi subito dopo laSeconda Guerra mondiale), le colture più diffu-se, le attività artigianali (tra cui spiccava la tes-situra). Ammirevoli le fotografie che fanno emer-gere dal bianco e nero del passato i volti di TeresaPagini in Dominici, la levatrice del paese dal1885 al 1931; del calzolaio Giulio Semenzato ritrat-to davanti alla sua bottega; del piccolo AntonioCantele nel giorno della Prima Comunione,Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.

Un’ampia trattazione è riservata anche ai fattie alle vicende emerse nel corso delle due guerremondiali e ai tanti cittadini di Villanova che vihanno preso parte: da Antonio Paccanaro, autoredi alcune fotografie (presenti nel volume) cheritraggono il paese nei giorni della Grande Guer-ra a Giuseppe Bassi, uno dei pochi testimonidella tragedia consumatasi in Russia, i cui dise-gni hanno il compito di restituire alla memorial’orrore dei lager russi.

Luigina Fontana

LUCIANO CANIATO, Conegliano tra Ottocento eNovecento. Gente, palazzi e strade in cartolina.consulenza fotografica di Giuseppe Palugon,Treviso, Canova, 1998, 4°, pp.144, ill., L. 40.000.

Il tempo con le sue trasformazioni muta pro-fondamente il volto delle città e spesso ci sisforza invano di ricordare un angolo di strada, unportico, uno scorcio che hanno caratterizzatomomenti significativi della vita individuale ecollettiva. Il libro di Luciano Caniato, illustratocon la collaborazione di Giuseppe Palugon, re-stituisce alcune di quelle care, perdute imma-gini, colte dall’obbiettivo di anonimi fotografigiramondo tra la fine dell’Ottocento e l’iniziodel Novecento.

Conegliano è una città solare, animata e riden-te che mantiene ancor oggi i caratteri di “piccolagrande signora, una signora di razza”, come ladefinì settant’anni fa lo scrittore-giornalista Re-nato Simoni. Da sempre centro d’agricoltura e dimercato, subì il lento declino della Serenissimae ancora alla metà dell’Ottocento contava solo6500 abitanti (più della metà analfabeti) e 24piccole industrie. Il suo risveglio ebbe inizio conl’arrivo, nel 1855, della ferrovia che la collegavaa Vienna e con l’annessione all’Italia, seguito daun grande fervore di iniziative. Nell’87 Cone-gliano contava circa 10.000 abitanti e 1000 sol-dati, ospitati in 6 caserme. Nell’88 ci fu unadevastante grandinata e salì il flusso di emigrantisoprattutto verso il Brasile, ma la città reagì erinsaldò la sua identità con lo studio del passato(riordino dell’archivio comunale) e il riconosci-mento del personaggio-simbolo di Conegliano,il pittore cinquecentesco Giambattista Cima.

Il nuovo secolo portò l’illuminazione elettricae un processo rapido di industrializzazione, masopravvenne la guerra, causa di lutti e di rovineaggravate dall’occupazione austro-tedesca, e nel

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

1918 gli abitanti di Conegliano si ridussero da13.000 a 2.000. La ricostruzione, iniziata nel ’19,proseguì sulla linea della tradizione precedente enel 1927 la “città delle cartoline” era ormaicompletata.

L’itinerario suggerito da Luciano Caniato eGiuseppe Palugon si serve di parole e immaginiper risvegliare perdute atmosfere ed evocare unmondo favoloso di piazze, strade, portici, caffè,osterie animati da personaggi pittoreschi: Vialedei Passeggi, Albergo e Stallo al Vapore, ViaTeresine, Via Refosso, Piazza Pecorelle. Intornopreme la campagna e trionfa l’incanto verde diParco Rocca tra mura antiche e alberi secolari.Nel versante est della collina la “giasera” conser-va le lastre di ghiaccio per gli ospedali, le case deiricchi, le attività di gelatai, macellai e pesciven-doli. Monumenti cittadini sono i caffè, comel’elegante pasticceria De Lotto, che richiama glisfaccendati, mentre la Fontana dei Cavalli o delNettuno ricorda piuttosto la visita dell’Imperato-re Ferdinando I d’Austria nel 1838, occasione disfilate, archi trionfali, luminarie, bande e spetta-coli teatrali. La settecentesca villa Dal Canton,fatta costruire da Isacco Gentili, testimonia lapresenza in città di una numerosa comunità ebrai-ca, fin dal XIV secolo.

Da via X Settembre, per secoli fulcro della vitacittadina coi suoi antichi palazzi, il Duomo, laSala dei Battuti e Piazza Cima, la pittorescaCalle della Madonna della Neve sale a gradini tracipressi e ulivi lungo le mura carraresi fino allaspianata del Castello merlato. Ai piedi del collefiancheggiano il corso da un lato i giardini delRefosso (antico fossato del Castello) con la Sali-ta delle Pescherie Vecchie e dall’altro una seriedi costruzioni in gran parte successive alla Gran-de Guerra, tra cui spicca la secentesca chiesa diS. Rocco. La stazione sorge al termine di VialeCarducci, animato centro della città fin dal 1855.

Passato il ponte di S. Martino, si raggiunge lachiesa dei Santi Martino e Rosa e il Foro Boario.È questa una contrada agricola, secondo il detto“Domo galantomo, San Roco baroco, San Martincontadin”, attraversata dal torrente Monticanoche alimentava in passato mulini, officine diconciapelli e di lanaioli.

Sembra opportuno concludere la rassegna ci-tando ancora Renato Simoni: “Ho sempre pensa-to che doveva essere una gioia calma e ridentevivere a Conegliano. Ogni volta che ci fui, miparve che tutte le mie nostalgie di vita veneta siappagassero, tra quella stupenda disposizione dibelle forme della natura e di sagge architetturedegli uomini”.

Marilia Ciampi Righetti

San Martino Buon Albergo. Una comunità tracollina e pianura, a cura di Marco Pasa, SanMartino Buon Albergo (VR), Comune, 1998, pp.245, ill., s.i.p.

L’Amministrazione e la Biblioteca di SanMartino Buon Albergo hanno promosso questovolume, che illustra la storia e le caratteristichedel territorio comunale. Otto chilometri a orientedi Verona, San Martino deve la sua nascita a una

favorevole posizione geografica: qui, infatti, iltracciato dell’antica via Postumia valicava ilFibbio (il corso d’acqua che nasce dalle sorgenticarsiche di Montorio) e, prima di proseguireverso Vicenza, si lasciava sulla destra la dirama-zione per Este.

Il nome del paese rimanda alla chiesa dedicataa San Martino, attestata già nell’anno 894 neipressi del ponte sul Fibbio, cui si aggiunge ilcurioso appellativo di Buon Albergo, dovutoprobabilmente alla tradizionale presenza di lo-cande nell’antico nodo stradale, se non al ricordodella decisiva vittoria che in questi paraggiTeodorico pare riportasse su Odoacre nel 489.

Lo sviluppo del capoluogo, lungo l’odiernastatale 11, è però di epoca recente. Per secoli ilterritorio di San Martino è vissuto soprattuttodell’agricoltura collinare e di quella della bassapianura che digrada verso l’Adige, solcata dalFibbio: vigne da un lato, arativi e risaie dall’altro.Le attività si sono concentrate nelle corti rurali,e se la piana ha conosciuto una fioritura dimulini, pile da riso e altri opifici idraulici, lealture hanno visto sorgere il vasto complessogentilizio della Musella.

La villa, cui è dedicato uno dei capitoli diquesto libro ricco di spunti e di notizie, è un’edi-ficio sei-settecentesco al centro di una vastissi-ma tenuta che domina il congestionato centrourbano di San Martino e la sua vasta zona indu-striale sorta nel dopoguerra. Abitata già in epocaromana, la collina della Musella costituisce laparte più pregiata del territorio comunale e negliultimi anni è stata al centro di vari e discordantiprogetti di utilizzo.

Giuseppe Sandrini

LINO SCALCO, Una identità divisa. Albignasegofra storia e memoria 1902-1945, Cittadella (PD),Biblos, 1999, 4°, pp. 371, ill., s.i.p.

Attualmente Albignasego, assieme ad altridodici comuni, fa parte della cosiddetta grandePadova. Oggi non esiste soluzione di continuitàfra questo antico comune agricolo e la periferiadella città di cui esso è la porta di accesso per laBassa padovana. Fino a pochi decenni faAlbignasego ha fatto parte di una società ruralearcaica nella quale predominava la proprietàterriera nobiliare. I contadini pagavano ai loropadroni un canone di affitto in natura, non rice-vevano né animali, né attrezzi, né sementi edovevano consegnare il frumento e il vino. Adessi rimaneva sopratutto il mais. La nobiltàterriera, di cui il Consiglio comunale era l’espres-sione, non era interessata in alcun modo alleistituzioni che avevano come scopo il migliora-mento delle tecniche agrarie. L’archivio comu-nale, eccezionalmente ricco e ordinato, si è rive-lato un ottimo strumento per ricostruire nel perio-do esaminato non soltanto le condizioni di vitadegli abitanti del comune ma anche le relazionifra il comune e la città capoluogo. Nel 1902 gliabitanti sono soltanto 4.389 e gli elettori 280. Unelemento costante della storia del comune è ilpassivo del suo bilancio. I compiti affidati dallostato centrale all’istituzione locale sono nu-

merosissimi ma le entrate sono ridotte e insuffi-cienti. Fra le uscite previste nel bilancio del 1903vi sono quelle, inevitabili, per il ricovero deipellagrosi nella locanda sanitaria locale.L’autoconsumo contadino è così prevalente chefino al 1908 nel comune non esiste alcuna fiera ealcun mercato. L’unica industria era quella deimateriali laterizi. I problemi prevalenti sonoquelli sanitari: la pellagra è malattia endemica, lecondizioni igieniche delle abitazioni dei contadi-ni sono pessime, manca l’acqua potabile. L’istru-zione elementare è sostenuta con grande sforzodalle maestre in aule fredde ed antigieniche.

La Prima guerra mondiale segna una primafrattura, un cambiamento nelle condizioni di vitadel paese che viene coinvolto nella situazionevenutasi a creare dopo la ritirata di Caporetto.Nel dopoguerra nella Bassa padovana si svilup-pa il fascio organizzato ed armato dei proprietariterrieri e degli agrari contro i braccianti disoccu-pati e si salda ai fittavoli e ai piccoli proprietari.Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922anche ad Albignasego i fascisti come riconosci-mento del loro ruolo ottengono alcuni locali diproprietà comunale per le loro riunioni. Il nuovoregime non risolve nessuno dei problemi realidel comune e della sua popolazione. Lo squilibrofra risorse e necessità rimane. Il circolo povertà,cattive condizioni igieniche, malattie non vienespezzato in nessun modo. Nel gennaio 1926 ilsindaco Giuseppe Pannella dà le dimissioni. Pocodopo gli succede Oreste Sgaravatti, capitano difanteria e croce di guerra. Egli appartiene ad unaimportante famiglia di floricultori e manifestauna notevole sensibilità nei confronti delle esi-genze della popolazione. Ma neanche Sgaravattiriesce a collegare il suo paese con l’acquedotto.Si continua a bere un’acqua di pessima qualità. Ilnuovo regime anche ad Albignasego promuoveed organizza un numero altissimo di manifesta-zioni celebrative ed autocelebrative. Contempo-raneamente dà vita a numerose organizzazioni dicategoria oltre a quelle politiche legate al Partitonazionale fascista. Il regime inquadra non sol-tanto i ceti medi cittadini ma anche quelli agrico-li. La popolazione del comune aumenta. Ma lecondizioni di vita dei contadini non cambiano. Ilbilancio del Comune non riesce a sostenere lespese necessarie per la sanità della popolazione.Gli edifici scolastici rimangono molto trascurati.Le suppliche disperate al Duce sono numerose.Nel 1935 su 7.443 abitanti vi sono 2.164 iscrittiall’elenco dei poveri. L’accatonaggio è diffusis-simo. L’attivismo del podestà è sostanzialmenteimpotente a dare una risposta alle drammaticherichieste di assistenza e di lavoro dei suoi ammi-nistrati. Nel giugno del 1.940 l’Italia entra inguerra e gradualmente le restrizioni coinvolgonolarghi strati della popolazione. Dopo l’otto set-tembre del 1943 a quello fascista si affianca ilpotere militare tedesco. I giovani respingono ibandi della leva militare. Cominciano i primimodesti episodi di sabotaggio militare. Anche adAlbignasego la Lotta di liberazione nazionale hai suoi caduti.

Elio Franzin

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

GAETANO LANARO - RUGGERO AMBROSI - NARCISO

MASARO - FLAVIO TRENTIN, Valigia e passaporto.Storie di emigranti del Comune di Riese Pio X,Riese Pio X (TV), Comune, 1999, 4°, pp. 296,ill., s.i.p.

L’emigrazione riesina è stata un fenomenorilevante: si calcola che dal 1876 al 1978 sianoemigrate circa 5.000 persone. Valigia e passa-porto rappresenta una testimonianza e una vo-lontà di non dimenticare coloro i quali – nei“momenti bui” – hanno dovuto abbandonare leterre amate (non solo Riese, ma anche Poggiana,Spineda e Vallà). Scorrendo le pagine, colpisceleggere gli oltre 4000 nomi e cognomi di riesiniemigrati in Canada, Australia, Svizzera, Francia,Belgio, Argentina, Venezuela, Inghilterra, Ger-mania e Brasile.

Molto interessanti, in proposito, si rivelano lericerche d’archivio di Narciso Masaro, le biogra-fie (corredate di fotografie e documenti) raccolteda Ruggero Ambrosi. Testimonianze che aiuta-no a capire – rivivendoli – i drammi, le avventu-re, i sacrifici e i successi di chi ha lasciato il paeseper pochi anni o definitivamente.

Susanna Falchero

L’immagine in attesa. Una visita alla storiad’Europa attraverso il Museo della Battaglia diVittorio Veneto, a cura di Giuseppe e LuigiMarson, Vittorio Veneto (TV), Kellermann, 1997,8°, pp. 106, ill., L. 22.000.

La vittoria nella Grande Guerra, costata ilsacrificio e la sofferenza di milioni di persone,costituisce uno dei pilastri su cui si fonda lo Statoitaliano. Battaglie lunghe e cruente videro sulcampo migliaia di caduti da entrambe le parti, masi rivelarono decisive per la storia dei paesicoinvolti nel conflitto e per i futuri assetti inter-nazionali. Scontri armati come quelli di VittorioVeneto e del Piave furono decisivi per noi italia-ni, perciò il serbarne memoria in un appositospazio museale costituisce un’opera di salva-guardia delle nostre radici.

Il Museo di Vittorio Veneto nacque nel 1936su iniziativa di Luigi Marson (1899-1952), com-battente del 2° Granatieri che partecipò alla con-quista della testa di ponte di Capo Sile. Marsonrimase segnato per tutta la vita dalle violenze edalla morte vissute in prima persona nel fango enel freddo delle trincee. Una volta terminato ilconflitto – subito dopo l’armistizio firmato il 3novembre 1918 a Villa Giusti, nei pressi diPadova –, decise che avrebbe fatto di tutto perchéne fosse conservata memoria, perché i sacrifici el’abnegazione di migliaia di connazionali nonfossero mai dimenticati. E cominciò così la suaraccolta di documenti e testimonianze. Quando,nel ’36, fu presentata ufficialmente la sua colle-zione di cimeli, Marson ebbe modo di scrivere:“ho potuto mettere insieme, in questi lunghianni, parecchi ricordi di guerra e l’unico mioscopo è stato quello di conservarli, condannaticome sarebbero stati ad andare, con il passardegli anni, irrimediabilmente dispersi. Essi testi-moniano la dura vita dei nostri concittadini per

tutto il periodo dell’invasione e la gloria dellaVittoria che della nostra città porta il nome…”.

Il Museo della Battaglia – di cui questovolumetto costituisce una sorta di guida allavisita – ha sede nella storica loggia della Comu-nità di Ceneda, un edificio di impianto neo-classico. Tra i pezzi esposti, troviamo mortaiitaliani e austriaci, uniformi, bandiere e ga-gliardetti, giornali d’epoca, tende, telefoni dacampo, oggetti personali, lettere. La battaglia diVittorio Veneto vide contrapposte, rispettiva-mente, 51 divisioni italiane, 3 inglesi, 2 francesi,un reggimento di fanteria americano, da unaparte, e 63 divisioni austro-ungariche, dall’altra.Le perdite italiane, tra morti e feriti, furono34.500, mentre quelle austro-ungariche supera-rono il mezzo milione. Una vera carneficina, cheforse il Museo della Battaglia, con le sue testimo-nianze, può aiutarci a comprendere e, per ilfuturo, a scongiurare.

Marco Bevilacqua

GIUSEPPE BESSEGATO, Memorie di prigionia (1943-1945), a cura di Lucio De Bortoli, Treviso,Istituto per la Storia della Resistenza e dellasocietà contemporanea della Marca Trevigiana,1998, 8°, pp. 102, ill., s.i.p.

Giuseppe Bessegato, classe 1916, nel settem-bre del 1939 iniziava la sua personale odissea:richiamato nel 55° Reggimento di fanteria “Mar-che” col grado di sergente, dovette in seguitoimbarcarsi alla volta del fronte greco-albanese.Promosso sergente maggiore, il 13 settembre del’43, nelle drammatiche circostanze che seguiro-no il celebre comunicato di Badoglio, fu cattura-to dai tedeschi e successivamente internato pres-so l’Arbeit Kommando n. 638 di Alsdorf, dove fuavviato – fino all’agosto del 1945, quando fuliberato – al lavoro coatto in una fabbrica ditegole. Una storia esemplare, la sua, la stessastoria di migliaia di italiani, travolti dagli eventidi una guerra impazzita e dalla caduta di unregime grottesco.

Bessegato conservò precisa memoria di quelperiodo, annotando giorno per giorno ciò cheaccadeva sotto i suoi occhi nel lavoro, nellecamerate, nelle infermerie. In vita (morì di ma-lattia nel 1964) non volle mai dare alle stampe lesue note – testimonianza preziosa, al pari di altreben più celebri –, forse per innata ritrosia, forseper disillusione, o forse ancora (come opportu-namente rileva Lucio De Bortoli, curatore delvolume) a causa di un più che comprensibilemeccanismo di rimozione. Ora il suo memorialedi prigionia viene alla luce, a 35 anni dalla suamorte, per desiderio delle figlie, per tentare didare un senso (quello della testimonianza, deldocumento storico) alle sofferenze del loro pa-dre e di tutti quelli che, come lui, furono travoltidall’odio e dalla guerra.

“Com’è brutto svegliarsi e trovarsi per la pri-ma volta rinchiusi innocenti in una gabbia diferro! Eppure il destino ha voluto ch’io provassianche questa grande umiliazione”: le pagine diBessegato trasudano dolore, sconcerto. È l’inca-pacità di credere che la sopraffazione dell’uomosull’uomo possa arrivare alla abiezione piùabissale. È lo spaesamento e il senso di sopraffa-zione che attanaglia chi, come lui, ha semprecreduto nella ragione e nella ragionevolezza. Maè anche la forza imprevista, la volontà di resiste-re, il senso del sacrificio e l’orgoglio che, nono-stante tutto, aiutano a vivere. La pubblicazione diquesto memoriale, anche se fa un torto al deside-rio di riservatezza del suo autore, va accolta coninteresse e con rispetto. “Verrà un giorno peròche i signori tedeschi pagheranno a caro prezzotutte queste angherie, soprusi, affronti di ognigenere”: Bessegato è un uomo che ha avuto lavoglia e il coraggio di non dimenticare, e anchequando esprime candidamente la sua rabbia e ilsuo desiderio di riscatto, il suo messaggio èancora oggi drammatico e ci fa capire quantoassurda sia ogni guerra.

Marco Bevilacqua

Tradizione storica della vigilanza urbana inPadova. La polizia municipale, ricerche storichedi Angiolo Lenci, Padova, Cedam, 1998, 8°, pp.VIII-178, ill., L. 20.000.

Poche istituzioni come gli attuali corpi dipolizia, nel momento stesso in cui vantano estesetradizioni plurisecolari, presentano anche unosviluppo storico tutt’altro che lineare le cui tra-sformazioni istituzionali – pur essendo soventescandite dalle stesse grandi trasformazioni del-l’organizzazione amministrativa dello Stato – nerendono ancora più complessa la comprensionegenerale. Né affatto più agevole risulta prenderein esame le vicende anche di un’istituzione appa-rentemente “minore” come la Polizia Municipa-le di una città (Padova nel nostro caso), sia perquanto già detto sopra sia per le vicende storichespecifiche della città, lette in relazione ai rapportiistituzionali e amministrativi che ebbe con laDominante, con l’Impero d’Austria ed infine conil Regno d’Italia.

Il volume che qui si presenta offre un’ampiascelta di riflessioni sui problemi cui abbiamo

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI

accennato. Prescindendo dalla parte ampia dedi-cata alle vicende istituzionali fino al XVIII seco-lo, è da questo momento in poi che la ricostruzio-ne di Lenci viene a toccare argomenti di ampiorespiro legati a fasi di passaggio organizzativo eamministrativo tutt’altro che secondarie. La dot-trina dello stato del XVIII secolo ha lasciato unaimpronta precisa anche sull’organizzazione deipoteri di polizia; fu infatti negli stati di anticoregime che il servizio centrale di polizia venne adassumere lentamente alcune tra le principali fun-zioni contemporanee e, soprattutto dopo la pa-rentesi napoleonica, si definirono sempre megliole funzioni di polizia giudiziaria, di pubblicasicurezza, di informazione (ma anche di contro-spionaggio) e di controllo sulle attività ammini-strative. Tipici e contraddittorii esempi di uncorpo paramilitare e di milizia ma in realtà dallefunzioni miste, tra il militare appunto e l’ammi-nistrativo-civile, furono quelli dei “bombardie-ri” per tutto il XVIII secolo e quello della GuardiaNazionale del XIX secolo.

Ambedue i modelli perpetuarono l’antica con-traddizione dell’esercizio dei poteri di poliziacivile con mezzi militari. Nel testo risultano benesposte anche le altre fasi dei delicati passaggi trale diverse amministrazioni che hanno interessato

non solo Padova ma anche le città venete nelcorso del secolo scorso e uno studio comparatopotrebbe fornire ulteriori utili indicazioni.

Di rilievo infine anche la parte – opera di AldoZanetti – dedicata all’attuale assetto del Corpo,all’organico, alle funzioni e all’attività, ormaidefinite con recenti e precisi strumenti legislativi.

Giovanni Punzo

LUIGI MONTOBBIO, L’Associazione Stampa Pado-vana compie cento anni (1899-1999), Padova,La Garangola, 1999, 8°, pp. 142, ill., s.i.p.

Luigi Montobbio, giornalista della “vecchiaguardia” notissimo negli ambienti padovani an-che come autore di saggi e libri di caratterestorico, rende omaggio all’Associazione Stampadella sua città, che nel giugno del 1999 ha com-piuto il secolo di vita. Lasciamo all’autore stes-so, che a lungo ha ricoperto incarichi (tra cui lapresidenza) in seno all’Associazione, la spiega-zione del senso e del contenuto del libro: “non èun testo di storia sul giornalismo padovano nelsenso puro della parola. È un’analisi sulla nascitae sull’evolversi di uno dei primi sodalizi profes-

sionali formatisi nel nebuloso periodo del secon-do Ottocento: giornalismo voleva dire alloraavventura, lotta per la sopravvivenza, ma anchericerca di un modus vivendi…”.

