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    2008 Presidenza del Consiglio dei Ministri

    Dipartimento per le Pari Opportunit

    Largo Chigi, 19 - 00187 Roma

    www.pariopportunita.gov.it

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    LEFFICACIA

    DEGLI STRUMENTI

    DI TUTELA

    nel contrasto

    alle discriminazioni

    razziali

    RELAZIONE 2007

    Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali

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    INDICE

    PREFAZIONECons. Marco De Giorgi

    INTRODUZIONE

    Lattivit svolta dallU.N.A.R. nel 2007 nella prospettiva delletre principali funzioni: prevenzione, rimozione e promozione

    1. Gli interventi in chiave preventiva: verso una rappresentazione piequilibrata degli stranieri in Italia

    2. Le azioni di tutela a favore dei soggetti discriminati: punti di for-za e di debolezza del sistema

    3. La promozione di azioni positive: uno strumento necessario perluguaglianza

    AMBITI TEMATICI: CRITICIT E SOLUZIONI

    I. Libera manifestazione del pensiero e atti di discriminazioneetnico-razziale, con particolare riferimento alla decisione qua-dro dellUnione europea contro il razzismo e la xenofobia

    1. La Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sullelimina-zione di tutte le forme di discriminazione razziale

    2. La legge 13 ottobre 1975, n. 654 e recenti modifiche3. La posizione della dottrina e lorientamento della giurisprudenza

    4. Il dibattito in sede europea5. Limminente decisione quadro del Consiglio dellUnione europeasulla lotta contro il razzismo e la xenofobia e le conseguenti pro-spettive de iure condendo

    6. Proposte- Appendice 1: Art. 3 Legge 654 del 1975...- Appendice 2: Raffronto tra le disposizioni...- Appendice 3: Ipotesi di ulteriore novellazione...

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    II. Profili discriminatori in ordine allapplicabilit dellartico-lo 80, comma 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finan-ziaria 2001). Restrizione per laccesso allassegno sociale e

    prestazioni economiche non contributive a cittadini extraco-munitari

    III. Le comunit Rom, Sinte e Camminanti nel territorio italiano

    1. Un quadro generale della situazione di Rom, Sinti e Camminanti:le ragioni storiche di una difficile convivenza

    2. La normativa antidiscriminazioni nel diritto interno: un presidiocontro lantiziganismo

    3. Cenni sulla normazione secondaria per linclusione sociale deiRom

    4. La legislazione regionale in materia di tutela delle popolazioniRom e Sinte

    5. Il riconoscimento dei Rom come minoranza: unoccasione

    perduta?6. Le proposte di modifica legislativa: necessit di un interventodedicato

    IV. Leffettivit della tutela giurisdizionale contro le discrimina-zioni razziali

    1. La questione della effettivit della tutela: la scarsit della giuri-sprudenza

    2. La tutela giurisdizionale dei diritti ai sensi dellarticolo 4, d.lgs. 9

    luglio 2003, n. 215: aspetti positivi e criticit3. Soluzioni di carattere amministrativo: i corsi di formazione per glienti legittimati e i protocolli con le associazioni forensi

    4. Soluzioni di carattere normativo5. Nuove misure di sostegno economico6. Riconoscimento allU.N.A.R. della legittimazione ad agire in

    giudizio

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    7. Nuovi strumenti di conciliazione

    V. I nuovi modelli di azioni positive nellattuazione delle politi-che di antidiscriminazione razziale e ed etnica

    1. Premessa

    2. Il contesto normativo3. Le azioni positive nelle direttive comunitarie nn. 43 e 78 del 20004. Le azioni positive nel d.lgs n. 286 del 1998 e nel d.lgs. n. 215 del

    20035. Le prospettive di modifica del sistema attuale

    CONCLUSIONI

    Verso il futuro UNA: prospettive di modifica del sistema attuale

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    La Relazione al Parlamento sulla effettiva applicazione del principio di paritdi trattamento e sullefficacia dei mezzi predisposti per garantirne il rispetto per lUfficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali un adempimentoannuale, esito di unattivit di monitoraggio e di verifica che tocca tutti gliambiti, pubblici e privati, della vita sociale.

    Il Reportdi questo anno ha una sua peculiariet. Non solo valuta con approc-cio critico gli obiettivi raggiunti dallU.N.A.R. nel 2007 ma affronta alcune

    problematiche delicate con il proposito di sollecitarne il dibattito anche nel-le aule parlamentari.

    La parte introduttiva del lavoro ripercorre lattivit dellU.N.A.R. nella pro-spettiva delle sue tre principali funzioni: prevenzione, rimozione e promozio-ne di azioni positive. Sono queste le linee strategiche che da sempre orienta-no lopera di contrasto alle discriminazioni razziali intrapresa dallUfficio.Lanalisi qui svolta mette in luce i risultati conseguiti nel 2007 e fa emergerele criticit e le disfunzioni del sistema, individuando soluzioni normative uti-li al loro superamento.

    La Relazione, nel prosieguo, approfondisce alcune tematiche specifiche: la

    spinosa querelle della compatibilit delle norme incriminatrici degli atti didiscriminazione razziale con il principio della libert di manifestazione delpensiero; la dibattuta questione della concessione dellassegno sociale e dialtre provvidenze economiche non contributive per i cittadini extracomuni-tari; la situazione dei Rom e Sinti nel nostro Paese e la problematica relativaal loro statusgiuridico.

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    PREFAZIONE

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    Sono tutti temi divenuti oggetto di sempre pi vivo interesse per studiosi,istituzioni, operatori di settore impegnati nella ricerca e nellindividuazionedelle linee di confine tra fattispecie discriminatorie e manifestazioni di libertcostituzionalmente garantite e conformi alla norma.

    Per un esame completo e propositivo di ogni questione, si ritenuto oppor-tuno procedere ad una illustrazione del quadro normativo di riferimento, adun attento esame degli orientamenti giurisprudenziali per poi concludere conproposte normative mirate atte superare i nodi problematici.

    La Relazione contiene poi una valutazione critica delle due principali strate-gie messe in campo dal nostro Paese per contrastare il fenomeno delle discri-minazioni razziali: quella repressiva realizzata con limpiego dei meccani-

    smi giurisdizionali e quella di prevenzione attivata non solo con la pro-mozione di iniziative di sensibilizzazione (presentate nella parte introduttiva)ma anche con lutilizzo di uno strumento innovativo e di ampie potenzialitquali le azioni positive.

    Con riferimento alla linea repressiva di intervento, si cercato di individuarele ragioni che impediscono attualmente alle vittime di discriminazione diribellarsi alloffesa ricevuta e di attivare gli strumenti processuali - innovativie potenzialmente molto efficaci - messi loro a disposizione. Lattivit dimonitoraggio sullefficacia dei mezzi di tutela ha dimostrato, infatti, come la-zione civile disciplinata dal d.lgs n. 215 del 2003 dotata di snellezza ed efficacia

    come sottolineato nella relazione illustrativa al medesimo decreto venga

    poi in realt raramente esperita.

    Le azioni positive, come strumento di promozione del principio di paritdi trattamento, costituiscono oggetto dellultimo capitolo della parte centra-le della Relazione che ne definisce i caratteri strutturali, i confini e le finalit.Le azioni positive vengono riconosciute come misure necessarie al persegui-mento della piena parit di trattamento tra cittadini e stranieri e, pertanto,strumenti di cui deve essere potenziata la efficacia.

    Le conclusioni della Relazione indicano, infine, le prospettive di modifica delsistema attualmente in vigore per garantire il rispetto del principio di paritdi trattamento.

    Se la soluzione scelta dal legislatore italiano al momento di recepire la diret-tiva n. 43 del 2000 stata quella di rimanere aderente al testo della stessa,dopo una prima fase sperimentale inevitabile riflettere se il sistema com-plessivo di tutela possa essere perfezionato.

    Rileva sotto questo profilo lintenzione della Commissione europea, espres-sa nel suo programma legislativo annuale per il 2008, di estendere il campo

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    di applicazione della direttiva menzionata anche ai motivi di discriminazionediversi dalla razza e origine etnica, ampliandolo agli ambiti della religione edelle convinzioni personali, dellorientamento sessuale, della disabilit, del-let e del genere.

    Si delinea cos uno scenario per la trasformazione dellUfficio da U.N.A.R. aU.N.A. - Ufficio Nazionale Antidiscriminazione - con competenze pi ampiee rinnovate, con poteri pi efficaci ed incisivi su modello degli equality bodieseuropei pi moderni ed evoluti.

    cons. Marco De Giorgi

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    I. Lattivit svolta dallU.N.A.R. nel 2007 nella prospettiva delle treprincipali funzioni: prevenzione, rimozione e promozione

    1. Gli interventi in chiave preventiva: verso una rappresentazione pi equilibrata deglistranieri in Italia

    Il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 di recepimento della direttiva

    2000/43/CE - enuclea tra i compiti dellUfficio Nazionale Antidiscrimina-zioni Razziali (pi comunemente noto con lacronimo U.N.A.R.) quello dipromuovere azioni che accrescano la sensibilit sociale sul tema delle discri-minazioni etnico-razziali.1

    La tutela ed il rispetto delle minoranze, in effetti, sono garantiti, prima anco-ra che da una specifica azione delle istituzioni apposite, da una diffusa e for-te consapevolezza sociale dellimportanza del tema dellintegrazione etnico-razziale, quale sfida urgente dei nostri tempi.

    In questo senso, approfondire i temi della diversit e della convivenza con glialtri consente di aumentare le possibilit di ottenere comportamenti virtuosi

    idonei a prevenire lintervento successivo degli organi di garanzia; inoltre,solo campagne informative ben articolate e diffuse rendono consapevoli icittadini delle forme di tutela che essi possono attivare. Per il perseguimento

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    INTRODUZIONE

    1 Larticolo 7, comma 2, lettera d), a tal proposito, prevede che lUfficio deve diffondere la mas-sima conoscenza possibile degli strumenti di tutela vigenti anche mediante azioni di sensibilizzazione dellopin-ione pubblica sul principio della parit di trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e comu-nicazione.

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    di questi fini, lU.N.A.R. da sempre ritiene strategico agire nei settori crucia-li dei sistemi di educazione e formazione della personalit di ogni uomo edonna: quindi, negli organi di informazione, nelle scuole e nei luoghi di lavo-ro. Una strategia che nel 2007 Anno europeo delle pari opportunit per tut-ti stata intensificata in modo decisivo.

