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    FORMAZIONE LITURGICA

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    S ono passati 40 anni dalla pro-mulgazione della Costituzio-ne Sacrosanctum Conciliumsulla sacra liturgia, un tempo abba-stanza lungo per poterne misuraregli effetti e le influenze nella vitadella Chiesa e, al contempo, abba-stanza lontano da richiedere unarilettura attenta e un interesse rin-novato per riscoprirne tutta la ric-chezza e lattualit.

    La parola della Chiesa sempreattuale e risuona sempre viva nellacomunit de i c redent i : occorreascoltarla e comprenderla, se ne-cessario tradurla secondo le neces-sit storiche del momento ecclesia-le che si sta vivendo, ma occorre

    soprattutto penetrarla con la fedee con il cuore.Il Concilio Vaticano II ha segnato

    profondamente il secolo scorso addi-tando alla Chiesa e al mondo la ne-cessit di un rinnovato slancio evan-gelizzatore e, nello stesso tempo, diuna rinnovata vitalit ecclesiale neiconfronti della creativit della fede,della testimonianza, della preghiera.

    Quellattenzione nuova al popolo diDio e ai laici, partecipi del sacerdo-zio comune derivante dal Battesimo,segna per tutti noi una svolta nellavita della Chiesa: il nostro sentire li-turgico, larchitettura delle nostrechiese, la struttura delle nostre cele-brazioni, lo stile dei nostri linguaggisono profondamente mutati. La Sa-crosanctum Concilium stata la pri-

    ma costituzione a essere pubblicata,

    il 4 dicembre 1963, divenendo unforte segnale di rinnovamento pertutta la comunit ecclesiale. Le ideedel concilio si rivelavano con una lu-minosit inaspettata e la teologiaecclesiale appariva in una luce nuo-va, il ruolo di tutti i battezzati appa-riva con tutta la sua forza, sicch illoro impegno si manifestava con tut-ta lesigenza e la bellezza del sacra-mento ricevuto. Lo stesso ruolo deipastori mostrava una nuova dimen-sione: i sacerdoti sono parte dellacomunit ecclesiale e il loro ministe-ro di presbiteri quello di cele-brare i misteri della salvezza per econ il popolo di Dio. Essi sono a ser-vizio della liturgia e della preghiera

    di tutti i battezzati, con un coinvol-gimento maggiore, ma con una cor-responsabilit a cui anche i laici par-tecipano.

    Ma soprattutto per i laici la rifor-ma conciliare segn la scoperta diuna partecipazione straordinaria, diun coinvolgimento diretto nella pre-ghiera della Chiesa, nella celebrazio-ne dei sacramenti, nellatteggiamen-

    to stesso nei confronti della liturgia,in antecedenza vista come appan-naggio esclusivo del clero e ora inve-ce condivisa come patrimonio comu-ne. La preghiera diviene un doveredi tutti e alla portata di tutti. Lastessa Liturgia delle Ore, prima riser-vata solo ai consacrati, diviene unadelle forme di preghiera pi diffusetra i laici, i quali vi scoprono la bel-

    lezza di sentirsi uniti ai propri pasto-

    Liturgia: fonte e culmine di mons. Marco Frisina

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    ri e alla preghiera di tutta la Chiesa,e quindi coinvolti profondamentenella vita del corpo mistico.

    La tentazione di sottolineare ledifficolt di questa riforma e alcuniabusi che sicuramente, per eccesso eper difetto, si sono perpetrati nel-linterpretazione dei testi e delle ru-briche liturgiche, non deve disto-glierci dalla sostanza preziosa diquesta costituzione e dallimportan-za che essa ha per la vita della Chie-sa e del mondo.

    La nuova serie tematica di Culmi-ne e Fonte che si inaugura con que-

    sto numero vuole offrire un piccolostrumento per rileggere e approfon-dire questo importantissimo docu-

    mento, che mostra ancora tutta lasua attualit, e per farlo conoscerealle nuove generazioni che ancoranon hanno avuto il modo di leggerloe apprezzarlo.

    Sar unoccasione per ritrovarelo slancio e lentusiasmo necessariper vivere la liturgia in modo con-sapevole e attivo e per sentirci sem-pre pi responsabili nei confrontidella preghiera e dellannuncio almondo.

    Deesis, Icona, Scuola di Novgorod, sec XV-XVI

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    O ltre al 40 della Costituzione li-turgica del Concilio Vaticano II,ricorre questanno il centenariodella lettera enciclica di san Pio X Trale sollecitudini. In essa il Papa scriveva,nel 1903, le due parole che sono il tito-lo di questo intervento: Tra le solleci-tudini del nostro ufficio pastorale, nulla cos importante come lapartecipazio-ne attiva del popolo cristiano alle cele-brazioni liturgiche. Lenciclica poi si di-lungava a parlare del canto e della mu-sica nella liturgia. Due domande: 1. Per-ch il Papa voleva la partecipazione? 2.Che cosa ha scatenato questa afferma-zione?

    1. Come si era determinato il fattoche il popolo cristiano non partecipa-va, ma nel migliore dei casi assi-steva alla liturgia? Il problema hauna lunga storia: potremmo parlaredella storia della non-partecipazione.Possiamo dire che essa ha le sue origi-ni in quel fenomeno, per altri versiprovvidenziale e grandioso, che fu lasvolta costantiniana. Quando, nel 313,

    limperatore Costantino, dopo avervinto a Ponte Milvio il suo avversarioMassenzio, usando il segno della Cro-ce, apparsogli in sogno con la scrittacon questo segno vincerai, egli die-de la libert alla Chiesa cristiana, e fa-vor concretamente la sua affermazio-ne e la sua crescita. Sorsero le basili-che, i vescovi e i diaconi assunsero ve-sti dei funzionari imperiali (i paramen-ti sacri), si innalzarono cattedre epi-

    scopali, che sembravano ed eranochiamati troni, si introdusse nella li-turgia un cerimoniale di corte. Il po-polo fedele, che prima partecipava al-le celebrazioni nelle case, attorno auna mensa collocata al momento, conla spontaneit e la vivacit della fedeespressa con semplicit e letizia, sitrov a guardare da lontano e conammirazione e timore alle liturgiepontificali. Comincia da qui il pro-gressivo allontanamento del popolodal clero, nella liturgia, che sar la-mentato, verso la fine del XIX secolodal Rosmini, come la prima delle Cin-que piaghe della santa Chiesa.

    Gi verso la fine del IV secolo, ve-scovi come Agostino e Giovanni Criso-stomo si lamentavano: La mensa pronta, perch nessuno viene a man-giare?. Tanti motivi, veri o presunti,tenevano lontani i fedeli dalla parteci-pazione alla comunione eucaristica. Apoco a poco si aggiunse la incompren-sione del latino, mentre si andavanoformando le lingue neo-latine. La mol-

    tiplicazione delle messe (per devozio-ne) nella stessa chiesa e nella stessaora (si pensi a tanti altari laterali, inognuno dei quali un prete celebrava lasua messa) comportava necessaria-mente la recita sottovoce delle pre-ghiere della messa, compresa la pre-ghiera eucaristica. Se laltare maggio-re era rimasto al centro delle basili-che, tutti questi altari laterali erano

    addossati alle pareti e il celebrante da-

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    La partecipazione attiva

    anima della costituzione liturgicadi p. Ildebrando Scicolone, osb

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    va le spalle al popolo (quale popolo? qualche fedele), il quale non vedeva,non sentiva, non capiva. Il popolo cri-

    stiano andava progressivamente diser-tando non solo la comunione, ma an-che la messa. Il Concilio LateranenseIV, nel 1215, si vide costretto a decre-tare il precetto della messa domeni-cale e della comunione almeno unavolta lanno. Ma non oper alcunaformazione, n una riforma della litur-gia. Per obbedienza o per paura del-linferno: allora ci credevano!) il po-polo torn in chiesa, ma non alla par-tecipazione. Durante il tempo della li-turgia clericale, i fedeli recitavano leloro preghiere devozionali, fino alpunto che la liturgia era sottovoce,mentre il rosario era recitato dai fedeliad alta voce. Questa era la situazioneal 1903, e sarebbe continuata ancoraper molto tempo.

    2. La frase di san Pio X non fu moltonotata dai contemporanei, tutti intentia riformare la musica nella liturgia(pensate che allorgano, allora, si suo-navano brani di musica operistica, diRossini, di Mascagni, e simili). Ma seianni dopo, il padre benedettino Lam-bert Beauduin, al Congresso nazionaledelle Opere Cattoliche di Malines, il 23

    settembre 1909, svilupp il tema dellapartecipazione attiva in modo cosconvincente, che quella comunicazionesi considera latto di nascita del movi-mento liturgico. Tale movimento litur-gico si svilupp a partire dai monasteribenedettini di Belgio (Mont-Csar e St.Andr) e Germania (Beuron e Maria-Laach). Ma dai monasteri, che comin-ciarono a preparare messalini bilin-

    gui per i fedeli e altri sussidi, il movi-

    mento si allarg con il coinvolgimentodegli universitari tedeschi da parte diRomano Guardini, la sollecitazione dei

    laici alla partecipazione, in Austria, conPius Parsch. Il movimento arriv anchein Italia, e abbastanza presto, con laRivista Liturgica, nel 1914. Gradual-mente, ma progressivamente si comin-ci a partecipare, come si poteva, datoche non si pensava a una riforma dellaliturgia, o quanto meno della lingua li-turgica. Qualcosa cominci a cambiaredopo lEnciclica Mediator Deidi Pio XIInel 1947 e la successiva commissioneche prepar la riforma della veglia pa-squale e della settimana santa. Questacommissione, nel 1958, fece pubblicarequella Istruzione che parla dei diversigradi di partecipazione alla messa. Allo-ra, non solo i ministri o i chierichetti,ma tutto il popolo pot cominciare a ri-spondere al sacerdote sia pure in lati-

    no. Lesigenza di passare alla lingua delpopolo era stata espressa in un Con-gresso internazionale tenuto ad Assisinel 1956. Ma il problema doveva ap-prodare al Concilio.

    Lo schema sulla Liturgia, presenta-to ai Padri Conciliari dalla Commissio-ne Preparatoria, fu lunico approvatocome base di discussione, mentre

    gli altri schemi furono rinviati alle ri-spettive commissioni. Fu per questoche i Padri cominciarono a discutereper primo lo schema liturgico. Piche gli argomenti dottrinali o le sol-lecitazioni verbali, sembra che abbiaconvinto i Padri a operare una rifor-ma della liturgia in vista della parte-cipazione del popolo, la loro perso-nale esperienza delle giornate conci-

    liari. Ogni giorno infatti, si iniziava la

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    Congregazione Generale con la cele-brazione della Messa (non la concele-brazione!), fatta da un Vescovo. Ma

    al Concilio non cerano soltanto ve-scovi di rito romano o ambrosiano;cerano anche bizantini greci, russi,ucraini, e poi armeni, copti, etiopi, si-ri, malabaresi, malankaresi, maroniti,melchiti. Questi, secondo il loro rito,celebravano nelle loro lingue. E lamaggioranza dei vescovi non capivaassolutamente nulla! Avranno pensa-to: Allora i nostri fedeli cosa capisco-no del nostro latino? La discussionesul tema era cos resa pi facile.

