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STROLIC In occasione della XII Convention e Incontro Annuale dei Friulani nel Mondo CORMÒNS sabato 1 agosto 2015 MUSICA VALTER SIVILOTTI CORO NATISSA AQUILEIA DIRETTORE LUCA BONUTTI DA UN’IDEA DI LUCA BONUTTI PIETRO ZORUTTI (1792-1867) STROLIC I DODICI MESI DELL’ANNO ALMANACCO IN MUSICA COMUNE DI CORMONS

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Pietro Zorutti (1792-1867)

strolici dodici mesi dell’annoAlmAnAcco in musicA

musica valter sivilotti coro natissa aquileiadirettore luca Bonutti

da un’ idea d i lucA Bonutti

strolic

In occasionedella XII Convention

e Incontro Annuale dei Friulani nel Mondo

Cormòns sabato 1 agosto 2015

Pietro Zorutti (1792-1867)

strolici dodici mesi dell’annoAlmAnAcco in musicA

musica valter sivilotti coro natissa aquileiadirettore luca Bonutti

da un’ idea d i lucA Bonutti

strolic

Pietro Zorutti (1792-1867)

strolici dodici mesi dell’annoAlmAnAcco in musicA

musica valter sivilotti coro natissa aquileiadirettore luca Bonutti

da un’ idea d i lucA Bonutti

strolic

COMUNE DI CORMONS

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Pietro Zorutti (1792-1867)

i dodici mesi dell’annoa l m a N a c c o i N m U S i c a

musica VAlter siVilotti

c o ro N a t i s s a A q u i l e i adirettore lucA Bonutti

La fortuna di aver incontrato, nel percorso di “Strolic”, degli splendidi compagni di viaggio: ed ecco che

un sogno si realizza

✔ Penso a Valter Sivilotti, magi-strale e raffi nato musicista, fi glio del Friuli artistico più nobile;

✔ a Omero Antonutti, impareggiabile voce e generoso dispensatore di preziosi consigli;

✔ ai coristi del Natissa, inossidabi-li e fi dati sostenitori;

✔ a Sebastiano Zorza, Marko Feri, Mauro Meroi, Dorina Leka, straor-dinari musicisti;

✔ a Dario Caroli, unico, prezioso ed insostituibile amico, nonché valo-roso e infaticabile professionista;

✔ a Stefano Amerio, autentico mago dell’arte del mixaggio;

✔ a Omero Cominato, Caterina Croci, Michel Snidaro, Giacomo Bonutti per l’infaticabile collabo-razione;

✔ a Barbara Sandri, Mary Pri-tchard, Elisabetta Pozzetto, David Giovanni Leonardi, per i testi, le traduzioni, la recensione;

✔ a Ivana Battaglia e Roberto De Nicolò, per la loro generosità e fi ducia;✔ a William Cisilino, a Lorenzo Fabbro; ✔ ad enti e associazioni, agli sponsor, e a tutti gli amici che con entusiasmo e slancio hanno sostenuto il progetto e resa possibile la realizzazione di questo disco;✔ all’amico Gianfranco Granbassi, che con passione ha saputo conver-tire in realtà tutti i miei desideri.

✔ Infi ne, un pensiero colmo di riconoscenza alla memoria di

P i e t ro Zoru t t iSenza il fi lo d’oro dei suoi versi quest’opera non sarebbe nata.

Non ho cercato lontano, ho solo ascol tato i l cuore.

strolic

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“Quell’almanacco candido e arguto...”

d av i d G i o va N N i l E o N a R d i

La cultura friulana del Novecento ha più volte atteso invano il suo epos musicale, un progetto in grado di rappresentarla al massi-mo livello di interscambio artistico quanto le opere nazionali romantiche; e se il primo autentico melodramma in lingua friulana, i Gespui furlans di Franco Escher su libretto di Libero Grassi, cadde ancor prima di rag-giungere la scena, avendo lo scrittore smar-rito l’intero materiale manoscritto nel 1928 dopo un’anteprima in forma ridotta tenutasi a Palmanova tre anni prima, non migliore sorte toccò alla favola lirica Barbe Basili e il paradîs su libretto friulano di Lea D’Or-landi, musica di Ezio Vittorio, che riscosse unanime consenso soltanto in traduzione tedesca negli allestimenti dello Stadttheater di Klagenfurt, risalenti all’aprile 1954. Dovranno passare ancora sessant’anni prima di approdare a Strolic, creazione fors’anche più signifi cativa delle prece-denti in quanto capace di confrontarsi con un corpus poetico friulano altamente rap-presentativo, quell’almanacco candido e arguto pazientemente compilato per oltre quattro decenni da Pietro Zorutti, corpus tanto vasto, multiforme e coerentemente dipanato da farsi contemporaneamente la raccolta completa dei suoi versi. Il radicale mutamento delle prospettive stilistiche ed estetiche della musica d’oggi non impediscono all’Almanacco in musica di Valter Sivilotti di farsi, quanto i passati progetti, testimonianza di un attento con-fronto con i linguaggi sonori contempo-ranei e, contemporaneamente, veicolo di un’attitudine comunicativa squisitamente friulana, all’insegna di un istinto creativo attento a quella dimensione schiettamente

popolaresca che perpetua l’immagine di tanta nostra eccelsa letteratura corale; senza contare, aggiungeremmo volentieri, quanto la letteratura musicale di ogni tempo abbia abbracciato volentieri la descrizione del trapassare delle stagioni mantenendosi, al contrario, cautamente lontana da ben più ambiziosi progetti legati al volgere dei mesi dell’anno. Giunta a compimento inesorabile, e per motivazioni di agevole intuizione, la pro-fezia schöberghiana sulla fi ne delle gran-di orchestre sinfoniche, quale tramite, in particolare, di moderni contenuti e plu-ridirezionali messaggi, al gruppo corale maschile, simbolo inequivocabile di una storia tutta friulana, vengono affi ancate tre voci strumentali che sembra diffi cile con-cepire disgiuntamente dagli interpreti per i quali sono state confezionate, voci che si compenetrano amabili con le trame corali liricamente nostalgiche ma scevre da facile sentimentalismo, in ciò eredi di una sensibi-lità musicale austera e riservata consegnata in eredità dalle luminose vicende della vil-lotta, soltanto a tratti opponendovisi - e la sapienza antica del descrittivismo in musica non poteva di certo a tale proposito lasciare inosservate le tumultuose visioni tempora-lesche di maggio e di luglio - con entusia-smante furore virtuosistico. Lo snodarsi zoruttianamente arguto e paca-to dei mirabili dodici quadri musicali, tut-tavia, sa mantenersi sapientemente lontano tanto da anacronistiche e manierate tenta-zioni alla reviviscenza folklorica, quanto da deliziosa vanitas raveliana o da sguardi iperbolici stravinskijanamente gettati sulle più disparate voglie musicali; il complesso universo sonoro novecentesco, e in parti-colare quello legato alla musica cosiddetta leggera o popolare, nel linguaggio di Valter Sivilotti è realmente in grado di farsi testi-

“ascoltare il rumore delle stagioni”