    Alcune delle iniziative realizzate hanno avuto luogo durante la terza edizionedella Settimana di azione contro il razzismo, che hanno visto coinvolte le scuole,le universit e il mondo dello sport, attraverso lorganizzazione di incontri econvegni di approfondimento dedicati ai temi sensibili e con attivit promo-zionali svolte direttamente dai diversi protagonisti sportivi.

    Ma accanto a queste, ve ne sono state altre pi mirate.

    Anche questanno, per esempio, stato indetto e concluso un concorso rivol-to alle scuole di ogni ordine e grado, che ha avuto come tema principale La

    famiglia interculturale. E stata questa loccasione per premiare e apprezzare ilavori delle scuole che hanno realizzato attivit integrate con le famiglie, alfine di avvicinare il mondo degli adulti con quello dei ragazzi e, attraversoquesto, determinare anche un confronto ravvicinato tra famiglie e tra fami-glie e scuole.

    Unaltra leva di comunicazione e formazione promossa dallU.N.A.R. stataquella del cinema con riferimento allimmagine e alla rappresentazione deglistranieri in Italia. In questo senso, stato indetto e concluso il concorsoCinema e realt insieme contro il razzismodedicato ai cortometraggi, ai docu-mentari e alle fotografie. Il concorso stato una nuova occasione di riflessio-ne e approfondimento soprattutto con i pi giovani - per la immediatezzadegli strumenti - particolarmente efficaci - di sensibilizzazione. Peraltro, sem-pre nel 2007, lU.N.A.R. intervenuto a sostegno del comune di Verona perla riedizione del XXVII Festival del cinema africano, che ha visto la parteci-pazione di personalit importanti sul tema dellintegrazione Nord-Sud delmondo.

    Affine a questi mezzi di comunicazione, quello sollecitato attraverso lini-ziativa di Crossmode, con cui agli stranieri di prima e seconda generazione vie-ne richiesto di partecipare ad un concorso di idee, al fine di contribuire alla

    creazione di nuovi linguaggi dincontro attraverso il design, la moda, la musi-ca e il management. LU.N.A.R., attraverso la premiazione dei progetti presen-tati, intende raggiungere quelle forme di linguaggio che guardano con mag-giore attenzione ai giovani e da cui in primo luogo dipende lintegrazionefutura.

    Merita attenzione la partecipazione dellU.N.A.R. al terzo meeting sui media

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    interculturali, al fine di contribuire al dialogo tra gli operatori del settore persuperare gli stereotipi comunicativi che tanta causa hanno nelle reazioni nega-tive dellopinione pubblica al verificarsi di alcuni eventi di cronaca nazionale.

    Nel mondo del lavoro, lequality bodynazionale ha ritenuto importante agiresoprattutto sul piano della cultura della gestione delle imprese e in questosenso intervenuto, insieme a Confindustria, al convegno dedicato allaResponsabilit sociale e cultura dimpresaed ha partecipato al Diversity day, rivoltoalla formazione delle politiche aziendali destinate alla migliore gestione dellerisorse umane. Attraverso queste iniziative, si vogliono sensibilizzare leimprese a comprendere come la realizzazione dellintegrazione nei luoghi dilavoro costituisca non solamente un obiettivo giusto ma anche conveniente,

    perch in grado di creare ambienti ideali per conseguire i risultati attesi diproduttivit.

    Proprio per raggiungere al meglio questo fine, lU.N.A.R. intende attivamen-te contribuire a sensibilizzare lattenzione delle imprese sulle opportunitofferte dallintegrazione razziale nei luoghi di lavoro.

    A questo proposito, ha istituito un Premio delle buone pratiche adottate dal-le aziende per unorganizzazione del lavoro attenta a queste tematiche. Inol-tre, ha collaborato alla creazione del Festival delleconomia interculturaleche si svolto in diverse citt dItalia e che ha lobiettivo di accrescere inquesto senso la sensibilit degli operatori economici sul tema del Diversity

    Management.

    2. Le azioni di tutela a favore dei soggetti discriminati: punti di forza e di debolezza delsistema

    Il decreto legislativo n. 215 attribuisce allU.N.A.R. importanti compiti ditutela delle vittime di discriminazione2.

    Da questo punto di vista, si osserva che lattivazione di un Contact Centerhariscosso un diffuso apprezzamento tra le comunit straniere in Italia, perch informale, semplice e affidabile, dato che ad ogni segnalazione corrispon-de almeno una risposta concreta, la cui articolazione dipende ovviamente

    dallentit dei fatti denunciati.

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    2 In merito, larticolo 7, comma 2, lettere a) b) ed e) stabilisce che lUfficio tenuto a fornireassistenza, nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi, alle persone che si ritengono lese dacomportamenti discriminatori, anche secondo le forme di cui allart. 425 del codice di procedura civile; svol-gere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dellautorit giudiziaria, in chieste al fine di verificare le-sistenza di fenomeni discriminatorinonch .formulare raccomandazioni e pareri su questioni connessealle discriminazioni.

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    Spesso accade che le vittime delle discriminazioni siano gi confortate dalsemplice ascolto e dalla disponibilit degli interlocutori allassistenza anchepsicologica, oltre che legale, anche se evidente che questo non basta quan-do vengono segnalati casi complessi. Gli operatori dellU.N.A.R., infatti,sono soliti trattare le vicende pi delicate intermediando tra le vittime e idenunciati e richiedendo a questi ultimi di fornire chiarimenti sulle informa-zioni acquisite a seguito della denuncia e degli approfondimenti svolti. Nelcorso di questa attivit istruttoria, lUfficio chiede ai soggetti coinvolti di for-nire ulteriore documentazione o lattivazione di specifiche iniziative sottoli-neando i comportamenti o gli atti che sono a rischio di discriminazione.

    Negli anni, lUfficio ha riscontrato come spesso sia utile rivolgersi, oltre che

    al denunciato, alle organizzazioni rappresentative di categoria (laddove esista-no), quali, ad esempio, i sindacati che sono i principali percettori delle situa-zioni di disagio dei lavoratori sul territorio; ci perch si visto che, qualoralintervento dellUfficio non produca effetti immediati, questi possono esse-re raggiunti in via mediata attraverso le organizzazioni di categoria che nor-malmente sono pi coinvolte sotto il profilo della responsabilit sociale. Gliinterventi dellU.N.A.R., in questi casi, possono essere classificati tra quelliche normalmente sono considerati di soft law, la cui efficacia dipende dunquedalla capacit di provocare comportamenti volontari adesivi. In effetti, vasottolineato come spesso la semplice attivazione di richiesta di informazioneda parte dellU.N.A.R. susciti lattenzione dei presunti autori delle discrimi-

    nazioni, perch le accuse sono percepite come giudizi socialmente riprove-voli e questo li spinge a collaborare e a chiarire le situazioni critiche.

    Va per tenuto presente che, talvolta, questo effetto virtuoso non si verifica elU.N.A.R. non in condizione di assicurare adeguata tutela alle vittime: inquesti casi, lUfficio pu limitarsi ad accompagnare le vittime in sede proces-suale, qualora alla fine esse scelgano volontariamente di perseguire tale via.

    Nella fase patologica, per, evidente che laccesso alla tutela giurisdiziona-le presenta diversi ostacoli, soprattutto per le vittime delle discriminazionirazziali: la paura di esporsi, la difficolt di conoscere le procedure giurisdizio-nali, i costi e i tempi della giustizia ordinaria, ecc.3 Il rito abbreviato e a carat-tere sommario assicurato dal combinato disposto degli articoli n. 44 del

    Testo unico sullimmigrazione e n. 4 del decreto legislativo n. 215 del 2003offre certamente dei vantaggi, ma lo scarso utilizzo di questi strumenti nedenuncia parzialmente linefficacia. Va constatato che anche le associazioniiscritte nel Registro dellU.N.A.R., le quali avrebbero la legittimazione ad agi-

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    3 La questione sar affrontata in modo pi approfondito nel Capitolo IV.

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    re in sede processuale a tutela delle vittime di discriminazione razziale e chenel corso del 2007 sono notevolmente aumentate, si sono dimostrate finorascarsamente interessate a promuovere azioni giudiziarie, sia perch non sem-pre dotate di adeguate competenze, sia perch insofferenti a sopportare icosti economici.

    LU.N.A.R., in questo anno di attivit, ha cercato di superare questi nodi cri-tici: da un lato, cercando di sensibilizzare maggiormente le associazioni aintraprendere e a conoscere i mezzi di tutela attraverso unazione di forma-zione, dallaltro, stipulando appositi protocolli dintesa con alcune associazio-ni di avvocati, al fine di rendere pi facile il collegamento tra discriminati e/oassociazioni e difensori del foro specializzati4.

    Tuttavia, bene tener presente che questi tentativi non sono ancora suffi-cienti senza una modifica del quadro legislativo che vada nella direzione dirafforzare il ruolo dellU.N.A.R. Certamente, c bisogno quanto meno direndere pi vincolanti i suoi poteri istruttori: le inchieste che esso pu pro-muovere, secondo il decreto legislativo n. 215 del 2003, sono difficoltosesenza la cooperazione dei soggetti interessati ed evidente che lU.N.A.R.non pu che accettare le informazioni che gli vengono fornite senza poterattivare strumenti paralleli propri.

    Lesperienza mette in evidenza che quando i conflitti riguardano specificata-mente due individui privati, quale che sia loggetto della controversia, la capa-cit di incidere da parte dellU.N.A.R. bassissima, perch avviene nel con-

    testo di una relazione fortemente compromessa, la quale non pu essererisolta se chi si adopera a tal fine non ha neppure la capacit di acquisireobbligatoriamente gli elementi di fatto che sono allorigine della controver-sia. In questi casi, sufficiente un atteggiamento di non collaborazione perimpedire allU.N.A.R. di poter svolgere il proprio ruolo di mediazione e con-ciliazione.

    I maggiori successi dellU.N.A.R. si realizzano quando a essere denunciati dicomportamenti discriminatori sono enti pubblici oppure soggetti privaticommerciali di prestigio, i quali hanno una forte esposizione sul piano dellaresponsabilit sociale; oppure, hanno efficacia gli interventi dellU.N.A.R. chesi riferiscono a settori presieduti da altre autorit pubbliche di vigilanza cheoffrono una leale collaborazione. De iure condendo, si potrebbe in alternativadotare lU.N.A.R. del potere di attivare direttamente lazione giudiziaria, il checostituirebbe un forte deterrente verso i soggetti che si rifiutano di collabo-rare alla ricostruzione dei fatti e alla risoluzione bonaria del conflitto.

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    4 Sul punto si rinvia, pi nel dettaglio, avanti al Capitolo IV, par. 3.

