rivista n34 pdfqxp Layout 1 - amblav.it · Numero 3 PDF - anno 2013 DIRETTORE RINO PAVANELLO ......

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Rivista Ambiente e Lavoro 2013 PDF Manuale Tecnico-giuridico di In-formazione e Documentazione per RSPP, RLS, Giuristi, Operatori, Tecnici e Medici della Prevenzione PDF AUA: IN VIGORE DAL 13 GIUGNO a cura di: Stefano Maglia SOTTOPRODOTTO: NORMALE PRATICA INDUSTRIALE a cura di: Stefano Maglia DDL DI MODIFICA AL TUA a cura di: Miriam Viviana Balossi ACQUE REFLUE DOMESTICHE E INDUSTRIALI a cura di: Stefano Maglia EMISSIONI DI COV NEL TUA a cura di: Leonardo Benedusi PRELIEVI E ANALISI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI a cura di: Ettore Sassi RESPONSABILITÀ PRODUTTORE DEL RIFIUTO a cura di: Miriam Viviana Balossi LINEE GUIDA SOTTOPRODOTTI ORIGINE ANIMALE a cura di: Monica Taina CSS: A CHE PUNTO SIAMO ? a cura di: Chiara Zorzino In collaborazione con N.34 Numero 3 PDF - anno 2013 DIRETTORE RINO PAVANELLO CO-DIRETTORE STEFANO MAGLIA

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Manuale Tecnico-giuridico di In-formazione e Documentazioneper RSPP, RLS, Giuristi, Operatori, Tecnici e Medici della Prevenzione

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AUA: IN VIGORE DAL 13 GIUGNOa cura di: Stefano Maglia

SOTTOPRODOTTO: NORMALE PRATICA INDUSTRIALEa cura di: Stefano Maglia

DDL DI MODIFICA AL TUAa cura di: Miriam Viviana Balossi

ACQUE REFLUE DOMESTICHE E INDUSTRIALIa cura di: Stefano Maglia

EMISSIONI DI COV NEL TUAa cura di: Leonardo Benedusi

PRELIEVI E ANALISI ACQUE REFLUE INDUSTRIALIa cura di: Ettore Sassi

RESPONSABILITÀ PRODUTTORE DEL RIFIUTOa cura di: Miriam Viviana Balossi

LINEE GUIDA SOTTOPRODOTTI ORIGINE ANIMALEa cura di: Monica Taina

CSS: A CHE PUNTO SIAMO ?a cura di: Chiara Zorzino

In collaborazione con

N.34Numero 3 PDF - anno 2013

DIRETTORERINO PAVANELLO

CO-DIRETTORESTEFANO MAGLIA

Rivista Ambiente e Lavoro

Febbraio 2011Rivista Ambiente e Lavoro

Febbraio 2011

IN QUESTO NUMERO

INDICE 1

SALUTE E SICUREZZA

Gli apparecchi e la protezione delle vie respiratorie (Virginio Galimberti) 2

COMMENTI

L’azione di rivalsa dell’INAIL(Giovanni De Luca) 25

SALUTE E SICUREZZA

Spazi Confinati: Sicurezza del lavoro e sistema di gestione(Eugenio Ferioli) 33D.Lgs. 81/08: Agenti chimici e protezione delle vie respiratorie(Graziano Frigeri) 50

COMMENTI

La manutenzione come elemento di garanzia della sicurezza di macchine e impianti (Alessandro Mazzeranghi e Rossano Rossetti) 58

COLLABORATORI E CORRISPONDENTI 64

INDICE 2

NORMATIVA

Dal 13 giugno in vigore l’Autorizzazione Unica Ambientale

(S.Maglia) 3

Sottoprodotto: ancora sul concetto di “normale pratica

industriale” (S.Maglia) 5

DDL di modifica al TUA: si riparte? (M.V. Balossi) 6

ARIA E ACQUA

Differenze tra acque reflue domestiche e industriali

(S.Maglia) 7

Emissioni di COV nel TUA (L.Benedusi) 10

Prelievi e analisi di acque reflue industriali (E.Sassi) 12

COMMENTI

Fin dove arriva la responsabilità del produttore del rifiuto

in caso di sub-appalto? (M.V. Balossi) 15

Approvate le Linee Guida per la gestione dei

sottoprodotti di origine animale (M.Taina) 16

Combustibili solidi secondari: il punto della situazione

(C.Zorzino) 17

COLLABORATORI E CORRISPONDENTI 20

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DAL 13 GIUGNO IN VIGORE L’AUTORIZZAZIONEUNICA AMBIENTALE

di Stefano Maglia*

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2013 -Suppl. Ordinario n. 42 è stato finalmente pubblicato ilDecreto del Presidente della Repubblica 13 marzo2013, n. 59 (Regolamento recante la disciplina dell’au-torizzazione unica ambientale e la semplificazione diadempimenti amministrativi in materia ambientalegravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impian-ti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale,a norma dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4aprile 2012, n. 35): il Regolamento, atteso ormai damesi, entrerà in vigore il prossimo 13 giugno.Con il D.P.R. 59/2013 viene data attuazione a quantodisposto dall’art. 23, del D.L. 5/2012 (DecretoSemplificazioni) conv. con modifiche nella L.35/2012 e si applica alle piccole – medie imprese(P.M.I.), ovvero quelle imprese di cui all’art. 2 delD.M. 18 aprile 2005, oltre che agli impianti non sog-getti alle disposizioni in materia di autorizzazioneintegrata ambientale (A.I.A.). Invece il Decreto non siapplica ai progetti sottoposti alla valutazione di impat-to ambientale (V.I.A.), laddove la normativa statale eregionale disponga che il provvedimento finale diV.I.A. comprende e sostituisce tutti gli altri atti diassenso, comunque denominati, in materia ambienta-le, ex art. 26, c. 4, D.L.vo 152/06 (T.U.A.).Ex art. 2, per autorizzazione unica ambientale(A.U.A.) s’intende il provvedimento rilasciato dallosportello unico per le attività produttive (S.U.A.P.)che sostituisce tutti gli atti di comunicazione, notificaed autorizzazione in materia ambientale.Si rammenta che i provvedimenti che vengono sosti-tuiti dall’A.U.A. sono:- autorizzazione agli scarichi (D.L.vo 152/06, art.

124 ss.);- comunicazione preventiva per l’utilizzo agronomico

degli effluenti di allevamento, delle acque di vege-tazione dei frantoi oleari e dalle acque reflue dellemedesime aziende (D.L.vo 152/06, art. 112);

- autorizzazione alle emissioni in atmosfera per glistabilimenti (D.L.vo 152/06, art. 269);

- autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gliimpianti e le attività in deroga (D.L.vo 152/06, art.272);

- il nulla osta di cui all’art. 8, cc. 4 e 6, della L. 447/95(Legge quadro sull’inquinamento acustico), per ilrilascio di concessioni edilizie relative a nuoviimpianti ed infrastrutture adibiti ad attività produtti-ve, sportive e ricreative e a postazioni di servizicommerciali polifunzionali;

- autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dalprocesso di depurazione in agricoltura (D.L.vo99/92, art. 9);

- comunicazioni in materia di autosmaltimento e recu-pero di rifiuti (D.L.vo 152/06, artt. 215 e 216).

