Riv. Culmine e Fonte 2006-6

96
l tempo non è semplicemente la successione degli attimi, l’alter- narsi del giorno e della notte, lo scorrere dei minuti e delle ore che ogni uo- mo osserva con apprensione e spesso con malinconia considerando la velocità del consumarsi delle cose. Immaginiamo di vi- vere senza orologi in una luce diurna pe- renne, senza albe e tramonti, l’unico tempo che percepi- remmo è la succes- sione dei nostri pen- sieri e la visione dello sviluppo e del consu- marsi delle cose. Per- cepiremmo il tempo come il cambiamen- to e l’evolversi delle cose che raggiun- gono il proprio compimento, saremmo spettatori stupiti ma anche partecipi perché scopriremmo anche noi di invecchiare e di giungere al nostro fine. Allora forse, fermandoci a ri- flettere su tutto questo, lontano dalle preoccupazioni di ogni giorno, mettendo da parte le ansietà del domani o dell’ur- genza di qualche scadenza, penseremmo più attentamente alla nostra anima, a que- sto tempo che siamo chiamati a vivere non solo come la percezione del nascere e del morire di ogni cosa ma come luogo per prepararsi all’eternità. La Risurrezione ha sconvolto l’idea del tempo, ha superato la visione chiusa di un mondo che scorre inarrestabile verso la sua consunzione o la sua trasformazione, ha imposto invece una visione del tempo di- versa e luminosa. La caducità delle cose non conduce alla morte ma ad una nuova vita se questa passa per Cristo Ri- sorto. Tutte le cose, destinate a perire a causa della loro de- bolezza, trovano in Cristo la loro nuova vita. Passando attra- verso la morte Gesù vive la sofferenza di tutta la Creazio- ne sottomessa alla caducità dal peccato, la fa propria ponendola con sé sulla Croce, accettando di morire come ogni uomo, ce- dendo al tempo e alle sue leggi. Per amore della volontà salvifica del Padre si sotto- mette alla morte ma per ucciderla dal di dentro, per far esplodere la vita dal profon- do stesso dell’abisso della morte in cui era disceso. Quando Cristo esce dal sepolcro vittorioso l’eternità entra nel tempo crean- do un giorno senza tramonto, un giorno 1 Formazione Liturgica Culmine e Fonte 6-2006 Anno Liturgico: tempo di grazia mons. Marco Frisina I Un orante

description

http://www.ufficioliturgicoroma.it/default.asp?iId=LDJMKIl sussidio bimestrale "Culmine e fonte" edito dall'Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma ha come obiettivo primario l'approfondimento delle tematiche liturgiche nel contesto pastorale. Non è una rivista rivolta solo agli "esperti", ma è pensata per tutti coloro che si accostano alle Celebrazioni della Chiesa con l'intento di pregare, comprendere, partecipare attivamente, secondo i propri doni, carismi e ministeri. E' uno strumento di formazione e spiritualità liturgica dedicato a Sacerdoti, diaconi, Lettori, Accoliti e Ministri straordinari della Comunione. Rivolgendosi anche a tutti i cultori di Liturgia ed a tutti coloro che riconoscono la necessità di approfondire le tematiche liturgiche si usa un linguaggio semplice ed un approccio prevalentemente pastorale. I contenuti rimangono altamente scientifici: i contributi sono affidati ad esperti del settore, che propongono riflessioni documentate sulle varie problematiche ed aprono la strada a successivi approfondimenti personali.

Transcript of Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Page 1: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

l tempo non è semplicemente lasuccessione degli attimi, l’alter-narsi del giorno e della notte, lo

scorrere dei minuti e delle ore che ogni uo-mo osserva con apprensione e spesso conmalinconia considerando la velocità delconsumarsi delle cose. Immaginiamo di vi-vere senza orologi inuna luce diurna pe-renne, senza albe etramonti, l’unicotempo che percepi-remmo è la succes-sione dei nostri pen-sieri e la visione dellosviluppo e del consu-marsi delle cose. Per-cepiremmo il tempocome il cambiamen-to e l’evolversi dellecose che raggiun-gono il propriocompimento, saremmo spettatori stupitima anche partecipi perché scopriremmoanche noi di invecchiare e di giungere alnostro fine. Allora forse, fermandoci a ri-flettere su tutto questo, lontano dallepreoccupazioni di ogni giorno, mettendoda parte le ansietà del domani o dell’ur-genza di qualche scadenza, penseremmopiù attentamente alla nostra anima, a que-sto tempo che siamo chiamati a vivere nonsolo come la percezione del nascere e del

morire di ogni cosa ma come luogo perprepararsi all’eternità.

La Risurrezione ha sconvolto l’idea deltempo, ha superato la visione chiusa di unmondo che scorre inarrestabile verso la suaconsunzione o la sua trasformazione, haimposto invece una visione del tempo di-

versa e luminosa. Lacaducità delle cosenon conduce allamorte ma ad unanuova vita se questapassa per Cristo Ri-sorto. Tutte le cose,destinate a perire acausa della loro de-bolezza, trovano inCristo la loro nuovavita. Passando attra-verso la morte Gesùvive la sofferenzadi tutta la Creazio-

ne sottomessa alla caducità dal peccato, lafa propria ponendola con sé sulla Croce,accettando di morire come ogni uomo, ce-dendo al tempo e alle sue leggi. Per amoredella volontà salvifica del Padre si sotto-mette alla morte ma per ucciderla dal didentro, per far esplodere la vita dal profon-do stesso dell’abisso della morte in cui eradisceso. Quando Cristo esce dal sepolcrovittorioso l’eternità entra nel tempo crean-do un giorno senza tramonto, un giorno

1

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Anno Liturgico: tempo di graziamons. Marco Frisina

I

Un orante

Page 2: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

2

eterno in cui ogni cosa rinasce per la vitasenza fine. Il Prima Dies di Pasqua spalancale porte dell’eternità ad ogni creatura. Lasuccessione dei giorni e delle notti, il con-sumarsi delle cose appaiono ormai solo co-me una necessità delle leggi naturali impo-ste alle creature ma in vista del Redentore,Re e Signore dell’Universo e non più sem-plicemente come segnali di morte. Noisappiamo che il morirenon è la fine, ma il prin-cipio, e che il tempo è lapreparazione dell’eter-nità, sappiamo che tuttala creazione risorgeràcon Cristo e risplenderàdella sua luce, quandoEgli tornerà a ricapitola-re ogni cosa in sé.

La Chiesa celebratutto questo nella nottedi Pasqua e in tutti igiorni dell’anno, quan-do canta nella Liturgia lasalvezza di Cristo, quan-do celebra i sacramentidella redenzione,quando contempla nei santi l’immaginedel volto di Cristo e se ne rallegra incorag-giandosi nel cammino.

Ogni Eucaristia proclama questa eter-nità che ormai si apre nel tempo, l’unicosacrificio della Croce si ripresenta a noi nel-la celebrazione eucaristica facendoci parte-cipi di esso, facendoci entrare nel giornosenza tramonto del mistero pasquale. Lì at-tingiamo alla sorgente della vita eterna, dilì parte il nuovo tempo della nuova crea-zione.

Per comprendere la celebrazione deltempo nella Liturgia occorre entrare inquesta ottica misteriosa ma luminosa deltempo pasquale. L’evolversi e lo sviluppo diogni creatura tende alla sua nuova vita inCristo Risorto, tutto è ormai orientato aquesta salvezza splendida.

Abbiamo perciò il dovere di aprire il no-stro cuore a questo “tempo di grazia” che

la Liturgia ci propone,dobbiamo imparare apercepire questa eter-nità luminosa che attra-verso la preghiera noipossiamo godere. Noisiamo chiamati a farcicontemporanei dei Mi-steri della salvezza con-templandoli nelle feste enelle solennità che cele-briamo. Dobbiamo rivi-vere i momenti della vitadel Signore che la Litur-gia ci propone perchénoi viviamo nell’”oggi”salvifico della Chiesa. Isanti che celebriamo

durante tutto l’anno non fanno che inco-raggiarci in questo cammino, essi ci offro-no la loro testimonianza additandoci il cie-lo come la patria, lì ci attendono e ci invita-no.

Il trascorrere dei giorni nella preghieraliturgica diviene allora un vivere già il tem-po del cielo, seguendo il “calendario diDio” fatto dei Misteri della salvezza che sioffrono alla nostra contemplazione e daisacramenti che ci fanno pregustare la gioiadel cielo.

Cristo benedicente

Page 3: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

ltre alle varie parti del “Propriodel tempo”, che abbiamo studia-to nei numeri precedenti, abbia-

mo altre solennità e feste del Signore, chestanno a sé, o in giorno mobile o a datafissa. Esse sono: la Presentazione al Tempio(2 febbraio), l’Annunciazione (25 marzo),la SS. Trinità, il Corpo e Sangue del Signo-re, il Sacro Cuore, la Trasfigurazione (6agosto), l’Esaltazione della Croce (14 set-tembre), Cristo Re.

Quasi parallelamente abbiamo solen-nità e feste della Beata Maria Vergine: lasua Concezione Immacolata, la sua Nati-vità, la sua Maternità, la Visita a Elisabettama anche Maria Regina, il Cuore Immaco-lato di Maria, le sue apparizioni a Lourdese a Fatima, Maria del Rosario, del Carmelo,ecc.

Per le feste dei santi non ci sono tantiproblemi: la Chiesa celebra il loro “giornonatalizio”, che in questo nostro mondo èchiamato il giorno della morte. Fa unicaeccezione, con Gesù e Maria, san GiovanniBattista, di cui ricorda anche la nascita ter-rena (24 giugno), in quanto precorre (di seimesi) la nascita del Signore.

Ma torniamo alle feste del Signore e diMaria. Oltre che per il grado di celebrazio-ne (solennità, feste e memorie), possiamodistinguerle in feste a data fissa o a datamobile. Le prime hanno una ragione, o le-gata alla cronologia dei fatti, così come cisono narrati dai Vangeli (per questo l’An-

nunciazione cade nove mesi prima del Na-tale, la Visita di Maria ad Elisabetta tral’Annunciazione e la nascita del Battista), odipendente da un fatto della storia dellaChiesa, come un’apparizione o la dedica-zione di una chiesa con quel titolo (peresempio la Trasfigurazione al Tabor, o l’E-saltazione della Croce legata alla Basilicadel Golgota).

Le feste a data mobile, quali la Trinità, ilCorpo e Sangue di Cristo, il Sacro Cuore oCristo Re non ricordano avvenimenti ma ti-toli del Signore o della Madonna.

E arriviamo così alla distinzione più teolo-gica:a) feste che celebrano un avvenimentosalvifico.b) feste di ideec) feste di devozione

Nel primo millennio della storia dellaChiesa sono state istituite feste che cele-brano la nostra salvezza e che hanno for-mato l’anno liturgico. Verso la fine di esso,dall’Oriente ci sono venute le feste dellaPresentazione al Tempio, dell’Annunciazio-ne, dell’Assunzione e della Natività dellaBeata Vergine Maria. Tutte le altre feste so-no state istituite nel secondo millennio. Lamaggior parte di loro non celebrano peròun avvenimento della storia della salvezzama un titolo del Signore o un dogma (ve-rità) della fede cattolica. Se, per esempio, il

3

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Il senso liturgico delle festep. Ildebrando Scicolone, osb

O

Page 4: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

4

Battesimo del Signore o la Trasfigurazionesono eventi realmente accaduti in un de-terminato giorno, la festa della Trinità, delCorpo del Signore o del Sacro Cuore noncelebrano avvenimenti, ma sono state isti-tuite per inculcare nel popolo cristiano unaverità di fede o una particolare devozione.

Ora, la Liturgia, mediante l’anamnesi el’epiclesi, ha la forza di ripresentare il mi-stero di Cristo che si è realizzato attraversoatti salvifici. Le feste veramente liturgichesono quindi quelle che celebrano, cioè ren-dono presenti nell’hodie liturgico, gli avve-nimenti che hanno compiuto la nostra sal-vezza. Essa è stata realizzata da Cristo Si-gnore, duemila anni fa, ma nel giorno li-turgico ogni anno si rendono presenti eoperanti, raggiungendo così gli uomini ditutti i tempi.

Possiamo esprimere questa idea con unesempio: la luce di una stella, distante dal-la terra duemila anni luce, nel momento incui io la vedo è presente per me, anche seio so che il suo fulgore è partito duemilaanni fa. Come i sacramenti, così le festestrettamente liturgiche sono i momenti neiquali la salvezza operata nell’evento miraggiunge. Per cui la liturgia canta in queigiorni l’antifona Hodie. A Natale, all’Epifa-nia, all’Assunta, noi cantiamo (al Magnifi-cat): Oggi Cristo è nato; Oggi Maria èstata assunta in cielo. Quando invece ce-lebriamo, per esempio, la festa della Tri-nità, del SS. Corpo e Sangue di Cristo, delSacro Cuore o di Cristo Re possiamo can-tare: Hodie? Dio è Uno e Trino, da sem-pre e per sempre. Cristo è Re sempre, enon soltanto nell’ultima domenica dell’an-no liturgico. L’amore di Cristo, oggetto del-

la festa del Sacro Cuore, non cessa quandofinisce la festa.

Per comprendere meglio la distinzionetra feste di eventi e feste di idee, si pensi alcaso emblematico della richiesta, ricorren-te, di istituire una festa del Padre Eterno.Dalla fine del Seicento a oggi queste richie-ste si sono fatte sempre più insistenti. Mala Chiesa non l’ha istituita. Anche la festadella “Divina Misericordia” non è stata ac-cettata. Si è semplicemente dato questo ti-tolo alla II domenica di Pasqua. Ma la “Di-vina Misericordia” è eterna e non può es-sere “racchiusa in un giorno temporale”(san Giuseppe Tomasi).

Il Nuovo Calendario liturgico, approvatonel 1969, ha ridotto ma non abolito le fe-ste di idee o di devozione. La Chiesa quindile celebra. Ma si tratta appunto di titoli odi dogmi. In queste feste dobbiamo pensa-re che celebriamo sempre la Pasqua, che èl’evento fondamentale della nostra salvez-za. Questa è opera della Trinità, frutto del-l’amore del Cuore di Cristo, momento ecausa della sua Regalità, ecc.

La liturgia celebra l’Economia della sal-vezza, non le Persone divine. Così celebria-mo la nascita terrena del Verbo, la suamorte, la sua risurrezione e ascensione, manon celebriamo propriamente la Personadel Verbo. A Pentecoste non celebriamo laPersona dello Spirito Santo, ma la sua ve-nuta nella Chiesa e in noi.

Così nelle varie feste, “toccando” glieventi salvifici, veniamo uniti a Cristo, na-to, morto e risorto. Lo scopo non è quellodi ricordare un evento passato ma di ren-derlo presente, perché sia salvezza per noi.

Page 5: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

anno liturgico a prima vista ap-pare molto singolare: non dura365/366 giorni, l’inizio e la fine

sono mobili e non presenta la vita di Cri-sto nella successione degli eventi come liconosciamo dai Vangeli. La festa dellaPresentazione di Gesù al Tempio celebra-ta il 2 febbraio sembra proprio risponde-re a quest’ultima caratteristica. Infatti do-po la festa del Battesimo sembra chel’anno liturgico ci costringa ad una bru-sca inversione facendoci tornare indietroagli eventi legati alla nascita e all’infanziadel Signore.

La festa è attestata a Gerusalemmeattorno al 384 dal celebre Diario dellapellegrina Egeria, ma alla data del 14febbraio, Quadragesima de Epiphania,cioè 40 giorni dopo l’Epifania. A queltempo in Oriente, il 6 gennaio non era lafesta di una sola manifestazione del Si-gnore, ma di tutte insieme: manifestazio-ne nella carne (Natale), alle genti (Magi),della Trinità (Battesimo), della missione(Nozze di Cana). Questa antica tradizionedi festa unitaria è ancora in vigore nelleChiese Armena e Copta. A sua volta ladatazione dell’antica festa unica dellaManifestazione al 6 gennaio (Oriente) oal 25 dicembre (Occidente), sembra di-pendere dal diverso modo di rendere il14 di Nisan, giorno della morte del Si-gnore, fissato al 6 aprile o al 25 marzo,

secondo la teoria del “ciclo perfetto”,per la quale Gesù sarebbe morto nellastessa data in cui è stato concepito. Èuna teoria interessante, non tanto per lasua antichità, quanto per il profondo le-game, quasi matematico, tra Natale e Pa-squa, i due estremi cronologici del miste-ro della redenzione compiuto nella storia.

Poco a poco la festa locale di Gerusa-lemme entra nel calendario delle altreChiese del mondo cristiano. Nel 518 Se-vero di Antiochia la considera una inno-vazione, ancora sconosciuta nella suacittà e a Costantinopoli, dove invece vie-ne accolta nel 534 per decreto dell’impe-ratore Giustiniano I. Più tardi la festagiunge a Roma, portata dal papa orienta-le Sergio I (687-701), e negli antichi sa-cramentari ritiene il nome greco di Ypa-panthi (Hypapantì) che significa “incon-tro”, oggetto della festa infatti è l’incon-tro tra il vecchio Simeone e il piccolo Ge-sù speranza di Israele; Maria è in secondopiano, anche se non manca una forte co-loritura mariana, evidenziata nella pro-cessione stazionale nei santuari di Bla-chernes a Costantinopoli e di Santa Ma-ria Maggiore a Roma.

L’elemento che oggi caratterizza la li-turgia romana della Presentazione è laprocessione con i ceri, di sicura derivazio-ne gerosolimitana. Ne parla Cirillo di Sci-

5

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Presentazione di Gesù al tempioElena Velkovska

L’

Page 6: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

6

topoli nella Vita di Teodosio Cenobiarca,ma bisogna costatare che le rubriche deilezionari di Gerusalemme in lingua arme-na e georgiana non ne fanno cenno alcu-no, così come le omelie per Hypapantì diEsichio di Gerusalemme. Per una testimo-nianza sicura bisogna attendere la metàdel V secolo con un ciclo di omelie attri-buite alla Pseudo-Cirillo di Gerusalemmee che risalgono attorno all’anno 450.

La Chiesa di Georgia, che fino al pri-mo trentennio del X secolo ha seguito ilrito della Città Santa, poi abbandonato infavore del rito bizantino, oltre alla deno-minazione tradizionale di festa dell’In-contro, impiega per la Presentazione an-che il termine Lamprobay, o festa delleluci. Al contrario a Costantinopoli che,come abbiamo visto, conosceva una pro-cessione stazionale per la festa, le cande-le non sono mai evocate dai testi liturgicie dalla letteratura agiografica o omileti-ca. La presenza o meno di candele nell’i-conografia della festa, permette anzi diattribuire l’opera ad un contesto geogra-fico ben determinato: le icone georgianehanno la profetessa Anna che tiene nellemani un cero, nelle icone bizantine il ce-ro è assente. Compare invece nell’icono-grafia occidentale, per esempio nelle ve-trate della cattedrale di Chartres.

L’iconografia della festa, molto raratra VII e VIII secolo, si diffonde durante ilIX e ritrae Simeone ed Anna in piedi adestra di un altare sormontato da ciborioe a sinistra Maria con il Bambino e Giu-seppe, si tratta dunque di una iconogra-

fia che descrive il racconto evangelico (Lc2, 22-58). Un’altra tipologia intende sot-tolineare piuttosto il futuro sacrificio diCristo e le sofferenze di Maria: Simeoneè nell’atto di deporre il Bambino sull’alta-re, simbolo della sua personale offertacome vittima di salvezza, e Maria è inpiedi nello stesso atteggiamento in cui latroviamo nell’iconografia della crocifissio-ne. Simeone, in quanto profeta della pas-sione di Cristo ha sembianze simili al pro-feta Giovanni Battista.

In questa prospettiva la storicità dellafesta e la sua posizione anomala nellascansione liturgica della vita di Cristopassano in secondo piano. E questo pro-prio perché l’anno liturgico è tutto il con-trario dell’agenda in cui siamo abituati aregistrare compleanni, onomastici ed al-tre ricorrenze. Ogni festa non è il puntodi arrivo ma di partenza: la festa è l’occa-sione per ripresentare non un momentodella vita del Signore, ma attraverso quelmomento che celebriamo, tutto il miste-ro pasquale che era il senso ultimo dellasua vita come dovrebbe esserlo della no-stra.

La festa dell’Incontro o Presentazione,prima ancora che l’episodio evangelico,ha esercitato un forte influsso anche sualcuni riti pre-battesimali di accoglienzadella madre e del bambino con l’evoca-zione di Simeone e del suo cantico.

Page 7: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

esta di Cristo o di Maria? Il di-lemma che ha accompagnatonei secoli la celebrazione del-

l’Annunciazione, sottolinea la sua pecu-liare valenza. Lo ha ricordato Paolo VI aln. 6 della Marialis cultus: «Per la solen-nità dell’incarnazione del Verbo, nel Ca-lendario Romano, con motivata risoluzio-ne, è stata ripristinata l’antica denomina-zione di “Annunciazione del Signore”,ma la celebrazione era ed è festa con-giunta di Cristo e della Vergine: del Ver-bo che si fa “figlio di Maria” (Mc 6,3) edella Vergine che diviene Madre di Dio».

Dalla fede nel mistero alla sua ce-lebrazione

Se il mistero dell’Annunciazione (Lc1,26-38) ha conosciuto assai presto unasua riflessione teologica, una sua riso-nanza cultuale ed una sua espressioneartistica, occorre tuttavia distinguere tra ilmistero del Verbo incarnato per operadello Spirito Santo nel grembo della Ver-gine - professato dalla fede ininterrottadella Chiesa - e la sua celebrazione in ungiorno determinato dell’anno. La com-memorazione liturgica dell’annuncio aMaria trovò eco dapprima nella stessa so-lennità del Natale, quindi nel profilarsidell’Avvento e, in esso, in una domenicao in un giorno riservati a celebrare l’in-

carnazione del Verbo dalla Vergine: dalletestimonianze omiletiche sappiamo chediverse Chiese orientali e occidentali leg-gevano il vangelo dell’Annunciazionenella domenica o nei giorni precedenti ilNatale1. Ancora oggi, nel tempo di Av-vento, troviamo numerosi riferimenti alvangelo dell’annunciazione sia nell’uffi-ciatura (inni, antifone, responsori) chenella messa.

Il sorgere di una specifica festa il 25 dimarzo è da ricondurre alla dinamica disviluppo dell’anno liturgico, in periodimaggiormente fecondi della sua organiz-zazione teologico-celebrativa, a secondadelle tradizioni ecclesiali. Così, l’Annun-ciazione della Santissima Theotokos esempre Vergine Maria ebbe la sua cele-brazione nel giorno particolarissimo del25 marzo, nella prima metà del sec. VI,nella Chiesa di Costantinopoli, perdiffondersi in epoca giustinianea nelle re-gioni di rito bizantino e quindi anche ne-gli altri Patriarcati orientali. Ecco comeiniziava la sua omelia, un 25 marzo di 14secoli fa, Abramo di Efeso (sec. VI), il piùantico testimone a noi noto della festadell’Annunciazione: «Grande e celebre èquesto giorno, né vi è discorso capace diillustrare l’amore che Dio oggi ha dimo-strato agli uomini. Oggi si è compiuto ildisegno stabilito prima dei secoli circa lasalvezza del genere umano» (In annun-tiationem: PO 16, 444).

7

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

L’annunciazione del Signorep. Corrado Maggioni

F

Page 8: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

8

Perchè il 25 marzo? E’ evidente il rife-rimento cronologico al 25 dicembre.Nondimeno va registrato che già dal IIIsecolo (la festa del Natale è del sec. IV) latradizione ecclesiale ha creduto di in-dividuare nel 25 marzo la data dell’incar-nazione di Cristo. La coincidenza con l’e-quinozio e col plenilunio di primavera, haspinto computisti orientali ed occidentaliad attribuire al giorno 25 di marzo unsenso storico salvifico unico: secondo ivari autori, fu ritenuto il giorno del con-cepimento, della morte, della risurrezionedi Cristo; e ancora, della creazione dellaluce e, in prospettiva escatologica, anchel’ultimo giorno. Non a caso, nel medioe-vo, lo scorrere degli anni era computatoab incarnatione Domini.

Nel corso del sec. VII, la festa del 25marzo fece il suo ingresso in Occidente, aRoma: verso il 650 la troviamo celebratanei titoli presbiterali della città (ne è testi-mone il Sacramentario Gelasiano antico),rivestita di una intenzionale tonalità ma-riana; introdotta una decina d’anni doponella cappella papale, le fu riconosciuto iltitolo di festa del Signore (cf. Sacramen-tario Gregoriano Adrianeo). Il papa Ser-gio I (687-701) decise di solennizzarla –come le altre feste mariane del 2 feb-braio, 15 agosto, 8 settembre, ugual-mente già giunte a Roma dall’Oriente -,con una processione notturna che si sno-dava dal Foro romano a S. Maria Mag-giore, dove si celebrava l’Eucaristia. Conla propria espansione, la liturgia romanadiffuse la festa “mariana” dell’Annuncia-zione in tutti i paesi dell’Occidente. Faeccezione la Spagna, dove il Concilio di

Toledo del 656 stabilì secondo l’anticaproibizione di festeggiare durante la qua-resima che il mistero dell’AnnunciazioneIncarnazione fosse celebrato nella solen-nità mariana del 18 dicembre (solo piùtardi fu introdotto in Spagna l’uso roma-no). A Milano l’Annunciazione si celebra-va, dal V sec., nella Domenica VI di Av-vento; sotto l’influsso romano-franco fuaccolta anche la festa del 25 marzo, abo-lita poi da san Carlo Borromeo e ristabili-ta per il rito ambrosiano nel 18972.

Riprendendo un’antica titolatura dellafesta, il Calendario Romano del 1969 neha mutato il nome da Annunciazionedella B. Vergine Maria ad Annunciazionedel Signore, per sottolineare che trattasispecialmente di una festa di Cristo. Diconseguenza, è stato rinnovato il formu-lario della messa e dell’ufficio divino. Ilcentro della celebrazione è, dunque, il Si-gnore: è Lui che viene annunciato allaVergine e, in lei, all’umanità intera.Quanti credono nel suo nome sono radu-nati nell’unità del suo corpo, che è laChiesa. Da Cristo alla Chiesa passandoper Maria. Li vincola la medesima voca-zione e li associa una stessa risposta,quella richiamata dal Salmo responsorialedella messa: «Eccomi, si compia in me latua parola».

L’«eccomi» del Verbo

Celebrando l’Annunciazione, la Chie-sa fa memoria dell’eccomi del Figlio alvolere salvifico del Padre, proferito nel se-greto dell’Eterno: «Entrando nel mondo,

Page 9: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Cristo dice: “tu non hai voluto né sacrifi-cio né offerta, un corpo, invece, mi haipreparato... Ecco, io vengo per compiere,o Dio, la tua volontà”» (cf. la secondalettura della messa: Eb 10,4-10). Il passodella Lettera agli Ebrei ci introduce, infat-ti, nel dialogo intra-trinitario, sviluppatotra il Padre e il Figlio, nell’Amore delloSpirito Santo. L’oggetto di questo dialogoè la redenzione degli uomini, ossia la gra-zia della nostra inseparabile comunionecon Dio, la partecipazione alla stessa vitadivina (cf. colletta della messa).

Nell’offrirsi al volere del Padre, il Figliorisponde alle attese di salvezza dell’uma-nità: consegnandosi al Padre, si consegnaa Maria e, per mezzo di lei, a tutti i figlidi Adamo. In virtù di questa volontà diCristo, manifestata al suo ingresso nelmondo – lo ricorda il passo della letteraagli Ebrei - noi siamo stati santificati (cf.10,10). E’ proprio di questa volontà obla-tivo-pasquale che la Chiesa fa memorianella celebrazione eucaristica dell’Annun-ciazione: tale volontà offertoriale, iniziatacon il concepimento di Cristo nel grembodella Vergine e compiuta nell’ora dellaCroce, è costitutiva di ogni Eucaristia.

Il volere redentivo del Padre è vocazio-ne d’amore per il Figlio, che accetta diassumere la carne ed il sangue dei figlidell’uomo, per offrire quella risposta “fi-liale” che Dio attendeva da sempre dal-l’umanità. L’incarnazione è radicata neldisegno salvifico della Trinità. Nello Spi-rito, il Padre chiama il suo Unigenito adassumere un corpo d’uomo per ri-crearel’umanità ferita. Non sfugge la pa-radossalità di simile vocazione: basta

considerare la contrapposizione esistentetra il Verbo di Dio (creatore, immortale) ela carne dell’uomo (creata, mortale). Il di-segno del Padre è condiviso e fatto pro-prio dal Figlio. All’eccomi pronunciatodall’Unigenito mentre entra in questomondo, corrisponderà l’obbedienza in-condizionata del «figlio di Maria» (Mc6,3). L’incarnazione, in effetti, è molto dipiù di uno dei misteri della vita di Gesù.Tutta la sua esistenza dev’essere compre-sa quale “incarnazione in atto”, giacchéperdura dal concepimento fino alla mor-te, estrema kenosi, partecipazione aquanto definisce ineluttabilmente la car-ne umana. La morte di croce sarà la su-prema manifestazione dell’eccomi delCristo alla volontà del Padre.

Per compiere nel suo corpo il sa-crificio pasquale che riconcilia l’umanitàintera nell’amore di Dio, l’Unigenito habisogno di un’altra risposta, modellatasulla sua.

L’«eccomi» di Maria

Anche nella casa di Nazaret avvieneun dialogo, descritto da Luca in tre mo-menti successivi (cf. vangelo della messa:Lc 1,26-38). Da una parte c’è Gabriele, ilportaparola di Dio, e dall’altra Maria, laVergine. Il saluto dell’angelo: «Rallegrati,il Signore è con te», suona come il com-pimento dell’antico oracolo dell’Emma-nuele (vedi prima lettura: Is 7,10-14). Dadonna sapiente qual è, la Vergine si do-manda, non senza turbamento, il signifi-cato di quelle parole. L’essere di Dio “con

9

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 10: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

10

Maria” la chiama ad essere mirabilmente“con Dio”.

Segue la rivelazione dell’ineffabile vo-cazione da sempre pensata per lei: esserela “Madre del Figlio dell’Altissimo”. Pri-ma di essere chiamata a dare, la Vergineè chiamata ad accogliere un dono (la vo-cazione alla fede consiste proprio in que-sto). In effetti, non è innanzitutto il grem-bo verginale ad offrirsi al Verbo, quantopiuttosto il Verbo di Dio che, donandosiinteramente all’umanità, richiede un’ac-coglienza assoluta, incondizionata: ungrembo verginale, appunto. E’ qui cheMaria domanda al messaggero celestecome è possibile per lei concepire l’In-concepibile, dar corpo al Creatore deicorpi, dar vita alla sorgente della Vita.

L’angelo riprende il dialogo, spiegan-do che sarà opera del Respiro stesso diDio, il medesimo che fu alitato nelle nari-ci del primo uomo plasmato dalla terra,affinché questi diventasse, prodigiosa-mente, un essere vivente (cf. Gen 2,7).Sarà la ri-creazione di Adamo! Colui chenascerà sarà «il primogenito dell’umanitànuova» (cf. prefazio). La Vergine si inchi-na al supremo volere, facendo ecoall’obbediente inchinarsi del Verbo nelseno del Padre: «Eccomi, sono la servadel Signore, avvenga di me quello chehai detto».

Poiché il Verbo non prende corpo sen-za l’assenso di Maria, la Chiesa celebradunque, nel giorno dell’Annunciazione,l’obbedienza della Vergine:

- al disegno del Padre, che la vuoleMadre del suo Unigenito;

- al volere salvifico del Verbo che si

dona a lei per adempiere il “segno” pro-messo all’incredulo Acaz ed essere così il“Dio con noi” (cf. prima lettura);

- allo Spirito Santo, che adombrando-la la rende Madre del Figlio dell’Altissi-mo, Arca della Nuova Alleanza, Madredei viventi.

L’eccomi di Maria include la disponibi-lità a cooperare per la salvezza dell’uma-nità. E’ risposta di fede in Dio, animatadall’amore per gli uomini di ogni tempo(cf. prefazio: «All’annunzio dell’angelo laVergine accolse con fede la tua parola, eper l’azione misteriosa dello Spirito Santoportò in grembo con ineffabile amore ilprimogenito dell’umanità nuova»).

Un unico sacrificio di purissimo amore,consumato nello Spirito Santo, confondeil Verbo e la Vergine: li rende Figlio del-l’uomo e Madre di Dio, segnando l’iniziodella Chiesa, ossia l’umanità redenta.

L’«eccomi» della Chiesa

Poiché l’eccomi di Cristo e di Mariasegnano l’inizio della redenzione, laChiesa, celebrando l’Annunciazione, famemoria del proprio concepimento inCristo. Lo esprime bene l’orazione sulleofferte: «... fa’ che la tua Chiesa rivivanella fede il mistero in cui riconosce lesue origini».

Nel mistero del Verbo che si unisce al-la carne, la Chiesa apprende dunque ilproprio mistero: raccogliendo il frutto delsì di Maria, ne perpetua l’assenso di fede.Celebrare l’offerta di Cristo - il suo sacri-ficio per la vita del mondo comincia dal

Page 11: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

grembo della Madre - e celebrare la col-laborazione prestata dalla Vergine Maria,significa per gli oranti rendersi disponibilial soffio dello Spirito Santo, per dire cia-scuno di essi il loro sì. L’eccomi della Ver-gine, modellato su quello del Verbo, rivi-ve infatti nella comunità in preghiera. Loesprime la risposta corale del Salmo re-sponsoriale: «Eccomi, Signore: si compiain me la tua parola».

La Chiesa principia col concepimentodi Cristo, e principia in Maria. Le associala medesima vocazione: essere “un solocorpo” con Cristo, in e per Lui. In verità,la celebrazione della messa inizia con laseguente antifona: «Disse il Signorequando entrò nel mondo: Ecco, io ven-go, per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb10,5.7). L’ingresso di Cristo nel mondocoincide con il suo ingresso nel corpodella Vergine, per offrirsi con lei al voleredel Padre. Oggi, nel mistero liturgico, Cri-sto “viene” nell’assemblea orante, peroffrire per lei e con lei, il sacrificio dellaNuova ed Eterna Alleanza.

Il racconto dell’Annunciazione po-trebbe convenientemente concludersicon la celebre espressione del prologo diGiovanni: «E il Verbo si fece carne e ven-ne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).Tra noi e per noi, uomini di ogni genera-zione, cominciando da Maria di Nazaret.E in ragione di quella prima inabitazione- e sul modello di essa -, ormai per sem-pre, nel mistero eucaristico, allorché la“Parola si fa Corpo” perché accolta dallaChiesa orante con la stessa fede dellaVergine. L’eccomi di Maria si perpetuacosì nell’eccomi fedele e sponsale della

Chiesa. In altri termini, nella celebrazionela “Parola si fa Chiesa, corpo di Cristo”,per continuare nel mondo ad essere tragli uomini e per gli uomini.