    La Costituzione, approvata e pro-mulgata da Paolo VI il 4 dicembre1963 (lo scrivente era presente in SanPietro), nel suo primo articolo esponegli scopi che il sacrosanto Concilio sipropone: 1. rinnovare la vita cristianatra i fedeli; 2. adattare ai tempi quan-

    to ha bisogno di aggiornamento; 3. fa-vorire lunione dei cristiani (scopo ecu-menico); 4. favorire tutto ci che servea chiamare tutti gli uomini nel senodella Chiesa (scopo missionario). Tali fi-nalit si possono raggiungere pi facil-mente promovendo la riforma e lo svi-luppo della liturgia. Da queste battutesi comprende subito che la liturgianon soltanto un insieme di riti e ceri-

    monie a uso interno della chiesa, nun patrimonio artistico-culturale daconservare in un museo restaurato. Es-sa la vita e lanima della Chiesa,quando riesce a rinnovare la vita.

    Ecco perch il capitolo primo parladi tre grandi temi: 1. La natura dellaliturgia e sua importanza nella vitadella Chiesa; 2. La formazione del po-polo alla Liturgia; 3. La riforma della

    Liturgia. Se notate, il tema della for-

    mazione (art. 14-20) viene prima diquello della riforma (art. 21-40). Nonbasta infatti e lo vediamo ancora

    dopo 40 anni! riformare i riti perrinnovare le celebrazioni, tanto menola vita cristiana, se tale riforma nonpreceduta e continuamente accompa-gnata da una formazione biblica e li-turgica.

    La parola partecipazione, nel te-sto conciliare, accompagnata dallag-gettivo attiva. Se si usa questo termi-ne, solo perch si vuole superarequella situazione di passivit nellaquale era tenuto il popolo. Se allora ce-lebrava il prete, mentre il popolo assi-steva passivo, ora tutti sanno che sonoparte della assemblea e prendonoparte alla celebrazione, ognuno se-condo il proprio ruolo, carisma e mini-stero.

    Cristo in trono, Lunetta sulla parete est

    della Cappella del Sancta Sanctorum

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    L a riforma liturgica tridentina,anche se molto importante ebenefica sotto certi aspetti,non port ad una nuova visione delculto tramite una teologia di esso.Quello che se ne ebbe fu un tenaceattaccamento alle forme ricevute dal

    morente Medioevo, un infittirsi dellamentalit giuridica e rubricale e unnuovo tipo di splendore esterno, da-to sia dalle nuove realizzazioni musi-cali (polifonia prima, musica orche-strale dopo) sia dalle nuove tecnichearchitettoniche, che creano alla Li-turgia un ambiente sempre pi fa-stoso e veramente trionfalistico.Questo non contribu al migliora-mento delle cose: una celebrazioneliturgica era esteriormente qualcosadi grandioso che impressionava perbellezza e decoro ma era allo stessotempo solo spettacolo cui si assiste-va, perch era un numero della fe-sta; ma il suo senso vero di avveni-mento di salvezza sfuggiva ora co-me prima. Il popolo continuer nelle

    proprie devozioni, diventate tal-volta, almeno per alcuni, pi medi-tative; la Liturgia rester spesso so-lo a formare la cornice o piuttosto adare la misura di tempo dentro ilquale ognuno singolarmente o tuttiinsieme potranno fare o la propria ola comune devozione, quale , peres., trovare sempre pi frequente, larecita del rosario o la lettura di punti

    di meditazione. La comunione fre-

    quentata un po di pi ma di solito sifar al di fuori della messa; lesposi-zione solenne del Sacramento, laprocessione del Corpus Domini (e al-tre in onore della Vergine Maria edei Santi), le novene, i tridui, saran-no sempre ancora le forme devo-

    zionali predilette del popolo. La Li-turgia resta, anche dopo Trento,quella che era: un culto esterno e unfatto clericale, da cui il popolo do-vr mantenersi distante. Da tuttoquesto nascer e si diffonder lideasecondo la quale la Liturgia, e in par-ticolare la messa, non un fatto soloclericale (a parte la questione del-la forma) ma appartiene a tutto ilpopolo, in quanto a tutti gli uomini stato comunicato il sacerdozio diCristo, tutti formano con lui un me-desimo sacrificio, e tutta lazione li-turgica della Chiesa comune al sa-cerdote e ai presenti.

    Queste affermazioni in Italia tro-varono unapplicazione clamorosa in

    quella che si chiam la controversiadi Crema, che ergendosi contro lusostabilito, secondo cui i fedeli poteva-no comunicarsi solo alle messe cele-brate nel cosiddetto altare del Sa-cramento e non a quella messa cuiassistevano, cominci ad aprire il di-scorso sullaspetto conviviale pro-prio di ogni messa, sul legame comu-nione-sacrificio, sul diritto dei fedeli

    allofferta e alla comunione, e sul

    Breve sintesi della storia

    del Movimento Liturgico1 di don Francesco Giuliani

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    conseguente richiamo a carattere sa-cerdotale di tutti i fedeli.

    Non c ancora una teologia del-

    la Liturgia, ma si comincia a trovar-ne qualche elemento, e lo studiodelle antiche fonti liturgiche fece ri-scoprire una ricchezza di pensieroche impegner ad una riflessioneche non sar pi solo storica mateologica.

    Si and profilando nella storia delpensiero europeo, lorizzonte ro-mantico: nella seconda met del se-colo XVIII sul piano religioso tutti glistudi ecclesiastici e non solo quelli li-turgici, col loro orientamento versolantichit, avevano in un certo sen-so anticipato il processo romantico,almeno per quel che riguarda il suosforzo di comprendere la culturamoderna riagganciandola al Me-dioevo; non fu, quindi, un fatto stra-

    no che, proprio al tempo del roman-ticismo, si avessero i prodromi diquello che si chiamer MovimentoLiturgico.

    Il movimento liturgico del nostrotempo trova la sua preparazione, lasua forza portante e i suoi primi ten-tativi di realizzazione a met del sec.XIX, cio in pieno romanticismo, ne-

    gli ambienti monastici, e soprattuttoa Solesmes (Francia) con labate Gu-ranger e a Beuron (Germania) con idue fratelli monaci Mauro e PlacidoWolter. Dove infatti, se non in am-bienti di questo tipo, il delicato ger-moglio di una nuova mentalit litur-gica avrebbe potuto trovare il suoprimo e valido riparo se non nel chiu-so ambito contemplativo del mona-

    chesimo?

    A prima vista sembrerebbe che sitratti di un semplice dato di fatto,anche se esso ha, per chi lo guarda in

    profondit, un suo senso ben preciso.Sta infatti a indicare, per se stesso,un orientamento determinato, il qua-le pur con i suoi limiti negativi, espri-me in misura ben maggiore ricchezzae vitalit.

    Anche a Beuron, non meno che aSolesmes, resta determinanteunassoluta ammirazione per il carat-tere classico della Liturgia romana ela volont di mantenerla racchiusanei limiti del monastero, ma con lin-tento che essa vi sia vissuta fino a de-terminarne la vita.

    Tutto quello, ed era molto, che al-lora si faceva, si progettava, si attua-va e si pubblicava, era nientaltro cheun periodo di incubazione e di prei-storia, senza il quale, non sarebbe

    pensabile il rinnovamento liturgicoposteriore.

    I primi e decisivi passi in questanuova linea si fecero soprattutto inBelgio, ed erano passi che, provenen-do dallambiente monastico di Ma-redsous e di Mont-Csar (Lovanio),ebbero la fortuna di far incontrareun monaco di marcata personalit,

    quale era dom Lambert Beauduin,con un mondo cattolico laico rappre-sentato dalla nobile figura di Gode-froid Kurth. Era il 23 settembre 1909,durante il Congrs national des coeu-vres catholiques. qui infatti che sipu fissare se non proprio linizio,certamente per il momento fortu-nato nel quale il movimento liturgicocessa di essere una corrente, per cos

    dire, sotterranea, e allimprovviso si

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    apre una via in superficie, mostran-dosi di colpo, visibile e riconoscibileagli occhi di tutti.

    Si pu dire che tutto quello che se-gu, (fino quasi allo scoppio della pri-ma guerra mondiale), altro non fu cheil conseguente sviluppo di quel fortu-nato inizio, che si affermava con unaforte attivit nel Belgio con lin-staurarsi delle sempre pi famose Se-maines et confrences liturgiquespromosse dai monaci di Mont-Csar econ il sorgere delle grandi riviste litur-giche.

    Il movimento continuava a espan-dersi e svilupparsi in Belgio, mentrein Germania andava assumendo pro-porzioni sempre pi vaste facendoconvergere, in incontri altamente si-gnificativi, nuove correnti e nuoviuomini.

    Nellabbazia di Maria Laach, nel-

    lintento di organizzare e di iniziareuna triplice opera, si ritrovano unitilabate I. Herwegen e i suoi monaciK. Mohlberg e O. Casel, con il giovanesacerdote italo-tedesco R. Guardini e iprofessori Fr. J. Dlger e A. Baum-stark, e cos, gi nel 1918, hanno ini-zio le tre famose collane: Ecclesiaorans, Liturgiegeschichtliche Quellene Liturgiegeschichtliche Forschungen.

    Nel 1921 prender il via, con il suo pri-mo volume, il Fahrbuch far Litur-giewissenschaft.

    Ben presto altri ambienti si apriro-no, soprattutto grazie al movimentogiovanile in particolare a quello delQuickborn, che partiva con Guardi-ni dalla Burg Rothenfels e, in seguito,a quello della Associazione giovanilemaschile di Mons. Wolter. Quei primi

    dieci anni furono indubbiamente an-

    ni di ricchissima esperienza, di movi-mentato sviluppo e di grandissimesperanze. Accanto alle forme solenni

    della Liturgia classica, che veniva cele-brata in maniera cos avvincente nellegrandi comunit monastiche, faceva-no capolino gi allora nuove forme, etra esse specialmente quella della co-siddetta Messa comunitaria (Ge-meinschaftsmesse), nella quale, inpieno rispetto del diritto liturgico vi-gente, ma anche valorizzando al mas-simo le possibilit che essa dava, sipoteva realizzare una vera partecipa-zione attiva dei fedeli, che erano, na-turalmente, prima di tutto i giovanistessi.

    Questa breve panoramica nonesaurisce affatto la grande quantitdi lavoro, che veniva fatto dapper-tutto con fervore e vivacit da emi-nenti teologi, da pastori danime

    aperti alle nuove prospettive ed an-che da comunit parrocchiali pi at-tive.

    Di grande importanza, tanto sulpiano teologico che su quello pasto-rale, fu il movimento liturgico di que-gli anni in Italia. Al primo posto deveessere segnalata la Rivista Liturgica,che partendo, a cominciare dal 1914,

    dal monastero benedettino di Finalpia(Savona), introduceva ufficialmente esosteneva in Italia lazione del rinno-vamento liturgico, verso il quale si eragi andata orientando lattenzione dialcuni vescovi come Marini di Norcia(poi di Amalfi), Filippello di Ivrea, Tas-so di Aosta.

