Rivista Costituente per sito - gobettivolta.gov.it · L’Assemblea Costituente, quindi, come...

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EditorialeAbbiamo il privilegio di introdurre allalettura della rivista “IL GOBETTI” quan-ti avranno il piacere, il desiderio e la cu-riosità di sfogliare queste pagine. Avrem-mo potuto concentrare la nostra e la Vo-stra attenzione su molteplici tematicheche erano sotto i nostri occhi a livello diricorrenze, di centenari, di anniversari. Il2007 è l’anno del 60° anniversario delvaro della Assemblea Costituente. Se aquesto aggiungiamo che il 23 novembre2007 ricorrono i 160 anni dalla stesuradell’ Inno Nazionale da parte di GoffredoMameli e di Michele Novaro, abbiamotutti i presupposti per avere ragione dicredere che non abbiamo operato unascelta peregrina e priva di addentellatialla storia di questo Paese, sulla scia, nondimentichiamolo, di quel faro di civiltà edi quel nume della democrazia che fu Pie-ro Gobetti (uomo cui è intitolato il no-stro Istituto), al quale nel 2001, centena-rio della nascita, fu dedicato un interonumero della nostra rivista. L’Assemblea Costituente, quindi, comesintesi della lotta antifascista, della lottaper la libertà, del riscatto, del progresso

morale e civile del popolo italiano, di quelvincolo magnifico fra fede nell’uomo eavvenire dei popoli che, nell’arco di 18mesi, dal 25 giugno del 1946 al 22 dicem-bre 1947, ha unito le più alte e le più no-bili tradizioni culturali di questa nostraterra, da quella azionista repubblicano –mazziniana a quella liberale a quella so-cialista a quella cattolico – democrati-ca: per far questo, non ci siamo limitati,per quanto è stato possibile, ad un elencodi date, abbiamo guardato alla comples-sità della realtà di un popolo uscito dal-la guerra, abbiamo cercato di guardarequella realtà con gli occhi di chi era iner-me di fronte a quella botola senza fondodell’ anima che è la guerra, con gli occhidi chi aveva il potere di giudicarci dall’esterno, con gli strumenti di ciò che servi-va alla rinascita materiale e morale delPaese e di quelle donne e di quegli uomi-ni che avevano vissuto con il piede stra-niero sopra il cuore. Ma questa rivista è solo l’atto finale diun percorso: il nostro lavoro, si sa, partedai banchi di scuola e quindi dai ragazziche avevano il diritto-dovere di conosce-re a fondo questo fondamentale momentodella storia d’Italia e allora a partire dal

gennaio del 2006 fino all’apriledel 2007 molti sono stati gli

interventi che hannoaffiancato l’abi-

tuale edu-cazio-

ne alla legalità che tutti i do-centi offrono: il dottore Aldo Me-schino ha incontrato gli alunnidi alcune classi per parlare deipassaggi fondamentali della Co-stituzione; il 2 giugno del 2006in occasione delle celebrazionidella nascita della Repubblicaal teatro dell’Antella gli alunnihanno ascoltato un sentito in-tervento dell’onorevole LuigiBerlinguer e alcuni di loro han-no letto di fronte a una plateacommossa brani da Tina Anselmi,Piero Calamandrei, AmintoreFanfani e in fine la scorsa pri-mavera alcune classi hanno po-tuto assistere in Palazzo Vecchioalla proiezione di un interessan-te filmato prodotto dalla profes-soressa Alessandra Povia insie-me ad un gruppo di alunni delliceo scientifico Gramsci, dal ti-tolo “Coscienza di sole” che trat-tava, attraverso immaginipregnanti ed efficaci, di queivalori che nati dalla Resistenzahanno formato l’ossatura dellaCostituzione italiana.Ringraziamo, oltre a tutti colo-ro che ci hanno aiutato in que-sto lavoro e lo hanno reso possi-bile, il comune di Bagno a Ripoliche gentilmente ha messo a di-sposizione libri e documenti.Buona lettura a tutti!

Il Comitato di Redazione

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Numero monografico a diffusione interna

Hanno collaborato a questo numero, oltre allaPreside Paola Casali Grossi:

Liceo Scientifico Statale “Piero Gobetti”Via Roma, 75/77 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze)tel. 055 6510035 - fax 055 [email protected] - www.lsgobetti.it

Stampa: Grafiche Martinelli S.r.l.Via dello Stelli, 2/b - 50012 Vallina - Bagno a Ripoli (Firenze)Questa pubblicazione è stampata su carta riciclata Ricarta.

La realizzazione grafica e l’impaginazione di questonumero sono state curate dagli studenti del Liceo Gobettiche hanno partecipato allo stage di formazioneprofessionale.Coordinatore dello stage: Giovanni De LorenzoAssistente: Luigi Roseto

Francesca Bottai 3a ESara Brunelleschi 4a EFrancesca Burroni 4a EElena Giorni 3a DTommaso Lai 4a CKhaufra Maggini 4a FLeonardo Magursi 4a ECludio Masini 3a FSherry Saggese 4a EDebora Tempo 4a E

e inoltre:

Leonardo AmadoriLara BartaliMassimo BartoliDiletta CecchiValerio Del NeroNiccolò GrossiDario IoseffiTommaso LaiDonatella Settesoldi

e inoltre:

Matteo Chini 5a BAndrea Di Serio 5a BIlaria Esposito 3a EMattia Forni 3a ETommaso Giuntoli 4a EErica Pranzini 3a EGiacomo Razzolini 5a BLaura Simoni 3a E

Silvio BiagiRita BorghesiCristina NegroniDoria PolliManuela TaddeiAndrea Torracchi

Gli studenti che con il loro impegno e la lorocreatività hanno realizzato questo numero:

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IndiceEditoriale ........................................... pag. 1

Con gli occhi di Enzodi Andrea Torracchi ............... pag. 4

Il mondo cattolico all’indomani dellacaduta del regime Fascistadi Niccolò Grossi ............................... pag. 7

Preambolodi Massimo Bartoli ................... pag. 9

Omofobia, Laicità ededucazione alla diversitàdi Dario Ioseffi .............. pag. 12

Una passione infinita:intervista ad Alberto Cecchidi Manuela Taddei.................. pag. 14

De Gasperiuomo di partito e uomo di statodi Valerio Del Nero .......................... pag. 15

Lo sapevate?di Paola Casali Grossi .................... pag. 18

...e gli italiani ricominciano a cantaredi Cristina Negroni .......................... pag. 19

Il Bel Paeseha la sua costituzionedi Leonardo Amadori . pag. 23

Una societàanticostituzionaledi Diletta Cecchi .... pag. 23

Il risveglio del cinema italiano:politiche del cinema dal ’43 al ’50di Manuela Taddei ........................... pag. 24

La scuola e idiritti dellapersona negliatti dellaCostituentedi Rita Borghesipag. 27

Contributi di donne alla Costituzionein materia di scuola: spunti di riflessionedi Doria Polli .................................... pag. 30

Bartali di Lara Bartalia cura diCristina Negroni

pag. 34

Scheda diProgrammazione ModulareModulo “Storia e aspetti di un percorsoeuropeo - La Costituzione per l’Europa”di Donatella Settesoldi.................... pag. 35

L’Italia riparte... in tutti i sensi!di Tommaso Lai ..................... pag. 37

La oscura primavera di Montaledi Silvio Biagi ................................... pag. 39

Breve cronologia costituzionaledal 25 luglio 1943 al referendumistituzionaledi Paola Casali Grossi .................... pag. 43

Cronologiaa cura di Andrea Torracchi .............. pag. 45

Bibliografiaa cura di Andrea Torracchi .............. pag. 47

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Con gli occhi di Enzodi Andrea Torracchi

“Da bambino il bene più grandeche hai / è l’ingenuità e poi se neva / e in te no, non resta più / cheil ricordo di felicità / di un tempoche non tornerà ..”. Suona così l’incipit di una canzone presentataa Sanremo nel 1968. Unavisione, se si vuole, un po’sdolcinata ad indicare un’epoca della vita di tutti noiche dovrebbe essere con-trassegnata da tutti queglielementi di crescita interio-re, di apertura alla vita, disogni e di speranze. Si do-vrebbero “aprire le finestreal nuovo sole” e giocare e stu-diare per essere, come diceva unvecchio testo, “ i milionari dellagioventù”, si dovrebbe essere li-beri di essere usignoli senza chesia rotta di pianto la nostra vocee che le rose che delimitano il no-stro giardino siano fatte di solipetali per non impedirci di vederegli infiniti spazi di leopardiana emontaliana memoria ma non sem-pre è stato così. L’ Italia uscitadalla seconda guerra mondialestava vivendo, aveva il dovere eil diritto di vivere, dopo quella ri-sorgimentale, una sua secondainfanzia, rigeneratrice, una rina-scita che alimentasse, nella con-cretezza come nell’ interiorità, perdirla con Freud, l’ avvenire di un’illusione, quella della libertà, quel-la della democrazia, quella delladignità di un popolo che correvail rischio di essere “volgo disper-so” quanto più conviveva con lemacerie morali e materiali dellaguerra. La guerra che toglie il cie-lo dalla testa, come ha detto unantico filosofo cinese, dovevaaprire la strada a quei cadetti diGuascogna che, al di là della fan-tasia creativa di Edmond Rostand,mettevano nel cannone lo zaba-ione.Ci si riallacciava al passato ma,

È finita la guerra, gli italiani ricercano una identità, il filo spezzato con le origini, con i valori della loro tradizione.Enzo Staiola, l’attore che interpreta il bambino in Ladri di biciclette è metafora di un’ umanità ferita

che disperatamente cerca un altro giro di giostra. E lo troverà.ancora nel 1949, si evocava la “signora ditrent’ anni fa” e quelle signorinelle che, perquanto cresciute con le prime polacchettedi camoscio ai piedi, continuavano ad es-sere pallide e negli occhi si affollavano lelacrime dell’ impotenza di fronte ad un Pae-

se lacerato nel corpo e nello spirito dalladittatura e dalla guerra per la mancanza diquei mezzi indispensabili che potevano ar-rivare solo dagli Stati Uniti grazie al PianoMarshall. Dovevamo partire da un concet-to base, quello del bisogno di Patria per-ché “una nazione non può lungamenteacquetarsi ed essere guidata da gente im-morale”, come diceva Mazzini, non era piùpossibile tenere “umil la testa fra servaggioe morte”, come diceva Foscolo, perché “delvero illuminar l’ aspetto / non è delitto” e ilconcetto fu necessitatamente econvintamente fatto proprio da un popolointero in quel percorso che il grande giuristaAchille Battaglia ha sintetizzato nella for-mula “tra battaglie e speranze”, quali furo-no quelle che caratterizzarono il biennio1945 – 1947, sempre con la consapevolez-za di dover far discendere un’ azione chederiva da quelli che l’ ex – Presidente delConsiglio Francesco Saverio Nitti chiamò“pensieri solidi” (La Costituente – n. 6 –30/09/1946).La proposizione, quindi, di problemi, di idee,di discussioniche poi dove-vano trovaresintesi politi-ca in una Co-stituzione che,in quanto tale,non sia più una regalia sul tipo degli Statu-ti ottocenteschi perché, come ancora scri-ve Achille Battaglia (La Voce Repubblica-

na – 20/04/1955), “la Resistenza (...), vuolecontinuare a vincere. Dopo aver creato lestrutture dello Stato democratico, vuole orariempirle di contenuto e permearle del pro-prio spirito che è spirito di libertà”.Quelle che negli anni immediatamente suc-

cessivi alla fine della seconda guer-ra mondiale erano le cosiddette“utopie ragionevoli” dovevano te-nere presenti, anziché rinnegarecome villani rifatti, le origini ciò dacui venivamo e ciò che si apriva difronte a noi e a quella botola senzafondo che era l’ anima disumanizzatadal terrore. Diritto come elementodirimente per l’ acquisizione e il

mantenimento della libertà e come metrodistintivo per poter fare leva sulla militan-za ideale, politica, culturale che, in queglianni, fra le tante iniziative, trovò altissimoalimento ed enorme forza ne “Il Ponte” diPiero Calamandrei e ne “Il Mondo” di Ma-rio Pannunzio.Gli uomini erano ridotti a lucreziani aggre-gati di atomi, alimentati ancora da quellemolecole di emozioni che non avevano an-cora raggiunto la solidità necessaria per ilfatto di muoversi in una catastrofeplanetariamente “noir” dove la disillusio-ne faceva caterve di adepti disfattistidantescamente “anime di serpi” e fastellidi rami secchi improduttivi e dannosi per leincerte radici da cui la pianta umana cerca-va di emanciparsi e di rinascere.La mente corre a quei giorni del settembre1947 quando, a Roma, si svolse il secondocongresso dell’ Uomo Qualunque, la for-mazione politica creata da GuglielmoGiannini, che era risultata la quinta forzapolitica nelle elezioni del 2 giugno 1946,che lancia una fortissima requisitoria e un

profondo attacco a De Gasperi e al suogoverno: pur nella necessaria e vitale dia-lettica politica di cui c’ era tanto bisogno,

L’Italia era un popolo di “sciuscià” e di “ladridi biciclette” dove il figlio che vede il padre

malmenato per aver rubato unabicicletta, piange di quella disperazione

che solo la guerra sa infondere.

Enzo è un bambino nei suoi tratti e nelle sue movenzema non lo è più poiché già condivide il malessere

degli adulti.

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Giannini attacca uno dei pochi capisaldiriformatisi con difficoltà dalle ceneri dellaguerra, quello di una credibilità su cui lostesso De Gasperi, Pacciardi, Sforza,Corbino prima Einaudi poi avevano inve-stito per la rinascita del Paese e il disagiomonta, a fronte di una situazione internache non decolla e che sta pesantementerisentendo delle ferite dell’ infame trattatodi Pace, della crisi economica, di eventicome Portella delle Ginestre e della esclu-sione delle sinistre dal governo dopo ilmaggio di quell’ anno di cui, l’ anno dopo,con l’ attentato a Togliatti, e nel 1949, con l’adesione al Patto Atlantico, si sarebberoviste tutte le potenziali conseguenze nellalogica della divisione in blocchi militari eideologici. Lo studio dell’ uomo che il No-vecento può riservarci ci dà, in quei mo-menti, come dicevamo, il segno di un’ iden-tità di nuovo bambina, di fronte ad una dif-ficilissima quanto necessaria palingenesiche costringe un popolo a quella che perCicerone era un’ obbligata obbedienza allatransitorietà di cui non si vedeva la fine inquei diversi volti della democrazia, per dipiù nascente e con le pezze ai pantaloni, dicui parla Norberto Bobbio. Quel laicissimoed indispensabile “Campo di quei che spe-rano”, per citare il pur altissimo cattolicesi-mo manzoniano, che è il dibattito politico,la programmazione economica, la sicurez-za interna ed esterna, l’ emancipazione dal-la fame e dal freddo erano la cifra della iden-tità da recuperare: lo Stato non deve esse-re più un vivente che si è voluto legare aimorti, lo Stato è e deve essere per i vivicosì come per quella memoria che, mi siperdoni il gioco di parole, è un indisponibilee inderogabile “memento” dove l’ uomo siacompiutamente cittadino e dove, per quan-to l’ aere sia fosco, per citare ArnaldoFusinato, per quanto il cielo sia muto, l’uomo non stia “sul tacito veron seduto / insolitaria malinconia” ma collabori ad ela-borare ciò che ad un popolo tutto manca,cioè la Costituzione e gli strumenti per darecorpo alla nuova temperie istituzionale ecivile, aspetti, questi, tutti da costruire. Sesi pensa che il Ministero della Sanità fuistituito solo nel 1958 (prima esisteva unAlto Commissario) e che la valorizzazionedei principi democratici e del vivere civilesanciti dalla Carta fondamentale da trasmet-tere alle nuove generazioni attraverso l’introduzione dello studio dell’ EducazioneCivica risalgono ad una legge del giugno1958, capiamo “di che lagrime grondi e diche sangue” la ricostruzione morale e ma-teriale postbellica. “Se in un tempo in cui lecure, le angustie, le difficoltà e i dolori che

la vita offre sono così numerosi e, ahimè!Lasciano tracce non passeggere nell’ani-mo, c’è chi, pur fra lutti e rovine, riprendecon più lena il lavoro, mai interrotto delresto, c’è chi intende “conquistare la liber-tà dell’uomo dalla materia” riproponendoliberi temi, parole umane e non ferine, chealimentano la fede nella libertà, la virtù eti-ca, l’amore pel bello e pel vero (…). (…)allora non tutto è andato perduto, anzi ci si

risente legati alla comunione umana e per-ciò stesso a riprendere con maggiore forzaciascuno il lavoro quotidiano”. Sono pa-role, queste, che Vittore Fiore, il direttoredella rivista “Il Nuovo Risorgimento”, pro-nunciava nella presentazione della rivista

“Aretusa” diretta da FrancescoFlora che spiegavano bene il sen-so dell’impegno, del dovere e deltravaglio morale presente nellecoscienze degli uomini nel mo-mento, irto di difficoltà, della guer-ra civile e della ricostruzione na-zionale. La prova della guerra co-stringeva a riconsiderare il rap-porto con la politica, superando

l’arido terreno dell’astrattismoper porsi sul pratico terreno del-l’azione. In un periodo di soffe-renze e crisi di coscienze si senti-va il bisogno di operare una radi-cale trasformazione della società,

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nelle mentalità e nei costumi, e aquesto compito, secondo unaforte vena pedagogica incarnatadagli azionisti, era chiamata lacultura.La fiducia nel duro lavoro e nelsacrificio era particolarmente vivanel brano e nelle parole, del 1920,di Piero Gobetti, che Vittore Fioredecideva di pubblicare ne “IlNuovo Risorgimento”: “…Lavo-ro (...) perché credo che, volendomigliorarci e farci seriamente ge-nerosi in questo nostro mondo,dobbiamo rinunciare a tutto ciòche è troppo personalmente inte-ressante, troppo empirico e limi-tato: dobbiamo sacrificarci noninutilmente e rumorosamente, masilenziosi, ogni giorno all’operanostra, che, per quel che vale, di-venta appena esce da noi, appe-na si estrinseca, patrimonio ditutti…”. Il lavoro quotidiano e ilsacrificio come dovere morale, dainnestarsi nella fiducia nella sto-ria e nella vita e come opera ditutti, non patrimonio personale,ma universale, cui tutti doveva-no e potevano fare affidamento.L’attenzione al lavoro “silenzio-so” – particolarmente sentito perla generazione nata e cresciutasotto il fascismo – erariscontrabile in un’altra citazionedi Gobetti che il giornale riporta-va: “…Rinunciare per offrire tut-to a chi di noi non si curerà e cinegherà persino nell’atto in cuiimparerà da noi quel che poteva-mo insegnare. E tuttavia non fer-marsi nella rinuncia, perché il no-stro spirito non è nulla, è vilmen-te miserando se per un momentosi astiene da quelle attività che èun dovere, conservare il sensodella responsabilità per tutto,questo è l’eroismo tragico perchésilenzioso, perché umile e scono-sciuto all’uomo moderno.”.Sul piano della quotidianità, l’ Ita-lia era un popolo di “sciuscià” edi “ladri di biciclette” dove il fi-glio, che nella finzione cinemato-grafica è Bruno e nella realtà èEnzo Staiola, che vede il padre(Antonio Ricci, cioè LambertoMaggiorani) malmenato per averrubato una bicicletta, mezzo inar-rivabile di una volontà di riscattoattraverso il lavoro, che piange epiange di quella disperazione che

solo la guerra sa infondere, di quella deso-lazione per la quale Bruno – Enzo è un bam-bino nei suoi tratti e nelle sue movenze manon lo è più poiché già condivide il males-sere degli adulti, un male di vivere che èquello dello spirito e della pancia vuota edell’ impossibilità di avere un lavoro che lamancanza di un mezzo di trasporto deter-mina. Enzo guarda gli adulti, guarda chi èpiù grande di lui e manifesta tutto il suodolore, tutta la sua umanissima impotenzain quell’ unico gesto cui accennavamo pri-ma che un bambino può compiere allorchénon può opporsi al sopruso, all’ offesa, alvenire meno della sua dignità e della pro-pria personalità.Il bambino del film è la metafora dell’ uma-nità, conosce il dolore come solo Gadda hasaputo raccontare, a lui non interessa se l’Italia sarà democristiana o comunista, a lui,nella devastazione psicologica che la guerraha trasmesso anche a lui, interessa, primadi tutto, difendere il padre, cioè la sua vo-lontà disperata di difendere la sua identitàdi cittadino in una dimensione quasiagostiniana da dopo – sacco di Roma del410 d. C., di un’ Italia che, in quei mesi,grazie alla meritoria azione di CiprianoFacchinetti, si ricollegava idealmente allematrici risorgimentali nella scelta dell’ Innodi Mameli come Inno Nazionale nel cente-nario della sua creazione. La sua giacchet-ta sdrucita e più grande di lui, con la suasciarpetta delle dimensioni di una esiguastriscia di stoffa sarà la tragicamente veri-tiera fotografia che offriremo al mondo, unvolto che si sostituirà alla maschera chevent’ anni di fascismo avevano fatto cala-re su di noi.Quell’ uomo in sedicesimi ci guarda, quelbambino è fratello ideale del figlio della si-gnora Pina di “Roma città aperta” che cor-re dietro alla madre, è fratello delle tantebimbe dei tanti film di Matarazzo conYvonne Sanson e Amedeo Nazzari o di queirari “balocchi e profumi” che non poteva-mo permetterci, è accomunato ai tanti no-stri fratelli morti infoibati o rimasti al di làdelle frontiere del 1947 o a quanti sono mortia Marcinelle, in Belgio, o nel Polesine che,per dirla con Totò, sono “in maniche dimutande”, che può far parte di una comu-nità nazionale “leggera”, come dice WalterBarberis, che ha, magari, scarso senso ci-

vico ma che ha bisogno fisiologico, vitale,imprescindibile di vivere l’ esperienza diuna rinascita, allora più che mai, carica difuturo.Staiola, che ormai è alla soglia dei settantaanni, vive allora un’ infanzia terribile, vivràun’ adolescenza aspra ma, in quel periodo,come dice Guido Calogero, “alla libertà diparola e di voto non ... doveva essere ac-coppiata la libertà di morire di fame” ed egliarranca, come tutto quel popolo che lo cir-conda e dalla prosopopea dell’ uomo dellaProvvidenza passa alla spettro ricorrente econcreto della miseria in un processo uni-tario di un popolo che nasce da un amoreche è dato dall’ incontro di più povertà.Quei pappagalli d’ ingegno di cui parlavaCarlo Alberto Pisani Dossi avevano stran-golato l’ umanità in un secolo degli estremi(Brundtham) dove questa creatura soprav-vive per la fortuna di avere una costolache sta su, per intanto, come il sergentenella neve di Rigoni Stern e grazie allescatolette di cibo dell’ UNRRA e dell’ uma-nità ancora marcescente che si affida almercato nero.Enzo – Bruno è il segno di un’ inquietudi-ne su cui il bisturi di Stato, per dirla conLucio Rosaia, è calato come una scure ne-gli anni bui della dittatura e della guerra eora si fa portatore di una “provocatio” alleanime e allo spirito e alla volontà di rinasci-ta democratica, finalmente espressione delpopolo, di chi regge una canna di campoquasi a sostenere il cielo e per impedireche gli crolli addosso dopo le bombe, ècome quella luce fioca che, nonostante ledifficoltà, illumina la povera casa del sol-dato di San Piero in Campo di pascolianamemoria, come quella eroica quanto tragi-ca figura di quella piccola vedetta lombar-da o di quel bambino che va dagli Appen-nini alle Ande alla ricerca delle sue originiche sono tanto lontane geograficamente estoricamente quanto vicine ma altrettantodifficili da raggiungere anche ora che laguerra è finita, in un contesto storico nelquale il simbolo della neonata Repubblicaè, sì, una donna turrita ma è anche una ruo-ta (divenne ufficialmente parte delle nuo-ve Istituzioni il 5 maggio 1948 – ancora un5 maggio!), destinata a compiere tanta stra-da ma dentata, creata da Paolo Paschetto asimboleggiare le difficoltà che incontrerà

sul suo cammino e nel qua-le, nella prospettiva di unnuovo e rigenerante avve-nire dei popoli, ... il popolova...avanti con la sua ...uni-tà e con una sola voce. Lavoce repubblicana, quelladella democrazia, possibil-mente senza aggettivi.

