riassunti Anatomia patologica 07-08

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ANATOMIA PATOLOGICA L’anatomia patologica studia le caratteristiche morfologiche delle malattie avvalendosi della citologia e dell’istologia. Un campione citologico è costituito da cellule staccate ottenute da prelievo o esfoliazione con una spatola, strisciate su un vetrino e studiate al microscopio con un ingrandimento tra 10x e 40x. Questo tipo di campione viene usato generalmente per i test di screening. Un campione istologico deriva da una biopsia in cui si asporta con uno strumento chirurgico un segmento di tessuto in esame e si studia nella sua architettura al microscopio ottico con un in gradimento di 4x. Questo tipo di campione viene usato generalmente per i test diagnostici PAP TEST È un test di screening che si fa al microscopio ottico con un campo ampio (10x) e che si basa sull’analisi di cellule esfoliate dal collo della cervice uterina mediante l’ausilio di una spatola e strisciate su un vetrino. Il collo dell’utero ha una mucosa con una componente superficiale ( epitelio) e una profonda (connettivo o lamina propria) separate da una membrana basale (che non si vede al microscopio ottico). L’epitelio del collo uterino ha un versante esterno squamoso pluristratificato non cheratinizzante (esocervice) e un versante interno cilindrico monostratificato muciparo (endocervice). L’esocervice è costituita da uno strato basale dove sono presenti cellule proliferanti, uno strato intermedio con cellule in differenziazione, e uno strato superficiale dove le cellule esfoliano. Il pap test è basato sull’analisi morfologica delle cellule degli strati superficiali, prelevate alla zona di confine tra i due epiteli (endo e esocervice) detta zona di trasformazione. L’adeguatezza del test si valuta sulla base della presenza o meno di cellule endocervicali e di muco, anche se ancora oggi è dibattuta la necessità della loro presenza come garanzia dell’adeguatezza del test. È un test di screening di patologie del collo dell’utero in età fertile, e di patologie endometriali in menopausa. PAP TEST NORMALE: sono presenti cellule mature e ben differenziate: sono grandi (35-45 μ), con un rapporto nucleo/citoplasma di 1/8. Hanno un citoplasma sottile e piatto acquisito durante la differenziazione allo scopo funzionale di rivestimento di una superficie estesa. Il citoplasma si colora di rosa (eosinofilo) o di azzurro (basofilo). Hanno un nucleo piccolo e picnotico senza nucleoli né cheratina, inattivo. Oltre a questa, che rappresenta la componente cellulare principale del pap test, possono essere presenti anche cellule squamose intermedie, a metà strada maturativa, più piccole e con un nucleo meno picnotico in cui è visibile ancora la membrana nucleare. Durante la MENOPAUSA l’epitelio desquama più facilmente e potremo anche vedere cellule dello strato basale; sono più piccole con un nucleo ben visibile che costituisce metà della superficie cellulare. Trovare queste cellule in età fertile è sintomo di patologia. Oltre alle cellule dell’esocervice, si possono trovare anche cellule dell’endocervice. Queste sono cellule polari (dalla morfologia di una cellula possiamo predire quella della cellula a fianco), mucipare; hanno un terminal bar: una struttura su cui sono inserite le ciglia. I nuclei sono rotondi e uniformi. La morfologia polare si vede bene lungo l’asse longitudinale, mentre lungo l’asse traverso appaiono come cellule tonde. Queste cellule possono andare incontro a METAPLASIA: processo di trasformazione funzionale reversibile dovuto a necessità fisiologiche; in tal caso si dotano di citoplasma e assumono una morfologia tonda simile alle cellule squamose.

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ANATOMIA PATOLOGICA

L’anatomia patologica studia le caratteristiche morfologiche delle malattie avvalendosi della

citologia e dell’istologia.

Un campione citologico è costituito da cellule staccate ottenute da prelievo o esfoliazione con una

spatola, strisciate su un vetrino e studiate al microscopio con un ingrandimento tra 10x e 40x.

Questo tipo di campione viene usato generalmente per i test di screening.

Un campione istologico deriva da una biopsia in cui si asporta con uno strumento chirurgico un

segmento di tessuto in esame e si studia nella sua architettura al microscopio ottico con un in

gradimento di 4x. Questo tipo di campione viene usato generalmente per i test diagnostici

PAP TEST È un test di screening che si fa al microscopio ottico con un campo ampio (10x) e che si basa

sull’analisi di cellule esfoliate dal collo della cervice uterina mediante l’ausilio di una spatola e

strisciate su un vetrino.

Il collo dell’utero ha una mucosa con una componente superficiale (epitelio) e una profonda

(connettivo o lamina propria) separate da una membrana basale (che non si vede al microscopio

ottico).

L’epitelio del collo uterino ha un versante esterno squamoso pluristratificato non cheratinizzante

(esocervice) e un versante interno cilindrico monostratificato muciparo (endocervice).

L’esocervice è costituita da uno strato basale dove sono presenti cellule proliferanti, uno strato

intermedio con cellule in differenziazione, e uno strato superficiale dove le cellule esfoliano.

Il pap test è basato sull’analisi morfologica delle cellule degli strati superficiali, prelevate alla zona

di confine tra i due epiteli (endo e esocervice) detta zona di trasformazione. L’adeguatezza del test

si valuta sulla base della presenza o meno di cellule endocervicali e di muco, anche se ancora oggi è

dibattuta la necessità della loro presenza come garanzia dell’adeguatezza del test. È un test di

screening di patologie del collo dell’utero in età fertile, e di patologie endometriali in menopausa.

PAP TEST NORMALE: sono presenti cellule mature e ben differenziate: sono

grandi (35-45 µ), con un rapporto nucleo/citoplasma di 1/8. Hanno un citoplasma

sottile e piatto acquisito durante la differenziazione allo scopo funzionale di

rivestimento di una superficie estesa. Il citoplasma si colora di rosa (eosinofilo) o di

azzurro (basofilo). Hanno un nucleo piccolo e picnotico senza nucleoli né cheratina,

inattivo.

Oltre a questa, che rappresenta la componente cellulare principale del pap test, possono

essere presenti anche cellule squamose intermedie, a metà strada maturativa, più piccole e

con un nucleo meno picnotico in cui è visibile ancora la membrana nucleare.

Durante la MENOPAUSA l’epitelio desquama più facilmente e potremo anche vedere

cellule dello strato basale; sono più piccole con un nucleo ben visibile che costituisce metà

della superficie cellulare. Trovare queste cellule in età fertile è sintomo di patologia.

Oltre alle cellule dell’esocervice, si possono trovare anche cellule dell’endocervice. Queste

sono cellule polari (dalla morfologia di una cellula possiamo predire quella della cellula a

fianco), mucipare; hanno un terminal bar: una struttura su cui sono inserite le ciglia. I

nuclei sono rotondi e uniformi. La morfologia polare si vede bene lungo l’asse

longitudinale, mentre lungo l’asse traverso appaiono come cellule tonde.

Queste cellule possono andare incontro a METAPLASIA: processo di

trasformazione funzionale reversibile dovuto a necessità fisiologiche; in tal caso si

dotano di citoplasma e assumono una morfologia tonda simile alle cellule squamose.

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Talvolta, fino al 10° giorno di ciclo, si possono osservare nello striscio anche cellule

endometriali (mucosa che riveste il corpo dell’utero). Sono patologiche in menopausa.