L’ora di Nazaret, colma di Spirito San-to, rivive così sacramentalmente nell’Eu-caristia, allorché la Parola si fa corpo esangue, attualizzando per noi il misterodell’Emmanuele. Sappiamo che il sacrifi-cio della nuova ed eterna Alleanza cheoffriamo all’altare, ha avuto inizio nelgrembo della Vergine: tempio vivente incui lo Spirito Santo ha unto il Sacerdotedella nuova ed eterna Alleanza, altare incui è stato preparato il sangue versato insacrificio per tutti. Dice bene Andrea diCreta (+ 740) salutando così la VergineMadre: «Ave, o tenda costruita non dallamano dell’uomo ma da Dio, nella qualel’unico Dio e primo Sommo Sacerdoteentrò una sola volta al compimento deitempi, per operare in te, con nascostomistero, il servizio sacerdotale a favore ditutti» (Oratio II in Nativitate B.V.M.: PG97, 878-879). Sull’icona di Maria, è laChiesa oggi il tempio in cui lo SpiritoSanto opera i suoi prodigi, coinvolgendoi fedeli nella logica oblativa di Cristo me-diante la comunione ai suoi misteri.

Dalla memoria alla imitazione

Se davanti al vangelo dell’Annuncia-zione l’esegesi storico-critica reagisce inmodo univoco, esponendo nella diversitàdegli approcci e delle scuole quanto difatto il testo dice, approfondendo il voca-bolario, la struttura, il contesto, il con-

11

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 12: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

12

fronto con altri passi biblici, non così av-viene nel momento della celebrazione li-turgica. L’esegesi della Chiesa orante nonsi ferma al puro scritto, ma coglie la Paro-la del Signore pronunciata nell’oggi-qui-per noi dell’azione liturgica. Superando laparzialità dell’esegesi della Scrittura, laChiesa in preghiera fa esegesi della Rive-lazione in atto, sintesi vitale del dialogotra Dio e l’uomo codificato nella Scrittu-ra, celebrato nel mistero del culto, peressere tradotto in vita di fede, speranza ecarità da parte degli oranti. Così, dal rac-conto dell’Annunciazione l’attenzione sisposta al mistero dell’Annunciazione, ce-lebrato mediante parole e gesti, in uncontesto peculiare quale l’Eucaristia o laLiturgia delle Ore.

Se dal racconto di Luca si arriva a pro-fessare che storicamente il Verbo di Dio siè incarnato, per opera dello Spirito Santonel grembo della Vergine Maria, nella ce-lebrazione liturgica, invece, si incontrasacramentalmente Cristo che ha presocorpo e sangue dalla Vergine, lo si loda,ringrazia, contempla, ci si lascia coinvol-gere nella sua logica offertoriale; si entradentro il mistero, accogliendo il Verbo diDio che domanda di prendere dimora in

——————1 Sulle testimonianze storico-liturgiche della festa

e la sua tradizione, cf. C. MAGGIONI, Annunciazio-ne. Eucologia, storia, teologia liturgica, EdizioniLiturgiche, Roma 1991, 49-73.

2 Cf. C. MAGGIONI, Annunciazione e liturgia. Ap-proccio ermeneutico alle liturgie occidentali, in«Theotokos» 4 (1996), 411-475.

3 Cf. C. MAGGIONI, Benedetto il frutto del tuo grem-bo. Due millenni di pietà mariana, Portalupi Edito-re, Casale Monferrato 2000, 143-148.

noi attraverso i santi segni, colmi dellapotenza dello Spirito.

Dall’anamnesis sacramentale alla mi-mesis esistenziale: questo intende fare laChiesa, con rendimento di grazie, cele-brando l’Annunciazione. Questo sonochiamati a fare gli oranti: se credono cheCristo vive in loro, non possono compor-tarsi in modo contraddittorio al suo vole-re. E se l’eccomi della Serva del Signorerivive nei credenti, non possono che farecome lei: Maria rivive in loro, nella misurain cui ne imitano la fede, la speranza, lacarità.

Per concludere, non è fuori luogo ri-cordare due pratiche di preghiera tradi-zionali nel popolo di Dio e che fanno ri-ferimento esplicito al mistero dell’An-nunciazione: sono la recita del Rosario(la prima parte dell’Ave Maria riunisce ilsaluto dell’angelo alla Vergine e la lodedi Elisabetta alla Madre del Signore) el’Angelus Domini (composto da antifonedell’Ufficiatura del 25 marzo) . Sono for-me di preghiera semplice ma fruttuosa,che ci aiutano a non dimenticare il mi-stero dell'Incarnazione, ma a renderlooperante nelle ore e nei giorni della no-stra esistenza.

Page 13: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

ggetto della celebrazione dellachiesa è l’opera di Cristo, il Figliodel Padre incarnato per la nostra

salvezza, morto e glorificato per noi.Perciò la liturgia classica non conosce lediverse festività di Cristo che abbiamooggi nel nostro calendario romano, comenon conosce quelle del Padre e dello Spi-rito Santo, ma celebra sempre l’opera diCristo rendendo grazie al Padre nello Spi-rito.

Leggiamo le Norme Universali perl’anno liturgico e il calendario (NUALC)nel nº 1:

“La Santa Chiesa celebra con sacramemoria in giorni determinati nel corsodell’anno l’opera della salvezza del Cri-sto. Ogni settimana, nel giorno a cui èdato il nome di domenica, fa la memoriadella Risurrezione del Signore, che ognianno, unitamente alla sua beata Passio-ne, celebra a Pasqua, la più grande dellesolennità. Nel corso dell’anno poi distri-buisce tutto il mistero di Cristo e comme-mora i giorni natalizi dei Santi.

La domenica cede la sua celebrazionesoltanto alle solennità e alle feste del Si-gnore, ma le domeniche di Avvento, diQuaresima e di Pasqua hanno la prece-denza su tutte le feste del Signore e sututte le solennità. Le solennità che ricor-

ressero in queste domeniche, sono antici-pate al sabato (NUALC 5).

Le cosiddette feste del Signore si pos-sono distinguere in tre categorie secon-do il Calendario, cioè da un punto di vi-sta rituale:

quelle che fanno parte del proprio deltempo: avvento, natale, pasqua;

quelle a data fissa nel corso dell’anno,quali la Presentazione, l’Annunciazione,la Trasfigurazione e l’Esaltazione dellaCroce;

le feste mobili, come la SS. Trinità, ilCorpus Domini, il Sacro Cuore di Gesù eN. S. Gesù Cristo Re dell’Universo.

Invece da un punto di vista di teolo-gia liturgica le distinguiamo in:

1. feste che celebrano un mistero sal-vifico. Per mistero salvifico intendiamo unmistero della vita di Cristo, soprattutto lasua morte e risurrezione. Parliamo deimisteri al plurale ma riprende dalla suaincarnazione alla sua ascensione e allamissione dello Spirito Santo. Sono legrandi feste memoriali: pasqua, ascensio-ne, pentecoste, natale ed epifania.

2. feste di idee. Per feste di idee s’in-tende invece quella festa che celebra ap-punto una idea, frutto di una riflessionedell’uomo, sia pure sul fatto cristiano. LaTrinità sarebbe una tipica festa di idea.

13

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

La festa della Santissima Trinitàp. Juan Javier Flores Arcas, osb

Preside del Pontificio Istituto Liturgico

O

Page 14: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

14

3. feste di devozione. Sono feste didevozione quelle che partono da una de-vozione del popolo cristiano e la celebra-no (per esempio la festa del Sacro Cuoredi Gesù).

L’anno liturgico celebra il MisteroPasquale

L’anno liturgico celebra Cristo morto,risorto, quindi il mistero pasquale. Possia-mo dire che le grandi feste della antichitànon erano più che la Pasqua. La liturgiaconsidera la vicenda storica di Cristo nel-la sua unità e nella sua dimensione eco-nomica, cioè nella sua tensione verso l’e-vento pasquale e in ordine alla nostra sal-vezza. Quindi gli avvenimenti della vita diGesù vanno visti come momenti salvificinell’unità di un unico mistero, evitando laframmentarietà derivante da una eccessi-va sottolineatura degli aspetti particolaridel mistero e delle relative devozioni.

Odo Casel affermava la presenzaobiettiva degli atti salvifici nel culto. Scri-veva come: «Il mistero del culto è in pri-mo luogo la rappresentazione e ripresen-tazione oggettiva e necessaria dell’azionesalvifica di Cristo, ed è quindi al centrodell’esistenza cristiana, cosicché anche lafede trova in esso un’espressione simboli-ca riconoscibile da tutti, e la vita religiosaattinge da esso la sua forza ed i suoi do-veri. Nel mistero del culto il mistero diCristo diventa visibile ed efficace; è quin-di una sorta di prolungamento e di ulte-riore sviluppo dell’oikonomia di Cristo,che senza il mistero del culto non potreb-

be comunicarsi a tutte le generazioni del-la comunità di salvezza che si estendenello spazio e nel tempo»1.

Per tale motivo, secondo Casel, i mi-steri della vita di Cristo sono fatti storiciche accadono in un tempo ed in luoghideterminati. La stessa tradizione dellaChiesa, così come si manifesta nei testi li-turgici, soprattutto nell’anamnesi e nellaletteratura patristica, concepisce il cultocome l’attuazione dell’opera della reden-zione, che ha avuto il suo momento cul-minante nella morte sacrificale del Signo-re. Si compone di una lunga serie di azio-ni redentrici, le quali si manifestano insie-me alla sua morte, nel mistero del culto.In questo modo, Casel, alla prova dellatradizione, aggiunse un’ulteriore provanonché argomento teologico: il misterodi Cristo è un insieme organico e vivoche non si può frazionare. È il gran mi-stero della Redenzione e, pertanto, doveè presente il mistero centrale, quale è ilmistero della Croce, tutti gli altri misteridella vita di Cristo sono ugualmente pre-senti.

Già nei primi secoli la Pasqua annualeviene preceduta da un tempo più o me-no lungo di preparazione e seguita dallacinquantina pasquale, o pentecoste. Nelsecolo IV sarà organizzata la Quaresimadi preparazione e la festa dell’Ascensionee della Pentecoste. Nello stesso tempoviene introdotto in Occidente la festa delNatale e in Oriente quella della Epifania.Da principio queste non sono concepitenella stessa linea della celebrazione pa-squale, ma come commemorazioni anni-versarie, almeno nel pensiero di Agosti-

Page 15: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

no. In seguito papa Leone Magno vedràanche queste come feste che celebrano ilmistero, o l’inizio di esso. Perché tuttoquesto? Con l’estensione della prepara-zione pasquale fino alla settuagesima,con il complesso delle feste mariane dellaMadre di Dio, dell’Annunciazione, dellaPurificazione e della Dormizione, e infinecon lo sviluppo del Santorale, possiamoben dire che al sec. VII-VIII il calendario èpressoché fissato.

La Domenica della Santa Trinità

Fino a questo tempo non si ha tracciadi feste che non siano celebrazioni di fat-ti della storia della salvezza ma, dal seco-lo XII, cominciano a sorgere delle vere eproprie feste di idee. Singolare tra questeè la festa della SS. Trinità. Anche la festadel Corpus Domini istituita nel 1264 a ri-cordo del miracolo di Bolsena, può essereuna festa di idee, in quanto vuole sottoli-neare la presenza di Cristo nell’eucaristia.

La prima delle feste cosiddette mobiliè la solennità che segue la domenica diPentecoste. È una tipica festa di idea teo-logica, che vuole sottolineare il senso tri-nitario della nostra salvezza.

La festa nacque tra i monaci benedet-tini. In un primo tempo si celebrava comeuna messa votiva in onore della Santa Tri-nità. Le Consuetudini della grande e fa-mosa badia di Cluny prescrivevano unafesta in questo senso nella ottava dellaPentecoste. Roma rimase poco favorevo-le a una festa della Trinità finché papaGiovanni XXII, nel 1334, non la impose

per tutta la Chiesa di Occidente alla datache ancora oggi occupa: la domenica do-po la Pentecoste. Un altro papa, Alessan-dro III, aveva affermato che non c’era bi-sogno di una festa speciale alla Trinitàperché la si onora ogni giorno e ogni ora.

Non è facile stabilire i motivi che han-no contribuito a fissare questa festa nellaprima domenica dopo Pentecoste. Si po-trebbe pensare che, siccome la Penteco-ste chiude la solennità pasquale con la ce-lebrazione della venuta dello Spirito San-to, si sia voluto sintetizzare l’opera delleTre Persone divine dopo averne celebratol’azione in una maniera particolare.

L’eucologia esprime il significato tradi-zionale della solennità come lode, adora-zione e confessione della Trinità divina.Tuttavia questa festa può attirare la no-stra attenzione sulla Trinità che agisce inogni celebrazione, durante tutto l’anno.

La Teologia dei brani biblici ed eucolo-gici mette in risalto ora la Trinità in sé,ora la Trinità nella sua economia di rivela-zione e di salvezza, il mistero di Dio comesorgente e modello, meta e oggetto fon-damentale della fede e dell’amore deicredenti, battezzati nel nome della Tri-nità.

Secondo le letture bibliche attuali,l’oggetto della celebrazione è il dono del-l’amore del Padre, la vita nostra nello Spi-rito, la riconciliazione dell’uomo con Dio,la nostra pace, il nostro essere figli di Dioe coeredi della gloria di Cristo risorto.

I vangeli dei tre cicli ci invitano a cre-dere nell’amore di Dio (Gv 3, 16-18). Il ci-clo A, con questo brano del quarto van-gelo, non presenta una teologia astratta,

15

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 16: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

16

ma ci pone invece in maniera molto con-creta di fronte all’azione della Trinità (an-che se, in verità, nel brano si parla solodel Padre e del Figlio). La Trinità è tutta alservizio del mondo che vuole salvare e ri-creare.

Il ciclo B legge il testo di Mt 28, 16-20: “Battezzati nel nome del Padre, delFiglio e dello Spirito Santo”, che subitodiventerà una formula battesimale. L’in-serimento del battezzato nella vita trini-taria è una realtà battesimale, frutto dellamorte di Cristo e dell’invio dello SpiritoSanto.

Il passo del vangelo di Giovanni sceltoper il ciclo C si pone nel contesto del di-scorso dell’ultima cena: Lo Spirito ci gui-da alla verità tutta intera (Gv 16, 12-15).Gesù sta per rompere i suoi rapporti ter-reni con gli Apostoli e quindi parla dellerealtà superiori. Il testo ci mostra i rap-porti tra il Padre, il Figlio e lo Spirito. Ge-sù è mandato dal Padre, anche lo Spiritoè mandato dal Padre per continuare nellaChiesa l’opera del Figlio. Gesù stesso, as-siso presso il Padre, invia lo Spirito.

Questi temi biblici, insieme ai testiecologici, fanno di questa solennità unacelebrazione quasi sintetica del misterodella salvezza, anzi un riconoscentesguardo retrospettivo sui misteri celebratinei cicli natalizio e pasquale.

I testi liturgici della liturgia delle Ore edell’Eucaristia cantano innanzitutto lagloria del Dio, che è Trinità. Il termine«Trinità» non è biblico. La rivelazione chesi trova dietro a questo termine teologicoè invece assolutamente biblica. Dio è Pa-dre, Figlio e Spirito Santo. Dio è trino: ri-

velazione e mistero. Per questo motivosan Tommaso d’Aquino afferma: “Dio sionora col silenzio non perchè non si parliaffatto o non si indaghi per niente su dilui, ma perché prendiamo coscienza cherimaniamo sempre al di qua di una suacomprensione adeguata”.

La fede trinitaria del nostro battesimoviene lodata, cantata e glorificata. È unmodo di proseguire con un bel prolunga-mento il discorso pasquale appena con-cluso.

Tutta la teologia liturgica della solen-nità manifesta l’elemento liturgico-innicodella pura adorazione: muta presenza diCristo nella forma eucaristica dopo il suoritorno al Padre. La Trinità deve essere«pegno di salvezza dell’anima e del cor-po» (Orazione dopo la comunione).

L’antifona del Magnificat dei secondivespri canta così: «Padre non generato,unico Figlio, Spirito Paraclito, Trinità santae indivisibile, con tutte le forze ti accla-miamo: Gloria nei secoli!». L’adorazionesi fa dossologia orante e supplicante inCristo e nel suo rapporto col Padre.

L’antifona del Benedictus canta: «Be-nedetta la santa Trinità, che crea e gover-na l’universo, benedetta ora e sempre».La benedizione è l’azione per la quale laSanta Trinità si manifesta in noi. La cele-brazione si apre e si chiude con una be-nedizione: quindi la Santa Trinità è pre-sente in ogni azione liturgica, in ogniazione teologica.

Mai come in questo mistero e come inquesta festa si intravede il linguaggionon verbale, ma simbolico, che permette«che nella professione della vera fede ri-

Page 17: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

conosciamo la gloria della Trinità e ado-riamo l’unico Dio in tre persone» comedice la preghiera del giorno.

La Gloria è la modalità con cui il cri-stiano rende onore alla Trinità. Alla gloriadi Dio s’innalza la lode nelle dossologie. IlDio invisibile e trascendente si manifestaattraverso lasua gloria.Se la liturgianon espri-me e cele-bra questagloria diDio, che co-sa celebra?

La lodedi Dio trovail suo luogoproprio nel-la liturgia. Itesti dellafesta parla-no di cono-scere e adorare: possiamo parlare di unaconoscenza che porta direttamente all’a-dorazione orante e dossologica, piena disilenzi e di gesti che non parlano ma por-tano all’adorazione interiore.

Nel prefazio della festa cantiamo che

«quanto hai rivelato della tua gloria, noi locrediamo, e con la stessa fede, senza dif-ferenze, lo affermiamo del tuo Figlio e del-lo Spirito Santo. E nel proclamare te Diovero ed eterno, noi adoriamo la Trinitàdelle persone, l’unità della natura, l’ugua-glianza nella maestà divina». È senza dub-

bio un mo-do scolasti-co di pre-sentare laTrinità, mala Chiesaper tanti se-coli ha sapu-to adorarlae venerarlaat t raversoqueste for-mule, e noici associamoalla Chiesain questa lo-de.

La vita della Chiesa è totalmente trini-taria, è segno dell’amore del Padre nelladonazione del Figlio per mezzo del qualenoi arriviamo al Padre, nello Spirito che cifa scoprire incessantemente la verità tut-ta intera.

17

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

——————1 Cfr. O. CASEL, Fede, gnosi e mistero. Saggio di teo-

logia del culto cristiano, Messaggero, Padova2001, 57.

Roberta Boesso, Icona, La Trinità

Page 18: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

18

a storia e le vicende attorno aquesta festa, se da una partefanno comprendere le ragioni

della sua istituzione, costituiscono unostimolo a guardare al presente facendotesoro dell’esperienza del passato.

1 – Un po’ di storia

La festa del Corpus Domini costituì losbocco di quel movimento di devozioneal sacramento dell’Eucaristia che proprioa Liegi (Belgio), patria della Beata Giulia-na di Cornillon, ebbe un terreno partico-larmente fertile.

Nata a Retinne nel 1191, Giuliana ri-mase orfana all’età di cinque anni e insie-me alla sorella fu affidata alla comunitàreligiosa che gestiva un lebbrosario pres-so la vivace città di Liegi. Dotata di unaviva intelligenza, impara a memoria piùdi 20 sermoni di San Bernardo, coltiva lapoesia e la musica. Diventata adulta chie-de di entrare a far parte della comunità ene diventa Priora. La forte personalità, lasantità di vita, la levatura intellettuale,raccolgono presto attorno a lei un foltogruppo di discepoli.

Verso il 1215 fu oggetto di una ispira-zione che la incalzò per molto tempo:una luna luminosa era deformata da una

linea oscura. Nella preghiera il Signore lefece comprendere il significato della vi-sione: nel calendario della Chiesa manca-va ancora una festa per il sacramentodell’Eucaristia.

Giuliana tenne nascosta per anni que-sta visione, ma alla fine si decise di sotto-porre al proprio Vescovo la proposta diistituire una festa per il Santissimo Sacra-mento. Mentre il Vescovo prendeva tem-po per verificarne l’opportunità, Giuliana,con l’aiuto di un religioso, lavorò alla com-posizione di un Ufficio per la nuova festa.Solo nel 1246 Roberto di Torote, vescovodi Liegi, istituì per la sua diocesi la festadel Corpus Domini da celebrarsi ogni an-no nel giovedì dopo la festa della Trinità.

Molti si opposero all’istituzione diquesta nuova festa. Anzitutto perché es-sa era patrocinata da una donna, poiperché sembrava un doppione col Gio-vedì santo e ancora perché ogni celebra-zione – dicevano – costituiva già in qual-che modo una festa dell’Eucaristia.

La solennità superò i confini della dio-cesi di Liegi quando divenne papa col no-me di Urbano IV Giacomo Pantaléon, giàarcidiacono di Liegi e conoscente perso-nale della Beata Giuliana. Nel 1264, conla Bolla Transiturus, estenderà la nuovasolennità a tutto il mondo cattolico, ac-

Santissimo Corpo e Sangue di Cristoin festa per il dono dell’Eucaristia

p. Fiorenzo Salvi, sss

L

Page 19: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

cludendo il mirabile Ufficio composto daSan Tommaso.

Tuttavia, la festa sarà celebrata ovun-que solo a partire dal 1317, quando Gio-vanni XXII da Avignone rimise in vigore leCostituzioni Clementine nelle quali erastata inserita la Transiturus.

La processione eucaristica del CorpusDomini segue le sorti della festa e quindisi diffonde a partire dalla prima metà delXIV° secolo. Tale processione consistevanel portare il sacramento per le vie dellacittà, accompagnato da tutta la popola-zione, le comunità religiose, le autoritàcivili ed ecclesiastiche. Ciò esprimeva lacapacità del mistero eucaristico di realiz-zare la coesione del corpo sociale nellesue diverse classi.

Col tempo essa divenne così solenne,partecipata e ricca di espressioni locali di fe-de e di devozione, da diventare il momentopiù popolare e amato di tutta la festa.

2 – Il contesto in cui la festa nascee si sviluppa

La festa del Corpus Domini è il fruttomaturo di un lungo percorso in cui con-vergono diversi elementi, in particolarel’evoluzione della teologia e lo sviluppodella devozione eucaristica.

2.1. L’evoluzione della teologia euca-ristica

Con le controversie eucaristiche del se-colo IX si inaugura un nuovo modo di

comprendere l’Eucaristia. Più che sull’as-semblea e l’azione liturgica nella sua pie-nezza – come facevano i Padri - la rifles-sione teologica si focalizza ora sulla tra-sformazione del pane e del vino nel Corpoe Sangue di Cristo, e quindi sulla consa-crazione. Dalla prima controversia eucari-stica tra i monaci Pascasio Radberto e Ra-trammo di Corbie fino a Berengario diTours, due sono le questioni che polarizza-no le riflessioni teologiche: quale presenzadi Cristo si produce nell’Eucaristia, e il co-me questa presenza trasforma gli elementidel pane e del vino. Tutto lo sforzo si con-centrò quindi nel trovare risposte a salva-guardia della fede della chiesa nella pre-senza vera di Cristo nelle specie eucaristi-che (con una forte tendenza a identificareil suo corpo storico con quello eucaristi-co), e nel trovare il fondamento teologicoe una spiegazione razionale alla trasfor-mazione degli elementi (come lo fu, ap-punto, con l’ausilio della Metafisica di Ari-stotele, la transustanziazione). Non stupiràallora che la festa e il suo primo ufficiocomposto a Liegi sotto l’ispirazione dellaBeata Giuliana, esalti del sacramento so-prattutto la presenza di Cristo.

Sviluppatosi sotto la spinta del pensie-ro germanico, questo nuovo approcciosarà adottato come espressione ortodos-sa della fede ed elaborato, nella sua for-mulazione teologica, dalla Scolastica. Inquesto mutamento epocale, le opere e ilpensiero dei padri continuano ad esserecitati come autorità, ma senza più com-prendere molti elementi di quella culturapatristica alla quale ci si riferisce.

19

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 20: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

20

2.2. Lo sviluppo della devozione euca-ristica

In questi stessi secoli assistiamo a unosviluppo sempre crescente della devozioneeucaristica, che man mano troverà nuoveforme per esprimere la fede nella presenzadi Cristo nelle specie eucaristiche.

Se la pietà popolare non è parte attivanelle sottili dispute in cui si lanciano iteologi, essa coglie il dato semplice echiaro della presenza vera e reale di Cri-sto nelle specie eucaristiche dopo la con-sacrazione, che ora diventa il centro e ilmomento culminante della messa, poi-ché in essa si produce la presenza di Cri-sto sull’altare. Proprio nel XIII° secolo siintroduce l’usanza di sollevare dopo laconsacrazione l’ostia e il calice per l’ado-razione dei fedeli che accompagnanoquesta duplice ostensione con preghiererivolte a Cristo.

I numerosi miracoli eucaristici dei se-coli XII-XIII - come quello avvenuto a Bol-sena nel 1263 - sono ora citati come unaulteriore prova che conferma la fede nel-la presenza vera di Cristo nell’Eucaristia edimostrano che questa presenza si puòsvelare in tutto il suo realismo in ognimomento.

Il tabernacolo dove si conserva il paneeucaristico da portare ai malati e ai mori-bondi come Viatico, diventa un polo perla preghiera privata e devota, e trova ilsuo posto ben in evidenza nello spazio li-turgico delle chiese. La lampada accesane richiama la presenza viva di Cristo.

È però sintomatico che proprio men-tre la devozione all’Eucaristia cresce, di-minuisca in modo drastico la partecipa-zione alla comunione sacramentale, tan-to che nel 1215 il Concilio Lateranense IVdovrà richiamare l’obbligo della comu-nione annuale.

Molte sono le cause contingenti diquesto allontanamento dalla comunione,come per esempio le rigide condizioni ri-chieste, l’accentuazione della propria in-degnità… Ma il dato più significativo re-sta il fatto che il mistero della presenza diCristo nell’Eucaristia (presenza di Diostesso alla portata degli uomini), attrae eintimidisce allo stesso tempo. Convivonoamore e timore, attrazione e rispetto re-verenziale, desiderio di comunione maanche dissuasione ad accostarvisi controppa facilità.

Si fa strada la convinzione che la fedeardente nel Cristo presente nell’Eucaristiafa partecipare ai frutti della comunione,senza necessariamente accedere alla co-munione sacramentale. E così, la comu-nione spirituale diventa il mezzo abitualeper i laici di partecipare all’Eucaristia.

3 – Tra passato e presente: attua-lità e prospettive

L’introduzione di una nuova festa perl’Eucaristia, prima a Liegi (1246) e poi pertutta la cattolicità (1264) – come è statogià ricordato - ebbe molti oppositori e in-sieme molti sostenitori. Le ragioni del-l’opposizione alla festa confermano co-me la liturgia non costituiva più, di fatto,

Page 21: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

una risposta comprensibile e attraenteper la gente comune. Le ragioni dei so-stenitori esprimono la fame di Eucaristiadel popolo di Dio alla ricerca, comunque,di una partecipazione al mistero.

Papa Urbano IV, nella Bolla di indizio-ne, dopo avere ricordato i diversi motivi asostegno della sua decisione, ricorda chela ragione più importante è «fare di que-sto grande sacramento una più speciale esolenne memoria, per irrobustire ed esal-tare la fede cattolica», e quindi auspicache la celebrazione della nuova festa siaoccasione per istruire il popolo di Dio, af-finché, attraverso una autentica conver-sione, si accosti alla mensa eucaristica.Dunque l’invito a partecipare alla comu-nione sacramentale è un elemento cen-trale della nuova festa e costituisce unarisposta all’urgenza eucaristica della pro-pria epoca, canalizzando le spinte delladevozione eucaristica nella piena parteci-pazione sacramentale, secondo il coman-do del Signore.

Oggi, la riforma liturgica promossa dalConcilio Vaticano II ha restituito alla co-munità cristiana una celebrazione del-l’Eucaristia che ha ritrovato la dinamica, ifondamenti e la struttura degli inizi, purintegrata dall’eredità di 20 secoli di fede.I libri liturgici frutto della riforma sono diuna ricchezza straordinaria e di una va-rietà mai conosciuta. Pensiamo anche so-lo al Lezionario festivo (ABC) e feriale (I-II), alla ricca eucologia, alle nuove Pre-ghiere eucaristiche…

La festa del Corpus Domini, ora piùcorrettamente chiamata Solennità delSS.mo Corpo e Sangue di Cristo, è unafesta della comunità per il dono dell’Eu-caristia e per tenere alto nel cuore deicredenti il posto centrale e insostituibiledi questo sacramento nella vita cristiana.

Eppure, anche in questo nostro tem-po risuona una urgenza eucaristica rac-colta da Giovanni Paolo II e sfociata nellapreparazione e celebrazione del recenteSinodo dei vescovi (2-29 ottobre 2005:L’Eucaristia, fonte e culmine della vita edella missione della Chiesa), di cui atten-diamo ancora il frutto maturo.

Quali potrebbero essere dunque lepreoccupazioni da tenere presenti cele-brando questa festa dell’Eucaristia? Eccoalcuni suggerimenti pastorali.

3.1. L’Eucaristia nel giorno del Signore

Celebrare la solennità del SS.mo Cor-po e Sangue di Cristo è una occasioneper approfondire la fede in questo donoche Cristo ci ha lasciato.

La storia di questa festa testimonia ladifficoltà dell’epoca a comprendere e vi-vere l’Anno liturgico, e quindi di fare del-la Liturgia la sorgente e l’alimento dellavita cristiana.

Il quadro di riferimento per presentarequesta solennità, quindi, dovrebbe essereil Triduo pasquale. L’Eucaristia, infatti, èistituita da Cristo durante la cena di ad-dio ai discepoli, nella notte che precede ildono di se stesso sulla croce e poi la suarisurrezione. L’Eucaristia la si può com-

21

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 22: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

22

prendere solo a partire dal mistero dellaPasqua di Cristo.

Da quel giorno dopo il sabato in cuiCristo, risorto e vivo, si è fatto presentetra i suoi radunati nel Cenacolo, l’Eucari-stia è la celebrazione memoriale della co-munità dei discepoli attorno a colui che èpassato dalla morte alla vita, e che conti-nua a farsi presente e a rivelarsi nel panespezzato e condiviso. È dunque impor-tante richiamare il legame inscindibile tradomenica (pasqua settimanale) ed Euca-ristia, e tra Eucaristia e celebrazione dellanostra fede nel Risorto.

3.2. Una visione ampia e ricca del Sa-cramento

La storia ci insegna il rischio sempreincombente di impoverire i misteri dellafede, in particolare l’Eucaristia. Con l’in-tento di semplificare e rendere compren-sibile, si finisce con l’offuscare la ricchez-za del mistero eucaristico.

Un antidoto a questo rischio è la riccaproposta di letture bibliche che il Lezio-nario della solennità mette a disposizioneper i cicli ABC e la splendida eucologia.L’annuale celebrazione della solennitàmantiene ampia la nostra visione e com-prensione del mistero eucaristico, e ciò ri-chiede uno sforzo intellettuale e omileti-co serio.

I cicli ABC ci fanno rivivere tre aspettifondamentali dell’eucaristia. La sua di-mensione conviviale, anticipata nel prodi-gio della manna e dell’acqua scaturitadalla roccia (A), è il banchetto della Nuo-va Alleanza nel sangue di Cristo (B), è l’a-

zione di grazie al Padre per tutto ciò cheha fatto per l’umanità, e soprattutto peril dono della sua Vita in Cristo (C).

3.3. Una catechesi mistagogica sul rito

Se non siamo vigilanti, a più di 40 an-ni dalla riforma liturgica, le nostre cele-brazioni dell’Eucaristia possono esserevissute stancamente e perdere la loro for-za di attrazione. L’abitudine, la superficia-lità, una animazione inadeguata, la mini-sterialità povera, la mancanza di arte nelpresiedere, possono anche oggi allonta-nare dalla celebrazione.

Non sarebbe opportuno nei giorni cheprecedono la solennità (cf. le indicazioniche già diede Urbano IV) offrire una cate-chesi mistagogica sul rito, sulla dinamicadella celebrazione, sulle parole e i gestidei vari momenti? Una catechesi mista-gogica che faccia anche riscoprire i diver-si ministeri che la celebrazione eucaristicaesige, e che manifestano la ministerialitàdella comunità? In particolare, meritauna attenzione speciale una appropriataintroduzione alla Preghiera eucaristica,cuore della celebrazione, modello e ispi-razione per ogni autentica preghiera cri-stiana.

3.4. Evangelizzare la devozione euca-ristica nelle sue diverse espressioni

Sappiamo quale ruolo benefico ebbe-ro nella storia le diverse forme di devo-zione eucaristica nel tenere viva e al cen-tro della fede del popolo di Dio l’Eucari-stia; ma conosciamo anche il limite di

Page 23: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

queste espressioni della fede quando di-ventano un surrogato della piena parteci-pazione al mistero, quando ne riduconol’ampiezza, quando non incoraggiano lapartecipazione al sacramento secondo ilcomando di Cristo.

Dopo la crisi post conciliare di questeforme di pietà, assistiamo recentementeal ritorno della valorizzazione dell’espo-sizione per l’adorazione eucaristica(spesso permanente). Sarebbe quantomai opportuno che le espressioni tradi-zionali del culto eucaristico (come peresempio le Quarant’Ore) trovassero qui,nella imminenza della festa, il loro luogonaturale, nel rispetto della spiritualitàdell’Anno Liturgico. Inoltre, la celebra-zione della solennità è una felice occa-sione per ‘evangelizzare’ queste formedi culto eucaristico nella linea delle indi-cazioni del magistero, e perché partanoe portino all’azione eucaristica comuni-taria domenicale.

3.5. La processione eucaristica

Anche la tradizionale processione eu-caristica meriterebbe di essere ogni voltaadeguatamente ripensata, programmatae organizzata con una certa creatività eattualità. Essa visibilizza la chiesa comecomunità eucaristica.

La processione è un momento di festain cui la comunità dei discepoli di Gesùcammina con la propria generazione, conla quale assume le sfide del momentopresente e partecipa alla costruzione diuna società più giusta e solidale. Un fe-stoso pellegrinaggio che annuncia la mis-

sione della comunità cristiana: essere alcuore del mondo ciò che l’Eucaristia è alcuore della Chiesa, e cioè assumere nellasocietà il posto di colui che serve (Lc 22,27), animata dallo spirito che ha condot-to Cristo a dare la vita per il mondo.

Bibliografia

Fête-Dieu (1246-1996). Actes du col-loque de Liège, 12-14 septembre 1996,A. HAQUIN (ed.), Louvain-La-Neuve 1999.