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    Nella medesima direzione sono auspicabili altri interventi mirati che affidinoallUfficio un ruolo specifico. In questo senso, si potrebbero intraprenderedue strade: rendere lU.N.A.R. un vero e proprio soggetto di tutela ammini-strativa oppure far s che diventi un soggetto di filtro nellaccesso alla giusti-zia, cui resta la competenza esclusiva delle misure di garanzia.

    Nel primo caso, sarebbe necessario dotare lUfficio di specifici poteri sanzio-natori inseriti in un quadro procedimentale garante del contraddittorio delleparti, rendendo libere le vittime di scegliere alternativamente se intraprenderela tutela amministrativa o quella giurisdizionale (sul modello di quanto avvieneper esempio per lAutorit Garante per la protezione dei dati personali).

    Nel secondo caso, sarebbe necessario rendere obbligatoria la conciliazione

    stragiudiziale e fissare i rapporti tra risoluzione alternativa della disputa edeventuale ricorso giurisdizionale, secondo un modello la cui diffusione for-temente raccomandata in sede comunitaria.

    Infine, potrebbe essere utile istituire un Fondo o, comunque, un meccanismofinanziario che consenta alle associazioni di sostenere una parte dei costi perle azioni giudiziarie promosse. Potrebbe, ad esempio, prevedersi un fondo ouna dotazione finanziaria alimentata dai risarcimenti ottenuti a seguito di par-tecipazione a processi penali come parte civile nei delitti commessi per fina-lit discriminatorie.

    In alternativa, il meccanismo finanziario potrebbe essere utilizzato perrafforzare la ramificazione nel territorio deifocal point, cui spetterebbe poi lagestione del coinvolgimento delle associazioni nelle liti giudiziarie che abbia-no come oggetto le discriminazioni etnico-razziali.

    Si sottolinea anche lopportunit di estendere le competenze dellU.N.A.R.nella lotta a tutte le forme di discriminazione, in modo tale da rendere que-sto Ufficio la sede unitaria di tutela. A questo proposito, auspicabile che illegislatore colga loccasione dellapplicazione della Convenzione UNESCOsulla diversit culturale e della Convenzione ONU per i diritti dei disabili perattribuire coerentemente competenze contro tutte le discriminazioniallU.N.A.R., secondo anche quanto raccomandato dal Parlamento europeo5.

    3. La promozione di azioni positive: uno strumento necessario per luguaglianza

    La promozione delle azioni positive costituisce una misura tipica nel contra-

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    5 Sul punto si rinvia alla parte conclusiva della Relazione.

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    sto alle discriminazioni

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    . noto che con esse si ricomprende quella gammadi misure cd. di diritto disegualeche, costituendo dei trattamenti differenzialipromozionali, agiscono sugli elementi fattuali di svantaggio con il fine di rie-quilibrare condizioni che si presentano distribuite in modo asimmetrico. Esserappresentano, quindi, unapplicazione e non un vulnusal principio costitu-zionale di uguaglianza sostanziale.Nel 2007, lU.N.A.R. stato promotore di una Conferenza internazionale,che si tenuta a Roma, avente il titolo: Pari opportunit per tutti. Il ruolo delle azio-ni positive. La Conferenza ha fatto parte di un ciclo di conferenze internazio-nali sullantidiscriminazione promosse dalla Commissione europea, che que-stanno ha puntato la sua attenzione proprio sulle azioni positive analizzan-

    do i casi e la giurisprudenza comunitaria.Nel nostro ordinamento, salvo pochi casi specifici, le azioni positive sonoadottate principalmente sul piano amministrativo e queste appaiono legitti-mate dallart. 7 del d.lgs. n. 215 del 2003. Tali misure sono adottate quasiesclusivamente da enti pubblici che possono farle con iniziative proprie o incollaborazione con lU.N.A.R.LU.N.A.R., tuttavia, attraverso il dialogo e il confronto con i soggetti priva-ti di rappresentanza sociale favorevole, laddove necessario, ad introdurrequeste soluzioni anche nel settore privato, specie attraverso ladozione dicodici di condotta autoregolamentata. Tuttavia, va tenuto presente che lalegittimit delle azioni positive dipende anche dal carattere transitorio delle

    misure, sicch necessario che esse siano sottoposte a periodica verifica pertestarne la costante necessit. Potrebbe essere utile, in proposito, rendereobbligatorio il parere dellU.N.A.R. per quelle iniziative promosse da varisoggetti che intendano intraprendere azioni positive e formalizzare procedu-re con le quali lUfficio, a seguito di procedimenti avviati su denuncia di par-te, suggerisce ai soggetti interessati di adottare misure positive di tutela o, nelcaso queste gi esistano, di modificarne la previsione. Probabilmente, questoconsentirebbe di adottare tali misure in un quadro di maggiore certezza giu-ridica e con un maggiore grado di affidabilit7.

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    6 Larticolo 7, comma 2, lettere c) e g) recita rispettivamente che lU.N.A.R. deve: promuovereladozione, da parte di soggetti pubblici o privati, in particolare da parte delle associazioni e degli enti di cuiallarticolo. 6, di misure specifiche, ivi compresi progetti di azioni positive, dirette ad evitare o compensare lesituazioni di svantaggio connesse alla razza o allorigine etnicae promuovere studi, ricerche, corsi di for-mazione e scambi di esperienze, anche con le associazioni e gli enti di cui allarticolo 6, con le altre organiz-zazioni non governative operanti nel settor e e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al finedi elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni.

    7 Per un esame pi approfondito dellistituto delle azioni positive, v. avanti Capitolo V.

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    Sul piano della promozione degli studi e delle ricerche, lU.N.A.R. si avvale ecollabora gi da tempo con gli istituti pubblici e privati specializzati nella ela-borazione dei dati statistici e, peraltro, produce elaborazioni che costituisco-no la sintesi statistica della propria attivit annuale.

    Sul piano della ricerca, si segnala che, insieme alla C.R.U.I.- Conferenza deiRettori delle Universit Italiane, lU.N.A.R. per il secondo anno consecutivoha promosso un concorso volto a premiare i lavori di dottorato che hannoavuto come oggetto la parit di trattamento indipendentemente dalloriginerazziale o etnica. Promuovendo indirettamente lattivit di ricerca, questa ini-ziativa, da un lato, rappresenta unoccasione per valorizzare i lavori di giova-ni studiosi, dallaltra, pu ispirare e orientare nuovi studi in ambiti scientifici

    diversi.

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    I. Libera manifestazione del pensiero e atti di discriminazione etni-co-razziale, con particolare riferimento alla decisione quadro del-lUnione europea contro il razzismo e la xenofobia

    1. La Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulleliminazione di tutte le for-me di discriminazione razziale

    Il primo fra gli strumenti internazionali adottati per far fronte al problemadella discriminazione e del razzismo costituito dalla Convenzione interna-zionale delle Nazioni Unite sulleliminazione di tutte le forme di discrimina-

    zione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966 e ratificata da173 Stati, tra cui tutti gli Stati membri dellUnione europea. La ratifica da par-te dellItalia avvenuta con la legge 13 ottobre 1975, n. 654.

    Alcuni degli Stati firmatari hanno emesso riserve o reso dichiarazioni sullar-ticolo 4 della Convenzione8, sottolineando che gli obblighi imposti da questoarticolo devono risultare compatibili col diritto alla libert di espressione e di

    21

    AMBITI TEMATICI: CRITICITA E SOLUZIONI

    8 Larticolo 4 della Convenzione prevede che gli Stati contraenti condannano ogni propaganda ed ogniorganizzazione che sispiri a concetti ed a teorie basate sulla superiorit di una razza o di un gruppo di indi-vidui di un certo colore o di una certa origine etnica, o che pretendano di giustificare o di incoraggiare ogni for-ma di odio e di discriminazione razziale. Lo stesso articolo 4 stabilisce, altres, che gli Stati con-traenti si impegnano: a) a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla supe-riorit o sullodio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonch ogni atto di violenza, od inci-tamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica,come ogni aiuto apportato ad attivit razzistiche, compreso il loro finanziamento; b) a dichiarare illegali ed avietare le organizzazioni e le attivit di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attivit di propagandache incitino alla discriminazione razziale e che lincoraggino, nonch a dichiarare reato punibile dalla legge lapartecipazione a tali organizzazioni od a tali attivit; c) a non permettere n alle pubbliche autorit, n allepubbliche istituzioni, nazionali o locali, lincitamento o lincoraggiamento alla discriminazione razziale.

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    associazione. La stessa Italia, alla firma della Convenzione e poi al momentodella ratifica, ha reso una dichiarazione secondo la quale larticolo 4 citato vainterpretato tenendo conto degli altri strumenti internazionali che garanti-scono tali libert9.

    2. La legge 13 ottobre 1975, n. 654 e recenti modifiche

    LItalia si conformata alle disposizioni della Convenzione ONU sullelimi-nazione di tutte le forme di discriminazione razziale introducendo nel pro-prio ordinamento giuridico la norma incriminatrice di cui allarticolo 3 dellalegge n. 654 del 1975. Questa norma stata novellata una prima volta dallalegge 25 giugno 1993, n. 205 ed una seconda volta dalla legge 24 febbraio2006, n. 85 10.

    22

    9 Secondo la dichiarazione resa dallItalia: Le misure positive previste allart. 4 della Conven-zione e specificamente descritte alle lettere a) e b) dello stesso articolo, volte a sradicare ogniincitamento o atto discriminatorio, devono essere interpretate, come lo stesso articolodispone, tenendo conto, a tale scopo, dei principi formulati nella Dichiarazione universale dei diritti delluo-mo e dei diritti chiaramente enunciati nellart. 5 della presente Convenzione. Di conseguenza, gli obb-lighi derivanti dal summenzionato art. 4 non mettono in pericolo il diritto alla libert di opin-ione e di espressione n il diritto alla libert di pacifica assemblea e di associazione cos comeenunciati negli artt. 19 e 20 della Dichiarazione universale dei diritti delluomo [...] (www.cen-trodirittiumani.unipd.it). Tutte le riserve e dichiarazioni si possono leggere nel sito delleNazioni unite (http://untreaty.un.org) oppure nel sito internet http://www.hri.ca. Si riportaparte della dichiarazione resa dal Regno Unito, che anche successivamente sempre stato inprima linea tra gli Stati pi sensibili al problema della compatibilit tra gli strumenti inter-nazionali volti alla repressione del razzismo e della xenofobia ed il diritto alla libert di espres-sione: The United Kingdom [] interprets article 4 as requiring a party to the Convention to adopt fur-ther legislative measures in the fields covered by sub-paragraphs (a), (b) and (c) of that article only in so faras it may consider with due regard to the principles embodied in the Universal Declaration of Human Rightsand the rights expressly set forth in article 5 of the Convention (in particular the right to freedom of opinionand expression and the right to freedom of peaceful assembly and association) that some legislative addition toor variation of existing law and practice in those fields is necessary for the attainment of the end specified inthe earlier part of article 4.

