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1 Il consolidamento del 270 tra specialismo e trasparenza Rapporto di ricerca Scienze.com (a.a. 2010-2011) 1. La geografia della comunicazione in Italia. Lo stato dell’arte di Nagat Aghela e Valentina Leotta >>> 2 2. La comunicazione in trasparenza di Rosanna Consolo e Francesca Belotti >>> 3 2.1 Un excursus della ricerca >>> 3 2.2 La scelta dei corsi: orientarsi alla comunicazione >>> 4 2.3. Tra formazione pratica e a distanza: poli d’attrazione >>> 5 2.4. Mole di studio e CFU: il saldo contabile dello sforzo cognitivo >>> 6 2.5. Questione di appeal: un focus sui nuovi ingressi >>> 6 3. Prove di maquillage tra una Riforma e l’altra. L’analisi del progetto culturale e formativo in Comunicazione di Isabella Bruni e Claudio Foliti >>> 8 3.1. Obiettivi e metodi di analisi >>> 8 3.2. Quando il revisionismo passa dal nome. Alla ricerca di specificità e di orientamento professionale >>> 9 4. “Accerta il corso e poi spiega le vele”. L’analisi dell’offerta formativa proposta dai Corsi in Comunicazione di Anna Angela Franchitto e Raffaele Lombardi >>> 12 4.1. L’impostazione del lavoro >>> 12 4.2. Studiare Comunicazione. Efficienze e criticità di un progetto culturale innovativo >>> 13

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Il consolidamento del 270 tra specialismo e trasparenza Rapporto di ricerca Scienze.com (a.a. 2010-2011)

1. La geografia della comunicazione in Italia. Lo stato dell’arte di Nagat Aghela e Valentina Leotta

>>> 2

2. La comunicazione in trasparenza di Rosanna Consolo e Francesca Belotti

>>> 3

2.1 Un excursus della ricerca >>> 3

2.2 La scelta dei corsi: orientarsi alla comunicazione >>> 4

2.3. Tra formazione pratica e a distanza: poli d’attrazione >>> 5

2.4. Mole di studio e CFU: il saldo contabile dello sforzo cognitivo >>> 6

2.5. Questione di appeal: un focus sui nuovi ingressi >>> 6

3. Prove di maquillage tra una Riforma e l’altra. L’analisi del progetto culturale e formativo in Comunicazione di Isabella Bruni e Claudio Foliti

>>> 8

3.1. Obiettivi e metodi di analisi >>> 8

3.2. Quando il revisionismo passa dal nome. Alla ricerca di specificità e di orientamento professionale

>>> 9

4. “Accerta il corso e poi spiega le vele”. L’analisi dell’offerta formativa proposta dai Corsi in Comunicazione di Anna Angela Franchitto e Raffaele Lombardi

>>> 12

4.1. L’impostazione del lavoro >>> 12

4.2. Studiare Comunicazione. Efficienze e criticità di un progetto culturale innovativo >>> 13

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1. La geografia della comunicazione in Italia. Lo stato dell’arte

di Nagat Aghela e Valentina Leotta

La ricerca, basata sull’analisi dei dati riportati sui siti dei singoli Atenei nel periodo gennaio-

maggio 2011, ha rilevato che, per quanto riguarda la distribuzione delle classi di laurea, a distanza di un triennio dall’attivazione dei primi corsi di laurea in regime 270, la transizione dal

precedente ordinamento (509/1999) è definitivamente conclusa. E il bilancio della revisione può considerarsi positivo. Basti pensare che la contrazione dell’offerta di corsi di laurea in comunicazione nel passaggio dal precedente all’attuale ordinamento registra una flessione del

19% per entrambi i cicli di studio. Dall’istituzione delle prime lauree in ordinamento 509 ad oggi, il numero dei corsi di primo livello è diminuito del 18% (dal 2001-02), mentre quelli di secondo

livello sono addirittura aumentati di quasi due terzi (66% dall’a.a. 2003-04). Parimenti, la scelta delle sedi è stata quella di migliorare la proposta formativa all’interno di percorsi specifici, piuttosto che sviluppare iter didattici interfacoltà. Fra le triennali sono interfacoltà appena 3

corsi (5%) e fra le magistrali la quota sale a 5 (8%).

Nell’a.a. 2010/2011 risultano attivi 56 cdl di primo livello e 65 di secondo livello. Questi ultimi sono ripartiti in misura consistente nelle tre classi tradizionalmente più rappresentative dei

saperi della comunicazione: 28 nella LM59 Comunicazione pubblica, d’impresa e della pubblicità, 17 nella LM92 Teorie della comunicazione e 16 nella LM19 Informazione e sistemi editoriali.

Sono presenti, solo in misura residuale, nella LM91 Tecniche e metodi per la società dell’informazione e nella LM93 Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education (ciascuna vede attivi solo due corsi). Nei corsi di laurea di secondo livello appare significativo

che, da un punto di vista di distribuzione delle matricole, i dati evidenziano una netta prevalenza della classe LM59: da sola fa registrare il 49% complessivo delle matricole nei Corsi di Laurea Magistrale in Comunicazione.

Se si osserva la geografia della comunicazione in Italia, si conferma il primato della Lombardia (8 cdl triennali e 27 magistrali) e del Lazio (6 cdl triennali e 26 magistrali) che sono le regioni in cui

si concentra da sempre l’offerta di comunicazione. A differenza degli anni precedenti, si evidenzia un aumento consistente di formazione al meridione in cui primeggiano in particolare le isole, dove sono attivi 9 cdl triennali e 5 magistrali.

