RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
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RIASSUNTI STORI: RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
1. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Tra la fine del 700 e gli inizi dell‟800, in Inghilterra prese avvio la rivoluzione industriale, caratterizzata da un
sistema fondato sulla fabbrica. Le trasformazioni più evidenti che ci furono alla fine del 700 furono la diffusione
di fabbriche, che causarono di conseguenza lo sviluppo delle industrie, le quali andarono a scapitodell‟agricoltura, e la formazione di nuovi ceti sociali. Per tutti questi fattori, la rivoluzione industriale, con la
rivoluzione francese, portò alla nascita di una nuova età, chiamata contemporanea. Tale età era costituita da
una mentalità più aperta, in quanto era propensa alle innovazioni e ai mutamenti. A distanza di tre secoli, la
rivoluzione industriale, se da un lato era fonte di benessere e di ricchezze materiali , dall‟altro non portava quella
felicità indispensabile al progresso economico e sociale. Alla fine del „600 l‟Inghilterra possedeva caratteristiche
simili a quelle di altri paesi europei, in quanto l‟attività che dominava era l‟agricoltura, infatti l‟80% degli abitanti
lavoravano i campi e vivevano dei prodotti della terra, mentre l‟attività industriale (quella tessile era quella che
prevaleva tra tutte) veniva svolta a livello famigliare. Una buona parte del prodotto ricavato da tali attività era
destinata all‟autoconsumo, mentre l‟altra parte al commercio se pur a livello locale o al massimo regionale. La
popolazione era dispersa nelle campagne e, per questo motivo, gli scambi commerciali erano precari dovuti allascarsità di vie di comunicazioni interne.
Lungo intervalli di tempo vi furono delle oscillazioni per quanto riguarda la crescita economica, in quanto essa
doveva combattere contro quelle leggi naturali che determinavano uno squilibrio tra la popolazione e le risorse
naturali alimentari. A questa situazione “maltusiana” si aggiunse la “strozzatura” energetica a causa della
diminuzione delle fonti disponibili, ossia acqua, aria, animali, lavoro umano. Se molti erano dunque gli elementi
che accumulavano l‟Inghilterra al resto d‟Europa, molte erano anche le differenze tra questi. Lo scrittore inglese
Eric Hobsbawn affermo che la Gran Bretagna colpì un viaggiatore un viaggiatore straniero come un paese
ricco, soprattutto per il suo commercio e al suo spirito d‟iniziativa; un paese in cui vi era la tolleranza e la
libertà, fattori collegati a loro volta con il commercio. E anche se il paese non spiccava per il suo spirito e la sua
voglia di vivere, possedeva un‟economia tra le più fiorenti, e vantava abilità nei campi scientifici, tecnologico e
letterario
2. LE PREMESSE DELL‟INDUSTRIALIZZAZIONE IN INGHILTERRA
Nei primi cinquant‟anni del „700 il commercio inglese si rafforzò a livello mondiale, tralasciando una caduta
avvenuta durante gli anni della guerra d‟indipendenza degli Stati Uniti. La riduzione dei rischi legati al
commercio oltremare e l‟aumento dei profitti, insieme alla politica del governo inglese che si impegnò per
ridurre il potere delle grandi compagnie privilegiate, consentirono l‟ingresso di uomini nuovi con libera iniziativa.
Londra sviluppò una fitta rete di servizi di credito e assicurazioni, assumendo così il ruolo di capitale finanziaria
di tutta l‟Europa. Il tratto più significativo che caratterizzò la rivoluzione industriale fu il commercio estero. Ciò
che fornì un rapido e poco costoso rifornimento di cotone, materia prima essenziale alla nascita delle moderne
industrie tessili che garantì un ampio mercato di vendita per i prodotti inglesi, fu il controllo del mercatointernazionale. Inoltre, tale sviluppo commerciale, aumento la disponibilità di tutti quegli uomini dotati di una
grande mentalità, di una disponibilità ai rischi e soprattutto di spirito d‟iniziativa, indispensabile per sostenere
una crescita economica. Nel corso del „700 l‟agricolura ebbe dei profondi mutamenti che causarono la
rivoluzione industriale, dove il possesso delle terre si concentrò nelle mani di pochi grandi e medi proprietari,
cosicché le tradizionali figure di piccoli proprietari e contadini autonomi vennero sostituiti da un nuovo ceto di
braccianti. Tale trasformazione, dovuta alla rimozione delle terre comuni , fu accompagnata alla nascita di
nuove tecniche agricole e all‟adozione di nuovi sistemi di rotazione. Grazie a questi fattori ci fu un aumento
della produzione, al quale contribuirono sia l‟incremento della produttività sia l‟estensione delle terre coltivabili.
La drastica riduzione dell‟autoconsumo e l‟aumento dei redditi agricoli, fecero nascere un vivo mercato interno
che, grazie al miglioramento delle vie di comunicazione, divenne sempre più unito. Tale miglioramento avvennesu varie parti: ci furono nuovi sistemi di pavimentazioni che resero percorribili le strade anche durante le
stagioni più piovose; fu molto importante l‟espansione dei canali navigabili, poiché attraverso questi fu possibile
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il trasporto di materiali pesanti, come il carbonio e il ferro, i quali ebbero un ruolo determinante nella rivoluzione
industriale, infine ci fu un miglioramento della rete viaria. La rivoluzione agricola contribuì ad avviare il processo
di industrializzazione, in quanto contribuì alla formazione del mercato interno, sopperì il fabbisogno alimentare
di una popolazione in rapida crescita e favorì lo spostamento delle campagne consentendo così la nascita del
proletariato industriale. Strettamente legata al mondo delle campagne fu la rivoluzione demografica. Infatti
l‟Inghilterra dai 6 milioni di abitanti del 1740, cifra che rimase stabile per molti decenni, passò agli oltre 14 miladel 1830, grazie soprattutto al notevole aumento della natalità, reso possibile a causa dell‟abbassamento
dell‟età del matrimonio e un aumento di matrimoni stessi in coincidenza con una maggiore disponibilità di
alimenti. Di conseguenza, tale crescita demografica, determinò una manodopera numerosa e a basso costo.
