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    La nostra vita ha un suo ritmonaturale, lo stesso che alterna ilriposo allazione, il sonno allaveglia, il giorno alla notte, i mesi, lestagioni e gli anni. Nel racconto dellacreazione di Gen 1 Dio crea nel quar-to giorno le due lampade: la mag-giore, il sole, per regolare il giorno ela minore, la luna, per regolare lanotte. La luna e il sole regolano iltempo in quanto, nel sistema antico,la vita degli uomini era scandita dagiorni, regolati dalle albe e dai tra-monti del sole, e da mesi ed anni, re-golati dalle fasi lunari. La meccanicaceleste diveniva il grande orologiodelluomo e ogni religione assumevaquesti ritmi temporali per le sue feste

    e ricorrenze. Cos oggi, anche nelmondo laico, le ricorrenze civili conti-nuano a esercitare fascino e attratti-va con il loro simbolico ritorno. Iltempo porta in s stessa una ritualitche deriva dalla sua capacit ciclica diriproporsi e di far riflettere ritmica-mente sul significato dellesistenza.Luomo attratto dal tempo e dallasua quantizzazione. Pensa che se rie-

    sce a contare le ore, i minuti, i secon-di, egli possa dominare il tempo, fer-mare il suo perenne fluire, interrom-pere la concatenazione degli eventiche spesso lo angoscia.

    Il passaggio da un attimo al suosuccessivo, questo scorrere continuoobbliga luomo a meditare sul suo li-mite e, nello stesso momento, sulle-ternit. Si vede scorrere un fiume per-

    ch noi siamo fermi sulla riva, se noi

    fossimo in acqua scorreremmo con luie non ci renderemmo conto in modoautentico della velocit del suo movi-mento. Cos per il tempo, noi perce-piamo lo scorrere degli eventi perchnon ci confondiamo semplicementecon loro ma li osserviamo, in un di-stacco che deriva dal senso delleter-nit che portiamo nel nostro profon-do e che il punto di riferimento, lavera unit di misura che ci permette diconfrontare gli accadimenti e di di-stinguerne i momenti.

    Il tempo scandisce la nostra esi-stenza, le nostre giornate vivono nelritmo che il tempo impone influen-zando il nostro sentire, la nostra sen-sibilit, la nostra stessa comprensione

    della realt. Quante volte siamo agi-tati per mancanza di tempo o irri-tati per aver perso tempo. Quantevolte invece sprechiamo il tempo dis-sipando le occasioni e i momenti, o alcontrario siamo soddisfatti per averben impiegato il nostro tempo realiz-zando qualcosa che ci soddisfa. Le si-tuazioni che siamo chiamati a vivere,con il loro ritmo e le loro scansioni,

    sono spesso la nostra croce quotidia-na: la nostra vita viene costretta equasi imprigionata da impegni chetalvolta ci condizionano profonda-mente, fino al punto di farci perderela pace del cuore.

    Il tempo dunque un grande do-no perch ci permette di leggere, at-traverso le cose e gli avvenimenti, illoro richiamo allEterno Creatore. Il li-

    mite per luomo una grande ric-

    Anno liturgico, tempo di salvezza di mons. Marco Frisina

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    chezza, perch gli consente di ricono-scere la sua grandezza, che non le-gata allo scorrere delle cose ma a Co-

    lui da cui tutto ha origine e alla cuisomiglianza siamo stati creati.

    Lanno liturgico non altro che lascansione contemplativa del tempo. Inuna musica sublime tutto luniversoesegue la sua danza armoniosa, al cui

    ritmo ogni creatura risponde con i suoitempi e le sue cadenze. La celebrazio-ne del mistero della salvezza si inseri-

    sce in questa armonia universale facen-do risplendere il mistero di Cristo comeluce che rischiara ogni cosa e comecanto sublime capace di far cantareogni cosa nella lode divina. La centra-lit della Pasqua il segno forte della

    centralit dellamoresalvifico di Cristo al-linterno di tutta lacreazione. Da questocentro ogni cosa stata creata e reden-ta, intorno a questoperno ruota ogni co-sa creata e ciascunodi noi riceve senso.Solo armonizzando lanostra vita a quelcentro potremo esse-

    re inseriti nella realtcreata vivendo congioia questa sublimearmonia.

    Il tempo alloranon sar pi un ne-mico ma un alleato,gli impegni quoti-diani che si alterne-ranno nei nostri me-

    si saranno la scansio-ne, a volte impegna-tiva ma sempre lumi-nosa, del tempo diDio, vissuto con Cri-sto, goduto nellagioia dello Spiritocome musica della-nima che loda contutta la creazione il

    suo Redentore.Particolare dellAnnunciazione,

    Basilica S. Caterina dAlessandria, Galatina, sec. XIV

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    La liturgia cristiana non pu esse-re compresa senza riferimento altempo e allo spazio perch lesi-stenza umana dei cristiani si svolge neltempo e nello spazio. Il cristiano cele-bra sempre come un credente immersonel tempo della storia della salvezza enello spazio creato dallassemblea ra-dunata (convocazione localizzata diuna comunit preesistente di credenti).In particolare, per quanto concerne iltempo, la relazione tra tempo e liturgiacostituisce addirittura il punto di par-tenza per la definizione di entrambi1.Daltra parte, il rito, col suo procedereritmico-ripetitivo, a fondamento di

    una delle pi antiche misure del tempo.La celebrazione liturgica ha quindi unsuo modo di misurare il tempo.

    Ma cos il tempo? Un grande poetadel nostro tempo, J. L. Borges, ha scrit-to: Il tempo la sostanza di cui sonfatto. Il tempo un fiume che mi trasci-na, ma io sono il fiume; una tigre chemi sbrana, ma io sono la tigre; unfuoco che mi divora, ma io sono il fuo-

    co2. Per dirlo pi brevemente con leparole di M. Heiddeger, sono io iltempo3. Infatti, il tempo di una perso-na si identifica con la continuit succes-siva di essa come soggetto, con il suodivenire che fa un tuttuno con il suoessere soggetto umano. Possiamo ave-re quindi una qualche comprensione diche cosa sia il tempo solo a partire dal-la nostra vita, ossia dalle nostre espe-

    rienze, dai nostri rapporti con la natura

    e con i nostri simili. Perci giusto direche apprendiamo che c un tempo eche esso ha un senso attraverso unapropria e vera iniziazione, nellambitodi un determinato contesto culturale esociale. La liturgia della Chiesa ha unruolo fondamentale in questa iniziazio-ne alla comprensione che noi cristianiabbiamo del tempo4. stato affermatogiustamente che la scansione del tem-po che si realizza durante il IV secolo stata una delle rivoluzioni sociali e reli-giose pi radicali e durature, la qualeha riguardato tutta la storia posteriore[ ] Il tempo liturgico cristiano condi-ziona ormai tutta la societ5 La li-

    turgia ordina il tempo, lo organizza, losuddivide, lo riempie di significato. Ilnostro rapporto con il tempo non quindi un rapporto puramente intellet-tuale, ma un rapporto vitale e ancherituale che si esprime, in modo partico-lare, nella struttura dellanno liturgico.

    Daltra parte, si deve affermare cheil culto cristiano libero da determina-zioni spaziali, come il tempio e laltare,

    e da quelle temporali, come i giorni fe-stivi e feriali. Il Vangelo e gli scritti neo-testamentari, soprattutto quelli paolini,sono molto chiari nel sottolineare il fat-to che i cristiani non hanno il tempio,n laltare, ma tutto trova compimentoin Cristo: Paolo ricorda insistentementeai primi cristiani che nessuno li devecondannare riguardo alle feste, ai novi-luni e al sabato (cf Col 2, 16-17; Rm

    14,5). Questa visione in qualche modo

    Dal tempo cosmico al tempo salvifico

    Dal Chronos al Kairosdi p. Matias Aug, cmf

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    a-rituale, che corrisponde al temateologico della Lettera agli Ebrei, costi-tuisce una base importante per la com-

    prensione del tempo della celebrazioneliturgica. Ges proclama e insegna unculto o adorazione in spirito e verit(Gv 4,23), che non legato al MonteGarizim, n a Gerusalemme, n a tempispecifici. Ci nonostante, la coscienza li-turgica delle antiche comunit cristianeha inserito la preghiera e le altre cele-brazioni dentro tempi determinati: haridisegnato un nesso pi stretto e quali-ficante tra liturgia e tempo, di quantolo sia la relazione liturgia-spazio.

    La Rivelazione ebraico-cristiana daconnettere allorizzonte delle cosiddet-te religioni storiche. Anzi, tale Rivela-zione ci offre una delle pi alte e siste-matiche rappresentazioni dellingressodi Dio nel tempo e delleterno nel con-tingente. La riflessione sulla tempora-

    lit, allora, va ben oltre le considerazio-ni antropologiche sullesistenza e sul li-mite umano per assestarsi in un ambitosquisitamente teologico. Or bene, laconcezione ebraica del tempo, pur conle inevitabili dipendenze e arricchimen-ti, rispetto alle culture circostanti hauna sua storia autonoma e originale disenso e di messaggio teologico. Il mon-do ebraico ha elaborato una sua visione

    del tempo che non coincide con quelladelle culture circostanti al mondo ebrai-co, n con quella della cultura ellenica6.

    Sullo sfondo di un quadro culturaleche mantiene alcune grandi articola-zioni, comuni a tutte le tradizioni reli-giose, si va via, via imponendo inIsraele una visione sempre pi originaledel tempo, rifiutando qualsiasi idea disacralizzazione mitica del tempo cosmi-

    co. Senza rinnegare il tempo come ele-

    mento della storia degli uomini, la Bib-bia vede nei momenti del tempo altret-tanti ritmi del rivelarsi di Dio. Sono rit-

    mi nei quali Dio porta a compimento lasalvezza delluomo. Naturalmente, co-me gi detto, lAntico Testamento,prende coscienza di questa visione sto-rica in modo graduale. I profeti hannostimolato a tener viva la coscienza chelazione di Dio nella storia perduravanel tempo fino a un momento ultimopensato come pienezza, adempimento-compimento. In questa prospettiva esi-ste ununica storia di salvezza che, per icristiani, ha in Cristo il suo compimentodefinitivo.

    Per approfondire questi concetti,notiamo che nella Bibbia troviamo unaterminologia che ha rapporto con iltempo interpretato alla luce della sto-ria della salvezza7. Partendo dalla ver-sione dei LXX e dal Nuovo Testamento

    greco, con qualche fugace riferimentoallebraico, sintetizziamo in seguito ilsignificato dei due termini greci di par-ticolare pregnanza teologica per il te-ma che ci riguarda: chronos e kairs.

    1. Il tempo cosmico in cui si svol-gono le vicende umane

    Il vocabolo greco chronos, che nonha nella lingua ebraica un termine uni-co e corrispondente, viene usato circa100 volte nellAntico Testamento (ver-sione greca dei LXX) e circa 54 volte nelNuovo Testamento greco. Prima di tut-to chronos serve a definire formalmen-te un momento, oppure uno spazio ditempo, la cui durata non meglio pre-cisata. Chronos significa il tempo in ge-

    nere, nel suo corso, il tempo che passa.

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    Bisogna poi notare altri significati: cun tempo delluomo e della sua vicen-da storica (Is 54,9; Gen 26,1.15; At 1,21;

    1Cor 7,39; Gal 4,1; 1Pt 1,17). Ma neltempo degli uomini si inserito quellodi Cristo! Soprattutto nelle lettere pao-line e deutero-paoline, questa dottrina molto presente. La comparsa di Cristoporta, una volta per tutte, il tempo apienezza, cio il tempo degli uomini invaso e penetrato dallagire di Dio, ilquale d in Cristo questa pienezza. Cinon si ripete nella storia con altre mo-dalit. Una testimonianza diretta diquesta dottrina labbiamo in Gal 4,4:Ma quando venne la pienezza deltempo, Dio mand il suo Figlio, nato dadonna, nato sotto la legge, per riscatta-re coloro che erano sotto la legge, per-ch ricevessimo ladozione a figli.