Quando il tessuto è ATROFICO (in menopausa o dopo il parto) l’epitelio squamoso

superficiale perde le sue caratteristiche morfologiche ed è costituito da cellule che non

maturano molto con nuclei più grandi.

Spesso ritroviamo anche cellule infiammatorie: se è in corso un’infiammazione, i

leucociti formano un tappeto (essudato infiammatorio) che può dare fastidio alla

visuale e rappresentare quindi un limite all’adeguatezza del pap test. Per esempio,

trovare granulociti neutrofili (nucleo trilobato) è sintomo spesso di infezione da

Trichomonas vaginalis: è consigliabile in questo caso ripetere il test dopo 3 mesi.

Non si conosce statisticamente il valore diagnostico del pap test.

Lo scopo di quest’analisi è identificare il fenomeno di DISPLASIA della cervice uterina:

alterazione dell’omeostasi tra proliferazione e differenziazione dovuta a infezione da parte di agenti

patogeni. Il più importante è l’HPV (virus del papilloma umano), ma possono essere coinvolti anche

altri tipi di patogeni:

- Trichomona vaginalis: è visibile anche nello striscio. Non implica mutazioni oncogeniche,

ma causa alterazioni simili all’HPV: i nuclei delle cellule intermedie sono picnotici e hanno

un alone paranucleare. C’è quindi il rischio di una diagnosi sbagliata.

- Candida albicans: è un micete che forma delle ife, filamenti, spore rosse (tutte visibili al

microscopio). Le alterazioni cellulari riuardano i nuclei, che diventano grandi e irregolari, e

c’è un forte richiamo infiammatorio.

- Actinomyces: patogeno che forma aggregati filamentosi e ramificati; è un’infezione tipica di

donne che usano IUD (spirale) come metodo contraccettivo.

- HSV (Herpes Simplex Virus): anche in questo caso non abbiamo alterazioni oncogeniche.

Questo patogeno causa alterazioni nucleari: nuclei dall’aspetto di vetro smerigliato

(svuotati), multinucleazioni con molding nucleare, inclusioni nucleari eosinofile. La

struttura cellulare cambia in modo che le cellule riescono ad adattarsi le une sulle altre.

La displasia nella maggior parte dei casi è indotta da HPV, un virus a dsDNA che

causa inattivazione di geni oncosoppressori, portando a una iperproliferazione delle

cellule dello strato basale dell’esocervice, con riduzione del processo

differenziativo. Ne deriva che le cellule della superficie saranno meno differenziate

e la loro morfologia può essere identificata al microscopio (nucleo discariotico).

La discariosi è un fenomeno di alterazione nucleare che si manifesta nelle cellule

degli strati superficiali, le quali non hanno il tempo di maturare e presentano quindi nuclei scuri e

ipercromatici, un aumentato rapporto nucleo/citoplasma.

Talvolta, in caso di displasia lieve, l’infezione è evidente nella morfologia

cellulare: sono infatti presenti cellule dette coilociti che hanno un alone intorno al

nucleo, una membrana nucleare alterata e irregolare, la cromatina punteggiata, il

citoplasma addensato alla periferia. Il citoplasma risulta quasi scomparso in

presenza di grave discariosi.

In caso di pap test positivo, si procede a test diagnostici più approfonditi: biopsia della cervice

uterina rivela una iperproliferazione degli strati basali dell’esocervice. Si tratta di una sezione

istologica ottenuta tagliando col microtomo una fetta da un blocchetto di paraffina in cui è stato

incluso il tessuto. Si inserisce la sezione in un vetrino e si guarda al microscopio ottico, dopo

opportuna colorazione, con un ampio ingrandimento (4x). La colorazione tipica di questa sezione

istologica è ematossilina-eosina, mentre la colorazione per il campione citologico del pap-test è

papanicolaou.

Fino agli anni ’80 la displasia della cervice uterina veniva classificata in CIN (neoplasia cervicale

intraepiteliale):

- CIN1: lieve iperproliferazione delle cellule basali dell’epitelio

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- CIN2: le cellule proliferanti occupano 2/3 dell’epitelio, il restante 1/3 differenzia in cellule

discariotiche

- CIN3: l’epitelio è completamente discariotico.

Anche quando parliamo di CIN3 ci riferiamo ancora ad una fase preneoplastica (carcinoma in situ)

in cui si ha una iperproliferazione che interessa l’epitelio a tutto spessore e che può ancora essere

asportata. Nel momento in cui le cellule neoplastiche superano la membrana basale, invadendo la

lamina propria, si ha il coinvolgimento dei vasi, con successivo rischio di metastatizzazione. Al

microscopio queste cellule appaiono anomale, con citoplasma irregolare, e perdono la capacità

aggregativa, ancora conservata dalle cellule displastiche. L’avanzamento da displasia a neoplasia è

piuttosto lento, pertanto il PAP TEST è un ottimo strumento diagnostico per identificare il

carcinoma in situ e eradicarlo prima che diventi una neoplasia.

La presenza di 3 livelli di avanzamento della displasia rendeva complicata e alquanto soggettiva la

diagnosi. Pertanto dagli anni ’90 è stata introdotta una classificazione a due stadi: SIL (lesione

squamosa intraepiteliale):

- L-SIL: basso grado, displasia lieve. L’approccio dopo questa diagnosi prevede di seguire la

paziente e di ripetere il PAP TEST ogni 3-6 mesi. Questo tipo di lesione si ha quando HPV

infetta le cellule dello strato basale ma resta in forma episomale permettendo un parziale

differenziamento delle cellule fino a raggiungimento dello strato superficiale. Qui il virus

inizia il suo ciclo produttivo (infezione produttiva), determinando la formazione e

l’assemblaggio nel nucleo cellulare dei virioni, visualizzabili con una metodica di

ibridazione in situ (ISH). In presenza di L-SIL si ritrovano spesso markers quali coilociti

(da non confondere al microscopio con gli pseudocoilociti: cellule contenenti molto

glicogeno, ma distinguibili per le normali dimensioni e forma nucleari) e CBP (cytokeratin

binding protein). Un fenomeno che si associa a L-SIL è l’ipercheratosi (citosol più

orangiofilo con la colorazione di papanicolau).

- H-SIL: alto grado, displasia grave. Dopo questa diagnosi di carcinoma in situ,

viene eseguito un trattamento immediato. È una lesione displastica di alto grado,

per cui non sono presenti coilociti. Il virus infetta le cellule dello strato basale

della zona di trasformazione e si integra nel genoma,bloccando qualsiasi processo

differenziativo.

Nonostante la notevole utilità diagnostica del PAP TEST, rimane un’alta % di falsi

negativi (20-30%). Ciò è dovuto anche alla presenza di cellule atipiche non discariotiche che

si trovano spesso nell’analisi microscopica: ASCUS (cellule squamose atipiche di significato

indeterminato); hanno aumentate dimensioni nucleari, cambiamenti nel dettaglio della

cromatina, maggiore irregolarità. Se si ritrovano queste cellule in un PAP TEST, si fa

colposcopia.

Analisi molecolare

In caso di PAP TEST dubbio, in assenza di chiare cellule discariotiche e in presenza di ASCUS, un

modo per ridurre il numero dei falsi negativi e aumentare la sensibilità dell’analisi è procedere a

indagini di tipo molecolare (PCR) volte all’identificazione del genoma virale. Una metodica

alternativa alla PCR è ibride capture: ibridazione in soluzione del DNA di HPV con una sonda di

RNA con cui forma un ibrido, che viene riconosciuto da specifici Ab marcati con fluorescenza e

inseriti nella soluzione. Un limite è rappresentato dal fatto che l’infezione di HPV è spesso

transitoria e genera modificazione displastiche lievi che regrediscono facilmente (L-SIL/CIN1).