B a R B a R a S a N d R i

“Stroligh” è un termine che deriva dal lati-no “astrologus” e che nel tempo ha subito un processo di degradazione semantica nei vari dialetti italiani: signifi ca letteralmente astrologo. Nella versione lombarda e vene-ta “stroleg” signifi ca anche uomo strano, lunatico, fantastico.Potrebbero essere queste le caratteristiche e il temperamento di Pietro Zorutti, poeta del Friuli per antonomasia, che allo Strolic ha dedicato molta parte della sua produzione letteraria: autore dalle straordinarie pecu-liarità, acutissimo osservatore dell’uomo, eccellente e arguto antropologo del popo-lo friulano. Lo Strolic Furlan (“l’Astrolo-go Friulano”) è una sorte di almanacco, o meglio, un calendario composto in forma poetica. Zorutti ne scrisse svariati, in mol-te edizioni diverse, per un totale di 23 nu-

mone del mondo, del bello e del tremendo della contemporaneità a preconizzare le profezie sottese all’estetica mahleriana, proprio in quanto il compositore rivive con trasparenza sincera e mai disgiunta da gusto nobilmente levigato per la perfezione del dettaglio, i linguaggi che da sempre lo ac-compagnano nella sua esperienza di creato-re e ricreatore di suoni e nella lungimirante disposizione all’avveduta apertura sensoria-le e razionale nei confronti della molteplici-tà e delle specifi cità che animano il magma-tico universo musicale contemporaneo.In tal modo, nei disincantati valses parigini, nelle graffi anti marce del cabaret berlinese,

nelle stilizzazioni minuziosamente ricerca-te tra le infi nite sfaccettature dell’universo ritmico sudamericano alla ricerca dei segre-ti del loro pulsare, e nell’incanto magica-mente attonito di quella Gnott d’avril che, primo, Arturo Zardini volle rivivere con una delle sue melodie indimenticabili e al cui fascino - alla luce di un ricercato proce-dere armonico che la canzone d’autore ha mutuato dal jazz - non ci si può sottrarre, il più autentico spirito della vocalità friulana di ieri e di oggi può ritrovare un accoglien-te e rassicurante contorno e immergersi nel macrocosmo della World Music quale sua nobile, vivida e tenace testimonianza.

"listening to the sound of seasons"

(traduzione di M a RY P R i t C H a R d )

Stroligh is a term which derives from the Latin astrologus and has been subjected to semantic degrading in various Italian dia-lects: literally it means astrologist. Stroleg, in the Lombard and Venetian version, also means a strange, lunatic or magic man.These could have been the characteristics and temperament of Pietro Zorutti, known as the poet from Friuli, who dedicated a great part of his literary production to the Strolic: an author of extraordinary quali-ties, an attentive and acute observer of man and especially of the people from Friuli.The Strolic Furlan (the astrologer from Friuli) is a form of almanac, or better still a calendar produced in a poetic form. From 1821 to the year preceding his death in 1866, Zorutti wrote various versions in many different editions, published at fi rst

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meri, pubblicati inizialmente ogni tre anni, successivamente con frequenza annuale, nel periodo compreso tra il 1854 e il 1862. L’ultimo numero uscirà nel 1866, l’anno prima della sua morte.Sono delle vere e proprie collezioni di poe-sie, dedicate ai dodici mesi dell’anno, per-cepiti nel loro perenne ripetersi nel tempo, raccontati nel loro mutevole e soggettivo carattere; preziosi concentrati di saggezza ed esperienza popolari, dove l’autore ha saputo fondere eleganza letteraria e acu-ta capacità di analisi della natura umana, unendole alla forza dell’uomo comune, del contadino che sprofonda le mani nella terra odorosa e la sa ascoltare, scoprendone se-greti e profumi.Nei versi si percepiscono le stagioni che scorrono e che ritmicamente segnano il quotidiano dell’uomo friulano, nel loro eterno fl uire, nel loro immutabile ricorre-re. I mesi escono dalla penna di Zorutti e prendono vita, trasformandosi in personag-gi vivi e pulsanti, quasi umani, assumono colori originali, inconsueti, si fanno avanti in modo scanzonato, variopinto, accattivan-te, mai banale. Ed è lui stesso a suggerirci la prima nota musicale, è lui stesso a farla sovrapporre alla poesia con un incastro per-fetto e naturale, perché la sua poesia è già musica.Vi è la convinzione che le idee non nascono per caso, Proust affermava che “la creati-vità non sta nel trovare nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi”. È bastato guardare con curiosità quello che abbiamo da sem-pre sotto i nostri occhi, il patrimonio della nostra cultura popolare, ricco e spontaneo, tutto da scoprire.È bastato sfogliare un libro di poesie, è ba-stato fermarsi a leggerle e innamorarsene. È bastato pensare di realizzare un sogno: quello di poter ascoltare il rumore delle stagioni.I temi del progetto si condensano nei con-cetti di tempo, tradizione, musica, poesia.

every three years and subsequently on an annual basis.These are some authentic collections of po-etry, dedicated to the twelve months of the year, perceived in their perpetual repetition in time, related through their mutable cha-racters; precious concentrations of wisdom and universal experience where the au-thor blends literary elegance and a sharp analytic capacity of human nature, identi-fying himself with the sincerity of the com-mon man, the agricultural worker who sin-ks his hands into the soil, listening to it and discovering many secrets and perfumes.In his verses we can see the passing of the seasons which rhythmically reveal, through their increasing drift and unchanging, the daily life of the man from Friuli.The months fl ow from Zorutti’s pen and come to life transforming themselves into living and breathing characters, almost human, they take on original colours, unu-sual, they come forward in an easygoing captivating and colourful, though never ba-nal, way. And it is he himself who suggests the fi rst musical note, and he himself who makes it overlap the poetry like a perfect and natural puzzle, because his poetry is even now music.Listening to the sounds of the seasons: it is this, the simple and spontaneous approach that gave birth to the Coro Natissa’s Stro-lic, the idea to bring music and real genui-ne poetry closer together, the idea to give a sound effect to the seasons.Born from an idea of Maestro Luca Bonutti, Strolic has now become music thanks the compositive work of the Maestro Valter Si-vilotti, who skillfully inserted into it whole a male voice choir, the traditional musical means belonging to the folklore, a piano accordion, a guitar and a double bass, all instruments pertaining to popular music but here their virtuoso potentialities being wisely used, and last but not least a solo voice and a narrator.

Tempo: inteso come misura astratta, nel contesto della vita come ciclo che si ripe-te. Tradizione: identità e radici della nostra terra, ricerca dell’appartenenza, riscoperta delle cose che troviamo nel luogo della ter-ra dove il destino “decide” di farci nascere e vivere. Musica e poesia: motori per fondere parole e note.Ascoltare il rumore delle stagioni: è que-sto l’approccio semplice e spontaneo che ha fatto nascere lo Strolic del coro Natissa, l’idea di accostare la musica ad una poesia vera e genuina, l’idea di dare un effetto so-noro alle stagioni.Nato da un’idea del maestro Luca Bonutti, Strolic è diventato musica grazie al lavoro compositivo del maestro Valter Sivilot-ti, che ha inserito nell’organico un coro maschile, fi lologicamente mezzo canoro appartenente al folclore di tradizione, fi -sarmonica, chitarra e contrabbasso, tutti strumenti legati alla musica popolare ma sapientemente utilizzati nelle specifi che potenzialità virtuosistiche, ai quali si ag-giungono una voce solista e un narratore.Strolic è un invito all’ascolto del rumore della nostra terra, della nostra natura.E ad ascoltare ci sarà il bambino che è in ognuno di noi, quel bambino che si nascon-deva sotto le coperte per paura del tempo-rale che rumoreggiava in lontananza, con il brivido che percorre il corpo quando il freddo dell’inverno è alle porte. Ma ci sarà anche l’uomo che sa commuoversi, stupito e attonito di fronte alla natura che esplode in primavera in tutta la sua potenza nel mo-mento del grande risveglio: l’emozione dei sensi che percepiscono e ascoltano la forza e la bellezza dell’universo intero.

There is the belief that ideas do not just happen, Proust affi rms that “Creativity is not fi nding new panoramas, but having new eyes”.It was enough to look with curiosity at what we have under our noses, the patrimony of our popular culture, rich and spontaneous, all to be discovered. It was enough to look through a book of poems, then stop to read an fall in love with them. It was enough to think about realizing a dream: that of liste-ning to the sound of the seasons.The themes of the project condense into the concepts of time, tradition, music and poetry. Time seen as an abstract measure, in the context of life as a cycle that renews itself; tradition in the sense of identity, research of belonging, rediscovery of our own things from the place that destiny “allocate” for our birth and life; and music and poetry are, in short, motors that fuse words and notes.Strolic is an invitation to listen to the voice of our earth, of our nature. And listening will be the child in each of us, that trem-bling child, who used to hide under the blankets, fearful of the storms that rumbled in the distance when the cold of the winter drew near. But there will also be the man who can be moved, amazed and astonished at the sight of nature exploding, with all its power, in Spring, the time of the great awakening: the emotion of the senses which perceive and listen to the force and beauty of the entire universe.