Le Corps de Dieu en fête, A. MOLINIÉ

(ed.), Paris 1996.Eucharistia. Enciclopedia dell’Eucari-

stia, M. BROUARD (ed.), EDB, Bologna2005.

E. BERTAUD, “Dévotion eucharistique”,in DSP 4 (1960) 1621-1637.

23

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Roberta Boesso, Ultima Cena, Chiesa S. Maria(Turchia)

Page 24: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

24

utti i tre i vangeli sinottici, subitodopo la solenne professione difede di Pietro e l’annunzio da

parte di Gesù della sua passione con l’in-vito a seguirlo, riportano con sfumaturediverse l’evento della trasfigurazione diGesù su un alto monte con la testimo-nianza di Mosè ed Elia alla presenza diPietro, Giacomo e Giovanni. Il quartovangelo, che non racconta la trasfigura-zione di Gesù sul monte, secondo moltiesegeti, allude ad essa in Gv 12,23-32.

La trasfigurazione, che ha il suo pen-dant nella teofania al Giordano, nell’eco-nomia dei vangeli ha la funzione di rin-cuorare i discepoli sgomenti dinanzi allaprospettiva della croce annunziata imme-diatamente prima da Gesù, di assicurare itre apostoli più rappresentativi (Pietro ilcapo degli apostoli chiamato a conferma-re i suoi fratelli nella fede, Giacomo chesarà il primo degli apostoli a versare ilsangue per Cristo, e Giovanni il discepoloprediletto) che saranno testimoni dellapreghiera angosciata di Gesù nel Getse-mani sul monte degli ulivi, a sostenere loscandalo della passione, di incoraggiare idestinatari della predicazione evangelicaad ascoltare la voce di Cristo e a seguirloper la via della croce con la certezza cheal di là del buio e dell’umiliazione dellamorte c’è la luce della vita e la gloria del-la risurrezione.

Data la sua importanza, si comprende

come molto presto le Chiese abbiano vo-luto far memoria della trasfigurazionenella liturgia.

La festa della trasfigurazione

La festa della trasfigurazione, comel’esaltazione della Croce e la presentazio-ne del Signore, è nata in Orientei.

La festa cominciò a celebrarsi con unacerta solennità a Gerusalemme nel secoloV, come mostrano le omelie di Cirillo diAlessandria, Proco di Costantinopoli, Ba-silio di Seleucia.

La testimonianza sicura più anticaproviene dalla Siria orientale, dove la fe-sta fu introdotta dal vescovo Babi (497-503)2.

Nella Siria occidentale venne celebratanel secolo VII come “festa del monte Ta-bor” in memoria della dedicazione dellabasilica ivi costruita. Nella liturgia bizanti-na la festa è nota nel secolo VIII come“trasfigurazione del Salvatore”. La datadel sei agosto fu stabilita in riferimentoalla festa dell’Esaltazione della santa Cro-ce il 14 settembre, (istituita nella primametà del secolo IV) che la segue di qua-ranta giorni; e alla trasfigurazione di Mo-sè, (di cui si faceva memoria tra il 27 e il28 giugno), sostituita presto dalla festadegli apostoli Pietro e Paolo, che la pre-cede di quasi quaranta giorni3.

La trasfigurazione del Signorep. Pietro Sorci, ofm

T

Page 25: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Non è possibile in questa sede soffer-marsi sulla celebrazione di questa festanelle liturgie orientali, dove è chiamata pa-squa d’estate e celebrata con solennitàquasi pari a quella pasquale. Basti ricordareche nella liturgia bizantina essa inizia con ilgrande vespro vigiliare e si prolunga in unaottava (meteòrthia, sino al 13 agosto). Iltropario del giorno (apolytikion) canta:

”Ti sei trasfigurato sul monte, o CristoDio, facendo vedere ai tuoi discepoli latua gloria, per quanto lo potevano. Fa’ ri-splendere anche su noi peccatori la tuaeterna luce, per l’intercessione della Ma-dre di Dio, o datore di luce: gloria a te”.

E il kontakion:

“Ti sei trasfigurato sul monte, e i tuoidiscepoli, per quanto ne erano capaci,hanno contemplato la tua gloria, o CristoDio: affinché vedendoti crocifisso, com-prendessero che la tua passione era vo-lontaria, e annunziassero al mondo chetu sei veramente irradiazione del Padre”4.

La trasfigurazione in Occidente

La memoria della trasfigurazionenella seconda domenica di quaresima

La Chiesa romana per quasi mille anninon ha sentito il bisogno di una esplicitafesta della trasfigurazione del Signore.

Essa infatti almeno dalla prima metàdel secolo V fa memoria della trasfigura-zione del Signore nella seconda domenica

di quaresima, trasferita alla celebrazionevigiliare del sabato nel secolo VII, quandoRoma adottò le Quattro tempora. Allatrasfigurazione si riferisce un sermone diLeone Magno tenuto nella quaresima del441 che ancora si legge nell’Ufficio delleLetture di questa domenica5.

Subito dopo aver intrapreso il cammi-no penitenziale nel digiuno e nella pre-ghiera e nelle opere di carità, al seguitodi Cristo che nel deserto prega e digiunaquaranta giorni per preparasi al ministeroche lo condurrà alla croce e alla risurre-zione, la comunità viene convocata percontemplare nella trasfigurazione l’esitodel cammino quaresimale: la luce del Cri-sto trasfigurato che squarcia la monoto-nia e la fatica del cammino e anticipa lagloria della risurrezione. La celebrazionecosì, come per i discepoli, sgomenti di-nanzi all’annunzio della passione, è per ifedeli incoraggiamento a non stancarsinella sequela di Cristo. Se ascolteranno lasua voce e si lasceranno guidare dal suoSpirito, essi saranno partecipi della suagloria. Li incoraggiano a questo oltre allaparola del Padre, la presenza di Mosè e diElia che rappresentano la totalità della ri-velazione contenuta nelle Scritture (laLegge e i Profeti) e, tra l’altro, sono duepersonaggi che per aver digiunato lungoquaranta giorni hanno avuto una espe-rienza indicibile del volto di Dio.

Nel messale Tridentino, erede degliantichi sacramentari, tuttavia, l’unico te-sto che si riferiva alla trasfigurazione erala lettura evangelica di Mt 17,1-9.

La riforma liturgica ha assegnato aciascuno dei tre anni del lezionario una

25

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 26: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

26

diversa lettura evangelica, facendo legge-re nel triennio il racconto della trasfigura-zione secondo tutti e tre i sinottici6. Haarricchito la messa di una appropriatacolletta nella quale si chiede al Padre cheha comandato di ascoltare la voce delsuo amato Figlio, di nutrire la fede deicredenti con la sua parola e di aprire gliocchi del loro spirito, perché possano go-dere la visione della sua gloria7. Soprat-tutto ha dotato la messa di un nuovoprefazio che rende grazie a Dio per la tra-sfigurazione del suo Figlio, il quale dopoaver dato ai discepoli l’annunzio della suamorte, sul santo monte manifestò loro lasua gloria e, chiamando a testimoni lalegge e i profeti (Mosè ed Elia), indicòagli apostoli che solo attraverso la passio-ne possiamo giungere al trionfo della ri-surrezione”8.

La liturgia delle ore oltre alla letturadel sermone 51 di Leone Magno, si riferi-sce alla trasfigurazione nelle antifone deiprimi vespri e nelle antifone al Magnificatdi tutti e tre gli anni.

La festa della trasfigurazione

La festa della Trasfigurazione fu istitui-ta nella Chiesa romana dal papa CallistoIII nel 1457.

Ma nel secolo XV essa aveva già inOccidente una larga diffusione nelleChiese latine d’Occidente, dove era stataportata forse dai monaci, dai pellegrini edai crociati: ne fanno fede le numeroseomelie medievali che hanno per oggettoquesto mistero9 e i libri liturgici di molteChiese nei secoli XI - XV.

Restano ancora misteriose le origini ele vie per cui essa dall’Oriente fu intro-dotta in Occidente. I documenti a nostradisposizione ci inclinano a credere che ladiffusione è avvenuta a partire da un uni-co centro. Ma quale sia questo centro re-sta da individuare.

Secondo il Mabillon la festa esistevagià in Spagna al tempo di Ildefonso arci-vescovo di Toledo (6l7 667), da lui erro-neamente assegnata al secolo IX, e vi sicelebravano tre messe come a Natale, aPasqua e a Pentecoste10; anzi egli la fa ri-salire a un tempo ancora anteriore tro-vandola nel Missale Mixtum che ritieneopera di Isidoro di Siviglia (560-636),messale che al 6 agosto porta appunto laindicazione: “Trasfigurazione del Signore.Tutto come nella domenica dopo Pente-coste”11.

Edmondo Martène nel De antiquaeecclesiae disciplina sembra confermare lenotizie del Mabillon, quando, afferman-do l’antichità della festa, si appella a Il-defonso12.

Queste testimonianze, a cui molte al-tre se ne potrebbero aggiungere, dimo-strano se non altro l’antichità della festain Spagna, i cui usi liturgici molto spessorivelano rapporti assai stretti con le Chie-se dell’area antiochena, e in alcune dio-cesi della Gallia che con la Spagna ebbe-ro intense relazioni13.

Proprio dalla Catalogna, e dunque aiconfini tra la Spagna e la Gallia, dove lafesta pare accertata intorno al mille, indata che oscilla tra il 26, 27 luglio e il 4,5, 6, 8, 26 agosto, o 3 settembre, e per-sino 17 marzo14, proviene la documenta-

Page 27: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

zione liturgica più interessante relativa al-l’origine della festa in Occidente. La Ca-talogna dopo la riconquista ad opera deiFranchi con la partecipazione dei Nor-manni dipendeva ecclesiasticamente daNarbona, e questa antica città della Gal-lia era stata sede sino al secolo VI di unafiorente colonia di mercanti della Siria edera appartenuta al regno dei Visigoti sinoal 759 e poi al regno carolingio. I conqui-statori franchi d’accordo con il cleronarbonese fecero di tutto per impiantarvila liturgia romano gallicana al posto del-l’antica liturgia ispanica. Ma ciò non av-venne senza l’assimilazione di molti ele-menti locali15.

Tra i secoli X-XI infatti, soprattuttonella scuola della abbazia di Santa Mariadi Ripoll, fondata da Wilfrido capostipitedella dinastia catalana, che raggiunge ilsuo apogeo con l’abate Oliva, si sviluppauna peculiare corrente culturale risultantedalla fusione della cultura visigotica conquella musulmana e dagli scambi letteraricon le Chiese della vicina Francia16. E nonè un caso che i manoscritti più numerosie consistenti relativi alla origine della fe-sta della trasfigurazione in Occidenteprovengano proprio da Vic, la diocesi nelcui ambito sorge il monastero di Ripoll edella quale Oliva fu vescovo tra il 1018 eil 104617.

Il sacramentario di Vic dal titolo signi-ficativo Missale iuxta ordinem RomanaeEcclesiae, chiamato anche “sacramenta-rio di Oliva”, datato 1038 indica al 6agosto la festa della trasfigurazione delSignore, preceduta da vigilia con messapropria compreso il prefazio18. I testi della

messa del giorno, a parte lo splendidoprefazio, li ritroveremo con leggere va-rianti in tutti i messali sino all’introduzio-ne della festa nella liturgia romana nelsecolo XV19. La messa si trova con pochevarianti in altri due messali del secolo XItrascritti nel monastero di Ripoll: il sacra-mentario di Ripoll e quello detto ad Glo-rificandum20.

Intorno al 1000 si ha notizia della fe-sta anche in parecchi messali dell’Italiacentrale: Arezzo, Bologna, Lucca, e diMonte Cassino.

Gli Statuta monastica attribuiscono aPietro il Venerabile l’introduzione dellafesta a Cluny, dove fu abate tra il 1122 eil 1156, e nei monasteri da esso dipen-denti21. A ciò probabilmente fu spinto dainumerosi viaggi compiuti in Spagna, inFrancia, e in Italia e dai rapporti con imonaci del monte Tabor che proprio du-rante il suo abbaziato entrarono a farparte dell’obbedienza cluniacense. Madeterminante dovette essere soprattuttola spiritualità perseguita a Cluny, incen-trata nella contemplazione dell’umanitàdi Cristo nella quale risplende la gloria diDio, e tesa a mantenere presente nelmondo il mistero della Pentecoste, unaspiritualità che trovava nella trasfigura-zione l’espressione più perfetta del pro-prio ideale. Per la festa Pietro composel’intera ufficiatura22.

La festa ebbe una grande diffusionein Sicilia: la troviamo infatti in tutti i mes-sali e breviari manoscritti nella regionedopo l’avvento dei normanni, con Rug-gero II - del quale sono noti la sinceraamicizia e la corrispondenza con Pietro di

27

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 28: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

28

Cluny23 – nei primi decenni del secoloXII24. I testi attraverso il tempo, però, co-me ho mostrato nel mio studio più voltecitato in nota, manifestano una evoluzio-ne del significato della festa dal primitivocarattere cristologico, vicino alla spiritua-lità bizantina e cluniacense a uno spicca-tamente trinitario.

Come si è detto, fu Callisto III, Alfon-so Borja, che – si noti la coincidenza –era nativo di Xativa in provincia di Valen-cia, aveva studiato e insegnato nell’Uni-versità di Lerida ed era stato canonico diquesta diocesi limitrofa di Vic, ad istituireufficialmente nell’anno 1547 la festa del-la trasfigurazione del Signore nella litur-gia romana, assegnandola al 6 agosto edestendendola alla Chiesa universale. Co-me risulta dalla Bolla Inter divinae dispo-sitionis arcana, con questo atto il pontefi-ce volle manifestare la gratitudine di tut-ta la Chiesa a Dio per la vittoria riportatal’anno precedente a Belgrado dalle trup-pe cristiane al comando di GiovanniHunyadi e sotto la guida spirituale delfrancescano san Giovanni da Capistranocontro i Turchi che minacciavano la so-pravvivenza stessa del cristianesimo nel-l’Europa occidentale25. Per l’occasioneCallisto fece comporre dal domenicanoGiacomo Gil l’ufficio e la messa della fe-sta, che riveduti da Pio V26, entrarono nelmessale e nel breviario romano-tridentiniper giungere sino a noi27.

Una consuetudine medievale per lafesta della trasfigurazione, derivante dal-la liturgia papale testimoniata dal Sacra-mentario Gregoriano Adrianeo 63 – mol-to più antica quindi dell’introduzione del-

la festa – era la benedizione dei grappolid’uva alla fine del canone. I liturgisti delsecolo XII e XIII tramandano l’uso dellaconsacrazione del vino nuovo e del versa-re a goccia a goccia il succo d’uva nel ca-lice eucaristico all’offertorio. Essi spiega-no il significato del rito ricorrendo alleparole di Mt 26,29 e Mc 14,25: la festadella trasfigurazione simboleggia lo statodopo la risurrezione, quindi il regno delPadre, nel quale il Signore berrà con i di-scepoli in vino nuovo28. Il Messale del1570 non accolse quest’uso, che tuttaviain certe regioni, come nella diocesi di Ce-falù in Sicilia, si è mantenuto sino adepoca recente.

La festa della Trasfigurazione nel-l’odierna liturgia

Il messale

La riforma liturgica ha conservato soloin parte i testi del Messale romano-tri-dentino29.

Il Messale ha introdotto una letturadell’AT: Dan 7,9-110.13-14: l’intronizza-zione del Figlio dell’uomo, personificazio-ne del popolo perseguitato e sofferente acausa della sua fedeltà alla legge di Dio,da parte del vegliardo dalle vesti candidee il cui trono è di fuoco ardente30.

Il Salmo responsoriale è il Sal 96, checanta la regalità di Dio sull’universo e sul-la storia, con il ritornello che orienta aleggerlo in senso cristologico: “Splendesul suo volto la gloria del Padre”.

La seconda lettura è quella tradiziona-

Page 29: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

le di 2 Pt 2,1.16-19: la fede dei cristianinon è fondata su miti e leggende, ma suuna persona in carne ed ossa che è vissu-ta nella storia e che i discepoli hanno vi-sto trasfigurata sul santo monte: Gesùl’Uomo-Dio. In lui si sono realizzate leprofezie che continuano a illuminarel’uomo fino all’evento definitivo del re-gno.

Per la lettura evangelica viene propo-sto secondo gli anni il racconto della tra-sfigurazione secondo ciascuno dei Sinot-tici che raccontano l’evento da prospetti-ve teologiche e con sfumature diverse.Ognuno di essi insiste sull’uno o sull’altroparticolare del racconto: Matteo sullamissione dottrinale del nuovo Mosè checompie la legge e i profeti; Marco sul se-greto messianico e sull’incomprensionedei discepoli; Luca sul viaggio a Gerusa-lemme dove si compirà il grande passag-gio di Cristo nella gloria del Padre.

Anno A – Mt 17,1-9: davanti ai treprediletti che saranno pure i testimonidel Getsemani, Gesù si trasfigura, diven-ta cioè raggiante di luce propria, come siimmaginavano i corpi gloriosi dopo la ri-surrezione. L’alto monte rappresenta ilvero monte Sinai: ivi la voce de Padreproclama Gesù suo Figlio prediletto edegli appare come nuovo Mosè, perciòMosè ed Elia rappresentanti della Leggee dei profeti, conversano con Gesù perdare le dimissioni. Il Figlio prediletto per-petuerà questa gloria momentanea attra-verso il sacrificio, e tutti lo devono ascol-tare seguendolo per la strada dell’obbe-dienza e del sacrificio personale già bat-tuta dai precursori Elia e Giovanni Batti-

sta, se vogliono raggiungere con lui lagloria della risurrezione.

Anno B – Mc 9,2-10: la trasfigurazio-ne segue immediatamente la presenta-zione delle esigenze della sequela di Cri-sto: il discepolo deve rischiare la propriavita per il suo Maestro, ma la sua forzasta nell’ascolto della parola Cristo. Il fattodella trasfigurazione assicura il discepoloche Gesù è il Cristo Figlio di Dio, coluiche darà compimento alla storia della sal-vezza, la shekina, cioè la vera tenda, l’a-bitazione di Dio fra gli uomini.

Anno C – Lc 9,28-36: la gloria di Ge-sù, Figlio di Dio, sul monte è solo un se-gno di quella gloria che egli avrà dopo ilsuo esodo, che avverrà a Gerusalemme,dove egli passerà, attraverso la passionemorte risurrezione, da questo mondo alPadre. Nell’attesa, mentre ancora è vian-dante su questa terra, la sua forza è nellapreghiera. Non si può conoscere il verovolto di Cristo senza la preghiera; né sipuò lottare per il vangelo senza l’aiuto diDio ottenuto nella preghiera.

Il nuovo prefazio che prende il postodel prefazio di Natale precedentementeprevisto, offre la chiave lettura con cuil’assemblea celebrante guarda alla trasfi-gurazione. In essa Gesù ha rivelato lagloria nascosta sotto il velo della suaumanità in tutto simile alla nostra, hapreparato i discepoli a sostenere lo scan-dalo della croce, ha annunziato la sua ri-surrezione e anticipa la sorte dell’interocorpo mistico della Chiesa.

L’orazione colletta riprende quella pre-cedente ma ne modifica la petizione ri-collegandola più direttamente al vangelo

29

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 30: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

30

e sottolineando l’impegno della comu-nità: nella trasfigurazione di Cristo il Pa-dre ha confermato con la testimonianzadella legge e dei profeti i misteri della fe-de, ossia il mistero della santa Trinità (Pa-dre, Figlio e Spirito Santo), l’incarnazione,la passione, morte e risurrezione, glorifi-cazione di Cristo prototipo dell’umanitàrinnovata, e ha prefigurato ciò che saran-no coloro che sono stati resi per grazia fi-gli di Dio; possano i fedeli obbedire allasua voce, ascoltando la parola del Figlioprediletto, per essere partecipi della suavita immortale.

L’orazione sopra le offerte dice chenei doni eucaristici, come nell’umanitàdel Cristo, si cela lo splendore del Cristoglorioso: la partecipazione ad essi ha ilpotere di rinnovare spiritualmente i fe-deli.

L’orazione dopo la comunione affer-ma che i doni eucaristici hanno il poteredi trasformare i fedeli che ad essi prendo-no parte a immagine del Cristo della cuigloria la trasfigurazione è rivelazione.

Nuove sono le antifone d’ingresso:“Nel Segno di una nube luminosa appar-ve lo Spirito Santo e si udì la voce del Pa-dre” (Mt 17,5, invece del Sal 77,19), allu-sione alla parola che i fedeli si appresta-no ad ascoltare e allo Spirito che aleggiain tutta la celebrazione; e l’antifona allacomunione: “Quando il Signore si mani-festerà saremo simili a lui” (1 Gv 3,2, in-vece di Mt 17,9), allusione all’incontrotrasformante con Cristo che avviene nellacomunione.

L’antifona di comunione propria dellaseconda edizione del messale italiano, ri-

prendendo la lettura evangelica, mostrache è proprio nella partecipazione all’eu-caristia che i fedeli, chiamati in disparteda Cristo, a pregare con lui, incontrano ilCristo trasfigurato di cui parlano le Scrit-ture.

La liturgia delle ore

Nelle Chiese dove la trasfigurazione sicelebra come solennità, e dappertuttoquando essa cade di domenica si hanno iprimi vespri che utilizzano i salmi alleluia-tici 112,116 e il cantico di Ap 19.

Nell’ufficio delle letture troviamo isalmi 83 (Quanto sono amabili le tuedimore), 96 (Il Signore regna, esulti laterra), 98 (Il Signore regna, tremino ipopoli). Il primo è salmo di pellegrinag-gio pieno di nostalgia verso la casa diDio, che riecheggia il desiderio di Pie-tro: Signore è bello per noi stare qui!,mentre gli altri due sono salmi regaliche cantano la regalità, la giustizia e lagloria di Dio.

Ai secondi vespri troviamo il salmomessianico 109 (Oracolo del Signore almio Signore) che canta Cristo come re esacerdote, il salmo ascensionale 120 (Al-zo gli occhi verso i monti) che evoca ilmonte della trasfigurazione e il cantico di1 Tm 3,16 (il mistero di Cristo).

Le antifone danno il tono cristologicoai salmi e ai cantici riprendendo lirica-mente tutti i particolari del raccontoevangelico della trasfigurazione.

All’Ufficio delle letture la prima lettu-ra, dalla 1 Cor 3,7-4,6, spiega che la glo-

Page 31: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

ria della nuova alleanza che risplende nelCristo si riflette come in uno specchio suicredenti e gradualmente li trasforma asua immagine.

La seconda lettura propone unasplendida omelia per la festa della trasfi-gurazione del Signore di sant’Anastasio,egumeno del monastero di santa Cateri-na al Sinai, dedicato alla trasfigurazione,nel secolo VII. Egli spiega che il misterodella trasfigurazione trova compimentonei fedeli che riuniti nella celebrazionefanno memoria della morte e risurrezionedi Cristo:

“Per penetrare il contenuto intimo diquesti ineffabili e sacri misteri insiemecon i discepoli scelti e illuminati da Cristo– egli dice – ascoltiamo Dio che con lasua misteriosa voce ci chiama a sé insi-stentemente dall’alto. Portiamoci là solle-citamente. Anzi, oserei dire andiamocicome Gesù che ora dal cielo si fa nostraguida e battistrada. Con lui saremo cir-condati di quella luce che solo l’occhiodella fede può vedere. La nostra fisiono-mia spirituale si trasformerà e modelleràsulla sua. Come lui entreremo in unacondizione stabile di trasfigurazione, per-ché saremo partecipi della divina naturae verremo preparati alla vita beata. Cor-riamo fiduciosi e lieti là dove ci chiama,entriamo nella nube, diventiamo comeMosè e Elia, come Giacomo e Giovanni.Come Pietro, lasciamoci prendere total-mente dalla visione della gloria divina.Lasciamoci trasfigurare da questa glorio-sa trasfigurazione, condurre via dalla ter-ra e trasportare fuori dal mondo”.

Gli inni, purtroppo non tradotti dalbreviario italiano – che ricorre ai genericie abusati: Cristo, Sapienza eterna, O Soledi Giustizia, O Cristo Verbo del Padre –nell’edizione tipica latina sono: Caelestisformam gloriae, Dulcis Iesu memoria, Onata lux de lumine, di autori ignoti, ri-spettivamente dei secoli XIII, XII e IX31.

Conclusione

Per concludere il mio studio non trovoparole più adatte e pertinenti di quelleche si leggono nell’introduzione alla festanel Messalino feriale dell’assemblea:

“La trasfigurazione non evoca soltan-to la metamorfosi passeggera di Gesùsulla montagna, il risplendere in lui dellagloria divina, preludio della sua pasqua edella sua ultima venuta, ma ci ricorda an-che che soltanto la perseveranza nel ser-vizio di Dio conduce alla gloria. La visionedel Tabor, per i discepoli, fu solo un mo-mento fugace, che senza dubbio serba-rono nel loro cuore come uno stimolo al-l’impegno. All’apparizione della luce in-creata, del resto, era seguito immediata-mente l’imperativo: Ascoltatelo! NellaScrittura l’ascolto è condizione del pre-sente, mentre la visione è riservata per lafine dei tempi.

Soltanto sul volto di coloro che ascol-tano il Cristo e si lasciano rinnovare dallasua parola può ormai riflettersi il voltoeterno del Dio vivente. In passato, nellaChiesa orientale, ogni pittore di icone siiniziava alla sua arte riproducendo la sce-

31

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 32: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

32

na della trasfigurazione, non per evaderein un paradiso immaginario, ma per mori-re a se stesso aprendosi alla bellezza cro-cifissa. Perché il destino di ogni cristiano è

inscritto fra le due montagne: dal Calva-rio al Tabor, ciò che conta è la semplicitàdi una vita umana trasfigurata dallo Spiri-to e risplendente sotto il sole di Dio”32.

——————1 Per la storia della festa mi permetto di rimandare

a un mio studio risalente a parecchi anni or sono:P. Sorci, La festa della Trasfigurazione in Occidentee l’ufficiatura di Pietro il Venerabile, in “Ho Theo-logos. Cultura cristiana di Sicilia” 5/17 (1978), pp.25-44.

2 A. Baumstarck, Festbrevier und Kirchenjahr der sy-rischen Jakobiten, Paderbon 1910, 230s. 260s.Secondo Gregorio Arsarum (sec. VII) la festa do-vrebbe essersi formata nella Chiesa armena sottoGregorio l’Illuminatore nel secolo IV come cristia-nizzazione della festa pagana Vadarer, in onore diAfrodite, la dea della bellezza, ma le più antichefonti liturgiche armene la ignorano (H. Au derMaur, Le celebrazioni nel ritmo del tempo - I, ElleDi Ci, Leumann 1990, p. 287).

3 T. Federici, “Resuscitò Cristo!”. Commento alle let-ture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Epar-chia di Piana degli Albanesi, 1996, 1698.

4 Per il significato teologico e spirituale della festain Oriente cf. C. Andronikof, Il senso delle feste,Ave 1972, pp. 209-251; G. Ferrari, Interpretazio-ne orientale della trasfigurazione del Salvatore, in“Ho Theologos. Cultura cristiana di Sicilia” 5/19(1978) pp. 5-24.

5 Leone Magno, Sermone 51, PL 54, coll. 308-313.6 Un riferimento alla trasfigurazione si può ricono-

scere nelle letture di Gn 12,1-4 (anno A); Gn22,1-2.9.10-13.15-18 (anno B); Gn 15,5-12.17-8(anno C): la vocazione, la fede e l’obbedienza diAbramo che per aver ascoltato la parola di Dio, di-viene padre del popolo di Dio); e 2 Tm 1,8-10: lagrazia è stata rivelata con l’apparizione del salva-tore Gesù Cristo che ha vinto la morte e ha fattorisplendere la vita e l’immortalità per mezzo delvangelo (anno A); Rm 8,31-34: Dio non ha rispar-miato il proprio Figlio ma lo ha dato per tutti noi(anno B); Fil 3,17-4,1: Cristo trasfigurerà il nostromisero corpo per conformarlo al suo corpo glorio-so (anno C).

7 L’orazione colletta si ispira ad un prefazio (illatio)della liturgia ispanica incentrato sull’esperienza re-ligiosa di Mosè (M. Férotin, Liber Mozarabicus Sa-cramentorum, Paris 1912, n. 383, col. 176s).

8 Il prefazio si richiama al Supplemento anianense alSacramentario Gregoriano (1567) e al Sacramen-tario ambrosiano Bergomense (385).

9 Ambrogio Autberto, abate di san Vincenzo al Vol-turno (+ 779): PL 89, coll. 1306 1320, Anselmo (+1109): PL 158, coll. 602 616; Pietro il Venerabile(+ 1156): PL 189, coll. 953 972; Pietro di Celle (+1187): PL 202, coll. 840 848; Pietro di Blois (+1200 c.): PL 207, coll. 777 792.

10 “In libello Eldefonsi hispanici episcopi qui anno855 scripsit, tres missae indicantur in Natali Domi-ni, Paschate, Pentecoste et Transfiguratione” (I.Mabillon, De liturgia Gallicana II, PL 72, col. 174).

11 Missale Mixtum: PL 85, col. 806 12 E. Martène, De antiquae ecclesiae disciplina in di-

vinis celebrandis officiis, Lugduni 1706, c. 23, 17,pp. 375s.

13 Cf. P. Radò, Enchiridion Liturgicum, II, Romae1961, p. 1304.

14 Stando ai messali studiati da V. Leroquais, Les Sa-cramentaires et les Missels manuscripts des bi-bliothèques publiques de France, I, Paris 1924, lafesta è accertata nel secolo X (p. 92) e XI (p. 153).Da ricordare è pure il messale dell’abbazia di Mail-lezais del secolo XI, nella biblioteca nazionale diParigi, Ms. lat. 9435. Tra quelli del secolo XI misembra degno di particolare menzione il messaledi Saint Denis de Paris, che al fol. 70v indica: VIIIidus augusti: Transfiguratio Domini in monte (Le-roquais, l.c. p. 145). In alcuni messali la festa èpreceduta da vigilia (ib. pp. 159, 185, 295; 11,101). Quest’ultimo (ib. 11, p. 101), del secolo XIII,proveniente da un’abbazia spagnola dipendenteda Cluny, oltre alla vigilia indica anche l’ottava. Lafesta importata dalla Gallia, nel secolo XI è atte-stata anche nelle fonti liturgiche dell’Ungheria (cf.Radò, l.c., p. 1304).

15 Cfr. A. Olivar, El Sacramentario de Vic (Monum.Hisp. Sacra, Series Lit. IV), Madrid, Barcelona1953, p. LIX.

16 Ib., pp. LX LXI.17 I martirologi manoscritti dei secoli X e XI conserva-

ti nel museo episcopale di Vic indicano: VIII idusaugusti: Transfiguratio Domini nostri Iesu Christi.

Page 33: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Quello del secolo XII: VIII idus augusti. In monteTabor, Transfiguratio D.N.I.C. (Cf. J. Ferreres, LaTransfiguration de notre Seigneur. Histoire de safête et de sa messe in «Ephemerides Theol. Lo-van.» 5 (1928) p. 632.

18 A. Olivar, o.c., CXI, pp. 514 517. Testo della mes-sa riportato da P. Sorci, La festa della trasfigurazio-ne, p. 28.

19 Ib., CXII, pp. 518 522. Anche per questo formula-rio l’editore non indica nessuna fonte. Pare tutta-via che esso si ritrovi nel sacramentario ms. 14 delmonastero di Sant Cugat de Vallés (ib,, p. XIII, n.12). Il testo della messa in P. Sorci, La festa dellatrasfigurazione, p. 29.

20 P. Sorci, La trasfigurazione, pp. 29-30.21 Statuta Petri Venerabilis, 5 Corpus Consuet.

Mon. VI (K. Hallinger) 1975, pp. 4546. Lo statutoè forse del 1132. Così suppone G. De Valous, Lemonachisme clunisien des origines au XV siècle,1, Ligugé 1935, p. 405.

22 Ho riportato l’ufficio di Pietro il Venerabile in “HoTheologos” 5/19 (1978), pp. 40-44. Lo stesso fa-scicolo riporta il sermone di Pietro il Venerabilesulla Trasfigurazione del Signore tradotto da Da-miano Barcellona (pp. 61-83), ripreso da PL 189,coll. 953-972, con introduzione di Paolo Iovino(pp. 45-60).

23 Si deve a Ruggero II la fondazione della cattedraledi Cefalù dedicata alla trasfigurazione del Salvato-re: C. Valenziano, La basilica cattedrale di Cefalùnel periodo normanno, in “Ho Theologos” 5/19(1978) pp. 85-140. Ma già nel 1093 il conte Rug-gero d’Altavilla aveva dedicato alla trasfigurazionela cattedrale di Mazara del Vallo da lui edificatasubito dopo la conquista avvenuta nel 1072.

24 Ib., pp. 31-34.25 La notizia della vittoria ottenuta tra il 22 e il 23 lu-

glio era giunta a Roma il 6 agosto del 1456. Calli-sto III istituì la festa con la Bolla Inter divinae di-spositionis arcana (Bullarium Diplomatum et Privi-legiorum ss. Romanorum Pontificum, ed. Taur.(Gaude) V, col. 133 138).

26 La correzione fu fatta in base al progetto di PietroCaraffa (Paolo IV). Di questi scrive GiambattistaTufo: « Nella trasfigurazione del Signore mutò al-cuni inni, che non erano ben consonanti, e il simi-gliante fece ancora in quella della santissima Tri-nità ». (Historia della religione dei Padri ChiericiRegolari, Roma 1609 1616. t. 11, c. 96, pp. 8 13).Gli inni adottati furono: Quicunque Christumquaerit is di Prudenzio (Cathem. XI, str.1.10.11.21, CCL 126, pp. 65 68); e Amor Iesudulcissime (Chevalier, Repertorium hymnolo-gicum, 10772). Cf. S. Baümer R. Biron, Histoireda Bréviaire, II, p. 218).

27 Altro ritocco agli inni fu fatto da Urbano VIII, chenel 1639 corresse Amor Iesu dulcissime in Lux al-ma Iesu mentium. Da allora la festa non ha subìtoaltre variazioni salvo in ciò che ne concerne il gra-do di celebrazione. Clemente VIII elevò la festa alrito duplex maius da lui creato (S. Baümer R. Bi-ron, Histoire du Bréviaire, II, p. 275). Pio X nellariforma del 1911 1913 elevò la festa al rito duplexIl classis.

28 J. Beleth, Divinorum officiorum explicatio, c. 144,PL 202, col. 147; Sicardo di Cremona (+1215),Mitrale 9,38, PL 213, col. 419; Durando (+1296),Rationale divinorum officiorum, 7, 22.