Dalle origini del giornalismo padovano aigiorni nostri, sono molti i nomi illustri che siincontrano tra queste pagine, appartenenti a figu-re che talvolta hanno fatto la gioia di caricaturisticome Primo Sinòpico e Guido Smiderle. DaGuglielmo Stefani, studente nell’epoca risorgi-mentale, fondatore del periodico Il Caffè Pe-drocchi e successivamente (a Torino) della cele-bre Agenzia giornalistica Stefani, a GiovanniBiadene, anch’egli studente di fine secolo e unotra i fondatori (nel 1908) della Federazione Na-zionale della Stampa Italiana; da FrancescoSandoni, sindacalista e direttore de La Provinciadi Padova a Giuseppe Dalla Torre, direttore deLa Libertà poi chiamato nella capitale da papaBenedetto XV a dirigere L’Osservatore Roma-no. La messe di nomi citata da Montobbio èdavvero nutrita, e certo giova l’accurato indicealfabetico finale. Il libro, consigliabile a chiun-que si interessi alla storia culturale padovana, ècompletato dal testo integrale del primo Statutodell’Associazione, datato 3 giugno 1899.

Marco Bevilacqua

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ISTITUZIONI E CULTURA

COMITATO PER LA PUBBLICAZIONE DELLE FONTI

RELATIVE ALLA TERRAFERMA VENETA, Il «liber»di S. Agata di Padova (1304), a cura diGiannino Carraro, nota di diplomatica di GianGiacomo Fissore, Padova, Antenore, 1997,8°, pp. LXXVIII-538, ill. (Fonti per la storiadella terraferma veneta, 11).

Il Liber inventarii seu registrationis omniumpossessionum bonorum monasterii è il regi-stro del monastero di Sant’Agata di Padova edè conservato nell’Archivio di Stato di Padova(Corporazioni soppresse, monasteri padova-ni) e si tratta di un codice del 1304 redatto dalnotaio Giacomo di Antonio. Il «libro» nascedall’esigenza di riunire in un unico corpus,facilmente gestibile e corredato di indici, tuttele «carte» scritte dai notai e che riguardavanoi possedimenti e le rendite del monastero.

Quest’iniziativa si inserisce in una tenden-za nata proprio nei secoli XI e XII, quando leistituzioni religiose e laiche sentirono la ne-cessità di avere in ordine e facilmente reperi-bili tutti gli atti, legalmente «agiti», relativialla loro amministrazione fondiaria e pa-trimoniale. In quest’ottica di fissazione eriorganizzazione del proprio patrimonio siinserisce anche il liber iurium del monasterodi Sant’Agata. La particolarità di questo testo,tuttavia, sta anche nel suo esplicito valorepubblico, riconosciuto dallo stesso Comunedi Padova, che, anzi, nel dicembre del 1302aveva deliberato di accogliere i beni del mo-nastero sotto la propria protezione. La deci-sione, avvenuta con la maggioranza dei voti,rientrava in una politica del Comune mirantea limitare le tensioni al seguito delle imposi-zioni fiscali sui beni ecclesiastici che avevanocausato dispute e liti fra clero e istituzionecomunale durante tutto il XIII secolo.

L’impegno, inoltre, che il Comune si assu-meva, rientrava in sintonia con la politica di

controllo dei beni ecclesiastici messa in atto inquegli anni: per poter meglio operare si rende-va necessario, quindi, un inventario completodei beni del monastero. L’incarico di rilevarei beni fu affidato ad alcuni «tecnici», mentrequello di redigere il libro fu affidato al notaioGiacomo di Antonio. Alla fine il codice ripor-ta integralmente 157 documenti risalenti alcu-ni fino al ’200, nei quali si trovano elencatitutti i beni del monastero (terreni, case, muli-ni, decime, livelli) raggruppati in 51 rubriche.A tutta questa quantità di documenti, il notaioGiacomo ha aggiunto alcune «note esplicati-ve» che ne costituiscono la chiave di lettura.

Dai documenti riportati è possibile riper-correre lo sviluppo del monastero fra ’200 e’300 (per gli anni precedenti bisogna ricorrerea una raccolta compilata nel 1260) e porne ladata di fondazione intorno alla fine del secon-do e l’inizio del terzo decennio del ’200. Ilmonastero sorgeva in località Vanzo, nellaparte meridionale della città, ma al di fuoridelle primitive mura medioevali e di quellefatte erigere da Marsilio da Carrara nel 1337.Forse sta in questa ubicazione geografica larovina subita dal monastero durante la guerradi fine ’300 fra Carraresi e Viscontei.

I documenti raccolti nel liber sono alquantoparchi di informazioni sulla fondazione, ma,nonostante questo silenzio, molti elementifanno supporre che abbia avuto origine periniziativa, o almeno con l’appoggio, della

famiglia da Vo’ che ebbe un ruolo rilevantenella vita del monastero e della città finoall’avvento di Ezzelino (1237). I da Vo’ eranovassalli della curia vescovile e lagati con altreimportanti famiglie nobili dell’epoca come iCamposampiero e, più tardi, i da Carrara.Oltre ai da Vo’ sembra siano intervenuti anchealtri personaggi appartenenti alla nobiltà e allaricca borghesia padovana, tutti riuniti in unatrama di collegamenti e protezioni che sonoandate allargandosi nel corso degli anni. Nonstupisce, quindi, che il monastero sia andatosviluppandosi per tutto il Duecento, superan-do, sembra senza grosse difficoltà, anche ilperiodo ezzeliniano.

Il registro non fa alcun riferimento allaregola adottata dal monastero, ma allo statodelle ricerche sembra che la regola vigente aSant’Agata fosse quella benedettina. Dai do-cumenti si desume chiaramente, invece, lanatura «femminile» della comunità, anche seerano presenti alcuni conversi al servizio dellemonache e numerose altre persone dedite allacura materiale del monastero. Il governo dellacomunità era in mano alle badesse e al capito-lo delle monache che le eleggeva; per questio-ni di carattere «esterno» ricorrevano a «rap-presentanti», mentre la cura quotidiana delpatrimonio fondiario era affidata ai fraticonversi.

Il patrimonio fondiario del monastero resta,comunque, l’oggetto principale dei documen-ti contenuti nel liber. Formatosi a seguito dilegati testamentari e di qualche compravendi-ta sostenuta dai da Vo’, fin dai primi anni del’200, andò aumentando per l’accorta e siste-matica politica di acquisti effettuata dalle mo-nache; soprattutto fra 1250 e 1280, anni in cuisi ha il vero e proprio consolidamento delpatrimonio. Le proprietà, situate in un primoperiodo nei sobborghi a sud della città, siestesero anche nella parte meridionale delterritorio padovano (Piove di Sacco, Conselve,Vanzo, Pernumia); in alcuni casi anche ai colli(Valnogaredo, Boccon, Rovolon), nonchénella fascia settentrionale (Cervarese, Ronchidi Camposampiero). Questo a dimostrare lanatura occasionale di molte acquisizioni. Idocumenti riportano fedelmente anche il va-lore dei terreni in base alla loro destinazione:più redditizi quelli attorno al monastero, per laloro destinazione edilizia (allora come oggi…),o quelli a vigna sui colli; meno remunerativigli incolti e i terreni a prato. Secondo l’uso delfondo, alcuni terreni erano condotti diretta-mente dai conversi, altri locati a coloni. Eranoa conduzione diretta tutte le terre boschive equelle a prato destinate all’allevamento delbestiame, perché fornivano direttamente almonastero legna e cibo. I terreni a conduzioneindiretta erano quelli lasciati a semina, altri avigna e prato, e venivano concessi in locazio-ne con contratti di colonia parziaria, di livelloo affitto che rendevano ogni anno canoni fissisia in denaro sia in natura. Venivano riscossiin denaro gli affitti delle case che il monastero

LE FONTI RELATIVEALLA TERRAFERMAVENETA E ALLA STORIADI VENEZIACecilia Passarin

L’EDITORIANEL VENETO

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ISTITUZIONI E CULTURA

possedeva numerose al centro e nei sobborghidella città, mentre erano fissati in natura quellidei terreni.

Il monastero, però, oltre a possedere terreni,case e sedimina, poteva contare anche sulleentrate provenienti dalla conduzione dei mu-lini e dalla lavorazione della lana all’internodel laboratorio monastico, un’attività che pro-prio in questi anni conobbe un grande impulsocon il sostegno anche delle autorità cittadine.Le somme, ingenti, liquide, provenienti datutte queste attività venivano reimpiegate peracquistare terreni e per sostenere attività «ar-tigianali» come la lavorazione della lana ocommerciali. In qualche caso sono registratianche prestiti a interesse, ma sembrano limi-tati a casi particolari, non una pratica diffusa ecomune.

Ci troviamo di fronte, insomma, ad un’isti-tuzione religiosa, monastica, sostenuta da unatrama di relazioni con i personaggi più in-fluenti della Padova dell’epoca, con un patri-monio fondiario notevole e ben amministrato.In questo contesto si inserisce il liber, che abuon diritto, può essere considerato «un segnoconcreto ed eloquente della coscienza di séormai maturata nella comunità monastica».

COMITATO PER LA PUBBLICAZIONE DELLE FONTI

RELATIVE ALLA STORIA DI VENEZIA, Fonti per lastoria di Venezia, sez. III: Archivi notarili.Quaderno di bordo di Giovanni Manzini pre-te-notaio e cancelliere (1471-1484), a cura diLucia Greco, Venezia, Il Comitato editore,1997, 8°, pp. 153, ill., s.i.p.

Il Comitato per la pubblicazione delle fontirelative alla storia di Venezia sta portandoavanti da tempo un programma che prevede lapubblicazione degli atti relativi alla storiaveneziana. I volumi finora dati alle stampesono stati suddivisi in sezioni: la prima riguar-da gli archivi pubblici, vale a dire quelli cheriuniscono gli atti delle istituzioni veneziane;la seconda gli archivi ecclesiastici; la terza gliarchivi notarili e la quarta riunisce fonti divario genere.

Alla terza sezione appartiene anche questovolume curato da Lucia Greco sul prete-nota-io Giovanni Manzini. Si tratta del libro dibordo, vale a dire la cronaca del viaggio, cheil Manzini redasse durante l’attività di cancel-liere svolta al seguito di due convogli: unodiretto nelle Fiandre nel 1471-72, e l’altrodiretto in Barberia (1475-76); questo secondoscritto comprende anche alcuni atti rogati aVenezia tra il 1476 e il 1484.

Fra le carte è compreso anche il cosiddetto«libro delle spese», vale a dire il libro conta-bile, che il Manzini compilò durante il viaggionelle Fiandre (1473) (qui scritto da un’altramano): si tratta di un documento molto raro e

prezioso per la storia marittima veneziana chevede conservati solo un paio di libri dellostesso tipo. La figura del prete-notaio non ènuova nel panorama medioevale veneto, non-dimeno l’attività del Manzini ha un caratterealquanto originale perché si trovò ad essere ilcancelliere alle dipendenze del capitano, ilmassimo rappresentante dello stato venezia-no, e suo cappellano; allo stesso tempo eraanche il notaio al servizio dei marinai e deimercanti imbarcati. Gli atti sono stati redatti inveneziano e in latino, spesso frammisti e nonsempre corretti a testimonianza di come lapreparazione scolastica non fosse delle mi-gliori; si ritiene che il Manzini non abbia fre-quentato nessuna scuola notarile dell’epoca.

Un preciso apparato di indici aiuta a orien-tarsi tra i documenti che occupano la maggiorparte del volume.

COMITATO PER LA PUBBLICAZIONE DELLE FONTI

RELATIVE ALLA TERRAFERMA VENETA, Le cartedel Capitolo della cattedrale di Verona, I(1101-1151), a cura di Emanuela Lanza, saggiintroduttivi di Andrea Castagnetti e Ezio Bar-bieri, Roma, Viella, 1998, 8°, pp. LXXXVI-337, ill. (Fonti per la storia della terrafermaveneta, 13).

L’edizione critica riguarda le carte del Ca-pitolo della cattedrale di Verona dal 1101 al1151 conservate presso l’Archivio capitolaredi Verona. Il materiale relativo al Capitoloveronese è stato oggetto nei secoli di riordinie catalogazioni: a fine ’500 fu compilato uncatalogo disponendo il materiale secondo latipologia (donazioni, locazioni ecc.) e secon-

do le località urbane ed extraurbane citate. Acausa dello straripamento dell’Adige avvenu-to nel 1882, una buona parte delle pergameneè andata perduta e altra parte, invece, è statagravemente deteriorata ed è quasi illeggibileanche dopo il restauro. La lacuna degli origi-nali perduti può essere colmata con le trascri-zioni settecentesche, seppur rimaneggiate,curate da due canonici, Gian Giacomo Dionisie Giuseppe Muselli, ora conservate rispettiva-mente all’Archivio di Stato di Verona e al-l’Archivio Capitolare.

I documenti qui pubblicati sono tutti dinatura giuridica e sono preceduti oltre che dalregesto, che ne sintetizza i tratti principali – gliattori, l’oggetto del contratto e la data –, ancheda una nota della curatrice nella quale precisalo stato dell’originale e le eventuali copiesettecentesche da lei utilizzate per integrare leparti mancanti.

Al volume manca una vera e propria intro-duzione nella quale si analizzino esclusiva-mente i documenti editi. L’autore della notaintroduttiva ha operato questa scelta per lanecessità di inserire i documenti in una pro-spettiva storica più ampia la quale, peraltro,aiuta a comprendere in pieno l’origine e l’im-portanza dei documenti pubblicati. Il periodopreso in esame da Andrea Castagnetti è quellodell’età carolingia e soprattutto del periodoimmediatamente successivo, il X secolo, unmomento in cui il patrimonio del Capitolo siandava accrescendo e, con esso, anche il pote-re giurisdizionale e politico. Con gli atti didonazione avvenuti in età carolingia si formala base patrimoniale del capitolo, che si andòvia via accrescendo a seguito delle donazionidi vescovi e laici. Proprio dai documenti dellaprima metà del XII secolo qui pubblicati èpossibile notare la presenza di famigliecapitaneali veronesi, alcune in diretto rappor-to di vassallaggio con il capitolo.

Grazie anche a queste donazioni, le proprie-tà del capitolo si estesero presto anche allecomunità rurali extraurbane e non sempresenza controversie, tanto da dover ricorrere altribunale per la rivendicazione di diritti rite-nuti usurpati, sia da parte del capitolo sia daparte delle comunità rurali. Molto spesso ilcapitolo dovette difendere i propri beni dallepretese delle comunità rurali e dalle usurpazionidi conti e delle famiglie comitali e vassallatichecon mire espansionistiche. Tanti documentiqui editi hanno avuto la loro origine in una opiù questioni di proprietà o di diritti usurpati,come nel caso degli atti relativi al castello diCerea (ad esempio i documenti numerati 120,121, 122); altri, invece, sono atti di donazione,di vendita o di permuta di beni del capitolo.

A completare il volume troviamo il saggiodi Ezio Barbieri sulle caratteristiche e sull’ori-gine del notariato operante a Verona nel seco-lo XII. Infatti, proprio gli anni tra la finedell’XI secolo e i primi decenni del XII, sonoimportanti per la definizione delle nuove ca-ratteristiche del notariato e del documento

L’EDITORIA NEL VENETO

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ISTITUZIONI E CULTURA

notarile. A questo proposito la produzioneveronese, e le carte del capitolo in particolare,risulta indicativa perché sembra che nella cittàscaligera la prassi di attestare per iscritto inegozi si sia diffusa precocemente, con unanticipo di alcuni decenni rispetto altre città.

COMITATO PER LA PUBBLICAZIONE DELLE FONTI

RELATIVE ALLA TERRAFERMA VENETA, I docu-menti dell’Archivio Capitolare di Vicenza(1083-1259), a cura di Franco Scarmoncin,nota introduttiva di Francesca Lomastro eGian Maria Varanini, Roma, Viella, 1999, 8°,pp. XLVIII-379, ill. (Fonti per la storia dellaterraferma veneta, 15).

L’Archivio del Capitolo della cattedrale diVicenza, oggi conservato presso la Bibliotecadel Seminario diocesano, ha subito alternevicende; il suo attuale ordinamento è dovutoall’opera del sacerdote Giambattista Lasagnache ne realizzò lo strumento di consultazionetuttora in uso, il Catastico Lasagna, comple-tato negli anni successivi dagli archivisti cheebbero in custodia l’archivio capitolare. Ante-riore a questo riordino va collocata la risiste-mazione cinquecentesca e numerose altre ini-ziative dal Seicento all’Ottocento, tutte orien-tate alla sistemazione «fisica» del patrimoniodocumentario ma senza alcuna ripercussionesul piano della riflessione e dell’interpretazio-ne storica. Solo nell’Ottocento alcune indagi-ni utilizzarono i documenti dell’archivio capi-tolare; anche Giovanni Mantese nella sua sto-ria della chiesa vicentina fece un limitatoricorso ai documenti dell’Archivio Capitola-re. È solo con la tesi di laurea e i successiviapprofondimenti proprio di Franco Scar-moncin che i documenti del Capitolo trovanouno studio puntuale a preciso.

Gli atti che qui vengono pubblicati sonoeterogenei e scarsi al fine di documentare concompletezza le azioni e le attività del Capitolonel periodo anteriore e durante la dominazio-ne ezzeliniana. Infatti, negli anni immediata-mente successivi al 1259, il panorama docu-

mentario dell’Archivio Capitolare subì deci-sive modifiche: dopo la tirannide del da Ro-mano e sotto la guida del vescovo Bartolomeoda Breganze, la città procedette a un rias-sestamento politico e istituzionale che si riper-cosse anche sul piano della documentazionepubblica. Più volte, ad esempio, si tentò diripristinare la situazione delle proprietà prece-dente la dominazione ezzeliniana, e anche ilCapitolo tentò di sfruttare quest’orientamen-to. Tutta la documentazione relativa a questoperiodo, sembra abbia provocato un generaledisinteresse e incuria verso gli atti antecedentigli anni Sessanta del ’200. Molti notai, neglianni successivi, depositarono in modo disor-dinato questi atti nei vari fascicoli senza pre-occuparsi di porli in ordine cronologico otopografico. Alcuni di loro cercarono di recu-perare quelli relativi ai secoli precedenti macon le stesse modalità “approssimative”. In-somma manca al Capitolo un vero e proprioliber iurium o comunque una raccolta siste-matica della documentazione capitolare dalleorigini. Tuttavia proprio questo salto fra ilprima e il dopo l’anno 1260, rappresenta ilpunto di distacco netto da un passato sentitocome irrimediabilmente tramontato, non utilee non più recuperabile.

Non stupisce, a questo punto, come poco siarimasto a documentare l’attività amministra-tiva svolta dai preposti fra la seconda metà delXII secolo e la prima metà di quello successi-vo, vale a dire il periodo coperto dai documen-ti qui pubblicati. Di quest’arco di tempo, ilnucleo più cospicuo degli atti è quello relativoalle decime dei territori suburbani e alla lorogestione, forse quanto rimane di un corpus piùricco. Ancor minore quantità di documenti èquella relativa al patrimonio immobiliare efondiario per il quale non si trova che qualchelivello o locazione.

Data la scarsezza e l’eterogeneità dei docu-menti è molto arduo tracciare un profilo anchedei notai rogatari che si avvicendarono inquesto compito negli anni anteriori al 1260.

COMITATO PER LA PUBBLICAZIONE DELLE FONTI

RELATIVE ALLA STORIA DI VENEZIA, Fonti per lastoria di Venezia, sez. II: Archivi ecclesiastici- Diocesi clodiense. SS. Trinità e S. MicheleArcangelo di Brondolo, vol. IV: Indice, a curadi BIANCA LANFRANCHI STRINA, Venezia, IlComitato editore, 1997, 8°, pp. 306, s.i.p.

Il Comitato per la pubblicazione delle fontirelative alla storia di Venezia sta portandoavanti da tempo un programma che prevede lapubblicazione degli atti relativi alla storiaveneziana. I volumi finora dati alle stampesono stati suddivisi in sezioni, la prima riguar-da gli archivi pubblici, vale a dire quelli cheriuniscono gli atti delle istituzioni laiche ve-neziane; la seconda gli archivi ecclesiasticisuddivisi per diocesi; la terza gli archivi notarilie la quarta riunisce fonti di vario genere.

Alla seconda sezione appartiene anche que-sto volume curato da Bianca Lanfranchi Strina.Si tratta di un unico volume di indici riferiti atesti pubblicati rispettivamente nel 1981 (nelquale sono editi i documenti dal 800 al 1199)e nel 1987 (pubblica i documenti dal 1200 al1229) sempre sulla Santissima Trinità e suSan Michele Arcangelo in Brondolo, parroc-chie facenti parte della diocesi Clodiense.

L’EDITORIA NEL VENETO

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Le prime notizie riguardanti una Bibliotecadel Convento del Santo risalgono al 1234.Qualche documento dell’epoca testimonial’esistenza di una stanza «ove se leze»1, situa-ta in un piccolo chiostro esistente prima dellacostruzione del chiostro del Noviziato. Certa-mente va collegata l’esistenza di questo «luo-go» ad esigenze legate all’attività pastorale,allo studio, all’insegnamento, già fiorenti nel«nobile monasterium» del Santo che, verso il1240, era in costruzione, come ci ha lasciatoscritto Fra Bartolomeo da Trento, testimoneoculare e che conobbe anche S. Antonio2.

Non è un caso, infatti, che l’Inventario del1396 non distingua tra i libri liturgici e glialtri3 e neanche lo è il fatto che i manoscrittivenissero custoditi nella Sacrestia della Chie-sa e, solo quando il loro aumento non lopermise più, in una sala attigua o in quella delCapitolo. La sistemazione dei manoscrittirispecchiava anche le tradizioni vigenti nelleantiche abbazie, alle quali gli Ordini monasti-ci medievali attinsero per la loro organizza-zione, mantenendo però le differenze ad ognu-no peculiari.

L’Ordine francescano non fa eccezioni. Arispetto degli intenti del fondatore, nessunmecenatismo spingeva i frati ad acquistare imanoscritti se non esigenze di vita spirituale edi studio relativo; infatti, a conforto di ciò, sipuò osservare come le stesse CostituzioniNarbonesi (1260) emanate sotto il governo diS. Bonaventura4 indicavano, nella trascrizio-ne dei codici, una occupazione raccomandabilea frati, estendendola anche ai novizi per i qualidurante l’anno di noviziato era sospeso lostudio5.

Testimonia Tommaso da Celano che moltierano i frati studiosi, i quali, con l’esplicitoconsenso di S. Francesco, continuarono nel-l’Ordine le occupazioni esercitate nel secolo6:

certamente non sono esclusi da tale afferma-zione luoghi importanti come il Convento delSanto o le Venezie in genere.

Un passo della «Raimondina» ci svela unosprazzo di vita conventuale padovana quandoparla di «duo fratres famosi», cioè celebri perdottrina, che accolsero all’Arcella S. Antoniomorente7.

Non risulta a sproposito puntualizzare comeS. Francesco, molto rigoroso in materia dipovertà religiosa, non solo acconsentiva chefrati si applicassero allo studio, ma, come ciinforma il suo primo biografo8, permettevaanche l’uso di libri, unica eccezione alle pre-scrizioni sulla povertà. Ne sono un esempio le«Constitutiones Antiquae» che riaffermavanola proibizione ai conventi di essere depositari,per conto d’altri, di denaro o di oggetti prezio-si, fatta eccezione solo per i libri9.