Tutto ciò, però, non elimina l‟insieme di ragioni che consentono all‟Inghilterra di realizzare la prima rivoluzione
industriale, infatti bisogna ricordare alcune particolarità del sistema politico, in quanto questo fu stabile, ci fu un
rafforzamento del ruolo del Parlamento, la popolazione inglese appariva più colta, aperta alle innovazioni,
rispetto a quelle continentali. Ma ciò che avviò realmente la rivoluzione industriale furono le innovazioni
tecnologiche e la progressiva introduzione del sistema di fabbrica.
3. IL PROGRESSO TECNOLOGICOIl termine invenzione indica la scoperta di una determinata tecnica, mentre il termine innovazione indica la sua
applicazione. Così non è l‟invenzione in quanto tale che determina il cambiamento, ma è la sua applicazione
che costituisce il cuore della trasformazione tecnica. In questo campo la rivoluzione industriale segna il
passaggio da una fase in cui il progresso scientifico era caratterizzato da scoperte saltuarie a una fase in cui ci
fu un flusso di innovazioni, determinando così dei profondi cambiamenti e diffondendo l‟idea del nuovo come
evento necessario. Tali mutamenti interessavano i settori riguardanti le macchine utensili, generatrici di forza
motrice e l‟estrazioni e la lavorazione delle materie prime, in particolare il carbone e il ferro. Nel settore delle
macchine tessili, la reciprocità del rapporto tra invenzione – produzione era evidente, infatti l‟invenzione della
navetta volante, inventata da John Kay, migliorò il rendimento del telaio e consentì a sua volta, in una serie di
anni, il passaggio alla completa meccanizzazione della filatura. La tessitura allora si trovò a dover lavorare unaquantità esagerata di filati non idonee alla sua capacità produttiva, tale squilibrio venne risolto con l‟invenzione
del telaio meccanico di Edmund Cartwright. L‟altro passo verso la modernizzazione fu l‟utilizzo del vapore come
forza motrice. Dopo la costruzione delle prime macchine a vapore, inventate da James Watt, divenne sempre
più conveniente utilizzare una forza motrice alimentata da un combustibile, il carbonio, di cui l‟Inghilterra
possedeva ricchi giacimenti, di conseguenza, vapore e carbonio divennero gli strumenti necessari per il
progresso. Nel 1800 erano in funzione 1000 macchine a vapore e nel 1815 la popolazione era già cresciuta di
20 volte. Tutte queste innovazione furono soluzioni pratiche a problemi concreti, e gli inventori uomini
possedenti diverse culture e classi sociali.
4. L‟INDUSTRIA DEL COTONE
L‟attività industriale che prima si avvalse dai mutamenti nelle tecniche e nei sistemi di organizzazione fu quella
cotoniera. Nel 1760 l‟Inghilterra importava 2,5 milioni di libbre di cotone greggio, nel 1787 l‟importazione era
salita a 22 milioni, per arrivare cinquant‟anni dopo a 366 milioni. All‟inizio della rivoluzione indu striale
l‟Inghilterra brillava nei manufatti di lana, mentre il cotone veniva adoperato prevalentemente per la lavorazione
di tessuti misti, insieme alla lana e al limo. Questa lavorazione veniva svolta perlopiù a domicilio e la qualità era
mediocre. La lavorazione industriale del cotone si basava su tecnologia particolarmente innovative, ma con un
costo limitato. Il fattore indispensabile per l‟industria nascente era la disponibilità di manodopera, la quale non
richiedeva alcune specializzazione, data la f acilità della manovra delle nuove macchine tessili. L‟espansione
demografica e la possibilità di utilizzare nelle industrie donne e bambini fornirono all‟industria la quantità di
individui necessari a basto costo per poter entrare nel mercato a prezzi comp etitivi e sostenere l‟ampliamento
delle richieste. Infine i prodotti cotonieri poterono essere venduti a prezzi sempre più bassi, tali da consentire il
loro acquisto a tutte quelle popolazioni che si affacciarono la prima volta nel mercato, e da incentivare il
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consumo da parte di quei settori sociali con maggiore disponibilità economiche, attratti dal miglioramento della
qualità.
5. L‟INDUSTRIA DEL FERRO
La progressiva meccanizzazione dipendeva da investimenti in nuove attrezzature e macchine costituite
prevalentemente da ferro. L‟industria siderurgica per far fronte a tale meccanizzazione modificò la sua strutturae in particolare introdusse nuove tecnologie. Tuttavia, questo settore aveva subito un prolungato periodo di crisi
dipeso dalla scadente qualità del ferro inglese e dalla ridotta disponibilità di energia. Il combustibile adoperato
negli altiforni era costituito dal carbone di legna, una risorsa in via di esaurimento a causa della crescente
richiesta di legname e di una riduzione di foreste. I tentativi di sostituire il carbone di legno con il coke, materia
prima largamente disponibile nel sottosuolo inglese, incontrò diverse difficoltà legate alla qualità dei minerali di
carbonio e ferro: il primo infatti era caratterizzato da una combustione lenta e incompleta, mentre il secondo era
ricco di impurità e richiedeva temperature più elevate di quelle che si potevano raggiungere in un tradizionale
altoforno a coke. La conseguenza a questo problema fu la crescente importazione di ferro dalla Svezia. Le
macchine a vapore e il sistema di Henry Cort mutarono totalmente tale situazione, permettendo sia la
produzione di ghisa, lega di ferro e carbonio, di buona qualità, sia un notevole abbassamento dei costi. Laproduzione di ghisa crebbe enormemente e dal 1812 l‟Inghilterra diventò un paese esportatore. Fra il 1775 il
1779 vene costruito, sul fiume Severn, il primo ponte interamente di ghisa con una luce di 30 metri e nel 1796
un altro ponte in ghisa in Suderland, con una luce di 71 metri.
