RELAZIONE Giuseppe Carotenuto Segretario Generale Flai ... Peppe Carotenuto... · il proprio...

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1 5 MARZO 2014 Auditorium “Don Giuseppe Diana” Corpo Forestale dello Stato RELAZIONE Giuseppe Carotenuto Segretario Generale Flai Campania

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5 MARZO 2014

Auditorium “Don Giuseppe Diana” Corpo Forestale dello Stato

RELAZIONE

Giuseppe Carotenuto

Segretario Generale Flai Campania

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Care compagne e cari compagni, gentili ospiti,

trasferire le emozioni che oggi mi pervadono non è semplice, come non è semplice

fare il bilancio di questi 4 anni , gli ultimi due come segretario generale della

categoria.

Anni che hanno visto i lavoratori, il gruppo dirigente della Flai protagonisti di

numerose battaglie per i diritti dei lavoratori, di iniziative per lo sviluppo dei settori

che rappresentiamo, sempre in prima linea per la difesa dei deboli, degli

immigrati, della legalità.

L’occasione mi sembra quella giusta per ringraziare tutto il gruppo dirigente che

mi affianca e mi supporta nelle decisioni e nelle azioni da intraprendere e ogni

tanto, diciamolo, mi sopporta anche. Grazie.

Abbiamo alle spalle anni intensi, fatti di fatica, di risultati, di responsabilità e

anche di dubbi, quelli che talvolta ti assalgono, ti fanno chiedere se e come si può

fare di più, come rispondere al meglio al mandato che ti è stato affidato, come

vivere e comunicare il senso di una scelta di vita che porti con te ogni giorno,

quella stessa che ti dà la forza e la voglia di andare avanti, di migliorare, di lottare

assieme alle tue compagne e ai tuoi compagni per difendere il posto di lavoro, per

sottoscrivere un accordo, per migliorare le condizioni di lavoro, per rivendicare lo

sviluppo della nostra regione e dei nostri territori.

E’ da quella scelta di vita che prendi la forza che ti porta dai 4000 forestali che

chiedono di essere sostenuti; la forza che ti porta a leggere la disperazione negli

occhi di chi sta perdendo il lavoro perché la crisi, questa sconcertante, lunga crisi,

sta facendo chiudere l’azienda; la forza che ti fa essere vicino alla giovane

delegata che aspetta un figlio e non vede futuro; la forza che ti fa sentire

orgoglioso di rappresentare l’immigrato sfruttato e calpestato nella sua dignità; la

forza che ti viene dall’umanità e dalla voce rotta dalla commozione del lavoratore

che ti ringrazia per una vertenza andata a buon fine o perché nel contratto sono

state introdotte migliori garanzie. E’ questa forza che ci può restituire il senso di

che cosa vuol dire avere motivazioni forti, essere militanti. Un senso della

militanza che è esattamente la ragione per la quale, con tutte le difficoltà, i limiti e

i cambiamenti in atto , il nostro lavoro è diverso da tutti gli altri.

La nostra ricchezza sono le persone, ciò che esse sanno e sanno fare, una

ricchezza che anche noi dobbiamo saper valorizzare di più per contribuire meglio a

dare un futuro al paese.

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E’ questa la nostra forza, ancora di più in questa fase contrassegnata allo stesso

tempo da un forte individualismo e diffuse diseguaglianze.

E’ la nostra identità ed è ciò che racchiudiamo in quel quadratino rosso che ci fa

sentire di appartenere ad una comunità di donne e uomini che pensa agli altri

prima di pensare a se stessi.

Sta qui un passaggio importante, non dobbiamo dimenticarlo, soprattutto oggi che

il sindacato è sotto attacco. E’ in atto una campagna di delegittimazione, con la

quale si tende a relegarci nell’angolo, a presentarci come una delle tante

corporazioni che sono di ostacolo allo sviluppo e al rinnovamento del paese.

A questo dobbiamo saper rispondere con un progetto che sia capace di parlare non

solo alle lavoratrici e ai lavoratori ma all’intero Paese, e in questa chiave dobbiamo

far vivere l’iniziativa del “piano del lavoro”, facendone il centro della nostra

mobilitazione. Serve una grande rivoluzione culturale in cui la centralità del lavoro

diventa il tema vero sul quale si deve confrontare il paese dando risposte alla sua

domanda di sviluppo e di crescita.

Dare valore al lavoro per cambiare il destino del paese e portarlo fuori dalla crisi.

Non intendo nascondere le difficoltà che ci hanno accompagnato in questo nostro

percorso congressuale. La crisi che investe il nostro paese è molto profonda , non

solo dal versante economico ma anche da quello dei valori. E ciò sta determinando

a più livelli una perdita di identità e una crisi di riconoscimento molto pericolosa

dove la società è a rischio di esplosione nell’indifferenza e nella sordità della

politica. C’è un intero territorio sociale, di lavoro operaio, precario, di piccola

impresa, che non ha rappresentanza politica, e che per questo può divenire la

massa di manovra per le più svariate operazioni demagogiche: ieri la Lega, oggi

Grillo, e domani qualche altro avventuriero di successo.

Aziende costrette a chiudere. Lavoratori che perdono il lavoro. Giovani che il

lavoro hanno grandi difficoltà a trovarlo. Un crescente senso di frustrazione

associato alla svalutazione e alla precarizzazione del lavoro, e all’erosione del

sistema di garanzie che storicamente definiamo con il nome di stato sociale.

In questa situazione così pesante si moltiplicano le diseguaglianze e gli attacchi ai

diritti, al lavoro e alle persone che lavorano. Da una crisi finanziaria si è passati a

crisi economica e sociale e occorre in tutti i modi, è responsabilità di tutti, evitare

che sfoci in crisi democratica.

Per invertire la tendenza in atto servono affermazioni importanti e serve dare

speranza.

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Il futuro non può più essere crescita delle disuguaglianze e scaricare tutte le

contraddizioni su chi lavora.

