Resistenza n. 5 - anno 2008

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Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno VI - Numero 5 - Dicembre 2008 Tesseramento ANPI 2009 I giovani di ieri ai giovani di oggi: venite con noi per l’antifascismo P RENDE SLANCIO la campagna 2009 del tesseramento e del prose- litismo ANPI e su scala provin- ciale l’attività di molte sezioni offre spun- ti di notevole interesse. La vitalità dell’as- sociazione è testimoniata dalle molteplici iniziative in vari campi. Va segnalato, a questo proposito, il significativo risultato riscosso con la presenza del padiglione alla festa de l’ Unità al Parco Nord di Bologna nell’estate scorsa, avente > segue a pag. 2 Bologna, 30 ottobre 2008. Un aspetto delle manifestazioni in difesa e lo sviluppo della scuola e contro il progetto governativo del ministro Mariastella Gelmini. Nella foto: il corteo di studenti, insegnanti, genitori in via Indipendenza. (Foto di Giancarlo Donadini). Articoli alle pag. 3, 4, 6, 8. POSTE ITALIANE Spa - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) ART. 1 comma 2 aut. N. 080016 del 10/03/2008 - DCB - BO L’ANPI solidale con il mondo della scuola avvertono le conseguenze, che si punta a snaturare la Costituzione, frutto della Lotta di Liberazione – non ci stancheremo mai di sottolineare – Auguri ai lettori per un buon 2009 L’ANPI provinciale e la redazione di Resistenza rivolgono a tutti i lettori ed alle loro famiglie i migliori auguri per un sereno 2009. Intervista col presidente dell’ANPI William Michelini “Adesso più che mai c’è bisogno di unità” L A DIFESA DELLA COSTI- TUZIONE è un impegno urgente e necessario di tutti i democratici. Insidia da destra Termina il 2008, inizia un nuovo anno. Abbiamo alle spalle mesi diffici- li per il nostro paese ma non solo; anche quelli che verranno si profilano tutt’altro che facili, per tanti aspetti. Ne parliamo con William Michelini, presidente dell’ANPI provinciale. A tuo parere, quale bilancio si può trarre, visto con l’ottica di un’organizzazione sempre at- tenta ai fatti di vario ordine? Cominciando da quelli di carat- tere politico, ad esempio. C’è bilancio e bilancio, naturalmente. Vedremo dopo quello concernente la nostra organizzazione. Rispondendo in merito alla domanda, è innegabile che quello in cui vivono gli italiani non può essere considerato del tutto positi- vo. Lo stesso Consiglio nazionale dell’ANPI, svoltosi il 15 e 16 novem- bre scorsi a Cervia, lo ha rilevato con nettezza. Vi è un degrado della convi- venza civile, cioè della solidarietà sociale. Ciò non avviene per caso, bensì è il prodotto di una linea deteriore che, lo affermo con convinzione, parte dalla destra politica. Ritieni che la deriva abbia un corso facile e di lunga durata? E in particolare, chi persegue una linea del genere? È abbastanza palese, ma non tutti ne > segue a pag. 27

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Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno VI - Numero 5 - Dicembre 2008

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Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno VI - Numero 5 - Dicembre 2008

Tesseramento ANPI 2009

I giovani di ieri ai giovani di oggi: venite con noi per l’antifascismo

PRENDE SLANCIO la campagna2009 del tesseramento e del prose-litismo ANPI e su scala provin-

ciale l’attività di molte sezioni offre spun-ti di notevole interesse. La vitalità dell’as-sociazione è testimoniata dalle moltepliciiniziative in vari campi. Va segnalato, aquesto proposito, il significativo risultatoriscosso con la presenza del padiglione allafesta de l’Unità al Parco Nord diBologna nell’estate scorsa, avente

> segue a pag. 2

Bologna, 30 ottobre 2008. Un aspetto delle manifestazioni in difesa e lo sviluppo dellascuola e contro il progetto governativo del ministro Mariastella Gelmini. Nella foto: il corteodi studenti, insegnanti, genitori in via Indipendenza. (Foto di Giancarlo Donadini). Articoli alle pag. 3, 4, 6, 8.

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L’ANPI solidale con il mondo della scuola

avvertono le conseguenze, che si puntaa snaturare la Costituzione, fruttodella Lotta di Liberazione – non cistancheremo mai di sottolineare –

Auguri ai lettori per un buon 2009L’ANPI provinciale e la redazione diResistenza rivolgono a tutti i lettoried alle loro famiglie i miglioriauguri per un sereno 2009.

Intervista col presidente dell’ANPI William Michelini

“Adesso più che maic’è bisogno di unità”

LA DIFESA DELLA COSTI-TUZIONE è un impegno urgentee necessario di tutti i democratici.

Insidia da destraTermina il 2008, inizia un nuovoanno. Abbiamo alle spalle mesi diffici-li per il nostro paese ma non solo;anche quelli che verranno si profilanotutt’altro che facili, per tanti aspetti.Ne parliamo con William Michelini,presidente dell’ANPI provinciale.

A tuo parere, quale bilancio sipuò trarre, visto con l’ottica diun’organizzazione sempre at-tenta ai fatti di vario ordine?Cominciando da quelli di carat-tere politico, ad esempio.

C’è bilancio e bilancio, naturalmente.Vedremo dopo quello concernente lanostra organizzazione. Rispondendo inmerito alla domanda, è innegabile chequello in cui vivono gli italiani nonpuò essere considerato del tutto positi-vo. Lo stesso Consiglio nazionaledell’ANPI, svoltosi il 15 e 16 novem-bre scorsi a Cervia, lo ha rilevato connettezza. Vi è un degrado della convi-venza civile, cioè della solidarietàsociale. Ciò non avviene per caso, bensìè il prodotto di una linea deteriore che,lo affermo con convinzione, parte dalladestra politica.

Ritieni che la deriva abbia uncorso facile e di lunga durata? Ein particolare, chi persegue unalinea del genere?

È abbastanza palese, ma non tutti ne

> segue a pag. 27

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come punto di riferimento la mostradocumentaria sulle aberranti leggifasciste del 1938 sul razzismo. Ottimala diffusione del volume “La menzognadella razza” e di altri libri editidall’ANPI. Tra i visitatori e i parteci-panti ai vari incontri politici e cultura-li che hanno animato le giornate dal29 agosto al 22 settembre sono statediffuse 1700 copie del nostro periodi-co Resistenza (ricordiamo per incisoche 2650 vengono inviate per posta asezioni, enti pubblici, biblioteche,scuole, istituti Universitari, partiti,sindacati, Forze Armate, personalità).Altre 500 copie sono state distribuitedurante manifestazioni pubbliche incittà. Ancora durante la festa de l’Unità 49visitatori, nella quasi totalità giovani,hanno sottoscritto l’adesione al-l’ANPI, esprimendo l’impegno dilavorare nei rispettivi ambiti per gliideali democratici che improntanol’associazione. Oggi più che mai l'ANPI si pone adifesa della Costituzione repubblicanae contro tutte le mafie, perché i prin-cipi che sanciscono la libertà democra-tica, l'eguaglianza dei diritti e doveri ela convivenza civile nella pace, riesca-no finalmente a prevalere in questamalata società dove si tende ad esalta-re l'individualismo e la personale auto-affermazione basata sul massimo pro-fitto.La nostra Associazione nel 2006 hamodificato il proprio statuto all'art.23, aprendo le iscrizioni a tutti coloroche nell'antifascismo vedono la stradaper l'acquisizione dei valori resisten-ziali scritti nella Carta Costituzionale.L'ANPI perciò è aperta a tutti coloroche onorando la memoria storica dellaResistenza, nei compiti che ad essaspettano, oggi e in futuro, voglionodiscutere e si sentono impegnati nelcompito di salvaguardia della demo-crazia in questa nostra Repubblicanata dall'antifascismo e dalla guerra diLiberazione, per un vero progresso diciviltà e di sana convivenza fra i popo-

li. Apriamo quindi la campagna per ilrinnovo ed il nuovo tesseramento2009 all'ANPI, per continuare adifendere i principi fondamentali checi hanno sempre distinti sin dallanostra fondazione. Salvaguardiamoinsieme i valori della Resistenza ripor-tati sulla Costituzione e manteniamovivo quell'antifascismo che ci portò acombattere l'unica dittatura che que-sta Italia ha avuto nella sua storia.

Ermenegildo Bugni

Giovani ieri e oggi> segue da pag. 1

Situazione al 30 novembre 2008,riferita alle sezioni che hanno com-pletato il tesseramento. Sesso - Uomini: 218; Donne: 126.Età - 18-25 anni: 41; 26-40 anni:92; 41-60 anni: 133; 61-75 anni:70; 76-90 anni: 8.Professione - Artigiano: 2; Auti-sta/Autotrasportatore/Ferroviere:4; Bibliotecario: 1; Casalinga: 4;Commerciante: 1; Commesso: 3;

Dirigente: 2; Giornalista: 3 ;Impiegato: 86; Imprenditore: 2;Infermiere/medico: 6; Insegnan-te/educatore: 28; Libero professio-nista: 33; Magazziniere: 1;Operaio: 32; Operatore culturale:2; Pensionato: 82; Ricercatore: 4;Sindacalista: 5; Studente: 43.Residenza - Provincia di Bologna:319; Altre province: 25.Totale nuovi iscritti: 344

ADESIONE DI NUOVI ANTIFASCISTI

La tessera ANPI per il 2009. (Ideazione e realizzazione grafica di Gabriele Sossella)

RESISTENZAOrgano dell’A.N.P.I. Provinciale di BolognaVia della Zecca n. 2 - 40121 BolognaTel. 051.231736 - Fax [email protected]

Direttore responsabileEzio Antonioni

Comitato di redazioneRemigio Barbieri (redattore),Ermenegildo Bugni (coordinatore), Paola Coltelli, Elio Gollini, Giancarlo Grazia, Massimo Meliconi,Lino Michelini, Nazario Sauro Onofri.

Registrazione al Tribunale di Bologna n. 7331 del 9 maggio 2003Stampa: Tipografia Moderna s.r.l. Via dei Lapidari 1/2, 40129 BolognaTel. 051.326518 - Fax 051.326689

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L’ANPI –Comita toRegionale

Emilia-Romagna è con gli studenti per una vera Riformadella scuola. Nella sua riunione del 28 ottobre scorso aBologna ha redatto il documento che segue.“L’ANPI denuncia all’opinione pubblica la volontà delgoverno Berlusconi di tagliare corsi di studi, di ridurreindiscriminatamente gli organici, di eliminare disciplined’insegnamento, di relegare la scuola pubblica a una merafunzione sussidiaria e di favorire la scuola privata.Ritiene che le espressioni di dissenso, rispetto a scelte digoverno, siano un diritto in uno stato democratico e con-danna le dichiarazioni di Berlusconi che voleva mandare le

forze dell’ordinenelle scuole.Afferma che tutte

le soluzioni per una vera e seria Riforma della scuola edella Università non debbano partire dall’esclusivo conte-nimento dei costi, ma debbano partire dall’ammoderna-mento dei programmi e passare attraverso il confrontoparlamentare e nel paese.Dichiara, infine, di essere a fianco degli allievi, degli stu-denti, dei docenti e delle famiglie che si stanno battendocon civili manifestazioni contro il decreto Gelmini; è soli-dale con la manifestazione sindacale unitaria del prossimo30 ottobre a Roma”.

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L’ANPI col mondo della scuola

Si vanno ripetendo con allarmante, intolle-rabile sequenza gli episodi di violenza neo-fascista in diverse parti del paese. È avve-nuto a Roma, dove una squadra di basto-natori ha aggredito studenti che manifesta-vano in difesa della scuola pubblica. Èaccaduto con l’inaudita invasione deglistudi RAI, sempre nella capitale. Un ulte-riore raid della destra si è svolto il 13novembre scorso nella sede della FLC-CGIL ancora a Roma. Il governo e chi isti-tuzionalmente è preposto a prevenire e nelcaso ad impedire intollerabili avvenimentidel genere, hanno mancato di assolvere airispettivi compiti. Cosa sta accadendo?I manganellatori del 1922 (foto d’epoca asinistra) di una camicia nera; sopra unalugubre squadra del 2008 in piazzaNavona pochi istanti prima dell’agressio-

ne; sotto gli stessi squadristi all’opera.Non è difficile catalogarli come maestri eallievi.

I maestri e gli allievi

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QUELLE CHE SEGUONO sonole attività che l’ISREBO offre allescuole.

I destinatari sono gli allievi della scuo-la secondaria di primo e secondogrado. Salvo diversa indicazione tutte le atti-vità sono gratuite per le scuole deiComuni associati all’ISREBO (Istitutoper la Storia della Resistenza e dellaSocietà Contemporanea “LucianoBergonzini” di Bologna, via S. Isaia,20, Bologna - 40123, Tel. e Fax0513397211 o 0513397220) Articolazione dell’offerta: Visite guidate. - Le visite sono con-dotte da un’insegnante dell’Isrebo.All’uscita didattica è possibile associa-re, previ accordi, lezioni introduttivee/o laboratori di approfondimento.Durata delle visite: da un minimo diun’ora a un massimo di due.

Bologna in guerra. - Itinerari sui luo-ghi della guerra e della Resistenza incittà. Museo e monumento ai Cadutidi Sabbiuno. Museo Memoriale dellaLibertà (Bologna). Monumento allePartigiane di Villa SpadaMostre. - Libri fascisti per la scuola. -Si tratta di 24 pannelli che illustrano ilibri di testo imposti dal fascismo atutte le scuole elementari italiane dal1929 al 1943 e che spiegano il modoin cui durante il fascismo la scuola fuusata come veicolo di propaganda. Lamostra viene allestita a cura dell’Isrebonei locali della scuola interessata e leclassi vengono guidate nella letturadei contenuti da un’insegnantedell’Isrebo. A ciò è possibile associare,previ accordi dettagliati, lezioni intro-duttive e/o laboratori di approfondi-mento.

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Nel programma“Comunicare la storia”dell’ISREBO di Bologna

Mostra prontaper le scuole sui testi impostidal fascismo

Sono inoltre previste visiteguidate sui luoghi della guerra edella Resistenza in città

lare, non è assolutamente una riformaperché è semplicemente un decreto-legge che ammonta in tutto a pochecartelle. Sono evidenziati più che altrouna serie di tagli alla pubblica istru-zione conseguenza della legge finan-ziaria approvata dalla coalizione cheforma la maggioranza parlamentareall'inizio di agosto (da qui la conside-razione, ironica ma non troppo, chesarebbe più corretto chiamarlo decretoTremonti); ma queste poche paginettenon sono, nelle intenzioni del governoBerlusconi, che un preoccupante inizio(basta ricordare il discorso che il mini-stro Gelmini ha tenuto alla Camera

all'inizio di luglio di quest'anno). Isegnali che si sta aprendo anche ilfronte di intervento sui programmi distoria e sui testi scolastici della stessamateria (forse sarebbe più corretto direche si sta riaprendo, ricordate all'epocadel Berlusconi-bis la polemica cheebbe come protagonista, in chiave dicensore, l'allora ministro Storace..)sono forti. È convincente, a mio parere, ciò che hascritto Luperini in materia su l'Unità(29 ottobre u.s., titolo “Le mani sullastoria”), autore a sua volta di unmanuale scolastico. Egli mette inguardia dal rischio che i manuali, incerta parte già sottoposti ad una insi-diosa adulterazione, siano bersaglio delvero e proprio “attacco alla cultura ealla scuola pubblica che caratterizza ilgoverno di destra. Tutto ciò che è com-plesso e problematico va sostituito daciò che è semplice. Al posto dei libri ditesto, internet e tv”).Il vasto fronte di protesta anti decretoGelmini di docenti, genitori e studen-ti che si è aperto in queste settimane lopossiamo considerare, a mio parere,anche come una forma di presidio

LA SECONDA OCCASIONE perparlare di come i manuali di storiadella scuola media e della secondaria

superiore (in precedenza su Resistenza n. 4settembre 2008) si occupano di alcunedelle pagine più nere della storia del fasci-smo e della storia Italiana del Novecento,cioè la guerra di Libia, quella d'Etiopia el'occupazione Italiana dei territori dell'exJugoslavia durante i primi anni dellaseconda guerra mondiale, non può nonaprirsi sottolineando il pesante clima direstaurazione che in esse si respira da qual-che mese. L'infelice decreto Gelmini èlegge dello stato ma non si occupa di pro-grammi in generale e di storia in partico-

Attenzione, c’è l’attaccoai manuali di storiaC’è chi mira a piegare l’intelligenza dei nostri ragazzi alla legge dellatv e internet. Pagine monche e sfasate delle tragiche avventurecolonialiste in Libia ed Etiopia, dell’oppressione della Jugoslavia.Libri di cultura da difendere salvaguardandone l’onestà.

