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Costituzione, potere costituente e revisione “La Costituzione non deve essere un masso di granito che non si può plasmare e che si scheggia; e non deve essere nemmeno un giunco flessibile che si piega a ogni alito di vento. Deve essere, dovrebbe essere, vorrebbe essere, una specie di duttile acciaio che si riesce a riplasmare faticosamente sotto l’azione del fuoco e sotto l’azione del martello di un operaio forte e consapevole!” Paolo Rossi, relatore sulla revisione costituzionale di fronte all’Assemblea Costituente Il concetto di revisione costituzionale nasce contemporaneamente a quello di costituzione inteso nel senso moderno del termine: “atto normativo imposto a tutti i soggetti dell’ordinamento, che definisce la titolarità e disciplina l’esercizio del potere sovrano” 1 . Essa si configura come vincolo giuridico al potere (politico e sociale), secondo quanto affermato dalle dottrine del costituzionalismo moderno. La garanzia di questa supremazia si articola in diversi corollari: tendenziale stabilità nel tempo, imposizione a tutti i soggetti dell’ordinamento, tutele predisposte per la sua modifica. Questi aspetti pongono interrogativi riguardo la capacità delle Carte Costituzionali di adattarsi ai mutamenti che intervengono a livello sociale e politico. Se da una parte infatti la Costituzione garantisce stabilità, dall’altra attenta alla libertà, o meglio al diritto, di ciascuna generazione di darsi proprie leggi, determinando una sorta di tirannia intergenerazionale 2 . Diviene 1 Da “Commentario alla Costituzione” , volume 3, R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di), Utet Giuridica, 2006 2 Così l’art. 28 della Costituzione francese del 1793: “Un popolo ha sempre il diritto di rivedere, riformare e cambiare la propria Costituzione. Una generazione non può assoggettare alle sue leggi generazioni future”

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Costituzione, potere costituente e revisione

“La Costituzione non deve essere un masso di

granito che non si può plasmare e che si scheggia; e

non deve essere nemmeno un giunco flessibile che si

piega a ogni alito di vento. Deve essere, dovrebbe

essere, vorrebbe essere, una specie di duttile acciaio

che si riesce a riplasmare faticosamente sotto l’azione

del fuoco e sotto l’azione del martello di un operaio

forte e consapevole!”

Paolo Rossi, relatore sulla revisione costituzionale di

fronte all’Assemblea Costituente

Il concetto di revisione costituzionale nasce contemporaneamente a quello di costituzione inteso nel senso

moderno del termine: “atto normativo imposto a tutti i soggetti dell’ordinamento, che definisce la titolarità e

disciplina l’esercizio del potere sovrano”1. Essa si configura come vincolo giuridico al potere (politico e

sociale), secondo quanto affermato dalle dottrine del costituzionalismo moderno. La garanzia di questa

supremazia si articola in diversi corollari: tendenziale stabilità nel tempo, imposizione a tutti i soggetti

dell’ordinamento, tutele predisposte per la sua modifica. Questi aspetti pongono interrogativi riguardo la

capacità delle Carte Costituzionali di adattarsi ai mutamenti che intervengono a livello sociale e politico. Se da

una parte infatti la Costituzione garantisce stabilità, dall’altra attenta alla libertà, o meglio al diritto, di

ciascuna generazione di darsi proprie leggi, determinando una sorta di tirannia intergenerazionale2. Diviene

                                                            1Da “Commentario alla Costituzione” , volume 3, R. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di), Utet Giuridica, 2006 2 Così l’art. 28 della Costituzione francese del 1793: “Un popolo ha sempre il diritto di rivedere, riformare e cambiare la propria Costituzione. Una generazione non può assoggettare alle sue leggi generazioni future”

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allora essenziale che il potere costituente diventi capace di predisporre meccanismi che trasformino la tirannia

in trasmissione intergenerazionale che diventi memoria condivisa.

La presenza di una serie di disposizioni modificabili attraverso la procedura di revisione si contrappone

all’esistenza, nel medesimo testo costituzionale, di valori intangibili che si pongono come limite al

cambiamento della Costituzione: “Il richiamo a quei valori” – quelli espressi nella e dalla Costituzione - “trae

forza dalla loro vitalità, che resiste, intatta, ad ogni controversia. Parlo di quei "principi fondamentali" che

scolpirono nei primi articoli della Carta Costituzionale il volto della Repubblica. Principi, valori, indirizzi che

scritti ieri sono aperti a raccogliere oggi nuove realtà e nuove istanze”. Così il Presidente della Repubblica

Giorgio Napolitano, nel suo discorso di insediamento, pone in evidenza la fondamentale importanza che

svolgono all’interno del testo costituzionale quei principi e valori capaci di declinarsi nel tempo presente.

1. La revisione costituzionale in Spagna

1.1 La riforma e la revisione costituzionale

Nella Constitución Española (CE) del 1978 sono previsti due diversi tipi di processi di riforma, a seconda

dell’entità e degli scopi, qualitativi e quantitativi, che perseguono. Anzitutto, da una preliminare osservazione

semantica del testo costituzionale, appare evidente la differenza tra i termini “reforma constitucional” e

“revisión constitucional” utilizzati agli artt. 166 e ss.. Con la prima formula ci si riferisce a quella che nella

procedura italiana è una generale revisione del testo costituzionale (parcial y limitada), con la seconda si

intende invece la revisione integrale della Costituzione (reforma total). Da ciò si evince che in Spagna non

sono previsti – quantomeno espressamente – limiti alla revisione costituzionale, ma si richiede soltanto un

aggravamento procedurale per la revisione integrale o per la modifica di alcune sue parti fondamentali.

Ammettere la possibilità di una revisione integrale del testo costituzionale – tanto in senso sostanziale, quanto

in senso materiale – consente di adattare la legge fondamentale alla mutata realtà politica, senza dover

necessariamente creare una rottura con il sistema formale, evitando in questo modo la creazione di lacune che

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potrebbero produrre una paralisi dei processi costituzionali, in pregiudizio di tutti quei diritti essenziali

previsti dall’ordinamento che risulterebbero in tal modo privi di qualsiasi garanzia.