Il lavoro va considerato un valore sociale, costituzionale e non soltanto uno dei

fattori della produzione. E’ questa è la premessa indispensabile: un valore sociale

non può essere paragonato ad una merce che meno costa meglio è, più è facile

liberarsene meglio è. E’ anche per questo che il nostro congresso è e deve essere

vissuto come un punto alto di confronto , di verifica, di legittimazione e quindi di

democrazia. E’ oggi e qui, in questo VI Congresso delle Flai Campania, che

dobbiamo definire le linee della nostra azione a presidio della legalità, delle regole

e dei diritti, del lavoro, della sua difesa, delle sue condizione e della sua

retribuzione, dello sviluppo e della sua qualità e sostenibilità.

A questo servono i congressi, a decidere insieme, in modo democratico e

partecipato, a tracciare un bilancio di ciò che dobbiamo fare oggi per rispondere ai

bisogni concreti delle persone che rappresentiamo definendo contestualmente

l’orizzonte programmatico verso il quale dovremo operare nei prossimi anni.

La strada che abbiamo da percorrere non sarà dunque agevole, ma ci sostiene la

forza delle nostre idee, delle nostre ragioni, dei risultati che pure in questi anni

controversi e difficili abbiamo saputo portare a casa.

E’ avendo alle spalle questa storia e questa impostazione che nelle assemblee sui

luoghi di lavoro alle quali hanno partecipato migliaia di lavoratrici e lavoratori che

abbiamo illustrato i documenti congressuali e abbiamo affrontato i temi della

condizione di lavoro in fabbrica, nelle campagne, sul territorio campano.

17285 lavoratori , pari al 76,52 % degli scritti hanno partecipato e votato in 132

assemblee. Un risultato che ci porta a ben sperare che insieme si potrà cambiare

qualcosa. Dico insieme , perché solo se le nostre forze saranno unite, solo se

prevarrà il senso comune , le nostre battaglie avranno un senso.

Care compagne e cari compagni, in questi ultime settimane si è parlato tanto

qualche volta a sproposito sul Testo Unico sulla Rappresentanza. Mi sembra

doveroso ricordare che questo accordo è una vittoria della Cgil,è il coronamento di

una battaglia condotta da decenni contro ogni visione chiusa e monopolistica.

E’ la vittoria della democrazia sindacale, la condizione affinché i diritti e le libertà

sindacali presenti nella Costituzione possano essere trasportati nel mondo del

lavoro. Da oggi sarà molto più difficile firmare accordi separati, perché grazie a

questo accordo, si potrà dare una risposta più compiuta alla domanda: ' chi

rappresenta chi. Non ci potrà più essere chi pensa di essere determinante in base

a una rappresentatività presunta o discrezionale.

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Saremo tenuti tutti di più ad ascoltare i lavoratori e a rappresentarli sulla base del

loro mandato. L’accordo estende gli spazi di democrazia e di partecipazione alle

decisioni e traduce in azioni il ruolo della rappresentanza sindacale, ripartendo

dall'importanza di aver definito regole di rappresentatività e di democrazia.

Condizione, quest'ultima, decisiva per affermare il diritto dei lavoratori di scegliersi

il proprio sindacato, di votare gli accordi, di aprire una nuova fase di

contrattazione. La Cgil si è sempre battuta per la certezza della rappresentanza. E

questo deve essere motivo di orgoglio per tutto il nostro sindacato.

Sono tanti i motivi per i quali ritengo il testo unico sulla rappresentanza un

accordo importante, certamente può essere migliorabile come tutte le cose, ma

consente di avere regole certe ed esigibili. Adesso bisogna andare avanti ed

estenderlo a tutti i settori produttivi. L’estensione di regole a tutti i settori

produttivi e quindi anche a quello agricolo e la necessità , una volta definito un

accordo, di misurare il suo consenso tra i lavoratori è la sfida futura del nostro

sindacato. Sarà un percorso tortuoso e difficile perché non sempre ci troveremo di

fronte ad una controparte il cui interesse è quello di avere un sistema certo.

Si preferisce piuttosto l'incertezza nella quale la parte datoriale può risultare più

forte, supportata da una legislazione del precariato e dalla conseguente

ricattabilità che pone lavoratrici e lavoratori in una situazione di tale soggezione

che di fatto impedisce loro qualsiasi possibilità di partecipazione all'azione

sindacale. Ma l'estensione è un'opportunità che non dobbiamo perdere perché

sappiamo bene cosa vuol dire subire accordi separati, cosa vuol dire confrontarsi

con la controparte in assenza di regole, e cosa vuol dire battersi per i diritti dei

lavoratori in un settore in cui ancora troppo spesso trovano spazio faccendieri di

ogni tipo. Per fortuna come categoria abbiamo un’esperienza limitata al settore

ortofrutta, della sofferenza di dover star fuori del contratto, pur essendo

nettamente più rappresentativi di altri. Ma noi siamo prima di tutto la Cgil e

dunque ciò non ci impedisce però di essere consapevoli di quanto fa male dover

guardare in faccia i lavoratori che si rappresentano e dire loro che, nonostante gli

sforzi fatti ci sarà un contratto che peggiorerà le loro condizioni. E anche questa

consapevolezza che non ci deve far perdere l'occasione di dare ai lavoratori la

garanzia che i loro bisogni avranno il peso che meritano.

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Contrattazione e bilateralità

Abbiamo alle spalle una stagione di rinnovi dei contrattuali dove ci siamo posti

l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto dei salari e migliorare le condizioni di

lavoro. E’ stato un percorso impegnativo e dal risultato non scontato in una fase

di così profonda crisi come questa che sta vivendo il nostro paese.

Abbiamo dimostrato una forte autonomia e una sostenuta capacità rivendicativa

avviando una stagione, nelle aziende alimentari, di contrattazione di secondo

livello i cui esiti sono sicuramente positivi. Tra i risultati raggiunti voglio qui citare

quelli più innovativi e dal punto di vista sindacale più significativi perché si

riferiscono alla gestione e al controllo dei mutamenti organizzativi e della

prestazione di lavoro. Mi riferisco, in particolare, ai riconoscimenti professionali

per i lavoratori, all’ azione formativa prevista per figure più specialistiche in linea

con l’utilizzo di nuove tecnologie, al miglioramento delle normative,

all’ampliamento delle tutele , all’arricchimento del ruolo e della funzione delle RSU,

maggiore coinvolgimento degli RLS.