Massimo Meliconi*

Scuola: in taluni testi omissioni e banalizzazione degli eventi

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Trombino-Villani, edizioni IlCapitello. Sulla guerra di Libia, vi è unesauriente resoconto ( è chiaro che unmanuale da liceo è molto più detta-gliato di altri), dove viene ricordatoche fu Mussolini negli anni trenta astroncare la resistenza dei senussi e dialtri” con deportazioni e con l'uso digas asfissianti” e che “il complessodella guerre tra gli anni Dieci e glianni Trenta è costato ai libici.... circa100.000 morti (pag. 45, ibidem). Iltutto è completato da un testo di

approfondimento, in verità onesto, diAngelo Del Boca a pag. 47-48, sullasituazione della Libia nel 1911, almomento dell’invasione sanguinosissi-ma degli Italiani. Per quanto riguardal'Etiopia (1935), si ricorda prima ditutto che “ la politica estera aggressivaera del tutto coerente con l'avvicina-mento alla Germania Hitleriana” (pag.209, ibidem) e che la guerra condottada Graziani e Badoglio (come è noto idue avranno destini molto diversi),“ebbe momenti di vera efferatezza”(pag 210, ibidem), e fu usata “l'iprite,il gas velenoso che era stato utilizzatonelle grandi battaglie della Primaguerra mondiale” ( pag 211, ibidem),

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democratico, che non difende solo lascuola pubblica nel suo complesso manello stesso tempo la possibilità di unaistruzione basata su criteri francamen-te libertari ed egualitari, radicati nellaCarta Costituzionale e nella tradizionedemocratica di sessant'anni e passa distoria repubblicana, principi che qual-siasi revisionismo e rivalutazione delfascismo non vogliamo possano mini-mamente intaccare. Noi, come tanti, proseguiamo ilnostro lavoro per contribuire a ristabi-lire il massimo di verità storica su que-sti argomenti, che sono stati poco trat-tati se non apertamente ignorati ,augurandoci che anche dal punto divista dei programmi didattici nonarrivino “riforme” di impronta aperta-mente revisionista. Il primo manuale che prendiamo inconsiderazione è un testo di scuolasecondaria di primo grado (scuolamedia), il Dossier di Storia, diSabbatucci - Vidotto, edizione Laterza.Sulla aggressione alla Libia, in partico-lare non si dice molto, a pag.33 sisostiene che l'impresa favorì in parti-colare il movimento nazionalista,limitandosi a dire che “la guerra fu piùdifficile del previsto anche a causadelle guerriglia condotta con decisionedalle popolazioni arabe” (ibidem, pag.33). Non molto diversa è la parte cheriguarda la guerra anch’essa coloniali-sta d' Etiopia, dove si dice che anch’es-sa fu più difficile del previsto, chel’esercito italiano impegnato era statodi 400.000 uomini, il quale avevafatto uso ”in più occasioni di gas asfis-siante con cui erano state bombardatele truppe nemiche” (pag. 94, ibidem).A pag. 95 vi è un trafiletto intitolato“Il razzismo fascista in Etiopia”, dovesi parla, fra l'altro, della vera e propriasegregazione razziale che ci fu nellacolonia dopo le leggi omonime inItalia del 1938 nei confronti degli abi-tanti di colore. In questo manuale,sugli argomenti che ci interessano,non c'è altro.Il secondo testo, in uso per il quintoanno di liceo, è Storiamondo, autori

cosa fra l'altro che i governanti italianidel momento negarono sempre uffi-cialmente. Si ricorda anche, a pag.211,l'attentato del 1937 a Graziani, che fuferito gravemente da alcune bombelanciategli contro da guerriglieri etio-pici, da cui che scatenò una ferocissimareazione italiana, che colpì indiscrimi-natamente anche la popolazione civilee che causò un numero imprecisato divittime,da un minimo di 4000 a qual-cosa come 30mila. Per quanto riguarda invece la questio-ne dell'occupazione italiana nei terri-tori della ex-Jugoslavia durante l’ulti-ma guerra mondiale, anche in questotesto non si menziona nulla della gestadel Generale Roatta e dei suoi, unargomento che probabilmente rimaneun vero tabù per il manuale più atten-to e dettagliato, e probabilmente nonsolo per gli autori di manuali di storia.Certo si parla di cetnici (pag.262), delregime croato collaborazionista diAnte Pavelic, si dice genericamenteche “furono commesse gravissimeatrocità” (pag.263, ibidem), e quindisi parla di foibe, parlando di vendettecontro gli italiani perché ”l'esercito diliberazione di Tito rivendicava l'interaVenezia Giulia” (pag.263, ibidem).Ora, per l'ennesima volta, non si vuolequi negare ciò che quei partigiani titi-ni fecero – e ciò va condannato-, ma senon si racconta la storia completa,ricordando che quel brutto pezzo distoria non inizia solo con la vendettaslava ma con le efferatezze compiutedagli occupanti italiani prima, sitoglie qualcosa anche al giudizio piùobiettivo possibile sulla vera storia delfascismo e sugli aspetti meno nobili,diciamo così, della storia italianarecente nel suo complesso.

*Docente di Lettere nella Scuola Media

Le frasi celebri

Mare Nostrum “Che dire poi delle colonie?L’Italia essendo un paese che occu-pa tutto lo spazio delMediterraneo, non poteva restarefuori dalla politica di espansionedelle potenze occidentali”.

Marcello Dell’Utrisenatore del Popolo della Libertà,

fondatore di Forza Italia***

Quello italiano fu giudicato “colonialismostraccione” dagli storici, oltre che occupan-te di patrie altrui e feroce oppressore.Quanto al Mediterraneo, nella sciagurataguerra 1940-1943 divenne il cimitero dimezza flotta militare e di migliaia dimarinai.

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ÈFACILE CAPIRE come in questitempi di democrazia indebolita ilvalore dell’educazione si stia atte-

nuando. Certo non nelle dichiarazioniufficiali, ma nei fatti. Al di là dei proclami,quello che sta succedendo alla scuola pri-maria è figlio di questo tempo: con ilnuovo modello di scuola sono in discus-sione i principi che fondano i diritti e idoveri di cittadinanza, “il pieno sviluppodella persona umana” di cui parla la nostraCostituzione. La scuola di qualità aperta a tutti èinfatti lo strumento fondamentale percreare le premesse di uguaglianza findai primi momenti della socializzazio-ne di bambine e bambini. E invecetorniamo indietro proprio ora, proprioadesso che l’Italia sta conquistando iposti più alti nelle classifiche mondia-li come uno dei Paesi occidentali in cuipiù forte è il divario fra ricchi e pove-ri. Siamo una società fra le più inegua-li dell’occidente e, peggio ancora,abbiamo una scarsissima mobilitàsociale. E’ molto probabile che il ritorno delmaestro unico nelle scuole elementari,così come previsto dal decretoGelmini, abbia come conseguenze, fral’altro, quello di accentuare la gravitàdi questo quadro proprio perché ridur-rà una risorsa primaria per ogniapprendimento: il tempo.Il tempo scuola di qualità, esteso edisposto a farsi carico dei ritmi diognuno, dei ritardi e delle accelerazio-ni dell’imparare che sono diversi inogni bambino e in ogni bambina, iltempo che consente che la scuola nonsi riduca al luogo in cui una sola per-

sona parla e distribuisce compiti,nozioni e problemi da risolvere (maga-ri seduta ad una cattedra rialzata dallapredella), ma sia un luogo in cui ognu-no può mettere in gioco la propriasoggettività e in cui si creano, allostesso tempo, le condizioni del lavorocooperativo fra compagni e compagne,in cui c’è attenzione non solo ai conte-nuti, alle materie, ai compiti, maanche ai sentimenti e all’affettività cheaiutano, eccome, a crescere e a impara-

re, a stare bene e a vivere insieme aglialtri.E a Bologna? La nostra città ha unalunga storia di attenzione rivolta alleistituzioni educative.Nel 1898 il Comune di Bologna, per

primo in Italia, aveva creato una sezio-ne scolastica dell’Ufficio d’igiene percontrollare lo sviluppo fisico degli sco-lari e vigilare sulla diffusione dellemalattie infettive. Con il sindacoZanardi, durante la prima guerramondiale, si portò avanti un intensoprogramma per diffondere la refezionescolastica in tutte le scuole e il dopo-scuola. Nello stesso tempo si avviò ungrande programma per la costruzionedi scuole: il 90% delle scuole funzio-nanti allo scoppio della secondaGuerra Mondiale risale proprio a quelperiodo. Ma è a partire dagli anni ’60 cheBologna diventò laboratorio di inno-vazione. Nel 1962 su iniziativadell’Assessorato all’istruzione prese ilvia il “Febbraio pedagogico bologne-se” e nel 1966 fu chiamato il toscanoBruno Ciari a dirigere le istituzioniscolastiche cittadine. Era un pedagogi-sta legato alle esperienze che andavanoallora diffondendosi e che vedevanonella scuola un luogo aperto al territo-rio, capace di rispondere ai bisogni disocializzazione e di apprendimento,dedicato a offrire a tutti un’occasioneper imparare insieme agli altri e daglialtri. Ciari, che era stato partigianonella Brigata Garibaldi “Lavagnini” eassessore alla pubblica istruzione aCertaldo (Firenze), dove era nato, eraallora attivo nel Movimento diCooperazione Educativa che promuo-veva un’educazione popolare comegaranzia di rinnovamento civile edemocratico.Quello di Ciari fu un progetto diampia portata: come ogni progettoaveva un obiettivo (direi una vera epropria ispirazione ideale), affrontavail tema dei metodi e degli strumentididattici e costruiva attorno a sé lecondizioni favorevoli alla sua pienarealizzazione a partire dalla definizionedel nuovo ruolo dell’insegnante e dellasua formazione, dal confronto conl’ambiente pedagogico e conl’Università, fino al coinvolgimentoattivo delle famiglie e delle istituzionidel territorio. Che fare ora?

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Mentre si evidenziano attacchi demolitori

La scuola bologneseesperienza da rilanciareIn primo piano la difesa della Costituzione

Mauria Bergonzini

Le frasi celebri

Amor di patria“Mussolini quando era al potereaveva dato, e in questo è statol’unico, un senso di patria al paese,che non c’era prima e non c’è statonemmeno dopo”.

Marcello Dell’Utrisenatore del Popolo della Libertà,

fondatore di Forza Italia***

Un tale senso da aver sbrindellato lapatria con la guerra e di non aver proferi-to parola nel 1944 quando Hitler decisel’annessione al Grande Reich delle pro-vince di Bolzano, Trento, Belluno(l’Alpenvorland) e dei territori dell’altoAdriatico (l’Adriatischenkustenland).

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Abbiamo visto tutti l’ampiezza, lavarietà e l’intensità del movimento chesi è creato nelle città, nelle scuole,nelle università a difesa dell’istruzionepubblica di qualità.Significa che la scuola pubblica rap-presenta ancora per moltissimi cittadi-ni il fattore unificante e centrale per lacrescita delle future generazioni.Al di là degli interventi che saranno

compiuti in ambito politico e istitu-zionale, credo sia dovere di ognuno dinoi non lasciar calare il silenzio suquanto avverrà nella scuola, a partireda quella elementare che oggi è la piùcolpita dai provvedimenti governativi.Abbiamo bisogno di sapere che cosasuccederà nelle scuole, quale sarà ilcomportamento degli insegnanti, checosa vivranno i bambini, quali atteg-

giamenti saranno assunti dalle fami-glie, che effetti ci saranno sui risultati,di apprendimento e di socializzazione.Dobbiamo tener alta l’attenzione,creando legami con gli insegnantiche rappresentano una grande risorsae che sentono forte il valore del loromestiere.

LA LIBERTÀ DI STAMPA, quindidel diritto delle persone di espri-mere pubblicamente le proprie

opinioni, è un bene irrinunciabile.Per tramandare alle generazioni quan-to sia costato questo diritto, soppressodal fascismo nel corso del ventenniodella dittatura e, naturalmente, nei 19mesi dell’occupazione nazista e dellarepubblica di Salò, a Conselice(Ravenna) è stato eretto un complessomonumentale, alla cui realizzazione hafortemente lavorato anche il sindacatodei giornalisti dell’Emilia Romagna(ASER). Esso è incentrato sulla “peda-lina”, una macchina tipografica chenella clandestinità la resistenza usò perstampare, una copia per volta, giorna-

li e volantini. Le testate: l’Unità,Avanti!, La Voce Repubblicana, NoiDonne, Il Garibaldino, Terra e Lavoro,nonché altri materiali di natura politi-ca e sindacale, tutti in relazione allalotta di liberazione.Attività analoghe furono messe in pra-tica a Bologna e nel Forlivese.L’1 ottobre scorso, a Conselice, si èsvolta una manifestazione celebrativaorganizzata dall’ANPI e dal Comune,con la partecipazione anche deiComuni, con rispettivi gonfaloni, diSant’Agata sul Santerno eMassalombarda. Significativa la pre-senza di studenti e loro insegnanti.Pronunciando il discorso rievocativo,il presidente regionale dell’ANPI

William Michelini ha reso onore agliuomini e alle donne che si sono prodi-gati nella preziosa attività di stampa edistribuzione dei materiali, costataanche vite umane.In particolare egli ha ricordato i nomidi Cesare Gaiba, Pio Farina, EgidioTotti, Giovanni Quarantini, tutti diVilla Serraglio, i partigiani-tipografiarrestati il 10 settembre 1944 daifascisti e fucilati l’1 ottobre seguente aBologna. Il presidente WilliamMichelini ha inoltre consegnato anome dell’ANPI una bandiera nuovasu modello delle prima confezionataall’indomani della Liberazione.

A Conselice il simbolo della libertà di stampa

La valorosa “Pedalina”

Il complesso monumentale con la macchina in primo pianoattorniata da pagine (in cemento armato) con le rispettive testate.

Il coro degli studenti medi dell’Istituto Comprensivo di Conselicedurante la manifestazione. Lo dirige il professore di musica Primo Grandi.

Il dono della bandiera. Da sinistra ilsindaco Maurizio Filipucci, Michelini,Ivano Artioli dell’ANPI di Ravenna

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AI PROFESSORI UNIVERSI-TARI e dei regi Istituti diIstruzione superiore italiani,

il regime impose, nel 1931, di firma-re questo testo, pena la perdita delposto di lavoro:“Giuro di essere fedele al Re, ai suoiReali successori e al Regime Fascista,di osservare lealmente lo Statuto e lealtre leggi dello Stato, di esercitarel’ufficio di insegnante ed adempieretutti i doveri accademici con proposi-to di formare cittadini operosi, probi edevoti alla patria e al Regime Fascista.Giuro che non appartengo né appar-terrò ad associazioni o partiti la cuiattività non si concilii con i doveri delmio ufficio”.Dei 1225 destinatari dell’aberrantetesto furono solo dodici in Italia colo-ro che lo rifiutarono, e che per ciò ven-nero destituiti dagli incarichi. Tra diessi, unico di Bologna, il dott. BartoloNigrisoli (1848-1948), come amavadefinirsi l’esimio professore romagno-lo-bolognese, nativo di Mezzano nelRavennate, direttore per dodici annidella Clinica chirurgica dell’Ateneo.Il 15 dicembre di quell’anno, egliricevette una lettera ministeriale chegli annunciava la destituzione dallacattedra che egli, con tutta sapienza eprestigio, copriva da 12 anni, peressersi “col rifiuto del giuramentomesso in condizione di incompatibili-

tà con le direttive politiche generalidel governo”.Un altro colpo del regime dittatoriale,nato con una violenta preparazione abase di assassinii, incendi, devastazionie via via con le “leggi eccezionali” del1925 abolì il Parlamento, i partiti, isindacati, varò il Tribunale specialecomposto da giudici in uniforme mili-tare che irrogò migliaia di anni di car-cere e confino di polizia a chiunque siopponesse alla marcia sciagurata cheavrebbe trascinato il paese ad una seriedi guerre e al disastro.In una sua memoria scritta, da nonmolto ripresa dall’Archivio storicodell’Università e per la collana direttadal prof. Gian Paolo Brizzi, pubblica-ta nell’opuscolo PARVA col titolo

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“Perché e come fui nominato clinico edopo dodici anni deposto”, Clueb2001, pp. 38 (introduzione di PierUgo Calzolari, intervento a conclusio-ne di Luigi Dal Pane), il prof.Nigrisoli affida al lettore una tracciaassai efficace, e per molti versi sorpren-dente, della sua carriera - iniziataquale figlio d’arte, dato che la suafamiglia praticava l’insegnamentodella medicina da cinque secoli - che loha consacrato ai vertici della fama.Nell’accidentato percorso verso la cat-tedra da lui tratteggiato appaiono nel-l’ambiente nomi di amici e di avversa-ri, ognuno dipinto, per così dire, adovere. Per gli uni l’affetto, per isecondi un giudizio tagliente.Il fascismo cercò di catturarne il pre-stigio, per farsene vanto, già nel 1924,vale a dire due anni dopo essersi impa-dronito del governo del Paese, nomi-nandolo a sua insaputa senatore delRegno: titolo che egli rifiutò con fer-mezza. “Non ne voglio sapere, primaperché non ho meriti, poi perché hoidee diverse in tutto da quelle domi-nanti”, riferì a Mons. Pallotti, latore,“giacché aveva grande entratura nellecose pubbliche, specie in quelle trachiesa e fascismo”, della notizia affida-tagli dal ministro di Grazia e Giustiziaavv. Aldo Oviglio.Dice ancora, più avanti nella suamemoria il prof. Nigrisoli, che “nes-

La figura del prof. Bartolo Nigrisoli ed il suo esemplare gesto di dignità umana, professionale, politica, è stata ricordata il 20 novembrescorso per iniziativa congiunta di Comune di Bologna, Quartiere Reno, ANPI provinciale e Coop Adriatica, nel novero delle celebrazioniper il 60° della Costituzione repubblicana. Nell’incontro pubblico, svoltosi nella sala “Falcone e Borsellino” del centro civico Reno, ha parlato il magistrato Gherardo Colombo.Interventi di Riccardo Lenzi (Coop Adriatica), Vincenzo Naldi (Quartiere Reno) e William Michelini, presidente dell’ANPI provinciale.