Solo nel caso in cui l’analisi del DNA è + per 2-3 volte si può ipotizzare la presenza di un’infezione

persistente.

Inoltre il risultato dell’analisi è età dipendente.

L’infezione transitoria è molto frequente nelle donne di età <30anni; pertanto è inutile procedere ad

analisi di DNA di HPV dopo il PAP TEST con risultato incerto; si preferiscono altri tipi di indagini.

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Invece nelle donne di età >30ann è molto frequente l’infezione persistente, per cui è utile dopo il

PAP TEST procedere ad analisi molecolare.

HPV è presente in 90 diverse varianti, 20 delle quali sono patogene per la mucosa cervicale.

Alcuni sottotipi sono a basso rischio (6,11) in quanto il genoma virale resta sottoforma episomale,

altri invece sono ad alto rischio (16,18) in quanto sono capaci di integrarsi nel genoma ospite e

mediante oncoproteine iperespresse interagiscono con geni oncosoppressori quali p53 e rb. In

particolare sono le proteine della fase precoce (E, early) ad avere un alto potenziale oncogenico: E6

attiva la degradazione di p53 ed E7 inattiva rb.

L’integrazione del genoma nella cellula ospite determina la inattivazione della proteina E4 deputata

al controllo di E6-E7, che risultano quindi iperespressi e iperattivati. Un tipo di analisi molecolare è

infatti volta alla valutazione dei livelli di espressione (mRNA) di E6-E7.

Quindi l’infezione di HPV è un evento che predispone alla neoplasia, mentre l’inattivazione di p53

e rb sono decisivi per il suo sviluppo. L’inattivazione di rb, sintomo di un’infezione virale attiva,

determina un aumento di p16, il che può essere visualizzato tramite metodiche di

immunocitochimica: le cellule vengono fissate su vetrino e trattate con Ab anti p16, dopodichè

vengono contrastate con ematossilina-eosina: nel punto in cui avverrà la reazione Ag/Ab si avrà un

precipitato rosso nel nucleo visibile al microscopio (p16 è presente nel nucleo in caso di displasia).

Con questa stessa metodica si può valutare la presenza del virus intero, mediante un Ab che

riconosce la proteina L1 che è un componente strutturale della capsula (se è presente: infezione

conclamata).

FISSAZIONE: bloccare il metabolismo delle cellule tramite formalina pH7 in istologia e alcool

assoluto in citologia. Lo scopo è quello di disidratare completamente cellule e tessuti, inattivando

gli enzimi; Usando paraformaldeide al 4% si conservano DNA e RNA.

Grazie alla fissazione di cellule e tessuti e alla loro inclusione in blocchetti di paraffina si può avere

a disposizione una raccolta di materiale biologico di un paziente e fare studi retrospettivi. Sull’RNA

però non è possibile fare studi retrospettivi perché non si conserva a lungo.

La paraffina è una cera liquida a 56°C con cui viene riempito il tessuto sia all’interno che

all’esterno per una notte, poi viene portato a T ambiente e viene fatto raffreddare, condensando

all’interno e all’esterno. A questo punto il tessuto è pronto per essere tagliato col microtomo e

colorato. Le sezioni del blocchetto di paraffina possono essere utilizzate per diversi tipi di indagini.

TMA: Tissue Multiple Array: versione macroscopica di un microgenearray. Uno strumento taglia

dai vari blocchetti di paraffina un minicilindro di tessuto e lo deposita sul vetrino. Si avranno quindi

molti tessuti affiancati che possono essere analizzati contemporaneamente mediante metodica

immunoistochimica (Ab): si possono usare 2 Ab (1° contro il marcatore da analizzare; 2° contro Ab

e legato a perossidasi), oppure 3 Ab per aumentare la specificità e ridurre il background aspecifico.

L’Ab 2° può essere anche biotinilato.

Bisogna curare bene i tempi di fissazione per evitare di danneggiare il marcatore da analizzare (non

+ di una notte). Il giorno dopo la fissazione il blocchetto può essere subito processato (TMA). In

caso di danneggiamento, si può fare uno smascheramento antigenico (blocchetto nel forno a micro-

onde per recuperare l’antigenicità).

Le sole cellule discariotiche non testimoniano con certezza la presenza di HPV nella cervice uterina

(mentre i coilociti presentano modificazioni cellulari caratteristiche dell’infezione di HPV), tuttavia

oggi si può dire con una certezza quasi del 100% che la discariosi è dovuta a HPV.

I soggetti più a rischio d sviluppare carcinoma in situ sono le donne portatrici croniche di HPV, dal

momento che studi di follow-up indicano che per lo sviluppo, il mantenimento e la progressione di

neoplasia intraepiteliale cervicale è necessaria la continua presenza del DNA di HPV.

Talvolta è anche possibile assistere ad una regressione spontanea dell’infezione, che non ci si

aspetta più dopo gli 8 mesi.

ALTS: Ascus L-SIL triade study: gruppo di studio volto a dimostrare la sensibilità del PAP TEST

associato all’analisi molecolare in alternativa alla colposcopia.

Nonostante questo studio, rimane da dire che il test molecolare è + nel 50% degli ASCUS.

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Neoplasie Si definisce tumore un’iperproliferazione non controllata di un clone cellulare in un dato tessuto in

seguito a mutazioni geniche.

In base al grado di differenziamento, alla velocità di crescita e al livello di invasione tissutale

possiamo classificare i tumori in benigni e maligni.

Adenoma è il termine applicato alle neoplasie epiteliali benigne che formano aspetti ghiandolari e a

tumori che derivano dalle ghiandole. A seconda della morfologia dell’adenoma distinguiamo il

papilloma (neoplasia benigna epiteliale che produce proiezioni digitiformi o verrucoidi) dal

cistoadenoma (neoplasia benigna che forma grosse masse cistiche).

Carcinoma è il termine applicato alle neoplasie epiteliali maligne; si distinguono in base

alla morfologia adenocarcinomi (aspetto microscopico di tipo ghiandolare) da carcinomi a

cellule squamose. I tumori maligni che insorgono nei tessuti mesenchimali sono

comunemente chiamati sarcomi.

Caratteristiche Benigno Maligno

Differenziame

nto/anaplasia

Ben differenziato: la

struttura può essere

tipica del tessuto di

origine

Mancanza di differenziamento con anaplasia; cellule mostrano

pleomorfismo: variazione di forma e dimensione, sono+grandi

o+piccole, i nuclei sono+grandi e generalmente ipercromici.

Cromatina irregolare. Le cel perdono la loro polarità e

appaiono disordinate.

Tasso di

crescita

Generalmente

progressiva e lenta: può

arrestarsi o andare

incontro a regressione.

Le figure mitotiche

sono rare e normali

non costante e può essere da lenta a rapida. Le figure mitotiche

possono essere numerose, anomale e multipolari

Invasione

locale

Generalmente coesivo

ed espansivo, massa

ben delimitata che non

invade i tessuti

circostanti

Progressiva infiltrazione, invasione e distruzione dei tessuti

circostanti; a volte può essere apparentemente coesivo ed

espansivo

Metastasi Assente Spesso presenti; più grande e più differenziato è il tumore

primitivo, più probabili sono le metastasi

Crescendo ed espandendosi lentamente, i tumori benigni sviluppano di solito un rivestimento

connettivale detto capsula, che deriva principalmente dallo stroma; la capsula tende a contenere la

neoplasia benigna come una massa discreta senza capacità di infiltrare i tessuti circostanti.