In ogni caso, le Regioni e le Provincie Autonome pos-sono individuare altri atti di comunicazione, notificaed autorizzazione in materia ambientale che possonoessere ulteriormente compresi nell’A.U.A.La procedura per il rilascio dell’autorizzazione unicaambientale è dettagliatamente descritta nell’art. 4,mentre il successivo art. 5 precisa le modalità per pro-cedere al suo rinnovo.Tutto ciò premesso, si segnalano alcune criticità.L’art. 3, c. 1 dispone: “salvo quanto previsto dall’ar-ticolo 7, comma 1, i gestori degli impianti di cuiall’articolo 1 presentano domanda di autorizzazioneunica ambientale nel caso in cui siano assoggettati, aisensi della normativa vigente, al rilascio, alla forma-zione, al rinnovo o all’aggiornamento di almeno unodei seguenti titoli abilitativi …”. “Presentano” signifi-ca che devono presentare, ma di solito un obbligo èusualmente assistito da una sanzione: in questo casono. Peraltro, l’art. 3, c. 3 dispone: “è fatta comunquesalva la facoltà dei gestori degli impianti di non avva-lersi dell’autorizzazione unica ambientale nel caso incui si tratti di attività soggette solo a comunicazione,ovvero ad autorizzazione di carattere generale, fermarestando la presentazione della comunicazione o del-l’istanza per il tramite del SUAP”. Alla luce di questadisposizione è evidente che si tratta di un obbligo enon di una facoltà di presentare la domanda di autoriz-zazione unica ambientale, fermo restando il ricorrernedei presupposti. Quindi abbiamo il precetto. Ma la sanzione?Ad avviso di chi scrive non è possibile ritenere validele sanzioni per le singole precedenti autorizzazionisettoriali, perché l’attività (di gestione rifiuti piuttostoche di scarico di acque reflue industriali) senza auto-rizzazione è sanzionata penalmente, e nel nostro ordi-namento la sanzione penale non può essere oggetto diapplicazione “per relationem”. Quindi, se entro ilprossimo 13 giugno non interviene un atto ad hoc, cisi può trovare nella situazione di avere un obbligo nonassistito da sanzione. Come rimediare? Al momentol’iter istituzionale del D.D.L. “Semplificazioni bis” èancora “in itinere” e, siccome sarà un atto avente forzadi legge, si potrebbe valutare di inserire in quella sedele sanzioni per il D.P.R. 59/2013.

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* Prof. Stefano Maglia, univ. Parma, Titolare StudioMaglia e Pres. TuttoAmbiente

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SOTTOPRODOTTO: ANCORA SUL CONCETTODI “NORMALE PRATICA INDUSTRIALE

di Stefano Maglia*

In un mio articolo1 di un anno fa mi chiedevo “comesi fa in una medesima pronuncia … affermare in unpunto che la normale pratica industriale non puòcomportare «trasformazioni radicali … che ne stra-volgano l’originaria natura» e poche righe sottoaffermare che si devono escludere da tale concettosolo «gli interventi manipolativi del residuo diversi daquelli ordinariamente effettuati»?”, in quanto èincomprensibile che quelli “ordinariamente” necessa-ri nella “normale” pratica industriale non possanoconsistere anche in “trasformazioni radicali”. E chiu-devo l’articolo auspicando un futuro intervento, mag-giormente coerente, della Suprema Corte diCassazione che, in effetti, si è - almeno parzialmente- avuto con la recente pronuncia Cass. III Pen., n.20886 del 15 maggio 2013.A distanza di due anni e mezzo dalla riforma operatadal D.L.vo 205/2010 sulla Parte IV – rifiuti del TUA,con particolare riguardo alla distinzione tra “tratta-mento” e “normale pratica industriale”, intervienequesta nuova sentenza in merito al concetto di sotto-prodotto. Inoltre, nonostante numerose prese di posi-zione della dottrina2 che insistono nello scindere que-sti due concetti - che, effettivamente, non c’entranonulla l’uno con l’altro -, gli effetti “nefasti” dell’origi-naria sentenza Cass. II Pen. n. 17453 del 10 maggio2012 si sono trascinati fino ad oggi: rimane, infatti,l’impostazione di fondo che prosegue nel dare unavisione talmente restrittiva a quanto disciplinato dal-l’art. 184-bis, c. 1, lett. c) a tal punto da limitare lanormale pratica industriale ai soli interventi minimaliche potrebbero essere effettuati sullo scarto.Fa, peraltro, ben sperare il fatto che, in chiusura dellasentenza di Cass. Pen. 20886/2013, viene riportataquella parte di motivazione della citata Cass. Pen.17453/2012, l’unica alla quale si aderisce perché con-sidera “conforme alla pratica industriale quella seriedi operazioni che l’impresa normalmente effettuasulla materia prima che il sottoprodotto va a sostitui-re, escludendosi di conseguenza, tutti quegli interven-ti manipolativi del residuo che siano diversi da quelliordinariamente effettuati nel processo produttivo nel

quale esso viene utilizzato”. Detti interventi possonoanche essere ampi, estremamente articolati e comples-si: l’importante è che siano quelli necessari e suffi-cienti per generare l’altro sottoprodotto alla luce dellanormale pratica industriale.E, come giustamente sostiene Luca Prati, “nei casidubbi dovrebbe ritenersi rientrare nella normale pra-tica industriale ogni operazione effettuata sullasostanza o sull’oggetto preventivamente al suo utiliz-zo che, nel settore industriale di riferimento, vienecondotta anche su materie prime, intermedi o prodot-ti, senza che derivi un maggior rischio in termini diimpatto ambientale per il fatto che venga impiegatoun sottoprodotto”3.Insomma, è opportuno sempre ricordare la prima dellepriorità nella corretta gestione dei rifiuti (Dir.98/08/CE): riutilizzare e produrre di meno. Nondimentichiamolo.

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* Prof. Stefano Maglia, univ. Parma, Titolare StudioMaglia e Pres. TuttoAmbiente1 S. MAGLIA, Normale pratica industriale: la contraddittoria e “pericolosa” interpretazione della Cassazione (nota a Cass. n. 17453/2012), in Ambiente &Sviluppo, n. 7/20122 Si vedano:S. MAGLIA, Normale pratica industriale: la contraddittoria e “pericolosa” interpretazione della Cassazione (nota a Cass. n. 17453/2012), op. cit.;A. MURATORI, Sottoprodotti: la Suprema Corte in difesa del sistema Tolemaico? (nota a Cass. n. 17453/2012), in Ambiente & Sviluppo, n. 7/2012;L. PRATI, Rifiuti, sottoprodotto e normale pratica industriale: necessità di una interpretazione che tenga conto della finalità della norma, in http://www.lex-ambiente.it;P. GIAMPIETRO, I trattamenti del sottoprodotto e la normale pratica industriale, in http://www.tuttoambiente.it3 L. PRATI, Rifiuti, sottoprodotto e normale pratica industriale: necessità di una interpretazione che tenga conto della finalità della norma, op. cit.