    Levento e il tempo storico di Cristohanno distinto nel tempo degli uomi-

    ni quello passato nellignoranza e nelpeccato da quello che rimane, dopo dilui, per la salvezza della storia umana(At 17,30; Pt 1,20; 4,1-3). Cristo non so-lo compie il tempo ma gli d pienezza.Allora, il tempo di Cristo diventa la mi-sura del tempo storico, sia del passato,sia del futuro. Egli ritorner nei tempidella restaurazione di tutte le cose(At 3,21)8. E quindi anche la stessa ri-

    flessione teologica sul tempo incen-trata in Cristo. Ci fondamentale percapire lanno liturgico. Il tempo dopoCristo non offre alcuna novit. Si trattasempre del mistero della salvezza cul-minante in Cristo che noi troviamo ri-presentato nel rito. Lanno liturgiconon quindi una serie di concetti, ma la celebrazione di un unico evento disalvezza. il tempo in cui Cristo entra e

    d pienezza. per questo che lanno li-

    turgico non pu essere trasformato inun calendario tematico-devozionale.

    Il chronos, il tempo cosmico, non

    unentit assoluta, ma spazio e for-ma che permette di contemplare la-zione storica di Dio e la risposta chead essa d nel tempo luomo, il qualeconsidera il suo presente strutturatoin base al tempo di preparazione del-lAntico Testamento e di compimentoin Ges Cristo.

    2. Il tempo momento pregnantee occasione propizia per essere rag-giunti da Dio che salva

    Il termine kairs indica il tempo giu-sto, adatto, favorevole, il momento op-portuno, listante privilegiato che offrepossibilit inedite e affascinanti; si trat-ta di un momento pregnante e di

    unoccasione propizia in cui possiamoessere raggiunti dalla salvezza di Dio. Iltermine passato, tra laltro, nello-dierna letteratura laica. significativo,per la comprensione neotestamentariadel tempo, che, quando Ges visse lasua vicenda nel mondo, il concetto dikairs fosse maggiormente qualificatodal punto di vista del contenuto chenon il concetto formale di chronos.

    Non sorprende quindi che kairs (concirca 300 presenze) compaia nei LXX iltriplo di volte, rispetto a chronos, e chenel Nuovo Testamento si trovi ben 85volte la parola kairs, contro le 54 voltedel termine chronos.

    NellAntico Testamento, il vocaboloebraico et, che corrisponde al terminegreco kairs, significa prevalentementeil tempo puntuale, determinato, giusto. I

    profeti accostano tale termine ebraico al

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    giorno del Signore (Ger 3,17; 4,11; 8,1;Dn 12,1). Il tempo giusto quello del-lincontro con Dio (Is 28, 23-29; Ger 8,7;

    Ez 16,8; e soprattutto Qo 3). Allora se ch-ronos indica il tempo in modo moltoampio, kairs significa invece un tempomolto ben definito, un tempo puntuale.

    Nel Nuovo Testamento kairs allude,per lo pi, allarea teologica del tempodi Dio dentro a quello umano, ciokairs il momento in cui Dio intervie-ne nella storia delluomo, in modo mol-to puntuale, per la sua salvezza. Conlavvento di Cristo ha inizio un tempoparticolare di azione salvifica divina,che qualifica tutto il resto del tempo. Aessa occorre convertirsi, riconoscendotale kairs di appello, e conformando lavita agli interventi e ai ritmi del tempodi Dio. A tale riguardo si pu ricordareil testo di Lc 19,44: Abbatteranno te e ituoi figli dentro di te e non lasceranno

    in te pietra su pietra, perch non hai ri-conosciuto il tempo in cui sei stata visi-tata. Si tratta di parole che Ges rivol-ge a Gerusalemme (cf. anche Mc 1,14s;Lc 12,54ss; Rm 13,8ss; 2Cor 6,1s; ecc.).

    Rispetto ai tempi passati, di ricercae di attesa, questo tempo di salvezza presente ora. Esso si apre anche al-la prospettiva del futuro, non priva per di tensione e di rottura, con le

    esperienze umane che lo caratteriz-zano (Lc 6, 20-26; 12,49-53; Gv 16,21-24;ecc.). Di questo tempo puntuale, chenoi possiamo chiamare tempo cristolo-gico, alla luce unitaria della storia, la li-turgia cristiana il segno, scandito se-condo la logica del significato (memoriadellevento, testimonianza della sua ef-ficacia, promessa del suo compimentofuturo) e secondo lordine del signifi-

    cante (il giorno, la settimana e lanno).

    Se chronos ci insegna a vedere lannoliturgico come uninsieme di memorie diuno stesso evento salvifico che culmina

    in Cristo; il termine kairs ci insegna in-vece a cogliere il valore di ogni singolacelebrazione dellanno liturgico, la qua-le assume una specifica virt salvifica,come memoria degli interventi puntualidi Dio nella storia della salvezza.

    3. Dal tempo cosmico al temposalvifico, ovvero: nel tempo cosmi-

    co il tempo salvifico

    Nel Nuovo Testamento la storia ac-quista un senso nuovo, in rapporto allavisione veterotestamentaria. Se si pren-dono in considerazione, ad esempio,alcuni inni delle lettere paoline e deu-tero-paoline, nonch le prime confes-sioni cristiane di fede, vediamo che in

    questi testi Ges Cristo viene proclama-to centro e senso unico della storia:Dobbiamo confessare che grande ilmistero della piet: Egli si manifestnella carne, fu giustificato nello Spirito,apparve agli angeli, fu annunziato aipagani, fu creduto nel mondo, fu as-sunto nella gloria (1Tm 3,16). Si trattadi un inno liturgico che , al tempostesso, una confessione di fede. In que-

    sto passaggio si scorge una visione diCristo come Signore della storia.Un altro passo significativo il pro-

    logo di San Giovanni, dove si afferma:In principio era il Verbo, e il Verbo erapresso Dio e il Verbo era Dio. Egli erain principio presso Dio: tutto statofatto per mezzo di lui, e senza di luiniente stato fatto di tutto ci che esi-ste (Gv 1, 1-3). Si tratta dellIncarna-

    zione del Verbo che si inserisce nella

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    storia come compimento del tempo.Ecco quindi che il tempo raggiunge ilsenso pieno e salvifico con la venuta di

    Ges di Nazareth: la sua presenza nellastoria riassume passato e futuro e di-viene relazione del volto misterioso diDio (Eb 13,8; Ap1,17s).

    La signoria di Dio e, quindi, quella diCristo nella storia, va verso un tempofinale, definitivo. Cristo domina e com-pie la storia, ma allo stesso tempo laorienta verso un tempo definitivo. Sitratta del grande capitolo dellescatolo-gia biblica. La serie delle liberazioni osalvezze parziali, di cui le pagine del-lAntico Testamento sono piene, pro-gredisce verso quella che sar la libera-zione riassuntiva delle precedenti. Cosle forme temporanee e limitate del do-minio e della regalit divina sugli uomi-ni e sul cosmo tendono verso la totalepresenza divina nella storia e nel co-

    smo, quando, come dice Paolo in 1Cor15,28: Dio sar tutto in tutti. La visio-ne della storia ci si presenta come unaoikonomia, un progressivo compiersi si-no alla pienezza. Cristo Signore deltempo, una delle categorie teologi-che fondamentali che spiega lunicoevento di salvezza. Lanno liturgico ce-lebra lunico evento della salvezza inCristo e i diversi momenti di questo

    evento, di cui sono protagonisti il Pa-dre, il Figlio e lo Spirito. Non ha quindisenso stabilire una festa del Padre, delFiglio o dello Spirito Santo. Noi cele-briamo gli eventi salvifici in cui sonocoinvolte le tre persone della SS.ma Tri-nit. Come dice il Catechismo dellaChiesa Cattolica, al n. 1077, la liturgia opera della Trinit.

    Nella professione di fede del Nuovo

    Testamento, il riferimento a Cristo di-

    viene decisivo per comprendere il nuo-vo equilibrio della storia e lo sposta-mento di accento della speranza cristia-

    na, rispetto alla speranza messianicadellAntico Testamento. Il Nuovo Testa-mento ha una concezione squisitamen-te lineare del tempo, con un presente,un passato e un futuro. La concezionelineare della storia, per, era stata af-fermata gi dalla fede ebraica: gilAntico Testamento distingueva il tem-po presente da quello futuro, mentrelattesa-speranza era orientata versoquel tornante decisivo fra i due tempi.Ora Ges sposta lequilibrio della sto-ria: il kairs definitivo, cio linterventopuntuale, definitivo e salvifico gipervenuto alla sua pienezza con lan-nuncio del Regno di Dio: Dopo cheGiovanni fu arrestato, Ges si rec inGalilea predicando il vangelo di Dio ediceva: Il tempo compiuto e il regno

    di Dio vicino; convertitevi e credete alVangelo (Mc 1,14-15).Come specifica san Paolo nella Let-

    tera ai Romani e in quella agli Efesini, iltempo compiuto non genericamentein Cristo, ma con la sua morte e risurre-zione. Perci, gi durante il tempo pre-sente, che va verso la consumazione fi-nale, iniziato il tempo futuro. Conse-guentemente, tra levento di Cristo e la

    fine di questo eone, il cristiano invita-to a vivere con lanimo di colui che giappartiene al tempo definitivo, pur re-stando legato a quella storia umana ecosmica che va verso la sua consuma-zione. il tempo della Chiesa e dellasua missione. Ecco quindi che la Chiesacelebrando la liturgia con i suoi riti, isuoi segni e le sue strutture temporali, gi orientata verso il futuro. La litur-

    gia, come semplice realt rituale, dovr

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    scomparire. Non bisogna dare quindi aisegni un valore definitivo. Ci ci ricordalinsita natura precaria del rito. C,

    dunque, unapertura verso questo fu-turo, che la fede e la riflessione teolo-gica della Chiesa apostolica colgononel fatto dellIncarnazione, Morte e Ri-surrezione del Figlio di Dio, eventi chesono la chiave per interpretare tutta lastoria. Conseguentemente nellanno li-turgico tutto viene interpretato alla lu-ce della Pasqua. Una volta per tutte(ephapax: Eb 7,27; 9,12; 10,10) Cristoha salvato il mondo, attuandone la li-berazione-salvezza e prospettando ilpieno compimento di tale evento allafine delleone presente, con la sua se-conda venuta nella storia.

    Allora il tempo precedente al fattoredentivo va compreso a partire dalsuo evento culminante: cio tutto stato creato per mezzo di Cristo e in

    vista di Lui (Gv 1,1-5). Poi, il temposuccessivo alla morte-risurrezione diCristo cerca ancora nella sua Pasquacontenuti verso cui camminare e spe-rare: E se lo Spirito di colui che ha ri-suscitato Ges dai morti abita in voi,colui che ha risuscitato Cristo dai mor-ti dar la vita anche ai vostri corpimortali per mezzo del suo Spirito cheabita in voi (Rm 8,11; cf 1Cor 15).