In anatomia patologica già macroscopicamente è possibile distinguere un adenoma da un carcinoma

analizzando il livello di superamento della capsula del tumore. Finchè il tumore resta confinato in

un’area specifica separato dal resto del tessuto circondato dalla capsula, è quasi sicuramente

benigno oppure è maligno ma ad uno stadio preinvasivo (carcinoma in situ). Se il tumore supera la

capsula e invade il tessuto circostante, è sicuramente maligno. Quando un tumore maligno

colonizza altri tessuti parliamo di metastasi: Una metastasi è un impianto tumorale discontinuo

rispetto al tumore primario, che si crea in conseguenza a invasione da parte del tumore.

Una possibile via di disseminazione è l’impianto diretto in cavità (peritoneo, pleura, pericardio,

articolare): la massa neoplastica per continuità invade la cavità, costituita da foglietto parietale e

viscerale. Viene detto anche versamento neoplastico (ascite) e si studia per immunoistochimica.

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Un’altra via di disseminazione è quella linfatica, preferenziale per carcinomi ma spesso utilizzata

anche da sarcomi. La disseminazione segue le vie naturali del drenaggio linfatico. Talvolta le

cellule tumorali vengono distrutte ad opera di una risposta immune tumore specifica. Pertanto il

riscontro di un ingrossamento dei linfonodi in prossimità di una neoplasia maligna può indicare sia

una diffusione e crescita tumorale sia una imperplasia di tipo reattivo.

Una volta che è avvenuta l’invasione capsulare possono essere coinvolti i vasi e si creano dei trombi

neoplastici in circolo. Quando un trombo neoplastico si endotelializza, viene circondato da cellule

cd34+ (evidenziabili con immunoistochimica). I trombi neoplastici oltre ad aumentare il rischio

trombotico, possono colonizzare altri tessuti generando metastasi ematiche (il 30% dei carcinomi

alla diagnosi si presentano già metastatizzati).

Si distinguono metastasi per via arteriosa (più rara per lo spessore del vaso), che passano per il letto

capillare e spesso arrivano al polmone; metastasi venosa (più frequente), che spesso partono dal

rene (vena renale e vena cava) o dal fegato (vena porta).

Progressione neoplastica:

- iperplasia: le cellule del tessuto proliferano più del normale e subiscono delle modificazioni

funzionali reversibili

- adenoma: le cellule iperproliferanti formano

una massa (nodulo) in un punto, separato dal

resto del tessuto da una capsula

- carcinoma ben differenziato: il tasso di

proliferazione aumenta fino al superamento

della capsula e all’invasione del tessuto

circostante; le cellule conservano ancora le

caratteristiche immunofenotipiche del tessuto

d’origine

- carcinoma non differenziato: caratterizzato da

una proliferazione a tappeto di cellule che non

ricordano né fenotipicamente né

morfologicamente il tessuto d’origine. Si

possono formare aree di necrosi in caso di mancata vascolarizzazione

- carcinoma con invasione vascolare

Sistema TNM

Descrive l’estensione anatomica della malattia attraverso la valutazione di tre paramentri: il tumore

primitivo (T), lo stato dei linfonodi regionali (N), la presenza o meno di metastasi ematiche (M).

Il primo linfonodo soggetto a metastasi viene definito linfonodo sentinella

Per una neoplasia possiamo definire il GRADING, cioè il livello di differenziamento determinato

da 3 parametri connessi alla aggressività della neoplasia: caratteristiche di differenziamento

citologico delle cellule tumorali, numero di mitosi e atipie nucleari. La velocità di accrescimento

della neoplasia è inversamente correlata al grado di differenziamento, è generalmente superiore nei

tumori maligni e, come detto in precedenza, può dipendere dall’azione ormonale.

Le categorie cliniche o patologiche del TNM e il Grading possono poi essere raggruppate in stadi

clinici e patologici che si caratterizzano per l’omogeneità della prognosi dei pazienti con una stessa

neoplasia (STAGING); la conoscenza dello stadio è essenziale per la scelta di una terapia adeguata,

per la formulazione di un giudizio prognostico e nel processo di valutazione della risposta al

trattamento.

A seconda del livello di anaplasia le neoplasie vengono classificate da I a IV (G1 neoplasia ben

differenziata, G2 neoplasia moderatamente differenziata, G3 neoplasia scarsamente differenziata,

G4 neoplasia indifferenziata).

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Per stabilire il grading di un tumore si possono contare le figure mitotiche (normali o atipiche,

tripolari, quadripolari, mitosi a scoppio) oppure si può fare immunoistochimica con diversi

marcatori di proliferazione e differenziamento.

- Ki67: marker di proliferazione, colora i nuclei delle

cellule da G1 in poi. Le cellule restino (G0) non si

colorano.

- Tg e PSA: markers di differenziamento tiroideo e

prostatico, presenti sul tessuto normale e sul

carcinoma ben differenziato; sono utili per

identificare l’origine tumorale delle metastasi.

- CK + desmina: utile per la diagnosi di carcinoma anaplastico, linfoma, melanoma, sarcoma.

La presenza di CK (citocheratina) è indicativa di carcinoma, mentre la desmina è tipica dei

sarcomi muscolari.

- ER/PG – ErbB2: markers prognostici di staging e grading.

In un vetrino citologico di un carcinoma sono presenti diversi tipi cellulari: oltre alle cellule

neoplastiche, si evidenziano cellule epiteliali (con la colorazione di ematos-eos sono in negativo),

cellule infiammatorie (si vedono con immunoistochimica), cellule mesenchimali stromali.

TIROIDE Il nodulo tiroideo è un problema clinico di patologia medica che

richiede metodiche di anatomia patologica.

Rappresenta un problema comune: il 4-8% della popolazione alla

palpazione mostra noduli tiroidei. È maligno in <5% dei casi.

Viene riscontrato nel 13% dei casi con ecografia tiroidea, nel 40%

dei casi con ecografia alle paratiroidi, nel 50% dei casi dopo

autopsia.

L’incidenza del Ca tiroideo rispetto a tutte le altre neoplasie è 1% negli uomini e 3% nelle donne. Si

tratta di neoplasie biologicamente complesse, caratterizzate da frequenti lesioni preneoplastiche

poco chiare, con una progressione adenomacarcinoma non nota.

DIAGNOSTICA DEL NODULO TIROIDEO:

- Test sierici (ormoni)

- Ecografia e scintigrafia

- Agoaspirato (FNC: citologia per ago sottile)

- Clinica

Il poter diagnostico della clinica + imaging è del 10-15%, mentre l’aggiunta del FNC fa aumentare

questa percentuale fino a 50%.

1) Clinica: si valuta l’età del paziente; il nodulo è più pericoloso nei bambini e negli anziani. Il

sesso: negli uomini la frequenza di noduli maligni è maggiore che nelle donne. Ci si informa

sull’utilizzo di radioterapia da parte del paziente, in quanto alcuni tumori (Ca papillifero)

sono legati alle radiazioni. Si valuta la consistenza del tumore: un nodulo duro è

prevalentemente solido e adeso al piano sottostante (maligno); i noduli benigni (iperplastici)

sono cistici e quindi meno duri. Si valuta il tasso di crescita del nodulo (sintomo di

malignità) e la presenza di sintomi collaterali quali paralisi delle corde vocali o

linfoadenopatie.