Alla luce di queste considerazioni, ben sipuò affermare che, dalla morte di S. Antonioin poi, l’incremento della Biblioteca non ven-ne più interrotto. anche se sottoposto allealterne vicende che interessarono il Conventoe la Basilica del Santo e, non secondo, allamentalità degli uomini che si susseguirono nelsuo governo.

Per riferirsi ad una struttura che, almenocome sito, si rifà a quella odierna, bisognaconsiderare dei documenti del 1430, conser-vati nell’Archivio della Ven. Arca e nell’Ar-chivio del Convento (ora all’Archivio di Statodi Padova), i quali, informando sui lavoridell’epoca avviati nel Convento e riguardantila costruzione del Chiostro del Generale, cita-no con insistenza la «libreria», facendo quasidedurre che proprio per trovarne una sedeidonea tale Chiostro sia stato fatto edificare.Iniziati verso il 1430, sotto la direzione delprogettista Cristoforo da Bolzano (Vicenza)prima e di Zuanne da Bolzano poi, i lavori siprotrassero fino al 1476, data, sembra, dellaloro ultimazione10. Per fuggire, probabilmen-te, alle chiassosità dei pellegrini, tutta la vitagiornaliera della comunità del Santo si spostòin tale Chiostro dove vennero costruiti il refet-torio piccolo e annessi, la barberia, le officinedi lavoro e, per qualche tempo, vi furonoanche le stanze del P. Generale, del MinistroProvinciale, del Maestro di teologia11 e, natu-ralmente, anche la Biblioteca Antoniana, che,dal 1449, data in cui probabilmente i mano-scritti ebbero una nuova sistemazione, non èstata più spostata.

Si può proprio dire che essa abbia sfidato isecoli: assedi veneziani del l509 e, soprattut-

to, del 1513 danneggiarono il Convento emisero a soqquadro sia l’edificio della Biblio-teca che il suo materiale librario. Un’ideadella tragicità delle vicende ce la dà il Sanudo,il quale riporta che nel 1513, per le opere difortificazione ordinate dalla Repubblica Ve-neta, proprio per la posizione del Conventovicino alle mura, Bartolomeo d’Alvino, co-mandante generale delle truppe, voleva «fabutar zoso quasi tuto el monasterio del Santo:cosa compassionevole»12. Né le riparazionioccorrenti poterono essere iniziate prima del151613 a causa delle invasioni della Basilica edei chiostri da parte delle truppe tedesche ofrancesi o venete. Naturalmente anche la Ba-silica risentì di questi disordini, come ci testi-monia qualche codice, quale, ad esempio, il n.466 al cui foglio 425r si legge: «Liber iste iamcommunis fait librariae; nunc quoniam eversaest, mei magistri Ioannis Francisci a Cumoesistit qui si quoque rediret ipse iterum sibidare Vale. Vale. Vale».

Comunque è da sottolineare che la Bibliote-ca Antoniana è una delle pochissime, anzi,forse l’unica francescana in Italia rimasta alsuo posto, intatta ed integra nella sua comples-sità e funzione, dopo la ventata napoleonicadella fine del sec. XVIII. Certamente la suastruttura ha subito, nel tempo, vari cambia-menti e rifacimenti, più adatti alle esigenze deivari secoli, che sono passati sopra questo veroe proprio monumento francescano.

Si accedeva alla Biblioteca dalla scala dellaattuale Amministrazione pontificia; questo finoal 1929, anno in cui venne costruita l’attualemonumentale entrata. Alla sommità dell’at-tuale scalone marmoreo di stile settecentesco,alle pareti, una a destra e una a sinistra, figu-ravano due grandi pale, con il Martirio di S.Caterina d’Alessandria, opera della maturitàdi Giovanni Antonio Pellegrini (1736), e ilBattesimo di S. Giustina del Cerruti; ora ri-mosse per essere collocate nel Museo Anto-niano in corso di allestimento. Attraverso ilvestibolo, decorato con simboli delle scienzeda G. Cherubini di Venezia (1929), si entra nelsuggestivo salone – secentesco nelle sue lineee settecentesco nella sua decorazione.

Ciò che colpisce a prima vista il visitatoreche si affaccia ad esso per la prima volta èl’affresco che occupa quasi tutto il soffitto:opera di Giovanni Antonio Pellegrini del 1702,esso rappresenta l’Immacolata assunta in cie-lo cui fanno corona i Santi e Dottori francescaniche l’hanno difesa. È un religioso, di spalle,infatti, che la indica agli altri: Bernardino daSiena, Bonaventura, Antonio, Scoto con altridue discepoli.

L’opera è considerata un capolavoro. È unmomento stilistico del Pellegrini, che si colle-ga ad altre opere (come ad esempio quelladella Scuola del Cristo a Venezia), ma che, perla tecnica ad affresco del soffitto di Padova,meglio conserva il timbro coloristico propriodell’artista in quegli anni. Va ricordato, inol-tre, che il Pellegrini era nato a Venezia, ma di

LA BIBLIOTECAANTONIANADEL CONVENTODEL SANTO DI PADOVAp. Giovanni M. Luisetto OFMConv.

ISTITUZIONIE CULTURA

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ISTITUZIONI E CULTURA

famiglia padovana e legato alla Basilica delSanto, dove ha lavorato negli anni della matu-rità14.

Nel salone trovano sistemazione le opere astampa e i Codici ordinati in ventiquattrograndi scaffali, rivestiti in radica di noce,ornati di globi, sfere armillari, stelle, simboli,secondo l’uso del tempo.

I due finestroni centrali del salone formava-no, nel progetto iniziale, due logge che guar-davano rispettivamente il chiostro l’una e l’ortodel convento e il sottostante canale del Maglioo di S. Chiara, l’altro. Angolo talmente sugge-stivo da meritare di essere ricordato dal Tom-maseo che, studente, ospite del Convento delSanto (1820), ricorda nelle sue Memorie poe-tiche «la stanza addobbata di stampacce vec-chie e di seggioloni che si ricordavano diEzzelino, ma lieta del fiume scorrente sottocon rigiri amorosi tra l’abbondante verdura»15.

Un notevole interesse suscitano anche i dueglobi, celeste e terrestre, che ornano il salone,di media grandezza, opera del p. VincenzoCoronelli, cosmografo ufficiale della Repub-blica Veneta e poi Ministro Generale, acqui-stati per la Biblioteca dal p. M° AlessandroBurgos nel 171516.

Fervevano in quell’epoca varie opere direstauro, abbellimento e perfezionamento pre-cedute da una vasta opera di sensibilizzazione.Già, infatti, nel Capitolo conventuale del 20febbraio 1699 «circa la libraria fu stabilito direstaurare il soffitto nella migliore forma, difare due armari per ora in conformità deldissegno»17; ed ancora, il 13 marzo 1699 lostesso Capitolo, «considerato da Padri essered’ineguale distanza e grandezza le finestredella libraria che deve restaurarsi... fu... presaparte di rifare dette finestre secondo una poliz-za presentata, letta e laudata»18.

In data 24 aprile 1699 veniva presa ancoraun’altra decisione riguardante la Biblioteca e,precisamente, quella di alzare il soffitto e direstaurare il pavimento. I lavori per il rifaci-mento del soffitto furono affidati il 20 marzo1700 al sig. Pietro Roncaioli, così come ciriferisce il p. Pasquetti, e poiché la spesarisultava troppo onerosa fu raccomandata lacollaborazione di altri Padri19.

Il 24 febbraio 1702, su proposta del PadreGuardiano (P.M. Felice Scarella), la comunitàdecideva di «compire la fabbrica della librariadel monastero col prezzo che sarà ricavatodall’argenteria del Padre Reverendissimo Teo-logo (p. Felice Rotondi, morto il 7 febbraiolasciando anche numerosi quadri di valore), edi comune assenso fu determinato di dareprincipio nel mese venturo a far la porta, e poidipinger il volto della medesima, indi fabbri-car gli armarii...»20. La porta sarà ripresa inesame dal Capitolo conventuale il 13 marzosuccessivo, ma verrà eseguita con decisionedel 27 febbraio 1705.

Nonostante la sua buona volontà, la comu-nità del Santo non era in grado di sostenere dasola le spese per mantenere funzionale unastruttura come la Biblioteca, per questo i Fratisi erano proposti di «dare anche alcun stimoloalla Congregazione della Ven. Arca, di contri-buire qualche denaro alla perfezione degliarmari, de quali ne mancano diversi»21.

Non era la prima volta che ciò si imponevaper le necessità delle spese da affrontare, e,infatti, già il 30 dicembre 1698, per sistemaremeglio i libri della Ven. Arca che i P.P. biblio-tecari tenevano separati da quelli del Conven-to, venne chiesto che la «Congregazione [del-l’Arca] le concedi i tavoloni di noce destinatiper il Santuario per impiegarli per far armariiper detta libraria senza aggravio dell’Arca»22.

Comunque sarà il 6 maggio 1706 che verràdeliberata dai Frati la costruzione di un arma-dio che viene terminato da Antonio Pamio giàentro l’11 marzo 170723, mentre il 29 maggio1707 sarà la Presidenza dell’Arca che, usando«le 200 lire annue statuarie», si impegnerà perl’esecuzione di un altro armadio «in frontale»e perché «l’opera non resti giacente»24.

La costruzione di tali armadi concludevauna lunga serie di precedenti che era iniziatagià nel lontano 1445, anche se in questo casosi trattava di banconi ai quali erano assicurati,con catene, fatte nel 1434 da un artigiano diFirenze25, i Codici dell’Inventario del 1449,sui quali studiò, tra gli altri, Francesco dellaRovere, futuro Sisto IV. Tali banconi vennerosostituiti solo dopo il 1631 con ventiquattroarmadi di cui non si conserva nulla.

Accanto alle preoccupazioni di lavorofunzionali troviamo anche il desiderio di ren-dere artistico l’ambiente e armonioso con lastruttura del Convento a cui la Biblioteca èannessa; infatti le pareti del salone, primadell’attuale scaffalatura settecentesca, eranoornate da 24 immagini di Dottori francescani26,mentre, verso la fine del sec. XVI, al tempo di

P.V. Polidoro, bibliotecario, saranno 24 testedi imperatori romani in gesso, dipinte in fintobronzo, ad essere poste «sopra li muri, unatesta per cadaun banco»27.

Eminenti studiosi affermano che: «LaBibliotèque du convent de Saint-Antoine dePadoue est sans doute l’une des plus inte-ressantes d’Italie, non pour la quantité, maispour la qualité, de la collection de livresrassemblés grace a de studieux franciscainsauprès de l’un des sanctuaires vénérés del’ordre»28; ben si comprendono, quindi, lefatiche spese da molti per la sua conservazio-ne, frutto tra l’altro di contributi umani consi-derevoli. Un esempio lodevole di biblioteca-rio lo troviamo in p. Alessandro Burgos, ilquale, appena eletto bibliotecario, nel 1712,seppe risolvere con senso pratico il problemache già allora era l’insufficienza di spaziodell’unico salone per la conservazione deilibri. Erano quindi problemi pratici quelli chegli uomini preposti alla Biblioteca dovevanoman mano risolvere, ma non erano soli inquesto compito impegnativo.

La Biblioteca nasce già oggetto di attenzio-ne negli statuti della Presidenza dell’Arca: indata 26 gennaio 1477 troviamo i primi capitoliche la riguardano tra quelli presentati dalPadre Zanetto da Udine, Ministro Generaledell’Ordine, e poi approvati29. Particolarmen-te importante per la Biblioteca sarà la delibe-razione presa sulle norme per la sua strutturaorganizzativa e che, anzi, resteranno sempreun valido punto di riferimento a cui rifarsi nelcorso dei secoli. Essa riguarda la consultazio-ne e il prestito dei Mss. a cui possono accederei Predicatori, i Reggenti, i Padri del Convento;alla custodia, invece, devono provvedere e ilConvento e la Presidenza dell’Arca; si stabili-

Maestro padovano, Antifonario della Basilica del Santo(corale M). Padova, Biblioteca Antoniana.

Maestro padovano, Antifonario della Basilica del Santo(corale M). Padova, Biblioteca Antoniana.

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Nicolò da Bologna (o aiuto?), Graduale della Basilicadel Santo (corale VII). Padova, Biblioteca Antoniana.

Nicolò da Bologna (o aiuto?), Graduale della Basilicadel Santo (corale VII). Padova, Biblioteca Antoniana.

sce anche uno stanziamento annuale. Tuttiprincipi che, pur restando validi, saranno adat-tati alle sempre nuove esigenze che emerge-ranno nel tempo: così nel 1630, per una mag-giore sorveglianza, il bibliotecario religiosoverrà affiancato da uno dei presidenti, e l’annoseguente addirittura da due30.

Anche la Serenissima si interessa dell’orga-nizzazione della Biblioteca Antoniana e conDucale del 22 aprile 1655 incarica AlvisePriuli e Giovanni Venier, Capitanio di Pado-va, di redigere un Regolamento per l’Arca delSanto, che essi compilarono il 1° settembre1655 e che venne approvato il 20 settembredello stesso anno. In esso, in particolare, ven-ne stabilita l’elezione da parte dell’Arca didue Padri qualificati come bibliotecari.

La Biblioteca Antoniana può rilevare l’im-ponente consistenza libraria delle varie e nu-merose biblioteche francescane disperse, so-prattutto di quelle annesse agli studi generalia carattere universitario.

Accanto a quella di Assisi, ora ritornata alsuo posto d’origine, avviata da Frate Elia e daS. Bonaventura31 e paragonata alla BibliotecaVaticana medievale, l’Antoniana deve consi-derarsi della stessa portata e meritevole dellostesso giudizio.

Un modello tuttora conservato e ancoravisibile di un’antica biblioteca francescanadel XV secolo l’abbiamo nella BibliotecaMalatestiana di Cesena: codici disposti in unasala, su diversi banchi e assicurati con catena.Così doveva presentarsi, all’epoca, anche laBiblioteca Antoniana: i due Inventari antichi,attualmente editi, ce ne danno una testimo-nianza sicura.

Alla fine del sec. XIV e a metà del XV32, laBiblioteca Antoniana era divisa in due reparti:biblioteca pubblica o di consultazione, e que-sta comprendeva i Mss «cum cathena», el’altra, biblioteca «secreta», dove si conserva-vano i codici destinati al prestito. Questi ulti-

mi, sempre secondo l’Inventario del 1396,erano disposti in un’ampia sala, su due file di12 banchi ciascuna, e assicurati a questi concatena. In un’altra sala «extra armarium» era-no conservati 33 codici «cum cathena» e moltialtri senza, in scaffali chiusi. Ad ogni bancoerano legati da 5 a 7 codici, a seconda delledimensioni; alcuni ne contenevano solo 3,forse anche per eventuali aggiunte.

Dal secondo Inventario, quello del 1449,risulta che i codici erano, pure legati, nella salaattuale, su due file di banchi, ed essendoaumentati di numero, 14 erano a destra e 14 asinistra. I Mss destinati al prestito erano ordi-nati su scaffalature, nella stessa sala, 13 adestra e 12 a sinistra.

La Biblioteca Antoniana va considerata allaluce della sua fisionomia monastica: analiz-zando i titoli e gli autori presenti in essa, vitroveremo molti nomi ai quali la famigliafrancescana fa riferimento per affermare lapropria continuità. Nessuno spazio viene la-sciato a opere che non offrono interesse peren-ne, grazie questo anche ai frati preoccupati dieliminare i libri superflui e inutili: così comeappare in deliberazioni del 26 settembre149333; mentre il 29 giugno 1583 è la Presi-denza dell’Arca ad ordinare di acquistare libriopportuni, vendendo i doppioni34. Tali dispo-sizioni non furono le uniche, ma si ripeteronocon una certa continuità.

Gli argomenti di maggior interesse ricalca-no naturalmente l’opera dei frati: teologia,filosofia, pastorale, storia, esegesi biblica ecultura classica, patrimonio librario arricchitoanche dalle esigenze che emergevano dall’af-fluenza al Santo di frati da tante parti d’Italiae d’Europa, attirati dalla fama dell’Archigin-nasio padovano e dalla sua facoltà di teologia.

Certamente come primo nucleo della Bi-blioteca vanno considerati quei codici chepassarono probabilmente fra le mani del San-to di Padova, anche se nessun documento cene dà la certezza. Sono codici, infatti, checontengono i testi di quelle opere patristicheche il Santo doveva consultare di continuocome fonte delle sue lezioni teologiche35.

La struttura e i contenuti stessi dei Sermonesfanno pensare ad una consultazione costantedella Bibbia, ed anche di un testo delle Senten-ze di Pietro Lombardo, della glossa ed altrimanuali di scienza sussidiaria. E, in succes-sione di tempo, il Santo dovette usare, per isermoni domenicali e per quelli festivi, unadiversa redazione della Bibbia (con e senza ladivisione dei capitoli). Non va escluso il casoche S. Antonio attingesse anche alle già ricchebiblioteche esistenti nei monasteri degli Ordi-ni monastici presenti nelle varie città dove siera fermato: Bologna, Montpellier, Tolosa ecc.36.

Nella collezione dei codici entra il Salterioglossato (l’attuale Cod. 244), probabilmenteusato all’epoca da fra Aimone da Faversham,insigne dottore e futuro generale dell’Ordi-ne37, che a quell’epoca insegnava nel Conven-to del Santo.

Nel 1237 il testamento del Canonico dellaCattedrale, mag. Aegidius, affida al Conventodel Santo un prezioso e unico Manoscrittocontenente i Sermoni di S. Antonio. Nullavieta di identificare tale dono nel Codice delTesoro (attuale ms 720), di fondamentale im-portanza, perché, con probabilità, trascrittosugli stessi autografi del Santo; non per nullail ms è risultato fondamentale per la stesuradell’edizione critica dell’opera del Santo ef-fettuata in tre volumi nel 1979.

Del 1240 è un altro dono prestigioso cheviene ad aggiungersi ai codici esistenti e cioèla Bibbia glossata in 25 volumi scritti in «litteraparisiensis», donata dal canonico e arcipretedella Cattedrale mag. Uguccione, nipote delVescovo di Padova Iacopo Corrado38. Lo con-fermano anche le note scritte nei fogli diguardia del primo codice della collezione, il285. Altri doni si aggiunsero a questi nel sec.XIII: codici o lasciti per acquisto degli stessida parte dei frati.

Le notizie di questo periodo che riguardanol’incremento della Biblioteca sono poche edesunte dai codici. I codici rivelano la presenzapresso il Convento di religiosi che ne ebbero acuore il prestigio e l’attività, come anche testi-monia il testo della Bolla del 30 luglio 1259 diAlessandro IV al Vescovo di Padova39.

Accanto però al gruppo di Codici di scienzesacre vi è anche quello non meno nutrito diautori classici. Non meno di 34 sono i Mssidentificati nei nomi di Sallustio, Orazio, Ci-cerone, Terenzio, Lucano, Plutarco ed altri.Ricordiamo, in particolare, quello che si rife-risce a Seneca, in quanto si è rivelato fonda-mentale per gli studi sul filosofo romano.

Il bisogno di allargare agli studi classicil’attenzione era sentito vivamente in una Co-munità che, come quella del Santo, si trovavaa svolgere il ministero pastorale in una cittàculturalmente qualificata, come lo era Padovaalla fine del sec. XIII e nei primi decenni del

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sec. XIV, periodo in cui si affermava tra l’altroil pre-umanesimo ad opera di Lovati e delMussato e periodo in cui la città stessa potevaessere allineata ai tre maggiori centri di studiomondiali: Parigi, Bologna e Oxford. Lo testi-moniano vari documenti, tra cui il Cod. 492della Biblioteca Antoniana.

La quantità dei sermonari raccolti nel sec.XIII testimonia, nella formazione della Biblio-teca, il contributo personale di nomi tra i piùinsigni del francescanesimo: S. Bonaventura,Bonaventura di Isco, Servasanto da Faenza,Luca lettore, Luca da Bitonto, Gilberto daTournai, Bertrando de Turre, Landolfo Ca-racciolo ed altri.

L’ordine stesso, con le Costituzioni Narbo-nesi, difendeva e incoraggiava i frati nellostudio. È in tale prospettiva che vari CapitoliProvinciali, quello di Verona nel 1282 e quel-lo di Treviso nel 1290, si interessarono diassegnare i libri dei padri defunti alla Provin-cia, il primo40, di scegliere nei Conventi unamanuense remunerato, il secondo41. Tali di-sposizioni furono applicate anche presso laBiblioteca Antoniana che si sviluppò paralle-lamente all’organizzazione dello «studio».

Infatti è nel sec. XIV che essa gode dimaggior prestigio, in conseguenza senz’altrodi quello raggiunto dallo Studio del Santo. Alsuo incremento contribuirono ancora dona-zioni, ricordiamo Fra Bellavere della Brunache donò il Cod. 205 e gli importanti codici diBonaventura di Iseo, una delle maggiori per-sonalità dell’Ordine Minoritico. Nel 1245 fupresente al I Concilio Ecumenico di Lione, nel1249 fu ambasciatore presso l’imperatored’Oriente e, incontrando il favore di Ezzelino,riuscì nel 1273, assieme a Fra Pellegrino diBologna e a Fra Buonvicino di Leanardo, amettere pace fra bolognesi e veneziani42. Dob-biamo ricordare anche la donazione diIldebrandino de Conti, Vescovo di Padova,con cinque preziosi codici. Il Cod. 174, conuna nota, testimonia quella del p. Ludovicusde Flumine che lasciò alla Biblioteca parecchicodici portati con sé da Parigi43.

Nonostante l’impegno di molti e la solleci-tudine delle leggi dell’Ordine, la Bibliotecarisentì di precarie situazioni. Per risolvereproblemi per lo più economici i frati si trova-rono ad impegnare o ad alienare qualche ma-noscritto, come si legge nel Cod. 289 al f.207v. Altri, invece, alla luce di ciò che erastabilito dalle Costituzioni Narbonesi, veni-vano prestati ai singoli religiosi che portavanocon sé il codice, per restituirlo alla fine delperiodo di studio. Tra i religiosi che si avvalserodi tale possibilità troviamo: «Petrus de Candiaepiscopus Novarensis», il futuro AlessandroV, ancora «Sanctissimus Dominus noster papaNicolaus», «Reverendus Dominus GeneralisDe Rusconibus»44, ed altri.

Bisogna comunque dire che le donazioniebbero una parte di poco rilievo nell’incre-mento della Biblioteca Antoniana; i numerosicodici di officina testimoniano invece l’inter-

vento delle autorità dell’Ordine a tale scopo, elo testimoniano anche i Capitoli Provinciali el’opera dei singoli superiori.

I due Inventari, quello del 1396 e quello del1449, ci illustrano quantitativamente e quali-tativamente il patrimonio della Biblioteca allafine del sec. XIV e a metà del XV, 519 i msspresenti, così divisi: codici di uso liturgico,fuori della libreria, 94; codici nella libreriaincatenati, 114; codici «extra armarium cumcathena», 33; «sine cathena», 206; Breviari inuso presso i Padri (compreso 1 a Montagnana),12; codici dati in prestito 60. Se questi 94 msssi aggiungono ai 907 dell’Inventario del 1449,si può considerare che nel sec. XV i Codicisuperano il migliaio.