Tale incremento si rileva pure rispetto alla capacità attrattiva dei corsi di laurea. Accanto ai grandi Atenei, alle sedi che ospitano Facoltà in comunicazione e ad alcune sedi minori del centro-nord – poli tradizionali di attrazione – aumenta l’appeal di alcuni centri del sud, specie

nella formazione di primo livello. Di contro, non stupisce come i tassi di mobilità studentesca, determinati dalla quota di studenti residenti fuori provincia, stranieri/Erasmus e provenienti da

altre sedi universitarie, continuino a concentrarsi al secondo livello. Essi appaiono alti nel 24% dei Cdl e nel 42% dei CdlM, rivelandosi dunque più consistente al secondo livello, quando la specificità della proposta diviene una condizione imprescindibile per le scelte compiute dagli

studenti.

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2. La comunicazione in trasparenza

A cura di Rosanna Consolo e Francesca Belotti

2.1 Un excursus della ricerca

L’edizione della ricerca Scienze.com 2010-2011 rivela lo stato dell’arte in merito all’orientamento e all’accesso, evidenziando, in particolare, due aspetti: uno relativo

all’erogazione delle informazioni da parte degli Atenei e l’altro strettamente connesso all’appeal esercitato dai corsi in Comunicazione sugli studenti. La prima questione, quella della

trasparenza, scaturisce con un trend del tutto positivo e in grande recupero rispetto agli anni precedenti, sottolineando, tra l’altro, l’efficacia del lavoro condotto in questi anni su tali aspetti dalla Conferenza delle Facoltà e dei Corsi di laurea in Comunicazione e dalle singole sedi.

Guardando invece alla seconda questione accennata, le immatricolazioni al ciclo magistrale espongono un dato meno confortante, visto il calo, in termini numerici, delle iscrizioni, come vedremo più avanti.

Questa sezione dell’analisi condotta dall’Osservatorio illustra, inoltre, il monitoraggio quali-quantitativo realizzato sui percorsi didattici, specie sui laboratori attivati, sulla presenza di

didattica a distanza, sulla possibilità di svolgere la carriera accademica part-time, sulle modalità di svolgimento dell’esame di laurea, sulla scelta della base crediti (la più diffusa è equivalente a 6) e, infine, sugli stage, a partire dalla consapevolezza che tali dimensioni contribuiscono ad

implementare il valore del corso e dunque ad attrarre gli studenti, soprattutto in un’ottica di trasferimento da un Ateneo ad un altro.

Accanto ad una prima ricognizione di tipo descrittivo sui corsi triennali e magistrali – realizzata collezionando e confrontando le informazioni ricavate dalle Declaratorie depositate al Miur dalle singole Facoltà prima di attivare un curriculum o corso di laurea , dai piani di studio dei singoli cdl

e dai loro siti web – sono stati costruiti alcuni indici sintetici per poter stimare l’efficacia delle strategie adottate in fase di orientamento e di accesso. Per ciascuno dei 91 curricula attivi in quest’anno accademico è stato svolto un lavoro quantitativo su tutti i dati inseriti in matrice e

condotta una riflessione qualitativa sulle dimensioni che facevano trasparire. Si è giunti, così, alle osservazioni qui esposte e alla formulazione degli indici in grado di sintetizzare in modo

funzionale i molteplici aspetti emersi. Nel dettaglio, una breve spiegazione di quelli costruiti in questa parte di ricerca con l’intento di estrapolare i numerosi elementi con i quali i corsi di laurea devono fare i conti nella delicata fase di organizzazione della propria offerta formativa

precedente le iscrizioni.

Indice di attrattività:

calcolato sul rapporto tra numero di matricole e numero di posti riservati dalla sede, è

finalizzato a rilevare la capacità delle sedi di attrarre nuove iscrizioni.

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Indice di mobilità:

tiene conto della percentuale di studenti fuori provincia, fuori sede e stranieri sul totale delle

matricole, al fine di calcolarne l’incidenza sul totale dei nuovi ingressi. In tal modo, è possibile individuare i tipo di studenti che le sedi sono in grado di attrarre.

Indice di accountability:

ottenuto mettendo in relazione la tipologia di valutazione adottata da ogni singolo corso con la modalità d’accesso prevista, esprime i criteri di ingresso con i quali le matricole devono

misurarsi. Nella costruzione dell’indice confluiscono tutte le tipologie di valutazione adottate (test e/o colloquio, ordine cronologico/utenza sostenibile, valutazione cv) e le modalità di accesso previste (libera, programmata, con test di orientamento).

Ad uno sguardo generale, la valutazione delle dimensioni descritte evidenzia come l’attenzione

posta dai singoli corsi sulle dimensioni in esame sia in crescita costante. Per quanto attiene al percorso magistrale restano distinte, e quindi chiare, le identità specifiche delle diverse classi; i corsi triennali, viceversa, continuano a caratterizzarsi per un impianto formativo più poliedrico e

multidisciplinare e, proprio per questo, molto apprezzato dagli studenti.

2.2 La scelta dei corsi: orientarsi alla comunicazione

L’indagine rivela una rinnovata attenzione da parte delle sedi verso la trasparenza delle informazioni erogate alla popolazione studentesca, soprattutto quella destinata ai nuovi ingressi. È un aspetto strategico che restituisce la cura del patto formativo con gli studenti e

l’accoglienza nei confronti delle matricole, in fase di orientamento all’accesso e all’iscrizione: rispetto allo scorso anno il tasso di trasparenza è salito dal 67% al 90%.

Tale aspetto, anche se è lontano dal costituire una vertenza alla luce del netto miglioramento

dei dati, resta comunque critico per alcuni casi “resistenti”: in 5 corsi di laurea triennale e in 10 magistrali, infatti, non compaiono informazioni specifiche relative all’accesso fra le pagine dei

propri siti web. Sono casi – per fortuna residuali – che contravvengono a quanto indicato dalle normative in materia e pure a quanto sollecitato dalla Conferenza, oltre che in assoluto disaccordo con le “Carte dei Diritti degli Studenti”; ormai autentico strumento di empowerment

e auto-consapevolezza del loro ruolo all’interno degli Atenei. Al di là della mancanza in termini formali, l’assenza di informazioni si traduce in calo di attrattiva e, dunque, in minor numero di

iscrizioni.