2) Test sierici: si dosa la Calcitonina. Nel Ca midollare (cel parafollicolari) si ha un notevole

aumento sierico della calcitonina

3) IMAGING: Scintigrafia: serve a verificare se il nodulo è caldo (funzionante) e quindi

raramente maligno (<1% dei casi si tratta di Ca). Se il nodulo è freddo può trattarsi sia di

iperplasia che di neoplasia.

Page 8: riassunti Anatomia patologica 07-08

Ecografia: serve a valutare le dimensioni del nodulo; non da una diagnosi, ma solo un range

di rischio; si possono evidenziare noduli con microcalcificazioni, solidi: ↑ rischio di Ca

(40%), oppure noduli non calcifici e cistici: ↓ rischio di Ca (3%).

Con le tecniche di imaging si può individuare la presenza di noduli multipli. In 2 casi su 3 il

nodulo più grande (nodulo dominante) è quello neoplastico. La presenza di 2 noduli ha lo

stesso rischio di neoplasia di uno solo, mentre dai 3 noduli in su il rischio di neoplasia si

riduce.

4) FNC: è il prelievo per ottenere un campione citologico da analizzare su vetrino, non adatto

quindi per studiare i criteri architetturali. Può non essere diagnostico se non vengono

campionate le cellule tiroidee (nel 17% dei casi si deve ripetere). Nel 70% dei casi da una

diagnosi di benignità, nel 3,5% dei casi da una diagnosi di malignità. Rimane un 10% di casi

di test DUBBIO (come ASCUS per PAP-TEST): si sta tentando di ridurre questa %

integrando FNC con metodiche molecolari. I limiti di FNC sono gli errori di

campionamento (è una metodica operatore dipendente), la difficoltà di identificare il Ca

quando sono presenti noduli multipli.

CARCINOMA PAPILLARE TIROIDEO

È la forma ci Ca tiroideo più frequente, solitamente associato a

pregressa esposizione a radiazioni. Se diagnosticato prima dei 40 anni,

ha un’ottima prognosi.

All’analisi morfologica si vedono lesioni nodulari talvolta incapsulate,

con aree di fibrosi e calcificazioni, e un aspetto cistico. Solo con

l’istologia si può vedere il superamento della capsula.

È frequente la formazione di papille, cioè digitazioni circondate da stroma e da un epitelio

neoplastico; quando presenti, queste papille sono differenti da quelle che si possono riscontrare

nelle aree di iperplasia in quanto sono dotate di densi assi fibrovascolari.

Il campione citologico è FNC, che si può eseguire sotto guida ecografia (noduli

piccoli <1,5 cm, non palpabili, cistici), e colorare con una colorazione MGG

(rapida, anche in corso di intervento operatorio). Le cellule neoplastiche si

staccano più facilmente e quindi vengono prelevate in % maggiore; inoltre esse

sono distinguibili perché formano una curva caratteristica in quanto tenute insieme

dallo stroma, mentre le cellule iperplastiche collassano.

La natura cellulare è anomala con nuclei atipici, allungati, grandi, irregolari, con solchi

nucleari e pseudonucleoli (invaginazioni citoplasmatiche eosinofile nel nucleo),

membrana nucleare più grande e ripiegata, cromatina chiara e finemente dispersa

(aspetto a vetro smerigliato). Si possono riscontrare anche corpi psammomatosi, cioè

calcificazioni lamellari al centro delle papille.

Esiste una variante morfologica del Ca papillare che ha una tipica struttura

follicolare; dal punto di vista citologico le caratteristiche del Ca papillare rimangono

invariate, mentre l’architettura diventa quasi completamente follicolare.

Nonostante il campione FNC sia ottimo per diagnosticare Ca papillifero tiroideo con

un sensibilità del 95%, rimane una zona grigia costituita da Ca follicolare e gozzo

adenomatoso.

CARCINOMA FOLLICOLARE

È la seconda forma in ordine di frequenza delle neoplasie maligne tiroidee. Macroscopicamente

appare come nodulo solitario, difficilmente distinguibile dal Ca papillare nella variante follicolare.

L’analisi istologica mostra follicoli bordati da cellule ben differenziate, uguali a cellule di adenoma,

iperplasia o neoplasia. L’analisi mediante FNC permette la distinzione dal Ca papillare, in quanto le

caratteristiche citologiche di quest’ultimo sono specifiche, ma non stabilisce una netta distinzione

Page 9: riassunti Anatomia patologica 07-08

tra Ca follicolare e iperplasia benigna. Per cui si fa ricorso a immunoistochimica e si cercano

markers fenotipici (non si conosce la ragione genotipica dell’incremento di questi markers).

- Galectina 3: si può dosare attraverso immunoistochimica in una sezione ottenuta da

blocchetto di paraffina in cui abbiamo incluso il tessuto o FNC: i carcinomi sono positivi a

questo marker, e anche i linfociti (controllo positivo interno al test) mentre i gli adenomi

sono negativi. Ci sono pareri contrastanti sul valore diagnostico di questo marker.

- CK-19 (citocheratina): le cellule neoplastiche si colorano di marrone; ci

possono essere falsi positivi in caso di iperplasia con aree cistiche e tessuto

fibrotico.

- HBME1: espressa in cellule mesoteliali (peritoneo, pleura) e dai tumori

tiroidei. Sia in sezioni istologiche sia su campioni citologici si ha una

colorazione della membrana citoplasmatica blu dei follicoli normali e

marroncino-rosso delle strutture neoplastiche.

Per tutti questi markers è difficile identificare un cut off di positività, in quanto i risultati ottenuti

sono soggetti a variazioni di interpretazioni. Per questo spesso si integrano le metodiche molecolari.

METODICHE MOLECOLARI

Dopo l’analisi citologica si grattano le cellule dal vetrino e si fa PCR alla ricerca di mutazioni

oncogeniche, spesso rappresentate da grossi riarrangiamenti cromosomici come nei linfomi, dovuti

spesso a esposizione a radiazioni (Cernobil).

Si cerca mutazione del gene b-RAF, che si verifica solo nelle neoplasie maligne. Questo tipo di

indagine molecolare serve a dare conferma diagnostica di Ca papillare nella variante papillare. La

variante follicolare e il Ca follicolare sono invece difficili da diagnosticare.

Un altro oncogene spesso mutato nel Ca papillare, ma meno specifico di b-RAF, è Ret, che subisce

un riarrangiamento caratteristico (falsi positivi: tiroidite) dopo esposizione a radiazioni.

Un altro gene è PAX8/PPAγ, mutato frequentemente nel Ca follicolare, ma anche nell’adenoma.

POLMONE Il carcinoma polmonare (CP) si suddivide in due ampi gruppi: il carcinoma polmonare a piccole

cellule (SCLC), che rappresenta circa il 20-25% di tutti i casi di CP, ed il carcinoma polmonare non

a piccole cellule (NSCLC), che comprende la restante parte.

Lo SCLC è un tumore neuroendocrino, che fa spesso metastasi cerebrali; le cellule sono

particolarmente sensibili sia ai farmaci antineoplastici sia alla radioterapia. Tale caratteristica è però

poco utilizzabile in terapia a causa della estrema aggressività di questo tipo di tumore che viene

diagnosticato quando è in fase estremamente avanzata.