6. LA FABBRICA E LE TRASFORMAZIONI DELLA SOCIETA‟
In Inghilterra fino alla metà del 700 la maggior parte delle attività lavorativa si svolgevano nelle botteghe, o più
comunemente nei sobborghi e nelle campagne. Con l‟introduzione delle macchine e del vapore questo sistema
venne progressivamente demolito e il lavoratore divenne un operaio salariato, il quale dovette abbandonare
tutte le attività intraprese nell‟ambito familiare, in particolare quelle agricole, e sottoporsi alla dipendenza del
padrone in cambio di una somma di denaro minima giornaliera; inoltre cominciò ad eseguire solo un‟operazioneparziale in quanto vi era la divisione del lavoro, che aveva il compito di semplificare le operazioni in cui era
suddiviso. Come scrisse l‟americano David S. Landes, l‟operaio era considerato non più che una “mano”.
Inoltre, a quasi tutti, le macchine imposero una nuova disciplina, in quanto ci fu una nuova organizzazione assai
fiscale, dove il lavoro doveva essere svolto in una fabbrica con un ritmo ben stabilito nell‟ambito di una schiera
numerosa di operai che doveva cominciare, sostare e finire tutti allo stesso momento. Di conseguenza, la
fabbrica era un nuovo genere di prigione, e l‟orologio un nuovo genere di carceriere. L‟attività lavorativa si
concentrò progressivamente nei centri urbani che crebbero enormemente, infatti Manchester, che divenne il più
importante centro dell‟industria cotoniera, moltiplicò di sei volte la sua popolazione. Le fabbriche imposero
condizioni di lavoro molto gravose, in quanto donne e bambini vennero sottoposti a livelli disumani di
sfruttamento e lavoravano dalle 12 alle 16 ore al giorno, inoltre erano costretti a vivere in situazioni
sovraffollamento, in condizioni igieniche pessime e con un‟alimentazione povera di quantità e qualità. Fu tra i
lavoratori a domicilio, gli artigiani e gli individui del settore tessile che si diffuse il luddismo,movimento che
prese nome dal leggendario tessitore Ned Ludd, che fu una delle prime manifestazioni di ribellioni a queste
condizioni, in quanto questi cominciarono a distruggere macchine tessili, e tale atteggiamento fu la principale
lotta adottata dagli operai in quel periodo. I luddisti sono stati considerati a lungo gli iniziatori di una rivolta assai
caotica e disorganizzata; secondo lo storico Eric Hobsbawm, contro i luddisti si schierarono più soldati di quelli
condotti dal duca Wellington nella penisola iberica per combattere Napoleone.
7. ARRESTRATEZZA E SVILUPPO NELL‟EUROPA CONTINENTALE
Il nuovo sistema produttivo si affermò nel resto d‟Europa e negli Stati Uniti a partire dal 1830 circa. Da allora il
capitalismo cominciò a costituire il principale elemento delle trasformazioni dell‟intera società economica e
sociale. Ma per quanto riguarda l‟Europa continentale possiamo dire che questa era un‟Europa prein dustriale,
che non presentava segni di radicale rottura, ma che comunque era essenzialmente agricola e che l‟agricoltura
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era ancora tecnicamente arretrata. I mutamenti principali di questo periodo si limitavano al perfezionamento
delle tecniche già esistenti. Di concimi artificiali si cominciò a parlare solo dopo il 1840, grazie al grande chimico
Justus von Liebig. Questa arretratezza dell‟agricoltura era legata non solo dai fattori tecnici, ma anche dalla
frammentazione del mercato, in quanto i trasporti erano lenti e a loro volta ostacolati dalla presenza di un gran
numero di barriere doganali, fra stato e stato e addirittura all‟interno di ogni singolo stato, e tutto ciò impediva
alla produzione agricola di entrare a far parte del mercato mondiale o nazionale. In questo periodo ci furonodue grandi carestie, quella del 1816-17 e quella del 1846-47, entrambe causate dai cattivi raccolti. Quest‟ultima
crisi fu perlopiù causata dal diffondersi di una malattia della patata , che in alcune zone, come l‟Irlanda e
l‟Europa centrale, era diventata la principale alimentazione. Questa carestia colpì soprattutto la poverissima
Irlanda, in cui quasi un milione di persone su un totale di 9 milioni morirono, e altrettante furono costrette ad
emigrare verso il Nord America. Tuttavia ci furono degli importanti fattori di crescita e di progresso, in quanto ci
fu un grande aumento della popolazione che determinò anche l‟ampliamento del mercato, ed è proprio per
questo motivo che il commercio internazionale e la produzione agricola e manifatturiera andarono sempre
crescendo, tralasciando i periodi di crisi qui sopra citati. Un altro fattore di crescita fu il progresso scientifico, in
quanto si verificarono numerose e significative scoperte scientifiche: alcune teoriche, come quelle sul calcolo
della probabilità di Carl Friedrich Gauss, quelle sulla termodinamica di Nicolas Carnot, e alcune pratiche, comequelle sui campi magnetici di Michael Faraday o quelle sulla chimica organica di Liebig. Nel campo delle
scienze pratiche, la novità più rivoluzionaria fu l‟uso della macchina a vapore, dove la prima nave a vapore fu
costruita nel 1803 da Robert Fucton. Sempre negli stessi anni furono realizzate in Gran Bretagna le prime
locomotive, dove la macchina più perfezionata fu utilizzata per il trasporto del carbone in una miniera.
L‟esigenza di trasportare quantità sempre maggiori di carbone portarono la necessità di far viaggiare i vagoni
su rotaie fisse di metallo e di farle trainare da macchine a vapore mobili. Facendo ciò si otteneva un risparmio
tale da portare gli investimenti alla costruzione di vere e proprie linee ferroviarie su percorsi più lunghi. Fra il
1830 e il 1850 furono costruiti in Gran Bretagna 11000 Km di ferrovie; anche gli altri paesi del vecchio
continente e gli Stati Uniti cominciarono durante questi anni a progettare treni e strade ferrate, ma solo dopo la
metà del secolo le ferrovie conobbero una vera e propria esplosione su scala europea. Comunque, già neglianni ‟30 e ‟40, la locomotiva e la ferrovia, divennero una specie di simbolo del progresso.