    Ma non si pu dire, n si deve cre-dere, che tutto questo sviluppo sia

    avvenuto sempre nella pace. Al con-

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    trario non mancarono allinterno del-la Chiesa discussioni, attacchi, cos davedere vescovi che, non di rado, si

    mostrarono piuttosto scettici e riser-vati nei confronti del movimentoliturgico in genere, nei confronti dicerti suoi atteggiamenti, come av-venne, per es., a proposito dellemesse dialogate e comunitarie odella celebrazione su altari rivolti alpopolo. Ma la polemica di maggioreimportanza e con conseguenze posi-tive fu quella che si svolse, sia sul pia-no della teologia che della spiritua-lit, intorno alla visione mistericadella Liturgia, come era stata propo-sta e difesa dal benedettino tedescoO. Casel.

    Una prima, seppure generica, pre-sa di posizione del Papa sul movi-mento liturgico, fu lenciclica Mystici

    corporis del 1943; ad essa segu unalettera del cardinale, segretario diStato, Maglione in risposta al pro-memoria del cardinale Bertram (di-cembre 1943), nella quale, pur condelle riserve, si dava atto della vali-dit delle intenzioni del movimentoliturgico. Si ebbe infine nel 1947 len-ciclica Mediator Dei, nella quale simescolano in uno strano modo, rico-

    noscimenti e rimproveri, nello sforzomolto evidente di rimuovere ogni pe-ricolo di estremismo.

    A questo solenne documentopontificio si deve riconoscere il me-rito pur non rispondendo a tutti idesiderata del movimento liturgicoe pur risultando oggi superato inmolti punti dalla Costituzione li-turgica del Vaticano II, di essere sta-

    to il primo riconoscimento ufficiale

    dei valori del movimento liturgico alivello di Chiesa universale, diven-tando cos, di fatto, la magna char-

    ta del rinnovamento che esso in-tendeva portare.

    Anche in Italia come nel restodEuropa, il movimento si rafforz.Gi nel 1947, un mese prima dellap-parizione dellenciclica Mediator Dei,la Rivista Liturgica aveva gettato aParma, in un ristretto convegno diamici, le prime basi del Centro diazione liturgica (CAL), che nel 1949 fupresentato a tutto lepiscopato italia-no da una lettera circolare del suopresidente Bernareggi, vescovo diBergamo, e che, a cominciare dallostesso anno, organizz tutta una seriedi Settimane liturgiche nazionali, conil dichiarato scopo di approfondire laproblematica liturgica alla luce dellaMediator Dei sul piano dottrinale e su

    quello pastorale.Inoltre da notare il sorgere inFrancia, nel 1943, del Centro di pa-

    storale liturgica (CPL), nel quale con-fluiscono uomini di spiccata perso-nalit ed esperienza, provenienti dalclero secolare e da quello regolareanimati da un fecondo dinamismo.Saranno essi, infatti, che darannoorigine a iniziative preziosissime, co-

    me la rivista La Maison-Dieu, la col-lana di studi Lex orandi, le SessioniCPL e le Settimane nazionali di Ver-

    sailles.

    Negli ultimi anni, inoltre, vi furonograndi innovazioni e riforme litur-giche (ripristino della veglia pasqua-le nel 1952 e la conseguente riformadi tutta la Liturgia della settimana

    santa nel 1955).

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    1 Per la realizzazione di questo sussidio ho utilizzato come riferimento: D. SARTORE-A.M. TRIACCA-

    C. CIBIEN, Liturgia, Cinisello Balsamo, 2001; il vol. 1 di Anamnesis: B. NEUNHEUSER-S. MARSILI-M.

    AUG-R. CIVIL (a cura di), La Liturgia, Genova, 19946.

    In un arco di tempo, che compren-de allincirca 50 anni, si era portatoavanti un grande lavoro, sia sul piano

    pratico delle realizzazioni e delle pos-sibilit, sia sul piano della riflessioneteologica a proposito della natura edel significato della Liturgia. Tutti co-loro che sinteressavano di Liturgiaavevano, in tutte le direzioni, strettolegami tra loro in un succedersi disettimane, di incontri e di congressi.

    Questo stato di cose fece s che illavoro della Commissione liturgicapreparatoria, raccolta in vista del Con-cilio Vaticano II, fosse cos avanzato,che lo schema relativo alla riformadella Liturgia non solo fu il primo adessere discusso in Concilio, ma potpresto trovare, a seguito delle discus-sioni conciliari, la forma di una Costi-tuzione liturgica, conosciuta dalle pa-role iniziali come Sacrosanctum Conci-

    lium (SC). Questa, rispecchiando moltobene le idee fondamentali di unariforma in materia di Liturgia, qualierano state viste dai Padri conciliarisecondo la prospettiva che al Concilioera stata proposta da Papa GiovanniXXIII, era in grado di esprimere in ma-niera quasi perfetta, sia la dimensioneteologica della Liturgia, sia le attua-zioni pratiche in vista della sua rifor-

    ma.Approvata e promulgata da PapaPaolo VI il 4 dicembre 1963, la Sa-

    crosanctum Concilium, pu essere co-s considerata - almeno al momento -lultima pietra di quelledificio alla

    cui costruzione il movimento liturgi-co si era dedicato, durante 50-60 an-ni (a cominciare cio dal Motu pro-prio di Pio X del novembre 1903 e dalcongresso di Malines nel 1909), aven-done compreso limportanza spiritua-le per molti aspetti veramente straor-dinaria.

    Si arriva cos a considerare comequelli che una volta erano piani auda-cissimi, vengono realizzati sotto la su-prema autorit della Chiesa; propositie mete che gi la Riforma protestantesera prefisso, che lIlluminismo avevainseguito e che il movimento liturgicoaveva lentamente e con grande mo-derazione preparato, sono oggi, perdecreto della Chiesa, del Papa e delConcilio, realt di valore decisivo per

    tutta la Chiesa. E non questione difermarsi a considerare quelle che po-tremmo definire riforme spettacolari,come la comunione sotto le due spe-cie, la concelebrazione e lammissionenelluso liturgico della lingua naziona-le; si tratta invece, di una visione piprofonda e di unidea pi completa diquello che la Liturgia e di come essa,in conformit a questa migliore cono-

    scenza che se ne ha, debba trovare laforma che pi le si addice nel nostromondo di oggi.

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    PROEMIO

    1. Il sacro Concilio si propone di farcrescere ogni giorno pi la vita cristia-na tra i fedeli; di meglio adattare alleesigenze del nostro tempo quelle isti-tuzioni che sono soggette a muta-

    menti; di favorire ci che pu contri-buire allunione di tutti i credenti inCristo; di rinvigorire ci che giova achiamare tutti nel seno della Chiesa.Ritiene quindi di doversi occupare inmodo speciale anche della riforma edella promozione della liturgia.

    La liturgia nel misterodella Chiesa

    2. La liturgia infatti, mediante laquale, specialmente nel divino sacrifi-cio delleucaristia, si attua loperadella nostra redenzione , contribui-sce in sommo grado a che i fedeliesprimano nella loro vita e manifesti-no agli altri il mistero di Cristo e la ge-nuina natura della vera Chiesa. Que-sta ha infatti la caratteristica di essere

    nello stesso tempo umana e divina, vi-sibile ma dotata di realt invisibili, fer-vente nellazione e dedita alla con-templazione, presente nel mondo etuttavia pellegrina; tutto questo inmodo tale, per, che ci che in essa umano sia ordinato e subordinato aldivino, il visibile allinvisibile, lazionealla contemplazione, la realt presen-te alla citt futura, verso la quale sia-

    mo incamminati. In tal modo la litur-

    gia, mentre ogni giorno edifica quelliche sono nella Chiesa per farne untempio santo nel Signore, unabitazio-ne di Dio nello Spirito, fino a raggiun-gere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo e in modo mirabi-le fortifica le loro energie perch pos-

    sano predicare il Cristo. Cos a coloroche sono fuori essa mostra la Chiesa,come vessillo innalzato di fronte allenazioni, sotto il quale i figli di Dio di-spersi possano raccogliersi, finch cisia un solo ovile e un solo pastore.

    Liturgia e riti3. Il sacro Concilio ritiene perci

    opportuno richiamare i seguenti prin-cipi riguardanti la promozione e lariforma della liturgia e stabilire dellenorme per attuarli. Fra queste normee questi principi parecchi possono edevono essere applicati sia al rito ro-mano sia agli altri riti, bench le nor-me pratiche che seguono debbano in-tendersi come riguardanti il solo ritoromano, a meno che si tratti di cose

    che per la loro stessa natura si riferi-scono anche ad altri riti.

    Stima per i riti riconosciuti4. Infine il sacro Concilio, obbeden-

    do fedelmente alla tradizione, dichia-ra che la santa madre Chiesa conside-ra come uguali in diritto e in dignittutti i riti legittimamente riconosciuti;vuole che in avvenire essi siano con-

    servati e in ogni modo incrementati;

    Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium

    sulla sacra liturgia

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    desidera infine che, ove sia necessario,siano riveduti integralmente con pru-denza nello spirito della sana tradizio-

    ne e venga loro dato nuovo vigore,come richiedono le circostanze e lenecessit del nostro tempo.

    CAPITOLO IPRINCIPI GENERALIPER LA RIFORMA

    E LA PROMOZIONEDELLA SACRA LITURGIA

    I. Natura della sacra liturgia e suaimportanza nella vita della Chiesa

    5. Dio, il quale vuole che tutti gliuomini si salvino e arrivino alla cono-scenza della verit (1 Tm 2,4), do-po avere a pi riprese e in pi modiparlato un tempo ai padri per mezzo

    dei profeti (Eb 1,1), quando venne lapienezza dei tempi, mand il suo Fi-glio, Verbo fatto carne, unto dalloSpirito Santo, ad annunziare la buonanovella ai poveri, a risanare i cuori af-franti, medico di carne e di spirito ,mediatore tra Dio e gli uomini. Infattila sua umanit, nellunit della perso-na del Verbo, fu strumento della no-stra salvezza. Per questo motivo in Cri-

    sto avvenne la nostra perfetta ricon-ciliazione con Dio ormai placato e cifu data la pienezza del culto divino .Questopera della redenzione umanae della perfetta glorificazione di Dio,che ha il suo preludio nelle mirabiligesta divine operate nel popolo del-lAntico Testamento, stata compiutada Cristo Signore principalmente permezzo del mistero pasquale della sua

    beata passione, risurrezione da morte

    e gloriosa ascensione, mistero col qua-le morendo ha distrutto la nostramorte e risorgendo ha restaurato la

    vita . Infatti dal costato di Cristo dor-miente sulla croce scaturito il mira-bile sacramento di tutta la Chiesa .