Ad essi attinsero uomini illustri: fra Gio-vanni Bertoldi di Serraralle che, per i Padri delConcilio di Costanza, tradusse in latino ecommentò, nel 1416, la Divina Commedia45;fra Urbano Bolzanio di Belluno, precettore diLeone X; fra Paolo Amalteo di Pordenone,poeta laureato; fra Cornelio Musso, oratore alConcilio di Trento; fra Ludovico Strassoldo,che insegnò greco a papa Eugenio IV46. Ac-canto a questi ricordiamo i pp. GianfrancescoIngegnarati, Nicolò Grasseto, Giacomo Bo-nacorsi, Bartolomeo del Santo, Benedetto diTreviso, Antonio Trombetta.

L’avvento della stampa, nel 1450, interessaanche la Biblioteca Antoniana. Le officinelibrarie si esauriscono e il codice e il mano-scritto vengono sostituiti dalla stampa coninnumerevoli vantaggi47. Anche alle miniatu-re seguono le incisioni e, presso la Biblioteca,ci sono edizioni di alto valore artistico.

Il sec. XV è il periodo degli incunaboli:l’Antoniana ne possiede 260 in 195 volumi. Ilp. Trombetta, celebre scotista all’università,nel 1517 donò ben 86 volumi48. Nel 1548 ilibri occupavano già 28 grandi scaffali49.

Durante i secoli non vi fu mai, quindi,interruzione nella fornitura di opere nella Bi-

blioteca. La collezione dell’Antoniana è co-stituita da magnifiche edizioni di classici lati-ni, greci, e di circa 3200 cinquecentine, tra cuianche qualche pezzo rarissimo. Vi sono pre-senti tutti i grandi editori dei secoli XVI, XVII,XVIII; una preziosa collezione di libri ebraiciacquistati dal p. Burgos, e dei quali il p.Perissuti, nel 1783, stese un primo catalogo.Esiste anche un corpo di studi di teologia posttridentina, scritti in latino o tedesco, quasi tuttidel sec. XVII. Non dimentichiamo l’ingenteraccolta di opere francescane e antoniane, etutte le opere che erano in uso dai Maestri delCollegio dei teologi e dai professori dell’Uni-versità, religiosi del Convento, come il p.Pasquetti, p. Faber, p. Ferchio, p. Mastrio, p.Felice Rotondi ed altri.

Un ruolo importante assunse la Bibliotecaquando, nel 1630, Urbano VIII, con bolla del29 maggio, istitùì il Collegio Teologico confacoltà di laureare ogni tre anni dieci studenti50.

Fino al 1797 progredì, sensibilmente, nelnumero e nella qualità di opere. L’invasionedelle truppe francesi, avvenuta nel 1797, fu,invece, un avvenimento infausto e solo l’ope-ra nascosta ma coraggiosa del p. BonaventuraPerissuti (1727-1808), bibliotecario, MinistroProvinciale, Guardiano del Santo, riuscì adimpedire la dispersione del patrimonio libra-rio della Biblioteca Antoniana. Le pagine delsuo diario, pubblicate dal p. Milosevich, te-stimoniano l’amarezza di quel capitolo distoria51.

Per tutto il sec. XIX la Biblioteca subisceuna battuta d’arresto; il 1810, con la soppres-sione degli Ordini e la dispersione dei Frati,contribuì ad aggravarne la situazione. Sicchél’aggiornamento della Biblioteca progredìmolto a rilento.

Validi strumenti per seguire le vicende del-la Biblioteca li abbiamo negli Inventari eCataloghi compilati durante i secoli: già ab-biamo citato i due Inventari del 1396 e del1449. Frequenti sono, poi, gli interventi delConvento e della Presidenza dell’Arca per lacompilazione di successivi: un primo incaricoviene dato ad Antonio Saviolo della Presiden-za dell’Arca52 il 15 novembre 1548; il 4 aprile1567 si ordina di rivedere gli Inventari dellaBiblioteca, confrontandoli con i vecchi53; i117 settembre 1599 il Papa dispone che vengainviato a Roma l’inventario di tutti i libri dellaBiblioteca del Santo e il Cancelliere dell’Arcaviene incaricato di questo54. Altre disposizio-ni per rifare i Cataloghi sono emanate il 14ottobre 1631, il 26 settembre 1643, il 28 luglio1676, il 20 novembre 1683, il 17 aprile 171955.Si pensa, però, che questi Inventari, ora scom-parsi, consistessero in semplici elenchi di Msse di libri e che ben poco servissero alla consul-tazione; ecco, perché, i frati, il 24 gennaio1732, deliberarono di affidarsi ad uno specia-lista, il p. Giacinto Sbaraglia, storico ebbiliografo, che fu chiamato come assistenteal P. Bibliotecario per fare l’Indice generale ditutta la Biblioteca56. A quanto pare, però, non

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se ne fece nulla fino al 1749, periodo in cui ilCatalogo dei Mss fu iniziato dal p. RainardoFischer che lo portò a termine nel 175557. Acompletarlo per le opere a stampa, fu chiama-to il p. Zucconi, bibliotecario, che, però, morìnel frattempo.

Un inventario invece molto valido, quan-tunque secondo i criteri del tempo, è quellostilato dal p. Perissuti, nel 1765, che completai due precedenti, e che è stato punto di riferi-mento fino alla comparsa dei Cataloghi stam-pati di Minciotti e di Iosa.

Su note raccolte da p. Giuseppe Abate, cuiera stato affidato il compito di un completoinventario, esiste il nuovo Catalogo dei Mss.alquanto aggiornato.

In questi ultimi decenni la Biblioteca haavuto come direttori religiosi di alto merito: p.Girolamo Mileta liturgista e poi vescovo diSebenico, p. Girolamo Granich assiduo culto-re di memorie francescane e raccoglitore delladocumentazione per il riconoscimento del cultodel beato Luca Belludi, p. Alfonso Orlini poiministro generale, p. Luigi Guidaldi che con larivista «Il Santo » collaborò alla preparazionedel VII centenario della morte di S. Antonio.

Di carattere specializzato, la Biblioteca èfrequentata da studiosi qualificati.

Note

1 Cfr. CATERINA RE, I Chiostri del Convento delSanto, «Il Santo», II (1929), pp. 216-217.

2 Cfr. Acta SS. 13 Iunii, De S. Antonio Com-mentarius praevius, n. 4; P.A. Sartori, Le Traslazionidel Santo alla luce della storia, estratto da «IlSanto», II (1962), 1, p. 18.

3 Cod. 572 della Biblioteca Antoniana. L’Inven-tario della Biblioteca del 1449 (Cod. 57) è giàdistinto dall’Inventario della Sacrestia fatto nel 1421.A questa epoca dunque la Biblioteca doveva esseresitemata altrove e fuori della Sacrestia.

4 Cfr. S. BONAVENTURA, Opera Omnia, VIII, 455,Rubrica VI, Quaracchi 1898; VIII, 33 (cfr. anche P.Giuseppe Abate, Le Constitutiones GeneralesAntique dei Frati Minori nella redazione assisanadel 1279, «Miscellanea Francescana», XXXV (1935),I-II, estratto, p. 23, Rub. 6a, 88).

5 S. BONAVENTURA, Opera Omnia, VIII, 450,Quaracchi, 1898.

6 Cfr. P.G. ABATE, Manoscritti e BibliotecheFrancescane del Medioevo, in Il Libro e le bibliote-che, Atti del I Congresso bibliologico FrancescanoInternazionale (20-27 febbraio 1949), estratto,p. 81.

7 P. ANTONIUS IOSA, Legenda seu vita et miraculasancti Antonii de Padua, p. 96, Bononiae, 1883.

8 Analecta Frenciscana, X, p. 224, n. 163,Quaracchi, 1941.

9 P. GIUSEPPE ABATE, Le Constitutiones Generales

Antique, ecc. III, 38, estratto da «MiscellaneaFrancescana», XXXV (1935), pp. 8 e 16.

10 Cfr. Archivio Sartori, I, pp. 954-955.11 Cfr. ivi, pp. 964-968; P. Vincenzo Coronelli,

Repubblica di Venezia in terra ferma, tavv. 40-43.12 Padova, Archivio dell’Arca (AdA), reg. 377, c.

44; M. SANUDO, Diari, XVI, 518, 563; XLI, 568.13 Cfr. «Il Santo», II (1929), pp. 295 ss.; Stampa

del Convento del Santo di Padova, Padova 1796, pp.108 ss.

14 Cfr. Archivio Sartori, I, p. 630; IV, p. 139, n.328.

15 Cfr. P. ANTONIO SARTORI, Nicolò Tommaseo ei Frati Minori Conventuali, in Il Messaggero di S.Antonio nel suo cinquantesimo, Padova 1948, pp.71-77.

16 I nostri due globi sono di quelli che l’Autorestesso chiama «Globi per uso della nostra Accade-mia degli Argonauti» (Atlante Veneto, I, 2, Venezia1692); cfr. AdA, Cat. V, fasc. 76 bis.

17 Padova, Archivio di Stato (ASP), S. Antonio(SA), b. 201, p. 241.

18 ASP, SA, b. 201, p. 241.19 Ivi, p. 262.20 Ivi, p. 44.21 Ivi, p. 108.22 Ivi, b. 303, p. 284.23 Ivi, b. 201, pp. 52, 145; b. 202, p. 176.24 Ivi, b. 303, p. 285.25 Cfr. «Il Santo», I (1928), pp. 146-147.26 I loro nomi: Fr. Durandus, Fr. Ioannes Anglus,

Fr. Pontius Carbonelli, Fr. Petrus Aureoli, Fr.Nicolaus de Lira, Fr. Alexander de Ales, Fr.Bonavetura card., Ioannes Duns Scotus, B. Luca dePadua, S. Antonius de Padua, Fr. Ioannes deCaulibus, Fr. Gualterius, Fr. Bernardus de TurreCremata, Fr. Gentilis Cingulan, Fr. Ioannes de Muro,Fr. Bartholomaeus de Pisis, Fr. Fortenerius Vassali,Fr. Gulielmus Ocham, Fr. Rogerius Bachon, Fr.Gulielmus Farnerii, Fr. Ioan. de Magistris, Fr.Antonius Trombetta, Fr. Gerardus Odonis, Fr.Monaldus, Fr. Philippus Faber. Non so se si trattassedi quadri o di affreschi (cfr. Iacobus PhilippusTomasini, Bibliothecae Patavinae manuscriptaepublicae et privatae, Utini 1639, p. 52).

27 6 nov. 1585. Cfr. AdA, Acta, 8, 134.28 M. TH. D’ALVERNY della Biblioteca nazionale

di Parigi, in «Recherches de Theologie ancienne etmedizvale», tome XXI (1954), p. 299.

29 Arch. Franc. Hist., 26, 105-126.30 P. SAVIOLO e BENEDETTO FRANCO, Arca del

Santo di Padova, p. 264, Padova 1765.31 Cfr. P. GIUSEPPE ABATE, Manoscritti e bibliote-

che francescane del Medioevo, pp. 93 ss., estratto daAtti del I Congresso Bibl. Francescano intern. (20-27 febbraio 1949), Roma 1950.

32 Biblioteca Antoniana, Codd. 572, 573.33 ASP, SA, b. 167, p. 61.34 Ivi, b. 303, p. 280.35 Cfr. P. SAMUELE DOIMI, Il Dottore Evangelico

e il Dottore sottile, in Problemi e figure della ScuolaScotista del Santo, Padova 1966, pp. 18 ss.

36 Secondo lo SBARAGLIA (Supplementum etCastigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci,I, 86, Romae, 1908) una Bibbia con note autografe

ti S. Antonio era conservata fino al sec. XVI in unaBiblioteca privata di Forlì. A Padova, per esempio,esisteva la «Biblioteca Illustriss. Capituli Canoni-corum maioris templi», cioè della Cattedrale, doveS. Antonio doveva avere qualche buon amico cano-nico. Esistevano le incipienti bibliotoche dei nuoviOrdini religiosi e quelle già affermate dei variMonasteri benedettini di S. Giustina, di S. Benedet-to (cfr. IACOBO PHILIPPI TOMASINI, BioliothecaePatavinae manuscriptae publicae et privatae, Utini1639, pp. 3-11).

37 P. GIUSEPPE ABATE, OFMConv., S. AntonioMaestro di Teologia, in S. Antonio Dottore dellaChiesa. Atti delle settimane Antoniane, Città delVaticano 1947, p. 287.

38 Cfr. G. BRUNACCI, Cod. Diplomatico, II, cc.1037, 1530. Ms. della biblioteca del Seminario diPadova.

39 Cfr. Archivum Franciscanum Historicum, 2,518.

40 Biblioteca Antoniana, Cod. 205, f. di guardiaora scomparso; Francescana, 33 (1933), p. 37, cap.3, nn. 7, 8, 9, 10; Arch. Franc. Hist., 26, 149.

41 Arch. Franc. Hist., 7, 456.42 Cfr. S. ROMANIN, Storia documentata di Vene-

zia, II, 299, Venezia 1854 (cfr. AFH, 1, 117; 3, 556;Sbaraglia, Supplementum..., I, 189, Romae 1908).

43 Il P. Ludovico Dal Fiume studiò a Parigi, fuMinistro Provinciale (cfr. P. ANTONIO SARTORI, LaProvincia del Santo, Padova 1958, p. 330; HUNTER,Nomenclator Literarius, II, 624; B. GONZATI, LaBasilica di S. Antonio, II, 397, Padova 1853).

44 Biblioteca Antoniana, ms. 572, ff. 21r-22v;ms. 573, f. 65v.

45 Cfr. P. ANTONIO SARTORI, Gli studi al Santo diPadova, in Problemi e figure della scuola scotistadel Santo, cit., p. 74, nota 17; P. STEFANO IGNUDI, IlCanto di Dante a S. Francesco, Roma 1926, Ap-pendice III.

46 Cfr. P. ANTONIO SARTORI, Gli studi al Santo, I.c., pp. 74-75.

47 Cfr. P. ANTONIO SARTORI, Libri e stampatori inPadova (documenti padovani sull’arte della stam-pa nel sec. XV), in Miscellanea di studi storici inonore di Mons. G. Bellini, Padova 1959, estratto.

48 AdA, reg. 186, c. 267.49 AdA, reg. 79, c. 33v.50 La nuova facoltà ebbe seguito regolare fino al

1772. Da quell’anno la Serenissima ordinò che ilaureandi ricevessero il riconnoscimento all’Uni-versità senza altro esame supplementare. Ebbe poiun arresto per le vicende politiche ben note; furiattivato in altra forma nel 1827; continuò le suefunzioni fino alla soppressione del 1867 (cfr. P.ANTONIO SARTORI, Gli studi al Santo, I. c., pp. 136-138).

51 Fr. GIUSEPPE MILOSEVICH, La Basilica di S.Antonio e la Repubblica francese a Padova nel1797, Padova 1899, p. 36.

52 ASP, SA, b. 303, p. 279.53 Ibid.54 Ivi, p. 280.55 Archivio Sartori, pp. 45, 195 e precedenti.56 ASP, SA, b. 203, p. 233.57 Ivi, b. 214, fasc. P. Fischer.

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Com’è certamente risaputo, nel Chiostrodel Generale, presso il Convento dei FratiMinori Conventuali annesso alla Basilica diSant’Antonio di Padova, hanno sede i localidella Biblioteca Antoniana. In questo splendi-do edificio sono oggi consultabili quattro di-versi fondi:

1) il fondo stesso della biblioteca, che com-prende opere di carattere teologico, filosofico,patristico e classico; ne fanno parte specialis-sima alcuni celebri libri corali, i più rari d’epo-ca medievale, gli altri restaurati ed illuminatidopo l’incendio che distrusse la basilica nel17491;

2) l’Archivio musicale della Cappella An-toniana;

3) l’Archivio Antico della Veneranda Arcadel Santo;

4) l’Archivio Moderno della VenerandaArca del Santo.

Per “Veneranda Arca del Santo” si indicaun gruppo di persone con funzioni ammini-strative e gestionali per la vita della basilica edel convento, istituita al fine di sollevare ireligiosi francescani dalle preoccupazionimateriali. Formata da personalità di granderispetto cittadino (discendenti da nobili fami-glie venete), comprendeva e tutt’oggi com-prende alcuni rappresentanti dell’ordine, fracui di diritto il Padre Guardiano. Essendo peròdi stampo laico negli statuti, non fu soggettaalle costrizioni degli enti ecclesiastici e potécontinuare la propria attività fino ai giorninostri, garantendo la salvaguardia del fondolibraio della Biblioteca2.

Tra gli onerosi impegni della Presidenzadell’Arca vi era anche il funzionamento dellaCappella musicale, come le assunzioni dimusicisti e cantanti, i restauri degli organi, iproblemi disciplinari, le licenze, le suppliche,gli statuti, i pagamenti ecc. Ciò è detta-gliatamente documentato negli atti conservatinell’Archivio Antico dal 1500 alla fine del1700, e nell’Archivio Moderno dal 1800 adoggi. Essendo così recente, l’Archivio Mo-derno è riservato e può essere consultato suformale autorizzazione della Veneranda Arcadel Santo. È forse necessario precisare che idue archivi non contengono fonti di grandevalore, ma sono comunque fondamentali perchi si appresti a studiare la vita della CappellaAntoniana nei secoli3.

Circa l’Archivio musicale, di cui trattere-mo, è chiaro che la sua esistenza è strettamenteconnessa con l’attività della Cappella musica-le della basilica antoniana. Il complesso voca-le e strumentale sacro nacque con atto ufficia-le il 28 dicembre1486, e subito fu dotato di unregolamento che ne ordinasse la vita4. Tra gliobblighi di cantori, musicisti e direttori, quel-lo che in questa sede conta maggiormente èl’obbligo fatto al maestro di cappella di prov-vedere alla musica da eseguire in chiesa. Eglipoteva chiederne l’acquisto alla Presidenza,ma soprattutto era tenuto in prima persona acomporne e a farne fare copia e parti per tuttigli esecutori. Il materiale così prodotto andavaovviamente conservato con cura e periodica-mente catalogato e sistemato, talvolta persinoricopiato se in cattivo stato. I libri erano con-servati in alcuni armadi, chiusi da chiavi, sottola stretta tutela del maestro, e per sua comoditàfurono ubicati appositamente nelle sue stanze.

La storia della Cappella annovera esimicompositori che con la loro opera arricchironocon orgoglio il patrimonio dell’Archivio mu-sicale, come Francescantonio Vallotti, Fran-cescantonio Calegari, Antonio Callegari, Mel-chiorre Balbi, Vincenzo Moschetti, LuigiAntonio Sabbatini, Bonifacio Asioli, Ales-sandro Capanna, Francesco Gasparini, LuigiMarsand, Alessandro Musilli, Giovanni So-ranzo5. Ma vi furono anche maestri che, in litecon la Presidenza per divergenza di gustimusicali, o più spesso perché insoddisfattidella retribuzione pecunaria che essi auspi-cavano di ottenere a seguito della loro produ-zione di opere, quando invece lo statuto nefaceva un obbligo già contemplato nello sti-pendio annuale6, al momento della loro par-tenza portarono con sé le loro composizioni.Per questo e per altri ovvi motivi, dei primisecoli di vita della Cappella non è rimastoinvero molto.

Il secolo più fecondo fu senza dubbio ilSettecento. In particolare si deve al maestro dicappella Francescantonio Vallotti, composi-tore di oltre quattrocento opere7, l’aver contri-buito con caparbia regolarità alla crescita e alconsolidamento del fondo. Alla sua morte laPresidenza sentì la necessità di fare un attentoelenco delle musiche conservate negli armadidel maestro. Questo primo catalogo del 1791funse da base per i successivi, tutti manoscrit-ti, conservati nella biblioteca medesima8.

È a questo punto della storia musicale dellabasilica che si dovrebbe inserire il non docu-mentato acquisto da parte dell’Archivio delleceleberrime composizioni di Giuseppe Tartini,che dal 1721 al 1765 fu primo violino e capodei concerti della Cappella. Per molto temposi è dato per scontato che opere tartinianeautografe fossero conservate presso l’Archi-vio della Cappella musicale, benché in realtànon vi fossero fonti che testimoniassero nél’obbligo, da parte di Tartini, di lasciare talimanoscritti alla Presidenza dell’Arca, né espli-citi lasciti testamentari. Solo mettendo in rela-zione le opere tartiniane, alle quali vannoaggiunti lettere, schizzi e appunti autografi ditrattati acustici, con le altre opere strumentalisettecentesche dell’Archivio si può ipotizzarepiù ragionevolmente l’esistenza di un lascitoomogeneo, per carattere ed epoca, di qualcheappassionato collezionista ed esecutore di stru-menti ad arco, forse compositore egli me-desimo.

In questa direzione si è mosso PaoloCattelan9, che ha proposto di identificare ilmisterioso collezionista con il marchese Giu-seppe Ximenes, Principe d’Aragona, mecenatevissuto a Padova tra il 1762 e il 1784, cono-scente di Tartini e di altri noti compositoridell’epoca. Pur non avendo ancora trovatouna testimonianza certa dell’accorpamentodel fondo Ximenes con quello della CappellaAntoniana, sono molti gli elementi che fannopensare ad un incameramento avvenuto quasidi necessità, se si considera che il marcheseabitò in affitto in case di proprietà del conven-to ed ad esso confinanti, e sposò la figlia di unfattore dell’Arca alla quale lasciò i beni allasua morte. Grazie ad un documento mandatodagli eredi padovani ai familiari d’originefiorentina del marchese, elencante le musichetrovate in alcune casse di proprietà delmecenate, si è potuto stabilire un collegamen-to tra dette opere e le fonti conservate, taloraanche relegate tra gli Anonimi, presso l’Ar-chivio musicale del Santo. Gli autori di cuiparliamo sono, tra i tanti presenti, Myslivecek,Schuster, Ferandini10, Pugnani, Gallo, Nar-dini, Stratico, Stamitz, C.P.E. Bach, Filtz,Geminiani, Vanhal and Janiewicz.

Di sicuro del marchese è poi l’altra interes-sante raccolta di musica profana, dunque an-ch’essa estranea all’utilizzo in Cappella, com-prendente cantate ed oratori di Hasse, Nau-mann, Anfossi, Pescetti, Gatti, Gluck, Sarti,Millico, Nasolini, Bononcini, Gasparini e Scar-

L’ARCHIVIO MUSICALEDELLA CAPPELLAANTONIANA DI PADOVAJolanda Dalla Vecchia

Francescantonio Vallotti (Vercelli 1697 - Padova 1780)

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latti. È inoltre provato, come si legge neilibretti a stampa che accompagnano le fonti,che i cantanti delle accademie private delmarchese furono in molti casi cantanti sti-pendiati presso la Cappella padovana. Eglinon solo li proteggeva, ma ne poteva influen-zare l’assunzione al Santo come pure in altrecorti europee di grande rinomanza. Notizienote a tutti sono poi la committenza di Ximenesdell’opera La Betulia liberata a Mozart, du-rante il suo viaggio a Padova11, e la tumulazio-ne delle spoglie del principe aragonese pressola cappella adiacente all’Arca del Santo.

Continuando la storia dell’Archivio, nel-l’Ottocento esso è ormai una realtà ben defini-ta, al punto da richiedere la presenza di unassistente da affiancare al maestro di cappellacon l’incarico di riordinare ed inventariare lemusiche qui depositate e talvolta imprestatead altre chiese della città. Dal 1807 al 1847, adesempio, fu archivista il reverendo Don Gae-tano Antonio Fabris, che tra l’altro si occupòinsieme all’allora primo organista e futuromaestro di cappella Antonio Callegari dellarevisione dell’inventario vallottiano nel 1813.Nel 1880 si stabilì che le chiavi degli armadifossero consegnate al Presidente dell’Arcapreposto alla Cappella Francesco Gasparini, ilcui nome compare anche tra i donatori dimusica all’Archivio. A quest’altezza del se-colo i libri ormai non potevano più esseresituati presso le stanze del maestro e ciò anchein seguito alle sempre più numerose richiestedi studiosi e ricercatori che desideravano con-sultare le opere dell’Archivio.