8. L‟INSUTRIALIZZAZIONE DELL‟EUROPA CONTINENTALE
Nei paesi dell‟Europa continentale l‟affermazione dell‟industria moderna fu molto lenta e difficile. I capitali erano
ovunque scarsi e si indirizzavano verso gli investimenti della terra, in quanto ritenuti più sicuri. Il sistema
bancario era in genere poco sviluppato ed era più orientato verso la ricerca finanziaria, che verso gli
investimenti produttivi. Il tenore di vita della maggioranza della popolazione era molto più basso rispetto alla
Gran Bretagna, e ciò limitava la capacità di prendere dei prodotti industriali da parte di un mercato già
indebolito e frammentato da numerosi ostacolo, sia naturali sia artificiali. In queste condizioni l‟investimento
delle macchine comportava dei grossi rischi. Ma nonostante la presenza di tutti questi fattori negativi, alcuni
nuclei di industria moderna, in particolare nei settori tessili e meccanici, riuscirono ad affermarsi, già dopo il
1815, in quelle zone privilegiate favorite dalla ricchezza del sottosuolo, dalla disponibilità di energia idrica, dalla
posizione geografica, dalla crescita socio-politica (crescita della borghesia, declino delle aristocrazie terriere).
Intorno al 1830 ci fu un parziale miglioramento dell‟economia e u na serie di rivolgimenti politi, quali
l‟affermazione della monarchia borghese in Francia, l‟indipendenza del Belgio, l‟Unione doganale tedesca. Il
Belgio, grazie ai suoi stretti rapporti con la Gran Bretagna e alle ricchezze dei suoi giacimenti carboniferi, riuscì
ad avere in questo periodo il primato fra i paesi dell‟Europa continentale. La Francia era lo stato più ricco dopo
la Gran Bretagna e più popolato dopo la Russia, vantava un alto livello scientifico e tecnologico e vantava un
industria manifatturiera abbastanza sviluppata. Ci furono dei progressi importanti nel settore cotoniero e laniero
e anche in quello siderurgico e meccanico, il numero delle macchine a vapore passò da meno di 1000 per
arrivare dopo 13 anni a quasi 45000, ma comunque, le macchine presenti in Francia erano 5 o 6 volte inferiori
rispetto alla Gran Bretagna. A impedire un rapido decollo fu la stessa struttura rurale francese, che teneva nelle
terre capitali e forza-lavoro, anziché mandarli nelle industrie. Nei paesi della Confederazione germanica fu
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ancora più difficile, in quanto questa fu in certi sensi più arretrata rispetto alla Francia, a causa del numero di
macchine a vapore e della conseguente produzione quantità del ferro e del carbone; inoltre, ci fu un ritardo
anche nel settore tessile. Nonostante ciò in questi anni furono poste alcuni obbiettivi, ossia il completamento
dell‟unione doganale, la costruzione di una rete ferroviaria abbastanza estesa e l‟affermarsi di una scuola
prestigiosa filosofica. Era invece diversa l‟evoluzione dell‟impero asburgico, dove esistevano alcuni nuclei
industriali in Austria e in Boemia e vi era una buona amministrazione, un discreto livello di istruzione e unabuona rete stradale. Al di fuori di questi paesi l‟industria moderna era praticamente sconosciuta.
9. SALARIATI CONTRO IMPRENDITORI
Lo sviluppo e la diffusione dell‟industria moderna comportarono profondi mutamenti anche a livello della
struttura sociale. Al concetto di ceto si sostituì quello di classe, definito in base al rapporto svolto nel processo
produttivo di una società che assicurava l‟uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. L‟antagonismo che si
stava verificando non era più quello tra il popolo e l‟aristocrazia, ma fra il borghese, proprietario di mezzi di
produzione, e il proletario, ossia un lavoratore salariato. Imprenditori e salariati erano invece i protagonisti della
Gran Bretagna, dove in quest‟ultima la borghesia svolgeva un ruolo primario, una parte di questa borghesia
tendeva a imborghesirsi, lo sviluppo delle fabbriche stava concentrando in alcune città una massa di lavoratorisempre più consistenti, i quali vivevano in condizione sempre estremamente disagiate. Le prime ribellioni
contro i sistemi delle fabbriche furono in mano ai luddisti. Negli anni ‟20 g li operai inglesi iniziarono a
intraprendere forme di ribellioni pacifiche, quali manifestazioni, scioperi, ecc. da queste lotte nacquero le prime
Trade Unions, ossia dei nuclei originari di un movimento sindacale destinato a grandi sviluppi. Nei paesi
dell‟Europa continentale, il processo di formazione dello sviluppo del proletariato della fabbrica e della crescita
delle organizzazioni operai fu più lenta. Tuttavia, anche nei paesi “secondi arrivati” sulla via
dell‟industrializzazione, la questione operai si impose all‟attenzione dell‟opinione pubblica e delle classi
dirigenti. Nei ceti urbani benestanti si diffondeva la contrapposizione tra classi lavoratrici e classi pericolose,
d‟altra parte cresceva il numero di coloro che individuavano nella classe operaia non solo la principale vittima
sociale, ma anche la maggiore protagonista di un processo rivoluzionario che originava un nuovo assetoeconomico e politico.