    La liturgia attua loperadella salvezza propria della Chiesa

    6. Pertanto, come il Cristo fu invia-to dal Padre, cos anchegli ha inviatogli apostoli, ripieni di Spirito Santo.Essi, predicando il Vangelo a tutti gliuomini, non dovevano limitarsi ad an-nunciare che il Figlio di Dio con la suamorte e risurrezione ci ha liberati dalpotere di Satana e dalla morte e ci hatrasferiti nel regno del Padre, bensdovevano anche attuare lopera di sal-vezza che annunziavano, mediante ilsacrificio e i sacramenti attorno aiquali gravita tutta la vita liturgica. Co-

    s, mediante il battesimo, gli uominivengono inseriti nel mistero pasqualedi Cristo: con lui morti, sepolti e risu-scitati, ricevono lo Spirito dei figliadottivi, che ci fa esclamare: Abba,Padre (Rm 8,15), e diventano queiveri adoratori che il Padre ricerca. Allostesso modo, ogni volta che essi man-giano la cena del Signore, ne procla-mano la morte fino a quando egli

    verr. Perci, proprio nel giorno diPentecoste, che segn la manifesta-zione della Chiesa al mondo, quelliche accolsero la parola di Pietro furo-no battezzati ed erano assidui al-linsegnamento degli apostoli, alla co-munione fraterna nella frazione delpane e alla preghiera... lodando insie-me Dio e godendo la simpatia di tuttoil popolo (At 2,41-42,47). Da allora

    la Chiesa mai tralasci di riunirsi in as-

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    semblea per celebrare il mistero pa-squale: leggendo in tutte le Scrittureci che lo riguardava (Lc 24,27), cele-

    brando leucaristia, nella quale ven-gono resi presenti la vittoria e iltrionfo della sua morte e rendendograzie a Dio per il suo dono ineffa-bile (2 Cor 9,15) nel Cristo Ges, alode della sua gloria (Ef 1,12), pervirt dello Spirito Santo.

    Cristo presente nella liturgia7. Per realizzare unopera cos

    grande, Cristo sempre presente nellasua Chiesa, e in modo speciale nelleazioni liturgiche. presente nel sacri-ficio della messa, sia nella persona delministro, essendo egli stesso che, of-fertosi una volta sulla croce, offre an-cora se stesso tramite il ministero deisacerdoti , sia soprattutto sotto lespecie eucaristiche. presente con la

    sua virt nei sacramenti, al punto chequando uno battezza Cristo stessoche battezza. presente nella sua pa-rola, giacch lui che parla quandonella Chiesa si legge la sacra Scrittura. presente infine quando la Chiesaprega e loda, lui che ha promesso: Dove sono due o tre riuniti nel mionome, l sono io, in mezzo a loro (Mt 18,20).

    Effettivamente per il compimentodi questopera cos grande, con la qua-le viene resa a Dio una gloria perfettae gli uomini vengono santificati, Cristoassocia sempre a s la Chiesa, sua spo-sa amatissima, la quale linvoca comesuo Signore e per mezzo di lui rende ilculto alleterno Padre. Giustamenteperci la liturgia considerata comelesercizio della funzione sacerdotale

    di Ges Cristo. In essa, la santificazione

    delluomo significata per mezzo disegni sensibili e realizzata in modoproprio a ciascuno di essi; in essa il cul-

    to pubblico integrale esercitato dalcorpo mistico di Ges Cristo, cio dalcapo e dalle sue membra. Perci ognicelebrazione liturgica, in quanto ope-ra di Cristo sacerdote e del suo corpo,che la Chiesa, azione sacra per ec-cellenza, e nessunaltra azione dellaChiesa ne uguaglia lefficacia allo stes-so titolo e allo stesso grado.

    Liturgia terrena e liturgia celeste8. Nella liturgia terrena noi parteci-

    piamo per anticipazione alla liturgia ce-leste che viene celebrata nella santacitt di Gerusalemme, verso la qualetendiamo come pellegrini, dove il Cristosiede alla destra di Dio quale ministrodel santuario e del vero tabernacolo; in-sieme con tutte le schiere delle milizie

    celesti cantiamo al Signore linno di glo-ria; ricordando con venerazione i santi,speriamo di aver parte con essi; aspet-tiamo come Salvatore il Signore nostroGes Cristo, fino a quando egli compa-rir, egli che la nostra vita, e noi sare-mo manifestati con lui nella gloria.

    La liturgia non esauriscelazione della Chiesa

    9. La sacra liturgia non esauriscetutta lazione della Chiesa. Infatti, pri-ma che gli uomini possano accostarsialla liturgia, bisogna che siano chia-mati alla fede e alla conversione: Come potrebbero invocare colui nelquale non hanno creduto? E come po-trebbero credere in colui che non han-no udito? E come lo potrebbero udiresenza chi predichi? E come prediche-

    rebbero senza essere stati mandati?

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    (Rm 10,14-15). Per questo motivo laChiesa annunzia il messaggio dellasalvezza a coloro che ancora non cre-

    dono, affinch tutti gli uomini cono-scano lunico vero Dio e il suo inviato,Ges Cristo, e cambino la loro condot-ta facendo penitenza. Ai credenti poiessa ha sempre il dovere di predicarela fede e la penitenza; deve inoltre di-sporli ai sacramenti, insegnar loro adosservare tutto ci che Cristo ha co-mandato, ed incitarli a tutte le operedi carit, di piet e di apostolato, permanifestare attraverso queste opereche i seguaci di Cristo, pur non essen-do di questo mondo, sono tuttavia laluce del mondo e rendono gloria alPadre dinanzi agli uomini.

    ... ma ne il culmine e la fonte10. Nondimeno la liturgia il cul-

    mine verso cui tende lazione della

    Chiesa e, al tempo stesso, la fonte dacui promana tutta la sua energia. Il la-voro apostolico, infatti, ordinato ache tutti, diventati figli di Dio median-te la fede e il battesimo, si riuniscanoin assemblea, lodino Dio nella Chiesa,prendano parte al sacrificio e allamensa del Signore. A sua volta, la li-turgia spinge i fedeli, nutriti dei sa-cramenti pasquali , a vivere in per-

    fetta unione ; prega affinch espri-mano nella vita quanto hanno ricevu-to mediante la fede ; la rinnovazionepoi dellalleanza di Dio con gli uomininelleucaristia introduce i fedeli nellapressante carit di Cristo e li infiammacon essa. Dalla liturgia, dunque, e par-ticolarmente dalleucaristia, deriva innoi, come da sorgente, la grazia, e siottiene con la massima efficacia quel-

    la santificazione degli uomini nel Cri-

    sto e quella glorificazione di Dio, allaquale tendono, come a loro fine, tuttele altre attivit della Chiesa.

    Necessit delle disposizionipersonali

    11. Ad ottenere per questa pienaefficacia, necessario che i fedeli siaccostino alla sacra liturgia con rettadisposizione danimo, armonizzino laloro mente con le parole che pronun-ziano e cooperino con la grazia divinaper non riceverla invano. Perci i pa-stori di anime devono vigilare attentamente che nellazione liturgica nonsolo siano osservate le leggi che ren-dono possibile una celebrazione vali-da e lecita, ma che i fedeli vi prenda-no parte in modo consapevole, attivoe fruttuoso.

    Liturgia e preghiera personale

    12. La vita spirituale tuttavia non siesaurisce nella partecipazione alla so-la liturgia. Il cristiano, infatti, benchchiamato alla preghiera in comune, sempre tenuto a entrare nella propriastanza per pregare il Padre in segreto;anzi, secondo linsegnamento dellA-postolo, tenuto a pregare incessan-temente. LApostolo ci insegna anchea portare continuamente nel nostro

    corpo i patimenti di Ges morente, af-finch anche la vita di Ges si manife-sti nella nostra carne mortale. Perquesto nel sacrificio della messa pre-ghiamo il Signore che, accettandolofferta del sacrificio spirituale , fac-cia di noi stessi unofferta eterna .

    Liturgia e pii esercizi13. I pii esercizi del popolo cri-

    stiano, purch siano conformi alle leg-

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    gi e alle norme della Chiesa, sono vi-vamente raccomandati, soprattuttoquando si compiono per mandato del-

    la Sede apostolica. Di speciale dignitgodono anche quei sacri esercizi delle Chiese particolari che vengonocompiuti per disposizione dei vescovi,secondo le consuetudini o i libri legit-timamente approvati. Bisogna perche tali esercizi siano regolati tenendoconto dei tempi liturgici e in modo daarmonizzarsi con la liturgia; derivinoin qualche modo da essa e ad essa in-troducano il popolo, dal momentoche la liturgia per natura sua di granlunga superiore ai pii esercizi.

    II. Necessit di promuovereleducazione liturgica e lapartecipazione attiva

    14. ardente desiderio della madreChiesa che tutti i fedeli vengano for-mati a quella piena, consapevole e at-tiva partecipazione alle celebrazioniliturgiche, che richiesta dalla naturastessa della liturgia e alla quale il po-polo cristiano, stirpe eletta, sacerdo-zio regale, nazione santa, popolo ac-quistato (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha dirit-to e dovere in forza del battesimo. A

    tale piena e attiva partecipazione ditutto il popolo va dedicata una specia-lissima cura nel quadro della riforma edella promozione della liturgia. Essainfatti la prima e indispensabile fon-te dalla quale i fedeli possono attin-gere il genuino spirito cristiano, e per-ci i pastori danime in tutta la loroattivit pastorale devono sforzarsi diottenerla attraverso unadeguata for-

    mazione. Ma poich non si pu spera-

    re di ottenere questo risultato, se glistessi pastori danime non saranno im-pregnati, loro per primi, dello spirito e

    della forza della liturgia e se non nediventeranno maestri, assolutamen-te necessario dare il primo posto allaformazione liturgica del clero. Pertan-to il sacro Concilio ha stabilito quantosegue.

    Gli insegnanti di liturgia15. Coloro che vengono destinati

    allinsegnamento della sacra liturgianei seminari, negli studentati religiosie nelle facolt teologiche devono rice-vere una speciale formazione per talecompito in istituti a ci destinati.

    Linsegnamento della liturgia16. Nei seminari e negli studentati

    religiosi la sacra liturgia va computatatra le materie necessarie e pi impor-

    tanti e, nelle facolt teologiche, tra lematerie principali; inoltre va insegna-ta sia sotto laspetto teologico chesotto laspetto storico, spirituale, pa-storale e giuridico. A loro volta i pro-fessori delle altre materie, soprattuttodella teologia dommatica, della sacraScrittura, della teologia spirituale epastorale abbiano cura di mettere inrilievo, secondo le intrinseche esigen-

    ze di ogni disciplina, il mistero di Cri-sto e la storia della salvezza, in modoche la loro connessione con la liturgiae lunit della formazione sacerdotalerisulti chiara.

    Formazione liturgica dei chierici17. Nei seminari e nelle case reli-

    giose i chierici ricevano una forma-zione spirituale a sfondo liturgico,

    mediante una opportuna iniziazione

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    che li metta in grado di penetrare ilsenso dei sacri riti e di prendervi par-te con tutto il loro animo, mediante

    la celebrazione stessa dei sacri miste-ri e mediante altre pratiche di pietimbevute di spirito liturgico. Pari-menti imparino ad osservare le leggiliturgiche, di modo che la vita dei se-minari e degli istituti religiosi siaprofondamente permeata di spiritoliturgico.

    Aiuto ai sacerdoti

    18. I sacerdoti, sia secolari che reli-giosi, che gi lavorano nella vigna delSignore, vengano aiutati con tutti imezzi opportuni a penetrare semprepi il senso di ci che compiono nellesacre funzioni, a vivere la vita liturgicae a condividerla con i fedeli loro affi-dati.

