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CATTEDRA PER LA TEOLOGIA DEL POPOLO DI DIO PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE 1 © Bruno Alber, Monaco di Baviera, 2019 RIFLESSIONI SU UN QUADRO 2 DI BRUNO ALBER Il cappello ebraico come antitesi Con la precedente riflessione no.1 abbiamo ricordato che alla sinagoga – salvo eccezioni – non era stato accordato il diritto a una dimora nella società a mag- gioranza cristiana per quasi due millenni e – ancora una volta salvo eccezioni – la sinagoga era stata oggetto di costante denigrazione, rifiuto, ridicolizzazione e in- vettive che poi, a loro volta, si ripercossero in ondate di pogrom e di espulsioni. Questo vale soprattutto per il periodo dell'antigiudaismo ecclesiastico. Ma anche nei capitoli più oscuri della storia della Chiesa, era anche presente la antitesi – sia nella parola che nell'immagine. È a lei che vogliamo volgere oggi il nostro sguardo. In un primo momento, guardiamo a tre rappresentazioni che – messe in opera in seguito a pogrom ed espulsioni di ebrei – si pongono in opposizione a questi av- venimenti. Alcuni artisti diedero forma alla loro antitesi rendendo attuali le grandi figure dell'Antico Testamento spostandole nell‘oggi e dichiarandole, per così dire, come persone del proprio tempo che indossano cappelli ebrei. Se dopo il volgere del millennio 1 , il cappello a punta o il berretto frigio era diventato gradualmente un segno d'identità per gli ebrei, che li stigmatizzava pubblicamente, qui, i committenti ecclesiastici ovvero gli artigiani che eseguirono il lavoro lo han- no usato – a mo' di contraccolpo – per protestare contro questa discriminazione sociale. Essi misero l'odioso cappello sul capo di personaggi biblici elevandolo indi- rettamente a distintivo d'onore e ricordando così agli spettatori che i loro antenati nella fede erano tutti ebrei. Fig. 1: Le cosiddette finestre dei profeti nella Cattedrale di Augusta: Giona, Daniele, Osea, Davide e Mosè. L'indice delle immagini si trova a pagina 6.

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CATTEDRA PER LA TEOLOGIA DEL POPOLO DI DIO PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

1© Bruno Alber, Monaco di Baviera, 2019

RIFLESSIONI SU UN QUADRO 2

di bruno alber

Il cappello ebraico come antitesi

Con la precedente riflessione no.1 abbiamo ricordato che alla sinagoga – salvo eccezioni – non era stato accordato il diritto a una dimora nella società a mag-gioranza cristiana per quasi due millenni e – ancora una volta salvo eccezioni – la sinagoga era stata oggetto di costante denigrazione, rifiuto, ridicolizzazione e in-vettive che poi, a loro volta, si ripercossero in ondate di pogrom e di espulsioni. Questo vale soprattutto per il periodo dell'antigiudaismo ecclesiastico. Ma anche nei capitoli più oscuri della storia della Chiesa, era anche presente la antitesi – sia nella parola che nell'immagine. È a lei che vogliamo volgere oggi il nostro sguardo.

In un primo momento, guardiamo a tre rappresentazioni che – messe in opera in seguito a pogrom ed espulsioni di ebrei – si pongono in opposizione a questi av-venimenti. Alcuni artisti diedero forma alla loro antitesi rendendo attuali le grandi figure dell'Antico Testamento spostandole nell‘oggi e dichiarandole, per così dire, come persone del proprio tempo che indossano cappelli ebrei.

Se dopo il volgere del millennio 1, il cappello a punta o il berretto frigio era diventato gradualmente un segno d'identità per gli ebrei, che li stigmatizzava pubblicamente, qui, i committenti ecclesiastici ovvero gli artigiani che eseguirono il lavoro lo han-no usato – a mo' di contraccolpo – per protestare contro questa discriminazione sociale. Essi misero l'odioso cappello sul capo di personaggi biblici elevandolo indi-rettamente a distintivo d'onore e ricordando così agli spettatori che i loro antenati nella fede erano tutti ebrei.

