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CINEMA ITALIANO FICTION E NON FICTION: GENERI E AUTORI Orario delle lezioni Martedì ore 11-13 Sala cinema Giovedì ore 11-13 Sala cinema Ricevimento IV °PIANO Stanza 26 (tel. 06/7259-5018) Martedì e Giovedì ore 10-11 Obiettivi: Nell’ approfondire le metodologie per l'analisi dei generi e/o degli autori analizzati, il corso, articolato in due distinti moduli, si propone di ripercorrere la storia della più significativa produzione nel campo della fiction e della non fiction dal periodo d’oro degli anni Sessanta sino ai giorni nostri con particolare attenzione agli autori che in questi generi hanno dato un contributo particolarmente significativo.

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CINEMA ITALIANO FICTION E NON

FICTION: GENERI E AUTORI

Orario delle lezioni

Martedì ore 11-13 Sala cinema

Giovedì ore 11-13 Sala cinema

Ricevimento IV °PIANO Stanza 26 (tel. 06/7259-5018)

Martedì e Giovedì

ore 10-11

Obiettivi:

Nell’ approfondire le metodologie per l'analisi dei generi e/o degli autori analizzati,

il corso, articolato in due distinti moduli, si propone di ripercorrere la storia della

più significativa produzione nel campo della fiction e della non fiction dal periodo

d’oro degli anni Sessanta sino ai giorni nostri con particolare attenzione agli

autori che in questi generi hanno dato un contributo particolarmente significativo.

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Programma II° semestre (1)

Modulo B

Il cinema politico (è parte del programma del I° semestre)

Nanni Moretti (scegliere un volume):

- Flavio de Bernardinis, Nanni Moretti, Il Castoro.

- Vito Zagarrio (a cura di), Nanni Moretti. Lo sguardo morale. Marsilio.

- Roberto De Gaetano, Nanni. Lo smarrimento del presente, Pellegrini Editore.

- Simone Isola (a cura di), Nanni Moretti. Diario di un autarchico, Sovera.

La commedia e la non fiction:

A) Due libri generali:

Giovanni Spagnoletti / Antonio V.Spera , Risate all’italiana. Il cinema di commedia dal

secondo dopoguerra ad oggi, UniversItalia

- Giovanni Spagnoletti, Il reale allo specchio. Il documentario italiano contemporaneo, Marsilio

B) Approfondimento di un libro (a scelta) trai seguenti autori o volumi:

1) Mario Monicelli (scegliere un volume):

- Leonardo de Franceschi (a cura di), Lo sguardo eclettico. Il cinema di Mario Monicelli, Marsilio

Sebastiano Mondadori, La commedia umana. Conversazioni con Mario Monicelli, Il Saggiatore

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Programma II° semestre (2)

3) Dino Risi (scegliere un volume):

- Valerio Caprara, Dino Risi. Maestro per caso, Gremese Editore

- Irene Mazzetti, I film di Dino Risi, Gremese

4) Ettore Scola:

- Vito Zagarrio (a cura di), Trevico – Cinecittà, Marsilio

5) Carlo Verdone:

- Antonio D’Olivo, Carlo Verdone, Il Castoro

6) Volumi generali (scegliere un volume):

- Marco Bertozzi, Storia del documentario italiano, Marsilio

- Enrico Giacovelli, Breve storia del cinema comico in Italia, Lindau

- Maurizio Grande, La commedia all’italiana, Bulzoni

- Ilaria A. De Pascalis, Commedia nell’Italia contemporanea, Il Castoro

3) Conoscenza di 15 film riguardanti l’argomento del corso (vedere apposita lista).

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FILM PROGRAMMA I° MODULO

- 2 film di Sergio Leone tra: Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il bello, il brutto e il cattivo (1966), C’era una volta il west (1968), Giù la testa (1972)

- 3 Film tra i seguenti horror: I Vampiri (1957, Riccardo Freda), Caltiki il mostro immortale (1959, R. Freda), L’orribile segreto del dottor Hichcock (1962, R.Freda), Lo spettro (1963, R. Freda), La maschera del demonio (1960, Mario Bava), I tre volti della paura (1963, M. Bava), Sei donne per l'assassino (1964, M. Bava), Operazione paura (1966, M. Bava), L’uccello dalle piume di cristallo (1970, Dario Argento) Il gatto a 9 code (1971, D. Argento), Quattro mosche di velluto grigio (1973, D. Argento), Profondo Rosso (1975, D. Argento), Suspiria (1977, D. Argento), Tenebre (1982, D. Argento), Non ho sonno (2001, D. Argento)

- 2 film di Francesco Rosi tra: La sfida (1957), Salvatore Giuliano (1961), Le mani sulla città (1963), Il caso Mattei (1972), Cadaveri eccellenti (1976), La tregua (1997).

- 2 film di Elio Petri tra: A ciascuno il suo (1967), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), La classe operaia va in paradiso (1972), Todo Modo (1976).

- 2 film di Bernardo Bertolucci tra: Prima della rivoluzione (1964), Il conformista (1970), Novecento I e II (1976), L’ultimo imperatore (1987), The Dreamers (2003).

- 2 film di Marco Bellocchio tra: I pugni in tasca (1965), Salto nel vuoto (1980), Il diavolo in corpo (1986), L’ora di religione (2002). Buongiorno, notte (2003), Vincere (2009)

- 2 film di Nanni Moretti tra: Io sono un autarchico (1976), Ecce Bombo (1978), Palombella rossa (1989), Caro diario (1993), Aprile (1998), Il caimano (2006).

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FILM PROGRAMMA I° MODULO

2 film di Sergio Leone tra: Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il bello, il brutto e il cattivo (1966), C’era una volta il west (1968), Giù la testa (1972)

3 Film tra i seguenti horror: I Vampiri (1957, Riccardo Freda), Caltiki il mostro immortale (1959, R. Freda), L’orribile segreto del dottor Hichcock (1962, R.Freda), Lo spettro (1963, R. Freda), La maschera del demonio (1960, Mario Bava), I tre volti della paura (1963, M. Bava), Sei donne per l'assassino (1964, M. Bava), Operazione paura (1966, M. Bava), L’uccello dalle piume di cristallo (1970, Dario Argento) Il gatto a 9 code (1971, D. Argento), Quattro mosche di velluto grigio (1973, D. Argento), Profondo Rosso (1975, D. Argento), Suspiria (1977, D. Argento), Tenebre (1982, D. Argento), Non ho sonno (2001, D. Argento)

2 film di Francesco Rosi tra: La sfida (1957), Salvatore Giuliano (1961), Le mani sulla città (1963), Il caso Mattei (1972), Cadaveri eccellenti (1976), La tregua (1997).

2 film di Elio Petri tra: A ciascuno il suo (1967), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), La classe operaia va in paradiso (1972), Todo Modo (1976).

2 film di Bernardo Bertolucci tra: Prima della rivoluzione (1964), Il conformista (1970), Novecento I e II (1976), L’ultimo imperatore (1987), The Dreamers (2003).

2 film di Marco Bellocchio tra: I pugni in tasca (1965), Salto nel vuoto (1980), Il diavolo in corpo (1986), L’ora di religione (2002). Buongiorno, notte (2003), Vincere (2009)

2 film di Nanni Moretti tra: Io sono un autarchico (1976), Ecce Bombo (1978), Palombella rossa (1989), Caro diario (1993), Aprile (1998), Il caimano (2006).

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FILM PROGRAMMA II° MODULO

3 film di Mario Monicelli tra: Totò cerca casa (1949), Guardie e ladri (1951) Soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), L’Armata Brancaleone 1966), Amici miei (1975) Speriamo che sia femmina (1986).

3 film di Dino Risi tra: Il segno di Venere (1955), Una vita difficile (1961), Il sorpasso (1962), I mostri (1963), L’ombrellone (1965), Straziami ma di baci saziami (1968).

2 film di Ettore Scola tra: Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca (1970), C'eravamo tanto amati (1974), Una giornata particolare (1977), La terrazza (1980), La famiglia (1987).

2 film su Roberto Benigni tra: Berlinguer ti voglio bene (Giuseppe Bertolucci, 1977), Non ci resta che piangere, (Roberto Benigni e Massimo Troisi, 1984), Il piccolo diavolo (1988), La vita è bella (1998);

2 film di Carlo Verdone tra: Un sacco bello (1980), Borotalco (1981), Compagni di scuola (1988), Maledetto il giorno che ti ho incontrato (1992), Ma che colpa abbiamo noi (2002).

1 Film di Paolo Virzì tra: La bella vita (1994),, Ovosodo (1997), Caterina va in città (2003), Tutta la vita davanti (2008), La prima cosa bella (2010), Il capitale umano (2014)

2 film di Gianfranco Rosi tra: Boatman (1993), Below Sea Level (2008), El sicario - Room 164 (2010), Sacro GRA (2013), Fuocoammare (2016).

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ALCUNE INFO STORICHE SUL CINEMA POLITICO IN ITALIA (1)

- Il cinema del neorealismo (dal 1945 al 1953, da Roma città aperta di Roberto

Rossellini all’opera collettiva L’amore in città ) con il suo impegno sul reale apre idealmente la stagione del cinema politico italiano dopo gli anni del ventennio fascista.

- All’inizio degli anni Sessanta nasce il filone del “cinema antifascista” e di rievocazione degli anni della Resistenza che si può considerare chiuso dopo pochi anni con Italiani brava gente (1964), la penultima opera di Giuseppe De Santis.

- Alcune di queste opere sono state ispirate dalla letteratura, ad esempio: La lunga notte del ‘43 (1960), film d’esordio di Florestano Vancini (da un racconto di Giorgio Bassani), La ciociara (1960) di Vittorio de Sica (dall’omonimo racconto di Alberto Moravia ) con Sofia Loren e La ragazza di Bube di Luigi Comencini (da Carlo Cassola).

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Gli esordi di Nanni Moretti - Figlio di un prof. universitario e di un’insegnante di liceo, Giovanni (Nanni) Moretti nasce a Brunico/Brunich il 19 Agosto 1953. Romano di Prati, fin da bambino, si appassiona al cinema e alla pallanuoto e si forma dentro i movimenti extraparlamentari di sinistra. - Gira dei cortometraggi con un gruppo di amici : La sconfitta, e Paté de bourgeois (entrambi del 1973); poi realizza una versione comica de I promessi sposi, Come parli, frate? (1974), un mm in cui interpreta il ruolo di Don Rodrigo. - Realizzato in Super8, Moretti debutta con Io sono un autarchico (1976) con protagonista Michele Apicella, alter-ego del regista in tutti film successivi sino a Bianca (1984). - Segue Ecce bombo (1978), suo primo film semiprofessionale in 16 mm, in cui si ripropone l’idea di fotografare a caldo la generazione dei reduci del ’68, attraverso la figura autobiografica di Michele e dei suoi amici.