Ricatto e vendetta della dittatura

Nigrisoli non giurò fedeltà al fascismo:lo privarono della cattedra universitaria

Il regime tentò di blandirlo nominandolo senatore del Regno, manovra che egli respinse con sdegno

Il Prof. Bartolo Nigrisoli

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sun atto né segno di adesione al fasci-smo” ebbe mai a manifestare (anziintimamente coltivava lo spiritorepubblicano, versante mazziniano),privilegiando invece il totale impegnonell’ospedale e nella docenza universi-taria. E quando cominciò a circolare laquestione del giuramento, la sua scel-ta era già netta. “Il Rettore Magnifico,prof. Alessandro Ghigi, fu sorpreso efors’anche un po’ irritato del miorifiuto, ed insistette a lungo e replica-tamene, ma invano, per indurmi agiurare”. Ghigi tornò in un secondotempo alla carica chiamando Nigrisoliper dirgli che un professore di Torinogli aveva scritto di avere ricevuto dalMinistro dell’Istruzione la personaleassicurazione di “essere il giuramentouna pura e semplice formalità, privadi qualsiasi valore, e che quindi ilRettore dicesse a me di firmare, comeaveva firmato lui con animo tranquil-lo”. Sicuramente ironica la replica.Scrive infatti il prof. Nigrisoli di esser-si così rivolto in modo ultimativo alRettore, preso di contropiede e di cuisi può immaginare lo sbigottimento:“Risposi che avrei firmato pure io se equando S.E. Ministro avesse messo iniscritto ciò che aveva detto a voce alprofessore di Torino”.La notizia del rifiuto e della conse-

guente rimozione dalla cattedra del-l’illustre scienziato ebbe un’immediatarisonanza. Ampia l’affettuosa solida-rietà degli studenti al suo ingresso inaula per una lezione, che egli brusca-mente tacitò, come suo carattere; tut-t’altro che calorosa la Facoltà diMedicina, la quale “non aveva avutol’ardire di accogliere l’invito del prof.Patrizi di mandarmi un saluto”. Salutoche gli rivolse il prof. Paolucci nelmomento del passaggio delle consegnequando ne assunse la cattedra, e che, insede di “prolusione davanti alle autori-tà politiche, e trasgredendo precise

ingiunzioni fattegli, mandò a me unsaluto caloroso, provocando con le sueparole una grande dimostrazione a miofavore nella massa degli studenti chegremivano l’aula”. Nella acuta intro-duzione al libretto, l’attuale Rettoredell’Università di Bologna Pier UgoCalzolari scrive tra l’altro: “Leggiamoqueste carte e conosceremo un uomoprobo, saldo nelle amicizie, avversariodella retorica servile, provvisto di ungalateo mentale che lo preservò da ipo-crisie e convenzioni accademiche”. Lostorico delle Dottrine EconomicheLuigi Dal Pane, anch’esso docente del-l’ateneo felsineo, annoverato tra gliamici fedeli e che gli fu accanto nel-l’ultimissime ore di vita: “Egli era fer-mamente convinto che il fascismoavrebbe trascinato l’Italia in rovinoseavventure e che deleteria era intantol’offesa continua che si perpetrava con-tro la libertà e la dignità dei cittadini.La rassegnata e supina obbedienza adun ordine che quella libertà e quelladignità avviliva gli parve una viltà. Esenza pensare ad altro, respinse da séquella che Egli considerava un atto diviltà. (…) Egli difese la dignità dellapersona, la dignità della scienza, ladignità della scuola”.

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(Caricatura di B. Nigrisoli nel giornale ilgoliardo aprile 1928)

Quartiere Savena di Bologna

Rinnovati gliorgani dirigenti alla sezione“Toffano-Soldati”Nell’ottobre scorso la sezione Anpi“Toffano-Soldati” del QuartiereSavena, Bologna, ha rinnovato i propriorgani direttivi. Corrado Sacchi è statoavvicendato nel ruolo di segretario edeletto presidente. Già professore diFisica presso gli istituti superiori citta-dini, ha assolto compiti di carattere

politico quale membro del ComitatoFederale del Pci e segretario del parti-to nella zona Mazzini, attivo nelvolontariato e a lungo segretario dellasezione. A ricoprire l’impegnativa carica è statachiamata Roberta Mira, dottore diricerca in storia contemporanea, colla-boratrice dell’Istituto per la Storiadella Resistenza e della SocietàContemporanea nella Provincia diBologna e dell’Università di Bologna,che si è ripetutamente occupata di sto-ria della Resistenza.Il Comitato direttivo è così composto:Giampaolo Baffè, Rossana Calari,Luciano Calzolari, Luigi Cardelli,Claudio Gandolfi, Tito Grazia,Domenico Grillenzoni, Matteo

Lepore, Raimondo Manfredini,Roberta Mira, Sergio Sacchetti,Corrado Sacchi, Simona Salustri, LucaSancini, Concetta Tarozzi, LuciaTarozzi, Giorgio Vicchi, VinicioZaganelli.Attualmente l’Anpi Savena conta 230iscritti di cui 119 partigiani e patriotie 111 col titolo di antifascisti. Gliuomini sono 163, le donne 67. Lacomposizione anagrafica: 15 iscrittihanno un’età compresa tra i 20 e i 35anni; 14 tra i 36 e i 50 anni; 53 si col-locano nella fascia d’età tra i 51 e i 75anni e 148 sono coloro che hanno piùdi 75 anni.

r. b.

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IL MUSEO DELLA RESISTENZA diBologna, di proprietà del Comune diBologna che lo ha voluto e

progettato unitamente all’ANPI provin-ciale di Bologna e all’Istituto Storico ParriEmilia-Romagna, ha sede nel complessodell’ex convento di San Mattia (ViaSant’Isaia, 20) ed è stato inaugurato nel suoallestimento definitivo il 5 novembre2007.Fin dall’inizio si è lavorato per donarealla città uno spazio privilegiato per laconservazione, l’elaborazione, la tra-smissione della memoria e della storiadell’antifascismo e della Resistenza aBologna e nel suo territorio.Le cinque sale, poste al primo piano,sono altrettanti nodi tematici chevogliono offrire al visitatore le diverseprospettive con cui ci si può avvicina-re agli avvenimenti che hanno segnatoi 20 mesi della Resistenza bolognese.Nel grande atrio centrale è stata postauna significativa immagine del “murodella memoria”, monumento a cieloaperto nato spontaneamente la matti-na del 21 aprile 1945 quando i fami-liari di alcune vittime iniziarono aposare fotografie e fiori sul muro diPalazzo d’Accursio, nell’angolo in cuiper troppe volte vennero fucilati edesposti partigiani ed antifascisti. Sorsecosì il Sacrario di Piazza Nettuno, cheraccoglie oggi 2052 formelle connomi o effigi dei caduti; dal soffittodella medesima sala scendono le ripro-duzioni dei i manifesti più significati-vi che hanno ricordato l’anniversariodella Liberazione nel corso degli anni.

Due sale attigue raccontano poi rispet-tivamente la Resistenza quotidiana deicivili nei mesi che vanno dall’8 set-tembre 1943 alla Liberazione, conpostazioni multimediali che consento-no di consultare il Fondo VittorioVialli (straordinaria raccolta di oltre400 immagini che il tenente Vialli hascattato durante la prigionia nei lagerin Germania che ha subito così comegli oltre 600 mila soldati e ufficialideportati dopo l’8 settembre 1943,classificati poi dai tedeschi InternatiMilitari Italiani – IMI); il FondoImperial War Museum of London (rac-colta di foto scattate dalle truppe delCommonwealth inglese durante laloro avanzata dall’Adriatico a Bologna)e la Resistenza quotidiana delle forma-zioni partigiane; con una postazione

multimediale che consente di consul-tare un database di foto, documenti,biografie dei partigiani e un grandeschermo su cui sono raccolte le intervi-ste dei protagonisti della Resistenzabolognese.Le immagini presenti in questa e nellealtre sale sono tratte dai fondiArbizzani, Mazzanti e dei NationalArchives of Washington (da quest’ul-timo copiose le foto scattate dagli ope-ratori della 5° Armata americana risa-lita nel versante tirrenico), consultabi-li nella loro interezza presso l’Archiviodell’Istituto Parri.Una sala è dedicata all’antifascismoprima della Resistenza, con un appro-fondimento sulla Guerra Civile spa-gnola e sulla partecipazione di miglia-ia di volontari italiani, fra cui moltibolognesi, che avrebbero poi svolto unruolo fondamentale nella lotta parti-giana della nostra città.Una suggestiva video-installazioneproiettata a ciclo continuo riproduce lavita in una base partigiana clandestinacollocata nei sotterranei dell’OspedaleMaggiore bombardato, all’epoca ubi-cato in Via Riva Reno, nell’autunno1944.Una visita al Museo consente quindidi ripercorrere la storia dellaResistenza a Bologna attraverso fontistoriche di tipo diverso, quali docu-menti d’archivio, fotografie, manifesti,giornali (tutti riprodotti in copia) fil-mati d’epoca, prodotti multimediali.Proprio questa forte connotazionedidattica ha consentito di sviluppare

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Il Museo della Resistenza di Bologna

Dai disastri del fascismo alla conquista della libertàFotografie, filmati, giornali, manifesti tra i documenti di una gigantesca lotta per abbattere nazismo e isuoi asserviti. La forte connotazione didattica permette di sviluppare un efficace dialogo col mondo dellascuola

Patrizia Cuzzani*

Il museo ha un sitowww.museodellaresistenzadibologna.it e una e-mail:[email protected] a cui potete scrivere per avereulteriori informazioni.Dal 1° settembre 2008 al 31 giu-gno 2009 il Museo è aperto tutti ipomeriggi, dal Lunedì al Venerdìdalle 16 alle 19, il sabato mattinadalle 10 alle 13, mentre osserva lachiusura durante le festività.

Museo della Resistenza di BolognaVia Sant’Isaia, 20 - 40123 BolognaTel.051-3397250 (tutte le mattine 9/14)

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un grande dialogo con il mondo scola-stico, attraverso l’implementazione diun servizio educativo che vede nel suofuturo una apertura di dialogo con inuovi cittadini di Bologna, migrantiche vivono e lavorano con noi e che sivuole mettere in condizione di cono-scere la nostra storia per poi raccontar-la alle loro comunità locali, attraversovisite al museo e ai luoghi di memoriadella città, incontri e mostre.Nei prossimi mesi verranno organizza-te visite guidate mensili che consenti-ranno di conoscere meglio il museo edapprofondire, con la presenza di testi-

moni e studiosi, le diverse componen-ti valoriali e storiche del contempora-neo (ad es. la propaganda e il controllodell’informazione, altri stermini, ecc.).Nella tarda primavera del 2009 verràripresa l’attività di cineforum presso lasala ex refettorio posta al piano terradel Museo, sala che ospiterà anchemostre delle varie discipline artistichetutte fortemente connotate verso l’im-pegno civile applicato alla contempo-raneità.Uno sguardo particolare verrà riserva-to anche ai più piccoli, con l’aperturadi collaborazioni con le biblioteche e i

punti di lettura a loro riservate (di cuiuna è a fianco del Museo), e la conse-guente predisposizione di scaffali conlibri che insegnano, divertendo, iprimi rudimenti della convivenza e delrispetto dell’altro.Su queste pagine troverete i particola-ri di queste attività, appena verrannodefinite e, naturalmente, vi aspettiamosia per una visita che, soprattutto, perportare nuove idee e proposte.

*Responsabile Museo della Resistenza

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IL GIORNO 14 giugno nella Sala delConsiglio Comunale di Galliera(Bologna) è stato presentato il volume

dedicato a Ezio Villani di Salvatore Botta. Chi era Ezio Villani? Si tratta di una figura di antifascista diGalliera, socialista, nel primo dopo-guerra segretario della Camera delLavoro di Ferrara, arrestato nel dicem-bre 1920 e prosciolto dopo tre anni dicarcere dall’accusa di avere occultatobombe e quindi coinvolto negli scon-tri sanguinosi con i fascisti che aveva-no assalito Castello Estense. Perseguitato durante i venti anni delladittatura fascista, con la guerra dichia-rata il 10 giugno 1940, nel dicembre1942 Ezio Villani venne arrestato equindi denunciato insieme ad altrepersone al Tribunale dell’epoca per laDifesa dello Stato con l’accusa di averesvolto propaganda antifascista. In uno stralcio del rapporto stilatodalla Questura di Roma il 19 aprile edinviato al Ministero dell’Interno –come Salvatore Botta ci ha documen-tato – il successivo 11 maggio si leggein merito che avevano portato in carce-re Villani: “Da parecchi mesi questoufficio seguiva l’attività di alcuni indi-vidui che nella illusione di potereapprofittare del momento si stavanoorganizzando svolgendo opera di pro-selitismo e propaganda comunista[…] il medesimo era un esponente delgruppo “Scintilla” e collaborava nellapubblicazione del giornaletto comuni-

sta omonimo con lo pseudonimo di“Ferro”, era in contatto con uno degliesponenti del Gruppo comunisti intel-lettuali ed operai. Questo gruppo por-

tava il nome di Scintilla: era lo stessotitolo del giornale che Villani dirigevaa Ferrara nel 1919-1920”. Amico e compagno di Bruno Buozzi(sindacalista socialista, pure esso ferra-rese di Pontelagoscuro, ucciso il 13aprile 1944 dai tedeschi in ritirata daRoma, in località La Storta sulla viaCassia) fu poi di nuovo rinchiuso nelfamigerato carcere romano di via Tassofino alla liberazione della Capitale,. Fupartigiano nella formazione “Mat-teotti” operante in Umbria. Nel 1944,con Pietro Nenni e Oreste Lizzardi peri socialisti, fu firmatario del “patto diunità d’azione” con i comunistiPalmiro Togliatti, GiacomoPellegrini, Giuseppe Di Vittorio. Eletto nella Assemblea Costituente, fupoi uno dei sostenitori in campo socia-lista della linea di Giuseppe Saragat edella scissione di Palazzo Barberini(gennaio 1947). All’autore Salvatore Botta, al qualel’Amministrazione di Galliera ha affi-dato il compito di scrivere il libro, vail merito di aver compiuto un’operaimportante per la storia di un uomoche ha vissuto con onore la battagliaantifascista per la libertà.