    Quindi la Rivelazione biblica non negail tempo delluomo, n lo dissolve nel-leternit; il tempo per riceve unanuova e superiore consistenza. Perquesta ragione, in ogni festa dellan-no liturgico noi possiamo trovare uncollegamento con il tempo cosmico,con levento salvifico e con la storiaattuale delluomo. Possiamo ben direche pi che parlare di un passaggio

    dal tempo cosmico al tempo salvifico,

    dal chronos al kairs, dobbiamo parla-re di un irrompere del tempo salvificonel tempo cosmico.

    4. Conclusione

    La liturgia della Chiesa, pur cele-brando il mistero presente eternamen-te in Cristo, ne storicizza gli aspetti e liricorda in momenti determinati nelcorso dellanno. La centralit del miste-ro di Cristo nellanno liturgico noncomporta un radicale rifiuto del simbo-lismo cosmico. Infatti, determinati ele-menti e fenomeni cosmici hanno influi-to sulla data di molte feste giocandoun ruolo importante nello sviluppo deiloro temi. Tali elementi e fenomeni co-smici servono a veicolare il mistero ce-lebrato. Cos notiamo che Pasqua ePentecoste fanno anche riferimento al-

    la primavera e al raccolto; Natale edEpifania al solstizio dinverno e quindialla nascita della luce; le Quattro Tem-pora con le Rogazioni al ciclo del lavo-ro delluomo; sulla festa di San Giovan-ni Battista al 24 Giugno, SantAgostinodice: Giovanni nacque in questo gior-no: da esso la luce del mondo decresce.Cristo nacque il 25 dicembre: da questadata cresce la luce del giorno9. La

    spiegazione di Agostino coincide con ildetto del Battista: Lui deve crescere,io diminuire (Gv 3,30). Finalmente,san Michele Arcangelo, protettore del-la Chiesa, celebrato allequinozio diautunno (il 29 settembre gi nellanticaraccolta di testi liturgici del Veronese)10

    Lintestazione degli antichi Sacra-mentari romani esprime molto chiara-mente il carattere di celebrazione cir-

    colare o ciclica propria dellanno li-

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    turgico: la celebrazione annuale del mi-stero/misteri di Cristo ritorna nellannicirculus11. Il tempo liturgico, caratteriz-

    zato dalla circolarit propria dellan-no cosmico, fa la sintesi della storia del-la salvezza, ma non la chiude nel suocircolo. La circolarit dellanno litur-

    1 Sul rapporto tempo-liturgia, cf. G. BONAC-CORSO, Celebrare la salvezza. Lineamentidi liturgia ( Caro salutis cardo, Sussidi 6),

    Messaggero, Padova 2003, 183ss.2 J.L.BORGES, Nueva refutacin del tiempo,in Otras inquisiciones, Emec, Buenos Ai-res 1960, p 301; trad. it.. di F. Montaldo inOpere complete, a cura di D. Porzio, vol. 1,Mondatori, Milano 1984, 1089.

    3 M. HEIDDEGER, Il concetto di tempo (Pic-cola biblioteca 406), Adelphi, Milano 2002,28-29

    4 Cf. A. GRILLO, Tempo, lavoro e festa cristia-na in epoca postmoderna, in F. ALACEVICH S. ZAMAGNI A. GRILLO, Tempo del lavo-ro e senso della festa (Le ragioni del bene4), San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, 92-93.

    5 A. DI BERARDINO, La cristianizzazionedel tempo nel IV secolo: il caso della cele-brazione di Pasqua, in W.HENKEL, Eccle-

    siae Memoria. Miscellanea in onore del

    R.P. J. Metler, Roma-Freiburg-Wien 1991,146-147.

    6 Nella struttura del pensiero greco, il tem-po realt fissa e statica. Lellenismo non pervenuto alla elaborazione di una filoso-fia o teologia della storia. Luomo greco vi-ve il mondo essenzialmente come natura,non come storia. Per una certa parte dellamentalit greca, la storia concepita comeun indefinito ripetersi di cicli chiusi. Il suomovimento simile a quello regolare degliastri. La legge che domina quella delle-terno ritorno, secondo il quale i medesimiavvenimenti si riproducono eternamentepersino negli stessi cicli cosmici.

    7 Cf. M. JOIN LAMBERT - P. GRELOT, Tem-po, in X. LEON DUFOUR (ed.), Dizionario

    gico rimanda piuttosto alla visione del-lanno inteso come un susseguirsi dipunti nella linea temporale della storia

    della salvezza, un momento cio nelgrande anno giubilare (cf. Lv 25) o an-no di grazia del Signore inauguratoda Cristo (cf. Lc 4,19.21).

    di Teologia biblica, Marietti, Torino 1971,1253-1273; J. GUHRT H. CH. HAHN,Tempo, in L. COENEN E. BEYREUTHER H. BIETENHARD (edd.), Dizionario deiconcetti biblici del Nuovo Testamento,

    dehoniane, Bologna 1976, 1819-1844; A.MARANGON, Tempo, in P. ROSSANO G.RAVASI A. GIRLANDA (ed.), Nuovo Di-

    zionario di Teologia Biblica, Edizioni Pao-line, Cinisello Balsamo 1988, 1519-1532;AA.VV., Il tempo (Parola Spirito e Vita Quaderni di lettura biblica 36), Dehonia-ne, Bologna 1997.

    8 Il testo completo del versetto dice cos:Egli devessere accolto in cielo fino aitempi della restaurazione di tutte le cose,

    come ha detto Dio fin dallantichit, perbocca dei suoi santi profeti.9 AGOSTINO, Serm. 287,4: PL 38, 1302.10 Avec saint Michel lquinoxe dautom-

    ne, Nol au solstice dhiver, Pque lqui-noxe de printemps et saint Jean Baptisteau solstice dt, ce sont les quatre saisons,les quatre points cardinaux de lanne so-laire, qui reoivent une assurance divine:la rpartition de ces ftes ne rsulte pasdune programmation explicite, mais ellerussit donner une forme chrtienne ces rites de passage dune saison lautreque toutes les religions mditerranennesou occidentales ont tablis en ces mo-ments critiques pour demander la protec-tion e la bndiction du ciel (PH. ROUIL-LARD, Les ftes chrtiennes en Occident[Histoire], Du Cerf, Paris 2003, 202).

    11 Liber sacramentorum romanae ecclesiaeordinis anni circuli(Sacramentario Gelasia-no antico, sec. VII); Incipit sacramentorumde circulo anni expositum (SacramentarioGregoriano- Adrianeo, sec VIII).

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    Premesse

    I l termine mistero ricorre nel NTper indicare il disegno salvifico diDio che si manifesta e si realizzanella risurrezione di Cristo. Inteso conquestaccezione specifica, il termineappartiene al linguaggio sviluppatodalle prime comunit cristiane. Il suocontenuto, per, affonda le radici nel-la tradizione dellAT e precisamentenel tema della sapienza di Dio e nelsuo sviluppo allinterno della tradizio-ne apocalittica. Il tema della sapienzadivina costituisce lorizzonte vitale incui diventa comprensibile il significatobiblico del termine mistero1.

    1. La sapienza di Dio nella storia

    La pagina che meglio permette dicomprendere il mistero nella sua ac-cezione neotestamentaria di disegnosalvifico di Dio, realizzato per mezzodel Cristo e in lui, il brano di Sir24,1-21. Con una ricca descrizione teologi-ca si presenta la Sapienza personifica-

    ta che loda se stessa nellassemblea di-vina. Qui la Sapienza indica lo stessodisegno di Dio nel quale avvenuta lacreazione e si va realizzando la salvez-za del popolo dellalleanza.

    Il discorso della Sapienza, dopo unabreve introduzione (vv. 1-2), si dividein tre parti. Nei vv. 3-7 la Sapienzaproclama non solo la sua origine divi-na, ma anche la sua profonda connes-

    sione con la Parola. Come questulti-

    ma (cf. Dt 8,3), anche la Sapienza uscita dalla bocca dellAltissimo, haraggiunto lintera creazione e ha eser-citato la sua signoria salvifica in ognipopolo e nazione. I vv. 8-10 descrivo-no la Sapienza che, per ordine divino,pone la sua tenda nel popolo dellal-leanza ed esercita la sua azione regalein modo speciale nel culto. Infine i vv.11-17 descrivono la Sapienza che,avendo posto le sue radici nel popolodel Signore, cresce e produce copiosifrutti di gloria e ricchezza. Un invitopressante a cercare la sapienza, con lapromessa dei suoi frutti di salvezza,costituisce la conclusione del brano(vv. 18-21).

    Da questa breve presentazione si

    pu facilmente cogliere la straordinariaprofondit del messaggio di questo te-sto. Lopera della Sapienza nel mondo delineata in tre cerchi concentrici. Il cer-chio pi esterno rappresentato dallu-niverso creato che, nella totalit dellesue parti, lo spazio percorso e illumi-nato dalla Sapienza di Dio. Il cerchio in-termedio costituito dalla totalit deipopoli e delle nazioni. La storia umana,

    nelle sue configurazioni etniche e quin-di sociali, culturali e religiose, espres-sione della regalit salvifica della Sa-pienza. Ci significa che i valori autenti-ci, realizzati dallumanit nel corso del-la propria storia, manifestano la capa-cit e la dignit che ha luomo di acco-gliere il disegno di Dio e di cooperarealla sua realizzazione. Infine il cerchiopi interno rappresentato dal popolo

    del Signore, che sviluppa la propria tra-

    Il mistero nella storia di p. Giovanni Odasso, crs

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    dizione nella luce della Parola di Dio equindi il luogo in cui la Sapienza divi-na pone la sua dimora e produce, allin-

    terno della storia umana, labbondanzae la ricchezza dei suoi frutti.

    La pagina di Sir 24, in definitiva,costituisce una testimonianza preziosadi una concezione teologica che ponenella Sapienza di Dio, ossia nel suo di-segno damore e di salvezza, il princi-pio nel quale trovano la propria collo-cazione e comprensione la creazionedelluniverso e la storia umana in tut-te le sue espressioni.

    Da questa prospettiva ricevononuova linfa vitale due grandi tradizio-ni dIsraele: la tradizione profeticadella Parola e la tradizione delle pro-messe salvifiche di Dio. La prima di es-se suppone che luomo chiamato adaccogliere una Parola che provienenon dalle voci di questo mondo, ma

    dalla voce del Dio Santo. la Parolache manifesta al popolo del Signore ildono salvifico dellesodo e dellallean-za e, nel contempo, gli indica la via dapercorrere per camminare nella sal-vezza ricevuta. la Parola che ha lasua espressione massima nella Torahche costituisce appunto leredit del-le assemblee di Israele (Sir24,22).

    A loro volta le promesse salvifiche,

    che caratterizzano in modo speciale laprofezia a partire dal periodo dellesi-lio in poi, suppongono la fedelt delSignore alle sue promesse e, quindi, alsuo disegno di salvezza, che egli hafatto conoscere al suo popolo permezzo dei suoi servi, i profeti.