Fig. 1: Le cosiddette finestre dei profeti nella Cattedrale di Augusta: Giona, Daniele, Osea, Davide e Mosè. L'indice delle immagini si trova a pagina 6.

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Nel Duomo di Augusta (fig. 1) sono conservate cinque raffigurazioni nelle cosiddet-te finestre dei profeti, che ci mostrano in modo impressionante questo processo – in alto, nel cleristorio meridionale. Essi mostrano in direzione di lettura ebraica (sic!) da destra a sinistra Mosè, Davide, Osea, Daniele e Giona. Soffermiamoci dunque sulla finestra raffigurante Daniele (fig. 2).

Come anche nelle altre vetrate, il profeta non indossa un abito in stile antico, bensì un abito tipico della nobiltà della prima metà del XII secolo: tunica e mantello a lunghezza del polpaccio, calze e scarpe con risvolta. E il cappello di feltro ebraico. Gli altri sono vestiti in modo simile, ad eccezione del re Davide il quale è ornato da

una corona ad arco, basata sulla forma della corona imperiale tedesca.

Solo sotto lo shock dei pogrom contro gli ebrei in collegamento con le Crociate (Prima Crociata dall'autunno 1096 al 15 luglio 1099) 2 queste raffigurazioni han-no senso e sono di supporto ai risulta-ti della ricerca moderna, che colloca la data d'origine delle finestre di Augusta nella prima metà del XII secolo. 3 Esse sono comunque considerate le vetrate più antiche e meglio conservate dell'Oc-cidente.

Nella citazione della pergamena di Da-niele, alcuni studiosi vedono anche un'al-lusione ai disordini politici di Augusta nel 1132. In concomitanza con l‘intronizza-zione del re Lotario II di Supplinburg (1075–1137), gran parte della città fu di-strutta e la cattedrale fu danneggiata.

Il ritratto rigorosamente frontale di Da-niele tiene uno striscione a forma di S nella mano sinistra mentre con l'indi-ce della mano destra accenna ad esso. L'intero mezzo versetto – citato in base alla Vulgata – recita: „ET OSTENDE FA-

CIEM TUAM SUPER SANCTUARIUM TUUM, QUOD DESERTUM EST, PROPTER

Fig. 2: Profeta Daniele. Vetrata del Duomo di Augusta. Prima metà del XII secolo.

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TEMETIPSUM“ (= … per amor tuo, o Signore, fa' risplendere il tuo volto sopra il tuo santuario che è desolato!) (Dan 9,17b).

Con queste finestre i committenti d’allora volevano dire questo: l'edificazione della Chiesa può solo riuscire se i cristiani realizzano il messagio che deriva dalla giusta interpretazione e comprensione delle Sacre Scritture d'Israele, e non nel persegui-tare gli ebrei!

Il secondo esempio adotta un approccio simile – ora in maniera un po' più acuita:

La Bibbia di Fécamp (fig. 3) ci porta in Francia e al lungo periodo che va dalla Prima Crociata all'espulsione definitiva di tutti gli ebrei dal cuore della Francia nel

1306. Tale periodo è caratterizzato dai molteplici tentativi dei re di riorganiz-zare le loro tesorerie statali in difficoltà. Si sono serviti – e in questo senso non dissimili dagli altri principi europei – della proprietà ebraica. Loro, gli ebrei, erano i loro servi della gleba. Così espulsione (dopo aver consegnato la proprietà) e il richiamo (combinato con imposte spe-ciali) si alternavano ad intervalli. 4

Infine, nel 1306, il re Filippo IV (regnò dal 1285 al 1314) ha cercato di nuovo di pro-curarsi denaro sequestrando la proprietà di addirittura due minoranze poco amate: la prima vittima della sua bramosia sono state ancora una volta le comunità ebrai-che 5, la seconda l'Ordine del Tempio. In entrambi i casi si è ricorso alle peggiori accuse. I legami tra Stato e Chiesa erano troppo stretti per mettere seriamente a rischio questo abuso di potere.