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DDL DI MODIFICA AL TUA: SI RIPARTE ?di Miriam Viviana Balossi*

La versione più recente del disegno di legge (n. 121)recante “Modifiche al decreto legislativo 3 aprile2006, n. 152 e altre disposizioni in materia ambienta-le” è stato comunicato alla Presidenza lo scorso 15marzo. Detto DDL, pur riproducendo il testo giàapprovato dal Senato in data 9 maggio 2012, si propo-ne di disciplinare con maggior precisione ed efficaciauna serie di aspetti legati alla legislazione ambientale.Tra gli aspetti più significativi, si segnalano gli artico-li 3 e 4 relativi agli sfalci provenienti dall’attività dimanutenzione del verde pubblico e privato urbano.L’ipotesi di riforma propone che qualunque residuodell’attività di potatura di “alberi” - a prescinderedalla provenienza - possa “anch’esso” essere ricon-dotto nella categoria dei “sottoprodotti” ex art. 184bis, se utilizzato per produrre energia da tale biomas-sa. Oltre a sottolineare il fatto che “sfalci e potature”sono termini introdotti dal Legislatore italiano, mentrenella corrispondente norma della Dir. 98/08/CE nonve n’è alcuna traccia, si segnalano due aspetti critici:nel presente DDL ci si limita solo al “materiale deri-vante dalla potature degli alberi” e, in secondo luogo,si crea confusione tra “non rifiuti” ex art. 185 (comesarebbe corretto) e sottoprodotti ex art. 184 bis (comeriportato nel testo, ma sostanzialmente errato).Il successivo art. 5 dispone in tema di miscelazione dirifiuti: in considerazione del fatto che in passato èstata modificata la nozione di miscelazione e quella dirifiuto pericoloso, la citata norma stabilisce che glieffetti delle autorizzazioni in essere relative all’eserci-zio degli impianti di recupero o di smaltimento dirifiuti che prevedono la miscelazione restano in vigo-re fino alla revisione delle autorizzazioni stesse.In tema di organizzazione territoriale del ciclo digestione rifiuti, l’art.6 introduce la nuova lett. f-bis)all’art. 200, prevedendo che l’azienda costituta da solienti locali, derivante dalla trasformazione di consorzio aziende speciali, tale da configurare un unico gesto-re del servizio a livello di bacino, può costituire ambi-to territoriale ottimale, purché la popolazione servitasia pari o superiore a 250.000 abitanti: in tal casol’azienda diventa autorità d’ambito a tutti gli effetti el’affidamento dei servizi di raccolta e di smaltimentodei rifiuti avviene direttamente.Si segnala l’introduzione del nuovo art. 213 bis, alfine di disciplinare il trattamento dei rifiuti tramite ilcompostaggio aerobico e la digestione anaerobica.L’obiettivo è quello di semplificare tutte le procedureautorizzative relativamente agli impianti di compo-staggio c.d. di prossimità (impianti di piccole dimen-

sioni che servono un massimo di qualche decina diutenze), oggi sottoposti allo stesso iter autorizzativodei grandi impianti.L’art. 10 modifica l’art. 228 del TUA: il contributoambientale per i pneumatici fuori uso costituisceparte integrante del corrispettivo di vendita, è sogget-to ad Iva e deve essere riportato in modo chiaro su cia-scuna fattura nell’importo vigente alla data della ces-sione del prodotto.In tema di terre e rocce da scavo, l’art. 13 stabilisceche i materiali da scavo provenienti da minieredismesse o esaurite, collocate all’interno dei S.I.N.,possono essere utilizzati nelle medesime aree minera-rie per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, etc …Un’altra norma d’interesse è rappresentata dall’art.17 relativo ai RAEE: questa disposizione prevedeche rientrino nella fase della raccolta il raggruppa-mento di AEE finalizzato al loro trasporto presso icentri di raccolta.Gli articoli 24 e 25 prevedono alcune misure destina-te ad ampliare il campo delle imprese beneficiarie deiprevisti interventi normativi e regolamentari di sem-plificazione e riduzione dei controlli a livelloambientale, facendo rientrare tra queste le impresecertificate EMAS.Infine, l’art. 26 dispone misure di semplificazioneambientale volte a ridurre gli oneri di trattamento deiresidui e scarti di produzione e di consumo. Inoltre,viene prevista la possibilità che i rifiuti derivanti daattività di manutenzione delle infrastrutture, o comun-que, di lavorazione industriale, siano conferiti diretta-mente agli impianti di smaltimento o recupero in con-dizione di soddisfare i requisiti ambientali previsti.

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* Dott.ssa Miriam Viviana Balossi, Consulente StudioMaglia e TuttoAmbiente

Rivista Ambiente e Lavoro 20132013

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Rivista Ambiente e Lavoro

LE DIFFERENZE TRA ACQUE REFLUE DOMESTICHEE INDUSTRIALI*

di Stefano Maglia**

Le tre tipologie di acque di scarico delineate dal D.L.vo152/06 ripropongono quelle precedenti previste dalD.L.vo 152/99, ovvero le acque reflue domestiche, leacque reflue industriali, le acque reflue urbane.Le “acque reflue domestiche” sono le “acque reflueprovenienti da insediamenti di tipo residenziale e daservizi e derivanti prevalentemente dal metabolismoumano e da attività domestiche” (art. 74, c. 1, lett. g)e sono caratterizzate da alcune parole chiarissime:- residenziale - servizi;- metabolismo umano;- attività domestiche.Tutte queste terminologie sono unite da una “e” e nonda una “o”. La sinergia di comune denominatore traqueste terminologie limita il concetto al campo resi-denziale; il termine di “servizi” estende il campoapplicativo della definizione a una realtà diretta versocriteri esterni, ma pur sempre connessi agli altri duepunti cardine seguenti. Infatti, la fonte di questo sca-rico deve essere prevalente come metabolismo umanoil quale resta comunque inderogabilmente legato auna funzione di fisiologia naturale umana. Ulterioreconcetto di identificazione della definizione è “l’atti-vità domestica”, la quale è legata anche essa al circui-to chiuso con la precedente identità di qualificazioneda una “e” e non da una “o”. Il che significa che nonsolo a livello di componente tale scarico deve deriva-re prevalentemente da un metabolismo umano struttu-ralmente inserito in una realtà socialmente classifica-bile come residenziale o al massimo di servizio comesopra esposto, ma tutto ciò deve essere caratterizzatoda una fisionomia connessa alle attività domestiche.La seconda importante definizione riguarda lo scaricodi “acque reflue industriali”. La norma, come modi-ficata dal D.L.vo 4/2008, recita che tale scarico ècaratterizzato da “qualsiasi tipo di acque reflue scari-cate da edifici od impianti in cui si svolgono attivitàcommerciali o di produzione di beni, diversi dalleacque reflue domestiche e dalle acque meteoriche didilavamento …” (art. 74, comma 1, lett. h). Il concetto di “attività commerciali o industriali”, for-temente sinergico perché rappresenta la fonte delleacque reflue industriali, è delineato da “qualsiasi sta-bilimento nel quale si svolgono attività commerciali oindustriali che comportano la produzione, la trasfor-mazione ovvero l’utilizzazione delle sostanze di cuialla tabella 3 dell’allegato 5, ovvero qualsiasi altroprocesso produttivo che comporti la presenza di talisostanze nello scarico”. Si tratta di due ipotesi di cui