    Nella prospettiva teologica testimo-niata da Sir24, lattesa del compimen-to delle promesse di Dio, che raggiun-

    ge la sua espressione pi alta nella con-

    fessione del mondo della risurrezione(il mondo che deve venire), lattesadella realizzazione piena e definitiva

    del disegno di Dio, quando lazione re-gale della Sapienza di Dio avr rag-giunto il suo compimento e avr intro-dotto lumanit redenta nella gloriadel Regno (cf. Sap 6,12-21). Negli scrittiapocalittici, che riflettono sulla fedenella risurrezione, compare appuntolespressione mistero. Con essa si in-dica la dimensione pi profonda del di-segno salvifico di Dio che riguarda ciche avverr negli ultimi giorni. Questomistero non pu essere conosciutocon le risorse della sapienza umana,ma pu essere manifestato unicamenteda Dio (cf. Dt2,27-28). Solo Dio, al qua-le appartengono la sapienza e la po-tenza, colui che concede la sapien-za ai sapienti, e svela cose profondee occulte (cf. Dn 2,22)

    2. Il mistero realizzato nellastoria

    Fin dagli inizi della tradizione cri-stiana la fede nel Signore risorto sta-ta compresa come opera del Padre chesi rivela nel Figlio, per mezzo dello Spi-rito (cf. Mt11,25-27 e 1 Cor2,5-16). Il

    testo di Ef 1,3-14 mostra che la fedenel Signore risorto, approfondita allaluce delle Scritture (cf. 1 Cor15,3-5),ha guidato la comunit cristiana acomprendere che la risurrezione diCristo costituisce il compimento dellepromesse salvifiche di Dio e quindi ilcompimento del suo eterno disegnodamore. In questa ottica la confessio-ne del Signore risorto appare come la

    risposta della comunit dei battezzati

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    a Dio, Padre del Signore Ges Cristo,che ha fatto loro conoscere il misterodella sua volont (cf. Ef1,9). Il termi-

    ne volont va compreso non gi nelsenso di imposizione di disposizioni ocomandi ma nel suo significato biblicodi benevolenza, beneplacito,amore. Si tratta dellamore che lacomunit del NT comprende appuntonella luce che le viene dalla fede nelSignore risorto: lamore che raggiun-ge tutti gli uomini e comunica la pacepropria del mondo della risurrezione,lamore con il quale il Padre rivela ilFiglio (cf. Mt11,26).

    La fede nel Vangelo guida i battez-zati a comprendere e confessare cheDio manifest la piena efficacia dellasua energia salvifica nel Cristo quan-do lo risuscit dai morti e lo fece sede-re alla sua destra nei cieli (Ef 1,20).Con la risurrezione del Cristo, Dio ha

    adempiuto allinterno della storiaumana, le sue promesse di salvezza, harealizzato il suo disegno di benevolen-za e di amore: Dio ha tanto amato ilmondo da dare il suo Figlio (Gv3,16).In questa ottica la confessione del Si-gnore risorto sviluppa nella comunitprotocristiana una luminosa certezza:il mistero taciuto per secoli eterni ora rivelato e perci richiede di esse-

    re annunciato mediante le Scrittureprofetiche (Rm 16,25-26).

    3. Il mistero che si compie nellastoria

    I testi di Ef1,3-23 e di Rm 16,25-27esprimono una concezione teologicache, con altre espressioni, attraversa

    tutto il NT. Effettivamente la fede nel

    Signore risorto si estrinseca nella con-fessione che Dio ha adempiuto le suepromesse e quindi ha realizzato il mi-

    stero della sua volont salvifica. Pro-prio questa confessione, che resapossibile dal dono incommensurabiledella rivelazione divina, implica unadimensione essenziale, come risultadagli annunci profetici della salvezza,che costituiscono lorizzonte luminosodi tutta la Scrittura. Si tratta della cer-tezza che il mondo della risurrezione,in quanto compimento delle promessedivine, rappresenta la meta non solodi Israele ma di tutte le genti. Per tut-te le genti il Signore far il banchettodellalleanza, quando eliminer lamorte per sempre e lumanit interagiunger alla liturgia della lode e delringraziamento nella gloria eterna delRegno di Dio (cf. Is 25,6-8).

    Alla luce delle Scritture profetiche

    la Chiesa del NT comprende che, allin-terno della storia, il disegno della be-nevolenza e dellamore del Signore si realizzato pienamente solo in Gesin quanto, mediante la sua risurrezio-ne dai morti, stato costituito il pri-mogenito di coloro che risuscitano daimorti (cf. Col 1,18; Ap 1,5). La fedenel Cristo risorto permette certo diconfessare che il mistero taciuto per

    secoli eterni si ora realizzato ed rivelato da Dio. Secondo le Scrittureprofetiche, per, il contenuto del mi-stero rivelato non riguarda solo Ges,ma lintera umanit. Tutta lumanit chiamata da Dio a partecipare alla ri-surrezione del Signore. La Chiesa lacomunit di coloro ai quali il Padre hafatto conoscere il beneplacito dellasua volont (Ef 1,6) perch ha effuso

    in essi abbondantemente la ricchezza

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    del suo amore con ogni sapienza eintelligenza e manifesta loro che ilmistero della sua volont sar piena-

    mente adempiuto quando tutta luma-nit sar pienamente partecipe dellarisurrezione nella gloria del Regno.

    In questa luce si pu affermare cheil mistero dellamore salvifico di Dio,che si realizzato pienamente in Ges,costituito Signore e messia con la risur-rezione dai morti, si va ora realizzandoallinterno della storia fino a quandotutta lumanit entrer nel riposo diDio, nella gioia delle nozze eterne.

    Il tempo della storia viene cos adassumere, per la Chiesa, una dupliceconnotazione. Anzitutto il temponel quale i battezzati invocano dal Pa-dre della gloria lo spirito della sa-pienza e della rivelazione per una piprofonda conoscenza di lui (Ef 1,17),per essere potentemente rafforzati

    dal suo Spirito nelluomo interiore,per conoscere lamore di Cristo chesorpassa ogni conoscenza ed esserecos ricolmi di tutta la pienezza diDio (cf. Ef 3,14-19). In questa ottica il tempo della fede che si nutre dellaScrittura e sviluppa nei battezzati laconsolazione della salvezza nella cer-tezza di camminare nella novit del-la vita (cf. Rm 6,1-11), perch risorti

    con Cristo (Col 3,1); il tempo dellaLiturgia come esperienza del miste-ro nella potenza dello Spirito, chetrasfigura i battezzati nellicona delSignore risorto (cf. 2 Cor 3,18) e quin-di li rende sempre pi partecipi dellavita gloriosa del Cristo.

    In secondo luogo, il tempo dellastoria lambito nel quale la Chiesatestimonia il Risorto fino agli estremi

    confini della terra. il tempo della

    martyria, della missione, dellan-nuncio ad ogni creatura; il tempo incui il mistero taciuto per secoli eter-

    ni e ora rivelato annunciato me-diante le Scritture profetiche.

    4. Il mistero come compimentodella storia

    Da quanto detto risulta che il dise-gno eterno dellamore di Dio versolintera umanit avr la sua piena edefinitiva realizzazione quando ogniessere umano entrer nella gloriaeterna del Regno. Sotto questo profiloil mistero che si realizzato pienamen-te nel Cristo, che si sta realizzando nel-la Chiesa e nellumanit allinternodella storia, rappresenta anche il com-pimento definitivo della storia, che sirealizzer quando tutte le genti parte-

    ciperanno al banchetto dellalleanzanellesperienza eterna dellamore fe-dele e misericordioso del Dio santo.

    Questa prospettiva, che costituiscela speranza profonda della fede testi-moniata dalla Chiesa del NT, illuminaprofondamente la realt dellamore diDio, il quale vuole che tutti gli uomi-ni siano salvati e giungano alla co-noscenza della verit, ossia alla pro-

    clamazione della sua fedelt che sisperimenta nella gioia della sua sal-vezza. La visione neotestamentariadella storia, che trova il suo compi-mento nella partecipazione di tuttalumanit alla risurrezione di Cristo,permette di comprendere una caratte-ristica fondamentale della salvezza di-vina: quella di essere realmente offer-ta a tutte le genti perch in Dio non

    c preferenza di persona (Rm 2,11).

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    In questa ottica, la certezza che ilmistero salvifico di Dio costituisce lameta della storia, lungi dallaprire lo

    spazio allagire irresponsabile delluo-mo e a una concezione assurda dellabont divina (cf. Rm 6,1-4), sviluppanel cuore del credente la consapevo-lezza della propria responsabilit ver-so Dio e verso gli uomini. Lattesa delcompimento non fuga irresponsabi-le dalla storia, ma coraggiosa assun-zione della propria missione profeticaper la vita del mondo.

    5. Prospettive

    Anche se espresso con diversa ter-minologia, ci che significato dai vo-caboli mistero e storia appartieneprofondamente alluniverso concet-tuale della Bibbia e costituisce lo sfon-

    do sul quale si sviluppata la riflessio-ne dei Padri e il linguaggio liturgicodei primi secoli della Chiesa.

    A nostro avviso un grande camporimane ancora aperto alla riflessioneteologica e pastorale perch possanosviluppare le virtualit della concezio-ne della Scrittura che presenta la crea-zione e la storia come espressione diun disegno divino damore che ha la

    sua realizzazione nella risurrezione diCristo e nella vocazione dellumanitintera ad essere pienamente partecipedella vita del Risorto nella gloria eter-na del Regno di Dio.

    Il mistero nella storia ci sembrauna formula che orienta a cogliere ilnucleo della testimonianza del NTcompreso alla luce di tutta la Scrittu-ra. Essa orienta a comprendere lazio-

    ne messianica del Signore risorto che

    guida lumanit verso la pienezza del-la vita, illumina il mistero della Chiesa,comunit di sorelle e fratelli ai quali il

    Padre ha fatto conoscere il misterodella sua volont, orienta al sensoprofondo della Liturgia come even-to che attua nelloggi della storia lasalvezza di Dio in Cristo Ges e guida ibattezzati nella testimonianza profe-tica del Risorto su tutta la terra.

    Il mistero nella storia infineorienta a comprendere che la storiaumana non ha in se stessa la pienezzadel suo significato. Coloro ai quali ilPadre rivela il suo mistero hanno il do-no di conoscere e la responsabilit difar conoscere la meta verso la quale lastoria tende e dalla quale riceve il suosignificato e la sua speranza.

    La storia diventa, cos, lo spazio nelquale lumanit chiamata a un cam-mino responsabile che renda possibile

    unesperienza iniziale e anticipata deibeni futuri, sviluppando la vita nellaluce di Dio e nellesperienza del suoamore, nella fraternit e nella giusti-zia. In questo spazio la Chiesa il luo-go dove il Mistero rivelato, celebra-to e annunciato fino a quando anchela morte, lultimo nemico delluma-nit, sar annientata. Allora, secondola ricca prospettiva di 1 Cor15,20-28,

    lopera messianica del Figlio avr rag-giunto il suo compimento e Dio sartutto in tutti.

    1 Per una presentazione del tema miste-ro, particolarmente attenta alla termi-nologia dellantica liturgia e al contribu-to della recente teologia, cf. B. NEUNHEU-SER, Mistero, in Nuovo Dizionario di Li-

    turgia, ed. Paoline, Roma 1984, 863-883.

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    Non esiste altro mistero cheCristo

    L

    a celebrazione del mistero pa-squale costituisce il momento pri-vilegiato del culto cristiano, suo

    sviluppo quotidiano, settimanale e an-nuale1.

    Poich lo stesso Cristo il protagoni-sta dei vari avvenimenti, ogni avveni-mento celebrato rende presente tutto ilmistero che Cristo.

    Possiamo definire il concetto pienodi Mistero come quellazione crea-trice e salvifica di Dio verso lumanit

    storica, in Cristo e nella Chiesa, che co-stituisce il contenuto del disegno eter-no, della rivelazione divina, della pro-messa veterotestamentaria, della predi-cazione apostolica e che, attraverso ilsimbolo cultuale, diventa accessibile aicredenti per condurli al compimentoescatologico2.

    Con queste parole Warnach indicavail significato centrale di mistero che si

    incontra prima nella letteratura neote-stamentaria come mistero di Cristo.In senso stretto, indica la Persona e laParola di Cristo. Nel senso ampio, masenzaltro paolino, abbraccia il pianosalvifico della creazione e della salvezzache si attua nel cosmo e nella Chiesa eraggiunge la sua conclusione piena nel-laparusia del Kyrios3.