Salvatore Botta, Ezio Villani. Un sociali-sta di Galliera nella Assemblea Costituente.Con un messaggio del Presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano,Pendragon, Bologna 2008, pagg. 157,euro 15,00

Sindacalista, partigiano,padre costituente

Chi fu EzioVillani? un autenticodemocratico Nel libro presentato a Galliera,suo paese natale, la riscoperta di una figuraeminente della politica italiana

Ezio Antonioni

Contributi per ResistenzaLe pagine di Resistenza sono adisposizione dei lettori singoli edi sezioni ed organizzazioni perla pubblicazione di annunci dicarattere familiare e non, qualiricorrenze e ricordo di persone.Le sottoscrizioni rendono possi-bile l’esistenza e il potenziamen-to di questa rivista, una vocedella democrazia.

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LA DECISIONE di andare in CostaRica è maturata da tre ragioni tuttedi parallela importanza: l’insistenza

dei fratelli di Carlos di andare a vistare illoro Paese; il dovere di andare a rendereomaggio alla tomba di Carlos; la fortuna diavere tra gli iscritti della nostra sezione unadocente che insegnava alla Scuola Media“Marconi” che conosce la lingua spagnola eche ha amici in Costa Rica.Quindi la delegazione era compostadal sottoscritto, da Onoria Mora, dallaProf.ssa Clara Degli Esposti (interpre-te) e Alberto Mazzanti. Il periodo dal21 al 31 Maggio. Partenza dall’aero-porto di Bologna a Madrid e daMadrid all’Aeroporto di San Josè diCosta Rica: in tutto 13 ore di volo conla compagnia Iberia. Le spese del viag-gio a carico nostro, mentre per sog-giorno, vitto e alloggio siamo statiospitati nell’abitazione del fratello diCarlos, Hernan. Il giorno dopo l’arrivoabbiamo reso omaggio alla tomba difamiglia dove riposa Carlos Luis, conla partecipazione dei fratelli e deinipoti. Nei giorni seguenti, ogni gior-no ci hanno accompagnato a visitare iluoghi più significativi del Paese finoalle spiagge del Pacifico.Il curriculum di Carlos Luisnell’Università di Bologna lo segnalacome uno dei migliori studenti. Nelprimo anno vinse il premio “GiovanniPerna” in anatomia. In quasi tutte lematerie ottenne il voto di 30/30. “Si

laureò il 31 maggio 1944 con me”dichiarò il Prof. Armando Businco,direttore dell’Istituto di Anatomiapatologica, “elaborando una ricerca suuna notevole casistica di tumori cere-brali con tale profondità d’indagineche la Commissione di laurea glidecretò, oltre il massimo dei voti elode, la dignità di stampa della tesi”.Da quello che ho potuto constatare, ifamigliari non sapevano dell’impegnodi Carlos nella Resistenza, del restoCarlos non ha mai fatto cenno dellasua attività ai familiari. In quel perio-do Carlos era al Sant’Orsola, doveaveva curato il capitano Enrico

Bernardi che si era fratturato unagamba nella fuga dalla casermaBorgolocchi e lo aveva fatto ricoveraredue giorni all’Istituto OrtopedicoRizzoli. Senz’altro Carlos sapeva deilegami clandestini del professorBusinco (era membro di “Giustizia eLibertà”, il movimento del Partitod’Azione) e gli espresse più volte lavolontà di unirsi pure lui al movimen-to partigiano. Con l’OperazioneRadium - cioè la sottrazione e messaal sicuro del mezzo grammo della pre-ziosa sostanza rimasta dalla rapina deitedeschi - al Sant’Orsola anche Carlosvenne arrestato, dietro delazione di

Carlos Luis Collado (secondo da destra) con un gruppo di colleghi ritratti nel 1942al Policlinico Sant’Orsola, nell’Istituto diRadiologia dell’Università di Bologna. Da sinistra: Massimo Massini di Cervia,laureato il 15 giugno 1944 poi medicodell’8° Brigata Garibaldi “Romagna”;Giuliano Pasi di Faenza entrato nellaBanda Corbari; Damiani pure esso diFaenza; Giunchi di Forlì; col camice biancoil prof. Vincenzo Bollini aiuto del prof.Giovanni Palmieri direttore dell’Istituto.Ultimo a destra un appartenente al corso dilaurea di cui non è rilevato il nome. La foto appartiene all’archivio personale del dott. Massimo Massini.

L’eccidio dei partigiani a Casalecchio legati col filo spi-nato e mitragliati alle gambe

Nell’orrore del cavalcavia anche il corpo di Carlos Luis Il giovane medico venuto dal Costa Rica per studiare all’Università diBologna dove si era laureato. Entrato nella Resistenza fu catturato aRasiglio e ucciso coi compagni della 63° Brigata Garibaldi “Bolero”.La commossa visita di una delegazione dell’ANPI casalecchiese nellacittà natale.

Bruno Monti *

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una collaborazionista. Così dice il prof.Businco: “Il 27 agosto 1944 , quandoda nove giorni ero prigioniero, palleg-giato tra briganti neri e briganti delleSS, mentre venivo accompagnato dauno sgherro fuori dalle cella, intravidiun attimo Collado dalla porta semi-chiusa nel corpo di guardia della mal-famata caserma di via Santa Chiara.Era lì per la mia faccenda, fu l’ultimavolta che lo vidi, fu quella notte cheCarlos ruppe gli indugi”. Si unì algruppo dei SAP di Tripoli aCasalecchio di Reno. Il 27 Agosto 1944 è una brutta gior-nata per la 63° Garibaldi dislocata aMonte San Pietro nell’area di Amola,San Lorenzo in Collina, San Martino inCasola, Montemaggiore, MonteAvezzano. Tutta la zona da Castello diSerravalle, Stiore fino Calderino è sottorastrellamento da parte del 52°Battaglione delle Brigate nere di stan-za a Castello di Seravalle etruppe tedesche dellaWehrmacht. Tale azione non èsegnalata in tempo e l’interaforza partigiana è priva di viedi scampo. L’ordine è rimanerenei rifugi e nei boschi e se si èscoperti vendere cara la pelle.Così la maggioranza della for-mazione si salvò. Ma un grup-po venne preso con le armi,cinque partigiani vennerofucilati la sera stessa aCalderino, altri quattro venne-ro portati a Crespellano e fuci-

lati il giorno seguente in localitàMuffa. Dopo questo rastrellamento laformazione si sposta a Monte Capra econtinua le azioni di attacchi e sabo-taggi. Una sera, credo ai primi di settembre,il nostro gruppo comandatodall’Alpino riceve l’incarico di andarealla grotta dell’Eremo di Tizzano aprendere quattro persone da portare inbrigata, ci dicono solo che sono duedottori e due che sono stati liberatidalle carceri di Bologna e che non pos-sono rimanere in città. E uno dei dot-tori era Collado, che si faceva chiama-re “Americano”.Il 20 settembre la formazione si spostanella zona di Rasiglio. Per alcunigiorni vi è calma, si fa solo guardia neipunti stabiliti, l’ordine è non attaccarei tedeschi ma agire solo in caso di raz-zie di bestiame e altro nelle case.Questo dura poco. Il 5 ottobre il gros-

so delle truppe tedesche dellaWehrmacht ha sgomberato le retroviema al suo posto sono giunti reparti diSS. Veniamo a sapere dalle staffetteche a Calderino hanno assassinato duegiovani. In quei giorni era arrivato aRasiglio un gruppo della brigata“Stella Rossa”, con i russi Karaton eGregorj, Gino Berti e altri. Il 6 otto-bre tutta la zona di Monte S. Pietro èsottoposta a rastrellamento. C’è peri-colo anche per noi, si rafforzano i postidi blocco. L’8 ottobre “Bolero” e“Giacomino” partono dal Cavallazzoper il giro d’ispezione alle basi, madopo aver percorso un tratto di caveda-gna nei pressi di Cà Sotto il Sasso sitrovano di fronte i tedeschi che inti-mano di alzare le mani. “Bolero” reagi-sce prontamente e riesce a ritornare alCavallazzo, Giacomino è fatto prigio-niero. Così inizia lo scontro della basedel Cavallazzo. Le altre basi, pur essen-

do nel raggio di un chilometro odue non riescono a sentire la spa-ratoria essendo il Cavallazzosotto la strada in una posizioneincassata, e i pochi spari che siodono sembrano lontani. La basepiù vicina al Cavallazzo è Cà diChiuzzi, che appena avvertitadell’attacco interviene alle spalledei tedeschi, purtroppo conritardo: i tedeschi sono riusciti ascendere verso la base, facendoprigionieri alcuni partigiani che

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Quello che nella coscienza democratica dei bolognesi, inparticolare degli abitanti di Casalecchio di Reno e dei paesidella Bazzanese e della fascia collinare, è ricordato come“eccidio del Cavalcavia” è portato in queste settimaneall’attenzione delle nuove generazioni dal processo iniziatonel tribunale di Verona ai responsabili ancora in vita del-l’orrendo crimine. Tra l’8 e il 9 settembre 1944 al termine di aspri combatti-menti che impegnarono la 63° Brigata Garibaldi “Bolero”e un agguerrito contingente di tedeschi con epicentro aRasiglio (Sasso Marconi) e la valle dell’Olivetta, tredici par-tigiani fatti prigionieri vennero sottoposti a torture aMonte San Pietro quindi, il giorno 10, condotti aCasalecchio, legati con filo spinato al cancello di una villaed ai tronchi degli alberi del viale, quindi mitragliati alle

gambe affinché il peso dei loro corpi infliggesse nelle carniil massimo del dolore fino alla lenta morte. I nomi dei martiri: Giacomo Dall’Oca, anni 19; MauroEmeri, anni 50; Ubaldo Musolesi, anni 30; AlbertoRaimondi, anni 58; Gino Zacchini, anni 17; i sovieticiFilip Andrevic Marussa, Miscia, Vassiliev; il medico CarlosLuis Collado Martinez, anni 25, nato in Costarica a San Josèe studente nell’Università di Bologna nella quale si è lau-reato in Medicina; altri quattro le cui generalità sono rima-ste ignote. Una delegazione dell’ANPI di Casalecchio si è recata nellaprimavera scorsa in Costarica, su invito della famigliaCollado Martinez. Ne scrive di seguito il presidente dellasezione.

Omaggio alla tomba di Luis Carlos: da sinistra OnoriaMora, Bruno Monti, Hernàn Collado, Ana Carboni, Alberto Mazzanti, Clara degli Esposti. > segue a pag. 14

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resistevano nel bosco; incendiano lastalla e il fienile. Le altre basi Cà di Cò,Cà di Sotto, e Cà Barberà sono avvisa-te nel pomeriggio e arrivano alCavallazzo che i tedeschi si erano giàritirati.“Bolero” ordina di seppellire i morti,cercando nelle tasche se avevano qual-che documento o cose da fare arrivarealla famiglie, e portare i feriti nel rifu-gio allestito nella grotta (mai scopertadai nazifascisti) di Cà di Chiuzzi; aguardia rimane “Diavolo” (Gino

Folesani) con viveri e quel po’ di medi-camento che c’era. Alla sera la decisio-ne è di spostarsi in un’altra zona. Ungruppo di giovani di Zola che eranoarrivati la sera del 7 sono consigliati dirientrare nelle basi di partenza. Alcunirimangono in zona con il compito dirintracciare qualcuno che si fosse sban-dato. Le guide nello spostamentoerano “Berto” e “Furio” (Aldo Righi eArturo Lanzoni). Regnava la speranzache i mancanti si fossero sbandati, masolo 3-4 giorni dopo sapemmo la finedi quelli che erano caduti prigionieri e

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La famiglia dei Collado: il padreCarlos Collado Quiros, deceduto nel1982, ingegnere agronomo e lamoglie Emilia Martinez Arriaga lau-reata in scienze naturali. Erano deiproprietari terrieri facoltosi. Da essinacquero Carlos Luis (18 settembre1919), Oscar (13 novembre 1920) eHèrnan (14 giugno 1927).Carlos Luis frequentò le elementaripresso la scuola “BuenaventuraCorrale” e le superiori nel Liceo diCosta Rica. Contemporaneamenteagli studi scolastici, portò avanti studidi lingue straniere, in maniera che,allo spagnolo madrelingua, almomento di diplomarsi nel dicembre1937 parlava già correttamente l’in-glese, il francese e l’italiano.Pur con grande dolore, così racconta-

no i fratelli Oscar e Hèrnan, per ilfatto di separarsi dal proprio figlio, igenitori accettarono il desiderio diCarlos Luis di proseguire gli studiall’Università di Bologna per studia-re medicina, poiché questa era la suavocazione. Il fratello Oscar èIngegnere agronomo ed è celibe,mentre Hèrnan è medico ginecologo,attualmente Presidente dellaCommissione del Costa Rica diBioetica. La moglie di Hèrnan AnaCarboni de Collado, è laureata in sto-ria dell’arte. Hèrnan e Ana Carbonihanno quattro figli, tre femmine e unmaschio, pure loro laureati.Di orientamento democratico e conun forte attaccamento ai principi dilibertà, la loro vita è improntata aiprincipi della religione cattolica.

> segue da pag. 13

Il corpo di Carlos Luis Collado così ridottoal pari di quello degli altri suoi compagni.La foto fa parte di tredici scatti eseguiti daun fotografo di Bologna costretto dai fascistia compiere la prestazione. Gli fu imposto didistruggere i negativi dopo le stampe, cosache egli non fece, e le tragiche immaginivennero conosciute.Casalecchiesi rastrellati dovettero scavareuna fossa comune nel giardino di unavilletta accanto e lì vennero buttate eseppellite le salme. All’indomani dellaLiberazione il corpo di Carlos venne traslatonella tomba della famiglia Businco nellaCertosa di Bologna per volontà del prof.Armando, suo maestro, e nel 1946 inCostarica.

anche chi erano. I 13 partigiani delCavalcavia furono sepolti dopo unasettimana in una fossa comune scavatada tre ragazzi presi dai tedeschi pertale lavoro, nella villa di fronte alCavalcavia, avvolti in drappi procuratidal parroco Don Carlo Marzocchi.Solo dopo la Liberazione le spogliefurono riesumate e portate alla Certosadi Bologna. Il corpo di Carlos fusepolto nella tomba di famiglia delprof. Armando Businco e nel gennaio1946 fu traslato in Costa Rica. Solo inquell’occasione i familiari vennero aconoscenza della scelta fatta e dellamorte del loro caro. Ora riposa nelcimitero di San Jose nella tomba fami-liare dei Collado. I familiari di Carlossono venuti più volte in Italia: aCasalecchio di Reno nel 1990 il fratel-lo Hèrnan e sua moglie; nel 1999 sem-pre Hèrnan con la moglie e la nipoteCecilia; nel 2007 sono venuti i fratelliOscar, Hèrnan, Ana sua moglie, e isuoi quattro figli Irene, Cecilia, Pilar eCarlos. I familiari sono sempre venuti aspese proprie di viaggio, alloggio evitto. In questi incontri sono statiaccompagnati dal sottoscritto, daRomano Poli, a Rasiglio e in altri luo-ghi, incontrando i superstiti e i fami-liari dei caduti. Inoltre è stato organiz-zato un incontro con il Rettoredell’Università di Bologna, con ilDirettore dell’Istituto di Anatomiapatologica prof. Giuseppe Martinelli,con l’Amministrazione Comunale diCasalecchio di Reno e con laPresidenza dell’ANPI provinciale. Orai fratelli Oscar e Hèrnan si sono costi-tuiti parte civile al processo delCavalcavia. Il Costa Rica è un paesecon alle spalle cento e più anni didemocrazia, tradizioni civili e cristia-ne, che ha abolito l’esercito nella suaCostituzione e porta avanti la bandie-ra dei diritti umani. Attualmente lasua popolazione è di 3 milioni di abi-tanti, anche qui non mancano i proble-mi sociali dei Paesi dell’AmericaLatina.