Giovanni Tebaldini, maestro di cappella alSanto dal 1894 al 1897, pubblicò nel 1895 ilprimo catalogo a stampa diviso per secoli eaccompagnato da un suo giudizio estetico,oggi sostanzialmente incondivisibile12. Solodue anni prima, l’Arca aveva effettuato unnuovo inventario, che probabilmente Tebaldiniutilizzò come canovaccio per il proprio lavo-ro, ma il catalogo a stampa riscosse moltosuccesso e contribuì largamente a diffonderein breve tempo la conoscenza del patrimoniomusicale qui conservato.

Il suo successore Oreste Ravanello, conspirito più appassionato e devoto, comprese ilvalore del fondo tartiniano e si curò di conser-varlo, studiarlo e persino arricchirlo con nuoviacquisti. La Presidenza dell’Arca si rese contodell’importanza delle opere del violinista,anche perché da tutto il mondo giungevanolettere da parte di appassionati e studiosi pervederle, studiarle, copiarle o fotografarle. Essadovette affrontare per la prima volta i proble-mi connessi alla necessità di divulgare taliopere e allo stesso tempo di preservarne ilcopyright. Sui giornali comparvero entusia-stici articoli su Tartini e il fenomeno di ri-valutazione fu di tale portata che alcuni pos-sessori di opere tartiniane decisero di farnedono all’Arca del Santo, perché le conservas-se tutte insieme13. Ravanello inoltre lasciò allapropria morte la sua biblioteca musicale al-

l’Arca, che ne costituì un piccolo fondo musi-cale a parte sotto suo nome, e altri autori dimusica sacra presero l’abitudine di fare omag-gio delle proprie composizioni alla basilicapadovana14.

Già dagli anni venti del XIX secolo, infatti,è possibile documentare costanti donazioni, enon solo acquisti, anche perché l’Archiviostava ormai disancorandosi dalla funzionalitàesecutiva. Le musiche di nuova acquisizionefurono quindi inserite spesso per comodità inuno o nell’altro fondo musicale, semplice-mente in base allo spazio fisico occupato neldeposito. È imbarazzante ammettere che l’uni-co catalogo oggi esistente è a schede mano-scritte conservato in loco, ma proprio in questigiorni sta diventando operativo un progetto diuna ricatalogazione seria, scientificamenteaggiornata e informaticamente strutturata,sostenuto dal convergente impegno di alcunetra le istituzioni culturali più importanti delnostro territorio.

Una storia dell’Archivio, comunque, deveessere ancora integralmente scritta, anche senegli ultimi anni, come si accennava, sonoemersi studi determinanti. Chi scrive ha inol-tre l’orgoglio di aver fatto parte di un gruppodi studio sul materiale cartaceo presente inArchivio, con un parziale abbozzo di catalogodelle filigrane, dei tipi di carta utilizzati e dellegrafie presenti15.

Quanto, infine, alla difficoltà di accederealla Biblioteca Antoniana, allusione presentein alcuni dizionari, si rende necessario osser-vare che la biblioteca possiede un regolamen-to come ogni organismo di questo genere, asalvaguardia del patrimonio storico conserva-to, ma è sempre disponibile ed accoglienteverso studiosi di qualsiasi livello e nazionali-tà. L’indirizzo esatto è:

Biblioteca AntonianaPiazza del Santo 11 - Basilica del Santo35123 Padovatel. e fax 39-49-8751492

Sempre presso il convento, è attivo il CentroStudi Antoniani, che, oltre a raccogliere dati ericerche di ambito artistico, tra cui quellomusicale, pubblica la rivista “Il Santo”. Il suoindirizzo è uguale al precedente, mentre cam-bia il numero di telefono: 39-49-8242811.16

Note

1 Per notizie più dettagliate rimando all’articolodell’attuale Padre Bibliotecario Giovanni Luisettoin questo fascicolo del “Notiziario Bibliografico” eal catalogo GIUSEPPE ABATE - GIOVANNI LUISETTO,Codici e manoscritti della Biblioteca Antoniana, 2voll., a cura di F. Avril, F. d’Arcais, G. MarianiCanova, Vicenza, Neri Pozza, 1975.

2 Si pensi alla sorte diversa che ebbe invecel’Archivio del convento, oggi conservato presso

l’Archivio di Stato di Padova. Nel salvataggio deibeni della biblioteca, merito particolare ebbe co-munque il Padre Bibliotecario Bonaventura Perissuti,come si legge in G. MILOSEVIC, La basilica di S.Antonio e la Repubblica francese. Memorie ineditedel P.M.B. Perissuti, Padova, Prosperini, 1899.

3 In merito, sono da considerarsi i volumi: ROBER-TO CESSI, Archivio antico della Veneranda Arca diS. Antonio di Padova, Padova, s.d.; LEONARDO

FRASSON, La Cappella musicale nella basilica delSanto e i suoi primi cinquant’anni di vita, “Il San-to”, n.s., XXVII (1987), fasc. 3, pp. 159-239; ANTO-NIO SARTORI, Documenti per la storia della musicadel Santo e nel Veneto, a cura di E. Grossato,Vicenza, Neri Pozza, 1977 e ID., Archivio Sartori.Documenti di storia e arte francescana, a cura di G.Luisetto, 4 voll., Padova, Biblioteca Antoniana,Basilica del Santo, 1988; NICOLETTA BILLIO D’ARPA,Nota sulla bibliografia relativa alla Cappella Mu-sicale, “Il Santo”, n.s., XXXI (1991), fasc. 3, pp. 403-412; MARIA CRISTINA AZZARO, La cappella antoniananell’Ottocento secondo i documenti dell’ArchivioModerno della Ven. Arca, tesi di laurea, Universitàdi Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1994-95; JOLANDA DALLA VECCHIA, Cantanti e strumentistinel Settecento. La cappella antoniana a Padova,Padova, “Rassegna veneta di studi musicali”, IX-X(1993-94), pp. 131-168 e ID., L’organizzazione del-la cappella musicale antoniana di Padova nel Set-tecento, Padova, Centro Studi Antoniani, 1995;LUCIA BOSCOLO - MADDALENA PIETRIBIASI, La Cap-pella Musicale Antoniana a Padova nel secoloXVIII. Delibere della Veneranda Arca, Padova, Cen-tro Studi Antoniani, 1997.

4 I Capitolari sulla musica si trovano citati negliAtti e Parti della Veneranda Arca del Santo, ma èpiù comodo consultare la prima pubblicazione delgenere, in PIETRO SAVIOLO - BENEDETTO FRANCO,L’Arca del Santo ove si contengono gli ordini e leregole spettanti alla retta amministrazione e buongoverno de’ beni, rendite et oblazioni dell’Arcastessa, Padova, Conzatti, 1765.

5 Per un esame delle ricerche biografiche suimaestri di cappella minori conventuali, si vedano:L.A. SABBATINI, Serie dei maestri di cappella delSanto dal 1487 sino al 1800, Ms., Archivio delConvento del Santo, b. C. 12/6; ANTONIO ISNENGHI,Cappella musicale della Basilica di S. Antonio.Istituzione, progressi, vicende. Usi e regolamenti.Serie cronologica dei maestri, in BERNARDO GONZATI

- ANTONIO ISNENGHI, La Basilica di S. Antonio diPadova descritta e illustrata, vol. II, Padova, 1854,pp. 445 ss.; S. MATTEI, Serie dei maestri di cappellaminori conventuali, “Miscellanea francescana”,Assisi, voll. 21-23, 1920-22; DOMENICO SPARACIO,Musicisti minori conventuali, “MiscellaneaFrancescana”, XXV (1975), pp. 220-229; F.P.MUNEGATO, Memorie riguardanti il p. L.A. Sabbatini,Ms della Biblioteca Antoniana di Padova e ID., Seriedei maestri di Cappella della Chiesa del Santo,Archivio del Convento del Santo, b. C 12/5.

6 Mi riferisco, per fare solo un esempio, a P. LuigiMarsand (vedi M.C. AZZARO - J. DALLA VECCHIA,Continuità e contrasti nella fortuna ottocentescadella musica vallottiana al Santo di Padova, “IlSanto”, XXXVII (1997), pp. 751-774.

7 Si veda il volume Francescantonio Vallotti nelII centenario dalla morte (1780-1980), a cura di G.Cattin, “Il Santo”, n.s., XX (1980), fasc. 2-3 checontiene: L. FRASSON, Francescantonio Vallotti Ma-estro di Cappella nella Basilica del Santo, pp. 179-356; M.N. MASSARO, Catalogo tematico delle operemusicali di Francescantonio Vallotti, pp. 357-361;

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F.A. GALLO, Una “nota delli libri di musica” tra lecarte del Vallotti, pp. 535-544; L.M. KANTNER,Francescantonio Vallotti. Verbreitung und Bedeu-tung seiner Kompositionen im außeritalienischenRaum, pp. 545-564; G. CATTIN, FrancescantonioVallotti nella tradizione musicale della basilica delSanto. Le composizioni antoniane, pp. 565-588; E.GROSSATO, Il violoncello concertante nella produ-zione del Vallotti, pp. 589-603; V.S. ZACCARIA, Ilcarteggio fra Francescantonio Vallotti eGiambattista Martini, pp. 605-611; Tavola rotondasu Francescantonio Vallotti, 25 giugno 1980, pp.633-628.

8 I vari cataloghi manoscritti ottocenteschi sonoriportati in M.C. AZZARO, La cappella antoniananell’Ottocento, cit.

9 PAOLO CATTELAN, La musica della “omnigenareligio”. Accademie musicali a Padova nel secondoSettecento, “Acta Musicologica”, LIX (1987), II, pp.152-186 e ID., L’”Accademia” nei dintorni delSanto (1768-1785), in Storia della musica al Santodi Padova, a cura di S. Durante e P. Petrobelli,Vicenza, Neri Pozza, 1990. pp. 223-265.

10 L’attribuzione a Ferandini di alcune fonti mano-scritte anonime è ancora motivo di controversie tra glistudiosi. Nell’elenco degli eredi di Ximenes, l’autoredelle musiche è indicato con un semplice “N.N.”.

11 Mozart, Padova e la betullia liberata.Committenza, interpretazione e fortuna delle azionisacre metastasiane nel ’700, a cura di P. Pinamonti,“Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia”,24, Firenze, Olschki, 1991.

12 GIOVANNI TEBALDINI, L’archivio musicale dellaCappella Antoniana in Padova, Padova, Tipografiae Libreria Antoniana, 1895.

13 Tali informazioni sono desumibili da alcunidocumenti conservati nell’Archivio Moderno. Rin-grazio la dottoressa Azzaro per avermene dato no-tizia.

14 Per un elenco di tali donazioni, rimando ancoraal lavoro, purtroppo non ancora edito, di Azzaro.Inoltre si può vedere PIETRO REVOLTELLA, Musichecinquecentesche recentemente pervenute all’Archi-vio Musicale della Cappella Antoniana, “RassegnaVeneta di Studi Musicali”, II-III, 1986-87, pp. 331-342.

15 S. BISI - F. BONATO - L. CAVASIN - J. DALLA

VECCHIA, Le filigrane negli autografi di Tartini eVallotti conservati nell’Atchivio musicale dell’Ar-ca di S. Antonio di Padova. Contributo per unacronologia dell’opera di Giuseppe Tartini, pp. 307-333 e J. DALLA VECCHIA, Rilievi e prime ipotesi amargine degli studi sulle filigrane in autografi diTartini e Vallotti, pp. 335-343 in Giuseppe Tartini(1692-1770). III centenario della nascita. Musica emusicisti nella Cappella musicale del Santo (secc.XVI-XIX), “Il Santo”, n.s., XXXII (1992),fasc. 2-3.

16 Alle note bibliografiche fin qui indicate, ag-giungo, in ordine alfabetico, altri volumi consultabilisull’argomento: P. BRAINARD, Die violinsonaten Giu-seppe Tartinis, diss. dattiloscritta, Göttingen, 1959;ID., Le sonate a tre di Giuseppe Tartini: un suntobibliografico, “Rivista Italiana di Musicologia”, IV,1969, pp. 102-126; ID., Tartini and the Sonata for

Unaccompanied Violino, “JAMS”, XIV (1961), 3, pp.383-393, trad. it. in “Chigiana”, n.s., 6-7, 1971, pp.431-442 e ID., Le sonate per violino di GiuseppeTartini: catalogo tematico, Padova, AccademiaTartiniana, 1975. GIULIO CATTIN, La CappellaAntoniana e l’Archivio musicale della VenerandaArca di S. Antonio, in S. Antonio 1231-1981: il suotempo, il suo culto e la sua città, Padova, 1981. M.DOUNIAS, Die violinkonzerte Giuseppe Tartinis,Wolfenbüttel-Berlin, Kallemeier, 1935, rist. anast.1965. LEONARDO FRASSON, Giuseppe Tartini primoviolino e capo di concerto nella basilica del Santo,“Il Santo”, XII (1972), fasc. 1-2, pp. 65-152 e fasc.3, pp. 273-389. V. GAMBOSO, Mezzo secolo di vita alSanto nelle “Memorie” (1751-91) diFrancescantonio Pigna, in Liturgia, pietà e mini-steri, Vicenza, Neri Pozza, 1978. A.G. NOCILLI, Laliturgia della basilica del Santo nei suoi aspetti edevoluzioni secolari, in Liturgia, pietà e ministeri,pp. 23-54, 283-313. PIERLUIGI PETROBELLI, GiuseppeTartini. Le fonti biografiche, Vienna-Londra-Mila-no, Universal Ed., 1968 e ID., Tartini, le sue idee eil suo tempo, Lucca, Libreria Musicale ItalianaEditrice, 1992 (contiene i seguenti saggi: GiuseppeTartini (1966); Tartini, le sue idee e il suo tempo(1967); Tartini, Algarotti e la corte di Dresda(1965); Una presenza di Tartini a Parma nel 1728(1966); La scuola di Tartini in Germania e la suainfluenza (1968); Tartini e la musica popolare(1971); Per l’edizione critica di un concertotartiniano (D21) (1962); Tartini e Corelli. Prelimi-nari per l’impostazione di un problema (1972); Uncantante fischiato e le appoggiature di mezza battu-ta. Cronaca teatrale e prassi esecutiva alla metà delSettecento (1974)). Tartini. Il tempo e le opere, acura di Andrea Bombi e Maria Nevilla Massaro,Bologna, il Mulino, 1994 (contributi di Hoyer,Bellinati, Ferretti, Negri, Revoltella, CanaleDegrassi, Pavanello, Massaro, Careri, Grossato,Berdes, Cavallini, Di Benedetto e Nicolodi, GrassoCaprioli, Angelucci, Barbieri, Thomson, Farina,Ghirardelli, Leydi, Pinamonti e Seminario di studiUniv. Roma e Padova coordinati da Petrobelli eDurante).

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RIVISTERIA VENETA

SPOGLIO DEI PERIODICIDI CULTURA VARIA(1997-1999)

Il precedente spoglio dei periodici di “cul-tura” varia era stato presentato sul “NotiziarioBibliografico” n. 27 e prendeva in considera-zione gli anni 1995-1997. Il presente aggior-namento si riferisce quindi alle nuove uscite apartire dall’ultimo fascicolo segnalato sul “No-tiziario” n. 27.

Ateneo Venetorivista di scienze, lettere ed arti

direttore resp.: Alessandro Bettagnodirettore: Marino Zorziperiodicità: annualeeditore: Ateneo Veneto, Veneziasede della redazione: campo S. Fantin, 1897 -30124 Venezia - tel. 041/5224459

a. CLXXXIV (= XXXV n.s.), vol. 35, 1997GIANNANTONIO PALADINI, L’Ateneo Venetocentocinquant’anni dopo • EDOARDO BARBIE-RI, Produrre, conservare, distruggere: peruna storia dei libri e della biblioteca di S.Mattia di Murano • GIULIETTA VOLTOLINA,Itinerari cistercensi nella laguna veneta •GINO BENZONI, Prima e dopo: Goethe e Wagner• DANTE LUIGI GARDANI, Il Tirolo meridionalesotto il fascismo • GIANCARLO TOMASIN, Giu-seppe Volpi • GIULIO ZORZANELLO, Il monu-mento allo zar Alessandro II nel Cremlino aMosca decorato da mosaici veneziani (1898)• FEDERICO MONTECUCCOLI DEGLI ERRI, Novitàbiografiche sull’incisore Giambattista Bru-stolon, bellunese • CLAUCO BENITO TIOZZO, Ladispersione del patrimonio artistico alla Miralungo la riviera del Brenta dopo l’unità d’Ita-lia, con particolare riguardo agli affreschistrappati dalle sue ville • ALBERTO RIZZI, “Inpropriam veni et mei me receperunt”. Catalo-go dei leoni marciani in Friuli • LANFRANCO

CANIATO, Ancora di Venezia capitale e del-l’uso dei suoi edifici • ALESSANDRO SCARSELLA,Noventa e la poesia spagnola • LANFRANCO

CANIATO, Presentatori, moderatori, animato-ri. Riflessioni sul loro ruolo • FRANCO FILIPPI,Origine del toponimo “Barbaria de le Tole” •UGO STEFANUTTI, Storia e stile.

Atti dell’Istituto Venetodi scienze lettere ed arti

direttore resp.: Leopoldo Mazzarolliperiodicità: annualeeditore: Istituto Veneto di scienze, lettere edartisede della redazione: campo S. Stefano, 2945- Palazzo Loredan - 30124 Venezia - tel. 041/5210177

tomo CLV, CLIX a.a., 1996-97Classe di scienze morali, lettere ed artifascicolo III-IVGUIDO SANTATO, La rivoluzione francese al-l’opera: da Salieri a Poulenc • SERGIO PEROSA,Paginetta di ammenda • ANNA VENCATO,Morselli, Stampiglia e Vivaldi: tre rivali alsoglio ovvero L’incoronazione di Dario • FRAN-CO MEREGALLI, Recenti scritti sull’invecchia-mento • CHIARA COMPOSTELLA, Satira e pseudo-utopia in Zaccaria Seriman.

tomo CLV, CLIX a.a., 1996-97Classe di scienze morali, lettere ed artiParte generale e Atti ufficialiConsiglio di Presidenza, Giunte e Personale• Cenni storici • Presidenti dell’Istituto dal1840 • Soci dell’Istituto • Soci dell’Istituto inordine di anzianità accademica • Relazionedel Presidente sull’attività compiuta nell’an-no accademico 1996-1997 • Calendario •Commemorazione del socio effettivo LuigiBucciante • Commemorazione del socio stra-niero Josef Brandmüller • Commemorazionedel socio effettivo Giuseppe Scorza Dragoni •Commemorazione del socio effettivo Ciro DiPieri • Commemorazione del socio effettivoIppolito Sorgato • Concorsi a premi e a borsedi studio • Biblioteca: volumi acquisiti nel1996-97 • Estratto dal catalogo delle pubbli-cazioni.

tomo CLVI, CLX a.a., 1997-98Classe di scienze morali, lettere ed artifascicolo IANTONELLA BARZAZI, Dallo scambio al com-mercio del libro. Case religiose e mercatolibrario a Venezia nel Settecento • CARLO

URBANI, La provincia agostiniana della mar-ca negli anni tridentini • FRANÇOISE BADER,Aspects de l’hermétisme d’Homère. Phono-logie poétique (allitérations, inventaires pho-nologiques et prosodiques) et liages en com-position discontinue • MATTEO CASINI, Gliordini cavallereschi a Venezia fra Quattro e

Seicento. Problemi e ipotesi di ricerca • SER-GIO PERINI, La potenza inglese nei dispacci deldiplomatico veneziano Cesare Vignola (1764-1768).

fascicolo IIELENA BASSI, Zaneta Buranela • MOTOAKI

ISHII, Guglielmo Berchet e il Giappone • GIO-VANNI VIAN, Istituti di credito cattolici, SantaSede e Opera dei congressi tra fine Ottocentoe inizio Novecento: il caso del “Banco di SanMarco” di Venezia • ALBERTO SECCO, Un ciclodi battaglie navali del XVII secolo al MuseoCorrer • MONICA BALLERINI, Tra Schleicher ei neogrammatici: August Leskien.

fascicolo IIIVICTOR CRESCENZI, Informatica e banche dati,per una diversa gestione delle fonti documen-tarie • SERGIO PERINI, L’equilibrio europeo e ilproblema italiano visti dalla diplomazia ve-neziana durante la guerra dei sette anni •ANTONINO GIANQUINTO, Poesia e storia. Le“pagine sull’Iliade” di Carlo Diano • ELENA

FILIPPI, Critica d’arte e storia dell’arte inItalia a partire dagli anni Trenta: appunti perun consuntivo • GIAN LUIGI BRUZZONE, L’ami-cizia fra il marchese Gian Carlo Di Negro eAndrea Maffei • LAURETTA SEMINARA, La ma-teria della dialettica in Aristotele: gli endoxain Etica Nicomachea V.

Atti e Memoriedella Accademia di agricoltura

scienze e lettere di Verona

direttore resp.: Giuseppe Franco Vivianiperiodicità: annualeeditore: Accademia di agricoltura, scienze elettere, Veronasede della redazione: via Leoncino, 6 - 37121Verona - tel. 045/8003668

a.a. 1995-96, s. VI, vol. XLVII(CLXXII dell’intera collezione), 1998COMMEMORAZIONI: A. ANTONIETTI, Commemo-razione di Carlo Vanzetti • F. SARTORI, AlviseDal Negro • G. BESA, Pierfrancesco Baratta •G. GIULIETTI, Gabriele Banterle.MEMORIE DELLA CLASSE DI AGRICOLTURA

E SCIENZE FISICHE MATEMATICHE E NATURALI:E. ZANELLA, Premesse morfofunzionali dimotilità delle vie biliari extraepatiche, pro-pedeutiche alla clinica • E. ZANELLA, Stasibiliare e bactibilia • E. CURI, L’insegnamentodelle scienze della natura dall’unità d’Italiaad oggi: analisi delle riforme, dei programmie dei libri di testo • V. ANDREOLI - A. ABATI, Ildr. Umberto Meneghetti direttore del manico-mio di Verona dal 1907 al 1927 • L. BONUZZI,Orientamenti dottrinali e prospettive antro-pologiche nel pensiero di Roberto Massalongo• E. FILIPPI, Gli ultimi scritti sull’Africa di don

RIVISTERIAVENETA

Page 71: otiziario Bibliografico - poligrafo.it · Catalogo di manoscritti filosofici nelle biblioteche italiane (Simonetta Pelusi)30 ... M. Cassol, I giardini di interesse storico nella citt

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RIVISTERIA VENETA

Beltrame • G. TREVISAN, Economia e stato nelFriuli • M. PASA, Una regione ed un centrodella Terraferma veneta: Tregnago • L. BO-NUZZI, Cultura sanitaria e promozione umananell’opera di Luigi Messedaglia.MEMORIE DELLA CLASSE DI SCIENZE MORALI

STORICHE E FILOLOGICHE:V. BERTOLINI, Da Verona in soccorso di Cipro• P.P. BRUGNOLI, La morte e il cavaliere:all’origine della devozione alla Madonna diLoreto • A. CASTALDINI, Le “notti di Tobia” •A. FAVARO, Vicende edilizie relative a S. Ste-fano • E. GUZZO, Il patrimonio artistico vero-nese nell’Ottocento tra collezionismo e di-spersioni • G. VILLANI, Giovanni Scopoli el’Accademia di agricoltura di Verona nellaprima metà dell’Ottocento • D. CAVALLO, Irestauri alla basilica di Sant’Anastasia neldecennio 1871-1881.