Per quanto riguarda le strutture di orientamento, vale la pena notare l’assenza di iniziative specifiche di segreteria e tutoraggio a distanza: nelle informazioni, reperite sia sui corsi che sui

curricula, non si fa cenno a sportelli telematici, ma si privilegiano le iniziative in presenza: si registra l’attivazione permanente di strutture fisiche per l’orientamento e incontri pubblici, scelte in 65 curricula per le triennali (pari al 71% sul totale dei 91 curricula) e in 68 per le

magistrali (pari al 75%). Si può ipotizzare che la modalità on line non venga specificata perché in genere demandata alla consueta gestione della posta elettronica; ma, ad ogni modo, non può

certo svolgere funzioni vicarie di uno sportello a distanza appositamente organizzato. E’ da notare, a riguardo, che solo 3 curricula offrono strumenti di orientamento sul web: in un

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contesto di “società in rete” quale quella in cui viviamo oggi, in cui soprattutto i giovani sono del tutto competenti a gestire la navigazione in Internet. In tal senso, l’orientamento on line, magari

interattivo, costituisce una risorsa da potenziare, rendendola accessibile al futuro studente. Da sottolineare, che nell’ordinamento magistrale è una modalità per lo più assente.

Nel dettaglio,al primo livello, ben 47 curricula sono dotati di vere e proprie strutture ad hoc; 18 organizzano incontri pubblici con le potenziali matricole; altri 14 distribuiscono materiale informativo, senza però garantire occasioni di contatto diretto nelle quali chiarire dubbi e

incertezze alle aspiranti matricole. Solo 4 curricula hanno preferito predisporre spazi di confronto, colloqui face-to-face.

Nelle magistrali, invece, le modalità di orientamento dominanti sono gli incontri pubblici (36

curricula) e la predisposizione di strutture apposite (32 curricula). Una netta minoranza (10) offre solo materiale informativo e, in ancor meno casi rispetto alle triennali, sono previsti

colloqui con il potenziale studente.

La fase dell’accesso viene gestita dalle sedi per lo più in modo programmato sia al triennio (46 curricula su 91), in continuità con la tendenza registrata già l’anno scorso, sia al biennio (50

curricula su 91), a differenza di quanto avveniva invece lo scorso anno in cui era per lo più libero.

Mentre alle triennali prevale nettamente la tipologia di verifica del test d’ingresso (49 su 91 curricula lo privilegiano), nelle magistrali, oltre al test (22 casi su 91), trova spazio la valutazione

del curriculum vitae (23 curricula su 91), in linea col percorso di maturità degli studenti e con la ricerca di skills più stabilizzati.

L’ingresso ai Corsi di Laurea in Comunicazione viene monitorato fin dal suo inizio, attraverso tipologie di verifica che vanno a combinarsi sia con l’accesso programmato (45 curricula al triennio; 50 al biennio), sia con quello libero (37 curricula al triennio; 38 al biennio). Questo sta a

significare che, al di là dell’esistenza o meno di uno sbarramento iniziale, gli studenti entrano “sotto controllo”, e i corsi di laurea dichiarano così la loro volontà di attivare e potenziare le strategie di programmazione per contenere gli ingressi .

2.3. Tra formazione pratica e a distanza: poli d’attrazione

Riflettendo sugli elementi che esercitano maggiore appeal sugli studenti, la ricerca ha sviluppato

un approfondimento anche su quelli che vengono considerati valori aggiunti della didattica ordinaria: laboratori, stage, tirocini, percorsi part time e a distanza. I laboratori – che coniugano,

come noto, la teoria alla pratica – sono presenti in entrambi i livelli della formazione accademica: 241 sono quelli proposti in 87 curricula triennali (in crescita rispetto allo scorso anno) e 95 (su 62 curricula rilevati) in quelli magistrali, fra le quali la LM 59 ne ha attivati ben 37.

Pure in questo caso il dato risulta in crescita rispetto all’anno precedente ed è un aspetto positivo visto l’intento di proporre iter didattici con skills mirati e professionalizzanti.

Sempre nell’obiettivo di approntare adeguate competenze, si situano gli stage durante il

percorso formativo: nei corsi di Laurea triennali solo 13 curricula su 91 non li prevedono; l’attribuzione dei crediti formativi risulta piuttosto variabile: 56 curricula su 78 attribuiscono

meno di 6 CFU allo stage; 22 curricula su 78 più di 6 CFU. Per i Corsi di Laurea di secondo livello sono ancora di più i curricula che includono lo stage, coerentemente con l’idea sottesa alla

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funzione del biennio magistrale, che dovrebbe avvicinare lo studente al mondo del lavoro. Ben 85 curricula su 91 programmano lo stage durante il percorso formativo e i CFU sono così

distribuiti: 59 curricula su 85 attribuiscono meno di 6 CFU; 26 curricula su 85 attribuiscono più di 6 CFU.

La formazione a distanza, è prevista in soli 38 curricula su 78 del triennio (in 13 l’informazione non è fornita) e scarseggia anche al biennio, essendo prevista solo in 23 curricula su 91. Lo stesso riconoscimento dello studio part-time tarda ad arrivare: presente in soli 40 curricula su 91

triennali, e in 31 curricula su 91 magistrali.

2.4. Mole di studio e CFU: il saldo contabile dello sforzo cognitivo

Il sistema di valutazione della mole di studio e lavoro attraverso la quantificazione in Crediti

Formativi Universitari permette di seguire alcune dinamiche specifiche relative ai percorsi universitari degli studenti.

Ad esempio, si può valutare se e quanto venga riconosciuto il lavoro di uno studente al

momento della decisione di trasferirsi ad altro ateneo e, quindi, quanto una Facoltà o un Dipartimento incentivi effettivamente al dinamismo e allo scambio.