    Il Cristianesimo , soprattutto, lope-

    ra della redenzione che si adatta agli

    uomini. Odo Casel dir che esso la re-ligione della mistica di Cristo, dellunio-ne con Cristo glorificato. Il primo ele-mento costitutivo e decisivo non ladottrina, ma la Persona di Cristo, inquanto Redentore che agisce nella sto-ria dellUmanit.

    Partiamo dal culto stesso come rea-lizzatore di questopera della redenzio-ne adatta agli uomini, stabilendo i se-guenti passi:

    nel culto che si fa accessibile lope-ra redentrice di Cristo;

    attraverso il culto, luomo si mettein contatto con la morte e la resurre-

    zione del Signore e, nel contempo, reso partecipe del mistero pasquale,con il quale sperimenta la redenzionedi Cristo;

    mediante il culto, si esplica il pianosalvifico di Cristo che trova la sua origi-ne nellEternit, esprimendo anche ladimensione escatologica delluomo.

    Lascetica e limitazione morale diCristo, sul piano ontologico, fattibile

    mediante il culto cristiano. Casel insistenel sottolineare come il mistero di Cri-sto alimenta il mistero del culto, affin-ch noi, attraverso di esso, possiamogiungere alla realt del mistero di Cri-sto. In effetti, c una chiara distinzionetra il mistero del culto e il mistero diCristo, dal momento che il mistero delculto la rappresentazione e la rinno-vazione rituale del medesimo mistero

    di Cristo.

    Il Mistero compiuto nella storia

    si attua nella celebrazionedi p. Juan Javier Flores, osb

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    La vita cristiana dei primi secoli eraorganizzata in modo da avere, comecentro, il mistero della redenzione e la

    sua celebrazione nel culto. Con il tem-po, per, irruppero orientamenti di ti-po soggettivistico e prevalentementeetico. Si rivalut lapporto dello sforzoumano nellopera della santificazionepersonale, ma di pari passo si verificuna diminuzione dellimportanza dataallazione obiettiva che ci viene da Dioattraverso i sacramenti. da imputarsiallo spirito individualistico dei popoligermanici, accentuatosi durante il Me-dioevo, il processo che condusse allu-manesimo. Tuttavia la Liturgia manten-ne, nei suoi riti e nei suoi testi, la suaprimitiva concezione.

    Per Casel, mistero Dio in se stes-so, Ges Cristo e la Chiesa, miste-ro al quale luomo non pu avvicinarsisenza morire.

    In questa esperienza del divino, sitrova luomo nella sua condizione limi-tata che riconosce dinanzi a Dio la suamiseria, la sua impurit e il suo peccato,come riferisce anche il profeta Isaia: Iosono un uomo con le labbra impure edabito in mezzo ad un popolo con lelabbra impure; eppure io ho vedutocon i miei occhi il Re, il Signore deglieserciti (Is 6,5).

    In questa scoperta progressiva delmistero troviamo Dio, secondo lAnticoTestamento. Nel mistero della rivelazio-ne, Egli non si manifesta ancora piena-mente al mondo profano, bens si na-sconde, manifestandosi soltanto alle-letto, al credente e al giusto.

    Lessenza di Dio, superiore al creatoe, al tempo stesso, trascendente e im-manente, sostiene le sue creature in

    virt della sua universale presenza. Gi

    il mondo antico possedeva questa in-tuizione del mistero considerandoogni realt terrena come conseguenza

    di una potenza superiore; basti pensareagli antichi templi, circondati di un alo-ne misterioso e legati alleternit e aiculti dellet ellenistica, secondo la stes-sa saggezza platonica. Tutti questi ele-menti hanno un solo denominatore co-mune: un anelito ad avvicinare luomoal divino. Tale anelito si confermer an-che nella storia del popolo di Israele,nella quale Dio stesso d una precisa te-stimonianza nella sua Rivelazione. Ilculmine verr raggiunto nel momentoin cui questo anelito verr soddisfattocon la venuta, in forma umana, del suoamatissimo Figlio, rispetto alla leggeebraica che mostrava con rigidit i con-fini fra Dio e uomo.

    In Paolo si fa ormai patente che ilmistero non sia altro che la rivelazione

    di Dio in Cristo, cio di colui che abitauna luce inaccessibile, colui che nessunuomo fra gli uomini ha mai veduto, npu vedere (1 Tm 6,16). In altre paro-le, mistero colui che muore in formaumana sulla Croce, mostrando lamoredel Padre. Anche Giovanni afferma:Nessuno ha mai visto Dio; il Figlio Uni-genito ha portato a noi la conoscenza(1 Gv 4,12).

    Dunque, Cristo il mistero di Dio informa personale che si manifesta nellasua esistenza terrena umiliata. Questomistero venne annunziato dagli Apo-stoli ed trasmesso dalla Chiesa a tuttele generazioni. La Chiesa conduce lu-manit alla salvezza non soltanto attra-verso la Parola, bens anche attraversole azioni sacre, in modo che Cristo vivenella Chiesa mediante la fede e me-

    diante il mistero celebrato e vissuto.

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    Questo piano redentore di Dio sirealizza concretamente in Cristo Ges.Lincarnazione del Figlio di Dio e la sua

    opera redentrice sono il Mistero pro-priamente detto, sono lepifania di Dio.Tale evento deriva dalla profondit ine-splorabile dellagape divina, tanto danon trovarsi alla portata della nostracapacit di pensare e di valutare, per-ch siamo uomini che sperimentanosempre il confine del limite.4

    Questo mistero di Cristo inizia conlIncarnazione, culmina nella morte e siconclude nella glorificazione del Signo-re. Tutto questo insieme lUrmyste-rium o mistero primitivo. Nella manierain cui si manifesta il piano redentore diDio in ognuna delle azioni teandrichedi Cristo, possiamo chiamare anchemistero ciascuna di queste azioni,tanto che si pu parlare di mistero del-lIncarnazione, della nascita, della pas-

    sione, della resurrezione; poich, per,tutte queste azioni rispondono a unpiano unico di Redenzione. In questosenso, pi logico parlare di un unicomistero di Cristo, integrato dalla suaPersona e da tutta la sua opera.

    Il mistero sempre la presenza, neltempo e nello spazio, di unazione so-teriologica di Dio.

    Il mistero lazione concreta che

    rende possibile quella presenza di una-zione gi passata. Esso implica lidea diuna rivelazione o manifestazione cheserve per inserire lazione di Dio nel di-venire continuo della storia umana.

    Non va dunque tralasciato di sottoli-neare che il mistero , certamente, ine-sprimibile e non pu esaurirsi con le pa-role, anche se non mancher lazionedello Spirito del Signore che riveler e

    manifester la Verit a chi ben dispo-

    sto, mentre lincredulo non sospetterminimamente della profondit del con-cetto.

    In effetti, al mistero di Cristo, isti-tuito da Dio e lasciato a noi come do-no del Padre, la Chiesa, nella sua mis-sione millenaria e sotto limpulso delloSpirito Santo, ha dato quella formache rimane fissa nella sua essenza e la-scia, nello stesso tempo, libert allospirito. A tale riguardo, Casel scrisse:Dunque non abbiamo bisogno di cer-care; dobbiamo solo donarci, dobbia-mo celebrare i misteri dello Sposo: intal modo veniamo trasformati in Cri-sto. Secondo il piano eterno di Dio,questa opera redentrice di Cristo deveaderire alle generazioni di tutti i tem-pi. Ci possibile attraverso la Chiesache continua nel mondo la redenzionedi Cristo. Allora, la pienezza della gra-zia che deriva dal suo Capo invisibile si

    manifesta e si trasmette attraverso ilsegno esteriore del Corpo visibile. Inquesto senso san Paolo parla del mi-stero della Chiesa (Ef5,32; 3,9 ss.).

    In ultima analisi, i sacramenti dellaChiesa e il suo culto, in generale, con-tengono realmente il mistero di Cristo,lUrmysterium, e lo pongono alla porta-ta degli uomini attraverso il segno deisuoi riti e simboli. Di conseguenza, i sa-

    cramenti e il culto, in generale, sonoanche il mistero cultuale (1Cor4,1;5,32), grazie al quale gli uomini hannoaccesso al mistero di Cristo.5

    Per ben comprendere la profonditdel rinnovamento liturgico che accom-pagna la nascita di questa teologiadei misteri, risulta necessario conoscereanche la visione ecclesiologica nellaquale nasce il movimento liturgico,

    avendo presente la Liturgia come

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    azione cultuale della Chiesa e comeattuazione del Mistero di Cristo. Di-nanzi a tale rapporto, si trova il fonda-

    mento dellazione liturgica che nonpu esserci in mancanza di Cristo e del-la Chiesa.

    IL MISTERO SI CELEBRA NELLA CHIESA

    La Chiesa depositaria del misterodi Cristo. La costituzione sulla liturgia,riprendendo un pensiero dei Padri, lodice con parole chiare: Infatti dal co-stato di Cristo morente sulla Croce scaturito il mirabile sacramento di tut-ta la Chiesa.6

    La Chiesa non n una istituzionepuramente umana-giuridica, n unasemplice organizzazione esteriore diuomini che convengono su determinatequestioni di religione e di fede. Essa, co-

    me comunit del Signore, la pre-senza reale ed efficace del divino sottoforma di Cristo in questo mondo, nellastoria umana. In questo senso la Chiesa depositaria del mistero di Cristo, locustodisce, lo offre, lo celebra, lo vive.La lettera ai Colossesi (1, 18) chiama Cri-sto il capo del corpo, cio della Chiesa,perch egli il principio, il primoge-nito di coloro che risuscitano dai morti.

    Cristo il capo della Chiesa in quanto il salvatore del suo corpo (Ef5, 23).Quindi la Chiesa vive la sua vita, nutritae curata da lui, suo sposo divino.

    La Chiesa non altro che lirromperenel mondo e in questo tempo di Dio: quindi un vero mistero; di conseguenzapossiamo dire che il mistero di Cristoperdura nel tempo e permane nellatensione tra il non ancora temporale

    e il gi eterno.

    Il problema che ci viene presentatoadesso in che modo la presenza del-lazione salvifica di Cristo possa diven-

    tare concreta per noi; come possiamonoi trovare laccesso reale a essa ondepoterla far nostra mediante la ripro-duzione sacramentale. Questo ilprincipale problema della teologia deimisteri, che si occupa della realizzazio-ne della salvezza attraverso il misterodel culto.

    La Chiesa mai tralasci di riunirsi inassemblea per celebrare il mistero pa-squale, mediante la lettura di quantonella Scrittura la riguardava (Lc24,27),mediante la celebrazione dellEucari-stia, nella quale il Mistero arriva allasua pienezza.

    Ogni singolo uomo giunge a parte-cipare vivamente alla realt della sal-vezza attraverso lazione sacramenta-le della stessa Chiesa. La funzione es-

    senziale del sacramento non si limita arappresentare e raffigurare la realt,cio lopera salvifica, ma la contieneeffettivamente e la traspone realmen-te nello spazio e nel tempo, senza na-turalmente mutarla nel suo essere tra-scendente o, addirittura, ripeterla. Nelsacramento, lazione salvifica non vie-ne n nuovamente eseguita, n ripe-tuta. Sotto il velo del simbolo cultua-

    le, lo stesso evento che si verificatouna volta nel passato storico, si fa pre-sente come evento reale in atto disvolgimento.

    Adottando un idea molto caselia-na, noi veniamo liberati dai nostri vin-coli spazio-temporali e resi presenti al-lazione salvifica, per poter essere inse-riti in essa. Il potere anamnetico, me-moriale dellazione liturgica permette

    proprio questo salto o passaggio.