Atti e Memorie dell’Accademiapatavina di scienze lettere ed arti

direttore: Lucia Rossetticomitato di redazione: Lucia Rossetti, Anto-nio Lepschy, Antonio Gamba, Vittorio Zaccariaperiodicità: annualeeditore: La Garangola, Padovasede della redazione: via Accademia, 7 - 35143Padova - tel. 049/655249

a.a. 1997-98, vol. CX, parte I - AttiE. RIONDATO, Relazione del Presidente sul-l’attività svolta durante l’anno accademico1996-97 (398°) • M. PASTORE STOCCHI, Di-scorso inaugurale del socio per l’anno acca-demico 1997-98 (399°) • C. VILLI, I Fonda-menti Concettuali della Microfisica (Trascri-zione di T. A. MINELLI e A. PASCOLINI) •Commemorazioni: NICOLÒ DALLAPORTA, Ri-cordo del s.e. Claudio Villi • ANTONIO LEPSCHY,Ricordo del s.e. Ippolito Sorgato • CESARE

BARBIERI, Ricordo del s.e. Leonida Rosino •Vittorio Zaccaria, Ricordo del s.e. Iginio DeLuca • EMILIO PIANEZZOLA, Ricordo del s.c.Dante Nardo • EZIO RIONDATO, Ricordo dels.c. Ettore Bentsik. Discorso pronunciato inoccasione della cerimonia funebre pubblicasvoltasi a Palazzo Moroni l’11 marzo 1998 •EZIO RIONDATO, Ricordo del s.c. Ettore Bentsik.Letto al Rotary Club • EZIO RIONDATO, IlPresidente prof. Massimo Aloisi (1987-1991).Presidente presago di mutamenti accademici“per la sopravvivenza” • ANTONIO LEPSCHY,Cultura e varia umanità negli interventi di M.Aloisi.

a.a. 1997-98, vol. CX, parte IIMemorie della classe di scienzematematiche e naturaliGIOVANNI GOZZETTI, Il contributo di Fer-dinando Barison alla Psicopatologia feno-menologica della schizofrenia • Analisi in

continuo dei nutrienti versati nella laguna diVenezia dal fiume Dese (scritti di GIOVANNI

MARCO CARRER, LEO CALLIGARO, CARLA COMIS,FRANCO ZINGALES) • GIUSEPPE ONGARO,Bassiano Landi e Andrea Vesalio • MAURIZIO

RIPPA BONATI, Su un insegnamento di anato-mia tenuto da Bassiano Landi • OTTONE FER-RO, Alcune riflessioni sull’agricoltura checambia.

a.a. 1997-98, vol. CX, parte IIIMemorie della classe di scienze moralilettere ed artiODDONE LONGO, Un’impresa galileiana: l’em-blema della stamperia “Alle Stelle Medicee”• GIOVANNI PELLIZZARI, Cesare Cremonini eGiorgio Raguseo • PIETRO FAGGIOTTO, La logi-ca della scoperta scientifica in Kant e inPopper • FERDINANDO LUIGI MARCOLUNGO,Antonio Lavagnoli (1708-1806): un metafisicodell’età dei Lumi, tra Vico e Rousseau • GIOR-GIO RONCONI, Soci dell’Accademia studiosi delLeopardi • VITTORIO ZACCARIA, Due accade-mici traduttori e il Leopardi e il Foscolo(Preromanticismo nel Veneto) • ANTONINO

POPPI, Una implicita ritrattazione di AntonioFavaro sulla licenza di stampa del “Sidereusnuncius” • MARIA PAOLA ROSSIGNOLI, Geografie periegeti. La descrizione di Messene neiresoconti dei viaggiatori dal XVIII al XIX seco-lo • ELISA CUTTINI, Reinterpretazione bona-venturiana delle virtù etiche di Aristotele •ELISA FRASSON, Giuseppe Gennari notizie gior-naliere di quanto avvenne specialmente inPadova dal 1739 al 1800. Indice dei nomi dipersona • MAURIZIO SANGALLI, Apologie deiPadri Gesuiti contro Cesare Cremonini 1592• FABIO MINAZZI, Convenzionalismo e storicità• Lecutrae Petrarce: PAOLO TROVATO, Sull’at-tribuzione di “Di ridere ò gran voglia” (Di-sperse CCXIII). Con una nuova edizione deltesto • TIZIANO ZANATO, Il sonetto CCCXLIV •BEATRICE BARTOLOMEO, Solea da la fontana dimia vita (RVF CCCXXXI) e dintorni • MARIA

LUISA DOGLIO, Il sonetto CLXVIII.

Atti e Memoriedell’Ateneo di Treviso

direttore resp.: Antonio Chiadesperiodicità: annualeeditore: Ateneo di Trevisosede della redazione: c/o Collegio Vescovile“Pio X” - borgo Cavour, 40 - 31100 Treviso -tel. 0422-579127

n.s., n. 14, a.a. 1996/97GIORGIO TOMASO BAGNI, Problemi di teoriaadditiva dei numeri. La congettura di Gold-bach e la teoria di Raphael Robinson • GIULIA-NO SIMIONATO, Allievo e maestro: RiccardoBacchelli ed Emilio Lovarini • FRANCESCO

CROSATO, Antropologia della «pinsa» • RO-

BERTO CHELONI, Disagio nella scuola / Disagiodella scuola • ALDO TOGNANA, Quale econo-mia nel Mezzogiorno • ALDO TOFFOLI, La vi-cenda di Vulteio opitergino: problemi e ipote-si • MARIO MARZI, Due poetesse sulla sogliadell’epigramma ellenistico • BRUNO PASUT,Contributo per una storia della vita musicaletrevigiana dalla fine della prima guerra mon-diale all’ultimo decennio del secolo XX • IVANO

SARTOR, Le origini e le vicende del Conventodi San Paolo di Treviso • NILO FALDON, «IlCristo della Domenica» nella Pieve di SanPietro di Feletto • EMMA BORTOLATO, Unapolemica letteraria tra Giuseppe Bianchetti el’Ateneo di Treviso • ALESSANDRO MINELLI,Verso la quarta edizione del Codice interna-zionale di nomenclatura zoologica • MARIA

GRAZIA CAENARO, Un’Alcesti romana. In mar-gine a Tacito Annales XVI, 7-9 • PIER ANGELO

PASSOLUNGHI, «La vera, la sana democraziacristiana». Documenti per la storia del movi-mento cattolico cenedese • BRUNO DE DONÀ,«I fasti della famiglia Grimani con riferimen-to al ramo di S. Maria Formosa»: un fram-mento manoscritto e inedito • GIANCARLO

MARCHETTO, Elementi climatologici per l’an-no 1996 • Calendario conferenze pubbliche -185° Anno Accademico 1996-97 • Statutodell’Ateneo di Treviso • Elenco dei Soci al 26dicembre 1996.

n.s., n. 15, a.a. 1997/98GIULIANO ROMANO, Universo splendido e vio-lento • CHELONI ROBERTO, “Codici e S-codi-ci”: nessi fra patologia individuale e sociale• RAFFAELLO VERGANI, La Rù di Montebelluna:appunti sulle opere idrauliche in età moderna• GIULIANO ROMANO, Leonida Rosino astrono-mo • CARMELO CICCIA, Il “Pervirgilium Ve-neris” e “La primavera” del Botticelli • GIOR-GIO TOMASO BAGNI, Recenti ricerche in didat-tica della matematica • CLAUDIO RICCHIUTO, Idanni a Treviso e nella Marca dopo il conflittomondiale • MARIO MARZI, Il mirto di Callimaco• EMMA BORTOLATO, Analogie e diversità didue cenacoli letterari dell’Ottocento • GIAM-PAOLO CAGNIN, Note a margine del patto sulleRappresaglie tra Venezia e Treviso del 1314 •ARNALDO BRUNELLO, Il matrimonio di Caterinade’ Medici • ANDREA CASON, Rapsodie poeti-che sul fatto del “Castello d’Amore” • IVANO

SARTOR, Percorsi iconografici sul beato Enri-co da Bolzano • GIUSEPPE NINO MAESTRELLO,“Delli decreti del Sinodo Diocesano diTreviso...” Consulto di Paolo Sarpi alla Sere-nissima Signoria del gennaio 1617 • SANTE

ROSSETTO, Un quotidiano poco noto di fineOttocento: “Il Corriere di Treviso” • BRUNO

DE DONÀ, Ricordo di Fernando Coletti, uomodi cultura e trevigiano esemplare • GIANCARLO

MARCHETTO, Elementi climatologici per l’an-no 1997.

Page 72: otiziario Bibliografico - poligrafo.it · Catalogo di manoscritti filosofici nelle biblioteche italiane (Simonetta Pelusi)30 ... M. Cassol, I giardini di interesse storico nella citt

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RIVISTERIA VENETA

La Bassarivista di storia arte e cultura

direttore responsabile: Mario Giovanni Batti-sta Altancomitato di redazione: Giuliano Bini, Benve-nuto Castellarin, Enrico Fantin, ValerioFormentini, Franco Goverperiodicità: semestraleeditore: “La bassa” - Associazione per lostudio della friulanità del Latisanese e delPortogruarese, Latisana (UD)sede della redazione: via A. Manzoni, 48 -33053 Latisana (UD)

a. XIX, n. 36, giugno 1998GIULIANO BINI, Il Risorgimento, l’Indipenden-za e l’unità d’Italia nei nomi delle persone diBertiolo, Pocenia e Palazzolo • FRANCO GOVER,Romans: “P.R.G., 1905”. Gli ex voto, il lorosignificato devozionale e culturale • MARIA

DAMONTE, Tu magni tu col bongiorno • BENVE-NUTO CASTELLARIN, Parsè si disie (III) • DAVID

MARIA TUROLDO, Il mio fiume • SIMONE

SANDRON, La festa della trebbiatura a Fossalta• BENVENUTO CASTELLARIN, Ospedali Gero-solimitani nella Bassa friulana: San Bar-tolomeo di Volta presso Ronchis • FRANCO

GOVER, Varmo “La Madone da li Filanderis”1907-1997 • MARIA TERESA CORSO, Il Fonticomaranese • FRANCO GOVER, Santa Marizza,1844 • RENATO PILUTTI, Il tempo • QUINTINO

SALVADOR, Le casalinghe del Friuli • FRANCE-SCO SGUAZZIN, Preziosità botaniche della Bas-sa Friulana: l’Allium Ursinum L. • ROBERTO

TIRELLI, La presenza di Napoleane Bonapartea Palazzo Antonini • ALEARDO DI LORENZO,Per superare la lingua di plastica giova ancheil bilinguismo verticale e il friulano • MARIA

DAMONTE, Mario Della Ricca pitor de la lagu-na • FRANCESCO SGUAZZIN, Flora spontaneadella Bassa Friulana (9) • LUCA VENDRAME,La chiesa di San Giorgio di Teglio • Pagjnis inlibertât • Vita dell’Associazione • Commemo-razioni.

a. XIX, n. 37, dicembre 1998FRANCO ROSSI, Poteri locali e territorio traLivenza e Tagliamento dalla caduta dellaRepubblica di Venezia all’annessione al Re-gno d’Italia (1797-1866) • ANTONINO DI

COLLOREDO MELS, Villa Vicentina tra i Gorgoe i Bonaparte • PIETRO CEOLIN, Una lettera daScodovacca ai signori Panigai durante l’oc-cupazione francese del 1797 • BENVENUTO

CASTELLARIN, “Parsè si disie”. Spiegassionsdi cualchi môt di dì (IV) • PAUL DAY, PratiNuovi 1943: campo di lavoro per prigionierialleati • SILVANA ZANELLA, A disgote • ENRICO

FANTIN, Storia di un lascito a favore dei poveridi Latisana e Ronchis: “Il Legato Arrigo” •GIULIANO CORRADINI, Nadâl • M.G.B. ALTAN,La statua lignea di Santo Stefano conservatanel Museo Ricchieri di Pordenone ed il cultostefaniano nella Diocesi • GIULIANA ROPPA,Une cjase dal gno paîs • ROBERTO TIRELLI,

Processi storici comuni delle “Basse euro-pee” • SALVATORE ERRANTE PARRINO, In ricor-do di Sergio Maldini • MARIA TERESA CORSO,Insegna araldica a Marano Lagunare • RUDOLF

BREUING, La Madonna del Rosario nella chie-sa di S. Stefano a Palazzolo dello Stella • Vitadell’Associazione • Commemorazioni.

a. XX, n. 38, giugno 1999ERMANNO DENTESANO - BENVENUTO CASTEL-LARIN, I terreni comunali delle ville imperialisecondo il “Catasto del Stato di Gradisca”del 1681 • WALLÌ GIGANTE, Me none • FRANCO

ROSSI, Criminalità e repressione nel Por-togruarese durante gli anni del primo conflit-to mondiale. I processi penali della Pretura diPortogruaro • LUIGI PITTANA, Dal libro dimemorie di un semplice soldato. Giugno 1918:un episodio sulla battaglia del Piave • STEFA-NO LOMBARDI, Flors di ciarte • MARIA TERESA

CORSO, Tre pittori rinascimentali maranesi:Lorenzo senior, Leonardo, Lorenzo junior •GIULIANO BINI, Piriâi e Màlcos. Epiteti e titolioffensivi fra i paesi della Bassa • WALTER

ROGATO, Buongiorno • GIONA BIGOTTO, Unpignoramento del 1895 a Rivignano • NELSO

TRACANELLI, Il lof da li’ Zumielis • ROBERTO

TIRELLI, Lovi e lovari nella Bassa Friulana •RENATO PILUTTI, L’âghe e il timp no nus dividin• FRANCO GOVER, Il Cristo di casa Pancini aVarmo • FRANCO GOVER, A Varmo, il ritrattodell’ultimo Patriarca di Aquileia • MARIE

FANINE, No sta orè iessi volp, se ti pòs sèigialine • FRANCO ROMANIN, Tra Veneto e Friuli:il canale navigabile “Litoranea Veneta” •ROBERTO SOLDÀ, A Marco Cesselli • SCUOLA

MEDIA “G. CARDUCCI” DI LIGNANO, Giochifriulani • BENVENUTO CASTELLARIN, La Bibiepar furlan; fede, lenghe, identitât • SILVANA

ZANELLA, Sgorlant la bale di veri • FRANCESCO

SGUAZZIN, Preziosità botaniche della BassaFriulana: il Galanthus nivalis L.

Bollettino della Società Letteraria

direttore resp.: Giambattista Ruffocoordinatore editor.: Nicola Pasqualicchiocomitato di redazione: Paola Azzolini, Alber-to Battaggia, Albertina Dalla Chiara, ArnaldoEderle, Maria Magotti, Francesco Monicelli,Rossella Pasqua di Bisceglieeditore: Società Letteraria di Veronasede della redazione: piazzetta ScaletteRubiani, 1 - 37121 Verona - tel. e fax 045/595949

n. 9, dicembre 1996GIAMBATTISTA RUFFO, Premessa • Cultura del-la diversità: FRANCESCO MONICELLI, Nota delcuratore • GIANNI VATTIMO, La gaia utopia •Essere omossessuale e cattolico(a) oggi •PASCAL JANIN, Anormalità e obbedienza allafede • STEFANO DONINI, L’identità omosessua-le come esperienza di realizzazione del Sé •

ANDREAS STERNWEILER, Heinz Dörmer: la te-stimonianza di un triangolo rosa • GIANNI

ROSSI BARILLI, Uscire fuori • Storia e narra-zione : ROBERTO CAGLIERO, Storia scrittura •SERGIO ATZENI, Storia e romanzo • OLIVIERO

BERGAMINI, Fisicità, temporalità e dimensio-ne pubblica: alcuni spunti per un confrontotra storia e letteratura • GIOVANNI BOTTIROLI,Memoria e techne • STEFANO ROSSO, Storiaufficiale e storia frammentaria nel giornali-smo di guerra: il Vietnam di Michael Herr •ROBERT COOVER, Lacrime di un pagliaccio •ANNALISA OBOE, Storie postcoloniali • PAOLO

CHIARI - FEDERICO ROCCA, Romanzo analiticoe storia • FREDIANO SESSI, Sporcarsi le manicon la storia • ROBERTO CAGLIERO, Una sele-zione bibliografica • Interpretare la musica:ALBERTINA DALLA CHIARA, Nota del curatore •GUIDO SALVETTI, Una possibile introduzione,per appunti, alla teoria e alla storia dell’in-terpretazione musicale • PAOLO ROSSINI, Me-stiere e arte del direttore d’orchestra • PAOLO

FENOGLIO, L’anelito all’infinito e il ripen-samento della forma classica: le due animedel Romanticismo musicale tedesco • Federi-co Garcìa Lorca. Tre conversazioni radiofo-niche e un’intervista: ARNALDO EDERLE, Lavoce salvata • FEDERICO GARCÌA LORCA, Con-versazioni argentine • Garcìa Lorca e il Tea-tro. Ricordi di Buenos Aires. Un’intervista •Riscontri: ALBERTO BATTAGGIA, Da Ford aBossi • GIULIO SALETTI, M. Politica e delittinell’Italia del Novecento • MASSIMO DUSI, IlTibet e gli insegnamenti del Dalai Lama •ACHILLE SALETTI, Gli inferni, i purgatori, iparadisi della dipendenza • PAOLA AZZOLINI,Editori e poesia a Verona.

(n. 10), dicembre 1997GIAMBATTISTA RUFFO, Introduzione • La fab-brica delle nazioni: ALBERTO BATTAGGIA, Notadel curatore • UGO FABIETTI, Etnia e processiidentitari: uno sguardo antropologico • RO-BERTO BIORCIO, Identità, politica e culturanella definizione della “questione settentrio-nale” • ALBERTO BATTAGGIA, La fabbrica dellenazioni • BRUNO ANASTASIA - GIANCARLO CORÒ,Economia globale e trasformazioni demo-grafiche: gli inciampi del localismo • EugenioMontale, il poeta e l’uomo nel centenariodella nascita: ARNALDO EDERLE, Prolusione •MARIA LUISA SPAZIANI, L’uomo Montale • SIL-VIO RAMAT, Rileggendo i “Mottetti” • ARNALDO

EDERLE, Introduzione alla seconda giornatadel Convegno • GIULIO NASCIMBENI, Montalegiornalista • FERNANDO BANDINI, Oscurità echiarezza in Montale: chiose e congetture suBallata scritta in una clinica • GILBERTO

LONARDI, Montale, la poesia e il melodramma• ARNALDO EDERLE, Conclusione • Ricordo diEdda Squassabia: PAOLA AZZOLINI, Edda, uncongedo discreto • EDDA SQUASSABIA, Tre po-esie • Riscontri: GIULIO GALETTO, Luzi eBertolucci: soglie della poesia • GIOVANNI

DUSI, Il problema del lavoro • CARLO SALETTI,Il tempo degli assassini e degli indifferenti.

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RIVISTERIA VENETA

Bollettino del Museo CivicoMuseo-Biblioteca-Archivio di Bassano

direttore resp.: Mario Guderzocomitato di redazione: Livia Alberton Vincoda Sesso, Giampietro Berti, Renata Del Sal,Giovanni Marcadella, Enzo Petrini, FernandoRigon, Maurizio Sammartini, GiambattistaVinco da Sessoperiodicità: annualeeditore: Museo-Biblioteca-Archivio, Bassanodel Grappa (VI)sede della redazione: via Museo, 12 - 36061Bassano del Grappa (VI) - tel. 0424/522235

n.s., n. 17-18, 1996-1997S.J. FREEDBERG - W.R. REARICK - P. BERDINI,Jacopo Bassano (1510 c.-1592). Tre lezionidel XXXIV Corso Internazionale di Alta Cultu-ra tenutosi alla Fondazione Giorgio Cini diVenezia nel 1992 dal titolo “Civiltà di Terra-ferma e Venezia nell’Età dei Bassano”, diMARIO GUDERZO.

Bollettinodel Museo Civico di Padova

rivista padovana di arte antica e modernanumismatica araldica storia e letteratura

direttore resp.: Girolamo Zampiericomitato di redazione: M. Cisotto Nalon, G.Faggian, M. Magliani, G.F. Martinoni, R.Parise, F. Pellegrini, G. Smojverperiodicità: annualeeditore: Museo Civico, Padovasede della redazione: piazza Eremitani, 8 -35138 Padova - tel. 049/8204579

annata LXXXV, 1996 (1998)MARIA LUISA BIANCO - Giulio Bodon, I puntiinformativi elettronici nel Museo Civico Ar-cheologico: una nuova iniziativa per l’utenza• ALESSANDRA FARDIN - ELISABETTA ROSSATO -SUSANNA TIEPOLO, L’anfiteatro romano diPadova: la conoscenza della forma archi-tettonica e nuova ipotesi della configurazioneoriginaria • FRANCESCA COSTAPERARIA, Lefigurazioni dei mesi nel Salone del Palazzodella Ragione a Padova • ANDREA CALORE, Ilpalazzo Abriani (sec. XV) in contrada S.Agostino a Padova • ENRICO NOÈ, La pala di

Domenico Campagnola già in S. Anna a Pa-dova • A. RIZZI, Vestigia marciane nel Pado-vano • GIOVANNA BALDISSIN MOLLI, Notizie supittori, orafi, stuccatori, intagliatori e incisorivicentini raccolte nelle “Miscellanee” DeLazara • GIUSEPPE PAVANELLO, Un ritratto diGiuseppe Tominz a Padova • BERTRAND JAEGER,Giuseppe Jappelli e la Sala egizia del CaffèPedrocchi • ANTONELLA NICOLETTI, Vetri“anticheggianti” per il mercato antiquario •CLAUDIA NARDO, Per la storia del mulino adacqua nel Padovano (secoli X-XIII) • PAOLA

MAR, “Li luoghi per le merci”: il sistema dellepiazze centrali e i mercati dal XVI al XIXsecolo attraverso le fonti documentarie del-l’Archivio di Stato di Padova • PAOLO

MAGGIOLO, Il botanico Felice Viali nelle suerelazioni con Francesco Passerini, LelioTrionfetti e Giambattista Morgagni (e duelettere di Geminiano Montanari e GiacomoGrandi sull’Orto dei semplici) • ALESSANDRO

PASETTI MEDIN, Nuovi documenti per la villasul colle di Sant’Elena ed i suoi giardininell’Otto e Novecento.