    10 La formulazione della norma attualmente in vigore la seguente: 1. Salvo che il fatto costituiscapi grave reato, anche ai fini dellattuazione della disposizione dellarticolo 4 della convenzione, punito:a)con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate

    sulla superiorit o sullodio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazioneper motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsi-asi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali,etnici, nazionali o religiosi; 2. [soppresso].3. E vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o grup-po avente tra i propri scopi lincitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici,nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assisten-za alla loro attivit, punito, per il solo fatto della partecipazione o dellassistenza, con la reclusione da seimesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o grup-pi sono puniti, per ci solo, con la reclusione da uno a sei anni.

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    Nellattuale formulazione della lettera a) del comma 1, ove contemplato ilreato di propaganda razzista, la norma impiega lespressione chi propagandain luogo dellespressione chi diffonde in qualsiasi modo, che era impiegata nel-le due versioni precedenti. Anche il verbo incita, che compariva nelle due

    versioni precedenti della norma sia alla lettera a) che alla lettera b) del com-ma 1, stato sostituito, a seguito della pi recente novellazione, con il ver-bo istiga 11.

    La dottrina pi recente si soffermata sulle diverse espressioni impiegatenella versione attualmente in vigore e nelle due versioni precedenti, ma haraggiunto la conclusione che, nella sostanza, esse si equivarrebbero.

    3. La posizione della dottrina e lorientamento della giurisprudenza

    Dottrina e giurisprudenza hanno gi affrontato pi volte la questione dellacompatibilit della norma incriminatrice del reato di propaganda razzista(articolo 3, comma 1, lett. a), della legge n. 654 del 1975) con larticolo 21della Costituzione, ed hanno sempre pacificamente sostenuto la compatibi-lit della norma incriminatrice con il principio della libert di manifestazionedel pensiero e di critica, libert che non pu mai essere esercitata al fine dioffendere gli altri diritti fondamentali, principalmente quello della dignit del-luomo.

    Qualsiasi opinione, infatti, deve essere espressa nellassoluto rispetto delladignit umana dellinterlocutore, individuale o collettivo che sia. E quandoquesti due diritti fondamentali dignit umana e libert di espressione ven-gono a collidere, dottrina e giurisprudenza sono unanimi nellaffermare chesi deve ricorrere al principio del bilanciamento di interessi costituzionalmen-te garantiti. Da tale bilanciamento emerge che necessaria la limitazione deldiritto alla libera manifestazione del pensiero, perch il valore della dignitumana addirittura preesistente alla Costituzione ed lessenza di uno Statodemocratico, e sul rispetto di tale principio si fondano tutti gli altri diritti fon-damentali12.

    Non casuale, del resto, che una questione di legittimit costituzionale non

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    11 Si veda infra, in Appendice 1, il raffronto fra le tre diverse formulazioni dellart. 3 legge n. 654del 1975 che si sono succedute nel tempo.

    12 Si veda, in proposito, a. ambrosi, Costituzione italiana e manifestazione di idee razziste o xenofobe, inAA.VV., Discriminazione razziale, xenofobia, odio religioso (a cura di S. Riondato), Padova 2006, pp.35 ss.; f. salotto, Reato di propaganda razziale e modifiche ai reati di opinione, ivi, pp. 167 ss. Ingiurisprudenza, Cass., Sez. I, Sent. n. 23024, 28 febbraio 2001 (dep. 7 giugno 2001), Alipran-di, in Rivista penale, 2002, fasc. 4, p. 379.

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    sia mai stata sollevata, n con riferimento alle formulazioni precedenti, ncon riferimento alla formulazione attuale del citato articolo 3, comma 1, let-tera a), della legge n. 654 del 1975.

    4. Il dibattito in sede europea

    Ci che rende, in qualche misura, nuovamente attuale la questione della com-patibilit fra la libera manifestazione del pensiero e gli atti di discriminazionerazziale ed etnica sono le novit verificatesi negli ultimi mesi con riferimen-to allannoso dibattito intervenuto, in sede europea, circa una proposta didecisione quadro del Consiglio dellUnione europea sulla lotta contro il raz-zismo e la xenofobia. Tale proposta - COM(2001)0664 - fu avanzata dallaCommissione europea il 29 novembre 2001, ma per sei anni non riusc maia mettere daccordo i ministri della giustizia e degli interni dellUnione, pro-prio a causa dei dubbi sollevati da alcuni Stati membri (segnatamente GranBretagna, Irlanda e Paesi scandinavi) circa la compatibilit di certe disposi-zioni di quella proposta di decisione quadro con il principio della libert diespressione. Il punto pi delicato era quello della previsione di uno specificoreato che colpisse le manifestazioni di negazionismo o minimizzazione del-lOlocausto. Solo nellaprile 2007 un accordo venne raggiunto, su un testocomunque diverso da quello originario del 2001.

    Per trattare adeguatamente questa materia, per, opportuno prendere lemosse da qualche anno prima.

    5. Limminente decisione quadro del Consiglio dellUnione europea sulla lotta contro ilrazzismo e la xenofobia e le conseguenti prospettivede iure condendo

    A livello di Unione europea, gi il 15 luglio 1996 il Consiglio ha adottatounazione comune (96/443/GAI) relativa agli interventi di contrasto del raz-zismo e della xenofobia, in base allarticolo K.3 del Trattato. Lintento prin-cipale stato quello di garantire unefficace cooperazione giudiziaria tra gliStati membri nella lotta contro il razzismo e la xenofobia13.

    24

    13 Lazione comune (96/443/GAI) stabilisce, al punto A del Titolo I, quali siano i comporta-menti costituenti reati di razzismo e xenofobia: A. Per facilitare la lotta contro il razzismo ela xenofobia ciascuno Stato membro si impegna, secondo la procedura prevista al titolo II, adassicurare uneffettiva cooperazione giudiziaria per quanto riguarda i reati basati sui seguenticomportamenti e, se necessario ai fini di detta cooperazione, o a fare in modo che tali com-portamenti siano passibili di sanzioni penali o, in mancanza di tali sanzioni e in attesa del-leventuale adozione delle disposizioni necessarie, a derogare al principio della duplice

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    Peraltro, alcuni tra gli Stati membri hanno avanzato riserve gi in questa fase,con riferimento alle disposizioni previste nellazione comune, sempre per ildubbio che i relativi obblighi potessero non essere compatibili col diritto allalibert di espressione e di associazione14.

    Successivamente, con risoluzione datata 21 settembre 2000, il Parlamentoeuropeo ha chiesto che venisse adottata una decisione quadro, che sostituis-se lazione comune 96/443/GAI.

    La proposta di decisione quadro, volta a ravvicinare le disposizioni legislati-ve e regolamentari degli Stati membri per i reati a sfondo razzista e xenofo-bo, appunto quella gi menzionata, che stata avanzata dalla Commissioneil 29 novembre 200115. La sua base giuridica costituita dallarticolo 29 del

    Trattato sullUnione europea, che prevede lo sviluppo tra gli Stati membri diunazione comune nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria inmateria penale, che prevenga e reprima il razzismo e la xenofobia, per con-seguire lobiettivo dellUnione di fornire ai cittadini un livello elevato di sicu-rezza in uno spazio di libert, sicurezza e giustizia.

    La proposta di decisione quadro si prefigge un obiettivo duplice:

    a) garantire che il razzismo e la xenofobia vengano configurati come reati in tutti gliStati membri, che essi vengano perseguiti mediante sanzioni efficaci, proporzionatee dissuasive, e che i loro autori possano essere arrestati ed estradati;

    b) migliorare e incentivare la cooperazione giudiziaria, eliminando tutti gli ostacoli

    potenziali.La stessa Commissione, nella Relazione che accompagna la proposta, tiene asottolineare che va salvaguardata la libert despressione e la libert di riu-

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    imputazione per tali comportamenti: a) listigazione pubblica alla discriminazione, alla violen-za ed allodio razziale nei confronti di un gruppo di persone o di un membro di tale gruppodefinito rispetto al colore, alla razza, alla religione o allorigine nazionale o etnica; b) lapolo-gia pubblica, a fini razzisti o xenofobi, dei crimini contro lumanit, e delle violazioni dei dirit-ti delluomo; c) la negazione pubblica dei crimini definiti allarticolo 6 dello statuto del tri-bunale militare internazionale, allegato allaccordo di Londra dell8 aprile 1945, qualora com-prenda un comportamento sprezzante e degradante nei confronti di un gruppo di personedefinito rispetto al colore, alla razza, alla religione o allorigine nazionale o etnica; d) la diffu-sione e la distribuzione pubbliche di scritti, immagini o altri mezzi che contengono espres-

    sioni razziste o xenofobe; e) la partecipazione ad attivit di gruppi, organizzazioni o associ-azioni che implicano discriminazione, violenza e odio razziale, etnico o religioso.14 Cos il Regno Unito, che ha tenuto a precisare che applicher il titolo I, punto A, lettere da

    a) ad e), e i relativi riferimenti, solo se il comportamento minaccioso, vessatorio od insul-tante e se determinato dallintento di fomentare lodio razziale o se pu essere cos interpre-tato; e cos pure la Danimarca, che ha tenuto a precisare che applicher il titolo I, punto A,lettere da a) ad e), e i relativi riferimenti, solo se il comportamento minaccioso, insultante odegradante.

    15 COM(2001) 664 final - 2001/0270 (CNS)

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    nione e dassociazione, e che occorre trovare un punto di equilibrio tra le-sercizio di tali libert e la prevenzione di disordini o azioni criminali e la pro-tezione dellonorabilit o dei diritti altrui.