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    Il sacramento non altro che loperasalvifica di Cristo, attuatasi una voltanella storia, ma resa presente e manife-

    stata tra gli uomini e per gli uomini.Tutta lazione salvifica contenuta

    nellevento sacramentale. Il nucleo es-senziale dellopera salvifica la Pasqua,il passaggio di Cristo attraverso la mor-te per giungere alla trasfigurazionenella risurrezione, perch cos il mododi esistenza terreno-carnale di Ges fos-se trasformato in quello celeste pneu-matico del Kyrios glorificato. Questapasqua si s verificata storicamente so-lo una volta, cio in quella comparizio-ne esteriore ormai da lungo tempo pas-sata, ma tale azione unica di Cristo, amotivo del suo carattere di kairs, su-pera la sfera temporale e, quindi, i limi-ti del tempo, sicch nel suo vero e pro-prio accadere oggettivamente pre-sente e accessibile a tutti i tempi.7

    La Pasqua appare come il concentra-to di tutta la storia della salvezza; in es-sa si riflettono le linee e le struttureportanti dellintera rivelazione biblica edi tutta lesistenza cristiana.

    Il mistero di Cristo diventa presentesempre nella sua totalit, come lunicaattuazione del mistero divino origina-rio e non, ad esempio, nelle singolerealt storico-salvifiche in cui esso si

    verificato una volta.Ogni festa presenta tutto il mistero,ma sotto un punto di vista particolare,appunto perch noi non siamo in gradodi coglierne con un solo sguardo tuttala pienezza divina.

    Come i sette sacramenti sono espres-sioni oggettivamente diverse dellunicomistero salvifico, cos anche i giorni e itempi festivi dellanno liturgico pre-

    sentano il mistero di Cristo secondo i

    vari stadi della sua realizzazione stori-ca. Il nucleo di ogni celebrazione festiva sempre costituito dal mistero della

    Pasqua quale viene continuamente ce-lebrato in ogni sacrificio della messa.

    La Chiesa custodisce il mistero

    Bisognerebbe dare uno sguardodinsieme alla storia della liturgia nellaChiesa occidentale per comprenderecome gli atti fondamentali della giova-ne Chiesa, e cio la celebrazione eucari-stica, i riti sacramentali, la preghiera incomune, la predicazione come atto diculto, risalgono al comando esplicito diGes, o almeno al suo esempio e allesue raccomandazioni. Ges per nonha, per cos dire, creato ex nihilo questiatti di culto: li ha ripresi dalla prassi vi-gente nel tardo culto ebraico dellet di

    nostro Signore.La Chiesa apostolica ha proseguitosu questa linea: le forme cultuali nonancora praticate da Ges, per lo pinon sono state inventate ex novo dallaChiesa: ci si ispir piuttosto ai modelligi esistenti nelle tradizioni cultuali delgiudaismo.8

    Lo stesso potremmo dire a propositodellanno liturgico ripristinato che ri-

    prende la grande tradizione mettendola Pasqua al centro di tutte le celebra-zioni. Forse non si tenuto sufficiente-mente presente il peso dato dal Conci-lio alla Pasqua; ci si attenuti troppoalle cose puramente pratiche rischiandodi perdere di vista ci che sta al centro.Pasqua significa inseparabilit di crocee resurrezione cos come sono presen-tate soprattutto nel Vangelo di Giovan-

    ni. La croce sta al centro della liturgia

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    cristiana, con tutta la seriet che cicomporta.

    Ormai possiamo dire che il concilio

    Vaticano II ha stabilito che si faccia unaaccurata riforma generale della litur-gia (SC 21). I Padri conciliari si rende-vano conto del crescendo della riformaliturgica, e tutta la Chiesa si apriva allericchezze del mistero pasquale, centrodella vita della Chiesa e del cristiano.

    La liturgia, unione armoniosa di ce-lebrazione e vita, di testi e riti, di sacra-menti e sacramentali, un equilibratoe complesso sistema nel quale la tradi-zione trova il suo ambito di svilupponaturale e, allo stesso tempo, un climastimolante che le permette di evolversied espandersi.

    La tradizione parte dalla Scrittura,dove troviamo proprio il comando diGes, ma anche dai riti, dalle preghiere.La Chiesa la tradizione viva del Miste-

    ro. Se vero che la tradizione custodisceil Mistero, anche vero addirittura lop-posto: il Mistero custodisce la stessa tra-dizione. Il Mistero, meglio, la celebra-zione del Mistero, deve suscitare com-mozione nel nostro spirito. Dovrebbefarci commensali con Cristo nelleucari-stia, oranti con Cristo nella preghiera,sacramenti con Cristo nei sacramenti.

    La centralit dellEucaristia esige

    un notevole sforzo di penetrazione ditutta la comunit, poich il paradig-ma di unazione celebrativa che costi-tuisce la vita della comunit nello spa-zio e nel tempo, nel passato e nellog-gi, dai primi secoli fino al momentoattuale. NellEucaristia si realizza ogniChiesa diocesana e particolare: in essaogni comunit cristiana diventa uni-versale, aperta alle dimensioni missio-

    naria e contemplativa. Nella celebra-

    zione eucaristica troviamo realizzatain grado massimo la presenza del Si-gnore e della sua opera salvifica. Il

    passo dalla celebrazione alla vita fondamentale. La esprimeva con que-ste parole il Papa Leone Magno: Im-plendum est nihilominus operi quodcelebratum est sacramento.9

    La commozione profonda incomin-cia quando la comunit eucaristica di-venta una sola cosa con la celebrazio-ne. Unespressione di san GiovanniCrisostomo denota questa simbiosi:Noi non vogliamo solamente aderirea Cristo, ma vogliamo anche unirci aLui, perch se ci separiamo da Lui pe-riremo.10

    Nella celebrazione eucaristica, fa-cendoci commensali della mensa di Cri-sto, ci introduciamo nel medesimo mi-stero eucaristico nel quale comunichia-mo. La partecipazione alla vita gloriosa

    del Dio fatto Uomo, Ges Cristo, ci concessa gi in forma di banchetto inquesto mondo, come anticipo del ban-chetto escatologico, dal momento cheleternit opera gi tra il tempo e lapienezza di Cristo, sino ad arrivare anoi. Ci che diciamo dellEucaristia lopossiamo dire della preghiera, cio del-la liturgia della lode. Dovremmo ripete-re come i discepoli di Emmaus: Non ar-

    deva forse il nostro cuore mentre egliconversava con noi lungo la via, quan-do ci spiegava le Scritture?.11

    Nella celebrazione del Mistero, nel-lEucaristia, nella celebrazione dellalode di Dio, nella celebrazione dei sa-cramenti e sacramentali, nellanno li-turgico Cristo stesso ci parla, conversacon noi, anzi lui che ci spiega leScritture. Lo dice il Concilio Vaticano II

    nella costituzione sulla liturgia: Per

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    lattuazione di questopera Cristo sempre presente alla sua Chiesa, spe-cialmente nel compimento della Litur-

    gia. Egli presente nel Sacrificio dellaMessa, tanto nella persona del mini-stro, quanto, soprattutto, sotto le spe-cie eucaristiche... presente con la suapotenza nei sacramenti... presentenella sua parola... presente quandola Chiesa prega e canta.....(SC 7).

    La presenza di Cristo produce com-mozione, stupore, a volte anche timo-re; ma sempre una presenza salvifi-ca. Non temete (Mt 28, 10) dice ilRisorto, perch i discepoli avevanopaura. Lo stesso dovrebbe succedereanche a noi quando stiamo celebran-do, quando partecipiamo ai divini mi-steri; quando entriamo in chiesa e citroviamo nel tempio santo, quandocelebriamo e quando, dopo, torniamoal quotidiano.

    La commozione, lo stupore ci porta-no allincontro con Cristo che presen-te nella sacra liturgia; da questo incon-

    tro scaturisce lesperienza. Lesperienzaimplica levento liturgico quale epifaniadi Dio che, rivelandosi, irrompe nella vi-

    ta delluomo e lo converte a s affer-randolo nel profondo dellesistenza.Questesperienza ci fa entrare, penetra-re nel mistero, o pi ancora fa penetra-re il mistero in noi. Lesperienza eccle-siale innanzi tutto presenza di Dio, ed su questo piano che luomo rag-giunto dalla liturgia. Non si tratta dun-que, nella Chiesa, di contemplare este-riormente i misteri di Cristo, ma Cristostesso che raggiunge il cristiano e lo faentrare nei suoi misteri, dandoglienelesperienza.

    nel sacramento dellanno cristia-no, come soprattutto nei sacramentipropriamente detti, che si situa lespe-rienza cristiana. Vi qui unobiettivitdellesperienza cristiana che la contrap-pone a ogni psicologismo e a ogni in-

    trospezione eretta a metodo.12

    Noi pe-netriamo nel Mistero ma anche il Mi-stero penetra in noi.

    1 PAOLO VI, Motu proprio Mysterii Pascha-lis.

    2 V. WARNACH, Il mistero di Cristo. Una sin-tesi alla luce della teologia dei misteri,Paoline, Cinisello Balsamo 1982, 21.

    3 Ibidem, 21.4 Cfr. O. CASEL, Fede, gnosi e mistero. Sag-

    gio di teologia del culto cristiano, Mes-saggero, Padova 2001, 12.

    5 A tale riguardo Casel afferma: Il misterodel culto cristiano il sacramento simboli-co reale dellazione salvifica di Cristo, cf.O. CASEL, Fede, gnosi e mistero, cit., 52.

    6 Sacrosanctum Concilium, 5.7 WARNACH, op. cit. 139.8 T. KLAUSER, La liturgia nella chiesa occi-

    dentale. Sintesi storica e riflessioni, Elle

    di Ci. Torino-Leumann 1971, 13.9 LEONE MAGNO, Tractatus LXX, 4, (CCL 138

    A) ed. A. Chavasse, Turnhoult, Brepols1982, 429.

    10 GIOVANNI CRISOSTOMO, Homiliae in Epistu-lam primam ad Corinthios, 8, 4: PG 61,72. Il testo latino il seguente: Ne ita-que solum haereamus Christo, sed etiamipsi conglutinemur; nam si disjuncti si-mus, perimus. Etenim qui elongant se ate, peribunt (Psal. 72, 27), inquit. Conglu-tinemur ergo ipsi, et conglutinemur peropera: Qui enim servat mandata mea, inme, inquit, manet (Joan. 14,21).

    11 Lc24, 32.12 A. NOCENT, Lesperienza monastica di

    Dio e la liturgia, in AA.VV., Dio vivo omorto?155-156, la citazione alla pagi-

    na 161.

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    Sfogliando il calendario liturgico,si vede come la Chiesa celebri ivari momenti della vita di Cristocon apposite feste: lAnnunciazione, ilNatale, la Presentazione al Tempio, ilBattesimo al Giordano, la Trasfigura-zione, listituzione dellEucaristia, la

    Morte, la Risurrezione, lAscensione.Cos ogni anno, i cristiani ricordanoquesti fatti e fanno festa.

    La realt per non questa. Glieventi che ricordiamo non sono avve-nimenti staccati luno dallaltro, e nonsi tratta soltanto di un ricordo di fattidel passato.