    Formazione liturgica dei fedeli19. I pastori danime curino con ze-lo e con pazienza la formazione litur-gica, come pure la partecipazione atti-va dei fedeli, sia interna che esterna,secondo la loro et, condizione, gene-re di vita e cultura religiosa. Assolve-ranno cos uno dei principali doveridel fedele dispensatore dei misteri diDio. E in questo campo cerchino di

    guidare il loro gregge non solo con laparola ma anche con lesempio.

    Liturgia e mezzi audiovisivi20. Le trasmissioni radiofoniche e

    televisive di funzioni sacre, special-mente se si tratta della santa messa,siano fatte con discrezione e decoro,sotto la direzione e la garanzia di per-sona competente, destinata a tale uf-

    ficio dai vescovi.

    III. La riforma della sacra liturgia

    21. Perch il popolo cristiano otten-

    ga pi sicuramente le grazie abbon-danti che la sacra liturgia racchiude, lasanta madre Chiesa desidera fareunaccurata riforma generale della li-turgia. Questa infatti consta di unaparte immutabile, perch di istituzio-ne divina, e di parti suscettibili di cam-biamento, che nel corso dei tempi pos-sono o addirittura devono variare,qualora si siano introdotti in esse ele-menti meno rispondenti alla intimanatura della liturgia stessa, oppurequeste parti siano diventate non piidonee. In tale riforma lordinamentodei testi e dei riti deve essere condottoin modo che le sante realt che essi si-gnificano, siano espresse pi chiara-mente e il popolo cristiano possa ca-pirne pi facilmente il senso e possa

    parteciparvi con una celebrazione pie-na, attiva e comunitaria. A tale scopoil sacro Concilio ha stabilito le seguentinorme di carattere generale.

    A) Norme generali

    Lordinamento liturgicocompete alla gerarchia22.

    1. Regolare la sacra liturgia competeunicamente allautorit della Chiesa,la quale risiede nella Sede apostolicae, a norma del diritto, nel vescovo.

    2. In base ai poteri concessi dal dirit-to, regolare la liturgia spetta, entrolimiti determinati, anche alle com-petenti assemblee episcopali terri-toriali di vario genere legittima-

    mente costituite.

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    3. Di conseguenza assolutamente nes-sun altro, anche se sacerdote, osi,di sua iniziativa, aggiungere, to-

    gliere o mutare alcunch in mate-ria liturgica.

    Sana tradizione e legittimoprogresso

    23. Per conservare la sana tradizio-ne e aprire nondimeno la via ad un le-gittimo progresso, la revisione dellesingole parti della liturgia deve esseresempre preceduta da unaccurata in-vestigazione teologica, storica e pa-storale. Inoltre devono essere prese inconsiderazione sia le leggi generalidella struttura e dello spirito della li-turgia, sia lesperienza derivante dallepi recenti riforme liturgiche e dagliindulti qua e l concessi. Infine non siintroducano innovazioni se non quan-do lo richieda una vera e accertata

    utilit della Chiesa, e con lavvertenzache le nuove forme scaturiscano orga-nicamente, in qualche maniera, daquelle gi esistenti. Si evitino anche,per quanto possibile, notevoli diffe-renze di riti tra regioni confinanti.

    Bibbia e liturgia24. Nella celebrazione liturgica la

    sacra Scrittura ha una importanza

    estrema. Da essa infatti si attingono leletture che vengono poi spiegate nel-lomelia e i salmi che si cantano; delsuo afflato e del suo spirito sono per-meate le preghiere, le orazioni e i car-mi liturgici; da essa infine prendonosignificato le azioni e i simboli liturgi-ci. Perci, per promuovere la riforma,il progresso e ladattamento della sa-cra liturgia, necessario che venga fa-

    vorito quel gusto saporoso e vivo del-

    la sacra Scrittura, che attestato dallavenerabile tradizione dei riti sia orien-tali che occidentali.

    Revisione dei libri liturgici25. I libri liturgici siano riveduti

    quanto prima, servendosi di personecompetenti e consultando vescovi didiversi paesi del mondo.

    B) Norme derivanti dallanatura gerarchica e comunitariadella liturgia

    26. Le azioni liturgiche non sonoazioni private ma celebrazioni dellaChiesa, che sacramento dellunit, cio popolo santo radunato e ordi-nato sotto la guida dei vescovi . Percitali azioni appartengono allinterocorpo della Chiesa, lo manifestano elo implicano; ma i singoli membri visono interessati in diverso modo, se-

    condo la diversit degli stati, degli uf-fici e della partecipazione effettiva.

    Preferire la celebrazionecomunitaria

    27. Ogni volta che i riti comportano,secondo la particolare natura di ciascu-no, una celebrazione comunitaria ca-ratterizzata dalla presenza e dalla par-tecipazione attiva dei fedeli, si inculchi

    che questa da preferirsi, per quanto possibile, alla celebrazione individua-le e quasi privata. Ci vale soprattuttoper la celebrazione della messa - ben-ch qualsiasi messa abbia sempre uncarattere pubblico e sociale - e perlamministrazione dei sacramenti.

    Dignit della celebrazione liturgica28. Nelle celebrazioni liturgiche

    ciascuno, ministro o semplice fede-

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    le, svolgendo il proprio ufficio si li-miti a compiere tutto e soltanto ciche, secondo la natura del rito e le

    norme liturgiche, di sua compe-tenza.

    Educazione allo spirito liturgico29. Anche i ministranti, i lettori, i

    commentatori e i membri della scho-la cantorum svolgono un vero mini-stero liturgico. Essi perci esercitino ilproprio ufficio con quella sincerapiet e con quel buon ordine che con-viene a un cos grande ministero e cheil popolo di Dio esige giustamente daessi. Bisogna dunque che tali personesiano educate con cura, ognuna se-condo la propria condizione, allo spiri-to liturgico, e siano formate a svolge-re la propria parte secondo le normestabilite e con ordine.

    Partecipazione attiva dei fedeli30. Per promuovere la partecipa-zione attiva, si curino le acclamazionidei fedeli, le risposte, il canto dei sal-mi, le antifone, i canti, nonch le azio-ni e i gesti e latteggiamento del cor-po. Si osservi anche, a tempo debito,un sacro silenzio.

    31. Nella revisione dei libri liturgicisi abbia cura che le rubriche tengano

    conto anche delle parti dei fedeli.

    Liturgia e condizioni sociali32. Nella liturgia, tranne la distin-

    zione che deriva dallufficio liturgico edallordine sacro, e tranne gli onoridovuti alle autorit civili a norma del-le leggi liturgiche, non si faccia alcunapreferenza di persone private o dicondizioni sociali, sia nelle cerimonie

    sia nelle solennit esteriori.

    C) Norme derivanti dalla naturadidattica e pastorale della liturgia

    33. Bench la sacra liturgia sia prin-

    cipalmente culto della maest divina,tuttavia presenta anche un grande va-lore pedagogico per il popolo creden-te. Nella liturgia, infatti, Dio parla alsuo popolo e Cristo annunzia ancora ilsuo Vangelo; il popolo a sua volta ri-sponde a Dio con il canto e con la pre-ghiera. Anzi, le preghiere rivolte a Diodal sacerdote che presiede lassembleanel ruolo di Cristo, vengono dette anome di tutto il popolo santo e di tut-ti gli astanti. Infine, i segni visibili dicui la sacra liturgia si serve per signifi-care le realt invisibili, sono stati sceltida Cristo o dalla Chiesa. Perci non so-lo quando si legge ci che fu scrittoa nostra istruzione (Rm 15,4) ma an-che quando la Chiesa prega o canta oagisce, la fede dei partecipanti ali-

    mentata, le menti sono elevate versoDio per rendergli un ossequio ragio-nevole e ricevere con pi abbondanzala sua grazia. Pertanto, nellattuazio-ne della riforma, si tenga conto delleseguenti norme generali.

    Semplicit e decoro dei riti34. I riti splendano per nobile sem-

    plicit; siano trasparenti per il fatto

    della loro brevit e senza inutili ripeti-zioni; siano adattati alla capacit dicomprensione dei fedeli n abbianobisogno, generalmente, di molte spie-gazioni.

    Bibbia, predicazione e catechesiliturgica

    35. Affinch risulti evidente chenella liturgia rito e parola sono inti-

    mamente connessi:

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    1) Nelle sacre celebrazioni si restau-rer una lettura della sacra Scrittura piabbondante, pi varia e meglio scelta.

    2) Il momento pi adatto per lapredicazione, che fa parte dellazioneliturgica, nella misura in cui il rito lopermette, sia indicato anche nelle ru-briche e il ministero della parola siaadempiuto con fedelt e nel debitomodo. La predicazione poi attinga an-zitutto alle fonti della sacra Scrittura edella liturgia, poich essa lannunziodelle mirabili opere di Dio nella storiadella salvezza, ossia nel mistero di Cri-sto, mistero che in mezzo a noi sem-pre presente e operante, soprattuttonelle celebrazioni liturgiche.

    3) Si cerchi anche di inculcare intutti i modi una catechesi pi diretta-mente liturgica; negli stessi riti sianopreviste, quando necessario, brevi di-dascalie composte con formule presta-

    bilite o con parole equivalenti e desti-nate a essere recitate dal sacerdote odal ministro competente nei momentipi opportuni.

    4) Si promuova la celebrazione del-la parola di Dio, alla vigilia delle festepi solenni, in alcune ferie dellavven-to e della quaresima, nelle domenichee nelle feste, soprattutto nei luoghidove manca il sacerdote; nel qual caso

    diriga la celebrazione un diacono o al-tra persona delegata dal vescovo.

    Latino e lingue nazionali nellaliturgia

    36.1. Luso della lingua latina, salvo

    diritti particolari, sia conservato nei ri-ti latini.

    2. Dato per che, sia nella messa

    che nellamministrazione dei sacra-

    menti, sia in altre parti della liturgia,non di rado luso della lingua nazio-nale pu riuscire di grande utilit per

    il popolo, si conceda alla lingua nazio-nale una parte pi ampia, specialmen-te nelle letture e nelle ammonizioni,in alcune preghiere e canti, secondo lenorme fissate per i singoli casi nei ca-pitoli seguenti.

    3. In base a queste norme, spettaalla competente autorit ecclesiasticaterritoriale, di cui allart. 22- 2 (consul-tati anche, se il caso, i vescovi delleregioni limitrofe della stessa lingua)decidere circa lammissione e lesten-sione della lingua nazionale. Tali deci-sioni devono essere approvate ossiaconfermate dalla Sede apostolica.

    4. La traduzione del testo latino inlingua nazionale da usarsi nella litur-gia deve essere approvata dalla com-petente autorit ecclesiastica territo-

    riale di cui sopra.D) Norme per un adattamentoallindole e alle tradizioni dei variPopoli

    37. La Chiesa, quando non in que-stione la fede o il bene comune gene-rale, non intende imporre, neppurenella liturgia, una rigida uniformit; ri-spetta anzi e favorisce le qualit e le

    doti di animo delle varie razze e deivari popoli. Tutto ci poi che nel costu-me dei popoli non indissolubilmentelegato a superstizioni o ad errori, essalo considera con benevolenza e, sepossibile, lo conserva inalterato, e avolte lo ammette perfino nella litur-gia, purch possa armonizzarsi con ilvero e autentico spirito liturgico.