1.2 La procedura costituzionale e l’integrazione dei Regolamenti Parlamentari

La procedura di revisione costituzionale è espressamente contemplata al Titolo X della Costituzione

spagnola (De La Reforma Constitucional). L’esercizio dell’iniziativa legislativa spetta, conformemente alla

Costituzione e ai Regolamenti delle Camere, al Governo, a ciascuna delle due Camere del Parlamento e, con

alcune importanti limitazioni, anche alle assemblee delle Comunità Autonome (art. 873, così come richiamato

dall’art. 1664, CE). Ad esse è esclusivamente riconosciuta la possibilità di sollecitare il Governo all’adozione

di un progetto di legge o di rimettere all’Ufficio di Presidenza del Congresso una proposta, formando una

delegazione di al massimo tre membri, incaricata della sua perorazione di fronte alla Camera. Tale iniziativa,

essendo una mera proposta, non obbliga in alcun modo il Governo ad inviare un progetto di riforma alle

Cortes. La posizione delle Comunità Autonome può essere assimilata a quella dei singoli parlamentari,

qualificandosi quindi come un’iniziativa limitata. In Spagna, infatti, anche se i legislatori delle Comunità

Autonome hanno il diritto di proporre modifiche legislative, il passaggio di tali emendamenti può avvenire

esclusivamente attraverso le Cortes Generales. Non sono dunque previste incisive forme di partecipazione

alla revisione costituzionale da parte dei soggetti del pluralismo territoriale, ed è altresì escluso qualsiasi

intervento di iniziativa legislativa popolare in materia costituzionale.

Le proposte di riforma devono essere approvate dai tre quinti dei componenti di ciascuna Camera. Nel caso

in cui non venga raggiunta tale maggioranza sarà tentata un’intesa mediante la costituzione di una

Commissione di conciliazione paritetica (Comisón mixta paritaria) formata da un eguale numero di deputati e

di senatori, che redigerà un nuovo testo da votarsi al Congresso e al Senato (art. 167, 1° comma). Nel caso in

                                                            3 Artículo 87, CE: «1. La iniciativa legislativa corresponde al Gobierno, al Congreso y al Senado, de acuerdo con la Constitución y los Reglamentos de las Cámaras. 2. Las Asambleas de las Comunidades Autónomas podrán solicitar del Gobierno la adopción de un proyecto de Ley o remitir a la Mesa del Congreso una proposición de Ley, delegando ante dicha Cámara un máximo de tres miembros de la Asamblea encargados de su defensa. 3. Una Ley orgánica regulará las formas de ejercicio y requisitos de la iniciativa popular para la presentación de proposiciones de Ley. En todo caso se exigirán no menos de 500.000 firmas acreditadas. No procederá dicha iniciativa en materias propias de Ley orgánica, tributarias o de carácter internacional, ni en lo relativo a la prerrogativa de gracia». 4 Artículo 166, CE: «La iniciativa de reforma constitucional se ejercerá en los términos previstos en los apartados 1 y 2 del artículo 87».

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cui non si pervenga ulteriormente all’approvazione del testo, il Congresso potrà ugualmente approvare la

riforma, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, purché la proposta abbia precedentemente ottenuto

in Senato almeno il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti (art. 167, 2° comma). La

Costituzione spagnola aggiunge, infine, un’ulteriore modalità per la procedura ordinaria di riforma, che

prevede l’intervento, eventuale, delle minoranze parlamentari. La revisione verrà in tal caso sottoposta a

referendum popolare per la ratifica, qualora lo richiedano, entro i quindici giorni successivi all’approvazione

del testo definitivo, un decimo dei membri di una delle due Camere (art. 167, 3° comma5).

Nel caso in cui la riforma persegua l’obiettivo di revisionare l’intera costituzione - attraverso la

sostituzione del testo con un altro di nuovo impianto - ovvero si cerchi di apportare modifiche, anche parziali,

al Titolo Preliminare (Artt. 1-9), al Titolo I nella parte dedicata ai “Diritti fondamentali e alle libertà pubbliche

(Artt. 15-29) e al Titolo II sulla Corona (Artt. 56-65) - è necessario ottenere l’approvazione dei due terzi di

entrambe le Camere e contestualmente procedere allo scioglimento delle Cortes. Le nuove Camere elette

dovranno infatti approvare quanto deciso e procedere allo studio del nuovo testo costituzionale, che dovrà

essere nuovamente approvato a maggioranza dei due terzi in ogni Camera (art. 168, 2° comma) per essere

successivamente ratificato mediante referendum popolare (art. 168, 3° comma), il cui ricorso persegue il

fondamentale scopo di assicurare il più ampio consenso possibile della compagine sociale.

Per la revisione integrale è dunque necessario che vengano soddisfatti ulteriori e più gravosi requisiti

rispetto a quelli previsti per la normale procedura di riforma, considerando che secondo parte (seppur

minoritaria) della dottrina, l’esplicita previsione di una procedura che consente l’integrale sostituzione del

testo costituzionale qualificherebbe il potere di riforma come un vero e proprio potere costituente, finendo per

essere l’indiscusso sovrano dello Stato.

La disciplina costituzionale necessita tuttavia dell’integrazione procedurale prevista dai Regolamenti

Parlamentari. Anzitutto il Regolamento del Congresso (Regolamento del Congreso de los diputados)

                                                            5 Artículo 167, CE: «1. Los proyectos de reforma constitucional deberán ser aprobados por una mayoría de tres quintos de cada una de las Cámaras. Si no hubiera acuerdo entre ambas, se intentará obtenerlo mediante la creación de una Comisión de composición paritaria de Diputados y Senadores, que presentará un texto que será votado por el Congreso y el Senado. 2. De no lograrse la aprobación mediante el procedimiento del apartado anterior, y siempre que el texto hubiere obtenido el voto favorable de la mayoría absoluta del Senado, el Congreso por mayoría de dos tercios podrá aprobar la reforma. 3. Aprobada la reforma por las Cortes Generales, será sometida a referéndum para su ratificación cuando así lo soliciten, dentro de los quince días siguientes a su aprobación, una décima parte de los miembros de cualquiera de las Cámaras».

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contempla la procedura al Titolo III, Sezione IV (De la revisión y de la reforma constitucionales), dove si

richiede che i progetti e le proposte di riforma costituzionale, previsti agli artt. 166 e 167 della Costituzione,

necessitano della sottoscrizione di almeno due gruppi parlamentari o di un quinto dei deputati (art. 146, Reg.