    1. Lunit dellanno liturgico. Perquanto i primi discepoli del Cristo fos-sero ebrei, che conoscevano diversefeste nel corso dellanno, come si leg-ge nel Levitico, essi, in quanto cristia-ni, hanno cominciato a celebrare unasola festa: la Risurrezione del Signore,considerata come la Pasqua vera e de-finitiva, di cui quella ebraica era solouna prefigurazione. E lhanno cele-brata non una volta allanno, ma ogni

    settimana, nel giorno che hanno chia-mato domenica, o giorno del Signo-re risorto. Solo con il passare dei de-cenni hanno chiamato Pasqua la do-menica considerata anniversario dellarisurrezione. Tale celebrazione, che inun primo tempo consisteva solo nellaveglia tra il sabato e la domenica, perinflusso della Chiesa di Gerusalemme, stata celebrata in un triduo, nel

    tempo che va dalla morte alla risurre-

    zione, e cio il venerd, il sabato e ladomenica. Sar il sacratissimo triduodi Cristo crocifisso, sepolto e risorto,secondo la bella espressione disantAgostino. La Pasqua non sol-tanto la risurrezione, ma il passaggiodi Cristo da questo mondo al Padre,

    che avviene attraverso la passione, lamorte, la sepoltura, la risurrezione elascensione. Tale percorso di Cristo chiamato oggi il mistero pasquale.Ad esso dobbiamo aggiungere la Pen-tecoste, come frutto e conclusionedella Pasqua.

    Fino allanno 336 i cristiani non co-noscevano altre feste che la Pasquasettimanale e il ciclo pasquale annua-le, che comprender sia il tempo dipreparazione (la Quaresima), sia lacinquantina pasquale, o Pentecoste.Non si ha difficolt a vedere lunit diqueste celebrazioni.

    Il primo documento che elenca al-tre feste, oltre il mistero pasquale, ilChirografo filocaliano del 354 (Filoca-lo [=amante del bello] era colui che

    incideva sul marmo testi, per es. di Pa-pa Damaso). Qui troviamo per la pri-ma volta lindicazione di una festa delNatale, celebrata a Roma, il 25 dicem-bre, come sostituzione cristiana dellafesta pagana del Natale Solis Invicti.E vi troviamo anche le feste di martirie di vescovi romani, nel rispettivogiorno della Depositio, cio della mor-te o sepoltura. Si forma cos, nel IV se-

    colo, lanno liturgico cristiano. Fuori

    LAnno liturgico e la vita

    di Cristodi p. Ildebrando Scicolone, osb

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    Roma, circa un secolo dopo, si aggiun-ger il periodo di Avvento, di quattroo sei settimane. Nella celebrazione

    settimanale della Pasqua, si inserisco-no cos due blocchi: il ciclo pasquale(annuale) e il ciclo natalizio (o dellamanifestazione del Signore).

    Si viene cos a presentare, nel corsodi un anno, lintera vita di Ges, nonper nella storicit degli avvenimenti,ma nel loro valore per la redenzionedelluomo. Cristo Signore ci ha salvatonon soltanto con la sua morte e risurre-zione, ma con tutta la sua vita. Il miste-ro della umana redenzione si realizza-to (e pertanto stato rivelato) quando apparsa la benignit e la filantropia diDio (Tito 3, 4), e cio dallIncarnazionealla glorificazione di Cristo. A Natale ce-lebriamo la nascita di colui che entran-do nel mondo dice: Tu non hai graditoofferte e sacrifici, un corpo mi hai dato;

    ecco io vengo per compiere il tuo vole-re. Lunit dellanno liturgico fonda-ta sullunit della vita e della missionedel Verbo incarnato.

    Tale unit viene bene espressa nel-lart. 102 della Costituzione liturgica,che recita: La santa madre Chiesaconsidera suo dovere celebrare, consacra memoria, lopera salvifica delsuo sposo divino, in giorni determinati

    nel corso dellanno Nel corso del-lanno distribuisce tutto il mistero diCristo dallIncarnazione e dalla Nati-vit fino allAscensione, al giorno diPentecoste e allattesa della beatasperanza e del ritorno del Signore.

    2.Attualizzazione del mistero cele-brato. Abbiamo gi detto che gli av-venimenti della vita di Cristo non ven-gono resi presenti nella loro storicit.

    Sono fatti storici, in quanto verificati-

    si in un determinato tempo e spazio.Sono passati, e in quanto passati nonritornano. Ma il loro valore salvifico

    rimane, per il fatto che Cristo vive ineterno (Ebr 7, 24) e le sue azioni ri-mangono in lui. La celebrazione consacra memoria rende presente, nelloggi liturgico, levento, perch noi vipossiamo prendere parte. Il citato art.102 della SC continua: Ricordando intal modo i misteri della redenzione,essa [la Chiesa] apre ai fedeli le ric-chezze delle azioni salvifiche e deimeriti del suo Signore, le rende incerto modo presenti e permette ai fe-deli di venirne a contatto e di essereripieni della grazia della salvezza. Lacelebrazione liturgica, che consistenellannuncio della Parola e nel ritosacramentale, il momento in cui lasalvezza operata da Cristo, storica-mente 2000 anni fa, raggiunge la co-

    munit celebrante. Vale sempre le-sempio della luce. Essa viaggia allavelocit di 300.000 km al secondo. Seio vedo una stella, lontana 2000 anniluce, quella luce che io vedo, con-temporaneamente passata e presen-te. partita nel passato, ma per me presente perch ora io la vedo e mi il-lumina. questo il senso del memo-riale liturgico. Ecco perch a Natale

    cantiamo: Oggi Cristo nato(alMagn.); un giorno santo spuntatoper noi;oggi una splendida luce discesa sulla terra, dove oggi nonsignifica come oggi, ma propria-mente oggi.

    Per noi uomini e per la nostra sal-vezza. Questo lo scopo della mis-sione del Cristo. Nelle singole feste,che dispiegano nel corso dellanno

    il mistero della redenzione, rendiamo

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    grazie a Dio (=facciamo eucaristia) perci che in quellavvenimento Dio hafatto per noi in Cristo. Ogni prefazio

    contiene sempre il pronome noi olaggettivo nostro.

    Il contatto con gli avvenimentisalvifici rafforza di anno in anno il no-stro innesto in Cristo. A Natale noi par-tecipiamo della figliolanza di Dio, a Pa-

    squa moriamo e risorgiamo con Cristo,allAscensione pregustiamo di esserenoi membri del corpo l dove ci ha

    preceduto il nostro Capo, a Pentecostelo Spirito Santo scende sullassembleacelebrante, nelle feste di Maria, con-giunta indissolubilmente con loperadella salvezza del Figlio suo (SC 103)la Chiesa in lei ammira ed esalta il frut-

    to pi eccelso dellaredenzione, e in leicontempla congioia, come in unaimmagine purissi-ma, ci che essadesidera e spera diessere nella sua in-terezza.

    In modo sinteti-co ed efficace, giPio XII, nellEncicli-ca Mediator Dei

    del 1947, avevascritto che lannoliturgico Cristostesso che prose-gue nel tempo lasua opera di sal-vezza, riecheg-giando ci chescriveva Odo Ca-sel: Lautentico

    protagonista del-lanno liturgico ilCristo mistico ecio lo stesso Si-gnore Ges Cristoglorificato, unitocon la sua sposa,la Chiesa (Il mi-

    stero del culto cri-stiano, Roma

    1985, pp. 95-96).LAdorazione dei Magi, Miniatura Russa, sec. XIV.

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    Molto della nostra vita scandi-to dal calendario: lalmanacco,che appendiamo alle pareti di

    casa, regola i giorni lavorativi, le feste ei weck-end; il calendario delle attivit,che riparte ogni anno dopo le ferie,scandisce l avanzamento lavori delle

    aziende, degli uffici e delle parrocchiestesse. C poi il calendario dellanno li-turgico che, per anni circulum, fa me-moria del Mistero di Ges. Questa sem-plice constatazione mostra gi come lastoria del mondo e lanno della Chiesacamminino insieme. Sono due realt instretto rapporto: la Chiesa celebra per ilmondo, compiendo il servizio sacerdo-tale; ma anche il mondo con la sua sto-ria, il mutamento dei rapporti tra i po-poli, il crollo di istituzioni e ideologieche parevano fisse per sempre, sta im-ponendo alla Chiesa quel cambiamen-to, al quale lo Spirito lha chiamata me-diante il mai troppo meditato ConcilioVaticano secondo.

    Non , infatti, soltanto questione diorganizzare la vita della comunit par-

    rocchiale secondo il ritmo di feste e ri-correnze, ma di introdurla nel Misterocelebrato nel sacramento e adempiutonella vita quotidiana. Sfuggir comun-que il pieno significato dellanno litur-gico, se non torniamo alla comprensio-ne della liturgia quale il Concilio ce lhadonata. La liturgia, che nel tempo eragiunta a significare linsieme di ritiadempiuti con scrupolosa aderenza a

    rubriche e cerimonie, invece lopera

    di Ges, quella che il Padre gli ha datoda fare in favore degli uomini (SC 6; cfrGv 17,4; 5,17) e che lui ha compiutoconsegnandosi liberamente alla morteper essere risuscitato dai morti, princi-pio di salvezza e santificazione per tuttigli uomini; questa opera, che chiamia-

    mo Mistero Pasquale, egli la compienelloggi della Chiesa, resa presente peril tramite della liturgia. Cos il tempodella nostra vita diventa, nella Chiesa,tempo di salvezza.

    Ma lesperienza immediata hatuttaltro segno. Due realt, in questinostri tempi, fanno problema: da unaparte la storia appare cattiva, rassegna-ta a violenze, ingiustizie, calamit; dal-laltra la vita delluomo segnata dallaframmentariet in un tempo che, comenellantico mito, divora i suoi figli. Vi-viamo un tempo spezzato, insieme diattimi isolati, senza un filo che diaunit; tempo nel quale nulla realmentesi chiude e tutto rimane aperto e ritor-na, in una esistenza mai compiuta; e vi-viamo un tempo accelerato, che tutto

    sacrifica alla produttivit e a un consu-mo mai sazio. Su tutto domina il sensomortificante della fuga del tempo: ruithora, dicevano gli antichi, e tutto trasci-na via e travolge con s.

    Lanno liturgico

    Esperienze del tempo, queste, che

    lanno liturgico sommuove dalla radi-

    LAnno liturgico, itinerario

    della vita cristianadi Nazareno Scarabotto

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    ce, perch loggi della liturgia raggiun-ge la sorgente dellunit e del compi-mento nella memoria viva dellevento

    unico di Ges. Sempre ritornano i tem-pi dellanno liturgico, mai identiciper, perch se lo stesso il Mistero diGes nel quale siamo innestati, diversa nelle varie situazioni la vita nostraquotidiana di credenti e diversi e im-previsti sono i fatti nei quali siamochiamati a costruire la storia insiemealla grande famiglia di Dio, uomini edonne che riempiono la terra.

    Lanno inizia con lAvvento, cheproietta verso il ritorno del Signore,dandoci come caparra certa la celebra-zione della sua nascita a Betlemme.Centro e cuore di tutto il Mistero e lacelebrazione della Pasqua con le suetappe: la Quaresima, la Settimana San-ta con il Triduo Sacro del Signore Croci-fisso, Sepolto e Risorto e la cinquantina

    pasquale, celebrata come fosse un sologrande giorno senza tramonti, dallaVeglia fino alla Pentecoste.