Tra gli obiettivi principali a cui dobbiamo guardare nella costruzione di un nuovo

orizzonte contrattuale è sicuramente, insieme al rafforzamento del Contratto

Nazionale come fonte primaria, quello di estendere la contrattazione di 2° livello,

indispensabile e determinante per costruire a livello aziendale o provinciale quote

di salario aggiuntivo legate all’andamento dell’impresa,alla produttività del

lavoratore,tenendo conto delle condizioni di lavoro e dell’organizzazione del lavoro

In definitiva, come recita uno dei messaggi chiave che abbiamo voluto lanciare per

questo nostro congresso noi siamo quelli che ... il contratto non è un optional ma

un sistema di regole, di conquiste, di tutele, di diritti e di doveri condivisi che in

questa più che in ogni altra fase rappresentano anche un’opportunità di crescita.

Perché la via di uscita dalla crisi non può e non deve passare attraverso il

restringimento dei diritti e delle tutele , ma attraverso una più forte capacità di

innovazione, di competizione e di internazionalizzazione delle imprese, la vera via

per consolidare e potenziare la propria posizione sui mercati. Innovazione del

prodotto e del processo, qualità, efficienza, capitale umano, relazioni sindacali,

legalità: sono questi i concetti a partire dai quali le imprese devono impostare le

loro politiche di investimento. E’ la qualità del lavoro, della professionalità, delle

filiere produttive, del territorio, sono i fattori cruciali in grado di assicurare il

vantaggio competitivo sui mercati mondiali. Tutto questo ci riporta alla questione

delle regole e della titolarità a firmare i contratti sulla base della effettiva

rappresentanza e rappresentatività, chiudendo per sempre la porta , fatemelo

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ripetere ancora, ai troppi faccendieri che ancora circolano nelle campagne e nelle

fabbriche campane.

Trasparenza, titolarità basata sul numero degli iscritti e sul numero dei voti

ottenuti attraverso le elezioni delle Rsu, nuove deleghe, nuovi iscritti tra i

braccianti agricoli, gli immigrati, i lavoratori delle fabbriche di tutti i nostri settori

produttivi è la strada maestra per contare di più ed essere più determinanti

nell’esercizio della contrattazione. Lo ripeto, vale per i settori industriali, vale per

la forestazione, vale per la pesca, vale per l’agricoltura dove il rafforzamento della

rappresentanza passa anche attraverso la riforma delle casse extra legem che così

come sono mostrano troppi limiti e contraddizioni.

Ancora in questo capitolo va sviluppata la riflessione sulla bilateralità che, in

particolare nel settore dell’agroindustria, è stata fin qui caratterizzata da

esperienze e risultati molto articolati.

Il percorso non può in ogni caso dirsi concluso: la contrattazione provinciale

agricola in atto sta trasformando le Casse extra legem in Enti Bilaterali Territoriali

(EBAT) e la presentazione della piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale

dell’agricoltura 2013-16 pur confermando l'attuale impianto avanza alcune

proposte significative di miglioramento. Gli Enti Bilaterali previsti dai contratti

provinciali devono assicurare le attività per cui sono preposte su tutto il territorio

ad essi è affidato l’erogazione delle integrazioni ai trattamenti di malattia ed

infortunio sul lavoro, l’organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi in

materia di integrazione al reddito previsti dai contratti provinciali di lavoro o da

specifici accordi, tutte le funzioni finora attribuite ai vari enti bilaterali provinciali

quali l’osservatorio, il centro di formazione agricola, il comitato paritetico per la

salute e la sicurezza sul lavoro.

Bisogna impegnarsi a compiere un salto culturale che stiamo cercando di portare

avanti con Fai e Uila. Ho menzionato Fai e Uila perché mi sembra doveroso

ricordare l’impegno profuso insieme per trovare soluzioni per i lavoratori.

Gli ultimi due sono stati anni difficili che ci hanno visti fianco a fianco in grandi

vertenze come quelle della forestazione, dei consorzi di bonifica e dell’industria

alimentare. Vertenze lunghe e scontri duri, non facili con la Regione che ci hanno

visti impegnati in 4 manifestazioni regionali e in tavoli, sempre più complessi, di

lavoro e di programmazione.

Un’unità, talvolta difficile da mantenere ma sicuramente positiva e costruttiva

che ci deve essere tanto più cara perché si realizza in una regione, la nostra, che

come sappiamo è caratterizzata da molti problemi e contraddizioni.

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Parliamo di sinergie e mi sembra doveroso citare il nuovo patto federativo e di

affiliazione tra l'ALPA e la Flai nazionale che ha delineato una svolta importante per il

futuro dell’Associazione. La forza e la novità di questo patto sta nella capacità di

innescare, attivare e sostenere processi di sviluppo locale anche attraverso la

capacità di fare rete. Da questo nuovo assetto siamo certi che potranno esserci le

condizioni per un rilancio delle attività dell'ALPA su tutto il territorio campano, a

cominciare dalle provincie di Avellino e Benevento dove la posizione geografica e la

diversità morfologica costituiscono da sempre elementi di forza per l'intera area.

Contrattazione e bilateralità

Nel bilancio di questi quattro anni di attività sicuramente il settore forestazione ha

avuto e ha un posto importante.

Precarietà e malfunzionamento caratterizzano questo settore che dovrebbe essere

fiore all’occhiello di una regione come la nostra la cui conformazione morfologica

necessita di numerosi interventi idraulico forestali. Una storia infinita, potremmo

dire, il dramma di una categoria, di migliaia di lavoratori, che con la

stabilizzazione avviata nel 2002/03 sembrava avesse trovato una soluzione stabile

e sicura.

Ma così non è stato. Si sono ridotti drasticamente i finanziamenti pubblici sul

versante della forestazione e della manutenzione del territorio.

Infatti, ancora oggi, nonostante le tante iniziative messe in campo insieme a Fai e

Uila le problematiche per l’erogazione degli stipendi, per la mancata

programmazione nonché per la riforma della legge 11/96 rimane ancora un fattore

da risolvere. La lentezza della macchina amministrativa regionale, una classe

dirigente poca attenta alla salvaguardia del territorio forestale, l’assenza di

proposte atte a garantire una soluzione duratura alla crisi, la superficialità e il

pressapochismo della politica stanno distruggendo un settore che dovrebbe essere

volano di sviluppo economico e sociale. I lavoratori idraulico forestali costituiscono

un’enorme risorsa per la gestione, la manutenzione e la tutela dei boschi e delle

aree protette, del verde pubblico, del demanio, delle strade provinciali, dei siti

archeologici, dei parchi urbani e suburbani.