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L’importanza di Moretti (1)

Il “caso” Moretti è stato importante per far nascere un nuovo modello di sviluppo nel cinema italiano. Egli ha dimostrato: 1) si può entrare nel cinema da una via che non sia quella tradizionale dell’industria e della professione. Moretti inizia con dei Super8 autoprodotti e poi lavora in 16 mm, non ha fatto il CSC, non ha cercato di imparare il mestiere né di imporsi nel cinema professionale. Il suo lavoro scaturisce dalla cinefilia “Nouvelle Vague” e dall’istruzione universitaria (il Dams di Bologna). Realizza il suo primo lm nel primo anno di grande crisi del cinema italiano, il 1976 quello però di Cadaveri eccellenti di Rosi o Todo modo di Petri. 2) Moretti diventa subito il cineasta di riferimento di una intera generazione.

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L’importanza di Moretti (2) 3) Nei film di Moretti si ride per le battute e le situazioni ma non siamo dentro la commedia all’italiana. Inoltre il fondo tragico (o tragi-comico) e moralista dei suoi film lo ha portato lontano dall’esperienza artistica dei “nuovi comici”. Allo stesso Moretti si deve la formula per definire i propri lavori, quella del film “divertente che fa soffrire”. 4) Al centro di un cinema dalla trama “debole” c’è sempre una forte tensione etico- politico. 5) A differenza della generazione dei grandi registi “politici” del passato alle prese con grandi temi (la Mafia, il terzo mondo, la speculazione edilizia, l’autoritarismo nella polizia o nella fabbrica), Moretti parte dal privato e dal quotidiano, secondo un celebre slogan: “il personale è politico”.

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LO STILE DEL PRIMO MORETTI Come dimostrano già Bianca (1984) e La messa è finita (1985) l’opera di Moretti ha ben

poco a che spartire con quello che sarà l’unico fenomeno originale di rinnovamento del nostro cinema in quel periodo, quello appunto di alcuni attori del comparto comico che passano dietro la macchina da presa. Ormai morta la “commedia all’italiana”, il suo posto viene preso da una nuova generazione che impone delle modalità di commedia estremamente diverse, quello dei cosiddetti “nuovi comici” come Carlo Verdone, Massimo Troisi, Roberto Benigni, Francesco Nuti, ecc.

Le principali caratteristiche stilistiche del primo Moretti: estrema semplicità, per non dire primitivismo della messa in scena dove dominano incontrastate, quasi fosse teatro filmato, la macchina fissa e il montaggio interno all’inquadratura. La narrazione è segmentata, le scene si susseguono alle scene in modo meccanico quasi fosse una “striscia”, un comic-stripes di un fumetto.

Il filmmaker romano si occupa di privato e di quotidiano: Michele Apicella, la sorella Valentina, la madre (anche se ad interpretarli sono poi attori diversi), il padre. Il luogo privilegiato degli incontri/scontri di Moretti sono la stanza da pranzo o la scuola. I suoi tic ed ossessioni ricorrenti le conversazioni al telefono, la polemica sul linguaggio in particolare sul “sinistrese” o il politichese, le continue battute sul cinema e gli autori che detesta, la passione per i dolci, oppure - come in Bunuel o Bertolucci - l’esibizione delle scarpe.

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Palombella rossa (1989)

Con: Nanni Moretti, Mariella Valentini, Silvio Orlando, Eugenio Masciari, Asia Argento Trama: Torna la figura di Michele Apicella, questa volta funzionario del PCI: in seguito ad un incidente si ritrova senza memoria e durante una partita di pallanuoto, colto da amnesia, rimette insieme i pezzi della propria vita e discute sul disagio, la confusione, le contraddizioni della Sinistra. Omaggio alla pallanuoto (lo sport praticato con successo dal giovane Moretti) e prima apparizione di Moretti nella parte di un personaggio politico, Palombella Rossa parla dell’ennesima crisi d’identità del suo alter-ego. Se sino ad allora, la politica era stato un ingrediente fondamentale del cinema morettiano, qui però si prende di petto, in modo quasi profetico, l’imminente crisi della sinistra comunista. Palombella Rossa esce nel settembre 1989 al Festival di Venezia diventando un caso politico-giornalistico. Due mesi dopo cadrà il muro di Berlino, aprendo il mondo ad un nuovo scenario, non più basato sull’antagonismo tra le due superpotenze. Interpretato da Silvio Orlando (alla prima apparizione in una opera morettina), da una giovanissima Asia Argento (nella parte della figlia di Moretti) e da molti amici e colleghi del regista, è diventato il suo primo successo di pubblico internazionale, aprendo una grande discussione su cosa significava essere di sinistra, sulla perdita della memoria e dell’identità storica.

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Sino al 2000 Palombella rossa inaugura la fase più creativa dell’opera morettiana che gira nel 1990 La cosa, un documentario su come si stava trasformando il PCI che si accingeva a diventare PDS, il Partito Democratico della Sinistra. Tra i film prodotti dalla Sacher Film c’è Il portaborse (1991), firmato da Daniele Luchetti ma profondamente influenzato dalla personalità di Moretti. A pari di Palombella rossa, è un altro film profetico, nel descrivere pochi anni prima del collasso della Prima Repubblica e la discesa in campo di Silvio Berlusconi, un certo modo di far politica in Italia. Segue quello che per molti è il suo capolavoro, Caro diario, (1993, Palma d’Oro al Festival di Cannes) che lo consacra un grande regista internazionale. Dopo aver prodotto e interpretato La seconda volta (1995) firmato questa volta da Mimmo Calopresti sul problema del terrorismo, realizza ancora un secondo lm Aprile (1998), che più di altri segna un ritorno alla leggerezza della commedia malgrado i temi trattati.

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Caro Diario(1993)

Con: Nanni Moretti, Nanni Moretti, Silvia Nono, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller. Trama: in tre episodi (In vespa, Isole e Medici), nel primo siamo a Roma in agosto e Moretti girovaga in moto. Dopo aver osservato delle coppie ballare, incontra per caso Jennifer Beals, poi va a vedere Henry-Pioggia di sangue (John McNaughton, 1999 ) che trova brutto e violento. Decide di fare un terzo grado a un critico che lo ha lodato, infine arriva sulla tomba di Pasolini a Ostia. In Isole, la parte più disimpegnata e divertente, incontra un amico che non ama la televisione. Girano le Eolie fino a quando la tranquillità e la solitudine non fanno esplodere l'amico, che si converte a Beautiful e a Chi l'ha visto? e fugge verso il continente. Medici è la cronistoria, con una ripresa iniziale autentica, della malattia contratta da Moretti. Diagnosi e medicine sbagliate, medici poco disposti ad ascoltare. Poi il paradosso finale: la presunta malattia della pelle era un tumore benigno i cui sintomi erano riportati in una semplice enciclopedia. Da molti considerato il suo capolavoro, in Caro diario (Premio per la regia al Festival di Cannes) si passa da un sentito omaggio a Pasolini e alla città di Roma, alla ironica critica del cinema e della tv, fino alla scoperta di un tumore benigno. La forma diaristica (cfr. il Wim Wenders di Der Himmel über Berlin , 1987), già esplicita e dichiarata nel titolo, qui si mescola ad una sorta di autobiografia personale e politica. Moretti non straparla di sé come spesso accade, trovando una felice e originale forma di equilibrio filmico.

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Aprile(1998) Con: Nanni Moretti, Silvio Orlando e Silvia Nono Trama: Il discorso di Emilio Fede al Tg4 annuncia la vittoria di Silvio Berlusconi alle politiche del 1994. Sconcertato dalla vittoria della destra Moretti intende girare un documentario su Berlusconi e il conflitto d'interessi. L’idea viene accantonata per fare posto ad un musical. Ma nel 1996 ci saranno le elezioni anticipate e Moretti (che nel frattempo aveva sospeso il musical per mancanza d'idee) ripensa al suo progetto del doc. Contemporaneamente la moglie gli rivela di essere incinta e da quel momento la vita di Moretti si divide tra il lavoro sul documentario e la nascita del figlio. Incontra notevoli difficoltà professionali e soprattutto personali nel ruolo di padre. Il documentario non verrà realizzato in tempo, quindi Moretti abbandona il progetto (anche per via della vittoria della sinistra) e si dedica nuovamente al musical. Aprile fonde insieme la forma del film di famiglia (un retaggio del suo passato di Super8) con la forma fratta del diario intimo. Il film parte dal 28 marzo 1994 (data della vittoria elettorale del centro-destra di Silvio Berlusconi) e termina nell’agosto 1997 quando l’autore decide di tornare al cinema di finzione su un progetto sempre vagheggiato e mai sinora girato se non sotto forma della sequenza finale. Nel film che porta all’estremo il mix di Caro Diario, si mescolano la crisi della generazione post-68, la mediocrità della classe dirigente, il tentennare della sinistra, la volgarità della tv e l’indifferenza cinica della gente.

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Moretti nel terzo millenio

Sino a oggi, Moretti ha realizzato 4 opere abbastanza diverse dai precedenti nello stile ma forse non altrettanto valide. Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2001, La stanza del figlio (2001) segna il ritorno di Laura Morante nel cinema di Moretti. Anche se il finale sembrerebbe rasserenante, nel narrare l’elaborazione del lutto del figlio da parte del protagonista (sempre interpretato dal regista), è un’opera cupa, dove non si ride mai, anche se ricompaiono puntuali tutti i tic e lr ossessioni dell’autore. Nel 2002, facendosi portavoce di una diffusa posizione critica sia nei confronti del governo di centrodestra sia degli esponenti del centrosinistra, è tra i promotori del movimento dei girotondi. Questo periodo di politica attiva sfocia in un film profondamente schierato Il caimano (2006), esplicito atto di denuncia contro il premier Silvio Berlusconi. Seguono infine, nel 2011, Habemus Papam e infine il dodicesimo lm, Mia madre (2015), forse insieme a La stanza del figlio, il suo film più doloroso e soffert0.

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Il caimano(2006)

Con: Silvio Orlando, Jasmine Trinca, Margherita Buy, Michele Placido, Elio De Capitani e Nanni Moretti. Trama: Bruno Bonomo, ex produttore di cinema spazzatura (Cataratte, Maciste contro Freud, Mocassini assassini), attraversa un momento difficile: la sua produzione è sull'orlo del fallimento ed il matrimonio con Paola, star dei suoi vecchi film, sta andando in pezzi. L’unica ancora di salvezza sembra essere il copione di una giovane regista, Teresa, che vuole girare Il caimano per raccontare la storia di Silvio Berlusconi. Bonomo riuscirà malgrado tutto a realizzare una scena, quella del processo finale al Caimano condannato a sette anni. Atteso spasmodicamente dalla stampa e uscito a ridosso della campagna elettore del 2006, Il caimano, con gli strumenti del “film nel film” e riprendendo moduli stilistici già collaudati, ambisce ad essere un film diverso da quello del cinema classico italiano tipo Todo modo. Guidato da una violenta indignazione morale, è così un’opera ambiziosa di metacinema che chiede sempre una giustificazione del proprio operato. Comprato dalla RAI, è stato trasmesso sulla tv pubblica solo a 5 anni dalla sua nascita nel 2011.

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Alcune premesse fondamentali sulla commedia in Italia

- Manca una tradizione durante il muto dove è prosperato invece il peplum, a differenze di tutte le altre grandi cinematografie: Stati Uniti (Chaplin, Keaton, ecc.), Francia (R. Clair) e Germania (E. Lubitsch).