La maggior parte dei corsi attribuisce circa un terzo dei CFU totali previsti per ciascuno dei due

cicli di studio: 54 curricula triennali su 91 riconoscono, infatti, un massimo di 60 CFU; 45 curricula magistrali su 88 riconoscono un massimo di 40 CFU. Il Centro-Nord, invece, sembra

aver adottato un’impostazione differente, poiché si registra la tendenza a restringere la possibilità di ingresso abbassando i range di CFU riconosciuti: 12 curricula triennali si limitano ad attribuire solo tra 6 e 24 CFU; 7 curricula magistrali addirittura tra 0 e 15 CFU.

Altro fenomeno interessante è la quantificazione dell’incidenza della prova finale sull’intero percorso formativo di ciascuno studente, forse troppo appiattita sul canonico “elaborato finale”: solo in casi sporadici questa modalità tradizionale si accompagna ad una prova o ad un

elaborato in lingua straniera o alla realizzazione di un prodotto multimediale.

Guardando all’attribuzione dei crediti formativi relativamente all’esame di laurea, su 91

curricula triennali, solo 2 ne prevedono più di 10; 78 la valutano tra i 6 e i 10 CFU e in 11 curricula il valore in CFU è compreso fra 1 e 5. Al biennio la situazione è diversa: 20 curricula assegnano 24 CFU, altri 18 ben 18 CFU: talvolta, nel computo si annoverano il test di lingua

straniera e, in 4 curricula triennali e 18 magistrali viene dato un riconoscimento all’attività di stage svolta. In un solo caso triennale la prova finale si declina sulle diverse competenze

richieste ad un comunicatore (elaborato, test di lingua straniera, redazione di un articolo giornalistico).

2.5. Questione di appeal: un focus sui nuovi ingressi

Una sezione della ricerca si è concentrata a verificare la capacità attrattiva dei corsi di laurea in comunicazione tenendo conto non solo del numero di matricole e nuovi iscritti in ingresso, ma

anche delle previsioni effettuate – e dichiarate dal Ministero – dalle singole sedi in termini di

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accessi, oltre che di disponibilità delle strutture. Su tali basi è emerso che in quasi la metà dei corsi di laurea, sia di primo, sia di secondo livello, i nuovi ingressi coprono a pieno i posti previsti

dalle sedi tanto che, nella maggior parte, raggiungono anche le quote di numerosità massima della classe se non addirittura, in qualche sede, la superano, specie nelle lauree triennali.

Quante, al contrario, vedono disattese le loro aspettative coincidono, nella quasi totalità dei casi, con le sedi nelle quali gli ingressi non oltrepassano le 100 unità che, nel triennio, rappresentano poco più di un terzo, mentre al biennio sono la maggioranza.

Ad una prima occhiata si può, dunque, ritenere che la capacità di attrarre nuovi studenti sia superiore per le triennali rispetto alle magistrali. Tale tendenza si avvalora se rapportata agli andamenti dei nuovi ingressi da cui, del resto, è influenzata: rispetto all’anno precedente si

registra un incremento del numero di matricole al primo livello di +42%, mentre al biennio successivo, una flessione complessiva di -38%. Nel confronto fra le classi magistrali, la tenuta

maggiore vi è per Informazione e sistemi editoriali (LM 19) e per Comunicazione pubblica d’impresa e pubblicità (LM 59). A fronte di decrementi minori rispetto alle altre classi (rispettivamente -20% e -40%) la quota di sedi che soddisfa le previsioni di iscrizioni si attesta a

oltre un terzo nel primo caso e ad oltre la metà nel secondo.

Tab. 1 – Gli ingressi tra previsioni e realtà

Numero posti previsti in ingresso1 Numero curricula triennali Numero posti previsti in ingresso2 Numero curricula magistrali

0-100 33 0-100 53

100-200 23 100-150 37 Di cui 34 nel range di numerosità massima delle

classi (100 e-120)

200-300 26 Di cui 19 nel range di numerosità massima della

classe (250-300)

150-250 1

Oltre 300 8

Base dati: 91 curricula Base dati: 91 curricula3 58 curricula prevedono l’accesso per i laureandi; 33 curricula non lo prevedono.

La criticità emersa sull’appeal, sebbene non preoccupante, può diventare comunque uno spunto di ridefinizione delle strategie curriculari intraprese dalle diverse sedi afferenti la Comferenza ,

così da raccogliere a pieno le costanti sfide di autorevolezza formativa e qualità professionalizzante della formazione accademica in comunicazione, anche in risposta al clima

non favorevole, sviluppatosi all’interno del dibattito pubblico e che ha contrassegnato l’ultimo anno accademico.

1 Il dato è stato aggregato in range capaci di restituire un’informazione più immediata.

2 Il dato è stato aggregato in range capaci di restituire un’informazione più immediata.

3 Si ricorda che i range di numerosità massima di studenti previsti dal Ministero sono: 250-300 posti per la classe L-20;

100 posti per i Corsi di Laurea Magistrali LM- 19, LM- 91 e LM-93; 120 posti, infine, per i Corsi di Laurea Magistrali LM-

59 e LM-92.

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3. Prove di maquillage tra una Riforma e l’altra. L’analisi del progetto culturale e formativo in Comunicazione

di Isabella Bruni e Claudio Foliti

3.1. Obiettivi e metodi di analisi

L'analisi dell'impianto della proposta formativa dei Corsi di Laurea Magistrale in Scienze della Comunicazione ha preso in esame le declaratorie dei singoli corsi per ricavare una fotografia quali-quantitativa a partire dai diversi elementi previsti anche a norma di legge. Accanto ad

un’analisi della corrispondenza delle denominazioni dei corsi di laurea e di curricula con le specificità della classe di appartenenza, sono stati, pertanto esaminati:

descrittori di Dublino

obiettivi formativi sbocchi professionali

profili professionali.

Per ciascuna dimensione si è provveduto, in prima istanza, ad un’analisi delle parole chiave,

finalizzato a individuare i tratti connotanti e, in seguito, si sono costruiti appositi indici sintetici tesi a ricomprendere il valore di coerenza e di pertinenza rispetto al complesso del progetto culturale offerto dalla sede.