SECONDO CAPITOLO
1. DALLA GRAN BRETAGNA ALL‟EUROPA
L‟accrescersi del primato europeo. Angus Maddison, uno dei maggiori economici viventi, ha elaborato una
serie di statistiche sullo sviluppo economico dall‟antichità ad oggi, prendendo in considerazione la crescita
della ricchezza prodotta dall‟Europa e dalla Cina nel corso dell‟età medioevale. Da tale confronto
emergono due fattori significativi: uno riguarda la distanza della crescita dello sviluppo europeo con le altre
aree del mondo a partire dal 500, e l‟alta riguarda nel fatto che a metà 800 dove la divergenza tra
l‟economia del Vecchio continente e quella degli altri subì un ennesimo allargamento, dovuto alla diffusione
della diffusione dell‟industrializzazione. All‟inizio del nuovo secolo, la rivoluzione industriale cominciò a
diffondersi anche nell‟Atlantico, raggiungendo la Francia e soprattutto il Belgio; successivamente coinvolse
anche la Svizzera e la Prussia e infine si affermò anche negli Stati Uniti.
L‟arretratezza del resto del mondo. L‟industrializzazione ebbe come conseguenza il dominio economico a
livello mondiale. Rispetto agli altri continenti che imperavano modelli di sviluppo arcaici, negli Stati Uniti
erano visibili i segni di un inizio di industrializzazione. A livello mondiale, si metteva a confronto la
“periferia” di quelle società tradizionali, dotate di apparati tecnologici e scientifici, e un “centro” dinamico,
dotato di enormi risorse di materiali, di conoscenze e di competenze tecniche evolute. Ma ci fu un fattore
comune a tutte, ossia la produzione di ferro, il quale su scale mondiale nel 1800 contava circa un milione di
tonnellate, di cui 2/3 erano prodotti da paesi europei; nel 1870 la produzione era arrivata ai 12 milioni di
tonnellate, di cui il 90% era invece prodotto nei paesi industrializzati.
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Le ragioni candidate all‟industrializzazione. La diffusione dell‟industrializzazione era a livello regionale, in
quanto lo sviluppo dell‟industria era legato all‟esistenza di alcune condizioni indispensabili, quali la
presenza di miniere di carbone in grado di sostenere la diffusione delle m macchine a vapore, una vasta
rete di strade e canali e una serie di attività manifatturiere nel settore tessile. Il processo di
industrializzazione diminuiva man mano che dal centro del continente si passava verso la periferia, ossia la
Russia, i paesi baltici, la penisola balcanica e il Mediterraneo. La condizione periferica nasce dal fatto chein quelle zone non esistevano, o forse in piccola parte, quei fattori che avevano permesso la nascita
dell‟industrializzazione, infatti l‟agricoltura era molto arretrata, mancavano le materie prime indispensabili,
le attività commerciali erano limitate e non esisteva un ampio mercato nazionale
La Gran Bretagna, “officina del mondo”. Dove si diffuse l‟industrializzazione, vi era una gerarchia, dove era
presente un sistema produttivo che possedeva un suo centro molto evidente, ossia la Gran Bretagna, con
attorno altre aree, a sua volta circondate sa semiperiferie e periferie. Nel 1850 la Gran Bretagna
possedeva il 60% della capacità di produzione del continente e nessuno degli altri paesi in via di
industrializzazione poteva competere con essa sul piano economico. Essa avendo cominciato per prima
aveva un vantaggio di un secolo nel processo di industrializzazione rispetto al resto d‟Europa; talevantaggio successivamente si era allargato, in quanto non includeva più solo la produzione industriale, ma
faceva della Gran Bretagna la “signora” del commercio mondiale e degli investimenti di capitale all‟estero.
Infatti moti paesi europei, tra cui l‟Italia, era dipendente (in grandi misure) della pr esenza dei capitali
inglesi. Questo vantaggio permise alla Gran Bretagna di rimanere all‟avanguardia dei paesi industrializzati
anche alla fine del quarantenni preso in questione, anche se la situazione stava iniziando a mutare, in
quanto nel 1880 soltanto 1/3 della capacità produttiva so trovava in Gran Bretagna, mentre ormai in
Francia e in Germania se ne concentrava quasi il 40%.
I “secondo arrivati”. Nella gerarchia dell‟industrializzazione subito dopo la Gran Bretagna vi era la Francia,
l‟Olanda, la Svizzera e il Belgio: erano paesi dotati di un‟agricoltura moderna, che possedevano le materieprime fondamentali come il carbone, avevano un‟industria tessile molto moderna e reti di comunicazione
valide. Anche in questo caso l‟industrializzazione ebbe una dimensione regionale, infatti in Alsazia, una
delle regioni della Francia, tra il 1830 e il 1850 i telai meccanici per la tessitura passarono da 2000 ai
12000, i fusi da 460000 a 785000, mentre le invenzioni in generali continuarono ad avanzarsi permettendo
un aumento constante della produzione. Proprio in questi anni in quasi tutte le zone della Francia del nord
avvenne il passaggio dall‟utilizzo del telaio a mano a quello a vapore. Lo stesso sviluppo nell‟ambito
dell‟industria cotoniera lo ebbe il Belgio, dove la produzione di telai passò dalle 443 tonnellate, dopo 20
anni si passò a 1720, per arrivare successivamente a 6500 telai nel 1847.
L‟industria laniera. Nonostante fu sempre più arretrata e lenta del cotone, l‟industria laniera si sviluppò
notevolmente. Solo a Bordeaux la produzione quasi raddoppiò, per non parlare di Varviers che crebbe del
100%. Anche in questo settore, l‟aumento di tale produzione venne accompagnato dall‟impiego di materiali
sempre più complessi e costosi, che le piccole aziende familiari non potavano permettersi, e di
conseguenza furono in breve escluse dal mercato. Anche i settori siderurgici e meccanici francesi furono
caratterizzati dall‟aumento della capacità produttiva e dal rinnovamento delle tecniche. Tra i secondi arrivati
nella gerarchia dell‟industrializzazione vi sono gli Stati Uniti, che a metà dell‟Ottocento possedevano
un‟industria meccanica e tessile tra le più avanzate del mondo. Negli stati del nord-est, già nei primi anni
dell‟Ottocento, vi era un dinamico sistema industriale (tessile e meccanico), che trovava negli stati agricoli
del nord un mercato abbastanza vasto e una fonte di rifornimento del cotone, prodotto principale delle
aziende agrarie di quei stati.