- La commedia in Italia nasce all’avvento del sonoro con un impianto, almeno parziale, piccolo-borghese e realistico simile a quello che sarà proprio della commedia all’italiana e di quanto poi seguirà: Gli uomini che mascalzoni, 1932, di Mario Camerini rappresenta la prima grande Commedia del nostro cinema.

- Nella commedia viene meno o è meno evidente il modello autoriale basato sulla preminenza della messa in scena. Grande importanza degli sceneggiatori spesso importanti quanto i registi.

- La commedia in Italia diventa rigogliosa quando fenomeni come il varietà e le riviste satiriche come il “Marc’Aurelio” segnano il passo nel secondo Dopoguerra.

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Elementi distintivi della commedia in Italia rispetto a quella di Hollywood

Assenza di caratteri “raffinati” e alto-borghesi tipici della commedia brillante americana (la screwball-comedy o sophisticad-comedy).

Assenza della bizzarria comica scatenata dello Slapstick

Presenza predominante di figure e ambienti piccolo-borghesi.

La presenza della morte e mancanza del rassicurante lieto fine, dell’happy-end, tipico della “commedia all’italiana.

L’uso del grottesco a partire da elementi minuti della quotidianeità, appreso ad esempio dall’attore e autore romano Ettore Petrolini (1984-1936).

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Continuità tra la commedia degli anni Cinquanta e quella “all’italiana”

1) la rilettura critica del costume e della storia dell’Italia attraverso le lenti dell’ironia o della satira;

2) la prevalente realizzazione “en plein air (non in Studio come vuole la tradizione americana);

3) la presenza di uno star-system al maschile prima Totò, poi i quattro “mattatori”: Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi);

4) la militanza sulle riviste satiriche “Il Marc’Aurelio” e/o “Il Bertoldo” di molti sceneggiatori e registi (Mario Monicelli, Luigi Comencini, Dino Risi, Age-Scarpelli, Scola, Steno, Sonego, ecc.).

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Gli elementi di discontinuità

Il profondo legame della commedia all’italiana con il boom economico (1958-1963 all’incirca) e l’evolversi dei costumi nell’Italia di allora;

Mancanza o quasi di eroi positivi, critica caustica agli eterni vizi degli italiani;

Grandi numeri nella produzione e nell’esportazione, impensabili un decennio prima

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La commedia degli anni Cinquanta (1) E’ innegabile però la differenza di accenti tra le commedie degli anni Sessanta e quelle di dieci anni prima, cui spesso compaiono tematiche socio-politiche. Si tratta di un gruppo di film come Totò cerca casa (1948, Steno/Monicelli) oppure Due soldi di speranza (Renato Castellani, 1951), il primo film-prototipo del cosiddetto neorealismo “rosa” che inizia il filone delle commedie paesane tipo Pane, amore e Fantasia, 1953, di Luigi Comencini scritta anch’essa come il film di Castellani da Ettore Maria Margadonna. Oppure di alcune opere del regista romano Luigi Zampa (1905 – 1991) come Anni difficili (1948), Anni facili (1953) e L’arte di arrangiarsi (1954) scritte in sodalizio con lo scrittore siciliano Vitaliano Brancati (1907 – 1954) in cui si mette alla berlina il fascismo e il centrismo della Democrazia Cristiana degli anni Cinquanta. Un altro caso molto importante è quello di uno dei massimi registi del cinema italiano Federico Fellini (1929- 1993) che ne I vitelloni (1953) anticipata per moltissimi versi la successiva “commedia all’italiana” per esempio nel personaggio interpretato da Alberto Sordi. Al suo 3 film dopo Luci del varietà, (co-regia di Alberto Lattuada, 1950) e Lo sceicco bianco (1952), il regista riminese rende uno scanzonato omaggio, distaccato ma non troppo, alla città e alla sua adolescenza, reinventata sul litorale tirrenico. Leone d'argento al Festival di Venezia.

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I Vitelloni (1953)

Sceneggiato da Ennio Flaiano (1910 – 1972) e Tullio Pinelli (1908 – 2009 sono cinque, in una cittadina romagnola dell'Adriatico (la Rimini autobiografica del regista ma ricreata a Ostia e dintorni), i “vitelloni” (espressione del dialetto di Pescara, patria di Flaiano) non ancora occupati, né ricchi né poveri, irresponsabili perdigiorno e velleitari figli di mamma: sono Moraldo (Franco Interlenghi), Alberto (Alberto Sordi), Fausto Moretti (Franco Fabrizi), Leopoldo (Leopoldo Trieste) e Riccardo (Riccardo Fellini, fratello poeta di Federico). Piccoli divertimenti, piccole miserie, piccoli squallori, noia grande. Soltanto Moraldo (commentato dalla voce off dello stesso Fellini) riuscirà a staccarsi per andare in città. Tra loro campeggia la figura di Alberto, punto di fusione di violenza satirica, grottesco, patetismo.

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La commedia degli anni Cinquanta (2) Detto a grande linee nella commedia dei Cinquanta dominano il bozzettismo e la macchietta fine a se stessa, il mondo è ordinato, la morale e l’ordine sociale rimangono ben saldi mentre le donne non pensano ad altro che a sposarsi con l’uomo della loro vita. E’ dunque in gran parte un cinema “bonario” (la serie di Luigi Comencini di Pane amore e fantasia) e populista (le opere “politiche” con i personaggi di Giovanni Guareschi, cioè Don Camillo e Peppone alias Gino Cervi e Fernadel), oppure butta sul popolaresco-romano con i “bulli” Murizio Arena e Renato Salvatori e la pin-up Marisa Allasio nella serie di Poveri ma belli di Dino Risi. Viceversa la “commedia all’italiana” esibisce personaggi di piccolo-borghesi, manca di figure positive, mette in scena in maniera caustica il rampantismo del boom economico e gli eterni vizi degli italiani (Sordi come la cifra dell’italiano-romano “medio”), irride con un certo anarchismo il moralismo sessuale, familiare, religioso e sociale della tradizione cattolica e le realtà istituzionali del nostro paese. Un’altra caratteristica non solo della commedia ma di tutto il cinema italiano dell’inizio degli anni Sessanta è stata la formula del film ad episodi spesso di vari registi inaugurata da Boccaccio 70 (1961) di De Sica, Fellini, Monicelli e Visconti.

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Foto di Mario Monicelli nei decenni (1915-2010)

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Gli esordi di Mario Monicelli

Toscanaccio di Roma anche se per molto tempo si è detto di Viareggio, nasce il 15 o 16 maggio 1915 da una famiglia colta: il padre Tommaso Monicelli era un noto giornalista e autore teatrale antifascista. Da giovane vive tra Viareggio e Milano, frequenta gli Studi della Tirrenia , si laurea a Pisa ma soprattutto collabora a Milano ad una rivista di fronda antifascista «Camminare… » (1932-1935), fondata e diretta dal cugino Alberto Mondadori chiusa in seguito a un intervento della censura. Qui scrive di cinema. Il passo alla pratica è breve: con il cugino Alberto realizza nel 1934 un corto in 16 mm (dal testo di Edgar Allan Poe), Il cuore rivelatore e l’anno successivo sempre in coppia con il cugino Il ragazzi della via Paal (dal notissimo testo di Molnar) che vince al concorso di Venezia dei passoridottisti in 16 mm. Il premio di questo concorso era assistere un regista famoso, l’ungherese Gustav Machaty, che stava girando alla Tirrenia Ballerine (1936) . Più interessante è la successiva assistenza a Lo squadrone bianco (1936) di Augusto Genina a cui seguiranno molte altre esperienze successive che lo formeranno ad un artigianato di alta classe (con Camerini, Mattoli, Gentilomo, Freda, ecc.). Segue l’esperienza di Pioggia d’estate (1937).

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Pioggia d’estate (1937)

Il debutto nel lm in Pioggia d’estate con lo

pseudonimo di Michele Badiek. Alcuni fotogrammi

del film sono stati ritrovati nel 2011 nell'archivio

privato del figlio del direttore della fotografia e

montatore Manfredo Bertini.

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GLI INIZI DELLA CARRIERA Finita la II° guerra mondiale, conosce Stefano Vanzina detto Steno (1917-1988, il papà dei fratelli Vanzina Carlo ed Enrico); con lui Monicelli farà coppia fissa sino al 1953 realizzando insieme otto film di cui la metà con Totò - tra cui alcuni influenzati fortemente dall’atmosfera e dalle ansie economico-esistenziali del dopoguerra. In questo stesso periodo collabora anche con diversi registi tra cui Raffaello Matarazzo, Goffredo Alessandrini, Giuseppe De Santis e soprattutto Pietro Germi da cui apprenderà l’arte di calare la fiction dentro i drammi sociali. Con Steno che proveniva dalla rivista satirica “Marc’Aurelio”, passano alla regia in un debole film comico Al diavolo la celebrità (1949), a cui seguono il ben più interessante Totò cerca casa (1949) e soprattutto Guardie e ladri (1951). E’ con Dino Risi l’iniziatore alla fine degli anni Cinquanta della “commedia all’italiana”, realizzando capolavori come I soliti ignoti (1958) o film storici come La grande guerra (1959) e L’armata brancaleone (1966). E poi tanti altri film importanti sino ad Amici miei.

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Totò cerca casa (1949)

Grazie a Riccardo Freda, nell’immediato dopoguerra

conosce Stefano Vanzina detto Steno (1917-1988,

il papà dei fratelli Vanzina Carlo ed Enrico); con lui

Monicelli farà coppia fissa a partire da Al diavolo la

celebrità (1949) sino al 1953, realizzando insieme otto

film di cui la metà con Totò, alcuni influenzati dall’ atmosfera e dalle

ansie economico-esistenziali del dopoguerra.

Il suo primo film importante è Totò cerca casa (1949).

Con Totò, Alda Mangini, Aroldo Tieri, Lia Molfese, Luigi Pavese,

Marisa Merlini, Folco Lulli, Mario Riva, Mario Castellani.

Trama: rimasto senza casa per la guerra, impiegato statale vive in

un’aula scolastica, spostandosi successivamente in un cimitero, nello

studio di un pittore, al Colosseo e in una casa affittata in modo

fraudolento a persone diverse.

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Guardie e ladri (1951)

Dopo Vita da cani (1950, coregia Steno) sul mondo del varietà,

segue Guardie e ladri (1951) , con Totò, Aldo Fabrizi, Rossana

Podestà,,Ave Ninchi, Carlo Delle Piane.

Trama: Ambientato nella Roma del dopoguerra , il film narra

di Ferdinando Esposito, un ladruncolo sfuggito a una guardia e

che questi deve ricatturare, pena la perdita del posto. Dopo

inseguimenti vari, i due finiscono per divenire amici, scoprendo

di avere molti problemi che li accomunano, nonostante la totale

discordanza dei ruoli.

- L’integrazione tra comicità napoletana e romana

- L’impianto neorealista

- La fotografia di Mario Bava.

Il film ebbe una complessa storia produttiva . La sceneggiatura iniziale era di Piero

Tellini, da una idea originaria di Federico Fellini In un primo tempo si propose

il film a Anna Magnani nella parte della ladra. Il compito di dirigere la pellicola andò

poi al regista Luigi Zampa e quella del protagonista a Peppino De Filippo. Infine

film passò nelle mani di Mario Monicelli e Steno, i quali si erano già impegnati nella

sperimentazione di una sorta di “parodia del neorealismo”. Il titolo del film è

simbolico, è un riferimento all’omonimo e antichissimo gioco da bambini.