Nel dettaglio,

per l’analisi della denominazione dei corsi e dei curricula si è proceduto, in primis, con

un’analisi testuale dei nomi tesa a ricavare gli ambiti di studio mainstream e a verificare la corrispondenza tra le specificità dei curricula con gli obiettivi principali dichiarati nella titolazione del corso. Ciò ha consentito di ricollocare le denominazioni in quattro tipi:

basic in cui rientrano quei corsi – soprattutto nelle triennali (29 su 56) – che forniscono una formazione di base nelle scienze della comunicazione; specifiche, ovvero orientate a

preparare in ambiti definiti della comunicazione tipo, ad esempio, l’editoria, l’informazione, la comunicazione pubblica e organizzativa, la comunicazione istituzionale e sociale, ecc. Come prevedibile, vi rientrano soprattutto i corsi di laurea

magistrale (9 su 65). La terza categoria – trasversale – ricomprende quei corsi che hanno una forte connotazione interdisciplinare in cui i saperi della comunicazione dialogano con quelli della psicologia, delle arti e dello spettacolo e cosi via e, infine, l’ultima – per

fortuna residuale, dato che ne abbiamo rintracciato un solo caso nel secondo livello – che abbiamo considerata non pertinente e vi rientrano quei corsi in cui la comunicazione

risulta parziale all’interno di un complesso formativo permeato da altri tipi di sapere. Allo stesso modo, i curricula sono stati classificati in del tutto coerenti, parzialmente coerenti e non coerenti rispetto alla specificità della classe e al patto formativo

dichiarato nel nome del corso, a seconda della corrispondenza degli ambiti del corso stesso “declinati” nel singolo percorso di studio. Tale analisi, per definirsi esaustiva, ha

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di conseguenza comportato un confronto con lo studio condotto sull’offerta erogata e, dunque, sul complesso di materie e di settori disciplinari attivati che sono stati

esaminati a partire dal monitoraggio condotto sui singoli piani di studio (v. cap.4).

Lo studio dei descrittori di Dublino ha consentito di comprendere a fondo l’impostazione del corso ed è stato realizzato mediante l’analisi delle principali azioni dichiarate per ciascun descrittore. Anche in questo caso sono state realizzate delle

classificazioni tese a delineare i livelli di approfondimento previsti in ciascun ambito, sulla cui base si è proceduto alla costruzione di indici sintetici, capaci di attribuire un valore che rendesse comparabile quanto dichiarato dalle singole sedi.

Il monitoraggio di obiettivi formativi, sbocchi occupazionali e profili professionali

dichiarati da ciascun curriculum ha consentito di esaminare gli intenti dei corsi e di stimarne la coerenza rispetto alla specificità della classe e la rispondenza nei confronti di quanto dichiarato nelle denominazioni. Per ogni curriculum considerato sono stati

esaminati i primi tre obiettivi riportati nelle declaratorie e ad essi è stato attribuito un punteggio in merito alla coerenza e ciò ha permesso di produrre categorie comparabili con le altre dimensioni in esame.

3.2. Quando il revisionismo passa dal nome. Alla ricerca di specificità e di orientamento professionale

Nel complesso l’impianto della proposta formativa, sia di primo sia di secondo livello, appare ottimale e ben strutturato: dall’elaborazione sintetica condotta dagli indici prodotti per ciascuna dimensione risulta rispettivamente nel 70% dei Cdl e nel 60% CdlM. Tale risultato è frutto del

lavoro compiuto dalla Comferenza e dalle sedi che, non a caso, negli ultimi tempi hanno dibattuto sull’opportunità di perfezionare la proposta formativa in comunicazione, a partire

dall’esigenza di fornire una maggiore specificità nella preparazione e di indirizzarla maggiormente verso le declinazioni dei diversi ambiti operativi. Non a caso, si notano segnali di cambiamento rispetto all’indagine dello scorso anno che metteva ancora in luce la priorità della

terminologia “ombrello” tesa a ricomprendere nella parola “comunicazione” la complessità dei saperi che la connotano.

Nell’edizione 2010-11 del monitoraggio condotto dall’Osservatorio Scienze.com emerge uno sforzo di revisione finalizzato proprio a costruire un patto formativo chiaro con gli studenti intorno a branche più circoscritte. Ciò emerge sin dalla triennale ove, senza disperdere il valore

di una formazione di base che fornisca le fondamenta del sapere disciplinare, vi è il tentativo di esplicitare, già dalla denominazione, i principali settori di riferimento. Se, dunque, la terminologia ombrello viene mantenuta dalla metà dei corsi, essa assume un valore di “collante”

utile a collegare dimensioni specialistiche. Nella maggior parte dei casi, l’attenzione è rivolta ai media, ai new media, ma anche a diversi segmenti professionalizzanti (dalla pubblicità alle

pubbliche relazioni, dalle imprese alle istituzioni, dall’informazione all’editoria, dalla politica al sociale, dalla comunicazione internazionale alla sfera culturale).

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Nelle magistrali la specificità è già un tratto caratterizzante di ciascuna classe di riferimento e, dunque, le denominazioni tendono a rispecchiare le finalità tipiche delineando, in modo chiaro,

le priorità: ad esempio, nella LM19 (Informazione e sistemi editoriali) – pure rispetto allo scorso anno – i percorsi si ripartiscono in misura netta tra informazione e giornalismo da un lato ed

editoria dall’altro, a discapito dell’ambito media e settori della comunicazione. Nella comunicazione d’impresa, pubblica e pubblicità (LM59) si mantiene il primato della dimensione organizzativa e imprenditoriale su quella istituzionale, come nelle Teorie della comunicazione

(LM93) la dimensione concettuale e i suoi risvolti di natura applicativa restano centrali e determinanti sia nelle denominazioni, sia negli obiettivi formativi della classe.