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Nato nel 1983 a voci ma-schili, il Coro Natissa Aqui-leia conta oggi quaranta co-risti.Dal 1995 il maestro Luca Bonutti ha intensificato lo studio della tecnica vocale e ampliato il repertorio della polifonia sacra e profana con nuovi programmi di canto popolare, esecuzioni di opere di autori contemporanei e di-verse incisioni discografiche.Il Coro si dedica allo stu-dio di opere monografiche dell’Ottocento, collaborando frequentemente con forma-zioni orchestrali, artisti e solisti di livello: un impegno che gli ha consentito di esi-birsi in importanti concerti e rassegne in Italia e all’estero.Le due rassegne annua-li organizzate ad Aquileia nell’ambito del progetto Vo-calizzo Italiano sono ormai appuntamenti tradizionali nel panorama culturale loca-le e rappresentano un impor-tante momento di scambio con altri cori nazionali e in-ternazionali.Il repertorio comprende canti popolari del patrimonio friu-

P r i m i t e N o r i

Danilo Anzanel, Alturo Bertoldi, Fiore Boccalon, Fabio Cecchetto,

Federico De Fabrizi, Stefano Portolan,

Giuseppe Sfreddo, Michael Snidaro, Aldo Tortolo

S e c o N d i t e N o r i

Giuseppe Colla, Paolo Di Monte, Valter Facchinetti, Pietro Giacinto,

Paolo Moos, Luciano Moos, Paolo Polo,

Matteo Vindigni, Cristiano Zampar, Adriano Zentilin

B a r i t o N i

Andrea Bertossi, Giacomo Bonutti, Luca Cambi, Stefano Fiscal,

Odilio Franco, Luigi Goat, Roberto Ormelese, Sergio Puntin,

Luciano Sverzut, Franck Tomasini, Claudio Vazzoler

B a S S i

Enzo Antonelli, Nicola Bass, Omero Cominato, Alberto Facchinetti,

Gianluca Fontana, Adriano Negrini,

Rudi Puntin, Alessandro Scaramuzza, Silvano Vazzoler

il coro “Natissa” Aquileia

lano, nazionale e internazio-nale. Quello sacro include opere di autori classici e di compositori regionali.

Polifonia popolare Brani friulani, gradesi e giu-liani con particolare interes-se per le nuove composizio-ni di autori contemporanei dell’ambiente musicale re-gionale.Dal 2006 al 2013, il coro ha riproposto al pubblco, con i concerti “L’epoca d’oro della radio” e “Quando la radio”, le più belle canzoni della tradizione musicale ita-liana, riscuotendo ecceziona-le successo di pubblico e di critica. Il tour concertistico di questo spettacolo ha già registrato 38 repliche.

Polifonia sacra Il repertorio riunisce nu-merosi progetti musicali che hanno ottenuto ottimi riscontri di critica e di pub-blico. Tra gli ultimi proget-ti: Deuxième Messe di C. Gounod, Missa solemnis di C.A. Seghizzi, Messa di Santa Cecilia di Jacopo Tomadini, Vespergesang di

Felix B. Mendelssohn.Nel 2013 il Coro ha regi-strato trent’anni di attività e la Comunità di Aquileia gli ha conferito l’Aquila d’Oro 2013 “... per aver contribu-ito a diffondere con ottimi risultati il nome di Aquileia a livello nazionale e interna-zionale”.Per festeggiare il suo trenten-nale, il Coro ha presentato al pubblico Strolic - almanacco in musica, una composizio-ne dedicata ai dodici mesi dell’anno. Il debutto nell’am-bito della manifestazione in-ternazionale Mittelfest 2013 a Cividale del Friuli ha ot-tenuto un ottimo successo di pubblico e di critica. Con la riproposizione di Strolic nel successivo concorso Coro-vivo 2013 a Trieste, il Coro Natissa è stato pluripremiato con la qualifica di “coro di eccellenza” e con l’attribu-zione al proprio maestro del “premio speciale per l’origi-nalità della proposta”.

La sede del Coro Natissa è ad Aquileia (Ud), in Via Giovanni Minut. La sua attività può essere seguita nel sito www.coronatissa.org

il coro “Natissa” Aquileia

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SebaStiano ZorZa

Si forma presso la scuola del maestro Flocco Fiori, perfezionandosisuccessivamente con i mi-gliori concertisti e didatti dello strumento.Si impone in diversi concorsi nazionali e internazionali come solista e in gruppi da camera, ottenendo sempre i primi premi. La sua attività concertistica lo ha portato ad esibirsi in Francia, Belgio, Olanda, Germania, Canada, Croazia, Slovenia, Austria, Serbia, Svizzera, Russia, Lettonia, Estonia e Giappone.Ha tenuto due seminari sulla tecnica e il reperto-rio della fisarmonica al Conservatorio “Tomadini” di Udine.Considerevole la sua partecipazione nelle più importanti opere di Astor Piazzolla, oltre ad altrecol-laborazioni, anche in qua-lità di solista, con gruppi cameristici e orchestre. Nu-merose le esibizionianche come solista in vari teatri, Premio internazionale città

di Castelfidardo e in vari festival fisarmonicistici internazionali. Più volte invitato a rappresentare pri-me assolute con composi-zioni per gruppi da camera fisarmonica e orchestra e fisarmonica e coro per lui scritte dagli autori.È particolarmente attivo nella produzione disco-

vamente con l’orchestra di fiati “Corpo Bandistico Musicale Città di Cividale del Friuli” in qualità di di-rettore artistico e musicale e di coordinatore dei corsi musicali e della musica d’assieme.

omero antonutti

Attore e doppiatore. Noto al grande pubblico soprattutto per la sua attività di doppiatore, ha dato la voce a importanti interpreti internazionali. Voce narrante in film come “La vita è bella” e “Il me-stiere delle armi”, è stato continuativamente attivo anche come attore. Tra le sue interpretazioni: Padre padrone (1977); La notte di San Lorenzo (1982); Kaos (1984); Un eroe borghese (1995); I banchieri di Dio (2002); La ragazza del lago (2006); Miracolo a Sant’Anna (2008).

Dorina Leka

Cantante e cantautrice di origini albanesi, cresciu-ta a Trieste e residente attualmente a Monaco di Baviera, dove studia. Suona il pianoforte, ha frequentato il conservatorio per otto anni, e l’arpa cel-tica e ama tutta la musica. Inizialmente il pop, il mu-sical e la musica leggera, successivamente l’heavy metal, il dark, il gothic, il black metal, lo stoner rock, la musica celtica e la lirica. Nel 2010 ha partecipato anche alla trasmissione televisiva X Factor con indiscussi risultati di critica e di pubblico. Senza pregiudizi, con cu-riosità ed apertura mentale, la continua sperimentazio-ne e l’intensa attività con-certista le hanno permesso di essere vocalmente ver-satile, consentendole così di lavorare efficacemente sia dal vivo che in studio di registrazione.