Bollettino della Biblioteca Civicadi Verona

direttore: Ennio Sandalredazione: Agostino Contò, Claudio Gallo,Marco Girardiperiodicità: annualeeditore: Biblioteca Civica, Veronasede della redazione: via Cappello, 43 - 37121Verona - tel. 045/8079710

n. 3, autunno 1997 [1999]CATERINA CRESTANI, La bibliotecxa di Giaco-mo Conte Giuliari (1480) • DANIELA FATTORI,Un caso di censura sulla stampa a Verona allafine del Quattrocento • VALENTINA OLIVASTRI,La Historia de Hipolito e Lionora • CLAUDIO

GALLO - ROBERTO FIORASO (a cura di), Salgarinain ricordo di Giuseppe Turcato • ROBERTO

FIORASO, Giuseppe Turcato • GIANNI SCA-RABELLO, Turcato e il cinema • GIAMPIETRO

SARTORI, Le passioni sportive di GiuseppeTurcato • MIRO ROMAGNA, Il collega d’arte •ANTONIO ROSINO, Uno scacchista veneziano •SILVINO GONZATO, La locanda del “CappelloNero” • GIOVANNA SPAGARINO VIGLONGO, Dalcarteggio Turcato-Viglongo • KATIA LOMBAR-DO, Un’intervista a Giuseppe Turcato • MO-NICA RAMA, In memoria di Giuseppe Turcato• PAOLA PALLOTTINO, ‘Salgariana’ malgrè moi• VITTORIANO BELLATI, Due note salgariane •CRISTIANO DAGLIO, Emilio Salgaro e i fumetti“western” italiani degli anni ’50 • ROBERTO

FIORASO, Poe e Salgari tra botole e gorghimarini • CLAUDIO GALLO, La “primavera fa-scista” di Emilio Salgari • GIAN PAOLO MAR-CHI, “Avevo detto a mia madre che io sareistato poeta e capitano di marina”. Appunti sul

salgarismo di Pier Paolo Pasolini • RUGGERO

LEONARDI, La vita per un autore, un autore perla vita • ANTONIO PALERMO, Novità sulsalgarismo • FELICE POZZO, L’anomalo FarWest di Salgari • LUCIANO TAMBURINI, Salgaritorinese: il quadriennio 1894-97 • BRUNO

TRAVERSETTI, La foresta di carta • PAOLA

AZZOLINI, L’avventura di Luigi Motta. Appun-ti per una biografia.

Cimbri - Tzimbarvita e cultura delle comunità cimbrerivista del Curatorium Cimbricum

Veronese

direttore resp.: Piero Piazzolavicedirettore: Carlo Caporalcomitato scientifico: Giuseppe Rama (presi-dente), Ezio Bonomi, Giovanni Rapelliperiodicità: semestraleeditore: Curatorium Cimbricum Veronensesede della redazione: c/o Comunità Montanadella Lessinia - via Ca’ di Cozzi, 41 - 37134Verona - tel. 045/991032 - 8401145 - 914066

a. X, n. 19, gennaio-giugno 1998Convegno culturale “Lessinia, terra deiCimbri” (Cerro Veronese, 5 luglio 1997).Presentazione • MARIA HORNUNG, La prove-nienza del cimbro nell’arco temporale del-l’antico altotedesco, del medio altotedesco edel tedesco moderno • HANS TYROLLER, Ildialetto di Luserna nel contesto delle parlatecimbre • GIAN MARIA VARANINI, Vita religiosanella montagna veronese nel Quattrocento:appunti dai testamenti • EUGENIO TURRI,Permanenze cimbriche nel paesaggio lessinico• LANFRANCO FRANZONI, San Mamaso e l’artedei Formaggeri a Malga Vallina di Erbezzo •GIANFRANCO GASPERINI, I santi cimbri dellaLessinia e territori confinanti • SERGIO BONATO,L’emigrazione cimbra • FERNANDO ZAMPIVA,Le principali erbe della farmacopea cimbra.

a. X, n. 20, luglio-dicembre 1998Presentazione • SERGIO BONATO, I Cimbri delVeneto tra persistenze e cambiamenti • NINÌ

BONAZZI PICOTTI, Colonie Alpine per la curaclimatica dei fanciulli poveri. Cento anni distoria • ATTILIO BENETTI (a cura di), DonGio.Batta Scarmana (7a puntata) • ADELE

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RIVISTERIA VENETA

COSTANTINO, Le coperture in Lessinia (1a par-te) • Lessinia oggi e domani: GIOVANNI

VINCENZI, Riflessioni sul tema “La Lessiniaoggi” • VITO MASSALONGO, Una prospettivafutura per la Lessinia: il Parco Naturale • IMassari dei Cimbri: GIUSEPPE RAMA, EligioFaggioni, il poeta cimbro di Giazza • MAR-CELLO BONARDO, Giovanni Rapelli, onore evanto del Curatorium • CARLO CAPORAL, Capi-telli della Lessinia • Un uomo e la sua terra:NADIA MASSELLA, Don Benedetti e le “Predi-che inutili” • Storie e memorie: FERNANDO

ZAMPIVA, Il filò in Lessinia vicentina. Il rattodella sposa • MARIO PIGOZZI, Racconti di pri-gionia: la mosca • GIOVANNI MOLINARI,“Tzimbar lentak” - Cimbro vivo 1997/98 •“Etimi e storia”: GIOVANNI RAPELLI, Nuoveconsiderazioni marginali sull’etimo della pa-rola “Cimbro”. Ancora sulla voce cimbra per“cipolla” • Personaggi cimbri: GIOVANNI

RAPELLI, Domenico Catazzo, AULO CRISMA,Don Marco Pezzo, un Cimbro studioso deiCimbri • “Vita del Curatorium”.

a. XI, n. 21, gennaio-giugno 1999Ljetzan Giazza.Numero speciale per il 25° di fondazione delCuratorium Cimbricum Veronense.SILVANO FAGGIONI, Giazza nel cuore di unturista • ALDO RIDOLFI, La valenza storico-geografica di un territorio • ROBERTO ZORZIN,Geomorfologia e idrografia • GUIDO ROGHI,Le impronte di dinosauri nella Val di Revolto• GIUSEPPE RAMA - ROBERTO ZORZIN, Le grotte• VITTORE FORADORI, La Foresta Demanialedalle origini ai giorni nostri • ROBERTO

NORDERA, Animali e piante • PIERO PIAZZOLA,L’ultimo “comune” cimbro • PIERO PIAZZOLA,Uomini e cose • MARZIO MILANI, La Giazza •NADIA MASSELLA - GIOVANNI MOLINARI, Am-biente e risorse • GIOVANNI RAPELLI, Il tauc •GIOVANNI MOLINARI Il Museo dei Cimbri •Uomini per il Cimbro: Gianni Faè (GIOVANNI

RAPELLI), Hugo F. Resch (GIOVANNI RAPELLI),Marco Scovazzi (PIERO PIAZZOLA) • GIOVANNI

MOLINARI (a cura di), Cimbro vivo • AULO

CRISMA - EZIO BONOMI, L’anno a Giazza •PALMIRA PETTINARI, Vestiti e corredo del pas-sato • CARLO CAPORAL, Pittura e scultura •OTELLO PERAZZOLI, Aspetti del canto popolare• ALESSANDRO ANDERLONI, I canti cimbri •GIUSEPPE RAMA, Creature fantastiche • GIU-SEPPE RAMA, Il Basilisco • EZIO BONOMI, Laleggenda del santo pastore • AULO CRISMA,

“In Pfaffe Runc” • GIOVANNI RAPELLI, Beni-gno Petterlini • AULO CRISMA, Mons. Giusep-pe Cappelletti • PIERO PIAZZOLA, Domenico eLeonhard, angeli incoronati • GIUSEPPE RAMA,“Mino dai Gauli” • AULO CRISMA, “El Bepoda la Ferassa” • GIOVANNI RAPELLI, EligioFaggioni.

Il Flaminiorivista della Comunità Montana

delle Prealpi Trevigiane

direttore resp.: Aldo Toffolicomitato di redazione: Giorgio Arnosti, Anto-nio Della Libera, Giancarlo Follador, Loreda-na Imperio, Giorgio Mies, Vittorino Pianca,Aldo Toffoli, Mario Ullianaperiodicità: annualeeditore: Comunità Montana delle PrealpiTrevigianesede della redazione: c/o Comunità Montanadelle Prealpi Trevigiane - viale Vittorio Ema-nuele II, 67 - 31029 Vittorio Veneto (TV) -tel. 0438/554788

L’ultimo fascicolo uscito è il numero 10,giugno 1997 di cui si è dato lo spoglio sul“Notiziario” n. 27.

Il Gardal’ambiente, l’uomo

redazione: Piercarlo Belotti, Domenico Fava,Antonio Foglio, Fabio Gaggia, Luigi Miele,Mario Parolotti, Marina Repetto Contaldo,Giuliano Sala, Giorgio Vedovellieditore: Centro Studi per il TerritorioBenacense, Torri del Benaco (VR)sede della redazione: Centro Studi per il Ter-ritorio Benacense - via per Albisano, 3 - 37010Torri del Benaco (VR)

Quattordicesima miscellanea di studi, 1998DANIELE ZANINI, Ophrys benacensis O & E.Danesch, E & K. Ehrendorfen 1975: unaspecie paleoibrida della regione insubrica •ENRICO CASTELACCIO, Le acque termali del-l’entroterra gardesano veronese • GIULIANO

SALA, La chiesa di S. Nicola di Brenzone •MARINA REPETTO CONTALDO, La parrocchialedei Santi Pietro e Paolo di Torri e la suaricostruzione settecentesca • PIER PAOLO

BRUGNOLI, Dai Saletti di S. Ambrogio ai Galettidi Torri del Benaco • DOMENICO FAVA, Biblio-teca Gardesana • DOMENICO FAVA, Tremosine,un balcone sul Garda • CARLO G. VALLI, Unlago, più di un lago • PIER LORENZO VANTINI,Vittorio Viganò.

Memorie dell’Istituto Venetodi scienze lettere ed arti

Classe di scienze morali, lettere ed arti

direttore resp.: Leopoldo Mazzarollieditore: Istituto Veneto di scienze lettere edarti, Veneziasede della redazione: campo S. Stefano 2945- 30124 Venezia - tel. 041/5210177

vol. LXXII, 1997GIACOMO NANI, Della difesa di Venezia, a curadi GUERRINO FILIPPI.

vol. LXXIII, 1997CLAUDIA ZATTA, Incontri con Proteo.

vol. LXXIV, 1998SERGIO LAVARDA, L’anima a Dio e il corpo allaterra. Scelte testamentarie nella terrafermaveneta (1575-1631).

vol. LXXV, 1998MATTEO MANCINI, Tiziano e le corti d’Asburgonei documenti degli archivi spagnoli.

vol. LXXVI, 1998LUIGI POLACCO, Kyklos. La fenomenologia delcerchio nel pensiero e nell’arte dei greci.

vol. LXXVII, 1998ILARIA RIZZINI, L’occhio parlante. Per unasemeiotica dello sguardo nel mondo antico.

vol. LXXVIII, 1998LUCA BOVOLATO, L’arte dei luganegheri aVenezia tra Seicento e Settecento.

vol. LXXIX, 1998FRANCESCA CAVAGGIONI, L. Apuleio Saturninotribunus plebis seditiosus.

vol. LXXX, 1998MARCELLO MONTALTO, “Sii grande e infelice”.Litteratorum infelicitas. Miseria humanaecondicionis nel pensiero umanistico (1416-1527).

vol. LXXXI, 1999GIOVAN BATTISTA PELLEGRINI S.E. - PAOLA

BARBIERATO, Comparazioni lessicali “retro-

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RIVISTERIA VENETA

romanze”. Complemento ai “saggi ladini” diG.I. Ascoli.

vol. LXXXII, 1999JANYE ANDRESON, Collecting connosseurshipand the art market in Risorgimento Italy.Giovanni Morelli’s Letters to his cousin (1866-1872).

vol. LXXXIII, 1999ANDREA CAFARELLI, La terra avara. Aspettifondiari e forme di conduzione agraria nellabassa friulana (1866-1914).

Miscellanea marciana

direttore resp.: Gian Albino Ravalli Modoniredazione: Gian Albino Ravalli Modoni, Ste-fania Rossi Minutelli, Alessandro Scarsella,Marino Zorziperiodicità: annualeeditore: Ministero per i Beni Culturali e Am-bientali, Roma - Biblioteca Nazionale Mar-ciana, Veneziasede della redazione: San Marco, 7 - 30124Venezia - tel. 041/5208788

vol. X-XI, 1995-1996Metodologia bibliografica e storia del libro,Atti del seminario sul libro antico offerti aDennis E. Rhodes, a cura di ALESSANDRO

SCARSELLA.DENNIS E. RHODES, La battaglia di Lepanto ela stampa popolare a Venezia. Studio bi-bliografico • ALFREDO SERRAI, La specificitàdella bibliografia • VALENTINO ROMANI,Bibliologia: istruzioni per l’uso. La descrizio-ne del libro. Il foglio di stampa. Elogia dellafraschetta • LORENZO BALDACCHINI, Dal mano-scritto all’incunabolo: continuità o rottura?Note su qualche studio recente • LORENZO

CARPANÈ, L’effettività del referente: riflessio-ni a margine degli Annali della tipografiaveronese del ’500 tra bibliografia, storia,linguistica e filologia • MARIELLA MAGLIANI,La tipografia padovana del XVI secolo: rasse-gna bibliografica e stato della ricerca • MAR-CO CALLEGARI, Il mondo della stampa a Pado-va alla fine del Cinquecento • AGOSTINO CON-TÒ, Note per un primo bilancio della ricerca –ancora in corso– su/ Libri, librai, stampatoria Treviso nel Cinquecento • RENATO ZIRONDA,Nuovi contributi alla storia della stampa aVicenza nel XVI secolo • MARIA NICOLETTA

SIMEONE, Stampatori e librai nella Vicenza delXVI secolo • ANTONELLA SATTIN, Un caso vene-ziano di nuova emissione: l’Opera Omnia diBartolo di Sassoferrato del 1548-1550 • DENNIS

RHODES, Il libro italiano del Seicento: unsecolo di sfide • WALTER PANCIERA, Aspettitecnologici delle stamperie veneziane tra Cin-que e Settecento • TIZIANA PLEBANI, Ci sono ledonne nella storia del libro? • ALESSANDRO

SCARSELLA, Bibliografia e sociologia del testo• ALESSIA GIACHERY, Metodologia del libroantico nelle riviste professionali italiane(1995-1996) .

vol. XII, 1997Scritti in memoria di Emilio Teza, a cura diDELIO VANIA PROVERBIO • MARINO ZORZI, Pre-sentazione • ALBERTO CAMPLANI, Notebardesanitiche • GIANFRANCO FIACCADORI, Ri-pristino dell’omelia etiopica sull’arcangeloAfnin • GIANFRANCESCO LUSINI, Tradizione eredazione delle regole monastiche etiopiche •DELIO VANIA PROVERBIO, Vestigia ermetichenella tradizione prosastica araba relativa adAlessandro Magno • DELIO VANIA PROVERBIO,Opere scientifiche di Taqi ad Din Muhammadibn Ma‘ruf nel fondo arabo della BibliotecaApostolica Vaticana • DELIO VANIA PROVER-BIO, Apocrypha Arabica. Le recensioni arabedegli Acta Pauli et Theclae • OSVALDO RAINERI,Zeus in Etiopia: dal ms. Comb. et s. 12 dellaBiblioteca Apostolica Vaticana • ANTONIO

RIGO, Un’ambasciata serba e uan bizantinapresso i Mamelucchi e il martirio di Micheleil giovane ad Alessandria (1315-1320).

Odeo OlimpicoMemorie dell’Accademia Olimpica

di Vicenza

direttore: Lorenzo Pellizzarieditore: Accademia Olimpica - Vicenzasede della redazione: c/o Accademia Olimpi-ca - largo Goethe, 3 - 36100 Vicenza - tel.0444/324376

XXII, 1995-1996ETTORE GALLO, Quali riforme costituziona-li? Problemi di metodo e di merito • LINO

MATTAROLO, Scuola e lavoro a Bassano •FRANCESCO FRAMARIN, Valichi e trasporti at-traverso le Alpi • GAETANO THIENE - CRISTINA

BASSO, L’Università di Padova e le originidella medicina moderna • FRANCESCA VALEN-TE, La promozione della cultura italiana al-l’estero • ARMANDO BALDUINO, Preliminari suTasso e la musica • FERNANDO BANDINI, Parolee musica in Tasso • FRANCO ALBERTO GALLO,Prima e dopo Armida: i “lamenti” mantovani• OTTO PROKOP, Buona sorte, sfortuna e casua-

lità nella ricerca (alcuni problemi del suoseguace Otto Prokop) • FRANCESCO BERTOLA,Raggi X dall’universo • PAOLO SPEZZANI, Iraggi X nell’arte ieri ed oggi • CARLO DOLCETTA,Effetto indotto di una fiera sull’economia •ACHILLE OLIVIERI, “Dipingere” ed “imaginar”.Arte ed eresia nel Cinquecento veneto: Ric-cardo Perucolo • ALDO STELLA, Aspetti ete-rodossi nel Cinquecento veneto • ANTONIO

MORSOLETTO, Risvolti politici e sociali di treconsigli comunali vicentini (aa. 1252, 1254) •LORENZO ALBERTO PINNA, Gli effimeri monu-menti della scienza: divagazioni di un biochi-mico • MARINO NICOLINI, Gli effimeri monu-menti della scienza: divagazioni di un chimi-co • GIOVANNI LUIGI FONTANA, La “FabbricaAlta” e l’“ecomuseo” della civiltà industria-le: progetti o chimere? • MARIANO NARDELLO,Elia Dalla Costa e Girolamo Bettanin: storiadi un’amicizia (1886-1948) • LUCIO PEGORARO,La Corte costituzionale: un “potere aristo-cratico” a custodia della Costituzione? • ET-TORE GALLO, I limiti costituzionali all’inter-vento ispettivo del ministro sulla magistratu-ra • Cronache accademiche: Le cariche so-ciali per il quadriennio 1995-1998 • Albodegli Accademici Olimpici (al 31 dicembre1996) • Relazione del Presidente sen. prof.Alessandro Faedo • Relazione del Presidenteavv. Lorenzo Pellizzari • Calendario dell’an-no accademico 1994-1995 • Calendario del-l’anno accademico 1995-1996 • Incontro conl’Accademico Giorgio Oliva 31 marzo 1995 •Incontro con l’Accademico Otello De Maria19 aprile 1996 • Commemorazioni: GirolamoCapra - Pier Giuseppe Cevese - GiuseppeFaggin - Pietro Laverda - Adone Maltauro.4° Premio Biennale “Hoc Opus” 1994 • 5°Premio Biennale “Accademia Olimpica”1995.

Padova e il suo territoriorivista di storia arte e cultura

presidenza: Dino Marchiorellodirettore resp.: Luigi Montobbiodirezione: Luigi Montobbio, Giorgio Ronconi,Camillo Semenzato, Paolo Baldinredazione: Giuseppe Iori, Luciano Morbiato,Luisa di San Bonifacio Scimeni, Mirco Zagoperiodicità: bimestraleeditore: La Garangola, Padovasede della redazione: via Montona, 4 - 35137Padova - tel. 049/8750550 - fax 049/8751743

a. XIII, fasc. 72, marzo-aprile 1998Editoriale • Testimonianze [su Giulio Bre-sciani Alvarez]: scritti di PAOLO GIARETTA -IVO ROSSI - PASQUALE SCARPATI - LUISA FIOCCO

- PIETRO ZARAMELLA - PAOLO GANGUZZA - PIER

LUIGI FANTELLI - VITTORIO DAL PIAZ • CLAUDIO

BELLINATI, Un singolare esploratore di archi-vi ecclesiastici • GIULIANA MAZZI, La costru-

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RIVISTERIA VENETA

zione del sistema cinquecentesco • LOREDANA

OLIVATO, Sui resti di Roma: il Palazzo dellaRagione tra forma e memoria • FRANCESCA

D’ARCAIS, Nuovi documenti per la fabbricarinascimentale di Santa Giustina • GIOVANNI

LORENZONI, Ancora sulla tomba di Sant’Anto-nio • RENZO FONTANA, Un rilievo della DomusComunis di Piove di Sacco e qualche notasulla rifabbrica Jappelliana • LIDIA GUMIERO

SALOMONI, La Chiesa del Torresino e l’inter-vento di Carlo Scarpa • GIORGIO BARONI, Ilteatro la Fenice confrontato con il PalazzoDotto Vigodarzere • ENRICA COZZI, Pitturamedievale a Padova e nel territorio prima diGiotto • GIOVANNI GORINI, Architettura sumonete padovane carraresi • ANNA MARIA

SPIAZZI, Il restauro della Madonna con ilBambino nella Chiesa degli Eremitani • DAVI-DE BANZATO, Un’aggiunta al catalogo di An-tonio Triva • ISABELLA OTTOBRE, L’Urbs pictanell’area veneta centro settentrionale etridentina • FRANCO BERNABEI, Pietro Selvati-co: un ricordo e una messa a punto • GIULIO

BRESCIANI ALVAREZ, L’Istituto d’Arte PietroSelvatico e le sue origini • TINA BODINI, Lascuola orafa del “Pietro Selvatico” dal se-condo dopoguerra ad oggi • RENATA MACCATO,Il “Pietro Selvatico” e l’educazione artistica• LUISA BAZZANELLA, Oggetti plastici diGiampaolo Babetto • RENATO D’ANTIGA, An-drea Rublev e la mistica esicasta • DANIELA

BOBISUT, Matematica e arte nel Veneto • In-contri a Padova nei mesi di aprile-maggio1998.

a. XIII, fasc. 73, maggio-giugno 1998Editoriale • JUSTO BONETTO, L’abitazione pa-dovana di Giacomo Casanova • FRANCO DE

CHECCHI, La peste a Padova negli anni 1555-56 • DILVA PRINCIVALLI, Francesco Santacroce,detto anche patavino • ALESSANDRO PASETTI

MEDIN, Progetti inediti di architettura e deco-razione per le Terme di Battaglia • ANTONIO

BORIN, L’antica navigazione sul fiumicello diMontagnana • ELIO FRANZIN, Gli interventiper il Piovego. Dalla memoria ai progettiurbani • GUIDO BELTRAME, La sistemazionedella chiesa di San Luca e l’attribuzione diuna pala a Cosroe Dusi • GIORGIO PULLINI,Tredici spettacoli nella stagione del Verdi •FRANCESCA DIANO, La scarpa e l’immagina-rio. Un museo della calzatura a Strà • MANLIO

CORTELAZZO (a cura di), Parole padovane.

a. XIII, fasc. 74, luglio-agosto 1998Editoriale • IVANO PACCAGNELLA - GIULIANO

SCABIA, In ricordo di Marisa Milani • ILJAZ

GOGAJ, Padova e l’Albania • VINCENZO MAN-CINI, Ritratti di cattedrattici padovani tra Cin-que e Seicento • MARCO CALLEGARI, Il fondo“Giulio Brunetta” • LEDA CEMPELLIN, Sullacommittenza del monumento al Gattamelata •ELIO FRANZIN, Il generale Sextius De Miollis el’architetto Giuseppe Jappelli • GIORGIO

RONCONI, Leopardi e Padova • ELISA FRASSON,Le antiche Accademie padovane • CAMILLO

SEMENZATO, Una mostra a Padova di GiòPomodoro • PAOLO TIETO, I Gasparini di Pio-ve • FRANCESCO BOTTIN, Charles BernardSchmitt diventa per sempre padovano • PLINIO

PIETRO ROMAGNA, L’evoluzione della città daicataloghi della Fiera • MANLIO CORTELAZZO (acura di), Parole padovane.

a. XIII, fasc. 75, settembre-ottobre 1998Editoriale • LUCA CABURLOTTO, Magnificentiae Auctoritas. Porte e archi trionfali a Padovafra Cinque e Seicento • ANTONIO BOSCARDIN,Alla ricerca di una porta scomparsa • ANNA

MARIA SPIAZZI, Il restauro del dipinto di PietroDamini nella chiesa di Santa Maria delleGrazie • PIERO LAZZARIN, I cento anni delMes=saggero • ANDREA CALORE, L’oratoriodella Beata Vergine della Salute in borgoSanta Croce • CAMILLO CORRAIN, L’abbazia diSanta Maria della Vangadizza e il territoriopadovano • LUCIANO MORBIATO, Ettore Rassi:il bibliotecario che amava il cinema • MARILLA