* Presidente della Sezione ANPI di Casalecchio di Reno

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GLI APOLOGETI dellaRepubblica sociale italianahanno sempre sostenuto che,

grazie alla presenza dello Stato neofascista eall’impegno diretto di Benito Mussolini,agli italiani, dopo l’8 settembre 1943,furono risparmiate atrocità e vessazioni chediversamente i tedeschi avrebbero molti-plicato.Basterebbe guardare la scia di sangueche attraversò l’Appennino durantel’estate e l’autunno 1944, daSant’Anna di Stazzema a Marzabotto,per avere qualche dubbio sulla bono-mia con cui i nazisti trattarono lapopolazione italiana. Ma a tutto que-sto è necessario aggiungere che nonsolo i tedeschi operarono in Italia constragi ed eccidi, ma furono gli stessifascisti che, da un lato, quasi sempre liaffiancarono in tali “operazioni” e, dal-l’altro, spesso agirono, con eguale cru-deltà, in maniera del tutto autonoma.A tutto ciò – che in gran parte eraconosciuto nelle sue linee generali, manon nei particolari – il libro appenauscito sulle stragi in Emilia Romagnaaggiunge una nuova informazione cheè emersa dalle carte conservate pressol’Archivio centrale dello Stato diRoma: un telegramma firmato daMussolini e inviato a tutti i Capi delleprovince, con il quale, il 25 giugno1944, si incitavano i fascisti repubbli-cani ad ammazzare i concittadini,anche in maniera sommaria e senzaprocesso. Vale la pena riportarlo inte-gralmente: «Poiché taluni leoni vege-tariani continuano a parlare di unaeccessiva indulgenza del governo della

Repubblica, siete pregati di mandaretelegraficamente i dati delle esecuzio-ni avvenute di civili e militari con pro-cesso o sommarie dal primo ottobre inpoi».Da allora, con regolarità e fino al 21aprile 1945, le autorità della RSIinformarono Mussolini di tutte leuccisioni che venivano effettuate e ciòche ne risulta è sconvolgente, in quan-to apprendiamo che furono eseguite2.478 esecuzioni capitali, delle quali938 da parte dei nazisti e 1495 daparte dei fascisti repubblicani. E que-sti erano i dati relativi alle sole esecu-

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Una meticolosa ricerca ora pubblicata in volume

La atrocità del nazifascismo nel 1943-1945 in Emilia-Romagna“Repubblichini” in competizione con l’occupante in termini di crudeltà. Documentazione tedesca prima sconosciuta sugli eccidi di Monte Sole, nonché di archivi italiani, inglesi,americani. Oppositori e non consenzienti: gente inferiore

ATTI DI DELINQUENZA fasci-sta (la recente irruzione nella sededella RAI riporta alla memoria

gli assalti squadristici ai giornali demo-cratici) sono sostanzialmente ignorati dachi attualmente ci governa, o si dice che“non bisogna fare speculazioni politiche”.Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa,che ha giurato fedeltà alla Costituzionerepubblicana e antifascista, pretende di

costruire una memoria condivisa rivalu-tando i militi repubblichini durante lacerimonia a ricordo dei militari e dei civiliche combattendo l’8 settembre 1943 con-tro i tedeschi diedero inizio allaResistenza. Per l’esposizione mediatica delfatto, una volta tanto l’ANPI non è statalasciata sola nel denunciare l’apologia. Mi è

Dai quotidiani notiziari riservati della GNR fascista

“Duce, ne abbiamo uccisi 62”È il resoconto della strage di Tavolicci, appennino cesenate, gliabitanti “puniti” perché “favoreggiatori dei banditi”. Le vittime:vecchi, donne e bambini dei quali 19 con meno di 10 anni di età.Così i fascisti hanno “combattuto per la Patria”.

Renato Sasdelli

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Elementi delle Brigate Nere in rastrellamento

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zioni (delle quali sono state accertate leresponsabilità) non tenevano conto deimorti ammazzati lungo le strade, delladistruzione di intere comunità, dellecosiddette “rappresaglie”.Il libro riesce a ricostruire anche unavera e propria periodizzazione dellaviolenza e mette in evidenza che, finoalla primavera 1944, fu dovuto quasiesclusivamente ai “repubblichini” ilmoltiplicarsi delle uccisioni, a partiredalla strage di Ferrara (La lunga notte del‘43, quando 11 cittadini innocentifurono fucilati il 15 novembre, ndr);essi tentarono di conquistare il consen-so della popolazione semplicementeattraverso il terrore.Attraverso una lunga e meticolosaricerca, che si è giovata degli archiviitaliani, tedeschi, inglesi e americani, èstato così possibile ricostruire le vicen-de delle singole province emiliane eromagnole (pp. 57-203). Una secondaparte del volume è dedicata alla stragedi Monte Sole che viene ricostruitaanche grazie all’apporto di una riccadocumentazione tedesca fino ad orasconosciuta (pp. 207-275). La ricercasi conclude ricordando come la ferociadi quella guerra fu caratterizzata dauna incomprensibile moltiplicazionedi stragi anche nel corso delle giornatefinali, da parte di nazisti e fascistiormai in fuga. Si affronta infine iltema della memoria e si prendono inesame lapidi e monumenti che ricor-dano quelle stragi e quegli eccidi (pp.279-305). Un lungo saggio introdut-tivo di Dianella Gagliani (pp. 9-53) siaddentra sulla presenza di rilievo cheha avuto la Repubblica sociale inEmilia Romagna sotto il profilo dellaviolenza, discutendo in particolare lacultura del fascismo italiano e del fasci-smo tedesco, specialmente per quantoriguarda la inferiorizzazione deglioppositori e dei non consenzienti.

l. c.

La politica del terrore. Stragi e violenze nazi-ste e fasciste in Emilia Romagna, a cura diLuciano Casali e Dianella Gagliani,Napoli, L’Ancora del Mediterraneo,2008, 407 pp., euro 30,00.

tuttavia rimasto il dubbio che le rea-zioni indignate di qualche forza poli-tica tendessero in primo luogo a con-quistare una pari copertura mediatica.Sono infatti usuali atteggiamenti diindifferenza e disinteresse verso i “pic-coli” atti quotidiani di apologia delfascismo del ventennio e di quellorepubblichino. Vi è una pubblicisticarevisionista che vuol fare diveniresenso comune gli argomenti della pro-paganda neofascista, facendo ricaderesui partigiani la responsabilità deglieccidi nazifascisti e contrabbandandol’idea che le rappresaglie contro lapopolazione civile furono normali,legittime, risposte militari agli attac-chi partigiani.Basta consultare fonti repubblichine,ad esempio i Notiziari giornalieri delComando Generale della GNR, pertrovare maggiore sincerità. Dalla costituzione della GuardiaNazionale Repubblicana (GNR),avvenuta verso la fine del novembre1943, i suoi comandi periferici invia-rono costantemente al ComandoGenerale informazioni sulle provinceitaliane ancora sotto l’autorità dellarepubblica di Salò e con tali informa-zioni l’Ufficio Situazione del ServizioPolitico redasse notiziari quotidiani(l’ultimo porta la data del 24 aprile1945). Suddivisi per province e perargomento (ad esempio: ordine e spi-rito pubblico, astensioni dal lavoro,attività dei “ribelli”, attività sovversi-va ed antinazionale, operazioni controi “ribelli”) i Notiziari - ora consultabi-li sul sito www.musil.bs.it - venivanoquotidianamente inviati, in via deltutto riservata, a Mussolini, a RenatoRicci, comandante generale dellaGNR, e a pochissimi altri gerarchifascisti. Nel luglio 1944 a Tavolicci,località del comune di Verghereto,nell’alto appennino cesenate, avvenneil maggiore eccidio compiuto inRomagna. Squadre fasciste partite daSarsina, Sant’Agata Feltria e Balze viarrivarono mentre gli abitanti dormi-vano. Vecchi, donne e bambini (in 19

avevano meno di 10 anni) furonochiusi in una stanza e puniti a colpi dimitraglia per qualche cosa che nonavevano fatto. Fu dato fuoco alla casae poi a tutto il paese. Gli uomini cat-turati, costretti ad assistere al massa-cro delle loro famiglie, furono poicondotti in un’altra casa distantepochi chilometri, a Campo delFabbro, nel comune di S. AgataFeltria, e lì torturati e uccisi. Nel loropercorso i repubblichini continuaronola rappresaglia incendiando alcunealtre località, composte da una opoche case al massimo, e uccidendoquanti trovarono lungo il tragitto.Come i fascisti giustificarono tuttociò? Il Notiziario del 22 agosto 1944,nella sezione Operazioni contro i ban-diti, riporta a pagina 32:“dalla Romagna, Forlì.Il 21 Luglio u.s., alle ore 3, in localitàMonte Giusto–Tavolicci del comunedi Verghereto, militi della G.N.R. edelementi della polizia germanica, perrappresaglia contro gli abitanti che,nel decorso inverno, avevano svoltaopera di favoreggiamento verso i ban-diti, responsabili questi ultimi di avercatturato e ucciso militi della G.N.R.e fascisti, hanno eseguito un rastrella-mento in cui trovavano la morte 42persone e nove rimanevano gravemen-te ferite. Altri 20 uomini venivanodalla predetta località condotti in con-trada Campo del Fabbro di S. AgataFeltria ove venivano fucilati”.Dunque: si comunicava burocratica-mente ai comandi superiori che in unrastrellamento compiuto per rappresa-glia contro una piccola comunitàaccusata di aver favorito nel decorsoinverno (cioè molti mesi prima, siamoinfatti alla fine di luglio) i partigiani,trovavano la morte 42 persone (tacen-do che 19 erano bambini) e altri 20uomini (i capifamiglia) venivano fuci-lati.È in questo modo che i repubblichini“combattevano per la patria”.

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fatto commesso bensì per avere mani-festato il primo un’opinione, il secon-do per averla ascoltata. Il fascismo sipermette di processare le intenzioni. Ilregime persecutorio è intenso e colpi-sce. (…) Le condanne del TribunaleSpeciale, le assegnazioni al confino, leammonizioni, le diffide, non sono chela punta emergente di un immensoiceberg, che è l’antifascismo semplice,non dottrinario, non titolato, ma istin-tivo, perché solo voglia di essere liberi,senza coscrizioni obbligatorie, senzavincolanti rituali che giocano sullacarriera, sullo stipendio, sullo statusindividuale e familiare.La tessera del fascio – si diceva – è latessera del pane. E si era detto tutto. Sepensiamo a che cosa mirava l’antifasci-smo, cioè al ripristino delle libertà

NON ERA “MORBIDO” ilfascismo. Chi ha potuto esami-nare i dossier dei condannati dal

Tribunale Speciale (detto “per la Difesadello Stato” – ndr) e delle commissioni“per il confino”, sa come si arrivava a certeammissioni di colpevolezza. Sa come veni-vano trattati gli antifascisti dalla polizia.Quanti morirono per le torture subite incarcere o nelle regie questure? Come morìGastone Sozzi, come morì il fratello diIgnazio Silone, come morì il dr. UmbertoCeva? (…) I due fratelli Elva, in provinciadi Cuneo, entrambi assegnati al confino edentrambi suicidi. Perché questa doppiamorte?Cercare di sapere quel che fu la repres-sione fascista, nei suoi diversi aspetti, èimpresa quanto mai difficile. Adesempio, cosa si sa degli ammoniti edei diffidati in Italia? A Bolognasiamo riusciti a conoscere i nomi di1500 diffidati e ammoniti della città edella provincia. Sono tutti o solo unaparte delle vittime di questa forma dipersecuzione. I motivi dell’ammoni-zione e della diffida non sono moltodiversi da quelli che conducono al con-fino, ma ampliano il settore dei reatiche possono essere commessi dai sud-diti italiani. Ecco un caso emblematico: tre donnedi Imola, il 5 novembre 1939 (notarela data – ndr) portano dei garofanirossi sulla bara di un defunto (…) èquanto basta perché il gesto si connotipoliticamente e le porti per qualchegiorno in carcere. Seguirà diffida. Unaltro caso: un operaio bolognese, nelfebbraio, dicesi febbraio, del 1942,propone ad un compagno di lavoro difesteggiare il 1° Maggio. È udito dauna spia ed entrambi vengono denun-ciati, arrestati ed ammoniti non per un

individuali e collettive, non possiamonon credere che la maggioranza degliitaliani non sentisse il valore dellelibertà. Come si può pensare che accet-tare un libro di Croce è un reato, avereuna domestica ariana è un reato, legge-re Tolstoj è un reato, non comprare undeterminato giornale è un reato, vole-re la pace è un reato?Da ciò discende il necessario riconosci-mento che l’antifascismo è il postulatodella democrazia. Che cosa potrebbeessere la democrazia se le venisse toltala motivazione antifascista?

A cura dell’Associazione NazionalePerseguitati Politici Italiani Antifascisti(ANPPIA) provinciale di Bologna. Continuanel prossimo numero. Il blog dell’ANPPIAnazionale: www.anppia.blogspot.com

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Dagli appunti di Luigi Orlandi (III)

Quante oscure morti nel ventennio fascista

Ustica, 1928. Confinati politici italiani, tra cui imolesi, e deportati libici per attivitàpolitico-militare. Durante l’occupazione italiana della Libia, dal 1911 al 1942quest’ultimo anno della sconfitta dell’Afrika Korp tedesco e del regio esercito furono più di4000 i deportati libici a Ustica, Ponza, Favignana, Gaeta oltre alle Tremiti. Centinaiafurono i morti per stenti e malattie.

Si perdeva la vita durante i“pressanti” interrogatori nelleregie questure e nelle carceri.Alcuni casi esemplari

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APIANORo è stata aperta in viaRoma la nuova sede della sezioneANPI intitolata a Franco

Bonafede, Medaglia d’argento al valormilitare partigiano della 62° BrigataGaribaldi “Camicie Rosse” poi dellaBrigata Garibaldi 7ª GAP.Hanno partecipato il sindacoSimonetta Saliera, Ermenegildo Bugnisegretario organizzativo dell’ANPIprovinciale, presentati dalla presidenteStefania Scotti. Tra il pubblico presen-ti i partigiani Ledovino Bonafede eArduino Bacchelli.Il segretario della sezione, AtosBenaglia, ha parlato dell’attuale situa-zione politica, del pericolo di una deri-va di fascismo in doppiopetto, eviden-ziando la preoccupazione della scarsamemoria che si ha della storia, dei gio-vani che non conoscono né la storiadella metà del Novecento né quellarecente. Questa realtà è stata rimarcataanche da un sondaggio condottorecentemente tra gli studenti.Simonetta Saliera ha portato il saluto

del Comune, augurando che questanuova sezione continui proficuamenteil lavoro iniziato anni fa dagli ex parti-giani e da Diana Sabbi indimenticabi-le sostenitrice della sezione. È moltoimportante che si svolga un lavoro diricerca e di informazione coi giovani,nelle scuole e nella società, per farconoscere il periodo più nero dellanostra storia ed i sacrifici costati per laconquista della libertà e della demo-crazia. La nuova sezione ANPI di Pianoro,che si propone di essere un punto diriferimento per le giovani generazionie gli iscritti, da tempo si è dotata dinuove tecnologie di comunicazione e ilproprio sito anpipianoro.it offreun’ampia documentazione sulla storiadella Resistenza a Pianoro e in Italia.Le sue pagine sono continuamenteconsultate e alcune sezioni del sitovengono usate come riferimento daWikipedia, l’enciclopedia della rete.La biblioteca virtuale, che mette adisposizione degli utenti utili testi, ha

visto solo quest’anno da gennaio a set-tembre lo scarico di 21.000 copie di“Epopea Partigiana”, il libro che fupubblicato nel 1946 dall’ANPI regio-nale e raccoglie le testimonianze di chiha combattuto per la libertà. Ma la nostra attività non è rivolta soloalle nuove tecnologie, ogni anno por-tiamo nelle scuole del territorio i testi-moni della lotta partigiana per farliincontrare con i giovani.Ora con la nuova sede presentiamoagli iscritti, alle scuole del territorio ea chiunque voglia frequentarla unabiblioteca storica che raccoglie più di200 testimonianze di partigiani, saggie documenti sulla Lotta di Liberazionee sulla storia d’Italia dal 1945 ad oggi;inoltre una videoteca di una trentinadi filmati sempre sull’argomento.

*Responsabile sito anpipianoro.it

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Da sinistra: Mauro Bonafede tesoriere della sezione ANPI, Stefania Scotti presidente, Atos Benaglia segretario, Ermenegildo Bugni della segreteria provinciale, Simonetta Salierasindaco di Pianoro.

Sede di studio e di accesso ai documenti

anpipianoro.it: nuovetecnologie di comunicazione

Paolo Corazza *

Decorazione al Merito CivilePianoro martirizzatonel fronte di guerra

Per ben sette mesi, tra l’ottobre 1944e l’aprile 1945, il territorio di Pianorosubì l’offesa della guerra, essendo ilfronte fermo davanti al contraffortepliocenico di Livergnano.La statale della Futa, all’epoca princi-pale arteria Bologna-Firenze, rivestivaun’importanza strategica rilevante. Daqui i quotidiani bombardamenti che,oltre a causare decine di vittime tra lapopolazione civile, costrinsero gli abi-tanti ad abbandonare case, poderi,bestiame ed a farsi profughi a Bologna.Il capoluogo venne praticamente atter-rato, opere civili e poderi agricolidistrutti. Molti giovani divennero par-tigiani e dettero vita alla 62ˆ BrigataGaribaldi “Pampurio”.Al Comune il presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano haconferito la Medaglia d’Oro al MeritoCivile. La decorazione è stata appunta-ta nel gonfalone comunale il 25 aprilescorso in occasione del 63˚ anniversa-rio della Liberazione.