Con.), approssimativamente settanta deputati in luogo dei quindici richiesti per la presentazione ordinaria di

un progetto di legge. Nel caso in cui si intenda revisionare integralmente la Costituzione è richiesto

l’immediato dibattito in plenaria e soltanto dopo la discussione sarà possibile procedere alla votazione.

Nel caso in cui sia stata raggiunta la maggioranza dei due terzi anche in Senato, il Presidente procederà a

darne informazione al Governo perché possa richiederne la sanzione al Re che procederà emanando un

decreto per lo scioglimento del Parlamento. Le nuove Camere dovranno procedere alla ratifica della decisione

del Parlamento sciolto e una volta approvata la riforma ne verrà data nuovamente comunicazione al Governo,

che dovrà organizzare il referendum, ai sensi di quanto previsto all’art. 168, 3° comma, CE6.

Il regolamento del Senato (Regolamento del Senado) fa invece un espresso richiamo alla procedura di

revisione al Titolo V (Del procedimiento de revisión constitucional) e specificatamente l’art. 152 stabilisce la

procedura da seguire nel caso in cui la revisione costituzionale sia stata iniziata dal Senato. Il regolamento dà

la possibilità di presentare una proposta di riforma a cinquanta senatori, purché non appartengano tutti al

medesimo gruppo parlamentare, in luogo della procedura ordinaria che prevede la possibilità di presentare un

progetto di legge ad un unico gruppo parlamentare o a venticinque senatori. Così come per qualsiasi altro

progetto di legge presentato in Senato è necessario che il testo sia redatto in articoli e accompagnato da una

relazione illustrativa. ll Presidente ne darà poi immediata comunicazione al plenum della Camera

consentendo, nei successivi quindici giorni, la presentazione di memorie o di progetti di legge che abbiano la

medesima matrice normativa. Il progetto verrà poi inserito nell’ordine del giorno di una qualsiasi delle

sessioni plenarie del Senato, fatta salva la possibilità per gli autori della proposta di legge di ritirarla prima

della sua messa in considerazione (art. 109, Reg. Sen.).

                                                            6 Artículo 168, CE: «1. Cuando se propusiere la revisión total de la Constitución o una parcial que afecte al Título Preliminar, al Capítulo II, Sección I del Título I, o al Título II, se procederá a la aprobación del principio por mayoría de dos tercios de cada Cámara, y a la disolución inmediata de las Cortes. 2. Las Cámaras elegidas deberán ratificar la decisión y proceder al estudio del nuevo texto constitucional, que deberá ser aprobado por mayoría de dos tercios de ambas Cámaras. 3. Aprobada la reforma por las Cortes Generales, será sometida a referéndum para su ratificación».

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Nel caso in cui il Senato riceva una proposta già approvata dal Congresso, ne viene data immediata

comunicazione e contestualmente viene fissato il termine per la presentazione di eventuali emendamenti. La

Commissione per la Costituzione (Comisión de Constitución) potrà inoltre nominare un apposito comitato,

incaricandolo di esaminare il progetto ed eventualmente apportarvi modifiche da sottoporre direttamente in

plenaria (art. 155, Reg. Sen.). Quando il testo approvato dal Senato differisce da quello precedentemente

approvato dalla Congresso, la Camera eleggerà i senatori che la rappresenteranno nella Commissione mista

paritaria per lo sviluppo di un testo comune.

Nel caso di revisione integrale della Costituzione i progetti saranno direttamente presentati in plenaria, con

un dibattito articolato in due turni a favore e due contro, di trenta minuti ciascuno, alternativamente esposti

(art. 158, Reg. Sen.). Le nuove Camere, se il progetto di legge risulta approvato, dovranno confermare la

proposta a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed eventuali emendamenti dovranno essere approvati

con voto favorevole dei due terzi dei componenti del Senato (art. 159, Reg. Sen.).

Il concetto di riforma totale, anche se può sembrare molto chiaro in linea di principio, è particolarmente

complesso da un punto di vista materiale. Il tenore dell’art. 168, nella parte in cui fa riferimento ad una

generica “aprobación del principio” è stato coerentemente interpretato dal Cortes richiedendo una generale

approvazione, senza la necessaria discussione e votazione articolo per articolo. Tuttavia, sebbene l’art. 147, 4°

comma del Reg. Con. non richiede espressamente alcuna maggioranza qualificata, quello del Senato ha

introdotto un quorum, aggravando ulteriormente la procedura costituzionale; l’art. 159 Reg. Senado, prevede

infatti che la nuova Camera eletta dovrà approvare a maggioranza assoluta dei suoi membri la proposta di

riforma.

Parte della dottrina rileva però come la procedura “superaggravata” prevista all’art. 168 possa essere elusa

con una riforma costituzionale del Titolo X utilizzando il normale procedimento previsto all’art. 167, dato che

il presente Titolo non è incluso tra quelle disposizioni la cui modifica necessita di essere approvata con la

procedura superaggravata contemplata all’art. 168. Quest’ultimo articolo, redatto formalmente a fini

“difensivi”, potrebbe essere facilmente aggirato mediante una banale - in senso sostanziale - frode legale.

Tuttavia l’esclusione di formule di intangibilità (come quella espressamente prevista dalla Costituzione

italiana all’art. 138) può essere spiegata con la riluttanza del costituente spagnolo a dichiarare leggi perpetue e

immutabili, così come sancito dai principi fondamentali del Movimiento Nacional, che convertì il regime

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dittatoriale di Francisco Franco in una Monarchia Parlamentare, attraverso l’approvazione del testo

costituzionale del 1978..

Per quanto concerne il referendum costituzionale previsto agli artt. 167 e 168 esso è regolamentato dalla

legge organica n. 2/19807, in cui risulta necessaria la comunicazione delle Cortes Generali al Presidente del

Governo. Una volta trasmessa la notifica lo stesso Governo dovrà darne comunicazione entro trenta giorni ed

organizzare il referendum confermativo da celebrarsi entro i seguenti sessanta giorni.

Le implicazioni politiche del referendum costituzionale sono molteplici e la sua esistenza è inserita nel

sistema come un necessario controllo operato dai rappresentati al fine di legittimare atti politici estremamente

rilevanti per il tessuto dell’ordinamento costituzionale.