29 Cf. U. Cirelli, Solennità e feste del Signore, in Aa.Vv., Il Messale Romano Vaticano II, Vol. II, Elle DiCi, Leumann 1981, pp. 47-51.

30 La lettura è obbligatoria quando la trasfigurazionesi celebra come solennità e quando cade di dome-nica, diversamente si può leggere in alternativa al-la lettura apostolica.

31 Cf. A. Lentini (a cura di), Te decet laus. L’innariodella liturgia horarum, Typis polyglottis Vaticanis1984, nn. 187.188.189.

32 Il messalino feriale dell’Assemblea, a cura di H.Dehlugne, L. Chassey, M. F. Lacan e di altri bene-dettini di Saint- André, Clervaux e Hautecombe,traduzione italiana a cura di Maria Adele Cozzi,Ed. Dehoniane, Bologna 1984, p. 1751.

33

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 34: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

34

ermettetemi di iniziare con un ri-cordo della prima adolescenza.Quando le scuole riaprivano i

battenti all’inizio di ottobre, le vacanzenel paese di origine terminavano quasi al-la fine di settembre, e a metà settembrec’era la festa, tanto attesa, del “Santissi-mo Crocifisso” con le bancarelle che offri-vano la prima frutta secca della stagione.Tutti convenivano nella chiesa attigua alcimitero dove si venerava un crocifisso mi-racoloso. Al mattino c’era la messa solen-ne e al pomeriggio la frequentatissimaVia Crucis. Non mi piaceva quella messadove non si parlava del Crocifisso che pu-re stavamo festeggiando, ma della Croce,dunque di un oggetto, e lo scarto tra li-turgia e festa “della gente” mi disorienta-va: preferivo decisamente la Via Crucis,più diretta e più concreta. Dalle omelie,tutte incentrate sul Crocifisso e la Passio-ne di Cristo, ne ricavano che, evidente-mente, non ero il solo ad accusare il disa-gio, e che la Liturgia, con questa sua ideadi “esaltazione” della Croce, così inop-portuna per la circostanza, proprio nonandava. C’erano poi altre aggravanti cheal tempo neanche sospettavo, ma che an-ni dopo qualche compagno di studi mi fe-ce notare: la festa dell’Esaltazione dellaCroce è un “doppione” del Venerdì San-to, e quello per me fu il giorno della sco-perta che il termine “doppione” non spa-venta soltanto i collezionisti di francobolli,

figurine dei calciatori e quant’altro, maanche i cultori di Liturgia cristiana. Insom-ma, era sempre “colpa” della Liturgia, edovette passare del tempo per rendermiconto che la “colpa” era soltanto mia.

In realtà il problema è più complessodi quanto sembri a prima vista. Se l’annoliturgico è soltanto un elenco di solen-nità, feste e memorie dei Misteri del Si-gnore, di sua Madre e dei santi, per l’E-saltazione della Croce non c’è posto. Seinvece pensiamo all’anno liturgico in ter-mini di “memoria collettiva” di una co-munità cristiana, come luogo concretodove ricordare le date importanti che nehanno segnato la storia, dove registrarele tante forme della continua presenzadel Signore e delle sue manifestazioni, al-lora c’è un posto anche per l’Esaltazionedella Croce. Questo è il senso negli anti-chi calendari delle tante feste di dedica-zione di chiese, di ringraziamenti per ca-lamità scampate o superate e di feste deiConcili ecumenici.

Alle origini della festa vi sarebbe il ri-trovamento della croce il 14 settembredel 320 da parte dell’imperatrice Elena,madre di Costantino il Grande. Quindicianni dopo, il 13 settembre del 335 a Ge-rusalemme venivano dedicate le basilichedella Resurrezione e della Croce, quelcomplesso architettonico-liturgico comu-

L’esaltazione della croceStefano Parenti

P

Page 35: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

nemente conosciuto in Occidente come“Santo Sepolcro”.

A volte si legge o si sente dire che leorigini della festa dell’Esaltazione sono“orientali”, senza rendersi conto che cosìfacendo si corre il rischio di proiettare nelIV secolo categorie mentali e geo-politi-che che i contemporanei ai fatti, non co-noscevano. È vero invece che in Orientela festa ha conosciuto maggiore sviluppoed anche considerazione. Infatti ancoraoggi nelle Chiese ortodosse il suo gradodi celebrazione è pari a quello delle duegrandi solennità cristologiche del Natalee della Teofania, che con l’Esaltazionehanno in comune la caratteristica di esse-re precedute e seguite da una specificadomenica prima e dopo la festa, con pe-ricopi scritturistiche proprie.

Spesso si sente dire che l’anno liturgi-co bizantino inizia con il 1 settembre, maciò è palesemente falso perché l’anno li-turgico inizia con la Pasqua, mentre il 1settembre segnava l’inizio dell’anno civi-le. Ma non prima del 462, quando il ca-podanno era fissato al 23 settembre, me-moria liturgica del concepimento di sanGiovanni Battista, episodio primo in ordi-ne di tempo nella cronologia del NuovoTestamento. La memoria dell’anticocapodanno resterà a lungo nei libri litur-gici, e ancora oggi con la prima domeni-ca dopo il 22 settembre inizia la letturasemicontinua del Vangelo di Luca. Que-sto vuol dire che la festa dell’Esaltazionedella Croce, incorniciata tra due domeni-che, segnava la fine dell’anno civile e in-

sieme l’inizio di un nuovo periodo liturgi-co. Si noti poi che la stessa periodizzazio-ne stagionale — siamo nei pressi del sol-stizio d’autunno — è presente anche nel-la tradizione siro-occidentale ed è segnodi grande arcaicità.

Secondo il ms. H del typikon-synaxa-rion della Grande Chiesa, databile alla se-conda metà del X secolo, la festadell’Esaltazione era preceduta da quattrogiorni di adorazione del ‘santo Legno’. Igiorni 10 e 11 settembre erano riservatiagli uomini, il 12 alle donne e per il 13non vengono specificati i destinatari. Maè ancora più interessante notare che aquella data il calendario costantinopolita-no non aveva ancora accolto al giorno13 l’anniversario della dedicazione dellabasilica costantiniana dell’Anastasis diGerusalemme, ricordata invece nei piùtardivi mss. Fa e Ox. Ciò significa che aCostantinopoli la motivazione teologicadella festa dell’Esaltazione risultava slega-ta dalla prospettiva storica della inventiohagiopolita.

Per Costantinopoli il rito ci viene atte-stato per la prima volta nel Chronicon Pa-schale unitamente all’esposizione dellaCroce (staurofaneiva) il 14 settembre del614. Casualmente si tratta proprio dellostesso anno in cui i Persiani sottrassero lareliquia gerosolimitana della Croce. Se-condo il racconto della inventio gerosoli-mitana, che però Eusebio di Cesareasembra non conoscere, Elena avrebbe di-viso in due parti la preziosa reliquia, in-viandone una a Costantinopoli.

35

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 36: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

36

Secondo il ms. H ai vespri della vigiliapartecipa il patriarca che prende parteanche alla celebrazione mattutina, com-piendo il solenne ingresso al canto del-l’inno Gloria in excelsis. Una volta termi-nato l’inno, vengono intonati sei tropariin onore della Croce, di cui ben quattrochiedono salvezza e protezione per l’im-peratore. Il patriarca sale sull’ambonecentrale e si prostra fino a terra dinanzi alreliquiario della croce sorretto dall’arci-diacono. Il testo sottolinea il fatto che laprostrazione è d’obbligo anche se la fe-sta cade di sabato o di domenica, giorniin cui il diritto ecclesiastico proibisce lapreghiera in ginocchio per riguardo allaResurrezione. Poi il patriarca si rialza,prende nelle mani la croce e la eleva,mentre il popolo canta Kyrie elèison. Laelevazione viene ripetuta per tre volte,quindi il patriarca discende dall’ambonee si svolge l’adorazione della croce, e su-bito segue la Divina Liturgia eucaristica.

Il quadro descritto nel typikon-synaxa-rion della Grande Chiesa viene completa-to per quanto riguarda il protocollo im-periale dal De Ceremoniis aulae byzanti-nae di Costantino VII Porfirogenito (913-920, 945-959). Il basileus partecipa al ri-to dell’elevazione dal terzo o quarto gra-dino dell’ambone monumentale dellaSanta Sofia, per poi discendere con il pa-triarca ed entrare insieme a lui nell’altareattraverso il corridoio del solea. Ben di-verso è invece il rituale descritto nel piùtardo trattato De Officiis dello Pseudo-Kodinos della metà del XIV secolo. Quil’elevazione si svolge su una pedana di

legno appositamente eretta nel trikliniosimperiale, ma la celebrazione è ancoraaffidata al patriarca costantinopolitano,sebbene il compilatore prevede la possi-bilità, in caso di assenza, di delegarla aqualcuno degli altri patriarchi o, in loromancanza, anche all’arciprete.

Nel VII secolo la celebrazione costanti-nopolitana passa a Roma e con essa il ri-to dell’esaltazione, debitamente adatta-to. Avere una festa in comune non signi-fica però avere una festa con i medesimicontenuti. In Occidente prevale il temadella Croce come strumento di liberazio-ne e redenzione, in Oriente la Croce nu-da è simbolo di tutto il Mistero pasqualedi Cristo morto e glorificato. Il canto piùripetuto è: “Adoriamo la tua Croce, Si-gnore, e diamo gloria alla tua santa Ri-surrezione”.

Croce con orante

Page 37: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

l giorno 11 dicembre 1925, aconclusione dell’anno santo, il pa-pa Pio XI con l’enciclica Quas pri-

mas1 proclamava la festa di Gesù Cristo Re,fissandola all’ultima domenica di ottobre(ovvero la domenica che precede la solen-nità di tutti i santi). Tra le feste che celebra-no un’idea teologica (in questo caso la re-galità universale di Cristo), è quella di piùrecente introduzione. Il Papa dichiaravaesplicitamente nell’enciclica che la nuovafesta si inseriva nel solco di un uso diffusonel secondo millennio, per cui si traducevain celebrazione liturgica un contenuto dot-trinale altrimenti accessibile solo a pochi: «Idocumenti, il più delle volte, sono presi inconsiderazione da pochi ed eruditi uomini,le feste invece commuovono e ammaestra-no tutti i fedeli; quelli una volta sola parla-no, queste invece, per così dire, ogni annoe in perpetuo; quelli soprattutto toccanosalutarmente la mente, queste invece nonsolo la mente ma anche il cuore, tuttol’uomo insomma».2 L’idea teologica dellaregalità di Cristo, così come era elaboratanel primo quarto del secolo XX, è peròmeglio compresa se si conosce il contestostorico. Sono gli anni in cui, non solo inEuropa, si diffondono ideologie nazionali-stiche che sostengono l’affermazione distati totalitari, la cui ispirazione culturale èspesso lontanissima, addirittura antitetica e

ostile al cristianesimo. In Italia, il 28 ottobre1922 il movimento fascista entrava plateal-mente a Roma (la famosa “marcia su Ro-ma”) preparandosi a occupare il potere e atacitare ogni voce o forma di opposizione.L’enciclica papale veniva pubblicata doponeppure due mesi da un celebre discorsodi Benito Mussolini il quale, commemoran-do il terzo anniversario della marcia, avevacompendiato la filosofia politica dello statofascista in uno slogan lapidario: «Tutto nel-lo Stato, niente al di fuori dello Stato, nullacontro lo Stato».3 La Chiesa non tardò acogliere le pericolose conseguenze di ideo-logie di questo tipo; Pio XI elenca: «semidella discordia sparsi dappertutto; accesiquegli odii e quelle rivalità tra i popoli, chetanto indugio ancora frappongono al rista-bilimento della pace; l’intemperanza dellepassioni che così spesso si nascondonosotto le apparenze del pubblico bene edell’amor patrio; le discordie civili che nederivarono, insieme a quel cieco e smode-rato egoismo sì largamente diffuso, il qua-le, tendendo solo al bene privato ed al pro-prio comodo, tutto misura alla stregua diquesto».4 Di fronte a questi pericoli laChiesa proponeva il rimedio liberante dellasovranità di Cristo, un regno che è «princi-palmente spirituale e attinente alle cosespirituali», ma che ha anche conseguenzesociali e civili. In risposta a ogni assolutismo

37

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Nostro Signore Gesù Cristo,Re dell’universo

Adelindo Giuliani

I

Page 38: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

38

politico e statale, Pio XI ammoniva: « Név’è differenza fra gli individui e il consorziodomestico e civile, poiché gli uomini, unitiin società, non sono meno sotto la potestàdi Cristo di quello che lo siano gli uominisingoli. È lui solo la fonte della salute priva-ta e pubblica […] Non rifiutino, dunque, icapi delle nazioni di prestare pubblica testi-monianza di riverenza e di obbedienza al-l’impero di Cristo insieme coi loro popoli,se vogliono, con l’incolumità del loro pote-re, l’incremento e il progresso dellapatria».5 Tale dimensione universale e so-ciale della sovranità di Cristo, garanzia su-prema per la pace e la concordia, era so-lennemente ribadita dai testi eucologiciproposti per la nuova festa: la colletta chie-deva che tutta la famiglia dei popoli, di-sgregata per la ferita del peccato, si sotto-mettesse al soavissimo regno di Cristo.6

Come epistola era stato scelto il brano diCol 1, 12-20 («Ci ha trasferiti nel regno delsuo Figlio diletto…»), mentre l’evangeloera costituito dalla celebre pericope gio-vannea (Gv 18, 33-37) con il dialogo traGesù e Pilato («Tu lo dici: io sono re»).

Purtroppo gli eventi storici andarono inben altra direzione. Se le tragiche vicendeeuro-asiatiche della seconda guerra mon-diale sono a tutti noti, meno conosciuto èil doloroso conflitto che si verificò in Mes-sico: appena un anno dopo l’introduzionenel calendario liturgico della nuova festadi Cristo Re, il governo messicano volledare piena attuazione a una carta costitu-zionale che bandiva il cristianesimo dallavita pubblica nazionale, vietava gli ordinireligiosi e la presenza di missionari stranie-ri, confiscava le proprietà ecclesiastiche.

Ne derivò una contrapposizione aspra conla Chiesa. Una parte della popolazione,andando oltre la protesta pacifica sostenu-ta dai vertici ecclesiastici, giunse a imbrac-ciare le armi al grido: “¡Viva Cristo Rey!”,viva Cristo Re. La rivolta durò tre anni e siconcluse con una sanguinosa repressione.Anche dopo la fine del conflitto armatomolti cristeros (così erano stati definiti i ri-voltosi) caddero vittime di vendette più omeno clandestine; molti semplicementescomparvero nel nulla. La difesa dei dirittidi Cristo Re aveva portato i cristeros al sa-crificio della vita. Il titolo di Cristo Re di-venne presto un vessillo esibito ovunquecon orgoglio dai cattolici militanti: quanteprocessioni in Italia, fino alla fine degli an-ni Sessanta, sono state accompagnate dal-le note trionfali di un inno che somigliavamolto a una marcia militare e che culmi-nava nel celeberrimo ritornello “Noi vo-gliam Dio ch’è nostro Padre, noi vogliamDio ch’è nostro Re”!

Dopo la seconda guerra mondiale ilcontesto storico è mutato rapidamente: inItalia e in alcune nazioni dell’Est europeo(Grecia, Bulgaria) la monarchia è scompar-sa, il concetto di regalità rischiava di essereesposto a fraintendimenti anacronistici emondani. La riforma liturgica voluta dalConcilio Vaticano II ha scelto di mantenerequesta festa legandola al tempo ordinarioe connotandola in senso maggiormentespirituale ed escatologico: di qui lo sposta-mento di data (l’ultima domenica del tem-po ordinario e dell’anno liturgico) e il cam-biamento del nome (Nostro Signore GesùCristo Re dell’universo). Sono stati rinno-vati anche i testi eucologici: la colletta par-

Page 39: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

la della regalità di Cristo come principiodel rinnovamento di tutte le cose e chiedeche «ogni creatura, libera dalla schiavitùdel peccato, ti serva e ti lodi senza fine».L’antinomia apparente tra la liberazione(dal peccato) e il servizio (di Dio) delineacon un’efficace sintesi letteraria la visionecristiana della vita umana: seguire la vo-lontà di Dio (Sia fatta la tua volontà chie-diamo nella preghiera del Signore) non èatto di sottomissione a un potere arbitra-rio, dettato da paura di castighi o da spe-ranza di un qualche guadagno, ma è la viaper la realizzazione piena della libertàcreaturale dell’essere umano. Chi serveDio, regna sul mondo: non piega il ginoc-chio di fronte ad altri, non teme nulla, nonè più condizionabile o dominabile da alcu-no. Le collette ad libitum proposte dall’e-dizione italiana del Messale sviluppano al-tre dimensioni della regalità di Cristo: larealizzazione del regno nelle vicende, an-che tormentate, della storia, attraversol’impegno operoso di chi ne riconosce lasovranità universale (anno A); il sacerdozioregale, per cui ogni battezzato è reso par-tecipe del sacerdozio di Cristo ed è perciòchiamato a governare non solo se stesso,ma il mondo con tutte le sue realtà, atti-vità e aspirazioni, per rendere tuttoconforme alla volontà di Dio (anno B); lasequela di Cristo sulla via del dono totaledi sé, fino alla condivisione della gloriaeterna (anno C).

Conformemente alla disposizione delciclo festivo delle letture bibliche su untriennio (prima della riforma il ciclo era an-nuale) e alla scelta post conciliare di intro-durre nella celebrazione eucaristica una

prima lettura veterotestamentaria (conl’eccezione del tempo di Pasqua), sonostate confermati i brani già presenti nelMessale plenario precedente (l’epistola èora nell’anno C e l’evangelo nell’anno B),ma l’attuale lezionario offre una scelta dibrani significativamente più ampia e taleda offrire un’articolata teologia della rega-lità di Cristo:

Anno A: Ez 34, 11-12.15-17; Sal 22 (Tumi conduci, Signore, nel regnodella vita); 1Cor 15,20-26.28;Mt 25, 31-46

Anno B: Dn 7, 13-14; Sal 92 (Venga, Si-gnore, il tuo regno di luce); Ap1,5-8; Gv 18, 33-37

Anno C 2Sam 5,1-3; Sal 121 (Regna lapace dove regna il Signore), Col1,12-20; Lc 23, 35-43.

La riflessione su una festa che sembra-va dovesse cedere il passo di fronte ai ra-pidi cambiamenti del secolo appena tra-scorso, ha dato modo di approfondirne ifondamenti biblici. Gesù, che era statopreconizzato e riconosciuto come re findalla nascita (cf. Mt 2,2) e che si era sot-tratto a coloro che cercavano di farne unre politico (Gv 6,15), si rivela come tale,confermando che il suo regno non è diquesto mondo, nel momento in cui è iner-me, nelle mani del potere di Pilato, espo-sto all’ira di una folla ostile che lo vuolemorto. E la regalità che fino a quel mo-mento aveva percorso in filigrana la narra-zione evangelica, nel racconto della pas-sione diventa esplicita: allo scherno deifinti simboli regali messigli addosso dai

39

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Page 40: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

40

soldati (il mantello e la corona di spine)Gesù risponde con la sovrana dignità dichi non subisce gli eventi ma li domina,sovrastando dall’alto tutti i personaggi chegli ruotano intorno.

Leggendo con sapienza la Parola del Si-gnore, la liturgia ha sempre riconosciutonella passione la piena manifestazione del-la regalità di Cristo: ci limiteremo qui adaccennare alcune citazioni esplicite, cheandrebbero però completate con tutte leespressioni analoghe relative al trionfo e al-la vittoria sul peccato e sulla morte, descrit-te come azioni regali. La domenica dellePalme la Chiesa acclama: «Gloria, lode eonore a te, Cristo re, salvatore» («Gloria,laus et honor tibi sit, rex Christe redemp-tor»), un celebre inno della settimana san-ta contempla la croce come vessillo del Reche avanza («Vexilla regis prodeunt»), al-bero fecondo e glorioso ornato dalla por-pora del re («Arbor decora et fulgida, or-nata regis purpura»), e afferma senza am-biguità che la croce è il trono di Cristo re eSignore («regnavit a ligno Deus»). Final-mente, l’inno dei vespri di pasqua invita acantare l’inno dei redenti a Cristo Signore(«Christo canamus principi»).

Come già la solennità del SS. Corpo eSangue di Cristo in rapporto all’Eucaristia,anche questa festa consente di ritornare,

nel corso del tempo ordinario, su unaspetto costitutivo del grande mistero pa-squale, mistero che celebriamo in modoparticolare ed eminente nel triduo santo,ma che è l’essenza della pasqua settima-nale e di ogni celebrazione. Così commen-ta uno studioso contemporaneo: «La te-matica della solennità di Cristo Re dell’uni-verso la si trova in altre celebrazioni del-l’anno liturgico in un contesto anamneti-co, anzi ogni domenica, “giorno del Si-gnore”, proclama la sovrana signoria delCristo. Da questa prospettiva, si potrebbedire che l’ultima domenica dell’anno litur-gico vuol celebrare in modo più organicociò che costituisce il nocciolo d’ogni cele-brazione domenicale».7

Posta a raccordo tra la chiusura di unanno liturgico e l’apertura del successivo,questa celebrazione annuale consente alcristiano di riflettere sulla sua vocazionebattesimale a guidare le vicende umaneincontro al Cristo glorioso, nella fiduciosacertezza che questo compito non è lascia-to solo ai poveri mezzi del singolo battez-zato o anche al ministero profetico, maumanamente disarmato, della Chiesa, maè sostenuto e guidato da Cristo, che reg-ge l’universo con la sua presenza provvi-dente e con il dono dello Spirito Santo ef-fuso dal trono della croce.

——————1 Il testo dell’enciclica è disponibile in internet:

http://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encycli-cals/documents/hf_p-xi_enc_11121925_quas-pri-mas_it.html

2 PIO XI, lettera enciclica Quas primas.3 B. MUSSOLINI, Discorso al III anniversario della mar-

cia su Roma, 25 ottobre 1925. L’uso della maiu-scola per la parola “Stato” è nell’originale.

4 PIO XI, lettera enciclica Quas primas, cit.

5 Ibid.6 Questo il testo dell’orazione: «Omnipotens sempi-

terne Deus, qui in dilecto Filio tuo, universorumRege, omnia instaurare evoluisti: concede propi-tius ut cunctae familiae gentium, peccati vulneredisgregatae, eius suavissimo subdantur imperio».

7 M. AUGÉ, Le feste del Signore, della Madre di Dioe dei santi, in L’anno liturgico. Storia, teologia ecelebrazione, Genova 1988 (Anàmnesis, 6), p.227.

Page 41: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

oncludiamo la presentazione delcapitolo quarto dell’Ordinamen-to Generale del Messale Roma-

no (OGMR), dedicato alle “Diverse formedi celebrazione della Messa”, con le indi-cazioni che riguardano i compiti del dia-cono, dell’accolito e del lettore, e quindicon alcune norme di carattere generaleper tutte le forme di Messa. Rimandiamocomunque per ulteriori approfondimentialla lettura e allo studio del testo integra-le dell’OGMR, sempre raccomandabileper quanti svolgono un ministero di ani-mazione liturgica.

Il diacono, rivestito delle sacre vesti,durante la Celebrazione Eucaristica: a)sta accanto al sacerdote e lo aiuta; b) al-l’altare, svolge il suo servizio al calice e allibro; c) proclama il Vangelo e può, perincarico del sacerdote celebrante, tenerel’omelia; d) guida il popolo dei fedeli conopportune monizioni ed enuncia le inten-zioni della preghiera universale; e) aiuta ilsacerdote celebrante nella distribuzionedella Comunione, purifica e ripone i vasisacri; f) compie lui stesso gli uffici deglialtri ministri, secondo la necessità, quan-do nessuno di essi è presente.

Nella processione di ingresso versol’altare il diacono è accanto al sacerdote,oppure lo precede quando porta l’Evan-geliario. In questo secondo caso, giunto

all’altare il diacono omette la riverenza e,deposto l’Evangeliario sull’altare, insiemecon il sacerdote venera l’altare con il ba-cio. Se non porta l’Evangeliario, fa con ilsacerdote un profondo inchino all’altaree con lui lo venera con il bacio. Se si usal’incenso, il diacono assiste il sacerdotenell’infusione dell’incenso nel turibolo enella incensazione della croce e dell’alta-re. Incensato l’altare, insieme con il sacer-dote si reca alla sede e vi rimane accantoal sacerdote.

Durante il canto al Vangelo, se si usail turibolo, il diacono aiuta il sacerdotenell’infusione dell’incenso, quindi, inchi-nandosi profondamente dinanzi al sacer-dote, a voce bassa chiede la benedizione.Dopo essersi segnato con il segno di cro-ce, fatta la riverenza all’altare, il diaconoprende l’Evangeliario e va all’ambone,portando il libro un po’ elevato; lo prece-dono il turiferario e i ministri con i ceriaccesi. La proclamazione del Vangelo el’incensazione avviene nel modo consue-to, e al termine il diacono ritorna pressoil sacerdote. Quando presiede il Vescovo,il diacono gli porta il libro da baciare e,nelle celebrazioni più solenni, il Vescovoimparte al popolo la benedizione con l’E-vangeliario. In mancanza di un altro let-tore, il diacono proclama anche le altreletture. Alla preghiera dei fedeli, dopo

41

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

C

Ordinamento generale del Messale Romano – 6

Stefano Lodigiani

Testi e Documenti

Page 42: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

42

l’introduzione del sacerdote, il diaconopropone le varie intenzioni, stando abi-tualmente all’ambone.

Terminata la preghiera universale, ilsacerdote rimane alla sede e il diaconoprepara l’altare con l’aiuto dell’accolito.Quindi sta accanto al sacerdote e lo aiutanel ricevere i doni del popolo. Presenta alsacerdote la patena con il pane da consa-crare e, dopo aver versato il vino e un po’d’acqua nel calice, lo presenta al sacer-dote. Se si usa l’incenso, assiste il sacer-dote nell’incensazione delle offerte, dellacroce e dell’altare, poi lui stesso, o l’acco-lito, incensa il sacerdote e il popolo. Du-rante la Preghiera eucaristica, il diacono èaccanto al sacerdote, un po’ indietro.Dall’epiclesi fino all’ostensione del caliceil diacono abitualmente sta in ginocchio.Alla dossologia finale della Preghiera eu-caristica, stando accanto al sacerdote,tiene sollevato il calice, mentre il sacerdo-te eleva la patena con l’ostia.

Dopo la preghiera per la pace, il dia-cono invita a darsi scambievolmente il se-gno di pace. Riceve dal sacerdote la pacee la può dare agli altri ministri a lui più vi-cini. Dopo che il sacerdote si è comunica-to, il diacono riceve la Comunione sottole due specie dallo stesso sacerdote,quindi aiuta il sacerdote a distribuire laComunione al popolo. Terminata la distri-buzione della Comunione, il diacono ri-torna all’altare con il sacerdote, raccogliei frammenti, se ve ne fossero, quindi por-ta alla credenza il calice e gli altri vasi sa-cri, dove li purifica e riordina, mentre ilsacerdote ritorna alla sede. Detta l’ora-zione dopo la Comunione, il diacono può

dare al popolo brevi comunicazioni, ameno che il sacerdote preferisca darlepersonalmente. Quando si usa la formuladella benedizione solenne, il diacono in-vita l’assemblea: “Inchinatevi per la be-nedizione”. Dopo la benedizione del sa-cerdote, il diacono congeda il popoloquindi, insieme con il sacerdote, veneral’altare con il bacio e, fatto un profondoinchino, ritorna in sacrestia.

I compiti che l’accolito può svolgeresono di vario genere e molti di essi sipossono presentare contemporaneamen-te. Nella processione di ingresso verso al-l’altare, l’accolito può portare la croce,affiancato da due ministri con i ceri acce-si. Giunto all’altare, colloca la croce pres-so l’altare, altrimenti la ripone in un luo-go degno. Quindi va al suo posto in pre-sbiterio. Durante l’intera celebrazionel’accolito si accosta, all’occorrenza, al sa-cerdote o al diacono per aiutarli in tuttociò che è necessario. Conviene pertantoche occupi un posto dal quale possa svol-gere comodamente il suo compito, sia al-la sede che all’altare.

In assenza del diacono, terminata lapreghiera universale, mentre il sacerdoterimane alla sede, l’accolito dispone sul-l’altare il corporale, il purificatoio, il cali-ce, la palla e il Messale. Quindi, se neces-sario, aiuta il sacerdote nel ricevere i donidel popolo. Se si usa l’incenso, presenta ilturibolo al sacerdote, e lo assiste poi nel-l’incensazione delle offerte, della croce edell’altare. Quindi incensa il sacerdote e ilpopolo. L’accolito istituito, se necessario,può, come ministro straordinario, aiutareil sacerdote nella distribuzione della Co-

Testi e Documenti

Page 43: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

munione al popolo. Terminata la distribu-zione della Comunione, aiuta il sacerdoteo il diacono a purificare e riordinare i vasisacri. In assenza del diacono, l’accolitoistituito porta i vasi sacri alla credenza elì, come si usa abitualmente, li purifica, liasterge e li riordina. Terminata la celebra-zione della Messa, l’accolito e gli altri mi-nistri, insieme al sacerdote e al diacono,ritornano in sagrestia processionalmentenello stesso modo e ordine con il qualeerano arrivati.

Illustrando i compiti del lettore istitui-to, l’Ordinamento indica che nella pro-cessione all’altare, in assenza del diaco-no, il lettore con una veste adatta, puòportare l’Evangeliario, altrimenti incedecon gli altri ministri. Giunto all’altare fa’con gli altri un profondo inchino. Se por-ta l’Evangeliario, lo depone sull’altare.Quindi va ad occupare il suo posto inpresbiterio con gli altri ministri. Il lettoreproclama dall’ambone le letture che pre-cedono il Vangelo. In mancanza del sal-mista, può anche proclamare il salmo re-sponsoriale dopo la prima lettura. In as-senza del diacono, dopo l’introduzionedel sacerdote, può proporre le intenzionidella preghiera universale.

Concludiamo riportando alcune nor-me di carattere generale per tutte le for-me di Messa, secondo l’OrdinamentoGenerale del Messale Romano (OGMR).

La venerazione dell’altare e dell’Evan-geliario si esprime ordinariamente con ilbacio, qualora la Conferenza Episcopale,con il consenso della Sede Apostolica,non abbia determinato un gesto che losostituisca.

La genuflessione, che si fa piegando ilginocchio destro fino a terra, significaadorazione; perciò è riservata al Santissi-mo Sacramento e alla santa Croce, dallasolenne adorazione nell’Azione liturgicadel Venerdì nella Passione del Signore fi-no all’inizio della Veglia pasquale. NellaMessa il sacerdote celebrante compie tregenuflessioni: dopo l’ostensione dell’o-stia, dopo l’ ostensione del calice e primadella Comunione. Se nel presbiterio èpresente il tabernacolo con il SantissimoSacramento, il sacerdote, il diacono e glialtri ministri genuflettono quando giun-gono all’altare o quando si allontanano,non invece durante la stessa celebrazionedella Messa. Genuflettono tutti coloroche passano davanti al Santissimo Sacra-mento, se non procedono in processione.I ministri che portano la croce processio-nale o i ceri, al posto della genuflessionefanno un inchino con il capo.

Con l’inchino si indicano la riverenza el’onore che si danno alle persone o ai lo-ro segni. Vi sono due specie di inchino,del capo e del corpo: a) L’inchino del ca-po si fa quando vengono nominate insie-me le tre divine Persone; al nome di Ge-sù, della beata Vergine Maria e del Santoin onore del quale si celebra la Messa. b)L’inchino di tutto il corpo, o inchinoprofondo, si fa: all’altare; mentre il sacer-dote dice le preghiere “Purifica il miocuore” e “Umili e pentiti”; nel simbolo(Credo) alle parole: “E per opera delloSpirito Santo”; nel canone romano, alleparole: “Ti supplichiamo, Dio onnipoten-te”. Il diacono compie lo stesso inchinomentre chiede la benedizione prima di

43

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006 Testi e Documenti

Page 44: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

44

proclamare il Vangelo. Inoltre il sacerdo-te, alla consacrazione, si inchina legger-mente mentre proferisce le parole del Si-gnore.

L’incensazione esprime riverenza epreghiera, come è indicato nella sacraScrittura. L’uso dell’incenso, in qualsiasiforma di Messa, è facoltativo: a) durantela processione d’ingresso; b) all’inizio del-la Messa, per incensare la croce e l’altare;c) alla processione e alla proclamazionedel Vangelo; d) quando sono stati postisull’altare il pane e il calice, per incensarele offerte, la croce e l’altare, il sacerdotee il popolo; e) alla presentazione dell’o-stia e del calice dopo la consacrazione.

Il sacerdote quando mette l’incensonel turibolo lo benedice tracciando un se-gno di croce, senza nulla dire. Prima edopo l’incensazione si fa un profondo in-chino alla persona o alla cosa che vieneincensata, non però all’altare e alle offer-te per il sacrificio della Messa. Con trecolpi del turibolo si incensano: il Santissi-mo Sacramento, la reliquia della santaCroce e le immagini del Signore espostealla pubblica venerazione, le offerte per ilsacrificio della Messa, la croce dell’ altare,l’Evangeliario, il cero pasquale, il sacerdo-te e il popolo. Con due colpi si incensanole reliquie e le immagini dei Santi espostealla pubblica venerazione, unicamente al-l’inizio della celebrazione, quando si in-censa l’altare.

Ogni volta che qualche frammento diostia rimane attaccato alle dita, soprat-tutto dopo la frazione o dopo la Comu-nione dei fedeli, il sacerdote asterga ledita sulla patena, oppure, se necessario,

lavi le dita stesse. Così pure raccolgaeventuali frammenti fuori della patena. Ivasi sacri vengono purificati dal sacerdo-te, dal diacono o dall’accolito istituito,dopo la Comunione, oppure dopo laMessa, possibilmente alla credenza. Sipresti attenzione a che si consumi subitoe totalmente all’altare quanto per caso ri-mane del Sangue di Cristo dopo la distri-buzione della Comunione.

La Comunione sotto le due specierende più evidente il segno del banchettoeucaristico ed esprime più chiaramente lavolontà divina di ratificare la nuova edeterna alleanza nel Sangue del Signoreed è più intuitivo il rapporto tra il ban-chetto eucaristico e il convito escatologi-co nel regno del Padre. La Comunionesotto le due specie è permessa, oltre aicasi descritti nei libri rituali: a) ai sacerdotiche non possono celebrare o concelebra-re; b) al diacono e agli altri che compionoqualche ufficio nella Messa; c) ai membridelle comunità nella Messa conventualeo in quella che si dice “della comunità”,agli alunni dei seminari, a tutti coloro cheattendono agli esercizi spirituali o parte-cipano ad un convegno spirituale o pa-storale. Il Vescovo diocesano può stabilireper la sua diocesi norme riguardo allaComunione sotto le due specie.