    Lelencazione dei reati a sfondo razzista e xenofobo, contenuta nella propo-sta di decisione quadro, parte dallelencazione contenuta nellazione comunedel 1996, la quale viene per estesa agli insulti o alle minacce proferiti in pub-blico a scopo razzista o xenofobo nei confronti di singoli o gruppi, noncha qualsiasi altro comportamento razzista o xenofobo. In particolare, tali reati ven-gono indicati, nellarticolo 4 della proposta, nel modo seguente:

    Ciascuno Stato membro prende i provvedimenti necessari per fare in modo che i seguenti

    comportamenti intenzionali quale che sia il modo di procedere siano perseguibilicome reati:

    a) istigare pubblicamente alla violenza o allodio in un intento razzista o xenofobo, oa qualsiasi altro comportamento razzista o xenofobo che possa arrecare dannisostanziali alle persone o ai gruppi contro cui rivolto;

    b) proferire in pubblico insulti e minacce in un intento razzista o xenofobo;

    c) fare pubblicamente lapologia, in un intento razzista o xenofobo, dei crimini di cuiagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale;

    d) negare o minimizzare pubblicamente i crimini di cui allarticolo 6 della carta deltribunale militare internazionale allegata allintesa di Londra dell8 aprile 1945,

    in modo atto a disturbare la quiete pubblica (to disturb the public peace);e) diffondere o distribuire pubblicamente scritti, immagini o altri supporti che conten-

    gano espressioni di razzismo o xenofobia;

    f) dirigere, sostenere o partecipare alle attivit di un gruppo razzista o xenofobo, nel-lintento di contribuire alle attivit criminali dellorganizzazione.

    Per quanto riguarda la condotta di cui alla lettera d), le modifiche rispetto allaformulazione dellazione comune del 1996 (punto A.cdel Tit. I) sono in granparte ispirate alla normativa tedesca, che punisce non solo il fatto di negarema anche di minimizzare i crimini suddetti, se atti a turbare la quiete pubbli-

    ca. Per quanto riguarda invece la condotta di cui alla lettera c), le modificherispetto alla formulazione dellazione comune (punto A.bdel Tit. I) rifletto-no lesigenza di fare riferimento specifico agli articoli dello statuto della Cor-te penale internazionale (approvato nel 1998) inerenti al genocidio, ai crimi-ni contro lumanit e ai crimini di guerra.

    La proposta di decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia,

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    nella formulazione del 2001, non ha mai trovato laccordo dei ministri dellagiustizia e degli interni dellUnione europea, posto che alcuni Stati membri(in particolare Gran Bretagna e Paesi scandinavi) hanno sollevato dubbi cir-ca la sua compatibilit col diritto alla libert di espressione e di associazione.

    Il 20 giugno 2002 intervenuta una Risoluzione legislativa del Parlamentoeuropeo16, che ha prospettato una serie di emendamenti alla proposta di deci-sione quadro. In particolare, larticolo 4 della proposta stato riformulato dalParlamento nel modo seguente (si riportano in grassetto le parti emendate):

    Ciascuno Stato membro prende i provvedimenti necessari per fare in modo che i seguen-ti comportamenti intenzionali - quale che sia il modo di procedere - siano perseguibili

    come reati:a) istigare pubblicamente alla violenza o allodio per motivi razzisti o xenofo-

    bi, o a qualsiasi altro comportamento imputabile a motivi razzisti oxenofobi che possa arrecare danni sostanziali alle persone o ai gruppi contro cui rivolto;

    b) proferire in pubblico ingiurie, insulti e minacce per motivi razzisti oxenofobi;

    c) fare pubblicamente lapologia, in un intento razzista o xenofobo, dei crimini di cuiagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale qualora leparole o i comportamenti in questione siano minacciosi, offensivi o

    insultanti e siano imputabili a motivi razzisti o xenofobi;d) negare o minimizzare pubblicamente i crimini di cui allarticolo 6 della carta del

    tribunale militare internazionale allegata allintesa di Londra dell8 aprile 1945qualora tale negazione o minimizzazione sia imputabile a motivirazzisti o xenofobi e sia minacciosa, offensiva o insultante, oppu-re sia espressa in modo atto a disturbare lordine pubblico;

    e) produrre - ai fini della distribuzione, della diffusione pubblica edellinvio non sollecitato, anche attraverso fornitori di serviziInternet - o distribuireal pubblico scritti, immagini o altri supporti che con-tengano espressioni di razzismo o xenofobia in un intento razzista oxenofobo;

    f) dirigere, sostenere o partecipare alle attivit di un gruppo razzista o xenofobo, nel-lintento di contribuiread attivitche sono criminaliai sensi della presen-te decisione quadro. I fornitori di servizi Internet sono responsa-

    16 A5-0189/2002 Relatore Ozan Ceyhun.

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    bili penalmente secondo le condizioni previste dagli articoli da 12a 15 della direttiva 2000/31/CE.

    Sennonch, neppure questa versione riuscita a trovare laccordo di tutti gliStati membri, essendosi ritenuto - da parte di Regno Unito, Irlanda e Statiscandinavi - che neppure essa avesse trovato il giusto punto di equilibrio tralesigenza di combattere decisamente il razzismo e la xenofobia e lesigenza disalvaguardare comunque il diritto alla libera manifestazione del pensiero.

    Solo il 19 aprile 2007, dopo quasi sei anni di polemiche e controversie, iministri dellUnione hanno finalmente trovato laccordo su una nuova pro-posta di decisione quadro17, la quale fornisce una definizione pi articolata

    dei reati a sfondo razzista e xenofobo, definizione che viene cos formulataallarticolo 1:

    1 . Ogni Stato membro dovr prendere le misure necessarie per assicurare che i seguen-ti comportamenti intenzionali siano resi punibili:

    (a) listigazione pubblica alla violenza o allodio nei confronti di un gruppo di persone,o di un suo membro, definito rispetto alla razza, al colore, alla religione, allascen-denza o allorigine nazionale o etnica;

    (b) il compimento di un atto ricadente sotto il punto a) mediante la diffusione o la distri-buzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale;

    (c) la pubblica apologia o negazione o minimizzazione grossolana dei crimini di geno-cidio, dei crimini contro lumanit e dei crimini di guerra, quali definiti agli artico-li 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette contro un gruppodi persone o un membro di tale gruppo, definito rispetto alla razza, al colore, allareligione, allascendenza o allorigine nazionale o etnica, quando la condotta postain essere con una modalit atta ad incitare (likely to incite) alla violenza o allodioverso tale gruppo o un membro di esso;

    (d) la pubblica apologia o negazione o minimizzazione grossolana dei crimini definitiallarticolo 6 della carta del Tribunale militare internazionale annessa allaccordo diLondra del 1945, dirette contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo,definito rispetto alla razza, al colore, alla religione, allascendenza o allorigine nazio-nale o etnica, quando la condotta posta in essere con una modalit atta ad incitare(likely to incite) alla violenza o allodio verso tale gruppo o un membro di esso.

    1-bis.Ai fini del paragrafo 1 gli Stati membri possono decidere di rendere puni-bili soltanto i comportamenti atti a turbare (likely to disturb) lordine pubblico o che

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    17 Council of the European Union, Doc. 11522/07 DG H 2B, Bruxelles, 19 luglio 2007.

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    sono minacciosi, vessatori o insultanti (threatening, abusive or insulting)

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    .1-ter.Ai fini del paragrafo 1 il riferimento alla religione diretto a comprenderealmeno i comportamenti usati come pretesto per compiere atti contro un gruppo di

    persone o un membro di tale gruppo, definito rispetto alla razza, al colore, allascen-denza o allorigine nazionale o etnica.

    2 . Uno Stato membro pu, al momento delladozione della presente decisione quadroda parte del Consiglio, dichiarare che esso render punibili la negazione o la mini-mizzazione grossolana dei crimini di cui ai [sub]paragrafi 1(c) e/o (d), solo se i cri-mini ivi contemplati sono stati accertati da una sentenza definitiva di una cortenazionale dello stesso Stato membro e/o di una corte internazionale, ovvero esclu-sivamente da una sentenza definitiva di una corte internazionale.

    Questa formulazione ha potuto incontrare laccordo di tutti gli Stati membri,perch i dubbi che negli anni precedenti erano stati sollevati, circa la compa-tibilit con la libert di espressione e di associazione, sono stati superati attra-

    verso lintroduzione di tre elementi nel testo della nuova proposta, e cio:

    - lintroduzione del requisito della grossolanit rispetto alla minimizza-zione dei crimini indicati nei subparagrafi 1(c) e 1(d) dellarticolo 1;

    - lintroduzione dellultima proposizione contenuta nei subparagrafi 1(c)e 1(d) dellarticolo 1;

    - lintroduzione dellopzione di cui al paragrafo 1bisdellarticolo 119.

    Analogo ruolo ha giocato lintroduzione - nel testo della nuova proposta didecisione quadro - di un articolo intitolato Regole costituzionali e principi fon-damentali(articolo 7), il quale riconosce che la decisione quadro non pu ave-re leffetto di modificare lobbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali prin-cipi giuridici, tra cui la libert di espressione e di associazione, cos come sanciti dallarti-colo 6 del trattato sullUnione europea(paragrafo 1). Parimenti, la decisione qua-dro non pu avere leffetto di richiedere agli Stati membridi modificare le proprie

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    18 Nella traduzione italiana ufficiosa diffusa dal Consiglio dellUnione europea con il comuni-cato stampa del 19 aprile 2007, il senso della parola abusiveviene reso con il termine vessatorio.In realt, il primo significato del termine inglese, secondo i maggiori dizionari bilingui

    (Hazon, Ragazzini), offensivo.19 In realt, gi larticolo 4, lettera d), della proposta originaria, nella versione emendata dal Par-lamento europeo nel 2002, richiedeva che la negazione o minimizzazione dei crimini ivi con-templati fosse minacciosa, offensiva o insultante, oppure fosse espressa in modo atto a disturbarelordine pubblico (circostanze divenute opzionali nel nuovo testo). Pertanto, ci che ha fattoveramente la differenza, nella nuova proposta di decisione quadro, stato, da un lato, il req-uisito della grossolanit rispetto al comportamento di minimizzazione e, dallaltro, il req-uisito dellidoneit della condotta ad incitare alla violenza o allodio(si veda il raffronto tra i duetesti infrain Appendice 2).

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    norme costituzionali e i principi fondamentali riguardanti la libert di asso-ciazione, la libert di stampa e la libert di espressione (paragrafo 2).

    Come si pu notare, pur non citandolo direttamente, il testo della nuova pro-posta di decisione quadro (come, del resto, quello della proposta originaria e,prima ancora, quello dellazione comune del 1996) copre anche lOlocausto, ilcui negazionismo considerato gi un reato in diversi Stati europei, tra cuiSvizzera, Austria, Germania, Francia, Belgio, Polonia e Romania. Per fareaccettare laccordo anche a Gran Bretagna, Irlanda e Paesi scandinavi, che ave-

    vano posto problemi relativi alla libert despressione, la proposta originaledel 2001 stata resa pi rigorosa, ma in guisa tale da mantenere sostanzial-mente intatta la sua efficacia rispetto allesigenza di perseguire penalmente i

    comportamenti xenofobi e razzisti, ivi compresi i comportamenti di chi fapubblicamente apologia, negazionismo ovvero minimizzazione grossolana(publicly condoning, denying or grossly trivialising) dellOlocausto e, pi in generale,di crimini contro lumanit che siano stati accertati con sentenze definitive.