La sua giacchetta sdrucita è più grande di lui,con la sua sciarpetta delle dimensioni di unaesigua striscia di stoffa sarà la tragicamenteveritiera fotografia che offriremo al mondo.

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Il periodo che va dal luglio 1943 (e cioèdal convegno estivo in cui viene elaborato il primo nucleo di quello che diven-

ne poi il «Codice di Camaldoli») alla sedu-ta dell’Assemblea Costituente del 22 di-cembre 1947 in cui venne approvata la nuo-va Costituzione repubblicana è stato fra ipiù vivaci e fervidi nella vita politico-cul-turale del nostro Paese.Il ruolo rilevante svolto dai cattolici nellavita pubblica italiana a partire dalla cadutadel fascismo sembrò un’apparizione im-provvisa, per certi aspetti imprevedibile,che non mancò di cogliere di sorpresa siala vecchia classe politica liberale, adusa aun lungo monopolio del potere, sia la sini-stra socialista, del Partito d’Azione, comu-nista, da tempo incline a ritenere, a voltesulla scorta di ragionevoli premesse e pre-cedenti, che il cattolicesimo italiano fosseinesorabilmente destinato a giocarsi sol-tanto nella sfera privata dello spiritualismo,del culto liturgico, della religiosità popola-re.In realtà questa apparentemente improvvi-sa emergenza del cattolicesimo italiano, especificamente del cattolicesimo democra-tico, quale fu quello che si impegnò nellalotta al fascismo, nella Resistenza, nell’ela-borazione della Costituzione, nella rico-struzione, aveva solide basi e veniva dalontano. Esso aveva infatti alle spalle lalunga stagione del Movimento cattolico.Solo apparentemente, dopo la breve paren-tesi del Partito Popolare, fra la sua nascitanel 1919 e la sua soppressione da parte delfascismo nel 1926, i cattolici erano ai mar-gini della politica.L’eredità del cattolicesimo ottocentesco, ela stessa memoria della prima DemocraziaCristiana di Romolo Murri, permanevanoin consistenti aree dell’antico Movimentocattolico e aveva trovato un estremo rifu-gio nei ranghi di quella Azione Cattolicache, in particolare a cavallo del 1931, il fa-scismo aveva tentato invano diegemonizzare o, almeno, di «normalizzare»,

Il mondo cattolicoall’indomani della caduta delregime Fascista

L’ascesa dei cattolici nello stato italiano dal “codice di Camaldoli” all’Assemblea costituente.

di Niccolò Grossi

relegandola nell’angolo di un purodevozionismo fine a se stesso.Proprio nell’Azione Cattolica, e all’internodei suoi due movimenti intellettuali — quel-lo giovanile degli studenti universitari del-la FUCI e quello adulto del MovimentoLaureati di AC – andavano formandosiquelli che sarebbero stati (come GuidoGonella e Giorgio La Pira, Giulio Pastore eGiuseppe Dossetti) o avrebbero potutodiventare (come i precocemente scompar-si Igino Righetti e Sergio Paronetto) futurileader politici di primo piano.Nonostante i pesanti condizionamenti delregime, quello dell’Azione Cattolica resta-va un essenziale spazio di libertà e di for-mazione di coscienze autonome e respon-sabili: una sorta di importante «riserva eti-ca» che, a tempo opportuno, avrebbe po-tuto porsi a servizio del Paese.Persisteva, nello stesso tempo, l’ereditàspirituale del popolarismo, grazie ai con-tatti che, nonostante il lungo esilio dappri-ma in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, Lui-gi Sturzo riusciva a mantenere con gli expopolari, da Alcide De Gasperi a MarioScelba a Giuseppe Spataro. La messa a di-sposizione degli studiosi del ricchissimoarchivio sturziano ha rivelato la vastità e lafrequenza di questi contatti, spesso realiz-zati in modo avventuroso (magari attraver-so cartoline postali apparentemente inno-cue, ma in realtà portatrici di importantimessaggi).Non va, inoltre, dimenticata l’azioneeducativa svolta da personalità ecclesia-stiche di primo piano, da don PrimoMazzolari a padre Giulio Bevilacqua, indi-rettamente o manifestamente sostenuti dauomini come Giovanni Battista Montini,negli anni ’30 Sostituto alla Segreteria diStato, dotato di grande autorevolezza nel-la Curia romana, silenzioso tessitore di rap-porti con i migliori esponenti della culturacattolica (non pochi dei quali poteronoavere accesso, attraverso di lui, a opereproibite dalla cultura fascista, come

Umanesimo integrale di JacquesMaritain; ancora oggi alla Fon-dazione La Pira è presente unacopia dell’opera, nell’originalefrancese, dono appunto di G. B.Montini).Va segnalato infine l’importantecontributo che al risveglio dellacultura politica dei cattolici fu of-ferto dalla pubblicistica di linguafrancese e tedesca. Nella Bresciadi padre G. Bevilacqua, di MarioBendiscioli, per certi aspetti didon P. Mazzolari, soprattutto diG. B. Montini, l’editriceMorcelliana faceva conoscere gliscritti di una serie di radicali op-positori al nazismo, primo fra tut-ti Romano Guardini; mentre fra lemaglie della censura fascista pas-savano alcune opere di J.Maritain, come Primato dello spi-rituale, a Firenze circolavano gliscritti di quel George Bernanos,carissimo a Carlo Bo, partito daposizioni conservatrici, ma giun-to, con I grandi cimiteri sotto laluna (1938), a una dura condan-na del franchismo (e, in prospet-tiva, di tutti i totalitarismi); inol-tre qua e là in Italia filtravano gliscritti del giovane EmmanuelMounier, e la sua rivista Esprit,sorprendentemente presente,nonostante il boicottaggio delregime, sulla scrivania di don P.Mazzolari.All’interno di questa variegatagalassia di scritti un posto parti-colare merita “Umanesimo inte-grale”, per l’importanza, ormaiunanimemente riconosciuta, chequesto libro ha avuto per la for-mazione della classe politica diispirazione cristiana della nuovagenerazione (ma anche della vec-chia, se si pensa alla simpatia con

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la quale De Gasperi, allora impie-gato della Biblioteca vaticana,presentò l’opera, con lo pseudo-nimo di «Spectator», sulla Illu-strazione vaticana).Quest’opera maritainiana del 1936recava come sottotitolo “Proble-mi temporali e spirituali di unanuova cristianità”: significativa,già nel sottotitolo, l’anticipazio-ne delle tematiche «temporali» ri-spetto a quelle «spirituali», a se-guito della maturazione, interve-nuta nel Maritain del 1936 (rispet-to al libro del 1926 sul “Primatodello spirituale”); la drammaticitàdell’ora che si annunziava perl’Europa a seguito della ventatatotalitaria implicava questa vol-ta, e in questo particolare conte-sto, una sorta di «primato del tem-porale». Di qui il pressante ap-pello all’azione rivolto ai cattoli-ci; di qui il progetto di una «nuo-va cristianità»: nuova perché deltutto diversa dalla cristianità me-dievale in quanto fondata sul ri-conoscimento del principio dellasana «laicità dello Stato» (e dun-que sull’abbandono dell’anticacategoria di «Stato cristiano») einsieme sull’accettazione dei «di-ritti dell’uomo», nel presuppostoche la stessa libertà della Chiesanon potesse fondarsi su una sor-ta di orgogliosa separatezza,come se la libertà religiosa fossescindibile dalle libertà civili. Fuquesto il limite dei concordati frale due guerre, da quello del 1929con il regime fascista a quello del1933 con il regime nazista, basatisull’illusorio presupposto che lalibertà della Chiesa e dei credentipotesse sussistere senza la liber-tà dei cittadini.In sintesi, la persistente ereditàdel cattolicesimo democratico, larelativa libertà di movimento con-cessa all’Azione Cattolica e allasua azione formativa, le sollecita-zioni culturali provenienti da Ol-tralpe crearono un clima propizioall’apertura di una nuova fasedella storia del Movimento cat-tolico in Italia. Conclusa la «lun-ga vigilia», dopo il 1945 i cattoliciapparvero pronti — in qualchemodo, agli occhi della vecchia cul-tura laica, «sorprendentemente»

pronti — ad assumersi le più alte respon-sabilità in campo politico, e non solo comeuomini di azione ma anche, e forse soprat-tutto, come uomini di pensiero, in grado dielaborare anche una cultura politica di altaqualità. La vicenda dell’elaborazione dellaCarta costituzionale avrebbe rappresenta-to la prova del fuoco di questa riconquistatacapacità di iniziativa e di presenza.Fondamentale banco di prova di questacapacità progettuale fu il volume “Per lacomunità cristiana. Principi dell’ordinamen-to sociale” a cura di un Gruppo di studiosiamici di Camaldoli, meglio noto ora come«Codice di Camaldoli», elaborato fra il 1943e il 1945 e pubblicato soltanto a guerra fini-ta, nel 1945, da Studium, cioè dall’editriceromana del Movimento Laureati di AzioneCattolica.Non si trattò tuttavia di una sorta di «mas-so erratico», ma di un tassello — e tuttaviadel più robusto e organico — di quella sor-ta di grande «mosaico» di idee elaboratodai cattolici italiani negli anni conclusividel regime fascista, anche sull’onda deigrandi radiomessaggi degli anni di guerradi Pio XII, a partire da quello più famoso,L’ordine interno delle nazioni (del Natale1942), oggetto, non a caso, di un ampiocommento pressoché «ufficiale», quello diGuido Gonella, stretto collaboratore di DeGasperi già negli anni fra le due guerre eche, dopo essere stato obbligato a unasorta di clandestinità avendo subito dap-prima la prigionia e poi l’occhiuta sorve-glianza della polizia fascista, sarebbe statonel dopoguerra segretario della Democra-zia Cristiana e autorevolissimo leader delpartito. Punto focale del radiomessaggionatalizio del 1942 e dei successivi del 1943e del 1944 era il riconoscimento.Nel luglio 1943 un gruppo di intellettualicattolici si riunì presso il monastero bene-dettino di Camaldoli (AR), sotto la guida dimons. Adriano Bernareggi, assistente ec-clesiastico del Movimento Laureati di Azio-ne Cattolica. I partecipanti alla settimanacamaldolese (laici e religiosi) sentivanoforte la necessità di fissare alcuni principifondamentali del pensiero sociale cattoli-co in un momento cruciale della vita delPaese.Il lavoro proseguì a Roma sotto la guidadell’ICAS, l’Istituto Cattolico di AttivitàSociale, e, nella primavera del 1945, diedecome frutto la pubblicazione del testo Perla comunità cristiana. Principi dell’Ordina-mento sociale a cura di un Gruppo di stu-diosi amici di Camaldoli (Studium, Roma1945), comunemente noto come «Codice

di Camaldoli». Curatori del testo furonoSergio Paronetto, Ezio Vanoni, PasqualeSaraceno e Giuseppe Capograssi, cherielaborarono i 76 enunciati definiti nellediscussioni del convegno camaldolese. Ilvolume ebbe larga fama, ma fu in realtà let-to da pochi: la prima edizione del 1945 siesaurì in poche settimane e non ebbe se-guito.Genesi del «Codice di Camaldoli» dellacentralità della persona e della suairriducibilità allo Stato, con la conseguen-te opzione per un regime di forma demo-cratica, oggetto specifico del ra-diomessaggio del 1944, con il quale percerti aspetti si concludeva il difficile etravagliato percorso della Chiesa e dei cat-tolici dalle nostalgie autoritarie degli annisuccessivi alla rivoluzione francese allapiena accettazione della democrazia politi-ca (che poi il Concilio Vaticano II, con laGaudium et spes, avrebbe definitivamenteavallato).In verità la schietta e franca opzione per lademocrazia politica come forma ottimale digoverno era già stata saldamente acquisi-ta almeno a partire dagli anni ’20 e ’30 dalcattolicesimo democratico, nella linea cheva da Sturzo a Maritain; ma mancava l’au-torevole — e di fatto, in quel contesto,«necessario» — avallo del Magistero ec-clesiastico, e fu appunto questal’acquisizione conseguita grazie a Pio XII.Su questo sfondo, non stupisce che, ab-bandonate le antiche timidezze circa la«equidistanza» della Chiesa dalle varie for-me di governo, i documenti elaborati daicattolici italiani negli anni della parabolaconclusiva del fascismo fossero ispirati alloschietto riconoscimento del valore dellademocrazia. Vanno in questa linea tutti itesti di quegli anni, dalle Idee ricostruttivedella Democrazia Cristiana di De Gasperi aidocumenti del Movimento guelfo d’azionedi Piero Malvestiti, ai numerosi programmielaborati dai cattolici durante la Resisten-za (primo fra tutti il «Manifesto» del «Mo-vimento democratico cristiano» redatto nelmarzo del 1945, alla vigilia della liberazio-ne, dal giovane Dossetti).In questo complesso e variegato insiemedi documenti, il «Codice di Camaldoli» spic-ca per la sua organicità e insieme per la suaautorevolezza, dato che alla sua elabora-zione concorsero, come emerge dal lungoelenco degli estensori, le maggiori perso-nalità del cattolicesimo italiano (da GiuseppeCapograssi a Giorgio La Pira, da Ezio Vanonia Paolo Emilio Taviani), soprattutto dellanuova generazione.

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PREAMBOLOdi Massimo Bartoli

Repubblica è l’Italia ed è sovrano,il popolo nei limiti di legge.Con questa si rimuove ogni guardiano,e i lupi s’allontanano dal gregge.Che l’uomo guardi sempre più lontano!e come la ragione ci sorregge,facciamo che in futuro questa terra,ripudi la barbarie della guerra.

Facciamo democratico lo statoche nasce dopo tanta Resistenza,all’uomo di lui stesso smemorato,che folle portò il mondo alla violenza.E all’uomo mite diamo un ben tornatocon questa alla civile convivenza,e possa lui decidere il da farsie anche perché no, di trastullarsi.

La carta sia la fonte del dirittoa lavorare tutti e tutti in pace.E l’uomo possa prendere il tragittodi vita che magari più gli piace.Sancisca insomma a monito il delitto,di forma quello d’essere incapacedi rigettare la comunitàe non far parte dell’umanità.

Così a dicembre, del quarantasette,si firma e nasce la Costituzione.Preambolo son brevi parolette,pochi principi di presentazione.Ma loro così semplici e perfette,sono l’inizio a quella discussione,che dietro a questo rapido prefisso,poi scrisse tra due epoche, l’abisso.

Fra le pagineFra le pagineFra le pagineFra le pagineFra le pagineNon è questa la sede per analizzare nellesingole scelte la densa articolazione del«Codice di Camaldoli»; basterà ricordarnealcune linee portanti, sullo sfondo della giàricordata piena accettazione della democra-zia politica.Il primo dato è rappresentato dall’afferma-zione della eminente dignità della personae del suo primato rispetto allo Stato (con ilnetto rifiuto, dunque, di ogni visione tota-litaria della politica).Il secondo dato, emergente indirettamen-te, è l’abbandono della categoria, cara alpensiero cattolico dell’Ottocento e di par-te del Novecento, di «Stato cattolico», ocomunque confessionale. Per i credentinon vengono rivendicati privilegi, ma è ri-chiesto, come per tutti gli altri cittadini, ilpieno rispetto della libertà religiosa da par-te dello Stato e delle sue istituzioni. Va nel-la stessa linea la forte accentuazione delruolo e delle responsabilità della societàcivile.Il terzo aspetto emergente dal «Codice» ri-guarda la sfera dei rapporti economico-so-ciali, con una forte accentuazione del ruo-lo della comunità politica come garante epromotrice dei fondamentali valori di giu-stizia sociale e di uguaglianza fra i cittadiniinsieme a una significativa sottolineaturadella funzione sociale della proprietà.Viene infine fortemente rivendicata la ne-cessità di superare l’antico «diritto di guer-ra» per promuovere la pace e la giustiziafra i popoli, anche con limitazioni della so-vranità nazionale a favore di organizzazio-ni sopranazionali.Sono sufficienti queste scarne indicazionia mettere in evidenza quanto importantesia stata l’elaborazione concettuale del«Codice di Camaldoli» ai fini del successi-vo lavoro che, dopo la caduta dei totalita-rismo, attendeva la nuova classe politicademocratica, e cioè la stesura della nuovaCostituzione.Buona parte degli estensori del «Codice»— da Vanoni a La Pira — si sarebbero ri-trovati sui banchi dell’Assemblea Costi-tuente, a stendere la Carta fondamentale diquella Repubblica che gli italiani avevanoscelto con il referendum del 1946.Con l’approvazione a larghissima maggio-ranza della Costituzione repubblicana nel-la seduta del 22 dicembre 1947 veniva pro-posto agli italiani un modello di Stato che,nonostante il trascorre re del tempo, haconservato una sua sostanziale validità,soprattutto in ordine a quei «Principi fon-damentali», oggetto della Parte I, oggi danessuno seriamente rimessi in discussio-

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ne e di cui anzi, con autorevolisentenze, la Corte Costituzionaleha affermato la «indisponibilità»da parte del legislatore, e dellostesso legislatore costituzionale.Né il valore e la dignità della per-sona, né le libertà civili, né l’ugua-glianza fra i cittadini — per faresoltanto alcuni esempi — posso-no essere oggetto di revisione co-stituzionale e devono pertantoritenersi principi «immutabili».Non così, invece, per altre partidella Costituzione, come quelleche riguardano la funzione dellestrutture rappresentative, la for-ma di governo, il ruolo delle au-

tonomie locali, e così via, nei confronti del-le quali è ammissibile un processo di revi-sione costituzionale.Che in tempi relativamente brevi (l’anno emezzo circa che va dall’insediamento del-l’Assemblea Costituente nel giugno 1946alla definitiva approvazione del testo), inun clima di alta conflittualità politica, in pre-senza di una marcata divaricazione fra ipartiti, sia stato possibile approvare quasiall’unanimità la Carta costituzionale appa-re agli storici una sorta, per così dire, dimiracolo laico, un evento epocale, forse maipiù ripetibile nella travagliata storia delnostro Paese. Il merito di questo «miraco-lo» va dato a tutte le forze politiche (se siesclude la rappresentanza della destra con-

servatrice e monarchica), compresi i rap-presentanti cattolici, che scrissero in que-gli anni una delle pagine più significativedella loro storia. È, questo, un riconosci-mento pressoché unanime dellastoriografia, anche «laica». L’apporto deicattolici alla Costituzione ha riguardatotutte le sue parti; ma un particolare rilievoassume il contributo da essi offerto allastesura della Parte I della Costituzione,quella riguardante i «Principi fondamenta-li», alla quale d’altronde il partito della De-mocrazia Cristiana guardò con particolareattenzione, inserendo nella Primasottocommissione, quella riguardante ap-punto tale materia, alcuni dei suoi uominipiù preparati (Umberto Tupini, che la pre-

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siedette, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pirae Aldo Moro, oltre a Camillo Corsanego eAngela Gotelli, che ne fecero parte). Il con-tributo di Dossetti, La Pira e Moro fudeterrminante, anche per l’ascolto che essiebbero da parte degli altri componenti diquella stessa Sottocommissione (tra essifiguravano i comunisti Palmiro Togliatti,Concetto Marchesi, Nilde Iotti e il sociali-sta Lelio Basso).Rilevante — soprattutto grazie adAmintore Fanfani e a Paolo Emilio Taviani— il contributo offerto dai cattolici anchealla parte riguardante i Rapporti economi-ci; ma in complesso è proprio nella stesuradei «Principi fondamentali» che si espres-se nella sua forma più alta la cultura deiCostituenti cattolici.È impossibile ripercorrere qui la storia deisingoli articoli della Costituzione che reca-no il segno di questa influenza. Basteràsegnalare alcuni aspetti di questa «presen-za».È grazie anche al contributo dei cattoliciche, accanto ai termini in verità più frequen-temente usati, quelli di «individuo» o di«uomo» o di «cittadino», compare il termi-ne di «persona», in particolare nella for-mulazione dell’art. 3, proposta da La Pira,là dove si parla di «pieno sviluppo dellapersona umana». Deriva di qui la forte im-pronta «personalistica» che, al di là dellaterminologia adottata, caratterizza la nostraCostituzione.Si deve ancora ai cattolici (grazie a un emen-damento proposto da Dossetti) l’inseri-mento nella Costituzione di una formulacorretta tecnicamente e ben riuscita sul pia-no programmatico e di principio, per indi-care la complessa e controversa questionedei rapporti fra Stato e Chiesa, là dove siafferma che «Lo Stato e la Chiesa cattolicasono, ciascuno nel proprio ordine, indipen-denti e sovrani» (art. 7), norma fondantedel successivo, e controverso, riferimentoai Patti Lateranensi. Va notato che l’art. 7anticipa quasi testualmente la formulazio-ne, intervenuta quasi vent’anni dopo, delConcilio Vaticano II: «La comunità politicae la Chiesa sono indipendenti e autonomel’una dall’altra nel proprio campo»(Gaudium et spes, n. 76).Ancora ai cattolici si deve l’inserimentonella Costituzione del termine, e del con-cetto (originariamente lessicalmente estra-neo sia alla cultura liberale sia a quellamarxista), di «formazioni sociali» ove «sisvolge la personalità» dell’uomo e del cit-tadino (art. 2); luogo dunque intermedio, einsieme mediatore, fra il cittadino e lo Sta-

to, con il conseguente superamento sia delmero individualismo sia dello statalismo,per il quale tutto è nello Stato; non indivi-dui singoli di qui, e uno Stato assoluto dilà, ma un variegato mondo di corpi inter-medi, che sono poi il tessuto vivo e vitaledella società civile.Gli esempi potrebbero continuare; ma quellicitati sono indicativi di questa operosa pre-senza dei cattolici là dove si sono gettatele basi del nuovo Stato democratico. Il si-lenzioso lavoro di approfondimento cultu-rale che negli anni della forzata assenza dauna vita politica egemonizzata dal regimefascista era stato portato avanti, dava qui,finalmente, i suoi frutti.Altri e non meno copiosi frutti avrebberopotuto essere raccolti in ordine ad altreparti, che appaiono oggi meno vitali, dellaCostituzione. Personalità come GiuseppeCapograssi o Costantino Mortati avrebbe-ro potuto essere maggiormente valorizza-te, ma non fu così. Le parti sull’ordinamen-to costituzionale dello Stato, e in particola-re sul Governo e sulla rappresentanza poli-tica, risentono di alcuni limiti che il trascor-rere del tempo ha reso ancor più manifesti.La scelta che i Costituenti cattolici fecerotra il 1946 e il 1947 fu di concentrarsi so-prattutto sulle «fondamenta» del nuovoStato democratico.Il rapporto fra cattolici e democrazia hadunque in Italia una lunga storia di riserve,di prese di distanza, se si pensa alle diffi-coltà incontrate dal costituzionalismorosminiano nel 1848; alla condanna all’ini-zio del ’900 della prima Democrazia Cristia-na di Romolo Murri; all’abbandono al suodestino del neonato Partito Popolare e allungo esilio, richiesto dalle stesse gerar-chie ecclesiastiche, del suo autorevolissi-mo leader, don Luigi Sturzo; alle propen-sioni autoritarie di gran parte dell’appara-to ecclesiastico degli anni ’40; alle noncelate simpatie monarchiche di gran partedell’elettorato cattolico, e non soltanto alCentro-Sud. Alla fine, tuttavia, seppurdopo lungo travaglio in seno alle istituzio-ni cattoliche, è emersa sempre più chiara— ed è stata autorevolmente codificatanella vasta serie di documenti sociali chevanno dai grandi radiomessaggi di guerradi Pio XII, alle encicliche di Giovanni XXIII,alle limpide pagine della Gaudium et spes— la scelta della Chiesa a favore della de-mocrazia e delle sue istituzioni. Decisivafu, al riguardo, la lezione stessa degli av-venimenti, e soprattutto di quanto era ac-caduto negli anni fra le due guerre: la Chie-sa si era illusa, con i Concordati stipulati

dapprima con l’Italia e poi con laGermania, di stabilire per i cattoli-ci un’area di protezione pur all’in-terno di regimi autoritari, come sela libertà dei credenti potesse co-esistere con la mancata libertà deicittadini. Ma la lezione della sto-ria rivelava l’impossibilità di que-sta distinzione di ambiti tra lospazio della Chiesa e lo spaziodella città. Alla fine «lo spazio erauno solo, quello dell’uomo», e inquesto spazio occorreva ricono-scere e rispettare la libertà di tut-ti, e non soltanto quella dei cre-denti.Concludendo: la Costituzione del1948 è un importante, anzi essen-ziale, punto di riferimento, ma nonpuò essere una sorta di «tabù»,nemmeno per i cattolici, anche seessi hanno concorso per tantaparte, come si è avuto modo diporre in evidenza, a redigerla. Uncosa è, tuttavia, teorizzare la pre-sunta immutabilità della Costitu-zione, anche nelle parti in sé e persé più soggette al logorio del tem-po, e altra cosa operare un vero eproprio stravolgimento dei suoiprincipi informatori. In questosenso ammoniva l’ultimoDossetti — quello delle forti pa-role del discorso del 18 maggio1994, Sentinella, quanto resta dellanotte? (Is 21, 11) 1 — che non vipuò essere alcun «pregiudizionegativo», ma anzi «un auspiciofavorevole» a una seria riformacostituzionale; ma, aggiungeva,«c’è una soglia che deve essererispettata in modo assoluto», edè quella che, se superata, porte-rebbe a modificare i «diritti invio-labili civili, politici, sociali previ-sti dall’attuale Costituzione». Ol-tre questo limite, affermava, «ri-tengo che non ci sia possibilitàper le coscienze cristiane di nes-suna trattativa, almeno fino aquando non siano date positive,evidenti e durevoli prove in con-trario».