la prima si articola a sua volta in due punti distinti.Tale definizione si riferisce dunque, in primo luogo,sia alle attività commerciali che industriali. In altre sedi abbiamo sostenuto, e qui lo confermiamo,che la definizione precedente alle modifiche del D.L.vo4/2008 fondava la diversità delle acque reflue industria-li dalle acque reflue domestiche su un criterio di diffe-renza qualitativa (si leggeva infatti “differenti qualitati-vamente dalle acque reflue domestiche e da quellemeteoriche di dilavamento”); al riguardo si rammentache secondo Cass. III Pen., n. 21119 del 29 maggio2007, ric. B. nella nozione di acque reflue industrialirientrano tutti i reflui derivanti da attività che non atten-gono strettamente al prevalente metabolismo umano edalle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la soladiversità del refluo rispetto alle acque domestiche.Dopo l’intervento della novella del 2008, il nuovo cri-terio è senza dubbio quello della differenza della “pro-venienza”, proprio perché la caratteristica delle acqueindustriali è quella di essere scaricate da edifici odimpianti in cui si svolgono attività commerciali o diproduzione di beni.Da ultimo, si ricorda che il concetto di assimilabilità(di cui si dirà più avanti), lungi dal trovare una suadefinizione nella normativa vigente, rimane comun-que un’alternativa ampiamente sfruttata, anche se nonsempre nella maniera opportuna: infatti, l’art. 101, c.7, D.L.vo 152/06 individua sì un elenco tassativo dicasi in cui determinate tipologie di acque reflue sonoassimilate ex lege alle domestiche, ma poi alla lett. e)lascia un ampio margine di autonomia alla potestànormativa regionale, la quale, di fatto, può vanificareil suesposto principio giuridico.Infatti, detta norma (il c. 7 della lett. e) dell’art. 101,D.L.vo 152/06 cit.) prevede che “sono assimilate alleacque reflue domestiche le acque reflue … aventicaratteristiche qualitative equivalenti a quelle dome-stiche e indicate dalla normativa regionale”. Alriguardo, le differenti disposizioni regionali che sipossono rinvenire nel ns. panorama normativo sono laconseguenza di quel concetto, non definito, ma facil-mente oggetto di interpretazioni più o meno estensiveda parte delle Regioni, di “equivalenza” previsto dal-l’art. 28, c. 7, D.L.vo 152/99, prima, e dall’art. 101, c.7, D.L.vo 152/06, poi: “si tratta dunque, … di unavera e propria norma bianca di apertura verso ladisciplina regionale che sostanzialmente diventa arbi-tra in tutta questa delicata materia”.

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* Tratto da “Diritto e gestione dell’ambiente” di Amedeo Postiglione e Stefano Maglia, Ed. Irnerio** Prof. Stefano Maglia, univ. Parma, Titolare StudioMaglia e Pres. TuttoAmbiente

RiciclaggioRiciclaggio

EMISSIONI DI COV NEL TUA*di Leonardo Benedusi**

L’art. 275 del D.Lgs. 152/06 e l’allegato III alla parte quin-ta disciplinano i composti organici volatili, indicando:- i limiti di emissione;- le modalità di monitoraggio e di controllo delle

emissioni;- i criteri per la valutazione della conformità dei valo-

ri misurati ai valori limite;- le modalità di redazione del piano di gestione dei

solventi.Per comprendere di quali sostanze si tratti, si deve ricor-rere alla definizione di composto organico volatile.A seconda delle diverse finalità delle normativeattualmente vigenti, vengono fornite più definizioni.Nonostante il titolo I consideri solo i COV così comedefiniti dall’art. 268 del D.Lgs. 152/06, è opportunorichiamare anche le definizioni fornite da altre norma-tive, in quanto possono esservi implicazioni per quan-to riguarda gli aspetti prettamente tecnici in tema diemissione di COV.L’art. 268 del D.Lgs. 152/06 definisce:- composto organico: “qualsiasi composto contenente

almeno l’elemento carbonio e uno o più degli ele-menti seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo,fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi dicarbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici”;

- composto organico volatile (COV): “qualsiasi com-posto organico che abbia a 293,15 K una pressionedi vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbiauna volatilità corrispondente in condizioni partico-lari di uso”, ai fini della parte quinta del decreto, “èconsiderata come COV la frazione di creosoto chealla temperatura di 293,15 K ha una pressione divapore superiore a 0,01 kPa”.

Il D.Lgs. 155/10, già analizzato nel capitolo preceden-te fornisce, per le sue finalità, la seguente definizionedi COV: “tutti i composti organici diversi dal metanoprovenienti da fonti antropogeniche e biogeniche, iquali possono produrre ossidanti fotochimica reagen-do con gli ossidi di azoto in presenza di luce solare”.Tale definizione, tuttavia, non influisce direttamentesulla disciplina di cui al titolo I della parte quinta delD.Lgs. 152/06, pur avendo il medesimo obiettivo diriduzione dell’inquinamento atmosferico, in particola-re di origine fotochimica.Il D.Lgs. 27.3.2006 n. 161, con cui è stata recepita ladirettiva 2004/42/CE, ha l’obiettivo di prevenire elimitare l’inquinamento atmosferico derivante dall’ef-fetto dei COV sulla formazione dell’ozono troposferi-

co, pertanto introduce disposizioni specifiche per lepitture, le vernici e i prodotti per carrozzeria, conimplicazioni sugli stabilimenti ricadenti, in generale,nel titolo I della parte quinta del D.Lgs. 152/06. Ledefinizioni fornite dal D.Lgs. 161/06, seppur validesolo per le finalità del decreto stesso, sono le seguenti:- composto organico: “qualsiasi composto contenente

almeno l’elemento carbonio e uno o più degli ele-menti seguenti: idrogeno, ossigeno, zolfo, fosforo,silicio o azoto, cloro, bromo e fluoro, ad eccezionedegli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbo-nati inorganici”;

- composto organico volatile: “qualsiasi compostoorganico avente un punto di ebollizione inizialepari o inferiore a 250°C misurato ad una pressionestandard di 101,3 kPa”.

Come si vede, tra il D.Lgs. 152/06 e il D.Lgs. 161/06vi sono due differenze:- il D.Lgs. 152/06 prevede che possano essere compo-

sti organici i composti contenenti tutti gli elementialogeni (ossia fluoro, cloro, bromo, iodio e astato,quest’ultimo, peraltro, è radioattivo), mentre ilD.Lgs. 161/06 riconosce composti organici soloquelli contenenti gli alogeni fluoro, cloro e bromo;

- il principio di classificazione dei COV presente nelledue normative si basa su diverse proprietà chimiche.

La prima differenza sembra essere poco rilevante, peril fatto che i prodotti a livello industriale contentiiodio sono marginali. Essa deriva da una errata traspo-sizione della direttiva 2004/42/CE, che definisce com-posto organico “qualsiasi composto contenente alme-no l’elemento carbonio e uno o più degli elementiseguenti: idrogeno, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio,azoto od un alogeno, ad eccezione degli ossidi di car-bonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici”.Definizione sostanzialmente coincidente con quelladella direttiva 1999/13/CE1 e recentemente ripresanella direttiva 2010/75/UE.La seconda differenza è più sostanziale in quanto pos-sono esservi composti considerabili COV sulla base diun criterio, ma non dell’altro. Senza dubbio, la mag-gior parte dei composti comunemente in uso soddisfaentrambe le condizioni, ma ciò non deve essere datoper scontato.Per meglio comprende le differenze tecniche occorrerichiamare i concetti di pressione di vapore e di puntodi ebollizione.

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* Tratto da L. BENEDUSI, Guida pratica alle emissioni in atmosfera e alla qualità dell’aria, Irnerio Editore, 2011.** Ing. Leonardo Benedusi, Funzionario Provincia Piacenza e autore del volume “Guida pratica alle emissioni in atmosfera e alla qualità dell’aria” (Ed. Irnerio)1 La direttiva 1999/13/CE è stata recepita con il DM 16.1.2004 n. 44, confluito nella parte quinta del D.Lgs. 152/06.