Gli “ultimi arrivati”. Tra il 1840 e il 1870 si aggiunse anche la Germania, dove il suo ritardo era dovuto a
causa della sua frammentazione territoriale, che impediva la formazione di un mercato nazionale. Con
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l‟accordo dell‟unificazione doganale, la Germania non divenne uno stato unitario, ma un‟area ec onomica
unificata, dove l‟industrializzazione riuscì ad avviarsi , mettendo a frutto le grandi potenzialità presenti nel
terreno, come le miniere di carbone, grandi vie d‟acqua, capitali, ecc. Il consumo di carbone crebbe di ben
otto volte, cifre che ci fa notare la crescita dell‟industrializzazione in quell‟insieme di stati e staterelli che
costituiscono la Germania. Contemporaneamente, il numero delle aziende diminuì a causa della
progressiva scomparsa delle industrie a livello famigliare, mentre i fusi e i telai crebbero enormemente.Così l‟industrializzazione stava diventando il carattere principale dell‟economia tedesca, che partì dal
settore tessile e man man mano raggiunse tutti gli altri.
L‟industria della seta in Italia. Tra gli ultimi arrivati vi è l‟Italia padana, dove dal Settecento, la diffusione
della gelsi bachicoltura ha permesso la nascita dell‟industria della seta, che dagli inizi dell‟Ottocento aveva
raggiunto un primato mondiale, infatti, a metà secolo, 1/3 circa delle esportazioni italiane era sostenuto
dalla seta, cascami e tessuti. Soprattutto in Lombardia bozzoli e seta avevano raggiunto il primato
dell‟economia, infatti si produceva il 40% dei bozzoli e il 30% della seta greggia italiana. La dipendenza
dall‟estero per il rifornimento del carbone impediva alle fabbriche della seta di avviarsi verso il salto
tecnologico del vapore, rimanendo in larghissima parte debitrici dell‟energia idrica. Nel 1856 le bacinelle avapore erano il 13% nel Milanese, il 15% nel Comasco, mentre nelle altre provincie produttrici si seta non
raggiungevano il 4%. Più avanzato era il processo della filatura, che nelle provincie di Milano e Como
riguardavano più di 1/3 delle aspi, mentre l‟introduzione del telaio Jacquard, che rappr esentava la più alta
tecnologia nell‟ambito della tessitura serica, soltanto a Milano aveva superato il 50% dei telai in funzione.
SECONDO CAPITOLO: LE CAUSE DELL‟ONDATA DI CRESCITA
La rivoluzione dei trasporto. Il processo di industrializzazione mutò profondamente non solo l‟economia,
ma l‟intera società europea e nordamericana. A portare avanti tale sviluppo fu una vera e propria
rivoluzione dei trasporti fondata sulla diffusione delle ferrovie e delle navi a vapore. Nel 1840 eranopresenti nel mondo 7700 Km di strade ferrate, tutte concentrate in Europa e soprattutto in Gran Bretagna,
vent‟anni dopo la lunghezza delle linee era pari a 108000 km, di cui il 98% si trovavano in Europa e Stati
Uniti; e successivamente continuò ad espandersi sempre di più. Il risultato di questo sforzo economico, fu
che in Europa non ci fu nessun segmento territoriale che distasse più di 12 km da una linea ferroviaria, e
ciò comportava che le aree industrializzate facevano parte di una rete capillare di ferrovie che rendeva
molto più semplice e poco costosi gli scambi commerciali.
Il ruolo trainante delle ferrovie. Gli effetti dello sviluppo ferroviario non furono solo commerciali, ma
soprattutto industriali. La produzione delle ferrovie, infatti, comportò un grande sforzo produttivo che
stimolò l‟industria siderurgica e meccanica e l‟estrazione del carbone, fonte energetica principale per il
sistema ferroviario. Le ferrovie dunque segnarono il culmine del ferro e del carbone, insieme al trionfo del
vapore, in quanto questo salto economico sarebbe stato impossibile senza la diffusione delle macchine a
vapore. Tale tecnologia, entrò in moltissimi settori merceologici, sostituendosi ai vecchi metodi lavorativi.
Le gradi richieste di forza motrice aumentarono lo sviluppo di un nuovo settore produttivo, quello
meccanico, concentrato nella produzione di macchinari in grado di azionare altri macchinari.
Navigazione a vapore, canali e strade. Ancora più evidente fu il balzo della navigazione a vapore che
crebbe tra il 1850 e il 1880 di quaai l‟800% a livello continentale, favorita dall‟aumento della capacità
produttiva dei cantieri, che erano in grado di fornire navi con peso maggiore, e in particolare dal fatto che
una navigazione più veloce e regolare rispetto a quella a vela ridusse largamente il costo dei noli,
aumentando di conseguenza la domanda dei trasporti. A ciò si aggiunse la creazione del canale di Suez
nel 1856, che consentì alle navi di raggiungere l‟oceano Indiano e l‟oceano Pacifico, senza dover
circumnavigare l‟Africa, riducendo così, sia i costi che i tempi di navigazione. La rivoluzione dei trasporti
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riguardò anche canali e strade. Si realizzò, in particolare in Europa, un grande sviluppo dei canali
navigabili, che diede la possibilità di sostituire i vecchi barconi trainati dai cavalli con quelle a motore.
Mediante la scoperta del “macadam”, ossia un sistema di rivestimento delle strade, la percorribilità delle
strade venne notevolmente migliorata e resa più rapida. Il macadam infatti sostituiva la terra battuta o le
pietre consentendo un migliore drenaggio delle acque e impedendo che le strade diventassero acquitrini.
Un mercato trainato dai beni capitali. Mediante l‟industrializzazione i mercati venivano allargati, cresceva il
mercato internazionale, aumentava la domanda delle materie prime e di conseguenza gli scambi, e
maggiori scambi significava maggiori trasporti e ciò permetteva lo sviluppo delle industri siderurgiche e
meccaniche per la costruzione di ferrovie e navi. Ciò che si nota di più in questo meccanismo è che la
crescita economica non era legata allo scambio di beni di consumo, ma alla domanda di beni capitali, ossia
di infrastrutture e macchinari. Lo scambio dei beni di consumo avvenne contemporaneamente
all‟allargamento dei mercati, ma esso non ebbe un ruolo trainante.