mauro meroi

Nato a Udine nel 1963 si è diplomato in contrab-basso al conservatorio di Castelfranco Veneto con il massimo dei voti, sotto la guida del Maestro Franco Marzorati.Già durante gli studi l’atti-vità musicale è stata inten-sa: come solistadi contrabbasso e come or-chestrale in varie formazio-ni sinfoniche o da camera.Dopo gli studi ha privile-giato l’attività di contrab-bassista freelance, collabo-rando con varie orchestre sinfoniche e cameristiche eseguendo concerti sia in Italia e in Europa (Musik-verein di Vienna) e avendo la ventura di suonare con solisti come Mstislav Ro-stropovic, Misha Maisky, Severino Gazzelloni, Roc-co Filippini, Alain Meu-nier, ma anche con cantanti e gruppi di musica leggera e rock come Antonella Ruggiero, Alice, Gigliola Cinquetti e New Trolls.Si dedica alla trascrizione di brani per contrabbasso e pianoforte e per contrab-basso e orchestra.Dal 1989 collabora atti-

marko Feri

Nato a Trieste, ha intrapreso lo studio della chitarra di-plomandosi al conservatorio “Tartini”. Durante gli anni di studio ha ottenuto importanti rico-noscimenti in vari concorsi nazionali e internazionali per giovani concertisti. Si è poi perfezionato in varie masterclasses. Ha tenuto concerti in rasse-gne e festivals internazio-nali. È risultato vincitore del Premio “L. Caraian”

Strolic gli artiSti

grafica con più di quaranta incisioni e registrazioni radiotelevisive per Rtv Slo1, Rtv Slo2, Rai Radio Televisione Italiana, Ra-diotelevisione Giapponese, Rtv Zagreb, Rtv Serbia e la Radiotelevisione Canadese.Socio fondatore dell’associa-zione Canzoni di Confine

di Trieste, che ogni anno premia giovani musicisti ed artisti triestini, ha ottenuto il secondo premio al con-corso internazionale “F. Sor” di Roma ed il terzo al “N. Fago” di Taranto. Numerose sono inoltre le sue presenze in diverse formazioni cameristiche con una fitta attività concertisti-ca in importanti manifesta-zioni e festival musicali. È docente di chitarra presso la Scuola musicale Glasbe-na Matica “M. Kogoj” di Trieste e tiene numerose masterclass e seminari in Italia, Slovenia, Croazia.All’attività concertistica e didattica affianca collabora-zioni periodiche con la Rai. Ha curato un’antologia di musiche per chitarra di autori sloveni. È inoltre ideatore e direttore artistico del Festival Internazionale Chi-tarristico “Kras” (Slovenia).

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VaLter SiV iLotti

Ha studiato pianoforte e composizione presso il conservatorio “Tomadini” di Udine.Da qualche anno si dedica a un lavoro di (ri)composizione collaboran-do con artisti provenienti dal mondo della canzone d’autore: Silvio Rodriguez, Sergio Endrigo, Edoardo De Angelis, Rossana Casa-le, Tosca, Nicola Piovani, Giorgio Conte, Bruno Lauzi, Omara Portuondo, Ron, Elisa, Antonella Ruggiero, Alice, Milva, Francesco Di Giacomo, Amedeo Minghi, Alberto Fortis, Sergio Cammariere, Luca Barbarossa, Neri Marcorè. Ha collaborato con istituzioni musicali di spessore mondiale, italiane, europeee e d’oltreoceano.Ha scritto le musiche per “La variante di Luneburg”. Il balletto con musiche originali “Voglio essere libero” commissionato dal Mittelfest è stato presen-tato in prima assoluta il 22 Luglio 2009 in piazza Duomo a Cividale, risul-tando vincitore del “Premio Anita Bucchi” come miglior musica per balletto 2009. Ha scritto le musiche

per lo spettacolo teatrale “Metti in salvo il tesoretto” e gli arrangiamenti per il Memorial Katia Ricciarel-li. Le sue musiche hanno accompagnato l’evento “Ogni muro prima o poi cade”. È docente presso il conser-vatorio “Duni” di Matera.

LuCa bonutti

Inizia giovanissimo la sua attività di maestro di coro, contemporaneamente allo studio del pianoforte. Nel 1984 è vincitore del Concorso nazionale Cori Alpini alle Armi: primo premio assoluto con il coro Brigata Julia.Le sue esperienze maturano rapidamente grazie ai periodici corsi di approfondimento e di perfezionamento sotto la guida di docenti di fama internazionale.Tutto ciò gli consente di af-frontare repertori eteroge-

nei con l'esecuzione di opere inedite in diretta sinergia con compositori contempo-ranei. Collabora attivamente con formazioni orchestrali di eccellente livello, affron-tando repertori di musica sacra che spaziano dalla barocca alla contemporanea, nella veste di maestro di coro e di direttore d'or-chestra, con un attivo di numerosi concerti in Italia e all'estero, incisioni disco-grafi che, riconoscimenti e premi ottenuti in concorsi nazionali e internazionali. Parallelamente all'attività di-rettoriale si dedica a quella concertistica, con importanti esecuzioni come pianista accompagnatore e come voce solista, conseguendo brillanti consensi di di criti-ca e di pubblico.È ideatore e direttore arti-stico dei progetti “L'epoca d'oro della radio” e “Quan-do la radio...”, itinerari nei primi anni della radiodif-fusione, brillantemente riproposti in registrazioni discografi che e radiotele-visive.Nel 2013, nel prestigioso ambito internazionale di Mittelfest, è ospite con il progetto inedito Strolic, opera etnico-musicale da lui ideata e realizzata.Recentemente la Comuni-tà di Aquileia gli assegna il premio “Aquila d’oro 2013”, “... per l’attivismo e la dedizione dimostrati nel suo lavoro a favore del can-to corale e dell’immagine di Aquileia”.

PiEtRo ZoRuttiLonzano del Collio, 27 dicembre 1792 – Udine, 23 febbraio 1867

Strolici dodiCi MESi dEll’aNNo - alMaNaCCo iN MuSiCa

Traduzione italiana con testo originale a fronte

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Gennaio

Una nebbia fitta fittaNon si vede da qua a là:Questo è un tempo che mutaE finisce col nevicare.

La tramontana passa in rassegnaTutte le nuvole di sua competenza:E poi dopo le consegnaAllo scirocco… Staremo benòne.

Pieno di geloniCol naso gocciolanteVendendo ghiaccioliAvanzaL’inverno pigrone,E si stravaccaIn poltrona.Subito incominciaCon neve e bora;Con il cielo avvolto di nubiÈ una ghiacciaiaTutto il Friuli.

Ho reclamato molto contro il soleDicono che si sia fatto vecchio;Che si alza tardi e tardi va al suo dovere;Che ogni tanto si nascondeSotto qualche cumolo di nubi;E benchè mostri zelo per ciò che fa,Finchè dura l’orarioPare che stia sulle spine,E va a dormire con le galline;Ma è poi pronto a pretendere il suo salario.D’ora in avanti ne vedremo delle belle,Lasciate a me l’impiccio:Deve calare a luce di candela E sorgere due ore prima che faccia giorno.

Zenâr

Fisse fisse une fumateNo si viôt da ca a là:Chest 'l è un timp che si barateE al finìs cul neveâ.

Tramontan passe in rassegneDucj i nûi di sô rason,E po dopo ju consegneA Siroc... Starìn benon!

Plen di poleçs,Cul nâs gotant,Vendint sorbets,Ven indenantUnviar poltron;E si sdrauacheSul caregon.Subit al tacheCun nêf e buere;Fodrât di nûl'L è une glacereDut il Friûl.

Ai vût i grancj reclams cuintri il soreliDisin che al sei fat vieli;Che al jeve tart e tart al va al ufizi;Che ogni tant a si tire in ombrenûlSot cualchi bâr di nûl;E ben che al vanti il zelo pal servizi,Fin che al dure l'orariPâr che al stei su lis spinis,E al va a durmî cuan' che van lis gjalinis;Ma 'l è po pront a scuedi il so salari.Di ca indevant olìn vedele bieleLassait intric a mi:'L à di lâ sot al lusôr di cjandeleE scalçâ sù dôs oris denant dì.

Strolic i dodici mesi dell’anno

Registrazione effettuata nel febbraio 2014 nell’Auditorium Comunale di Precenicco (ud)

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Febbraio

Quel povero diavolo di sole,Mezzo intirizzito e vecchio,Appena sceso dal letto oggi all’alba,È caduto in pieno nella stretta del letto.Nessuno si è mosso; e lui è ancora lì!