BATTILANA, La città mentale di Paolo Barbaro• MIRCO ZAGO, I giovani scrittori padovani •MANLIO CORTELAZZO (a cura di), Parole pa-dovane.

a. XIII, fasc. 76, novembre-dicembre 1998Editoriale • MARIA LAURA SOPPELSA, Giusep-pe Toaldo e l’Illuminismo veneto • STEFANO

CASATI, Giuseppe Toaldo filosofo del plenilu-nio • ANTONIO LEPSCHY, Giuseppe Toaldo e ilparafulmine • SILIO RIGATTI LUCHINI, Giusep-pe Toaldo e le tavole di vitalità • GIUSEPPE

ONGARO, Toaldo, Salmon e Stendhal • MARCO

RESTIGLIAN, Giuseppe Toaldo e l’edizione del-le opere di Galileo • LUISA PIGATTO, La “Saladelle Figure” della Specola di Padova •MANLIO PASTORE STOCCHI, Visitatori settecen-teschi della Specola • NICOLÒ DALLAPORTA,L’uomo e il cosmo: il principio antropico trascienza e filosofia • DAVIDE BANZATO, Antonio

Pellegrini. Il maestro veneto del Rococò allecorti d’Europa • ELIO FRANZIN, Stendhal e il“buon” canonico di Padova • LAURA PISA-NELLO, Michele Arslan, quasi un ritratto po-stumo • ANTONIO RIGON, Per Paolo • MANLIO

CORTELAZZO (a cura di), Parole padovane.

a. XIV, fasc. 77, gennaio-febbraio 1999Editoriale • ANGELO AUGELLO, Bentsik e ilsenso della città • MARIA LETIZIA PANAJOTTI,L’urbanistica padovana tra passato e futuro •ADRIANO VERDI, L’arredo urbano a Padova •MARIANGELA BALLO, Ettore Bentsik e la zonaindustriale di Padova • GILBERTO MURARO,Padova e la sua economia, vent’anni dopo •FRANCESCO IORI, Padova tra miraggi di gran-dezza e la voglia di essere se stessa • FRANCE-SCO CASSANDRO, Bentsik e la grande viabilitàpadovana • GIUSEPPE ZACCARIA, Università ecittà: verso una sinergia concertata • PASQUA-LE SCARPATI, La scuola padovana verso il2000 • ALDO COMELLO, La salvaguardia delpatrimonio monumentale • RUGGERO MENATO,Padova, una città “integrata”? • MARGHERITA

CARNIELLO, Nuove e vecchie povertà nellaPadova del duemila • DANIELA BORESI, Sanità:la sfida del terzo millennio • TONI GROSSI, LaPadova dello sport • MANLIO CORTELAZZO (acura di), Parole padovane • Indice dell’anna-ta 1998.

a. XIV, fasc. 78, marzo-aprile 1999Editoriale • FEDERICA TONIOLO, L’Evange-listario della Cattedrale di Padova • CLAUDIO

BELLINATI, L’Epistolario miniato di Giovannida Gaibana • FURIO BRUGNOLO, Il “Romand’Alexandre” in un prezioso codice duecen-tesco, forse di origine padovana • MARTA

MINAZZATO, La tradizione giottesca: gliantifonari della Cattedrale e della collegiatadi Monselice • FRANCESCO G.B. TROLESE, Unantico Lezionario per il Monastero di SantaGiustina in mostra nella sala della Ragione •GIANFELICE PERON, Il “commento figurato”dell’Entreé d’Espagne • ROBERTO BENEDETTI,Un episodio tristaniano a Padova • AULO

DONADELLO, La redazione padovana del Fioredi virtù • GIORDANA CANOVA MARIANI, I codicidell’età carrarese • LUCA BAGGIO, La Chronicade Carrariensibus: storia e arte come propa-ganda • TIZIANA FRANCO, Il Maestro dellaNovella e la sua attività padovana • ALBERTA

DE NICOLÒ SALMAZO, Il rinnovamento del libroa Padova nell’età dell’Umanesimo • MICHELA

BENETAZZO, Giovanni Vendramin miniatorepadovano del tardo Quattrocento • SUSY

MARCON, Bartolomeo Sanvito • GIOVANNA BAL-DISSIN MOLLI, Diplomi di laurea, carte dimonacazione e libri liturgici • PAOLA FERRARO

VETTORE, A Praglia la miniatura celebra laParola • MANLIO CORTELAZZO (a cura di),Parole padovane.

a. XIV, fasc. 79, maggio-giugno 1999FRANCESCO GREGORIO, La cattedrale di Pado-va in età medievale • ELIO FRANZIN, La conca

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RIVISTERIA VENETA

idraulica delle Porte Contarine e la naviga-zione fluviale • ADRIANO VERDI, Lo jutificio diPiazzola sul Brenta • CARLO FRISON, La rico-struzione della centuriazione meridionale delpadovano • LUIGI PAGANO, Monumenti scom-parsi di Saccolongo • EVELINA BERGAMASCO,L’associazionismo operaio a Monselice •MARIELLA MAGLIANI, Ricordo di Libero Mar-zetto • GIORGIO PULLINI, Una stagione di dodicispettacoli di prosa al Verdi • MANLIO

CORTELAZZO (a cura di), Parole padovane.

Quaderni del Lombardo Veneto

direttore: Nino Agostinetticomitato di redazione: Mario Balestra, MarioBernardi, Ernesto Brancaleoni, BeppinoDaberto, Giovanni Fontana, Virgilio Gior-mani, Giovanna Ludovico, Alessandro Pa-glia, Elio Papuzziperiodicità: semestraleeditore: Associazione Culturale Lombardo-Veneto, Padovasede della redazione: via C. Moro, 13 - 35141Padova

n. 46, giugno 1998GIOVAN BATTISTA PELLEGRINI, Cose turche(come piacciono le invenzioni popolari distorielle locali) • OLIVIERO FRANZONI, Anche inValle Camonica si beveva l’acqua di NoceraUmbra • ENZO BUCCERI, I bicchieri di Boemia• RENATO ARTESI, Il 1848 a Milano nei giornalid’epoca • CESARINA PERETTO SCHWEINBERGER,Una storia familiare: da Vienna a S. Polo diPiave • CHIARA CREPALDI, La Madonna siaccorge di essere incinta. Religiosità popola-re di tradizione orale in Polesine • GIAN FRAN-CESCO CROMAZ, Un divieto del 1819 all’eserci-zio del metodo omeopatico in Friuli • LUIGI

NARDO, Bosse, bossette & Co. • GIOVANNI

FONTANA, Pagine dimenticate e misteri dellastoria contemporanea: nascita e tramontodell’Alpenvorland • MARIUCCIA BARALDO

BAZZARO, Pevarini e Zaleti • ELIO PAPUZZI,Storia di un cavallo imperiale • MICHELANGELO

CORAZZA, Gelatieri zoldani a Vienna •PIERANDREA BRANCALEONI, Cronache asolanea cavallo di secolo • VITO PALLABAZZER, Riflet-tendo su un toponimo ampezzano: Travenanzes

• GIAMPAOLO LOTTER, Un poeta veneziano deinostri tempi: Attilio Carminati • CANDIDO

TECCHIO, Il “folle volo” su Vienna • Ticket aVenezia? • I nuovi smalti di Gabriella Gabrini• MICHELE FERIGO, S. Miniato al Tedesco •ETTORE LAGOMARSINO, Archeologia nella la-guna di Venezia.

n. 47, dicembre 1998CARLO DELLA CORTE, L’interramento del leone• CAMILLO CORRAIN, L’abbazia di S. Mariadella Vangadizza • RENATO ARTESI, Edizionede’ Classici Italiani. 1802-1814 • OLIVIERO

FRANZONI, Antiche notarelle sul clima dellaValle Camonica • Aforismi, appunti, fram-menti di Ennio Flaiano • RICCARDO VIANELLO,Venezia 13 maggio 1797: il primo giornodella non democrazia • GIOVANNI ZALIN, Il“mal della rosa” nel veronese tra XVIII e XXsecolo • LUCIANO BUZZETTI, Il primo franco-bollo d’Italia. Il lombardo-veneto • MANLIO

CORTELAZZO, Rifare il nome del nonno • NINO

AGOSTINETTI, Il leone di Lissa • ANTONIO RAMIN,Keinen Eid auf diesen Führer • NERIO DE

CARLO, Sissi: una bella donna nel posto e neltempo sbagliati • Il mito di Sissi • Il museo dei“Cuchi” • LUIGI PIVA, L’ultimo capriccio delvecchio Isidoro • In carrozza lungo l’Adige(E.P.) • ORIETTA ALTIERI, La comunità ebraica

del passato ad Arabba (Livinallongo/Fodom -Belluno): il cardinale Rafel Merry del Val •GIOVANNI FONTANA, Schio 1999 • ENZO BUCCERI,Le antiche icone • NERIO DE CARLO, La casatadi Porcia - Brugnera.

Quaderni di cultura cimbra

direttore: Sergio Bonatoperiodicità: semestraleeditore: Istituto di Cultura Cimbra, Roana (VI)sede della redazione: via Maggiore - 36010Roana (VI) - tel. 0424/66106

L’ultimo fascicolo pervenuto è il n. 42 delluglio 1997, segnalato sul “Notiziario Biblio-grafico” n. 27.

Il Santorivista francescana di storia

dottrina e arte

direttore resp.: Giacomo Panteghinidirettore: Luciano Bertazzocomitato di redazione: Luca Baggio, Giovan-na Baldissin, Francesca Castellani, PaoloFloretta, Vergilio Gamboso, Donato Gallo,Isidoro L. Gatti, Maria Nevilla Massaro, An-tonio Rigon, Andrea Tilattiperiodicità: quadrimestraleeditore: Associazione Centro Studi Antoniani,Padovasede della redazione: piazza del Santo, 11 -35123 Padova - tel. 049/8762177-8242811 -fax 049/8762187

a. XXXVIII, s. II, fasc. 1-2,gennaio - agosto 1998BERNARDINO FERNANDO DA COSTA MARQUES,Presenze antoniane nella “Summa Sermo-num” di Fra Paio da Coimbra, O.P. • ALVISE

ANDREOSE, “Lo livro dele nove e stranie me-ravioxe cose”. Ricerche sui volgarizzamentiitaliani dell’Itinerarium del beato Odoricoda Pordenone • ANDREA CALORE, Il coro e ilpresbiterio della basilica del Santo. Vicendestoriche e artistiche nel sec. XV • LUCIANO

BERTAZZO, Saggio di bibliografia antoniana

di Gorizia: un ricordo • RENATO MARTINELLO,Barche e barcari, canali e fiumi • MARIO

BERNARDI, Il viaggio • LORENZO BRUNAZZO, Ilterzo evangelista è sepolto a Padova? • PIETRO

RANDI, Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791). Dolori e gioie • DANTINA TALMELLI,Appunti di viaggio • Osterie a Venezia • ALES-SANDRO PAGLIA, Omaggio ai 150 dei motirivoluzionari. Venezia, Richard Cobden e... ipartiti del ’48 • Pola. Chiesa della Madonnadel Mare. 1898-1998.

n. 48, aprile 1999ALBERTO VEDOVATO, Il leone di Lissa. Cosa èlegittimo fare • GIORGIO TORTORELLI, QuattroMaggi in cerca d’autore • GIOVANNA LUDOVICO,Arte nel goriziano • GIAMPAOLO LOTTER, Unmedico scrittore a Venezia. Corrado Tumiati(1885-1968) • RENATO ARTESI, Poeti inglesi inItalia • PIETRO RANDI, Gustav Mahler Kalischt,Boemia 1860 - Vienna 1911 • LUIGI NARDO, “IlSalvanello” • CHIARA CREPALDI, Valzer impe-riale • OLIVIERO FRANZONI, Di alcuni istriani inValle Camonica • GIANNI CAMERI, LasciareTrieste • BEPPINO DABERTO, Un illustre ospite

Page 78: otiziario Bibliografico - poligrafo.it · Catalogo di manoscritti filosofici nelle biblioteche italiane (Simonetta Pelusi)30 ... M. Cassol, I giardini di interesse storico nella citt

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RIVISTERIA VENETA

(1994-1997). VIII Centenario della nascita(1195-1995). 50° anniversario del titolo diDottore della Chiesa (1946-1996) • VIRGILIO

GIORMANI, Un contrabbando di tabacco alSanto nel 1781 per fra’ Angelo Ziliani e la suacollezione ornitologica • Le Carte duecen-tesche del Sacro Convento di Assisi (Istru-menti, 1168-1300): LUCIANO BERTAZZO, Lacollana “Fonti e studi francescani” • ANTONIO

RIGON, Le Carte duecentesche del Sacro Con-vento di Assisi e la storia francescana • GIU-SEPPE AVARUCCI, Le Carte del Sacro Conven-to: una lettura paleografica • NICOLANGELO

D’ACUNTO, Gli Istrumenti del Sacro Conventoper la storia di Assisi • FRANCESCO SANTUCCI,Toponomastica assisana nelle Carteduecentesche del Sacro Convento • ISIDORO

LIBERALE GATTI, Ancora sulla chiesa di S.Francesco a Treviso • ALFONSO MARINI, Storiadelle fonti francescane e storia di Francesconelle sue fonti. Nota su “La Malavventura diFrancesco d’Assisi” di Jacques Dalarun •ANTONIO RIGON, Gli Scritti di storia di UgoliniNicolini. Note di lettura.

a. XXXVIII, s. II, fasc. 3,settembre-dicembre 1998La lunetta di Andrea Mantegna al Santo. Artee cultura, Atti del seminario di studio in occa-sione del restauro della lunetta del Mantegna(Padova, Basilica del Santo, Sala S. Bona-ventura, 22 maggio 1998).GIANLUIGI COLALUCCI, Il restauro della lunettadi Andrea Mantegna raffigurante i santi Anto-nio e Bernardino adoranti il monogramma“IHS” • ALBERTA DE NICOLÒ SALMAZO, L’af-fresco di Andrea Mantegna al Santo: un in-contro di “maestosa gravità” • GIOVANNA

BALDISSIN MOLLI, Problemi iconografici delsan Bernardino di Andrea Mantegna •GIORDANA MARIANI CANOVA, Influssi mante-gneschi nella miniatura rinascimentale a Pa-dova • DONATO GALLO, San Bernardino daSiena e Padova: predicazione, devozione ci-vica e culto • FABRIZIO MAGANI, La “fortuna”di Andrea Mantegna a Padova tra Settecentoe Ottocento • ANNA MARIA SPIAZZI, Il restaurodei frammenti del ciclo di affreschi della Cap-pella Ovetari agli Eremitani.MARIA DE LOURDES SIRGADO GANHO, Sant’An-tonio nei Sermoni di P. Antonio Vieira S.J.(1608-1697) • STEFANO DI ORSIO, Rassegna erilievi critici a proposito di una nuova storiadei Frati Minori Conventuali • GIAN LUIGI

BRUZZONE, Cinque lettere inedite di GirolamoPallantieri, Junior, OFMConv.

a. XXXIX, s. II, fasc. 1-2,gennaio-agosto 1999LUCIANO BERTAZZO, A P. Vergilio Gambosonel suo 70° genetliaco • FRANCESCO COSTA,Sulla natura e la cronologia dei Sermoni diSant’Antonio di Padova • PAUL SPILBURY,Concordantia in the Sermones Dominicales ofAntony of Padua • HENRIQUE PINTO REMA, Acultura portuguesa de Duzentos na obra doDoutor Evangelico • NICOLETTA GIOVÈ MAR-CHIOLI, Sul leggere i Cataloghi di manoscritti.A proposito del Catalogo dei codici del mona-stero di S. Cruz di Coimbra • UGO SERRAG-GIOTTO, Una sequenza in onore di sant’Anto-nio di Padova in un inedito manoscritto bolo-gnese del secolo XIII • ROBERTO RUSCONI, Adcognitionem scientiae festinare. Gli studi nel-l’Università e nei conventi di Padova neisecoli XIII e XIV. Note di lettura • FRANCISCO

CHAVERO BLANCO, El sermón “Iste pauperclamavit” y la teología de san Buenaventura• LORENZO DI FONZO, Il minorita inglese Gio-vanni Foxholes maestro scotista e arcivesco-vo (ca. 1415-1475) • GIOSÉ GARCÍA ORO,Franciscanismo en tiempos de crisis. Refle-xiones historiográficas sobre la tensiónistitución-reforma en la vida franciscana du-rante el Renacimiento • FELICE ACCROCCA,Francesco e il demonio. La guarigione delladonna di Sangemini • LUCIANO BERTAZZO, Il p.Giuseppe Antonio Marcheselli (1676-1742).Un francescano conventuale nell’Assisi delSettecento cofondatore del “Conservatoriodel Giglio” • GINO ZANOTTI, La biblioteca di S.Francesco in Ravenna • GIANLUIGI COLALUCCI

- DANIELA BARTOLETTI, Appunti sulla tecnicaesecutiva degli affreschi di Altichiero nel-l’Oratorio di S. Giorgio in Padova • LUCA

BAGGIO, I restauri ottocenteschi nell’Orato-rio di S. Giorgio: la riscoperta (1837-1845). I• MARIA MONICA DONATO, “Pictorie Studium”.Appunti sugli usi e lo statuto della pitturanella Padova dei Carraresi • GIOVANNA BAL-DISSIN MOLLI, La cappella di S. Antonio diPadova nella chiesa di S. Francesco diConegliano • DANIELA CAVERZAN, I gradualiminiati dell’arcivescovo Rinaldo Graziani OFM

Conv. nella Biblioteca Comunale di Bagna-cavallo: storia e stile • MONICA CASTELLARIN,Una tavoletta olandese del secolo XVIII alMuseo Antoniano • LUDOVICO BERTAZZO, Tre

aggiunte al catalogo storico e artistico delconvento del Santo di Padova • DILETTA

GRELLA, L’oratorio francescano e gli oratoriper sant’Antonio a Milano dal 1680 al 1715 •MARIA NEVILLA MASSARO, FrancescantonioVallotti: un aggiornamento bibliografico •ELISABETTA GULLI GRIGIONI, Il cuore di sanGregorio Barbarigo: dal reliquiario al pa-negirico, dalla decorazione al linguaggio.

Scienza e storiaBollettino del Centro internazionale

di storia dello spazio e del tempo

direttore resp.: Giampiero Bozzolatocomitato di redazione: Enrico Berti, PaoloCampogalliani, Adelino Cattani, Paolo Maz-zoldi, Mario Quarantaeditore: Edizioni Centro Internazionale di Sto-ria dello Spazio e del Tempo, Brugine (PD)sede della redazione: via Roma, 86/A - 35020Brugine (PD) - tel. 049/5806768

Supplemento al n. 13 (non uscito), 1999ILYA PRIGOGINE, Tempo, determinismo, dive-nire. Strumenti, fonti e documenti per unaricognizione storiografica.

Scuola Dalmatadei SS. Giorgio e Trifone

periodicità: semestraleeditore: Scuola Dalmata dei SS. Giorgio eTrifone, Veneziasede della redazione: Castello, 3259/a - 30122Venezia - tel. 041/5228828

n. 33, 1997/2GIOVANNI PAOLO II, Tertio Millennio Adve-niente • GUIDO PEROCCO, La Scuola di S. Gior-gio degli Schiavoni (IV) • TULLIO VALLERY,Tullio Crali • TULVA, Nel bicentenario dellacaduta di Venezia • LUIGI TOMAZ, I fedelissimiSchiavoni • La Biblioteca della ScuolaDalmata • Verbale Convocato Generale •Elenco Confratelli e Consorelle.

n. 34, 1998/1GIOVANNI PAOLO II, Tertio Millennio Adve-niente • TULLIO VALLERY, La Scuola Dalmatadei SS. Giorgio e Trifone (I) • HARULA ECO-NOMOPOLOUS, Prosopografia di un eroe: Gior-gio Castriota Scanderbeg nel Battesimo deiSeleniti di Vittore Carpaccio.

n. 35, 1998/2GIOVANNI PAOLO II, Tertio Millennio Adve-niente • TULLIO VALLERY, La Scuola Dalmatadei SS. Giorgio e Trifone (II) • SERGIO BRCIC,Una insolita proposta • EDDA MOLINARI FROSINI,Mons. Giovanni Lovrovich • LUIGI TOMAZ,Mons. Matteo Fillini • TULVA, La scuola adot-

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RIVISTERIA VENETA

ta un monumento • Biblioteca della Scuola •Verbale del Convocato Generale • ElencoConfratelli e Consorelle.

ThesaurismataBollettino dell’Istituto Ellenico di studi

bizantini e postbizantini di Venezia

direttore resp.: Nikolaos M. Panayotakisperiodicità: annualeeditore: Istituto Ellenico di studi bizantini epost-bizantini, Veneziasede della redazione: Castello, 3412 - Campodei Greci - 30122 Venezia - tel. 041/5226581- fax 041/5238248

vol. 28, 1998In memoria di N.M. Panagiotakis.G. MAVROMATIS, Nikolaos M. Panagiotakis(1935-1997) • GUILLAUME SAINT GUILLAIN,Nicolò Adoldo, seigneur de Seriphos • ANTO-NIO RIGO, Lo Horismòs di Sinan Pascia, lapresa di Ioannina (1430) e la lettera del sulta-no Murad II • DIANE TOULIATOS-MILES, IoannesPlousiadenos: the Man, His Music and Hismusical Treatise • CHRYSSA DAMIANAKI-RO-MANO, Zuan Zorzi Lascaris called Pyrgoteles:a Greek Sculptor in Renaissance veneto • G.PANGRATIS, Mercanti di Giannina a Venezia ametà del XVI secolo (1550-1567) • PH. BA-ROUTSOS, the public auction of the 1578 taxesin the city of Candia. The tax farrmers’abstention • G. KARAMANOLIS, Epigrammi ine-diti di Massimo Margunios in manoscritti estampati dalla Biblioteca Marciana • MARIA

PLASTIRA-VALKANU, Epigramma eroico-elegiaco di Ippolito metropolita di Chio • H.E.KALLERGHIS, Osservazioni sulla metrica dialcuni epigrammi in greco antico di eruditigreci del XVI e XVII secolo • C. LUCIANI, Unmadrigale di Andrea Cornaro per il PastorFido di Guarini rappresentato a Creta • S.LAMBAKIS, Il dialogo dell’Angelo e del Vec-chio nella cretese “Rivelazione della Madon-na” • VIKI DOULAVERA, Ignoto compianto perla morte di Michele il Valoroso • W. PUCHNER,Nuove informazioni su rappresentazioni tea-trali dei Gesuiti a Costantinopoli (1614-1615)• W. PUCHNER, Abbozzo di un dramma religio-so di un ignoto poeta di Chio su S. Isidoroall’epoca della Controriforma • P. KITRO-LIMIDES, the identity of a Book. European powerpolitics and ideologicak motivations inAgapios Loverdos’s (Venice 1791).

ALTRE RIVISTESEGNALATE

Il BaldoQuaderno culturale

coordinamento: Maurizio Deliboriperiodicità: annualeeditore: Centro Turistico Giovanile Animato-ri Culturali e Ambientali “Monte Baldo”,Caprino (VR)sede della redazione: via Sandri, 24 - 37013Caprino (VR) - tel. 045/ 6260228 - 7242550

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Le Tre Venezierivista per promuovere e valorizzare

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e tradission venete

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