Mentre il sindacato unitario s’impegna da tempo al riordino della legislazione

forestale, ispirandosi a principi di efficienza della spesa e di valorizzazione

ambientale, il Governo regionale sta tentando di smantellare l’intero settore, con

proposte di riforma volte a destrutturare e non a riformare.

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Con una riforma della legge 11 è immaginabile una riconversione dei lavoratori in

altre attività, come la manutenzione ed il miglioramento della viabilità

extraurbana, ai fini del mantenimento della funzionalità della sede stradale, delle

opere di regimazione idraulica e della sicurezza dei fronti stradali, anche al fine di

ridurre i fattori di rischio connessi agli incendi, la manutenzione e messa in

sicurezza dei luoghi per la fruizione turistico-ambientale del territorio,

l’organizzazione delle attività per la gestione e lo sfruttamento della filiera foresta-

legno-energie-biomassa, vigilanza per il rispetto delle disposizioni che regolano la

caccia, la pesca e la raccolta dei funghi e dei prodotti del sottobosco ed estensione

dei compiti anche nel campo dell’orto-vivaismo.

Sicuramente per il futuro è necessario fare delle scelte strategiche, condividerle a

livello nazionale evitando di procedere, come spesso è successo, in ordine sparso.

È necessario concentrare le risorse in misure che si adattino alle necessità e alle

caratteristiche del patrimonio forestale nazionale e che contribuiscano alla

strategia di mitigazione e adattamento del cambiamento climatico, ma inducano

anche effetti positivi sulla gestione attiva del bosco, rivitalizzando le filiere

produttive e facendo riguadagnare alla materia prima nazionale spazio rispetto al

legname di importazione.

Sarebbe interessante alzare lo sguardo verso altre opportunità complementari

come utilizzare i residui del sotto bosco per le energie alternative e sostituire

essenza non pregiata con essenza utile all’industria del legno.

L’Italia importa il 90% del legno che utilizza per l’edilizia e l’arredo e da questo

punto di vista ci potrebbero essere delle grandi opportunità.

Fino ad oggi, la politica di turno e le istituzioni hanno agito come se le aree

cosiddette interne fossero marginali, non solo geograficamente, rispetto a quelle

costiere, un atteggiamento miope che ha realmente emarginato le aree interne

che, invece, costituiscono un’opportunità per tutta la regione Campania che è un

territorio unico, ricco di risorse e di opportunità.

Se crescono le aree interne, cresce l’intera regione.

E questo vale non solo per il settore della forestazione ma anche per quello della

Bonifica, necessario per la conservazione, la valorizzazione e la tutela del

territorio regionale, nonché per una utilizzazione razionale delle risorse idriche ad

uso agricolo e per la salvaguardia dell’ambiente rurale.

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L’attività di bonifica integrale del territorio tutela l’incolumità pubblica e privata,

determina l’aumento di produttività e redditività dei terreni, migliora la salubrità e

la qualità della vita, con benefici diretti anche agli immobili urbani.

Sono circa 900 i lavoratori occupati nei 10 Consorzi di Bonifica, regionali.

Una grave situazione economico - finanziaria ormai da troppo tempo interessa

alcuni enti con ripercussioni sia per i prestatori di opere e servizi che per i

dipendenti.

Tale situazione rende sempre più difficile, se non impossibile, il normale

svolgimento dell'attività consortile per le funzioni legate strettamente allo sviluppo

dell'agricoltura, alla tutela del territorio, alla manutenzione e all'esercizio degli

impianti irrigui.

Siamo dinanzi a un immobilismo inspiegabile, una politica scellerata che non

lavora sulle priorità , non progetta ma si muove sulle emergenze i cui costi sono

sicuramente più onerosi di quelli che potrebbero essere sostenuti da attività

normalmente programmate.

SI certo, abbiamo recuperato il dialogo con l’Assessorato all’Agricoltura e con

l’Ottava Commissione, ma non basta.

Dobbiamo esigere coerenza per gli impegni assunti, dobbiamo pretendere che

siano convocati i tavoli di confronto e soprattutto dobbiamo costringere il Governo

Regionale ad assumersi le proprie responsabilità.

Con Fai, Uila saremo sempre più impegnati a contrastare l’inerzia istituzionale con

ulteriori azioni nei territori interni, nelle provincie, a Napoli, e se non dovesse

bastare proclameremo uno sciopero regionale per rivendicare il salario, per la

difesa dell’occupazione, per dare la giusta attenzione a un settore che può

rappresentare una risorsa per lo sviluppo dell’intera Regione attraverso la

salvaguardia e la valorizzazione delle aree montane e boschive, settore che invece

rischia di essere messo in ginocchio

Occorre accorciare le distanze tra il dire e il fare altrimenti si rischia l’implosione

di un intero tessuto sociale già indebolito dalla crisi e dalla assenza di un’identità

politica forte in grado di invertire la spirale negativa in cui si trova la Campania e

l’Italia intera.

Dobbiamo fare attenzione che questa crisi non ceda il passo a un modello

economico che trova sempre più linfa nell’illegalità , e fa si che sempre più donne

e uomini corrano il rischio di essere coinvolti in situazioni di grave sfruttamento

lavorativo.

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Per molto tempo, troppo tempo, l’unico obiettivo è stato quello di aumentare il Pil,

visto come panacea per tutti i mali della società. Si è assegnato un potere

salvifico alla merce, che nella realtà non possiede. Un paese può anche avere un

Pil in crescita ma questo non significa che ci sia automaticamente un’equa

redistribuzione della ricchezza.

Anzi, possono persistere casi di povertà, di emarginazione sociale, di

malnutrizione. Fondamentale è a tale proposito guardare alla qualità della crescita

perché potremmo trovarci di fronte a una crescita spietata che si concentra nelle

mani di pochi sfruttando il lavoro.

E ahimè, nel nostro settore, specialmente in agricoltura, di lavoratrici e di

lavoratori esposti allo sfruttamento ce ne sono veramente tanti.