Luna luna stizzosaCol garbìno (libeccio) è culo e camicia,Con la faccia intirizzitaIl sole esce dal nido,E da quanto si intuisceCosì l’inverno non finirà.

Non ci sono novità; incombeUn tempo nuvoloso e maliconico.

Si alza la luna piena,È rosso a ponente;Il cielo si rasserenaIn un istante.

Il sole, poltrone,Non fà che dormire;Si vede che è vecchioE stufo di servire.

Se gli pesa il servizioVada pure in pensione!...Signor no, servireGli sembra che gli dia un tono.

Alcuni altri soliLa pensano così;Sono stupidi, sono vecchi, Ma vogliono restare lì.

Se si decidesse a nevicareCosa dovremmo fare?M’insegnavano i poveri vecchiMangiare bene e bere meglio.

Fevrâr

Chel puar diaul di Soreli,Mieç imbramît e vieli,Biel dismontant di jet uê a pene dì,'L è colât a bot plen in canisele,Nissun si è mot; e lui al è ancjimò li!

Lune plene rebechide,Cun Garbin je cûl cusît:Cu la muse ingrisignideIl soreli jes dal nît,E par tant che si capìsCussì Unviar no la finìs.

E no son novitâts; al tire vieUn timp nulât e di malinconie.

Jeve la lune plene,Al è ros a ponent;Il cîl a si sereneIntun moment.

Poltron il soreliNol fâs che durmî;Si viôt che 'l è vieliE stuf di servî.

Se i pese il serviziChe al vadi in pension!...Siôr no, che l'ufiziI pâr che i dei ton.

Dei altris soreiLa pensin cussì;Son stupits, son viei,Ma uelin stâ li.

Se i saltàs di neveâCe varessino di fâ?M'insegnavin i puars vieiMangjâ ben e bevi miei.

La luna è piena – finisce il mese,Il tempo cambia – di male in peggio;Insisto e alzo la voce – non sono badato;Non ho più sul tempo – autorità;Nel quarto che viene – vogliamo sperare,Che qualche santo – mi aiuterà.

Con quattro dita di muffaEsce la luna piena;Scirocco le mette la cuffia,Garbìno gliela scompiglia…Avvisi di pieneEntro la settimana.

Marzo

Primavera si presentaCon il viso intirizzitoÈ il garbìno che la spaventaE per questo esitaA sbocciare come vorrebbe;E nel frattempo sta al riparo

Le stelle sono fitte fitteSplende la luna, e sembra d’argentoDorme Nettuno, tace il vento:Oh, che notte di Paradiso!

E mi sembra che l’atmosferaAbbia sentore di primavera.

Primavera entra in scenaAllo splendore della luna piena

Primavera è sull’uscio:Salta fuori la lucertola,Verso l’ora di mezzogiornoVa guardando dal buco il grillo;Su per i prati ci sono le cavalletteChe stendono le zampette;

La lune è fate - finìs il mês,Il timp va vie - di mâl in piês:Tontoni e sberli - no soi scoltât;No ai plui sul timp - autoritât;Ma il cuart che ven - olìn sperâ,Che cualchi sant - mi judarà.

Cun cuatri dêts di mufeJes fûr la lune plene;Siroc i met la scufe,Garbin je sfolmene...Indizis di montaneDentri 'ste setemane.

Març

Primevere si presenteCu la muse ingrisignide;'L è garbin che la spaventeE par chest a no si fideDi dâ fûr come vorès;E fratant a sta in ricès

Son lis stelis fissis fissisLûs la lune, e pâr d'arintDuar Netun, al tâs il vint:Oh, ce gnot di Paradîs!

E mi pâr che l'atmosfereVebi odôr di Primevere.

Primevere ven in seneA lusôr di lune plene

Primevere è su la puarte:Salte fûr la lisiarte,Cirche l'ore di misdìVa cucant pa buse il grì,Su pai prâts son i çupetsChe distirin i sghirets,

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Slungje il cuel, su pal cison,S'intortole l'urtiçon,E da pît je la violeOdorose che console;‘L è za in flôr il mandolâr,Al à i pindui il noglâr,E a la fin je la natureDute cuante in bolidure,E no si po plui tignî dûrSint bisugn di rompi fûr.

avrîl

Un' altre gnot di Avrîl

La gnot s'imbrune:Claris chês stelisClare chê lune!Ah sês ben bielis!Ce firmamentDut risplendent!

L'aiar cuiet...Nome ogni tantUn zefiretVa svintulantRosis e flôrsDi mil colôrs.

Je PrimevereInamorade,Svole lizereSpandint rosadeCu la zumielePar la taviele.

Cidin, cidinVen jù il roiuç;Alì vicinSon i uceluts

Allunga il collo verso la siepe,S’attorciglia il luppoloE sotto c’è la violaChe rigenera col suo profumo;È già in fiore il mandorlo,Ha gli amenti il nocciuolo,E alla fine è la naturaTutta quanta in ebollizione,E non può più tener duro:Sente il bisogno di irrompere fuori.

aprile

Un’altra notte d’aprile

Scende la notte scura:Chiare quelle stelleChiara quella luna:Ah! Siete proprio belle!Che firmamentoTutto risplendente!

L’aria quieta;Solo ogni tantoUno zefiro leggeroVa agitandoRose e fioriDi mille colori.

È Primavera Innamorata;Vola leggeraSpargendo rugiadaA piene maniPer la campagna.

Zitto, zittoScende il rigagnolo;Lì vicinoCi sono gli uccellini

IndurmidîtsIn tei lôr nîts.

Claris chês stelis,Clare chê lune!Ah sês ben bielis!Oh, ce fortune!Ce gnot d'incjantPar un amant!

Biele Rosine,Speranze mê,Venstu, ninine,Venstu cun me?Rosine ven;Za si olìn ben.

'Ste gnot beade,Prâts e taviele,Flôrs e rosade,La bavesele,Il firmament,Il cûr content;

Doncje, Rosine,Strenzimi al sen,Biele ninine...Cjâr il miò ben...Tu dei miei dîsIl paradîs!

Dut nus invideA fâ l'amôr;Nus è di guideChest gran splendôrDi lune e stelisSimpri plui bielis.

Gnot benedete,Pal nestri cûr!L'anime è nete,L'amôr 'l è pûr...

AddormentatiNei loro nidi.

Chiare quelle stelleChiara quella luna:Ah! Siete proprio belle!Oh, che fortunaChe notte d’incantoPer un amante!

Bella Rosina,Speranza mia,Vieni, mia cara,Vieni con me?Rosina, vieni…Già ci vogliamo bene.

Questa notte beata,Prati e campagna,Fiori e rugiada,La bavisella,Il firmamento,Il cuore contento;

Allora, Rosina,Stringimi a te,Mia cara!...Caro il mio bene!... Tu dei miei giorniIl paradiso!

Tutto ci invitaA far l’amore;Ci fa da guidaQuesto grande splendoreDi luna e stelleSempre più belle.

Notte benedetta,Per il nostro cuore!L’anima è limpida,L’amore è puro…

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Questa notte d’AprileVale per mille!

Belle giornateE notti stellate.

MaGGio

Questo mese ha un bell’aspetto.Soffia uno zefiro leggeroChe da mattina a seraCi mantiene serena l’atmosfera;E di un bel verde chiazzato,Con fiori d’ogni colore,Sono vestiti la collina e il prato,E in tutta la natura sboccia la passione.Il canto dell’usignoloRallegra il FriuliE gli asini beati fanno baldoria,Perché a loro non scade la prediale.

Perdìo, che brontoloni!

E che lampi e che tuoni! In tutti gli angoli!Escono in processioneNubi su nubi di mille schiereGrandissime enormi,E tutte con i giubboniLunghi fino ai talloni;Si mescolano fra loro, si danno spintoni,Inchini e riverenze.Jèhi! Che lampi, e che tuoni!...Arriva il temporale da Cormons,Lo mandano quei Baroni,Chiude e spalanca porte e portoni;Servi e padroniSi affrettano a farsi delle gran croci;Gli trema tutto ciò che hanno nelle brache,Signore che scalciano con le convulsioni,Vecchi che continuano a pregare,

'Ste gnot di AvrîlE vâl par mil!