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Tra gli altri lavori importanti degli anni Cinquanta sono

da segnalare in coppia con Steno: Totò e i re di Roma (1952);

a solo: Totò e Carolina (uscito nel 1955, dopo diversi problemi

di censura) o Un eroe dei nostri tempi (1955) con Alberto Sordi.

Trama: si tratta del “ritratto di un conformista [ante literam] che,

a furia di non volersi compromettere, si fa incastrare. Sottrattosi

al pericolo di sposare una intraprendente vedovella (Franca

Valeri), si arruola nella Celere per non aver più paura”.

Scritta da Rodolfo Sonego, con risvolti di satira politica,

Imperniato su un Alberto Sordi scatenato “di istrionica vitalità

comica, il film ha scatto, scorrevolezza. Musiche di Rota, bella

squadra di caratteristi” (tra cui Tina Pica, Giovanna Ralli,

Leopoldo Trieste, Carlo Pedersoli alias il futuro Bud Spencer e

l’amico regista Alberto Lattuada).

Gli anni Cinquanta di Monicelli e Un eroe dei nostri tempi

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I soliti ignoti (1958) Con: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Totò, Carla Gravina, Claudia Cardinale, Tiberio Murgia, Carlo Pisacane, Memmo Carotenuto. Trama: uno scombinato quintetto di ladri di mezza tacca tenta un furto a un Monte di Pegni nella periferia romana. Il colpo va buco, ma gli aspiranti ladri da strapazzo si consoleranno con …

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GLI ELEMENTI SALIENTI DEL FILM - Il film sancisce il passaggio di consegne tra Totò e i nuovi interpreti

della commedia all’italiana;

- Scelte attoriali (Vittorio Gassman comico, gli esordi di Claudia

Cardinale e Tiberio Murgia);

- La sceneggiatura perfetta (Age, Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico)

dove già compare il tema della morte, tipico di Monicelli;

- il film nasce come parodia dei coevi film noir francesi per esempio

a Rififi (Du Rififi ches les hommes, 1955) di Jules Dassin oppure

americani;

- la fotografia in bianco & nero di Gianni Di Venanzo che cattura la

Roma sottoproletaria dell’epoca;

- le musiche jazzistiche di Piero Umiliani;

- Avrà due sequel: Audace colpo dei soliti ignoti (1960) di Nanni Loy

e I soliti ignoti vent’anni dopo (1985) di Amanzio Todini

- Ha avuto due remake negli Stati Uniti: Crackers (I soliti ignoti

made in Usa, 1984, con nel finale il salmone al posto della pasta e

ceci) di Louis Malle e Welcome to Collinwood (Id., 2002) di

Anthony e Joe Russo con George Clooney in un cameo che rifa il

personaggio di Totò.

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LA GRANDE GUERRA (1959)

Con: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano,

Romolo Valli, Folco Lulli, Mario Valdemarin, Livio Lorenzon,

Bernard Blier, Tiberio Murgia, Elsa Vazzoler.

Trama: Dopo aver tentato di imboscarsi, il romano Oreste

Jacovacci e il lombardo Giovanni Busacca finiscono con la

divisa dei fanti al fronte dove vivono da opportunisti un po’

fifoni il conflitto 1914-18, cercando di sopravvivere ad una

guerra che non sentono propria. Catturati dagli austriaci,

sapranno però morire con dignità.

- Scritto da Luciano Vincenzoni, Age & Scarpelli e Monicelli,

lontanamente ispirato al racconto Due amici di Guy de

Maupassant, si contamina il racconto storico con la commedia.

- Due grandi attori inseriti all’interno di un affresco collettivo

composto da tante figure ben costruite.

- Sagace equilibrio tra epica e macchietta, antiretorica e buoni

sentimenti, denunzia degli inutili massacri bellici con un finale

tutto sommato patriottico, anche se il film venne considerato all’

epoca un insulto alla Storia patria.

- Leone d'oro ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto

Rossellini.

- Lo splendido cinemascope in bianco&nero di Giuseppe

Rotunno.

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I compagni (1963)

Con: Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Annie Girardot,

Folco Lulli, Bernard Blier, Raffaella Carrà.

Trama: “Torino alla fine dell’Ottocento” in una fabbrica

tessile. Guidati da un militante socialista , il Prof. Senigallia

(Mastroianni), gli operai si battono per ridurre da 14 a 13 ore

l’orario giornaliero di lavoro che poteva arrivare allora anche a

16 ore. La repressione si abbatte sullo sciopero indetto dai

lavoratori ma il futuro sembra riservare un possibile futuro

migliore…

• “In bilico tra Marx e De Amicis il film (scritto da

Age&Scarpelli e Monicelli) ha delle parti più deboli dove è

evidente l’intenzione di creare un’atmosfera nazional-popolare

e parti molto valide piene di verità.

• Splendida la fotografia “antica” di Giuseppe Rotunno.

• Venne presentato in occasione del partito socialista del 1963

dove Pietro Nenni era entrato al governo e non era per niente

in sintonia con l’atmosfera rampante del boom.

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«L’ispirazione venne così: facciamo un film su un

medioevo cialtrone, fatto di poveri, di ignoranti, di

ferocia, di miseria, di fango, di freddo; insomma tutto

l’opposto di quello che ci insegnano a scuola, Le

Roman de la Rose, Re Artù, e altre leziosità. [...] È

forse il film a cui sono più affezionato, perché trovo

che sia il mio più originale». (Monicelli)

L’armata Brancaleone (1966) riprende lo schema

de I soliti ignoti con un gruppo di simpatici perdenti

che si imbarca in un’impresa per cui è sono

inadeguati, coniugandolo in una insolita forma di

raod movie e operando una riuscita parodia dei

kolossal hollywoodiani.

E’ contraddistinto dall’uso di una divertente parlata

completamente inventata dagli sceneggiatori.

Con: Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Gian Maria Volonté, Enrico

Maria Salerno, Maria Grazia Buccella, Barbara Steele, Carlo

Pisacane.

Trama: In un periodo non precisato di un fantasioso Medioevo, un

gruppo di popolani sottrae a un cavaliere di passaggio la pergamena

che lo nomina signore del paese di Aurocastro in Puglia. Contattano

allora un nobile decaduto, Brancaleone da Norcia, perché si finga

legittimo proprietario del feudo e li conduca a prenderne possesso. Il

gruppo parte, ma durante il cammino si imbatte in una serie di

esilaranti disavventure.

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Amici miei (1975)

La trama: le avventure di 4 + 1 amici, dei cinquantenni immaturi (Ugo Tognazzi, Philippe

Noiret, Gastone Moschin, Adolfo Celi, Duilio Del Prete) che coltivano l’antico gusto toscano

delle burle ora estrose, ora crudeli. Il gruppo è tenuto insieme la voglia di giocare e di non

prendere nulla sul serio, nemmeno sé stessi. Nell’ultima delle loro “zingarate” coinvolgeranno il

Righi, un gretto pensionato che viene convinto ad entrare in una fantomatica banda di gangster.

• Venata di misantropia (e di misoginia), è una commedia di costume iniziata da Pietro Germi

e dopo la sua morte passata a Monicelli, piena di grinta, scatto e ricchezza di trovate comiche.

• E’ guidato da una “filosofia” che sembra dirci che la cattiveria sia rimasta l’unica forma di

libertà rimasta, pur in una premeditata vaghezza dell’ambientazione.

• Il film ebbe 7 milioni di spettatori nella stagione 1975-76 superando gli incassi dello Squalo

di Steven Spielberg.

• Se si confronta con il sequel Amici miei – Atto II (1982), sempre diretto da Monicelli, si vede

come la stagione della commedia fosse ormai già agli sgoccioli. Nanni Loy (1925-1995) ha

girato la terza parte molto manierista Amici miei – Atto III nel 1985.

Il Righi (Bernard Blier)

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IL MARIO MONICELLI TARDO

Già in Un borghese piccolo piccolo (1977, dal primo libro di Vincenzo Cerami, con Alberto Sordi ) non si ride proprio più e sembra che sia finita la commedia all’italiana. E se si confrontano le prime due parti di Amici miei si vede come l'amarezza e la malinconia che avevano già segnato il primo episodio diventano nel secondo una vera e propria vena pessimistica. In effetti poi a partire dagli anni Ottanta l’estro di Monicelli (e dei suoi sceneggiatori) si è andato progressivamente esaurendo, a parte il caso di Speriamo che sia femmina (1986), il suo film migliore e più originale dell’ultimo periodo. Il regista toscano ha cercato di proseguire, senza mai eguagliarlo, il cinema picaresco precedente (Il marchese del Grillo, 1982; Bertoldo, Bertoldino e cacasenno, 1984; I picari, 1990, ecc.) oppure si è lanciato in alcune rievocazioni storiche-letterarie “serie” come Il fu Mattia Pascal (1986) oppure Rossini, Rossini (1992). Ha realizzato diversi titoli ma in definitiva si tratta di prove decisamente minori : ad esempio il suo ultimo film, Le rose del deserto (2006), è interessante più che altro per l’aspetto ideologico: la rievocazione della campagna di Libia durante la II° guerra mondiale che si trasforma in un ulteriore atto di accusa contro la stupidità e l’inutilità della guerra. .

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Gli esordi di Dino Risi (1)

- Regista di più di 50 film, Dino Risi nasce a Milano il 23 dicembre

1916, in una famiglia borghese liberale e valdese.

Fa parte di un nutrito gruppo di giovani intellettuali e aspiranti

registi amanti del cinema che ruotavano intorno alla capitale

lombarda, tra cui lo scrittore e cineasta Mario Soldati, Alberto Lattuada, Luigi

Comencini – i due insieme fonderanno nel 1947 la Cineteca Italiana -, Marco Ferreri e

il fratello minore Nelo Risi (poeta scrittore e anche regista: Diario di una schizofrenica,

1968) e in parte di Monicelli. Scrive degli sketch per la rivista satirica “Il Bertoldo”

fondata da Angelo Rizzoli nel 1936 e diretta da Cesare Zavattini per seguire il successo

del romano “Marc’Aurelio” (nata nel 1931).

Inizia a fare il critico cinematografico ma poi passa alla prassi: il suo primo contatto

con il cinema si ha nel 1941 come aiuto di un aiuto (Alberto Lattuada) per un film di

Mario Soldati Piccolo Mondo Antico (e poi per Giacomo l’idealista (1942, sempre di

Soldati).

A partire dall’8 settembre 43’ Risi si rifugia in Svizzera dove inizialmente viene

internato e dove conosce quella che diventerà sua moglie Claudia Mazzocchi, anche lei

figlia di un medico – dal loro matrimonio nasceranno due figli: Claudio e Marco

destinati in particolare il secondo, a diventare anch’essi registi.

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Gli esordi di Dino Risi (2) - Dopo la guerra Dino Risi (1916-2008) si laurea in

psichiatria seguendo le orme del padre medico ma abbandona

quasi subito la professione per dedicarsi alla sceneggiatura, al

documentario e alla pubblicità con un vulcanico produttore

Gigi Martello.