È un quadro di oggettiva difficoltà, dove i lavoratori impiegati in maniera illegale

nel settore agricolo sono sempre più extracomunitari entrati in Italia attraverso i

flussi dell’immigrazione clandestina, perché spesso per gli immigrati lavorare nel

sommerso costituisce l’unica possibilità di sostentamento e può facilmente

trasformarsi in forme di sfruttamento.

In più la Bossi-Fini, oggi fortunatamente dichiarata incostituzionale, ha creato un

legame inscindibile tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, introducendo

nel nostro Paese il “reato di disoccupazione”.

In questo quadro, i flussi migratori non pongono solo problemi di integrazione, ma

anche e soprattutto vengono strumentalizzati dal sistema economico esistente per

trasformare i migranti in lavoratori sempre più ricattabili e privi di tutele.

Tante le azioni che abbiamo promosso a tutela dei lavoratori , tra queste il

sindacato di strada, per incontrare le centinaia di donne e uomini che popolano le

nostre campagne e che lavorano spesso presso imprese che nessuno conosce.

Essi vivono e lavorano come invisibili ma un Paese che vuol dirsi civile non può

tollerare questa condizione.

Perciò, per entrare in contatto con loro e per aiutarli a conoscere i propri diritti,

abbiamo fatto partire il Camper dei Diritti che si muove nelle nostre provincie,

sostando soprattutto in quelle aree difficili dove regna sovrana la criminalità. Un

Camper che ha avvicinato in questi mesi, tanti lavoratori, in primo luogo

immigrati, per tutelarli e aiutarli a valorizzare e sostenere la loro dignità nel

lavoro, per ascoltare le loro storie fatte di sogni, promesse, destini decisi, vite

infrante.

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E’ a partire da questo assunto che, dietro nostra sollecitazione, in alcuni comuni si

stanno sperimentando azioni finalizzate alla realizzazione di interventi di politica

attiva del lavoro, volte a contribuire alla prevenzione del lavoro sommerso in

agricoltura.

Ad Eboli è stato aperto lo sportello per il collocamento pubblico contro l’illegalità

in agricoltura. È il compimento di un percorso avviato dalla Flai e dalla Cgil, che da

tempo si battono contro ogni forma di sfruttamento del lavoro. Risale a Luglio la

stipula di un protocollo d’intesa firmato dal Comune di Eboli, da Cgil-Cisl-Uil e

Flai, Fai, Uila, Coldiretti, Cia, Confagricoltura per sottrarre ai caporali l'illecita

gestione del mercato del lavoro, ridando dignità ai braccianti agricoli e ristabilendo

il principio di legalità, in un settore inquinato da un sistema di mercato dove

l’offerta di lavoro è subordinata all’intermediazione illegale di manodopera.

Un piccolo mattoncino alla proposta unitaria nazionale Fai, Flai e Uila che il 26

febbraio è stata presentata presso la sede dell’Inps e con la quale si vogliono

mettere in campo soluzioni utili a debellare lavoro nero e caporalato in agricoltura

e rispondere all’esigenza di contrastare l’intermediazione illecita di manodopera.

Molto stiamo facendo, molto di più dobbiamo fare.

Il nostro modo di fare sindacato sul territorio può produrre nuovi frutti, ne

abbiamo visto i germogli nelle iniziative che ci hanno visti protagonisti.

A questo popolo di invisibili sfruttati e ignorati dobbiamo continuare a dire con

tutta la nostra forza che il sindacato è vicino a loro, si batterà per tutelare i loro

diritti e per sconfiggere l'illegalità.

Da soli, tuttavia, non si va da nessuna parte, e soprattutto per combattere

l’illegalità, la camorra, per generare un riscatto culturale, sociale ed economico di

questi luoghi è necessario che tutte le forze sane si mettano insieme.

E’ così che a Villa Literno abbiamo firmato il Patto per la Legalità.

Un Patto tra sindacato, istituzioni, associazioni, per puntare a costruire una

società con più diritti, con più libertà, con più valore etico e morale all’impegno

civile. Un Patto che ha poi dato vita ad un altro accordo, un protocollo di intesa

tra Cgil Campania e Cgil Caserta, Flai Cgil nazionale, Flai Cgil Campania, Flai Cgil

Caserta e l’ Associazione Faso Zekola per la legalità, lo sviluppo e l'inclusione

sociale dei migranti, in particolare rivolto alla comunità del Burkina Faso presente

in Campania.

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Da questo protocollo si è poi sviluppata una collaborazione con tanti lavoratori del

Burkina Faso e di altre etnie, che sono qui, in questa sala, e voglio ringraziare per

la partecipata presenza.

Nella nostra categoria la forza lavoro straniera è in continuo aumento perché noi

vogliamo costruire un sindacato multietnico dove la sfida non è solo legata a

rappresentare bisogni e diritti del lavoro, ma anche alla capacità di proporre

un’iniziativa di ampio profilo culturale e politico.

Una FLAI multietnica che si batte per la pace, per lo sviluppo e la cooperazione

con i paesi dai quali emigrano le persone, che sia parte attiva dei processi di

inclusione sociale. Un sindacato quindi che non si limita ad offrire un po’ di spazio

agli stranieri, ma che acquisisce una capacità di innovare profondamente politiche

e rappresentanza.

E' con questo spirito che, unitamente alla Flai Nazionale e alla Cgil Campania,

abbiamo presentato un progetto per l’apertura di sportelli qui in Campania e a

Tunisi. Un discorso a parte meritano le straordinarie iniziative che abbiamo

sviluppato sul terreno della lotta al lavoro nero, sommerso, illegale, avviata con la

campagna Stop al Caporalato che ha prodotto, il 26 luglio 2011 presso il Senato

della Repubblica, un disegno di legge (ddl 2584) contenente “misure volte alla

penalizzazione del fenomeno d’intermediazione di manodopera basato sullo

sfruttamento dell’attività lavorativa.

È una conquista importante di un percorso partito dal basso, nei territori, e che

mira ad intervenire sul problema con strumenti forti ed efficaci.

Strumenti importanti come la proposta per l’emersione alla legalità e la tutela dei

lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, che

proprio qui in questa sala dedicata a Don Peppe Diana , insieme alla Cgil, abbiamo

presentato il 19 Luglio del 2012 con l’iniziativa “ Tuteliamo il lavoro Pulito”.