1.3 La giurisprudenza costituzionale e l’individuazione di un nucleo duro

Un primo problema, data l’assenza di espliciti richiami nella Costituzione spagnola, è l’accertamento di

eventuali limiti alla revisione costituzionale. Problema questo che si trasferisce direttamente sulla natura del

potere costituente e inevitabilmente su quello di revisione costituzionale.

La Costituzione spagnola non ha recepito nessuna clausola di intangibilità. Unico limite espressamente

previsto è quello sancito all’art. 169, per cui “non potrà iniziarsi la riforma costituzionale in tempo di guerra

o durante la vigenza di uno degli stati previsti all’art. 116”8. È pertanto richiesta una normale situazione

                                                            7 Ley orgánica 2/1980, de 18 de enero, sobre regulación de las distintas modalidades de referéndum 8 Artículo 116, CE: « 1. Una Ley orgánica regulará los estados de alarma, de excepción y de sitio y las competencias y limitaciones correspondientes. 2. El estado de alarma será declarado por el Gobierno mediante decreto acordado en Consejo de Ministros por un plazo máximo de quince días, dando cuenta al Congreso de los Diputados, reunido inmediatamente al efecto y sin cuya autorización no podrá ser prorrogado dicho plazo. El decreto determinará el ámbito territorial a que se extienden los efectos de la declaración. 3. El estado de excepción será declarado por el Gobierno mediante decreto acordado en Consejo de Ministros, previa autorización del Congreso de los Diputados. La autorización y proclamación del estado de excepción deberá determinar expresamente los efectos del mismo, el ámbito territorial a que se extiende y su duración, que no podrá exceder de treinta días, prorrogables por otro plazo igual, con los mismos requisitos. 4. El estado de sitio será declarado por la mayoría absoluta del Congreso de los Diputados, a propuesta exclusiva del Gobierno. El Congreso determinará su ámbito territorial, duración y condiciones. 5. No podrá procederse a la disolución del Congreso mientras estén declarados algunos de los estados comprendidos en el presente artículo, quedando automáticamente convocadas las Cámaras si no estuvieren en período de sesiones. Su funcionamiento, así como el de los demás poderes constitucionales del Estado, no podrán interrumpirse durante la vigencia de estos estados. Disuelto el Congreso o expirado su mandato, si se produjere alguna de las situaciones que

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politica al fine di evitare che imprevedibili reazioni emotive possano alterare decisioni fortemente incisive sul

tessuto normativo costituzionale.

Il potere di innovare i principi essenziali dell’ordine costituzionale è esclusivamente attribuito al potere

costituente e nonostante la Costituzione spagnola preveda la possibilità di una modifica integrale della legge

fondamentale, non erige (o meglio, non può erigere) a potere costituente ciò che deve evidentemente

considerarsi alla stregua di un potere costituito (potere di revisione), pena l’indebolimento della Costituzione e

della sua stessa forza normativa, ed è proprio per questo motivo che qualsiasi potere costituito è da

considerarsi astrattamente ‘limitato’. Il potere di riforma può dunque qualificarsi come elemento di giuntura

della contiguità giuridica e, come ha più volte sottolineato la giurisprudenza costituzionale spagnola, quando

si parla di continuità del potere costituente ci si riferisce alla continuità della Costituzione materiale. Del resto,

la stessa ratio sottesa al potere di riforma è il tentativo di evitare che poteri costituiti si trasformino

arbitrariamente in poteri costituenti.

In secondo luogo, il silenzio della Costituzione in tema di limiti espressi al potere costituente, non ne

esclude un’implicita esistenza. L’individuazione di questa serie di limiti non coinvolge soltanto

argomentazioni giuridiche, ma anche e soprattutto aspetti di natura storico-politici. In problema affrontato

dalla dottrina spagnola consiste dunque nel cercare di individuare la presenza o meno di limiti impliciti, che

lascerebbero ammettere l’esistenza di un livello di rango costituzionale (o meglio, supercostituzionale)

preesistente all’atto formale che lo consacra, che necessita soltanto di essere ‘svelato’.

Come la stessa giurisprudenza costituzionale spagnola ha più volte sottolineato è importante non soltanto

l’elaborazione di nuovi principi, ma soprattutto una coerente interpretazione di quelli già sanciti a livello

costituzionale e ordinamentale, dato che per la pratica ermeneutica le disposizioni costituzionali non possono

che rappresentare soltanto un (il) punto di partenza da cui si deve muovere.

Strumentale per l’individuazione di un nucleo duro di valori è stata la giurisprudenza costituzionale in

tema di partiti politici il cui operato è stato ritenuto inconciliabili con l’ordinamento democratico. Il caso più

rilevante è indubbiamente quello che ha investito il partito politico indipendentista basco ‘Batasuna', che ha

                                                                                                                                                                                                        dan lugar a cualquiera de dichos estados, las competencias del Congreso serán asumidas por su Diputación Permanente. 6. La declaración de los estados de alarma, de excepción y de sitio no modificará el principio de responsabilidad del Gobierno y de sus agentes reconocidos en la Constitución y en las Leyes».

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attivato un recurso de amparo contro una Sentenza del Tribunal Supremo9 che aveva disposto lo scioglimento

del partito, sulla base della Ley Orgánica de los Partidos Políticos n°6 del 27 giugno 2002, che riconosceva

una “contiguità operativa” del partito con il movimento indipendentista basco (ETA). In particolar modo a

fornire argomenti di riflessione sul terreno dell’individuazione di un nucleo duro è la Sentenza 48/2003 del

Tribunal Constitucional, pronunciatosi sulla legittimità costituzionale della Ley Orgánica de los Partidos

Políticos n° 6/2002, che fa espresso riferimento ad un nucleo normativo inaccessibile per qualsiasi

procedimento di riforma costituzionale10.

E ancora, come affermato nella successiva Sentenza 21/09, nonostante qualsiasi progetto di legge sia

astrattamente coerente con la Costituzione, un limite invalicabile è rappresentato dai principi democratici e dai

diritti fondamentali (testualmente: “cualquier proyecto es compatible con la Constitución, siempre y cuando

no se defienda a través de una actividad que vulnere los principios democráticos o los derechos

fundamentales”), potendo in questo modo essere interpretato quanto affermato nella precedente Sentenza

11/1981, secondo cui la Costituzione è un quadro di coincidenze sufficientemente ampio da potersi anche

adattare ad opinioni politiche molto differenti11. Pertanto, mentre il cambiamento può essere legalizzato

attraverso una riforma costituzionale, ciò che una revisione, ancorché integrale, non può in alcun modo

legalizzare è la rivoluzione!