1 DOSSETTI G., «”Sentinella,quanto resta della notte?” (Is 21,11) – Riflessione cristiana sul-l’Italia di oggi», in Aggiornamen-ti Sociali, 7-8 (1994) 485-497.

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Da dove cominciare? Forse da quello che sareb-be dovuto essere l´inizio

della democrazia: la nascita della re-pubblica e la costituzione. Nella no-stra Carta nazionale c´è un artico-lo, il numero 3, che sanciscel´uguaglianza tra i cittadini “senzadistinzione di razza, di sesso, di lin-gua, di religione, di opinioni politi-che, di condizioni personali e so-ciali”, lo stesso articolo afferma inol-tre che “è compito della repubblicarimuovere gli ostacoli di ordineeconomico esociale, che,limitano, difatto, l´egua-glianza tra icittadini e ilpieno svilup-po della persona umana...”. Vera-mente notevole! Potete quindi im-maginare la gioia di tutti gli omo-sessuali e degli eterosessuali con-trari al matrimonio, quando final-mente, dopo sessant´anni dalpronunciamento di queste parole,si è cominciato a parlare di dirittiper le coppie di fatto. Grande entu-siasmo per la proposta sui PACS,prima, un po’ di delusione, che perònon cancellava la gioia, per il com-promesso sui DICO, e poi piú nul-la. “Perché?” Verrebbe naturalechiedersi in un qualunque altropaese europeo, ma per un italiano,che non abbia i paraocchi da tuttala vita, la domanda é retorica e larisposta fin troppo banale”: ilvaticano comanda e il governoubbidisce. E per chi volesse capiremeglio le ragioni per cui la chiesa eparte dei cattolici si oppongono adallargare i diritti coniugali a piú cit-tadini Hctor Franceschi, importan-te docente dell´universitá cattolicadi Roma e consulente del Pontifi-cio Consiglio per la Famiglia, dá unadefinizione di Unioni di Fatto perchiarire la posizione contraria dellachiesa cattolica in proposito. Nelsuo intervento, che compareall´interno di una pubblicazione

vaticana che porta il nome di “Lexicon”, cheha lo scopo di ridare il “giusto valore mora-le” ad alcuni termini, egli porta inizialmenteuna serie di motivazioni assolutamente reli-giose e quindi condivisibili solo dai creden-ti, per esempio “l´innegabile veritá naturaledel matrimonio come alleanza tra dio e gliuomini”, e segue elencando la negazione, acausa della diffusione dei PACS in Europa,dei diritti degli eterosessuali nel matrimonio,cioè “il diritto a contrarre matrimonio uno,indissolubile e aperto alla feconditá; il dirittodi fondar una famiglia, e la sovranitá di essacome realtá in se stessa;il diritto di struttura-

re la propria famigliasecondo le proprie con-vinzioni; il diritto dellafamiglia di essere rico-nosciuta parte del benecomune e soggetto deldialogo sociale”; sfug-

ge tuttavia come sia possibile che un allar-gamento di alcuni diritti riesca a distruggereuna serie di altri direi consolidati e universal-mente riconosciuti, anche se in parte non

sempre applicati. In particolare se i diritti in-criminati sono semplicemente delle normepratiche che semplificano la vita dei direttiinteressati senza intaccare la libertá altrui sitratta infatti di norme che agevolano una cop-pia in casi di malattia e ricovero, permesso disoggiorno, agevolazioni riguardanti il luogolavorativo. Solo in caso di morte, e quindi diereditá, viene intaccato il “diritto” dei familia-ri alla successione dei beni in favore del com-pagno o della compagna, ma comunque inuna misura molto ridotta rispetto al matrimo-nio.Le motivazioni portate del ProfessorFranceschi, in sostanza, convincono poco,per questo è opportuno ricercare le causedell´avversione dei cattolici alla legge suiDICO, nell´avversione della chiesa perl´omosessualitá stessa. Sempre nel Lexiconinfatti si può trovare una spiegazione accu-rata sotto la voce “Omosessualitá eOmofobia”, dove il dott. Tony Anatrella,psicopatologo clinico e sociale, docentedell´Universitá di Parigi, afferma e spiega ildisturbo psichico che sta alla base

OMOFOBIA, LAICITA’ED EDUCAZIONE ALLA DIVERSITÁ

di Dario Ioseffi 5a B - A.S. 2006 / 2007○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

“ il vaticano comanda eil governo ubbidisce ”

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dell´omosessualitá. Fa questo sulla base del-la psicanalisi freudiana, facendo leva in par-ticolare sul conflitto edipico irrisolto e sul nonsuperamento della fase dello specchio (cioéla fase in cui il bambino “incontra” la suaimmagine e se ne innamora), vale a dire laricerca del completamento di se stessi nellaricerca di sé nelle persone dello stesso ses-so: nonostante l´Associazione degli Psichia-tri americani abbia radiato l´omosessualitádall´Albo delle Malattie Mentali giá nel´73!In ogni caso egli afferma di capire il voler“consumare” la propria sessualitá per quan-to immorale ma ne reputa vergognosa e inam-missibile la sfera pubblica.

Egli ritiene infatti la pratica omossessuale una“problematica privata” di cui la societá nondovrebbe curarsi perché istituzionalizzando-la si darebbe leggittimitá alla relativitá deivalori anche partoriti da menti disturbate.Parla dell´omofobia come una mania di per-secuzione delle menti omosessuali chetentano di legittimare la propria condizioneattraverso la manipolazione e lacolpevolizzazione degli eterosessuali. Arrivaanche ad affermazioni disciminatorie pesantiquando dice che non vede il nesso tra il par-lare dell´omosessualitá come un problema oil preoccuparsi che non abbia spazio civile eil razzismo o l´antisemitismo. In effetti nientedi nuovo, il “Lexicon” chiarifica con preci-sione posizioni ben note all´opinine pubbli-ca, un messaggio diffuso mediaticamente damolto tempo e con molta forza dai massimi

esponenti del vaticano. Infattila chiesa ha un’influenza tal-mente forte da potersi per-mettere un pontefice cheparla regolarmente atutto il popolo italianoattraverso televisioni egiornali, anche piú deipolitici stessi. In ognicaso non é la posizio-ne della chiesa che do-vrebbe spaventare ,per quanto retrogradae pericolosa possasembrare, bensí la totaleassenza di reazioni forti inproposito da parte delle altecariche e dei ministri dello sta-to laico italiano.Ricordate il clima politico piuttosto teso, aproposito dell´ argomento DICO, nel mese dimaggio? Ricordate che in quel clima unsedicenne di Torino si è ucciso perchè esa-sperato dalle “accuse dei suoi compagni sul-la sua presuntaomosessualitá?Se sì, ricorderete an-che le dichiarazionidel Ministro Fioroniin proposito: è ne-cessario combatte-re il “bullismo”.Bullismo??Ma come, proprio ilministro della Pub-

blica Istruzione, la per-sona a cui è affidata

la “gestione”, percosí dire, dellaformazione cul-turale dei gio-vani italiani, faanalisi cosíspicciole esuperficiali inmerito ad unfatto cosí gra-ve?Sarebbe in-

fatti necessa-rio costruire un

tessuto sociale eculturale armonico

e rispettoso dell´etero-geneitá della socetá proprio a par-tire dalla scuola. Negli ultimi tempiinfatti, almeno per quanto riguar-da l´esperienza fiorentina, si cer-ca di educare alla diversitá cultu-

rale, nonper unacivile con-v i v e n z ama peruna pro-d u t t i v acollabora-zione nellavita comu-ne, nonper la tol-

leranza, ma per l’ interazione atti-va e propositiva tra le culture.Data, quindi, l’evidente omofobiadilagante e la negazione di alcunidiritti fondamentali, la scuola do-vrebbe prendersi l´onere di crea-re una cultura sociale aperta alladiversitá anche sessuale per duemotivi precisi: - in generale, pereducare i futuri cittadini al rispet-to reciproco in tutti i campi, oc-cupandosi con piú forza dei casiin cui sia maggiormente evidenteun freno al libero sviluppo dellapersona umana; nello specifico,per smettere di considerare gliadolescenti eterossessuali d´uf-ficio e garantire a ragazzi e ragaz-ze con tendenze sessuali diversedalla “norma”, se ne esiste una,uno sviluppo sereno e libero del-la propria personalitá.O almeno questo sarebbe un com-portamento costituzionalmentecorretto, in uno stato che si dichia-ra laico e dove è la religione, in li-nea teorica, che dovrebbe essereuna dinamica privata.

“ la scuola dovrebbeprendersi l´onere di

creare una cultura socialeaperta alla diversitá

anche sessuale ”

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Firenze, 11 settembre 2007

Una rivista monograficasulla Costituente non poteva non essere corredata

da una testimonianza autorevole.Il signor Alberto Cecchi, deputatoper due legislature e vicepresidentedella commissione di inchiestaparlamentare per la P2 paziente-mente e con grande entusiasmo siè sottoposto alle nostre domande.Nella sua casa ci sono libri ovun-que, libri sparsi, impilati in equili-brio precario, vissuti, amati, letti eriletti, studiati. Ce li mostra la gen-tilissima signora, direi con orgoglio.Classe ’24 il signor Alberto, dipen-dente telefonico, all’indomani dellacaduta del governo fascista aderi-sce al Partito d’Azione clandesti-no nel ’44, prima dell’insurrezionedi Firenze. Era richiesta un’ ade-sione “al buio” perché c’era anco-ra l’occupazione tedesca.Era il momento in cui i partiti si an-davano di nuovo costituendo euna delle prime azioni che fecero fuquella di togliere le mine che i tede-schi avevano messo alla centraletelefonica di Firenze centro.Come ricorda il periodo della Co-stituente?- Si avvertivano tentativi più omeno visibili , non voglio parlareproprio di sabotaggio ma insom-ma, di rimandare l’inizio dei lavoridell’assemblea; allora socialisti,partito d’azione e comunisti deci-sero di fare una campagna di comi-zi, a cui io ho partecipato. Circola-va allora una sigla curiosa, costitu-ita dalle iniziali della frase ForzeOcculte Della Reazione In Aggua-to, FODRIA e dicevamo in codice“Attenti alla Fodria!”. Infatti appe-na nata la Repubblica cominciò laclandestinità degli avversari, forsei monarchici che non accettavano

UNA PASSIONE INFINITA:INTERVISTA AD ALBERTO CECCHIdi Manuela

Taddei

quella sconfitta per poche centinaia di voti.Tutto sommato l’Assemblea fu l’elementodirimente nei confronti dei monarchici. Labattaglia si svolgeva fra monarchici e repub-blicani.Quale rilievo davano i giornali ai lavori del-la Costituente?- Si avevano rubriche specifiche: tutti i quoti-diani riportavano i lavori dell’A.C. giorno pergiorno.Anche i quotidiani si andavano ricostituen-do in quei mesi, in quegli anni: accanto a LaNazione del Popolo (appellativo quest’ulti-mo aggiunto per distinguersi da La Nazioneche si era inesorabilmente compromesso colregime) in Toscana, ma con diffusione anchein altre parti dell’Italia centrale, nacque IlNuovo Corriere che era il giornale delle forzedi sinistra che manteneva però una linea disinistra senza compromettersi troppo, era ungiornale di “frontiera”, di forma paludata,sorvegliata, un giornale di sinistra che guar-dava al centro e così fece una forte concor-renza a L’Unità: direttore ne fu RomanoBilenchi, esponente della Resistenza comu-nista in campo giornalistico.Quali erano i rapporti fra i cattolici e la sini-stra all’interno dell’assemblea?-Il clima era ancora quello del comitato di li-berazione nazionale: in primo piano c’era an-cora l’antifascismo e forte e sentita era lacollaborazione per mantenere la neonata Re-pubblica.Quali furono i punti più importanti del di-battito, quelli su cui la discussione fu menodistesa?- Il primo punto fu sicuramente l’organizza-zione interna, del resto per un certo periodo l’A. C. ebbe il ruolo di Parlamento. Nell’ambitodell’Assemblea uomo di primaria importanzafu Ruini che fu presidente della commissio-ne cosiddetta dei 75, la commissione per laCostituzione che elaborò il progetto di costi-tuzione da portare in sede plenaria. Un se-condo punto fu senza dubbio il voto alledonne: l’eredità della Resistenza giocò unruolo decisivo perché le donne avevano par-tecipato non solo singolarmente ma anchecome gruppi organizzati.

E l’articolo 7 che regola i rapporti fra stato echiesa?- Quello è stato un punto difficile, non ci fuaccordo fino quando Togliatti in aula disseche i comunisti non erano lì per dividersi sul-le questioni religiose e confermò che non sisarebbero contrapposti, che non volevanointralciare i lavori , né rompere l’unità del-l’Assemblea Costituente. I socialisti e ilPartito d’Azione lo attaccarono, definendo-lo doppio e opportunista. L’articolo 7 arrivònelle strade e nelle piazze e moltissimi furonoi dibattiti pubblici. Fu spesso criticato l’at-teggiamento troppo cauto del P.C.I. Non tuttigli articoli furono discussi pubblicamente, magli Italiani vivevano con una certa intensità ildibattito sulla Costituzione soprattutto perciò che riguardava il lavoro. La nostra Costi-tuzione è stata definita laburista perché il temadel lavoro non si concentra in un solo artico-lo. Gli articoli sul lavoro sono rimasti talvoltavolutamente generici per “sabotaggio occul-to”, per rinviare, forse, la legge di attuazionee dare la possibilità di interventi successivivedi articolo 18, per esempio, vedi la condi-zione del lavoratore e i contratti atipici!Una battuta che circola è che la Repubblicaitaliana è sempre in fase costituente!Forse si è voluto dilazionare l’attuazioneperché lo stato di fatto diventasse stato didiritto.A dimostrazione di ciò alcuni articoli atten-dono ancora l’attuazione!Un’ ultima domanda: ritiene che lo spiritodella Costituente abbia animato anche ilavori della commissione di inchiesta sul-la P2?- Assolutamente sì. Presidente era TinaAnselmi che ha sempre cercato di farattenere la commissione ai principi costi-tuzionali, sia per il funzionamento sia per icontenuti. Ricordo che definiva la Costitu-zione “stella polare” da seguire per nonperdere mai la rotta.

L’intervista non è finita con queste parolema questa espressione “c’è parsa così giustache abbiam pensato di metterla qui, come ilsugo di tutta la storia”.

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di Valerio Del Nero

De Gasperiuomo di partitoe uomo di statoSenza dubbio la figura umana e politi-

ca di Alcide De Gasperi (1881-1954) èquella che, tra i padri fondatori della

Repubblica, ha riscosso negli ultimi anniun interesse particolare che non accenna adiminuire.L’ultima conferma è data da questa ampia ericca biografia di Piero Craveri, De Gasperi,Bologna, il Mulino 2006, nella quale all’ul-timo decennio della vita dell’uomo politicotrentino è concessa un’attenzione specia-le, quanti-tativamente maggiore rispetto al-l’analisi della prima parte di essa. E ciò ècomprensibile, se si riflette sul ruolo di pro-tagonista che De Gasperi ha giocato nelsecondo dopoguerra. Tuttavia, pur senzaindulgere a continuismi e a gius-tificazionismi di sapore vagamentestoricistico, proprio perché nella vita di unapersona si manifestano spinte, perfino con-traddittorie, di varia matrice (ambiente diformazione, caso, scelte personali, fortu-na, condizionamento dei tempi, audaciaetc.), resta il fatto che gli anni di apprendi-stato nel giornalismo cattolico, l’esperien-za di deputato al parlamento di Vienna, ildramma delle sue terre nella catastrofe piùgenerale della grande guerra, rappresenta-no il fondamento imprescindibile diun’esperienza politica che il turbolento pri-mo dopoguerra, nel ciclone della crisi dellostato liberale, metterà ulteriormente allaprova. Il prezioso lavoro di De Gasperi al-l’interno del Partito Popolare sturziano,evidenziato, come è stato acutamente os-servato, dalla sua particolare sensibilità perla dimensione parlamentare e costituzionaledi questo movimento politico, mette in luceuna caratteristica di fondo del modello po-litico degasperiano, vale a dire quell’atten-zione profonda per l’istituzione statale cheriemergerà prepotente nel clima della rico-struzione dopo il secondo conflitto mon-diale.

Sono noti i pregi e i limiti dell’esperienzapolitica del popolarismo nella fase di dis-soluzione dello stato liberale, nell’avventoal potere del fascismo e nella rapida co-struzione della dittatura da parte diMussolini, quando la chiesa romana,fascinata dalla prospettiva di chiudere laquestione romana e di trovare nel fasci-smo stesso una sponda politica solida perriaffermare i suoi principi di cristianizzazionedella società italiana, abbandonava prestoil partito di Luigi Sturzo al suo destino. Daquesto punto di vista il dramma delpopolarismo coincideva con una crisi per-sonale profonda di De Gasperi, che verràpresto incarcerato dal fasci-smo. Negli anni del consensoe nel quadro della concilia-zione (1929), la chiesa roma-na evidenziava forse il mas-simo grado di com-promissione col fascismo.Questo però non impedi-sce di valutare, al di là diuna facciata ditrionfalismo e diunanimismo, venatureprofonde di crisi e di dis-senso, tra le quali si an-nidavano i germi dellaformazione della futu-ra classe dirigente cat-tolica e democristiana:questi percorsi, tal-volta tortuosi, sonostati esaminati ormaicon acutezza daglistudiosi, che hannoscandagliato sia leorganizzazioni dellaicato cattolico,sia singole perso-nalità, sia la poli-tica della Santa

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Sede, nel profondo meno unita-ria di quanto possa apparire aduno sguardo superficiale.Lo stesso De Gasperi, una voltauscito dal carcere, trova acco-glienza nella Biblioteca Vaticana,dove un modesto impiego gli per-mette di sopravvivere, ma soprat-tutto gli concede di studiare, diriflettere, insomma, di entrare incontatto con realtà culturali an-che extraitaliane di indubbio rilie-vo: sono questi gli anni delripensamento delle passate espe-rienze, ma anche delle tensionipositive verso un futuro di tra-sformazione, allora certo indefi-nito nel tempo, se si pensa allasituazione italiana e mondiale de-gli anni trenta.La guerra e la caduta del fasci-smo nel luglio del 1943 rimettonoin moto tutta la situazione politi-ca, ridanno fiato all’antifascismo,accelerano fortemente le stessescelte degasperiane. Da questopunto di vista la nascita della De-mocrazia Cristiana è davveroun’opzione gravida di futuro: ilnome, non certo nuovo, è appli-cato felicemente a questo ineditosoggetto politico ed è preferito al

tale di questo partito dopo il 1945, riesce aspiegare il consenso di massa ottenutonelle famose elezioni del 1948 e in seguitomantenuto, pur con sensibili ridimensio-namenti della proprio forza elettorale.Laicità inoltre, nella visione degasperiana,voleva dire consapevolezza di non esserepoliticamente autosufficienti nel quadropolitico di una democrazia rappresentativae quindi implicava di dover mirare ad unafunzione di centralità nello schieramentopolitico, coltivando preziose alleanze coipartiti laici minori.Ripensare oggi, concluso il “secolo bre-ve”, a quegli eventi fondanti il nuovo sta-to italiano (guerra, resistenza, assembleacostituente, carta costituzionale, divisio-ne del mondo in zone d’influenza, incipienteguerra fredda), permette certamente unosguardo globale e per certi versi pacifica-to. Ma rientrare mentalmente nell’atmosfe-ra di quei tempi drammatici ed esaltanti allostesso tempo e cogliere via via il sensodelle scelte allora operate, tra dubbi ed er-rori, non è certo agevole. In questo sensola biografia degasperiana di Craveri è unamappa preziosa per capire l’uomo politicoe lo statista trentino. A questo proposito lascelta dello studioso di lasciare da parte ocomunque sullo sfondo le vicende familia-ri e personali è comprensibile nell’ottica dievidenziare nel personaggio la dimensio-

posto di qualunque altro che si riferisse alpopolarismo (anche se l’esperienza politi-ca popolare è saldamente conservata), pro-prio perché da un lato egli vuole rifarsi almodello delle democrazie cristiane europee,mentre dall’altro intende insistere sull’ag-gettivo democratico quale elemento di rot-tura e di critica nei confronti di un cattoli-cesimo romano ancora sensibilissimo ai ri-chiami dell’autoritarismo politico (se nondelle dittature). Ipotizzare e scegliere un rap-porto innovativo tra cattolicesimo e demo-crazia, distaccandosi nettamente daregressive nostalgie vaticane filoautoritariee clericali, va a merito del gruppo dirigentefondatore della Democrazia Cristiana e spe-cialmente di Alcide De Gasperi, che anchein seguito darà a più riprese prova di matu-ra autonomia rispetto alla volontà dellaSanta Sede: punto sicuramente discrimi-nante, questo, anche delle sue scelte poli-tiche future. Il difficile equilibriodegasperiano nasce anche sulla base di unaprofonda fedeltà alla chiesa, che tuttavianon nega affatto l’autonomia della sferapolitica rispetto a quella religiosa, il che asua volta spiega la struttura della nuovaformazione politica come partito dei catto-lici, ma non come partito clericale, in unadinamica relazione tra laicità e fede religio-sa. Né del resto solo l’anticomunismo, chepure costituirà una caratteristica fondamen-

Lettera di Terracini a De Gasperi per l’approvazione del nuovo emblema della Repubblica