    38. Salva la sostanziale unit del ri-

    to romano, anche nella revisione dei

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    libri liturgici si lasci posto alle legitti-me diversit e ai legittimi adattamentiai vari gruppi etnici, regioni, popoli,

    soprattutto nelle missioni; e sar benetener opportunamente presente que-sto principio nella struttura dei riti enellordinamento delle rubriche.

    39. Entro i limiti stabiliti nelle edi-zioni tipiche dei libri liturgici, spetteralla competente autorit ecclesiasticaterritoriale, di cui allart. 22 - 2, deter-minare gli adattamenti, specialmenteriguardo allamministrazione dei sa-cramenti, ai sacramentali, alle proces-sioni, alla lingua liturgica, alla musicasacra e alle arti, sempre per secondole norme fondamentali contenute nel-la presente costituzione.

    Progressivo adattamento liturgico40. Dato per che in alcuni luoghi

    e particolari circostanze si rende ur-

    gente un pi profondo adattamentodella liturgia, che per conseguenza pi difficile:

    1) Dalla competente autorit eccle-siastica territoriale, di cui allart. 22 -2, venga preso in esame, con attenzio-ne e prudenza, ci che dalle tradizionie dallindole dei vari popoli pu op-portunamente essere ammesso nelculto divino. Gli adattamenti ritenuti

    utili o necessari vengano proposti allaSede apostolica, per essere introdotticol suo consenso.

    2) Affinch poi ladattamento siafatto con la necessaria cautela, la Sedeapostolica dar facolt, se il caso, al-la medesima autorit ecclesiastica ter-ritoriale di permettere e dirigere,presso alcuni gruppi a ci preparati eper un tempo determinato, i necessari

    esperimenti preliminari.

    3) Poich in materia di adattamen-to, di solito le leggi liturgiche compor-tano difficolt particolari soprattutto

    nelle missioni, nel formularle si ricorraa persone competenti in materia.

    IV. La vita liturgica nella diocesi enella parrocchia

    41. Il vescovo deve essere conside-rato come il grande sacerdote del suogregge: da lui deriva e dipende in cer-to modo la vita dei suoi fedeli in Cri-sto. Perci tutti devono dare la pigrande importanza alla vita liturgicadella diocesi che si svolge intorno alvescovo, principalmente nella chiesacattedrale, convinti che c una specia-le manifestazione della Chiesa nellapartecipazione piena e attiva di tuttoil popolo santo di Dio alle medesime

    celebrazioni liturgiche, soprattutto al-la medesima eucaristia, alla medesimapreghiera, al medesimo altare cui pre-siede il vescovo circondato dai suoi sa-cerdoti e ministri.

    Vita liturgica parrocchiale42. Poich nella sua Chiesa il vesco-

    vo non pu presiedere personalmentesempre e ovunque lintero suo greg-

    ge, deve costituire necessariamentedei gruppi di fedeli, tra cui hanno unposto preminente le parrocchie orga-nizzate localmente e poste sotto laguida di un pastore che fa le veci delvescovo: esse infatti rappresentano incerto modo la Chiesa visibile stabilitasu tutta la terra. Per questo motivo lavita liturgica della parrocchia e il suolegame con il vescovo devono essere

    coltivati nellanimo e nellazione dei

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    fedeli e del clero; e bisogna fare inmodo che il senso della comunit par-rocchiale fiorisca soprattutto nella ce-

    lebrazione comunitaria della messadomenicale.

    V. Lincremento dellazionepastorale liturgica

    43. Lo zelo per la promozione e ilrinnovamento della liturgia giusta-mente considerato come un segno deiprovvidenziali disegni di Dio sul no-stro tempo, come un passaggio delloSpirito Santo nella sua Chiesa; esso im-prime una nota caratteristica alla vitadella Chiesa stessa, anzi a tutto il mo-do di sentire e di agire religioso delnostro tempo. Per la qual cosa, per fa-vorire sempre pi questa azione pa-storale liturgica nella Chiesa, il sacro

    Concilio stabilisce:Commissione liturgica nazionale

    44. Conviene che la competenteautorit ecclesiastica territoriale, dicui allart. 22 - 2, istituisca una com-missione liturgica, la quale si servadellaiuto di esperti in liturgia, in mu-sica e arte sacra e in pastorale. La sud-detta commissione sia coadiuvata pos-

    sibilmente da qualche istituto di litur-gia pastorale, senza escludere tra isuoi membri, se utile, la presenza dilaici particolarmente esperti in questematerie. Sar compito della stessacommissione, sotto la guida dellauto-rit ecclesiastica territoriale, di cui si parlato, dirigere lattivit pastorale li-turgica nel territorio di sua competen-za e promuovere gli studi e i necessari

    esperimenti ogni volta che si tratti di

    adattamenti da proporsi alla Sedeapostolica.

    Commissione liturgica diocesana45. Parimenti sia costituita nelle

    singole diocesi la commissione di sa-cra liturgia allo scopo di promuove-re, sotto la guida del vescovo, lapo-stolato liturgico. Talvolta pu essereopportuno che pi diocesi costitui-scano una sola commissione per pro-muovere di comune accordo lapo-stolato liturgico.

    Altre commissioni46. Oltre alla commissione di sacra

    liturgia, siano costituite in ogni dioce-si, per quanto possibile, anche le com-missioni di musica sacra e di arte sa-cra. necessario che queste tre com-missioni collaborino tra di loro, anzitalora potr essere opportuno che for-

    mino un unica commissione.

    CAPITOLO IIIL MISTERO EUCARISTICO

    La messa e il mistero pasquale47. Il nostro Salvatore nellultima

    cena, la notte in cui fu tradito, isti-tu il sacrificio eucaristico del suo

    corpo e del suo sangue, onde perpe-tuare nei secoli fino al suo ritorno ilsacrificio della croce, e per affidarecos alla sua diletta sposa, la Chiesa,il memoriale della sua morte e dellasua resurrezione: sacramento diamore, segno di unit, vincolo di ca-rit, convito pasquale, nel quale siriceve Cristo, lanima viene ricolmadi grazia e ci dato il pegno della

    gloria futura.

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    Partecipazione attiva dei fedeli al-la messa

    48. Perci la Chiesa si preoccupa vi-

    vamente che i fedeli non assistano co-me estranei o muti spettatori a questomistero di fede, ma che, comprenden-dolo bene nei suoi riti e nelle sue pre-ghiere, partecipino allazione sacraconsapevolmente, piamente e attiva-mente; siano formati dalla parola diDio; si nutrano alla mensa del corpodel Signore; rendano grazie a Dio; of-frendo la vittima senza macchia, nonsoltanto per le mani del sacerdote, mainsieme con lui, imparino ad offrire sestessi, e di giorno in giorno, per la me-diazione di Cristo, siano perfezionatinellunit con Dio e tra di loro, di mo-do che Dio sia finalmente tutto in tut-ti.

    49. Affinch poi il sacrificio dellamessa raggiunga la sua piena efficacia

    pastorale anche nella forma rituale, ilsacro Concilio, in vista delle messe ce-lebrate con partecipazione di popolo,specialmente la domenica e i giorni diprecetto, stabilisce quanto segue:

    Revisione dellordinario della messa50. Lordinamento rituale della

    messa sia riveduto in modo che ap-parisca pi chiaramente la natura

    specifica delle singole parti e la loromutua connessione, e sia resa pi fa-cile la partecipazione pia e attiva deifedeli.

    Per questo i riti, conservata fedel-mente la loro sostanza, siano semplifi-cati; si sopprimano quegli elementiche, col passare dei secoli, furono du-plicati o aggiunti senza grande utilit;alcuni elementi invece, che col tempo

    andarono perduti, siano ristabiliti, se-

    condo la tradizione dei Padri, nellamisura che sembrer opportuna o ne-cessaria.

    Una pi grande ricchezza biblica51. Affinch la mensa della parola

    di Dio sia preparata ai fedeli con mag-giore abbondanza, vengano apertipi largamente i tesori della Bibbia inmodo che, in un determinato numerodi anni, si legga al popolo la maggiorparte della sacra Scrittura.

    Lomelia52. Si raccomanda vivamente lo-

    melia, che parte dellazione liturgi-ca. In essa nel corso dellanno liturgi-co vengano presentati i misteri dellafede e le norme della vita cristiana,attingendoli dal testo sacro. Nellemesse della domenica e dei giorni fe-stivi con partecipazione di popolo

    non si ometta lomelia se non pergrave motivo.

    La preghiera dei fedeli 53. Dopo il Vangelo e lomelia, spe-

    cialmente la domenica e le feste diprecetto, sia ripristinata la orazionecomune detta anche dei fedeli, inmodo che, con la partecipazione delpopolo, si facciano speciali preghiere

    per la santa Chiesa, per coloro che cigovernano, per coloro che si trovanoin varie necessit, per tutti gli uominie per la salvezza di tutto il mondo.

    Lingua nazionale e latino nellamessa

    54. Nelle messe celebrate con par-tecipazione di popolo si possa conce-dere una congrua parte alla lingua

    nazionale, specialmente nelle letture

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    e nella orazione comune e, secon-do le condizioni dei vari luoghi, anchenelle parti spettanti al popolo, a nor-

    ma dellart. 36 di questa costituzione.Si abbia cura per che i fedeli sappia-no recitare e cantare insieme, anchein lingua latina, le parti dellordinariodella messa che spettano ad essi. Sepoi in qualche luogo sembrasse op-portuno un uso pi ampio della lin-gua nazionale nella messa, si osserviquanto prescrive lart. 40 di questa co-stituzione.

    Comunione sotto le due specie55. Si raccomanda molto quella

    partecipazione pi perfetta alla mes-sa, nella quale i fedeli, dopo la comu-nione del sacerdote, ricevono il corpodel Signore con i pani consacrati inquesto sacrificio. Fermi restando iprincipi dottrinali stabiliti dal Concilio

    di Trento, la comunione sotto le duespecie si pu concedere sia ai chierici ereligiosi sia ai laici, in casi da determi-narsi dalla sede apostolica e secondo ilgiudizio del vescovo, come per esem-pio agli ordinati nella messa della lorosacra ordinazione, ai professi nellamessa della loro professione religiosa,ai neofiti nella messa che segue il bat-tesimo.

    Unit della messa56. Le due parti che costituiscono

    in certo modo la messa, cio la liturgiadella parola e la liturgia eucaristica,sono congiunte tra di loro cos stretta-mente da formare un solo atto di cul-to. Perci il sacro Concilio esorta cal-damente i pastori danime ad istruirecon cura i fedeli nella catechesi, per-

    ch partecipino a tutta la messa, spe-

    cialmente la domenica e le feste diprecetto.

    La concelebrazione57.1. La concelebrazione, che manife-

    sta in modo appropriato lunit del sa-cerdozio, rimasta in uso fino ad ogginella Chiesa, tanto in Oriente che inOccidente. Perci al Concilio sem-brato opportuno estenderne la fa-colt ai casi seguenti:

    1 a) al gioved santo, sia nella mes-sa crismale che nella messa vespertina;

    b) alle messe celebrate nei conci-li, nelle riunioni di vescovi e nei si-nodi;

    c) alla messa di benedizione di unabate.

    2 Inoltre, con il permesso dellordi-nario, a cui spetta giudicare sulla op-portunit della concelebrazione:

    a) alla messa conventuale e allamessa principale nelle diverse chiese,quando lutilit dei fedeli non richie-da che tutti i sacerdoti presenti cele-brino singolarmente;

    b) alle messe nelle riunioni di qual-siasi genere di sacerdoti tanto secolariche religiosi.