(continua)

Testi e Documenti

Page 45: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

a Buona notizia è che Dio è ami-co della creatura umana. Nellatradizione della Chiesa troviamo

una testimonianza continua dello stuporee della meraviglia di fronte a questa rive-lazione dell’Amore di Dio. Esiste un rap-porto unico e privilegiato tra il Signore ele sue creature, a cui soltanto si manife-sta e si fa conoscere, mostrando il suoVolto di Padre misericordioso nel Figlio.Nei testi proposti di alcuni Padri orientaliabbiamo occasione di meditare questomistero.

Dio è buono, in lui non vi è passionené mutamento. Se si considera ragione-vole e vero che Dio non muti, fa difficoltàallora che egli rallegri i buoni e abbando-ni i malvagi e vada in collera con chi pec-ca e poi, se gli si rende culto, si mostripropizio. Va detto che Dio né si rallegra,né va in collera, perché rallegrarsi e an-dare in collera sono passioni, e neppuregli si rende culto con doni: questo vor-rebbe dire che è vinto dal piacere. Non èlecito giudicare in bene o in male il divinoin base a giudizi umani. Dio è buono e fasoltanto il bene, non fa del male a nessu-no perché è fatto così; noi, invece, se di-ventiamo buoni diventandogli simili, ciuniamo a lui; se diventiamo cattivi diven-tandogli dissimili, ci separiamo da lui. Vi-vendo secondo virtù, ci teniamo stretti aDio. Diventando cattivi, ce lo rendiamo

nemico, non però vanamente adirato. Ipeccati non permettono a Dio di risplen-dere in noi, ma ci uniscono, invece, percastigo, ai demoni. Se con le preghiere ele opere buone riusciamo a liberarci daipeccati, non vuol dire che rendendo cul-to a Dio lo costringiamo a cambiare, mache guarendo la nostra malvagità con lenostre azioni e la nostra conversione aldivino, godiamo di nuovo della bontà diDio: perciò dire che Dio si ritrae dai catti-vi è come dire che il sole si nasconde achi è privo della vista.

Antonio il Grande – Esortazione

Qual è lo scopo di quel disegno di Dioche l’incarnazione di quel Dio Verbo an-nunziato in tutta la Divina Scrittura e danoi letto, ma non riconosciuto? Non èquello forse di farci partecipi di ciò che èsuo, dopo essersi fatto partecipe di ciòche è nostro? Il Figlio di Dio infatti è di-ventato figlio dell’uomo a tal scopo, perfare noi uomini figli di Dio, innalzandoper grazia la nostra stirpe a ciò che lui èper natura. Ci ha generati dall’alto nelloSpirito Santo e subito ci ha introdotto nelregno dei cieli, o piuttosto ci ha fatto do-no di avere il regno dei cieli dentro di noi(cf. Lc 17,21) cosicché non speriamo dientrare in esso, ma già lo possediamo egridiamo: “La nostra vita è nascosta conCristo in Dio” (Col 3,3).

45

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006 In dialogo

L

Il Signore ama la creatura umanadon Giovanni Biallo

Page 46: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

46

Simeone il Nuovo Teologo, Capitolipratici

Prima dell’incarnazione del Verbo diDio il regno dei cieli distava da noi quan-to il cielo dista dalla terra, ma quando ilre dei cieli è venuto a noi e si è compia-ciuto di unirsi a noi, il regno dei cieli si èavvicinato a noi tutti.

Poiché il regno dei cieli si è avvicinatoa noi, per la condiscendenza del Dio ver-bo nei nostri confronti, non allontania-moci da esso, vivendo senza convertirci.Fuggiamo piuttosto l’infelicità di quelliche giacciono nella tenebra e nell’ombradi morte (Lc 1,79). Acquistiamo le operedi conversione, e cioè: sentimenti diumiltà, compunzione e tristezza spiritua-le, un cuore mite, colmo di misericordia,che ama la giustizia, lotta per la purezza,è pacifico, cerca la pace, è tollerante, sicompiace di persecuzioni, danni, offese,calunnie e sofferenze per la verità e lagiustizia. Il regno dei cieli, o piuttosto il

re dei cieli, dono grande e ineffabile, èdentro di noi; dobbiamo sempre aderirea lui anche con le opere di conversione,amando, per quanto possiamo, colui checi ha tanto amato.

Gregorio Palamas, Centocinquantacapitoli

In dialogo

Natività

Page 47: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

47

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

DOMENICA I DI AVVENTO (C)3 Dicembre 2006A te, Signore, innalzo l’anima mia

La parola di Dio celebratap. Mattias Augé, cmf

Prima lettura: Ger 33,14-16Salmo responsoriale: dal Sal 24Seconda lettura: 1Ts 3,12-4,2Vangelo: Lc 21,25-28.34-36

L’anno liturgico inizia con l’invito a dareuno sguardo al compimento della nostra sal-vezza, che – in adempimento alle promessedivine, di cui ci parla Geremia nella primalettura – ha avuto nella storia come momentoculminante la prima venuta del Figlio di Dio“nell’umiltà della nostra natura umana”(prefazio dell’Avvento I) e avrà come meta etraguardo ultimo e definitivo il ritorno delFiglio dell’uomo, che alla fine dei tempiverrà “con potenza e gloria grande”, comedice la lettura evangelica. In questa cornice,la parola di Dio ci esorta ad attendere vigi-lanti, ma senza turbamento, il ritorno glorio-so del Cristo, giudice e salvatore, e al tempostesso ci sprona a prepararci a questa venutacon la testimonianza della propria vita di fe-de e soprattutto di una intensa vita di carità(cf. la seconda lettura).

Le immagini e le parole misteriose concui Gesù descrive il suo ritorno glorioso allafine della storia sono da interpretare in modoadeguato. Dietro questa descrizione del futu-ro, che può apparire a prima vista fosca eterrorizzante, bisogna leggere l’attesa dieventi storici che segneranno per sempre lasconfitta definitiva del male e il trionfo ulti-mo del bene. In questa luce, il ritorno glorio-

so del Cristo alla fine dei tempi è da consi-derarsi un evento non tanto temuto quantopiuttosto atteso, anzi addirittura invocato consperanza dagli oppressi, vittime della malva-gità degli uomini, e dall’intero popolo di Diopellegrinante sulla terra. Caratteristico delracconto di san Luca è appunto la speranzanel compimento della salvezza: “Quando co-minceranno ad accadere queste cose, alzate-vi e levate il capo, perché la vostra liberazio-ne è vicina”. Speranza di cui parla anchel’antifona d’ingresso della messa facendoproprie le parole del Sal 24, adoperato inol-tre come salmo responsoriale: “A te, Signore,elevo l’anima mia, Dio mio in te confido…”.La nostra speranza poggia sulla fedeltà diDio, che ha fatto “promesse di bene” (primalettura).

Per noi cristiani il tempo è un continuo“avvento”, un ininterrotto venire di Dio. IlSignore viene in continuazione, in ogni uomoe in ogni tempo. Perciò siamo invitati a ve-gliare e pregare. La vigilanza orante ci rendecapaci di discernere i segni e i modi dellapresenza del Signore. La storia umana non èda concepirsi come un succedersi più o me-no caotico di fatti senza significato, ma comeil compiersi graduale del “progetto” di sal-vezza che Dio ha sull’uomo. In questo pro-getto Dio ha voluto impegnare anche la no-stra libertà e quindi la nostra cooperazione.La nostra vita non sfocia nel nulla, nella de-lusione, ma può avere, se lo vogliamo, una

Page 48: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

48

conclusione positiva. Nel brano della secon-da lettura, per preparare questo futuro posi-tivo, san Paolo ci stimola a: “crescere e ab-bondare nell’amore vicendevole e verso tutti[...] per rendere saldi e irreprensibili i vostricuori nella santità, davanti a Dio Padre no-stro, al momento della venuta del Signorenostro Gesù con tutti i suoi santi.”

In questo impegno quotidiano ci è di aiutol’eucaristia, “che a noi pellegrini sulla terrarivela il senso cristiano della vita”, ed è soste-

Prima lettura: Gn 3,9-15.20Salmo responsoriale: dal Sal 97Seconda lettura: Ef 1,3-6.11-12Vangelo: Lc 1,26-38

Il ritornello del salmo responsoriale sinte-tizza molto bene i sentimenti della Chiesa inquesta solennità dell’Immacolata Concezionedi Maria. La Chiesa contempla in Maria il ca-polavoro di Dio. Il salmo 97 canta la vittoriafinale di Dio sulle potenze del male e la sal-vezza che ne conseguirà per Israele e pertutti i popoli. Maria riprende il v. 3 di questosalmo nel suo Magnificat per celebrare l’ope-ra di salvezza che Dio ha realizzato in lei. InMaria preservata immune da ogni macchia dicolpa originale, in previsione della morte diCristo (cf. la colletta), noi contempliamo com-piuto in modo meraviglioso il disegno amoro-so che Dio ha su tutti noi. In Maria immaco-lata infatti celebriamo l’alba della redenzio-ne, l’inizio della nuova umanità o, come diceil prefazio della messa, “l’inizio della Chiesa,sposa di Cristo senza macchia e senza ruga,splendente di bellezza”.

La prima lettura racconta il peccato didisubbidienza di Adamo ed Eva e le sueconseguenze. Dio si rivolge al serpente perpunirlo della sua opera di seduzione al male:la sua momentanea vittoria si cambierà indefinitiva sconfitta ad opera di un misteriosopersonaggio, figlio (“stirpe”) di una “donna”altrettanto misteriosa, che sosterrà una acca-nita “inimicizia” contro il serpente. La sceltadi questo brano intende mettere in evidenzail peccato dal quale Maria è stata preservatae suggerire l’idea di Maria come nuova Eva.Come Adamo ed Eva sono personaggi emble-matici per esprimere l’umanità caduta nelpeccato, così Gesù, nuovo Adamo, e sua ma-dre, nuova Eva, diventano personaggi altret-tanto emblematici che enunciano l’umanitàrinnovata, che sarà tale proprio nella misurain cui porterà avanti la inimicizia contro Sa-tana.

La lettura evangelica propone il raccontodell’Annunciazione. I Padri della Chiesahanno visto in questo evento la contropartitadi ciò che è successo nella caduta del para-

gno nel nostro cammino e guida ai beni eterni(orazione dopo la comunione), nonché “panedel nostro pellegrinaggio” (Catechismo dellaChiesa Cattolica, n. 1392). Come ci ha ricor-dato Giovanni Paolo II, “l’eucaristia è tensio-ne verso la meta, pregustazione della gioiapiena promessa da Cristo; in certo senso, essaè anticipazione del paradiso, pegno della glo-ria futura. Tutto, nell’eucaristia, esprime l’at-tesa fiduciosa che si compia la beata speranzae venga il nostro Salvatore Gesù Cristo” (Ec-clesia de Eucharistia, n. 18).

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B.V. MARIA8 Dicembre 2006Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore

Page 49: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

diso terrestre: Eva non ascolta il precetto diDio, Maria invece ascolta il messaggio del-l’angelo inviato da Dio; Eva disubbidisce al-la parola di Dio, Maria invece pronuncia ilsuo “si” ubbidiente al piano di Dio su di lei:“Eccomi, sono la serva del Signore, avvengadi me quello che hai detto”; Eva significa“madre di tutti i viventi”, Maria lo è in sen-so più profondo in quanto è madre dei re-denti mediante la morte del Figlio suo, vin-citore del male e della morte. Maria, gene-rando il Cristo, ha posto nella terra il “se-me” indistruttibile del bene, della giustiziae della speranza. Esso si radicherà e trasfor-merà l’umanità intera. E’ la stessa realtà chedescrive il brano introduttivo alla letteraagli Efesini (seconda lettura) in cui l’Apo-stolo afferma che Dio, in Cristo “ci ha sceltiprima della creazione del mondo, per esseresanti e immacolati al suo cospetto nella ca-rità”.

Giovanni Paolo II, ha affermato che Ma-ria “porta in sé, come nessun altro tra gli es-seri umani, quella ‘gloria della grazia’ che ilPadre ‘ci ha dato nel suo Figlio diletto’, equesta grazia determina la straordinariagrandezza e bellezza di tutto il suo essere”(Redemptoris Mater, n.11). Maria è chiamatadall’angelo dell’Annunciazione “piena digrazia”, che è quasi come un nuovo nomeper lei: descrive il suo stato e la sua missio-ne. Dio ha “colmato di grazia” Maria. In Ma-ria immacolata contempliamo il primo, stu-pendo effetto della redenzione: l’umanitàviene ricondotta all’integrità del progetto diDio. L’Immacolata è quindi un segno di spe-ranza per tutti noi.

L’eucaristia “guarisce in noi le ferite diquella colpa da cui, per singolare privilegio”Maria è stata preservata nella sua immacola-ta concezione (orazione dopo la comunione).

49

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

DOMENICA II DI AVVENTO (C)10 Dicembre 2006Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri

Prima lettura: Bar 5,1-9Salmo responsoriale: Sal 125Seconda lettura: Fil 1,4-6.8-11Vangelo: Lc 3,1-6

La prima domenica di Avvento ci invi-tava all’attesa vigilante. Oggi invece siamoinvitati a “preparare la via del Signore”.Nel brano evangelico emerge la figura diGiovanni Battista, l’ultimo dei profeti man-dato da Dio. Giovanni, con la propria vitarichiama la forza purificatrice del “deser-to”; con la sua predicazione, al seguito diquella dei profeti e, in particolare, del pro-feta Baruc, di cui oggi leggiamo un branonella prima lettura, annuncia il prossimo

compiersi della salvezza nel Messia. Sitratta di un annuncio gioioso perché la sal-vezza è anzitutto opera meravigliosa com-piuta da Dio: “Gerusalemme, sorgi e sta’ inalto: e contempla la gioia che a te viene daltuo Dio” (antifona alla comunione – Bar5,5; 4,36). La salvezza viene descritta co-me una grande trasformazione che si com-pie nell’uomo. Questa trasformazione è an-zitutto opera della grazia di Dio. Ce lo ri-corda il salmo responsoriale (Sal 125) conil ritornello “Grandi cose ha fatto il Signoreper noi”, parole riprese quasi alla letterada Maria nel suo Magnificat (Lc 1,49). Mala grazia rimane inattiva se non intervienee coopera con essa la nostra libertà: “Dio

Page 50: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

che ha fatto te senza di te, non salverà tesenza di te” (sant’Agostino). Perciò il mes-saggio di questa seconda domenica di Av-vento può essere riassunto come un invitoalla conversione. San Giovanni promette:“Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”, maprima ammonisce i suoi ascoltatori conqueste parole: “Preparate la via del Signo-re, raddrizzate i suoi sentieri”. La salvezzaè dono, grazia di Dio, ma anche azione,cooperazione dell’uomo. Non basta atten-dere passivamente l’irrompere dell’azionedi Dio. La salvezza presuppone un cambia-mento nell’uomo, cioè l’abbandono del ma-le e del peccato e l’opzione decisa per ilbene. E’ talvolta un cammino duro e diffi-cile, che esige il coraggio di spianare lemontagne e di colmare i burroni.

Attraverso una fitta collezione di simbo-li e di imperativi gioiosi il cap. 5 del librodi Baruc vuole lanciare un messaggio difiducia e di speranza. Nel brano della pri-ma lettura, preso appunto dal cap. 5 di Ba-ruc, il profeta legge il fatto storico del ritor-no degli Ebrei esiliati, nell’anno 538 a.C.,e della conseguente restaurazione di Geru-salemme come pellegrinaggio di ritornogioioso dell’intera umanità alla condizioneprimordiale e come restaurazione messiani-ca. La conversione è cambiare strada, ritor-nare a casa, ritrovare il senso del propriocamminare. L’immagine della strada può

Prima lettura: Sof 3,14-18aSalmo responsoriale: Is 12,2-6Seconda lettura: Fil 4,4-7Vangelo: Lc 3,10-18

L’odierno salmo responsoriale riprendeil cantico inserito a conclusione del cosid-detto libro dell’Emmanuele (Is 6-12). Laprima parte del cantico si chiude con l’an-

essere assunta come simbolo del tempo diAvvento. Una strada che deve essere ap-pianata per condurre anche noi, come ungiorno gli esuli da Babilonia, a ricostruirela città di Dio, a ritrovare la propria libertàe dignità. La conversione quindi non è solorinuncia. San Paolo nella seconda lettura ciricorda che la vera conversione non è sol-tanto allontanamento dal peccato; implicaanche la crescita nell’amore fino al suopieno compimento. In altre parole, conver-tirsi significa ritrovare la freschezza e l’ori-ginalità della propria fede, del proprio rap-porto con Dio e con gli altri. Si tratta di ve-rificare quale posto ha veramente Dio nellanostra esperienza quotidiana, quale in-fluenza ha il vangelo nelle nostre concretescelte di vita.

Se la conversione è un ritrovare Dionella nostra vita, la partecipazione all’eu-caristia è dono di conversione perché in es-sa Dio si rende presente in mezzo a noi:“l’eucaristia è mistero di presenza, permezzo del quale si realizza in modo sommola promessa di Gesù di restare con noi finoalla fine del mondo” (Giovanni Paolo II,Mane nobiscum Domine, n. 16). Conse-guentemente, l’eucaristia ci insegna a leg-gere la storia con gli occhi di Dio, a “valu-tare con sapienza i beni della terra, nellacontinua ricerca dei beni del cielo” (ora-zione dopo la comunione).

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

50

DOMENICA III DI AVVENTO (C)17 Dicembre 2006Alleluia: viene in mezzo a noi il Dio della gioia

Page 51: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

nuncio di un futuro in cui la comunità at-tingerà “con gioia alle sorgenti della sal-vezza”; la seconda parte invece, nella pro-spettiva della salvezza adempiuta, invitagli abitanti di Sion alla gioia e all’esultan-za per la salvezza operata meravigliosa-mente dal Signore. L’inno di lode è fonda-to quindi sull’esperienza gioiosa della sal-vezza. La Chiesa riprende questo testoprofetico nella consapevolezza che la pie-na salvezza dell’umanità si attua in Cristo,il vero Emmanuele: Dio con noi.

Il tema centrale e tradizionale dellaterza domenica di Avvento è la gioia “per-ché il Signore è vicino” (seconda lettura),anzi è in mezzo a noi come “salvatore po-tente” (prima lettura). Infatti è lui chebattezza “in Spirito Santo e fuoco” (vange-lo); il “fuoco” nella prospettiva di Luca èil simbolo dello Spirito Santo che Gesùcomunica ai discepoli a pentecoste. Se ilmessaggio della seconda domenica di Av-vento era un pressante invito alla conver-sione per far fruttificare in noi il dono del-la salvezza, oggi siamo invitati alla gioia,frutto del dono della salvezza. Domenicascorsa, il personaggio centrale era Gio-vanni Battista che invitava a preparare levie del Signore. Oggi il personaggio cen-trale è Gesù, datore dello Spirito.

L’Avvento, proiettandoci verso il miste-ro della presenza salvatrice del Cristo,non può non essere caratterizzato dallagioia. Quando però fin dal Medioevo l’Av-vento aveva assunto un aspetto fortementepenitenziale, questa domenica interrom-peva la penitenza e diventava una festagioiosa, quasi anticipo del Natale ormaivicino. Il senso festivo e gioioso venivasottolineato da alcuni segni esteriori, qua-li ad esempio il fatto di indossare per lacelebrazione eucaristica i paramenti colo-

re rosa. Ciò è ancora possibile, ma certa-mente molto meno significativo in quantol’Avvento ha perso quel forte aspetto peni-tenziale che lo assimilava alla Quaresima.In ogni modo, la liturgia odierna è con-trassegnata da un forte richiamo allagioia, che viene vista come espressioneimmediata della fede che riconosce la vi-cinanza del Signore.

La gioia cristiana, di cui parliamo, nonè vuota, senza senso, ma è fondata sullapresenza di Dio che salva. In questo conte-sto, possiamo affermare che l’eucaristia èla gioia del nostro pellegrinaggio. Si trattadi una gioia anzitutto interiore, profonda,che si colloca nella sfera della salvezza,nella ricerca sincera di Dio, nella persua-sione ferma di averlo come propria eredità,nella certezza incrollabile di poter contaresu di lui in ogni evenienza. Questa gioia èmisteriosa, perché può coesistere anchecol dolore fisico e morale, con l’umiliazio-ne, la tentazione, la solitudine. Paradossocristiano, espresso in modo sublime da sanFrancesco d’Assisi quando dice: “E’ tantoil bene che m’aspetto che ogni pena m’èdiletto”. L’uomo può essere ricco, pieno disalute e, nonostante tutto, sentire il cuoreprofondamente insoddisfatto. Se non si èricchi dentro, ricchi di fede e di speranza,difficilmente si può avere l’esperienza del-la gioia cristiana. La spiritualità cristianadella gioia però non deve attenuare in noila partecipazione cordiale ai beni di que-sto mondo e alla sua condivisione gioiosacon gli uomini, nostri fratelli. Anzi nellacondivisione fraterna e gioiosa dei beni diquesto mondo si esprimono i frutti dellasalvezza portata da Cristo, e trovano com-pimento le parole profetiche: “Lo Spiritodel Signore è su di me, mi ha mandato aportare il lieto annunzio ai poveri” (cantoal vangelo – Is 61,1).

51

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

Page 52: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Prima lettura: Mic 5,1-4aSalmo responsoriale: dal Sal 79Seconda lettura: Eb 10,5-10Vangelo: Lc 1,39-48a

Il Sal 79, che fu una supplica d’Israeleper implorare l’intervento di Dio liberatore, èdiventato preghiera e supplica della Chiesasoprattutto nel Tempo di Avvento. Nell’attesadell’imminente manifestazione del Cristo, lanostra preghiera diventa pressante: “Fasplendere il tuo volto e salvaci, Signore” (ri-tornello del salmo responsoriale).

La quarta e ultima domenica di Avventosvolge il ruolo di una sorta di vigilia del Na-tale e quindi l’attenzione dei testi liturgici èvolta a coloro che, in ogni nascita, sono iprotagonisti: la madre e il suo figlio. Il Mes-sia annunciato, “colui che deve essere il do-minatore in Israele” (prima lettura), giungetramite la piena disponibilità di Maria alpiano di Dio (cf. vangelo). Egli viene peradempiere la volontà salvifica del Padre, persalvare cioè l’uomo mediante l’offerta non di“olocausti né sacrifici” ma del proprio corpo(seconda lettura).

Nelle due prime letture è sottintesa unavisione di Cristo, Sapienza di Dio, presentefin dalle origini del mondo, che attraversa lastoria e sarà il suo termine perché a Lui tut-to tende, tutto si risolve e tutto si compirà inLui. Per il profeta Michea, profeta contadi-no contemporaneo di Isaia, la liberazione ela restaurazione storico-politica e nazionaledi Israele è l’immagine della nuova restau-razione messianica, universale ed eterna.Sarà opera del Messia, discendente di Davi-

de, nato a Betlemme. La lettera agli Ebreispiega come il Messia porterà a terminequest’opera di restaurazione dell’umanità: al“sacrificio” e all’ “offerta” dell’antica al-leanza, segni efficaci della salvezza offertaall’uomo, si sostituisce il “corpo”, cioè larealtà personale del Cristo uomo e Dio. At-traverso l’offerta volontaria della propria vi-ta, egli instaura i tempi nuovi che realizzanoil compimento delle promesse divine. L’au-todonazione di Gesù è unica e irrepetibile,come la sua morte. Come atto estremo diamore fedele è un’offerta che ha un’efficaciadefinitiva. Ecco quindi che fin dal Nataleviene evocato il mistero pasquale, che portaa verità tutto, anche il mistero dell’Incarna-zione. Su questa linea, la colletta della mes-sa prega il Padre, che ci ha rivelato l’incar-nazione di suo Figlio: “per la sua passione ela sua croce guidaci alla gloria della risur-rezione”. Perciò anche il Natale trova il suomomento culminante nella celebrazione eu-caristia, memoriale della pasqua di morte erisurrezione.

La venuta del Figlio di Dio richiede unapreparazione, una disposizione all’accogli-mento. Questa preparazione si compie lungotutto l’Antico Testamento, e trova espressio-ne particolare nelle parole dei profeti e nellesperanze e preghiere del popolo d’Israele.Ma questa preparazione ha un suo particola-re compimento nella fede obbediente di Ma-ria. Elisabetta proclama Maria beata perché“ha creduto nell’adempimento delle paroledel Signore”. Troviamo nel vangelo di sanLuca un altro passaggio dove viene lodata daGesù stesso la fede obbediente di Maria. L’e-vangelista ci tramanda le parole di una don-

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

52

DOMENICA IV DI AVVENTO (C)24 Dicembre 2006Eccomi, sono la serva del Signore: avvenga di me quello che hai detto

Page 53: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

na che si trova tra la folla che segue e ascol-ta Gesù: “Beato il ventre che ti ha portato eil seno da cui hai preso il latte!”. A questeparole Gesù risponde: “Beati piuttosto coloroche ascoltano la parola di Dio e la osserva-no!” (Lc 11,27-28). Qui sta la vera grandezza

Prima lettura: Is 9,1-3.5-6Salmo responsoriale: dal Sal 95Seconda lettura: Tt 2,11-14Vangelo: Lc 2,1-14

Il salmo responsoriale celebra il meravi-glioso progetto che Dio ha tracciato per lastoria e per l’intero cosmo. Ecco perché giu-stamente lo cantiamo nella notte di Natale incui commemoriamo la nascita di Gesù, che èl’evento fondamentale del progetto di Diosull’uomo. Questo bambino nato a Betlemmeè il nostro Salvatore: “Oggi è nato per noi ilSalvatore”. E’ un annuncio che si ripete piùvolte in questa santissima notte (antifonad’ingresso, canto al vangelo, lettura evangeli-ca, antifona alla comunione).

Gesù “è nato per noi”. E’ logico quindiche ci domandiamo cosa arreca a noi questanascita. La risposta la troviamo nelle parolecon cui si chiude il vangelo di questa notte:“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace interra agli uomini che egli ama”, e cioè pacea tutti gli uomini perché Dio ha liberamentedeciso di amarli. La prima lettura ci ricordache tutta la storia dell’umanità è un faticosocammino nelle tenebre e nell’oppressione al-la ricerca di luce, di verità, di speranza e dipace. Gesù, il “Principe della pace”, di cuiparla il profeta Isaia, è la risposta definitiva

di Dio alle attese dell’umanità. “Egli - dicesan Paolo nella seconda lettura - ha dato sestesso per noi, per riscattarci da ogni ini-quità e formarsi un popolo puro che gli ap-partenga, zelante nelle opere buone”.

Nel mistero della nascita di Gesù, gli spi-riti celesti al tempo stesso che annunziano“pace in terra agli uomini”, proclamano“gloria a Dio nel più alto dei cieli”. Che co-s’è la gloria di Dio? E’ Dio stesso in quantosi rivela nella sua maestà, nella sua potenza,nello splendore della sua santità. Dio mani-festa la sua gloria con i suoi interventi mera-vigliosi nella storia. Ma, secondo san Gio-vanni, la gloria nascosta di Dio è apparsa nelCristo fra gli uomini (cf. Gv 1,14; 11,4-40)ed è riconoscibile solo attraverso la fede (cf.Gv 2,11). In altre parole, la gloria di Dio èDio stesso in quanto manifesta il suo amore,un amore che si riflette sul volto di Cristo eda lui arriva a noi. La “pace in terra” quindiè la manifestazione storica della gloria diDio, la manifestazione della volontà salvificadi Dio in Cristo per noi. Possiamo quindi af-fermare anche che quando gli uomini siamonella pace, viviamo in pace, Dio è glorificatoin noi: la gloria di Dio è l’uomo redento, l’uo-mo che ha accolto Gesù come Salvatore. Ge-sù, “Principe della pace”, appare nella storiadell’umanità come segno di riconciliazione

di Maria, nella sua totale disponibilità all’a-scolto e nell’accoglienza fattiva della paroladi Dio. Maria, che ha incarnato l’attesa e lafede di Israele nelle promesse di Dio, diven-ta prototipo della Chiesa nel suo camminoincontro al Cristo.

53

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

NATALE DEL SIGNORE25 Dicembre 2006Messa della notteOggi è nato per noi il Salvatore

Page 54: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

le è un invito a riscoprire i veri valori chedanno spessore alla nostra esistenza: il sensodella vita, il gusto di ciò che è essenziale, ilsapore delle cose semplici, lo stupore dellavera libertà, la voglia di costruire la propriaesistenza nel servizio agli altri e nell’impe-gno quotidiano per la realizzazione di unmondo riconciliato. Il buon Natale che ciscambiamo vicendevolmente dev’essere an-zitutto un augurio di pace e di serenità inten-sa e profonda, che ci renda capaci di avvici-narci agli altri per farli partecipi della nostrapace, più felici e più fratelli, più inseriti nel-la grande famiglia umana e cristiana.

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

54

Prima lettura: Is 69,11-12Salmo responsoriale: dal Sal 96Seconda lettura: Tt 3,4-7Vangelo: Lc 2,15-20

Il salmo responsoriale presenta il regnodi Dio come un’apparizione sconvolgente,nella quale saranno travolte le potenze delmale che dominano il mondo. I versetti delsalmo ripresi dall’odierna liturgia fanno rife-rimento in modo particolare ai temi della lu-ce e della gioia, che sono temi squisitamentenatalizi. Con questo testo la Chiesa celebrala manifestazione di Cristo nella carne comeuna luce soprannaturale, che si è levata peril giusto e ha recato gioia ai retti di cuore.Tutta la storia dell’umanità è un faticosocammino nelle tenebre alla ricerca di luce,di verità e di speranza. Il Natale è una festadi luce che rischiara la notte delle nostre te-nebre, paure e disperazioni.

Alla luce della prima lettura, tratta dal

profeta Isaia, il mistero del Natale apparecome la manifestazione dell’amore di Dioche salva. Anche la lettura apostolica parladel manifestarsi della bontà di Dio, salvatorenostro. San Paolo, rivolgendosi al suo disce-polo Tito, afferma che la prova massima del-la sua bontà e del suo amore Dio ce la forni-sce donandoci il suo proprio Figlio. Egli hacongiunto il nostro limite alla sua infinità, ciha restituito la possibilità di esistere nellasperanza. Il Natale celebra il dono dell’amo-re divino nel Cristo, rivelazione del Padre esalvezza del mondo. Questo dono, fatto a tut-ti, apre il cuore dell’uomo alla speranza.

Nel brano evangelico vediamo che i primidestinatari di questa rivelazione sono alcuniumili pastori che pascolano il loro gregge nel-le vicinanze di Betlemme. E’ significativo chel’annuncio della nascita di Gesù sia dato apoveri pastori, e non ai potenti di Gerusalem-me o ai sacerdoti del tempio. Vediamo poi chela risposta dei pastori alle parole dell’angelo è

con Dio e con gli uomini. Con lui “la verapace è scesa a noi dal cielo” (antifona d’in-gresso). Con Cristo inizia il tempo della nuo-va ed eterna alleanza tra l’uomo e Dio, untempo - ormai definitivo - di pace, d’intimitàe familiarità dell’uomo con Dio.

La salvezza di Dio ci viene offerta in for-ma umana, nella povertà e debolezza, nel“segno” di un bambino, che assume la nostradebolezza: “la nostra debolezza è assunta dalVerbo” (prefazio III del Natale). Perciò latradizione cristiana ha fatto del Natale unafesta di profonda solidarietà umana. Il Nata-

NATALE DEL SIGNORE25 Dicembre 2006Messa dell’auroraOggi la luce risplende su di noi

Page 55: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

stata coerente e immediata: “Andiamo fino aBetlemme, vediamo questo avvenimento cheil Signore ci ha fatto conoscere...” E san Lucaaggiunge: “E dopo averlo visto riferirono ciòche del bambino era stato detto loro”. I pasto-ri quindi, obbedendo alla rivelazione ricevu-ta, si recano a Betlemme e vedono il Bambi-no. In questo modo, conosciuto l’avvenimen-to, riferiscono, e cioè annunciano agli altriquanto essi hanno udito e visto nel loro in-contro con Gesù. Il vangelo non nominerà piùi testimoni di questa prima rivelazione. Se-condo san Luca, dobbiamo a Maria, la Madredi Gesù, se si è conservato il ricordo di que-ste circostanze: “Maria, da parte sua, serbavatutte queste cose meditandole nel suo cuore”.Solo colui che è attento ascoltatore della Pa-rola può essere portatore di quell’annuncioche suscita la meraviglia della fede.

L’eucaristia rievoca e ripresenta la mortee la risurrezione del Cristo, ma, con il miste-ro della Pasqua, e in ordine ad esso, ricordae rinnova, in certo modo, tutta la storia dellasalvezza, di cui l’incarnazione e la nascita diGesù sono gli inizi. Il Natale del Signore se-gna l’inizio di quel cammino salvifico cheporta Gesù a farsi in tutto simile agli uomini,fuorché nel peccato, fino alla morte di croce:è il cammino che, da una parte, prepara laPasqua e ad essa conduce e, dall’altra, rice-ve significato salvifico proprio dalla Pasqua.

L’orazione dopo la comunione ci indical’atteggiamento con cui dobbiamo celebrareil Natale: “conoscere con la fede le profon-dità del mistero e viverlo con amore intensoe generoso”.

55

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

NATALE DEL SIGNORE25 Dicembre 2006Messa del giornoTutta la terra ha veduto la salvezza del Signore

Prima lettura: Is 52,7-10Salmo responsoriale: dal Sal 97Seconda lettura: Eb 1,1-6Vangelo: Gv 1,1-18

Nel Natale di Cristo, la Chiesa con le pa-role profetiche del salmo responsoriale ci in-vita a lodare il Signore che ha compiuto pro-digi e ha manifestato la sua salvezza e il suoamore per la casa d’Israele. Nel bambino diBetlemme questa salvezza si è manifestata,non solo ad Israele, ma a tutti gli uomini del-la terra che possono ormai contemplarla eaccoglierla. L’ingresso del Salvatore nelmondo e nella storia provoca un sussulto difelicità in tutti e in tutto. La gioia del Nataleperò sarebbe superficiale se non fosse fonda-ta sulla contemplazione del mistero natalizio

alla luce della fede. Ecco perché in questamessa del giorno siamo invitati a contempla-re, guidati dalla parola di Dio, le profonditàdi questo mistero.