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ne tutta politica, anche se va ricordato cheaspetto privato e realtà pubblica di un in-dividuo si intrecciano sempre profonda-mente: non fa certo eccezione il caso diAlcide De Gasperi, per il quale gli affettifamiliari costituirono sempre un ricchissi-mo, fecondo e costante tessuto di riferi-mento.Dicevo precedentemente che il Craveri hascelto di dare grande risalto all’intensissi-ma attività politica di De Gasperi dalla libe-razione in poi, quando viene assumendosipesanti responsabilità di governo, in unprimo tempo condivise con i leaders deglialtri partiti antifascisti, uomini temprati dallaopposizione al vecchio regime, ma uominianche che, al di là delle loro radicali diffe-renze ideali, erano capaci di cogliere il noc-ciolo di un’azione politica capace di supe-rare ogni angusta ottica parziale in vista diuna finalità pubblica, superiore dell’azionepolitica, al di fuori di ogni grettoparticolarismo. Di eccelsa statura appaio-no, a confronto con buona parte dei politi-ci contemporanei, i vari Palmiro Togliatti,Pietro Nenni, Ugo La Malfa, per ricordarnesolo tre, accanto ovviamente a De Gasperi,i quali manifestavano ed incarnavano unsenso dello stato e del bene comune cheoggi è merce molto rara. Ma nel caso del-l’uomo politico trentino bisogna rammen-tare come egli già avesse precocementepreso su di sé, alla fine del 1944, una re-sponsabilità politica sicuramente poco gra-tificante, assumendo il dicastero degli esterinel secondo governo Bonomi, in un mo-mento di disastrosa immagine internazio-nale dell’Italia. Una scelta che corrispondeal successivo gravoso compito, affrontatocon dignità, di firmare il trattato di pace e digestire la spinosa questione di Trieste. E’noto che le questioni internazionali influi-scono sempre profondamente sulla politi-ca estera, ma negli anni immediatamentesuccessivi alla fine del secondo conflittomondiale questo sembra particolarmentevero in relazione alle decisioni, valide osbagliate, del leader democristiano. Del re-sto tutto ciò non dipendeva certamentesolo dalla volontà dei singoli uomini politi-ci italiani: l’alleanza tra Unione Sovietica epotenze occidentali, che aveva permessodi schiacciare il nazismo e il fascismo, sistava rapidamente sgretolando e l’Europaappariva sempre più divisa in zone di in-fluenza, che poi corrispondevano sostan-zialmente ai territori conquistati dai rispet-tivi eserciti durante l’ultima fase del con-flitto. Da questo punto di vista il 1947 ap-pare come un anno decisivo per l’evolu-zione della politica italiana, quando De

Gasperi accentua la scelta filoccidentale perla democrazia rappresentativa che il viag-gio negli Stati Uniti, l’accoglienza del pia-no Marshall e l’estromissione delle sini-stre dal governo avrebbero progressiva-mente sanzionato.Tuttavia con quella che ormai si poteva con-siderare l’opposizione di sinistra restavanomolteplici canali di apertura e di dialogo, pri-ma di tutto sulla carta costituzionale allora infase di elaborazione: l’esempio più discussoe clamoroso, che può essere letto anche comeun capolavoro di diplomazia, è l’inserzionedei Patti Lateranensi nella Costituzione re-pubblicana.Da questo punto di vista, la sonante vittorianelle elezioni politiche del 18 aprile 1948 è laconseguenza di un ulteriore peggioramentodel quadro internazionale, che faceva con-vergere, in una misura prima imprevedibile,un consenso amplissimo sulla DemocraziaCristiana. Ma anche in questa decisiva occa-sione, che avrebbe offerto per decenni unasicura rendita di posizione a questo partito, iltimbro degasperiano della elaborazione poli-tica e della conduzione della campagna elet-torale è inconfondibile, di fronte alle robu-stissime spinte integraliste che provenivanoda settori della chiesa romana coagulati in-torno ai comitati civici di Gedda.In diverse occasioni, insomma, De Gasperi,oltreché abile guida di partito, si presentacon la fisionomia inconfondibile dello sta-tista di razza, capace di difendere gli inte-ressi nazionali contro ogni ipotesi gretta-mente nazionalista, in un’ottica convinta-mene europea, lontano da ogni ipotesi disocietà cristiana. Ugualmente, in una pro-spettiva radicalmente democratica, nel ri-spetto di tutte le visioni del mondo, colpi-sce il primato che egli assegna sempre algoverno e alla sua delicata funzione di rap-presentare e gestire gli interessi generalidel paese, di fronte ad ogni meschino ri-chiamo partitico. Forse è anche questa laragione per cui, nelle tensioni del decisivo1947, fu possibile portare a compimento lacarta costituzionale, nella quale confluiva-no sapientemente miscelate alcune istanzefondamentali di matrice laica, socialista ecattolica: anzi, è stato detto, che questaintesa tripartita fece la sua prova miglioreproprio nella elaborazione della Costituzio-ne dell’Italia repubblicana, mentre risultòmeno incisiva e più fiacca a livello di go-verno.Le conclusioni dell’autore sulla figura diDe Gasperi colpiscono per la loro radicalità,ma invitano tutti a riflettere seriamente sulpercorso storico e politico che ci separa daquegli anni cruciali: “Ancor oggi ciò che di

stabile e sicuro l’Italia può con-tare nel campo della politica, del-le istituzioni e dei legami interna-zionali, le idee stesse che reggo-no, o dovrebbero reggere, la no-stra convivenza civile, il progres-so e l’unità della nazione, risal-gono innanzitutto alla sua epocae all’opera che egli vi svolse” (p.637).

Ugo La Malfa

Palmiro Togliatti

Pietro Nenni

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Lo sapevate...?

Prendete in mano una Costituzione della RepubblicaItaliana.

Vedrete che è entrata in vigore il1° gennaio 1948, ma ha poco sen-so segnalare sol-tanto di anniversario simili, correndo intal caso il rischio divivere tale docu-mento distante dal-la propria quo-tidianità almeno quanto sono idecenni trascorsi dalla suddettadata.Invece proseguite nell’esperi-mento e cominciate a leggere iprimi 12 articoli che i Costituentivollero definire principi fonda-mentali. Ivi scoprirete che lo Sta-to nel quale viviamo riconosceall’uomo, come individuo e comecorpo sociale, diritti preesistentialla stessa nascita dello Stato; lipromuove e li identifica come va-lori assoluti nei rapporti fra le per-sone, nel corpo sociale, nei nu-clei più piccoli, nelle organizza-zioni complesse. Li descrive sen-za pretese esaustive e li regola peril bene della comunità. Leggetegli articoli, 3,5,6,9 e così via finoall’art. 11; sappiate che questenorme non possono essere mo-dificate se non in due modi: conun cambiamento pacifico o vio-lento dell’intera istituzione stata-le definita “Repubblica Democra-tica”, oppure con la fine di essa,cioè con la fine dello Stato Italia-no. Sono quindi principi immuta-bili da chicchessia, politico omeno, burocrate, affarista, delin-quente, onesto: nessuno può eli-minare o modificare i principi fon-damentali della Costituzione.Proseguite nella lettura, e scopri-

di Paola Casali Grossi

rete che lo Stato Italiano vi espone qualidiritti e libertà tutela, quali doveri imponeal consesso sociale, che siete voi, che sia-mo tutti, ancora una volta presi singolar-mente o collettivamente; vedrete allora che

nessuno può violare –seppur con delle specifica-zioni che nulla tolgono allanitidezza del principio – lavostra libertà personale,fisica e morale, il vostrodomicilio, la vostra corri-

spondenza (anche quella via e-mail), il vo-stro diritto di riunirvi, quello di associarviper un condiviso interesse o sentimento,hobby, culto, pensiero politico, fede spor-tiva e così via.Potete manifestare senza timore di dichia-rare il vostro nome. Potete agire in giudi-zio, cioè ricorrere ai giudici per vedere tu-telati tutti i diritti sopra enunciati. Se sietedalla parte del torto, se sarete riconosciutitali in ogni grado di giudizio di questo pae-se, in ogni caso la pena dovrà essereconsona al senso di umanità e mirare a rein-tegrarvi in quello spirito e corpo socialeche prima vi apparteneva. Leggete ora gliart. da 29 a 54 e scoprire-te che – senza toccare inquesto breve tragitto irapporti fra Stato ChiesaCattolica e altre confes-sioni religiose, che certo hanno influenza-to fra gli altri anche la redazione dell’art.29; rapporti peraltro su cui troverete noti-zie all’interno di questo giornale - scopri-rete dicevamo, che la famiglia è un valore,che di conseguenza lo Stato impone deidoveri ai genitori ma soprattutto dei dirittiai figli. Potrete essere d’accordo o meno,ma questa è una garanzia per voi; ricorda-telo ai vostri genitori e ricordatevelo quan-do lo sarete. La famiglia non è solo quellariconosciuta a seguito del matrimonio cat-tolico (è sufficiente il rito civile) e col tem-po il legislatore ha mirato a tutelare anchela cosiddetta famiglia di fatto.

La Costituzione tutela anche la maternità ela salute, promuove l’arte, lo studio, lascienza, progetta la scuola come fucina delnostro futuro, stimola e sprona al lavorocome valore in sé e come mezzo di sosten-tamento; regola i diritti sul luogo di lavoroe tutela quelli di chi non può lavorare. Ri-conosce il diritto ad associarsi per rivendi-care i diritti sopra menzionati, sprona il cit-tadino alla libera iniziativa economica, netutela la proprietà, la contempera all’inte-resse comune, in sostanza ha in mente unuomo che abbia diritto ad essa ma che ca-pisca che essa non è tutto.Se quanto sopra descritto vi pare letteramorta, violata, frustrata; se vi appare il pa-ravento dietro cui le umane nefandezze dichi si pensa abbia potere possano trovarelibero sfogo; se proseguendo nella letturadall’art. 55 fino alla fine della Carta Costi-tuzionale vi appare soltanto unaregolamentazione astrusa e lontana, sfrut-tata da chi sta, per così dire, nella stanzadei bottoni; ebbene, sappiate che domanipotrete votare ma anche non votare, crea-re nuove associazioni politiche, promuo-vere referendum, rivolgere petizioni al Par-

lamento, accedere agliUffici Pubblici, fareproposte di legge (artt.48-49-50-51-71 comma2 e 75), senza obbligo

di essere parlamentari o politici di profes-sione. E tutti questi diritti, regolati con mo-dalità parzialmente differente benchè nonnella sostanza, li avete nei confronti delleautorità locali: Regioni, Province, Comuni.Sappiate pertanto che, per quanto il mon-do che leggete, vivete, vedete possa ap-parire sbagliato, quasi 60 anni fa vi è statofatto un dono che non appassisce mai: avoi scegliere se farne il mantello protettivoe ispiratore di una deontologia civile olasciarlo in soffitta come un pastrano chenon ha stagione buona per l’uso. State certiperò, che in questo secondo caso altri for-se ne faranno un uso meno nobile.

Nessuno può violarela vostra libertàpersonale, fisica,

morale...

Quasi 60 anni fa vi è statofatto un dono che non

appassisce mai...

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di Cristina Negroni

...e gli italiani ricominciano a cantareL’Italia canta ma la musica cambia e…saltano i cinquecentocinquanta pifferi! Le donne anche se “voglion fa’ l’americane”,restano italiane nel profondo. Al festival di Sanremo il trionfo dell’ordine borghese fino al l’arrivo del ciclone Modugno.

Partendo dalla considerazione, peraltroormai così ovvia da poterla ritenereun luogo comune, che la canzone

popolare è “a pieno titolo” uno deidocumenti che aiutano a capire la storia, inquanto esprime lo stato d’animo, gli umoridei protagonisti diretti e indiretti degliavvenimenti, la voglia di dimenticare, dievadere e insieme il fascino di mode esound di altri paesi…, i testi che seguonointendono essere una piccola carrellata sulpanorama musicale negli anni dallaResistenza ai primi passi della repubblica(1943-1948), fino al Festival di Sanremonegli anni ’50 . Questa manifestazione è davedersi come uno dei primi segni di unaeffettiva ripresa, in quanto nascedall’iniziativa di un gruppo di impresari perrilanciare il turismo, il Casinò e l’industriafloricola della città ligure.Tornando rapidamente ai primi anni dellaseconda guerra mondiale, la canzoneitaliana vive un momento particolarmenteinteressante perché è caratterizzato dabrani ed artisti che riescono a fondere inmodo convincente “i canoni musicaliamericani con la tradizione melodicaitaliana” (Igor Principe). I nomi piùimportanti in questo senso sono quelli diNatalino Otto che, nonostante l’ostracismoe la censura del regime contro quella cheveniva definita “barbara antimusica negra”,riesce a far accettare lo swing, AlbertoRabagliati e il Trio Lescano. Quest’ultimo,formato dalle tre sorelle olandesi Leschan,ha al suo attivo numerosi successi, tra iquali anche una delle cosidette “canzonidella fronda” contro il Fascismo:

Maramao perché sei morto?

Scritta nel 1939 a poca distanza dalla mortedi Costanzo Ciano (presidente della Cameradei Fasci e padre di Galeazzo), da Panzeri eConsiglio, la canzone creò qualcheproblema a Panzeri in quanto la censura laritenne, come molte altre, un veicolo dipropaganda occulta contro il fascismo.L’accusa era sostenuta anche dal fatto chei primi versi del testo furono trovati scrittisul basamento del monumento a Ciano aLivorno.Canzoni “di fronda” ma anche di evasione,dunque; tuttavia quando nel giugno1940l’Italia entra in guerra, si avverte un climadiverso da quello del primo conflitto; c’èmolto meno patriottismo e sempre traspareuna nota di malinconia anche nei braniintesi ad esaltare gli aspetti eroici dellaguerra; è scomparso del tutto lo spirito del“canta che ti passa”, che aleggiava nelletrincee durante la Grande Guerra. Nonmancano canzoni “leggere”, che aiutino anon pensare all’avanzare inesorabile dellatragedia, né brani “della fronda”, qualiPippo non lo sa (1940), il cui obiettivo èAchille Storace (“che quando passa ridetutta la città”) o Il tamburo della bandad’Affori(1943), “che comanda 550 pifferi”:non è difficile intuire chi si celi dietro il“tamburo principale della banda”,considerando che 550 è il numero deiconsiglieri della Camera dei Fasci e delleCorporazioni:Pippo non lo sa

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Con la fine del Fascismo e con la guerracivile tra alleati e partigiani da una parte ecoloro che continuano a sostenerel’alleanza con la Germania dall’altra, ilpanorama musicale ha le sue espressionipiù significative nei canti dei partigiani , dicui Bella Ciao è il simbolo indiscusso,nonostante che Fischia il vento fossecantato a livello più nazionale, e nello swingoriginale entrato in Italia con le truppeamericane, che musicisti quali C.A.Rossi ecantanti come Ernesto Bonino,trasferiscono nella canzone italiana;Conosci mia cugina? (1946) ne è unesempio interessante:

Conosci mia cugina?

Le parole del testo hanno evidenti allusionialle nuove mode dell’epoca e agliatteggiamenti più “disinvolti” della donna(balla il boogie woogie, conosce un po’l’inglese), ma è di fatto solo una questionedi forma, della “voglia d’America” chepoteva far dimenticare la guerra, perché,nella sostanza, anche la emancipata cugina– la maschietta – con i corteggiatori sicomporta come le hanno insegnato mammae nonna (“ma non c’è niente da far!”). ilbrano era stato pensato per Natalino Otto,ma è stato ripreso con successo da cantantiche avevano optato per il jazz, comeErnesto Bonino.

Bella Ciao

Bella Ciao è un canto documentato nellaResistenza, soprattutto fra i partigiani diformazioni emiliane ma anche presso letruppe regolari nell’avanzata finale nelleregioni centrali, ma ha cominciato ad esserepopolare nel 1948 al festival della Gioventùa Berlino, dove fu cantata da un gruppo distudenti italiani.; altre fonti sostengono chele parole siano state scritte a Praga nel ’51

per un congresso dei “Partigiani dellaPace”, un movimento nato a Pariginell’aprile 1949.Le origini del brano sono rintracciabili nellatradizione folklorica di diverse regioni delNord (Piemonte, Trentino, Veneto) e degliAlpini nella Grande Guerra, quindi il cantoè passato nel repertorio delle mondine edei partigiani dell’Emilia.

Se finora il passaggio degli alleati èinscindibilmente legato all’ondata di swingche ha rinnovato la musica italiana, aNapoli ha lasciato ben altra traccia: lanascita di una quantità sorprendente dibambini con la pelle nera, frutto di relazionicon soldati americani di colore!Tammuriata Nera, magistralmente ripresain tempi recenti dalla Nuova Compagnia diCanto Popolare, è l’eco ferocemente ironicama anche delicata di questo fenomeno.Il brano è del ’44, scritto da E. Nicolardi eE.A.Mario, dopo che il primo, dirigenteamministrativo di un ospedale di Napoli,aveva notato l’alto numero di questineonati nel reparto di Maternità.

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La struttura della tammuriata, in cui quasicome in un coro greco si danno spiegazioniad un fatto così strano, consente di darevoce alla Napoli del dopoguerra, con tuttele sue miserie e i pregiudizi ancora insitinella società.

Tammuriata Nera

Gli anni immediatamente successivi allafine del conflitto, i cosiddetti anni dellaricostruzione, sono dominati dai grandipassi verso il “recupero” della democrazia:il Referendum Monarchia- Repubblica(’46),la Costituente (’47), la Costituzione (’48),le elezioni del 18 aprile (’48); e potrebberogiustificare un entusiasmo che non ha, difatto, molta ragione di esistere.E in effetti, nei versi di molte canzoni èpresente una nota di malinconia, come nelcaso di In cerca di te (1945), nelle cui parole“è la sintesi della condizione umana nellaquale vivevano tanti italiani di allora”(Gianni Borgna, Storia della canzoneItaliana, Mondatori, 1992)

In cerca di te

Accanto a brani “dolenti”, di nostalgia esolitudine come questo, la esigenza didimenticare e di tornare a vivere, tuttavia,produce un’ondata di disimpegno che nellecanzoni si esprime con testi che oriproducono l’atmosfera maliziosa elibertina del caffè concerto, vero e proprio“luogo di perdizione” e di goliardia, conquel giocare su temi audaci e continuidoppisensi (cfr. La Paloma Blanca diCherubini e Falcomatà, 1946 ), la cuitradizione è giunta fino a noi ( cfr. IlClarinetto di R.Arbore o La Pansè diCarosone); o la cui demenzialità rasenta lametafisica, come nel caso di EulaliaTorricelli, di Olivieri, Nisa e Redi, 1947, cheper il suo incontrastato quantostupefacente successo, ha portato anumerose “rivisitazioni” anche in tempirecenti:

Eulalia Torricelli

Nel 1946 la cantante Lidia Martoranainaugura con Il mio nome è donna diMascheroni e Testoni quel filone di canzonid’amore che hanno per tema la totalededizione della donna all’amato, e che siavvalgono di versi languidi e di vocisensuali nell’interpretazione.

Il mio nome è donna

Musicalmente, questo filone coincide conl’introduzione in Italia di nuovi ritmiprovenienti dall’America del Sud, quali,oltre al tango ormai già presente da circa20 anni, la rumba, la raspa il bajon, labeguine e il bolero, “tutte danzeparticolarmente sensuali che sciolgonofacilmente le tensioni accumulate efavoriscono il riassorbimento delle ferite”(G.Baldazzi, La Canzone Italiana del ‘900,New Compton Editore). Nasce quindi,dueanni dopo Amado mio, il famoso branocantato da Rita Hayworth nel film Gilda,Addormentarmi così di Mascheroni e Bini,1948, nel cui arrangiamento del maestroPippo Barzizza si avvertono echi di questo“incedere latino”, peraltro adattissimo altesto (“bocca a bocca, cuore a cuore, morireinsieme, labbra sulle labbra”). Non è uncaso che sia proprio Lidia Martorana aportare la canzone al successo.

Addormentarmi così

Dello stesso tenore è Amore baciami, diC.A.Rossi, 1948, che, sempre grazie allalanguida e sensuale interpretazione dellaMartorana, venne apprezzata anche inAmerica, dove, cantata da Pat Boone,diventò la colonna sonora del film TheMain Attraction.

Il nostro breve percorso nella canzone degli

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anni ’40, che è poi una sorta di tuffo nel“come eravamo”, senza nessuna pretesadi rigore specialistico, si conclude nel 1948perché in questo anno che pure è percorsoda contrasti ideologici pericolosissimi perla stabilità del paese (è l’annodell’attentato a Togliatti), l’industria dellospettacolo sembra dare segnali di ripresagrazie anche alla radio che recupera unruolo determinante nella diffusione dellevarie forme di intrattenimento, e saràproprio la radio che nel ’51 darà voce alFestival della Canzone Italiana di Sanremo,vinto – quasi con intento autocelebrativo- dalla canzone Grazie dei fior, romanticobrano d’amore - rigorosamente tormentato( “m’han fatto male e pure li ho graditi/ mase l’amore nostro si è perduto/perché vuoitormentare il nostro cuor? In mezzo a quellerose ci sono tante spine” ) - in linea con ilfilone melodico italiano di quegli anni. NillaPizzi, la cantante che lo porta al successo,diventa la regina incontrastata dellacanzone e “bisserà” la vittoria l’annosuccessivo con il patetico brano (d’amore)Vola colomba, dai chiari riferimentipatriottici al destino ancora non risolto diTrieste( “…che inginocchiato a San Giusto,prega con l’animo mesto/ fummo felici euniti e ci han divisi/ci sorrideva il sole, ilcielo e il mar/noi lasciavamo il cantiere/lietidel nostro lavoro/e il campanon din don cifaceva il coro”).

Anche la manifestazione canora diSanremo – tuttora “viva e vegeta” dopo56 anni – riflette le esigenze e gli umoricontrastanti della popolazione –dimenticare, celebrare, protestare, sperare

- , e vi si alterneranno motivi orecchiabili etesti “facili”, con il cuore che ine-sorabilmente fa rima con amore , “vecchiscarponi” con ovvie allusioni alla guerranon ancora “metabolizzata”, altre canzoni“di fronda “ contro i “papaveri alti, alti”della classe dirigente Democristiana,contrapposti a rassegnate “paperine” – ledonne – (“sei nata paperina, che cosa civuoi far?”).

La vita del Festival scorrerà su questi binarifino al 1958, quando il “ciclone” Modugnocatturerà l’Italia e il mondo con il suo branovagamente metafisico Nel blu dipinto diblu che, anche per la rivoluzionaria qualitàdel sound - adattamento di quello degliurlatori americani alla tradizione italiana –si pone come elemento di rottura con ilpassato. Del tutto innovativo è anche ilfatto che Modugno sia l’interprete di unbrano da lui composto: questo lo fa essereil caposcuola dei cantautori, i qualicostituiranno una svolta nella storia dellacanzone italiana. Molto si è detto del testodi Migliacci: si è voluto cogliernel’ispirazione nella pittura di Marc Chagall,alcuni critici lo hanno accostato alla poesiaermetica; la psicanalisi, infine , partendodal fatto che il volo è simbolo dell’attosessuale, lo ha visto come “una esplosionedi gioia sensuale e un viaggio al centrodell’esperienza amorosa”. Sarà tuttoquesto o, come semplicemente sostienel’autore, esso nasce da un incubo in unmomento di sofferenza per un amoreperduto? In fondo, non importa molto; restail fatto che il successo riscosso dallacanzone e dal suo interprete, la vogliadell’Italia di “volare”con lui, ne hanno fattouna sorta di “inno” di un paese in camminosulla strada della rinascita.