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BONDANELLO, Biscia, Sab-biuno: sono i luoghi della memo-ria della nostra comunità; i luoghi

dove nell’autunno del 1944 sono stateuccise per rappresaglia 46 persone, donne euomini innocenti, colpevoli soltanto ditrovarsi in quel momento nelle loro case onei campi, vittime di una vendetta cieca daparte delle truppe nazifasciste.Lo scorso 11 ottobre la nostraAmministrazione comunale havoluto ricordare queste vittimee insieme il grande contributoche la popolazione civile diedealla Guerra di Liberazione. Nonlo si ripete mai abbastanza: se laguerra partigiana fu possibile -e fu vittoriosa - nelle nostrecampagne, lo si deve da un latoal coraggio, alle capacità mili-tari dei partigiani, animati dafortissimi ideali, e dall’altro allapartecipazione attiva dellefamiglie contadine, che, arischio della loro vita, nascose-ro, nutrirono, diedero protezio-ne a quegli uomini in armi. Leradici della coscienza democra-tica e antifascista affondanonella storia di questa comunità:nelle scelte politiche delleprime Amministrazioni sociali-ste all’inizio del secolo, nellelotte di rivendicazioni dei con-tadini, nelle mobilitazioni sin-dacali degli operai dellaOfficina Barbieri, nella nuovaconsapevolezza delle donne, chevolevano diventare finalmenteun soggetto attivo della vitapolitica.Tutto ciò vogliamo ricordare.

Dal 2004 abbiamo deciso di innovarela manifestazione tradizionale, coin-volgendo in particolare i giovani. E inparticolare da due anni lo facciamoinsieme alle ragazze e ai ragazzidell’Istituto superiore “John MaynardKeynes”. Nel corso dell’anno scolasti-co vengono condotte delle ricerche dairagazzi delle quinte classi, che vengo-no poi presentate nel corso della mani-

festazione dell’anno successivo. In par-ticolare lo scorso anno scolastico la lororicerca si è centrata sulla figura diOreste Vancini, nato nel 1879, profes-sore di lettere e giornalista, dirigentesocialista, un uomo di cultura cheeducò una nuova generazione ai valo-ri dell’antifascismo e che fu fucilatodalle Brigate nere ad Argelato. I ragaz-zi hanno consultato documenti eincontrato testimoni di quegli anni,chi conobbe Vancini e chi fu suo allie-vo. Da queste ricerche sono uscitidiversi lavori, tra cui alcuni racconti.Tutto questo è stato presentato ai cit-tadini l’11 ottobre dagli stessi ragazzi,già iscritti al primo anno diUniversità.In questo modo la memoria si fa viva.È un modo di lavorare su cui vogliamocontinuare ad andare avanti, perché lamemoria e l’identità di una comunitàpassano attraverso il mondo della

scuola e l’impegno attivo dellegiovani generazioni.Alla cerimonia di quest’annoabbiamo voluto fossero presentianche gli amici francesi dellacittà gemellata di Ingré: abbia-mo voluto condividere insiemequesto momento, proprio nellaconsapevolezza che le radici diun comune impegno europeo sifonda su una comune storia dilotta. Il Sindaco ChristianDumas ha voluto condividerecon noi un ricordo della suafamiglia, originaria di un paesevicino a Oradour-sur-Glane: quiil 10 giugno del ’44 le truppetedesche uccisero 642 persone,donne, uomini, bambini, l’inte-ra comunità fu cancellata. La storia dell’Europa ha in séqueste tragedie immani, diffici-li da raccontare, ma ha in séanche gli ideali che hanno per-messo di sconfiggere questidemoni: ai giovani chiediamodi far vivere questi ideali.

*Sindaco di Castel Maggiore

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Castel Maggiore autunno 1944: per rappresaglia

uccise 46 persone (donne e uomini rastrellati)

La forza del ricordo nelle parole dei giovani

Marco Monesi *

Nella foto un aspetto della manifestazione: rappresentanza distudenti del “Keynes”; alle loro spalle da sinistra il sindaco diIngré, signor Christian Dumas; il sindaco di Castel MaggioreMarco Monesi; il maggiore Vallecosta del Genio Ferrovieri inrappresentanza delle Forze Armate.

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NEL TRATTO di via provincialeBazzanese che da Crespellanoconduce alla località Muffa è

stato eretto un monumento (in sostitu-zione del precedente piccolo cippo) dedi-cato a Salvatore Bignami, di anni 18,Pietro Gandolfi, anni 18, Fausto Pallotti,anni 19, Guido Romagnoli, anni 22,quattro ragazzi che furono fucilati daifascisti nella mattina del 28 agosto 1944.L’inaugurazione solenne si è tenuta il 4ottobre scorso. Il Comune di Crespellano el’ANPI hanno voluto ricordare con unacelebrazione pubblica l’atrocità di quel-l’evento, con il contributo di AnselmoDrusiani presidente dell’ANPI diCrespellano, Ermenegildo Bugni in rap-presentanza dell’ANPI provinciale, delsindaco Gianni Gamberini e del vicepre-sidente della Provincia Giacomo Venturi.È stata veramente una bella giornata,caratterizzata da una grande partecipazionedi persone provenienti anche da altriComuni della zona Bazzanese, oltre allapresenza di parenti delle vittime. Si trattadi un fatto molto importante, perchésignifica che in questa nostra zona la genteha ancora ben presente le atrocità e i mas-sacri compiuti dai nazifascisti, i sacrifici

fatti da tante persone di quel periodostorico, i valori che esse rappresentava-no, e per questo non dimentica. Iquattro ragazzi, come tanti altri, ven-nero assassinati perché si erano schiera-ti per liberare l’Italia dal nazifascismo,riconquistare nel nostro Paese e inEuropa la libertà, la pace, la democra-zia. Purtroppo in questo momento nelnostro Paese (ma non solo) tira unabrutta aria: sono cronaca recente ledichiarazioni di un ministro e del sin-daco della Capitale, i quali hannodichiarato che il fascismo “non è statoil male peggiore”, gli attacchi delladestra italiana alla Resistenza e allaCostituzione, i pericolosi fenomeni dirazzismo che, insieme al revisionismo,si ripetono con drammatica e inquie-tante sequenza. Un altro fatto particolarmente grave siè verificato giovedì 9 ottobre quandola Lega Nord, partito di Governo, haabbandonato l’aula di Montecitoriomentre si stava discutendo un ordinedel giorno al decreto Gelmini sullascuola che prevedeva la distribuzione atutti gli studenti italiani, a cominciare

da quelli del Nord, di una copia dellaCostituzione; la Lega non voleva che ilgoverno la regalasse agli studenti e siopponeva a tale iniziativa. L’ordine delgiorno è stato poi approvato ugual-mente con 441 sì, 14 astenuti e 2 no. Di fronte a questi episodi occorre nondistrarsi mai e tenere gli occhi benaperti; sono atteggiamenti pericolosiche vanno isolati e nello stesso tempoaffrontati nel rispetto delle regoledemocratiche previste dallaCostituzione. Ecco quindi l’importan-za di chiamare al massimo impegno leIstituzioni, col contributo dei partitipolitici che debbono fare anch’essi laloro parte, affinché questi focolai ven-gano spenti sul nascere.

* Segretario della sezione ANPICrespellano

Nelle foto: a sinistra un aspetto della sedutasolenne del Consiglio Comunale. A destral’omaggio alle vittime della rappresagliafascista

Sulla provinciale Bazzanese presso Crespellano il nuovo monumento

I fascisti all’opera: quattro ragazzi fucilati

Enrico Biagi*

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IL COMPLESSO tombale, in cementospeciale lavorato, concepito con altiriferimenti al percorso storico del

nostro Paese, dalla Resistenza allaCostituzione repubblicana, che nel cimi-tero di Bubano racchiude le spoglie delpartigiano Dante Cassani, caduto sullecolline della Faggiola durante un com-battimento coi fascisti di Salò, è statodonato per estrema volontà della sorellaMaria Teresa al Comune di Mordano. Progettato dal marito IppolitoLeopoldi, già presidente e poi diretto-re della Cooperativa muratori, l’insie-me del piccolo monumento consta di

un muretto arcuato recante simbolica-mente tre momenti fondamentali: lacaduta della dittatura, il tracollo dell’8settembre 1943 e l’immediato iniziodella lotta partigiana, la Liberazionecon le conquiste democratiche da cuisono scaturite. In posizione centrale è posato il sacel-lo e accanto un cippo con questi versidel poeta Salvatore Quasimodo: La nostra non è guardia di tristezzaNon è veglia di lacrime alle tombeLa morte non ha ombre quando è vitaSul lato destro si ergono stilizzate due rap-presentazioni di donna e uomo, appunti

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Fissato nella pietraa Bubano

Brano del poetaQuasimodo sulla tomba diDante Cassani

simboleggianti la ripresa della vita inlibertà

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La tragedia della guerra voluta dalfascismo nel Comune di Mordano.Cinque partigiani caduti, tre vittimeper rappresaglia, quarantanove civilimorti per cause belliche, venticinquemilitari hanno perso la vita nei varifronti di guerra o non sono tornati.Inoltre immani sacrifici e ingentidistruzioni al patrimonio edilizio,agricolo, zootecnico.

L’arco dellastoria in cementogrezzo. Le figure adestra in cementoe limatura di ghisarappresentano i corpi maschilee femminile

“Giuliana” e “Tosca” staffette del CUMER

LA VALOROSA staffetta TolminaGuazzaloca (a sinistra nella foto,assieme ad un’amica) ha compiuto il

5 settembre scorso i 92 anni di età.Nell’occasione ha voluto rendere omaggioalla memoria della compagna di lotta par-tigiana Delcina Gallarani (nome di batta-glia “Tosca”), alla quale è dedicato il cipponel parco della zona Barca, tra le vie Giottoe Giacomo Brodolini. “Tosca” fu una staffetta del CUMERcon il rischioso compito di assicurare ilcollegamento tra Bologna e Milano.Rimasta gravemente ferita durante unbombardamento aereo a Piacenzamentre era in missione, morì il 16 set-tembre 1944 da “sconosciuta”, nonavendo voluto declinare le generalità e

le circostanze della sua presenza nel-l’area piacentina. Aveva 39 anni. Le partigiane ed i partigiani, gli amiciantifascisti tutti partecipi del senti-mento di Tolmina, augurano a leimolti anni di vita serena, assicurando-le che la sezione ANPI Barca “GiannaTarozzi” continuerà a diffondere tra lenuove generazioni gli ideali per i qualiessa e “Tosca” si sono battuti durantela Resistenza. Tolmina Guazzaloca(nome di battaglia “Giuliana”), origi-naria di Anzola Emilia, titolo di studiolicenza di scuola elementare, dimestiere operaia, è stata una attiva ecapace staffetta partigiana in città. Giàall’indomani dell’8 settembre 1943,mettendo a disposizione l’esperienzadi lavoro clandestino maturata nellamilitanza PCI che aveva iniziato dal1930, divenne staffetta del Comandopiazza di Bologna e dall’agosto 1944del Comando Unico Militare Emilia-Romagna – CUMER, 28 anni all’epo-ca. Prima della guerra venne licenziatadalla Polveriera di Anzola con l’accusa

di propaganda antifascista e dal 1939al 1943, anno quest’ultimo della suaentrata nella clandestinità, è stata ope-raia alla Ducati di Borgo Panigale. Ha scritto un libro autobiografico daltitolo E mi chiamai Giuliana. Prima edi-zione Ponte Nuovo, Bologna 1992,pagg. 245 (con schede didattiche diAnna Rosa Cavazzoni). Seconda edi-zione (a cura di Morena Calzolari), G.Laterza, Bari 1998.

Tolmina (a sinistra) al cippo di Delcina,compagna di lotta nella Resistenza.

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TRA LE CARTE dello scrittoreimolese prof. Nazario Galassi,deceduto improvvisamente il 4

giugno scorso quando soggiornava aParenzo in Istria, la moglie Maria ha tro-vato uno scritto nel quale tracciava unaffettuoso profilo umano di Fausto Ferlini,suo compagno di lotta nella 36° BrigataGaribaldi “Alessandro Bianconcini” –avevano all’epoca rispettivamente 21 e 23anni -, a sua volta venuto a mancare il 22novembre 2005. Fausto lo abbiamo avuto a lungo qualedirigente e poi attivista instancabiledell’ANPI imolese ed a noi piacericordarlo nel terzo anniversario dellamorte – così come nuovamenteNazario – con la pubblicazione delloscritto su Resistenza. Ci piace altresìsottolineare che Ferlini, licenza discuola elementare, di mestiere mecca-nico, sergente artigliere nel regio eser-cito durante la sciagurata guerra in cuiregime fascista e corona sabauda getta-rono l’Italia, dopo lo sfacelo dell’8 set-tembre 1943, rifiutando la chiamataalle armi della repubblichina di Salò,entrò nella Resistenza imolese operan-te sull’appennino tosco-romagnolo. Lesue capacità gli meritarono il compitodi vice comandante di compagnia delbattaglione “Carlo”. Fu poi tra i parti-giani che si arruolarono volontari nellerinnovate Forze Armate italiane qualefante nei ranghi del Gruppo diCombattimento “Cremona”, schieratoal fianco delle truppe multietnichedell’8° Armata inglese sul fronte delbasso Senio davanti ad Alfonsine. Da

qui, con l’inizio della vittoriosa offen-siva generale scattata il 10 aprile1945, partecipò alle operazioni belli-che sulla direttrice della fascia adriati-ca romagnola-emiliana-veneta fino aMestre.

*Presidente del CIDRACentro Imolese Documentazione

Resistenza Antifascista

Lo voglio ricordare, sì lo voglio ricordare,Fausto, così lo chiamavamo compagno dellalotta partigiana, poi presidente dell'ANPI diImola, scomparso il 22 novembre 2005. Moltoci sarebbe da narrare di lui e delle sue esperien-ze militari nel corso della seconda guerra mon-diale, anche prima che conoscesse Luigi Tinti(Bob), che sarebbe diventato il comandantedella brigata partigiana 36° Garibaldi. Nonper un necrologio, ma per consegnarci parte diquei valori umani che ci motivano la vita.Trascurando i suoi pur meritevoli precedentimilitari nell'ambito di quella guerra, mi limi-to alla sua importante partecipazione, in qua-lità di comandante di compagnia, alle vicendedi quella formazione operante nell'appenninoemiliano romagnolo.Notevoli episodi si ricordano di lui a testimo-nianza del suo animo affabile riflesso nel com-portamento comprensivo verso i compagni dilotta ed espresso fin dal 14 giugno 1944quando, assieme a sessanta giovani raccoltisi

presso la diga di Codrignano del fiumeSanterno, intraprese la via della montagna perraggiungere i prati del monte La Faggiola. Itratti più significativi di quella sua partecipa-zione furono le battaglie del torrente Rovigo conl'attacco difensivo sul monte La Bastia, gliepisodi di Capanna Marcone e del Carzolano,soprattutto quelli di monte Battaglia nel btg ditrecento uomini diretto da Carlo Nicoli, a cuiegli fece da supporto.Caso unico nella guerra d'Italia, quei parti-giani nel corso del combattimento vennero a con-tatto con le formazioni dell'esercito anglo-ame-ricano e davanti a loro aprirono un varco nellelinee della Wehrmacht, attraverso il qualel'esercito alleato avrebbe potuto prendere a tergoil nemico e raggiungere rapidamente le valli diComacchio, ponendo fine alla guerra in Italia.Sembra una favola, eppure la vicenda è larga-mente documentata. Il diarista della 14°armata germanica scrive: "I nostri collegamen-ti sono interrotti da una banda partigiana..Lenostre difese debbono arretrare".C. Starr, lo storico della quinta armata ame-ricana, scrive: "La più importante altura sullalinea dei colli che bloccava la strada versoImola era entrata in possesso degli Alleatisenza lotta". Egli aggiunge: "Guidato dai

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Corrispondenza da Imola

Tra le carte dello scrittore il profilo di un partigianoÈ quello di Fasuto Ferlini volontario nella 36° Brigata Bianconcini enell’esercito di liberazione. Nel foglio venuto alla luce, un tratto dellevicende storiche che hanno coinvolto tanta gioventù che ha saputoscegliere la strada giusta per la conquista della democrazia

Elio Gollini *

Due partigiani imolesi della 36°“Bianconcini” al Centro addestramentodell’Esercito a Cesano presso Roma, già indivisa da fanti del “Cremona”. A sinistrail ventitreenne Fausto Ferlini con ilcompagno Tristano Minguzzi di anni 19.