Bielis zornadisE gnots steladis.

Mai

Chest mês 'l à un biel aspiet.Al zire un zefiretChe di matine e sereE nus manten serene l'atmosfere;E da un biel vert scjapizât,Cun flôrs d'ogni colôr,E je vistude la coline e il prât,E dute la nature va in amôr.Il cjant del rusignûlAl ralegre il FriûlE i mus beâts e fasin carnevâl,Tan' ben che a lôr non scjât la prediâl.

Cospetazzo di bio ce brontolons!

E ce lamps! e ce tons!Da par ducj i cjantonsDan fûr a procissionsNûi sore nûi di mil gjenerazionsGrandonons, grandonons,E ducj cun veladonsLuncs in fin ai talons;Si messedin fra lôr, si dan sburtons,Inchins e repetons.Jei ce lamps, e ce tons!Rive la buiadice da Cormons,La mandin chei Barons,Siare e spalanche puartis e portons;Servitôrs e paronsSpessein a fâ crosons;Ur treme dut ce che àn intai bragons,Sioris che scalzin cu lis convulsions,Vielis che sufin des orazions,

E fruts che vain cun tancj di lagrimons.E saltin fûr e ragns e scorpions,Famôs par dâ becons...E ce lamps! e ce tons!No son miche invenzions,Nancje esagjerazions...E si molin dal cîl ducj i cjalcons,La ploe ven jù a brentons,E sglonfe i spissulons,E la Tor imburide a cavalonsBat la sô strade senze oposizions.Ise cussì parons?E ce lamps e ce tons!

Jugn

Uê l'istât, come savês,Impastane la bandiere,E si pogn lunc e distêsSul biel jet di Primevere

Là sul racli la cialeIntal cjant e fâs furôrs;La pavee vistude in galeVa balant a bussâ i flôrs.

I odolins issûts dal scusÀn in cûr sô siore mari;Cumò son fûr dal patùs,Nol ocôr che jê s’afari.

O viôt cuaiis, o viôt pernîsPai agârs in confalon,Lâ pensant un di chescj dîsDi dâ 'e prole educazion.

Viôt... sun chest ai dit avondeE se us plâs voltìn discors:Pûr che il timp vadi a secondeStaran ben puars e siôrs...

E bambini che piangono con tanto di lacrimoni.E saltan fuori ragni e scorpioniFamosi per dar becconi…E che lampi, e che tuoni!Non sono mica invenzioni!Nemmeno esagerazioni…E si allentano dal cielo tutti i tappi,La pioggia viene giù a tinozze,E gonfia le cascatelleE il Torre impetuoso, coi cavalloni,Si fa largo senza freni.È così, signori?...E che lampi e che tuoni!

GiuGno

Oggi l’estate, come sapete,Pianta la bandiera, E si mette lunga e distesaSul bel letto della Primavera

Là sul ramo la cicalaCon il canto fa furori;La farfalla vestita a festaVa danzando a baciare i fiori.

I piccoli di allodola usciti dal guscioHanno nel cuore la loro signora mamma;Adesso che sono svezzati,Non occorre che lei si affaccendi.

Vedo quaglie, vedo perniciLungo i fossati fioriti di papavero,Andare ragionando uno di questi giorniDi dare alla prole un’educazione.

Guardate… su questo ho detto abbastanzaE se vi va bene cambiamo discorso:Purché il tempo sia favorevoleStaranno bene poveri e ricchi…

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Al met tante alegrie chest biel serenCh'ancje cun borse flape e si sta ben.

Viôt il soreli stracChe al va a durmî tal sac,Viôt la lune a jevâE fra i nûi a cucâ;Siroc al à la smare...La conseguenze è clare,Si po tirâle sôi;No ocôr di jessi in doi.

Zornadis benedetisSerenis e cuietis

lui

Il rusignûl al tâs:'L ûl gjoldi la sô pâs,Insegnâ la creanzeA la sô fiolanze,E nel ozi ogni tantLâ dant lezions di cjant.Co al tâs il rusignûl,Prin cantôr del Friûl,Subit daûr no faleDi tacâ sot la ciale,Sot un soreli ardintSturnint la puare int.Ancje culì in citâtVin une cuantitâtDi feminis che son piês des cialis...Nè 'l è câs di bonâlis.

Ce scjafoiaç!Cjadin i braçs;Il cjâf al zire,E no si sude,No si respireIn nissun sît;Se il timp nol mude

Mette tanta allegria questo bel serenoChe anche con la borsa vuota si sta bene.

Guarda il sole stancoChe va a dormire nel sacco,Guarda la luna alzarsiE fra le nuvole adocchiare;Scirocco ha le paturnie…La conseguenza è chiara,Si può starsene da soli;Non occorre essere in due.

Giornate benedetteSerene e quiete.

luGlio

L’usignolo tace:Vuole stare in pace,Insegnare la creanzaAlla sua figliolanza,E nell’ozio ogni tantoLasciarsi andare dando lezioni di canto.Appena tace l’usignolo,Primo cantore del Friuli,Subito dopo non mancaDi attaccare la cicala,Sotto un sole cocenteStordendo la povera gente.Anche qui in cittàAbbiamo una quantitàDi donne ben peggiori delle cicale…Non c’è modo di tacitarle.

Che àfa!Cadono le braccia;La testa gira,E non si suda,Non si respiraIn in alcun luogo;Se il tempo non cambia

O soi finît.

Come un cocâlNo viôt, no sint;Mi dûl un câl,Mi dûl un dint.Vegnie 'ste ploie?À pocje voe.L'arie infogadeDa in cuant in cuantCualchi bugade;Scûr 'l è Levant;Ancje a Siroc'L è cualchi floc,E su balconDi tramontan'L è un nuvolaçIn veladonDi chei capaçsO uê o doman,Di fâ burlaç.Vegnie 'ste ploe?À pocje voe.

Je lade in seneLa Lune Plene...Al strisse un lamp,Al pete un ton;Vegnin in cjampIn procissionDei nuvolaçsPar fâ burlaç.Lampe di ca,Tone di là...Cualchi saetePar barzelete …Dut il Friûl'Lè plen di nûl.Corpo di DianeE ce montane!Trotin ciarts nûiBlancs e pelôs...

Sono esaurito.

Come uno scioccoNon vedo, non sento;Mi duole un callo,Mi duole un dente.Viene ‘sta pioggia?Ha poca voglia.L’aria infuocataDà di quando in quandoQualche ventata;Scuro è a levante;Anche a sciroccoC’è qualche fiocco,E sul balconePosto a settentrioneC’è un nuvoloneCon la giubbaDi quelli in grado,Oggi o domani,Di scatenare il temporale.Viene ‘sta pioggia?Ha poca voglia.

È andata in scenaLa luna piena…Striscia un lampo,Scoppia un tuono;Scendono in campoIn processioneDei nuvoloniPer far temporale.Lampeggia di quaTuona di là…Qualche saettaPer divertimento…Tutto il FriuliÈ coperto di nuvole.Corpo di dianaChe acquazzone!Trottano certe nubiBianche e soffici…

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Ma di chei pôs!Ce batibui!...Un al avanze,Chel atri al fui...Ce batibui!Sin in belanze...Sango! e ce ton:Al ven il bon...Vês di scusâ,O no pues stâ;In presse in presse,Scugni molâ,Us plasie gruesse,O pûr minude?La olêso crude?La olêso cuete,Bagnade, o sute?...Ma za e sclopete;In presse in presseUs e doi dute,Gruesse o minude,O cuete o crude:Cjolile, us prei,Come che je;No'nd ai di mieiNancje par me.O cuete o crude,Gruesse o minude,Bagnade o suteUs e doi dute.

avost

Cjalt ecessîf, parons, cjalt che al sboenteE al fâs tirâ la lenghe tant che il brac;Intal cjamp al brustule la polenteE la tiare al ridûs come tabac.