La lettura evangelica è presa dal mirabileinno che fa da prologo al vangelo di Giovanni,vera e profonda meditazione sul mistero delNatale. San Giovanni annuncia che il Verbo diDio si è fatto carne ed è venuto ad abitare inmezzo a noi ma al tempo stesso annuncia chetutti coloro che accolgono questo bambino, ilFiglio di Dio fatto carne, ricevono anch’essi ilpotere di diventare figli di Dio. In Cristo civiene offerta la possibilità di una nuova origi-ne, non più fondata sul sangue e sulla carne,ma su Dio stesso. Le parole iniziali del vange-lo di Giovanni “in principio” evocano ideal-

Page 56: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

mente quelle parallele di Gn 1,1 riguardantila creazione, tema a cui fa riferimento anchela colletta quando dice: “O Dio, che, in modomirabile ci hai creati a tua immagine, e in mo-do più mirabile ci hai rinnovati e redenti”. Ilmistero del Natale riguarda quindi anche noi.Il mistero di un Dio fatto uomo ci immerge nelmistero dell’uomo che diventa figlio di Dio. Sitratta di quel“ m i s t e r i o s oscambio” di cuiparla il prefaziodella messa: ilVerbo di Dio as-sume la nostranatura umananella sua debo-lezza e fragilità,e noi, uniti a luiin comunionemirabile, condi-vidiamo la suavita immortale.La stessa dottri-na esprime sanPaolo in un bra-no che vieneproposto oggi al-la nostra atten-zione nella Li-turgia delle Ore:“Quando vennela pienezza deltempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da don-na, nato sotto la legge per riscattare coloro cheerano sotto la legge, perché ricevessimo l’ado-zione a figli” (Primi vespri, lettura breve - Gal4,4-5). Nel Natale noi contempliamo gli inizidella nostra salvezza. La prima lettura, trattada Isaia, annuncia profeticamente questoevento quando dice: “tutti i confini della terravedranno la salvezza del nostro Dio”, paroleriprese dal ritornello del salmo responsoriale eriproposte come antifona alla comunione.

San Leone Magno, contemplando il mi-stero dell’Incarnazione, esclama: “Ricono-sci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipedella natura divina, non voler tornare all’a-biezione di un tempo con una condotta inde-gna” (Liturgia delle Ore: Ufficio delle lettu-re, seconda lettura). Questa stessa esortazio-ne è implicita nel testo del prologo di san

Giovanni quan-do si dice che acolui che acco-glie il Figlio diDio fatto carne,viene dato po-tere di “diven-tare” figlio diDio: la nostraidentità di figlidi Dio è inseri-ta dentro unprocesso dina-mico che siapre ad unacrescita pro-gressiva e sen-za sosta che ciconduce versogli spazi dellavita divina. Co-me dice la Co-stituzione Gau-dium et Spesdel Vaticano II,

“solamente nel mistero del Verbo incarnatotrova vera luce il mistero dell’uomo (n. 22).L’umanesimo cristiano radica nel divino enell’eterno la nostra povera condizione mor-tale.

L’eucaristia che oggi celebriamo è per ec-cellenza il sacrificio della nuova alleanza, ilrito della nuova umanità che ci introduceprogressivamente alla partecipazione dellavita divina.

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

56

La Natività

Page 57: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Prima lettura: 1Sam 1,20-22.24-28Salmo responsoriale: dal Sal 83Seconda lettura: 1Gv 3,1-2.21-24Vangelo: Lc 2,41-52

L’odierno salmo responsoriale appartieneai salmi di pellegrinaggio. Aperto dall’escla-mazione stupita di un pellegrino giunto da-vanti al tempio, questo cantico descrive lanostalgia del pellegrino quando sta per la-sciare la città santa. In termini generali, ilnostro salmo esprime la gioia e l’abbandonoin Dio di chi vive nella sua grazia. Noi cri-stiani in questa preghiera possiamo trovareespressioni che ci sollevano al di sopra dellequotidiane ansietà terrene, verso quella casadove ci attende il Padre, con il quale Gesù ciha riconciliati. Sono i sentimenti che devononutrire la famiglia cristiana, consapevole dinon avere dimora fissa quaggiù ma di esserein cammino verso la casa del Padre.

Tutte e tre le letture bibliche odierne par-lano della nascita dell’uomo all’interno dellafamiglia, ma tutte e tre affermano che ilbambino è più grande della famiglia in cuinasce. Ciò la prima lettura lo dice di Samue-le, il vangelo lo afferma di Gesù, e la secon-da lettura lo applica ad ogni uomo, ad ognibattezzato, vero figlio di Dio. Il destino del-l’uomo che viene a questo mondo è un desti-no che sovrasta i limiti della famiglia in cuinasce perché la dimensione ultima della suavita trascende le realtà di questo mondo.Questo vale anzitutto per Gesù.

Il vangelo ci racconta che Maria e Giusep-pe si recano a Gerusalemme per la ricorrenzadella Pasqua ebraica. Gesù, ormai dodicenne,

accompagna i suoi genitori in questo pio pelle-grinaggio. Ed ecco che al ritorno il bambino ri-mane a Gerusalemme senza che i genitori sene accorgano. Dopo tre giorni di angosciose ri-cerche, nel ritrovarlo seduto in mezzo ai dotto-ri nel tempio, Maria non può far a meno dirimproverare affettuosamente suo figlio, comefarebbe ogni mamma: “perché ci hai fatto co-sì? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercava-mo”. Gesù risponde: “Perché mi cercavate?Non sapevate che io devo occuparmi delle co-se del Padre mio?”. E’ la prima autorivelazio-ne del suo destino. Il brano evangelico aggiun-ge che Maria e Giuseppe non compresero que-ste parole. Dice però che Maria “serbava tuttequeste cose nel suo cuore”. La breve parentesidell’autorivelazione di Gesù nel tempio di Ge-rusalemme prelude a quella della sua pasqua

57

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIADI GESU’ MARIA E GIUSEPPE (C)31 Dicembre 2006Beato chi abita la tua casa, Signore

Roberta Boesso, Natività, Monterotondo (RM)

Page 58: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

di morte e risurrezione. I tre giorni di ango-sciosa ricerca da parte di Maria e Giuseppeanticipano i tre giorni del suo dramma finale.

L’odierna festa della Sacra Famiglia ci in-vita a riflettere sul mistero del figlio, d’ogni fi-glio, d’ogni uomo. “Dono del Signore sono i fi-gli” (Sal 127,3a). Perciò su ogni uomo che vie-ne a questo mondo, Dio ha un suo progetto. Lapersona è chiamata ad uscire dall’ambito dellafamiglia e trovare nella obbedienza a Dio la di-mensione ultima della sua vita al di là di ognitentazione di possesso personale dei propri ge-nitori. Gesù affermerà più volte di avere Dioper Padre (cf. Lc 10,22; 22,29; Gv 20,17) ri-

Prima lettura: Nm 6,22-27Salmo responsoriale: dal Sal 66Seconda lettura: Gal 4,4-7Vangelo: Lc 2, 16-21

Il salmo responsoriale è un inno di rin-graziamento corale per i doni divini e, inparticolare, per il frutto della terra, segnodell’amore di Dio. La liturgia del primo gior-no dell’anno riprende questo inno nella suaparte più universalistica in cui si parla diuna presenza benedicente di Dio che ab-braccia tutti i popoli della terra. La nostravita, che oggi inizia una nuova tappa, è vera-mente benedetta da Dio nella misura in cui èilluminata dallo splendore del volto di Dio.

In questo primo giorno dell’anno si so-vrappongono una serie di temi: l’inizio del-l’anno, l’ottava del Natale, la solennità di Ma-ria SS. Madre di Dio e la giornata della paceistituita da Paolo VI nel 1967. Possiamo ag-

vendicando per sé un rapporto che oltrepassaquello paterno e anche quello materno. Le ul-time parole del vangelo d’oggi ci fanno capireperò che il progetto di Dio su di noi si realizzaattraverso il passaggio di crescita e di matura-zione in seno alla famiglia: “Partì dunque conloro e tornò a Nazaret e stava loro sottomes-so…” Gesù vive e cresce in una famiglia doveMaria e Giuseppe offrono l’insegnamento dellaloro saggezza rimanendo sempre aperti al pro-getto di Dio sul loro figlio. La famiglia in cui lapersona umana nasce e cresce è essenziale mala persona dovrà uscire dall’ambito familiare etrovare nell’obbedienza a Dio la dimensioneultima della sua vita.

giungere ancora, con il brano evangelico, lacirconcisione, in cui “gli fu messo nome Ge-sù”, che significa “Iahvè salva”; in Luca, è aMaria che viene detto il nome scelto da Dio(1,31), mentre in Matteo viene detto a Giu-seppe (Mt 1,21.25). Tutte queste tematichepossono trovare un logico collegamento traloro nel tema della benedizione. Maria, la be-nedetta fra tutte le donne, ci ha donato Gesù,frutto benedetto del suo seno, primogenito framolti fratelli. Infatti, anche noi siamo diven-tati, per opera dello Spirito, figli ed eredi, e,in questo modo, tutta la nostra vita è nel se-gno della benedizione divina di cui la pace èfrutto prezioso. Le letture bibliche d’oggi ri-prendono queste tematiche e conferiscono lo-ro motivazioni e contenuti dottrinali.

La prima lettura descrive come i sacerdo-ti d’Israele davano al popolo la benedizioneal termine delle grandi feste liturgiche. Que-st’antica benedizione sacerdotale, ancora og-

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

58

MARIA SS. MADRE DI DIO1 Gennaio 2007Dio ci benedica con la luce del suo volto

Page 59: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Prima lettura: Is 60,1-6Salmo responsoriale: dal Sal 71Seconda lettura: Ef 3,2-3a.5-6Vangelo: Mt 2,1-12

Il salmo responsoriale, proiettando losguardo oltre gli orizzonti storici del tempoin cui fu scritto, annuncia una salvezza,che verrà offerta dal Messia, senza limitigeografici e sociali: la sua giustizia saràperfetta, il suo dominio universale, il suoregno eterno, il cosmo intero sarà coinvolto

nella pace offerta in abbondanza dal Si-gnore.

Anche il brano di Isaia, proposto comeprima lettura annuncia, dopo l’umiliazionedell’esilio, lo splendore futuro di Gerusalem-me, il brillante avvenire della città santa e lasua vocazione universale. Di questa vocazio-ne è erede la Chiesa di Gesù: essa è la nuovaGerusalemme chiamata ad illuminare tuttigli uomini con la luce di Cristo che si riflettesul suo volto (cf. Costituzione Lumen Gen-

gi usata nella liturgia sinagogale, fa pernosul nome del Signore, richiamato per tre vol-te (alcuni Padri della Chiesa l’hanno inter-pretato in senso trinitario), e pone questo no-me sui figli d’Israele. “Porre il nome” vuoldire stabilire una relazione con la persona.La benedizione è riconoscimento che ognibene viene da Dio e dipende da una vita dicomunione con lui. Segno manifesto dellebenedizioni divine è la pace: Dio benedice ilsuo popolo e lo conduce alla pace. Il pienocompimento della benedizione si ha in GesùCristo, proclamato dall’antifona d’ingresso“Principe della pace”. San Paolo lo illustra amodo suo nella seconda lettura quando affer-ma che in Cristo abbiamo ricevuto “l’adozio-ne a figli”; non siamo più schiavi, ma figli.Possiamo diventare consapevoli della nostracondizione filiale perché ci è stato donato loSpirito, che plasma interiormente in ognunodi noi i lineamenti del Cristo, il Figlio pri-mogenito. Questo mistero è stato possibile edè reso visibile perché, “quando venne la pie-nezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio,nato da donna”. In questo modo, la maternità

di Maria accresce la propria realtà dandosi avedere quale “madre del Cristo e di tutta laChiesa” (orazione dopo la comunione). Mariaè inoltre esemplare di accoglienza delle be-nedizioni divine donateci in Cristo: nel bra-no del vangelo essa appare come colei cheserba e medita nell’interiorità del cuore tuttigli eventi che riguardano il Figlio, frutto be-nedetto del suo seno. Da madre si fa ancheprima discepola fin da ora, custodendo nelcuore il mistero.

Col nuovo anno inizia un ulteriore trattodel cammino della nostra vita che siamo in-vitati a percorrere sotto il segno della bene-dizione di Dio. L’eucaristia che segue allaproclamazione della Parola al tempo stessoche ci pone in atteggiamento di riconoscenzaper i doni ricevuti da Dio, di cui Cristo è ildono più prezioso, ci rassicura che ogni gior-no di questo nuovo anno, ogni giorno dellanostra vita sarà sempre un dono preziosodella grazia divina. A noi aspetta accoglierlocon gratitudine e renderlo fruttuoso nella vi-ta quotidiana.

59

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

EPIFANIA DEL SIGNORE6 Gennaio 2007Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra

Page 60: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

tium, n.1). Sulla stessa linea d’onda, la se-conda lettura parla di un “mistero” manife-stato attraverso il ministero degli apostoli edei profeti, secondo cui “i gentili sono chia-mati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stes-sa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad es-sere partecipi della promessa per mezzo delvangelo”. Di fronte al Signore che viene, ciòche conta non è la razza o la cultura o la pru-denza umana, ma soltanto la disponibilitàdella fede e l’at-tenzione ai segnidei tempi. Infat-ti, vediamo chela salvezza, of-ferta a tutti gliuomini, è accol-ta in primo luo-go dai “lontani”.Coloro che cono-scevano le Scrit-ture, scribi e fa-risei, non hannocercato e perciònon hanno tro-vato il Messia. IMagi, invece, sisono messi incammino, hannoindagato, chiesto e trovato. Per trovare Gesùoccorre assumere l’atteggiamento dei Magi:cercare il Signore; vedere i segni della suapresenza; andare al suo incontro. Il senso di-namico della fede si esprime poi nella chia-mata a rendere testimonianza, ad annunziarea tutti la salvezza sperimentata, come i Maginel loro ritorno da Betlemme. La buona no-vella del vangelo è indirizzata a tutti e deveperciò essere annunciata a tutti.

La simbologia della luce, già presente nel-la liturgia natalizia, la ritroviamo nella liturgiadell’Epifania con una sottolineatura particolar-mente “epifanica” che si proietta sul mondo

intero: “Oggi in Cristo luce del mondo tu hairivelato ai popoli il mistero della salvezza…”Queste parole del prefazio invitano ad inter-pretare in senso cristologico la luce di cui par-lano la prima lettura e il brano evangelico. Laluce è il simbolo della presenza e del rivelarsidi Dio all’umanità che si realizza pienamentein Cristo. L’Apocalisse chiama il Cristo “lastella del mattino” (Ap 2,28; 22,16). Nellapreghiera dopo la comunione supplichiamo

Dio affinchéquesta sua luce“ci accompagnisempre in ogniluogo…”

Il nocciolodel messaggiodell’Epifania èquindi che Diosi manifesta, sifa uomo e chia-ma tutti a sé nelsuo regno. Dicesan Leone Ma-gno: “Celebria-mo nella gioia[...] l’inizio della

chiamata alla fe-de di tutte le genti” (Liturgia delle Ore: Uffi-cio delle letture, seconda lettura). L’Epifaniaci ricorda che Cristo è venuto per chiamarealla salvezza tutta l’umanità, simbolicamenterappresentata dai Magi di cui parla il vange-lo. La Chiesa non può tenere per sé questomistero, ma deve annunciarlo al mondo. Es-sa non può venir meno a questo compito chela rende insieme destinataria e serva dellabuona novella del vangelo. Ecco dunque chela solennità dell’Epifania diventa la logica enaturale conclusione del Natale e proiettatutti noi, come i pastori e come i Magi, sullestrade del mondo per annunciare a tutti gliuomini le meraviglie di Dio.

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

60

Adorazione dei Magi

Page 61: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Prima lettura: Is 40,1-5.9-11Salmo responsoriale: dal Sal 103Seconda lettura: Tt 2,11-14; 3,4-7Vangelo: Lc 3,15-16.21-22

In questa domenica, che è ancora inqualche modo una eco del tempo di Natale -Epifania, celebriamo il battesimo di Gesù alGiordano, in cui egli si rivela alle folle comeil “Figlio prediletto” di Dio, sul quale scen-de lo Spirito Santo, colui che battezza “inSpirito Santo e fuoco” (vangelo). Le altre dueletture chiariscono ulteriormente la figura emissione del Messia: egli “viene con poten-za” a liberare l’uomo dalla sua “schiavitù”(prima lettura), “mediante un lavacro di rige-nerazione e di rinnovamento nello SpiritoSanto” (seconda lettura).

Luca, secondo una sua prospettiva fre-quente, colloca il battesimo di Gesù in unatto di preghiera. La differenza dalle paral-lele rappresentazioni di Marco e Matteo ètutta in questa “preghiera”. La teofaniacontemplata da Gesù dopo il suo battesimocostituisce l’epilogo naturale e il verticedella sua preghiera. I cieli si aprono comerisposta alla preghiera di Gesù e lancianoun annuncio che definisce la realtà autenti-ca dell’uomo–Gesù: egli è il Figlio di Dio.In lui, perciò, la presenza di Dio è perfetta;egli possiede in forma definitiva lo Spiritodi Dio.

Gesù col battesimo nel Giordano inizia lasua vita pubblica. Perciò il gesto del battesi-mo è, da parte di Gesù, l’accettazione e l’i-naugurazione della sua missione di Servosofferente. Accettando il battesimo dalle ma-ni di Giovanni, Gesù si fa solidale con i pec-catori, lui che è senza peccato; accetta cioè

la sua missione di redentore dei nostri pec-cati, prende su di sé il peccato del mondoper portarlo via dal mondo. A questo atteg-giamento di Gesù di totale disponibilità acompiere la volontà divina risponde la vocedel Padre: “Tu sei il mio figlio prediletto, inte mi sono compiaciuto”, e lo Spirito Santoscende su di lui. Gesù diventa così la sor-gente dello Spirito per tutta l’umanità.

La missione di Gesù è quindi tutta quan-ta in funzione della nostra salvezza. Eccoperché il battesimo con cui egli inizia la suamissione è anche da interpretarsi in funzionedel nostro battesimo (cf. l’orazione colletta).Celebrare il battesimo di Gesù significaprendere coscienza del nostro battesimo, diciò che questo sacramento significa per la

61

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

DOMENICA DOPO L’EPIFANIA: BATTESIMODEL SIGNORE ( C )7 Gennaio 2007Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco

Il Battesimo

Page 62: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

nostra vita. Il battesimo di Gesù non è statosolo un momento ma è stata espressione ditutta la sua vita, una vita di appartenenza alPadre e ai fratelli. Nel battesimo che noi ab-biamo ricevuto nel nome di Cristo, figlioamato, anche noi siamo diventati figli di Dioe anche noi abbiamo ricevuto in dono lo Spi-rito Santo. La partecipazione sacramentale almistero pasquale di Cristo operata dal batte-simo rende attuale per noi l’intera vicendasalvifica di Gesù, come dono e come impe-gno. Il battesimo infatti ci inserisce nella vi-ta e nella missione della Chiesa e, attraversodi essa, nella missione del Figlio e dello Spi-rito Santo. Il sacramento del battesimo non èsoltanto un mezzo di salvezza per noi stessi,

ma contemporaneamente una responsabilitàin vista della salvezza di tutti. In questo mo-do pure noi, al seguito di Gesù, siamo chia-mati ad accogliere la volontà del Padre e adaprirci alla solidarietà con i fratelli, con gliuomini, con il mondo. Il battesimo che ab-biamo ricevuto è in noi un continuo richiamoa vivere una vita al servizio della salvezzadegli uomini nostri fratelli.

Il battesimo di Gesù al Giordano è sim-bolo di ciò che egli avrebbe compiuto nellarealtà della vita, offrendosi come agnello diDio sulla croce per i nostri peccati, misteroche si ripresenta sacramentalmente nella ce-lebrazione eucaristica.

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

62

DOMENICA II DEL TEMPO ORDINARIO (C)14 Gennaio 2007Hai fatto nuove, Signore, tutte le cose

Prima lettura: Is 62,1-5Salmo responsoriale: dal Sal 95Seconda lettura: 1Cor 12,4-11Vangelo: Gv 2,1-12

Il salmo responsoriale odierno ci invita acantare al Signore “un canto nuovo”: “nuo-vo” nel linguaggio biblico può significare“perfetto”, “pieno”, “definitivo”. Si trattaquindi di celebrare il progetto perfetto cheDio ha tracciato per la storia dell’uomo e perl’intero cosmo. Si tratta di un progetto di sal-vezza universale: “Dite tra i popoli: ‘il Signo-re regna’ ”. La Chiesa, riprende questo sal-mo nella liturgia dell’odierna domenica, incui Gesù offre in abbondanza il vino nuovo,simbolo dei tempi messianici.

Il brano evangelico odierno riporta il pri-mo miracolo compiuto da Gesù. Egli si trovacon sua madre Maria ed i suoi discepoli ad

una festa di nozze a Cana di Galilea. Venen-do a mancare il vino, Gesù cambia sei giared’acqua in vino. Ciò che sembra interessareparticolarmente a san Giovanni, che raccon-ta il fatto, è che con questo primo miracoloGesù ha manifestato la sua gloria ed i disce-poli hanno creduto in lui. Questo prodigio,come i restanti miracoli compiuti da Gesù,sono chiamati da san Giovanni “segni”, inquanto mostrano che Gesù è il Figlio di Dio,il Messia atteso. Con Gesù giunge l’ “ora” at-tesa annunciata dai profeti: in lui Dio mani-festa la sua gloria, afferma san Giovanni, fa-cendo eco alle parole del profeta Isaia cheabbiamo ascoltato nella prima lettura: “Allo-ra i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i rela tua gloria”. Secondo il IV vangelo la glorianascosta di Dio è apparsa nel Cristo fra gliuomini (cf. Gv 1,14; 11,4.40) ed è riconosci-bile solo attraverso la fede (cf. Gv 2,11). Ildono della fede fa sì che i discepoli intrave-

Page 63: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

dano nel miracolo o “segno” operato da Gesùa Cana la presenza di Dio che salva. Il gestocompiuto da Gesù alle nozze di Cana è quin-di una “epifania” messianica, cioè una ma-nifestazione di ciò che egli è e della sua mis-sione salvifica, come il battesimo al Giorda-no che abbiamo celebrato domenica scorsa.

Nell’Antico Testamento la felicità pro-messa da Dio ai suoi fedeli è espressa soven-te sotto la forma di una grande abbondanzadi vino, come si vede negli oracoli di conso-lazione dei profeti. Gesù, col miracolo del-l’acqua cambiata in vino mostra che è co-minciata l’era messianica in cui Dio comuni-ca in abbondanza i suoi beni. Il momentoculminante di quest’era sarà costituito dallamorte e risurrezione di Cristo, cioè dal mi-stero della sua pasqua. A questa fase culmi-nante della sua opera si riferisce Gesù quan-do dice a Maria sua madre: “Non è ancoragiunta l’ora mia” (cf. Gv 7,30; 8,20;12,23.27; 13,1; 17,1). In ogni caso, il vino

nuovo che egli fornisce miracolosamente aCana è già segno del dono completo della re-denzione offerto sulla croce e perennementepresente nel sacrificio dell’altare: il vino di-stribuito in abbondanza è segno del sangueche sgorga dal costato di Gesù in croce, san-gue della nuova ed eterna alleanza, versatoper noi e per tutti in remissione dei peccati.

La salvezza attesa dai profeti e inaugura-ta dal Cristo è sempre presente in mezzo anoi. Nella seconda lettura, san Paolo ci ri-corda che questa salvezza si manifesta nellosplendore dei doni personali (i “carismi”) ef-fusi da Dio nei singoli membri della comu-nità cristiana. Dato che i molteplici doni pro-vengono da un medesimo Spirito, solo se sigestiscono i propri doni nel rispetto dei donidegli altri e per la comunione dell’amorenella complementarità la salvezza è abbon-dante, si consolida nella vita degli uomini, esi manifesta come pace di Dio (cf. l’orazionecolletta).

ma e dona saggezza ai semplici. La leggefondamentale dell’alleanza, cioè il Decalo-go, nella Bibbia è detta semplicemente “ledieci parole” (Es 34,28; Dt 4,13; 10,4). Al-l’uomo che cerca il perché del mondo, dellavita, Dio offre la sua Parola che è Parola vi-va, sicura, indirizzo per la nostra esistenza;Parola divenuta persona, uno di noi, Gesù ilnostro Salvatore. In Cristo Gesù la legge èstata adempiuta una volta per tutte (cf. Mt5,17). Perciò per il cristiano l’osservanzadella legge si risolve in un rapporto perso-nale d’amore con Cristo.

Prima lettura: Ne 8,2-4a.5-6.8-10Salmo responsoriale: dal Sal 18Seconda lettura: 1Cor 12,12-31aVangelo: Lc 1,1-4; 4,14-21

Il Sal 18 è un meraviglioso inno che ce-lebra la Sapienza di Dio, il quale ordina eregge l’universo e dirige e vivifica lo spiritoe il cuore dell’uomo. La seconda parte del-l’inno, da cui è tratto l’odierno salmo re-sponsoriale, è un testo didattico sulla legge.L’autore tesse l’elogio della legge divina: es-sa è pura, radiosa ed eterna; rinfranca l’ani-

63

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

DOMENICA III DEL TEMPO ORDINARIO (C)21 Gennaio 2007 Le tue parole, Signore, sono spirito e vita

Page 64: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Nelle tre letture odierne, ritorna ripetuta-mente il tema della legge/parola di Dio. E’una legge fatta di precetti, quella presentatada Esdra ai rimpatriati dall’esilio babilonese(prima lettura). E’ una legge interiore, comela vita dentro il corpo, che muove le membraa svolgere ciascuna una missione, quellapresentata da san Paolo ai cristiani di Corin-to (seconda lettura). E applicando a noi leparole di Gesù pronunciate nella sinagoga diNazaret (vangelo), questa legge interiore è loSpirito Santo che è sopra di noi e ci spinge eci guida ad agire in una maniera liberante,significativa per noi e per gli altri. Le tre let-ture bibliche ci danno l’idea di una legge/pa-rola, che viene via via interiorizzandosi, finoa diventare uno spirito che si compenetra colnostro spirito secondo le parole di Gesù: “LoSpirito del Signore è sopra di me”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica(n.108) afferma, citando san Bernardo diChiaravalle, che “ il cristianesimo è la reli-gione della parola di Dio, non di una parolascritta e muta, ma del Verbo incarnato e vi-vente”. Il Dio della Bibbia, a differenza degliidoli dei pagani, non è un dio muto. E’ unDio vivente, che parla all’uomo in molteplicimodi. E’ soprattutto in Cristo che la parola diDio prende corpo e si rivolge all’uomo, e dascrittura o semplice parola diventa persona.Tutte le parole della Bibbia ci parlano di

Prima lettura: Ger 1,4-5.17-19Salmo responsoriale: dal Sal 70Seconda lettura: 1Cor 12,31-13,13Vangelo: Lc 4,21-30

Alla base dell’odierno salmo responsoria-

le, commovente supplica individuale di unapersona anziana, emergono le radici profon-de di una religiosità che, appoggiata in Dio“fin dal grembo materno”, si è nutrita giornoper giorno, di fede, di speranza e di preghie-ra. Il salmo assicura che il Signore non ci

Cristo, come profezia o come evento. Ha det-to bene il grande Dottore della Scrittura, sanGirolamo, che “ignorare le Scritture è igno-rare Cristo”. Abbiamo sentito le parole diGesù nella sinagoga, che dopo aver letto unbrano del profeta Isaia, si rivolge ai presenticon questa solenne affermazione: “Oggi si èadempiuta questa Scrittura che voi aveteudita con i vostri orecchi”. Con altrettantachiarezza, Gesù, la sera della sua risurrezio-ne appare agli apostoli e dice: “bisogna chesi compiano tutte le cose scritte su di menella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”(Lc 24,44). In Cristo tutte le promesse di Diodiventano “sì” (cf. 2Cor 1,20).

Nella parola di Dio che viene proclamataogni domenica nell’assemblea eucaristica èCristo stesso che parla a noi, ci si rivela e ciinterpella. Egli continua ad annunziare la buo-na novella della salvezza. Per questo l’ascoltoe l’accoglienza della Parola diventa sempreesperienza gioiosa dell’oggi della salvezza.Forse la nostra cultura ha perso un po’ il sensoe il valore della parola e, quindi, anche dellaparola di Dio. Forse anche noi la pensiamo co-me l’imperatore Marco Aurelio che diceva: “illinguaggio serve per nascondere il pensierodegli uomini”. Non di rado le nostre parole so-no parole vuote, finte, incoerenti con la vita.La parola di Gesù invece è, come egli stessoha detto, “spirito e vita” (Gv 6,63).

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

64

DOMENICA IV DEL TEMPO ORDINARIO (C)28 Gennaio 2007 La mia bocca annunzierà la tua giustizia

Page 65: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

abbandona: egli resta il punto di appoggio edil robusto bastone della vecchiaia; chi vivein questa fiducia conosce una perenne giovi-nezza. Anche quando la Parola viene conte-stata, la nostra bocca non cessa di annuncia-re fiduciosa la giustizia/fedeltà di Dio.

La lettura evangelica propone alla nostraattenzione un noto episodio della vita di Ge-sù che viene raccontato con leggere variantidai tre evangelisti sinottici, Matteo, Marco eLuca. Proprio a Nazaret, dove ha passatogran parte della sua vita, Gesù trova l’ostilitàdei suoi compaesani e viene apertamentecontestato. E’ vero, anche i nazaretani cheascoltano Gesù sono colpiti dalla novità eautorevolezza del suo insegnamento. Ciò no-nostante, malgrado lo stupore della gente,Gesù viene rifiutato dai suoi compaesani. Difronte a questa reazione, il Signore non trovaaltra spiegazione se non quella che la sa-pienza popolare ha condensato nel prover-bio: “Nessun profeta è bene accetto in pa-tria”. Gesù è consapevole quindi di doverpercorrere la sorte dei profeti, che nella tra-dizione biblica sono contestati e rifiutati dacoloro ai quali sono stati inviati. Come ci ri-corda il brano della prima lettura, i profetichiamati ad annunciare la parola di Dio nonvengono ascoltati perché scomodi, provoca-tori, perché puntualmente mettono a nudo ilcuore indurito del popolo. Tuttavia, Gesù,malgrado lo scandalo provocato dalla suapersona, continua a predicare la buona no-vella, non si lascia condizionare dall’insuc-cesso e dal rifiuto dei suoi.

Volendo trarre da questo episodio un in-segnamento per la vita, notiamo che il moti-vo della freddezza dei nazaretani nei con-fronti di Gesù è il fatto che egli non sembra-va essere che uno di loro, uno qualunque,uno venuto su con loro. Egli formava parte diuna famiglia di poco conto. Anche se compi-va prodigi, impartiva insegnamenti superiori,

per loro era sempre il “figlio di Giuseppe”,un uomo semplice del paese. Come può es-sere il profeta di Dio? Come può far passaredalle sue mani la potenza dell’Altissimo?Inoltre, i cittadini di Nazaret si erano co-struita un’idea del Messia, legata probabil-mente a sogni di restaurazione temporale,che non combaciava con quella offerta daGesù. La sua improvvisa affermazione invecedi riempirli di entusiasmo viene a ferire laloro gelosia, e insieme il loro orgoglio reli-gioso. In definitiva, essi non vogliono mette-re in discussione i loro schemi mentali. Neinazaretani c’è la curiosità ma non la fede.Anche noi sperimentiamo talvolta come laparola del Signore fatica ad entrare nel cuorereso autosufficiente da pregiudizi e posizionipreconcette. Infatti uno dei motivi per cui laparola di Dio può essere inefficace in noi èla durezza del nostro cuore, l’attaccamentoincondizionato ai propri schemi mentali, allapropria visione delle cose, al proprio mododi affrontare la vita. Insomma, la parola diDio si scontra, non di rado, con il nostroegoismo. L’orgoglio ci impedisce di metterciin discussione e quindi di accogliere il mes-saggio che ci chiama a cambiare condotta e arinnovarci.

Di fronte alla tentazione della superbia edell’autosufficienza, che offuscano la menteumana e le impediscono di conoscere “i mi-steri del regno dei cieli”, risuona il messag-gio di san Paolo (seconda lettura): senza lacarità, senza l’amore per Dio e per gli uomi-ni, ogni umana conquista non è che polvereche il vento del tempo disperde nel nulla (cf.anche l’orazione colletta).

65

La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 6-2006

Page 66: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

66

Preg

hiam

o

Canto:

Rit. Esulta di gioia, Figlia di Sion,ti dice il Signore: Io vengo a te.

- Ecco, il Signore Dio viene con potenza,con il braccio egli detiene il dominio.Ecco, egli ha con sé il premio.

- Come un pastore egli fa pascolare il gregge,porta gli agnellini sul pettoe conduce pian piano le pecore madri.

- Chi ha misurato con il cavo della manole acque del maree ha calcolato l’estensione dei cieli con il palmo?

P. Nel nome del Padre…

Convocati in assemblea orante dallo Spirito che procede dal Padre e dal Figlio, disponiamo i nostri cuori ad accogliere la Parola di vita con la quale facciamomemoria della venuta nella carne di Cristo Gesù, che ci sostiene nell’attesa delSuo ritorno glorioso.

Signore, risveglia nei cristiani l’attesa del tuo ritorno. In una sola fede proclami-no Colui che viene.

Venga il tuo giorno, Signore, nella nostra lunga nottemolti non osano più attendere.Non permettere che i deboli e i sofferentispengano in sé la fiamma della speranza.Manda dunque il tuo Messiaaffinché si compiano pienamente le tue promesse.Egli è vivente nei secoli dei secoli.

A. Amen.

I Lettura

2 Sam 7,8-16: La discendenza e il trono di Davide eterni.

Liturgia della ParolaANDIAMO INCONTRO AL SIGNORE

Rita Di Pasquale

Page 67: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

67

Preg

hiam

o

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Dal sal 88: Rit. Canterò senza fine le tue grazie, Signore.

- Tu hai detto, Signore:“Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,ho giurato a Davide, mio servo,stabilirò per sempre la tua discendenza,ti darò un trono che duri nei secoli”. Rit.

- Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,mio Dio e roccia della mia salvezza.Gli conserverò sempre la mia grazia,la mia alleanza gli sarà fedele. Rit.

- Beato il popolo che ti sa acclamaree cammina, o Signore, alla luce del tuo volto,esulta tutto il giorno nel tuo nome,nella tua giustizia trova la sua gloria. Rit.

P. Dio di infinito amore, Padre misericordioso e giusto, Tu ci hai inviato il tuo Figlioche ha compiuto la promessa fatta a Davide tuo servo e in lui ci hai donato lo Spirito che ci rende partecipi del tuo regno di giustizia e di pace, aiutaci a non smettere di sperare affinché ciò che è già iniziato trovi pienezza nell’avventoglorioso di Cristo Signore.

A. Amen.

Pausa di silenzio

II LetturaMi 5,1-4a : Da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele.

Dal sal 79 Rit. Fa’ splendere il tuo volto e salvaci, o Signore.