    Sempre, per anni circulum, viene laParola di Dio, evento e profezia, compi-mento e, nello stesso tempo, luce per ifatti che viviamo. Lanno inizia con Ve-gliate dunque (Mt24, 42: vangelo del-la prima domenica, anno A): vegliare andare contro il tempo, cosa per noi af-

    fatto impossibile; ma Dio ci viene incon-tro in Ges suo Figlio, autore e perfe-zionatore della fede, e nello SpiritoSanto consolatore. Arricchiti da questidoni possibile vegliare, fatti desti dal-la beata speranza del suo ritorno. Nellasanta Veglia di Pasqua, poi, cuore e sca-turigine dellanno liturgico, la ricca pro-clamazione della Parola si fa profeziasugli eventi attuali: ci che invec-

    chiato si rinnova e tutto ritorna alla sua

    integrit (orazione dopo la VII lettura;cfr2 Cor5,15); eco del profeta Isaia chetestimoniava: Ecco, faccio una cosa

    nuova: proprio ora germoglia, non vene accorgete? (Is 43,19). Non guardareindietro, a un tempo vagheggiato sucui ripiegare. Non guardare avanti a unfuturo che risolver problemi irrisolti.Oggi il tempo della salvezza. Oggi, amezzo dellanno, le cose vecchie sonopassate e ne nascono di nuove.

    Su questi due momenti forti del-lanno, Avvento-Natale-Epifania e Qua-resima-Pasqua-Pentecoste, si stendonole domeniche del tempo ordinario.Periodo lungo e misconosciuto, perchapparentemente privo di una sua iden-tit. Il grande liturgista Tommaso Fede-rici, con il linguaggio esagerato dellasua enorme passione, lo diceva il tem-po fortissimo dellanno liturgico. Ossa-tura ne il santo Vangelo, perch nel-

    lascolto onesto e cordiale ciascuno ac-colga Ges come unico Signore e, men-tre lo celebra Risorto, lo segua lungo lasua vita storica fino alla Croce e ricevada lui lo Spirito Santo. Oltre le nevrosi,le paure, i superbi integralismi, una co-munit, aperta al volto dellaltro, cam-mina verso la terra in cui tutti si ritrove-ranno, illuminata da quellUomo che hasparso il sangue per tutti, e ha gridato

    sconfitto sulla croce con il grido di ognipovero sconfitto sulla terra per spezzarele appartenenze, i germi di contrasti, ipregiudizi, gli odi, le esclusioni. La Chie-sa appare allora segno, seme e profeziadella creazione e della storia nuova cheDio, in Cristo Ges, per la forza delloSpirito, sta compiendo su tutta la facciadella terra, perch nessuno si perda. Sichiude cos lanno liturgico, nella festa

    di Cristo Re, per subito ricominciare,per

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    anni circulum appunto, nellattesa delritorno del Signore, quando Egli verr aradunare tutta la famiglia umana nel

    Regno di Dio finalmente compiuto.Se il Vangelo, unica Buona Notizia

    nella frammentariet inconclusa dellanostra storia, non suscita questo spiritodi universalit allora la liturgia soltan-to ostentazione di vuoti riti, di splendo-ri fatui e di raduni illusori.

    Itinerario di vita cristiana

    Il particolare ritmo settimanale e an-nuale dellanno liturgico non ci permet-te di rifugiarci nel rito e nel chiuso dellecomunit, ma spinge ad assumere sulserio lo scandalo della Croce, che ci ac-comuna a tutti gli uomini, come anchelinquietudine per la Risurrezione cre-duta e proclamata, che tuttavia la sto-

    ria - quella personale, quella della Chie-sa e quella dellumanit intera - troppevolte si incarica di smentire, giudicandoe accusando la sua pretesa novit. Lar-co dellanno celebrativo dellunico Mi-stero di Cristo diventa un itinerario dicrescita, che insieme un recupero,dentro una vita che rischia di assomi-gliare a uno stanco viaggio in cui si per-dono i pezzi; itinerario lento, che so-

    stiene i progressi e gli entusiasmi, masopporta anche i ripensamenti, gli arre-sti imprevisti, le soste e le riprese. Esso litinerario che fa discepoli del Signore.

    Immerso nella memoria del Crocifis-so Risorto, corpo spezzato per tutti esangue per tutti versato, il discepoloimpara a conoscere chi veramente,gustando domenica dopo domenica unperdono totale, gratuito, incondiziona-

    to, per ricevere la gioia di vivere. Perdo-

    no totale, per tutti gli uomini, perch laluce della Risurrezione e della Penteco-ste, come nelle antiche icone, spalma-

    ta su tutta la terra. Conquistati dallagratuit di un perdono cos fatto, nasceil cambiamento di vita. Mentre credia-mo e proclamiamo Ges di Nazarethvero Dio fatto uomo nel grembo vergi-nale di Maria, morto crocifisso peramore, risorto come unica speranza si-cura, da lui impariamo, nella faticaquotidiana, cosa significa essere disce-poli di lui che pur essendo di naturadivina, non consider un tesoro gelosola sua uguaglianza con Dio; ma spoglise stesso assumendo la forma di servo(Fil2, 6-7). Fatti docili allo Spirito che ilRisorto invia sulla Chiesa e sul mondo,ogni giorno siamo edificati in tempiosanto nel Signore, in abitazione di Dionello Spirito, fino a raggiungere la mi-sura della pienezza di Cristo (SC 2; cfr

    Ef2,21s; 4,13; 1Pt2,5). Lo Spirito Santo il grande iconografo che perfezionalicona vivente del Cristo in tutto il suocorpo e in ciascuno dei suoi membri: ri-vela a poco a poco nella nostra vita larealt dello stesso Mistero, annunciatodurante lanno liturgico dalla Scrittura,secondo aspetti vitalmente diversi.

    lo Spirito Santo infine che ci con-duce alla conoscenza amante del Padre,

    coronamento dellopera di Ges (cfr Gv17,3), e alla condivisione amante e ope-rosa con laltro, chiunque esso sia, nellesue diversit. Innamorati della umanitdi Ges, vera e travagliata come quelladi ogni persona, contemplando comeegli lha vissuta, scrutando gli orizzontiinfiniti ai quali lha aperta, comprendia-mo che ognuno, prima di essere giustoo peccatore, cristiano o no, ha ricevuto

    in dono, gratuitamente, la dignit di

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    persona; per ognuno Ges ha dato ilsuo Corpo e versato il suo Sangue e inognuno abita lo Spirito Santo che riem-

    pie la terra e d vita.

    Celebrazione e omelia

    Perch il Mistero sia celebrato intutta la sua efficacia non c altro me-todo al fuori del credere davvero chela liturgia lo strumento pi efficaceper ledificazione della vita cristiana,come avverte il Concilio (SC 2), secon-do il dinamico interscambio tra cele-brazione e parola.

    Celebrazione.

    Occorre anzitutto celebrare seria-mente lanno liturgico, rispettando il

    suo ritmo, senza sovrapposizioni. Laliturgia non celebra idee, tanto menoideologie, metodi, cammini e devo-zioni, ma celebra un evento, semprelo stesso, da prospettive diverse: ilCrocifisso Risorto. Occorre dunqueevidenziare nel circulus anni il centrodi unit che la Pasqua, luce per tut-to lanno come proclama lannunciodel giorno della Pasqua nella solen-

    nit della Epifania del Signore; occor-re celebrare integralmente il ciclo pa-squale, dalla santa convocazione delleCeneri fino alla domenica della Pente-coste; occorre dare rilievo alla Dome-nica, Pasqua settimanale, e al ritornodella Pasqua durante lanno nelle di-verse stagioni. Celebriamo lo stessoevento, in modo diverso. La Domenicacelebra la santa convocazione di Dio

    che chiama e raduna il suo popolo per

    lascolto della Parola, lo consola me-diante il perdono dei peccati e rinno-va lAlleanza nel corpo spezzato e nel

    sangue versato del Figlio. La Pasquadi primavera, dalla quale tutto pren-de origine, celebra proprio leventostorico: Ges muore e risorge, ascen-de al cielo e invia sui suoi lo SpiritoSanto. Nel cuore dellinverno, leventopasquale dellEpifania laperturadellamore di Dio a tutti i popoli; nel-la Pasqua destate, la Trasfigurazionedel Signore e lAssunzione della BeataVergine Maria mostra che la Pasquatocca ogni uomo, come la VergineMaria, una carne con Ges, morta erisuscitata. La Pasqua dautunno ric-ca di un annuncio determinante perogni persona: la Croce non la parolafine sulla esistenza umana, ma il se-gno glorioso del Crocifisso Risortoche, con i segni della sua passione, en-

    tra nel chiuso della nostra vita feritae proclama pace, perch la Croce la rivelazione di come Dio ama in mo-do infinito il mondo, cio tutti sen-za distinzione.

    Parola

    Parafrasando quello che Simone

    Weil scriveva al domenicano Marie-Alain Couturier, oggi molti fedeli po-trebbero dire: Quando ascolto le pre-diche mi sembra di non aver nulla in co-mune con la religione che vi esposta.E dire invece che in certe liturgie sentocon una specie di sicurezza che questafede celebrata la mia. Non questio-ne da poco, ch lomelia, vera azione li-turgica, al servizio della Parola: la po-

    vera parola umana e la Parola di Dio

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    hanno lenergia dello stesso Spirito San-to e confermano la fondazione dellaChiesa locale, qui e adesso. In certe

    omelie c di tutto: chiose sullattualit,lamento per le miserevoli condizioni dioggi, c spiegazione dotta del testo ap-pena letto, c leco di parole dordinedei vari movimenti, intente pi a guar-dare ai comportamenti che non al mi-stero che si gioca nel cuore delluomo.Manca per quello che gli antichi padrie i rinnovatori della liturgia nel secoloappena trascorso chiamavano la mista-gogia, cio lintroduzione dentro il Mi-stero. Se il Crocifisso Risorto resta allaperiferia, e non al centro, non si accen-de la gioia della fede e lattesa del suoritorno. Eppure non c altro annuncioche cambi la vita delluomo e faccia spe-rimentare lamore vero se non lannun-cio serio, profondo, convinto di Cristoprimizia della Resurrezione. La concre-

    tezza dellanno liturgico non consenteneppure di ridurre tutto alla interiorit.Lomelia, attenta alla storia che oggistiamo vivendo, mentre mantiene inuninstancabile ricerca di Dio, fa saltareconvinzioni in cui tendiamo a sistemar-ci, mette in discussione la presunta coe-renza delle scelte; non ci lascia gentedistratta e passiva, a rimorchio delleopinioni, ma ci fa popolo che sa legge-

    re i segni dei tempi, per s e per gli al-tri: sentinella che annuncia quanto ve-de (Is 21,6.11), che sa dare risposta a chioggi domanda: quanto resta della not-te? perch ha gi visto il mattino di Cri-sto nostra speranza, risorto dai morti,che ci precede in Galilea (cfr Sequenzadi Pasqua: Victimae paschali). Il leziona-rio mette a disposizione una ricchezzastraripante, sia nei tempi forti sia, come

    abbiamo visto, nel tempo ordinario,

    tempo fortissimo, con la lettura con-tinua del Vangelo di Ges. Occorre perattenersi alla struttura della liturgia del-

    la parola: tutto proclamato alla lucedel Vangelo perch appaia il dinami-smo della storia della salvezza, profezianella voce dellAntico Testamento,evento in Cristo Ges il Signore, memo-ria nel sacramento e adempimento gipresente e sempre atteso.

    Si eviter in tal modo un altro peri-colo per lomelia, quello di essere unfatto isolato in se stesso, senza che sicomprenda come di domenica in dome-nica lo Spirito va compiendo una verastoria di salvezza in questa Chiesa loca-le, radunata in questo luogo, mentreattende il ritorno del suo Signore insie-me a coloro che ci hanno preceduti,lungo le generazioni, e ora lo vedonofaccia a faccia.

    E, per ultimo, la fedele celebrazione

    dei tempi liturgici sprigiona tutta la ric-chezza del mistero della Santissima Ma-dre di Dio, la Vergine Maria, uscendodalle secche di un devozionalismo infe-condo, attento pi al meraviglioso chealla s