- Girati diversi documentari e un cm di metacinema Buio in

sala (1950), debutta nel 1952 con un dignitoso film

interpretato da bambini Vacanze col gangster a cui segue un

secondo lm dedicato al mondo del cinema Viale della

speranza (1953) con un giovanissimo Marcello Mastroianni.

- Più significativa la partecipazione a Amore in città (1953),

il canto del cigno dell’ esperienza neorealista, in cui già si

riconosce la mano del futuro maestro della “commedia

all’italiana” nell’episodio Paradiso per quattro ore. - Amore in città Regia di Carlo Lizzani, Dino Risi,

Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Francesco Maselli,

Cesare Zavattini, Alberto Lattuada. Prodotto da Marco

Ferreri, ideato e supervisionato da Cesare Zavattini, più che

un film a episodi è, o voleva essere, un’inchiesta giornalistica

filmata in 6 parti.

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Le commedie popolari degli anni Cinquanta: Il segno di Venere

Il primo lm importante di Risi è Il segno di Venere

(1955), una delle più divertenti commedie degli anni

Cinquanta scritta (tra gli altri) da Ennio Flaiano e

Age/Scarpelli .

Con Sophia Loren, Franca Valeri, De Sica, Sordi,

Peppino de Filippo.

Trama: Agnese, napoletana, e Cesira, milanese, vivono a

Roma in casa del padre della prima e di una zia nubile.

Cesira lavora come dattilografa mentre la cugina è in

cerca di un lavoro. Se Agnese viene fatta segno delle

attenzioni (anche invadenti) degli uomini, Cesira invece

vorrebbe trovare l'anima gemella senza risultati. Una

chiromante la informa però che si trova sotto il segno di

Venere e che il periodo è favorevole agli incontri amorosi.

Dopo aver diretto Pane, amore e... (sempre nel 1955)

terza parte di una fortunatissima trilogia, Risi si inventa

una serie altrettanto fortunata e tipica degli anni

Cinquanta, quella dei Poveri ma belli (1956).

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La commedia popolare degli anni Cinquanta: Poveri ma belli (1956)

Nello stesso anno del Il segno di Venere Risi dirige Pane,

amore e... terza parte della serie iniziata con Pane amore

e fantasia (1953) di Luigi Comencini (1916 – 2007), il

maggior successo italiano degli anni Cinquanta, legata al

filone del “neorealismo rosa”.

Risi si inventa una serie altrettanto fortunata e tipica degli

anni Cinquanta, quella dei Poveri ma belli (1956). Su

soggetto di Risi, sceneggiato insieme a Pasquale Festa

Campanile e Massimo Franciosa, è il miglior prodotto di

quel neorealismo rosa che qui si trasferisce in città, un raro

esempio di commedia di successo non affidata a comici di

professione, ma all’abilità del copione e della regia. Nato

come film a low budget, salverà la Titanus dal fallimento.

Seguiranno due sequel meno significativi ma molto redditizi

al box office: Belle ma povere (1957) e Poveri milionari

(1959). Trent’anni dopo Risi realizzerà un brutto remake di

Poveri ma belli, Giovani e belli (1996), il suo ultimo lavoro

per il grande schermo.

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Le commedie di Risi alla fine degli anni Cinquanta

Tra le commedie significative “pre boom economico” ricordiamo ancora La nonna Sabella (1957) con la caratterista Tina Pica.

Poi a partire 1959 inizia la fase più scatenata di Dino Risi: oltre al Vedovo (con Alberto Sordi) si segnala Il mattatore con Vittorio Gassman che diventerà l’attore preferito di Risi (15 film insieme!).

Qui Gassman da prova di tutto il suo istrionismo camaleontico che passa da un personaggio all’altro. La trama: in una serie di episodi narrati in un lungo flash-back e spesso da una voce fuori campo, si mostra il protagonista Gerardo, che diventa un asso della truffa. Inutilmente la moglie tenta di redimerlo: la sua è una vocazione irresistibile come si dimostra nel finale.

La sceneggiatura ha più di un debito con I tromboni (1956) di Federico Zardi una commedia nella quale Gassman interpretava nove personaggi, ognuno rappresentativo del costume italiano: dallo “sportivo” al “consigliere delegato”, dall’“intellettuale marxista”, all’“onorevole”.

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Una vita difficile (1961) La trama: Panoramica su quasi vent'anni di vita italiana attraverso le vicende di un ex partigiano giornalista, Silvio Magnozzi (Alberto Sordi), che cerca di inserirsi nel sistema di una borghesia reazionaria, perde e riconquista la moglie (Lea Massari).

Punti essenziali:

• La sceneggiatura di Rodolfo Sonego è quasi autobiografica con una carrellata storica – diventata un modello per il cinema successivo - che va dalla Resistenza all’inizio del boom con la corruzione e la fine dei valori resistenziali.

• Commedia satirica corale (Monicelli) oppure centrata su un “mattatore” (Risi)?

• La scena del “cinema nel cinema”: Alessandro Blasetti, Silvana Mangano e Vittoria Gassman nella parte di se stessi girano un peplum a Cinecittà.

• Alberto Sordi in una parte (rara) non da italiano medio. In lui convivono due elementi costitutivi (il tragico e il comico).

• Prodotto da Dino De Laurentiis, contiene alcune sequenze celebri: la cena in una famiglia monarchica durante la notte del referendum per la proclamazione della Repubblica italiana (2 giugno 1946); tra poesia e dramma, Silvio Magnozzi a Viareggio insegue la moglie in un Night Club alla moda - una scena in gran parte improvvisata, fuori copione, quasi un finale.

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Il sorpasso (1962) Con: Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, la Lancia Aurelia B24 sport supercompressa. Trama: per Bruno Cortona (Gassman), quarantenne ossessionato dalla furia di vivere e dal timore della vecchiaia, correre in auto diventa una rivincita sui fallimenti della vita privata. Coinvolgerà nelle sue avventure Roberto Mariani, uno studente timido e introverso (Trintignant) sino ad un tragico epilogo.

Punti essenziali del film:

Sceneggiato da Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccari (1919 – 1989), il film capta l’atmosfera del “boom”, della società del periodo agli inizi degli anni Sessanta con un’euforia rara e insieme con un’ammirevole sapienza nel passare dall’agro al dolce, dal comico al grave.

“Il gran merito del film è non solo di aver così bene isolato e descritto quel personaggio emblematico, ma anche di averlo giudicato, con la catastrofe finale frutto della sua incoscienza; di avere insomma insinuato qualche dubbio di inquietudine nel tempo delle vacche apparentemente grasse...” (Masolino D’Amico).

ll coesistere della tensione “vitalista” e dello sguardo dell’ “entomologo” in un grande road movie ante litteram.

L’influenza sul cinema americano (Easy Rider di Dennis Hopper, 1969)

La precisa delineazione dei due caratteri antagonisti.

Gli spazi della società del boom: la spiaggia, la strada, la sala da ballo, i riti della vacanza.

L’uso della canzonetta in funzione drammaturgica e ambientale.

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I MOSTRI (1963)

Sceneggiatura: Age, Scarpelli, Petri, Scola, Maccari, Risi

20 episodi (8 con Tognazzi, 8 con Gassmann, 4 con entrambi)

Uso del grottesco + cinismo

Eredità dell’umorismo breve delle riviste satiriche

Rielaborazione della struttura episodica del teatro di varietà

Influenza del Carosello televisivo

Riferimenti continui alla società coeva

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I MOSTRI (1963)

Ribaltamento dei topoi della commedia del boom

- La spiaggia

- La televisione

- L’automobile

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I MOSTRI (1963)

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I MOSTRI (1963)

Dagli sketch del “Marco Aurelio” al cinema

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RISI E IL CINEMA A EPISODI

«l’ordine degli episodi è un po’ un ordine di merito: il secondo tempo deve essere migliore del primo, sempre; la partenza deve promettere molto perché il pubblico si disponga bene a vedere il film; se c’è un episodio debole si cerca di metterlo vicino a uno più forte; se c’è una cosa che non fa ridere di appoggiarla con una che fa ridere; di avere un finale di primo tempo che lasci la gente contenta durante l’intervallo, ben preparata a ricevere la seconda portata. Insomma, è tutta una questione di equilibri che si fa a cose fatte»

FILM A EPISODI DI RISI: Vedo nudo (1969), Noi donne siamo fatte così (1971), Sessomatto (1973)…

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L’OMBRELLONE (1965)

Ribaltamento commedia vacanziera

Cattiveria, cinismo, spietatezza + depressione, amarezza, tristezza, spaesamento

Villeggiatura: campo di battaglia in cui si ‘combatte’ per mostrarsi

Vitalismo del boom => volgarità incontrollata, cafone divertimento di massa

Società borghese in vacanza = grande parco giochi in cui si celebra il divertimento alienato ed alienante

Hit parade senza sosta + chiasso stradale = caos acustico, segno dell’incomunicabilità dei personaggi

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STRAZIAMI MA DI BACI SAZIAMI (1968)

Film tra fumetto e dimensione

paradossale

Sarcastica parodia del fotoromanzo

Contrapposizione tra tradizione

contadina e modernità urbana

Opera colorata, vivace, folcloristica

Uso del dialetto

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La produzione di Dino Risi dagli anni Sessanta in poi

Le grandi commedie negli anni Sessanta: La marcia

su Roma (storico-resistenziale, 1962, Tognazzi/Gassman), I

mostri (1963, 20 episodi) , Il giovedì (1963, Walter Chiari),

Il gaucho (1964, Gassman), L’ombrellone (1965, Enrico Maria

Salerno), Operazione San Gennaro (1966, un “rififì” alla napoletana),

Il tigre (1967, Gassman), Straziami ma di baci saziami... (1968,

Manfredi /Pamela Tiffin), Vedo nudo (1969, Manfredi).

Due film “profetici”: Nel nome del popolo italiano (1971), Mordi e

fuggi (1973).

Tra dramma, saga e letteratura: Profumo di donna (1974), Telefoni

bianchi (1975), Anima persa (1976), La stanza del vescovo (1977),

Fantasma d’amore, (1981), Scemo di guerra (1985).

Le ultime commedie: I nuovi Mostri (1977 diretto insieme a

Monicelli e Scola), Primo amore (1978), Caro papà (1979).

La decadenza: Teresa (1987), Il vizio di vivere (1989), Giovani e

belli (1996).

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Per ricapitolare il cinema di Dino Risi (1)

- Oltre alla consueta dualità tragico-comico, in Risi agisce un’altra coppia binaria: “ una complice partecipazione al vitalismo dei singoli personaggi” insieme a “una radiografia critica e distaccata del loro comportamento” (Aldo Viganò). Tale vitalismo è in bilico tra cinismo e moralismo. In questa fertile ambiguità nasce un cinema mai (o quasi) sbilanciato in direzione di una chiara politicizzazione (cfr .Monicelli). - La precisa delineazione dei caratteri principali. - L’anti-intellettualismo programmatico di Risi. - Il gusto di mostrare il cinema nel cinema e il mondo dei media. - Risi non è un pessimista. Tuttavia anche in lui si attua una visibile trasformazione: dall’ottimismo degli anni Cinquanta si passa ad una vena sempre più cupa. - Più che la nostra tradizione di farsa o le maschere della commedia dell’arte, il suo modello è la commedia sofisticata americana (soprattutto Billy Wilder).