- Tu, pastore d’Israele, ascolta,assiso sui cherubini rifulgi.Risveglia la tua potenzae vieni in nostro soccorso. Rit.

- Dio degli eserciti, volgiti,guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna,proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,il germoglio che ti sei coltivato. Rit.

- Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.Da te più non ci allontaneremo,ci farai vivere e invocheremo il tuo nome. Rit.

P. Dio infinitamente grande, hai scelto di rivelarti attraverso le realtà più piccole, perché esprimono nella semplicità la loro somiglianza a te, principio della vita;

Page 68: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

aiuta noi, membra della tua Chiesa, a liberarci dalle incrostazioni del peccato,perché incontrando te, che nel Figlio per lo Spirito Santo vieni incontro a noi,

possiamo essere salvati, e così risplenda in noi la tua immagine.

A. Amen.

Pausa di silenzio

III LetturaIs 7,10-14: Ecco, la vergine concepirà.

Dal sal 23 Rit. Ecco, viene il Signore, re della gloria.

- Del Signore è la terra e quanto contiene,l’universo e i suoi abitanti.E’ lui che l’ha fondata sui marie sui fiumi l’ha stabilita. Rit.

- Chi salirà il monte del Signore,chi starà sul suo luogo santo?Chi ha mani innocenti e cuore puro,chi non pronunzia menzogna. Rit.

- Otterrà benedizione dal Signore,giustizia da Dio sua salvezza.Ecco la generazione che lo cerca,che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. Rit.

P Dio di infinita potenza, che con il tuo Spirito hai adombrato la Vergine Maria perché da lei prendesse carne il Figlio eterno e divenisse così segno definitivo e visibile del tuo amore, rendici puri nella volontà e quindi nei pensieri, nelle parole e nelle azioni, per essere nel mondo, a nostra volta innestati in Cristo, strumenti del tuo amore.

A. Amen.

Pausa di silenzio

IV LetturaSof 3,14-18a : Il Signore tuo Dio è in mezzo a te.

Dal sal 32 Rit. Cantiamo al Signore un canto nuovo.

- Lodate il Signore con la cetra,con l’arpa a dieci corde a lui cantate.Cantate al Signore un canto nuovo,suonate la cetra con arte e acclamate. Rit.

- Il piano del Signore sussiste per sempre,i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

68

Preg

hiam

o

Page 69: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Beata la nazione il cui Dio è il Signore,il popolo che si è scelto come erede. Rit.

- L’anima nostra attende il Signore,egli è nostro aiuto e nostro scudo.In lui gioisce il nostro cuoree confidiamo nel suo santo nome. Rit.

P Dio, fonte di amore e di gioia, tu non hai abbandonato gli uomini alla tristezzadella solitudine causata dal peccato ma hai mandato, per lo Spirito, tuo Figlioa condividere la nostra natura umana perché in lui ciascuno riapra il cuore alla speranza e alla comunione di amore. La luce del tuo Verbo incarnato risplendanella nostra vita e questa si manifesti nell’esultanza affinché altri cerchino il tesoro e in lui condividano la gioia.

A. Amen.

Pausa di silenzio

P. Nel tuo amore, Signore, ricordati di noi.Vieni a visitarci con la tua salvezza!

Preghiera litanica: Rit. Gioia in cielo, esulti la terra!

- Rallegrati, re David,tu hai cantato il Cristo come primogenito,l’Altissimo sopra tutti i re della terragenerato prima della stella del mattino. Rit.

- Rallegrati, profeta Michea,tu hai annunciato a Betlemme la nascita del Messia,colui che pascola il suo greggecon la potenza e la forza del Signore. Rit.

- Rallegrati, profeta Isaia,poiché si sta compiendo il grande segno,la vergine partorirà un figlio,Emmanuele sarà il suo nome. Rit.

- Rallegrati, profeta Sofonia,il Signore è in mezzo a noi,egli danza ed esulta di gioia,con il suo amore egli ci rinnova. Rit.

- Rallegratevi, voi tutti profeti,voi che avete atteso la venuta del Messia,voi che l’avete contemplata da lontano,voi che l’avete annunciata per noi. Rit.

69

Animazione Liturgica

Preg

hiam

o

Culmine e Fonte 6-2006

Page 70: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Preg

hiam

o

70

P. Preghiamo.Signore Dio,in questo tempo di avventotu ci concedi di pregarein comunione con i figli d’Israele,che con fiducia illimitatacredono alla venuta del Messiae lo attendono amando tee osservando i comandi della tua legge.Aiuta noi cristiani,che abbiamo accolto il Messia nella carne,affinché dai nostri fratelli ebrei impariamo ad esseresempre vigilanti nella preghiera e nelle operenell’attesa del suo avvento glorioso.

A. Amen.

P. Signore, il tuo ritorno verrà all’improvviso.Mantienici vigilanti nella preghiera!

A. Padre nostro…

P. Benediciamo il Signore.

A. Rendiamo grazie a Dio.

Culmine e Fonte 6-2006

Animazione Liturgica

Page 71: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Inno

dia

litur

gica

71

ebbene l’uso della lingua lati-na tenda purtroppo a scom-parire nelle comunità cristiane,

la pratica di cantare il Te Deum al ter-mine dell’anno civile sembra resistereancora abbastanza bene. A Roma que-sta prassi è stata tenuta in vita anchedall’abitudine, da parte del SommoPontefice, di presiedere questa celebra-zione nella celebrazione vespertina del31 dicembre (di solito nella Chiesa delGesù; il 31/12/2005 papa BenedettoXVI ha invece voluto celebrare nella Ba-silica Vaticana); e così non sono pochele parrocchie in cui questa preghieraviene intonata – o talvolta purtroppo…stonata! Ci sembra proficuo occuparcipertanto anche di questo “inno” unpo’ sui generis, anche perché viene re-citato anche al termine dell’ufficio delleletture nelle domeniche, nelle solennitàe nelle feste.

Questo antichissimo inno trinitariosembra risalire alla fine del IV secolo, egià nell’Ottocento il suo autore erastato identificato – non senza qualcheincertezza – in Niceta, vescovo di Re-mesiana (località della Dacia inferiore,l’attuale Serbia), morto nella secondadecade del V secolo1. Una fantasiosaleggenda medievale ne attribuiva inve-ce la paternità congiuntamente adAmbrogio (da cui il nome di HymnusAmbrosianus) e Agostino: dopo il bat-tesimo dell’Ipponense, (387 d.C.), Am-brogio avrebbe intonato il primo ver-

setto, al quale il neo-battezzato avreb-be risposto con il secondo, e così viafino alla fine. Sulla natura puramenteleggendaria di questo racconto nonvale la pena di insistere, tanto più chegià sappiamo come una gran quantitàdi inni sia stata erroneamente attribui-ta al vescovo milanese, a causa delruolo di primaria importanza che eglirivestì per la diffusione di questa formaletteraria e liturgica2; ma resta vero cheil testo si presenta quasi come un col-lage o un centone di versetti disparati3,così che si può a buon diritto parlare diun compilatore piuttosto che di un ve-ro e proprio autore, chiunque egli sia.

Il Te Deum godette da subito di unagrande diffusione: era di certo cantatonel monastero dell’isola di Lérins (adue miglia da Cannes, attuale CostaAzzurra) negli anni in cui vi soggiornòsan Cesario di Arles (489-498). Da Lé-rins, forse, san Patrizio lo introdusse inIrlanda: i codici irlandesi infatti sono ipiù antichi che ce ne hanno tramanda-to il testo. San Benedetto (480-547ca.) lo prescrive nella sua Regola (cap.XI) alla fine dell’ufficio notturno delledomeniche e delle feste. Nelle liturgieceltica e gallicana era usato come can-to eucaristico («quando communicantsacerdotes»). Nella liturgia romana sidiffuse come canto di lode e di ringra-ziamento in ogni occasione di partico-lare solennità (consacrazione di vesco-vi, benedizione di abati o re, ecc.) e,

Animazione Liturgica

Il «Te Deum»don Filippo Morlacchi

Culmine e Fonte 6-2006

S

Page 72: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

infine, anche per esprimere lagratitudine a Dio al termine

dell’anno. Il Te Deum è sostanzialmen-te un inno trinitario (per questo è co-nosciuto anche come Hymnus SanctaeTrinitatis) che si concentra sul Padre e

sul Figlio; si compone di due parti dilunghezza diseguale (vv. 1-13; vv. 14-21), con un’aggiunta di 8 versetti sal-modici (vv. 22-29). Ne riporto il testoin latino e italiano, indicando per faci-lità il numero del versetto.

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

72

Inno

dia

litur

gica

1 Te Deum laudamus: *Te Dominum confitemur.

2 Te aeternum Patrem *omnis terra veneratur.

3 Tibi omnes angeli *tibi coeli et universae potestates,

4 tibi cherubim et seraphim *incessabili voce proclamant.

5 Sanctus, * Sanctus, * Sanctus *Dominus Deus Sabaoth.

6 Pleni sunt coeli et terra *maiestatis gloriae tuae.

7 Te gloriosus *apostolorum chorus,

8 te prophetarum *laudabilis numerus,

9 te martyrum candidatus *laudat exercitus.

10 Te per orbem terrarum *sancta confitetur ecclesia.

11 Patrem *immensae maiestatis,

12 venerandum tuum verum *et unicum Filium;

13 Sanctum quoque *Paraclitum Spiritum

14 Tu Rex gloriae *Christe.

15 Tu Patris *sempiternus es Filius.

16 Tu ad liberandum suscepturus hominem *non horruisti Virginis uterum.

Noi ti lodiamo, o Dio, *ti proclamiamo Signore.O eterno Padre *tutta la terra di adora.A te cantano gli angeli, *a te i cieli e tutte le potenze celesti,a te i cherubini e i serafini *proclamano con voce incessante.Santo, santo, santo *il Signore Dio degli eserciti.I cieli e la terra sono pieni *della maestà della tua gloria.Te canta il glorioso *coro degli apostoli,Te canta la schiera *lodevole dei profeti,te loda il candido *esercito dei martiri.Te su tutta la terra *confessa la santa chiesa,Padre *di eterna maestàe il tuo vero Figlio *che deve essere adoratoe il Santo *Spirito consolatore.Tu re della gloria *o Cristo.Tu sei il Figlio *coeterno del Padre.Tu per venire a liberare l’uomo *non hai disprezzato il grembo della Vergine.

Page 73: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

17 Tu, devicto mortis aculeo, *aperuisti credentibus regna coelorum.

18 Tu ad dexteram Dei sedes *in gloria Patris.

19 Iudex crederis *esse venturus.

20 Te ergo, quaesumus, tuis famulis sub-veni *quos pretioso sanguine redemisti.

21 Aeterna fac cum sanctis tuis *in gloria numerari.

22 Salvum fac populum tuum, Domine *et benedic haereditati tuae.

23 Et rege eos, *et extolle illos usque in aeternum.

24 Per singulos dies *benedicimus te;

25 et laudamus nomen tuum in saeculum *et in saeculum saeculi.

26 Dignare, Domine, die isto *sine peccato nos custodire.

27 Miserere nostri, Domine, *miserere nostri.

28 Fiat misericordia tua, Domine, supernos *quemadmodum speravimus in te.

29 In te Domine speravi: *non confundar in aeternum.

Tu, sconfitto il pungiglione dellamorte *hai aperto ai credenti il regno dei cieli.Tu siedi alla destra di Dio *nella gloria del Padre.Crediamo che sei il giudice *che verrà (a giudicare il mondo).Perciò ti preghiamo: soccorri i tuoi servi *redenti col tuo sangue prezioso.Fa’ che siamo annoverati coi tuoi santi *nella gloria eterna.Salva il tuo popolo, o Signore *e benedici la tua eredità.Guida i tuoi figli *e conducili alla vita eterna.Giorno dopo giorno *ti benediciamo;e lodiamo il tuo nome *nei secoli dei secoli.Degnati, Signore, in questo giorno *di custodirci senza peccato.Pietà di noi, Signore, *pietà di noi.Sia su di noi, o Dio, la tua misericordia *perché in te abbiamo sperato.In te, Signore, ho posto la mia speranza: *non sia confuso in eterno.

73

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Inno

dia

litur

gica

La prima parte dell’inno è una lodeal Padre (vv. 1-10), che si chiude conuna specie di dossologia trinitaria (vv.11-13); la seconda (vv. 14-21) è inveceuna lode cristologica; la terza parte èuna raccolta di versetti di salmi che, inorigine, erano probabilmente uniti alGloria in excelsis. Nel dettaglio, essi pro-vengono: i vv. 22-23 dal salmo 27,9; i

vv. 24-25 dal salmo 144,2 (nella versio-ne del salterio romano, precedente allatraduzione di san Girolamo); il v. 26 èun versetto mattutinale, preso dalla vec-chia ora canonica di Prima; il v. 27 deri-va dal salmo 122,3; il v. 28 dal salmo32,22 e infine il v. 29 dal salmo 30,2.

La prima parte è la più antica esembra ricavata da un’anafora. Vi si

Page 74: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

trova infatti il tradizionale Tri-saghion (v. 5); dopo gli aposto-

li (v. 7) vengono citati i profeti (la po-sposizione indica che non si tratta deiprofeti veterotestamentari ma dei cri-stiani delle prime generazioni), seguitia loro volta dai martiri (v. 9.), ma nondai confessores, indizio di una datazio-ne alquanto primitiva4. La secondaparte, invece, con la sua marcata con-centrazione cristologica sembra corri-spondere strettamente al clima teolo-gico che ha scandito il passaggio dalIV al V secolo, caratterizzato dalle con-troversie sulla persona del Figlio con-clusesi con le definizioni dottrinali deiconcili di Efeso (431) e di Calcedonia(451). Il fatto che uno dei versetti sal-modici che compongono la terza parteprovenga dalla versione latina del Sal-terio romano lascia supporre ancheper questo testo un’epoca di redazio-ne anteriore alla diffusione della Vul-gata di san Girolamo, il quale com-pletò la sua traduzione nei primi annidel V secolo.

Il testo è un inno di vittoria e di fi-ducia insieme, un canto di ringrazia-mento che lascia trasparire la sua ma-trice eucaristica. La contemplazionedei mirabilia Dei porta il credente aconfidare in Colui che ha accompa-gnato e benedetto il suo popolo, e cheper la sua fedeltà non verrà meno infuturo. In tal senso, la collocazione tra-dizionale come canto al termine del-l’anno e in vista dell’anno nuovo sipuò dire perfettamente appropriata;ma anche l’uso di cantarlo al termine

dell’ufficio delle letture nelle domeni-che e nelle solennità è assolutamentepertinente.

Il Cristo, figlio di Dio coessenziale alPadre («sempiternus», v. 15), è l’auto-re della redenzione, realizzata attraver-so la piena partecipazione alla naturaumana nel seno della Vergine Maria(«ad liberandum… hominem, nonhorruisti Virginis uterum», v. 16). È ilclima delle controversie cristologichedel V secolo che ha fatto maturarequeste pregnanti espressioni, comepure le seguenti, in cui si proclama lavittoria pasquale (v. 17), la sessionegloriosa alla destra del Padre (v. 18) e ilruolo di Cristo come giudice escatolo-gico (v. 19), invocando la sua protezio-ne in terra e la salvezza celeste per tut-ti i credenti (v. 20-21).

La terza parte, che nella recita del-l’ufficio divino può essere omessa,converte la lode e la confessione di fe-de in preghiera di invocazione e di ri-chiesta. Il tono si fa più sobrio, piùdrammatico e intimo, concludendosicon un versetto di supplica individuale.

L’innario offre due possibili melodieper il canto del Te Deum: un tonus an-tiquus e un tonus recentior, in realtànon molto dissimili. La precedente edi-zione del Graduale riportava invece untonus solemnis (nella quale ogni ver-setto iniziava con una formula di into-nazione) e iuxta morem romanum(nella quale i versetti iniziavano diretta-mente sulla corda di recita). Esistonotuttavia numerose varianti, più o menotradizionali, proprio a causa del fatto

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

74

Inno

dia

litur

gica

Page 75: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

che l’inno viene cantato anche in uncontesto popolare almeno una voltal’anno. Il testo dell’inno ha ispirato nu-merosi musicisti di tutte le epoche:non possiamo dimenticare il Te Deumdi M. A. Charpentier (il cui preludio èarcinoto come inno dell’«Eurovisio-ne»), ma sono assai conosciuti anchequelli di G. F. Haendel, J. Haydn, H.Berlioz, A. Bruckner, A. Dvofiak, G.Verdi, e – più recentemente – W. Wal-ton e A. Pärt.

L’espressione «intonare il Te Deum»è diventata proverbiale per indicareuna situazione di gioia eccezionale oper celebrare una grande vittoria. Il cri-

stiano viene invitato dalla Chie-sa a cantare ogni domenica lastraordinaria vittoria di Cristo sul malee sulla morte, e al termine di ogni annosolare la gratitudine a Colui che ci ha«aperto le porte del regno dei cieli» (v.17). È un invito veramente salutare: inquesti tempi di diffusa tristezza, in cui ilfuturo sembra incutere timore più chesuscitare speranza, rinnovare la memo-ria dei mirabilia Dei è un balsamo perl’anima. Anche il canto perseverante econsapevole del Te Deum può aiutarciad affrontare la vita con lena e slanciogioioso: «in Te, Domine, speravi: nonconfundar in aeternum!».

75

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Inno

dia

litur

gica

——————1 Cfr G. MORIN, Nouvelle recherche sur l’auteur

du «Te Deum», in «Revue Bénédictine», XI(1894) pp. 49-77; M. RIGHETTI, Manuale di sto-ria liturgica, vol. I, Milano 1950, pp. 199-201.Qualcuno ha voluto individuare l’autore in Ila-rio di Poitiers o altri meno noti personaggi. IlLiber hymnarius (Solesmes 1983, p. 617) ac-cetta – sebbene con riserva – l’attribuzione aNiceta.

2 Vedi il mio precedente articolo di questa rubri-

ca: L’innodia domenicale, in «Culmine e fon-te», 2006/5, pp. 61-67.

3 Il fenomeno è particolarmente sensibile nell’ul-tima parte: si vedano, ad es., gli ultimi due ver-setti dove il passaggio dal plurale al singolarenon è – palesemente – un espediente stilistico,ma il frutto di una semplice giustapposizione.

4 Questi tre versetti (7-9) sono stati attribuiti aCipriano di Cartagine, morto nel 258 d.C. (cfrDe mortalitate, XXVI).

Page 76: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

on amiamo le partizioni sto-rico-musicali troppo rigide:la storia è un flusso organico

nel quale è quanto meno artificiosocercare od imporre soluzioni di conti-nuità schematiche. Tuttavia non sipuò, non si deve negare che, al chiu-dersi del temuto anno Mille, il nostrosguardo cronologico si trova davantiuna terna secolare non solo di mirabi-le ricchezza (non sarebbe questo undato per sé individuante), ma tale daimporsi come fondante di tutta la no-stra civiltà musicale. Basti additare il passaggio dalla mo-nodia alla polifonia e dalla musica li-turgica a quella drammatica; o, piùtardi, lo schiudersi consequenzialed’una nuova società (quella comuna-le), di nuovi movimenti religiosi (gliordini mendicanti) e di nuove culture

XII secoloFiorisce in Germania la corrente deiMinnesänger.

1115Bernardo di Chiaravalle fonda l’Abba-zia Cistercense di Clairvaux, divenen-done abate a venticinque anni. Eraentrato fra i cistercensi di Citeaux nel1112. Della comunità di Clairvaux,

Guglielmo di Saint-Thierry riferisce“un silenzio simile a quello che c’ènel mezzo della notte, interrotto sola-mente dai lavori manuali o dalle vocidei confratelli che cantavano le lodi diDio”. Circa un decennio più tardi i ci-stercensi Guido di Longpont e Guidodi Charlieu riformano in senso anti-cluniacense l’Antifonario, allo scopodi emendarne sia le ambiguità moda-

artistiche, delle quali sarà più che suf-ficiente citare le figure di Giotto diBondone, di Dante Alighieri, di Guil-laume de Machaut. E’ da tempo tra-montata la lettura storiografica delMedioevo come “tempo notturno”,come lunghe battute d’aspetto d’unRinascimento finalmente “tempo so-lare”: anzi l’introspezione fattuale deitre secoli successivi all’XI, cui ora viinvitiamo, non può non darci visioned’un tempo di straordinario, ancorchépeculiare chiarore. Un’immagine, me-taforicamente, non dissimile da quelladei beati nella terza cantica dantesca:ove parola e verso, musica e colore(da quelli evocati), convergono nell’affresco sublime delle anime pullulan-ti come api sui petali della candida eluminosa “rosa mistica” che del Para-diso è l’indicibile sommità.

LA ROSA MISTICAI tre secoli d’oro del Medioevo

don Maurizio Modugno

Animazione Liturgica

76

Preg

ar c

anta

ndo

Culmine e Fonte 6-2006

N

Page 77: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

li, sia la fioritura melismatica, vista co-me segno d’opulenza.

1120Nasce Giovanni di Salisbury: nel trat-tato Policraticus inserirà un capitolo“De musica et instrumentis” di gran-de spicco teorico.

1140 ca.Nasce magister Leoninus: dopo magi-ster Albertus, il vero fondatore, egli èil primo grande nome della Scuola diNotre-Dame a Parigi.

1150Vivono in questo periodo i trovatoriJaufré Rudel signore di Blaye;Marcabru, attivo alla corte di GuglielmoVIII di Poitiers e a quella di Alfonso VII diCastiglia; Cercamon, della regione delLimousin. Alla metà del secolo risale iltrattato anonimo Ad organum facien-dum, con il primo esempio di discanto.

1155E’ collocata dopo questa data la reda-zione del Ludus Danielis, il più notoesempio di dramma liturgico, scritto aBeauvais, in Francia, per l’Ufficio dellaCirconcisione e destinato ad essererappresentato nella cattedrale dellacittà. Vanno ricordati anche il Ludusde Antichristo, di ambito bavarese e ilpiù tardo Jeu de Saint-Nicholas diJean Bodel (1165 ca.-1210)

1189Chrétien de Troyes scrive Perceval o il

racconto del Graal.

1190 Sono attivi i trovatori Arnaut de Mar-veil, Bernard de Ventadour, Pierred’Auvergne e Raimbaud d’Orange.

1192Muore Adamo di San Vittore, musicoe poeta francese, autore di alcune ce-lebri sequenze.

1195Muore la badessa agostiniana Herra-da di Landsberg: a lei si deve l’Hortusdeliciarum, un codice pergamenaceoin cui sono riunite miniature, paginemusicali, testi che costituiscono unapiccola summa del pensiero misticomedievale e ove la musica è collocataal centro delle arti liberali.

XIII secoloÈ all’inizio del secolo che magister Pe-rotinus revisiona il Grand livre d’orga-num in uso a Notre-Dame per adatta-re il repertorio agli spazi più vasti del-la nuova cattedrale. Con lui la scuoladi Notre-Dame raggiunge il suo mas-simo fulgore.

1201-1205Wolfram von Eschenbach scrive il Par-zifal; è di anonimo il Cantare dei Ni-belunghi, poema epico in tedesco.

1203-1210Muoiono alcuni dei più famosi trova-tori: Guy de Tourotte, Raimbaut de

77

Animazione Liturgica

Preg

ar c

anta

ndo

Culmine e Fonte 6-2006

Page 78: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Vaqueiras, Bernard de Venta-dorn.

1210Innocenzo III approva l’Ordine France-scano; e nel 1216 quello dei Frati Pre-dicatori, fondato da Domenico diGuzman.

1215Il IV Concilio Lateranense riordina icanti dell’Ufficio Liturgico.

1220-1230Risale a quest’epoca la raccolta deiCarmina Burana (Ms. SB, Clm 466 diMonaco), codice di canti studenteschiprofani in varie lingue proveniente dalMonastero di Benediktbeuren, macompilato a Sacken, in Stiria.

1224San Francesco scrive il Cantico dellecreature. I biografi narrano che amasseparticolarmente la musica: “Talora rac-coglieva…un legno da terra e mentrelo teneva sul braccio sinistro, con la de-stra prendeva un archetto tenuto curvoda un filo e ve lo passava sopra…comefosse una viella” (Tommaso da Celano,Vita Seconda). “Io vorrei che tu acqui-stassi di nascosto una cetra da qualcheonesto uomo e facessi per me una can-zone devota…Il mio corpo è afflitto dauna grande infermità e sofferenza: co-sì, per mezzo della cetra, bramerei alle-viare il dolore fisico trasformandolo inletizia e consolazione per lo spirito”(Leggenda Perugina).

1230Gautier de Coinci: Les miracles deNotre-Dame; agli stessi anni risale ilLibre vermell de Montserrat.

1236Nasce Jacopone da Todi, autore dellasequenza Stabat Mater.

1249La sequenza Dies irae, attribuita aTommaso da Celano, viene introdottanella Messa dei defunti.

1250Muore Giuliano da Spira, autore de-gli Uffici di san Francesco, san Dome-nico e sant’Antonio.

1252San Tommaso d’Aquino (1225-1274)arriva a Parigi, dove studia dal 1252al 1259 e insegna dal 1269 al 1272.Scriverà le sequenze Lauda Sion ePange lingua. Nella Summa Theolo-giae affronterà il problema “Se nellalode di Dio si debba far uso del can-to” (II, II, 91, art.2). Nel Sermone sul-la festa dei SS. Innocenti tocca il pro-blema dei requisiti dei cantori.

1253-1254Redazione del Canzoniere di Charlesd’Anjou, con 51 brani in notazionemusicale. In questi anni Petrus deCruce, teorico e compositore, affer-ma una concezione ascetica del can-to.

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

78

Preg

ar c

anta

ndo

Page 79: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

1260-1270Jean de Garlande: De musica mensu-rabili; Francon de Cologne: Ars can-tus mensurabilis ; nel 1264 muoreVincent de Beauvais, autore delloSpeculum maius, opera determinanteper i teorici della musica.

1265Nasce a Firenze Dante Alighieri.

1270-1280Alfonso X di Castiglia: Cantigas deSanta Maria.

1270 ca.Risale all’ultimo trentennio del secoloil Laudario di Cortona, la più ricca an-tologia di laudi monodiche giunta ainostri giorni.

1276Adam de la Halle (1237-1288), attivoprevalentemente a Napoli, scrive ilJeu de la feuillée e, non oltre il 1282,Le jeu de Robin et de Marion, consi-derato la prima opera lirica della sto-ria.

1288 ca.Muore fra Salimbene da Parma: nellasua Cronica tratteggia le figure di duecantori, Enrico Pisano e Vita da Lana.Fine secolo Più o meno coetanei so-no il Canzoniere occitano di Parigi(contenente 160 brani in notazionemusicale) e quello di Milano, nonchéil Canzoniere di Thibaud de Champa-gne, re di Navarra.

XIV secolo

1300Primo Anno Giubilare della Chiesa,bandito da Bonifacio VIII: Giotto dipin-ge nella Loggia Lateranense l’affrescoche descrive l’evento. L’organo positi-vo si arricchisce della pedaliera e rico-pre un ruolo di maggior peso nellamusica liturgica. Nasce Guillaume deMachaut (m.1377). Nato e morto aReims, al servizio della Cattedrale diquella città come canonico, ma ancheal seguito di re e regine, viaggiandoper tutta Europa, letterato e musicistasommo, sarà il rappresentante emble-matico dell’Ars Nova francese: tecnicoraffinatissimo e originale, dalla suamusica promana un fascino d’altissimapoesia. La Messe de Notre-Dame, l’u-nica scritta da lui, è un’architettura so-nora di armoniosa, stupefacente spiri-tualità. Nasce Johannes de Grocheo,teorico e trattatista vissuto a Parigi.Nel suo De musica dividerà l’arte deisuoni in tre generi: la “musica sim-plex”, la monodia che pone sotto ilnome di “civilis” (trovatori, laudi mo-nodiche etc.); la “musica docta”, ossiapolifonica; la monodia sacra, praticatanella liturgia e nella preghiera.

1302-1303Pontificale di Renaud de Bar, vescovodi Metz.

1303Giotto inizia a Padova il ciclo dellaCappella degli Scrovegni.

79

Animazione Liturgica

Preg

ar c

anta

ndo

Culmine e Fonte 6-2006

Page 80: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

1306La vestizione cavalleresca di

Edward, principe di Galles, fa conver-gere a Westminster numerosi trovato-ri e trovieri.

1308-9Salterio di Robert de Lisle.

1309Il papa Clemente V (il francese Ber-trand de Got) trasferisce la sede pa-pale ad Avignone: succube del re diFrancia Filippo il Bello, bandisce ilConcilio di Vienne, che segnerà la fi-ne dei Templari. La “cattività avigno-nese”, protratta sino al 1377, favoriràtuttavia gli scambi culturali fra l’Italiae la Francia.

1310-1315Va collocata nel decennio la stesuradella Divina Commedia di Dante Ali-ghieri: attentissimo alla musica, latoreanche d’una precisa visione degli stilie dei gusti del tempo, Dante escludela musica dall’Inferno (luogo casomaidi rumori e grida), la introduce nelPurgatorio prevalentemente comepreghiera, ne fa nel Paradiso presenzasoave ed imprescindibile.

1312Clemente V censura con le Decretalesle deformazioni e gli abusi nel cantoliturgico.

1319Jean de Murs (1295-1345 ca.) scrive il

trattato Musica practica, completatonel 1323-24 dal Musica speculativasecundum Boetium e nel 1350 dal Li-bellus cantus mensurabilis.

1320 ca.La cronaca manoscritta (il Codex) del-l’Abbazia inglese di Robertsbridgecontiene una delle prime intavolatureper organo.

1320-1380E’ in questi anni che va collocato ilmassimo sviluppo dell’Ars Nova: la lo-cuzione è dovuta all’omonimo tratta-to di Philippe de Vitry, nel quale l’au-tore, contrapponendo la musica delsuo tempo a quella delle generazioniprecedenti, l’Ars Antiqua, esamina icaratteri delle nuove forme musicali ei nuovi sistemi di notazione. Il mottet-to sarà la forma principale praticatadall’Ars Nova e destinata ad un pub-blico colto e raffinato. In opposizioneal Vitry, Jacques de Liège raccoglie nelsuo Speculum musicae (1325) tutta lateoria musicale speculativa del Me-dioevo, difendendo con forza l’ArsAntiqua.

1324-1325Risale a questi anni la Messe de Tour-nai, centone anonimo a tre voci dibrani di varia provenienza, senza rea-le unità stilistica, ma testimone – co-me le successive Messe di Toulouse,della Sorbona o di Barcellona – delcomplesso cammino polifonico dellamusica liturgica.

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

80

Preg

ar c

anta

ndo

Page 81: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

È di questo biennio la CostituzionePontificia di Giovanni XXII DoctaSanctorum Patrum Auctoritas, che,nel disciplinare la musica sacra, cen-sura fortemente l’Ars Nova, depre-candone la pratica nelle chiese. Ècondannata nella sua quasi totalitàanche la danza, soprattutto quellaeseguita nei pressi dei cimiteri. Il suosuccessore, Benedetto XII, tuttaviafonderà ad Avignone una cappella dimusici franco-fiamminghi, inauguran-do così uno stile sacro “avignonese”.

1327Giovanni Colonna costituisce per pri-mo a Roma una cappella privata do-tandola, ad imitazione di quantocompiuto da Benedetto XII, di musici-sti franco-fiamminghi, così afferman-do anche a Roma l’uso di “importa-re” maestri di cappella e cantori nordeuropei, tutti latori dei principi del-l’Ars Nova.

1330-1350Di poco al seguito dell’Ars Nova fran-cese, fiorisce il suo corrispondente ita-liano: all’insegna tuttavia della massi-ma originalità. Prevalentemente desti-nato alle voci virili, sostenute da stru-menti, rispetto al carattere razionalisti-co del filone francese, è contrassegna-to da fantasia melodica e chiarezza ar-monica. Nasce in ambiente aristocrati-co nelle corti dell’ Italia settentrionale,stabilendo in seguito il suo polo princi-pale a Firenze ed è legata strettamentealla poesia italiana del tempo (Petrar-

ca, Boccaccio, Sacchetti). Allaprima generazione di composi-tori dell’Ars Nova italiana appartengo-no Jacopo da Bologna, Giovanni daCascia, Vincenzo da Rimini, Gherardel-loa de Florentia; alla seconda Bertolinoda Padova, Niccolò da Perugia e Fran-cesco Landino. Quest’ultimo è nomedi riferimento: detto “il cieco degli or-gani”, attivo presso il Duomo di Firen-ze, in lui “si identificarono i caratteripeculiari dell’arte musicale italiana fat-ta di soavità, di vaghezza, varietà, dul-cedo melodica”. A partire dal 1360,soprattutto grazie al ritorno del Papa edella sua cappella a Roma, la scuolaitaliana sarà più sensibile agli influssifrancesi. I compositori saranno Paolo eAndrea da Firenze, Matteo da Perugia,Magister Zacharias; il teorico Marchet-to da Padova con il suo Lucidarium inarte musicae planae e con il Pome-rium.

1332-1342Hugo Spechtshart de Reutl ingen(1285-1359) scrive i Flores musicaeomnis cantus gregoriani.

1340Il compositore Johannes Ciconia na-sce a Liegi (m. 1411). Si trasferirà inItalia a causa dei conflitti provocatidallo Scisma d’Occidente. È da consi-derare il punto di convergenza tral’Ars Nova francese e quella italiana.

1348La grande epidemia di peste nera ini-

81

Animazione Liturgica

Preg

ar c

anta

ndo

Culmine e Fonte 6-2006

Page 82: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

zia a devastare l’Europa. Il Boccaccio,nel suo Decameron, stigmatizza il de-clino di una visione sacra dell’uomo,ivi compreso il canto liturgico: la pe-ste è vista quale evento che scardinal’assetto dei rapporti uomo-Dio e deisuoi corollari artistici. Non troppo di-versamente Giovanni Sercambi nellesue Novelle narra della fuga da Luccadi un gruppo di persone che percor-rerà l’Italia sotto il segno della musicaprofana.

1364È dopo questa data che una scuolamusicale parigina redige la celebreraccolta di chansons detta CodexChantilly.

1365Nasce Oswald von Wolkenstein (m.1445), tirolese, il primo a scrivere nelsuo ambito brani polifonici a due etre voci.

1367Urbano V trasferisce per breve tempola corte pontificia a Roma. Nel 1370abolirà la Schola Cantorum. Sarà Gre-gorio XI a riportare definitivamente lasede papale nella città eterna nel1377. L’elezione di Robert de Genèvead antipapa col nome di Clemente VIIe con residenza ancora ad Avignone,in opposizione ad Urbano VI, residen-te a Roma, darà luogo allo Scismad’Occidente. Clemente VII tuttavia

proteggerà le arti, mantenendo unasua Cappella papale presto afferma-tasi come la migliore d’Europa, grazieai “magistri” Jean Symon, Jean Hau-court e Jean de Bosco.