Ci muoviamo, insomma, su tutti i fronti per combattere il sommerso e le

irregolarità.

Come Flai Campania vorremmo istituire un numero verde per la denuncia di lavoro

in nero. L’idea che lanciamo oggi è di mettere in piedi un sistema per rendere più

trasparente il mercato del lavoro riducendo l’area dell’irregolarità e delle false

giornate attivando controlli preventivi che mirino a sanzionare chi realmente opera

nell’irregolarità evitando di colpire nel mucchio danneggiando chi lavora nella

legalità.

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Ecco su questo duplice binario, Lavoro e Legalità, dobbiamo muoverci in quanto

sindacato moderno capace di leggere i processi sociali e di stare tra le persone,

capace di trasformare il senso di ineluttabilità e di frustrazione dei lavoratori e dei

cittadini in voglia di conquistare un futuro credibile fatto di dignità, di tutele dei

diritti individuali e collettivi, di libertà.

La crisi in Campania

La Campania attraversa una fase difficile, non solo economica, ma anche nei

rapporti tra istituzioni e corpo sociale. In uno scenario di ristagno per l'Italia, la

nostra regione subisce in questi mesi alcuni shock che trasmettono all'economia

regionale effetti devastanti.

Le conseguenze negative derivanti dall’applicazione del Patto di stabilità, le

politiche di sola austerità, lo smantellamento del welfare, il ribasso dei salari, i

decentramenti e le delocalizzazioni industriali, le speculazioni finanziarie e la crisi

dei consumi, hanno messo in ginocchio l'apparato agro-industriale in Campania, la

cui filiera composta dal settore primario e da quello della trasformazione

industriale di prodotti alimentari, pesa per il 4,3 per cento sull’economia regionale.

L’inasprimento delle condizioni di vita e di lavoro, in taluni casi di vera e propria

povertà ha conseguenze particolarmente pesanti, data la debolezza strutturale del

nostro sistema economico-industriale, che soprattutto nel settore agroindustriale

ha prodotto una contrazione della produzione costringendo numerose aziende a

chiudere con la conseguente perdita di posti di lavoro e l’esposizione di fasce

sempre più estese di persone alla precarietà, al disagio sociale, all’incertezza.

Negli ultimi 4 anni gli addetti nel comparto industriale sono diminuiti del 42% così

come in agricoltura gli addetti sono scesi di oltre il 32%.

La provincia di Napoli è quella più colpita, infatti il numero delle aziende chiuse o

coinvolte in gravi crisi tocca il 38%. Il salario medio dei lavoratori dell'agro-

industria è calato del 28%.

Grandi gruppi registrano contrazione del personale e ricorso agli ammortizzatori

sociali. Gravissima, a mio avviso, la perdita del marchio Cirio simbolo forte

dell’agroalimentare Campano.

Oggi le aziende attive sul territorio regionale sono circa 7800 con un numero di

lavoratori dipendenti superiore a 37.000

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Inoltre la globalizzazione ha unificato le sfide ambientali, sociali ed economiche

che le aziende devono affrontare.

Problemi come il degrado del territorio, la scarsità e i costi delle risorse, i gruppi di

pressione che costringono alla delocalizzazione delle grandi aziende, possono

aumentare i rischi di pesanti ridimensionamenti.

Lasciatemi passare il pensiero che qui in Campania non si lotta abbastanza per

difendere il nostro apparato industriale, mentre nelle altre regioni la politica si

attiva per difendere anche la singola azienda , qui da noi si tentenna, anzi si fugge

per paura di perdere consensi.

Servono quindi politiche industriali vere e con risorse adeguate, basate su sostegni

selettivi alle imprese che investono in innovazione e ricerca, favoriscano la crescita

dimensionale attraverso anche il contratto di rete, implementino un sistema

logistico efficiente, si impegnino per una maggiore apertura all’

internazionalizzazione, sviluppino una produzione che non perda mai di vista il

concetto di sostenibilità ambientale, che qualificano prodotto e produzioni

importantissime per il made in italy.

In Campania il sistema agro-industriale caratterizzato dal cosiddetto “oro rosso”

ospita la maggior concentrazione di industrie di conserve vegetali, dedite

prevalentemente alla trasformazione del pomodoro che gode del riconoscimento

in sede comunitaria, di prodotto DOP

Le localizzazioni privilegiate del settore conserviero sono soprattutto nell’area

salernitana (Nocerino-Sarnese), dove si è sviluppato il distretto industriale di

Nocera-Gragnano, con poche grandi aziende e una schiera consistente di medie

aziende molto aperte ai mercati internazionali, che producono spesso con marchio

proprio, e numerosi piccoli operatori che, soprattutto con prodotti di nicchia,

vantano marchi di una certa notorietà.

Tuttavia, oggi il distretto conserviero della Campania si trova di fronte alle sfide

della competizione globale, del creare valore mantenendo standard di qualità

elevati e di soddisfare una domanda sempre più articolata e complessa.

Il pomodoro da industria è un parte importante della storia e del futuro produttivo

dell’agricoltura del Sud e dell’Italia intera e in quanto tale deve essere valorizzato

e incentivato attraverso l’utilizzo di strumenti concreti di programmazioni , di

trasparenza e di rispetto degli accordi, sia a livello della singola azienda che a

livello di filiera.

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Un segnale positivo lo si è avuto con l’azione promossa dagli assessori

all’agricoltura delle regioni meridionali Campania, Puglia, Molise, Calabria e

Basilicata per la costituzione del mega-distretto del pomodoro, il cui obiettivo è

quello di rafforzare le esportazioni del pomodoro trasformato sui mercati

internazionali, caratterizzandone la tipicità e l’identità della provenienza

geografica.

Un polo produttivo che mette insieme i produttori di materia prima e imprese di

trasformazione delle conserve vegetali con numeri di grande interesse: un

centinaio di aziende con una produzione di 2,3 milioni di tonnellate un giro d'affari

di 1,6 miliardi, 8mila lavoratori fissi, e15mila stagionali.

Un traguardo importante di un lungo ed articolato percorso che nonostante i

proclami iniziali registra ad oggi solo due incontri al Tavolo agroalimentare e, si sa,

tempi così dilatati rischiano di bloccare il tutto.