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Per ricapitolare il cinema di Dino Risi (2)

- E’ un regista di set che lavora spesso sull’improvvisazione con gli attori. - La grande forza delle sue commedie sta nell’ aver catturato lo “Zeitgeist”, lo “Spirito del tempo” (con l’uso delle canzonette, le mode, il linguaggio giovanile, ecc.). Da ciò l’alto aspetto documentario del suo cinema e l’abilità nell’integrare finzione e realtà. - Sono privilegiate le forme di narrazione caleidoscopica (il road-movie, il film ad episodi, ecc.). E’ una forma di drammaturgia “a stazioni” o dell’episodio concluso in se stesso, un modo di narrare “aperto”, lontano da quello della sceneggiatura americana.

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ETTORE SCOLA (1931-2016)

Ettore Scola nasce a Trevico in Irpinia, (Avellino), il 10 maggio 1931 e dal nome del suo paesino nel 1972 trarrà un film “militante” Trevico/Torino (sottotitolo: “Viaggio del Fiat-Nam”). A 4 anni è a Roma con la famiglia e da subito ha una precoce passione per il disegno e la caricatura - ciò lo porterà dopo la guerra a accostarsi al “Marc’Aurelio”. La rivista romana di Vito De Bellis è stata una tappa obbligata per i futuri autori della commedia nel dopoguerra , e li vi passarono moltissimi sceneggiatori e registi del cinema italiano come Fellini e poi Monicelli, Comencini, Risi, Age-Scarpelli, Steno, Sonego, Maccari, ecc. Dal 1947 - a sedici anni quindi - la collaborazione di Scola comincia a diventare sempre più stretta con vignette e sketch. Finita la scuola è indotto dalla famiglia a entrare all’università prima a medicina (tre anni) e poi a giurisprudenza. Senza successo. Invece si intensificherà sempre di più la collaborazione Scola presto diventerà una colonna con una propria rubrica, “Radio Marc’Aurelio”.

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GLI ESORDI DA SCENEGGIATORE

Nel 1950 inizia il lavoro nel cinema da negro (Gostwriter come dicono gli americani) - da Metz e Marchesi passa a collaborare con il caporedattore del “Marc’Aurelio” Ruggero Maccari - già sceneggiatore affermato con cui avrà un lunghissimo sodalizio. Il primo film in cui si vede una sua decisa mano, è Canzoni di mezzo secolo (1952) di Domenico Paolella sul cui set conosciuto un regista che sarà particolarmente importante per lui insieme a Dino Risi (1916-2008), Antonio Pietrangeli (1919-1968).

Nel 1953 firma ufficialmente una sceneggiatura: Fermi tutti arrivo io! di Sergio Grieco.

Trai film più importanti da lui sceneggiati o cosceneggiati ricordiamo: Una vita difficile (1962, di Dino Risi) e Io la conoscevo bene (1965 di Antonio Pietrangeli)

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I PRIMI FILM DA REGISTA DI SCOLA (1) Scola debutta dietro la mdp nel periodo in cui il boom economico è

finito e la commedia all’italiana sta raggiungendo il suo zenit. Il suo primo film è Se permette parliamo di donne (1964) nove ritratti femminili sulla scia del cinema al femminile di Antonio Pietrangeli ma piuttosto sapidi e costruiti sulla misura del gigionismo di Vittorio Gassman – un’opera poco apprezzata dalla critica. Gassman resterà l’attore più usato da Scola anche nei film successivi come La congiuntura (1964) e L’arcidiavolo (1966). Nel successivo Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968) abbiamo come interpreti Nino Manfredi, Alberto Sordi e Bernard Blier.

Il primo film importante di Scola regista arriva nel 1969 interpretato da Ugo Tognazzi: Il commissario Pepe. Qui si riprende il tema della corruzione della provincia italiana ma senza quella cattiveria grottesca esemplare narrata da Pietro Germi in Signore e signori (1965).

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I FILM MIGLIORI DI ETTORE SCOLA: Dramma della gelosia

Con Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca (1970) scritto del regista con Age & Scarpelli, autori anche della sceneggiatura dell'affine Straziami, ma di baci saziami (1968) di Dino Risi, si racconta una storia a tre: il muratore Oreste (Marcello Mastroianni) si innamora della bella fioraia Adelaide (Monica Vitti). Per lei lascia la famiglia, ma l'amore si interrompe per l’arrivo del più giovane e aitante Nello (Giancarlo Giannini), che, dopo essere diventato amico della coppia, finisce per sedurre Adelaide. Segue la tragedia Si tratta di una commedia divertente e dal ritmo sostenuto fino all'amaro finale. Uno dei motivi di fascino sta nella struttura interpellante, con gli attori che parlano allo schermo per riferirsi al giudice - e allo spettatore - di un invisibile processo. Come nel citato film di Risi, si ricorre al linguaggio della sottocultura, al fotoromanzo, ai rotocalchi, alla cronaca rosa oppure nera, per raccontare - attraverso la lente deformante del pittoresco - la vita di personaggi umili e impossibilitati a vivere il proprio destino. Mastroianni vincerà a Cannes la palma per la migliore interpretazione maschile.

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C’ERAVAMO TANTO AMATI (1974)

Credevamo di cambiare il mondo, invece il mondo ha cambiato noi.

- Nella storia di tre amici e di una ragazza, trent'anni di storia italiana. Si conoscono in

montagna facendo i partigiani e affrontano il dopoguerra pieni di energia e di idee, ma l'infermiere rimane infermiere e il professore meridionale passa da una delusione all'altra. Solo il più smagato dei tre, l'avvocato Gianni, diventa ricco e potente. Quando si incontrano dopo molto tempo, non avrà il coraggio di confessare agli amici il proprio successo, ottenuto grazie a imbrogli, ad affari avventurosi, a un ricco matrimonio.

- Parabola sociale e morale dell'Italia, proiettata nel microcosmo di quattro amici che affrontano il passaggio dall'idealismo al disincanto in modi diversi.

- Si traccia un bilancio del dopoguerra, tingendo inevitabilmente l'esito di amarezza e il ritratto storico dell'Italia del dopoguerra assume le sembianze di affresco intimo e personale

- Narrazione costruita con un continuo intreccio di flashback, con l'uso di immagini di repertorio, con inserti onirici, con attenzione al costume del nostro paese (vedi l'episodio di Lascia o raddoppia?), con espliciti omaggi a Fellini, Antonioni, De Sica, Ejzenstejn, O'Neill, e con un richiamo continuo all'ideologia ed alla politica.

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Una giornata particolare (1977)

Trama: 6 maggio del 1938, giorno della visita di Hitler a Roma. In un casermone popolare, Antonietta, moglie di un usciere e madre di sei figli, prepara la colazione, sveglia la famiglia, aiuta nei preparativi per la parata. Una volta sola, inavvertitamente, apre la gabbietta del merlo che va a posarsi sul davanzale di una appartamento di fronte al suo. Bussa alla porta, ad aprirle è Gabriele, ex annunciatore dell'EIAR che sta preparando la valigia in attesa di andare al confino perché omosessuale. Mentre la radio continua a trasmettere la radiocronaca dell'incontro tra Hitler e Mussolini, Antonietta e Gabriele si confronteranno l'uno nell'altro. Si tratta di una delle vette del cinema di Scola, autore anche della sceneggiatura scritta con Ruggero Maccari e di Maurizio Costanzo. Aperto da 6’ di cinegiornali a contestualizzare il momento storico, questo Kammerspiel si contraddistingue per una inedita Sofia Loren e per i movimenti di una macchina da presa mobilissima, con la fotografia color seppia di Pasqualino De Santis, con un'atmosfera ovattata che, meglio di qualunque altra, comunica una dolorosa sensazione d'attesa e che dinamizza gli ambienti chiusi del film.

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LA FINE DELLA COMMEDIA ALL’ITALIANA

C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974) Amici miei (Mario Monicelli, 1975) Un borghese piccolo piccolo (Mario Monicelli, 1977) Una giornata particolare (Ettore Scola, 1977) I nuovi mostri (Monicelli, Risi e Scola, 1977) La terrazza (Ettore Scola, 1980) A partire dalla metà degli anni Settanta nascono nuove forme di commedia ad esempio: Fantozzi (Luciano Salce, 1975) interpretato da Paolo Villaggio, Febbre da cavallo (Steno, 1976) oppure il debutto di Nanni Moretti con Io sono autarchico (1976). Il fenomeno più rilevante è comunque quello dei “Nuovi Comici” alla fine del decennio.

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Il fenomeno dei “nuovi comici” Roberto Benigni (Castiglion Fiorentino, 1952).

Francesco Nuti (Prato 1955)

Maurizio Nichetti (Milano 1948) debutta nel 1979

con Ratataplan. Termina la sua carriera

cinematografica nel 2001 con Honolulu Baby dove

ritorna ad interpretare l'ingegnere Colombo,

protagonista della sua pellicola d'esordio.

Massimo Troisi (San Giorgio a Cremano, 1953 –

Roma, 1994) gira nel 1981 Ricomincio da tre. E’

autore di pochi film ma molto significativi: Morto

Troisi, viva Troisi! (1982, tv movie), Scusate il

ritardo (1983), Non ci resta che piangere (co-regia

con Benigni,1984), Le vie del Signore sono

finite (1987), Pensavo fosse amore... invece era un

calesse (1991), Il postino (regia di Michael

Radford, 1994).

Muore a soli 41 anni, per un fatale attacco cardiaco.

E’ stato considerato l’erede di Edoardo De Filippo

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Il fenomeno dei “nuovi comici” (2)

Carlo Verdone (Roma 1950) debutta con Un sacco bello (1980, qui nel

personaggio dell’hippie Ruggero Brega).

Tratti comuni a questa generazione di comici-registi:

• formazione e frequentazione del cabaret, del teatro o in tv;

• un umorismo legato alla vita quotidiana e/o ad una situazione

esistenziale, soprattutto al fenomeno del femminismo e della

trasformazione del ruolo della donna

• una forte connotazione regionale (Roma, Toscana, Campania, Milano).

• A questa leva almeno all’inizio venne assimilato anche Nanni

Moretti (Brunico,1953 ma romanissimo) che aveva già debuttato nel

1976 con Io sono un autarchico ma che già negli anni Ottanta trova una

propria strada molto personale e diversa dalla pura comicità.

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FRANCESCO NUTI

Francesco Nuti (Prato 1955) inizia con il gruppo dei “Giancattivi” (Alessandro Benvenuti e Athina Cenci) in Ad ovest di Paperino (1981).

Poi tre film diretti da Maurizio Ponzi: Madonna che silenzio c’è stasera (1982), Io, Chiara e lo Scuro (1983) e Son contento (1983) che lo rivelano subito come un grandissimo talento

Il primo film da regista è Casablanca, Casablanca (1985) mentre l’ultimo è del 2001 Caruso, zero in condotta. Ha realizzato dieci film da regista alcuni di grande livello.

Alla vigilia del ritorno sul set, il 3 settembre 2006 entra in coma a causa di un ematoma cranico dovuto ad un mai chiarito incidente domestico. Da allora non si è mai più ripreso.