Rivista Ambiente e Lavoro 20132013

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PRELIEVI E ANALISI DI ACQUE REFLUEINDUSTRIALI*

di Ettore Sassi**

Prelievi ed analisi dei campioni costituiscono unaspetto nevralgico nel campo dell’applicazione delD.L.vo 152/06 in materia di inquinamento idrico: è,infatti, inevitabile nella maggior parte dei casi ricorre-re a questa procedura per integrare il sistema probato-rio delle violazioni di legge nel campo specifico.Per la misurazione ed il controllo degli scarichi val-gono le regole base stabilite dall’art. 101, c. 3: “tuttigli scarichi ad eccezione di quelli domestici e di quel-li assimilati ai sensi del comma 7, lett. e) devono esse-re resi accessibili per il campionamento da parte del-l’autorità competente per il controllo nel punto assun-to a riferimento per il campionamento, che, salvoquanto previsto dall’art. 108, comma 4, va effettuatoimmediatamente a monte della immissione nel recapi-to in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali esotterranee, interne e marine, le fognature, sul suoloe nel sottosuolo”.Sussiste tuttavia un’eccezione a questa regola-basesul punto di prelievo stabilita dall’art. 108, c. 5, cheprevede in deroga al principio-base così espresso che“per le acque reflue industriali contenenti le sostanzedella tabella 5 dell’allegato 5 alla Parte III del pre-sente decreto, il punto di misurazione dello scarico èfissato secondo quanto previsto dall’autorizzazioneintegrata ambientale di cui al D.L.vo 18 febbraio2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nelcampo di applicazione del suddetto decreto, subitodopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto ditrattamento che serve lo stabilimento medesimo”.In ordine all’importante tema del punto di prelievo, lagiurisprudenza della Cassazione aveva già stabilito inprecedenza che, al fine di conseguire la prova delsuperamento del limite tabellare da parte di un inse-diamento produttivo, il prelievo deve essere effettua-to sul sistema di scarico immediatamente prima delriversamento del refluo sul corpo ricettore. Infatti,l’insediamento deve essere munito di pozzetto di ispe-zione per operare il prelievo; ove l’insediamento nondisponga di un pozzetto, il punto ideale sarà sceltodall’operatore di vigilanza che esegue il prelievo. E’fuorviante effettuare il prelievo dopo il riversamentodello scarico sul corpo ricettore per ricercare la viola-zione tabellare specifica.In particolare, precisa la sentenza n. 4648 delConsiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 2005, che “aifini dell’esatta individuazione del punto di prelievodei reflui dell’impianto di smaltimento, rilevante aifini del controllo sull’eventuale superamento dei limi-ti tabellari, l’art. 34, comma 3, del D. Lgs. n.

152/1999 fissa inequivocabilmente il punto posto“subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’im-pianto di trattamento”. Ove lo stabilimento sia costi-tuito da un complesso ed articolato sistema di depu-razione, composto da una pluralità di passaggi inter-medi prima dell’immissione delle acque nel corporicettore, il punto di misurazione va pertanto indivi-duato nei tratti terminali del canale di scarico, imme-diatamente precedenti lo sbocco nel corpo ricettore.La provincia, ove intenda qualificare una parte del-l’impianto (nello specifico, la cokeria) come funzio-nalmente autonomo, è tenuta a imporre preventiva-mente la separazione dello specifico scarico dalleacque di raffreddamento o di lavaggio, configurando-lo al contempo come “parziale” ai sensi del D. Lgs.n. 152/99 oppure fissando, in sede di autorizzazione,ulteriori e più stringenti prescrizioni tecniche ex art.45, comma 9, all’insegna della migliore tecnologiadisponibile (da descriversi esattamente e, soprattutto,da individuarsi alla stregua dei principi di proporzio-nalità e di precauzione)”.La norma prevede espressamente che gli scarichidevono essere resi accessibili e l’autorità competen-te al controllo è autorizzata ad accedere ai luoghi deglistessi ed ancora che “l’autorità competente per il con-trollo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni cheessa ritenga necessarie per l’accertamento delle con-dizioni che danno luogo alla formazione degli scari-chi” (art. 101, c. 4).Non si dimentichi che, peraltro, l’art. 129 prevedecome “il titolare dello scarico è tenuto a fornire leinformazioni richieste e a consentire l’accesso ai luo-ghi dai quali origina lo scarico”.Il c. 4 dell’art. 101 prescrive quanto segue: “l’autori-tà competente per il controllo è autorizzata ad effet-tuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l’ac-certamento delle condizioni che danno luogo alla for-mazione degli scarichi. Essa può richiedere che sca-richi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 dellatabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del presentedecreto, subiscano un trattamento particolare primadella loro confluenza nello scarico generale”. Taleprevisione riguarda il potere di controllo da parte del-l’autorità competente in materia di scarichi e, puressendo una disposizione d’indubbia utilità, va consi-derato che il potere ispettivo di tipo preventivo -amministrativo e repressivo penale era già individua-bile nei principi generale dell’ordinamento.

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* Articolo tratto da LA GESTIONE DEGLI SCARICHI, di M.V. Balossi – E. Sassi, Irnerio Editore, 2011** Dott. Ettore Sassi, chimico, già Responsabile del Servizio Territoriale presso ARPA Piacenza, Consulente ambientale.

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FIN DOVE ARRIVA LA RESPONSABILITÀ DEL PRODUTTORE DEL RIFIUTO IN CASO DI SUB-APPALTO?

di Miriam Viviana Balossi*

Nel caso in cui una ditta si sia aggiudicata, tramiteun affidamento diretto da un privato, un’attività didemolizione di un edificio e conseguente trasporto asmaltimento/recupero dei rifiuti, quale soggettodeve essere identificato come produttore sul formu-lario di rifiuti qualora questa ditta sub-appalti illavoro ad un’altra impresa?L’art. 183, c. 1, D.L. vo 152/06 individua il produt-tore dei rifiuti nel “soggetto la cui attività producerifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui ope-razioni di pretrattamento, miscelazione o altre ope-razioni che hanno modificato la natura o la compo-sizione di detti rifiuti”.Dalla sopraccitata nozione di produttore discendonotre ipotesi:1) il produttore iniziale (la persona la cui attività ha

prodotto rifiuti);2) il produttore secondario (la persona che ha effettua-

to operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altreoperazioni che hanno mutato la natura o la compo-sizione di detti rifiuti);