    2. 1 Spetta al vescovo regolare ladisciplina della concelebrazione nella

    propria diocesi;2 Resti sempre per ad ogni sa-cerdote la facolt di celebrare lamessa individualmente, purch noncelebri nel medesimo tempo e nellamedesima chiesa in cui si fa la con-celebrazione, e neppure il giovedsanto.

    58. Venga redatto un nuovo ritodella concelebrazione da inserirsi nel

    pontificale e nel messale romano.

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    CAPITOLO IIIGLI ALTRI SACRAMENTI

    E I SACRAMENTALI

    Natura dei sacramenti

    59. I sacramenti sono ordinati allasantificazione degli uomini, alla edifi-cazione del corpo di Cristo e, infine, arendere culto a Dio; in quanto segnihanno poi anche un fine pedagogico.Non solo suppongono la fede, ma conle parole e gli elementi rituali la nu-trono, la irrobustiscono e la esprimo-no; perci vengono chiamati sacra-menti della fede . Conferiscono cer-tamente la grazia, ma la loro stessacelebrazione dispone molto bene i fe-deli a riceverla con frutto, ad onorareDio in modo debito e ad esercitare lacarit. quindi di grande importanzache i fedeli comprendano facilmente i

    segni dei sacramenti e si accostino consomma diligenza a quei sacramentiche sono destinati a nutrire la vita cri-stiana.

    60. La santa madre Chiesa ha inol-tre istituito i sacramentali. Questi so-no segni sacri per mezzo dei quali, adimitazione dei sacramenti, sono signi-ficati, e vengono ottenuti per inter-cessione della Chiesa effetti soprattut-

    to spirituali. Per mezzo di essi gli uo-mini vengono disposti a ricevere lef-fetto principale dei sacramenti e ven-gono santificate le varie circostanzedella vita.

    61. Cos la liturgia dei sacramenti edei sacramentali offre ai fedeli ben di-sposti la possibilit di santificare quasitutti gli avvenimenti della vita permezzo della grazia divina, che fluisce

    dal mistero pasquale della passione,

    morte e resurrezione di Cristo; misterodal quale derivano la loro efficaciatutti i sacramenti e i sacramentali. E

    cos non esiste quasi alcun uso rettodelle cose materiali, che non possa es-sere indirizzato alla santificazione del-luomo e alla ode di Dio.

    Revisione dei riti sacramentali

    62. Ma nel corso dei secoli si sonointrodotti nei riti dei sacramenti e deisacramentali alcuni elementi, che oggine rendono meno chiari la natura e ilfine; perci necessario compiere inessi alcuni adattamenti alle esigenzedel nostro tempo, e per questo il sacroConcilio stabilisce quanto segue peruna loro revisione.

    La lingua

    63. Non di rado nellamministrazio-ne dei sacramenti e dei sacramentalipu essere molto utile per il popololuso della lingua nazionale; le sia da-ta quindi una parte maggiore secondole norme che seguono:

    a) nellamministrazione dei sacra-menti e dei sacramentali si pu usarela lingua nazionale a norma dellart.36;

    b) sulla base della nuova edizionedel rituale romano la competente au-torit ecclesiastica territoriale, di cuiallart. 22 - 2 di questa costituzione,prepari al pi presto i rituali particola-ri adattati alle necessit delle singoleregioni, anche per quanto riguarda lalingua; questi rituali saranno usati nel-le rispettive regioni dopo la revisioneda parte della Sede apostolica. Nel

    comporre i rituali particolari o speciali

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    collezioni di riti non si omettano leistruzioni poste allinizio dei singoli ri-ti nel rituale romano, sia quelle pasto-

    rali e rubricali, sia quelle che hannouna speciale importanza sociale.

    Il catecumenato

    64. Si ristabilisca il catecumenato de-gli adulti diviso in pi gradi, da attuarsia giudizio dellordinario del luogo; inquesta maniera il tempo del catecume-nato, destinato ad una conveniente for-mazione, potr essere santificato con ri-ti sacri da celebrarsi in tempi successivi.

    Revisione del rito battesimale

    65. Nei luoghi di missione sia con-sentito accogliere, accanto agli ele-menti propri della tradizione cristiana,anche elementi delliniziazione in uso

    presso ogni popolo, nella misura in cuipossono essere adattati al rito cristia-no, a norma degli articoli 37-40 diquesta costituzione.

    66. Siano riveduti entrambi i riti delbattesimo degli adulti, sia quello sem-plice sia quello pi solenne connessocon la restaurazione del catecumena-to; e sia inserita nel messale romanouna messa propria Nel conferimento

    del battesimo .67. Sia riveduto il rito del battesimodei bambini e sia adattato alla loro con-dizione reale. Nel rito stesso siano mag-giormente messi in rilievo il posto e idoveri che hanno i genitori e i padrini.

    68. Nel rito del battesimo si preveda-no certi adattamenti da usarsi a giudiziodellordinario del luogo, in caso di grannumero di battezzandi. Si componga

    pure un Rito pi breve che possa es-

    sere usato, specialmente in terra di mis-sione, dai catechisti e in genere, in peri-colo di morte, dai fedeli, quando man-

    chi un sacerdote o un diacono.69. In luogo del Rito per supplire le

    cerimonie omesse su un bambino gibattezzato , se ne componga uno nuo-vo, nel quale si esprima, in maniera pichiara e pi consona, che il bambino,battezzato con il rito breve, gi statoaccolto nella Chiesa. Si componga pureun rito per coloro che, gi validamentebattezzati, si convertono alla Chiesa cat-tolica. In esso si esprima la loro ammis-sione nella comunione della Chiesa.

    70. Fuori del tempo pasquale lac-qua battesimale pu essere benedettanel corso dello stesso rito del battesimocon una apposita formula pi breve.

    Revisione del rito della cresima

    71. Sia riveduto il rito della confer-mazione, anche perch apparisca pichiaramente lintima connessione diquesto sacramento con tutta linizia-zione cristiana; perci molto conve-niente che la recezione di questo sa-cramento sia preceduta dalla rinnova-zione delle promesse battesimali.Quando si ritenga opportuno, la con-fermazione pu essere conferita an-

    che durante la messa; per quanto ri-guarda invece il rito da usarsi fuoridella messa, si prepari una formulache serva da introduzione.

    Revisione del rito della penitenza

    72. Si rivedano il rito e le formuledella penitenza in modo che esprima-no pi chiaramente la natura e leffet-

    to del sacramento.

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    Lunzione degli infermi

    73. L estrema unzione , che pu

    essere chiamata anche, e meglio, unzione degli infermi , non il sacra-mento di coloro soltanto che sono infin di vita. Perci il tempo opportunoper riceverlo ha certamente gi inizioquando il fedele, per indebolimentofisico o per vecchiaia, incomincia adessere in pericolo di morte.

    74. Oltre i riti distinti dellunzionedegli infermi e del viatico, si componga

    anche un rito continuato , nel qualelunzione sia conferita al malato dopola confessione e prima del viatico.

    75. Il numero delle unzioni sia rive-duto tenendo conto delle diverse si-tuazioni, e le orazioni che accompa-gnano il rito dellunzione degli infer-mi siano adattate in modo da rispon-dere alle diverse condizioni dei malatiche ricevono il sacramento.

    Revisione del rito del sacramentodellordine

    76. Il rito delle ordinazioni sia rive-duto quanto alle cerimonie e quantoai testi.

    Le allocuzioni del vescovo, allinizio diogni ordinazione o consacrazione, pos-sono essere fatte in lingua nazionale.

    Nella consacrazione episcopale tutti i ve-scovi presenti possono imporre le mani.

    Revisione del rito del matrimonio

    77. Il rito della celebrazione del ma-trimonio, che si trova nel rituale roma-no, sia riveduto e arricchito, in modoche pi chiaramente venga significatala grazia del sacramento e vengano in-

    culcati i doveri dei coniugi. Se nella

    celebrazione del sacramento del matri-monio qualche regione usa altre con-suetudini e cerimonie degne di essere

    approvate, il sacro Concilio desidera vi-vamente che queste vengano senzal-tro conservate . Inoltre alla compe-tente autorit ecclesiastica territoriale,di cui allart. 22 - 2 di questa costituzio-ne, viene lasciata facolt di preparare,a norma dellarticolo 63, un rito pro-prio che risponda agli usi dei luoghi edei popoli, fermo per restando lob-bligo che il sacerdote che assiste chiedae riceva il consenso dei contraenti.

    78. In via ordinaria il matrimonio sicelebri nel corso della messa, dopo lalettura del Vangelo e lomelia e primadell orazione dei fedeli . La benedi-zione della sposa, opportunamente ri-toccata cos da inculcare ad entrambi glisposi lo stesso dovere della fedelt vi-cendevole, pu essere detta nella lingua

    nazionale. Se poi il sacramento del ma-trimonio viene celebrato senza la mes-sa, si leggano allinizio del rito lepistolae il Vangelo della messa per gli sposi e sidia sempre la benedizione agli sposi.

    Revisione dei sacramentali

    79. Si faccia una revisione dei sacra-mentali, tenendo presente il principio

    fondamentale di una cosciente, attiva efacile partecipazione da parte dei fedelie avendo riguardo delle necessit deinostri tempi. Nella revisione dei rituali,da farsi a norma dellart. 63, si possonoaggiungere, se necessario, anche nuovisacramentali. Le benedizioni riservatesiano pochissime e solo a favore dei ve-scovi o degli ordinari. Si provveda chealcuni sacramentali, almeno in partico-

    lari circostanze, e a giudizio dellordina-

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    rio, possano essere amministrati da laicidotati delle qualit convenienti.

    La professione religiosa

    80. Si sottoponga a revisione il ritodella consacrazione delle vergini, chesi trova nel pontificale romano. Sicomponga inoltre un rito per la pro-fessione religiosa e la rinnovazione deivoti, che contribuisca ad una maggioreunit, sobriet e dignit; esso, salvo di-ritti particolari, dovr essere adottatoda coloro che fanno la professione o larinnovazione dei voti durante la mes-sa. cosa lodevole che la professionereligiosa si faccia durante la messa.

    Revisione dei riti funebri

    81. Il rito delle esequie esprima piapertamente lindole pasquale della

    morte cristiana e risponda meglio, anchequanto al colore liturgico, alle condizio-ni e alle tradizioni delle singole regioni.

    82. Si riveda il rito della sepoltura deibambini e sia arricchito di una messapropria.

    CAPITOLO IVLUFFICIO DIVINO

    Lufficio divino opera di Cristo edella Chiesa

    83. Cristo Ges, il sommo sacerdotedella nuova ed eterna alleanza, pren-dendo la natura umana, ha introdotto inquesto esilio terrestre quellinno che vie-ne eternamente cantato nelle dimore ce-lesti Egli unisce a s tutta lumanit e selassocia nellelevare questo divino canto

    di lode. Cristo continua ad esercitare

    questa funzione sacerdotale per mezzodella sua Chiesa, che loda il Signore in-cessantemente e intercede per la salvez-

    za del mondo non solo con la celebrazio-ne delleucaristia, ma anche in altri modi,specialmente recitando lufficio divino.