La sua giovane vitariposa nella storia

Nazario Galassi

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partigiani che avevano localizzato una stradaal coperto lungo il lato sud-orientale del crina-le, il battaglione avanzò su monte Battaglia.La più importante delle alture sulla linea dellemontagne che bloccavano la strada per Imolaera stata presa senza combattere". Tanto impor-tante fu quella vicenda che, per giustificare lasconfitta, una bandenkarte (la mappa cheindica la dislocazione della formazioni parti-giane, ndr) della decima armata germanicaindica la presenza di ben 10.000 partigiani.A questo contribuì la partecipazione di Faustosenza mai il ricorso a ordini perentori, ma colconsenso, la collaborazione e la consapevolezzadi portare avanti la storia per una vita miglio-re, libera dall'occupazione straniera e da unaeccessiva subalternità delle classi sociali infe-riori. Fausto non "dorme", non "riposa" e noi,parafrasando lo scrittore americano Edgar LeeMasters nella sua celebre Antologia di SpoonRiver, non "dormiamo", non "riposiamo", non"riposeremo sulla collina", ma nella storia, per-chè con Fausto, abbiamo consegnato all'Italiail senso della libertà, della giustizia sociale,valori e dignità che nessun protagonismo popo-laristico gestiforme può sopprimere.

Medaglia d’Argento al Comune

I medicinesi in ognifronte della Lotta di Liberazione

Il gonfalone comunale di Medicina sifregia, dal 29 ottobre scorso, dellaMedaglia d’Argento alo Merito Civile.

L’atto reca la firma del presidente dellaRepubblica Giorgio Napoletano, vista ladocumentazione prodotta dal sindacoNara Rebecchi, che attesta il grande con-tributo dato dai suoi abitanti alla Lotta diLiberazione, sia con le armi alla mano, siacon scioperi delle mondine, manifestazionipubbliche – specie delle donne – contro ilfascismo e l’occupante tedesco, sia pagandoun pesante contributo in vite umane.Questo il compendio degli eventi,illustrati dal sindaco Nara Rebecchi, acagione dei quali hanno fatto ben mer-itare a Medicina (circa 15 mila abitan-

ti) il prestigioso riconoscimento: 271partigiani combattenti, dei quali 39caduti, appartenenti alle brigate 5^Matteotti “O. Bonvicini” di pianuralocale; 36^ Garibaldi “A.Bianconcini” di montagna tosco-romagnola; 7^ Garibaldi GAP“Gianni” a Bologna e nel Medicinese;Divisioni “Belluno”(destra Piave) e“N. Nannetti” (sinistra Piave),autonoma “Osoppo” nelle montagneveneto-friulane.Tra quanti hanno fatto la Resistenza alnazifascismo vi sono stati poi 297 mil-itari internati nei lager tedeschi e i sol-dati dei Gruppi di combattimento alfianco degli Alleati. I militari cadutiin guerra o in prigionia sono stati 134.Altissimo inoltre il numero delle vit-time civili, 169, causate da bombarda-menti ed esplosioni di ordigni bellici.Conquistata la pace, i medicinesi,come gli altri italiani, si sono rimboc-cati le maniche ed hanno dato corsoalla ricostruzione.

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Ida Orsacchini e Raffaele Gandolfi

La staffetta “Sposina”,l’ufficiale “Bruno”

AFFRONTANDO consapevol-mente pericoli e insidie di variogenere, compreso il rischio della

tortura e della vita stessa, donne coraggio-se hanno profuso intelligenza e fatica perportare avanti nella Resistenza compiti dienorme rilevanza. Tra di esse la ventise-ienne Ida Orsacchini, col nome di batta-glia “Sposina” staffetta del ComandoUnico Militare Emilia Romagna. Era nataad Este (Padova) l’8 giugno 1918 e daalcuni mesi non è più tra noi. Il presidente dell’ANPI provinciale haricevuto questa lettera a firma BrunoGandolfi: “Caro William, la compa-gna di mio padre (Raffaele Gandolfi) èdeceduta il 26 agosto. Ida Orsacchiniera stata staffetta partigiana delCUMER a Bologna. Ha sempre letto

con molto interesse la vostra rivista edesiderava essere ricordata sulla stessadopo la sua morte. Se puoi esaudirequesto suo ultimo desiderio ti saròmolto riconoscente. Ti abbraccio”. Nel selezionatissimo ambito delCUMER hanno svolto ruoli di estremaimportanza persone di sperimentatacapacità, maturata nei duri anni delregime dittatoriale. Tra di esseRaffaele Gandolfi, terza classe diIstituto tecnico industriale, serviziomilitare nella regia Aeronautica dal-l’aprile 1934 al giugno 1936, militan-te di primo piano nell’organizzazioneclandestina antifascista, all’epoca resi-dente a Bologna. Raffaele Gandolfi,nome di battaglia “Bruno”, nato a SanPietro in Casale nel 1913, presto resi-dente a Bologna, ha fatto a sua voltaparte del CUMER prima quale ufficia-le di collegamento con la brigata“Stella Rossa – Lupo” nell’estate del1944, poi dal settembre nell’ambitodel Comando stesso fino allaLiberazione. Operaio tornitore, halavorato nel tempo nelle fabbriche

Weber, SASIB, SABIEM, Maserati,Righi, ACMA, Ducati (componentedel Comitato di fabbrica comunista),“seminando” in vario modo i germidell’antifascismo. Il prestigio profes-sionale e umano gli fecero riscuotere lafiducia dei lavoratori, tanto che allaSABIEM (qui organizzatore della cel-lula PCI) nel 1941 venne eletto dallemaestranze “fiduciario di fabbrica”,figure con le quali il sindacato delregime intendeva guadagnare il con-senso dei lavoratori. Tale compito, cheGandolfi aveva deciso di svolgere suindicazione generale del Pci clandesti-no al quale aveva aderito nel 1930, gliconsentì di sviluppare una proficuaattività. Attività che gli costò il carce-re: quale organizzatore di manifesta-zioni operaie alla caduta del fascismonel luglio 1943, nuovamente da set-tembre a dicembre dello stesso anno.Ha scritto il libro I fiduciari di fabbri-ca, l’attività degli operai comunistiall’interno del sindacato fascista diBologna, edito a Milano nel 1980.

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MI RICORDO quell’inizio dellaprimavera del 1941. Splendidegiornate serene riscaldate dal

tepore dei raggi del sole. La vita era bella edio tra poco avrei compiuto 15 anni.Frequentavo il ginnasio, ero felice. Avevo imiei amici, avevo tutta mia la bellezzadella mia terra, della mia città; avevo lamia famiglia, l’affetto dei fratelli tanto piùgrandi di me e del mio fratellino, avevol’amore dei miei genitori. La famiglia era modesta: anche se privadi ricchezza abbondava il calore del-l’affetto. Il babbo è stato il mio primogrande amico. Da piccola, tenuta sullesue ginocchia, lo ascoltavo raccontare,tra storia e leggenda, gli eventi passatidel nostro paese – Jugoslavia – neltempo una terra travagliata, assogget-tata a stati più forti (Turchia, Austria),sfruttata ma mai domata. Mi ha inse-gnato ad amarlo e di non dubitare maie lottare per la propria dignità, umani-tà: avere speranza per il futuro. Aspettavo la fine dell’anno scolasticoper godere il mio mare Adriatico, nuo-tando e veleggiando tra le isole con gliamici. Questo era il mio mondo all’iniziodella primavera del 1941, bello e spen-sierato. Quando la prima domenicadell’aprile, durante la messa nell’anti-ca cattedrale di San Giacomo in cuilavorarono Giorgio il Dalmata ed altriarchitetti italiani – la città vanta nelsuo patrimonio monumentale il citatoduomo (1431-1555), la chiesa di SanFrancesco con attiguo convento(1300); la chiesa di San Giovanni conorologio tipo turco e la scalinata ester-na che sembra un pizzo di pietra; la

chiesa ortodossa e la rinascimentaleLoggia Grande del Sanmicheli di fron-te alla cattedrale stessa – alla quale noistudenti eravamo obbligati ad assiste-re, il vescovo interruppe la preghiera evoltandosi verso di noi disse: stamatti-na all’alba gli aerei tedeschi hannobombardato Belgrado, si temonomigliaia di morti. Rimanemmo fra-stornati, si sentivano voci: è la guerra!Incredula, senza capire del tutto cosasignificasse la guerra, tornai a casa. Igenitori erano silenziosi e preoccupati:mio fratello Ivo lavorava a Smeredevo,la città industriale vicina a Belgrado,io capii ed ebbi paura per lui. Manmano che le ore passavano venimmo asapere del crollo dello Stato, dello sfa-celo dell’esercito. I soldati disertavano,gettavano le armi, molti però le sep-pellivano e tornavano a casa. Io prega-

vo per il fratello. Seppi che laJugoslavia veniva occupata dalle trup-pe tedesche ed italiane e divisa. Si par-lava di violenze, di morti. La mia città, Sibenik, era ed è tuttoraun porto militare ove erano ancorate lenavi da guerra. Arrivarono gli aereitedeschi, gli Stukas, a bombardare emitragliare le navi ed il porto.Fortunatamente alla città furonorisparmiate le distruzioni gravi.Trascorsero due-tre giorni di caos:senza governo, senza esercito, la genteaspettava trepidando. Poi alla sera arri-varono camion zeppi di soldati: eranoitaliani. Immediatamente il giornodopo fu emanato il coprifuoco: dal tra-monto all’alba successiva vietato usci-re di casa. Si sentiva nella notte ilmovimento di mezzi corazzati e can-noni. Mi ricordo che la prima sera delcoprifuoco il babbo tardava a rientrarea casa; la mamma era allora agitatasapendolo poco ben disposto verso gliitaliani, contro i quali combattè primanella Grande Guerra 1915-1918 qualesottufficiale della marina austro-unga-rica e nel periodo successivo 1918-1921 quando l’esercito italiano vennead occupare la nostra città. Al suo rientro a tarda ora, essa lo rim-proverò di incoscienza e lui, il mangia-italiani, le disse: ho visto dei giovanisoldati, stanchi, impolverati, chiedercida bere e qualcosa da mangiare e sicco-me mastico qualche parola di italianoli ho accompagnati verso i luoghi incui potessero ristorarsi. Erano così gio-vani, li vedo come figli. Io ascoltavo leparole di mio padre e non le ho maidimenticate perché le sento ancora

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Una adolescente nella Croazia occupata nel 1941 dall’esercito e dalle camicie nere italiani

Avevo quindici anni L’opposizione agli invasori per difendere l’indipendenza della patria, la cultura (e la lingua), la dignitàpersonale. Arresto per antifascismo e deportazione in Italia, nell’Istituto di rieducazione di Bologna.

Vinka Kitarovic

Vinka Kitarovic in una foto del 1946,contenuta nel passaporto della RepubblicaFederativa Democratica di Jugoslavia

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come una raccomandazione che innan-zitutto non bisogna perdere il senso diumanità. La spensieratezza dei miei quindicianni giorno dopo giorno scompariva.A seguire il coprifuoco arrivò il razio-namento. I viveri scarseggiavano, siconobbe la fame, compariva il mercatonero. Le famiglie non ricche, come lanostra, finiti i pochi risparmi ed ancheperché la pensione di papà era ormaiincerta, vendevamo tutto il possibileper sfamarci. Scoprii un giorno che imiei si decurtavano quel poco dellaloro razione affinché io e mio fratellinodi dodici anni potessimo alimentarcidi più. Mi ribellai, li costrinsi a man-giare in mia presenza, sotto la minac-cia non mangiare anch’io. A scuola, noi studenti non eravamopiù allegri: c’era nell’aria un’attesa diqualcosa. Una mattina sbarcarono lecamicie nere italiane, una masnada dienergumeni con le maniche rimbocca-te, stringendo in una mano il manga-nello e nell’altra una bottiglia. Cosìfeci la conoscenza con i fascisti.Marciavano verso si giardini e il centrocittà cantando a squarciagola. Lungo ilpercorso chi non salutava veniva per-cosso e obbligato ad ingurgitare il con-tenuto delle bottiglie. Seppi che con-tenevano olio di ricino ed un altrointruglio della cui qualità non sonocerta. Spaccavano le vetrine e le inse-gne dei negozi scritte coi caratteridella nostra lingua. Noi giovani riusci-vamo a sottrarci a quella violenza fug-

gendo, ma gli anziani no. Mi chiedevo:dunque questi barbari sono italiani,ma allora quello che ho studiatodell’Italia, il paese delle arti, della poe-sia, il paese di Dante, Petrarca,Leonardo ed altri, dove sta? Era uninganno? E poi vennero nelle scuole.Pretesero che studiassimo solo la lin-gua italiana. Pochi di noi la conosceva-no. Minacce, intimidazioni. E allora innoi, anche in me, accanto alla paura,subentrò l’indignazione, la ribellione,l’odio per ciò che ci veniva imposto.Non volevamo rinnegare origini, cul-tura. Ci fu chi bruciò i testi obbligato-ri in italiano, rischiando rappresaglia.Iniziarono riunioni clandestine, edimparammo il significato di fascismo enazismo. Da qui la resistenza di noistudenti, dapprima passiva reagendocol silenzio duro alle ingiunzioni e viavia sempre più attiva in varie forme,come scrivendo di notte sui muri paro-le di lotta e di speranza. Io, come tantialtri, mi iscrissi a SKOJ, l’Unione

della gioventù comunista jugoslava. Mio fratello Ivo tornò a casa percorren-do a piedi l’enorme distanza daBelgrado a Sebenico e parlò della vio-lenza, della sofferenza inflitta al nostropopolo. Restò per poco, sparì, eradiventato partigiano: si andava for-mando il nostro esercito di liberazione.Il terribile scenario portato dagli stra-nieri era fatto di arresti, deportazioni,fucilazioni, incendi e massacri nei vil-laggi. A dare manforte ai nazifascistierano gli ustaša, i feroci ustascia delvenduto Ante Pavelic, pupillo diMussolini, addestrati in Italia. Era ilperiodo in cui i giovani non erano piùgiovani e i vecchi non potevano fare ivecchi. C’erano momenti in cui pian-gevo per la mia giovinezza rovinata,per i sogni infranti, ma nello stessotempo non ho mai voluto cedere: pen-savo a come poter entrare in una for-mazione partigiana. Gli studenti erano sospettati di antifa-scismo, talché nelle case cominciaronole perquisizioni. A me sequestrarono leinnocenti fotografie dei periodi felici.Una sera dell’ottobre 1944, dopo ilcoprifuoco, sentimmo bussare allaporta. Era la polizia che cercava me e miportò via. I miei genitori imploravanoin lacrime, ma è una bambina, ha solosedici anni, perché? Nulla da fare. Incarcere trovai altre dieci compagne diclasse. Pare che nella casa di una di essefosse stata trovata una lista coi nostrinomi, per la polizia assai sospetta.L’interrogatorio a base di lusinghe e diminacce non dette alla polizia italiana

Slovenia, 22 luglio1943. Catturati dalle

camicie nere italiane i 4uomini nella foto

rastrellati a Zavrh, neipressi di Cerknica sonoobbligati a scavare la

fossa nella qualeverranno precipitati dopo

la loro fucilazione.