    La condizione introdotta dal nuovo testo (che la condotta sia posta in esserecon una modalit atta ad incitare alla violenza o allodioverso un gruppo di per-sone o un membro di tale gruppo) ha tranquillizzato gli Stati membri mag-giormente sensibili ai problemi di compatibilit con la libert di espressione,ma non sembra aver minimamente compromesso la sostanziale efficacia delprincipio di diritto affermato nei subparagrafi 1c) e 1 d) dellarticolo 1 delladecisione quadro, dal momento che ben difficilmente una pubblica manife-

    stazione di apologia o negazionismo o minimizzazione grossolana (appuntoin quanto grossolana) dellOlocausto potr rivelarsi inidonea ad incitare alla

    violenza o allodio.Pi problematica potrebbe essere lopzione introdotta dal paragrafo 1bisdellarticolo 1, nella misura in cui essa permette a uno Stato membro la pos-sibilit di perseguire penalmente i reati a sfondo xenofobo o razzista soltan-to quando i relativi comportamenti sono atti a turbare lordine pubblico(likely to disturb public order). Infatti, la necessit di dimostrare lidoneit a tur-bare lordine pubblico di un episodio per esempio di negazionismo ominimizzazione grossolana dellOlocausto, potrebbe rendere difficoltosa larelativa repressione penale (specialmente se le corti dovessero esigere una

    verifica probatoria ex post dellefficacia causale della condotta del soggettoagente rispetto al turbamento dellordine pubblico).Non altrettanto si pu dire, invece, della seconda parte del citato paragrafo1bis, posto che ben difficilmente si potr ipotizzare un episodio pubblicodinegazionismo o di minimizzazione grossolana dellOlocausto che non siquanto meno offensivo o insultante(abusive or insulting).

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    Dato il raggiunto accordo sul nuovo testo di proposta, presumibile chela decisione quadro verr adottata abbastanza presto. In proposito, vasottolineato che in data 21 giugno 2007 il Parlamento europeo ha indiriz-zato al Consiglio una precisa raccomandazione nel senso di accelerare ilrelativo iter20.

    Gli Stati membri avranno due anni dalladozione della decisione quadro perconformarsi alle disposizioni della medesima e dovranno, entro lo stesso ter-mine, trasmettere al Consiglio e alla Commissione il testo della normativaalluopo adottata. Inoltre, entro cinque anni dalladozione della decisionequadro, il Consiglio dovr valutare se gli Stati membri abbiano preso le misu-re necessarie per conformarsi alle sue disposizioni (articolo 10).

    Nel prossimo futuro, pertanto, lItalia dovr porsi il problema di comeconformarsi alla decisione quadro di prossima adozione, in particolare conriferimento alle disposizioni in essa contenute che riguardano le manifesta-zioni pubbliche di negazionismo ovvero di minimizzazione grossolana del-lOlocausto o di altri crimini contro lumanit gi accertati con sentenzedefinitive.

    A questo punto, peraltro, sembra preliminare lesigenza di riconsiderare lemodalit con cui lItalia ha recepito lo strumento normativo comunitariocostituito dalla precedente decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio,del 13 giugno 2002, relativa al mandato darresto europeo. Infatti, se non

    verr modificata in qualche misura la legge 22 aprile 2005, n. 69, che ha dato

    attuazione in Italia al mandato darresto europeo, difficilmente il nostro Pae-se potr conformarsi adeguatamente al nuovo strumento comunitario con-tro il razzismo e la xenofobia.

    Com noto, la decisione quadro sul mandato darresto europeo ha introdottouna serie di reati per i quali gli Stati membri sono obbligati a dare corso allaprocedura di consegna senza previa valutazione del requisito della doppia incri-minabilit: lelenco dei nomina criminis, contenuto nellarticolo 2, comma 2, del-la decisione quadro, comprende anche i reati di razzismo e xenofobia.

    Sennonch, il legislatore italiano, nellart. 8 della legge 69/2005, ha ritenutodi poter sostituire i nomina criminisdella norma comunitaria con condotte spe-

    cifiche predefinite. In particolare, alla lettera s) del comma 1 di tale articolo,lespressione razzismo e xenofobia stata sostituita dalla seguente dicitura:

    s) incitare pubblicamente alla violenza, come manifestazione di odio razziale nei confron-

    20 A6-0151/2007 2007/2067(INI).

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    ti di un gruppo di persone, o di un membro di tale gruppo, a causa del colore della pel-le, della razza, della religione professata, ovvero dellorigine nazionale o etnica; esalta-re, per razzismo o xenofobia, i crimini contro lumanit.

    Ebbene, quantomeno dubbio che lItalia si sia conformata correttamentealla decisione quadro sul mandato darresto europeo. Tanto pi che lazionecomune del 15 luglio 1996 aveva gi dato una definizione comunitaria di raz-zismo e xenofobia, prevedendo, tra laltro, lincriminazione della negazionepubblica dei crimini definiti allarticolo 6 dello statuto del tribunale di Norim-berga, qualora comprenda un comportamento sprezzante e degradante nei confronti diun gruppo di persone definito rispetto al colore, alla razza, alla religione o alloriginenazionale o etnica. chiaro che condotte di questo genere, sostanzialmente

    contemplate anche nella decisione quadro di prossima adozione, non sonosussumibili nellarticolo 8 della legge 69/2005, dal momento che altro le-saltazione di crimini contro lumanit, altro negare pubblicamente che talicrimini siano stati perpetrati dal nazifascismo.Daltro canto, anche in Italia qualche autore si domandato fino a che pun-to unistanza comunitaria di repressione del negazionismo, per quantoespresso in forme odiose, sia compatibile con la Costituzione, in particolarecon la libert di opinione ed il diritto di manifestarla21.Nessuna questione di compatibilit con i principi costituzionali pu porsicon riferimento alle lettere a) e b) dellarticolo 1 della proposta di decisionequadro (istigazione pubblica alla violenza o allodio nei confronti di un grup-

    po etnicorazziale o di un suo membro, anche per mezzo di scritti, immaginio altro materiale), posto che le relative condotte sono gi contemplate, comecostituenti reato, dallarticolo 3, comma 1, lettera b) della legge n. 654 del1975, sulla cui legittimit costituzionale nessun dubbio stato mai sollevato.Parimenti, nessuna questione di compatibilit con i principi costituzionalipu porsi con riferimento allapologia dei crimini contro lumanit, che giprevista come reato dallultimo comma dellarticolo 414 c.p. Del resto, intermini pi generali, va rammentato che la norma incriminatrice dellapolo-gia di reato, contenuta nel penultimo comma dello stesso articolo, stata rite-nuta legittima dalla sentenza n. 65 del 4 maggio 1970 della Corte costituzio-nale. E non a caso lesaltazione, per razzismo o xenofobia, dei crimini contro

    lumanit anche contemplata nella gi citata lettera s) dellarticolo 8 dellalegge 22 aprile 2005, n. 69, che ha dato attuazione in Italia al mandato dar-resto europeo.

    21 Cos s. zancani, Razzismo e xenofobia tra diritto comunitario e diritto penale, in AA.VV., Discrimi-nazione razziale, cit., p. 190.

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    La questione di compatibilit con i principi costituzionali pu porsi, se mai,con riferimento alla pubblica negazione o minimizzazione dellOlocaustoovvero di altri crimini contro lumanit accertati con sentenze definitive, valea dire con riferimento a quelle parti delloriginaria decisione quadro sulle qua-li, negli ultimi sei anni, i ministri della giustizia e degli interni dellUnioneeuropea non avevano saputo trovare laccordo.

    Sennonch, grazie proprio agli sforzi e agli approfondimenti compiuti inquesti ultimi sei anni, la formulazione finale su cui laccordo si concretizza-to sembra tale da soddisfare tutti coloro che auspicavano il raggiungimentodel giusto punto di equilibrio tra lesigenza di combattere decisamente ilrazzismo e la xenofobia e lesigenza di salvaguardare comunque il diritto alla

    libera manifestazione del pensiero. Infatti, sia il requisito della grossolanitdella minimizzazione, sia ancor di pi il fatto che la condotta debbaessere posta in essere con modalit atte ad incitare alla violenza o allodioversoun gruppo etnicorazziale o verso un suo membro, fanno s che il comporta-mento di negazione o di minimizzazione penalmente perseguibile sia esclu-sivamente quello che si rivela concretamente idoneo a provocare la commissione didelitti, trascendendo la pura e semplice manifestazione del pensiero, secondo il princi-pio affermato nella gi citata sentenza n. 65/1970 della Corte costituzionale.In altri termini, la negazione dellOlocausto, ovvero la sua minimizzazionegrossolana, manifestata pubblicamente con modalit atte ad incitare alla vio-lenza o allodio etnicorazziale, non potrebbe essere certamente trattata alla

    stregua di una qualsiasi opinione espressa nel rispetto della dignit umana.Pu, quindi, tranquillamente estendersi a tale comportamento il principioormai pacificamente affermato in dottrina e in giurisprudenza, secondo cui,quando due diritti fondamentali dignit umana e libert di espressione

    vengono a collidere, si deve ricorrere al principio del bilanciamento di inte-ressi costituzionalmente garantiti. Da tale bilanciamento emerge che neces-saria la limitazione del diritto alla libera manifestazione del pensiero, perchil valore della dignit umana addirittura preesistente alla Costituzione ed lessenza di uno Stato democratico (e sul rispetto di tale principio si fondanotutti gli altri diritti fondamentali).

    Va detto, del resto, che lItalia non tra gli Stati che si sono particolarmente

    esposti (primo fra tutti il Regno Unito) nellaffermare la necessit di una for-mulazione della decisione quadro che fosse sicuramente compatibile con ilprincipio fondamentale della libert dopinione ed il diritto di manifestarla.Sarebbe, quindi, un po singolare che il nostro Paese dopo che, per meri-to di quegli Stati, stata raggiunta una soluzione condivisa e ben calibrata sollevasse proprio adesso, ad accordo ormai intervenuto, ulteriori problemi

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    di compatibilit costituzionale.