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LA FILMOGRAFIA DI FRANCESCO NUTI

1982 Ad Ovest di Paperino (Alessandro Benvenuti)

1982 Madonna che silenzio c'è stasera (Maurizio Ponzi)

1983 Io, Chiara e lo scuro (Maurizio Ponzi)

1983 Son contento (Maurizio Ponzi)

1985 Casablanca, Casablanca

1985 Tutta colpa del paradiso

1986 Stregati

1988 Caruso Pascoski di padre polacco

1989 Willy Signori e vengo da lontano

1991 Donne con le gonne

1994 OcchioPinocchio

1998 Il signor Quindicipalle

2000 Io amo Andrea

2001 Caruso, zero in condotta

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Roberto Benigni (1952): i film e le interpretazioni(1)

Berlinguer ti voglio bene, (1977) regia di Giuseppe Bertolucci (1947 – 2012)

La luna, regia di Bernardo Bertolucci (1979)

Chiaro di donna (Clair de femme), regia di Costa-Gavras (1979)

Chiedo asilo, regia di Marco Ferreri (1979)

Il Pap'occhio, regia di Renzo Arbore (1980)

Il minestrone, regia di Sergio Citti (1981)

Tu mi turbi, regia di Roberto Benigni (1983)

"FF.SS." - Cioè: "...che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?", regia di Renzo Arbore (1983)

Non ci resta che piangere, regia di R. Benigni e Massimo Troisi (1984)

Tuttobenigni, regia di Giuseppe Bertolucci (1983)

Coffee and Cigarettes, regia di Jim Jarmusch (1986/2003)

Daunbailò (Down by Law), regia di Jim Jarmusch (1986)

Il piccolo diavolo, regia di Roberto Benigni (1988)

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Roberto Benigni: i film e le interpretazioni(2)

La voce della Luna, regia di Federico Fellini (1990)

Taxisti di notte (Night on Earth), regia di Jim Jarmusch (1991)

Johnny Stecchino, regia di Roberto Benigni (1991)

Il figlio della pantera rosa (Son of the Pink Panther), regia di Blake Edwards (1993)

Il mostro, regia di Roberto Benigni (1994)

La vita è bella, regia di Roberto Benigni (1997)

Asterix e Obelix contro Cesare (Asterix et Obelix contre Cesar), regia di Claude Zidi (1999)

Pinocchio, regia di Roberto Benigni (2002)

La tigre e la neve, regia di Roberto Benigni (2005)

To Rome with Love, regia di Woody Allen (2012)

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Gli anni ottanta Tu mi turbi (1983) è composto da 4 episodi: “Durante Cristo” (Benigni è un

pastore che ha smarrito il gregge, ma fa da baby-sitter a Gesù che fa il miracolo), “Angelo” (Benigni sogna che il suo bell’angelo custode lo voglia lasciare per un altro), “In banca” (Benigni cerca invano un prestito), “I due militi” (di guardia al Milite ignoto si fa beffe del suo compagno).

Non ci resta che piangere (1984), regia di R. B. e Massimo Troisi è la storia di due uomini che tornano indietro nel tempo e finiscono nell’Italia rinascimentale, fra le prediche di Savonarola e le invenzioni di Leonardo Da Vinci. Il film diviene un campione di incassi assoluto. Alla sceneggiatura partecipa anche Giuseppe Bertolucci (1947-2012) ma questo resterà l’ultimo film della loro collaborazione.

Il piccolo diavolo (1988) Un prete americano scaccia il demonio da una donna assatanata . Ma il diavoletto uscito fuori ha la tendenza al disastro e complicare la vita al povero esorcista. Una diavolessa mandata in missione sulla terrà riuscirà a riportare giù all’inferno il reprobo Benigni innamorato.

Con questo film inizia una fruttuosa collaborazione con lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami (Roma 1940- 2013).

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Gli anni Novanta In Johnny Stecchino (1991) si racconta la storia di un boss latitante e del suo sosia, conducente di autobus per bambini down. Per questa virtuosa interpretazione in un duplice ruolo, vincerà un secondo Nastro d’Argento come miglior attore. Il film sempre sceneggiato insieme a Cerami contiene molti omaggi a Totò, a Chaplin e ai fratelli Marx. Il personaggio di Johnny Stecchino è ispirato a Charlie Stecchino, un mafioso che viene ucciso da un clan rivale all'inizio del film A qualcuno piace caldo (Some Like It Hot, 1959) di Billy Wilder. Lontanamente ispirato al caso di Cronaca del cosiddetto Mostro di Firenze, in Il mostro (1994) B. interpreta Boris un buon diavolo che s'arrangia come può per campare. È quindi logico che venga accusato di essere un maniaco assassino. Deve vedersela con un amministratore per nulla simpatico, con uno psichiatra criminologo e con una poliziotta. Il film supera il record al box office del precedente Johnny Stecchino e quindi per lungo tempo è stato al primo e secondo posto della classifica d'incassi in Italia di tutti i tempi. Un film onesto ma niente di più.

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La vita è bella (1997)

Con La vita è bella Benigni giunge all’apice del suo successo e della carriera. Si tratta della storia del cameriere ebreo Guido Orefice che durante la guerra finisce in un campo di concentramento con moglie e figlio e che cerca di mascherare la realtà dei fatti al proprio bimbo. Un progetto ambizioso e senza fiato, ma allo stesso tempo difficile e rischioso. È il classico film che o si ama o si odia. Scritto da Vincenzo Cerami, suo fidato sceneggiatore, riceve sette nomination agli Oscar, vincendo per la colonna sonora (di Nicola Piovani), per il miglior film straniero e, soprattutto, quello di miglior attore protagonista. Benigni diventa così il primo attore italiano a vincere l’Oscar; vince anche 5 Nastri d’Argento, 9 David di Donatelo e il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes.

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Gli ultimi due film Pinocchio (2002) è stato forse il film più deludente di Benigni rispetto a quanto ci si sarebbe immaginato da un soggetto che sembrerebbe stato fatto per lui. A oggi La tigre e la neve (2005) resta il suo ultimo film. Trama: Attilio è un poeta che ogni notte sogna di sposare la donna della sua vita, Vittoria, che nella realtà lo sfugge di continuo. Quando lei, partita per un'intervista al più importante poeta iracheno rientrato in patria in prossimità della guerra, verrà gravemente ferita Attilio la raggiungerà e farà di tutto per salvarla. Non ci saranno ostacoli che potranno fermarlo nel tentativo di farla sopravvivere: dalla mancanza di medicinali al posto di blocco in cui verrà ritenuto un terrorista. È una storia di amore tout court quella che Benigni ci propone questa volta. Quell'amore che, partendo dai singoli, può portare la vita al suo massimo splendore. Secondo me il peggio di Benigni che declina il suo film in maniera drammatica senza alcun elemento di comicità che c’era stato sempre nella sua filmografia. Per il resto basterà ricordare una fortunatissima trasmissione tv La più bella del mondo (2012) e l’apparizione nel film di Woody Allen To Rome with Love, sempre del 2012.

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Alcune notizie biografiche su Carlo Verdone

Nato a Roma nel 1950, cresce in una famiglia che lo ha avvicinato al mondo del cinema: è figlio di Mario Verdone, critico cinematografico, docente universitario e insegnante al CSC. Fin da adolescente ha la fortuna di conoscere Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini o Vittorio De Sica.

Realizza a cavallo degli anni Sessanta tre cortometraggi a tutt’oggi perduti: Poesia solare (1969), Allegoria di primavera (1970) , Elegia notturna (1971).

Nel 1972 si iscrive al CSC e due anni dopo si diploma in regia con un lavoro intitolato Anjuta.

Fa esperienza di burattinaio alla scuola di Maria Signorelli e si fa dirigere a teatro dal fratello Luca, regista del "Gruppo Teatro Arte", una prima occasione per mettere in scena le sue capacità istrioniche.

Fa qualche piccola collaborazione con Franco Zeffirelli e ha una parte marginale, come attore, in La luna (1979) di Bernardo Bertolucci.

A teatro conquista i maggiori consensi: con lo spettacolo "Tali e quali" interpreta ben 12 personaggi che riprenderà, rivisti e corretti, nella sua filmografia successiva e prima ancora nella trasmissione televisiva Non stop (in onda su Raiuno all'inizio del 1979).

Sergio Leone lo aiuta a pensare alla sceneggiatura di Un sacco bello (1980), il debutto da regista - qui inizia una fortunata collaborazione con Leo Benvenuti e Piero De Bernardi.

Nella sua carriera ha sinora realizzato 26 lungometraggi e scritto due libri di cui una autobiografia: La casa sopra i portici.

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Paolo Virzì (1964) Biografia Paolo Virzì (Livorno, 1964) è stato e resta il principale erede della

commedia all’italiana. Sino ad oggi ha girato 13 lungometraggi compreso Ella & John del 2017, il suo primo film in lingua inglese, con Donald Sutherland e Helen Mirren Dopo l’infanzia a Torino, cresce nel quartiere popolare livornese delle Sorgenti, coltivando sin da piccolo la passione per la letteratura. Tra gli scrittori più amati Mark Twain e Charles Dickens, padri di quel romanzo di formazione che gli servirà da modello per le sue sceneggiature. Durante l’adolescenza recita, dirige e scrive dei testi teatrali in un paio di compagnie filodrammatiche livornesi. In seguito stringe un sodalizio artistico con l’ex compagno di liceo Francesco Bruni (1961), che poi diventerà il suo co-sceneggiatore di fiducia. Quindi lascia Livorno per Roma: “va in città”, come vent’anni dopo farà la bambina protagonista del film Caterina va in città. Frequentato il corso di sceneggiatura del Centro sperimentale di cinematografia, dove diplomatosi nel 1987 incontra Furio Scarpelli (1919-2010) che tra l’altro parteciperà poi a due sceneggiature del suo “allievo” prediletto: Ovosodo e N. . Scarpelli lo porta a lavorare alla Mass Film, la società sua e di Ruggero Maccari, Age e Ettore Scola. Qui PaoloVirzì ha la possibilità di leggere le sceneggiature originali di quelli che erano diventati dei classici del cinema. Collaborare a numerose sceneggiature prima del suo debutto alla regia nel 1994

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LA BELLA VITA (1994)

Con: Sabrina Ferilli, Claudio Bigagli, Massimo Ghini Trama. Storia di un triangolo sentimentale di ambientazione popolare: lui è un cassintegrato delle Acciaierie Di Piombino (Bigagli) con velleità d’imprenditore, lei una commessa di supermercato con pruriti alla Madame Bovary (Ferilli) che sogna una vita diversa e il terzo un divo di una piccola tv privata locale, che non a caso si chiama Gerry Fumo (Ghini). - Il film si rifà a Romanzo popolare di Mario Monicelli ed è scritto dal regista insieme all’amico Francesco Bruni ma esibisce un cast molto meno prestigioso - Si racconta l’analisi del malessere – antropologico e culturale oltre che sociale – del ceto operaio della metà degli anni Novanta che ha smarrito la propria identità, un trio di attori che funzionano , comprimari con le facce giuste, ma con un finale agrodolce forse non del tutto consono.