L’agroindustria è un comparto che può consentire un vero e proprio decollo

industriale della Regione, oltre ad essere uno dei punti degli elementi chiave della

nostra economia per le sue caratteristiche e tipicità conosciute ed invidiate in tutto

il mondo. E’ quindi un punto di forza sul quale puntare e che va anzi rafforzato e

adeguato alle diverse esigenze del mercato internazionale e che certamente va

anche in parte ripensato in un’ottica di valorizzazione del territorio del

Mezzogiorno, possibilmente in una logica di filiera che vada ad integrarsi anche

con settori diversi come il turismo e le specifiche culture del nostro straordinario

territorio.

Ovviamente le risorse per una efficace politica agroindustriale vanno ricercate

nella attuazione completa del Piano di Sviluppo Rurale quale strumento strategico

per lo sviluppo della nostra regione e per dare ossigeno a un settore che ha

bisogno di investimenti costanti.

In un momento così delicato e' fondamentale il contributo dell'Europa. Si tratta di

una opportunità che non possiamo farci sfuggire e le risorse della PAC 2014/2020

se ben utilizzate possono essere sicure leve per lo sviluppo.

Purtroppo in questi mesi l’emergenza rifiuti ha inciso pesantemente sul settore:

alcuni prodotti tipici campani, come la mozzarella di bufala, hanno subito un calo

di domanda.

La crisi interessa in particolar modo le produzioni dell'Aversano e dell'area

nordoccidentale della provincia di Napoli. Ma i danni si sono trasmessi anche ad

altre colture come quelle delle zone interne a seguito del deterioramento

dell'immagine del made in Campania.

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Il fenomeno ha investito paradossalmente anche attività come l'industria molitoria

che tratta soprattutto materie prime importate, le quali non hanno nulla a che

vedere col territorio regionale. Gli imprenditori avvertono una riduzione degli

ordinativi esteri e sono perciò in affanno con gli investimenti già programmati,

sospesi oppure rinviati mancando la prospettiva di accrescere o migliorare la

capacità produttiva.

Sono necessarie azioni trasversali come il monitoraggio dell'ambiente e la

certificazione di qualità dei prodotti campani.

Noi insieme a Fai e Uila abbiamo chiesto che vengano circoscritte le aree

contaminate, ovviamente che risultino tali da analisi accurate effettuate dagli

Organismi preposti, e venga avviata una campagna pubblicitaria per

tranquillizzare i consumatori e per valorizzare l'eccellenza del prodotto campano.

Sulla tracciabilità la regione ha presentato il progetto “QR CODE – Campania

Sicura” grazie al quale è possibile conoscere, al momento dell’acquisto di un

prodotto, tutte le informazioni sulla tracciabilità e la salubrità dello stesso.

Ma il problema c’è e non va trascurato, così come vanno date anche risposte agli

agricoltori le cui terre saranno interdette alla produzione alimentare e ai lavoratori

che su quelle terre lavorano.

Ultima, ma non per questo meno importante, è la nostra proposta ad istituire un

marchio etico per la sicurezza alimentare. Un marchio a garanzia di un prodotto di

qualità, intesa non solo sotto il profilo della salubrità, della genuinità e dell'aspetto

igienico sanitario, dell’attenzione all’ambiente e al territorio ma anche del rispetto

delle condizioni di vita e di lavoro della manodopera impegnata, nel pieno rispetto

dei fondamentali diritti senza l’impiego di manodopera minorile e di qualsivoglia

forma di sfruttamento e non ultimo, al contrasto ai fenomeni d'infiltrazione

criminale nell'intera filiera. E’ auspicabile che vengano utilizzate risorse dei fondi

comunitari a cui le aziende dovranno vincolarsi.

Anche i settori come la pesca , il tabacco, l’Arac sono importantissimi per lo

sviluppo della nostra regione e vanno rivitalizzate attraverso interventi specifici.

La pesca in Campania vanta una tradizione forte e ricca e nonostante le sue

complessità può oggi offrire grandi opportunità di crescita sia economica che

occupazionale. Tuttavia è necessario che vengano adottate politiche aderenti alle

esigenze ed alle specificità territoriali, che ci si adoperi per il rilancio e la

modernizzazione del sistema produttivo per superare tutte quelle debolezze

strutturali ed organizzative che caratterizzano le cooperative di pesca ed in genere

gran parte delle imprese che operano nella filiera.

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Purtroppo , invece, il settore soffre di un forte individualismo, di bassa marginalità

e assenza di filiera nonché del miopismo delle Amministrazioni Locali.

Stesso destino per il tabacco!

La tabacchicoltura potrebbe rivestire in Campania un ruolo trainante per

l’economia delle aree rurali.

Permettetemi un passaggio anche sull’ARAC. Anche quest’importante settore vive

una forte criticità a seguito della forte riduzione di sovvenzionamenti da parte del

ministero costringendo i lavoratori a non percepire da mesi il salario.

Care compagne e cari compagni , potrebbe sembrare una contraddizione eppure in

Italia quello dell’agricoltura è uno dei pochissimi settori, se non l’unico, che in

questa lunghissima crisi è andato controtendenza e ha fatto registrare un aumento

delle assunzioni pari al 3,6%.

Sono i giovani quelli che puntano sempre di più sull'agricoltura, sono loro i

contadini del terzo millennio che rivoluzionano il lavoro dei campi per battere la

crisi.

La crescita di opportunità lavorative nell’agricoltura infatti è dovuta allo sviluppo di

nuovi mestieri con circa il 70% delle imprese giovani che opera in attività

multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche; dalla vendita diretta dei

prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio e

yogurt, ma anche pane, birra, salumi, e addirittura agricosmetici.

Ha successo chi sceglie alimenti di nicchia o riscopre prodotti del passato in chiave

moderna, dagli allevamenti di capre ai grani antichi o ai vitigni autoctoni.

Ebbene il lavoro manca ma la terra c’è, è vuota ed ha bisogno di lavoratori ed

imprenditori. Bastano queste due semplici considerazioni a giustificare questa

piccola rivoluzione.

Ovviamente occorre promuovere concretamente, dopo anni di annunci,

l’affidamento delle terre incolte, soprattutto demaniali, ai giovani agricoltori

attraverso canoni agevolati di compravendita o affitto; incentivare l’affiancamento

generazionale per consolidare il connubio tra innovazione tecnologica e tecniche

tradizionali agricole e favorire l’accesso al credito per le aziende condotte dai

giovani imprenditori.