    6. Proposte

    In conclusione, lItalia potrebbe conformarsi alla decisione quadro di prossi-ma adozione inserendo una proposizione ulteriore alla lettera a) del comma1 dellart. 3 della legge n. 654 del 1975, secondo lo schema seguente:

    a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi pro-paganda idee fondate sulla superiorit o sullodio razziale o etnico, ovvero istiga a com-mettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o reli-

    giosi, ovvero fa pubblicamente negazione o minimizzazione grossolana dei crimini defi-niti dallarticolo 6 della carta del Tribunale militare internazionale annessa allaccor-do di Londra del 1945 o dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale inter-nazionale, dirette contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo, definitorispetto alla razza, al colore, alla religione, allascendenza o allorigine nazionale oetnica, quando la condotta posta in essere con modalit atte ad incitare alla violen-za o allodio verso tale gruppo o un membro di esso.

    Ovviamente, lapologia dei crimini contro lumanit non va inserita nellanuova previsione normativa, essendo essa gi prevista come reato, per giun-ta con una pena edittale pi severa, dal gi citato articolo 414, ultimo com-ma, del codice penale.

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    1975

    1. Salvo che il fattocostituisca pi gravereato, ai fini dellat-tuazione della dispo-sizione dellarticolo4 della convenzione punito con la reclu-sione da uno a quat-tro anni:a) chi diffonde inqualsiasi modo idee

    fondate sulla supe-riorit o sullodiorazziale;b) chi incita in qual-siasi modo alladiscriminazione, oincita a commettereo commette atti di

    violenza o di provo-cazione alla violenzanei confronti di per-

    sone perch apparte-nenti ad un grupponazionale, etnico orazziale.

    2. vietata ogni orga-nizzazione o associa-

    1993

    1. Salvo che il fattocostituisca pi gravereato, anche ai finidellattuazione delladisposizione dellar-ticolo 4 della con-

    venzione, punito:a) con la reclusionesino a tre anni chidiffonde in qualsiasimodo idee fondate

    sulla superiorit osullodio razziale oetnico, ovvero incitaa commettere ocommette atti didiscriminazione permotivi razziali, etni-ci, nazionali o reli-giosi;b) con la reclusioneda sei mesi a quattro

    anni chi, in qualsiasimodo, incita a com-mettere o commette

    violenza o atti diprovocazione alla

    violenza per motivi

    2006

    1. Salvo che il fattocostituisca pi gravereato, anche ai finidellattuazione delladisposizione dellar-ticolo 4 della con-

    venzione, punito:a) con la reclusionefino ad un anno e seimesi o con la multafino a 6.000 euro chi

    propaganda ideefondate sulla supe-riorit o sullodiorazziale o etnico,ovvero istiga a com-mettere o commetteatti di discriminazio-ne per motivi razzia-li, etnici, nazionali oreligiosi;b) con la reclusione

    da sei mesi a quattroanni chi, in qualsiasimodo, istiga a com-mettere o commette

    violenza o atti diprovocazione alla

    APPENDICE 1

    Articolo 3 della Legge n. 654 del 1975(le tre formulazioni rispettivamente del 1975, del 1993 e del 2006)

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    zione avente tra isuoi scopi di incitareallodio o alla discri-minazione razziale.Chi partecipi adorganizzazioni oassociazioni di talgenere, o presti assi-stenza alla loro atti-

    vit punito per ilsolo fatto della par-

    tecipazione o dellas-sistenza con la reclu-sione da uno a cin-que anni.

    3. Le pene sonoaumentate per i capie i promotori di taliorganizzazioni oassociazioni.

    razziali, etnici,nazionali o religiosi;

    2. [soppresso].

    3. E vietata ogni orga-nizzazione, associa-zione, movimento ogruppo avente tra ipropri scopi lincita-mento alla discrimi-nazione o alla vio-lenza per motivi raz-

    ziali, etnici, nazionalio religiosi.

    Chi partecipa a talio r g a n i z z a z i o n i ,associazioni, movi-menti o gruppi, opresta assistenza allaloro attivit, puni-to, per il solo fattodella partecipazioneo dellassistenza, con

    la reclusione da seimesi a quattro anni.Coloro che promuo-

    vono o dirigono talio r g a n i z z a z i o n i ,associazioni, movi-menti o gruppi sonopuniti, per ci solo,con la reclusione dauno a sei anni.

    violenza per motivirazziali, etnici,nazionali o religiosi;

    2. [soppresso].

    3. E vietata ogni orga-nizzazione, associa-zione, movimento ogruppo avente tra ipropri scopi lincita-mento alla discrimi-nazione o alla vio-

    lenza per motivi raz-ziali, etnici, naziona-li o religiosi. Chipartecipa a tali orga-nizzazioni, associa-zioni, movimenti ogruppi, o prestaassistenza alla loroattivit, punito, peril solo fatto dellapartecipazione o

    dellassistenza, conla reclusione da seimesi a quattro anni.Coloro che promuo-

    vono o dirigono talio r g a n i z z a z i o n i ,associazioni, movi-menti o gruppi sonopuniti, per ci solo,con la reclusione dauno a sei anni.

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    APPENDICE 2

    Raffronto tra le disposizioni di cui allarticolo 1, paragrafo 1, punti (c) e (d)della nuova proposta di decisione quadro del 2007

    e le disposizioni corrispondenti della proposta di decisione quadro del 2001cos come emendata dal Parlamento europeo nel 2002.

    2002

    c) fare pubblicamente lapologia, inun intento razzista o xenofobo,

    dei crimini di cui agli articoli 6, 7e 8 dello statuto della Corte pena-le internazionale qualora le paroleo i compor-tamenti in questionesiano minacciosi, offensivi oinsultanti e siano imputabili amotivi razzisti o xenofobi;

    d) negare o minimizzare pubblica-mente i crimini di cui allarticolo6 della carta del tribunale militareinternazionale allegata allintesa di

    Londra dell8 aprile 1945 qualoratale negazione o minimizzazionesia imputabile a motivi razzisti.

    2007

    (c) la pubblica apologia o negazione ominimizzazione grossolana dei

    crimini di genocidio, dei criminicontro lumanit e dei crimini diguerra, quali definiti agli articoli 6,7 e 8 dello statuto della Cortepenale internazionale, dirette con-tro un gruppo di persone o unmembro di tale gruppo, definitorispetto alla razza, al colore, allareligione, allascendenza o allori-gine nazionale o etnica, quando lacondotta posta in essere con una

    modalit atta ad incitare alla vio-lenza o allodio verso tale gruppoo un membro di esso;

    (d)la pubblica apologia o negazione ominimizzazione grossolana deicrimini definiti allarticolo 6 dellacarta del Tribunale militare inter-nazionale annessa allaccordo diLondra del 1945, dirette contro ungruppo di persone o un membrodi tale gruppo, definito rispetto

    alla razza, al colore, alla religione,allascendenza o allorigine nazio-nale o etnica, quando la condotta posta in essere con una modalitatta ad incitare alla violenza oallodio verso tale gruppo o unmembro di esso.

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    APPENDICE 3

    Ipotesi di ulteriore novellazionedellarticolo 3 della Legge n. 654 del 1975

    1. Salvo che il fatto costituisca pi grave reato, anche ai fini dellattuazionedella disposizione dellarticolo 4 della convenzione, punito:

    a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000euro chi propaganda idee fondate sulla superiorit o sullodio razziale oetnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione permotivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, ovvero fa pubblicamente nega-zione o minimizzazione grossolana dei crimini definiti dallarticolo 6 del-la carta del Tribunale militare internazionale annessa allaccordo di Lon-dra del 1945 o dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale inter-nazionale, dirette contro un gruppo di persone o un membro di tale grup-po, definito rispetto alla razza, al colore, alla religione, allascendenza oallorigine nazionale o etnica, quando la condotta posta in essere conmodalit atte ad incitare alla violenza o allodio verso tale gruppo o unmembro di esso;

    b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, isti-ga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violen-za per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

    2. [soppresso].

    3. E vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo aventetra i propri scopi lincitamento alla discriminazione o alla violenza per

    motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizza-zioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro atti-

    vit, punito, per il solo fatto della partecipazione o dellassistenza, conla reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o diri-gono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti,per ci solo, con la reclusione da uno a sei anni.

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    Si dovrebbe gi, in primo luogo, sottolineare che sul piano dellinterpretazio-ne letterale e sistematica, i primi due commi dellart. 38 della Costituzionenon prevedono che laccesso ai diritti da esso garantiti sia subordinato arequisiti di cittadinanza, ovvero a requisiti discriminanti per chi non sia citta-dino. La giurisprudenza costituzionale, del resto, ritiene pacificamente che idiritti civili, economici e sociali per i quali la Costituzione non contiene alcunriferimento esplicito alla titolarit dei soli cittadinivadano classificati tra idiritti fondamentali delluomo, da assicurarsi, per larticolo 2 della Costituzione,ad ogni persona senza discriminazioni riferite appunto a cittadinanza e nazio-nalit

    22

    .

    E inoltre giurisprudenza costante della Corte Costituzionale che, per fare

    eccezione a principi generali soprattutto attinenti alla disciplina dei dirittiindividuali, larticolo 3 della Costituzione imponga una giustificazioneragionevole del trattamento differenziato, per via legislativa, di determina-te situazioni appunto eccezionali23.

    Il che vale ovviamente anche per la disciplina dei diritti di chi non sia cittadi-no italiano.

    In specie, sin dalla sentenza n. 454 del 1998, concernente lavviamento allavoro mediante assunzione obbligatoria, la Corte Costituzionale ha ritenutodi poter desumere, anche a livello della legislazione ordinaria, il principio (chesupera la disciplina del rapporto di lavoro in senso stretto) di parit di tratta-mento e di piena eguaglianza di diritti per i lavoratori extracomunitari rispet-

    to ai lavoratori italiani (articolo 1 della legge n. 943 del 1986, e oggi articolo2, comma 3, del testo unico approvato con d.lgs. 22 luglio 1998 n. 286),garanzia ulteriormente ribadita e precisata dallarticolo 2, comma 2, del TestoUnico n. 286 del 1998, secondo cui lo straniero regolarmente soggiornantenel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadi-no italiano, salvo che le convenzioni internazionali o lo stesso Testo Unicodispongano diversamente.

    In tale quadro, larticolo 41 del d.lgs. n. 286 del 1998 ha tra laltro dispostonel senso che gli stranieri sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizionedelle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quel-le previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomu-ti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti; e questo alla sola condi-zione della verifica di una minima stabilizzazione della presenza nel territo-

    22 Corte Costituzionale n. 28 del 1995, n. 203 del 1997 e n. 252 del 2001.23 Corte Costituzionale n. 432 del 2005.

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    rio statale, senza la quale la fruizione dei diritti alle prestazioni non avrebbesignificato, e cio alla sola condizione della titolarit di permesso di soggiorno didurata non inferiore ad un anno.