Tantopiù acuta fu la critica mossa contro tali attività criminali nelle miniature delle iniziali della Bibbia di Fécamp, la quale prese il nome dalla famosa abbazia di Fécamp (Normandia) da cui ambiente ha origine il manoscritto. Essa non contiene soltanto una spiegazione dettagliata dei nomi ebraici, ma mette in capo a Isai (= Jesse) il cappello ebraico, per chiamare il

Fig. 3: Iniziale „L“ con la „radice di Jesse“, „Bibbia di Fécamp, Parigi, 3° quarto del XIII secolo.

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problema con il suo nome in senso letterale della parola "radicale" (radice Jesse). Se già la radice – simboleggiata da Isai dormente, il padre del re Davide, – e tutti gli altri antenati erano ebrei, quindi anche la prole lo doveva pur essere. Il cappello ebraico di Jesse testimonia che Gesù è un ebreo. Una combinazione coraggiosa.

Il terzo esempio (fig. 4) segue coerentemente fino alla fine la via intrapresa, metten-do il cappello ebraico sul capo di Gesù stesso – e cioè sul Risorto, il Cristo 6. La sto-ria che c'è dietro può essere ricostruita relativamente bene. Si svolge in Inghilterra durante la Terza Crociata (1189–1192), più precisamente a York nel 1190.6 Il denaro con cui fu finanziata questa spedizione militare proveniva non solo da una tassa speciale, ma in gran parte da prestatori di denaro ebrei, e doveva essere ripagato. Come si è appreso dall'esempio precedente, c'erano diversi modi per aggirare la retta via: ben presto circolarono storie di atrocità più selvagge contro gli ebrei, fino alle accuse di omicidio rituale.

Ma la cosa non finì lì.

Fig. 4: Cristo con due discepoli durante la cena a Emmaus, dettaglio dal Salterio di Leida (vedi fig. 5).

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Fig. 5: Ciclo pasquale, doppia pagina dal Salterio di Leida (chiamato anche Salterio di Luigi IX), tra il 1190 e il 1200, a sinistra: le tre donne davanti alla tomba vuota con l'angelo, in basso: Cristo negli inferi, a destra: la scena "noli me tangere" e la cena a Emmaus, sotto: il Risorto e Tommaso.

Le rivolte contro gli ebrei a Lynn, Norwich e Stanford nella primavera del 1190 cul-minarono nel massacro di York nella notte tra il 16 e il 17 marzo (lo Shabbat HaGa-dol, il Grande Shabbat prima di Pesach). Tutti gli ebrei che vi risiedevano – anche se inizialmente riuscirono a salvarsi nel castello reale, nella Clifford's Tower – furono uccisi dalla folla inferocita 7 e le loro proprietà confiscate. Il re era fuori sede e la nobiltà (tra cui anche il vescovo) era divisa.

Questo pogrom fu la leva con cui il coraggioso uomo di chiesa [Geoffrey Plantage-net (1152–1212), arcivescovo di York e un fratellastro del re Riccardo Cuor di Leone] intervenne, almeno iconograficamente. Lui, che non poté fermare gli assassini, in-caricò il suo miniatore di scegliere questo linguaggio iconografico. Anche ben 800 anni dopo, lo spettatore pensa di poter ancora vedere la determinazione del ve-scovo con cui incaricò il suo pittore a raffigurare la cena di Emmaus a questo punto dell'evento pasquale e in questo modo e non in nessun altro (fig. 5). Perfino nell'ac-cennata architettura – la Gerusalemme Celeste – può essere vista un'allusione alla Rotonda del Castello di York. E anche le pieghe della tovaglia tremolano come le

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fiamme di fuoco d'allora. È un inchino di fronte ai circa 150 ebrei che vi trovarono la morte 8 e come un segnale che recita: chi uccide gli ebrei, uccide il Risorto.