    84. Il divino ufficio, secondo la tradi-zione cristiana, strutturato in mododa santificare tutto il corso del giorno edella notte per mezzo della lode divina.Quando poi a celebrare debitamentequel mirabile canto di lode sono i sacer-doti o altri a ci deputati per istituzio-ne della Chiesa, o anche i fedeli chepregano insieme col sacerdote secondole forme approvate, allora veramentela voce della sposa che parla allo sposo,anzi la preghiera che Cristo unito alsuo corpo eleva al Padre.

    85. Tutti coloro pertanto che recita-no questa preghiera adempiono dauna parte lobbligo proprio della Chie-

    sa, e dallaltra partecipano al sommoonore della Sposa di Cristo perch, lo-dando il Signore, stanno davanti al tro-no di Dio in nome della madre Chiesa.

    Suo valore pastorale

    86. I sacerdoti impegnati nel sacroministero pastorale reciteranno lufficiodivino con tanto maggior fervore, quan-

    to pi profondamente saranno convintidel dovere di mettere in pratica lesorta-zione di S. Paolo: Pregate senza inter-ruzione (1 Ts 5,17). Infatti solo il Signo-re pu dare efficacia ed incremento alloro ministero, lui che ha detto: Senzadi me non potete far nulla (Gv 15,5). Eper questo gli apostoli, istituendo i dia-coni, dissero: Noi invece continueremoa dedicarci assiduamente alla preghiera

    e al ministero della parola (At 6,4).

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    87. Ma affinch i sacerdoti e gli al-tri membri della Chiesa possano me-glio e pi perfettamente recitare luf-

    ficio divino nelle attuali condizioni divita, il sacro Concilio, continuando leriforme gi felicemente iniziate dallaSede apostolica, ha creduto bene sta-bilire quanto segue riguardo alluffi-cio di rito romano.

    Rivedere lordinamento tradizionale

    88. Scopo dellufficio la santifica-zione del giorno: perci lordinamentotradizionale dellufficio sia riveduto, inmodo che le diverse ore, per quanto possibile, corrispondano al loro verotempo, tenendo presenti per anchele condizioni della vita contempora-nea, in cui si trovano specialmente co-loro che attendono allapostolato.

    Norme per la riforma dellufficiodivino

    89. Quindi, nella riforma delluffi-cio, si osservino queste norme:

    a) Le lodi come preghiera del mattinoe i vespri come preghiera della sera, che,secondo la venerabile tradizione di tuttala Chiesa, sono il duplice cardine delluf-ficio quotidiano, devono essere ritenute

    le ore principali e come tali celebrate;b) compieta sia ordinata in modoche si adatti bene alla conclusione del-la giornata;

    c) Lora detta mattutino, pur con-servando lindole di preghiera nottur-na per il coro, venga adattata in mo-do da poter essere recitata in qualsiasiora del giorno; abbia un minor nume-ro di salmi e letture pi lunghe;

    d) Lora di prima sia soppressa;

    e) Per il coro si mantengano le oreminori di terza, sesta e nona. Fuori dicoro si pu invece scegliere una delle

    tre, quella cio che meglio risponde almomento della giornata.

    Lufficio divino fonte di piet

    90. Inoltre, poich lufficio divino, inquanto preghiera pubblica della Chiesa, fonte della piet e nutrimento dellapreghiera personale, si esortano nel Si-gnore i sacerdoti e tutti gli altri che par-tecipano allufficio divino a fare in modoche, nel recitarlo, lanima corrisponda al-la voce. A tale scopo si procurino una co-noscenza pi abbondante della liturgiae della Bibbia, specialmente dei salmi.Nel compiere poi la riforma, il venerabi-le tesoro secolare dellufficio romanovenga adattato in modo tale che possa-no usufruirne pi largamente e pi facil-

    mente tutti coloro ai quali affidato.

    Distribuzione dei salmi

    91. Affinch lordinamento delluf-ficio proposto nellarticolo 89 possaessere veramente attuato, il salteriosia distribuito non pi in una settima-na, ma per uno spazio di tempo pilungo. Lopera di revisione del salte-

    rio, felicemente incominciata, vengacondotta a termine al pi presto, te-nendo presente il latino usato dai cri-stiani, luso che ne fa la liturgia e leesigenze del canto, come pure tutta latradizione della Chiesa latina.

    Norme per le letture

    92. Per quanto riguarda le letture,

    si tengano presenti queste norme:

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    a) la lettura della sacra Scrittura siaordinata in modo che i tesori della pa-rola divina siano accessibili pi facil-

    mente e in maggiore ampiezza;b) la lettura delle opere dei Padri,

    dei dottori e degli scrittori ecclesiasticisia meglio selezionata;

    c) le passioni o vite dei santi sia-no rivedute dal punto di vista storico.

    Revisione degli inni

    93. Gli inni, nella misura in cui la co-sa sembrer utile, siano restituiti allaloro forma originale, togliendo o mu-tando ci che ha sapore mitologico oche pu essere meno conveniente allapiet cristiana. Secondo lopportunit,poi, se ne riprendano anche altri che sitrovano nelle raccolte innografiche.

    94. Per santificare veramente ilgiorno e per recitare le ore con frutto

    spirituale, nella recita delle ore si os-servi il tempo che corrisponde pi davicino al vero tempo naturale di cia-scuna ora canonica.

    Obbligo dellufficio divino

    95. Le comunit obbligate al coro so-no tenute, oltre che alla messa conven-tuale, anche a celebrare in coro ogni

    giorno lufficio divino, e precisamente:a) tutto lufficio gli ordini di cano-nici, di monaci, di monache e di altriregolari obbligati al coro per diritto oin forza delle costituzioni;

    b) quelle parti dellufficio che ven-gono loro imposte dal diritto comuneo particolare: i capitoli delle cattedralie delle collegiate;

    c) tutti i membri, poi, di queste co-

    munit, che abbiano ricevuto gli ordi-

    ni maggiori o che abbiano fatto laprofessione solenne, eccetto i conver-si, devono da soli recitare quelle ore

    canoniche che non recitano in coro.96. I chierici non obbligati al coro,

    se hanno ricevuto gli ordini maggiori,devono, ogni giorno, in comune o dasoli, recitare tutto lufficio, a normadellarticolo 89.

    97. Le opportune commutazionidellufficio divino con altre azioni li-turgiche siano definite nelle nuoverubriche.

    In casi particolari e per giusta cau-sa, gli ordinari possono dispensare intutto o in parte, oppure possono com-mutare, per coloro che sono loro sog-getti, lobbligo dellufficio.

    98. I membri degli istituti di perfe-zione, che, in forza delle costituzioni,recitano qualche parte dellufficio di-vino, praticano la preghiera pubblica

    della Chiesa. Cos pure praticano lapreghiera pubblica della Chiesa se, inforza delle costituzioni, recitanoqualche piccolo ufficio , purchcomposto sullo schema dellufficio di-vino e regolarmente approvato.

    La recita comunitaria dellufficiodivino

    99. Poich lufficio divino la vocedella Chiesa, ossia di tutto il corpo mi-stico che loda pubblicamente Dio, raccomandabile che i chierici non obbli-gati al coro, e specialmente i sacerdotiche vivono o che si trovano insieme, re-citino in comune almeno qualche partedellufficio divino. Tutti coloro, poi, cherecitano lufficio, sia in coro sia in co-mune, compiano il dovere loro affidato

    il pi perfettamente possibile, sia quan-

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    to alla devozione interiore, sia quantoalla realizzazione esteriore. bene inol-tre che, secondo lopportunit, lufficio

    in coro e in comune sia cantato.

    La partecipazione dei fedeli alluf-ficio divino

    100. Procurino i pastori danimeche, nelle domeniche e feste pi so-lenni, le ore principali, specialmente ivespri, siano celebrate in chiesa conpartecipazione comune. Si raccoman-da che anche i laici recitino lufficio di-vino o con i sacerdoti, o riuniti tra lo-ro, e anche da soli.

    La lingua dellufficio divino101.

    1. Secondo la secolare tradizione delrito latino, per i chierici sia conser-vata nellufficio divino la lingua la-tina. Lordinario tuttavia potr con-

    cedere luso della versione in lin-gua nazionale, composta a normadellart. 36, in casi singoli, a queichierici per i quali luso della lingualatina costituisce un grave impedi-mento alla recita dellufficio nelmodo dovuto.

    2. Alle monache e ai membri degliistituti di perfezione, sia uomininon chierici che donne, il supe-

    riore competente pu concedereluso della lingua nazionale nel-lufficio divino, anche celebratoin coro, purch la versione sia ap-provata.

    3. Ogni chierico obbligato allufficiodivino, che lo recita in lingua na-zionale con i fedeli o con quellepersone ricordate al 2, soddisfa alsuo obbligo, purch il testo della

    versione sia approvato.

    CAPITOLO VLANNO LITURGICO

    Il senso dellanno liturgico

    102. La santa madre Chiesa considerasuo dovere celebrare lopera salvificadel suo sposo divino mediante una com-memorazione sacra, in giorni determi-nati nel corso dellanno. Ogni settima-na, nel giorno a cui ha dato il nome didomenica, fa memoria della risurrezio-ne del Signore, che essa celebra ancheuna volta allanno, unitamente alla suabeata passione, con la grande solennitdi Pasqua. Nel corso dellanno poi, di-stribuisce tutto il mistero di Cristo dal-lIncarnazione e dalla Nativit fino allA-scensione, al giorno di Pentecoste e al-lattesa della beata speranza e del ritor-no del Signore. Ricordando in tal modoi misteri della redenzione, essa apre ai

    fedeli le ricchezze delle azioni salvifichee dei meriti del suo Signore, le rende co-me presenti a tutti i tempi e permette aifedeli di venirne a contatto e di essereripieni della grazia della salvezza.

    103. Nella celebrazione di questociclo annuale dei misteri di Cristo, lasanta Chiesa venera con particolareamore la beata Maria, madre di Dio,congiunta indissolubilmente con lo-

    pera della salvezza del Figlio suo: inMaria ammira ed esalta il frutto pieccelso della redenzione, ed in lei con-templa con gioia, come in una imma-gine purissima, ci che essa desidera espera di essere nella sua interezza.

    104. La Chiesa ha inserito nel corsodellanno anche la memoria dei martirie degli altri santi che, giunti alla perfe-zione con laiuto della multiforme gra-

    zia di Dio e gi in possesso della salvez-

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    za eterna, in cielo cantano a Dio la lodeperfetta e intercedono per noi. Nelgiorno natalizio dei santi infatti la Chie-

    sa proclama il mistero pasquale realiz-zato in essi, che hanno sofferto con Cri-sto e con lui sono glorificati; propone aifedeli i loro esempi che attraggono tut-ti al Padre per mezzo di Cristo; e implo-ra per i loro meriti i benefici di Dio.

    105. La Chiesa, infine, nei vari tempidellanno, secondo una disciplina tradi-zionale, completa la formazione dei fe-deli per mezzo di pie pratiche spirituali ecorporali, per mezzo dellistruzione, del-la preghiera, delle opere di penitenza edi misericordia. Pertanto al sacro Conci-lio piaciuto stabilire quanto segue:

    Valorizzazione