1397Muore a Firenze Francesco Landino(n. nel 1335 ca.). Si diffonde la “dan-za bassa”, così detta perché eseguitasenza sollevare i piedi da terra.

Animazione Liturgica

82

Preg

ar c

anta

ndo

Culmine e Fonte 6-2006

Page 83: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

er comprendere nella suapienezza il mistero salvificodell’uomo e la nascita della

Chiesa è necessario non distogliere ilnostro sguardo dalla Madonna, taber-nacolo vivente, dimora tutta santa diCristo, Verbo incarnato, Sapienza divi-na. E’ nella comprensione del ruolodella Madre di Dio nella storia dellasalvezza che potremo contemplare ilmistero del Natale.

Le numerose raffigurazioni di Mariache costellano la storia dell’iconografiacristiana e dell’arte sacra in genere de-

notano che, anche negli artisti, eraforte l’esigenza di raffigurarla come ilcapolavoro della creazione, come co-lei nella quale la perfezione di Dio sisarebbe rispecchiata con assoluta lim-pidezza, senza esserne mai offuscata.

Nella mente di Dio Maria era datutta l’eternità; il disegno divino di re-denzione dell’umanità per la rotturaprovocata dal peccato originale deiprogenitori, esisteva già dall’eternitàperché nel cuore di Dio aveva già lasua dimora la figlia diletta, la nuovaEva, l’Immacolata, la tutta santa, lasposa amorosa, la madre purissima, lagioia del paradiso.

E come la Sapienza era stata colla-boratrice di Dio nella creazione, cosìMaria lo sarebbe stata per il Redentoremettendo in luce quel legame inscindi-bile, ben manifesto nella tradizione li-turgica, tra creazione e redenzione. Ma-ria, figlia di Sion, devota vergine giudeaappartenente alla storia veterotesta-mentaria, figlia del popolo eletto e suamigliore rappresentante, in cui hannoavuto compimento tutte le antiche pro-fezie sulla realizzazione delle attesemessianiche, divenendo “ancella del Si-gnore” si fa tramite della venuta di Diosulla terra. Principale intermediaria traCristo e gli uomini da lui salvati, princi-pio della nuova alleanza e speranza diuna definitiva unione con Lui per l’uma-nità trasfigurata, unì così cielo e terra.

83

Animazione Liturgica

Epi

fani

a de

lla b

elle

zza

Culmine e Fonte 6-2006

La Madonna “in mente Dei”Roberta Boesso

P

Gian Battista Trotti, L’immacolata, regina antesaecula,1594, Parma, Basilica della Steccata

Page 84: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Sicuramente molti santi e ar-tisti si saranno ispirati al libro

dei Proverbi per rappresentare Maria co-me ‘purissimo concetto nella mente diDio’: “Così parla la Sapienza di Dio: il Si-gnore mi ha creato all’inizio della sua at-tività, prima di ogni sua opera, fin d’al-lora…allora io ero con lui come architet-to ed ero la sua delizia ogni giorno, mirallegravo davanti a lui ogni istante; miricreavo sul globo terrestre, ponendo lamia delizia tra i figli dell’uomo” (Pr8,22-35). A proposito interessanti sonodue opere dell’artista Gian Battista Trot-ti. La prima, intitolata “L’Immacolata,Regina ante saecula” raffigura Mariache dolcemente riposa sul cuore di Dio.Nei due cartigli che fiancheggiano ilgruppo sottostante di angeli si legge: inquello di destra “Quando non esisteva-no gli abissi, io fui generata”, in quellodi sinistra “Dall’eternità sono stata costi-tuita, fin dal principio, dagli inizi dellaterra” (Pr 8,23-24). Gli angeli che cir-condano Dio sono pronti a eseguire gliordini della creazione. Nella parte alta,in dimensioni ridotte, quattro di lorohanno in mano una bilancia, a ricordareche Dio ha fatto tutto con giustizia dipeso e di misura. Il giglio che regge l’an-gelo nella parte inferiore del dipinto è,nella tradizione biblica, il simbolo dellaelezione, della scelta dell’essere amato.Chiaro è il riferimento a Maria, la pre-scelta tra le donne d’Israele.

La seconda opera del Trotti s’intitola“Maria architetto della creazione” ed èsituata nella cappella dell’Immacolatadella chiesa piacentina di S. Francesco. Il

ciclo pittorico è ispirato al tema della re-denzione che, da tutta l’eternità, ha ini-zio con la preparazione della futura ma-dre di Dio, fino all’incoronazione dellaVergine nella gloria del paradiso. La palad’altare rappresenta Maria serena egioiosa nella mente di Dio prima dellacreazione delle cose e come architettodelle sue opere. Sotto di lei il mondo staprendendo forma: vi è la terra, il cielodelle stelle, del sole, dell’acqua e del fuo-co. E’ circondata da una schiera di giova-ni angeli due dei quali sorreggono uncartiglio con la scritta: “Agli angeli suoiha dato ordine per te, che ti custodisca-no in tutte le tue vie: sulle mani ti porte-ranno sicché tu non abbia a urtare nelsasso col tuo piede” (Sal 90,11-12). Glistrumenti della passione in mano agli al-

Animazione Liturgica

84

Epi

fani

a de

lla b

elle

zza

Culmine e Fonte 6-2006

Gian Battista Trotti, Maria, Architetto della Crea-zione, 1595, Piacenza, chiesa di san Francesco

Page 85: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

tri angeli (la colonna della flagellazione, ichiodi, il calice del Getsemani, la croce,la corona di spine, il flagello) alludono al-la chiamata di Maria a divenire madredel redentore.

Anche per il mondo orientale la Ma-dre di Dio occupa un posto estremamen-te importante; anzi, l’esistenza stessa del-l’icona è stata spiegata e dimostrata dallastoricità di Maria che è divenuta strumen-to dell’incarnazione di Dio, dando un au-tentico corpo umano al suo Figlio Gesù.Altrettanto inscindibili dal suo nome iconcetti teologici di ‘casa’ e ‘tempio diDio’. Nella storia dell’antico testamento ilconcetto di ‘casa di Dio’ era centrale e sa-cro; la costruzione di una dimora perl’uomo giudeo era vista non solo comefondazione del focolare, ma come costi-

tuzione di una posterità (da cuil’espressione ‘casa di Davide’)per la cui edificazione era necessaria lastessa Sapienza divina: “Se il Signore noncostruisce la casa, invano vi faticano i co-struttori” (Sal 126,1). Inoltre l’essenza ditutta la storia veterotestamentaria dell’u-manità è l’attesa del Messia e il sognodella casa eterna per gli eletti (Es65,21).Gradualmente si è poi giunti alconcetto di casa come luogo dell’unionespirituale degli uomini con Dio: il racco-gliersi delle dodici tribù del popolo d’I-sraele attorno alla Tenda Sacra in cui al-bergava Dio, aveva condotto all’idea del-la fondazione del Tempio. Alla sua edifi-cazione si accingeva Davide, dopo avertrasferito a Gerusalemme l’Arca dell’Al-leanza, ma Dio stesso disse che volevaerigergli una progenie eterna: ”Io ti edifi-cherò una Casa” (2Re 7,27) e da quelmomento condusse l’alleanza col suo po-polo attraverso la casa regale della stirpedi Davide, che avrà il suo compimentocon l‘incarnazione del Figlio nel grembodi Maria, discendente dalla stirpe di Davi-de. L’Emmanuele è l’immagine della car-ne divina incorruttibile, Gesù, la cui uma-nità è tessuta dal corpo e dal sangue diMaria, divenuta tempio vivente della Sa-pienza divina: “L’immensa Sapienza divi-na, origine di tutte le cose e portatrice divita, si è eretta un tempio dalla pura ma-dre, non toccata da mano d’uomo: incar-natosi nel tempio corporale, si è circon-dato di gloria Cristo Dio nostro” (Canonedi Cosma di Maiuma per il giovedì san-to). In Maria sono racchiusi due concettiinseparabili: quello di ‘casa’, sede della

85

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Epi

fani

a de

lla b

elle

zza

La sapienza si è costruita una casa, icona delXVIII sec., Museo Kolomenskoe

Page 86: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Sapienza e quello di Tempio-Dio,in quanto immagine del corpo di

Cristo.Nell’icona “La Sapienza si è costruita

una casa” la Madre di Dio è collocata alcentro della composizione, in atteggia-mento orante sotto un baldacchino sor-retto da sette colonne, inserita all’internodella mandorla della gloria e con i piedisu una falce di luna. Ha sul capo una co-rona e intorno al nimbo le dodici stelle,simbolo delle dodici tribù del popoloeletto e dei dodici apostoli che adornanola Chiesa. Sul suo seno il piccolo Gesùbenedicente con in mano il globo. Dal-l’alto dei cieli Dio benedice con entram-be le mani; il suo nimbo è triangolareperché allude alla Trinità. Sotto di Lui loSpirito Santo in forma di colomba da cuisi dipartono sette raggi (i sette santi do-ni) è sormontato dalla scritta: “Io rinsal-do queste colonne”. I sette arcangeli inalto, ai lati di Dio Padre, hanno in manogli attributi simbolici dei loro ministeri: asinistra Michele con la spada e un ramodi palma, Raffaele con un calice d’oro,Gabriele con un giglio e uno specchio; adestra Gegudiele con una corona regale,Barachiele con un mazzo di fiori, Urielecon una lingua di fiamma e una spada difuoco, Selafiele con un cuore in mano.

Alla base dei capitelli corinzi delle set-te colonne i simboli dei sette doni delloSpirito: il libro con i sette sigilli (la sapien-za), il candelabro a sette fiamme (l’intel-letto), pietra unica con sette occhi (ilconsiglio), le sette trombe di Gerico (lafortezza), la mano destra con sette stelle(la scienza), le sette ampolle d’oro piene

di fragranze, le preghiere dei santi (lapietà), le sette folgori (dono del timor diDio). A Maria si accede salendo settegradini, la scala delle virtù cristiane: fede,speranza, carità, purezza, umiltà, grazia,gloria. Sulla scala stanno i sette profeti epatriarchi con gli attributi delle loro pro-fezie: il re Davide con l’arca dell’alleanza,Aronne con la verga fiorita, Mosè con letavole della legge, Isaia con il rotolo e lascritta “Ecco la vergine concepirà…”,Geremia con lo scettro, Ezechiele con leporte chiuse, Davide con il ’monte nontagliato da mani d’uomo’. Sul fronte del-la rotonda la scritta “La sapienza si è co-struita una casa, ha intagliato le sue set-te colonne”.

Maria è personificazione della casadella Sapienza, casa di Dio, la Chiesa; eper ‘casa di Dio’ edificata dalla sapienza ipadri della Chiesa intendevano la Chiesadel nuovo testamento eretta dal Figlio diDio attraverso l’incarnazione e il sacrificiodella morte. Elevata su sette colonne(numero simbolico di pienezza e perfe-zione) appariva solida e resistente.

Viviamo l’avvento come un periodopropizio di crescita spirituale con coeren-za di vita per prepararci, alla sequela diMaria, a essere tempio vivente per ilpiccolo Gesù, per essere testimoni au-tentici e credibili dell’Amore in famiglia,sul posto di lavoro, nelle nostre comu-nità parrocchiali, in ognuna di quelleazioni quotidiane che siamo chiamati avivere, animati dallo stesso spirito di fidu-cia, donazione e collaborazione alla vo-lontà divina che caratterizzò la vita dellanostra cara Mamma del cielo.

Animazione Liturgica

86

Epi

fani

a de

lla b

elle

zza

Culmine e Fonte 6-2006

Page 87: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

o Spirito di Dio non mancamai di suscitare uomini edonne che, innamorati di Ge-

sù e del suo Vangelo, lo annunciano elo vivono in ogni parte del mondo.Francesco Saverio, di cui scrivo in que-sto numero, è stato testimone intrepi-do della Parola del Signore; il versettodi Marco 16,15 e Matteo 28,28 “An-date in tutto il mondo e predicate ilVangelo” è divenuto in lui realtà, con-cretezza fino araggiungere gliestremi confinidella terra. Chi èinnamorato ba-da forse ai disa-gi? Alle fatiche?Chi ama conse-gna se stesso al-l ’altro l ibera-mente; lo segueovunque, pro-prio come fa lasposa con losposo. Così era,così dovrebbeessere anche ainostri giorni…,ma accostiamocia questo santoche ha avuto lapassione di por-tare Gesù fino inOriente, propriodove sorge la vi-

ta, là dove, racconta Genesi, Dio Padreavrebbe posto un giardino!

La Colletta introduce questa me-moria: O Dio, che hai chiamato moltipopoli dell’Oriente alla luce del Vange-lo con la predicazione apostolica disan Francesco Saverio, fa’ che ogni co-munità cristiana arda dello stesso fer-vore missionario, perché su tutta laterra la Santa Chiesa si allieti di nuovifigli.

87

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

I no

stri

am

ici

S. FRANCESCO SAVERIOsuor Clara Caforio, ef

L

Page 88: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Emergono da questa pre-ghiera alcuni aspetti significati-

vi che sono le caratteristiche di France-sco Saverio: è un predicatore e un mis-sionario appassionato! Avviciniamoloper saperne di più. Egli nasce da unanobile famiglia il 7 aprile del 1506, nelcastello di Xavier, nella Navarra (Spa-gna); ultimo di sei fratelli, viene educa-to cristianamente. La famiglia subiscepresto alcune traversie economiche acausa di eventi politici e per la mortedel padre avvenuta nel 1515, quandoFrancesco è poco più che un bambino.Vicende di varia natura si alternanocreando nella sua famiglia ulteriori dif-ficoltà. All’età di diciannove anni il gio-vane valica i Pirenei andando a studia-re all’università della Sorbona, a Parigi.All’epoca l’università contava moltissi-mi studenti prevedendo un corso distudi che durava oltre dieci anni: tre difilosofia davano il titolo di Magister ar-tium, che gli consentono di dare lezio-ni ad altri studenti. Il tempo di Saverioè anche quello di un altro giovane:Ignazio di Loyola che, ferito nell’asse-dio di Pamplona, si era poi convertitoe, all’età di trent’anni era ritornato astudiare. I disegni di Dio molte voltecreano belle coincidenze: fatto è cheIgnazio viene assegnato al Collegio diSanta Barbara, dove presto incontraFrancesco che gli dà lezioni di filosofia.Inizialmente tra i due non corre buonsangue, come si dice, ma ben prestoIgnazio si accorge dell’intelligenza delgiovane professore e fa di tutto perprocurargli alunni, anche perché ne

aveva intuito le ristrettezze economi-che. Il santo di Loyola inizialmente dicedi lui: “Non ho mai trovato una cretacosì ribelle”. Sappiamo bene che a Diopiacciono anche i temperamenti forti etenaci; anzi, sono quelli che poi mani-festano con la sola grazia maggioreduttilità; tanto più un carattere appareribelle, tanto interessante può essere illavoro per smussare, snellire, ammor-bidire. Basta lasciar lavorare lo SpiritoSanto, il Divino Artigiano che impastae ammorbidisce secondo un preciso di-segno. Sì, si tratta di credere che an-che in noi i suoi “interventi” che, avolte possono sembrare incomprensi-bili, si rivelano invece come trattamen-ti terapeutici, anzi direi salvifici! DioPadre di “geometria dello Spirito” sene intende; Egli si mette al tornio e la-vora ogni vaso d’argilla. Così è statoper Ignazio, per Francesco Saverio, co-sì è per chiunque si pone seriamentealla scuola di Gesù maestro. Chi ascol-ta e prega il Vangelo non può non es-serne trasformato…., magari ci vuoletempo, magari passano generazionima la forza della Parola, se accolta eamata, trasforma, così come si conver-te l’animo del giovane Francesco chesente ripetere dall’amico Ignazio, sem-pre la solita frase di Matteo 16,26:“Che giova all’uomo guadagnare ilmondo intero se poi perde l’anima?”.Già, a che serve salire ai vertici dell’e-conomia, della scienza, della cultura sepoi il cuore inaridisce, si sclerotizza, senon solidarizza o “non rende giustiziaal povero, dà il pane agli affamati,

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

88

I no

stri

am

ici

Page 89: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

consola il misero, protegge lo stranie-ro”? Il Vangelo ci pone dinanzi agli oc-chi immagini molto reali; immagini chesuperano sicuramente certi poster che,ben visibili, inneggiano alla vacuità, alnon senso. Non ho mai trovato lin-guaggi figurati più incisivi di certe pa-gine del vangelo… “Che giova all’uo-mo guadagnare il mondo se poi perdel’anima?”. Queste parole risuonanoprofondamente nell’animo di France-sco, finché accetta di vivere l’esperien-za degli Esercizi Spirituali per quarantagiorni! Da queste esperienza esce tra-sformato e pronto a compiere la vo-lontà di Dio. Intanto a Parigi c’è un al-tro giovane, un certo Pietro Favre cheè amico dei due, è già sacerdote e av-verte dentro il desiderio di condivideregl’ideali di Ignazio e Francesco Saverio;ai tre si uniscono ancora altri uomini, iquali vivono tutti gli Esercizi Spiritualicome momenti di preghiera e slancioverso gli obiettivi di Dio. Il 15 agostodel 1534, festa dell’Assunzione di Ma-ria, si ritrovano tutti nella Chiesa diMontmartre, dove durante la Messa siconsacrano a Dio col voto di povertà,di castità e di peregrinare in Terra San-ta. In questo giorno ha origine laCompagnia di Gesù, di cui FrancescoSaverio è appunto uno dei primi. Nel1535 ricominciano i conflitti tra Fran-cia e Spagna, il nostro giovane e i suoicompagni si dedicano con zelo alla cu-ra degli ammalati, poi partono per Ro-ma per chiedere al Papa il permesso dipartire per la Terra Santa. Le cose van-no diversamente perché, sottometten-

dosi col voto di obbedienza alSanto Padre, il nostro santodeve orientarsi invece verso le Indie, alposto di un altro compagno che nonpuò partire. Saverio risponde pronta-mente Pues, sus hème aqua - Bene,eccomi qui. Il 15 marzo del 1540 egliparte, salutando per l’ultima volta ilsuo Padre Ignazio, che non avrebbe vi-sto mai più. A una lettera di Ignaziocosì, difatti, risponde: “Nostro Signoresa con quanta gioia e con qualeconforto l’ho letta. In questo mondo,penso, non c’incontreremo più, se nonper lettera; ma nell’altro ci rivedremofaccia a faccia, con profonde effusionidi amicizia”. È un viaggio lunghissimoquello per le Indie…, proviamo a im-maginare i disagi e le fatiche, il freddoe il caldo, i patimenti di ogni genere. Ilmedico di bordo così dirà di Saverio al-l’inizio del processo di canonizzazione:“Si occupava personalmente di tutti gliinfelici, li curava e ascoltava le loroconfessioni. Non si concedeva alcun ri-poso. E faceva tutto quanto con gran-de gioia: ciascuno di noi lo considera-va un santo; e questa è pure la miaopinione”. Dopo 14 mesi, il 6 maggiodel 1542, Francesco sbarca a Goa, ca-pitale dell’impero delle Indie Orientali;qui dopo essersi presentato al vescovone rifiuta l’ospitalità per ritirarsi pressol’Ospedale per soccorrere gli ammalati;inoltre egli gira per le strade soccor-rendo, radunando i fedeli per istruirlicon la predicazione. Soccorre tutti:lebbrosi, carcerati, poveri, educa i gio-vani, forma i cristiani.

89

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

I no

stri

am

ici

Page 90: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Dopo alcuni mesi di per-manenza egli parte alla volta

di Capo Comorin, la terra dei pesca-tori di perle, al Padre Ignazio scriveancora: “Quando sbarcai in questiluoghi, battezzai tutti i fanciulli cheancora non erano stati battezzati, equindi un gran numero di ragazzi,che nonsapevanon e p p u r edistinguerela destradal la s ini-stra… Miassed iavauna folla dig i o v a n i ,tanto chenon riusci-vo più atrovare i ltempo perdire l’Uffi-cio, né permangiare,né per dor-mire; chie-devano in-s i s t e n t e -mente cheinsegnassile nuove preghiere. Cominciai a capi-re che a loro appartiene il Regno deicieli”.

Mi commuove sempre la passionedegl’innamorati di Dio, questi “tizzo-ni ardenti” che infiammano dove toc-cano. Ma anche a me, a te, a noi è

chiesto di essere “spruzzi di scintille”che emanano energia. Chi ci vieta diincarnare il Vangelo nella nostra feria-lità? Chi ci impedisce di appassionar-ci, di gustare, di trasmettere la Bellez-za, di non arenarci nei nostri piccoli,piccoli lidi? Chi mai può vietarci diprendere il largo? Conosco uomini e

donne diq u e s t otempo chesono dav-vero impa-stat i dal laParola delSignore, sene alimen-tano la-s c i a n d o s itrasforma-re da essae contagia-re altr i .Non ce nea c c o r g i a -mo? Pro-viamo adaprire gl iocchi: ci vi-vono afianco! So-no uomini

e donne accoglienti, amabili, miti eforti; sono misericordiosi, esperti diumanità e di comunione… Sono tra-sparenti, buoni e sinceri e la lista po-trebbe continuare ma devo racconta-re del nostro santo passato che trovaperò tanti e generosi imitatori in ogni

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

90

I no

stri

am

ici

Page 91: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

parte del mondo. Francesco Saveriolavora nelle Indie ancora per oltre dueanni, si sposta dal Nord al Sud delpaese. Nel dicembre del 1547 incon-tra un uomo che gli parla delle isoledel Giappone, dalle quali proviene. Ilnostro missionario lo ascolta entusia-sta, deciso a partire, e così nel 1549s’imbarca con sei compagni gesuitideciso a raggiungere il Giappone. Diquesto popolo scrive che “è la miglio-re razza che si sia scoperta fino adoggi”. Non mancano naturalmenteproblemi ed insidie di vario genere;l’inculturazione a quei tempi era diffi-cile! Non sono tuttavia le difficoltà ele persecuzioni a farlo desistere: an-nuncia ovunque e comunque il Van-gelo!

La Cina resta un sogno da concre-tizzare, un viaggio in questa terra si ri-vela per lui indispensabile: “Siamodunque decisi ad aprirci una via in Ci-na a tutti i costi. Spero in Dio che il ri-sultato del nostro viaggio sarà di au-mentare la nostra fede, qualunque siala persecuzione del demonio e deisuoi ministri. Se Dio è con noi chi puòabbatterci?”. La fiducia e la speranzadei santi è proprio questa certezzache Dio può tutto, che può suscitaredalle pietre cuori di carne. Ci sonoconvinzioni che non s’improvvisano,esse sono frutto di lunghi colloqui conil Signore, di preghiere celebrate e vis-sute, di Parola di Dio ascoltata e assi-milata, di carità praticata! Il santo èun frequentatore assiduo di Gesù, ècolui o colei che pone l’amore al di

sopra di tutto e lo trasmettecome un profumo che siespande; profumo di pane caldo ebuono che penetra dentro e ci lasciacontenti.

Francesco Saverio è stato Profumodi Cristo, aroma che non ha potutoportare in Cina perché si ammala men-tre è alloggiato con un compagno fe-dele in una povera capanna. Qui unaforte febbre lo fa delirare fino all’albadel 3 dicembre del 1552. La morte locoglie all’età di 46 anni, “col nome diGesù sulle labbra - scrive il suo compa-gno - egli rese la sua anima al Creato-re, con grande serenità e pace”. An-che se Francesco Saverio non ha maivisitato la Cina, tuttavia si può consi-derare il primo missionario di quellaterra, resa feconda dal suo profondodesiderio di evangelizzarla. Il 12 marzodel 1622 viene dichiarato santo insie-me ad Ignazio. La memoria di SanFrancesco Saverio viene celebrata il 3dicembre, egli è con santa Teresa di Li-sieux patrono delle missioni.

Il nostro racconto finisce qui; con-cludo con una frase di Paolo VI: Lasantità è un dramma d’amore fra Dioe l’anima umana: un dramma il cui ve-ro protagonista è Dio. Un drammaperò a lieto fine perché il Signore è Ri-sorto, perché il suo Vangelo ha sempree in ogni tempo qualcosa da dire a cia-scun uomo, a me.. a te… a noi!

Bibliografia:www.gesuiti.it/storiait.wikipedia.org/wiki/Francesco_Saverio

91

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

I no

stri

am

ici

Page 92: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

i sono santi che la Chiesa giu-stamente canonizza e che vene-riamo in date particolari, come

abbiamo letto nelle pagine precedenti e cisono testimoni che appartengono al no-stro presente, che il cuore “canonizza”perché la loro vita si è impregnata del Pa-dre, del Figlio, dello Spirito Santo; li cono-sciamo, li amiamo…parlare di loro è diredi Dio che opera meraviglie nelle creature.Da queste pagine desidero raccontare diSr. Loretta Moserle religiosa nella Congre-gazione delle Figlie della Chiesa; è statacollaboratrice su questa Rivista ed ha co-nosciuto molti di noi. Si è spenta il 2 set-tembre scorso a Vicenza nella comunità diMater Amabilis dove risiedeva.

Mi sembra quasi improprio dire di leiche si è “spenta” perché continua a viverenella realtà di Dio con quella forza e pas-sione che l’hanno contraddistinta sempre.Di sr. Loretta basterebbe forse raccontaresemplicemente: era una donna innamoratadi Gesù, della sua Famiglia Religiosa, dellaChiesa, della Liturgia! Ma parlare di lei, sepur brevemente, è dare gloria al Signoreed è anche per questo che mi accosto a leicome davanti al Mistero … Un mistero dicui si può percepire appena un soffio. Eranata a Scorzè (Venezia) sessantun anni fa;dopo varie esperienze in ambito parroc-chiale aveva insegnato religione nelle scuo-le statali a Mestre; poi aveva iniziato il per-corso che tanto l’appassionava: gli studi diliturgia. Conseguì la specializzazione in Li-turgia Pastorale all’Istituto di S. Giustina(Padova) completò il Dottorato a Sant’An-selmo (Roma) con una ricerca significativa

su: “Partecipazione Liturgica, fonte di spiri-tualità, negli scritti di Maria Oliva Bonal-do”, Fondatrice delle Figlie della Chiesa.Non le sono mancate fatiche, né difficoltàcom’è nella normalità di ogni corso di stu-di impegnativo ma la passione, l’interesse,la curiosità, la chiara intelligenza sono sta-ti il suo timone fermo verso il traguardo daraggiungere: comunicare a tutti con com-petenza e tenerezza che “la liturgia è vitae la vita è liturgia”. Era il suo motto vissutoe indossato come un abito nuziale, uno deipiù belli che la Chiesa possieda: la liturgia!Trasmetterla a tutti è stata la sua missioneinstancabile. Così dopo il completamentodegli studi viene trasferita a Vicenza doveavvia un centro di spiritualità liturgica, di-ventato presto un punto di riferimento permolte attività dell’Ufficio Liturgico diocesa-no di cui lei faceva parte. Quanta passione

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

92

I no

stri

am

ici

SUOR LORETTA:Liturgista dinanzi a Dio!

C

Page 93: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

ha condiviso nel suo lavoro con umiltà esapienza, quanto tempo a preparare, ge-stire, celebrare! Tutto ha saputo mettere inmovimento per raccontare la Bellezza; intredici anni ha lavorato intensamente perla formazione alla ministerialità liturgica:lettori responsabili dei gruppi liturgici, mi-nistri della Comunione, animatori musicali,fioristi, salmisti. Ha inoltre insegnato nell’I-stituto di Scienze religiose di Monte Berico(VI) e aveva accettato con entusiasmo dilavorare nell’Istituto superiore di S. Giusti-na (PD). Una fontana zampillante è stataLoretta, una fonte a cui attingere perchél’amore è così, si dona senza misura, senzacontabilità e lei questo lo ha imparato at-tingendo alla Parola, alla vita della santaChiesa.

Nella sua tesi di laurea del 1993 nelleconclusioni scrive della Fondatrice quelloche poi lei stessa ha vissuto: “Lo scopoultimo della nostra Congregazione è lagloria del Padre, perché così è stato perGesù e lo è della Chiesa intera. La dimen-sione dossologica è dominante nella suaspiritualità, sia quando sperimenta l’a-spetto offertoriale della vita, sia quandovive e propone con insistenza la comunio-ne con Dio e con i fratelli. Tutto ciò pre-suppone, scrive, una presa di coscienzadel significato battesimale e crismale dellapropria vita, e cioè un’accoglienza dellasalvezza operata nell’hic et nunc dellapropria storia. Da qui scaturisce una di-mensione dossologica della vita intera do-ve regna il senso della gratuità, dello stu-pore e della lode”.

Queste riflessioni sono diventate in leirealtà passo dopo passo, con il Signore afianco che la conduceva; poi il mistero deldolore incombe come un fulmine in unbel cielo estivo: Dice il Cantico: “I frutti

sono maturi, il tempo del canto ètornato e le viti fiorite spandonofragranza”. Sr. Loretta con il male invasivoe inesorabile ha compreso la fine del suoinizio, ha sperimentato l’offerta, lo hascritto nelle sue meditazioni per il CorpusDomini del 29 maggio 2005 ve le trasmet-to perché conoscere testimoni di Cristocrocifisso e risorto è raccontare dell’esi-stenza di Dio:

La croce di Gesù ha incontrato la mia-nostra croce. Quando raggiunsi la pienez-za della mia realizzazione umana e teolo-gica, quando, dopo tanto lavoro, final-mente la mia missione si era chiarita e ri-conosciuta dall’autorità religiosa ed eccle-siastica, quando l’agenda era completaper i molti appuntamenti e impegni nelleDiocesi italiane, un tumore appare nel miocorpo, repentino, invasivo, subito dichiara-to grave. La notizia mi ha colto imprepara-ta, mi ha spaventata, disorientata, troppiimpegni avevo fissato, tanta gente avevabisogno del mio insegnamento, come po-teva Dio chiedermi l’immobilità, quel Dioche mi aveva indicato quella missione?Una parola mi sorgeva dal cuore primadebole e poi sempre più forte: “IO sonocon te ogni giorno”. Sono con te nella sa-lute e nella malattia, io sono con te ma tusei con me? Mi disse. Non mi serve più latua parola, il tuo fare, il tuo insegnamen-to, mi serve il tuo amore, l’offerta dellatua vita, una offerta piccola, solo un po’di pane e un po’ di vino per essere dono.Nella lotta della comprensione, nel deside-rio profondo di fare la volontà di Dio eccoche si è accesa una luce: questo è il mioanno eucaristico.

Arrivederci, Loretta!

93

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

I no

stri

am

ici

Page 94: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

premura di questo Ufficio Nazionale informarvi riguardo ad una inda-gine avviata dalla Associazione Italiana Celiachia sulla idoneità delleparticole per celiaci.

La suddetta Associazione ha informato l’Ufficio Liturgico Nazionale riguardoalle analisi condotte sulle particole prodotte dalle ditte SICOM (di Betteni Alber-to & C. sas) e ARTE SACRA (di Candotti Claudio che non produce, ma commer-cializza particole fabbricate dalla ditta Franz Hoch in Germania).

Nella lettera che l’Associazione ha inviato all’Ufficio Liturgico Nazionale indata 24.02.06, si comunica che le analisi di laboratorio, condotte dal Prof. Ar-lorio del Dipartimento di Scienze Chimiche, Alimentari, Farmaceutiche e Farma-cologiche dell’Università di Novara, dimostrano che le particole prodotte dallesuddette ditte sono da considerarsi idonee al consumo da parte del celiaco, poi-ché:

– la percentuale in glutine è conforme ai limiti di tolleranza (20 ppm) ricono-sciuti dalla scienza medica in Italia;

– la materia prima impiegata è l’amido di frumento Cerestar (Triticum spp) inconformità alle norme stabilite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Pertanto, si chiede ai Direttori degli uffici liturgici diocesani, nel prendere at-to di questa indagine, di informare le persone interessate.

Allo stesso tempo, si rinnova l’esortazione ad informare e sensibilizzare sa-cerdoti, diaconi e operatori pastorali sulla corretta applicazione delle indicazioniper la comunione ai celiaci, comunicate in data 18 ottobre 2001.

Mi è gradita l’occasione per porgere un cordiale saluto.

don Mimmo FalcoDirettore

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

94

Not

izie

CELIACHIAPubblichiamo per opportuna conoscenza la seguente lettera che l’Ufficio Liturgi-co Nazionale ha inviato agli uffici liturgici delle diocesi italiane il 13 marzo 2006

È

Page 95: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

Appuntamenti,Notizie,

Informazioni

LECTIO DIVINAdurante il tempo d’Avvento, guidata da mons. Marco Frisina

Tema: I Vangeli dell’infanzia di GesùSede: Pontificio Seminario Romano MaggiorePiazza San Giovanni in Laterano, 4 - RomaIl martedì dalle 18,30 alle 20,00

Ingresso libero, non occorre prenotazione

martedì 5 dicembre 2006martedì 12 dicembre 2006martedì 19 dicembre 2006

*****

ITINERARIO FORMATIVO DEI CANDIDATI AL MINISTEROSTRAORDINARIO DELLA COMUNIONE

Lunedì 5 - 12 - 19 - 26 febbraio; 5 - 12 marzo 2007, ore 17,00 – 18,30 Vicariato di RomaPiazza San Giovanni in Laterano, 6/aIscrizioni entro il 20 gennaio 2007

95

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

Not

izie

Page 96: Riv. Culmine e Fonte 2006-6

LA BELLEZZA DI DIO NELL’ARTE CRISTIANA

4 incontri con l’artista Roberta BOESSO (www.artecristiana.com)

Programma:“Il tuo volto, Signore, io cerco” (Sal 27,8)Prima parte – 28 novembreSeconda parte – 5 dicembre

La Madre di Dio nella storia della SalvezzaPrima parte – 12 dicembreSeconda parte – 19 dicembre

Tutti gli incontri si tengono di martedì - ore 18,30 - 20,00

L’ arte sacra, finestra aperta sul mondo dello Spirito, è testimonianza di unaprofonda esperienza di Dio, contemplazione della Sua Bellezza,occasione di incontro con la Sua Parola, Pane di Vita.Parrocchia Santa Francesca Cabrini, P.za Massa Carrara, 15Per informazioni rivolgersi a: Vittoria Scanu – Tel 06 863 21 789

*****

XXVIII CONGRESSO NAZIONALE DI MUSICA SACRA

Promosso dall’Associazione Italiana Santa CeciliaPresso l’Istituto Maria SS. Bambina, Via Paolo VI 21, Roma,dal 23 al 26 novembre 2006Tema: Lorenzo Perosi nel cinquantesimo della morte.

Per informazioni e iscrizioni:tel 06 698 87248; fax 06 698 87281; e-mail: [email protected]

Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 6-2006

96

Not

izie