Presa nel suo insieme, questa protesta è stata troppo isolata e troppo debole per cambiare il destino degli ebrei. 9 Nel 1290, cento anni dopo, furono del tutto espulsi dall'Inghilterra e solo nel 1655, sotto Oliver Cromwell (1599–1658) e il rabbino Sa-muel Menasse ben Israel (1604–1657), iniziarono i negoziati per il reinsediamento degli ebrei in Gran Bretagna, che furono conclusi con successo nel 1664.

Indice delle immagini

Fig. 1 e 2: Foto Hans Bernhard, 2010, https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/legalcode

Fig. 3: The British Library, BL, Yates Thomas Ms. 1, f. 419v. Detailed record for Yates Thompson 1

Fig. 4 e 5: Biblioteca dell’Università di Leida, Ms. BPL 76A, fol. 26v-27r, England (York?), http://hdl.handle.net/1887.1/item:1611715

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7© Bruno Alber, Monaco di Baviera, 2019

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Note di chiusura

1 La più antica rappresentazione conservata del cappello ebraico si trova nel "Prezioso Evangeliario del vescovo Bernoardo da Hildesheim" (Museo della Cattedrale di Hildesheim) dell'anno 1015 (p.es. i tre Magi davanti al presepe). All’inizio questo cappello ebraico è un segno neutro nell'iconografia e denota solo l'origine orientale di chi lo indossa. È interessante notare che, allo stesso tempo, i vescovi introdussero la mitra a punta come nuovo copricapo al posto della più antica fascia.

2 Dopo che più di 1500 famiglie ebree (= tra 4000 e 5000 persone) erano già state assassinate dal do-minio islamico nel 1066 nel cosiddetto massacro ("Gezerot Tatnu") di Granada, i primi pogrom ebraici organizzati nella cristianità occidentale avvennero nel febbraio 1096 in Renania. Questa cosiddetta crociata dei poveri ebbe luogo nel periodo precedente la prima crociata dei cavalieri.

3 Le prime interpretazioni vedevano la data di origine come identica alla data di consacrazione della cat-tedrale nel 1065.

4 Luigi IX, il Santo (regnò dal 1226 al 1270), per esempio, decretò nel 1268 e di nuovo, un anno dopo, nel 1269, di confiscare tutti i beni degli ebrei per compensare i suoi debiti. Costrinse i suoi sudditi ebrei a portare la rouelle (francese: "disco"), una toppa di feltro a forma di ruota. (Simili contrassegni erano già stati decretati dal IV Concilio Lateranense nel 1215).

5 Il 22 luglio 1306, il giorno dopo il 9 di Av (Tisha be Av), il grande giorno di lutto che commemora la distru-zione del Tempio di Gerusalemme, tutti gli ebrei furono arrestati e gli fu ordinato di lasciare la Francia entro un mese, senza averi, lasciando loro solo i vestiti e 12 sous a persona.

6 Una minoranza ebraica in Inghilterra può essere provata solo dopo il 1066, cioè dopo l'invasione di Guglielmo il Conquistatore (1027/28–1087). Gli ebrei erano direttamente subordinati al re e inizialmente si stabilirono a Londra. Più tardi, le comunità ebraiche si formarono anche nelle città della campagna circostante. Non protetti dalla legge, anche gli ebrei inglesi dipendevano dal favore dei potenti dello stato e della chiesa.

7 Vedi: The York Massacre, as described by Ephraim of Bonn (1190).

8 Ironia della storia: il Salterio arrivò alla corte francese attraverso legami di parentela e servì per insegnare al giovane principe Luigi (poi Luigi IX, il Santo) a leggere e scrivere. Deve aver soppresso il contenuto spinoso di questa pagina.

9 L'autore è a conoscenza di solo altri cinque esempi di risposte così vigorose alle misure antiebraiche. Tutti sono di simile provenienza e risalgono allo stesso periodo.