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OVOSODO(1997)

Con: Edoardo Gabbriellini, Claudia Pandolfi, Nicoletta Braschi ,

Regina Orioli. Trama. Cresciuto in un quartiere popolare di Livorno, chiamato Ovosodo, Piero arriva faticosamente al liceo classico, diventa amico del ricco e irrequieto Tommaso, prende una sbandata per una cugina (Regina Orioli) dell’amico, è bocciato alla maturità e, dopo il servizio militare, trova lavoro nella fabbrica del padre di Tommaso finché incontra la coetanea e coinquilina Susy (Claudia Pandolfi). E si trova sistemato: marito, padre e operaio. - Dopo un altro film corale, Ferie d’agosto (1995), interpretato da un cast importante (Silvio Orlando, Laura Morante, Ennio Fantastichini, Sabrina Ferilli, Piero Natoli), ambientato nell’isola di Ventotene e primo successo di pubblico di Virzì, segue Ovosodo sceneggiato da Bruni&Virzì con l’aiuto di Furio Scarpelli dove invece si narra la crescita di un adolescente. Costruito come un classico romanzo di formazione, in oscillazione tra nostalgia e rassegnazione, è un film all’insegna ideologica delle conciliazione al posto della contestazione. Interpretato come spesso avviene in Virzi da molti non professionisti, Ovosodo, nonostante la forte connotazione dialettale, ha uno straordinario successo e riesce a conquistare critica e pubblico: Gran premio della giuria al Festival di Venezia e anche ottimo successo al box office.

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Dieci anni Up and Down (1999-2006) (1)

- Nel 1999 dirige Baci e abbracci, una miscela di favola, commedia sociale e racconto di Natale alla Dickens. “È la storia corale (ancora una volta) di un gruppo di ex operai intenzionati ad aprire un allevamento di struzzi nella Val di Cecina, attraverso cui Virzì ritrae ancora una volta l’Italia di provincia sedotta dalla modernità. Film trai più divertenti di Virzì, secondo Morando Morandini “è la 4ª e la migliore commedia del livornese Virzì, ormai affermato continuatore della commedia di costume degli anni ‘60 dai retrogusti amari. Con l’abituale collaborazione in sceneggiatura di Francesco Bruni, conferma la capacità di raccontare il disagio antropologico-culturale della presente società italiana, il colorito e preciso lavoro sui personaggi (con attori toscani in gran parte non professionisti) seguiti da vicino da una mobile cinepresa, l’abilità nel descrivere un ambiente provinciale senza scadere nel bozzettismo folcloristico, il sapiente equilibrio tra l’acre e il tenero, l’affetto e la lucidità con qualche caduta di stile (la sequenza onirica) e contrappunti sfocati (i rapper)”. Nella parte del leader del gruppo Snaporaz compare il fratello Carlo Virzì, musicista di alcuni suoi film e regista de L’estate del mio primo bacio, scritto e sceneggiato da Paolo. -I dissesti finanziari del produttore Vittorio Cecchi Gori influenzano l e riprese di My name is Tanino (2002), uno dei film meno fortunati del regista toscano. Girato tra Sicilia, Canada e Stati Uniti, il film ha una lavorazione difficile e più volte interrotta: la sceneggiatura, firmata dal regista, il solito Francesco Bruni e lo scrittore Francesco Piccolo, viene più volte riscritta. Il protagonista è per la seconda volta un esordiente, il siciliano Corrado Fortuna, che interpreta un ragazzo in fuga dalla sua Sicilia per inseguire il sogno americano. -

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Dieci anni Up and Down (1999-2006) (2)

- Il successivo Caterina va in città (2003) è dedicato alla Roma amata e odiata, con le sue scoperte entusiasmanti e le sue delusioni cocenti. La piccola e goffa Caterina è interpretata dall’esordiente Alice Teghil, nel ruolo della sprovveduta provinciale che osserva il mondo con candore e spaesamento: la bambina viene catapultata dalla tranquilla Montalto di Castro alla labirintica Roma per volontà del padre, Sergio Castellitto nella parte di un frustrato intellettuale di provincia. La bambina come in Ferie d’Agosto si trova confrontata con un’Italia spaccata in due, restando ancora una volta in bilico. Per alcuni critici “il legittimo pessimismo sull’Italia (o la Roma borghese?) di oggi trascina Virzì e il suo abituale sceneggiatore Francesco Bruni verso la caricatura cui è sotteso l’elogio della gente semplice”. Il film ha però evidenti qualità: l’esperto controllo di una folla di figure minori; l’agilità del ritmo che diventa agitazione soltanto nella veloce parlantina a mitraglia di molti dialoghi, il sagace ricorso al montaggio parallelo (Cecilia Zanuso); l’uso funzionale della musica (Carlo Virzì), leggera e non. La fotografia di Arnaldo Catinari”. (Morandini) - Per 3 anni prepara un film piuttosto impegnativo dal punto di vista economico ma non riuscito nei risultati: N (Io e Napoleone) (2006), l’ adattamento del romanzo di Ernesto Ferrero N, sintesi non particolarmente ben riuscita tra commedia all’italiana, film storico e cinema in costume. Virzì riflette sul rapporto tra l’intellettuale e il potere, e arricchisce la trama ottocentesca con riferimenti all’attualità: il parallelismo tra la figura di Napoleone e quella di Berlusconi è a volte esplicito. Anche se il cast è internazionale (oltre al protagonista Elio Germano, Monica Bellucci e Daniel Auteuil nella parte del tiranno), il film affonda nel suo uso del dialetto toscano oltre che nella sua miscela di generi non particolarmente riuscita.

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Tutta la vita davanti(2008)

Con: Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Micaela

Ramazzotti Trama. Una ragazza laureata Marta finisce, come tanti della sua generazione, in un call center, alle prese con precariato lavorativo e sentimentale, colleghi alienati non meno dei loro dirigenti. “Prendendo spunto dal libro della blogger sarda Michela Murgia, "Il mondo deve sapere", Virzì esplora con gli occhi di Marta, attraverso il viso curioso di Isabella Ragonese, l'inferno di questo precariato con tutta la vita davanti; e lo fa con lo spirito comico e amaro che da sempre lo contraddistingue. Accentuando stavolta i toni tragicomici e grotteschi da commedia nera, il regista toscano dà vita a un'opera corale, matura e agghiacciante, che rivisita (attualizzandola) la miglior tradizione della commedia amara alla Monicelli, costruendo - grazie anche all'apporto del fido sceneggiatore Francesco Bruni - personaggi complessi e sfaccettati, teneri e feroci, comici e tragici a un tempo, ma tutti disperatamente umani e autentici.

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Gli ultimi film e il cambiamento (1) - Dopo il doc L’uomo che aveva picchiato la testa (2008), sul cantautore Bobo Rondelli, torna

ancora una volta a Livorno e nella Toscana per La prima cosa bella (2010), con Micaela

Ramazzotti, Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi, Stefania Sandrelli e Marco Messeri. Il film

racconta le vicende della famiglia Michelucci dagli anni Settanta ai giorni nostri secondo un

modello ben conosciuto: protagonista è la bella Anna (Ramazzotti), ideale prosecutrice del

personaggio di Adriana in Io la conoscevo bene (1964) di Antonio Pietrangeli (e non a caso nel

film di Virzì è interpretata in punto di morte da Stefania Sandrelli). Sedotta come Adriana dalle

persone e dagli avvenimenti, qui la figura di Anna è una madre esuberante che finisce per

rovinare la vita ai propri figli, Bruno e Valeria. Bruno, dopo aver abbandonato Livorno per

fuggire dalla madre, torna nella città natale per starle vicino negli ultimi giorni della sua vita.

Nel film tra l’altro c’è – seguendo le classiche regole della commedia all’italiana – una sequenza

di metacinema che ricostruisce il set di un film di Dino Risi.

E c0n ciò sembrerebbe che il cinema successivo di Virzì abbia cambiato direzione virando

dall’alveo tradizionale della commedia all’italiana aggiornata:

- Il poco riuscito Tutti i santi giorni (2012) è un’opera intimista interpretata da due giovani

attori italiani: Luca Marinelli e la cantautrice Thony (Federica Victoria Caiozzo). In essa Virzì

disegna la storia d’amore tra due personaggi: il film si snoda intorno al loro desiderio di avere

figli, che porterà la coppia a provare varie strade e confrontarsi con ambienti e persone

radicalmente diversi, in una Roma di cui vengono esasperate le differenze.

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Gli ultimi film: Il capitale umano (2)

Ne Il capitale umano (2014) , Virzì ambienta in Brianza con l'aiuto di Francesco Piccolo e

Francesco Bruni il romanzo omonimo di Stephen Amidon (dove la storia si svolgeva nel

Conneticut), per l’interpretazione di Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio

Gifuni e Valeria Golino. Si tratta quasi di un thriller a sfondo sociale quando una notte, su

una strada provinciale della Brianza, alla vigilia di Natale, un ciclista viene investito da un

Suv. L’unica cosa certa è che questo incidente cambierà il destino di due famiglie, quella di

Giovanni Bernaschi, top rider della finanza, e quella di Dino Ossola, ambizioso

immobiliarista sull'orlo del fallimento. E forse potrebbe cambiare per sempre anche la vita

di qualcuno altro.

Il film ha una struttura più complessa delle precedenti: in una narrazione che si compone di

4 capitoli si narra, attraverso tre diversi punti di vista e quello della polizia, ciò che è

successo nei sei mesi prima dell’incidente. Ognuno illumina un po’ di più le circostanze

attorno alla tragedia. Ogni punto di vista è un capitolo e si concentra su un personaggio

particolare. La goliardia toscana, il cinismo burlone romano sono lontani, senza quasi più

alcun eco in questo film nordico.

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Gli ultimi film (3)

La pazza gioia (2016), con Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi è un road movie dove

le due protagoniste Beatrice Morandini Valdirana una mitomane dalla loquela inarrestabile e

Donatella Morelli , giovane madre tatuata e psicologicamente fragile , fuggono da Villa Biondi,

un istituto terapeutico per donne che debbono sottostare a una terapia di recupero. Per darsi

appunto alla pazza gioia. Con la collaborazione alla sceneggiatura di Francesca Archibugi, si

torna nell'amata Toscana in una terra “che gli consente di fondere, come solo lui sa fare,

ironia, buonumore e dramma muovendosi tra le diverse temperature emotive con una

sensibilità che si fa sempre più acuta e partecipe delle sorti dei personaggi che porta sullo

schermo”. Un buon film al femminile per un regista attento al cambiamento.

Segue ancora un road movie che costituisce la prima avventura fuori dall’Italia di Virzi: Ella &

John - The Leisure Seeker (The Leisure Seeker, 2017) con due scatenati protagonisti Helen Mirren

e Donald Sutherland, lasciati a recitare senza freni. Il film è l’adattamento cinematografico del

romanzo In viaggio contromano (The Leisure Seeker, 2009) di Michael Zadoorian ed è molto

poco piaciuto alla critica americana che ha rimproverarò la superficialità con cui il regista e i

suoi sceneggiatori hanno trattato il viaggio e le avventure di questa coppia di ottantenni da

Boston verso Key West, dove c'è il museo della casa di Ernest Hemingway, di cui John è

appassionato.