Nel blu dipinto di blu

Domenico Modugno

Nilla Pizzi

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La costituzione italiana nasce dopo un periodobuio e oscuro della storia del Bel Paese. I diritti,negli anni del fascismo, erano violati in ogni regio-ne, capoluogo, città e paese, aree urbane e ruraliindifferentemente. La società era regredita dive-nendo una comunità manzoniana caratterizzatada potenti che cercano, riuscendoci, di sopraffarei più deboli con la forza, con i bravi. Non tutti, perfortuna, si lasciavano sopraffare e grazie a questepersone è stato possibile cambiare la società egiungere alla democrazia.. La Costituzione nasceper dare una svolta all’Italia, per dare voce e ri-spettare le differenze. “ E questa unità costruitasul rispetto delle differenze è una delle eredità piùforti della Costituzione nata dalla Resistenza”(daStoria di una passione politica, di Tina Anselmi eAnna Vinci, 2006), per non dare la possibilità dicommettere gli stessi errori del passato. La costi-tuzione nata con grande impegno politico mette-va in primo piano un’Italia fondata sul lavoro,escludendo così una Repubblica fondata sul pri-vilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulle fatiche degli

Il Bel Paese ha la sua costituzionedi Leonardo Amadori classe V B - a.sc. 2006/2007

Una società anticostituzionaledi Diletta Cecchi classe V B - a.s. 2006/2007

Oggi 2 Giugno, festeggiamo la nascita dellaRepubblica Italiana, ma se pensate che midilungherò in inutili e pomposi elogi, finalizzati alfutile orgoglio personale di appartenenzanazionale, voltate pure pagina, cambiate articoloe riservatevi di ascoltare questi piacevoli discorsiin qualche servizio di approfondimento della TVserale.Ciò che in realtà questo giorno dovrebberappresentare è quello che il “lontano” referendumdel 1946 ha scaturito successivamente, cioè lanascita di una costituzione frutto della coscienzadi uomini superstiti di una storia assassina deivalori democratici e di libertà. Uomini come PieroCalamandrei che nel 1947 parlava cosìall’Assemblea Costituente: “In questa democrazianascente dobbiamo crederci e salvarla così con lanostra fede. Se noi siamo qui a parlare liberamentein quest’aula è perché per venti anni qualcuno hacontinuato a credere nella democrazia, e questasua religione ha testimoniato con la prigionia,l’esilio e la morte”.Una costituzione nata dalla resistenza che perquesto ci lascia come più grande eredità un’unitàcostruita sul rispetto delle differenze (art.3) capacedi farci riconoscere simili, appartenenti alla stessastoria, risultato del difficile compito di tradurre inleggi il sogno di un intero popolo di molti. Realtàche viviamo e abbiamo il dovere di testimoniare

per creare la condizione politica perché il passatonon risorga nei suoi errori.Pensando a questo provo un certo sdegno verso ilnostro tempo così vicino a questi uomini tantograndi a questa ferita ancora aperta nel cuore dimolti eppure già così lontana, quasi dimenticata.Non sono trascorsi ancora quei cento anni a cuiCalamandrei alludeva nel discorso del 1947, chegià si è persa quella solennità fatta di valori veri edi emozioni forti che animava i nostri illustripredecessori. No Pietro, ti sei sbagliato, i tuoiposteri non hanno saputo comprendere ciò chequel “noioso” documento rappresenta per la loropersonale libertà, nell’ottica di un passato che halottato per garantirglielo.Come sostengono Tina Anselmi e Anna Vinci in“Storia di una passione politica” del 2006,importante spia della buona salute di unademocrazia è la condizione della cultura “Siamoun paese che ha un patrimonio da difendere, unpassato glorioso, sperperarlo è segno di arroganza,ignoranza, di disinteresse per il bene comune”.Sono assolutamente d’accordo, “disinteresse peril bene comune”, eppure oggi quel bene non èforse neppure menzionato nella scala di valoriche emergono da questa società e da questa cultura,che giorno dopo giorno sta negando i caratteritradizionali e fondamentali di libertà e diuguaglianza senza i quali non vi è democrazia.

“Dicendo che la Repubblica è fondatasul lavoro, si esclude che essa possafondarsi sul privilegio, sulla nobiltàereditaria, sulla fatica altrui e si affermainvece che essa si fonda sul dovere,che è anche diritto ad un tempo perogni uomo, di trovare in un suo sforzolibero la sua capacità di essere e dicontribuire al bene della comunitànazionale” (Amintore Fanfani,Assemblea Costituente, 22 marzo1947).Questi sono ancora i valori racchiusinell’articolo 1 della Costituzione, ma aleggerli ora sembrano quasi il contenutodivino dei saggi di Bacon o di More,un’immagine utopistica lontana dallarealtà.Sicuramente anche questa situazione,sebbene non possa essere paragonataa quella di Calamandrei e Fanfani, habisogno di assidui sostenitori di queglistessi valori, ma proprio perché ora adifferenza di un tempo le proble-matiche a cui far fronte sono menoevidenti ci adagiamo comodamentecullati da una società che ha elevatocorruzione e disvalori ad abitudine ge-nerale.

Fra le pagineFra le pagineFra le pagineFra le pagineFra le pagineL’opinione degli alunni

altri. Si cerca quindi di formare una società com-posta da diverse realtà sociali che uniscono i pro-pri sforzi per un fine comune. Ancora nel 1967 siavvertono gli echi di questo “patriottismo” cor-retto in Spadolini: “E la nostra massima passio-ne, amici è questa: l’Italia, l’Italia moderna, laica,civile, rispettosa di tutte le fedi, l’altra Italia” (di-scorso al Congresso del P.R.I.). Oggi la costitu-zione, messa in piedi con tanti sforzi,è soggettodi critiche dei vari governi spinti dal desiderio dimodificarla ognuno per il proprio interesse, di-menticandosi quale è il suo primo fondamento:l’eguaglianza di tutti e non certo il beneficio dipochi. Una costituzione che non ha bisogno diritocchi. Non ha bisogno di lifting. PieroCalamandrei definisce il suo lavoro di costituentemolto più agevole rispetto a coloro che hannocombattuto, che sono morti per la patria, o me-glio per la democrazia. Forse il grande impegnopolitico di allora è dovuto alla memoria viva deicombattimenti, dei soprusi, dei morti ingiusta-mente, della distruzione, oggi invece tutto è di-

menticato. Sorge quindi la necessità diricordare che la Costituzione in sé nonpuò essere considerata solo un attocostituzionale in quanto il suo conte-sto storico e le sue radici sono l’Italia ela storia dei suoi cittadini. Cambiare laCostituzione diventa cambiare la sto-ria italiana quindi questo deve rispec-chiare un miglioramento collettivo dellasocietà, come fu nel 1947. “Tutti i cit-tadini hanno pari dignità e sono ugualidavanti alla legge, senza distinzione disesso, di razza, di lingua, di religione,di opinioni politiche, di convinzionipersonali e sociali” (art.3). Questa èl’Italia che vorremmo, “sempre sognatae sempre smentita e che continuiamo asognare e ad inseguire, quasi eco dellanostra coscienza inquieta, quasi la spe-ranza di un mondo di valori che oltreogni smentita non vogliamo conside-rare perduta...” (G. Spadolini - inter-vento congresso del P.R.I.).

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Dopo l’8 settembre del ’43il risorto governo fascista,emigrato al Nord sposta

la capitale del cinema da Roma(Cinecittà) a Venezia, eleggendo-la a polo di una cinematografiapovera di contenuti, disimpegna-ta, mantenuta da sovvenzioni afondo perduto. Il periodo di Salòè da considerare un misero capi-tolo della storia del cinema italia-no, in cui è impossibile rintrac-ciare qualche segno di ciò che dilì a poco avverrà nel nuovo cine-ma, nato in mezzo alle ferite dellaguerra, le macerie, ma alimentatodalla volontà di riscatto e di rina-scita.Fernando Mezzasoma viene no-

IL RISVEGLIO DELCINEMA ITALIANO:politiche del cinema dal ’43 al ’50

diManuela

Taddei

Da Salò alla ripresa dell’attività a Cinecittà-film luce-nascita dell’Anica-arrivano gli Americani-interventi economico-politici della neonata Repubblica-il neorealismo e i suoi effetti.

minato capo del ministero della CulturaPopolare e come prima preoccupazioneavrà quella di riattivare il Cinegiornale Luce;ma è soprattutto la produzione sotto la pre-sidenza di Nino D’Aroma che aiuta a capi-re il clima di quel periodo.La produzione maggiore riguarda senzadubbio, i cinquantacinque “Giornali Luce”( dal numero 374 al 428) realizzati dall’11ottobre del ’43 all’8 marzo del ’45, la mag-gior parte dei quali lascia la guerra in se-condo piano, puntando invece su crona-che sportive o mondane e servizi sull’arti-gianato. Dopo la registrazione della primaassemblea del Partito fascista repubblica-no a Castelvecchio in provincia di Verona(dicembre 1943) troviamo, ma non in granquantità, servizi dal fronte, cronache dibombardamenti alle opere d’arte, giuramentidi reclute, azioni dei bersaglieri. Nelcinegiornale numero 410 si parla dei parti-giani: sarà l’unico accenno alla guerra civi-le e in esso i partigiani vengono definiti “autentici sicari al soldo del nemico (…) ba-stardi che per viltà hanno tradito la Patria eper denaro servono lo straniero” (1) .Pochi invece saranno i film girati a Veneziasoprattutto a causa delle grosse difficoltàche avrà Giorgio Venturini, direttore gene-rale dello spettacolo, a reclutare attori, tec-nici, registi e maestranze: a parte OsvaldoValenti e Luisa Ferida che partono volon-tariamente per il Nord, pochi sono i nomi dispicco. Questi film eviteranno la propa-ganda e affronteranno per lo più temi sen-timentali o di commedia o di melodrammacome Senza famiglia di Ferroni, Ogni gior-no è domenica di Baffico, L’angelo delmiracolo di Ballerini, I figli della lagunadi De Robertis.Dopo la liberazione, nonostante i tentatividi Venturini, e altri, Venezia non si svilup-perà più come capitale produttiva e i mac-

chinari cinematografici verranno traspor-tati di nuovo aRoma.Non è migliorecomunque la salu-te del cinema ita-liano nell’Italia li-berata del centro-sud, in cui dilaga-no i film america-ni, che arrivano ingran quantità gra-zie alle autoritàmilitari alleate chehanno fatto abro-gare ogni normaprotettiva volutadal fascismo a tu-tela della cinema-tografia naziona-le. È incredibilecome gli America-ni, disposti a di-menticare fin dasubito che l’Italianei decenni delfascismo fossestata un pericolocostante per lastabilità europea,mostrino inveceforti resistenze adaiutare il paesenel settore cine-matografico: uffi-cialmente il cine-ma italiano erastato inventatodai fascisti ecome tale dovevaessere soppresso. Nei quarantacinque giorni del governoBadoglio ci si era interrogati su come af-

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frontare il problema del cinema italiano,senza arrivare a una soluzione convincen-te; la discussione si rianima dalla primave-ra del ’44 in poi, quando si comincia adaver chiaro il fatto che occorra un control-lo e una selezione della produzione stra-niera per offrire condizioni migliori al filmnazionale; e proprio nel momento in cui ilsistema appare collassato appaiono i primisegni di ripresa, la volontà di rinascita,un’estrema vitalità. Il primo sintomo è lanascita dell’Anica ( 10 luglio del 1944),Associazione nazionale industrie cinema-tografiche ed affini, che si costituisce gra-zie ad una decina di persone. Nata dalleceneri della Fnfis (1926), Federazione na-zionale fascista industriali dello spettaco-lo, l’Anica si propone una regola-mentazione dell’intero sistema commercia-le in modo da arginare il tentativo di

colonizzazione inatto da parte delcinema americano.Fra richieste fatteal governo didetassazione e di-retti contributi al-l’industria cine-matografica, no-nostante l’oppo-sizione di Holly-wood il cinema ita-liano riprende ilcammino. Annodopo anno i pro-dotti nazionalirecuperano suifilm hollywoodia-ni.I film prodotti nel1945 sono 28, nel1946 sono 62 e dal1947 in poi si hauna crescita che,se non può per ilmomento formarel’ossatura di unavera e propria in-dustria, indica co-munque la ten-denza di una len-ta ma continuariconquista delmercato.Tutte le forzesono utili per la ri-presa ed è perquesto che il ci-

nema italiano non allontana i registi, gli at-tori e i tecnici che sono stati fascisti e/ohanno aderito a Salò: prevalgono spirito

unitario, tolleranza e soprattuttobuonsenso.Nel ’45 si rimettono al lavoro Righelli conAbbasso la miseria, Gallone con Avanti alui tremava tutta Roma, Brignone conCanto, ma sottovoce, Bragaglia conTorna…a Sorrento e Ferroni, De Robertisecc. tutti registi di grande esperienza che,pur usando i modelli narrativi soliti, immer-gono le loro opere nei problemi del presen-te. Nell’autunno dello stesso anno, duranteil primo festival internazionale svoltosi alteatro romano Quirino un film si imporràall’attenzione di tutti e aprirà la strada alnuovo cinema italiano: Roma città apertadi Rossellini. Girato in un teatro di posaimprovvisato in un vecchio padiglione usa-to per le corse dei cani, in assenza di unimpianto per la colonna sonora per cui levoci sono stateregistrate a par-te, il film ha l’im-mediatezza diuna cronaca inpresa diretta,“ogni inquadra-tura trasuda ildolore, la paura,l’umile eroismodi una comuni-tà oppressa”(2)Imporsi all’at-tenzione di tuttinon equivalead una genera-le approvazio-ne, infatti i giu-dizi sul film diRossellini in Ita-lia sono con-trastanti:comeriporta G.P.Brunetta (3)sihanno riserve morali di L. Comencini sullarivista “Lettura”, ideologiche di A. Vec-chietti su “l’Avanti!”, tecnico-stilistiche diA. Pietrangeli su “Star”, plausi più o menoincondizionati di U. Barbaro su “l’Unità”,di A. Moravia su “La nuova Europa”, di I.Montanelli su “Il Corriere d’informazione”,e in fine l’entusiasmo di C. Lizzani cheapre un suo articolo in “Film d’Oggi” del 3novembre 1945 dedicato a Roma città aper-ta con queste parole: “Finalmente abbia-mo visto un film italiano! Intendiamo perfilm italiano un film che racconti cose no-stre, esperienze del nostro paese, fatti checi riguardino.” Così si è espresso A. AsorRosa in un suo recente libro autobiografi-co (4) ricordando Roma città aperta. “ Ma

l’esperienza cinematograficapiù straordinaria di quello stra-no inverno di transizione ( 1945,n.d.r) , - una stagione che non funé carne, né pesce, - fu un’altra.In quella valanga di film prove-nienti d’Oltreoceano, se ne infi-lava ogni tanto qualcuno gira-to qua e là, non si sa come, nellestrade di casa nostra. Così, unpomeriggio, non mi rammento dacosa richiamati, andammo a ve-dere, in una sala affollatissimadi periferia, nel cuore del mioquartiere, fra piazza San Giovan-ni e piazza dei Re di Roma, unfilm che già nel titolo richiama-va la nostra città e la nostra espe-rienza dei mesi passati. Era unastoria su Roma occupata dai te-

deschi. Credo che questa sia sta-ta un’esperienza unica nella sto-ria del cinema. Il codice dei filmamericani vi era radicalmenterovesciato: il pubblico in salanon era invitato a sognare checosa gli sarebbe potuto accade-re se si fosse trovato in una si-tuazione analoga a quella chevedeva raccontata, ma gli si fa-ceva vedere quel che lui era oquel che era stato fino a pochimesi prima. In giro, per la sala,c’era la stessa gente umile, po-veramente vestita, smunta, con ibuchi della fame sotto gli zigo-mi, gli zatteroni di sughero con-

Silvana Mangano in “Riso amaro”

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sunti, gli abitucci di cotone leg-gero, le giacche lise, insomma lestesse povere cose di quei perso-naggi che, a poca distanza da loro,recitavano la loro modesta storiasullo schermo; (…) Ora il punto èche di questa inedita situazionegli spettatori, misteriosamente,sembrarono avere coscienza findallo scorrere del primo fotogram-ma, e l’immedesimazione fu subi-to totale: si sentiva il pubblico insala respirare forte, all’unisono,seguendo il ritmo serrato della vi-cenda; e quando la donna bruna,dallo sguardo intenso, che sem-brava generata a un medesimoparto con la maggior parte delledonne in quel momento lì presen-ti, (…) fu abbattuta da una mitra-gliata tedesca alle spalle, mentrerincorreva disperatamente il ca-mion che si portava via il suo amo-re, un urlo di rabbia si levò daquella platea; e alla fine, mentrele fioche luci si riaccendevano insala, un applauso corale celebròil prodigio di quell’identificazio-ne, e con un solo gesto, all’uniso-no, decine di mani munite di faz-zoletti, più o meno lindi, si levaro-no agli occhi e al volto a deterge-re i fiumi di lacrime nel frattemposparsi.”Rossellini apre così la strada al fe-nomeno denominato neorealismo:escono nel ’46 Sciuscià di De Sica,Paisà di Rossellini nel ’47 Germa-nia anno zero ancora di Rossellinie La terra trema di Visconti e nel’48 Ladri di biciclette di De Sica. Ese, come abbiamo visto, in Italianon tutte le critiche sono benevo-le, il cinema neorealista è accoltotrionfalmente all’estero:Roma cit-tà aperta terrà il cartellone per dueanni a New York, la critica francesepiù volte mostrerà una sconfinataammirazione per la nuova scuolaitaliana, definendola in grado diprendere la testa del cinema euro-peo e anche se alla fine degli anniquaranta la massima espressionedel neorealismo sembra esaurirsi,gli effetti continuano a manifestar-si sia nella produzione nazionaleche in America e nei paesi del terzomondo, imponendosi come model-lo produttivo e soprattutto comeguida morale.Il Neorealismo restituisce al cine-ma il ruolo di strumento di indagi-ne conoscitiva, di presa di coscien-

za collettiva e ogni aspetto del reale diventavisibile, diventa visibile quell’umanità chefino ad allora non lo era stata, i cui gesti, lecui emozioni vengono forse per la prima vol-ta illuminati: i film di Rossellini, De Sica, Vi-sconti hanno quasi la funzione catartica del-la tragedia greca. (5)Il successo dei primi film neorealisti guida lariscossa del mercato italiano che si organiz-zerà e si rafforzerà adottando il sistema dellecoproduzioni e offrendosi anche come mo-dello competitivo sul piano dello spettacoloe dello star system con le “maggiorate” la cuicapofila è Silvana Mangano di Riso amaroNel 1947 l’Anica prende contatti con laMotion Pictures Export Association; nel ’49il sottosegretario alla presidenza del Consi-glio, Giulio Andreotti, farà approvare unanorma che obbliga gli esercenti a riservareottanta giorni all’anno ai film italiani; nel ’51un accordo con le case americane stabiliscee il numero massimo di film statunitensiimmessi sul mercato italiano e l’utilizzo deiguadagni per il finanziamento dei film italiani.Non verrà creato fino alla fine degli anni cin-quanta un ministero dello spettacolo, ma adAndreotti, pur oggetto di molte polemicheper le sue pubbliche prese di posizione con-tro i registi neorealisti, in primis De Sica, variconosciuto il merito di aver fatto varare leg-gi di protezione del cinema italiano, muoven-dosi fra forze ostili: gli Americani che cerca-no un controllo totale del mercato, gli espo-nenti del governo che ritengono non priori-tario l’intervento a favore del cinema, i distri-butori che sono ben contenti dei guadagnicon il cinema d’Oltreoceano.Nel giro di cinque o sei anni dunque, fra leg-gi, leggine e riordinamenti più organici l’in-granaggio del cinema riparte, mantenendo avolte certe eredità del passato che ci lascia-no perplessi: con un decreto del ’45 infatti,firmato da Ferruccio Pardi, Pietro Nenni,Palmiro Togliatti, Mauro Scoccimarro, Vincen-zo Arangio Ruiz, Giovanni Gronchi vienericiclata la censura che contempla un venta-glio di interdizioni spesso in aperto contra-sto con quelli che saranno i principi dellaCostituzione.Si afferma, con la spinta del governo, un ci-nema di generi e al vertice degli incassi, dopoi successi delle opere neorealiste ( ma al bot-teghino sarà una catastrofe La terra tremadi Visconti), si piazzeranno pellicole musicali,drammatiche, avventurose, mitologiche ecomiche, che avranno un ruolo centrale nelcinema italiano e ne costituiranno la struttu-ra che porterà in seguito all’assetto industria-le.Il genere comico, grazie ad attori come Totò,Eduardo e Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi,Macario, Carlo Campanini e Nino Taranto di-venta indispensabile alla produzione italiana

e se è vero che spesso le battute sonoripetitive e che si ride su doppi sensi facili esu parodie semplici e qualunquiste, è ancheevidente che questo cinema, snobbato spes-so dalla critica, tocca aspetti del quotidiano ecomportamenti diffusi nel dopoguerra, quali,per esempio l’arricchimento con la borsa nera:questi alcuni titoli: Abbasso la miseria! eAbbasso la ricchezza! ( Righelli, ’45 e ’46),Come persi la guerra ( C. Borghesio, ’47, Idue orfanelli ( Mattioli , ’47), Fifa e arena eTotò al giro d’Italia ( sempre Mattioli, ’48),Totò le mokò (C. L. Bragaglia, ’49).Un altro genere di grande successo fu quellolegato al melodramma; accanto al già citatofilm di Carmine Gallone, interpretato da AnnaMagnani, Avanti a lui tremava tutta Roma,molte cosiddette cineopere vengono giratenel biennio ’46-’47 e ugole d’oro come TitoGobbi, Ferruccio Tagliavini, Tito Schipa, GinoBechi, Beniamino Gigli, Nelly Corradi, GiannaPedersini saranno i veri divi di successo deldopoguerra.E siamo arrivati agli anni ’50 e si avvertono iprimi segni di crisi, dovuti alla mancanza dinuove adeguate leggi, all’arrivo del mezzotelevisivo all’imperversare della censura. (6)Ma proprio in questo periodo tre elementiaiuteranno la ripresa:- alcuni film a basso costo che hanno comeprotagonisti Ercole, Maciste o Ursus premie-ranno i produttori italiani e per la prima voltamuteranno i rapporti di potere con Hollywoode la bilancia degli incassi sarà favorevole alcinema italiano.-Cinecittà riprenderà la sua attività a pienoritmo dal momento in cui gli Americani la sce-glieranno per girare il colossal “Quovadis”(1951)-il ruolo svolto da due nuovi produttori comeCarlo Ponti e Dino De Laurentiis che con-sentirà il superamento della crisi di metà annicinquanta.

(1) Gian Piero Brunetta, Guida alla sto-ria del cinema italiano 1905-2003 ,P.B. Einaudi

(2) Mino Argentieri, Storia del cinema ita-liano, Newton Compton Editori

(3) G.P.Brunetta, op.cit.(4) Albero Asor Rosa, L’alba di un nuovo

mondo, Einaudi.(5) La graduale rivoluzione del cinema ita-

liano aveva però già preso le mossefin dal ’42 con alcuni film, Quattropassi fra le nuvole di A. Blasetti, Ibambini ci guardano di V. De Sica esoprattutto Ossessione di L. Visconti,film che, secondo G. Rondolino ( vedivoce NEOREALISMO, cinematogra-fia dell’Enciclopedia edita dalla Biblio-teca di Repubblica, vol. 14,pp.721,722) può essere considerato ilmanifesto programmatico del grup-po.

(6) T.Sanguineti (a cura di ), Italia taglia, Transeuropa, Bologna, 1999.