Il Tribunale Supremo spagnolo ha infatti più volte precisato che le riforme costituzionali devono essere

concepite in termini di principi e di valori che ne possano definire la sua intrinseca legittimazione, per cui la

consacrazione della supremazia costituzionale non deve essere intesa come un requisito di logica giuridica, ma

come un indispensabile presupposto ideologico per qualsiasi revisione costituzionale. In ragione di queste

considerazioni intanto una riforma costituzionale sarebbe politicamente conveniente (e dunque legittima) in

quanto giuridicamente necessaria.

Soltanto quando il potere di riforma è visto come un potere costituito - e dunque limitato - è infatti

possibile che la struttura dell’organizzazione democratica mantenga una sua intrinseca coerenza. Nessun

                                                            9 Sala Especial del artículo 61 de la Ley Orgánica del Poder Judicial, de 27 de marzo de 2003. 10 La Sentenza afferma testualemente: “Falta para ello el presupuesto inexcusable de la existencia de un núcleo normativo inaccesible a los procedimientos de reforma constitucional que, por su intangibilidad misma, pudiera erigirse en parámetro autónomo de corrección jurídica, de manera que la sola pretensión de afectarlo convirtiera en antijurídica la conducta que, sin embargo, se atuviera escrupulosamente a los procedimientos normativos”. 11 Testualmente la sentenza afferma che: “la Constitución es un marco de coincidencias suficientemente amplio como para que dentro de él quepan opciones políticas de muy diferente signo”.

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potere previsto dalla Costituzione può entrare in conflitto con l’essenza di quest’ultima, dovendosi in tal caso

rilevare un contrasto logico, prima ancora che giuridico. Il riconoscimento dell’esistenza di limiti materiali

impliciti significa impedire che la legalità di uno Stato costituzionale democratico possa essere utilizzata come

arma contro la stessa democrazia. E ciò risulta a maggior ragione vero se si accoglie la tesi proposta da

Alessandro Pace, secondo cui ogni Costituzione “ha in sé la vocazione all’intangibilità, e che a tale

intangibilità si fa eccezione attraverso precise disposizioni relative alla revisione di alcune sue disposizioni”.

2. La revisione costituzionale nei Paesi Scandinavi

Uno dei motivi più significativi che consente a pieno titolo di parlare di una vera e propria “cultura

costituzionale nordica”12 (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia) emerge proprio dal raffronto fra

le diverse modalità di revisione costituzionale dei Paesi appartenenti a questa categoria. Seppure permangono

differenze su l’utilizzo dell’istituto referendario e sui quorum previsti per le deliberazioni, il procedimento di

revisione costituzionale è accomunato da tratti importanti: il riconoscimento dell’assoluta sovranità del

parlamento in campo costituzionale oltre che politico, aspetto che si riflette sull’assenza di limiti di revisione;

il metodo “consensuale” che ispira le riforme costituzionali, manifesto nella suddivisione del procedimento in

due legislature e nell’intensa e partecipata attività istruttoria posta alla base del progetto di revisione

(istituzione di Comitati o Commissioni governative di studio, composte da membri delle amministrazioni, da

parlamentari in rappresentanza delle varie forze politiche e da esperti accademici); la cultura della

“manutenzione”13 costituzionale incrementale, ovvero l’aggiornamento continuo e graduale del testo

costituzionale, senza stravolgimenti dell’assetto vigente, anche nel caso di approvazione di una nuova

Costituzione (Danimarca 1953, Svezia 1975, Finlandia 2000).

                                                            12 In particolare, E. SMITH, Costitutional Cultures: The Costitution between Politics and Law, in E. SMITH (a cura di), The Constitution as an Instrument of Change, SNS Förlag, Stockholm, 2003, 28ss. 13 Espressione coniata da A.PIZZORUSSO “La manutenzionedel libro delle leggi e altri studi sulla legislazione”, Giappichelli, Torino, 1999.

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2.1 Le procedure di revisione costituzionale

Il tratto comune che emerge dall’analisi comparata dei procedimenti di revisione costituzionale riguarda il

frazionamento di tale processo in diversi cicli legislativi: una “legislatura di proposta”, seguita dallo

scioglimento del Parlamento che ha formulato la proposta di revisione e, a seguito delle elezioni parlamentari,

una “legislatura di deliberazione”, che approvando definitivamente la modifica costituzionale ne consente

l’entrata in vigore. Il primo esempio di scissione in due successive legislature risale alla Costituzione francese

del 1791 (Titolo VII), che prevedeva quattro legislature: tale modello, pur non caratterizzando le sole

esperienze costituzionali nordiche, le denota fortemente, tanto più se si considera che tutti i Parlamenti nordici

sono strutturati su base unicamerale, a differenza di altre esperienze costituzionali dove la natura bicamerale

del parlamento permette una maggiore ponderazione e maturazione del procedimento di revisione

costituzionale.

2.1.1 Il ruolo del referendum

Nelle esperienze costituzionali nordiche, la prima differenza consistente è segnata dal ruolo del

referendum: tale aspetto, infatti, non si limita a differenziare le varie procedure, ma si riflette notevolmente sul

grado di rigidità assunto dalle diverse Carte costituzionali.

L’unica Costituzione che prevede lo svolgimento obbligatorio della consultazione referendaria per ogni

modifica costituzionale è quella danese, che all’ art. 88 stabilisce che dopo l’approvazione della proposta di

modifica costituzionale ad opera del Folketing, segua lo scioglimento della medesima Assemblea, vengano

indette nuove elezioni parlamentari e la proposta di modifica debba essere approvata nello stesso testo anche

dal Folketing nella sua nuova composizione. Trascorsi sei mesi dalla definitiva approvazione parlamentare,

però, la revisione costituzionale è necessariamente sottoposta a referendum popolare confermativo: le

modifiche apportate al testo costituzionale entrano in vigore solo se si pronuncia a favore di esse la

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maggioranza dei voti validamente espressi, pari ad almeno il 40 % degli aventi diritto al voto. A causa di un

quorum così elevato, la Costituzione della Danimarca si configura come la più rigida tra quelle dei Paesi della

famiglia nordica14: nell’ordinamento danese il referendum è presidio della stabilità costituzionale.