Giovani e Mezzogiorno sono le priorità su cui lavorare.

E’ necessario porre al centro delle politiche di sviluppo l’intero comparto

agroalimentare, partendo dalla semplificazione delle procedure amministrative,

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alla promozione dell’associazionismo imprenditoriale ed al sostegno della

competitività delle aziende agricole.

A Sud bisogna innovare, nelle città e nelle campagne, puntando sulle nuove

tecnologie, sulle produzioni e sui prodotti di qualità, sul rapporto sostenibile con il

territorio, sullo sviluppo delle energie alternative, sul rispetto delle regole e della

legalità.

Per costruire qualcosa di nuovo e di buono bisogna partire da qui , collegandosi

alle tante donne, uomini , giovani e meno giovani che nonostante le tante difficoltà

non hanno rinunciato a credere che anche al sud si possa vivere una vita con più

opportunità e più futuro.

Bisogna farlo adesso, bisogna farlo presto. Perché a Sud o si cambia o si muore.

La FLAI

In questi anni la Flai Campania, in tutte le sue accezioni territoriali, non ha smesso

mai di rinnovarsi dando sempre più spazio alle donne, ai giovani e ai lavoratori

migranti.

Nei direttivi territoriali la presenza dei migranti e delle donne è cresciuta.

Questo dato non deve farci “ rilassare” ma deve essere da impulso ad un azione di

rinnovamento e di ulteriore progressivo e continuo aumento della rappresentanza

di genere e dei migranti che sappia coniugare meglio gli aspetti formali con quelli

sostanziali partendo sempre di più dalla valorizzazione dei delegati.

Degli immigrati e dei giovani ho parlato già, alle donne, alle nostre donne Flai,

abbiamo voluto dedicare la tavola rotonda che si terrà oggi pomeriggio.

Perché l'apporto delle donne è più che mai fondamentale per dare nuova linfa

all’agricoltura, all’economia di questo paese, perché sono proprio le donne le più

propense ad investire in innovazione e sostenibilità ambientale.

Purtroppo ancora oggi, soprattutto nel Sud dove è più forte la cultura

discriminatoria, alle donne sono riservati lavori cosiddetti di servizio, meno pagati,

più precari, con minori soddisfazioni e più ridotte possibilità di carriera.

A loro noi vogliamo e vogliamo essere vicino.

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La FLAI Campania è un’organizzazione con più sedi. Abbiamo investito sulle leghe

e sui territori. Abbiamo stipulato accordi con l’INCA ottenendo buoni risultati a

Caserta e a Salerno.

Dobbiamo perseguire la strada della sinergia con tutti i servizi perché oggi più che

mai i nostri iscritti , e non solo, hanno bisogno di essere aiutati a muoversi nel

mondo della protezione sociale e dei diritti, perché l’azione sindacale è fatta di

tutele individuali e collettive.

Dobbiamo rendere ancor più efficace l’utilizzazione delle nostre risorse sia in

rapporto al miglioramento dell’efficienza delle nostre strutture, sia della

finalizzazione agli obiettivi territoriali, sia in rapporto alla confederazione

superando quelle situazioni che in alcuni territori non consentono di mantenere un

giusto e proficuo rapporto fra ruolo della confederazione e autonomia della

categoria.

Dobbiamo, soprattutto, finalizzare sempre di più ogni sforzo, ogni risorsa, ogni

politica organizzativa sulla nostra capacità concreta di leggere ed interpretare i

bisogni dei lavoratori e di costruire su ciò la nostra rappresentanza.

In questa ottica l’azione di proselitismo diventa davvero centrale nella nostra

azione quotidiana.

Chiediamo quindi alla Cgil e al sistema servizi di intervenire laddove le iniziative

sono lasciate solo alla Flai e di non lasciarci soli.

Caserta, Salerno, Avellino, Benevento hanno un’identità territoriale forte, Napoli è

territorio a grande specializzazione e opportunità.

Ebbene, si deve partire da qui , da questa grande provincia, così bistrattata, per

disegnare un grande progetto di sviluppo.

La città di Napoli ha avuto grandi difficoltà negli ultimi anni, ma chi ci dice che non

è possibile lavorare per un ciclo che la rilanci? Lo sforzo di mettere insieme i

diversi attori per una politica di innovazione è l’unica via percorribile.

Da un patto per la stabilità si deve passare ad un patto per lo sviluppo, ed in

questa direzione vanno ricercate tutte le alleanze possibili.

È chiaro che il quadro europeo ci condiziona pesantemente, ma c’è comunque uno

spazio di iniziativa che deve essere esplorato.

È possibile un piano straordinario per l’occupazione, concentrato in particolare su

alcune emergenze troppo a lungo trascurate: la messa in sicurezza del territorio,

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l’uso di energie alternative, il made in Campania, le politiche di welfare di fronte

alle nuove sfide dell’invecchiamento, della povertà e dell’immigrazione.

La qualità è il nostro futuro, l’unico futuro immaginabile per l’agricoltura campana

e con essa quella nazionale.

Ciò che è certo è che il settore agricolo e agroalimentare per il ruolo fondamentale

che svolge per la crescita economica, per la valorizzazione dell’ambiente e per la

promozione sociale dell’intero Paese

Per questo il sindacato deve essere un fondamentale presidio democratico del

territorio, intervenendo sulle politiche di sviluppo, sulla regolazione del mercato

del lavoro, sulle forme della sussidiarietà sociale, sui percorsi formativi, sull’intero

tessuto connettivo in cui si organizza il sistema territoriale.

Impresa e territorio vanno visti nella loro connessione, come i due lati dello stesso

processo, tenendo insieme i diritti del lavoro e i diritti di cittadinanza.

E’ dunque evidente che il territorio non può che restare il baricentro di ogni nostra

azione, costruendo su di esso la Flai di domani. E’ questa la sfida che vogliamo

vincere!

Voglio concludere con una frase di un apostolo nero della libertà e dei diritti,

Martin Luther King:

“ Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo

diventerete se non farete nulla per cambiarla.

Buon Congresso a tutti!

Buon lavoro!