Una nuova divisione internazionale del lavoro. In questo periodo si verificò un profondo mutamento per
quanto riguarda la divisione internazionale del lavoro, in quanto mentre crescevano le capacità produttivedei paesi industrializzati, diminuiva la loro autonomia alimentare. Il centro industriale del mondo divennero
dipendenti da altri stati, come gli Stati Uniti, la Russia, l‟Australia e l‟Argentina, che erano specializzati nella
produzione di cereali e di altri merci agricole. Con la crescita demografica, i paesi europei maggiormente
industrializzati non furono più in grado di rifornire di alimenti i propri abitanti, cosicché, avvenivano sempre
di più gli scambi commerciali con gli altri paesi sottosviluppati, dai quali prendevano i prodotti agricoli.
Una nuova rivoluzione agraria. Tale fenomeno avvenne contemporaneamente alla crescita della
produzione agricola europea, a cui corrispose una grande diminuzione della popolazione contadina.
L‟aumento della capacità produttiva dipese anche dall‟aumento del lavoro grazie alla meccanizzazione,
dove i macchinari simbolo di questo processo furono la mietitrice, la trebbiatrice a vapore,successivamente unificate in un‟unica macchina, l‟aratro a vapore. Questa evoluzione tecnologica consentì
risparmi di manodopera nella lavorazione dei cereali, che era l‟operazione più importante nel ciclo
produttivo dell‟agricoltura. Inoltre ci fu un miglioramento della produttività dei terreni attraverso interventi di
bonifica e con un perfezionamento delle tecniche agricole, ad esempio, le rotazioni, più frequenti ed
efficaci; concimazioni, in grado di restituire la fertilità ai terreni; selezione delle piante da coltivare,;
successivamente si diffusero anche i concimi artificiali prodotti dalle industrie chimiche. Queste
trasformazioni determinarono una forte espulsione di contadini dalle campagne e delle attività agricole,
dove la trasformazione dei contadini in braccianti e in operai di fabbrica si intensificò e si diffuse a livello
continentale.
L‟affermazione del libero scambio. L‟incremento della capacità produttiva richiedeva la necessità di
costruire un mercato capace di contenere una massa sempre crescente di prodotti. Tale processo entrò in
contrasto con la rete dei veicoli e dei dazi protettivi ereditati dal mercantilismo, che impediva le esportazioni
e la libera circolazione delle merci. A partire dalla legislazione britannica che iniziò ad abolire i dazi che
impedivano le importazioni dei grani, progressivamente tutti gli stati europei ridussero il sistema dei dazi,
entrando così nell‟”età dell‟oro” del liberoscambismo, teorizzata da una serie di economisti convinti del fatto
che la libertà dei commerci avrebbe favorito lo sviluppo economico e la crescita dei capitali investiti. Lo
sviluppo del commercio internazionale affermò che il libero mercato era una condizione indispensabile per
l‟affermazione del capitalismo industriale.
La liberalizzazione del mercato del lavoro e i flussi demografici . Per garantire lo sviluppo industriale era
necessario creare un mercato del lavoro aperto, caddero così quelle norme che limitavano l‟accesso ai
mestieri, dando la possibilità alle imprese di avere a disposizione una grande quantità di lavoratori. Di
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conseguenza, la crescita delle domande del lavoro delle fabbriche, determinò un‟ondata di contadini
espulsi dalle campagne o che cercavano nuove opportunità lavorative nelle città manifatturiere. Le città,
quindi, ebbero una crescita demografica. Nell‟aumento della popolazione svolge un ruolo molto importante
il sistema dei trasporti, che favorì lo sviluppo di molte aree periferiche intorno ai centri urbani, e la
concentrazione nelle città delle principali istituzioni economiche e finanziarie. A tali fenomeni è lagata
l‟emigrazione transoceanica, infatti, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, si verificò una forteemigrazione da parte dell‟altra parte del mondo, di uomini. Nelle Americhe l‟agricoltura si stava
espandendo, mentre nelle Americhe del nord il sistema industriale stava iniziando a formarsi. Tra il 1850 e
l‟inizio del XX secolo quasi 60 milioni di europei si tr asferirono nelle Americhe, favorendo lo sviluppo degli
Stati Uniti e di alcuni stati dell‟America latina.
Una nuova ondata di innovazioni tecnologiche. La rivoluzione britannica fu resa possibile grazie alla
presenza di una serie di innovazioni tecnologiche legate alle fonti di energia, allo sfruttamento della materia
prima ( carbone e ferro), a nuovi macchinari. Tra il 1830 e il 1880 ci fu una nuova ondata di innovazioni
tecnologiche, tra cui la prima fu la locomotiva a vapore, in cui fu alla base della rivoluzione dei trasporti.
Tali innovazioni avvenne pochi anni prima di quella dell‟elica , realizzata nel 1837.contemporaneamente,attraverso l‟invenzione della mietitrebbiatrice, si riuscì ad applicare l‟uso del vapore all‟agricoltura, ma non
si trattò di una nuova innovazione, ma di un approfondimento e diffusione di una tecnica già nata.
La produzione di macchine utensili e di acciaio. Tale processo contribuì alla nascita di un settore
industriale legato alla produzione di macchine utensili e, inoltre, ci fu un continuo miglioramento per le
macchine della tessitura, filatura e stampa dei tessuti. In questo processo, la macchina da cucire, inventato
dallo statunitense Isaac Singer, rivestì un posto particolare, dove nel giro di molti anni divenne una
multinazionale. Tale successo dipese, non solo dalla grande utilità di questa macchina, in quanto venne
utilizzata anche a livello domestico per consentire a ogni donna di realizzare vestiti per se e per la propria
famiglia, ma soprattutto per il fatto che consentì la nascita di atelier per la confezione di abiti, e diconseguenza l‟abbigliamento divenne un nuovo settore produttivo. Nel settore siderurgico, un‟innovazione
vera e propria fu quella del convertitore, inventata da Henry Bessemer, capace di separare il carbonio dalla
ghisa. Nel 1864, Siemens-Martin, costruì il primo forno, consentendo così di iniziare la produzione di
acciaio a livello mondiale.