Altro caso in cui la Carta costituzionale prevede una consultazione referendaria è quello dell’ordinamento

svedese (cap. VIII, artt. 14-16, della legge fondamentale “Strumento di Governo”15), dove tuttavia il

referendum assume carattere solo eventuale: nel caso in cui, entro quindici giorni dalla prima approvazione

parlamentare, ne faccia richiesta almeno un decimo dei membri del Riksdag e si pronuncino in favore di essa

almeno un terzo dei parlamentari. Il referendum si svolge a distanza di almeno 9 mesi dall’approvazione della

proposta di revisione, insieme alle nuove elezioni del Riksdag: “la proposta è rigettata se contro di essa vota la

maggioranza degli elettori, cioè più della metà di coloro che nelle elezioni del Rikstag hanno dato dei voti

validi. Altrimenti il Rikstag passa all'esame definitivo della proposta.”(cap. VIII, art. 16, comma 2). Da tali

considerazioni si può dedurre che, a differenza del modello danese, l’ordinamento costituzionale svedese

concepisce un referendum a tutela non della rigidità del testo costituzionale, quanto piuttosto della minoranza

parlamentare.

                                                            14 “Section 88 – Constitutional Amendments, Electors' Vote When the Parliament passes a Bill for the purposes of a new constitutional provision, and the Government wishes to proceed with the matter, writs shall be issued for the election of Members of a new Parliament. If the Bill is passed unamended by the Parliament assembling after the election, the Bill shall within six months after its final passing be submitted to the Electors for approval or rejection by direct voting. Rules for this voting shall be laid down by Statute. If a majority of the persons taking part in the voting, and at least 40 per cent of the Electorate has voted in favor of the Bill as passed by the Parliament, and if the Bill receives the Royal Assent it shall form an integral part of the Constitution Act.” 15 “Enactment of fundamental law and the Riksdag Act Art. 14. Fundamental law is enacted by means of two decisions of identical wording. With the first decision, the proposal for the enactment of fundamental law is adopted as being held in abeyance. The second decision may not be taken until elections to the Riksdag have been held throughout the Realm following the first decision, and the newly-elected Riksdag has convened. At least nine months shall elapse between the first submission of the matter to the Chamber of the Riksdag and the date of the election, unless the Committee on the Constitution grants an exception. Such a decision is to be taken no later than the committee stage, and at least five sixths of the members must vote in favour of the decision. Art. 15. The Riksdag may not adopt as a decision held in abeyance over an election a proposal for the enactment of fundamental law which conflicts with any other proposal concerning fundamental law currently being held in abeyance, unless at the same time it rejects the proposal first adopted. Art. 16. 1. A referendum shall be held on a proposal concerning fundamental law which is held in abeyance over an election, on a motion to this effect by at least one tenth of the members, provided at least one third of the members vote in favour of the motion. Such a motion must be put forward within fifteen days from the date on which the Riksdag adopted the proposal to be held in abeyance. The motion shall not be referred for preparation in committee. The referendum shall be held simultaneously with the election referred to in Article 14. 2. In the referendum, all those entitled to vote in the election are entitled to state whether or not they accept the proposal on fundamental law which is being held in abeyance. The proposal is rejected if a majority of those taking part in the referendum vote against it, and if the number of those voting against exceeds half the number of those who registered a valid vote in the election. In other cases the proposal goes forward to the Riksdag for final consideration.”

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Nei restanti Stati nordici (Finlandia, Norvegia, Islanda), il procedimento di revisione costituzionale si

esaurisce in ambito parlamentare, senza alcun intervento diretto del corpo elettorale.

2.1.2 Il quorum previsto per la deliberazione parlamentare

A proposito del quorum necessario per l’approvazione definitiva della revisione costituzionale, che si

riflette inevitabilmente sul grado di rigidità delle varie Carte, lo scenario è molto variegato. Per le Costituzioni

svedese (cap.VIII, art.15) e islandese (art.79) è richiesta la maggioranza dei voti sia nella legislatura di

proposta che in quella di deliberazione; in Norvegia (art.112) e in Finlandia (art.73) è necessaria la

maggioranza dei 2/3 dei voti nella legislatura di deliberazione, mentre nella successiva legislatura i requisiti

per l’approvazione differiscono: nel primo Paese non è neppure necessario un voto espresso, risultando

sufficiente il mero deposito della proposta, nel secondo è prevista l’approvazione della proposta a

maggioranza assoluta; infine, la Costituzione danese (art.88) richiede la doppia approvazione parlamentare a

maggioranza semplice nelle due legislature, e in più anche lo svolgimento del referendum popolare

obbligatorio.

2.1.3 Il caso finlandese. La negazione della doppia legislatura e le leggi di eccezione

costituzionale

La costituzione finlandese prevede, all’art. 73, comma 2 Cost.16, la possibilità di dichiarare “urgente” una

proposta di revisione costituzionale, tramite delibera adottata con il voto favorevole dei 5/6 dei votanti.

                                                            16 “Section 73 - Procedure for constitutional enactment. 1. A proposal on the enactment, amendment or repeal of the Constitution or on the enactment of a limited derogation of the Constitution shall in the second reading be left in abeyance, by a majority of the votes cast, until the first parliamentary session following parliamentary elections. The proposal shall then, once the Committee has issued its report, be adopted without material alterations in one reading in a plenary session by a decision supported by at least two thirds of the votes cast. 2. However, the proposal may be declared urgent by a decision that has been supported by at least five sixths of the votes cast. In this event, the proposal is not left in abeyance and it can be adopted by a decision supported by at least two thirds of the votes cast.”

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L’effetto di tale decisione è la possibilità, per l’ Eduskunta, di deliberare, nel corso della medesima legislatura

e a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti, l’approvazione definitiva della riforma costituzionale. Questo

produce un discostamento dalla normale procedura di revisione, evitando la rottura del processo in due

legislature.

Inoltre, a partire dalla metà del XIX secolo, in Finlandia è stato fatto ricorso, sempre più frequentemente, a

“leggi di eccezione costituzionale” (poikkeuslaki): leggi di rango formalmente ordinario, abrogabili con leggi

ordinarie successive,ma approvate con la speciale procedura richiesta per la revisione costituzionale, in quanto

contenenti disposizioni in contrasto con la Costituzione, ma prive dell’obiettivo di intervenire a modificarne

espressamente il testo. Anche la nuova Costituzione del 2000 ha lasciato intatto tale istituto, pur limitandone

l’impiego per sole deroghe di contenuto limitato, secondo quanto dispone l’art. 73, comma 1 Cost.