3) il non produttore (la persona che ha effettuato ope-razioni di pretrattamento, di miscuglio o altre ope-razioni che non hanno mutato la natura o la compo-sizione di detti rifiuti).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha avutooccasione in numerose pronunce di prendere posizio-ne ed esprimersi sulla corretta individuazione dellanozione di produttore e detentore del rifiuto. In parti-colare si è precisato che “per produttore di rifiuti deveintendersi non soltanto il soggetto dalla cui attivitàmateriale sia derivata la produzione dei rifiuti, maanche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibi-le detta produzione ed a carico del quale sia quindiconfigurabile…l’obbligo di provvedere allo smalti-mento dei detti rifiuti nei modi prescritti” (Cass. IIIPen., 4957 del 21 gennaio 2000)1. Tale concetto siricava dall’analisi complessiva della disciplina da cuiemerge con chiarezza la volontà del Legislatore diestendere il campo dei soggetti obbligati e di prevede-re norme di chiusura tali da impedire comodi trasferi-menti di responsabilità. Quindi, in sintonia con la lettera della norma e la ratiodel sistema giuridico ambientale, si ipotizza una lettu-ra testuale del dettato normativo dell’art. 183, c. 1,

lett. f) del D.L. vo 152/06 sulla nozione di produtto-re che, ribadiamo ancora, riferisce tassativamentetale figura a colui la cui attività ha prodotto deirifiuti. Il fatto che tale attività possa essere intesa insenso sia materiale che giuridico consente di ritenerecome tale, per esempio, non solo chi materialmenteopererà (p.es., il sub-appaltatore), ma anche colui che(p.es., l’appaltatore) da un lato ha un obbligo contrat-tuale di realizzazione di un’attività che produrrà rifiu-ti e contemporaneamente un obbligo di vigilanza suun soggetto “delegato” a tal fine.A chiusura del sistema, ovvero nel caso in cui coluiche decide di far effettuare un’operazione (ad es., ilcommittente, il quale resta escluso “direttamente”dall’applicazione della norma sulle responsabilitàex art. 188) che presumibilmente genererà rifiuti, siaeventualmente a conoscenza (o, ancora peggio, collu-so) di attività illecite commesse dall’effettivo produt-tore (per alcuna giurisprudenza è sufficiente che nonabbia verificato le autorizzazioni del soggetto la cuiattività ha prodotto rifiuti)2, soccorre e completa, perl’appunto, il regime di responsabilità di cui all’art.178 D.L.vo 152/06 (già art. 2, c. 3, D.L.vo 22/97).In conclusione, quindi, nella fattispecie in premessaalla voce produttore del formulario andrà inseritoil nome della ditta a cui è stato sub-appaltato illavoro, in quanto è l’impresa che materialmenteprocede alla demolizione dell’edificio ed è quindidalla sua attività che si generano i rifiuti.Eventualmente si potrà riportare nelle annotazioni chel’attività di demolizione è stata svolta a seguito diregolare contratto di sub-appalto con la società aggiu-dicataria del lavoro.

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* Dott.ssa Miriam Viviana Balossi, Consulente StudioMaglia e TuttoAmbiente1Concetto che si ritrova in successive pronunce: Cass. III Pen., 1303 del 12 ottobre 2005, Cass. III Pen., 6443 del 11 febbraio 2008. Giurisprudenza citata inRAMACCI L., La nuova disciplina dei rifiuti, CELT, 2008, pag. 58.2Ex multis, si veda Cass. Pen., III, n. 8018 del 1 marzo 2012, ric. Celino, secondo cui l’affidamento di rifiuti a soggetti terzi, al fine del loro smaltimento, com-porta per il soggetto che li conferisce precisi obblighi di accertamento (in particolare, la verifica sia dell’affidabilità del terzo che dell’esistenza in capo al mede-simo delle necessarie autorizzazioni e competenze per l’espletamento dell’incarico), la cui violazione giustifica l’affermazione della responsabilità penale peril mancato controllo a titolo di culpa in eligendo.

RiciclaggioRiciclaggio

APPROVATE LE LINEE GUIDA PER LAGESTIONE DEI SOTTOPRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE

di Monica Taina*

Il 7 febbraio scorso la Conferenza Unificata ha appro-vato le Linee Guida per la gestione dei S.O.A.Il documento costituisce un atto di indirizzo circal’applicazione del Regolamento n. 1069/2009 suiS.O.A., con risvolti sui profili sia sanitari che ambien-tali, avente valore sull’intero territorio, che dovrà for-malmente essere recepito dalle singole Regioni eProvincie autonome, ma che possiamo ritenere giàsignificativo per gli operatori del settore, pur trattan-dosi di “Linee Guida” che quindi non devono contra-stare con la disciplina di rango primario nazionale (eda maggior ragione con quella europea)1. Il documento approvato lo scorso 7 febbraio è sostan-zialmente identico rispetto alla prime versioni che eranostate rese note agli addetti ai lavori nella primavera scor-sa, ed in relazione alla fase del trasporto, conferma chese S.O.A. e derivati sono destinati a impianti di incene-rimento e coincenerimento o a discariche autorizzatesono da trasportarsi obbligatoriamente con FIR, anchenel caso in cui si abbia il conferimento a siti intermedidi stoccaggio (art. 10 delle LG).Le LG quindi non entrano nel merito della classifica-zione giuridica dei S.O.A. ma dispongono in ordine alloro trasporto.Nonostante il documento sia stato approvato con l’ac-cordo del MATTM, le norme inerenti il trasporto deiS.O.A. sembrano ignorare la vigente legislazionenazionale in tema di trasporto rifiuti, ovvero quantoprevisto dall’art. 193 del TUA2. Tale norma prevedeche il FIR sia validamente sostituito dal DDT exRegolamento 1069/2009, mentre le LG di fatto pon-gono una regola “più restrittiva” per il caso in cui iS.O.A. siano destinati ad essere gestiti “certamentecome rifiuti”, ovvero avviati a incenerimento e coin-cenerimento o in discarica.

La scelta di un regime più severo per il trasporto deiS.O.A. potrebbe essere giustificata delle finalità ditutela ambientale che caratterizzano usualmente i tra-sporti dei rifiuti ovvero la tutela dell’ambiente e dellasalute umana, ma senz’altro tale scelta poteva esseremeglio motivata nelle LG, a favore degli operatori delsettore che da tempo aspettavano indicazioni in talsenso, e che oggi si troveranno ancora in dubbio sullacorretta documentazione per il trasporto3.Senza contare che lo stesso MATTM ha recentementereso pubblica una proposta di “Regolamento recantecriteri e modalità di impiego delle biomasse a finienergetici ai fini dell’articolo 184-bis comma 2 deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, la qualepassa in rassegna i criteri di cui all’art. 184 bis perclassificare i residui come prodotti e che nell’allegato1 e tra le biomasse combustibili indicate nell’atto visono numerosi riferimenti ai S.O.A. ad esempio: stal-latico, contenuto del tubo digerente e farine animali.Ancora una volta, quindi, penalizzati saranno glioperatori, pur a fronte di un documento che volevaessere di supporto e chiarimento alle modalità prati-che di gestione.

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* Avvocato, consulente esterno presso Tuttoambiente srl1Nella gerarchia delle fonti, le Linee Guida si collocano ad un livello inferiore rispetto ai principi fondamentali della materia che, nelle ipotesi di legislazioneconcorrente come quella ambientale, l’articolo 117, comma 3, ultimo periodo, della Costituzione, rimette «alla legislazione dello Stato». Peraltro nella fattispe-cie la legislazione competente sarebbe quella europea. Tuttavia, avendo funzione attuativa dei medesimi principi fondamentali, le linee guida rappresentanodisposizioni interposte tra le norme statali o europee di principio e la legislazione di (ulteriore) dettaglio regionale, sicché, ove quest’ultima si dovesse porre incontrasto con le prime, sarebbe sostanzialmente violato l’articolo 117, comma 3, della Costituzione. Come pure incostituzionale sarebbe una legge nazionalelesiva delle linee guida (quale intesa tra lo Stato, le regioni ed il sistema delle autonomie locali), per violazione del principio costituzionale di leale collabora-zione, cui devono improntarsi i rapporti fra i vari soggetti dell’ordinamento che, a livelli diversi, operano nella medesima materia. 2Si rammenta che ai sensi del combinato disposto dei cc. 1 e 2 dell’art. 16 del D. L.vo 3 dicembre 2010, n. 205, a decorrere dal giorno successivo alla scaden-za del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del MATTM in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gen-naio 2010, e successive modificazioni, (sospensione del SISTRI) l’art. 193 sarà sostituito da una nuova versione di testo che NON conterrà più il criterio del-l’equipollenza.3Si potrebbe osservare che le LG sono in un qual modo in linea con il Regolamento Comunitario 1069/2009 che, come detto, distingue il regime giuridico degliimpianti che gestiscono i S.O.A. come rifiuti o meno (ovvero come combustibile).