L’albe è vicine:Ah, ce’ matine!

Ma quante!Che trambusto!...Una avanza,L’altra scappa…Che trambusto!Siamo incerti…Diamine! E che tuono!Arriva quello buono... Dovete scusarmi,Non posso più trattenermi;In fretta e furia,Devo scappare.Vi piace grossaOppur minuta?La volete cruda?La volete cotta?Bagnata o asciutta?...Ma già inizia a tuonare:Veloce veloceVe la dò tutta,Grossa o minuta,O cotta o cruda:Prendetela, vi prego,Così com’è;Non ho di meglioNeanche per me.O cotta o cruda,Grossa o minuta,Bagnata o asciuttaVe la do tutta.

aGosto

Caldo soffocante, signori, caldo che bruciaE fa tirar fuori la lingua quanto il bracco;Nel campo abbrustolisce la polentaE la terra riduce come tabacco.

L’alba è vicina:Ah, che mattina!

Cussì sereneE cussì pure.La lune plene,Flors e verdure;E ‘ste arïete…Ah, benedete!

Ninine ninine,Cheste matine,Chest àjar purMi van al cûr!‘O sint in meUn no sai ce’…Fuars ançe tu?...Ah di’-mi su!Di’-mi su prest…Çhare, ce’ sest!La rose e il florSpìrin amòr!Fuars ançhe tu…Vie di’-mi su!

Nine ninine,Cheste matine,In-te’l miò cûr,In fin che ‘o mûr‘E vivarà…No tornarà.

seteMbar

La lune che si screeE je une maravee;Je buine, je cuiete…Ce lune benedete!Cui sa cul timp a lâCe che deventarà?

O viôt l'albe in spolvarine,Sprofondude inte rosade,

Così serenaE così pura.La luna piena,Fiori e (verdura);E questo zeffiretto…Ah, benedetto!

Bimba bimba,Questa mattina,Questa aria puraMi vanno dritte al cuore!Sento in meUn non so che…Forse anche tu?...Ah, dimmelo!Dimmelo presto…Cara, che perfezione!La rosa e il fioreIspirano amore!Forse anche tu…Dai, dimmelo!

Cara bimba,Questa mattina,In te c’è il mio cuore,Fino a quando moriròEssa vivrà…Non tornerà.

setteMbre

La luna che si rinnovaÈ una meraviglia;È buona è tranquilla…Che luna benedetta!Chissà col trascorrere del tempoCome diventerà?

Vedo l’alba con l’impemeabile,Inzuppata dalla rugiada,

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No à bisugn di vintuline,E je l'arie rinfrescjade.

Rive autun biel nichilît,Cu la coce sul baston,Spiulant di vît in vîtNome cualchi raspolon.

Ma ce vegnial a fâ chenzi,Co nol à di puartâ vin?In chest câs o lu licenzi,E un altr'an s'intindarìn.

L'arie è dolce, il cîl seren,Baco al nade inte cucagne;Dut invide a la campagne,E fâs nausee la citât.

Caroçadis di lustrissins,Marcjadants e bogns parons,Van in vile a procissions,Van a gjoldi in libertât.

Siôrs e puars in confidenzeE si tratin fra di lôr;Là che al regne il bon umôrSon bandîts i compliments.

Viôt i capos di fameieFâ proviste di tinaçs,Vassiei, siessulis, spinaçs,Caratei, brentis e cuinçs.

Za si sintin pe tavieleSbotedôrs a sdrondenâ;Van in trop a vendemâUmign, feminis e fruts.

Par lis plantis sparniçâtsEmplin podinis e zeis;Cîr, sbisie enfri lis fueis,Nancje un gran al va di sbris.

Non ha bisogno di ventaglio,Perché l’aria è rinfrescata.

Arriva l’autunno molto debole,Con la zucca sul bastone,Spiluccando di vite in viteAppena qualche raspo.

Ma cosa viene a fare da queste parti,Se non deve portare vino?In questo caso lo licenzio,E il prossimo anno ci accorderemo.

L’aria è dolce, il cielo sereno,Bacco nuota nell’oro;Tutto è un invito alla campagna,Che nàusea la città.

Carrozzate di illustrissimi,Mercanti e ricchi padroni,Vanno al villaggio in processione,Vanno a godere in libertà.

Signori e poveri amichevolmenteColloquiano fra di loro,Dove regna il buonumòreSono banditi i convenevoli.

Guarda i capifamigliaFar provviste di tinozze,Barili, sèssole, spinelli,Botti, brènte e bigònce.

Già si sente per la campagna Il fragore di tinozze sbattute;Vanno in gruppo a vendemmiareUomini, donne e bambini.

Lungo i filari sparpagliatiRiempiono secchi e ceste;Cerca, fruga dentro le foglieNemmeno un chicco va perso

Vedè là chê fantacineBlancje e rosse come un flôr,Simpri al pâr dal so 'madôr,Fâ di voli e cisicâ;E co i capite par manUn rap d'ue che i pâr madûr:Cjo, i dîs, muart, po dami il rest.

Là massariis, camarelisSot lis strecis strauacadis,E si dan des gran spanzadisA lis spalis dal paron.

Ca pastôrs a pastorelisDucj insieme misturâts,Si tombolin su pai prâtsSglonfs di ue e pitiniçs.

Ca di ca... ma viôt za plensFoladôr, cjanive e cjase;E si fole e si travase,No si sint che tuf di vin.

E panolis cincuantinisVan in zîr, e pan cul ai;I bocâi sore i bocâiE sgliciin jù pai gargats.

Fasin gjonde mari e fie,Ritiradis tun cjanton;Cun d'un cjâf di sardelonA 'n’ distudin un bocâl.

Bêf il zovin, bêf il vieli,E di vin si fâs stranfum...Benedet pûr seal Autun,Che a ducj cuancj al fâs bon pro.

Jo fra ducj, jo sôl, puar diaul,Sut la gole, a bocje zune,Passi Autun cjalant la luneCul mio’ classic canocjâl.

Guarda là quella ragazzaBianca e rossa come un fiore,Sempre al fianco del suo moroso,Ammiccare e bisbigliare;E quando gli capita per manoUn grappolo d’uva che gli sembra maturo:Prendi, le dice, mòrdi, poi dàmmi il resto.

Là massaie, cameriereSotto le trecce delle pannocchie stravaccate,Si concedono grandi scorpacciateAlle spalle del padrone.

Qua pastori e pastorelleTutti insieme mescolati,Si rotolano lungo i pratiZeppi d’uva e rape.

Dalla parte opposta… ma guarda già pieniTinàia, cantina e cucina;E si pigia e si travasa,Non si sente che zaffate di vino.

E pannocchie di cinquantinoGirano, e pane con l’aglio;Boccali su boccaliScivolano giù per il gargarozzo.

Fan baldoria madre e figliaRitirate in un angolo;Con una testa d’aringaSpengono la sete vuotando un boccale.

Beve il giovane, beve il vecchio,E di vino si fa spreco…Eppure sia benedetto l’Autunno,Che a tutti regala buona sorte.

Io fra tutti, io solo, povero diavolo,Con la gola secca, a digiuno,Passo l’Autunno guardando la lunaCol mio classico canocchiale.

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Bielis zornadis, gnots di paradîs:Setembar al finìs ben i siei dîs..

otubar

Lune gnove, lune biele;Contadins, a vendemâSparniçaitsi pe taviele...Oplalèle, oplalà.

Si sbasse il soreli,'L infont il cerneliBielzà te marine:La gnot si avicine,La tiare s'imbrune,E si alze la lune,Lis stelis dan fûr;Content 'l è il miò cûr:

Fedêl e costant,Al spiete l'amant, Al brame il so Ben,Par strenzilu al sen.La tiare s'imbrune,Je biele la lune,Lis stelis son fûr,Content 'l è il miò cûr:Soi dongje il miò Ben,Lu strenç al miò sen:Nassude par Lui,No brami di plui.