2.2 I limiti alla revisione

La centralità che l’Assemblea parlamentare assume all’interno della vita politica e costituzionale dei Paesi

nordici e l’indiscussa autorevolezza e affidabilità che viene riconosciuta a questa istituzione hanno portato la

dottrina, e anche la giurisprudenza, a tendere verso un’interpretazione che rimette all’esclusiva competenza

dell’organo rappresentativo ogni valutazione in merito alla modifica del testo costituzionale, senza che la

sovranità del Parlamento possa incontrare ostacoli in norme o principi della Costituzione: tanto che alcuni

autori hanno considerato questa libertà in materia di revisione una sorta di “privilegio” del legislatore

nordico17. Questo “privilegio” è ben espresso dalle stesse Costituzioni, poiché in nessuna di esse sono stabiliti

limiti espressi alla revisione costituzionale, né sono stati enucleati dalla dottrina o dalla giurisprudenza

costituzionale. Solamente nella Costituzione norvegese, l’art. 112 prevede che gli emendamenti alla

Costituzione (Grunnloven) non potranno mai “porsi in contrasto con i principi contenuti nella presente

Costituzione, ma solo riferirsi alla modifica di singole disposizioni che non alterino lo spirito della

Costituzione”. Tuttavia il rispetto di tali limiti alla revisione è rimesso alla discrezionalità dello stesso Storting

                                                            17 Sul tema J.Husa, “Nordic Reflections on Constitutional Law. A Comparative Nordic Perspective”, Peter Lang, Franfurt-am-Main/New York, 2002

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poiché esso è istituzionalmente competente, in sede del potere di esercizio di revisione, a valutare il rispetto

dei limiti stabiliti dall’art. 112, e in più la stessa giurisprudenza costituzionale ha stabilito l’incompetenza dei

Tribunali – in sede di sindacato diffuso di costituzionalità – a esercitare il controllo sui limiti posti

dall’articolo. Questo fa sì che anche l’esperienza norvegese possa ricondursi a quella comune degli altri Paesi

dell’area, che vede nel Parlamento l’organo supremo in ambito non solo politico ma anche “costituzionale”.

2.2 Il problema del condizionamento tra elemento politico ed elemento costituzionale

Una prima criticità posta dalla dottrina riguarda la simultaneità del momento elettorale e del giudizio

valutativo sulla proposta di revisione del testo Costituzionale. Infatti “il voto popolare non appare confinato

alle scelte degli eletti, ma altresì alla decisione di revisione, implicando una scelta sulla rispondenza del

contenuto della stessa agli orientamenti della collettività nazionale”18. Questo parrebbe scalfire

l’indipendenza tra elemento politico ed elemento costituzionale, legando le sorti della Carta ai programmi

elettorali delle forze politiche in competizione, e viceversa.

Tale problema si pose anche l’Assemblea Costituente italiana del 1946 , attraverso il dibattito interno alla

Seconda Sottocommissione: alla proposta di adottare una formula di revisione ispirata al modello belga

(secondo la quale all’approvazione del progetto di revisione avrebbe dovuto far seguito lo scioglimento delle

Camere, le elezioni e poi la “legislatura di deliberazione”), il membro Piccioni fece rilevare che in questo caso

l’opinione pubblica non si sarebbe concentrata sulla riforma, ma sul nuovo Parlamento.

In realtà, alcuni autori, guardando in particolare all’eloquente esperienza norvegese, sostengono che le

elezioni politiche non possono assumere una logica di questo genere, poiché manca spesso una posizione

univoca all’interno degli stessi schieramenti politici. Le proposte di revisione costituzionale formulate prima

dello svolgimento delle elezioni sono numerose e spesso contrastanti, impedendo così agli elettori di avere un

panorama chiaro e definito.

                                                            18 G. DE VERGOTTINI, “Referendum e revisione costituzionale: una analisi comparativa”, in Giur. Cost., 1994 e M.P. VIVIANI SCHLEIN, “Rigidità costituzionale. Limiti e graduazioni”, Giappichelli, Torino, 1997

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1. La revisione costituzionale in Italia

3.1 Il procedimento di revisione costituzionale

In Italia il procedimento di revisione costituzionale è espressamente sancito all’art. 138 della Costituzione.

Come in tutti i paesi presi in considerazione, anche nel nostro paese è prevista una procedura di approvazione

aggravata rispetto a quella prevista agli artt. 70 e ss. per le leggi ordinarie, ma differentemente dal sistema

costituzionale spagnolo, è prevista soltanto un’unica modalità di revisione (parziale), corrispondente

all’iberica reforma constitucional.

Le leggi costituzionali sono infatti adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad

intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna

Camera nella seconda votazione. In questo caso si procederà ad una pubblicazione anomala sulla Gazzetta

Ufficiale, che non preclude l’entrata in vigore della legge, ma ne consente la conoscenza e rappresenta l’inizio

del termine da cui far decorrere il periodo di tempo per l’attivazione del referendum costituzionale.

Quest’ultimo è soltanto eventuale, potendo essere esperito qualora, entro tre mesi dalla pubblicazione della

legge – sempre che quest’ultima non sia stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a

maggioranza di due terzi dei suoi componenti – lo richiedano un quinto dei membri di ciascuna Camera,

cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se

non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Tuttavia, differentemente dalla procedura prevista all’art.

75 Cost. It. per il referendum abrogativo, ai fini della validità del referendum popolare, non è richiesto alcun

quorum di partecipazione potendo quindi qualificarsi come uno strumento meramente oppositivo.

Diversamente si configura il referendum costituzionale danese, necessario per l’approvazione definitiva della

revisione e soggetto a doppio quorum, che gli conferisce carattere confermativo, a salvaguardia della rigidità

costituzionale. Più complessa la questione spagnola, dove è previsto un doppio referendum costituzionale. Il

primo, similmente a quanto accade in Italia è eventuale, ha carattere meramente oppositivo ed è attivabile

esclusivamente dalle minoranze parlamentari (un decimo dei membri di una delle due Camere) entro i

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quindici giorni successivi all’approvazione del testo definitivo. Il secondo, invece, è obbligatoriamente

richiesto in caso di revisione integrale della Costituzione, e persegue il fondamentale scopo di assicurare il più

ampio consenso possibile su una decisione talmente significativa.