Il NSCLC ha invece un origine epiteliale e non presenta caratteristiche neuroendocrine. Le sue

cellule mostrano una bassa sensibilità alla radio- e alla chemioterapia, ma il suo comportamento

biologico è meno aggressivo di quello del carcinoma a piccole cellule.

Per diagnosticare neoplasie polmonari si possono utilizzare diversi tipi

di campioni. I campioni istologici sono ottenibili solo con interventi

operatori e danno una chiara visualizzazione dell’architettura alveolare.

I campioni citologici sono invece di diverso tipo:

- espettorato: metodica esfoliativa (tosse) che può essere o meno

preceduta da broncoscopia (esame invasivo). La sensibilità di diagnosi

di neoplasie su questo tipo di campione è istotipodipendente, ed è

maggiore per i tumori con localizzazione centrale, mentre si riduce notevolmente per le neoplasie

periferiche. Il campione è costituito da cellule singole esfoliate, poco preservate, con una

morfologia alterata. Possono essere studiate con markers molecolari (EGF-R, p53, rb, k-ras, bcl2).

Page 10: riassunti Anatomia patologica 07-08

- lavaggo bronchiale (broncoaspirato): viene immessa una soluzione salina nei bronchi e poi viene

aspirata e si fa la raccolta delle cellule. Più adatta dell’espettorato a valutare lesioni periferiche (si

ottengono anche cellule dei bronchioli. Anche in questo caso si tratta di cellule poco preservate.

- brushing: in corso di broncoscopia si fa uno spazzolamento delle cellule: campionamento diretto

della lesione. In questo caso le cellule sono vitali e non picnotiche

- BAL: si tratta di un lavaggio bronchio-alveolare periferico, eseguito tappando il bronco e da quel

punto in poi pompando liquido. È un campione rappresentativo dei bronchioli ed è ottimo per la

diagnosi di Ca bronchiolo-alveolare e di malattie con ipersecrezione bronchiale (mucoviscidosi).

- FNC: agoaspirato che si esegue dall’esterno (intralesionale intramucoso) in corso di broncoscopia.

Può essere anche percutaneo con la guida della TAC. Da questo tipo di prelievo derivano diversi

tipi di complicanze: pneumotorace (aria accumulata nelle pleure che fa collassate il polmone),

emottisi, impianto di cellule neoplastiche lungo il tragitto dell’ago.

La sensibilità della diagnosi su campione citologico è del 50-89% con espettorato, 75-90% con

brushing, 90-98% con FNC.

- TAC spirale ad elica: serve a visualizzare noduli e adenomi piccoli anche 5 mm nell’ambito del

parenchima.

NEOPLASIE POLMONARI

Ca squamoso

L’epitelio bronchiale è cilindrico monostratificato. In caso di Metaplasia squamosa, diventa

squamoso pluristratificato (fumatori), ma si tratta di un processo reversibile. Può essere definito un

Ca squamoso in situ, che copre a tutto spessore l’epitelio bronchiale.

Se diventa invasivo, lo stroma scompare e le cellule invadono il tessuto connettivo circostante; la

presenza di cheratina non è rilevante ai fini diagnostici, ma è indicativa del grado di

differenziazione (è maggiore quando maggiore è il grado di differenziazione). Si distinguono aree di

necrosi se il tumore non è sufficientemente vascolarizzato.

Il campione ottenuto da un bronchial washing di Ca squamoso

polmonare e colorato con papanicolau è costituito da istiociti

alveolari, cellule bronchiali, background infiammatorio costituito

da linfociti e polimorfonucleati, e una massa cellulare dall’aspetto

papillare con nuclei grandi, scuri (a goccia di inchiostro),

irregolari, diversi tra loro (anisocariosi) per il diverso grado di

differenziamento. Sono cellule cheratinizzate (tratto distintivo di

Ca squamoso), alcune perdono il nucleo (ghost cel). È proprio la

cheratina ad indurre reazione infiammatoria, con ascessi necrotici.

Il campione ottenuto con FNC è costituito da cellule vitali, senza background di necrosi

e infiammazione. Anche in questo caso le cellule maligne appaiono con un nucleo

scuro, membrana nucleare atipica, citoplasma estremamente cheratinizzato.

Talvolta si verificano casi di dedifferenziazione e anaplasia.

Adenocarcinoma periferico

Il campione citologico derivato da FNC viene colorato con MGG+papanicolau

per evidenziare meglio le caratteristiche nucleari: si vede un ammasso cellulare

acinare, papillare, solido, costituito da cellule non cheratinizzanti, con nuclei

singoli o multipli prominenti. Spesso sono presenti pseudonucleoli (invaginazioni

citoplasmatiche nel nucleo) e grossi vacuoli citoplasmatici che dislocano il nucleo

alla periferia (aspetto ad anello di castone).

Page 11: riassunti Anatomia patologica 07-08

Spesso la sola analisi citologica non permette di distinguere l’adenocarcinoma polmonare da una

metastasi polmonare da altre neoplasie (neoplasia primitiva del clon). Per cui si studia clinicamente,

radiologicamente e immunofenotipicamente il tumore.

Un ottimo marcatore è TTF1, un fattore trascrizionale espresso da tiroide e polmone (si colorano i

nuclei); un marcatore per neoplasia del colon è la citocheratina 20.

Ca bronchiolo-alveolare

È un Ca che nasce in periferia, ed è caratterizzato da fronde alte colonnari

mucosecernenti e frequenti zone di calcificazione (psammoma body).

Oat cell Ca (SCLC)

è un Ca diverso dai precedenti, che possono essere definiti NSCLC

Il campione che analizziamo deriva da bronchial washing, e ci mostra cellule

piccole con poco citoplasma e nucleo scurissimo e picnotico, con una

tendenza aggregativa (molding) e reciproco adattamento delle superfici

cellulari: si formano delle catenelle di cellule (vertebra-like). La colorazione

di Papanicolaou mostra un tipico aspetto “sale e pepe”.

La differenza tra queste cellule e le cellule dell’epitelio polmonare sano è

molto lieve e legata alla forma tondeggiante delle SC e colonnare delle

cellule normali. Inoltre le SC aggregano in maniera così adesa da fa

scomparire il citoplasma.

Spesso si trova anche materiale nucleare frammentato (effetto crushing).

LINFONODI Sono costituiti da cellule linfoidi coinvolte nella risposta immune, cellule immunologicamente

attiva (APC) e cellule stomali.

Istologicamente distinguiamo una zona corticale (follicoli) costituita da linfociti B che entrano

tramite vasi a endotelio alto (VEA); una zona paracorticale costituita da linfociti Th e Ts (che

entrano tramite VEA) e un sistema di sinusoidi (dai seni sottocapsulari alla midollare) costituito da

plasmacellule e macrofagi.

Per il fenomeno dell’homing le cellule linfoidi riconoscono la sottozona da colonizzare.

Fisiologicamente avviene un processo di IPERPLASIA CORTICALE: la cellula B naive viene

attivata, entra nel centro germinativo, diventa un basto, esce migra nei sinusoidi e diventa

plasmacellula secernente Ig (clone immunoblasto).