Tab. 2 – Il nome, alla ricerca di una specificità

Ambiti di approfondimento a.a. 2009-2010 a.a. 2010-11

L-20 194 occorrenze

L-20 101 occorrenze

Terminologia ombrello 101 59

Centralità dei media 20 11

Declinazioni operative 17 17

Interdisciplinarietà 14 7

Cultura 12 7

LM-19

75 occorrenze

LM-19

47 occorrenze

Media e settori della comunicazione 32 14

Informazione e giornalismo 24 17

Editoria 19 16

LM-59 2010 123 occorrenze

LM-59 2011 91 occorrenze

Impresa 66 24

Terminologia ombrello 33 44

Pubblica 24 23

LM-92 2010 49 occorrenze

LM-92 2011 46 occorrenze

Teorie e applicazioni della comunicazione 38 33

Media e linguaggi 9 10

Interdisciplinarietà 2 3

Nel confronto tra l’articolazione delle denominazioni e le altre dimensioni di analisi relative agli obiettivi, agli sbocchi e ai profili appare, di norma, una perfetta coerenza fra i vari aspetti. Alcuni elementi di novità – rispetto al monitoraggio condotto lo scorso anno – si rintracciano sia nel

primo livello sia nelle magistrali, specie nella LM19.

Nel primo caso risulta una centralità attribuita alla fera dei media, in particolare ai new media,

alle nuove tecnologie e alla multimedialità, mentre nei corsi dedicati all’Informazione e ai sistemi editoriali, specie negli obiettivi dichiarati, si rintraccia un orientamento molto professionalizzate e incentrato sulla “gestione aziendale e comunicazione organizzativa”. Ciò

lascia supporre che il profilo da preparare si inscriva sempre meno nello stereotipo del giornalista e si affermi la vision di un professionista della comunicazione capace di padroneggiare tutti i processi operativi del settore editoriale e informativo. Allo stesso modo, le

difficoltà del mercato giornalistico ed editoriale in un’epoca di crisi e di ridefinizione delle figure professionali del settore si riverberano nella sezione riguardante gli sbocchi professionali, ove il

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giornalismo lascia il posto agli uffici stampa e all’editoria in senso stretto, ai new media, alle pubbliche relazioni e all’organizzazione di eventi.

In generale, in tutte le classi di secondo livello si punta sempre più a rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in grande trasformazione, nel quale le competenze specifiche sono

divenute la conditio sine qua non per inserirsi al meglio in uno scenario di grande competizione professionale. Proprio a tal fine i corsi propongono curricula ove la dimensione teorica fa da supporto ad una preparazione orientata al saper fare in tutti i campi della comunicazione. Come

emerge sia dagli obiettivi, sia dall’analisi dei descrittori, accanto alle conoscenze, ritenute un bagaglio di base imprescindibile a tutti i livelli, le declaratorie si soffermano sull’erogazione di abilità, capacità di analisi, elaborazione, progettazione e valutazione di processi e prodotti della

comunicazione, nonché su competenze mirate e sulla necessità di padroneggiare interi cicli produttivi sempre più complessi in qualunque tipo di organizzazione. La preparazione che si

tende a fornire è, quindi, di impronta analitica e orientata all’operatività, incentrata sulla volontà di fornire strumenti utili allo svolgimento dell’attività professionale, senza trascurare il valore aggiunto garantito da un bagaglio culturale di base.

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4. “Accerta il corso e poi spiega le vele” L’analisi dell’offerta formativa proposta dai Corsi in Comunicazione

di Anna Angela Franchitto e Raffaele Lombardi

Qual è lo stato di salute delle Scienze della Comunicazione in Italia? Da un’analisi accurata della composizione dell’offerta formativa si può sostenere che, nel complesso, l’impianto didattico

garantisce elevati standard di qualità e di efficienza e risponde piuttosto bene alle incessanti istanze di revisionismo sollecitate dalle recenti riforme che investono il sistema universitario nazionale.

In sintesi, e riprendendo un motto della marina “accerta il corso e poi spiega le vele”, si può sintetizzare che è sufficiente effettuare ancora qualche piccolo “ritocco” ai corsi – del resto, già

previsto dalla maggior parte delle sedi – per potere con tranquillità spiegare le vele e fronteggiare il mare della comunicazione in tutte le sue condizioni.

In un mercato estremamente dinamico e permeato dai processi d’innovazione, pure in tempi di

crisi, una solida formazione è, infatti, garanzia di una preparazione completa e all’avanguardia capace di rendere un giovane comunicatore un professionista competitivo, atto a padroneggiare

le dinamiche del cambiamento. In tal senso, i corsi di laurea in Comunicazione, ad eccezione di qualche sporadico caso, hanno dimostrato di cogliere a pieno le indicazioni riformistiche e di prepararsi ad armonizzare il progetto culturale che li caratterizza , sin dalla loro costituzione, in

occasione della prossima sfida revisionistica. L’applicazione della Legge 240/2010 sarà un’ulteriore opportunità per effettuare un nuovo rilancio dei profili della comunicazione, alla luce della costante riflessione e di un’attenta valutazione che la Comferenza opera di continuo

sulla formazione erogata.

4.1. L’impostazione del lavoro

Questa sezione della ricerca è dedicata all’articolazione delle attività didattiche dei corsi di laurea triennali4 e magistrali5. Per l’analisi sono stati considerati come unità di base i diversi curricula perché permane all’interno dei corsi di laurea una strutturazione in più percorsi che,

4 I corsi di laurea triennale oggetto di questo studio afferiscono alla classe di laurea L20 (Scienze della

Comunicazione). 5 I corsi di laurea magistrale oggetto di questo studio afferiscono a cinque classi di l aurea: LM-19: Informazione e

sistemi editoriali; LM-59: Comunicazione pubblica, d’impresa e della pubblicità; LM-91: Tecniche e metodi per la società dell’informazione; LM-92: Teorie della comunicazione; LM-93: Teorie e metodologie dell’e-learning e della

media education.