Beade... feliç...Starìn simpri unîts,E olìn gnot e dìAmâsi cussì.

Belle giornate, notti di paradiso;Settembre finisce bene i suoi giorni.

ottobre

Luna nuova, luna bella;Contadini, per vendemmiareSparpagliàtevi per la campagna…Oplalèle, oplalà.

Si abbassa il sole,Affonda la fronteGià nella laguna:La notte s’avvicina,Si fa scuro sulla terra,Si alza la luna,Le stelle si accendono;Contento è il mio cuore:

Fedele e costante,Aspetta l’amante,Brama il suo Bene,Per stringerlo a sé.Si fa scuro sulla terra, È bella la luna,Le stelle brillano,Contento è il mio cuore:Son vicino al mio Ben,Lo stringo a me.Nato per Lui,Non bramo di più.

Beata… felice…Staremo sempre uniti,E vogliamo notte e dìAmarci così.

noveMbar

Chest l’è timp fat a propositPar stâ unîts sot il camin,Mangiâ bueris, bevi vin,Contâ flabis, e sorâ.

Cumò che soi fat vieliMi fâs mâl il soreli,E, cun dut il cjapiel,Mi travane il cerviel;Lis stelis vegnin, vadin,E plui e no mi abadin;Soi Strolic vieli e grîs,Nol è plui timp di amîs;Ma mi reste la lune,Che almanco al vebi une!Cun jê ai fat contrat;L’ai batude, la bat,E fin che o vivaraiSimpri la batarai.

DiceMbar

Lunari ti ai finît;Tu sês in libertât.Fuars non ti cjataran trop savorît,Che fi di pari vieli e carulâtNo tu pûs vê il vigôrDi tiei fradis nassûts nel timp passât;Ma tu cun muse francje e bon umôrVa là inzîr pal Friûl,Ualme cui che ti ûl,E sta lontan da chel,Che cu la piel di agnel,Pâr che sui lavris e ti mostri il cûr,E po di te al dîs plagas par daûr.

Pûr cun dut chest in plen,Il Friûl nus ûl ben.

noveMbre

Questo è tempo fatto proprioPer stare vicini accanto al focolare,Mangiare caldarroste, bere vino,Raccontare fiabe, e giocare.

Ora che sono diventato vecchioIl sole mi disturbaEppur con il cappelloMi penetra nel cervello;Le stelle vengono, vanno,E non più mi abbandoneranno;Sono Strolic, vecchio e grigio,Non è più tempo di amici;Ma mi rimane la luna,Almeno ne avessi una!Con essa ho fatto un contratto;L’ho detta, la dico,E fin che vivròSempre la dirò.

DiceMbre

Lunario ti ho terminato;Sei libero.Forse non ti troveranno tanto vivace,Perché figlio di padre vecchio e malandatoNon puoi avere il vigoreDei tuoi fratelli nati prima di te;Ma tu con viso franco e buon umoreVa in giro per il Friuli,Adocchia chi ti vuole,E sta lontano da quello,Che con la pelle d’agnello,Sembra che sulle labbra ti mostri il cuore,E poi di te dice calunnie dietro le spalle.

Pur tuttavia,Il Friuli ci vuol bene.

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Lunari benedet,Se mai il timp ti permet,Orès che tu rivassis aTriest;Co tu sês là, di tîr va a gjoldi il frescSul ribat del librâr Carlo Tedesc.Negoziant onest,Ti tratarà cun dute cortesie,E ti presenteràA chei che passin vie.

Se ti vanze miez'ore,Fati puartâ dal vintA Capodistrie; là che buine int,Va par tiare, par mâr,Par dut là che ti pâr;O ti auguri fortune,E o riten par sigûr,Nè in presint, nè in futûr,Che non tu mi farâs bati la lune.Che il forestîr onôr,Ti farà buine cere;E tu i dirâs, che dentri PrimevereCui sa che no sbrissàsFin là a fâ cuatri pas;E dii che tal miò petJe vive la memorie del acetChe mi àn fat tal an passât,Ma pecjât che eri fl ap e mâl montât,Fi miò cjâr, e tu sês in libertât.

Sofl e il vint, e al scomenze a neveâ:Po dirês che no ai cûr di induvinâ.

Lunario benedetto,Semmai il tempo te lo consenta,Vorrei che tu arrivassi a Trieste;Quando sarai là, vai subito a godere il frescoSotto il portico del libraio Carlo Tedesco.Negoziante onesto,Ti tratterà con tutta la cortesia,E ti presenteràAi passanti.

Se ti avanza mezz’ora,Fatti portare dal ventoA Capodistria; laddove buona gente,Va per terra, per mare,Ovunque ti pare;Io ti àuguro fortuna,E ritengo per certo,Che, né ora né in futuro,Tu non mi farai inquietare.Che l’onore forestiero,Ti darà lustro;E dirai loro, che entro primaveraChissà che non faccia una capatinaFin là a fare quattro passi;E di’ loro che nel mio pettoÈ viva la memoria dell’accoglienzaChe mi hanno riservato l’anno scorso,Ma peccato che ero spossato e stavo male,Figlio mio caro, ti lascio in libertà.

Soffi a il vento, e comincia a nevicare:Poi direte che non sono capace d’indovinare.

� BENACCHIOAzienda AgricolacerViGNaNo DEL F.

a Trieste, già in Contrada Riborgo, dal 1630

F A R M A C I A

PROVINCIA DI UDINEComune di Aquileia

Comune Precenicco

P U B B l i c i tÀ & M A r K E t i N G

COMUNE DI CORMONS

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Lunari benedet,Se mai il timp ti permet,Orès che tu rivassis aTriest;Co tu sês là, di tîr va a gjoldi il frescSul ribat del librâr Carlo Tedesc.Negoziant onest,Ti tratarà cun dute cortesie,E ti presenteràA chei che passin vie.

Se ti vanze miez'ore,Fati puartâ dal vintA Capodistrie; là che buine int,Va par tiare, par mâr,Par dut là che ti pâr;O ti auguri fortune,E o riten par sigûr,Nè in presint, nè in futûr,Che non tu mi farâs bati la lune.Che il forestîr onôr,Ti farà buine cere;E tu i dirâs, che dentri PrimevereCui sa che no sbrissàsFin là a fâ cuatri pas;E dii che tal miò petJe vive la memorie del acetChe mi àn fat tal an passât,Ma pecjât che eri fl ap e mâl montât,Fi miò cjâr, e tu sês in libertât.

Sofl e il vint, e al scomenze a neveâ:Po dirês che no ai cûr di induvinâ.

Lunario benedetto,Semmai il tempo te lo consenta,Vorrei che tu arrivassi a Trieste;Quando sarai là, vai subito a godere il frescoSotto il portico del libraio Carlo Tedesco.Negoziante onesto,Ti tratterà con tutta la cortesia,E ti presenteràAi passanti.

Se ti avanza mezz’ora,Fatti portare dal ventoA Capodistria; laddove buona gente,Va per terra, per mare,Ovunque ti pare;Io ti àuguro fortuna,E ritengo per certo,Che, né ora né in futuro,Tu non mi farai inquietare.Che l’onore forestiero,Ti darà lustro;E dirai loro, che entro primaveraChissà che non faccia una capatinaFin là a fare quattro passi;E di’ loro che nel mio pettoÈ viva la memoria dell’accoglienzaChe mi hanno riservato l’anno scorso,Ma peccato che ero spossato e stavo male,Figlio mio caro, ti lascio in libertà.

Soffi a il vento, e comincia a nevicare:Poi direte che non sono capace d’indovinare.

� BENACCHIOAzienda AgricolacerViGNaNo DEL F.

a Trieste, già in Contrada Riborgo, dal 1630

F A R M A C I A

PROVINCIA DI UDINEComune di Aquileia

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P U B B l i c i tÀ & M A r K E t i N G

Si ringraziano:

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