Il ruolo della banca. La creazione di un sistema economico fondato su fabbriche sempre migliori, richiese
l‟investimento di quantità di capitali altissime, che non potevano essere fornite dai singoli imprenditori e
finanzieri. La prima fase dell‟industrializzazione si era praticamente autofinanziata, infatti, le risorse
economiche per lo sviluppo delle manifatture tessili venivano assicurate in parte dai capitali privati, e in
parte dei guadagni provenienti dalle merci prodotte. Nella seconda metà dell‟800 le cose cambiarono
notevolmente, in quanto gli investimenti erano sempre più costosi. Sorsero così le nuove istituzioni
finanziarie che avevano il compito di raccogliere la maggior parte dei capitali disponibili in modo da
finanziare lo sviluppo industriale, si trattò innanzitutto di nuovi tipi di banche, come ad esempio le società
per azione, che divennero poi il simbolo del capitalismo.
Le varie tipologie di banche. Tra le innovazioni bancarie quella più ambiziosa fu quella svolta in Francia dai
fratelli Péreire con la formazione della Crédit mobilier. Quest‟ultima fu la prima banca ideata in funzione
dello sviluppo industriale, con l‟intenzione di controllare la circolazione delle merci. Questo modello di
banca che, intorno al 1870 entrò in crisi, si diffuse anche in altri paesi in via di industrializzazione, come la
Spagna e l‟Italia. In Germania, invece, ci fu un altro sistema bancario, dove la sua caratteristica è quella di
essere frammentato, in quanto è composto da piccole e medie banche. In Inghilterra, le industrie e le
banche rimasero separate, infatti le banche inglesi dedicavano la maggior parte delle loro attività al
commercio internazionale, mentre, nel settore industriale, esse si limitavano a effettuare prestiti a breve
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termine, che non permettevano di finanziare lo sviluppo delle imprese, se non in piccole quantità. Infine, in
tutta l‟Europa le banche, oltre ad avere un‟attività tra risparmio privato e imprese, si assunsero anche la
funzione di creatrici di mezzi di pagamento, quali banconote e assegni.
Le società per azioni. La società per azione ebbe un grande sviluppo in tutta Europa, dove la sua novità
consisteva nel fatto che era il capitale stesso ad avere diritti e capacità giuridiche proprie. Inoltrepermetteva di avere risparmi con azioni che chiunque poteva svolgere in cambio di una quota dei profitti
annuali, accettando il rischio legato alle vicende dei mercati. Accanto alle azioni si diffusero anche le
obbligazioni, ossia una forma di finanziamento con cui le aziende raccoglievano i capitali dei risparmiatori e
si interessavano a fornire loro un interesse annuo, più sicuro ma minore rispetto alle azioni. Inoltre erano
anche molto fiscali sui compiti presi, in quanto si impegnavano a restituire la somma totale della somma
prestata entro una data stabilita.
IL LIBERISMO ECONOMICO: Il pensiero di Adam Smith.
Il tratto più significativo della cultura britannica tra il 700 e 800 fu la nascita della moderna scienza
economica, dove il fondatore fu lo scozzese Adam Smith, uomo per molti aspetti legato all‟illuminismo.“Ricerca sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni” fu la sua opera più importante che venne
pubblicata nel 1776, dopo che lui aveva compiuto un viaggio sul continente europeo e aveva incontrato
diverse esponenti della cultura del Lumi. Al centro del pensiero di Smith si trovava la concezione
tipicamente illuminista secondo cui l‟umanità vive in un mondo retto da leggi comprensibili, orientate al
benessere dell‟uomo. Partendo da tale presupposto, già prima di Smith ci furono numerosi autori che
rivalutarono l‟egoismo, o meglio la ricerca dell‟interesse privato e personale, compiuta da ogni singolo
individuo. Smith osserva che solo per desiderio di profitto possono offrire ad altre persone il frutto del loro
lavoro, infatti ognuno, pur concentrandosi sul proprio guadagno, in realtà permette a ogni individuo di
soddisfare le proprie necessità come se esistesse una sorta di mano invisibile che permette all‟egoismo di
trasformasi in felicità del prossimo. Quindi, lo stato non deve assolutamente intervenire in esso, ossia devefinirla di adottare quei provvedimenti mercantilisti che nella Francia di Colbert e di Luigi XIV avevano
trovato la loro massima diffusione, ma al contrario non deve più intromettersi nella dinamica economica, in
quanto deve essere governata solo dalla legge della domanda e dell‟offerta, in cui sar anno esse a
determinare il costo delle singole merci, che aumenterà o diminuirà a seconda dei casi. Siamo di fronte al
primo pilastro del liberismo, di cui Smith può essere considerato il fondatore, ma non va confuso con il
liberalismo, fondato da Loke, anche se sono pienamente accordate. Il secondo pilastro del liberismo è il
concetto del singolo scambio, che significa rinuncia, da parte dei governi, a ostacolare con dazi doganali, o
con qualsiasi altra misura, la libera circolazione delle merci e dei prodotti. Il protezionismo impedisce
l‟ingresso in un Paese di quei beni che possono fare concorrenza alle industrie nazionali, oppure, ne
permettono l‟ingresso solo dopo aver posto sui prodotti di importazione una tassa che impedisca loro di
creare una competizione. Secondo Smith, il protezionismo è uno dei più gravi ostacoli dello sviluppo
economico nazionale, che si deve basare sulla divisione del lavoro, ossia sullo svolgimento di attività che
permettano lo scambio delle merci.
Federica Perra IV F
Liceo scientifico “G. Brotzu”
Anno scolastico 2011/2012