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pur rientrando nella stessa classe di laurea, si differenziano per vocazione scientifica e profili di formazione. La rilevazione sulla “gestione del corso” ha curato sostanzialmente tre aree di

approfondimento:

qualità della docenza:

rispetto al primo elemento si è proceduto, in prima battuta, alla registrazione del numero e delle tipologie di docenti per ciascun settore scientifico disciplinare (SSD); successivamente, all’individuazione di una corrispondenza tra settori disciplinari di afferenza dei docenti e gli

ambiti disciplinari degli insegnamenti loro affidati.

organizzazione del corso:

l’organizzazione del corso ha riguardato la distribuzione dei crediti formativi universitari (CFU)

tra le diverse tipologie di attività: di base, caratterizzanti, altre attività, crediti attribuiti alla prova finale, laboratori, stage e tirocini.

composizione dell’offerta formativa:

la composizione dell’offerta formativa è stata declinata attraverso l’individuazione del numero di insegnamenti per ogni settore disciplinare e del relativo numero di CFU impiegati.

La raccolta dei dati è avvenuta tramite le informazioni ufficiali sui corsi di laurea fornite dal Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), ovvero le informazioni strutturali che

ciascun ateneo deposita al ministero ogni anno circa l’erogazione dell’offerta formativa. In seconda istanza, l’osservazione e l’approfondimento si sono concentrati sulle informazioni

disponibili nei materiali on-line che ciascun ateneo mette a disposizione. Il sito internet, piattaforma di maggiore visibilità a disposizione degli atenei, è – come prevede anche la normativa – l’elemento di più immediata trasparenza e comunicazione nei confronti degli utenti.

Questo ha permesso anche di avanzare alcune ipotesi circa l’effettiva visibilità e chiarezza delle informazioni e la reale reperibilità delle stesse.

Tutte le informazioni sono state raccolte in apposite matrici costruite attraverso la decodifica

delle variabili che di volta in volta si volevano individuare.

L’analisi dei dati è stata svolta su due livelli di indagine; un primo approfondimento, di tipo

descrittivo, avente l’obiettivo di fornire le tendenze generali all’interno delle classi di laurea; un secondo livello, di tipo valutativo, ha consentito di stimare il valore e l’efficacia dell’offerta formativa di ciascun Ateneo, avvalendosi della costruzione di indici, cioè di variabili di sintesi

costruite attraverso combinazioni logico-matematiche e mediante l’attribuzione di valori alla variabile o al rapporto tra variabili. Gli indici individuati in questa fase sono nuove variabili che

raggruppano in sé tutte le informazioni raccolte sulle unità individuali o aggregate. Il fine è la ricomposizione di un concetto per rilevare una proprietà generale. Gli indici individuati in questa fase dell’indagine sono tre:

• Indice di Sostenibilità: ottenuto calcolando la copertura dei docenti di ruolo e l’incidenza dei docenti a contratto (entrambi calcolati su CFU). Questo indice ha consentito di avanzare ragionamenti sulla composizione dell’organico impiegato nei corsi di laurea triennale e

magistrale in Comunicazione, attribuendo un punteggio alla copertura dei docenti in base alla percentuale di CFU impartiti.

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• Indice di Attinenza: ottenuto calcolando il peso delle aree disciplinari nelle attività di base e caratterizzanti, ossia, quali settori scientifici sono privilegiati nell’organizzazione

dell’offerta formativa in ciascuna classe di laurea in Comunicazione. Per ciascun settore è stata inoltre valutata la sua incidenza sul complesso dell’impianto didattico proposto.

• Indice di Pertinenza: derivato dallo scostamento dallo standard della media della classe e teso a rilevare la coerenza delle aree disciplinari rispetto agli obiettivi espressi nelle declaratorie dei corsi di laurea.

4.2. Studiare Comunicazione. Efficienze e criticità di un progetto culturale innovativo

I Corsi di laurea triennale e magistrale in Comunicazione hanno dimostrato di sapersi adeguare

ai cambiamenti normativi che hanno travolto l’Università italiana. Già dal 2008-2009, quando è avvenuta la trasformazione dei primi corsi in regime 270, il monitoraggio effettuato dall’Osservatorio ha permesso di evidenziare come le sedi avessero colto a pieno lo spirito del

revisionismo. A distanza di un triennio, quando oramai il nuovo ordinamento didattico è in pieno regime, l’analisi sull’offerta formativa ha consentito di evidenziare l’efficacia di tale applicazione, nonostante qualche aspetto richieda ancora piccoli aggiustamenti. Ad esempio, se si osserva la

composizione dell’organico si può notare come non sia ancora del tutto in linea con la norma vigente. Il dato relativo alla quota dei docenti di ruolo afferenti ai corsi in comunicazione si

attesta al 70%. Al riguardo bisogna, però, considerare che le prese di servizio dei nuovi ingressi sono in gran parte ferme dal 2008 e, dunque, tendono ad inficiare in negativo lo stato dell’arte rilevato dalla ricognizione sullo stato dei docenti. Una conferma di tale processo di

adeguamento è data, in maniera più netta, dall’alto grado di coerenza dei professori, ovvero dalla corrispondenza tra il settore scientifico disciplinare (SSD) di appartenenza e quello degli insegnamenti loro affidati per l’a.a. 2010/2011. Circa l’88% dei docenti di ruolo svolge la propria

attività di insegnamento in modo coerente con il SSD di afferenza, ed è un aspetto importante specie se si calcola che solo fino a pochi anni fa si poteva svolgere attività didattica pure in

settori disciplinari affini. Sebbene non sia possibile un confronto sistematico con i dati degli anni precedenti, a causa del continuo riformismo che aggiorna frequentemente gli standard minimi consentiti a proposito della composizione dell’organico 6, si evidenzia un chiaro tentativo di

conformare la coerenza dei docenti di ruolo rispetto al settore disciplinare di appartenenza. La quota è aumentata, rispetto all’anno precedente, del 6%.