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La scuolae i diritti della personanegli atti della Costituente

Rispetto al precedente StatutoAlbertino i Costituenti, nel formu-lare quello che nella Costituzione

italiana sarà l’Art.34, presentano una no-tevole capacità di moderna previsione eduna novità di grande rilievo, poiché nellaespressione di una situazione giuridicadegna di tutela, relativamente alla materiascolastica, essi compiono una forte svoltanella legislazione. Natural-mente la discussione perla formulazione di talepunto fu lunga e comples-sa, inoltre esso continuaad essere analizzato edapprofondito dai contem-poranei, alla luce dellesuccessive normative.La principale novità, ap-portata dai Padri Costi-tuenti, consiste nel pro-clamare la scuola aperta atutti e nel collegare talediritto “all’istruzione” o“allo studio” alla promo-zione della personalità dello studente ecome punto da leggersi correlato all’Art. 3,in modo che l’istruzione, terminando diessere un privilegio di pochi, diventi real-mente un diritto di tutti, per la completaformazione di un cittadino, che tale sia, apieno titolo, in uno stato democratico, infunzione di una cosciente e partecipata vitasociale. Nel senso sopra detto di leggerenella volontà dei Costituenti un principiodi non discriminazione tra tutti i cittadini ea non considerare più l’istruzione, privile-gio solo di alcuni, economicamente più ric-chi, si parlava della scuola, di una scuoladi base dell’obbligo (mentre oggi si do-vrebbe parlare di una scuola in cui le cono-scenze e l’istruzione, in linea con l’Europa,sono in continua progressione ed espres-

L’istruzione da privilegio di pochi a diritto di tutti:il dibattito dei Padri Costituenti su temi scottanti quali

la libertà di insegnamento, il diritto delle famiglie a scegliere liberamente la scuola per i propri figli,rapporto fra scuola pubblica e scuola privata.

se da una “long life learning”, cioè co-stantemente aggiornate ed esercitate pertutto l’arco della vita). Il riconoscere inol-tre un diritto al raggiungimento di più altilivelli d’istruzione per gli alunni “capaci emeritevoli”, si lega ad un effettivo puntoper cui “i mezzi” per tale realizzazione sa-rebbero dovuti, per chi ne fosse privo emeritevole,ad un intervento statale (borse

di studio,esonero dalle tasse scolasticheecc.).La correlazione tra “diritto allo studio” e“principio di uguaglianza” è così stretta-mente evidenziato, per cui, se non si tutelail primo punto, non si può garantire nep-pure il secondo. Infatti l’Art.3 della nostraCostituzione, nel riaffermare “la pari digni-tà sociale” di tutti i cittadini, ricorda nel2°comma,che “E’compito della Repubblicarimuovere gli ostacoli di ordine economicoe sociale, che, limitando di fatto la libertà el’uguaglianza, impediscono il pieno svilup-po della persona umana e l’effettivapartecepazione (...) all’organizzazione (...)del Paese”, da ciò consegue che, se “gliostacoli economici non sono rimossi daparte dello Stato e a suo carico, in modo da

permettere ai capaci e meritevolidi raggiungere i gradi più elevatidegli studi, le differenziazioni trai cittadini non sono eliminate (1).Sarebbe qui importante verifica-re oggi, a distanza di sessant’an-ni dalla formulazione dei Padri Co-stituenti, quanto di tutto questoè stato recepito e realizzato nella

scuola pubblica e, se nonsia necessaria una rifles-sione approfondita sulladidattica, come sullametodologia, per permet-tere agli allievi taleraggiungimento (2). GiàPiero Calamandrei afferma-va che “la vera democra-zia” era possibile solamen-te dove ogni cittadino fos-se “in grado di esplicaresenza ostacoli la sua per-sonalità per poter in que-sto modo contribuire atti-vamente” poiché “non

basta assicurargli teoricamente lelibertà politiche, ma bisogna met-terlo in grado di potersenepraticamente servire” (3). Moltisono gli aspetti che potrebberoessere analizzati ed approfonditi,ad esempio l’Art.33, che nella suadefinitiva formulazione garanti-sce “la libertà ‘insegnamento”, èquesta una delle più discusse econtroverse questioni, che com-porta differenti interpretazioni (4)e che dovrebbe essere oggi de-finita alla luce di normative suc-cessive (ad esempio: autonomiascolastica D.lgs.16 aprile 1994n°297, modifica del titolo V dellaCostituzione, ecc.), come pure la

diRita

Borghesi

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frase per cui l’interventoeducativo privato debba realiz-zarsi “senza oneri per lo Stato”(5).Seguendo i punti salienti, per ciòche è d’interesse per l’argomen-to di ricerca (6), nei lavori della ISottocommissione della Costi-tuente, presieduta da Tupini, sipuò rilevare come, fin dal primoinsediamento (30 luglio1946) ilPresidente sostenga la necessità“di dover iniziare con dichiarazio-ni di principio che avrebbero so-prattutto una funzione educativa,in quanto una costituzione deveavere anche valore di insegna-mento per il popolo”, inoltre siprosegue con la suddivisionedella “materia” in “treparti, una relativa allelibertà civili, la secon-da alle libertà economi-che e la terza a quellepolitiche” (7). Tra le“Dichiarazioni di prin-cipio” appare di note-vole rilievo la II: “Egua-glianza di valore dellapersona e diritto al-l’uguale trattamento”.Più avanti, invece, nel-la parte che si è volutaintitolare “L’uomo”, siparla di “libertà cultu-rali”, dove, al punto Cdelle “Libertà sociali”si elencano e sievidenziano sette pun-ti: “1- Libertà di inse-gnamento col diritto discelta della scuola. 2-Dovere dello Stato apromuovere l’istruzione e la cul-tura con proprie scuole. 3- Dirittodello Stato a controllare le scuoleprivate per il rendimento didatti-co e lo stato giuridico degli inse-gnanti. 4- Diritto alla istruzione edal riaddestramento professiona-le. 5- Diritto ed obbligo dell’istru-zione elementare. 6- Diritto al-l’istruzione superiore per i meri-tevoli. 7- Libertà di creare organi-smi educativi paralleli alle scuolepubbliche e private.” (8).Come possiamo comprendere dal-l’attualità di queste affermazioni,si dimostra il saper vedere lonta-no dei Costituenti, per cui ci as-sociamo a quanto dice Stefano

Rodotà, riprendendo una calzante citazio-ne da Piero Calamandrei, la “Costituzionesi conferma presbite, capace di guardarelontano”, inoltre “La capacità prospetticadella Costituzione deve essere utilizzata permettere a punto una agenda dei diritti con-sapevoli di un futuro che è già tra noi” (9).Sempre a proposito degli interventi del 30luglio 1946, appaiono da sottolineare quel-li di Togliatti, Marchesi, La Pira, Dossetti eLucifero, che ribadiscono il concetto di re-alizzazione della libertà e dei diritti civili,precedentemente dichiarati, in particolareMarchesi ritiene “sia necessario stabilirequali sono i principi programmatici sui qualila maggioranza concorda (...) e lasciare poialla legislazione la loro pratica attuazione”(10). Si rimanda all’incontro del 9 settem-bre la prosecuzione della discussione, per

la quale viene incaricato come relatore, peri diritti civili, la Pira. Egli, nella seduta so-pra indicata, parla di “Stato democratico,che riconosce i diritti sacri, inalienabili,naturali del cittadino, in opposizione alloStato fascista” (11), mentre Lombardi Gio-vanni, aderendo pienamente alle osserva-zioni di Togliatti, aggiunge “la necessità dibandire ogni ideologia da una Costituzio-ne che deve rivolgersi a persone di diversisentimenti e di diversi pareri politici, reli-giosi o scientifici” (12).Nei successivi incontri della ISottocommissione, gli argomenti discussiriguardano il riconoscimento del diritto perle famiglie di scegliere liberamente la scuo-la per i propri figli, la libertà di esprimere “ipropri pensieri e le proprie opinioni, me-

diante la stampa o qualsiasi altro mezzo”(13), la responsabilità dei pubblici funzio-nari e, fondamentalmente, nella seduta del18 ottobre 1946 che “l’insegnamento del-l’arte e della scienza sono liberi”, ma che“le libertà, come stabilito nei principi gene-rali, devono esercitarsi entro determinatilimiti” (14) (relatori sui principi dei rapportisociali-culturali sono Moro e Marchesi),molto interessanti appaiono le proposte dientrambi, ripetute alla commissione dallostesso Presidente, in particolare nell’inter-vento del primo si dice: “Lo Stato detta lenorme generali in materia di istruzione evigila sull’andamento degli studi” (15) edancora aggiunge il secondo “L’organizza-zione di istituti privati di insegnamento edi educazione è permessa nei limiti dellalegge. La scuola privata ha pieno diritto

alla libertà d’insegna-mento” (16). Ancorauna importante distin-zione è delineata daCevolotto per cui “lalibertà della scuola èuna cosa diversa dallalibertà di pensiero”(17), mentre Dossettisottolinea “la strettaconnessione che legala dichiarazione dellalibertà di insegnamen-to all’altra della neces-sità sociale che lo Sta-to adempia alla suafunzione di assicurareuna istruzione ade-guata a tutti i cittadinicapaci e meritevoli”(18).La giornata del 18 ot-tobre vede la precisa-zione e l’approfondi-

mento del concetto di libertà d’insegna-mento nella scuola, statale e privata, coninterventi di Dossetti, Moro, Marchesi,Togliatti, fino ad arrivare all’intervento diLucifero sulla “scuola religiosa” e sulla suapiena “libertà d’insegnamento”, ed allasuccessiva puntualizzazione di Mancini su“libertà d’insegnamento nella scuola, maanche la libertà fuori della scuola. Si puòinfatti insegnare in svariate maniere, nonsolo dalla cattedra, ma dalla vita e dallastampa, anche scrivendo un libro che sot-to questo profilo deve essere consideratocome la forma primigenia dell’insegnamen-to.” (19).La seduta del 22 ottobre appare alquantocontrastata da visioni di scuola di Stato edi scuola privata, che rispondono a diversi

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punti di vista politici ed il PresidenteCorsanego propone di tornare ad una “for-mula conciliativa” sollecitando un incon-tro tra Moro, Dossetti e Marchesi.Nella seduta del 22 ottobre ricorrono temi“scottanti” quali: funzione ed eventuale re-sponsabilità dello Stato a proposito discuola, rapporto tra scuola pubblica e pri-vata, libertà d’insegnamento, e, dopo l’in-tervento di Marchesi, di Moro ed altri, ap-pare di chiarimento quanto detto daMastrojanni: “Lo Stato rappresenta l’uni-tà nazionale, ed è responsabile dell’istru-zione dei suoi sudditi ed amministrati”, poiegli rileva che “per i diversi gradi dell’inse-gnamento, il discente debba essere vaglia-to attraverso gli organi dello Stato che necontrollano la cultura, onde evitare che,oltre alle scuole cattoliche (...), possanosorgere altre scuole che, sfruttando unamale apprezzata libertà, preparino i giovaniin modo non idoneo alla vita né adeguatoai compiti sociali” (20). Infatti egli ritieneche lo Stato “debba vigilare perché lalibertà di insegnamento non abbia a dege-nerare in danno della cultura stessa” (21).Interessante appare l’intervento diCevolotto che, pur sottolineando la libertàdi insegnamento per le scuole private,riconferma una responsabilità dallo Statoe distingue tra scuole private e scuole pri-vate cattoliche (l’analisi di tale complessotema comporterebbe un diverso taglio d’in-dagine di questo lavoro), evidenziandocome debba instaurarsi un positivo climadi concorrenza, perché dove “vi sarannobuone scuole private e buone scuole diStato, vi sarà una libera concorrenza traesse” (22).Dossetti però evidenzia che, se c’è “un mo-nopolio di Stato” per la scuola, di fatto vie-ne ad esser soffocata la scuola privata,per cui “la dichiarazione teorica di libertà siriduce a niente” (23). A seguito di tale af-fermazione si determina un puntuale ed ap-profondito dibattito, che sembraevidenziare alcune contraddizione tra: li-bertà d’insegnamento, scuola pubblica escuola privata, concetto di efficienza edelargizione di sussidi per la privata (si indi-ca, per approfondimenti, la lettura degliinterventidella giornata a pag. 280-81). Amolti punti risponde l’intervento di Moro,esaminando la sfera di diritto e quindi dilibertà di altri soggetti, infatti, se “la scuoladi Stato deve democraticamente esprimeregli orientamenti prevalenti della societàitaliana”, lo “Stato potrebbe provvedere inmodo completo all’organizzazione scolasti-ca; se non lo fa, è per una ragione di libertàdegli insegnanti, delle famiglie e dei

discenti. Il fatto deve essere inteso nel sen-so che lo Stato democratico ritiene che leesigenze di libertà vanno soddisfatte la-sciando un margine rilevante ai singoli entiin materia di educazione e di istruzione”(24), per la scuola privata, prosegue “vi èun omaggio reso dallo Stato alla libertà deglielementi tutti che lo compongono” (25).Moro dichiara infatti che le scuole privatenon nasceranno “per colmare una lacunanell’insegnamento pubblico” e prosegue,replicando alle tesi di Marchesi, che se “loStato deve assicurare le condizioni di effi-cienza delle scuole private, egli ha intesoconcretare in sede di fatto quello che è ilprincipio giuridico della libertà di insegna-mento. Lo Stato non deve lasciare formal-mente spazi liberi, ma deve assicurare lapossibilità completa in tutta la sua struttu-ra giuridica e in tutta la sua attività ammini-strativa per il sorgere e lo sviluppo dellascuola di Stato(...). Si tratta, (...) di afferma-re non la parità, ma l’eguale dignità dellascuola non di Stato e della scuola statale”(26). La discussione prosegue su tali ambi-ti per la successiva seduta, dove viene de-ciso di associare l’analisi dell’insegnamentoreligioso ad una più generale valutazionedei rapporti tra Stato e Chiesa (poiché allo-ra tale punto era disciplinato dal Concor-dato). Dopo un lungo periodo di non trat-tazione di argomenti connessi alla scuola,si arriva alla seduta del 23 aprile1947, in cuiè approvato l’art.29, che diventerà l’artico-lo 33 nella Costituzione, relativo all’istitu-to familiare, successivamente nella sedutadel 24 aprile saranno contrapposti in as-semblea due filoni diversi: cattolici esocialcomunisti, in particolare su libertàd’insegnamento e famiglia, poiché si per-cepisce che dietro esse vi è la presenzadella Chiesa. Il 28 aprile è approvato l’emen-damento Dossetti, per cui si ha che “L’artee le scienze sono libere e libero è il loroinsegnamento”, il giorno successivo vie-ne concordato tra i maggiori rappresentantidei partiti un emendamento sul 2° commadell’articolo 27, mentre nella seduta del 30aprile sono approvate le rimanenti partidell’articolo 27 egli articoli 28 e 29. Conquesto impegnativo lavoro la Costituenteha saputo dare indicazioni ferme e produr-re una Costituzione di progredita portata,realizzazione del “pensiero aperto” dei Pa-dri Costituenti, che seppero superare leproprie visioni particolari, per formulare unarticolato documento “super partes”, aper-to ai futuri sviluppi di una moderna societàdemocratica in cui la partecipazione ed ilsostegno dei diritti della persona fosserocollegati ad una cultura ed ad una istruzio-

Note:1) M.Rosaria Ricci, Dirittoall’istruzione e diritto allo studio,in: www.treccani.it/scuola2) A.Ranieri, Scuola e cittadinanza,in: www.vocidelverboinsegnare.it3) P.Calamandrei, in “Scuolademocratica, periodico di battagliaper una nuova scuola” Roma, IV,20 marzo 1950, disponibileall’indirizzo http://www.retescuole.net (a cura diMariagrazia Sala)4)Mario Falanga, Privatizzazione,docenza e diritti, in “Dirigentiscuola”, n°6, luglio/agosto 2007,pagine 68-69, Editrice La Scuola,Brescia5) S.Lariccia, Gli articoli 33 e 34della Costituzione, in http://www.treccani.it/scuola/costituente;ed anche Scuola pubblica, scuolaprivata, in :http://www.cobas-scuola.it, per lo stato giuridico deidocenti:A.Armione, Riapriamo il discorsosullo stato giuridico dei docenti, in“Insegnare” N°10/11, 20067) Atti della primasottocommissione, in http://www.atticostituenti.it (resocontodel giorno 30 luglio 1946)8)ibid.9)S.Rodotà, La bussola modernadella nostra Costituzione, in “LaRepubblica”, 21 agosto 200710)Atti della primasottocommissione, ibid.,(resoconto del giorno 30 luglio1946)11)Ibid., (resoconto del giorno 9settembre 1946)12)Ibid.,(resoconto del giorno 9settembre1946)13)Atti della primasottocommissione, ibid.,(resocontodel giorno 1 ottobre1946)14)ibid., (resoconto del giorno 18ottobre 1946)15)Ibid. - 16)Ibid. - 17)Ibid. -18)Ibid.19)Ibid.20)Atti della primasottocommissione, ibid.,(resoconto del giorno 22 ottobre1946)21)Ibid. - 22)Ibid. - 23)Ibid.24)Ibid. - 25)Ibid. - 26)Ibid.

ne sempre più ampia e tale da re-alizzare concretamente una reale,fattiva e cosciente partecipazio-ne democratica dei suoi cittadini.

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Dagli interventi di Bianca Bianchi sulla scuola e il contri-buto delle altre donne presenti nell’Assemblea Costituenteun’analisi della situazione scolastica oggi: è ancora pre-sente lo spirito di quel dibattito?

E’ stata la pubblicazione di Le donne della Costituente,a cura di Maria Teresa Antonia Morelli, con introdu-zione di Cecilia Daria Novelli della Laterza, maggio 2007,

che mi ha permesso di accostarmi alla conoscenza dei contri-buti delle donne alla nostra Costituzione, tema che avevo asuo tempo scelto per l’appuntamento annuale della nostrarivista. Il libro, corredato da un DVD, presenta i profili bio-grafici delle 21 donne elette alla Costi-tuente, i testi integrali dei loro inter-venti, nonché una ricca bibliografia:esso pertanto costituisce uno strumen-to davvero assai utile per chiunquenutra interessi per tale argomento, dicui può così facilmente consultare i do-cumenti fondamentali ed eventualmen-te intraprendere studi approfonditi.Tutti i materiali offerti, ancora una vol-ta, testimoniano il lungo e difficile cam-mino fatto dalle donne sia per la loroemancipazione, sia per quella dell’inte-ra società italiana, violentemente op-pressa dal fascismo e dalla guerra. Furono 21, su 226 candidate, le elettecon suffragio universale il 2/06/1946all’Assemblea Costituente formata daun totale di 556 deputati. Questi i nomi,con l’indicazione dell’appartenenza politica, le date biografi-

CONTRIBUTIDI DONNEALLACOSTITUZIONE

che ed il luogo di nascita.Maria Agamben Federici, DC, (1899-1984), L’Aquila;Adele Bei Ciufoli, PCI, (1904-1974), Cantiano (Pesaro);Bianca Bianchi, PSIUP, (1914-2000), Vicchio (Firenze);Laura Bianchini, DC, (1903-1983), Castenedolo (Brescia);Elisabetta Conci, DC, (1895-1965), Trento;Filomena Delli Castelli, DC, (1916-1975), Città Sant’ Angelo(Pescara);Maria De Unterrichter Jervolino, DC, (1902-1975), Ossana(Trento);Nadia Gallico Spano, PCI, (1916-2006), Tunisi;Angela Gotelli, DC, (1905-1996), Albareto, Parma;Angela Maria Guidi Cingolani, DC, (1896-1991), Roma;Nilde Iotti, PCI, (1920-1999), Reggio Emilia;Teresa Mattei, PCI, (1921), Genova;Angelina Merlin, PSIUP, (1887-1979), Pozzonovo (Padova);Angiolina Minella Molinari, PCI, (1920-1988), Torino;Rita Montagnana Togliatti, PCI, (1895-1979), Torino;Maria Nicotra Verzotto, DC, (1913), Catania;Teresa Noce Longo, PCI, (1900-1980), Torino;Ottavia Penna Buscemi, UQ, (1907-1986), Caltagirone (Cata-nia);Elettra Pollastrini, PCI, (1908-1990), Rieti;Maria Maddalena Rossi, PCI, (1906-1995), Codevilla (Pavia);Vittoria Titomanlio, DC, (1899-1988), Barletta (Bari). Interessante notare, come precisato nel testo citato, che ilgruppo è divisibile per appartenenza politica, generazione,provenienza geografica, formazione; su 21, 8 appartengonoalla DC, 9 al PCI, 2 al PSIUP, 1 all’Uomo Qualunque; quantoall’età si possono suddividere in tre generazioni, fra nate allafine dell’Ottocento, nel primo quindicennio del secolo ed inperiodo fascista; la provenienza è variegata e si può estende-re all’intera penisola; tutte diplomate, 14 laureate.

Alcune avevano dovuto riparare al-l’estero durante il fascismo, tutte ave-vano partecipato alla resistenza, secon-do modalità e ruoli diversi, talune spe-rimentarono anche il carcere. In sostan-za questa “…prima ondata di parteci-pazione femminile ai diritti civili eraelitaria e ridotta, ma significativa pertracciare un inizio.1 Molte di loro ave-vano fatto parte della Consulta nazio-nale, che funzionò dal 25/09/1945 al 1/06/1946, nominata dal Governo su pro-posta dei partiti politici e che costituìla prima vera esperienza di rappresen-tanza politica delle donne. In tale ambi-to le discussioni più impegnative ver-sarono sull’obbligatorietà del voto, chevide distinguersi nettamente due diversi

fronti: da un lato gli oppositori, comprendenti comunisti, so-

IN MATERIA DI SCUOLA:SPUNTI DI RIFLESSIONE.

DI DORIA POLLI

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cialisti, azionisti, dall’altro i democristiani favorevoli. Ogget-to di contesa fu soprattutto il voto femminile, che destavapreoccupazioni in entrambi gli schieramenti: i comunisti era-no preoccupati della matrice cattolica, i democristianitemevano invece una scarsa partecipazione delledonne al voto. Com’è noto, i fatti dimostrarono invece che ledonne votarono in massa e che la nascita del-la repubblica è dovuta anche a loro. “…Vo-tarono per il referendum istituzionale e perl’assemblea Costituente l’89,1 % delledonne che ne avevano diritto e che rap-presentavano il 52,2 % dell’intero elet-torato, mentre gli uomini che si recaronoalle urne furono l’89,2 %.”2

I temi su cui si impegnarono maggiormen-te le 21 elette alla Costituente furono quelliconnessi con la parità giuridica tra uomo edonna, la famiglia, il matrimonio, la maternitàe l’infanzia, il lavoro, la sanità e la scuola. Ed èsu questo argomento che desidero soffermarmi,in considerazione dell’attualità della battaglia svol-ta da alcune donne, sebbene a sessant’anni di di-stanza. La materia scolastica confluita negli Art. 33 e 34 della nostraCostituzione venne dibattuta in diverse sedute dell’Assem-blea: in particolare l’on. Bianca Bianchi già il 22/7/1946 feceun intervento sulla scuola di alto spessore nell’ambito dellaDiscussione sulle Dichiarazioni del Presidente del ConsiglioA. De Gasperi. Ella lamentando la scarsa rilevanza offerta alla scuola, senzamezzi termini, manifestò “la preoccupazione che si continuia seguire quella nostra inveterata abitudine di riporre lascuola, l’educazione tutta, all’ultimo degli ultimi interessidel vivere sociale.”3 Ebbe inoltre modo di ricordare il diver-so peso dato al mondo della scuola nei paesi europei edextraeuropei, in cui venivano già discusse questioni inerential prolunga-mento dell’ob-bligo, all’am-pliamento delnumero deglialunni ed an-che a forme dicorsi post-sco-lastici. Dopouna critica al-l’ottica ristret-ta con cui lascuola sarebbe stata oggetto di riforme più legate agli inte-ressi dei singoli Governi che ad una valorizzazione dell’im-portante compito educativo, sostenne esplicitamente: “ …ilnostro popolo è colto erudito e sapiente, ma è uno dei po-

poli peggio educati della vita civile internazionale, perchénoi non sappiamo formare le coscienze, né irrobustire ilcarattere, né dare vita all’intelligenza libera.”4

Di pregnante attualità mi pare soprattutto l’accusa diconfessionalità, non tanto dovuta alla presenza

dell’insegnamento religioso, ma piuttosto ad unpervasivo metodo catechizzante, in quanto

“…non educhiamo l’alunno a criticare ea pensare e non gli diamo sufficiente fidu-cia in se stesso affinché da solo possacamminare, orientarsi e affrontare e ri-solvere ogni problema.”5 Ricaviamo in-somma una lezione di laicità da BiancaBianchi che, laureata in filosofia e peda-gogia, aveva una conoscenza diretta delmondo della scuola, avendo insegnato indiversi istituti superiori della Penisola. Itemi da lei sviluppati possono, per certiaspetti, fungere da lente di ingrandimento

di alcune questioni di attualità e possonocostituire un filo utile per sbrogliare l’intricata

matassa. Le sue argomentazioni ci mettono peresempio in guardia contro i facili entusiasmi nei

confronti di qualsiasi forma di tecnicismo, che permeiogni tipo di riforma scolastica. A tale riguardo, sia i disegnicomplessivi proposti in questi anni dai ministri Berlinguerprima e Moratti poi, sia gli interventi legati a singoli settorihanno privilegiato sterili tecnicismi, che lungi dal liberare ilpensiero, lo spirito critico, di quanti nella scuola operano,penso a noi docenti ed ai nostri studenti, l’hanno piuttostoimbrigliato in compiti burocratici, mortificanti per entrambi. Entrambi, docenti e studenti, possono ricevere da un’atten-ta considerazione delle parole dell’on. Bianchi linfa vitale peri loro compiti, come gli stessi legislatori. Strenua sostenitrice della laicità di pensiero, nell’esortare adiffidare sempre delle semplificazioni proprie di qualunqueschematismo, lascia a noi tutti un’importante lezione di serie-

tà ed impegno. Nefaste, asuo avviso, leconseguenzedella pro-liferazione del-le stesse scuo-le private.“…Oggi ab-biamo tantescuole, senzaalcun control-

lo, che ogni anno mettono fuori in libera circolazione,diplomati atti, o inadatti, come sarebbe meglio dire, adesercitare il loro compito: povera gente che non si orientanel sapere e non sa trovare la forma della vita, perché non

I temi da lei sviluppati possono, per certiaspetti, fungere da lente di ingrandimento dialcune questioni di attualità

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La scuola è debole nelvalorizzare i propri compiti

educativi e culturali

Le costituenti democristiane sostenevanol’utilità dello sviluppo delle scuole private,mentre significative osservazioni critichevennero mosse, ancora una volta, dall’on.