Data l’assenza di precise disposizioni costituzionali, i regolamenti parlamentari hanno interpretato la

procedura delle doppia deliberazione facendo riferimento ad una forma alternativa, in luogo della forma

consecutiva prospettata da una parte della dottrina.

Dalla terminologia usata in Costituzione si desume che nel sistema italiano i soggetti abilitati a

promuovere l’iniziativa della revisione sono gli stessi ai quali è attribuita l’iniziativa legislativa ordinaria, a

fronte di un generico riferimento al termine “legge” utilizzato agli artt. 71, commi 1 e 2, 99, comma 3 e 121,

comma 2 Cost. It.

3.2 Limiti alla revisione costituzionale in Italia

L’ordinamento italiano, differentemente da quanto previsto in altri sistemi costituzionali fa esclusivo

riferimento ad integrazioni, modifiche o deroghe parziali del livello costituzionale. La dottrina è sempre stata

particolarmente attenta nel ricercare dei limiti da far valere nei confronti del potere di revisione costituzionale.

Preliminarmente è opportuno analizzare quei limiti testuali (espliciti o impliciti che siano) ricavabili

direttamente dalle disposizioni formalmente costituzionali. Un evidente limite testuale espresso è quello

sancito all’art. 139 secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Parte

della dottrina qualifica tuttavia questo limite come relativo essendo potenzialmente superabile con un nuovo

intervento dell’organo costituente legittimato da un referendum istituzionale analogo a quello del 2 giugno

1946, nonostante altra parte della dottrina rilevi l’inapplicabilità di una simile tesi in considerazione del fatto

che il nostro ordinamento non preveda espressamente la possibilità di ricorrere ad un (nuovo) referendum

popolare istituzionale.

Il problema della assolutezza del limite sancito all’art. 139 venne anche affrontato in Assemblea

Costituente. La proposta Togliatti secondo cui “La forma repubblicana dello Stato non può essere messa in

discussione né davanti al popolo, né davanti alle Assemblee Legislative”, preoccupò tutti coloro che

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ritenevano che qualsiasi limitazione alla sovranità popolare fosse contraria alla democrazia, pericolosa,

nonché in aperto contrasto con quanto sancito all’art. 1 della Costituzione. Cevolotto, rileva però che “la

formula proposta dall'onorevole Togliatti non contrasta la possibilità dell'esplicazione della volontà

popolare, ma mira soltanto ad impedire che si possa modificare la forma istituzionale dello Stato senza

modificare la Costituzione, e che la forma istituzionale dello Stato possa essere messa in discussione, per

esempio sotto la forma del referendum”. Più cauta e opportuna fu la proposta di Moro, il quale riteneva che

l’adozione della forma repubblicana non potesse essere oggetto di una “normale” revisione costituzionale,

ammettendo astrattamente la possibilità di modificare la forma repubblicana attraverso modalità diverse - e

verosimilmente ulteriormente aggravate - che sarebbero state successivamente previste dalla seconda

Sottocommissione.

Per l’individuazione di limiti impliciti al potere di revisione costituzionale si pone la storica sentenza 1147

del 1988, dove la Corte rileva che: «La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non

possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione

costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione

esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana

(art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non

assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui

quali si fonda la Costituzione italiana.

Questa Corte, del resto, ha già riconosciuto in numerose decisioni come i principi supremi

dell'ordinamento costituzionale abbiano una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango

costituzionale, sia quando ha ritenuto che anche le disposizioni del Concordato, le quali godono della

particolare “copertura costituzionale” fornita dall'art. 7, comma secondo, Cost., non si sottraggono

all'accertamento della loro conformitè ai “principi supremi dell'ordinamento costituzionale” (v. sentt. nn. 30

del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982), sia quando ha affermato che la legge di

esecuzione del Trattato della CEE può essere assoggettata al sindacato di questa Corte “in riferimento ai

principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana” (v.

sentt. nn. 183 del 1973, 170 del 1984).

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Non si può, pertanto, negare che questa Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di

revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei con fronti dei principi supremi

dell'ordinamento costituzionale. Se così non fosse, del resto, si perverrebbe all'assurdo di considerare il

sistema di garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle

sue norme di più elevato valore».

Oltre a sancire inequivocabilmente l’esistenza di una serie di limiti al potere di revisione costituzionale,

rinvenibili nei principi supremi dell’ordinamento giuridico e nei diritti inviolabili dell’uomo, la Corte sancisce

la piena assoggettabilità delle leggi costituzionali e di revisione costituzionale al suo controllo.

3.3 Considerazioni finali: un comune patrimonio di valori

All’interno dell’ampio dibattito sul potere di revisione si pone quello relativo all’esistenza di modifiche

sostanziali elaborate in sede giurisprudenziale, che si manifestano attraverso mutamenti taciti fortemente

incisivi sul tessuto costituzionale; dunque non necessariamente mediante parole scritte, ma attraverso una

diversa interpretazione delle disposizioni costituzionali, il cui significato non può che evolversi nel tempo

(come lo stesso Kelsen affermava). In questa prospettiva la questione dei limiti acquista rilevanza politica,

prima ancora che giuridica, in qualsiasi sistema costituzionale moderno. Inoltre, come testimoniato

dall’esperienza degli ordinamenti nordici, l’assenza di limiti formali alla revisione costituzionale convive con

il profondo radicamento di limiti sostanziali all’interno della coscienza sociale collettiva.

Una tappa decisiva verso un comune percorso di individuazione di un nucleo duro costituzionale è il

crescente e progressivo dialogo che avviene fra i tribunali costituzionali, e da ultimo anche con la Corte di

Giustizia Europea. Ciò si manifesta nei richiami sempre più frequenti alla giurisprudenza straniera contenuti

nelle sentenze delle Corti (basti pensare alla Corte Costituzionale sudafricana), strumentali all’individuazione

di quel patrimonio di valori condivisi che caratterizzano le più moderne democrazie.

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Bibliografia e sitografia

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Prestipino Giovanni: la revisione costituzionale in Spagna 

Signorini Pietro: la revisione costituzionale nei Paesi nordici 

Parti comuni: introduzione, parte italiana e parti conclusive