Il percorso di formazione proposto dalle sedi di comunicazione presenta caratteristiche di poliedricità e multidisciplinarietà, soprattutto nelle lauree triennali, confermando un impianto didattico nel complesso convincente. In particolare, nelle lauree triennali l’architettura

formativa riserva ampio spazio all’area socio-politica (24%) e storico-filosofica (21%), pur mantenendo una percentuale leggermente più alta nell’area linguistico-letteraria (27%). Ciò rispecchia l’influenza delle Facoltà di appartenenza.

6 Attualmente la normativa prevede una composizione di questo tipo: 80% dei docenti di ruolo e il restante 20% di

docenti a contratto; già dal prossimo anno si preannunciano ulteriori cambiamenti nelle percentuali dei docenti non

di ruolo ammessi nell’organico dei corsi di laurea.

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Nelle lauree magistrali è evidente una declinazione specifica in relazione alla classe di appartenenza7: ciascuna predilige l’area scientifica di maggiore ispirazione. La più attinente agli

obiettivi del percorso formativo risulta Comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità che riserva la percentuale maggiore di crediti formativi (cfu) nell’area socio-politica (33% dei cfu); a

seguire quella economico-statistica (28%) considerata di maggior vocazione per questo ambito che ospita corsi di comunicazione d’impresa, marketing, relazioni istituzionali e pubblicità . Nella classe in Informazione e sistemi editoriali, il 26% dei crediti formativi è riservato all’area

linguistico-letteraria, mentre quella socio-politica raccoglie, al secondo posto, il 21% dei cfu. Qualche elemento di maggiore criticità si presenta in Teorie della comunicazione, ove il 44% di cfu è inscritto nell’area storico-filosofica. È possibile evidenziare, quindi, una maggiore

propensione all’interdisciplinarietà di questa classe che, concentrandosi sull’apparato teorico delle discipline comunicative, dedica maggiore attenzione ai saperi storici, filosofici e sociali. Del

resto, è proprio il connubio fra tali ambiti a costituire la base scientifica delle teorie – e ancor più – delle scienze della comunicazione. Ad ogni modo, l’influenza delle Facoltà nelle quali si incardinano i corsi (specie, Lettere e filosofia) costituisce ancora un peso rilevante

nell’architettura del progetto formativo.

Ma i corsi di laurea in comunicazione sono tutti così omogenei e ben strutturati? Le esperienze

che risultano più critiche, in termini di coerenza e attinenza all’impianto formativo (vedi Tab.1), appaiono legate alle specificità di alcune classi di laurea piuttosto che ad una differenziazione

geografica che raccoglie, al sud come al nord, alcuni corsi con architetture formative meno convincenti. Un elemento, invece, che può essere distintivo delle esperienze più critiche è l’ampiezza dell’Università; si tratta, infatti, per lo più di atenei medio-piccoli in cui il progetto

formativo in Comunicazione è poco sviluppato e soprattutto influenzato da una comunità scientifica non specifica nel campo della comunicazione, ma spesso di altra provenienza (in genere umanistica). Sono proprio tali atenei ad aver alimentato molte delle attuali critiche agli

studi in Comunicazione, offrendo un percorso formativo poco innovativo e strutturalmente legato alle discipline già consolidate (lettere, storia, filosofia); utilizzando, però, l’epigrafe

“Comunicazione” che, fino a pochi anni fa, rappresentava un elemento nuovo, attraente e di scommessa verso il futuro.

Guardando con attenzione alla proposta formativa e ai dati relativi al mercato del lavoro,

possiamo concludere che il progetto culturale in Comunicazione è senz’altro convincente laddove i corsi sono strutturati in una comunità scientifica dedicata alle discipline in

Comunicazione e attenta alle specificità del settore scientifico di appartenenza. Ciò è avvenuto, al nord come al sud, in diverse sedi italiane, specie nei grandi Atenei, nelle sedi che ospitano le Facoltà, oltre che in alcuni piccoli e medi atenei del nord e del sud Italia. Tutti contesti

caratterizzati da una vocazione generalista, ma con l’obiettivo di investire in specificità e in settori scientifici innovativi. L’esperienza di queste realtà è un esempio di eff icienza, di qualità degli studi in Comunicazione e della loro pertinenza con l’attuale mondo del lavoro,

sottolineando l’esigenza e la volontà di coltivare un patrimonio di saperi specificamente dedicato al campo della comunicazione.

7 I corsi di laurea magistrale oggetto di questo studio afferiscono a cinque classi di laurea: LM-19: Informazione e

sistemi editoriali; LM-59: Comunicazione pubblica, d’impresa e della pubblicità; LM-91: Tecniche e metodi per la società dell’informazione; LM-92: Teorie della comunicazione; LM-93: Teorie e metodologie dell’e-learning e della

media education.

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Tab. 3 – Stima degli standard di coerenza tra il progetto culturale proposto e l’impianto formativo effettivamente erogato. Il calcolo è stato effettuato sui singoli curricula (v.a.) dell’a.a. 2010/2011

COERENZA

Laurea triennale Laurea magistrale*

Totale curricula

L 20 –

Scienze della comunicazione

LM 19 – Informazione e

sistemi editoriali

LM 59 – Comunicazione

pubblica, d’impresa e pubblicità

LM 92 –

Teorie della comunicazione

Del tutto coerente 45 12 28 4 89

Parzialmente

coerente 31 13 11 12 67

Non coerente

15 2 0 6 23

Totale curricula 91 27 39 22 179

* Le classi di laurea LM91 e LM93 non sono riportate in tabella a causa della bassa rappresentatività su scala nazionale; 2 soli curricula in tutta Italia sono stati attivati per ciascuna classe nell’a.a. 2010/2011.

L’analisi degli standard di coerenza si basa sulla correlazione tra indici sintetici relativi, da un

lato, l’impianto formativo dall’altro, l’offerta formativa erogata e tenendo conto dello scostamento dagli standard della classe in cui si inscrivono i singoli corsi di laurea.