La principali patologie che si verificano a livello linfoide si possono classificare in:

1) linfomi di Hodgkin: sono curabili all’80% se diagnosticati in tempo. Sono causati da una

cellula B impazzita che richiama attraverso il rilascio di citochine le cellule reattive. I

linfomi di Hodgkin si diffondono sia per continuità che non. La componente neoplastica è la

cellula di Hodgkin (cel di Stenberg), che possiede un nucleo plurilobato con un grande

nucleolo immersa in un background di cellule sane. Si distinguono diversi istotipi

(classificazione Real):

- Sclerosi nodulare: istotipo frequente nei giovani; la capsula linfonodale è molto

spessa, il linfonodo è segmentato in aree nodulari. Sono presenti molte cellule

reattive, cellule linfoidi e cellule neoplastiche. Possiamo trovare anche varianti

cellulari (cellula lacunare).

- Cellularità mista: istotipo frequente negli anziani. Raramente è presente la cel di

Stenberg.

Page 12: riassunti Anatomia patologica 07-08

- Deplezione linfocitaria: istotipo grave e aggressivo, frequente negli anziani. C’è una

scarsa componente reattiva, e molte cel neoplastiche sia classiche sia nelle varianti.

- Predominanza linfocitaria: istotipo più lieve, la componente di cellule reattive è

aumentata. Le scarse cel neoplastiche danno la tipida denominazione di POP CORN.

Con un’analisi immunoistochimica si ricercano markers superficiali tipici della cellula di

Hodgkin: CD30 e CD15.

2) Linfomi non Hodgkin: interessano tutti i distetti linfoidi (linfonodi, milza, MALT). Sono

più frequenti e più letali del linfomi non Hodgkin. La caratteristica clinica è la presenza di

linfonodi grossi, duri e non dolenti. Spesso le cellule neoplastiche infiltrano il torrente

ematico, alterandone la componente cellulare (leucemie). La classificazione Real/WHO

comprende due categorie a seconda del grado:

- Indolenti, non aggressivi: vengono alterati i meccanismi apoptotici; alla diagnosi

sono quasi sempre già ben diffusi, e sono incurabili tranne in caso di malattia

localizzata o di trapianto midollare. La sopravvivenza è >5anni

- Aggressivi: se non trattati sono letali. Viene alterato il ciclo cellulare (cicline). La

sopravvivenza media è <2anni. Sono curabili soprattutto in bambini e adolescenti

mediante una terapia aggressiva.

3) Linfoma follicolare: deriva dal centro germinativo; generalmente non è aggressivo e

risponde alla terapia. È dovuto nel 90% dei casi a una traslocazione caratteristica: 14-18

gene IgH (catene pesanti delle Ig) + BCL2: produzione cronica di Bcl2 no apoptosi.

Morfologicamente si presenta come una massa nodulare (follicolare) simile ad un centro

germinativo, con piccole e grandi cellule, sia incise che non, attivate. Con

immunoistochimica si usano markers positivi quali CD119, CD10, Bcl6, Bcl2 e markers

negativi quali CD5 e ciclina D1. Come tecniche molecolari per identificare la traslocazione

si usano PCR/FISH.

4) Linfoma diffuso a cellule B: linfoma aggressivo che colpisce gli adulti e gli anziani. È

curabile anche con trapianto di staminali o con terapia aggressiva. Può derivare da linfoma

follicolare. La cellula ha un aspetto epitelioide, con grossi nucleoli centrali. I markers sono

quelli dei linfociti B

5) Linfoma di Burkitt: causato da infezione da EBV, che provoca una mutazione oncogenica

con overespressione di c-Myc; le cellule hanno un aspetto “a cielo stellato”.

6) Linfoma mantellare: insorge in età avanzata e ha una scarsa risposta alla terapia e un baso

indice di sopravvivenza. Colpisce le cel B naive, in cui si verifica una traslocazione con

aumento di ciclina D1. La morfologia è un tappeto di cellule con nucleo irregolare,

esprimenti markers B: CD20, CD5

7) Linfoma di precursori T cellulari: non ci sono lesioni tipiche (tranne nel linfoma

anaplastico), il manto cellulare ha un aspetto blastico e un pattern diffuso.

Importante è distinguere il tipo di linfoma; il primo step è l’analisi morfologica, poi si usa la

citofluorimentria, che è utile però solo quando la cellula neoplastica ha colonizzato il midollo o il

torrente ematico. Molto usate sono le tecniche di biologia molecolare: PCR/FISH per visualizzare

aberrazioni cromosomiche.

Tecniche istologiche Una volta ottenuto uno striscio citologico o una sezione istologica da un tessuto o da un blocchetto

di paraffina, si procede alla loro colorazione. Generalmente una sezione ottenuta da blocchett di

paraffina viene Sparaffinata per effettuare lo smascheramento antigenico allontanando la paraffina

dalla superficie; quello che si fa è inserire il vetrino in acqua+xilolo, dopodichè si fa lo

smascheramento antigenico con citrato a temperatura di ebollizione.

Page 13: riassunti Anatomia patologica 07-08

Per la colorazione, esistono apparecchi che con un braccio meccanico spostano un carrello con i

vetrini e li immergono nelle varie sostanze coloranti. Una colorazione molto usata è la semplice

ematossilina-eosina, che mette in evidenza nuclei e citoplasmi; oppure la colorazione di

Papanicolaou, che permette, con l’ottenimento di vetrini in cui le cellule risultano trasparenti, di

osservare agevolmente la struttura dei componenti cellulari e dei nuclei, consentendo di cogliere la

comparsa di cellule cancerogene. Si può effettuare anche una colorazione istochimica, che permette

di evidenziare determinate strutture (colorazione PAS per i mucopolisaccaridi, colorazione con

mucicarminio per la mucina presente nell’adenocarcinoma polmonare, colorazioni per i neuroni,

etc).

Quando il campione è costituito da ossa, si procede alla decalcificazione: il tessuto viene fissato in

Cristensen e incluso in paraffina.

La grande innovazione si è avuta con l’immunocitochimica: dopo lo smascheramento antigenico, il

vetrino viene immerso in vaschette contenenti Ab I e II. Per i tessuti umani si usano Ab I e II

murini, mentre per tessuti murini si usano Ab di coniglio poli o monoclonali. È importante che il

sistema di questa tecnica sia aperto e versatile, il supporto della macchina serve solo per velocizzare

i tempi di immersione e recupero dei vetrini dalle soluzioni.

Importanti nell’anatomia patologica sono le fotografie. Distinguiamo le MACRO, che ci

documentano macroscopicamente il tessuto, dandoci indicazioni quali peso, dimensioni. Le

fotografie MICRO invece sono relative alle sezioni colorate.

LCM: dissezione con microscopio laser. Viene prelevato sul vetrino incluso in paraffina soltanto

un piccolo pezzo di tessuto che ci interessa (in cui sono concentrate le cellule sospette), in modo da

procedere con l’analisi più specifica e omogenea e senza rumore di fondo.

I tessuti possono anche essere congelati, generalmente quando l’analisi deve essere rapida,

intraoperatoria, e non c’è una notte di tempo per aspettare la fissazione in paraffina. OCT (blocco di

tessuto congelato) permette una miglior conservazione del RNA e di proteine. Si usa il criostato

molecolare (microtomo congelatore) che taglia fette di 10 μ, non molto sottili ma comunque in

grado di darci l’idea delle condizioni del tessuto e indicare il percorso operatorio.

Un’altra grande innovazione legata alla biologia molecolare è ISH (ibridazione in situ) che può

essere effettuata sia su tessuti congelati che inclusi in paraffina.