Bianca Bianchi.

ha libertà, non sa agire per conto proprio e non sa discute-re dei suoi problemi di esistenza.”6 E’ stata chiara nel de-nunciare anche lo stato di asservimento degli insegnanti,legati tutti “a regole e regolucce della scuola” e privi diadeguati riconoscimenti economici. Ella, nel ri-badire quale compito fondamentale della scuo-la, la formazione della coscienza democratica,affinché non rimanesse mera enunciazione diprincipio, ha individuato alcune priorità per ilGoverno del suo tempo: “la lotta contro l’anal-fabetismo (…) e contro l’ingiustizia sociale checonsidera sempre la cultura come lusso e unprivilegio di coloro che possiedono ricchezze,e non un diritto sacrosanto delle persone umane.” 7 Con taliparole ha dunque indicato le direzioni intraprese e percorsedalla scuola del nostro Paese in sessant’anni, perché la scuo-la in Italia ha sconfitto l’analfabetismo tradizionale ed è di-ventata scuola di massa. Nel salvaguardare il principio fon-damentale di ogni insegnamento, la formazione di una co-scienza critica, quali priorità come docenti potremmo oggiindicare al Legislatore? Persistono, com’è noto, forme di anal-fabetismo dilaganti, nell’arginare le quali la scuola è piutto-sto debole ed è altrettanto debole nel valorizzare i propricompiti educativi e culturali. Tutto questo perché? Personal-mente penso che negli ultimi anni la scuola sia stata troppoincline a cedere alle leggi del mercato, rivestendosi di ecces-sivi orpelli aziendalistici. Non si tratta di fare delle nostre aulescolastiche né delle torri d’avorio chiuse al mondo esterno,né spazi onnicomprensivi, indispensabile dunque in una so-cietà sempre più complessa, discussioni approfondite sui

saperi e, nell’ambito dei singoli saperi, operare delle scelte. E’una strada da percorrere con profondo senso di responsabi-lità ed impegno, fiduciosi che dal confronto scaturiscano pos-sibili soluzioni. Per tornare al contributo delle donne alla Costituzione inmateria di scuola, preme ricordare anche alcune tappe delladiscussione legislativa per l’elaborazione degli art. 27 e 28del Progetto di Costituzione del 1947 poi confluiti negli attua-

li art. 33 e 34. I problemi inerenti alla scuola fecero parte delladiscussione sul Titolo II Rapporti etico-sociali e, nella sedu-ta del 21/4/47, l’on. Laura Bianchini affrontò il rapporto trascuole statali e scuole private. Ella ispirandosi all’Enciclica

Della cristianaeducazione dellagioventù di PapaPio XI sostenne il ri-conoscimento adEnti e privati di apri-re scuole; in partico-lare pose la questio-ne delle sovvenzio-

ni da parte dello Stato, ricordando che “è alla persona, inquanto soggetto di diritto ad essere istruita ed educata e,subordinatamente, alla famiglia, che si deve far risalire ildiritto di essere aiutate nel raggiungimento dei fini proprie della persona;”8 in stretta connessione con tale problemapropose inoltre due emendamenti: l’uno relativo alla all’edu-cazione della prima infanzia, l’altro all’istruzione professio-nale. Nel primo caso si trattava di valorizzare la funzione dellascuola materna riconoscendo che “l’istruzione e l’educa-zione devono cominciare fin dalla prima infanzia e non dalperiodo della scuola elementare”, pur escludendone “l’ob-bligatorietà legale di frequenza.”9 Nel secondo caso, richia-mandosi al primo art. del Dettato Costituzionale e, più in ge-nerale alle esigenze del lavoro, chiese che venisse estesal’istruzione professionale, perché questa “è la possibilitàofferta ad uno stabilimento, ad un’industria, a una zonaagricola di avere la propria scuola specializzata anche nei

particolari per l’apprendi-mento delle nuove tecniche;la possibilità offerta a qua-lunque comunità di lavorato-ri di avere la possibilità diqualificarsi e specializzar-si.”10

La discussione proseguìnelle giornate del 24/4/47, 29/4/47 e 30/4/47, cui partecipa-rono con espliciti interventi,le on. Bianchini, Delli Castel-l i , Federici , Bianchi,Titomanlio, Merlin, secondouna varietà di punti di vista,

che si possono dividere, aldilà di importanti distinzionispecifiche, in due schieramenti rispondenti ai diversi par-titi di appartenenza: DC e PSIUP. Vennero via via affrontatii problemi dell’obbligatorietà e gratuità dell’insegnamen-to inferiore per almeno otto anni. Le costituenti democri-stiane sostenevano l’utilità dello sviluppo delle scuoleprivate, mentre significative osservazioni critiche venne-ro mosse, ancora una volta, dall’on. Bianchi. Ella, impe-

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gnata nel distinguere per esempio la parificazione dal pa-reggiamento, ribadì che la discussione verteva non tantosu una questione politica, bensì educativa. Anche in talcaso, dalle sue parole emerge un appassionato interessenei confronti del processo educativo moderno, che nonpuò essere disgiunto dalla serietà degli studi, perché “lalibertà è serietà di vita e di insegnamento, sincerità dipropositi e di azione. In altri termini la libertà è l’affer-mazione di una personalità, non è la corsa ai diplomi, aititoli…”11 La stessa distinzione tra parificazione e pareg-giamento avrebbe comportato, secondo lei, maggiori ga-ranzie per l’assunzione degli insegnanti su baseconcorsuale. Soprattutto, sostenuta dalla ferma intenzio-ne di impedire “agli educatori ed ai capi-istituto di faredella scuola un affaruccio, una gestione più o meno pri-vata”12, esortò i colleghi di tutti i settori a “togliere dalproprio animo ogni preoccupazione che non fosse dicarattere educativo”, ricordando con grande determina-zione che il problema educativo è “compito di civiltà edemocrazia.”13

Così anche nella seduta del 29/4/47, a nome del propriogruppo parlamentare dichiarò la ferma contrarietà “al prin-cipio che lo Stato debba dare sovvenzioni ed aiuti eco-nomici e finanziari alle scuole private.”14

Innegabilmente i tempi da allora sono cambiati: alcuneimportanti parole degli stessi articoli 33 e 34 sono oggismentite dai fatti, ed è assai grave sminuire continuamen-te l’importanza del compito educativo della scuola, peg-gio denigrarlo, come spesso avviene anche da parte dimolti organi di stampa. Meglio sarebbe da parte di legisla-tori, media, e di tutti coloro che operano nella scuola, in-traprendere una svolta per l’oggi ed il domani, capace peròdi fare tesoro di quanto previsto dalla nostra Costituzio-ne. Anche l’attuale ministro Fioroni con decreto ministerialedel 21 maggio 2007, pubblicato l’8 agosto, ha stabilitonuovi criteri per l’assegnazione dei contributi alle scuoleparitarie per l’anno scolastico in corso, al fine di sostene-re la funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nel-

1 Cfr. Introduzione di C. Dau Novelli a Le donne dellaCostituente, a cura di M.T. A. Morelli, Bari, 2007, p. XXVII.2 Cfr. R. De Longi, Prima e dopo il voto: una strada lungapiù di cento anni, in 1946-2006 Sessantesimo voto alledonne, Commissione per le Pari opportunità, Firenze, 2006,p. 64.3 Cfr. Le donne della Costituente, op. cit. p. 176.4 Op. cit., p. 178.5 Op. cit., p. 179.6 Ibidem.7 Op cit., p. 181.8 Op. cit., p. 98.9 Op. cit., p. 100.10 Op. cit., p. 101.11 Op cit., p. 113.12 Op. cit., p. 116.13 Op. cit., p. 117.14 Ibidem.

“la libertà è serietà di vita e diinsegnamento, sincerità di propositi edi azione. In altri termini la libertà è

l’affermazione di una personalità, nonè la corsa ai diplomi, ai titoli…”

l’ambito del sistema nazionale di istruzio-ne. Tale decreto, come chiarito nella nota46 del 15 settembre 2007 del Cidi, “si pre-senta dunque come una nuova legge diparità, che riconosce alle scuole paritarieprivate di svolgere una funzione pubbli-ca, laddove la Costituzione (art. 33) as-segna la funzione pubblica solo alle scuo-le statali, riconoscendo il diritto di esi-stere alle scuole private, ma senza oneriper lo Stato.”

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Il 1948 è dunque un anno fondamentale per la vita della nuova repubblica -entra in vigore la Costituzione, si svolgono le prime elezioni democratiche- , ma non è privo di minacce per la tensione tra i due blocchi usciti dalle

urne ( Democrazia Cristiana e Fronte Popolare) , che culmina con l’attentatoa Togliatti il 14 luglio. Fortunatamente l’insurrezione armata della sinistraviene scongiurata e le acque si calmano grazie, come si è spesso sostenuto,alla splendida vittoria di Bartali al Tour de France in quello stesso giorno…

…..Oh, quanta strada nei miei sandaliQuanta ne avrà fatta BartaliQuel naso triste come una salitaQuegli occhi allegri da italiano in gitaE i francesi ci rispettanoChe la balle ancor gli girano….. (BARTALI, Paolo Conte)

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Bartali

Ecco come Lara Bartali ricorda il nonno:

GINO BARTALI: un punto di riferimento per una Italia perduta e sottomessa

Carattere schietto, forse un po’ brusco, di immensa fede, Gino Bartali rimarrà nella storia come un campione del ciclismo,una luce negli anni cupi del Fascismo e del dopoguerra, che ha regalato un po’ di svago alla popolazione oppressa dalregime.Ha riportato felicità per le sue straordinarie vittorie e per la sua abilità, riscaldando gli animi con una sana e sportivacompetizione; ma Bartali ha soprattutto appassionato milioni di persone che credevano in lui, che lo seguivano di

persona, lo incitavano al suo passaggio durante le corse o ne ascoltavanole imprese alla radio, riunite insieme a tifare.E’ stato un punto di riferimento per un’Italia perduta e sottomessa, unasperanza, un’emozione costante, un mito.Passa il tempo ed egli viene ancora ricordato per le sue volate in bicicletta,ma innanzitutto per l’uomo che era. Forse non tutti sanno che, dietro ilvolto del campione, era celato un uomo che, in segreto e in accordo con ilVaticano, trasportava passaporti e carte d’identità false destinate a uomini,donne e bambini ebrei.Da ciclista correva da Firenze ad Assisi negli anni della seconda guerramondiale, nascondendo le carte falsificate nella canna della bicicletta.Sebbene scoperto e trattenuto qualche giorno dai fascisti, non si pentì maidi aver rischiato la vita per aver contribuito alla salvezza di centinaia diebrei .Questa sua attività gli valse una medaglia d’oro al merito civile. Ma il suo aiuto fu reso noto solo anni dopo il conflitto mondiale perché“quando si fa del bene non si va a dirlo, si fa e basta”, come disse luistesso….La fiducia e l’affetto dei suoi tifosi riuscirono a salvare l’Italia da unaguerra civile quando nel 1948, in seguito all’attentato a Togliatti, la vittoriadi “Ginettaccio” al Tour de France, distolse la popolazione dai problemiinterni del paese.Dopo 60 anni il suo nome è leggenda e risuona ancora forte, come la suavolontà, la sua fede, le sue gambe, e non saranno sufficienti altri 60 anniper dimenticarlo, perché lui: un campione, un uomo, per me semplicementeun nonno, rimarrà sempre Gino Bartali, “l’intramontabile”.Bartali e Bobet

a cura di Cristina Negroni

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di Donatella Settesoldi

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L’Italia riparte... in tutti i sensi!La ripresa dell’industria automobilistica dopo la guerra. Nascita della Ferrari. Sul mercato una nuova auto popolare dellaFiat: la Topolino. Maserati lancia la A6, prima vettura da granturismo, firmata Pininfarina.

Nel 1947, essendo finita da pochi anni la seconda guerra mondiale, le case automobilistiche stavano cercando diriavviare la produzione di veicoli, perchè durante il conflitto, tutte le case italiane e non, si erano concentrate nellacostruzione di materiale bellico. Tra queste era la Fiat, che non creò nuovi modelli,

ma si limitò a effettuare semplici restyling : ne è un esempio la cinquecento Topolino che,prima della guerra, si chiamava 500A, nel 1948 500 Be presentava lievi modifiche stilistiche, rispetto alprecedente modello. Altre case automobilisticheattuarono politiche diverse come Isotta Fraschini,che cercò di rilanciarsi nel mercato con un modellotutto nuovo: la 8C Monterosa, che non entrò mai inproduzione a causa della profonda crisi della casa edegli scarsi investimenti, che portarono allascomparsa del marchio nel ’49.Esaminando le varie case autobilistiche, attive inquesto biennio, troviamo la Alca, che produsse unmodello chiamato Volpe, costruito in circa 12esemplari nel ’47, di cui cinque vennero iscritti alleMille Miglia, ma, per ragioni mai spiegate, non sipresentarono alla partenza. La Alca cercò di affidarela produzione della Volpe a un importante complesso

industriale, ma, malgrado avesse già speso molto del capitale in pubblicità, decise di abbandonare il progetto senza riprenderlopiù. Quando la società venne liquidata, i progetti furono acquistati dalla Gemicar Internacional Auto S.L. di Madrid, cheprodusse ancora alcuni modelli.Un’ altra casa che in quegli anni stava riavviando la produzione fu l’Alfa Romeo, che ripropose un glorioso modello, nato nel’39, che aveva il nome di 6C 2500 (che fu prodotta dal 1945 al 1953 in 1830 esemplari).La meccanica rimase praticamente invariata e furono progettate in proprio lecarrozzerie della versione Turismo. A curare le caratteristiche estetiche furonostabilimenti di nomi famosi come: Farina, Boneschi, Bertone e Castagna.Nel 1946 ritornò la Super Sport da 110 CV della Alfa Romeo e successivamente la 6C2500 (chiamata Villa d’ Este, che trionferà nel 1949 al concorso di eleganza da cuiprenderà il nome).La Cisitalia, altra casa automobilistica, a quei tempi costruiva una vettura il cui nomeera 202 (prodotta dal ’47 al ’53, in 221 esemplari). Fu presentata al Gran Premiod’Italia (1947) e al concorso di Villa d’Este con due esemplari costruiti in acciaio (glialtri saranno in alluminio). Ottenne un successo clamoroso, merito dei volumi e dellelinee rotonde e pulite,che erano montate su un telaio tubolare,derivato dalla D46,progettata da Dante Giacosa (padre della Topolino e, in seguito, della 500) e daGiovanni Savonuzzi.Le caratteristiche di questa auto, che fu esposta nel ’51 nelle collezioni permanentidel Museum of Modern Art di New York con il titolo di “Scultura in movimento”,segnano una svolta stilistica nel mondo dell’auto.A differenza di tante case automobilistiche di questi tempi, che esistevano già primadella guerra, la Ferrari invece nasce proprio nel periodo tra il 1946/47. Il fondatore èEnzo Ferrari (Modena 18 Febbraio 1898 - agosto 1988) che nel 1929 apre la ScuderiaFerrari, essa si basa sulla partecipazione dei soci al maggior numero di corse.La principale fornitrice di auto fu l’Alfa Romeo, di cui Ferrari curò lo sviluppo dei modelli da corsa.Nel ’37 l’Alfa acquistò la maggioranza delle azioni della Scuderia Ferrari, decise di scioglierla e costituì una nuova scuderia

di Tommaso Lai classe 4°C (a.s. 2007/2008)

Fra le pagineFra le pagineFra le pagineFra le pagineFra le pagine

Alfa Romeo 6C Villa d’EsteProdotta nel 1949Disegnata dalla carrozzeria TouringE’ considerata la versione più belladella 6C

Ferrari 125 S

E’ la prima vettura della FerrariProdotta dal 1947 al 1948Ha debuttato l’11 maggio 1947 e il25 maggio ha conquistato la suaprima vittoria al gran premio diRoma

Isotta Fraschini 8C Monterosa

Nata nel 1947Doveva essere l’auto delrilancio nel dopoguerra,ma ne sono state costruitesolo 6, ed erano dei prototipi

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corse, denominata Alfa Corse con sede a Portello e non a Modena. Ferrari diresse per due anni questo reparto, ma poi, a causadi scontri con Wilfredo Ricart, responsabile del servizio studi speciali, e con Ugo Gabbato, direttore generale Alfa Romeo, sene andò. In cambio di una liquidazione Ferrari non poteva costruire vetture che portassero il suo nome per almeno due anni.Costretto da questo vincolo, egli fondò Auto-Avio Costruzioni con sede nella sua vecchia scuderia a Modena, dove nel 1940,costruì due esemplari di vetture il cui nome era 815, esse parteciparono alle Mille Miglia anche se non la conclusero a causadi problemi meccanici. Durante la Seconda Guerra Mondiale Ferrari trasferìl’officina da Modena a Maranello, dove con due suoi collaboratori, GioacchinoColombo e Luigi Bazzi, progettò un motore a 12 cilindri a V, che fu la base per lacostruzione della prima vettura di casa Ferrari: la 125S, prodotta dal 1947 al 1948in 2 esemplari. Tra l’altro la 125S è il manifesto delle caratteristiche, che sempreavranno le rosse di Maranello: prestazioni e soluzioni tecniche avanzate,leggerezza complessiva e forte identità.La Fiat nel dopoguerra é in difficoltà, ma, grazie ad una macchina popolare comela Topolino, la ripresa di produzione è facilitata. Comunque in questo periodo laFiat fece cadere in secondo piano l’innovazione tecnologica, infatti i motori e lameccanica delle vetture del dopoguerra non erano molto diverse da quelleanteguerra.Nel 1948 la Topolino A diventa Topolino B, tramite in lieve restyling, ed èproposta in versione Berlinetta e Giardiniera Belvedere (una sorta di Station

Wagon per famiglie numerose, ma anche peril lavoro).Anche 1100B e 1500D ricevono lo stessotrattamento.In questo periodo anche la casaautomobilistica Lancia, che aveva subitodurante il conflitto danni agli stabilimenti, ripropose sul mercato i modelli anteguerra, chesono: L’Aprilia seconda serie, a cui fece adottare l’impianto elettrico da 12 V e su cui, nel1947 installò un 6 cilindri a V di 60° per una serie di test, invece nel 1948 la piccola Ardearicevette il cambio a 5 marce.Subito dopo la guerra Ernesto Maserati stava pensando ad uno sbocco commerciale, cosìcostruì la A6 1500 che sarà la prima vettura granturismo, pensata per l’impiego stradale, e laprima di una lunga serie di auto che farà, grazie anche all’aiuto di carrozzieri famosi, affermarela Maserati nei veicoli sport gran turismo. L’ auto prendeva il nome da A come Alfieri(fondatore della casa) e 6 dal numero di cilindri,la linea era di Pininfarina.Osca (Officine Specializzate Costruzioni Automobili) fu fondata da Bindo, Ettore ed ErnestoMaserati, dopo la cessione dell’azienda Maserati ai fratelli Orsi. Nel 1947 è già pronto il

disegno di una vettura con motore 4 cilindri 1092 cm3 con testa in alluminio, montato su un telaio tubolare con carrozzeria asiluro e parafanghi in stile motociclistico.Il nome della vettura fu MT4 ed esordì nel 1948 dominando la categoria Sport per tutto il decennio successivo.L’attività della Osca cessò, per problemi finanziari, nel 1966.Durante il conflitto mondiale Siata produceva gruppi motore-dinamo monocilindrici per l’impiego areonautico.La prima vettura del dopogerra, progettata da Giorgio Ambrosini (fondatore della casa) e da Aldo Farinelli, fu una Fiat Siata TCo Fiat Siata 750 Sport Competizione, che venne costruita su un telaio tubolare in acciaio e adottò il motore della Topolino conpotenza di 49 CV.L’argomento potrebbe essere trattato in maniera più approfondita e ampia, ma non essendo possibile farlo in questa circostanza,si rimanda alle note per ulteriori personali ricerche.

Maserati A6 1500

Prodotta dal 1947 al 1950in 61 esemplariPiccola ed elegante berlinettaa due posti disegnatada Pinin FarinaE’ stata la prima vettura perimpiego stradale della casa

Fiat Topolino

Prodotta dal 1936 al 1948in 122016 esemplariE’ stata progettata dall’Ingegner DanteGiacosa, in seguito padre della 500.E’ considerata una delle protagonisteindiscusse della motorizzazione di massa

Fonti bibliografiche e siti di riferimento e diapprofondimento:- O. Sessa, A. Bruni, M. Clarke, F. Paolini (condue interventi di F. Manzoni), L’automobileitaliana (tutti i modelli dalle origini ad oggi) Giunti Editore Firenze, 2006- E. Berselli, Mille Miglia, l’Italia di corsa in“La domenica di Repubblica” del 18/03/’07- Museo Nazionale del Cinema nella MoleAntonelliana di Torino, Mostra “La Ferrari e ilcinema”- www.museomillemiglia.it-http://it.wikipedia.org/wiki/Maserati_A6_1500-http://www.zuckerfabrik24.de/fiat/fiat1100S_2.htm

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Gli anni 1946 e 1947 rappresentano un periodo cruciale per Euge-nio Montale, sicuramente una delle più alte voci poetiche italia-ne del XX secolo. Vissuto a Firenze negli anni Trenta, dove ave-va diretto il gabinetto Viessieux fino al 1938 (poi fu licenziato perla sua non adesione al fascismo), vi rimase anche durante tutto ilperiodo bellico. Dopo la liberazione, per un breve periodo, egliaderì al Partito d’Azione.Montale si è sempre caratterizzato per la difesa della sua autono-mia di intellettuale e di poeta e la sua partecipazione diretta allavita politica si è di fatto limitata a questi pochi mesi, pur essendochiarissima la sua opposizione al fascismo (sottoscrisse il mani-festo degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce nel 1925) el’adesione alla Resistenza intesa come movimento di costruzio-ne della nuova Italia e, più in generale, di un mondo diverso daquello che aveva condotto agli orrori della guerra. Proprio inquesti due anni egli matura il passaggio da una fase di speranzaa quella disillusione, spesso amara e disincantata, che caratteriz-zerà tutto l’ultimo periodo di vita. La produzione poetica di que-sto periodo è infatti centrata sul ‘declino’ di Clizia, figura dellasperanza. Ispirata ad una donna amata dal poeta – Irma Brandeis,un’ebrea americana studiosa di Dante conosciuta a Firenze neiprimi anni Trenta e poi costretta a lasciare l’Italia e l’Europa nel1938 a seguito delle leggi razziali – Clizia è la donna angeloapportatrice di salvezza in un mondo incamminato verso ilbaratro; è una figura che unisce in sé elementi mitologicie classici ed elementi religiosi (è esplicitamente asso-ciata a Cristo per il suo valore salvifico e per ilsacrificio di sé).