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COMBUSTIBILI SOLIDI SECONDARI:IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

di Chiara Zorzino*

Allo stato attuale, in virtù delle recenti novità norma-tive, il quadro inerente i CSS si caratterizza per unamaggior chiarezza in termini di definizioni e gestionedi quanto non fosse in precedenza. Gran parte delmerito è da attribuire a due recenti atti normativi: ilDM n. 22/2013 e il DM 20 marzo 2013.Il primo, “Regolamento recante disciplina della cessa-zione della qualifica di rifiuto di determinate tipologiedi combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi del-l’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni”, sta-bilisce i criteri specifici da rispettare affinché determi-nate tipologie di combustibile solido secondario(CSS), cessano di:essere qualificate come rifiuto, come definito all’arti-colo 183, comma 1, lettera cc), del sopracitato D. L.vo. Infatti l’art. 183, c.1, alla lettera cc), come modi-ficato dal D.L. vo n. 205/2010, che aveva superato ladistinzione tra CDR e CDR-Q, recita <<“combustibi-le solido secondario (CSS)”: il combustibile solidoprodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche diclassificazione e di specificazione individuate dellenorme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successivemodifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazionedell’articolo 184-ter, il combustibile solido seconda-rio, è classificato come rifiuto speciale>>. Poichél’art. 184-ter, che altro non è che il recepimento del-l’art. 6, c.1, della direttiva 98/2008/CE, definisce lecondizioni affinché sussista la cessazione della quali-fica di rifiuto1, in base a quanto appena esposto, si puòdedurre che il “CSS” è un rifiuto speciale2, che rispet-ta le caratteristiche di classificazione e specificazionedelle UNI CEN 15359, a meno che non si ravvisiun’ipotesi di “end of waste”. A questo riguardo, ilProf. Stefano Maglia sottolinea che il sopracitato art.184-ter, al c. 2, recepisce quanto disposto anche dal c.4 dell’art. 6, della dir 98/2008/CE, ossia <<2. I crite-ri di cui al comma 1 sono adottati in conformità aquanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero,in mancanza di criteri comunitari, caso per caso perspecifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o piùdecreti del Ministro dell’ambiente..>>.

La disciplina comunitaria ha da tempo stabilito i crite-ri per due precise tipologie di rifiuto: alcuni tipi di rot-tami metallici, mediante il Reg. (UE) n. 333 del 31marzo 2011, e i rottami di vetro, a mezzo del Reg.(UE) n. 1179 del 10 dicembre 2012. Il citato DM22/2013 viene a delinearsi quindi come il primo attonormativo sul piano nazionale, in tema di “end ofwaste”.Il Prof. Maglia chiarisce inoltre la differenza esistentetra CSS (rifiuto speciale), come definito dall’art. 183,c. 1 , lettera cc) del T.U.A. (cfr. sopra) e CSS – com-bustibile (E.o.W.) come definito dall’art. 3, c. 1, lette-ra e) del DM 22/13, ovvero << “CSS-Combustibile”:il sottolotto di combustibile solido secondario (CSS)per il quale risulta emessa una dichiarazione di con-formità nel rispetto di quanto disposto all’articolo 8,c. 2 >>. Analizzate anche le responsabilità, per le qualisi rammenta l’esistenza della “231-ambiente”, cheaffianca a una responsabilità penale anche una ammi-nistrativa, e le sanzioni, conseguenti ad una <<..attivi-tà di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, com-mercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dellaprescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazio-ne..>> come sancito dall’art. 256 del T.U.A.La Dott.ssa Claudia Mensi di Fise-Assoambienteripercorrendo la genesi del DM 22/2013, premette ciòche è già noto ai più, e cioè che alcuni Stati membri,sfruttano a proprio vantaggio l’incapacità italiana digestire grandi quantità di rifiuti che quindi vengono aloro ceduti, con un costo triplo per l’Italia: uno perl’esportazione, uno per l’incenerimento/trattamento euno, indirettamente, per l’energia da essi derivata eche il nostro Paese acquista proprio da tali Stati, appa-iono scontati i numerosi pareri contrari di questi ulti-mi, recapitati a Bruxelles a seguito dell’invio, da partedel Ministero dell’ambiente, della bozza del decreto,il 10 agosto 2012.Nel novembre 2012 l’Europa ci rispose con qualcheosservazione, che lo Stato italiano ha diligentementeaccolto e, dopo aver provveduto alle modifiche neces-sarie, ha ottenuto in gennaio un parere positivo della

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* Dott.ssa Chiara Zorzino, Consulente StudioMaglia e TuttoAmbiente1 Art. 184-ter, c.1 : << Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riu-tilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.>>2In base alla norma UNI CEN 15359 i CSS sono combustibili solidi ottenuti da rifiuti non pericolosi, preparati per essere avviati a recupero energetico inimpianti di incenerimento o co-incenerimento; essi possono essere prodotti a partire da rifiuti urbani e rifiuti speciali quali scarti da flussi specifici di produzio-ne, rifiuti da costruzione e demolizione, fanghi da acque reflue. Di concerto, l’art.6, c. 1, Tit. II, DM 22/2013 prevede “per la produzione del CSS-Combustibilesono utilizzabili solamente i rifiuti urbani e i rifiuti speciali, purché non pericolosi. (..)non sono ammessi i rifiuti non pericolosi elencati nell’Allegato 2.”