Vinka Kitarovic è nata il 5 aprile 1926nella città croata di Sibenik (in italia-no Sebenico) sulla costa adriatica dal-mata. Il padre Spiro pensionato dellaDogana, la madre Tona Kužina,penultima di cinque figli di cui tremaschi. Studentessa ginnasiale, ade-rente all’Unione della gioventù comu-nista durante l’occupazione italiana,arrestata con altre compagne di scuolaper attività antifascista e deportata inItalia. A Bologna è stata rinchiusa in una casadi rieducazione per minorenni mino-rate e prostitute. Riuscita ad evadere

ed entrata in collegamento con laResistenza è stata staffetta della 7°Brigata Gap a Bologna (nome di bat-taglia Lina) e nel Modenese nella 65°Brigata “Walter Tabacchi” (nome dibattaglia Vera), poi nell’ufficio di col-legamento di Modena con il ComitatoUnico Militare Emilia-Romagna. Nella Resistenza ha conosciutoAndrea Bentini, col quale dopo laliberazione si è unita in matrimonio,dal quale è nata la figlia Jadranka. Vinka Kitarovic vive a Bologna. Faparte del Comitato Direttivo e dellaPresidenza dell’ANPI provinciale. > segue a pag. 26

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i risultati che si attendeva, Noi ragaz-zine fummo separate, io finii in unacella di metri tre per quattro, dovec’era la mamma di un partigiano ed incui rinchiusero altre cinque mie com-pagne. Seguirono giorni tetri. I geni-tori li vedemmo solo il giorno primadella nostra deportazione in Italia.Inimmaginabile la disperazione loro enostra. La mattina seguente, era metàottobre, il cellulare Crna Marica(Maria nera) come lo chiamavamo noi,ci trasportò – eravamo undici dai sedi-ci ai diciassette anni – al porto.L’ultimo ricordo della mia città loebbi, seppure al prezzo di diversi ceffo-ni, sbirciando dalle fessure e vidi tuttala riva piena di gente tenuta a bada daisoldati con i fucili spianati. Aveva

saputo ed era venuta a rincuorarci. Non si può dimenticare una visionecosì. Circondate dai poliziotti ci feceroentrare nella stiva della nave, non per-mettendoci di salutare, anche con unsolo sguardo affettuoso, la nostra caraSibenik. Poi rotta su Trieste. Da qui altre tappe, fino a Bologna

dove fummo rinchiuse nel riformato-rio. L’evasione durante il trambustoper un bombardamento aereo dellacittà. Ma iniziava a questo puntoun’altra storia, in Italia, nellaResistenza a Bologna e nel Modenese.

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Bologna, 26 marzo 1943. Foto di grupponell’Istituto di rieducazione per minorennitraviate di via della Viola (Santa Viola),nel quale furono costrette le giovani croate.Nella struttura erano ospitate prostituteminorenni e con deficit intellettivo. Dasinistra (in grembiule da corrigende):Maria Šeparovic, Vinka Kitarovic, ildirettore dell’Istituto Angelo Piazzi,Vjišnia Gavela, poi rimpatriata perrichiesta di grazia della famiglia ricca.Evase, Maria divenne staffetta della SAPdi Castenaso e Vinka della 7a GAP aBologna e a Modena del CUMER.

> segue da pag. 25

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Una specchiata figura dell’antifascismo

Tornati a casa dall’Australiai resti di Omero Schiassi

Luigi Crescimbeni

ÈSTATO APPELLATO un sociali-sta errante per i vari luoghi in cuila persecuzione fascista l’aveva

costretto, fino all’emigrazione politica inAustralia. Così Omero Schiassi, avvocatodei lavoratori, dirigente sindacale, consi-gliere comunale di San Giorgio di Pianonel 1910 e di Bologna dal 1914. Gli squa-dristi gli bruciarono lo studio di procura-tore legale durante la distruzione dellaCamera del lavoro di Bologna il 24 gen-naio 1921. A Melbourne, la metropoli australianadove è approdato nel 1924, è stato cor-rispondente del giornale socialista ita-liano Avanti!, docente di italiano nellalocale Università, conferenziere, fon-datore e presidente della Anti-fascist

concentration of Australia nell’areadell’Oceania. Fu tra gli animatori dellapartecipazione degli emigrati italianinel contingente australiano nelle ForzeArmate del Commonwealth britanni-co che vennero in Europa a combatte-re il nazifascismo. È venuto a mancare improvvisamentea Myrtleford il 2 gennaio 1956 dove èrimasto sepolto fino alla primavera diquest’anno, quando i resti, per inizia-tiva del Comune di San Giorgio diPiano, il paese in cui era nato il 3 set-tembre 1877, sono stati riportati.Sulla tomba sono scolpite queste paro-le: Sostenne la libertà, l’umanità e lagiustizia. La figura di questo onesto e valorosocombattente per la causa democratica,alla cui valorizzazione ha dato il primoessenziale contributo un altro indi-menticabile sangiorgese, LuigiArbizzani in Uomini, lotte e altrecose, è stata ricordata nel settembrescorso con un convegno di caratterestorico ed una mostra a lui dedicata. La sezione ANPI di San Giorgio hapartecipato alle iniziative che hannoonorato l’uomo e il suo contributo a farconoscere il nostro Paese ed a far vive-re l’antifascismo nel mondo.

È a Roma il fascicolo del generale Terziani

Nel numero scorso di “Resistenza” abbiamopubblicato una nota di Nazario SauroOnofri – dal titolo L’8 settembre Bologna

fu tradita dalla casta militare – nella quale eradetto che il fascicolo personale del generale AlbertoTerziani, all’epoca responsabile del Comando difesaterritoriale della nostra città e della regione, si trovaal Distretto militare di Bologna. Ricordiamo ai let-tori che il Terziani respinse la richiesta della delega-zione del Fronte per la pace e la libertà (organismounitario dei partiti antifascisti) di armare il popolobolognese per affiancare l’Esercito in opposizione alproposito dei tedeschi di occupare il Paese nel momen-to dell’annuncio dell’armistizio. Il colonnello Frascaroli, alto dirigente delDistretto, ha telefonato a Onofri per informar-lo che la pratica del gen. Terziani non è aBologna, ma a Roma presso la Direzione gene-rale del personale militare del Ministero dellaDifesa. Ringraziamo il Distretto militare del-l’opportuna precisazione e ci scusiamo per l’in-volontario errore.

Lettera dal Distretto Militare

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mettendo a rischio la nostra stessalibertà, come quella della stampa edell’informazione scritta e radio-tele-visiva, dell’insegnamento laico, deidiritti delle donne, della giustiziauguale per tutti, la stessa dialetticademocratica tra le forze politiche. Atacere dei tentativi di frantumarel’unità sindacale. Tutto ciò, in sintesi,per favorire gli interessi personali (lovediamo tutti i giorni) nonché digruppi o ceti particolari, come abbia-mo detto a Cervia, in definitiva percostruire uno strumento di dominio, ascapito dell’etica e della moralità.Nello stesso tempo, depotenziando oabolendo le istituzioni di garanzia.L’assalto alla Rai-Tv, nell’assoluta gra-vità che rivela, lo insegna.

Come intende collocarsi l’ANPI inquesta situazione? Sono sufficientile pur necessarie proteste da talunoritenute specificatamente vitali?Pensi che un ruolo più spiccato sianecessario, o si rischia di invadereun campo improprio, quello dellapolitica, ovvero dei partiti?

Chiariamoci: non siamo un partitopolitico, né miriamo ad una tale ruoloper esprimerci. Ciò precisato, è nostrodiritto e dovere intervenire politica-mente quando avvertiamo pericoli, pergarantire la tutela dell’identità demo-cratica del nostro Paese. In qualemodo? Ovviamente con prese di posi-zione, ma anche chiamando i nostriassociati in primo luogo ad iniziativepubbliche tese a mobilitare le coscien-ze. Ma anche aderendo a quelle di chisi riconosce nella democrazia e nellaCostituzione, che poi è la stessa cosa.

C’è chi valuta con scetticismo lapotenzialità dell’ANPI, giudi-candone il ruolo come residuale,destinato, prima o poi, all’esauri-mento naturale. Come rispondi?

Sì, lo so che in ben individuatiambienti ci si sforza di insistere su talebislacca affermazione. Ma se si insiste,significa tutto il contrario. Cioè che

l’ANPI esiste, lavora, ha prestigio,viene ascoltata, ad essa ci si rivolge.Non credo che sia il caso di spenderemolte parole. Dico solo che non siamole “vestali” col compito di custodirememorie lontane nel tempo. Lo statoorganizzativo, il rinnovamento conti-nuo stanno a testimoniarlo.

Queste tue parole cadono a pro-posito. Com’è lo stato di salutein senso generale ed a Bologna eprovincia in particolare? Ci sonodei dati di fatto?

Sì che ci sono: si possono leggere pro-prio in questa rivista. Gli iscritti sonosempre prossimi ai 6000 (oltre 100mila su scala nazionale) ed i nuovi ade-renti, cui attribuiamo la qualifica di“antifascisti” per distinguerli in termi-ni generazionali dai partigiani com-battenti e dai patrioti della Resistenza,aumentano in misura incoraggiante.Queste nuove forze, alle quali abbiamoaperto l’ingresso a termini di statutonazionale, sono le benvenute, poichéimmettono nell’ANPI linfa fresca,intelligenza, volontà di sapere e di benlavorare. Ci tengo a dire, a tal proposi-to, che già sezioni di città e di provin-cia che avevano attenuato l’attività,anzi in qualche caso interrotto, hannoripreso quota. Nuovi gruppi dirigentisono stati formati con l’innesto di gio-vani, i quali si avvalgono dell’esperien-za e dei contributi culturali di anzianipartigiani.

Chi sono questi nuovi “innesti”,in altre parole, qual è la loro col-locazione nella società?

Sono persone desiderose di esprimersi,di dare un terreno fertile cui immette-re la loro volontà democratica. Ancheper corroborare la mia risposta pregodi scorrere le pagine di questo numerodi “Resistenza”: vi è un resoconto (apag. 2 – ndr) di una, diciamo così,carta di identità dei nuovi aderenti.Aggiungo, ciò detto, quanto stiamofacendo, non solo da oggi, in terminidi arricchimento dello studio dellastoria nelle scuole. Rispondiamo conmolto piacere alle richieste che, nonsolo da oggi in verità, dirigenti diIstituti comprensivi e insegnanti, oltrea gruppi di studenti, ci rivolgono,

invitandoci a produrre testimonianzadi protagonisti della Resistenza adintegrazione dello studio di classe.

Gli studenti, i docenti, i precari, iricercatori, sono protagonisti diun vasto movimento contro l’at-tacco alla scuola proveniente dal-l’area governativa e dal governostesso. Quale il commento?

Vedo un movimento che ha obiettiviprecisi; l’ANPI provinciale esprimesolidarietà. I tentativi di caratteresquadristico di inquinarlo, deviarlo,pare a me che non abbiano conseguitosuccesso. Ma attenzione: i tentativisono accompagnati da atti di violenzache alla lunga potrebbero divenireincontrollabili. Perciò insistiamoaffinché chi è preposto alla difesa dellalegalità repubblicana operi attivamen-te per individuare i centri di delin-quenza para o pseudo politica.Bologna non è indenne, lo dimostra larecente sanguinosa aggressione a duestudenti da parte di squadristi. Bene iltempestivo intervento delle forze del-l’ordine.

A Cervia parecchi interventihanno manifestato soddisfazioneper il successo della prima festanazionale della Resistenza (l’esta-te scorsa a Casa Cervi diCampegine, in provincia diReggio Emilia) ottimamente pre-parata e condotta dai giovani.Cosa si pensa di fare in seguito?

Siamo orientati, come ANPI naziona-le, a dare continuità all’esperienza.Come e dove lo stiamo studiando;un’apposita commissione di lavoroentrerà in funzione a tale scopo, comeda impegno della presidenza delConsiglio nazionale, a conclusionedella riunione a Cervia.

Ci sono delle date capitali nellastoria del nostro Paese e diBologna stessa, così come c’è chidice esplicitamente che vannoabolite, forte dell’esito delle ulti-me elezioni politiche. Lo stessopresidente del Consiglio deiministri, Berlusconi, è della par-tita: lui non festeggia, non lo ha

C’è bisogno d’unità> segue da pag. 1

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Page 28: Resistenza n. 5 - anno 2008

...invece c’eranole giovani generazioni

Tra i gruppi di giovani colti dall’obiet-tivo di Alessandro Masi il 5 ottobrescorso alla annuale manifestazione diMarzabotto, ecco un bel quadrettofamiliare. La figlioletta Francesca, lamamma Irene e il babbo Fabio.

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Perché il governonon c’era a Marzabotto?

Tra il 29 settembre e il 5 ottobre del1944 l'esercito nazista in ritirata fecestrage di civili nell'appennino tosco-emiliano. A 64 anni di distanzaMarzabotto ha ricordato le sue 770vittime di quella rabbia assurda edingiustificabile. Quella stessa memo-ria sembra fare difetto negli esponentidell'attuale governo di centrodestrache ha pensato bene di non mandarenessuno al ricordo dell'eccidio, forseperché la ritengono l'ennesima, inutilecerimonia retorica priva di valorestorico e civile? Oppure dobbiamopensare che sia stato piuttosto l'im-barazzo che crea ancora a molti di

questi politici il fatto di essere in partei figli ed i nipoti di quella ideologiafascista (mai rinnegata) contigua esubalterna in quegli anni al fuoco"amico" nazista che ha trucidato tuttiquegli innocenti? L'opportunismo elettorale e l'esito delvoto hanno di fatto sdoganato il "fas-cismo" agli occhi di molti ma l'im-barazzante assenza di oggi aMarzabotto è la dimostrazione cheforse è ancora presto per riscrivere (come qualcuno vorrebbe) la veritàperché la nostra è e resta unaRepubblica nata dalla guerra di liber-azione che "ripudia" il fascismo in ognisua forma vecchia e nuova.

Claudio Gandolfi, Bologna

Cordiale scambio di lettere ANPI e SPI-CGIL

Al Presidente dell’ANPI provinciale èpervenuta la seguente lettera che conpiacere pubblichiamo. “Caro Michelini, ho ricevuto la tua lettera che accompagna l’ul-timo numero della vostra rivista, “Resistenza”e ti ringrazio a nome di tutto lo SPI-CGIL. Siamo assolutamente d’accordo nel considerarevitale per il nostro Paese, la capacità di comu-nicare e far apprezzare ai giovani innanzitut-to, il senso e il valore della democrazia e dellaCostituzione repubblicana, nata dallaResistenza, sulla quale si fonda. Siamo perciò disponibili ad ogni forma di col-laborazione tra SPI ed ANPI, anche utiliz-zando la vostra rivista e la nostra (“LaSPInta”): penso, se sei d’accordo, di poter con-cordare un incontro specifico nel quale definirele possibili sinergie. In attesa di riscontro, cordiali saluti

Bruno PizzicaSegretario generale SPI-CGIL

Bologna”

Errata corrigeNella seconda puntata degli appuntidi Luigi Orlandi (Resistenza n. 4 set-tembre 2008) è contenuta una impre-cisione. L’acronimo OVRA sta perOrganizzazione Vigilanza RepressioneAntifascismo, non Opera Volontariaeccetera. Ce ne scusiamo con i lettori.

Poste in redazione

mai fatto, il 25 Aprile, giornodella Liberazione e della sconfit-ta del nazifascismo. Motivo: “ioho da lavorare”.

Quel che abbiamo voluto dire loabbiamo detto. Semplicementedemenziale. Gli italiani capisconobene il senso delle cose. Non nascondoche il Paese rivela aspetti di divisionee ciò è grave, tanto più che forze ope-ranti in tal senso fanno parte delgoverno di destra. Non ci stanchiamodi richiamare gli italiani all’unità, persuperare gli attuali difficili momenti.

Anche nel centrosinistra difettala concordia. Mentre si avvicinail tempo delle elezioni ammini-strative, che riguardano ancheBologna. Quale posizione inten-de assumere l’ANPI?

Ripeto che non siamo un partito, néintendiamo diventarlo. Ciò detto, nonresteremo insensibili. Ne riparleremoa tempo debito. Di sicuro siamo per lariaffermazione delle forze democrati-che che si ispirano alla Lotta diLiberazione.

Capolega socialista nel 1921 assassinatoda squadristi davantia moglie e figliConferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile

I capilega del sindacato e le Cameredel lavoro furono bersaglio della vio-lenza squadrista per spianare la stradaall’avvento del Fascismo. Molteplici,anche nel Bolognese, gli episodiincontrastati dall’autorità pubblica. ASasso Marconi in località Torre di Janouno di essi, il bracciante di fede socia-

lista Emilio Bassi, 49 anni, preso dimira dagli squadristi, nel primopomeriggio del 19 giugno 1921venne aggredito nella propria abita-zione mentre stava riposando nel suoletto. La squadraccia, di una dozzinadi figuri, fatta irruzione nella casa,incuranti della presenza della moglie,dei due figli più piccoli, lo pugnalò amorte. Al sacrificio dell’uomo che siera speso a favore dei diritti dei lavo-ratori il presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano ha conferito (allamemoria) la Medaglia d’Oro al MeritoCivile. Il solenne riconoscimento èavvenuto il 25 aprile scorso all’Altaredella Patria.

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C’è bisogno d’unità