La oscuraprimaveradi Montale

DI SILVIO BIAGI

Eugenio Montale

La casa dei doganieria Monterosso

(foto di Pierluigi Moggia)

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Presente fino dalle Occasioni, la seconda raccolta poetica diMontale, essa scompare nella terza, La bufera e altro. Il fattointeressante è che gli ultimi testi in cui appare siano compresinella sezione Silvae, che contiene poesie composte tra il 1944 eil 1950: L’ombra della magnolia ne contiene l’esplicito addio. Alsuo posto compaiono, nella poesia degli anni successivi, donnepiù terrene e passionali, capaci di portare un conforto più privatoe meno universale, quasi a voler sottolineare l’impossibilità diuna redenzione, di una svolta positiva per l’umanità. Di pari pas-so si fa strada anche la disillusione sul ruolo che la poesia puòavere nella società moderna. Quali i motivi? Montale non condi-vide l’esasperato conflitto ideologico proprio di quegli anni. Anziegli rifugge dall’identificarsi in una ideologia, perché ne sente ilcarattere riduttivo e limitante. Quella speranza ideale, ma allostesso tempo ricca di prospettive, che viveva nella poesia du-rante la tragedia, quando c’era il male da combattere (anche acosto del sacrificio di sé), non trova corrispondenza nella rico-struzione della società del dopoguerra e la poesia si fa piùdisincantata, più terrena. Tuttavia Montale non assume mai unatteggiamento totalmente negativo e ‘disfattista’: ciò che primapoteva essere un annuncio (sia pure incerto e sussurrato, piùche proclamato), si trasforma in un silenzio critico e scettico, macarico di testimonianza: la scelta poetica e politica di Montale èquella del non schierarsi, non per paura ma per non rinunciare avalori più alti di quelli proposti dalla società di massa che tendead uniformare e pregiudica la possibilità di un vero ascolto. Ecco

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perché la poesia, per Montale, non ha spazio nella società mo-derna. Tra le undici poesie delle Silvae due rappresentano bene il pas-saggio dalla speranza alla disillusione: La primavera hitleriana,che reca la data di composizione 1938-1946 e che fu pubblicata per laprima volta nel 1946, in cui ancora Clizia vive e L’ombra dellamagnolia che rappresenta l’addio a questa figura.

La poesia è composta da quattro quadri. Nel primo il poetarichiama un’ondata di freddo verificatasi nel mese di maggio 1938(“l’estate imminente sprigiona/ ora il gelo notturno che capiva/nelle cave segrete della stagione morta”), che provoca sui lungarni(“intorno agli scialbi fanali e sulle spallette”) una vera e propriastrage di farfalle. L’episodio è innalzato a simbolo della strageche di lì a poco avverrà con la guerra e collegato (col secondoquadro) alla visita di Hitler a Firenze, avvenuta appunto nel mag-gio del 1938 (“Da poco sul corso è passato a volo un messoinfernale”). I negozi sono chiusi in segno di omaggio (“si sonochiuse le vetrine”), ma nessuno può dirsi estraneo a questa tra-gedia incombente ed esente da colpa: le vetrine “inoffensive”con i giocattoli diventano immagine delle armi da guerra, il macel-laio (“il beccaio”), uno dei “miti carnefici” richiama la strage diinnocenti ( i “capretti uccisi”), che viene dipinta come una danzainfernale (“un sozzo trescone d’ali schiantate”). Sembra dunque(terzo quadro) che tutto il positivo della vita stia per essere spaz-zato via. Il richiamo è alla storia d’amore con Irma, ai loro incontri(il ricordo dei fuochi di San Giovanni visti assieme), alle loropromesse al momento dell’addio per la partenza di lei. Irma sitrasfigura, con la sua femminilità, in Clizia, cioè in una lucesalvifica, in un fiore, il girasole, che attinge luce e la ridà. Da unaparte tutto sembra destinato a soccombere (“tutto arso e suc-chiato”), dall’altra qualche “gemma” di speranza permane (“gliangeli di Tobia, i sette” sono coloro che portano a Dio il benefatto dagli uomini, “la semina dell’avvenire”). Forse (quarto qua-dro) proprio dal cuore della tragedia rinascerà una speranza: affi-data a Clizia, ormai lontana, ma immutata nel suo amore (“tu / cheil non mutato amor mutata serbi”): quasi come se lei si trasfigu-rasse nella Luce e si annullasse per dare la salvezza a tutti (comeCristo). Può darsi allora che “un’alba … domani per tutti/ siriaffacci, bianca ma senz’ali/ di raccapriccio…”.

L’estate è passata, la magnolia ormai ha perso i suoi fiori,l’ombra è più rada. Sui suoi rami è rimasta una sola cicala, checanta in modo intermittente. Non c’è più il sole, “il nume illimita-to”. Il canto unico, l’”unisono vocale” era più facile prima, quan-do c’era il “nemico”: allora era più facile “spendersi”, “morire”.Ora le voci si separano, anzi ne resta una sola: “Comincia ora / lavia più dura”. Non che Clizia sia morta, sono gli altri che “arretra-no e piegano”, forse perché non sono più in grado di vederla, diaccoglierla. E allora il poeta tace (“la lima che sottile incide tace-rà”): del suo canto e di se stesso non resta che un guscio vuoto,che presto sarà polvere di vetro sotto i piedi; il poeta cercal’oltrecielo in cui Clizia vive, ma non può arrivarci e come uncefalo che salta, salta in secco, nel novilunio (quando il cielo èbuio).

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Si ritrova in questo testo la radice di un’idea di poesia chesarà poi ripresa ed ampliata da Montale ne Il piccolo testa-mento. Essa non è in grado di offrire facili messaggi consola-tori o illusori, “non è lume di chiesa e d’officina” (evidente ilriferimento alle ideologie), ma “traccia madreperlacea di luma-ca”, “smeriglio di vetro calpestato” (evidente l’analogia conl’immagine usata ne L’ombra della magnolia). E’ una lucetenuissima, un’iride, che testimonia “una speranza che bruciòpiù lenta di un duro ceppo nel focolare” e di cui resta solo lacenere finissima. Ma questo bagliore, nel momento più buiodella storia, farà da guida e sarà riconoscibile da chi lo sapràvedere. Non vuole essere, quello di Montale, un atteggia-mento di fuga disdegnosa e orgogliosa, né un atto di viltà(“l’orgoglio non era fuga, l’umiltà non era vile”), ma la consa-pevolezza che occorre andare oltre le apparenze ed i facilischematismi ideologici, per ritrovare, se c’è, un senso; è que-sto lo scopo della poesia, a costo dell’annullamento: “unastoria non dura che nella cenere e persistenza è solo l’estin-zione”.

Riportiamo in appendice, a beneficio del lettore, il testo integraledi Piccolo testamento, contenuto nella sezione Conclusioniprovvisorie de La bufera e altro e pubblicata per la prima voltanel 1953.

Irma Brandeis che, sotto il nome di Clizia,torna più volte nei versi di Montale

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25 luglio 1943– data in cui viene destitui-to Mussolini. Il Re nomina il marescialloBadoglio Capo del Governo.8 settembre 1943 – viene siglato l’armisti-zio con le Forze alleate.Occupazione tedesca. La Penisola è divisain due parti: il Regno del Sud, nel territorioliberato dalle Forze alleate, e la Repubblicasociale italiana (Repubblica di Salò) nelnord occupato dai tedeschi. I partitiantifascisti organizzano la resistenza e dan-no vita al Comitato di liberazione nazionale(CLN). Nella primavera del 1945 l’interaPenisola è definitivamente liberata dall’oc-cupazione tedesca.Il Patto di Salerno (primavera 1944) e laprima Costituzione provvisoria – I partitiantifascisti e la Corona stipulano una “tre-gua istituzionale”.In forza di tale Patto, (a) il Re si ritira a vitaprivata e nomina suo figlio Umberto Luo-gotenente del Regno; (b) al GovernoBadoglio subentra il Governo Bonomi,espressione dei partiti del CLN; (c) è so-spesa ogni contesa politica attorno allaquestione se l’Italia debba essere una mo-narchia o una repubblica (la questione isti-tuzionale) e si concorda di rimettere la de-cisione alla futura Assemblea costituen-te.Il Patto di Salerno registra un indebolimen-to della Corona e l’emersione del CLN comeprincipale detentore del potere di indirizzopolitico.I contenuti del Patto di Salerno sono rece-piti nel d.l.lgt. (decreto legislativoluogotenenziale) n. 151 del 1944.Nel decreto si prevede, inoltre, che in viaprovvisoria la funzione legislativa saràesercitata dal Governo attraverso decretilegislativi sanzionati dal Luogotenente delRegno.Per il rilievo politico dei suoi contenuti, ild.l.lgt. n. 151/1944 rappresenta una vera epropria Costituzione provvisoria.9 maggio 1946 – Il Re Vittorio EmanueleIII abdica a favore del figlio che, da Luogo-tenente del Regno, diventa Re Umberto II(il “Re di maggio”). Con questa mossa Vit-

a cura di Paola Casali Grossi

BREVE CRONOLOGIA COSTITUZIONALEDAL 25 LUGLIO 1943AL REFERENDUM ISTITUZIONALE

torio Emanuele tenta di spostare gli equili-bri politici a favore della Monarchia, con loscopo di anticipare, di fatto, la soluzionedella questione istituzionale. Ne risulta larottura della tregua istituzionale. Il tentati-vo di restaurazione monarchica, però si ri-velerà infruttuoso.I Governi De Gasperi – Dopo la breve pa-rentesi del Governo Parri, succeduto alGoverno Bonomi in seguito alla liberazio-ne, il leader della Democrazia cristianaAlcide De Gasperi è Presidente del Consi-glio dal dicembre 1945 fino a tutta la primalegislatura (1953). Inizialmente continuanoa far parte del Governo tutti i partiti delCLN. Nella primavera del 1947, però, le si-nistre (socialisti e comunisti) escono dalGoverno e viene costituito un “Governomonocolore”, cioè interamente compostoda esponenti della DC (oltre che da mini-stri c.d. tecnici).La seconda Costituzione provvisoria – Conil d.l.lgt. n. n. 98 del 1946, che dà vita allaseconda Costituzione provvisoria, la scel-ta fra monarchia e repubblica è affidata adun apposito referendum popolare che siterrà il 2 giugno 1946 assieme all’elezionedell’Assemblea costituente. Si stabilisceinoltre che il Governo, per tutta la duratadei lavori dell’Assemblea, sarà politicamen-te responsabile verso questa. Infine si pre-vede che, nello stesso periodo, il Governo

continuerà a disporre del poterelegislativo, fatta eccezione per al-cune materie di particolare deli-catezza, nelle quali sarà diretta-mente l’Assemblea costituente alegiferare.La posizione dei grandi partiti dimassa – Le sinistre sono favore-voli alla repubblica. La Democra-zia cristiana comprende nel suopotenziale elettorato sia molti so-stenitori della monarchia, sia moltisimpatizzanti per la repubblica, emantiene una posizione ditendenziale neutralità.

Il referendumdel 2giugno 1946

Capo provvisorio dello Stato –L’ Assemblea costituente, elettaanch’essa il 2 giugno, in virtùdell’esito del referendum, eleggeEnrico De Nicola Capo provviso-rio dello Stato. Questi resta incarica per la durata dei lavori del-la Costituente, fino all’elezionedel primo Presidente della Repub-blica, Luigi Einaudi, avvenuta l’11maggio 1948. Enrico De Nicolasarà inoltre il primo Presidentedella Corte costituzionale.

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Le forze politiche protagoniste – Democristiani, socialisti e co-munisti sono i principali arteficidella Costituzione repubblicana.All’Assemblea costituente som-mano insieme circa i tre quarti deivoti e dei seggi. Buona parte del-la Costituzione è il frutto di com-promessi che coinvolgono prin-cipalmente i democristiani e le si-nistre.Democrazia cristiana – Partito diispirazione cattolica, composito e“pluriclasse”. Ha una forte com-ponente moderata, che fa capo alPresidente del Consiglio DeGasperi. È presente, però, una vi-vace sinistra interna, di cui fannoparte Dossetti (che ne è sostan-zialmente il leader), Fanfani, LaPira, Moro, Mortati (insignecostituzionalista).Partito socialista di unità proleta-ria, Partito comunista – Uniti daun Patto di unità d’azione, porta-no avanti un programma di tra-sformazione economica e socialedel Paese. Tra i personaggi di ri-lievo, emergono Pietro Nenni,segretario dei socialisti, e PalmiroTogliatti, segretario dei comuni-sti, nonché Ministro della giusti-zia del governo De Gasperi finoal 1947.Altri esponenti di rilievo dell’As-semblea costituenteBenedetto Croce e Luigi Einaudi- Intellettuali di ispirazione libe-rale (rispettivamente filosofo edeconomista), il primo fu un tena-ce oppositore del regime fascista,

il secondo sarà il primo Presidente dellaRepubblica nel 1948.

L’assemblea costituentePiero Calamandrei – Insigne giurista, auto-revole membro del Partito d’Azione.Meuccio Ruini (gruppo dei liberali) - Presi-dente della c.d commissione dei 75 (sullaquale vedi oltre).Giuseppe Saragat – Esponente dell’alamoderata del gruppo socialista, Presiden-te dell’Assemblea costituente fino alle di-missioni nel 1947 in occasione della scis-sione interna al PSIUP. La scissione portaalla fondazione del Partito Socialista dei la-voratori italiani (poi Partito Socialdemocra-tico italiano), di cui Saragat diventa segre-

tario. In conseguenza di ciò, subentra allaPresidenza dell’Assemblea l’on. Terracini(gruppo dei comunisti)

I lavori e le competenzedell’AssembleaRedazione, approvazione e promulgazionedella Costituzione – L’ Assemblea costitu-isce nel suo seno una Commissione di 75membri, incaricata di redigere il Progetto diCostituzione. La Commissione organizza isuoi lavori in tre Sottocommissioni, com-petenti rispettivamente per il settore deidiritti civili (I Sottocommissione), dell’or-ganizzazione dello Stato (IISottocommissione), dei rapporti economi-co-sociali (III Sottocommissione).Successivamente il Progetto è discusso inAssemblea plenaria. La Costituzione è ap-provata dall’Assemblea il 22 dicembre 1947a larghissima maggioranza e promulgata dalCapo provvisorio dello Stato il 27 dicem-bre, per entrare in vigore il 1 gennaio 1948.Altre funzioni dell’Assemblea – Il plenumdell’Assemblea, oltre all’approvazione fi-nale della Costituzione, esercita la funzio-ne di controllo politico sul Governo attra-verso il voto di fiducia, alla stregua diun’assemblea parlamentare. Esercita, inol-tre, la funzione legislativa in alcune mate-rie di particolare rilievo (ad es. in materia dilibertà civili). La potestà legislativa gene-rale spetta ancora provvisoriamente al Go-verno, che legifera con decreti legislativiemanati dal Capo provvisorio dello Stato.Essa tornerà nella sua pienezza al Parla-mento solo dopo l’elezione delle nuoveCamere (18 aprile 1948).

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19463-4-5 - GIUGNO - Umberto rifiuta di trasferire i suoi poteri al Presidente del Consiglio come prevede la legge.Il 7 Giugno a Padova, in tribunale, é presentato un ricorso da un gruppo di zelanti magistrati monarchici, perchè non sono statiresi noti nei risultati del referendum il numero che fa riferimento alle schede nulle; vogliono conoscere la maggioranza deivotanti e non solo i voti validi. Ma la Corte di Cassazione respinge il ricorso e fa presente il 13 giugno - dando i risultatidefinitivi - che comunque c’è il mezzo milione di differenza di voti in più. Ufficialmente la Repubblica Italiana é proclamata.IL 10 GIUGNO a risultati ormai acquisiti, ma non ancora confermati dalla corte di Cassazione investita dal problema sollevatoda Umberto e mentre DE GASPERI riceve dal consiglio dei ministri il mandato di Capo di Stato provvisorio, si svolgonomanifestazioni in varie parti d’Italia. Nel nord ci sono scontri fra repubblicani e monarchici, mentre a Roma e soprattutto aNapoli si verificano incidenti anche gravi, e sono causati da quelli che sostengono fortemente la monarchia.IL 13 GIUGNO UMBERTO II di Savoia, lascia l’Italia (ma non abdica) dopo aver lanciato alla radio un proclama, dove affermache ritiene un atto rivoluzionario e arbitrario la presa del potere del governo di De Gasperi, che però gli risponde per le rime.22 GIUGNO - Il nuovo governo (provvisorio) concede un’amnistia generale per i reati politici. Vengono scarcerati moltiesponenti del vecchio regime. Quelli più gravi sono rinviati a giudizio. Il desiderio di una pacificazione generale nel Paesepredomina e risulta essere la cosa più saggia da farsi in un momento di forti tensioni, con i rancori non ancora placati daentrambe le parti.25 GIUGNO - Si riunisce e iniziano i lavori dell’Assemblea Costituente. Presidente SARAGAT (PSIUP), vice UMBERTOTERRACINI (PCI), GIOVANNI CONTI (PRI), GIUSEPPE MICHELI e FAUSTO PECORARI (DC) che dopo cinque giorni, il 1LUGLIO - Elegge il capo provvisorio dello Stato. Nomina Presidente della Repubblica ENRICO DE NICOLA (vedi la suabiografia). Nello stesso giorno il governo presenta le dimissioni al nuovo Capo dello Stato, che gli rinnova subito dopol’incarico di formare un nuovo governo. Nello stesso giorno prima di sciogliere il governo (sotto la pressione della sinistra chevuole concedere aumenti salariali ai lavoratori, in uno scenario in cui è forte la disoccupazione e l’inflazione) concede a tuttii lavoratori sposati 3000 lire di premio a ciascuno, e 1500 lire ai celibi.15 LUGLIO - Nuovo governo di DE GASPERI (presidente), GONNELLA, SEGNI, SCELBA, CINGOLANI, CAMPILLI, MICHELI,ELDISIO della DC. FERRARI, GULLO, SCOCCIMARRO del PCI. MORANDI, D’ARAGONA, ROMITA, NENNI del PSIUP.FACCHINETTI, MACRELLI del PRI.19 LUGLIO - La Costituente (vi collaborano tutti i partiti di massa) nomina i “Settantacinque” per elaborare il testo dellaCostituzione. Come modello si prende quella di Weimar (la Francia nel ’47 farà la stessa scelta). Gli Azionisti si batteranno peruna Repubblica presidenziale di tipo americano. Gli altri, oltre che guardare alla Germania, dagli anglosassoni prendono amodello la giustizia costituzionale. Ma alla fine la scelta cadde su un esecutivo né forte né autonomo. Dopo Mussolininessuno voleva più un singolo uomo con in mano un potere troppo grande. ALCIDE DE GASPERI rappresentante di un Paesevinto, non è presente alla Conferenza di Parigi davanti ai 21 Paesi vincitori per la spartizione dell’Europa; non é stato neppureinvitato, ne’ tanto meno dovrebbe parlare. La delegazione italiana parte comunque, e De Gasperi sfodererà tutto l’orgoglio.Non solo parlerà, non solo non pagherà i danni di guerra e le spese che gli alleati hanno sostenuto e hanno già elencato, masi farà pagare i rifornimenti in Italia fatti agli anglo-americani, e i rimborsi delle amlire che gli alleati avevano speso in Italia.5 SETTEMBRE - ALTO ADIGE Una pagina oscura. Dopo le richieste avanzate dal governo austriaco, quella di far ritornare ilTrentino- Alto Adige alla “madre patria”, gli alleati respinsero la richiesta e fecero firmare a Parigi dai due rappresentati digoverno De Gasperi e Gruber un accordo dove questa regione avrebbe goduto in avvenire piena autonomia amministrativa,culturale e la completa uguaglianza dei diritti. La “caldissima” “questione Alto Adige” che diventera’ spinosa nel 1955, criticanel 1957, e il 12 giugno 1961 diventera’ “esplosiva”.27 OTTOBRE - Dopo gli scioperi selvaggi, le contestazioni, le rivolte, gli scontri in piazza durante tutta l’estate in molti centridel Nord, dove la situazione dell’ordine pubblico è diventata preoccupante, la CGIL e la Confindustria firmano un accordo cheriesce a stemprare la tensione.7 NOVEMBRE – L’ incontro di Togliatti con Tito per tentare di trovare una soluzione al problema di Trieste; qui troviamoappunto la Iugoslavia avanzare una richiesta sulla provincia di Gorizia incambio di: 1) La parte di Trieste tagliata in due dalla linea di demarcazione.2) La restituzione dei prigionieri italiani che sono ancora nelle carceri onei campi di concentramento slavi.9 NOVEMBRE - Alle elezioni amministrative svoltesi nelle grosse città diRoma. Torino, Genova, Firenze, Napoli e Palermo, la Democrazia Cristianaregistra un notevole calo su quasi tutte le città. PCI e PSIUP (quest’ultimoancora unito - e questo dimostra che uniti potevano vincere ovunque)fanno un fronte unico (Fronte del Popolo) facendo perdere alla DC aRoma 100,000 voti e a Napoli 400.000.20 NOVEMBRE - GIUSEPPE SARAGAT crea una sua corrente da cuinascerà il PSDI.

Cronologiaa cura di Andrea Torracchi

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19473-6 GENNAIO - Viaggio negli Stai Uniti del presidente del consiglio De Gasperi. Il governo americano concede all’Italia un prestito di cento milioni di dollari per il“consolidameno del sistema democratico”. De Gasperi riceve dalle mani del ministro del tesoro americano Snyders, un assegno di 50 milioni di dollari, secondoversamento per le am-lire usate dalle truppe americane in Italia. Il 14 gennaio la “Export Import Bank” dichiara il suo presidente Mc Chesney è disposta a fornire quest’annoall’Italia 100 milioni di dollari per aiutare determinati settori dell’industria italiana ed allargare i propri mercati di esportazione. Altri 25 milioni di dollari con prestitoa breve scadenza per l’acquisto di cotone negli Usa.9-13 GENNAIO - A Roma, al XXV congresso del Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) la minoranza guidata da Giuseppe Saragat esce dal partito socialista deilavoratori italinai (PSLI); il Psiup torna all’antica denominazione di PSI. Il 16 GENNAIO - PSI e PCI riaffermano il patto di unità d’azione.20 GENNAIO - Alcide De Gasperi presenta al capo provvisorio dello stato, Enrico DE Nicola, le dimissioni del suo secondo governo.2 FEBBRAIO - Alcide De Gasperi costituisce il suo terzo governo con DC, PCI e PSI più l’indipendente Carlo Sforza agli esteri.10 FEBBRAIO - A Parigi l’Italia firma il trattato di pace; cede l’Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia, Rodi e il Dodecanneso alla Grecia, Briga e Tenda alla Francia; ilTerritorio Libero di Trieste viene diviso in due zone: sona A, controllata dagli anglo-anmericani, e zona B, controllata dagli Jugoslavi.1 MAGGIO - A Portella delle Ginestre, in Sicilia, la banda di Salvatore Giuliano, apre il fuoco su una manifestazione sindacale per la festa del lavoro; i morti sono più didieci.6 MAGGIO - A Venezia un tribunale militare inglese condanna a morte il maresciallo Kesselring per la strage delle Fosse Ardeatine.13 MAGGIO - Alcide De Gasperi presenta le dimissioni del suo governo e apre la crisi per estromettere le sinistre dal governo.1 GIUGNO - Alcide De Gasperi presenta il suo quarto governo, composto da democristiani, liberali (tra i quali Luigi Einaudi) e indipendenti (tra i quali Carlo Sforza eCesare Merzagora); avrà il voto favorevole anche dell’Uq e dei monarchici.1-7 GIUGNO - A Firenze, al primo congresso nazionale della Cgil, i comunisti ottengono la maggioranza assoluta e pongono fine alla conduzione paritetica del sindacatocon i socialisti e i democristiani; Di Vittorio è eletto unico segretario generale.5 GIUGNO - Il segretario di stato americano George Marshall annuncia un piano per la ricostruzione economica dell’Europa quello che sarà L‘Europear recovery program”(Erp) o “Piano Marshall”.15 GIUGNO - Il reduce della guerra Fausto Coppi vince il Giro d’Italia davanti a Gino Bartali.1 AGOSTO - Il governo italiano svaluta apparentemente la lira del 55 per cento (di fatto e al 65%) ; al cambio ufficiale un dollaro vale 350 lire (ma sul mercato libero valeanche 500-600 lire - si corre ai ripari e ci si adegua; a fine anno al cambio ufficiale il dollaro tocca le 565 lire)16 SETTEMBRE - Trieste e l’Istria a seguito accordi diventano il “Territorio Libero di Trieste”.19-21 OTTOBRE - I resti del partito d’azione dopo la scissione decidono di confluire nel Psi.1 DICEMBRE - Alcide De Gasperi apre il governo ai repubblicani e ai socialdemocratici.22 DICEMBRE - In Italia l’Assemblea costituente conclude i suoi lavori approvando il testo definitivo della Costituzione repubblicana.28 DICEMBRE - In Italia comunisti e socialisti danno vita al “Fronte Democratico Popolare”.28 DICEMBRE - Ad Alessandria d’Egitto muore l’ex re d’Italia Vittorio Emanuele III.

Firma della Costituzione Italiana

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