Precisazioni

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Hanno collaborato:Guido ANELLI, Giovanni ACHILLE, Miriam Viviana BALOSSI, Eginardo BARON, Leonardo BENEDUSI, Paola BERTOLI,Rosa BERTUZZI, Carlo BISIO, Enrico BONAFINI, Olivia BONARDI, Enrico BONADIO, Renata BORGATO, Marco BOT-TAZZI, Mercedes BRESSO, Carlo CALABRESI, Maria Adele CAMERANI CERIZZA, Maria Pia CANCELLIERI, MicheleCANDREVA, Riccardo CANESI, Marco CARLETTI, Renato CASCINO, Mauro CATINO, Luigi CATTERINA, Marco CERRI,Gabriella CHIELLINO, CGIL-CISL-UIL, Flavio COATO, Linda COLLINA, Daniela COLOMBINI, Sergio COLOMBO,Massimo COMINI, Flavio CORSINOVI, Manuela COSTA, Oriano CROSIGNANI, Cesare DAMIANO, Beniamino DEIDDA,Lorenzo DE AMBROSI, Alessandro A. DE LEONARDIS, Giovanni DE LUCA, Elena DEL FORNO J., Lelia DELLA TORRE,Gianmario DELUCCHI, Michele DI LECCE, Fulvio D’ORSI, Rolando DUBINI, Umberto FANTIGROSSI, Luigi FAVINO,Domenico FEDELE, Eugenio FERIOLI, Pasquale FIMIANI, Laura FINOCCHIARO, Sara FIORAVANTI, Ilenia FOLLETTI,Cinzia FRASCHIERI, Marco FREY, Donatella FREZZOTTI, Graziano FRIGERI, Rosaria FRISINA, Edoardo GALATOLA,Virginio GALIMBERTI, Giulia GASPARINI, Luigi GASPERINI, Paride GIANGIACOMI, Michela GIANNINI, Bruno GIOR-DANO, Angelo GIOVANNAZZI, Celsino GOVONI, Elena GORGITANO, Carlo Maria GRILLO, Anna GUARDAVILLA,Chiara Maria INVERNIZZI, Fabio IRALDO, Maria Anna LABARILE, Elisa LANZI, Eugenio LANZI, Nunzio LEONE, AntonioLEONARDI, Stefano LEONI, Carlo LUCCHINA, Giuseppina LUVARA', Stefano MAGLIA, Domenico MARCUCCI, RenatoMARI, Dario MARIOTTI, Alessandro MAZZERANGHI, Massimo MEDUGNO, Massimo MENEGOZZO, Rosella MENGUC-CI, Antonio MONTAGNINO, Antonio NOCERA, Enrico OCCHIPINTI, Eugenio ONORI, Attilio PAGANO, Stefania PALLOT-TA, Elena PANNI, Antonio PANZERI, Gianpaolo PATTA, Valeria PERRUCCI, Patrizia PERTICAROLI, Aldo PETTINARI,Anna PIAZZA, Barbara PILLON, Paolo PIPERE, Giuseppe PIRILLO, Gerardo PORRECA, Luca RAMACCI, Elsa RAVAGLIA,Paola RIVA, Giorgio ROILO, Francesco ROSSETTI, Daniela ROTA, Sergio ROVETTA, Guido SACCONI, Carlo SALA,Maurizio SANTOLOCI, Ettore SASSI, Giulio SESANA, Monica TAINA, Rita TAZZIOLI, Silvano TERRANEO, Luca TOBIO-LA, Oreste TOFANI, Giuseppina VIGNOLA, Rocco VITALE, Vincenzo ZAFFARANO, Chiara ZORZINO, Thomas WATERS

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NUMERI TELEFONICI D’EMERGENZA

NUMERI TELEFONICI D’EMERGENZA

I L P O S T E R

D E L L E

E M E R G E N Z E

PRONTO SOCCORSO

TEL. LOC. ............................

.....................

118 PRIMO SOCCORSO .............................

...

RESPONSABILE ...........................

..................

DELEGATI ............................

...........................

VIGILI DEL FUOCO

TEL. LOC. ............................

.....................

115 SQUADRA ANTINCENDIO ......................

RESPONSABILE ...........................

..................

DELEGATI ............................

...........................

CARABINIERI

TEL. LOC. ............................

.....................

112 COORDINAMENTO EMERGENZE .........

RESPONSABILE ...........................

..................

DELEGATI ............................

...........................

POLIZIA

TEL. LOC. ............................

.....................

113DIREZIONE

AZIENDA ...........................

............................

..

UNITÀ ...........................

............................

.......

VIGILI URBANI ...................................

...................... RSPP (RESPONSABILE SPP) ..............

..............

PREFETTURA ....................................

....................... ASPP (ADDETTI SPP) ..............

.......................

PROTEZIONE CIVILE ....................................

...... MEDICO COMPETENTE .........................

COMUNE ....................................

..............................

..... SERVIZI TECNICI ............................

........

USL/ASL ....................................

..............................

...... SECURITY .............................

..................

CENTRO ANTI VELENI ...................................

.... PORTINERIA .............................

..............

AZIENDA GAS ....................................

....................... ALTRI RESPONSABILI INTERNI

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AZIENDA ACQUA ....................................

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AZIENDA ELETTRICA ....................................

..... ALTRI RESPONSABILI ESTERNI

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ALTRI ...................................

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NUMERI TELEFONICI D’EMERGENZA

NUMERI TELEFONICI D’EMERGENZA

I L P O S T E R

D E L L E

E M E R G E N Z E

PRONTO SOCCORSO

TEL. LOC. ............................

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118 PRIMO SOCCORSO .............................

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RESPONSABILE ...........................

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DELEGATI ............................

...........................

VIGILI DEL FUOCO

TEL. LOC. ............................

.....................

115 SQUADRA ANTINCENDIO ......................

RESPONSABILE ...........................

..................

DELEGATI ............................

...........................

CARABINIERI

TEL. LOC. ............................

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112 COORDINAMENTO EMERGENZE .........

RESPONSABILE ...........................

..................

DELEGATI ............................

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POLIZIA

TEL. LOC. ............................

.....................

113DIREZIONE

AZIENDA ...........................

............................

..

UNITÀ ...........................

............................

.......

VIGILI URBANI ...................................

...................... RSPP (RESPONSABILE SPP) ..............

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PREFETTURA ....................................

....................... ASPP (ADDETTI SPP) ..............

.......................

PROTEZIONE CIVILE ....................................

...... MEDICO COMPETENTE .........................

COMUNE ....................................

..............................

..... SERVIZI TECNICI ............................

........

USL/ASL ....................................

..............................

...... SECURITY .............................

..................

CENTRO ANTI VELENI ...................................

.... PORTINERIA .............................

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AZIENDA GAS ....................................

....................... ALTRI RESPONSABILI INTERNI

............................

............................

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AZIENDA ACQUA ....................................

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AZIENDA ELETTRICA ....................................

..... ALTRI RESPONSABILI ESTERNI

............................

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ALTRI ...................................

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CD Rom - “Rischi Fonti e Misure” 2013

CD RomChemicaLex

2013

Abbonamento a:Dossier Ambiente 2013

4 numeri

II Trimestre 2011anno XXIV

Salute Sicurezza Lavoro

AGENTICHIMICICLP - SDS - REACH Aggiornato al Titolo IX D.Lgs. 81/2008

e ai Regolamenti UE 453/2010, CE 1272/2008 e CE 1907/2006

a cura di: Caterina Cintoi, Graziano Frigeri, Edoardo Galatola, Virginio Galimberti,

Anna Guardavilla, Ilaria Malerba, Marzio Marziani, Rino Pavanello, Alessandra Pellegrini, Chiara Pozzi, Franco Rossi, Rita Tazzioli

n°94

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*ISSN 1825-5396carta riciclata 100% Direttore Rino Pavanello

Viale Marelli 497 20099 Sesto San Giovanni (MI)tel. 02 26223120 - 02 26223130 - www.amblav.it

nell’ambito del progetto in collaborazione con

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COPERTINA DOSSIER_94.pdf 1 06/04/11 10.13

MANUALE DI

PRIMO SOCCORSO

SUL LAVORO E IN CASA

NORMATIVA

ADDETTO PS

RIANIMAZIONE

a cura di Carlo Nava

EMERGENZE

POSIZIONI E

TRASPORTO

PRESIDISANITARI

RISCHI PER

ADDETTO PS

ANATOMIA E

FISIOLOGIA

III Trimestre 2012anno XXV

AMBIENTENORME EGESTIONEQuadro internazionale e nazionale, applicazione pratica nelle aziende

a cura di: Amedeo Postiglione e Stefano Maglia

n°99

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*ISSN 1825-5396

carta riciclata 100%Direttore Rino Pavanello

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251987- 2012

co-promosso con

nell’ambito di

LIVELLO 3

2013

CD Rom - “Fire-Lex” 2013