    In contraddittoriet con i principi della legislazione sullimmigrazione, ed incontrasto con lo stesso articolo 41 del d.lgs. n. 286 del 1998, il comma 19 del-larticolo 80 della legge n. 388 del 2000, senza darsi carico di un compiutoinserimento delle nuove norme nel sistema, ha invece inteso recare al perdu-rante principio generale di piena eguaglianza e parit di trattamento una rile-

    vante eccezione, richiedendo, per chi non sia cittadino italiano, il possessodella carta di soggiorno per laccesso allassegno sociale e a tutte le provvi-denze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazio-

    ne vigente in materia di servizi sociali.E assai dubbio che questa eccezione, introdotta in un sistema improntato alprincipio di parit ed eguaglianza di diritti tra italiani e stranieri, abbia unaqualche ragionevolezza e possa trovare una razionale giustificazione. Tan-to pi che la carta di soggiorno presuppone, per il suo ottenimento, requisi-ti del tutto estrinseci, quali una presenza nel nostro paese lungamente pro-tratta, e cio per cinque anni, ed il possesso di un reddito di mantenimen-to che pu essere posseduto anche indipendentemente dal lavorare o dalla-

    ver lavorato (articolo 9 del d.lgs. n. 286 del 1998).

    Daltro canto, la carta di soggiorno, anche al riguardo delle finalit del suorilascio, non volta a verificare solamente una continuit di presenza in Ita-

    lia maggiormente o massimamente protratta, ma soprattutto volta a stabi-lire, per lo straniero, una condizione ormai predisposta e prossima allacqui-sizione della cittadinanza italiana: ne testimonianza non solo il fatto che ilrilascio della carta di soggiorno sia a tempo indeterminato, bens che da essoscaturiscano taluni dei diritti, come quello dellingresso nel territorio delloStato senza il visto o come i diritti stessi di partecipazione politica, i quali,nella tradizione anche storica, sono legati alla cittadinanza (articolo 9, com-ma 12, del d.lgs. n. 286 del 1998).

    Pertanto, il subordinare alla carta di soggiorno lassegno sociale, e addirittu-ra tutte le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legisla-zione vigente in materia di servizi sociali, non solo stabilisce un requisito di ecce-zionale ed irragionevole severit ai fini dellaccesso degli stranieri ai dirittipropri dei cittadini italiani, ma finisce con il togliere al principio generale del-la parit ed eguaglianza tra lavoratori senza differenze di cittadinanza e nazio-nalit (che pure resta come principio generale nella legislazione in vigore)pressoch ogni portata ed effettivit.

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    Ne discende la evidente violazione di quel principio di ragionevolezzaespresso con chiarezza dalla Corte Costituzionale anche nella recente senten-za n. 432/2005.

    E, inoltre, il caso di aggiungere che larticolo 35 della Costituzione, neldisporre che la Repubblica promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni inter-nazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro, esprime un principio diaderenza e conformazione alle risultanze non solo di accordi internazionalima soprattutto di quegli accordi, di portata generale, maturati nellambito diorganizzazioni come lO.I.L., la quale unagenzia specializzata delle Nazio-ni Unite che persegue la promozione della giustizia sociale e il riconoscimen-to universale dei diritti umani collegati al lavoro.

    Ebbene, anche questo principio internazionalistico delle garanzie del lavoro,oggi ulteriormente rafforzato dallarticolo 117, comma 1, della Costituzione,laddove si richiama il legislatore allosservanza dei vincoli derivanti [] dagliobblighi internazionali, sembra essere stato violato dal comma 19 dellarticolo80 della legge n. 388 del 2000.

    Infatti, larticolo 10 della gi citata Convenzione OIL n. 143/1975, ratifica-ta con legge di ratifica 10 aprile 1981 n. 158, recepito dal nostro ordinamen-to nellarticolo 2 del d.lgs. n. 286/98, garantisce parit di opportunit e di trat-tamentoanche in materia di sicurezza socialeper i lavoratori migranti.

    Pertanto, il subordinare allottenimento della carta di soggiorno, data per unalunga permanenza ed in base a requisiti anche reddituali svincolati dallo svol-gimento di attivit lavorativa, la parit e leguaglianza di diritti tra lavoratorinazionali e stranieri, quanto allassegno sociale e alle provvidenze economi-che che costituiscono diritti soggettivi, viola i vincoli internazionalistici deri-

    vanti dalle summenzionate convenzioni O.I.L. e, con essi, larticolo 35, oltreche il comma 1 dellarticolo 117 della Costituzione.

    Daltro canto, il diritto di ogni individuo alla sicurezza sociale, ivi compresele assicurazioni sociali, non discende soltanto dalle convenzioni O.I.L., maanche dallarticolo 9 del Patto internazionale relativo ai diritti economici,sociali e culturali del 1966, in vigore in Italia dal 15 dicembre 1978 (legge diratifica 25 ottobre 1977, n. 881).

    E non certamente privo di significato che lo stesso principio abbia poi tro-vato altres riscontro nella giurisprudenza della Corte dei diritti delluomo diStrasburgo, la quale ha avuto occasione di ricordare che il lavoratore, il qua-le abbia lavorato regolarmente, con assolvimento degli obblighi imposti rela-tivamente alla contribuzione socio-previdenziale, non pu essere escluso dabenefici di una prestazione sociale esclusivamente per considerazioni ineren-

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    ti alla nazionalit o cittadinanza.

    24

    .In questa luce, si pu ritenere che il diritto del lavoratore a non subire discri-minazioni per nazionalit o cittadinanza nellaccesso alla sicurezza sociale siaentrato ormai a far parte di quelle norme del diritto internazionale general-mente riconosciute, a cui anche lordinamento italiano deve intendersiconformato per gli effetti dellart. 10, comma 1, della Costituzione.

    24 In tal senso, la sentenza CEDU, 16 settembre 1996, Gaygusuz c. Austria.

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    1. Un quadro generale della situazione di Rom, Sinti e Camminanti: le ragioni storichedi una difficile convivenza

    Ogni inquadramento giuridico della difficile condizione delle comunit Rom(termine che qui per semplicit vuole ricomprendere anche Sinti e Cammi-nanti) presenti sul territorio italiano deve inevitabilmente confrontarsi con ildato di contesto costituito dal radicatissimo pregiudizio verso i cd. zingari,ai quali vengono invariabilmente attribuite caratteristiche di asocialit, ste-

    reotipandole come dedite al nomadismo, propense allaccattonaggio e al fur-to, riluttanti a sottostare a ogni regola non puramente interna al propriogruppo25.

    Tale dato di contesto non certo esclusivo dellItalia, ma riscontrabile consfumature diverse in tutta Europa, ed ha radici storiche risalenti.

    NellEuropa occidentale, dopo una primissima fase di relativa tolleranza, conla seconda met del quindicesimo secolo, si avvia una lunga serie di persecu-zioni basate anche sullapplicazione di una copiosa legislazione statale anti-zingara. Le persecuzioni, con infinite variabili di tempo e luogo, si rivolgeva-no contro i rom in quanto persone che non rispettano le modalit di mobilit accettate,

    in quanto persone che non si sottomettono al lavoro salariato, in quanto portatori di unal-terit deprecabile se non addirittura diabolica e destabilizzante26.

    25 La letteratura ziganologica amplissima. Come opere di prima introduzione e per riferimen-ti bibliografici, si possono utilmente consultare L. PIASERE, I rom dEuropa. Una storia moder-na, Roma-Bari, Laterza, 2004; A. FRASER, The Gypsies, Oxford, Blackwell, 2nd ed., 1995; H.ASSEO, Les Tsiganes. Une destine europenne, Paris, Gallimard, 1994.

    26 L. PIASERE, cit., p. 50.

    III. Le comunit Rom, Sinte e Camminanti nel territorio italiano

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    Sul piano formale, le codificazioni ottocentesche conducono a una tenden-ziale scomparsa dello zingaro come categoria giuridica, senza tuttavia com-portare lattenuarsi della tensione repressiva. A ci contribuiscono non pocogli studi criminologici di marca positivista e la loro ricaduta in pubblicazionidestinate ai pratici. Significativo , ad esempio, il manuale di polizia giudizia-ria del criminologo austriaco Hans Gross, che, a partire dal 1893, vedr ungran numero di edizioni in tutta Europa, compresa una traduzione italiananel 1906. Secondo Gross, lo zingaro vendicativo e crudele in sommo grado, e,nello stesso tempo, duna incredibile vigliaccheria27.

    Probabilmente riecheggiando il Gross, un magistrato, Alfredo Capobianco,pubblica nel 1914 un libello dal titolo Il problema di una gente vagabonda,

    in cui gli zingari sono dipinti come delinquenti incorreggibili, particolarmen-te pericolosi anche a causa della loro mobilit e inafferrabilit.

    Nel nuovo contesto codicistico, la repressione antizingara faceva ampio usodelle disposizioni contro il vagabondaggio e la mendicit.

    In Italia, il codice Zanardelli conteneva la sanzione penale per i casi di men-dicit, classificata tra le contravvenzioni concernenti lordine pubblico,mentre il vagabondaggio era considerato un illecito di polizia. In tal senso,potevano dirsi recepite le indicazioni del Lombroso, che aveva parlato del

    vagabondaggio come di uno stato primitivo al quale alcuni soggetti sonocostretti per la loro struttura fisica. Anche a distanza di tempo dallopera diLombroso e dei suoi epigoni, la criminologia continuer a diffondere uno

    stereotipo fortemente negativo circa gli zingari, tanto che, in un dizionario discienze criminali del 1943, lo zingaro era caratterizzato da voracit da ani-mali, cupidigia insaziabile, amor sensuale28.

    Lapplicazione, spesso discriminatoria e selettiva, delle norme codicistichecontro la mendicit rester per molto tempo in Italia uno strumento di con-trollo della presenza zingara, cos come le norme, in vigore sino ad epocamolto recente, contro lesercizio abusivo di mestieri girovaghi29.

    In Italia, fino al 1995, larticolo 670 del codice penale Rocco puniva la men-dicit con larresto sino a tre mesi, o sino a sei mesi se la condotta era posta

    27 H. GROSS, La polizia giudiziaria. Guida pratica allistruzione dei processi criminali, Torino, 1906, p.209.

    28 T. GALIMBERTI, Zingari, in Dizionario di criminologia, a cura di Florian, Niceforo, Pende,Milano, 1943, p 1051.

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