Anatomia patologica comparativa Studio anatomo-patologico di animali (topo) in seguito a insorgenza di patologie spontanee e

indotte (GEM: ingegneria genica) per tracciare delle linee e caratteristiche paragonabili a quelle

umane. L’istologia murina normale non è ben caratterizzata, quindi rappresenta il primo step di

studio, a fianco all’analisi di organi e tessuti di topi transgenici.

PRIME: priorità per la ricerca genomica funzionale del topo in Europa. Per gnomica funzionale si

intende lo studio funzionale dei geni attraverso la loro inattivazione o iperespressione. Sono stati

creati diversi database sui topi.

Topi inbread: topi omozigoti per quasi tutti i loci ottenuti mediante almeno 20 accoppiamenti

fratello/sorella.

Topi outbread: massima eterogeneità genetica, ottimi per studi farmacologici.

Il primo passo nello studio di un organo murino è l’analisi macroscopica: il tessuto

(prendiamo come esempio la milza) va fotografato, misurato e pesato. Poi va valutata

l’istologia. La milza murina ha tre funzioni fondamentali: immunologica, emocateretica e

emopoietica (quest’ultima funzione nell’uomo è svolta soltanto dal midollo osseo).

Isologicamente si distingue la polpa bianca, costituita da aggregati di linfociti intorno a

arteriole, dalla polpa rossa, costituita da precursori dei globuli rossi e da capillari che

portano il sangue.

Con una colorazione immunoistochimica si vede che nella polpa bianca i linfociti T (Ab anti

CD3) sono adesi alle arteriole (PALS: aggregati linfocitari periarticolari), mentre i linfociti

Page 14: riassunti Anatomia patologica 07-08

B (Ab anti CD45R) sono nella periferia della polpa bianca. Con Ab anti CD21 si colora la

zona di passaggio tra la polpa bianca e la polpa rossa (linfociti B periferici della polpa

bianca presentano quest’antigene). Il resto del tessuto è blu (colorato con ematissilina).

In caso di iperplasia, la semplice ematossilina-eosina per valutare il livello di espansione

della polpa bianca non basta per identificare la patologia, in quanto viene conservata la

suddivisione della polpa; quindi può essere evidenziata solo con immunoistochimica

mediante gli anticorpi che riconoscono l’area (e quindi i linfociti) che iperprolifera.

Neoplasie della milza: si tratta di linfomi, che si evidenziano già con ematossilina-eosina

(riduzione della polpa rossa). Facendo immunoistochimica si ha un’immagine più chiara del

tipo di neoplasia: con Ab anti CD45R si vede che i linfociti B occupano tutta la polpa

bianca, compresa la zona periarticolare; con Ab anti CD3 si vede che i linfociti T sono

praticamente scomparsi, ne rimangono pochi sparsi e disordinati. Facendo una sezione a

maggior ingrandimento si vede proprio il nodulo di cel B, e quando il tumore è grande si

vede anche macroscopicamente. In questo caso l’avanzamento della neoplasia può aver

determinato anche l’invasione per continuità del pancreas.

Per valutare funzionalmente la neoplasia si può fare un’immunoistochimica con Ab anti

ki67 per evidenziare le cellule proliferanti: la polpa rossa risulterà positiva fisiologicamente

(emopiesi). La positività anche della polpa bianca, associata ad un suo aumento di

dimensioni e di spessore è indice di neoplasia.

Un altro esempio d’organo è l’intestino, un organo cavo con diverse ghiandole linfatiche

che possono essere colpite da iperplasia e quindi espanse. Facendo una semplice colorazione

con ematossilina-eosina si nota la scomparsa di cellule piccole mature e una prevalenza di

cellule grandi (precursori immaturi).

Per quanto riguarda i linfomi nell’animale, è stato fondamentale il lavoro di classificazione,

definita classificazione umanizzata:

1) linfomi a cel B:

- neoplasia del precursore della cel B

- “ della cellula B matura

2) linfomi a cel T:

- neoplasia del precursore della cel T

- “ della cellula T matura

- “ della cellula T a carattere indeterminato

Ognuno di questi fenotipi ha un particolare immunofenotipo con caratteristiche specifiche

nel topo. In caso di patologia spontanea, oltre alle caratteristiche istologiche, si studia anche

l’età di insorgenza, il sesso (nelle femmine adulte > incidenza di linfomi).

Confrontando le caratteristiche istologiche di questi tumori con i corrispettivi umani si fa

patologia comparativa

NECROPSIA: il topo viene ucciso e scuoiato, si valuta la presenza di linfonodi sulla pelle.

Poi si studiano i tessuti.

Sui tessuti freschi si possono applicare diversi tipi di studio, non solo analisi istologica, ma

si possono congelare, lisare per estrarre DNA/RNA, si può fare citometria a flusso, citologia

per apposizione. Quest’ultima, detta anche Touch&Print, si effettua strisciando un vetrino

sul tessuto neoplastico fresco per prelevare le cellule e studiarle al microscopio.

Per esempio possono essere presenti cellule non epiteliali, piccole, staccate, con nucleo

eccentrico e citoplasma abbondante, che possono essere sia tessuto epiteliale poco

differenziato, sia un tumore linfoide (probabilmente plasmacellule: patologia

linfoproliferativa). Facendo poi immunoistochimica di questo tessuto (incluso in paraffina),

si vede che i linfociti B sono scomparsi e sostituiti dalle sole plasmacellule. La neoplasia

viene quindi tipizzata tramite immunocitochimica o citometria a flusso, per vedere bene gli

antigeni di superficie non mascherati dalla paraffina; in questo modo s arriva a chiarire il

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tipo di cellula (CD138+). Questo tipo di neoplasia viene cercata all’interno della

classificazione e si vanno a indagare i geni coinvolti nella sua insorgenza.

Un altro organo murino che possiamo studiare è la tiroide. La normale istologia è

follicolare. Inducendo una iperespressione dell’ncogene Ras, si forma un adenoma non

capsulato, mentre nell’uomo è capsulato.

Inducendo l’iperespressione di TSH invece si ottiene una iperplasia dell’intera ghiandola

tiroidea (policlonale: aumento della cellularità).

Una neoplasia murina ben caratterizzata è il Ca tiroideo scarsamente differenziato, indotto

mediante mutazione del gene Pax8: viene completamente persa la struttura e facendo un

FNC si ottiene un campione ricco di cellule (mentre la stessa metodica applicata alla tiroide

normale fornisce un campione con poche cellule e colloide). Può invadere la capsula e

vascolarizzarsi: neoangiogenesi (si può vedere in sezioni istologiche incluse in paraffina).

La formazione di metastasi coinvolge soprattutto il fegato. Questo tipo di neoplasia è

caratterizzata dalla perdita di alcuni markers tiroidei e la conservazione di altri. L’analisi

macroscopica mostra un aumento di dimensioni della ghiandola di almeno 0,2 mm (normale

lobo 1,27 mm), e quest’aumento di dimensioni è confermato anche in immagini

radiologiche. Facendo necropsia si vede il coinvolgimento anche di altri organi: il rene ha un

aspetto ruvido, e fisiologicamente si osserva un’insufficienza renale per patologie

infiammatorie (glomerulosclerosi).

Un altro organo molto studiato nel topo è il polmone, in quanto sede frequente di metastasi.

All’analisi istologica, nel normale contesto alveolare, si individuano masse nodulari

appartenenti ad altri tessuti. Facendo immunoistochimica con Ag S-100 si scopre la natura

melanocitaria del tipo cellulare: metastasi da melanoma.